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Francesco Ubertini, rettore
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IN CORSO IL PROCEDIMENTO PER
IL RINNOVO DEI DEGLI ORGANI DI ATENEO |
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- Decreto Rettorale n. 144/2018 del 01/02/2018 Prot. n. 22617 (CdA)
- decreto rettorale rep. n. 104/2018 del 26/01/2018 (Senato Accademico)
- decreto rettorale rep. n. 105/2018 del 26/01/2018 (Consulta Personale T.A.) |
DELUSIONE E
SORPRESA: DISATTESI DA UBERTINI GLI IMPEGNI ELETTORALI |
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.Il Consiglio di Amministrazione (5 membri interni e 3 esterni) sarà
nominato dal Senato,
vale dire "non elettivo" della Comunità universitaria, secondo gli impegni
elettorali di Ubertini
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Nota. 1) Premessa. Per l'art. 7
dello statuto:
a) 2 membri sono eletti dal Consiglio degli Studenti;
b) 5 membri interni nominati dal Senato (senza distinzione tra professori e
amministrativi, di ruolo);
c) 3 membri esterni nominati dal Senato.
Tutti devono essere di comprovata competenza, meno gli studenti.
2) Il procedimento per la nomina del CdA era stata a suo tempo (legge 240/2010, art. 2)
molto discussa in Ateneo, fino ad organizzare un referendum di tutto il personale, in
opposizione al rettore Ivano Dionigi, ma la "corretta" applicazione della legge
sembrava non dare scampo, per cui alla fine prevalse la soluzione contraria.
Ad eccezione del rettore e degli studenti, la legge vuole la "designazione o
scelta dei componenti"..." secondo modalita' previste dallo statuto".
Lo statuto di Bologna li vuole "nominati" dal Senato, tra una rosa
individuata da un Comitato di selezione di 5 membri, di cui 3 nominati dal rettore.
Inoltre la legge e lo statuto vogliono che i nominati abbiano "comprovata
competenza", ma la medesima non è richiesta ai membri del Comitato di selezione.
3) Secondo alcune università (), la modalità di nomina, suddetta, non
andava bene e fecero elettivo il CdA, suscitando l'opposizione del Ministero MIUR.
Ma la cosa andò male per il MIUR, presso vari TAR, e alla fine esso desistette dal
ricorrrere al Consiglio di Stato, per cui fu definitivamente acquisito che il CdA potesse
essere elettivo.
4) Tra i vari TAR, l'apripista fu il TAR Piemonte (clicca su: TAR P ), secondo cui "la
censurata norma dello Statuto del Politecnico di Torino è immune dalle censure rilevate
dal Ministero".
La censurata norma era la seguente: " il Consiglio di Amministrazione è composto da
11 membri, dei quali il Rettore è membro di diritto. Vi fanno parte, inoltre, due
studenti di nomina elettiva, 5 membri appartenenti ai ruoli dell'ateneo e 3 membri di
provenienza esterna. Tali soggetti debbono essere in possesso della specifica e comprovata
esperienza specifica richiesta dalla L. 240/2010 e sono individuati mediante un meccanismo
elettivo. 5) In particolare, per il Politecnico di
Torino:
- i 5 membri appartenenti ai ruoli dell'ateneo vengono eletti da una assemblea
composta dai professori, dai ricercatori a tempo indeterminato e dal personale
tecnico-amministrativo dell'ateneo (art. 12 comma 5)
- i 3 membri di provenienza esterna sono "designati" dal Senato Accademico (art.
12 comma 6);
Le candidature alla carica di membro del Consiglio di Amministrazione debbono essere
presentate a seguito di pubblicazione di apposito bando, e il Senato Accademico, con
l'aiuto di un Comitato di esperti, verifica preliminarmente la ammissibilità delle
candidature in funzione del possesso dei requisiti di competenza richiesti dalla normativa
statale e statutaria: il Senato Accademico ammette pertanto la candidatura di tutti i
soggetti ritenuti in possesso dei requisiti di competenza professionali richiesti, che
suddivide in due distinte liste, l'una comprendente i candidati appartenenti ai ruoli
dell'ateneo, l'altra i candidati esterni". |
DAL
PROGRAMMA ELETTORALE
di Francesco UBERTINI - 2015
Elementi presi da varie fonti,
anche dichiarazioni orali di lui
nel dibattito elettorale
A SUO TEMPO
Nota. Si
ricorda che un Comitato Docenti Studenti organizzò quattro tavole su temi
rilevanti, ad alcune delle quali parteciparono i candidati (clicca su: elezioni , e poi verso il
basso). |
a) Come priorità, la revisione dello Statuto,
invertendo, nell'ottica di un decentramento organizzativo, l'attuale impostazione
eccessivamente centralizzata;
b) CdA : elettività dei membri interni, con rappresentanza dei tecnici e amministrativi;
c) Senato: tornare ad avere il ruolo di indirizzo politico e culturale dellateneo,
nuove modalità di elezione e aperto ai Coordinatori di Campus.
d) Conferire ai Dipartimenti e ai Campus autonomia e responsabilità.
Nota: Per trovare quello allora vigente clicca su statuto1 ; per
quello attuale, clicca su: statuto2
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VOTI RIPORTATI DAI DUE CANDIDATI
a RETTORE (nel ballottaggio) :
- FIORENTINI : voti n. 1347,36
- UBERTINI : voti n. 1420,58
Differenza di voti: 73,22 .
Il personale tecnico-amminsitrativo aveva dato a UBERTINI
95 voti in più che a FIORENTINI,
Gli studenti diedero 45 voti a UBERTINI e 15 a FIORENTINI .
Appare evidente la scelta determinante
del personate tecnico-amministrativo.
Non è finita. Se togliamo a Ubertini i
voti dati a lui dagli studenti (1421-45) = 1376 e li diamo a Fiorentini (1347+45)=1392,
vince Fiorentini .
Si conclude che, a far vincere Ubertini, furono gli
elettori con i quali egli aveva preso più impegno di modificare il metodo di elezione del
CdA.
__________
POSCRITTO. Si è venuti a conoscenza del fatto, causa l'obbligo di pubblicazione
dei Decreti Rettorali dei concorsi per le candicature.
Invece, il prodedimento di modifica dello Statuto, concluso nel luglio 2017,
era rimasto secretato, causa il fatto che l'accesso ai verbali degli organi è ammesso
solo ad interni, ma non tutti, solo chi è in possesso di speciale password.
Ma, su questo, c'era stato l'impegno elettorale di UBERTINI di rendere pubblici i
verbali del CdA e Senato Accademico, in analogia ad altre università (a Torino,
addirittura le sedute sono pubbliche, in video conferenza. |
Nino
Luciani, PERCHE' IL CDA ELETTIVO ?
1.- Premessa. Fin dal
primo statuto della autonomia (con F. Roversi Monaco) era stato, da più parti,
lamentato lo strapotere della Dirgenza Amministrativa dell'Ateneo sui Professori.
Lo strumento era il dominio sul CdA.
Anche Roversi Monaco, pur data la sua statura di stratega con grande senso delle
istituzioni, qualche volta aveva dovuto chinare il capo.
La ragione è semplice: i dirigenti conoscono la normativa ed hanno molta
esperienza di procedura amministrativa e dunque, se si oppongono a qualcosa, un qualche
bastone lo trovano sempre, da mettere tra le ruote.
C'è, poi, la questione delle montagne di atti, da firmare, che qualunque rettore
probabilmente non ha sempre il tempo di esaminarle puntualmente, una per una. Questo
capita anche ai Ministri ... e se firmi qualcosa ... che non dovevi firmare, sono guai
tuoi... Dovevi guardare meglio, e da quel momento il dirigente potrebbe anche
ricattarti...
Nel caso dell'unibo, ricordo bene anche la mia esperienza di Consigliere di
Amministrazione. Dovevi ingoiare tutto... sotto la pressione dei Dirigenti, magari per
interposta persona (il Rettore): non cose illegali, ma avevi bisogno di tempo per vedere
meglio ... e magari venivi a sapere che il dirigente "tal dei tali" aveva tenuta
la pratica calda calda per 6 mesi sulla scrivania, prima di portarla in approvazione.
2.- Dopo la legge Gelmini, i Dirigenti sono diventati ulteriormente più potenti,
nel fatto che il CdA non è elettivo, ma praticamente fatto dai Dirigenti stessi,
attraverso il Comitato di selezione, dei cui 5 memtri , tre sono scelti dal Rettore
(intendi: Dirigenti).
Sia chiaro che, formalmente, l'ultima parola spetta al Senato (totali 35
membri), ma in questo Senato non hai più i Presidi (tutti), ma 10 Direttori di
Dipartimento (dei 32 totali dell'Ateneo), e dunque troppo pochi per imporsi.
Perchè il retromarcia di UBERTINI ? E' probabile che la sua impreparazione
giuridica e poca esperienza lo espongano ai quattro venti.
Ubertini ha contro anche gli studentii dei comitati di base. Ma, tra gli altri, non
vedi chi lo difenda.
3.- Voglio tornare sul rapporto:
Dirigenti e Professori.
L'università si identica nella didattica e nella ricerca, e dunque nei
professori.
Ma l'università non può funzionare senza la macchina amministrativa, la
quale è anche depositaria della memoria storica della università. Invece i professori
cambiano continuamente.
Direi che per una università che funziona, la Dirigenza ha bisogno della
luce dei professori: dunque, a ognuno il proprio ruolo.
Ubertini doveva trovare una giusta soluzione, ma rispetto alla quale si è tirato
indietro confermando l'assetto di Dionigi e Fiorentini (ProRettore).
Attendiamo che trovi un rimedio.
4.- C'è anche che il rapporto tra dipartimenti e scuole è ancora lontano da
un assetto soddisfacente (ma non a causa di una legge sbagliata... legge 240).
Lo Statuto dovrebbe funzionare come un Regolamento rispetto alla legge e
dunque è nello Statuto che vanno fatte le eventuali forzature interpretative, al meglio.
Es., se si vuole che i Dipartimenti siano sovraordinati alle Scuole ( e non
all'incontrario), il fatto è solo formale se questi non ottengono un peso maggiore in
Senato. |
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Francesco Ubertini, rettore
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STUDENTI della UNIBO |
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Sul ritorno ciclico di
manifestazioni delle associazioni studentesche
per richieste legittime, ma non sempre in modo democratico e legale |
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E' solo un problema di ideali e
programmi
proclamati e votati nelle elezioni studentesche ? |
o anche un problema di
interessi privati come avviene nei partiti politici ?
Richiesti 655.384 nel 2016. Concessi 236.000+denaro equivalente (sedi
di associazione) |
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Per vedere tabella dei regali unibo
agli studenti nel 2016, clicca su Tabella. Contributi
Vedi anche: http://www.unibo.it/it/servizi-e-opportunita/studio-e-non-solo/associazioni/associazioni-e-cooperative-studentesche-bando-2016-riparto-fondi. |
Nino Luciani, Sul
ritorno ciclico
di manifestazioni fuori le righe
per richieste di sede associativa, mensa, alloggio
Proposta per favorire la trasparenza del
ruolo delle associazioni studentesche nell'Ateneo.
Premessa. Le manifestazioni studentesche
in Unibo non sono mancate mai, soprattutto in prossimità di elezioni studentesche, ma
anche fuori tempo, da parte degli studenti più movimentisti (non è un reato, tutt'altro,
ma fanno discutere).
Per quanto ricordo c'è sempre stata presenza attiva e competizione tra le
associazioni studentesche, con alterne vicende circa la prevalenza dell'una e dell'altra.
Da mesi i più vivavi appare l'associaione dei "collettivi" (CUA), ma quella che
(negli ultimi 15 anni) ha dominato è stata quella dei "ciellini" (Student
Office. con presenze forti in Consiglio di Amministrazione e in cooperative di servizi
agli studenti, il cui apice si è avuto sotto il regno di Dionigi rettore, amico di loro e
anche amico del cardinale (Cafarra) anche lui ciellino. Ma ahimè non avevano votato per
l'attuale rettore Ubertini ....
Non entro nell'ultima discussione di turno (quella che ha stigmatizzato un
presunto favoritismo del rettorato, nei confronti degli studenti del Cua) e code annesse
(richieste alloggi, mensa-ristorante).
Voglio invece porre il problema del quadro normativo dei rapporti tra
rettorato e studenti (in generale, perchè lo considero il vero generatore di
comportamenti normali o anormali.
Va chiarito che una manifestazione non serve solo a portare
avanti una idea, ma anche a fare proselitismo, tra i compagni, che crea vantaggi
economici, come avviene nei partiti, sia direttamente con soldi, sia indirettamente con
posti negli organi di ateneo.
a) Una questione di principio. Lo Statuto dell'Ateneo di Bologna
riserva agli studenti un rilievo istituzionale importante, come è giusto che sia:
- hanno un Consiglio studentesco, elettivo, con regole dello Statuto di Ateneo;
- partecipano alle elezioni del rettore. Nelle ultime elezioni hanno fatto pendere
la bilancia a favore dell'attuale rettore, pur con pochi voti, essendosi verificato una
situazione di bilancia, tra i due candidati, all'ultimo turno; |
- sono nel consiglio di
amministrazione, nei consigli di dipartimenti, nei consigli dei corsi di laurea ...
- hanno numerose associazioni private riconosciute e cooperative di servizi.b) Anche una questione deplorevole di interessi privati,
come nei partiti ? Nell'Unibo, le Associazioni studentesche riconosciute
dall'Ateneo sono numerose, sia a Bologna-città, sia nelle sedi della Romagna.
Le associazioni ricevono molti soldi dall'Ateneo, e in modo diverso, a
seconda che siano a Bologna o in Romagna, del numero dei soci e dei programmi di attività
che propongono. Clicca su Tabella (stralcio).
E anche per le sedi delle associazioni (sono soldi equivalenti) ci sono disparità.
Le Associazioni con sede in Romagna (quelle che gridano meno sotto il
Rettorato) ricevono aiuti finanziari pari ¼ di quelle di Bologna, e questo la dice lunga
sull'importanza del rispettivo peso politico sugli equilibri della unibo.
A Bologna massimamente, la differente possibilità di accesso ai
finanziamenti agita molto gli studenti, e quindi è anche importante suscitare
l'attenzione dei compagni e ottenerne la domanda di divenirne soci.
Non ho elementi per collegare il CUA a una o più associazioni, tra quelle
riconosciute dall'ateneo.
E' anche importante eliminare concorrenti, e di questo ho memoria buona, sia
pur in altra sede. Ad es., a Roma La Sapienza, ho assistito più volte, sia pure anni fa,
a pugni e calci, per questioni concorrenziali.
Era anche facile constatare che gli studenti dirigenti di
queste associazioni erano studenti alquanto attempati (30, 40 anni). Non so esattamente
cosa sia Bologna.
c) Come risolvere. Non propongo
drasticamente il taglio totale dei contributi e neppure di negare le sedi (tutt'altro:
meglio a casa, che in grotte).
Ritengo, invece, fondamentale un taglio drastico delle ragioni di
concorrenzialità sulla piazza.
Per quanto riguarda i soldi, si potrebbe dare un contributo uguale
ad ogni associazione, che abbia i requisiti minimi per ottenere il riconoscimento e anche
la pari opportunità per la sede, per tutte.
Questo favorirebbe la trasparenza circa le ragioni delle
manifestazioni. |
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Necessario tornare sulla bocciatura di UBERTINI, in Fondazione CARISBO
Intanto arriva una impietosa relazione della Corte dei Conti
sulla Unibo |
Francesco Ubertini, rettore
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UBERTINI colpito dalla
NEMESI STORICA* ? |
* Con questo titolo, G.Carducci poeta stigmatizzò la fucilazione di Massimiliano
d'Asburgo (1867) dai Messicani, partito (1864) per il Messico (dal Castello
di Miramare) per prenderne possesso come imperatore. Quale colpa?
Per Carducci, solo l' essere "discendente" di padri presunti colpevoli. |
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Relazione pesa
della Corte dei Conti
sulla Universita' di Bologna |
Messaggio
di Antonella* al CdA
* Membro del Senato Accademico |
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Antonella Zago
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Nota.
La problematica investita dalla Corte (per la Emilia Romagna) rientra in quella più
generale degli enti locali in Italia, che ha molto concorso a gravare sulla spesa dello
Stato a favore degli enti locali (Regioni incluse), nominalmente per
servizi ai cittadini, in realtà anche a beneficio dei partiti locali.
Grosso modo, il meccanismo è il seguente:
a) ricordato che, per regola, gli enti locali dovrebbero produrre i servizi
valendosi di strutture proprie e di personale proprio, scelto per concorso in base a
requisiti professionali;
b) di fatto la regola viene by-passata degli enti locali, mediante delega
dei loro compiti ad enti esterni (cooperative, spa, professionisti). Questo fatto procura
ai politici e ai dirigenti pubblici locali grandi vantaggi: 1) far assumere (dagli enti
esterni) personale in base a meriti politici (l'assunto prenderà la tessera del partito,
e verserà una quota al partito); 2) l'ente delegato pagherà una tangente al partito di
maggioranza, grazie al finanziamento del delegante, con maggiorazione rispetto allo
stretto necessario.
Nel caso della UNIBO, poichè un rettore non è uomo di partito, penso che
non ci siffatto sbrillentamento della regola. Ma qualche domanda si impone, di fronte al
fatto che la Corte rileva anomalie abbastanza gravi e che alcuni rettori si fregiavano dei
buoni rapporti con partiti al potere. Con Ubertini questa epoca è finita ? (Vedi Salvini
...). Inoltre il preventivo 2016 è stato proposto da lui, sulla base del consuntivo 2015.
Non irrilevante: i dirigenti sono rimasti. Ma diamo a Ubertini il tempo di fare
pratica ... . |
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Relazione
della Corte dei Conti
per la Emilia Romagna.
Per il testo intero clicca su:
Corte dei Conti (per
la Unibo, vai a p. 236).
(Assenti nella relazione: Fondazione Alma Mater, Alma mater srl (in
liquidazione), e numerose partecipazioni, che si trovano cliccando su: Enti non profit)
Deliberazione n. 32/2016/VSGO SEZIONE REGIONALE
DI CONTROLLO PER LEMILIA-ROMAGNA, 24/3/2016
(Stralci)
Sintesi
1.- La legge n. 190 del 2014, art. 1 commi 611 e 612 dispone che
Regioni, Comuni, Province, Città metropolitane, università, camere di Commercio,
autorità portuali facciano piani di razionalizzazione delle rispettive partecipazioni
a società. Questo documento della Corte relaziona il Governo, relativamente ai piani
di razionalizzazione, del 2015, degli enti con sede in Emilia-Romagna.
Il motivo è che leconomia italiana è (da tempo) caratterizzata da
unampia e diffusa presenza di società partecipate da soggetti pubblici, in
disarmonia con le regole sui conti pubblici, causa il sovrapporsi di disposizioni di
carattere speciale con la disciplina civilistica generale. Alle società partecipate da
enti pubblici che producono beni e servizi operanti in regime di mercato ed aventi forma e
sostanza privatistica, si sono affiancati soggetti che - pur avendo una veste giuridica
privatistica - perseguono interessi generali, svolgendo compiti e funzioni di natura
pubblicistica tali da configurarli come veri e propri apparati pubblici, "organismi
di diritto pubblico".
2.- Negli intendimenti del legislatore, lo strumento
societario scelto dai soggetti pubblici per lo svolgimento di proprie funzioni e servizi
non deve costituire il mezzo per eludere disposizioni di natura pubblicistica volte al
coordinamento della finanza pubblica, quali le regole del patto di stabilità interno, i
vincoli in tema di assunzione di personale o di indebitamento, le procedure ad evidenza
pubblica, né può pregiudicare la libertà di impresa e le regole del mercato.
In particolare la legge vuole che:
- che gli enti partecipanti svolgano la propria attività esclusivamente in favore degli
enti partecipanti, e quindi non a favore delle società partecipate, e tanto meno
partecipino a società in perdita per tre anni consecutivi;
- che siano pubblici i dati sugli incarichi di amministratore e relative
retribuzioni.
2.- Le criticità della Unibo. La Corte ha preso atto che la
Unibo ha fatto, sul piano formale, un piano di razionalizzazione delle proprie
partecipazioni, ma rileva che essa non ha dato corso ad alcuna "dismissione"
(delle 8 partecipazioni dirette), qui riassunte in unica tabella. In particolare, la Corte
rileva criticità. In particolare :
a) riscontra che, salvo il corretto approccio relativo alle
società spin- off, il piano non risulta in linea con un piano di razionalizzazione
afferente rilevanti partecipazioni societarie un elaborato che non effettua alcuna analisi
sulle voci principali dei relativi costi di funzionamento. Conseguentemente, non si
definisce alcun taglio delle relative spese, come plasticamente mostra la tabella allegata
al piano, dove alla voce contenimento dei costi delle otto società, otto volte si
risponde con un no.
La summenzionata criticità appare particolarmente rilevante per Irnerio spa
laddove, rispetto ad una realtà che gestisce un patrimonio immobiliare plurimilionario,
non è impostata la minima analisi delle principali voci di spesa, non essendo neppure
dato sapere quale esse siano (ad esempio non si spiega come sono gestiti e quanto costano
le manutenzioni ordinarie, quelle straordinarie ecc.).
Ne consegue, oltre linadempimento di un minimale dovere di trasparenza, anche
la preclusione delleventuale realizzazione di risparmi non trascurabili
nellattività di gestione di un patrimonio immobiliare così importante, come invece
richiederebbe il principio di buon andamento di cui allart. 97 della Costituzione.
Questo, pur dando atto positivamente di alcuni recenti interventi sui costi di
organizzazione, in particolare il previsto passaggio allamministratore unico
rispetto ad previo ingiustificato e pletorico Consiglio di amministrazione (nota del 16
marzo 2016), visto che si riferisce che lattività operativa è stata internalizzata
in Ateneo, fatto che in sé svuota la governance di un ruolo ragionevolmente concreto.
La Corte osserva risultare poca chiarezza e mancanza di informazioni sui costi di
funzionamento del Centro residenziale universitario di Bertinoro.
b) rileva, poi, che salvo il corretto
orientamento a liberarsi della partecipazione dello 0,50% in FBM - Finanziaria Bologna
Metropolitana (che merita un discorso a parte), non è programmata la dismissione di
nessuna partecipazione diretta e per quelle indirette non è ancora dato conoscerne un
quadro completo e una valutazione circa la loro indispensabilità. Circa, poi, la
programmata dismissione dello 0,50% in FBM spa (società in house che si occupa di
interventi infrastrutturali), per il futuro si rende necessario verificare e dare
riscontro delleconomicità e dellutilità di tali moduli societari (cui
vengono conferiti direttamente appalti), rispetto ad altre forme di affidamento in
concorrenza.
Tra le partecipazioni dirette merita unattenta valutazione di
approfondimento lopportunità del mantenimento della quota in Bononia university
press, quanto meno alla luce di una valutazione di economicità rispetto ad altre
opzioni, visto il pregresso abbattimento del capitale sociale da 462.000 a 128.818 euro.
Per le partecipazioni indirette, la nota del 16 marzo 2016 riferisce solo di
quote di controllo in due società (Kion srl e Alma Laurea srl) da parte di
due consorzi interuniversitari (Cineca e Consorzio Alma Laurea), peraltro
affermando che "di tali società si darà conto con unanalisi in sede di
aggiornamento del piano di razionalizzazione".
In proposito si rileva, anche sotto questo profilo, la violazione
dellobbligo di legge che impone che il processo di razionalizzazione afferisca la
proliferazione di tutte le partecipazioni societarie (a maggior ragione quelle indirette)
che possono implicare duplicazioni di costi organizzativi e di funzionamento non
propriamente aderenti al fine pubblico e tanto meno rispettosi del pubblico erario.
c) che il piano non dà contezza degli organismi
strumentali dellAteneo né dei relativi ambiti operativi, apoditticamente
affermando che "non si ravvisano aree di sovrapposizione" e, quindi, possibili
interventi di razionalizzazione gestionale. |
IL MESSAGGIO DI ANTONELLA
AI MEMBRI DEL CDA della UNIBOOggetto: Relazione Corte dei Conti
Gentili Consiglieri
nella seduta del Senato Accademico del 24 Maggio scorso ho posto all'attenzione del Senato
Accademico la Relazione della Corte dei Conti dell'Emilia Romagna sulla razionalizzazione
delle partecipazioni societarie degli enti del territorio regionale.
Una sezione di tale Relazione riguarda l'Università di Bologna (trovate l'estratto
in allegato) e i rilievi critici al piano di razionalizzazione delle partecipate
della Unibo , a mio avviso, sono molto importanti e da non sottovalutare nemmeno quando si
ricopre un ruolo in Senato sebbene, a differenza di quello di consigliere, quest'ultimo
non comporti responsabilità economico patrimoniali personali avanti alle autorità di
controllo.
Il Rettore non ha dato rilievo a questo mio intervento e non mi risulta abbia messo a
conoscenza il Consiglio di Amministrazione di tale relazione resa pubblica dalla Corte nel
Marzo 2016 nemmeno nella seduta del CdA dello scorso Aprile in occasione della
deliberazione dell'amministratore unico per la società Irnerio.
Mi permetto di segnalarvi questo documento della CORTE perché compete al CdA la
deliberazione del piano e di tutti gli atti che ne seguono e perché credo che, per il
bene dell'Università e per il rispetto delle norme e delle regole, un bilancio pubblico
dovrebbe essere gestito secondo principi di economicità-trasparenza-efficacia.
Quel che emerge dalla relazione della Corte sul piano di razionalizzazione sembra
essere esattamente il contrario almeno lì dove sostiene che la mancanza di elementi
analitici di costo rischia di rendere impraticabile addirittura il controllo da parte
dell'Autorità interessata e dove sostiene che il piano sia stato redatto senza inserire
parte delle partecipate dall'ateneo come ad esempio le fondazioni con persistente
inadempimento agli obblighi di legge.
A mio modesto avviso, se il piano presentato alla Corte dei Conti è il frutto
della precedente governance, dovrebbe essere compito dell'attuale rivedere il piano
correttamente con tutte le informazione del caso e soprattutto con gli interventi di
razionalizzazione utili a far comprendere se, quello che io da tempo ho definito il
sistema delle scatole cinesi sia davvero legittimo ed economico oppure no.
E' ovviamente vostra libera scelta intervenire o meno in questo e per evitare
strumentalizzazioni di sorta chiarisco che il mio interesse a che l'Università
ridefinisca il piano è strettamente istituzionale e lo dimostra il fatto che su tale
materia sono intervenuta spesso nei due mandati passati in CdA.
Sperando di non essere fraintesa nello spirito che mi induce a scrivervi, in un
momento in cui la tensione sembra essere altissima, mi scuso per l'intromissione nel
vostro lavoro e ancora una volta sottolineo che il mio intento vuole essere quello,
prettamente istituzionale, di riportare l'ateneo all'interno di una cornice di scelte che
siano finalizzate alla buona gestione, alla sua economicità oltre che alla trasparenza
dell'agire della pubblica amministrazione.
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Il Senatore
Antonella Zago
INTERVENTO IN SENATO
La Corte dei Conti dellEmilia Romagna ha rilevato criticità importanti sul
piano di razionalizzazione delle società partecipate. Prima di entrare nel merito credo
sia il caso di sottolineare che la relazione della Corte dei Conti è datata Marzo 2016 e
dal documento emerge che le ultime note pervenute alla stessa Corte da parte
dellateneo risalgono al marzo 2016, non si può quindi sostenere che si tratta solo
di responsabilità della passata governance.
Nella relazione si evidenziano mancanze abbastanza gravi lì dove si legge:
Si rileva anche la mancanza di unanalisi delle principali voci di costo di
funzionamento degli enti partecipati e delle relative entità e dinamiche di formazione,
presupposti essenziali per poterne valutare la possibilità di contrazione. Il piano di
razionalizzazione dovrebbe necessariamente esporre unanalisi dei costi di
funzionamento dei soggetti societari che è imprescindibile per la valutazione degli
interventi diretti alla relativa riduzione
Questo, pur prendendo atto che vengono riferite attività di contrazione dei costi
di funzionamento intervenute in anni precedenti, fatto che però non esime un ente dal
valutare gli aspetti sopra indicati fornendo una descrizione dei principali costi di
gestione e valutando se sia possibile incidere ulteriormente.
Quanto premesso anche al fine di consentire lattività di riscontro della
Corte dei Conti, diversamente resa impraticabile.
Aggiungo, solo per fare alcuni esempi, che la corte dei conti si sofferma sul Centro
residenziale di Bertinoro scarl che dovrebbe farsi carico delle spese di ordinaria e
straordinaria manutenzione dei locali concessi in comodato gratuito dalluniversità
e quindi non si comprende come mai lateneo contribuisca con 25.000 euro annuali per
manutenzione ordinaria.
Per quanto riguarda la società Irnerio, di difficile dismissione per questioni
fiscali, è da evidenziare che la Corte dei Conti sottolinea: Allo stesso modo per
la Irnerio Spa, laddove non è impostata la minima analisi delle principali voci di costo
di una realtà che gestisce un patrimonio immobiliare plurimilionario, precludendo
uneventuale possibilità di riduzione.
Credo che il Senato Accademico debba riflettere su questo documento e per questo mi
impegno anche ad inviare la parte che riguarda lUniversità a tutti i Senatori. |
Nino Luciani,
Ubertini colpito dalla nemesi storica ? 1.- Ubertini
bocciato dalla Fondazione Carisbo. Perchè ? La bocciatura di Umbertini, da parte dei
Soci di Fondazione Carisbo, mi ha sorpreso, quasi un fulmine a ciel sereno, perchè amo
l'Unibo e mi dispiace una umiliazione così grave al rettore in carica, Ma, poi, mi è
arrivata la relazione della Corte dei Conti sullAlma Mater e mi sono detto che forse
in questi ultimi anni l'Unibo non ha accumulato molta stima, allinterno della
Fondazione (anche se nel Collegio di Indirizzo della stessa Unibo aveva due propri
rappresentanti, ora ridotto ad uno soltanto per la diminuzione del numero dei componenti
tutti gli Organi).
Circolano notizie di due generi di fatti, avvenuti ultimamente dentro la
Fondazione:
a) Ubertini sarebbe colpevole di non avere confermato la designazione, per
il secondo mandato nel Collegio di Indirizzo, del docente (un professore di Medicina,
Facoltà che notoriamente non era favorevole a Ubertini come Rettore) che Dionigi aveva in
precedenza nominato.
Ritengo che, essendo Ubertini un rettore di fresca elezione, avesse tutto il
diritto di innovare
b) Ubertini è stato bocciato anche personalmente in Fondazione ? Su
77 presenti e votanti (di cui molti sono docenti in servizio o in quiescenza
proprio di Unibo), avrebbe avuto solo 23 voti, veramente pochi per far
pensare solo ad una ritorsione sulla persona (vedi punto a).In altri
termini si è forse trattato solo del fatto dirompente, in quanto un voto
negativo così ampio parrebbe avere un senso solo se per una "cosa grossa", vale
dire a riguardo prevalente della unibo-istituzione, in quanto collegata con l'azione dei
predessori rettori (qui sta la nemesi storica), che avevano
avuto ruolo importanti nella Fondazione, e anche con quella di altri professori, anch'essi
in Fondazione.
Questi possibili risvolti sulla stima di cui gode lAlma Mater sembrano
condivisi dallo stesso Ubertini per una recente iniziativa: in queste settimane, egli ha
lanciato un sondaggio, a tutto campo, sulla Unibo, con tre questionari, separatamente per
studenti, docenti (esclusi al solito quelli in quiescenza), personale tecnico e
amministrativo. Oggetto del sondaggio capire cosa pensano dellAlma Mater quelli che
operano nellAteneo o ne sono gli utenti, e cosa propongono per migliorarne
limmagine e loperato.
Per di più questo sondaggio contiene domande che fanno presumere una bassa stima
proprio del rettore verso l'Unibo, al punto di fare pensare ad una volontà di rivoltare
la Unibo come un calzino, in caso di risposte di un certo tipo.
Questo mi è parso veramente troppo, in quanto l'Alma Mater ha 900 anni, e la stima
ce l'ha già di suo, e neppure si dovrebbe solo indurre qualcuno nel dubbio.
c) Altra cosa è la riforma dello Statuto (urgentissima), che deve
puntare a riorganizzare l'Ateneo, interpretando la legge vigente, in modo da fondare
l'Ateneo sui professori (oggi ridotti a trottole, e non più sulla burocrazia di via
Zamboni), applicando principi di autonomia, dopo avere identificato le nuove unità di
base al passo con i tempi (una nuova riaggregazione dei dipartimenti, ispirata alle 5
grandi aree scientifico-didattiche ? Romagna di nuovo in autonomia ?).
Non solo questo. Quelle domande del questionario vanno bene per un dentifricio, non
per un prodotto complesso come l'attività dell'Unibo, anzi sono talmente generiche da
indurre il dubbio che, chi le ha predisposte, conosca poco i meccanismi interni
dell'Unibo.
A titolo informativo ho copiato le prime 11 domande,
girate da un collega (io, essendo in quiescenza, non ho diritto di accesso).
In alternativa, mi permetto di sottoporre le relazioni dei colleghi e studenti che,
per iniziativa del Comitato studenti-docenti, avevano animato il dibattito elettorale, a
cui Ubertini ha partecipato come candidato rettore (clicca su: FORUM4)
e su Proposte di sintesi . Il confronto mi sembra istruttivo.
2. Torniamo in Fondazione. E' sbagliatissimo ragionare in termini personali.
Ad es., il Sindaco Merola ha detto che la Fondazione Carisbo è l'ultimo covo di
"soviet" rimasti in città.
a) Sempre, per voce di popolo, si dice che, per statuto e a
parole, la Fondazione destini denari a opere e iniziative di "alto interesse sociale
e culturale". Ma, poi, quando vai a vedere i fatti e gli atti pubblicati (il
cosiddetto Bilancio di missione), trovi che i destinatari dei finanziamenti sono enti,
molti dei quali hanno potere di designazione di persone di propria fiducia nel Collegio di
Indirizzo e dunque in qualche modo con collegamenti con i decisori negli Organi della
Fondazione. Questo potrebbe spiegare la ferocia personale, in occasione delle nomine dei
membri del Collegio di Indirizzo.
Ma in un quadro di ridisegno dei meccanismi decisionali, anche il rettore in
carica non dovrebbe aver modo di direzionare i finanziamenti della Fondazione a progetti a
lui cari personalmente. Lo scrivo in generale, non ho alcuna notizia specifica e la mia
osservazione vale per tutti gli enti designanti
Il meccanismo minimo sarebbe che il rettore dovrebbe preliminarmente portare negli
Organi di Ateneo, per le rispettive competenze (dunque in Giunta di Ateneo, in Senato e in
Consiglio di Amministrazione) i progetti da sottoporre poi in Fondazione.
Non solo questo. Non è opportuno che il legale rappresentante pro tempore di un
ente che ha poteri di designazione nel Collegio di Indirizzo (dunque anche l'Università)
vada a far parte stabilmente di un ente partecipato nel quale lente da lui in quel
momento rappresentato ha potere di nomina di un proprio rappresentante nell'organo di
indirizzo.
Il motivo è evidente: si possono avere possibili conflitti di interesse tra gli
enti in questione, e il singolo, in quanto legale rappresentante di un ente designante
può anche pesantemente influire sulle decisioni dellente che subisce la
designazione.
b) Quale metro usare, specie se nell'ente partecipato vale il
principio che il poi il nominato non risponde al nominante e dunque è del tutto autonomo
?
Dovrebbero essere gli organi collegiali a decidere, a seconda delle loro competenze
in relazione alla funzione che il nominato va a svolgere; questo tanto più nel caso di
possibilità di doppio mandato.
Aggiungo: è ovvio che i criteri per queste decisioni (in particolare per quelle di
riconferma del designato, specie nel caso in cui questi dura in carica 4 anni per ogni
mandato, e pertanto se riconfermato dura in carica oltre il mandato del rettore) devono
essere predeterminati e resi pubblici per rispetto del principio di trasparenza: e questo
vale ancor più per lUniversità di Bologna dato che la carica di Rettore ha una
lunga durata (sei anni) e non ammette la riconferma.
Dovrebbero esservi criteri stabiliti preliminarmente dagli Organi competenti.
Aggiungerei che, nel caso di colui che è stato designato questa volta da Unibo, Ubertini
non sembra aver tenuto presente il Protocollo d'Intesa ACRI/MEF e lo Statuto della
Fondazione, i quali impongono che nella scelta dei designati l'ente designante deve
scegliere persone con specifici requisiti professionali nei cosiddetti "settori
rilevanti" nei quali opera la Fondazione.
Questi settori rilevanti (che la Fondazione sceglie tra i "settori
ammessi" previsti dalla legislazione in materia di Fondazioni di Origine Bancaria)
risultano dagli atti pubblici della Fondazione, in particolare dal Documento di
Programmazione Triennale.
I "settori rilevanti" li sceglie il Collegio di Indirizzo, data la
importanza che i componenti abbiano specifica competenza professionale (Art 19 Statuto)
. |
CONTINUA: Corte dei Conti.
Sul punto non si percepisce che la razionalizzazione gestionale non è imposta solo
nellipotesi di sovrapposizioni operative, bensì anche nel caso di "attività
analoghe o similari", estendendosi, pertanto, anche a fattispecie di attività per
nulla sovrapponibili ma solo contigue e con possibilità di sviluppare sinergie.
Infine si rileva che il piano non risulta svolgere alcuna analisi in ordine alle
prescrizioni indicate dallart.91-bis del dpr 11 luglio 1980, n.382, concernente la
partecipazione a consorzi e a società di ricerca. 3.-
Nel merito dei criteri di razionalizzazione, la Corte oppone:
a) la esistenza di società e partecipazioni sociali non
indispensabili al perseguimento delle finalità istituzionali.
Il comma 611 dellart.1 della l. n. 190/2014 prevede, alla lettera a)
"eliminazione delle società e delle partecipazioni societarie non indispensabili al
perseguimento delle proprie finalità istituzionali, anche mediante messa in liquidazione
o cessione".
Sul punto, il piano afferma che "Il carattere dellindispensabilità
della partecipazione può essere ragionevolmente parametrato rispetto alla decisione
politica dellente di condurre determinate attività funzionali al perseguimento
delle proprie finalità istituzionali;
". In proposito occorre invece
puntualizzare che il legislatore richiede la dismissione di quelle società che, pur
coerenti con i fini istituzionali dellente, non sono indispensabili al loro
perseguimento: ovvero si tratta di verificare lindispensabilità dello strumento
societario rispetto a differenti forme organizzative e la scelta di mantenere la
partecipazione impone anche unanalisi di economicità (cfr. deliberazione n.170/2015
della Sezione regionale di controllo per il Piemonte). Alla luce del dettato normativo
risulta, pertanto, da approfondire lanalisi istruttoria e la motivazione del
mantenimento di Bononia university press spa (di cui lAteneo ha una
partecipazione del 29,5%), soprattutto in considerazione della riduzione del capitale
sociale da 462.000 euro a 128.818 euro ad esito di esercizi sociali in perdita. Circa FBM
spa il piano riporta, con motivazione apodittica e quindi carente, che "La permanenza
della partecipazione risulta indispensabile".
Anche sotto il profilo delleconomicità, poi, non è chiarito come gli
importanti interventi realizzati o in corso di realizzazione da parte di FBM siano
più convenienti rispetto ad altre modalità di affidamento. Successivamente, con
comunicazione del 16 marzo 2016 lAteneo ha informato che con nota rettorale del 28
dicembre 2015 gli altri soci (Comune di Bologna, Regione Emilia Romagna e Camera di
commercio di Bologna) sono stati resi edotti "che la quota minoritaria di
partecipazione dellUniversità di Bologna pari allo 0,5% del capitale sociale e il
venir meno della strategicità della partecipazione per i tre soci di maggioranza,
inducono anche lAteneo ad esprimere un orientamento favorevole alla
dismissione".
A tal fine viene riferito che è stata concordata la costituzione di un tavolo
tecnico per definire tempi e modalità della liquidazione, con salvezza degli impegni
contrattuali già assunti.
Sul punto si prende positivamente atto del mutamento di orientamento rispetto ad
una previa affermata indispensabilità pur rilevando che mancano tempi certi e definiti
per la dismissione della partecipazione societaria (rimandata alle future valutazioni di
un costituendo tavolo tecnico).
Per quanto riguarda il Centro residenziale universitario di Bertinoro scarl
poi, in riferimento alla scelta della sua localizzazione a Bertinoro e allaffermata
economicità della partecipazione nellorganismo societario, si sottolinea che non vi
è rilievo afferente lindispensabilità della partecipazione in funzione della
strategia multi campus dellAteneo, essendovi, invece, una contestazione sulla
pregressa gestione non chiara e contraddittoria dei pochi costi di funzionamento di cui si
è ritenuto di rendere edotta la Corte dei conti con il piano trasmesso a giugno 2015.
b) Società che risultano avere più
amministratori che dipendenti.
Il criterio di cui allart.1, comma 611, lett. b), della legge 190 del
2014, per espressa previsione normativa dovrebbe comportare la dismissione della
partecipazione. Il piano afferma che "non si ravvisano casi che rendano necessario
procedere al recesso o alla soppressione della società, in quanto la ratio della norma
(contenimento dei costi) viene sempre rispettata"; inoltre viene precisato che
"la soppressione della società può essere effettuata soltanto se lente
detiene od ottiene unendosi ad altri soci, la maggioranza necessaria per adottare la
delibera assembleare; inoltre, se lobiettivo della norma è la riduzione dei costi,
appare ragionevole pensare che non si debba intervenire in assenza di compensi previsti
per gli amministratori e/o di attribuzioni agli amministratori di competenze normalmente
attribuite ai dipendenti. In questultimo caso infatti, proprio ai fini del
contenimento dei costi, lorgano amministrativo è stato investito di compiti
operativi per non gravare la società di oneri connessi allassunzione di personale
dipendente;
".
Qui si fa osservare che laddove non sia possibile deliberare lo
scioglimento, resta comunque applicabile la procedura di cui allart. 1, comma 569,
della legge n.147/2013, che esita, comunque, con la cessazione della partecipazione
sociale.
Di fatto, poi, le seguenti società presentano un numero di addetti inferiore agli
amministratori: - Almacube srl - 5 amministratori e 2 dipendenti. Gli
incarichi degli amministratori sono svolti a titolo gratuito e pertanto si deve ritenere
rispettata la ratio della prescrizione che porta a raffrontare i costi sostenuti aldilà
del dato numerico. - Irnerio srl - 3 amministratori e nessun dipendente.
In proposito il piano motiva che rilevanti costi fiscali precludono la soppressione
di questa entità societaria. Peraltro, nella fattispecie concreta risulta ingiustificato
il mantenimento di un Consiglio di amministrazione di 3 componenti con un rilevante costo
di governance e la mancata opzione per lamministratore unico. Con comunicazione del
16 marzo 2016 di cui si prende positivamente atto lAteneo ha informato che si
procederà con la nomina di un amministratore unico in occasione del rinnovo
dellorgano amministrativo da parte dellassemblea che verrà convocata per
lapprovazione del bilancio 2015.
c) la mancata eliminazione di partecipazioni in società che svolgono
attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti
pubblici strumentali, anche mediante operazioni di fusione o di internalizzazione delle
funzioni.
Il quadro offerto dal piano è lacunoso e non consente una compiuta
valutazione sul punto, considerato che il confronto in base al quale procedere
alleliminazione della partecipazione non deve afferire solo le società, ma anche
lattività svolta da fondazioni, consorzi ed altri organismi strumentali
dellAteneo, mentre di questi organismi e del relativo ambito operativo non viene
dato puntuale riscontro.
LAteneo, con nota del 16 marzo 2016 specifica che "non si
ravvisano aree di sovrapposizione" e, quindi, possibili interventi di
razionalizzazione gestionale tra le attività svolte dalle società in cui
lUniversità detiene un controllo diretto o uninfluenza dominante (Ceub
e Irnerio) e altri organismi strumentali dellAteneo riservando al C.d.A.,
in occasione dellaggiornamento del piano, ogni valutazione per le altre
partecipazioni societarie. In proposito si formula un duplice ordine di rilievi.
In primo luogo sotto il profilo dellinterpretazione
normativa si chiarisce che lobbligo di eliminazione delle partecipazioni societarie
(anche mediante operazioni di fusione o di internalizzazione delle funzioni) non ricorre
solo nellipotesi di "aree di sovrapposizione" tra ambiti operativi delle
società da una parte e fondazioni, società, consorzi ed altri organismi strumentali
dallaltra. Il testo imperativo di legge è molto chiaro al riguardo in quanto il
processo di razionalizzazione/riduzione delle società partecipate deve riguardare quelle
che svolgono "attività analoghe o similari" a quelle di altre società
partecipate od enti pubblici strumentali, fatto per cui non si deve certo limitare alle
"aree di sovrapposizione" bensì estendersi ad ampio raggio, anche a fattispecie
di attività per nulla sovrapponibili ma solamente contigue.
In secondo luogo, poi, si deve rilevare che non è stato fatto
nessun riscontro in riferimento a tutte le altre non trascurabili partecipazioni
societarie di cui lAteneo è titolare, semplicemente rimandando al futuro
aggiornamento del piano, con persistente inadempimento agli obblighi di legge. Infine,
relativamente allaffermazione contenuta nel piano per cui " ... nelle società
in house l'oggetto sociale non può essere troppo ampio ed eterogeneo, perché
risulterebbe incompatibile con la sussistenza di controllo analogo... " non
prospettandosi, pertanto, possibilità di accorpamenti.
d) la mancata previsione di misure per il contenimento dei costi di
funzionamento. Si precisa che è, altresì, normativamente prevista lalternativa
dellinternalizzazione, anche mediante la riorganizzazione degli organi
amministrativi e di controllo, nonché delle strutture aziendali e la riduzione degli
emolumenti corrisposti.
Dalla tabella di sintesi allegata al piano, l'Ateneo evidenzia che non predispone,
per nessuna delle otto società, alcuna azione di contenimento dei costi (salvo generiche
dichiarazioni dadesione a proposte di altri azionisti pubblici e la positiva
previsione, comunicata con nota del 16 marzo 2016, dellamministratore unico per Irnerio).
In proposito lUniversità di Bologna nel piano afferma che si possa dar corso
alla riduzione del numero dei componenti degli organi amministrativi, di controllo e delle
strutture aziendali nonché delle relative remunerazioni, soltanto se non si inficia la
capacità operativa della società o la capacità di controllo dellente socio.
Peraltro, a questa generale asserzione non segue alcuna reale motivazione del
mancato contenimento dei costi funzionali nelle specifiche situazioni, né vi è traccia
di uneventuale analisi istruttoria svolta, omissione grave nellipotesi di
partecipazioni rilevanti.
Dal prospetto dei compensi percepiti dagli organi di
amministrazione e di controllo inviato con nota del 16 marzo 2016 si osserva che
per Bononia University Press (29,5%) sono aumentati i compensi
dellamministratore delegato (da 15.000 a 20.000 euro) e di due consiglieri (da 5.000
a 7.500 euro), mentre per Ceub il compenso del presidente da 10.800 euro annui è
divenuto "variabile in base alla presenza". Per Irnerio, ai sensi delle
decurtazioni prescritte dalla l. n. 144/2014, gli emolumenti corrisposti nel 2015
ammontano per il presidente a 19.200,00 euro (prima 24.000,00) e per i consiglieri a
10.000,00 euro (prima 12.500,00).
Si rileva anche la mancanza di unanalisi delle principali
voci di costo di funzionamento degli enti partecipati e delle relative entità e dinamiche
di formazione, presupposti essenziali per poterne valutare la possibilità di contrazione.
Il piano di razionalizzazione dovrebbe necessariamente esporre unanalisi dei costi
di funzionamento dei soggetti societari che è imprescindibile per la valutazione degli
interventi diretti alla relativa riduzione. Loperazione di contenimento dei costi,
infatti, impone la descrizione dei principali costi attuali, lindicazione delle
azioni possibili e, in conclusione, dei risultati attesi (cfr. deliberazione n.170/2015
della Sezione regionale di controllo per il Piemonte).
Questo, pur prendendo atto che vengono riferite attività di contrazione dei
costi di funzionamento intervenute in anni precedenti, fatto che però non esime un ente
dal valutare gli aspetti sopra indicati fornendo una descrizione dei principali costi di
gestione e valutando se sia possibile incidere ulteriormente.
Quanto premesso è anche al fine di consentire lattività di riscontro della
Corte dei conti, diversamente resa impraticabile. Dai pochi elementi a disposizione si
rileva, ad esempio, che per alcune società partecipate vi sono organi di controllo
collegiali, per altre il revisore unico, ma in nessuna fattispecie vi è traccia del
perché non sia possibile ridurre il compenso del revisore e/o il numero dei componenti
lorgano di controllo.
Peraltro, per quanto riguarda il Centro residenziale universitario di
Bertinoro scarl pur essendo indicato che la manutenzione ordinaria e straordinaria è
a carico del Centro, viene poi comunicata una contribuzione annuale dellAteneo non
inferiore a 25.000,00 euro anche per le manutenzioni degli immobili.
LAteneo poi, che si assicura la disponibilità degli immobili del Centro in
forza di una serie di contratti di comodato e locazione, concede a Ceub in comodato
lintero complesso immobiliare. Si prende, peraltro, positivamente atto che da giugno
2015 è stata completata lesternalizzazione di tutti i servizi di ristorazione, in
sostituzione del precedente servizio svolto allinterno (nota del 16 marzo 2016).
Ciò nonostante, anche per questo organismo manca nel piano unanalisi delle
principali voci dei costi di funzionamento, fatto che non rende possibile un corretto
approccio di razionalizzazione, oltre a violare evidenti obblighi di trasparenza
gestionale. Allo stesso modo per Irnerio spa, laddove non è impostata la minima
analisi delle principali voci di costo di una realtà che gestisce un patrimonio
immobiliare plurimilionario, precludendo uneventuale possibilità di loro riduzione.
4.- Società spin-off. Per quanto riguarda le società
spin-off, alla data del 12 marzo 2015 ne rimangono attive solo 5 elencate nella tabella
che segue.
Per tutte le spin-off sopra riportate risultano già adottate le
delibere di dismissione, predisposte le comunicazioni del recesso, avviate le procedure ad
evidenza pubblica per lalienazione e attivate le trattative con i soci.
Entro il 31 dicembre 2015 sono previste le cessioni di tutte le quote103, con una
stima di introito complessivo oscillante da un minimo di 15.000,00 a un massimo di
40.000,00.
LAteneo puntualizza (riferisce la Corte) che la "cessione è
subordinata allinteresse di terzi allacquisto, tenendo conto del fatto che ha
già esperito senza successo, nel corso del 2014, una procedura pubblica per la loro
alienazione". |
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RETTORE Francesco Ubertini
Primi incidenti di percorso con gli
Organi di Ateneo (su bilancio
e pubblicità dei verbali), e avvio incerto della riforma dello Statuto,
anche per preoccupazioni ... dalla burocrazia dell'unibo |
IL COMMENTO DI ANTONELLA *
* Antonella Zago, Membro del Senato Accademico, area del personate T.A. |
Antonella Zago
|
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FATTI
del Rettore: |
1) Presenta in Senato il bilancio di previsione 2016, ma in ritardo
(nell'applicare il sistema contabile U-GOV, e con pretesa
di approvazione senza troppi complimenti, in violazione dei "diritti del
parlamento universitario".
Sotto: importante lettera, al MIUR, del Direttore Colpani per spiegare
il ritardo, a parte che il Senato e CdA sembrano "autonomi" più che i
precedenti. |
|
2) Annuncia ai giornalisti l'accessibilità, per tutti, ai verbali del Senato e
CdA, ma poi nella delibera trovi scritto che l'accesso è riservato al personale
dipendente, con interpretazione restrittiva (come Dionigi) della legge Gelmini (art. 2,
c.2, c3) e dello Statuto (art. 3.2), che accenna in esplicito alla trasparenza verso
"soggetti esterni", a parte che la legge vuole "tre esterni" nel CdA; |
|
3) Nomina la Commissione Istruttoria per la riforma dello Statuto (prof. Marco
Dugato, prof. Loris Giorgini, prof. Gino Malacarne, prof.ssa Bruna Zani, prof.ssa Mirella
Falcone, prof. Filippo Andreatta, Presidente della Consulta, T/A, Presidente del Consiglio
Studentesco) ma il compito è conferito senza "principi e criteri direttivi" di
lui, elementi essenziali in questa riforma, vero essendo che l'eletto rettore è lui, non
i membri della Commissione (Es.:a) separazione tra università (scienza e cultura) e
partitismo cronico (e questo vale per tutti: rettori, professori, studenti); b)
organizzazione centralizzata o federale dell'Ateneo, autonomia alla Romagna; c) nuovi
rapporti tra scuole e dipartimenti; dimensione dei dipartimenti,...sia per ragioni di
funzionalità sia per omogeneità numerica. |
NOTA
STATISTICA SULL'ATENEO (ripresa dalla lettera di Colpani) |
- Nell'anno solare 2014,
il bilancio dell'unibo si attesta su 750 milioni di euro; nel nostro Ateneo, ci
sono:
- 2.816 docenti e ricercatori di ruolo, 1.040 docenti a contratto, 3.105 unità di
personale tecnico amministrativo, 2.231 collaboratori impegnati in attività di ricerca.
- gli studenti sono 85.000, di cui 5.393 con cittadinanza estera.
- l''offerta formativa sì articola in 207 corsi di studio, 43 corsi di dottorato, 70
master, 37 scuole di specializzazione, 31 corsi di alta formazione.
- La organizzazione dell'Unibp è formata da 5 Campus, 11 scuole, 33 dipartimenti, 12
centri interdipartimentali;
- è gestito un patrimonio immobiliare di 1.032.000 mq di spazio distribuito nelle sedi di
Bologna, Forlì, Cesena, Rimini, Ravenna, Cesenatico, Faenza, Ozzano e Imola. |
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Accesso agli
atti Organi Accademici UFFICIO PROPONENTE
Area Affari Generali - Settore Rapporti con gli Organi Accademici
FINALITA'/SCOPO
Sottoporre al Consiglio di Amministrazione, al fine dell'approvazione di competenza,
alcune modifiche al Regolamento per il funzionamento del Senato Accademico (emanato con
Decreto Rettorale n. 1184/2012) e al Regolamento per il funzionamento del Consiglio di
Amministrazione (emanato con Decreto Rettorale n. 1183/2012), definite con l'obiettivo di
permettere un ampliamento della platea dei soggetti abilitati alla consultazione delle
proposte sottoposte all'esame dei medesimi due Organi preliminarmente allo svolgimento
delle loro riunioni. La delibera non comporta oneri a carico del bilancio di Ateneo.
PRESIDIO POLITICO Magnifico Rettore
PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO
Il Magnifico Rettore ha ravvisato l'opportunità per ragioni strategiche di
partecipazione alla vita accademica e di massima condivisione degli obiettivi e degli
indirizzi di sviluppo dell'Ateneo, di garantire al personale docente e ricercatore e
tecnico amministrativo strutturato in Ateneo la più ampia conoscibilità delle tematiche
e degli ambiti di intervento che ne caratterizzano l'agire. Per poter raggiungere questo
obiettivo il Magnifico Rettore propone di intervenire tra l'altro tramite l'estensione
della consultabilità della documentazione sottoposta all'esame degli Organi di Ateneo
preliminarmente alle loro adunanze. Tale indirizzo è finalizzato a contemperare le
esigenze di circolazione efficiente delle informazioni all'interno dell'Ateneo e di
trasparenza delle attività ai sensi dello Statuto e intende anche offrire adeguata
risposta alle istanze di tempestiva informazione espresse dalla comunità universitaria.
Al fine di dare piena attuazione a questo indirizzo
politico l'Ufficio proponente ha condotto, in collaborazione con l'Area Area Sistemi
Informativi e Applicazioni, una preliminare analisi relativa alle modalità tecnico
giuridiche funzionali alla realizzazione dell'iniziativa ed ha ed ha accertato la
percorribilità, intervenendo sull'applicativo "OrganiWeb", di adottare misure
volta a consentire questa possibilità, rispettando i vincoli in materia.
Le figure individuate dal Magnifico Rettore per una
loro abilitazione all'accesso a dette informazioni sono i docenti e i ricercatori e il
personale tecnico amministrativo strutturati all'interno dell'Ateneo (cioè tutto il
personale docente con rapporto a tempo indeterminato in servizio presso l'Ateneo, i
Ricercatori Universitari a tempo determinato e a tempo indeterminato e tutto il personale
tecnico amministrativo a tempo determinato e indeterminato) per i quali saranno
individuati ad hoc peculiari privilegi di accesso alla documentazione.
Restano confermate le modalità e i diritti di accesso in
precedenza definiti per tutte le categorie di soggetti già abilitati alla consultazione
della documentazione.
Da questa analisi è emersa altresì la necessità, per
dare concreta attuazione agli indirizzi politici espressi dal Magnifico Rettore, di
prevedere alcune modifiche ai Regolamenti per il funzionamento del Senato Accademico e del
Consiglio di Amministrazione (riportate nei documenti di cui all'allegato n. 1 e 2).
Una parte di dette modifiche è volta a introdurre
emendamenti regolamentari di natura puramente tecnica, volti a garantire la complessiva
coerenza del testo normativo, tramite l'eliminazione di norme che sarebbero altrimenti
entrate in contraddizione con le nuove modalità proposte. Alcune delle modifiche proposte
sono invece finalizzate a disciplinare la nuova modalità operativa. Da ultimo la restante
porzione degli emendamenti è stata ponderata in ragione del fatto che queste nuove
modalità di comunicazione e di divulgazione degli ambiti decisionali caratterizzanti le
attività dell'Ateneo consentiranno ad un'ampia platea di interlocutori di avere accesso
alle informazioni riportate nelle relazioni istruttorie degli Uffici, caratterizzabili
quali diffusione.
Con riguardo alle ultime due tipologie di emendamenti, al
fine di svolgere una ponderata attività istruttoria, si è posta pertanto la necessità,
di analizzare alcuni aspetti normativi di qualificante rilievo, di seguito riportati.
Presupposti di diritto:
Come già il restante impianto regolamentare, anche le modifiche proposte devono
coordinarsi con la legislazione nazionale e con la regolamentazione di Ateneo vigenti in
materia di tutela dei dati personali. Invero, per i nuovi soggetti per i quali si propone
la disponibilità degli atti delle sedute del Consiglio di Amministrazione e del Senato
Accademico, nonché per le unità organizzative competenti all'istruttoria delle proposte
di delibera, valgono le vigenti prescrizioni al riguardo; in particolare, sul piano delle
norme nazionali:
........
........
DECISIONI DI PRECEDENTI ORGANI
Il Senato Accademico, nella seduta del 24 novembre 2015, si
è espresso come di seguito si riporta:
""Il Senato Accademico: ribadita la valenza dei principi di democrazia
rappresentativa che informano i rapporti fra componenti di questo stesso Organo ed
elettorato di riferimento; rilevato che dall'introduzione delle modifiche regolamentari
proposte non deriva alcuna lesione o compromissione degli stessi principi, esprime parere
favorevole alle modifiche al proprio Regolamento per il funzionamento, nella formulazione
riportata nella colonna di destra della tabella di cui all'allegato n. 1, parte integrante
della presente delibera."".
........
.......
FIRMA DIRIGENTE/RESPONSABILE SETTORE Il Dirigente dell'Area
Affari Generali Dott. Marco Degli Esposti Il Responsabile del Settore Rapporti con gli
Organi Accademici Dott. Paolo Pezzulla ?
Il Consiglio di Amministrazione, con voto di
astensione della prof.ssa Giusberti, visto il parere reso dal Senato Accademico, nella
seduta del 24 novembre 2015, considerata la valenza sperimentale delle modifiche
regolamentari proposte, da sottoporre, a distanza di un anno dall'entrata in vigore, ad
una valutazione di opportunità, coerenza e sostenibilità delle stesse,
approva:
a. le modifiche al Regolamento per il funzionamento del Senato Accademico, nella
formulazione riportata nella colonna di destra della tabella di cui all'allegato n. 1,
parte integrante della presente delibera, con le seguenti modifiche:
a.1. all'articolo 2 (Documentazione), comma 1 bis, aggiungere, in fine, il seguente
periodo: "nel rispetto dei principi normativi in materia di tutela dei dati
personali";
a.2. all'articolo 4 (Status di componente del Senato Accademico), comma 3, nel secondo
periodo "Il personale docente, ricercatore e tecnico amministrativo strutturato di
cui all'art. 2, comma 1 bis, del presente Regolamento, è tenuto a non utilizzare il
materiale istruttorio relativo alle sedute degli Organi di Ateneo di cui ha disponibilità
per fini e in ambiti diversi da quelli istituzionali.", è eliminata la parola
"istruttorio";
b. le modifiche al Regolamento per il funzionamento del Consiglio di Amministrazione,
nella formulazione riportata nella colonna di destra della tabella di cui all'allegato n.
2, parte integrante della presente delibera, con le seguenti modifiche:
b.1. all'articolo 2 (Documentazione), comma 1 bis, aggiungere, in fine, il seguente
periodo: "nel rispetto dei principi normativi in materia di tutela dei dati
personali";
b.2. all'articolo 4 (Status di componente del Consiglio di Amministrazione), comma 3,
secondo periodo "Il personale docente, ricercatore e tecnico amministrativo
strutturato di cui all'art. 2, comma 1 bis, del presente Regolamento, è tenuto a non
utilizzare il materiale istruttorio relativo alle sedute degli Organi di Ateneo di cui ha
disponibilità per fini e in ambiti diversi da quelli istituzionali.", è eliminata
la parola "istruttorio";
c. le seguenti modalità operative di visualizzazione della documentazione istruttoria,
con riguardo ai soli soggetti interessati dalle modifiche regolamentari proposte:
c.1. cancellazione, subito dopo la seduta, della documentazione istruttoria oggetto di
rinvio ad una successiva seduta del Senato Accademico e/o del Consiglio di
Amministrazione;
c.2. specificazione del carattere preparatorio e preliminare della documentazione resa
disponibile, con anche l'indicazione della data della seduta di tali Organi, cui detta
documentazione si riferisce.
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CMXX - ALMA
MATER
IL DIRETTORE GENERALE
Dottor Giuseppe Colpani Bologna,
15 settembre 2015
Gent.mo dottor DANIELE LIVON,
Direttore Generale MIUR - Roma
Gentile Dott. Livon,
con riferimento alla vostra nota prot. 9374 del 06/08/2015 ad oggetto "Adozione
Contabilità economico-patrimoniale" si illustrano qui di seguito le motivazione che
ci hanno portato a rinviare all'anno 2015 l'adozione del sistema contabile U-GOV, con una
migrazione delle grandezze finanziarie a partire dall'autunno dello stesso anno e
un'entrata in produzione dell'applicativo al 01/01/2016, posticipando la data di adozione
da parte dell'Ateneo della contabilità economico - patrimoniale e analitica a quella di
entrata in produzione del sistema informatico sopra citato.
In primis i tempi di ritardo nell'emanazione dei decreti da parte dei
ministeri competenti e della perdurante mancanza di alcuni degli adempimenti previsti a
carico dei ministeri competenti.
La L. 240/2010, all'art. 5 ha previsto una delega al governo al fine di
riformare il sistema universitario per il raggiungimento di diversi obiettivi tra cui la
revisione della disciplina concernente la contabilità, da attuarsi con uno o più decreti
legislativi. A seguito di ciò è stato emanato il D.Lgs 18/12 (in vigore dal 23/3/2012)
che ha disposto;
1.- L'introduzione di un sistema di contabilità
economico-patrimoniale e analitica, del bilancio unico e del bilancio consolidato delle
università a partire dal 1 gennaio 2014 (termine poi prorogato al 1 gennaio 2015 ad opera
del D.L. 150/2013 convertito con modificazione in L. 14/2015).
2.- L'adozione di principi contabili e schemi di bilancio
stabiliti e aggiornati con successivo decreto del MIUR di concerto con il MEF, sentita la
CRUI.
3.- La predisposizione di un apposito prospetto, da
allegare al bilancio consuntivo e preventivo, contenente la classificazione della spesa
complessiva per missioni e programmi. Con decreto del MIUR di concerto con il MEF sono
stabiliti l'elenco delle missioni e dei programmi, nonché i criteri cui le università si
attengono ai finì di una omogenea riclassificazione dei dati contabili.
4.- La predisposizione di un bilancio consolidato adottando
principi contabili di consolidamento stabiliti e aggiornati con decreto del MIUR di
concerto con il MEF, sentita la CRUI.
5.- L'emanazione, entro tre mesi dalla data di entrata in
vigore di tale decreto, delle seguenti disposizioni normative:
- decreto sui principi contabili e schemi di bilancio di cui al punto 2;
- decreto contenente la classificazione della spesa complessiva per missioni programmi di
cui al punto 3;
- decreto sui principi di consolidamento di cui al punto 4.
6.- L'adeguamento del proprio regolamento per
l'amministrazione, la finanza e la contabilita' entro 12 mesi dall'entrata in vigore di
tale decreto (entro marzo 2013).
7.- La nomina, entro un mese dalla data di entrata in
vigore del presente decreto, del Commissione per la contabilità economico-patrimoniale
delle università al fine di procede ad analisi e confronti, anche attraverso incontri
diretti con gli atenei, dei criteri e delle metodologie adottate, nonché dei risultati
ottenuti.
Rispetto a quanto previsto ai punti precedenti:
- II decreto n. 19/2014 sui principi contabili e schemi di bilancio di cui al punto 2 ed
il decreto n. 21/2014 contenente la classificazione della spesa complessiva per missioni e
programmi di cui al punto 3 sono stati emanati a gennaio 2014, con un anno e mezzo di
ritardo rispetto alla previsione originaria (giugno 2012).
- Il decreto sui principi contabili di consolidamento di cui al punto 4 non è stato
ancora emanato. La previsione originaria prevedeva l'emanazione entro giugno 2012.
Il decreto n. 19/2014 sui principi contabili e schemi di
bilancio ha disposto:
1.- L'adozione di schemi di budget economico e budget degli investimenti definiti, entro
tre mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, con decreto del MIUR, di concerto
con il MEF, sentita la CRUI.
2.- L'adozione di un comune piano dei conti a decorrere dal 1° gennaio 2014, con
l'aggiornamento delle codifiche SIOPE. La struttura del piano dei conti verrà definita
con il successivo decreto del MIUR di concerto con il MEF.
3.- Il MIUR, entro 120 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, avvalendosi
dell'apposita Commissione, predispone un manuale tecnico-operativo a supporto delle
attività gestionali.
Rispetto a quanto previsto ai punti precedenti:
- Non è stato emanato il decreto sugli schemi di budget economico e budget de
investimenti di cui al punto 1. In assenza di tale decreto, ali atenei si sono dotati di
schemi di budget diversi tra di loro determinando delle sostanziali differenze tra i
diversi budget. A titolo esemplificativo alcuni atenei adottano una previsione in
competenza economica pura, altri in competenza finanziaria, altri in competenza mista
ossia per alcune voci la previsione viene espressa in termini di competenza economica pura
e per altre in termini di competenza finanziaria. In tal modo i budget degli atenei non
sono più omogenei e confrontabili tra di loro, di fatto risulta vanificato l'obiettivo di
omologazione che la norma intendeva introdurre.
- Non è stato definito il comune Piano dei conti di cui al punto 2.
La mancata definizione da parte del MIUR degli elementi
richiamati ha causato lo slittamento delle attività di:
- analisi dei modelli alla base del nuovo sistema di contabilità economico
- patrimoniale e analitica, in particolare del modello di budget;
- interpretazione dei principi contabili ;
- definizione dei criteri di valorizzazione delle poste di bilancio, in particolare delle
voci dello stato patrimoniale;
- analisi degli schemi di bilancio.
Sono state inoltre valutate attentamente sia la
sostenibilità organizzativa sia quella tecnologica dell'adozione del nuovo sistema
contabile e il rischio relativo alla correttezza di dati contabili predisposti in tempi
non congrui rispetto alla complessità dell'Ateneo.
Dal punto di vista organizzativo il nostro
Ateneo presenta specificità innegabili dovute alla dimensione e alla complessità.
Con riferimento all'a.a. 14/15 (anno solare 2014) il nostro bilancio si attesta su 750
milioni di euro. Abbiamo 2816 docenti e ricercatori di ruolo, 1040 docenti a contratto,
3105 unità di personale tecnico amministrativo e 2.231 collaboratori impegnati in
attività di ricerca. I nostri studenti sono 85.000, di cui 5.393 con cittadinanza estera.
L'offerta formativa sì articola in 207 corsi di studio, 43 corsi di dottorato, 70 master,
37 scuole di specializzazione, 31 corsi di alta formazione. La nostra organizzazione è
formata da 5 Campus, 11 scuole, 33 dipartimenti, 12 centri interdipartimentali e gestiamo
un patrimonio immobiliare di 1.032.000 mq di spazio distribuito nelle sedi di Bologna,
Forlì, Cesena, Rimini, Ravenna, Cesenatico, Faenza, Ozzano e Imola.
Queste cifre richiedono attenzione assoluta alla
sostenibilità dei cambiamenti, considerando anche che stiamo ancora assorbendo il
passaggio di tutte le strutture in bilancio unico avvenuto nel 2014 e il processo di
autoriforma statutaria avviato nel 2010. Prima di procedere con l'adozione di ulteriori
nuovi modelli organizzativi è quindi opportuno assicurare adeguati tempi di assestamento
che, dopo interventi di riorganizzazione cosi invasivi, sono fisiologici in considerazione
della complessità e dell'ampiezza dell'Ateneo di Bologna.
Dal punto di vista tecnologico va tenuto in debita
considerazione il livello di evoluzione e personalizzazione delle applicazioni
informatiche in uso nel nostro Ateneo che ci garantisce un'operatività sostenibile con le
risorse oggi disponibili. Una diminuzione delle funzioni automatizzate e una mancata
integrazione fra i sistemi informativi rendono di fatto insostenibile l'operatività. Con
il CINECA abbiamo avviato numerosi tavoli sull'integrazione dei sistemi e manutenzione
evolutiva di U-GOV che evidentemente richiedono tempi tecnici di realizzazione non
comprimibili.
A sostegno della decisione di rinviare l'adozione della
contabilità economico-patrimoniale vi è anche l'esperienza degli atenei che sono già
migrati nel nuovo sistema. La stessa nascita del progetto di action learning "Analisi
dei bilanci delle università in contabilità economico-patrimoniale: una proposta di
action learning per i dirigenti/responsabili dei servizi contabilità e bilancio delle
università italiane" denota un disagio negli atenei che dimostrano la difficoltà
nell'analisi dei primi risultati.
Per tutte le motivazioni sopra riportate riteniamo che la
scelta di adottare il sistema contabile U-GOV a partire dal 1 gennaio 2016 sia stata
attentamente ponderata e rappresenti la posizione di maggior tutela dell'Ateneo. Purtroppo
il quadro informativo che doveva essere delineato a livello nazionale non è ancora
completo e non tutte le personalizzazioni richieste sul sistema informatico contabile sono
state accolte, ma al tempo stesso, preso atto della strategia del Cineca di non investire
in manutenzione evolutiva sul sistema contabile CIA, non sono possibili ulteriori
slittamenti.
Con i migliori saluti. Giuseppe Colpani |
Antonella ZAGO, Riflessioni sulla trasparenza! 1. Trasparenza. Il Magnifico Rettore,
insediatosi a Novembre, ha fatto della trasparenza uno dei pilastri della sua azione di
governo. Una rivoluzione accolta dai più con grande soddisfazione.
Il 25 Novembre tutta la stampa locale riporta con enfasi il primo importante
atto che segna il cambio di rotta in ateneo e su Repubblica- Bologna si legge: "Ieri
il Senato ha approvato all'unanimità la delibera che rende accessibili le pratiche
discusse e approvate negli organi accademici."
In queste dichiarazioni non è stata data evidenza al
senatore che ha votato contro e ai due senatori che hanno espresso la loro astensione.
Credo che la maggior parte dell'accademia abbia
pensato che poco importa se il Rettore si è lasciato prendere la mano dichiarando, ciò
che non è, l'importante è che trasparenza sia fatta.
2. Trasparenza sul bilancio ? Il 15
Dicembre, all'ordine del giorno del Senato Accademico, è presente il bilancio di
previsione triennale 2016-2018, un atto fondamentale di governo che non si risolve in
tecnicismi contabili, ma che definendo spese ed entrate delinea la politica universitaria
per i prossimi tre anni.
L'approvazione di tale documento autorizza definitivamente le spese e le
entrate per il 2016 mentre per i restanti due anni ne delinea solamente l'auspicabile
andamento.
Fino ad oggi non era mai successo che un organo accademico
deliberasse senza essere messo a conoscenza delle informazioni basilari, senza avere a
disposizione i capitoli o livelli di entrate e spese (costi-ricavi) disaggregati.
Allegati alla pratica infatti, al posto di circa dodici pagine di tabelle con
diverse centinaia di capitoli di spese ed entrate, i senatori e i consiglieri hanno
trovato una pagina con un totale di 80 righe, quanto dovuto per legge.
L'immane lavoro, che la migrazione ad U-Gov, ha comportato per gli uffici,
non può essere la sola giustificazione alla mancanza di questi dati. Mai infatti era
successo che alla richiesta di un Senatore dei "classici tabulati" non venisse
nemmeno risposto.
Le informazioni erano poche e non permettevano, come succedeva, invece in
passato, una disamina di temi quali il finanziamento delle fondazioni, l'aspetto economico
dei master e dell'alta formazione, l'andamento reale dei costi del personale, il rapporto
con i privati, l'andamento dell'attività commerciale, gli investimenti in ricerca, in
ricerca di base, e quant'altro di estremamente importante.
Ai Senatori nemmeno è stata fornita la relazione del Collegio dei
Revisori, allegata solo alla delibera del CDA e datata 18 Dicembre, dove si
legge: "pur evidenziando l'equilibrio sostanziale di bilancio nel medio periodo
raggiunto mediante utilizzo di riserve di patrimonio netto vincolato e ricorso a mutui, il
Collegio raccomanda di valutare attentamente il ricorso ad ulteriori forme di
indebitamento sul mercato finanziario
".
Alle richieste di rinvio della trattazione pervenuta da più senatori
per operare ulteriori approfondimenti, dato anche il precario equilibrio del
bilancio il Rettore motivava così il suo diniego: "sin dagli inizi del
corrente mese, si è lavorato per creare un contesto informativo da offrire in
disponibilità ai componenti degli Organi Accademici: a tal proposito, il 4 dicembre è
stato organizzato un incontro propedeutico, alla presenza anche dei componenti di questo
Organo, volto ad illustrare le principali macrovoci di carattere economico e finanziario,
con contestuale evidenza degli elementi di differenza rispetto al precedente esercizio
finanziario".
3.- Sulla proiezione delle slides. Se è vero che i Senatori il 4
Dicembre scorso sono stati invitati con i Consiglieri di Amministrazione e i Direttori di
Dipartimento ad un Seminario per assistere alla proiezione delle slide riassuntive del
bilancio di previsione è anche vero che in nessun altro momento hanno avuto modo prima
della seduta del 15 di discutere di tale argomento e men che meno comprendere gli elementi
di differenza rispetto al precedente esercizio finanziario.
Probabilmente è vero quanto sostenuto da un altro senatore: "si
pone una questione di metodo di lavoro, tale da confinare questo Organo a mero esecutore
di scelte operate da altri, da avallare sulla base di ragioni di urgenza".
4. Promesse per il futuro. In CdA il Rettore ha garantito per il futuro
una "metodologia di lavoro basata sul confronto e sulla condivisione"
ma io spero anche sulla messa a disposizione a tutta la comunità dei dati disaggregati.
Se in campagna elettorale l'attuale Rettore aveva esplicitato un programma che
delineava il suo intendere il rinnovamento, in occasione del piano triennale, non è
emerso nulla che caratterizzi chiaramente gli intenti della nuova Governance per i
prossimi anni e non è un caso che la discussione sia stata estremamente confusa e
squisitamente tecnica.
Ancora oggi mi chiedo cosa contenga davvero il
documento votato, quale politica di ateneo sottostà a quel documento triennale, e l'unica
certezza che ho è che il vero bilancio 2016 si definirà con variazioni di bilancio
presentate di volta in volta in CdA e che anche se utilizzassi tutto il mio tempo libero a
controllare le delibere di quell'organo non riuscirò mai ad aver il quadro completo.
E se non ho le informazioni utili a comprenderlo io che siedo in Senato, organo di
coordinamento che collabora con il Rettore nelle funzioni di indirizzo, di iniziativa e di
coordinamento delle attività scientifiche e didattiche, posso solo pensare che siano
poche le persone che conoscono la realtà.
Se questi Organi Accademici per il rettore sono forse tanto di impiccio da
preferire il rapporto diretto e assembleare - e volendo qui tralasciare considerazioni
sulla pratica della democrazia e della rappresentanza -, in ogni caso quindi, il problema
persisterebbe: chiunque prima di decidere da che parte stare deve conoscere!
Se prima venivano forniti i dati ma non c'era condivisione sulle scelte
politiche, oggi non ci sono i dati e non posso nemmeno capire se sono d'accordo con le
scelte politiche.
Per me l'accezione di trasparenza è ancora quella che si
trova nei dizionari e per semplicità cito solo il Garzanti, "essere trasparente, la trasparenza
di una persona
onestà, chiarezza negli atti e nei comportamenti: l'attività
politica richiede la massima trasparenza". Per attuare questa trasparenza ci vuol ben
altro che la pubblicazione delle delibere in internet.
Antonella Zago |
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Riconosciuto al prof. Giorgio Cantelli Forti
il titolo di "professore emerito".
La motivazione del
Dipartimento:
"Considerato l'elevato
standard qualitativo nello svolgimento dell'attività di ricerca e della
produzione scientifica,.., il Consiglio approva la proposta di conferimento del
titolo..".
Il Curriculum
- Opere e progetti avviati - Testamento per
la Romagna |
Giorgio Cantelli Forti
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La
motivazione del prof. Gianni Porzi. |
Gianni Porzi. Penso che, a tutti coloro che
nutrono stima nei confronti del prof. Cantelli Forti e che hanno apprezzato la sua
rilevante attività accademica sotto tutti gli aspetti, faccia piacere che gli sia stato
conferito questo importante riconoscimento.
La nomina di "Professore Emerito" ritengo sia il minimo che
l'Alma Mater potesse riconoscere al prof. Cantelli Forti: è un atto di riconoscenza
doveroso quanto meritatissimo per la sua intensa attività nel campo della formazione dei
giovani, in campo organizzativo e non da ultimo per la sua dedizione alla ricerca
scientifica che lo ha reso noto anche a livello internazionale.
E' un riconoscimento anche per l'impegno profuso nella sua attività di
Preside della ex Facoltà di Farmacia e in particolare di Presidente del Polo
scientifico-didattico di Rimini che sotto la sua Presidenza ha vissuto un periodo
contrassegnato da una notevole crescita, sotto tutti i punti di vista, grazie alle sue non
comuni capacità in ambito organizzativo su tutti gli aspetti della vita universitaria.
Il prof. Cantelli Forti ha servito l'Alma Mater con passione, con
dedizione mettendo a disposizione tutte le sue energie, le sue capacità, nonché le sue
doti umane e quando l'Accademia gli avrebbe dovuto riconoscere tali meriti, prevalsero
invece i ben noti "disvalori".
Non va dimenticato che quattro anni fa (cioè due anni dopo il "mai
dimenticato" 2009) il prof. Cantelli Forti fu insignito del prestigioso Premio Pio
Manzù, medaglia d'oro del Presidente della Repubblica, in virtù del suo rigore
professionale dimostrato nel lungo ed intenso impegno nei campi della formazione, della
ricerca scientifica e dell'organizzazione dei vari aspetti dell'attività universitaria.
Nino LUCIANI. Ma, poi, questo
titolo è davvero sufficiente per una gratificazione ? Si vegga il commento di N.L.
qui sotto. |
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Nino Luciani, Ma poi
questo titolo è davvero sufficiente per una gratificazione ? Per una soluzione
migliore in generale, con l'ASDU, grazie a un "premio" per servizio volontario
all'università e alla società civile. 1.- Premessa. Cantelli Forti, Emerito, ci ha scritto: "L'uscita
dal servizio fa perdere il peso accademico e la possibilità di dare e chiunque si accorge
immediatamente che tali valori vengono meno da parte di tanti colleghi ".
Ma vediamo le cose con gradualità, cominciando dalla importanza effettiva
dell'emeritato.
Come si mostra più sopra, il Dipartimento motiva la proposta
adducendo "l'alto livello standard qualitativo", copiato tale e quale dal
Regolamento, e questo modo lo applica a tutte le proposte, per cui ti rimane da capire
dove sta l'eccezionale merito e perchè l'Ateneo non fa la graduatoriaità delle
candidature, visto il numero limitato degli emeritandi.
Ciò considerato ci è sembrata una necessità chiedere al nuovo emerito il
curriculum e pubblicarlo.
Non solo questo. Siccome circola anche una "voce di popolo" scettica sul
titolo in generale, abbiamo fatto un ulteriore approfondimento.
2.- In generale, perchè emerito ?
Nella Amministrazione statale, al dipendente, che arrivi a 40 anni di servizio, è
riconosciuto per prassi il titolo di CAVALIERE.
Nelle università il riconoscimento al professore ordinario "è
possibile" se ha 20 anni di servizio (TU n. 283, del 1933, art. 111)), ma "senza particolari prerogative accademiche".
E considerato che è solo
"possibile", le università hanno aggiunto che è possibile se c'è un
"alto standard qualitativo".
Ciò è risibile, perchè lo standard è grosso modo una
"media" e la media è mediocre, sia pur dentro una fascia.
3.- Nel
caso dell'unibo, le aggiunte del Regolamento della Unibo (clicca su: Emeritato) sono:
a) Art. 2: "Il titolo di professore
emerito può essere conferito ai professori, ..., che abbiano dato lustro
allAteneo attraverso il raggiungimento di uno standard qualitativo particolarmente
elevato nellambito dello svolgimento dellattività di ricerca e della
produzione scientifica".
c) Art. 3: la proposta di conferimento del titolo spetta al
dipartimento, con "voto palese" (niente scherzi ! , NdR);
d) Art. 5: un Comitato di 6 garanti, incluso il Rettore, "valuta"
la delibera del Dipartimento (il Comitato è un organo amministrativo di nomina del
Rettore, non è il CdA, nè il Senato, per cui il comitato ricorda un filtro politico
rettorale, di memoria fascista. Un Dipartimento che abbia una dignità non dovrebbe
proporre nulla, se prima l'art. 5 non viene abolito, NdR);
e) Art. 7: il Rettore può fare la proposta di conferire il titolo, in luogo de
Dipartimento. (Questo annienta il Dipartimento, NdR).
b) L'Art. 6: "per ogni anno solare lAteneo non può in ogni caso
proporre il conferimento del titolo ... ad un numero di docenti superiore al trenta per
cento della media dei professori cessati dal servizio nellarco dei tre anni solari
precedenti ". (Questo mi sembra opportuno, ma se è una cosa vera, la
retta via che il Dipartimento indichi i contributi originali nella ricerca; e per le
cariche attribuisca dei punteggi di importanza, in modo da ottenere una graduatoria, per
somma dei titoli, NdR ).
4.- Conclusione. Ammesso, ma non concesso
(perchè solo adombrato) "l'alto standard qualitativo", è voce di popolo che la
realtà viaggi su altri sentieri. Infatti
il gran numero degli emeritati va a prof che hanno esercitato un potere e che,
dunque, vantano dei "beneficiari" dal quale l'emerirando si aspetta una
riconoscenza=riconoscimento.
Ma non mancano vari incidenti di percorso perchè, adesso, tra i votanti ci sono
anche i ricercatori, i quali (anche perchè rabbiosi per deficit di carriera, causa
eliminazione dei posti, da pare dei vari governi di destra e di sinistra) boicottano il
voto, non sopportando le ipocrisie del regolamento dell'unibo.
Nel caso dell'unibo, si è arginato il boicottaggio sia imponendo il voto
palese (vedi sopra), sia dando al Rettore il poter di recupero degli eventuali
trombati (immeritatamente ?).
Ma, poi, alla fine, chi ottiene l titolo, cosa ne fa ?
La risposta è: "quasi niente". Ripeto quanto il nostro Emerito:
"L'uscita dal servizio fa perdere il peso accademico e la possibilità di dare e
chiunque si accorge immediatamente che tali valori vengono meno da parte di tanti colleghi
". Dall'altare alla polvere", direbbe A, Manzoni, come per Napoleone
(poesia "5 maggio").
5.- Ci sarebbe una soluzione
migliore ? L'emeritato, pur risalendo al TU del 1933, è divenuto oggi un rimedio
generico ad una situazione pesante, che viene da lontano.
Un tempo esisteva il collocamento fuori ruolo a 70 anni, che faceva cadere la
funzione didattica, proseguiva ( fino a 75 anni) la funzione di ricerca e l'eleggibilità
a rettore.
Questa scelta era collegata al fatto che i "maestri" portavano con
se la tradizione scentifica delle scuole locali, e che avrebbero dovuto passare ai giovani
successori.
Chi ha abolito in tronco questo passaggio è un ministro
"commerciante" (Moratti) del Governo di un commerciante (Berlusconi) che pensava
l'insegnamento come il solo compito dell'università, per cui mettere un giovane al posto
di un vecchio sembrava a loro tutto di guadagnato.
Non è così: c'è un problema di trasmissione del patrimonio scientifico,
accumulato nei secoli, che va salvaguardato.
I successivi governi Berlusconi (con Gelmini) hanno peggiorato tutto, incrementando
i pensionamenti anticipati a 65-68-70 anni ( di Ordinari, Associati, Ricercatori) senza
curarsi della perdita del patrimonio scientifico, per la società civile (e magari da
sostituire con quello delle università di lingua inglese).
Qualche numero ? l'Unibo aveva 3300 professori e ricercatori di ruolo 10 anni
fa, oggi ne ha 2400.
Un professore universitario di 65-68-70 anni è ancora giovane di cervello e
professionalità (e con quanto ne segue).
5. Verso un rimedio: l'ASDU. Nel giugno scorso (2015), in considerazione
della importanza sociale, di recuperare questo patrimonio per la società civile, 20
professori in pensione hanno fondato l'ASDU - Associazione Scientifica Docenti
Universitari per il recupero della perdita, aperta non solo agli "ex"
dell'Unibo, ma anche a chiunque di altra università nel mondo. E' un rimedio ancora
piccolo ma che potrebbe divenire importante, se condiviso.
L'ASDU ha, finora, già approvato due progetti, che attuerà a titolo di
volontariato:
a) digitalizzazione dei lavori scientifici migliori dei membri dell'Associazione, e
da collocare in una Bibioteca digitale internazionale;
b) fare 20 lezioni alla città su argomenti di avanguardia scientifica. Su questo
l'ASDU ha copiato i padovani.
L'ASDU darà un premio ai migliori titoli digitalizzati, e questo varrà a creare
un titolo di "Emerito ASDU" da conquistare dando una pubblica prova.
Si riportano le finalità della Associazione:
. |
-
Art. 2 - Oggetto e fini sociali. L'Associazione non ha scopo di lucro e svolge
attività di utilità sociale, nei confronti degli Associati e di quanti, anche a livello
internazionale, operano nei settori dell ' istruzione , della formazione e della ricerca
nelle università. L'Associazione ha come fini quelli:
a) di promuovere e ravvivare l ' amicizia tra gli
Associati, inclusi i loro famigliari, e di mantenere i legami con l'Università;
b) di pubblicare i migliori contributi scientifici, anche pregressi, degli
Associati, compreso in idonei siti digitali, istituendo anche un " premio per il
merito " da attribuirsi annualmente;
c) di favorire le relazioni fra l ' Associazione e le Istituzioni
accademiche, nonché con le Associazioni degli Studenti e dei laureati.
A tale fine, l ' Associazione promuove e coordina incontri e ricerche collettive
tra gli Associati studiosi; ha scopi di promozione e difesa delle peculiarità proprie
dell ' istruzione e della formazione universitaria, e di diffusione degli studi e delle
esperienze degli Associati. Per il raggiungimento di tali fini l ' Associazione potrà
svolgere le seguenti attività: a) organizzare congressi, conferenze, dibattiti in
particolare su temi interdisciplinari, e pubblicarne gli atti. b) coordinare lo
svolgimento di altre iniziative di incontro e di studio nonchè di ricerca anche applicata
su temi concernenti l ' oggetto sociale. c) aderire ad organismi internazionali e
stranieri aventi fini analoghi o collaborare con essi d) pubblicare, anche in forma
digitale, scritti dei Soci che il Consiglio direttivo ritenga particolarmente meritevoli
e) porre in essere tutte le iniziative funzionali agli scopi.
- Art. 3 - Soci. Possono associarsi tutti i professori e
ricercatori universitari, italiani e stranieri, in servizio o già in servizio nelle
universita ' , che abbiano interesse al raggiungimento degli scopi dell'Associazione e
presentino domanda di iscrizione nei modi previsti dal presente statuto.
Possono inoltre far parte dell ' Associazione, per cooptazione proposta dal
Consiglio direttivo, insigni studiosi che con i loro scritti abbiano dato un rilevante
contributo nelle aree disciplinari dell ' istruzione universitaria. |
.
Giorgio Cantelli Forti:
OPERE E PROGETTI AVVIATI- Dal
1994 ha avviato la sede della Facoltà di Farmacia di Imola portando all'Istituto Agrario
Scarabelli il Cdl in "Tecniche erboristiche" e facilitando anche larrivo
della Facoltà di Agraria con il Cdl in "Verde ornamentale";
- Negli anni sucessivi ha collaborato attivamente
con gli Enti locali di Imola per la realizzazione della sede didattica in Palazzo
Vespignani e con l'attivazione del CdL "Tossicologia dell'ambiente" della Fac.
di Farmacia, per la costruzione dei magnifici laboratori didattici nellex ospedale
Lolli, inizialmente destinati a Farmacia e poi anche ai Cdl della Facoltà di Medicina e
Chirurgia.
- Dal 1998 con il trasferimento del secondo Corso di
Laurea in Farmacia a Rimini, ha operato per organizzare aule e studi nellesistente
complesso Navigare Necesse e poi per realizzare nuove aule e laboratori didattici (essendo
stato avviato il cdl in "Controllo di qualità dei prodotti per la salute")
- Istituita a Rimini la seconda Facoltà di Farmacia, in
base alla legge dei Megatenei, contemplante la deroga a UniBo a realizzare in Romagna il
"sistema multiCampus", ma che non fu attivata dal Rettore subentrato Pier Ugo
Calzolari.
- Nel 2003 ottenne dal Consiglio di Facoltà di
Farmacia di Bologna il proprio "incardinamento volontario" nel Polo di Rimini,
tramite trasferimento del ruolo accademico proprio e di 16 Docenti e Ricercatori.
- Dal 1998 affiancò il Rettore Roversi Monaco nella
realizzazione del progetto della nuova sede di Farmacia nel quartiere di Bologna " Navile",
interamente finanziata dallINAIL per la realizzazione di un modernissimo complesso
di circa 37.000 mq lordi (circa 26.000 mq netti), dotato di ogni servizio per la ricerca
(incluso lo stabulario a norme CEE) e per il personale (mensa, asilo nido ecc.), al costo,
chiavi in mano, di Lire 138 Mld stanziati interamente dallINAIL sulla base di
specifica Legge.
Ma il nuovo Rettore Calzolari fece naufragare lopera
con il ritiro dellimpegno dei fondi da parte dellINAIL con nota del marzo
2004.
-Dal 2007 al 2013, nel Polo didattico-scientifico di
Rimini, ha raggiunto lobiettivo di attivare 18 corsi di laurea in 9 Facoltà, con
oltre 6.000 studenti.
Sul piano edilizio, lincremento degli spazi è
passato da circa 15.000 mq a circa 36.000 mq, con le seguenti principali realizzazioni:
a) Studentato funzionale e moderno, vicino alla stazione
ferroviaria allincrocio tra via Roma e via Dante per ospitare 97 posti-studente.
b) Laboratori didattici delle Facoltà di Farmacia e di
Chimica Industriale con annesse aule nel Complesso didattico di via Clodia,
c) Sede dei Cdl di Moda della Facoltà di Lettere e
Filosofia, al Valgimigli.
d) Complesso di Palazzo Briolini in Corso dAugusto,
come sede della Facoltà di Farmacia e temporaneamente sede dei Cdl della Facoltà di
Scienze della Formazione:
Attualmente questo contenitore è Sede del Dipartimento di
Scienze per la Qualità della Vita (QuVi) da lui stesso fortemente partecipato per
listituzione con il nuovo Statuto dAteneo. In questo enorme complesso sono
stati realizzati bellissimi e funzionali laboratori di ricerca per le discipline
farmaceutiche e bio-mediche che sono stati arredati con una donazione della BAT da lui
ottenuta.
e) fabbricato ex-Arpa, sito in pazza Malatesta, acquistato
da lEnte di sostegno UniRimini per i laboratori di ricerca delle discipline chimiche
delle Facoltà di Farmacia e Chimica Industriale.
f) portati avanti i progetti per la realizzazione della
nuova sede Leon Battista Alberti per la Facoltà di Economia, i cui lavori sono da pochi
mesi iniziati.
- Nel 2013-2014, con la Fondazione Famiglia Parmiani ha
acquistato gli immobili siti al 1° e 3° piano della palazzina di Via Berti Pichat
(circa 600 mq), che sono stati concessi dalla Fondazione medesima in comodato a titolo
gratuito all Università di Bologna, per la Sede della Scuola (ex-Facoltà) di
Farmacia, Biotecnologie e Scienze Motorie.
Testamento su cosa
manca in Romagna. La Romagna, partita efficacemente come sistema di Poli
(multi-campus) perché dotati autonomia, è stata gravemente indebolita dal successivo
rettore Dionigi, togliendo lautonomia e facendone una dipendenza da Bologna.
In sintesi è stata tolta la possibilità di realizzarsi allinterno del
sistema, senza dipendere dalla casa-madre, a coloro che avevano accetto di affrontare
enormi sacrifici e disagi, come ad esempio il quotidiano pendolarismo e le difficoltà di
avviamento, ma che si erano caricati di grande entusiasmo di poter costruire per amore
dellAteneo. Ad avviso di G. Cantelli Forti è stata spenta la sana voglia accademica
della competizione e solo revertendo la miope norma statutaria si potrà sperare in una
ripresa ed evitare il "ritorno a casa". |
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Sergio Mattarella
Presidente della Repubblica
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S. MATTARELLA :
"Alimentare la presenza dellItalia nel Pianeta"
A. RICCARDI : "La soluzione non è solo la lingua veicolare,
come linglese, bensì parlare le lingue dellaltro e abitarle."
Qui sotto, i testi completi dei due
discorsi |
Andrea Riccardi
Presidente Dante Alighieri
|
Nota. L'alimentazione della
presenza dell'Italia nel pianeta è essenziale per la vita dell'Italia e degli Italiani.
Il problema è assai impegnativo, perchè comporta impedire la colonizzazione dell'
Italia, da parte del mondo anglosassone.
Ma sia chiaro che il mondo scientifico parla inglese. Dunque, il lancio della
lingua italiana deve fare i conti con questo fatto, per risolvere adeguatamente il
problema della difesa e estroversione della lingua italiana.
Riccardi sostiene "la lingua non sta da sola: italiano e
internazionalizzazione dellItalia camminano insieme", e che interpreterei nel
senso che la soluzione sta nell'abbinamento della lingua nazionale con la lingua
internazionale. E questo abbinamento può funzionare solo se è sancito come obbligatorio
da una legge dello Stato, in quanto questione strategica nazionale.
Direi dunque "OK al sostegno finanziario dello Stato", ma
solo se l'obiettivo bifocale è chiaro e forte. Rinvo alle motivazioni, qui sotto.
Voglio ricordare che non siamo soli. Tradizionalmente i papi abbondano nel
parlare italiano al mondo (oltre che a Roma). |
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Intervento
del Presidente Mattarella al LXXXII Congresso Internazionale della Società Dante
Alighieri dal titolo Alimentare la presenza dellItalia nel Pianeta
Milano, 26/09/2015
Sono molto grato alla Società Dante Alighieri di avermi invitato a partecipare a questo
congresso di Milano, dedicato, in modo significativo, a un tema cruciale e complesso:
alimentare la presenza dell'Italia nel pianeta. La vostra presenza qui, così numerosa, le
parole del professor Riccardi e l'introduzione del dottor De Bortoli, che abbiamo
ascoltato, così suggestive e cariche di futuro, manifestano una rinnovata volontà di
impegno e di dedizione.
Nel mondo c'è una forte richiesta di Italia. Lo ha dimostrato anche l'Expo, una scommessa
pienamente riuscita, nonostante tante perplessità iniziali. Lo dicono molte statistiche,
che pongono lo stile di vita italiano nella parte più alta della classifica dei desideri
mondiali. Lo verifico, personalmente, ogni volta che incontro, in Italia o all'estero, le
autorità di altri paesi. Ovunque si vada, si apprende che ci sono tanti italiani ai
vertici di istituzioni economiche, scientifiche, culturali, artistiche. Sono molto
numerosi i campi in cui Italia e italiani sono sinonimi di eccellenza: l'arte, la moda, il
cibo, lo sport, il design, la musica, la tecnologia, la scienza, l'ospitalità...
Sono circostanze che inducono a una riflessione. La percezione che si ha dell'Italia
all'estero, nonostante gli stereotipi, inevitabili per ogni paese, è, complessivamente,
decisamente migliore di quella che avvertiamo noi italiani, forse un po' assuefatti
all'idea di vivere immersi nell'arte, nella storia, nel bel paesaggio.
La natura è stata straordinariamente prodiga con l'Italia. Dobbiamo riconoscere che non
sempre siamo stati all'altezza. A volte abbiamo trascurato, sciupato, persino talvolta
deturpato i doni e i talenti ricevuti. Molto spesso - ecco forse l'autentico limite
nazionale - non siamo riusciti a fare sistema, a giocare in squadra, presi, come sovente
accade, dalle nostre divisioni, non di rado artificiose. Ma è altrettanto vero che la
nostra complessa vicenda storica ci ricorda, anche in tempi di difficoltà e di
sofferenza, che il genio italico ha saputo crescere e affermarsi. Ed è motivo, per tutti
noi, di orgoglio e di insegnamento.
I tempi che ci aspettano sono carichi di sfide, di prospettive, anche, come sempre, di
incognite.
Il vento della globalizzazione soffia con forza crescente. E non saranno muri o barriere a
fermarlo. Le nostre mappe mentali, prima ancora di quelle geografiche, sono continuamente
scosse, soggette a mutazioni significative, indotte dal carattere sempre più
sovranazionale dell'economia, dalla tecnologia, dall'interdipendenza planetaria, dalle
immani dimensioni di alcuni fenomeni.
Per assicurare anche ai nostri figli un futuro di pace, di benessere, di felicità non
serviranno persone con la testa volta all'indietro, condannati a camminare a ritroso.
Un'immagine, posso dirlo in questo luogo, che fa venire in mente la condanna comminata
agli indovini descritti da Dante nel XX Canto dell'Inferno. Abbiamo bisogno di filosofi,
di intellettuali, di politici, di scienziati con intelligenza degli avvenimenti, idealità
e capacità di visione, lungimiranza. Capacità che non va confusa con l'illusoria
divinazione, per riferirsi ancora agli indovini del XX Canto.
Avere lungimiranza, progettare il futuro, non significa bruciarsi i ponti alle spalle
ovvero rinnegare il nostro passato. Ma, piuttosto, investire la grande tradizione, i
valori e la cultura che ci animano, in un mondo che cambia sempre più velocemente. Sarà
all'altezza delle sfide nuove chi, insieme a radici solide e profonde, saprà ben
interpretarle e saprà concorrere a governarle. E noi possiamo farlo.
Non dobbiamo, per questo, avere paure o remore. Il carattere globale dei fenomeni da
affrontare non è, in sé, positivo o negativo: è soltanto diverso e va affrontato con
strumenti nuovi. Per l'Italia ci sono, accanto ai rischi, anche grandi opportunità, che
potremo cogliere se sapremo esprimere innovazione, invenzione, genialità.
Siamo a Milano, il luogo di Expo. Pensiamo quanto soltanto nel settore
dell'agroalimentare, l'Italia ha dato e potrà continuare a dare. Attraendo un numero
sempre maggiore di giovani entusiasti. In quel versante, ad esempio, la migliore risposta
ai fast-food, che ci hanno proposto cibo uniforme in ogni angolo del pianeta, è stata la
creazione di slow food. Il genio, la creatività, la qualità, la bellezza sono la
risposta efficace ai pericoli di omologazione e di livellamento che inevitabilmente
l'interconnessione mondiale comporta. E sono peculiarità particolarmente presenti nel
nostro Paese e che il mondo ci riconosce.
La lingua italiana - la lingua del sì, quella che Dante diceva essere parlata in
tutte le città del bel paese, ma senza appartenere a nessuna di esse - può giocare un
ruolo di grande importanza nella creazione di quel clima di simpatia verso l'Italia di cui
ha appena parlato, con efficacia, Andrea Riccardi. Certamente, non è e non sarà una
lingua egemonica nel mondo. Né diventerà, probabilmente, una lingua
"commercialmente" appetibile. Ma proprio per questo potrebbe divenire, più di
quanto non lo sia già, la lingua del bello, del gusto, dell'arte, della musica. Una
lingua particolare e universale, apprezzata e studiata per nutrire lo spirito, per
avvicinarsi al nostro straordinario patrimonio artistico e letterario, che trova in Dante
Alighieri un protagonista assoluto. Certo, come ha detto il dottor De Bortoli, dobbiamo
difenderla anche da noi stessi la nostra lingua rispetto a immotivate sostituzioni con
locuzioni di altre lingue o rispetto a destrutturazioni che ne attenuino la grande
ricchezza espressiva. E questo è rimesso al mondo della cultura anzitutto, ma anche a
tutti gli operatori del settore nel nostro Paese.
Le più recenti teorie di management mettono in rilievo come l'elevazione culturale, il
benessere spirituale e intellettuale, il contatto con l'arte e con il bello creano
operatori più attenti, partecipi e affidabili. Peraltro, non tutto e -va detto- per
fortuna, nel mondo si misura con la categoria dell'utile e del produttivo. Non si
spiegherebbe altrimenti il fatto che l'Italiano è diventata la quarta lingua più
studiata nel mondo. Un dato percentualmente importante, pur se le cifre assolute degli
studenti di italiano nel mondo dimostrano che siamo ancora solo all'inizio di un cammino
che può diventare particolarmente fruttuoso e che va sviluppato adeguatamente.
Il confronto con le risorse impiegate da altri Paesi europei per promuovere la propria
lingua fa capire quanto sarebbe necessario un impegno finanziario maggiore da parte dello
Stato. Ma non è soltanto una questione di fondi. Servono idee, entusiasmo, proposte.
Anche qui sarà soprattutto necessario fare sistema tra il settore pubblico, il mondo
imprenditoriale dell'export, il comparto del turismo, la scuola e l'università, la
televisione e lo sport, gli intellettuali, gli artisti, i giovani che lavorano e studiano
all'estero. C'è un grande sforzo da fare, che può unire pubblico e privato, per
diffondere la nostra lingua su Internet e sui social media. Ciascuno nel suo campo, con la
volontà di lavorare insieme per promuovere la conoscenza e la diffusione della lingua
italiana e per accrescere simpatia e interesse per l'Italia nel mondo e in Europa, che
ormai non è più al di fuori del nostro essere nazione.
La Società Dante Alighieri era nata, alla fine dell'Ottocento, con il nobile e
lungimirante intento di mantenere vivo l'Italiano tra i nostri connazionali emigrati
all'estero. Oggi, in un contesto storico in cui siamo passati da Paese di emigrazione a
Paese di transito, e, in parte significativa, di immigrazione, questa missione trova nuove
ragioni. Naturalmente la sfida principale è, oggi, nel mondo, quella di essere testimone
e portavoce d'Italia per la nostra lingua, delle nostre bellezze e dei nostri prodotti; in
Italia il compito è quello di essere, attraverso la conoscenza della lingua, un decisivo
veicolo di integrazione tra i cittadini e le numerose e diverse comunità immigrate che si
sono insediate nel nostro territorio.
Per queste comunità l'Italiano è diventata la lingua della reciproca comunicazione.
Comunicazione significa conoscenza e la conoscenza abbatte i muri della diffidenza e della
paura. Previene la formazione di ghetti che sono innanzitutto linguistici e culturali.
Credo che dovremmo essere più impegnati nel promuovere e nell'assicurare la conoscenza
della nostra lingua agli immigrati che si insediano nel nostro Paese.
Sulla stessa linea, le istituzioni pubbliche devono fare la propria parte, con lucidità e
impegno, per assicurare la massima diffusione dell'insegnamento dell'Italiano nei Paesi
più vicini, con una particolare attenzione ai Balcani e alla sponda sud del Mediterraneo.
Dove la diffusione dell'Italiano può diventare anche - non è eccessiva questa
considerazione - strumento di pace, di amicizia e di collaborazione.
Concludo con apprezzamento sincero e davvero molto sentito per l'attività, appassionata e
meritoria, della Dante Alighieri, dei suoi dirigenti, dei suoi comitati e delle sue scuole
all'estero e in Italia. Sono sicuro che questo Congresso rappresenterà una tappa
importante per rendere la vostra missione sempre più efficace e al passo con i tempi.
Siete parte decisiva del sistema Italia e so anche che ne siete del tutto consapevoli e
anche orgogliosi. Per questo vi ringrazio. Buon lavoro a tutti! |
Il
discorso del Presidente Andrea Riccardi nel corso della seconda giornata dell'82°
Congresso Internazionale della Società Dante Alighieri
Grazie, Signor Presidente, di essere stamani qui tra di
noi. È un grande onore per la Dante Alighieri accogliere il Presidente della
Repubblica al suo ottantaduesimo congresso internazionale. È la prima volta nella nostra
storia. Ed abbiamo una storia: noi veniamo da lontano. Da quel 1889, quando, sotto
gli auspici di Giosue Carducci, e di quella che è stata chiamata la sua
metrica della nazione, nacque la nostra Società.
Nellappello di fondazione si legge: la patria
non è tutta dentro i confini materiali dello Stato. Lattenzione dei
promotori, attorno a Carducci, era diretta a una comunità italiana allestero,
emigrata, a rischio di perdere lingua e carattere nazionale. La missione della Dante
fu connettere, vivificare, alimentare pezzi di italianità (è
unespressione del manifesto): dovunque suona accento della lingua nostra
(quindi non necessariamente in bocca agli italiani), dovunque la nostra civiltà
lasciò tradizioni, dovunque sono fratelli nostri che vogliono e debbono rimanere tali
(gli emigrati italiani), ivi è un pezzo della patria che non possiamo
dimenticare.
Il giovane Stato si dotava di uno strumento associativo e
istituzionale per non dimenticare pezzi di patria. Il Regio Decreto, che
riconosce la Dante come Ente Morale, ne statuisce il compito: tutelare e
diffondere la lingua e la cultura italiane nel mondo, ravvivando i legami spirituali
dei connazionali allestero con la madre patria e alimentando tra gli stranieri
lamore e il culto per la civiltà italiana. Missione della Dante è
stata coltivare, connettere, alimentare, pezzi della patria fuori dai
confini. Così nacquero i nostri comitati allinsegna del volontariato. Oggi, per
fare un esempio, in Argentina, sono più di ottanta, con scuole e centri
dinsegnamento dellitaliano. Ma penso anche a quelli del
Mediterraneo, come quello del Cairo, che ha subito gravissimi danni in un recente
attentato.
Noi ci riconosciamo nella missione originaria dalla nostra
sede centrale (nellantico Palazzo Firenze, ambasciata toscana presso i papi e
quasi - come la nostra lingua - misto di Firenze, Roma e Italia), ma anche
nellattività dei nostri quasi cinquecento comitati nel mondo. Ci stiamo
chiedendo, in questo Congresso, come realizzare tale missione nel quadro del mondo
globale, che rapido sposta frontiere, crea ponti, ma anche realizza appiattimenti e nuovi
muri.
Negli ultimi ventanni, il processo di
globalizzazione, con la sua portata antropologica e culturale, ha gettato la
società italiana in un orizzonte senza frontiere, con nuove competizioni e sfide.
Sono temi noti, per chi osserva lItalia e ha un po esperienza del mondo.
Ma lItalia, quando spuntava laurora della globalizzazione negli anni Novanta,
era fortemente presa dalla sua crisi che la spingeva allintroversione.
Uno degli aspetti della crisi italiana è il fatto che non
ci siamo ristrutturati rapidamente sulle frontiere del globale: fatto imposto dalla
realtà a tutte le identità nazionali, culturali, religiose. Anzi abbiamo vissuto una
vera introversione nazionale (quasi nella diffusa convinzione di poter risolvere da
soli, con politica o giustizia, tutti i problemi). Così, su varie frontiere, la
globalizzazione ci ha sorpresi introversi, preoccupati, non tutti, ma molti.
In questa stagione di globalizzazione/introversione, la
nostra Società operava tranquilla tra le braccia dello Stato, come istituzione
sostenuta e finanziata, parte del panorama istituzionale. Anche se - è sua caratteristica
- si serviva dellapporto volontario dei comitati allestero e in Italia,
con quel misto di volontariato e Stato, che la impasta in modo originale.
La nostra frontiera, la lingua, subito ha registrato - come
un sismografo - le scosse del mondo globale in affermazione: prima tra tutte la
diffusione dellinglese, la ritrazione del russo e del francese, linteresse
crescente al cinese e allarabo e via dicendo. La posizione dellitaliano
non era scontata, anzi sfidata. Questo non è un problema, anzi fa parte
della storia. Ma abbiamo sofferto, in questa fase e di fronte a nuove sfide,
dellintroversione nazionale che sembrava prendere la nostra società.
Infatti, la nostra attività si colloca nella prospettiva
dellestroversione italiana: domanda di lingua e cultura, interesse per
lItalia, insomma domanda del mondo, del prodotto, dello stile italiano, del vivere
italiano. Bisognava ripensare che vuol dire comunicare e tener desta la lingua e la
cultura italiane nel quadro della mondializzazione, percorso da nuove correnti,
svariate offerte, grandi mobilità. Estroversi allaltezza di un mondo globale.
Eppure - negli anni della Repubblica - si era affermata la
crescita della lingua: per la prima volta in tremila anni - scrive Tullio De
Mauro - era avvenuta la convergenza degli italici in una sola lingua, litaliano,
ed era stato vinto lanalfabetismo. Litaliano era divenuto, come mai, una
lingua di popolo oltre che la lingua nazionale.
La nostra sfida non è solo difendere la lingua, bensì
internazionalizzare lItalia. Linternazionalizzazione porta a
scolorire litaliano per vendere cose o prodotti italiani? Siamo
convinti di no. Non lo diciamo per vieto dogmatismo nazionalista e nemmeno con la
sciatteria dimentica del fatto che lidentità nazionale va coltivata. Siamo
convinti che la lingua non sta da sola: italiano e internazionalizzazione
dellItalia camminano insieme. Prodotti italiani e italiano
camminano insieme. Come larte, la cultura, il turismo, la storia, la musica, la
moda, la cucina crescono con la nostra lingua. E la nostra lingua cresce con queste
realtà italiane. Questa è la presenza italiana nel mondo, diversificata e plurale, ma
con una sua coerenza, con una sua identità, con una sua anima, vorrei dire: al fondo
bagnata da lingua e cultura. Insomma la presenza non è un ipermercato, ma un mondo
italiano.
Nonostante lintroversione del passato, abbiamo
percepito la sfida e colto il ruolo centrale della lingua. Questo è avvenuto durante
la presidenza dellambasciatore Bruno Bottai dal 1995 al 2014, che tanto ha dato alla
Dante, ma che si è ritrovato con queste problematiche. Infatti, proprio mentre si
doveva rilanciare lofferta di lingua e cultura su nuovi scenari, sono state
ridotte le risorse della nostra Società dell80%.
A questa sofferenza, il governo della Dante ha fatto fronte
in vari modi, tra cui aprendo scuole in Italia per rispondere alla domanda di lingua
di immigrati e studenti non italiani.
Il problema non è il lamento sui tagli, che tutte le
istituzioni si trovano a fare. Possiamo vivacchiare, consolati tra il nostro bel
palazzo romano-fiorentino e laffetto dei nostri soci, tra cui molti fedeli da anni,
nel mondo. La questione è unaltra: la visione del futuro del Paese. Come
la lingua può accompagnare e stimolare lestroversione italiana nel mondo
globale? Sono convinto che, parlando italiano, si entra nel mondo italiano, tra
cultura, arte, business (anche se mi dicono che il presidente della Dante deve dire:
affari), musica e tantaltro. Litaliano fa crescere lItalia e nutre
la presenza dellItalia nel pianeta.
La globalizzazione non ha prodotto un mondo appiattito e
cosmopolita, ma una realtà in cui le varie identità (nazionali e non solo)
riprendono forza, si misurano lun laltra, vivono in pace o si combattono.
Tutti - lo ripeto - si sono ristrutturati di fronte alle dimensioni globali. Noi
italiani lo abbiamo fatto con qualche ritardo.
Molti autori, rispetto al mondo globale, hanno riproposto
limmagine biblica di Babele. Il mondo ormai è città, tanto che per la prima
volta nella storia umana - nel 2006 - gli abitanti delle città hanno superato quelli
delle campagne. Babele sono le grandi città del mondo, così varie e complesse, come
luniverso della comunicazione globale, per cui ovunque siamo immersi in una
pluralità di presenze e interferenze.
Rabbi Pinchas, un chassidim che Martin Buber ha fatto
conoscere, spiegava così la storia di Babele e lo sviluppo di tante lingue:
prima della costruzione della torre, tutti i popoli avevano in comune la lingua
sacra, ma inoltre ciascuno aveva il proprio linguaggio... In questo [linguaggio] gli
uomini di ogni popolo comunicavano tra di loro. In quella [lingua sacra] comunicavano
tra loro i popoli. Ciò che Dio fece, quando li punì, fu di toglier loro la lingua
santa.
Leterno problema è la comunicazione tra popoli, che
è lingua sacra. È lingua sacra, perché di pace. Infatti lassenza della
comunicazione è ignoranza, disprezzo o conflitto. Questa oggi - non come ieri - è sfida
non più di élite politiche, commerciali o culturali alla testa dei vari paesi, ma
sfida di popoli che sono insieme nelle stesse città o si incontrano su inediti
scenari, ma che parlano differente e pensano differente. La lingua sacra non è solo
lingua franca. La soluzione non è solo la lingua veicolare, come
linglese, bensì parlare le lingue dellaltro e abitarle. Perché abitare una
lingua vuol dire amare un mondo.
Comunicare tra popoli è una complessa interferenza e
presenza nella lingua dellaltro: insomma un intreccio che crea connessione e
presenze. Quando una lingua muore o si appiattisce e si degrada, è un pezzo della comune
lingua sacra che finisce. Alimentare la presenza dellItalia e
dellitaliano non è solo un servizio piacevole e doveroso al Paese, ma
una crescita dellinterconnessione in Europa, in Sud America, nel mondo. In
questo senso litaliano, che non ha nemmeno una storia imperialista da far
paura: è lingua di pace e di scambio amichevole.
La sfida per litaliano è grande. Nel mondo
di Babele, la posizione dellitaliano non è assicurata, come linglese che
è necessario. Se non trovo una buona offerta dinsegnamento italiano
in un luogo del mondo, cambio lingua da studiare. Per questo siamo sfidati, al di là
del campo vasto dei discendenti degli italiani, a qualificare lofferta delle scuole
nel mondo. Non siamo pessimisti. La nostra offerta linguistico-culturale è ricca,
prestigiosa, attraente.
Dopo il successo dellExpo, si devono ripensare i
ponti tra lItalia e il mondo, perché lExpo ha mostrato
unattrazione italiana. Stiamo riguadagnando tempo perduto e voglia di
estroversione. Noi della Dante registriamo una forte domanda di lingua, che è pure
attrazione per un mondo di qualità, di storia, di cultura, di prodotti, di stile, arte e
musica e tantaltro: un mondo italiano, che aggressivo e imperialista non è,
che parla di umanesimo e di buon vivere (si pensi alla cucina). Scrive il nostro
vicepresidente Luca Serianni: è una prova del potere, anche economico se pensiamo
al relativo indotto, di un prestigio essenzialmente storico-culturale. Abbiamo
un relativo indotto, ma un prestigio più grande dellindotto.
Il prestigio si chiama la realtà dellItalia nelle
molteplici dimensioni storiche e attuali. Noi gli abbiamo dato il nome di Dante
Alighieri: simbolo - proprio nel 750° - della forza unificante della lingua, allora nel
Duecento in un mondo spaccato da lotte intestine, oggi in un pianeta complesso e
senza confini. Dante è simbolo del realismo potente della lingua che sa immaginare
linferno in terra e avere il coraggio di dirlo; che sa sperare nel purgatorio
trasformatore per questo mondo complicato, ma anche sognare un paradiso: non per fare
opera edificante. Così la lingua ha creato, senza Stato, identità e sovranità
culturale di una nazione non indipendente.
Con Dante, litaliano ha mostrato la sua capacità di
fare unopera universale, di essere - per dirla con Rabbi Pinchas - parte
significativa della lingua sacra perduta a Babele e ritrovata nella vita. Lo
testimonia Ismail Kadarè, che afferma: sfuggire a Dante è impossibile, come
sfuggire alla propria coscienza.
La lingua, infatti, apre ai tesori storici e culturali del
mondo italiano, ma anche allumanità italiana di oggi che ha
capacità dintraprendere e di accogliere. Noi siamo convinti - non ripeto
quanto ho detto ieri - che insegnare litaliano non va fatto senza un robusto
legame con la cultura, attraverso unopera di divulgazione alta e appassionata.
Divulgare è etimologicamente rendere un fatto popolare...
Tutto questo, umanità e tesori di cultura, resta raccolto
in vecchi forzieri, se non si ha la forza di unestroversione nazionale. È
laccoglienza mostrata da tanti italiani nelle nostre città verso i rifugiati, i
quali hanno capito che ricevere non è solo è dovere dumanità, ma ricchezza
per noi: il che comporta una nuova comprensione della vocazione dei paesi europei non
come piccoli mondi omogenei, ma qualcosa di simile ai paesi americani, che accolsero e
accolgono gli emigrati. È una diversa idea di nazione, non quella inventata che i
populismi vendono come tradizione.
Estroversione è però soprattutto alimentare la presenza
italiana nel mondo: far amare lItalia, vendere le cose italiane, parlare
italiano... Ma qui giungo alla domanda centrale: è possibile
unestroversione di popolo, che recuperi il tempo perduto? Si vuole investire
sullitaliano?
Ricordo solo che linvestimento sulla lingua è una
decisione storica della Francia da più di un secolo, oggi con 760 milioni annui di
euro come finanziamento statale. La Gran Bretagna, nonostante la grande domanda
dinglese sul mercato, mette a disposizione del British Council ben 826 milioni.
La Germania offre al Goethe 218 milioni. Lo spagnolo Cervantes ne riceve 80 e il
Portogallo ha da poco attrezzato lIstituto Camðes dotato di 12 milioni annui. La
Dante riceve 600.000 euro. Eppure si dice che litaliano sia la quarta lingua
più richiesta al mondo come apprendimento.
Si vuole investire sullitaliano? È una decisione che
possiamo sollecitare, ma che non spetta a noi. Anche se consideriamo - lo dico con la
sensibilità delle nostre antenne (quasi 500 e 164.000 studenti) nel mondo - uno scialo,
non far fruttare i pezzi ditalianità nel mondo, alimentarli, promuovere legami e
simpatie, lingua e cultura. Ci sono aree del mondo di grande rilievo, come il Cono
Sud e tutto il Sud America, dove siamo forti; altre meritevoli di incremento, come la
Cina dalla forte domanda ditaliano; ma anche il Mediterraneo, dove teniamo
testa a Tunisi e in Libano, e il mondo adriaticobalcanico, dove litaliano è
lingua diffusa (anche se ho trovato segnali di deperimento in Albania tra i giovanissimi).
Bisogna investire. LItalia non ha, per storia,
strumenti come il Commonwealth britannico tra tradizione e futuro, la Francofonia
attorno al francese, la Lusofonia. Il mondo globale è troppo grande per singoli paesi di
taglia piccola o media: vediamo diffusa una sete di comunità intermedie e
trasversali.
Eppure lItalia ha risorse: un mondo di immigrati e
discendenti di immigrati, pezzi di Italia ovunque, settori di italofoni e
italsimpatetici, estimatori, gente che lavora con noi, cultori del nostro mondo.
Eccellenze italsimpatetiche in vari campi, come gente semplice ma tanta. Per me oggi
la missione della Dante, oltre la diffusione della lingua, è creare la comunità di
italsimpatia, che ci manca. Cè una diffusa domanda di Italia. Se non coltivata o
scarsamente, non sarà eterna per le centinaia di milioni di esseri umani che si
affacciano freschi sugli orizzonti globali, nuovi attori e consumatori. Si corre il
rischio del deperimento della domanda a fronte di nuove concorrenze, con un irrilevante
investimento e una scarsa visione della nostra funzione.
LItalia è ancora, per storia e rete, in posizione di
vantaggio. Per far amare lItalia, i suoi prodotti e la sua terra,
occorre investire nel creare italsimpatia e nellaccrescere litalofonia.
Italofonia, italsimpatia sono il modo italiano di camminare per le strade del mondo. |
Nino Luciani, Il mondo scientifico parla
inglese. Dunque, occorre cominciare da questo fatto".
1.- Premessa. Il problema qui sottoposto ai Colleghi riguarda l'uso della lingua
inglese nel dibattito scientifico e nei congressi internazionali, e che è una cosa
diversa dal fatto qui raccontato, ma solo in parte.
L'occasione scatenante, per così dire, venuta da una sentenza del 3 feb. 2011, del
Tribunale della Unione Europea (Sesta Sezione), che annullava un bando di concorso
dell'UE, in seguito a ricorso del Governo Italiano contro un bando di concorso della
Commissione europea, pubblicato in tedesco, inglese e francese.
Secondo il Governo italiano la restrizione della pubblicazione alle sole tre lingue
è discriminatoria nei confronti dei cittadini europei che parlano le altre 20 lingue
ufficiali, in quanto non hanno la pari opportunità di venire a conoscenza dei posti a
concorso.
Per notizia, i precedenti ricorsi analoghi del Governo italiano erano stati
respinti.2.- Perchè l'inglese nel dibattito
scientifico ? Mi sembra utile chiarire subito che l'uso di una lingua di largo uso
internazionale è una necessità per la conoscenza dei risultati delle ricerche locali, e
anche per la verifica, in area ampia internazionale, della validità delle scoperte
scientifiche locali, e anche per la loro diffusione, perchè chiunque ne possa trarre
beneficio.
In questo senso, il problema qui posto non è quello della adeguatezza
dell'inglese, ai suddetti fini, ma un'altra cosa: quello del danno che deriva agli
scienziati dei singoli Paesi, se l'inglese è usato con criteri monopolistici,
soppiantando tutte le altre lingue.
3.- Veniamo al danno. Ho potuto constatare, nei
congressi internazionali di economia pubblica, che l'uso esclusivo dell'inglese crea (nel
dibattito) una supremazia intellettuale dei colleghi di madre lingua inglese, rispetto
agli altri (a conoscenza dell'inglese).
Diciamo anche che l'inglese, parlato da un austriaco o da un cinese, è
difficilissimo da capire e seguire nei dettagli. Ci sono altre considerazioni:
a) Chiunque di noi pensa direttamente nella madre lingua, e di conseguenza la
parlata in inglese è in qualche modo distorsiva rispetto ad una parlata corretta in
inglese, a causa di una certa sintassi delle proposizioni,... e cosi' via.
b) Alla lunga, questo monopolio crea una vera a propria colonizzazione dei Paesi di
lingua inglese, nei confronti degli altri, e finanche la distruzione delle scuole
scientifiche locali.
Il meccanismo della colonizzazione scientifica consiste nel fatto che i nostri
giovani, appena possono, scappano negli Stati Uniti, in Inghilterra ... (a causa
dell'inglese, da imparare) e del fatto che ivi la ricerca e' meglio remunerata, che in
patria.
Ne deriva che i nostri giovani trascurano di conoscere in profondità la tradizione
scientifica italiana, e invece imparano quella dei Paesi dove vanno a fare studio. Accade
di constatare che vecchi e noti teoremi della scuola italiana sono proposti da nostri
giovani, rientrati in patria, come novità dei Paesi di temporanea emigrazione.
Ma un tempo non era così. Negli anni '60 (1960-70) gli americani venivano in
Italia, per approfondire la conoscenza della scuola italiana di sienza delle finanze (è
il caso del Premio Nobel, James Buchanan). Ma adesso queste cose sono divenute
impensabili. Questo è un danno per tutti, anche sul piano internazionale.
4. Quale rimedio ? Sarebbe bene affrontare il problema, innanzitutto, già a livello
internazionale. A mio parere, il rimedio dovrebbe essere l'obbligatorietà del
multi-linguismo, sia pure in limiti ragionevoli. Ad esempio, si potrebbe cominciare con
l'ammettere che chiunque possa parlare in madre lingue, ma ci sia la traduzione simultanea
in alcune altre lingue più diffuse: vale dire, oltre l'inglese (sempre), le principali
lingue europee, il cinese, altre ...., parlate dai partecipanti (di cui si ha la
conoscenza preventiva).
Purtroppo anche questa via non è la più semplice, perchè il traduttore
dovrebbe essere anche studioso del campo scientifico.
5. No al provincialimo a oltranza. Ci
sono, poi, anche degli eccessi, ad es., in certi dipartimenti delle singole universita',
la comunicazione dei vari seminari, avviene in lingua inglese, mentre poi (di fatto) il
seminario si svolgera' in italiano. A mio parere, chi non è orgoglioso della
propria lingua anche in apparernza, si comporta in modo snobbistico.
Proporrei che sia approvata una legge, secondo cui in Italia, nei luoghi pubblici,
l'uso dell'inglese comporti obblogatoriamente l'uso simultaneo della lingua
italiana. Nino Luciani |
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Dall'Università
di Bologna al Comune di Bologna, e agli Organi di Ateneo |
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IN
MARGINE ALLE CONSEGUENZE ESTERNE
DEI RISULTATI ELETTORALI dell'UNIBO |
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GIANNI PORZI: |
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- Per il Comune di Bologna, il Pd
scarica il Rettore Dionigi
- Sul Meeting di Rimini di CL, il ciclone Fantinati (M5S) |
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Sulle prospettive elettive del Sindaco di Bologna |
Conseguenze, per CL, negli Organi di Ateneo ? |
Gianni Porzi, Il Pd
scarica il Rettore Dionigi ?
Il 2016 sarà l'anno delle elezioni per il Sindaco di
Bologna.
L'attuale Sindaco Merola intende ripresentarsi per il secondo mandato e dopo
il risultato dell'elezione del nuovo Rettore dell'Ateneo
( conclusasi al ballottaggio del 30 giugno con la vittoria del prof. Ubertini che ha
superato, anche se di un soffio, il delfino dell'attuale Rettore) sembra non avere rivali,
almeno nel suo partito.
Faccio un passo indietro. In occasione dell'inaugurazione dell'Anno Accademico, nel
dicembre 2014, il Rettore Dionigi, con abile mossa, invitò il Premier Renzi, cosa
inusuale in quanto in passato, ad eccezione degli anni più recenti, a tale cerimonia
venivano solitamente invitate Personalità di spicco del mondo della cultura.
Da qualche anno invece vengono invitati rappresentanti della "politica
nostrana", cioè la cultura si è purtroppo inchinata, per interesse, alla politica.
Si pensi ad esempio all'ex Sindaco di Bologna Del Bono che l'attuale Rettore Dionigi
invitò all'inaugurazione dell'A.A. nel dicembre 2009, poco dopo essere stato incoronato
Sindaco della Città, carica che dovette però abbandonare poche settimane dopo per le
note vicende giudiziarie, seguite da condanna.
Va ricordato anche che nel gennaio 2012 all'inaugurazione dell'Anno
Accademico fu invitato l'allora Presidente della repubblica Napolitano il quale fu
insignito della laurea honoris causa.
Il Rettore Dionigi ritengo avesse un disegno molto chiaro in testa e
cioè prepararsi la strada per un incarico di un certo prestigio dopo il rettorato che
terminerà il prossimo 31 ottobre.
Del resto in Italia la "caccia alle poltrone" è uno sport molto
diffuso e il prof. Dionigi non poteva non cimentarsi in questo sport; inoltre, avrebbe
stabilito un primato e cioè sarebbe stato il primo a ricoprire le due poltrone più
importanti di Bologna.
L'invito quindi di Renzi era finalizzato a guadagnarsi i
"galloni" per aspirare all'ambita carica di Sindaco.
La motivazione non poteva essere diversa dal momento che proprio
in quel momento la scienziata Fabiola Gianotti era stata designata Direttrice del CERN di
Ginevra, un incarico di grande prestigioso internazionale.
Chi stava dalla parte della cultura, chi meglio rappresentava la ricerca
scientifica italiana, la Gianotti o Renzi? La risposta è ovvia, ma la Dott.ssa Gianotti,
al contrario di Renzi, non poteva offrire al Rettore Dionigi quell'appoggio forte da parte
del Partito necessario per aspirare alla carica di Sindaco di Bologna e quindi la scelta
cadde inevitabilmente sul Premier, anche segretario del PD. Logica ineccepibile.
Poco tempo dopo il Rettore Dionigi scoprì le carte
autocandidandosi alla poltrona di Sindaco di Bologna, cosa che non fu gradita all'attuale
Sindaco Merola che intende fare il secondo mandato. In sostanza, una lotta tutta interna
al PD.
Tutto sembrava procedere bene per il Rettore Dionigi, tant'è che l'ing.
Licciardello, Presidente della Direzione Provinciale del PD, in un'intervista del 18
maggio (Emilia Romagna 24 News) aveva dichiarato che la candidatura del Rettore era valida
purché passasse per le primarie.
Ma, inaspettatamente, il "giochino" si è rotto a
causa, formalmente, del risultato delle elezioni per il nuovo Rettore in cui il delfino di
Dionigi, il prof. Fiorentini, dato per vincitore al primo turno, è stato invece costretto
al ballottaggio dal prof. Ubertini che poi ha vinto.
La vittoria di Ubertini non solo ha liberato l'Ateneo da
una gestione da dimenticare, ma ha lasciato sul terreno una vittima illustre, cioè il
Rettore Dionigi. Infatti, il 24 giugno, già dopo il primo turno elettorale, lo stesso
Presidente della Direzione provinciale del PD Ing. Licciardello dichiarava che l'ipotesi
Dionigi per Palazzo D'Accursio non era più da considerare, cioè il Rettore Dionigi
veniva scaricato dal PD con una motivazione piuttosto dura (Corriere di Bologna).
Dal momento che il netto cambiamento di posizione di
Licciardello è avvenuto nell'arco di un mese, è lecito pensare che in un primo momento
il Partito aveva accettato, probabilmente obtorto collo, l'autocandidatura del Rettore
Dionigi, ma non appena si è presentata l'occasione ha approfittato per scaricarlo senza
appello.
Le elezioni rettorali hanno così prodotto due risultati : l'auspicato
cambiamento di governance in Ateneo e lo stop alla candidatura di Dionigi a Sindaco di
Bologna. E così, salvo imprevisti, piaccia o non piaccia, l'attuale Sindaco Merola, che
ha tutt'altro che brillato durante il suo mandato, si trova probabilmente la strada
spianata per il secondo mandato. |
Gianni Porzi, Sul Meeting di Rimini di CL si è abbattuto il ciclone
Fantinati
1.- Ling. Mattia Fantinati, deputato del M5S, ha
detto quelle verità delle quali molti italiani sono al corrente, ma fanno finta di non
conoscere.
Le ha elencate in faccia ai Ciellini, guardandoli negli
occhi, cioè al Meeting di Rimini che è una sorta di annuale convention di Cl,
ribattezzata da alcuni parlamentari del M5S in comunione e ricettazione e il
Meeting in salotto degli amici affaristi.
Fantinati ha avuto il coraggio e lardire di affermare verità, in modo
pacato ed educato, che hanno fatto saltare sulla sedia i vertici di Comunione e
Liberazione, unorganizzazione ormai fortemente radicata nel Paese (si pensi
alla Compagnia delle Opere, braccio economico/operativo di Cl) e che ha
rappresentanti di spicco nella politica italiana a partire da Formigoni, a Lupi, a Mauro,
a Vignali, ecc..
Fantinati ha finalmente detto senza mezzi termini che non si
può servire Dio e il denaro (citando il Vangelo di Luca), che Cl è la più potente
lobby di denaro e di potere, un movimento che ha trasformato lesperienza
spirituale/morale in un paravento di interessi personali, che ha generato un potere
politico capace di influenzare la sanità, le scuole private, lUniversità e gli
appalti.
Fantinati ha poi ricordato che Cl è
sempre stata dalla parte dei potenti, dalla parte di chi comanda, sempre in nome di Dio.
2.- Per esperienza personale negli OO.AA.
(dell'Università di Bologna), condivido quanto affermato da Fantinati: nellambiente
universitario locale, infatti, Cl è una presenza trasversale che va dagli studenti, ai
docenti passando anche attraverso una parte del personale tecnico amministrativo
(prevalentemente quello apicale).
Che Cl sia stata sempre, anche nellUniversità, dalla parte del
principe di turno (leggi Rettore) e che abbia condizionato certe scelte a meri
interessi di bottega è una realtà indiscutibile.
Onore quindi a Fantinati che ha tolto il coperchio ad una pentola nella quale
da anni e anni covava indignazione nei confronti di un movimento che, usando il paravento
della spiritualità, ha creato un coagulo di forti interessi personali, ed anche
economici, attingendo forza e linfa vitale dalla gestione del potere.
Lintervento di Fantinati, che ha espresso la propria indignazione anche
per il modo in cui Cl strumentalizza brava gente e persone credenti, è stato una
sorta di ciclone che si è abbattuto sul Meeting di Rimini.
Un ciclone che ha colto di sorpresa tutti i
vertici di Cl che si sono trovati costretti a dover calmare la platea indignata perché,
evidentemente, il deputato grillino aveva detto verità scomode. Fantinati,
senza rigiri di parole, ha sollevato quel velo di ipocrisia che da tempo ammanta buona
parte della politica italiana e non solo.
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EDIZIONI PRECEDENTI
UNIVERSITA': prosegue il dialogo sindacale in preparazione
di nuovi eventi, dal Miur |
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ADI, ADU, ANDU, ARTeD, CIPUR, CISAPUNI, CISL-Universita',
CNRU, CNU, CoNPAss, CSA-CISAL Universita', FLC-CGIL, LINK, RETE29Aprile, SNALS-Docenti,
SUN-Universitas News, UDU, UGL-INTESA FP, UIL RUA .
Il COMUNICATO DELLA RIUNIONE DEL 29 MAGGIO A ROMA
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- numero chiuso;
- reclutamento alla spagnola;
- unipertutti;
- censura al
Rettore dell'Università di Messina |
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Nella riunione unitaria del 29 maggio
2014 si sono affrontate diverse questioni, tra le quali:
1. Numero chiuso. La dichiarata intenzione del Ministro di
introdurre presto la 'selezione alla francese' ha fatto ritenere opportuna la elaborazione
di un comunicato unitario che sara' 'abbozzato' presto da Jacopo Dionisio, Nunzio Miraglia
e Mario Nobile e proposto alle Organizzazioni prima della sua diffusione. Se l'idea del
Ministro dovesse diventare qualcosa di piu' concreto, sara' convocata una specifica
riunione unitaria per discutere a fondo sul numero chiuso e sulle sue ipotizzate modifiche
dei meccanismi di selezione. Anche in questa riunione e' stata ribadita la richiesta
comune dell'abolizione del numero chiuso in tutti i corsi di laurea.
2. Reclutamento alla spagnola. L'intenzione del Ministro e'
di adottare il meccanismo di reclutamento e avanzamento della docenza in vigore in Spagna:
tre ruoli con passaggi legati a una valutazione continua e 'automatica'. Si e' anche
discusso sulla proposta del CUN di sostituire le due figure di ricercatore a termine con
quella del "professore iunior".
3. Unipertutti. L'iniziativa ha avuto un'adesione e un
interesse elevati, nonostante il poco tempo di 'preavviso' e di preparazione, nonostante
il numero relativamente limitato di coloro che hanno 'gestito' l'iniziativa e nonostante
che non tutte le Organizzazioni abbiano espresso un sostegno adeguato. L'orientamento
sarebbe quello di farne una scadenza almeno annuale e di realizzare una 'piattaforma web'
stabile dove riportare liberamente le esperienze e le proposte dei docenti che non si
rassegnano alla consunzione dell'Universita'. Naturalmente una simile scelta deve passare
da una verifica tra e nelle Organizzazioni per stabilire chi e' disponibile a impegnarsi
in questa 'impresa'. I partecipanti all'inziativa hanno ricevuto una lettera di
ringraziamento con l'invito a esprimere opinioni e informazioni. In calce e' riportato il
link con le loro risposte. Questo link e' 'riservato' e quindi si prega di non diffonderlo
oltre i responsabili delle Organizzazioni.
4. Censura a Messina. Si e' discusso della censura del rettore di
Messina nei confronti di Mauro Federico. Si e' approvato il testo riportato subito a
seguire dopo il punto 5.
5. Come e' gia' noto, si e' ricordato al prof. Marco Mancini (Direttore del Dipartimento
dell'Università, già Presidente della CRUI - Ndr) l'impegno assunto nell'incontro dell'8 maggio
al Miur di proseguire il confronto.
CENSURA AL RETTORE DELL'UNIVERSITA' DI MESSINA
Le Organizzazioni universitarie hanno più volte denunciato la condizione di crisi delle
istituzioni universitarie e di limitazione progressiva degli spazi di autonomia e libertà
nei nostri Atenei, determinata dalla Legge 240/2010, che ha ampliato oltremisura i poteri
del rettore e ha posto all'interno degli atenei la competenza disciplinare.
Dall'approvazione di questa legge ad oggi i casi di uso improprio degli eccessivi poteri
concessi a rettori, consigli di amministrazione e collegi disciplinari si sono
moltiplicati, come si è moltiplicato il contenzioso presso il TAR.
In questo contesto risulta sempre più difficile esercitare una pubblica e
libera attività di stimolo e di critica in difesa della Università democratica e
qualificata.
Nelle scorse settimane, il prof. Mauro Federico ha commentato on-line una
notizia data da alcune agenzie riguardante il prof. Mario Centorrino rivelatasi poi
infondata. La cancellazione del commento è stata immediata come immediate sono state le
scuse inviate al collega Centorrino e per conoscenza a tutto l'Ateneo. Un errore
certamente spiacevole quello commesso da Mauro Federico, ma conclusosi rapidamente con una
piena assunzione di responsabilità pubblica per quanto accaduto. Del resto, lo stesso
prof. Centorrino non ha ritenuto di dover proseguire in alcun modo nei confronti del
collega. La lettura della documentazione consente di ricostruire l'intera vicenda.
Il Rettore dell'Ateneo di Messina ha invece ritenuto di dover comunque
censurare Mauro Federico senza, peraltro, rispettare le norme in vigore., previste dalla
Statuto e dal Regolamento di Ateneo.
Le Organizzazioni universitarie ritengono che la censura
comminata a Mauro Federico sia carente di effettiva motivazione e che la procedura seguita
sia illegittima. Si sostiene con forza, quindi, la richiesta di annullamento del
provvedimento da parte del Ministro al quale è stato avanzato ricorso, come consentito
dalla Legge.
E' indispensabile e sempre più urgente intervenire legislativamente per
introdurre negli Atenei e nel Sistema nazionale universitario una gestione realmente
democratica, esercitata da Organi collegiali che, a tutti i livelli, siano espressione di
un'elezione diretta da parte di tutte le componenti universitarie.
Il clima di costante minaccia dell'uso degli strumenti disciplinari non è
accettabile in nessun settore della società, e lo è ancor meno nell'Università, dove la
libertà di pensiero, di ricerca e di insegnamento, costituzionalmente tutelata, deve
essere alla base dell'attività e dell'esistenza stessa di questa Istituzione.
L'Ateneo di Messina è impegnato in un difficile sforzo di riorganizzazione
e rilancio che crea inevitabilmente fortissime tensioni che sarebbe necessario stemperare.
L'iniziativa del Rettore va invece oggettivamente nella direzione opposta, rischiando di
aumentare il malessere interno all'Ateneo. Si auspica, infine, che, in tempi rapidi, il
Rettore riveda la sua posizione e ritiri egli stesso il provvedimento di censura.
P.S: In margine al documento di censura, si ricorda che la grave situazione di
antidemocraticità della gestione dell'Ateneo di Bologna, in seguito al nuovo statuto in
base alla legge Gelmini, fu stigmatizzata, già a suo tempo, dalla Intersindacale locale,
mediante un referendum consultivo con alta partecipazione della Comunità universitaria
(Docenti e Amm.vi), e quasi unanime. In particolare il referendum si opponeva alla
determinazione del Rettore di designare, e praticamente nominare, i membri del CdA,
anzichè farlo elettivo, a parte le successive sentenze del TAR, che diedero ragione
alle Università che avevano fatto elettivi i rispettivi CdA (NdR).) |
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SITUAZIONE NELL'UNIVERSITA': cosa si fa a Roma |
Stefano Paleari, Presidente
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CRUI-Conferenza
dei Rettori. Obiettivo: puntare fin da subito su
libertà, attrattività
e giovani. Necessario un piano per inserire 1.500 giovani
allanno per 5 anni.
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SINDACATI UNIVERSITARI. Obiettivo
UNIPERTUTTI: coinvolgere tutte le Università italiane e rimarcare la
funzione dell'Università Statale come bene comune. Un bene che la politica e i giornali
spesso presentano come costoso e superfluo.
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ARGOMENTI DI
PUNTA, posti dal Miur: |
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- sistema di finanziamento;
- costo standard;
- punti organico. |
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LA
POSIZIONE DELLA CRUI:
"Università ai minimi termini"
Le 10 proposte della CRUI
per il reclutamento.
La situazione: Professori -27%,
reclutamento dei giovani irrisorio, svuotati i dipartimenti di medicina.
Obiettivo: puntare fin da subito su libertà, attrattività e giovani.
Necessario un piano per inserire 1.500 giovani allanno per 5 anni.
Gli interventi che, a partire dal 2009, si sono succeduti sul sistema
universitario in materia di finanziamento e, di conseguenza, nel processo di reclutamento
del personale hanno determinato un profondo ridimensionamento. Non solo, si sono al tempo
stesso prodotti squilibri tra le varie categorie di personale che i risultati delle
recenti Abilitazioni Scientifiche Nazionali hanno ulteriormente evidenziato.
Inoltre, il D. lgs. 49/2014 ha ridotto quasi per intero i
margini di autonomia degli Atenei italiani, indipendentemente dallo stato dei singoli
bilanci. I dati delle tabelle 1 e 2 testimoniano il senso di questa premessa. Nello
specifico, il numero di professori ordinari si è ridotto di quasi 1/3.
Per i professori associati e per i ricercatori gli effetti sono meno
clamorosi, ancorché assai rilevanti, per la naturale minore anzianità media che ha
determinato minori pensionamenti. Sorprende, inoltre, la modesta
dinamica allingresso.
Negli ultimi due anni, a fronte di 20.000 giovani che hanno
acquisito il titolo di dottore di ricerca, le Università italiane, statali e non statali,
hanno reclutato meno di 1.500 ricercatori a tempo determinato, meno del 10%. Un potenziale
di ricerca posto al servizio di altri Paesi, anche nei livelli superiori della docenza,
che mina la capacità attrattiva e la competitività del sistema paese. Peraltro va posto
rimedio al continuo invecchiamento dei professori e dei ricercatori la cui età media è
oggi di 51 anni.
A livello di singola Università, in relazione alle dinamiche di
pensionamento, si sono determinati dei veri e propri vuoti in alcuni settori scientifici
disciplinari, in particolare nellarea medica. I risultati della prima tornata di
abilitazioni scientifiche nazionali hanno determinato contingenti difficilmente
assorbibili dagli Atenei nella attuale condizione finanziaria e normativa.
Ciò è deleterio tanto per i soggetti interessati quanto per i
giovani che vedono autentici colli di bottiglia nel percorso di carriera appena iniziato.
In generale, gli effetti delle politiche degli ultimi anni, così visibili dai dati delle
tabelle 1 e 2, impongono un immediato cambio di rotta che, nel rispetto dei principi di
sostenibilità finanziaria dei singoli Atenei, regoli lingresso nel sistema
universitario.
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LA POSIZIONE DEI SINDACATI
SINTESI dell'incontro
SINDACATI-MIUR
del 8 maggio 2014
- Le Organizzazioni hanno illustrato le analisi e le richieste unitarie
riguardanti gli studenti (diritto allo studio, numeri chiusi e programmati, ecc.),
precariato e reclutamento (unico contratto breve e 'protetto', posti di ruolo, ecc.),
riorganizzazione della docenza (docente unico), governance degli Atenei e del Sistema
nazionale (gestione democratica, organo nazionale di coordinamento, democratico e
rappresentativo di tutte le componenti). Su queste questioni sono stati svolti interventi
di carattere generale e di approfondimento. Da parte di Marco Mancini si e' avuto un
atteggiamento 'prudente': non si può mettere mano a una nuovo riforma complessiva, le
questioni più politiche sono di competenza del Ministro. A questo proposito va
sosttolineato che l'incontro era stato richiesto al Ministro e che Mancini era stato da
essere appositamente delgato a rappresentarlo.
- Dall'incontro sono emerse diverse informazioni sulle intenzione del Ministero
riguaranti diverse questioni.
1. - Scuole di specializzazione di Medicina. Il Ministero vorrebbe arrivare
a 4.000 borse per gli specializzandi (attualmente i fondi ne garantiscano solo 3.300).
2.- Ingresso alla Facoltà di Medicina. il Ministro ritiene l'attuale prova
inefficiente e gli uffici del Ministero stanno cercando di valutare se il sistema di
selezione in vigore in Francia (sbarramento dopo il primo anno) sia applicabile/adattabile
in Italia.
3.- Altre questioni riguardanti gli studenti.
Il Ministero ha identificato i problemi dei trasporti e degli affitti.
Vanno discussi i LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni) a cui dovrebbe aver accesso
ogni studente in possesso dei requisiti di elegibilittà; per questo entro maggio sarà
convocato un tavolo MIUR-CNSU stato-regioni.
Per il diritto allo studio il MIUR ha recuperato circa 60 milioni
d'avanzo dalla legge 338; questi fondi saranno utilizzati per finanziare la
residenzialità studentesca.
Viene ricordato inoltre che alla Camera è stato depositato un testo
sul diritto allo studio (primo firmatario Vacca del M5S) sul quale ci sono ampie
convergenze di maggioranza e opposizione. I dettagli di questo testo sono ancora da
precisare.
4.- Tagli previsti per l'Università. I tagli sono stati 'ridotti' a 15
milioni di Euro per quest'anno e a 20 per il prossimo anno. Il MIUR ritiene che questo
taglio limitato sia un buon risultato a fronte delle cifre inizialmente preventivate. Ciò
nonostante è plausibile che ci siano per quest'anno circa 160 milioni di Euro in meno
nell'FFO. Inoltre, la quota di premialità nell'FFO di quest'anno salirà al 18% e
nell'attuale versione il FFO incorporerà in un singolo capitolo la pluralità dei diversi
fondi che venivano erogati in precedenza.
5.- Reclutamento e promozioni. Marco Mancini ha confermato quanto
detto dal Ministro al CUN, relativamente a punti organico e blocco del turn-over
(quest'anno previsto al 50% su scala nazionale, con una soglia di salvaguardia fissata al
5): entrambe le ipotesi vedono il MEF sostanzialmente poco disponibile.
L'ipotesi di lavoro è una ulteriore rimodulazione dei punti organico
per alleggerirne il peso sul reclutamento e le promozioni. La modifica del punto organico
potrebbe essere fatta entro il 30 giugno (stesso periodo dell'FFO).
E' stato aggiunto che il MIUR sta valutando le ipotesi (i) di
derogare gli RTD-A dal calcolo dei punti organico, e (ii) di sganciare il reclutamento
degli RTD-B da quello dei professori di I fascia. Anche queste ipotesi vedono il MEF
sostanzialmente poco disponibile. Mancini ha quindi confermato le perplessità del MIUR
sull'attuale funzionamento dell'ASN, anche alla luce dell'elevato numero di ricorsi.
Riporta che sono allo studio modifiche per l'applicazione nel secondo biennio.
In ultimo, il ha affermato di ritenere utile incontrarsi
più frequentemente per un confronto, in particolare, su tre temi:
- sistema di finanziamento;
- costo standard;
- e punti organico.
Sindacati rappresentati: ADI, ADU, ANDU, ARTeD,
CIPUR, CISAPUNI, CISL-Universita', CNRU, CNU, CoNPAss, CSA-CISAL Universita', FLC-CGIL,
LINK, RETE29Aprile, SNALS-Docenti, SUN-Universitas News, UDU, UGL-INTESA FP, UIL RUA |
Nino
Luciani, Verso la risalita ? 1.-
Premessa. Erano anni, ormai, che tra il miur e i sindacati non c'era alcun
contatto, massimamente ai tempi della ministra Gelmini.
Ma la cosa non era solo il risvolto della insipienza di "qualcuno". La
prima ragione di ogni sconfitta sta dentro di noi: ossia il fatto che il sindacato non
aveva una voce unica, davanti alla politica, ma una moltitudine di volti e sfaccettature
diverse, la convinzione sbagliata che andando da solo, uno chiedeva meno che tutti assieme
e quindi potesse ottenere qualcosa.
Questo è accaduto massimamente da parte dell'USPUR, e poi dal CIPUR (servo della
Moratti, salvo poi ricredersi e denunciare di essere stato raggirato. Troppo tardi ...
Saluto pertanto con profonda soddisfazione l'iniziativa del coinvolgimento di
TUTTI, per l'università, a cominiciare dagli studenti, dalle famiglie e dai singoli
Rettori.
2. Perchè i governi Berlusconi sono stati tanto
duri con l'università ?
I governi Berlusconi sono stati una vera rovina per l'università. Mi sono
sempre domandato perchè mai tanta durezza e perfino tanta acredine nei parlamentari
di Forza Italia in Senato, quel 28 luglio 2010, in cui fu discusso il disegno di
legge Gelmini.
In quel momento ho associato due cose:
a) il fatto che Forza Italia fosse in parte composta da liberi professionisti e
giornalisti e altri (del pubblico impiego), al cui interno molti, notoriamente, aspirano
alla carriera universitaria;
b) il fatto che l'università sia stata gestita in modo chiuso dai
professori, e dunque abbia a lungo chiuso la porta a quegli aspiranti, forse alcuni
assolutamente meritevoli, almeno per quanto ne so.
Questo spiega molto il fatto che gli esami di abilitazione scientifica, introdotti
dalla Gelmini, mirino a dare un titolo, che è molto prezioso per aumentare una parcella,
ma molto meno prezioso per occupare un posto universitario, tant'è che (per avere un
posto) bisognerà fare un secondo esame.
3. Cosa è cambiato per
sperare in una risalita ? Sono cambiate alcune cose, ma non tutte:
a) la prima è che è calato il numero degli studenti, e questo è un vero
dolore per la società civile, dovuto, più che alla crisi economica generale (meno soldi,
nelle famiglie), alla disaffezione verso l'università (causa meno professori, meno
servizi, meno risorse ai giovani, dai governi) ;
b) la seconda è che il MIUR non è oggi nemico dell'università,
perchè non più controllato dalla Confindustria (sia pur tramite satelliti, infiltrati
dentro il MIUR).
La prova tangibile è che il Capo Dipartimento dell'Università è Marco
Mancini, vale dire un professore universitario, già Presidente della CRUI.
Ultimo ma non ultimo. Non è invece cambiato una certa mentalità:
quella di pensare che l'università possa essere autonoma per la gestione e al tempo
stesso dipendente dal Miur, per il finanziamento fondamentale della spesa corrente.
Non è così. L'autonomia gestionale è imprescindibile dalla autonomia di
entrata e spesa. In questa direzione si può fare tantissimo, pur in un sistema in cui il
principale pagatore sia lo Stato, inteso come "pagatore esterno" per conto delle
famiglie. |
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DUE STUDI DEDICATI AGLI STUDENTI
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1) DELLA FEDERCONSUMATORI SULLE
RETTE SCOLATICHE IN 18 ATENEI 2)
DEL SUNIA- CGIL SUGLI AFFITTI PER GLI ALLOGGI, IN VARIE
CITTA' D' ITALIA |
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NOTA 1. Proponiamo alla
attenzione degli studenti e del popolo sensibile agli studenti, due studi:
a) uno della Federconsumatori, relativo alle rette
universitarie di 18 importanti università, distinte per fascia di reddito degli
studenti. Si trova che l'università più sociale (vale dire che più viene incontro agli
studenti poveri, prima fascia) è Bari. Al secondo posto viene Bologna.
A riguardo, invece, degli studenti più ricchi (5° fascia)
l'Ateneo più economico è l'università del Salento, e quello più caro è Pavia.
Tuttavia, per un giudizio valido, andrebbe tenuto conto delle controprestazioni degli
Atenei, cosa che non compare nello studio.
NOTA 2. Di seguito proponiamo anche un importante
sudio del SUNIA-CGIL, relativo al costo degli affitti delle case, per gli studenti
non pendolari.
Per valutare come influenzare questo costo, sarebbero utili
informazioni sulla disponibilità di collegi universitari.
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Ateneo di Bologna: FONDAZIONE ALMA MATER |
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Nonostante le dimissioni del Presidente F. Di Vella, per manifesta
impossibilità
di raccogliere finanziamenti per l'Ateneo, e per accumulo di disavanzi di bilancio :
Il Consiglio di Amministrazione rilancia
la FONDAZIONE ALMA MATER
e nomina, come nuovo PRESIDENTE,
il Direttore Generale COLPANI, di Unibo,
con copertura di un buco di 1.800.000.
L'operazione risulterebbe essere stata fatta in gran
segreto e messa tra le "varie"
dell'o.d.g. del CdA. Tuttora risulterebbe non informato il Senato Accademico,
e ciò creerebbe un vulnus abbastanza grave, da giustificare l'empeachment del
Rettore
(art. 6, c. 3,lett. e dello statuto di ateneo). |
1.- Premessa. Della Fondazione Alma Mater ci siamo
occupati tre anni fa (clicca su: http://www.universitas.bo.it/ARTICOLI%202008.htm#inchiesta
). Allora il Rettore Dionigi, dopo aver azzerato il Consiglio di
amministrazione in carica (che era presieduto dal prof. Walter Tega) e la dirigenza, aveva
ordinato una sorta di mini-inchiesta sulla Fondazione (per fatti risalenti ai tempi del
precedente Rettore Calzolari: presunte irregolarita' , accumulo di disavanzi di bilancio
(iInchiesta peraltro affidata ad uno dei precedenti consiglieri d'amministrazione, il dr.
Umberto Melloni) aveva dichiarato di volerla rilanciare nel nome di un obiettivo del suo
programma elettorale: "la Fondazione Alma Mater da concepire sempre più -
secondo la sua vocazione originaria - come braccio economico dell'Ateneo".
In campagna elettorale, la via delineata era stata di trasformarla da
Fondazione di diritto civile in Fondazione di diritto universitario (e dunque, anche
sottoporla ai controlli di legge, per salvarla da "deviazioni") .
A sua volta il nuovo Presidente prof. Francesco VELLA aveva accettato
l'incarico, con riserva di verificare (nel primo anno dalla nomina) la fattibilita'
dell'obiettivo e con l'impegno di dimettersi, se i fatti avessero dato esito negativo.
Col senno di poi, gli esiti sono stati negativi (il patrimonio
netto era 1.731.625 nel dic. 2011; e' diventato di 100.000 a dicembre 2014),
e Vella e il Consiglio di Amministrazione si sono dimessi nel luglio scorso.
In queste settimane si e' venuto a sapere che nel mese di novembre
2014 il Rettore ha deciso di rilanciare la Fondazione su nuove basi, e lo ha fatto tutto
in gran silenzio. Risulterebbe aver messo l'argomento all'ordine del giorno del CdA
dell'Ateneo, tra le "Varie"; e non avere informato il Senato che, per gli
aspetti didattici , e' competente esclusivo.
Invocherei che il Senato faccia chiarezza su
questo dubbio nei confronti della Comunita'
scientifica, degli Studenti e del Personale tutto; e se il fatto sussiste, faccia di
più, valendosi dell' art.6, c. 3, lett. e, dello
Statuto.
Il "motivo dichiarato" del rilancio e'
stato un "motivo negativo": vale dire, in caso di scioglimento della Fondazione,
evitare "pesanti ricadute d'immagine, ...le conseguenze sul personale, sulle
obbligazioni verso numerosi docenti dell'Ateneo, sull'attivita' di fundrising, ... sui
rapporti con i principali istituti di credito". Questa motivazione
evidenzia una "deviazione" grave, economicamente: nel senso
che, per una soluzione valida, va messo sullo stesso piatto anche quanto si sarebbe potuto
fare in alternativa (vale dire impiegando le stesse risorse per altri obiettivi, urgenti
), quelli per i quali l'Ateneo piange ai piedi del Miur ....
Al tempo stesso, non risulta che la Fondazione Carisbo (ora ne è
Presidente Fabio Roversi Monaco, ed era Rettore dell'Ateneo quando venne istituita la
Fondazione Alma Mater), cofondatrice e socia della Fondazione Alma Mater, abbia mosso
ciglio per questi fatti.
Lo strano è che Fondazione Carisbo non puo' presumersi
all'oscuro in quanto, come socio fondatore e membro di diritto dell'Assemblea dei soci,
deve certamente avere ricevuto l'invito, con l'ordine del giorno e, si presume, aver
partecipato alle varie riunioni dell'assemblea, in particolare a quelle di bilancio.
2.- Le nuove basi del rilancio. In estrema
sintesi, esse sono:
- Nominato Presidente della Fondazione il Direttore
Generale dell'Ateneo Colpani (determinando un evidente conflitto di interessi, in quanto
la persona del controllore coincide con quella del controllato). Clicca su:http://www.fondazionealmamater.unibo.it/FAM/FondazioneAlmaMater/Organi/default.htm;
- Ridotto a tre il numero dei membri del CdA della
Fondazione (il che suona come una tardiva dichiarazione di maggiore efficienza rispetto al
passato);
- Caricati sul bilancio dell'Ateneo le perdite di
1.800.000, di cui sarebbe prevista la copertura mediante un primo trasferimento di
700.000 dai "trasferimenti correnti" del bilancio dell'Ateneo (e questo
e' illegittimo, perche' i conferimenti di capitale vanno presi dai "trasferimenti in
conto capitale").
E' , poi, di dubbia legittimità anche tutta l'operazione finanziaria
perche' , per l'Ateneo gli scopi istituzionali sono la ricerca e la didattica
istituzionale, e stornare i fondi per altre operazioni non è certamente opportuno.
- Il tutto anche con l'intenzione di ricomporre l'azione di
enti collegati (Societa' Irnerio, Ceub di Bertinoro, Alma Graduate School), note
sanguisughe dell'Ateneo. Questa operazione "a fin di bene" (le virgolette sono
mie) lascia interdetti ;
- Rivedere la gestione dei budget dei master e dei corsi di
alta formazione, anche sotto l'aspetto della rendicontazione (e questo meglio tardi che
mai)
- Vi sarebbe invece un silenzio totale sulla FAM SrL,
e cioè sul braccio operativo della Fondazione, dal nome ingannevole per l'assonanza con
quello della Fondazione Alma Mater, e che ha agito (e crediamo tuttora agisca) come una
holding per le varie società controllate e/o partecipate.
Nel precedente CdA dell'Ateneo venne lamentato che l'uso di
"scatole cinesi" avesse condotto alla "assoluta mancanza di controllo delle
risorse o ancora di piu' alla mancata valutazione costi/benefici", mentre
"quando si parla di denaro pubblico tutto deve'essere trasparente".
Visto che nella gestione di master e corsi post laurea è praticamente
impossibile generare passività, è pensabile che le perdite così rilevanti si siano
create proprio in FAM srl e nelle società da essa partecipate, e da qui per i rami siano
ricadute sulla Fondazione Alma Mater (e, ora, addebitate al bilancio dell'Ateneo).
3.- COMMENTO. Questa storia e' davvero una
brutta storia, e che inevitabilmente (nella nostra mente) ricorda quella degli enti
economici in Italia, i cui disavanzi, notoriamente, sono una delle origini del debito
pubblico dello Stato direttamente o indirettamente (nel caso nostro, l'Ateneo ).
L'unico rimedio ipotizzabile e' una ispezione del Miur,
posto che la Corte dei Conti sia fuori gioco in termini di tempo, rispetto ai tempi su
queste decisioni.
Non solo questo. Uno dei motivi dell'inchiesta
di Dionigi, sulla gestione nata prima del suo mandato, fu un dubbio di irregolarita' (che
l'inquirente ha trovato, poi, infondati, ma non ha sembra aver acclarato adeguatamente,
sulla base di un contraddittorio ) sul percepimento (da parte di componenti del Consiglio
di amministrazione della Fondazione) di compensi per le cariche dagli stessi assunte
attraverso FAM srl nelle società partecipate ( pare anche senza chiederne la preventiva
autorizzazione all'Ateneo, come da Regolamento sull'autorizzazione degli incarichi
extraistituzionali del personale docente e ricercatore a tempo pieno (D.R. 379 del
5.10.98) ).
Non solo questo. In generale, attraverso queste
gestioni "fuori controllo", si formano varie clientele, diciamo quelle amicizie
coordinate, gruppi di potere che, al momento delle elezioni, vanno a determinare la
elezione di questo o quell'amico, inquinando la demcrazia.
Torno al programma elettorale di Dionigi. Se la Fondazione
può divenire "braccio economico dell'Ateneo", non divenga il luogo deviato di
clientele. N.Luciani |
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Ateneo di Bologna, Bilancio di previsione 2013. |
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CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
(Seduta del 18 dicembre 2014)
Previsto un FFO - finanziamento statale ordinario
di 358,72 milioni
(inferiore di 14,01 milioni, rispetto alla previsione iniziale 2014) |
Nota. Gli elementi, sottoriportati sono
ripresi dal riferimento al CdA, da parte dell'Ufficio competente.
Si fanno due rilievi:
a) dover constatare che l'Ateneo è "costretto" a fare delle previsioni,
sulla base di ipotesi dii finanziamento da parte del Miur. E' una vera vergogna che il
Miur voglia centralizzare tutto, anzi sempre piu' (vedi legge Gelmini) e al tempo stesso
non sia in condizioni di svolgere le proprie funzioni correttamente, mettendo
tempestivamente e chiaramente gli Atenei in condizioni di fare bilanci certi;
b) la precarietà con cui Bologna - Amministrazione Centrale tratta le università
decentrate della Romagna: dare fondi, senza criteri oggettivi trasparenti, in base ad
trattativa che accorcia o allarga la distanza tra il "fabbisogno dichiarato" e
le assegnazioni "proposte" (e che non si possono rifiutare) dal centro.
Per il futuro (art. 5 legge Gelmini) il FFO dovra' essere attribuito
crescentemente (fino al 100%) in base al costo standard per studente. Per questo,
probabilmente, il dispotismo di Bologna-centro incontrerà un limite: il dovere ripartire
(a sua volta) il proprio FFO, anche tra le sedi, in base al numero degli studenti. |
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BOLOGNA, NUCLEO DI VALUTAZIONE
Nuovi Membri
- prof. Muzio M. Gola (Presidente);
- prof. Achille Basile (Componente);
- prof.ssa Rosa Maria Bollettieri Bosinelli (Componente);
- prof. Carlo Arrigo Umiltà (Componente);
- sig. Giacomo Basini (Studente eletto dal Consiglio degli Studenti). |
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RELAZIONE
Dal Senato Accademico:
( Seduta del 20.11.2014)
NOMINATO IL NUCLEO DI VALUTAZIONE,
per il triennio 2014-2015, ex art. 9 statuto di ateneo
Nota. Il Nucleo di Valutazione è l'organo di
Ateneo preposto alla valutazione delle attività didattiche, di ricerca e amministrative,
istituito ai sensi della Legge n. 370/1999 (.Disposizioni in materia di università e di
ricerca scientifica e tecnologica.) e confermato dalla Legge n. 240/2010 (.Norme in
materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento,
nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l.efficienza del sistema
universitario.).
Esso è composto da un numero di membri tra i 5 e i 7, tra cui un rappresentante
degli studenti eletto dal Consiglio degli Studenti.
L |
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Ripreso
da
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di REDAZIONE BLITZ, Università: numero chiuso, una questione aperta
Nota. Giro agli studenti Il
servizio di BLITZ, che fa molto utilmente il punto della situazione sul numero chiuso alle
iscrizioni degli studenti alle università.
Il fatto che da anni ormai (si parte dal Ministro Zecchino)
sia stato introdotto il "numero chiuso" si intreccia con varie questioni,
mai affrontate adeguatamente:
- quella della preparazione degli studenti ai seguire dati
corsi di laurea,
- quella della sicurezza degli studenti quando le aule
sono strapiene,
- quella della adeguatezza del finanziamento pubblico
della formazione universitaria.
Queste questioni non possono valere tutte simultaneamente, e dunque si
dovrebbe fare chiarezza sulle motivazioni del diniego: soprattutto nei casi in cui esso
venga a ledere, senza fondamento Costituzionale, il diritto allo
studio.
L'originale è corredato da molte citazioni, e quindi chi volesse
saperne di più, vada all'originale (si vegga sotto, il link). NL |
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La regola della selezione allingresso nelle Università è
messa in discussione da ripetute sentenze dei Tribunali amministrativi regionali. I
giudici dei Tar di Lazio, Sardegna, Marche, Abruzzo, Molise e Toscana hanno rilevato
alcune incongruenze nei test dingresso, dando ragione agli studenti esclusi che
avevano fatto ricorso. E facendo esultare lUdu, lUnione degli
Universitari (la Cgil degli studenti): "È stato abbattuto il numero chiuso".
A questo punto gli studenti che stanno per affrontare gli esami di maturità si
chiederanno: "Ma allora da settembre niente più test dingresso?" La
questione è un po più complicata. Lattacco che le sentenze del Tar
hanno portato al numero chiuso non è ancora quello definitivo.
I ricorsi degli studenti esclusi sono stati accolti dai giudici per un motivo
prevalente oltre che per ripetute e dolose irregolarità nelle prove
dingresso: il punteggio minimo. Con le stesse domande e lo stesso punteggio
uno studente può essere bocciato a Roma e Bologna e ammesso a Napoli e Sassari. Il test
è nazionale, il numero "programmato" di persone ammissibili è nazionale, ma i
criteri con cui si entra variano da facoltà a facoltà.
Un colpo mortale al numero chiuso potrebbe venire dalla Corte Costituzionale,
che prima dellestate dichiarerà con sentenza se il numero chiuso così come finora
è stato applicato dalle università è conforme al principio del diritto allo studio
sanciti dagli articoli 3, 33 e 34 della Costituzione Italiana. La Corte è stata
chiamata in causa dal Consiglio di Stato, la "Cassazione", ovvero
lorgano supremo della giustizia amministrativa.
Se il numero chiuso sarà giudicato "colpevole" di
incostituzionalità, sarà da rifare tutto il sistema che si regge sulla Legge 264 del
1999, firmata dallallora ministro dellIstruzione Ortensio Zecchino:
quella che stabilisce test dingresso in quasi tutte le facoltà e in quasi tutte le
università italiane.
Sul banco degli imputati finisce un sistema che dallinizio degli anni 80
regola laccesso a molta parte dei nostri atenei. Sistema mutuato dallAmerica
in risposta alle iscrizioni in massa alluniversità, tendenza in atto dalla fine
degli anni 60 e arrestatasi solo qualche anno fa. Il criterio era: garantire ai
"meritevoli" unadeguata istruzione di livello accademico ed evitare il
vero "numero chiuso", quello di chi alla fine si laurea. La crescita
esponenziale del numero degli iscritti è andata di pari passo con la diminuzione della
percentuale dei laureati sul totale della popolazione universitaria.
Come sappiamo, il numero chiuso non ha risolto questi problemi. Ma abolirlo del tutto,
garantendo un accesso libero anche alle facoltà dove non si possono stanziare risorse
infinite per comprare macchinari, allargare laboratori, costruire strutture necessarie per
linsegnamento universitario.
Una terza via cè e potrebbe suggerirla la stessa Corte Costituzionale:
applicare quanto dice la discussa legge 264. Ovvero fare un numero chiuso o
"programmato" nazionale e con i test che sono già nazionali selezionare su base
nazionale chi può accedere a determinate facoltà e chi no. Questo ovviamente implica un
investimento nelle strutture per garantire a chi passa il test un effettivo diritto
allo studio- che sempre unutopia in tempi di spending review. BLITZ
. |
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La rivoluzione arrivata
all'unibo
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FRANCESCO UBERTINI ELETTO RETTORE
Il rettore più giovane in Italia (classe 1970)
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a modificare lo Statuto, in senso democratico e decentrato;
- a restituire l'Ateneo ai ricercatori, ai professori, al personale T.A. |
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Colleghi che piangevano, verso il termine della conta dei voti |
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G. FIORENTINI, il
concorrente favorito della vigilia perchè preparatissimo, paga la nemesi storica quale
proRettore di Dionigi. [ D'Annunzio, poeta dell'Alma Mater, ci raccontò di Massimiliano
d'Asburgo, promesso re del Messico, ma fuciliato dai Messicani solo (secondo lui) perchè
colpevole delle colpe dei padri ].
G. FIORENTINI, anche presunto colpevole di avvantaggiare (come
Dionigi) i professori medici, amanti della professione, più
che della università. |
.
COME E' ARRIVATA LA RIVOLUZIONE ?
da una squadra dal basso, di studenti e docenti non contro qualcuno, ma per
raccontare quanto avvenuto
a Bologna e in Romagna, in questi ultimi anni, a seguito della legge Gelmini e del
nuovo Statuto dell'Ateneo.
Ma il fare noi da "cicero pro domo sua", non vuole oscurare i meriti
diretti (maggiori) di Ubertini e di tanti altri. |
LA SQUADRA DELLA RIVOLUZIONE |
Domenico Spalluto
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Anna Maria Di Pietra
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Nino Luciani
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Sergio Brasini
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Stefano Gandolfi
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Gugliemo Montanari
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Leonardo Altieri
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Giovanni Galeano
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Alberto Lamberti
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Arrigo Pareschi
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Fulvio Savorani
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Franco Farinelli
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Sara Fulco
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Enrico Sangiorgi
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Prof.
FRANCESCO UBERTINI - Nato a Perugia, il 6 Febbraio 1970;
- Maturità scientifica a Perugia, 1988, con votazione 60/60;
- Laurea in Ingegneria Civile presso lUniversità di Bologna, 1994, con votazione
100/100 e lode.
- Dal 1994 al 1998 sono stato impegnato nel dottorato di ricerca in Meccanica delle
Strutture (X ciclo) presso lUniversità di Bologna, seguito da una borsa di studio
post-dottorato per lanno successivo.
- Dal 2007 sono professore ordinario di Scienza delle Costruzioni presso
lUniversità di Bologna.
- Dal 2007 al 2010, Direttore del Dipartimento di Ingegneria delle Strutture, dei
Trasporti, delle Acque, del Rilevamento, del Territorio (DISTART) dellUniversità di
Bologna.
- Dal 2010 al 2015, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e
dei Materiali (DICAM), dellUniversità di Bologna.
- Dal 2012 al 2015, membro del Senato Accademico dellUniversità di Bologna.
INCARICHI ATTUALI
- Dal 2002 , membro del Collegio dei Docenti del Corso di Dottorato di ricerca in
Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali, dellUniversità di Bologna.
- Dal 2008, tutore del Collegio Superiore dellUniversità di Bologna.
- Dal 2010, membro del Centro Interdipartimentale di Ricerca Industriale in Edilizia e
Costruzioni, dellUniversità di Bologna.
- Dal 2012, coordinatore del gruppo di lavoro per la valutazione della vulnerabilità
sismica del patrimonio edilizio dellUniversità di Bologna.
- Dal 2013, membro del Consiglio di Amministrazione del Centro Ceramico, designato
dallUniversità di Bologna.
INCARICHI PRECEDENTI
- Dal 2003 al 2007, coordinatore del Laboratorio di Meccanica Computazionale (LAMC),
presso il DISTART dellUniversità di Bologna.
- Dal 2007 al 2010, impegnato nel ruolo di ruolo di direttore del Dipartimento di
Ingegneria delle Strutture, dei Trasporti, delle Acque, del Rilevamento, del Territorio
(DISTART) dellUniversità di Bologna.
- Dal 2008 al 2010, direttore del Master di II livello in Gestione del Rischio
Indotto da Disastri Naturali, dellUniversità di Bologna.
- Dal 2006 al 2013, membro del comitato direttivo del Gruppo Italiano di Meccanica
Computazionale (GIMC), Associazione Italiana di Meccanica Teorica e Applicata (AIMETA).
- Dal 2010 al 2014, membro del Technical Committee on Computational Solid and
Structural Mechanics, European Community on Computational Methods in Applied Sciences.
- Dal 2010 al 2015, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica,
Ambientale e dei Materiali (DICAM), dellUniversità di Bologna.
- Dal 2012 al 2015, membro del Senato Accademico dellUniversità di Bologna,
come rappresentante dei Direttori dellArea tecnologica, e componente del Gruppo
Ricerca e del Gruppo Internazionalizzazione.
ATTIVITÀ SCIENTIFICA
Principali temi:
- modellazione numerica e analisi strutturale, strutture intelligenti e materiali
innovativi, strutture storiche e archeologiche, monitoraggio e diagnostica strutturale.
- Indicatori bibliometrici: tutti superiori alle mediane nazionali del
settore e la valutazione dei prodotti presentati alla VQR è pari a 3/3.
- Autore di 68 pubblicazioni su riviste internazionali e oltre 200 su
atti di congressi nazionali e internazionali. |
UNO
SGUARDO AI COMPAGNI DI VIAGGIO, IN CAMPO NAZIONALE:
1) LA CRUI-CONFERENZA DEI RETTORI
2) LA INTERSINDACALE1.- LA
CRUI, CHE IL 23 SETTEMBRE ELEGGERA' IL NUOVO PRESIDENTE. Lo Statuto
attuale, centralizzatore, è frutto di una interpretazione, diciamo ferrea, della legge
Gelmini, ma che alcuni Tar hanno già ridimensionato. Ad esempio:
- i Consigli di Amministrazione potranno essere elettivi .
- i Giudici di concorso per l'abilitazione scientifica nazionale non saranno vincolati
dagli indicatori di merito scientifico, prodotti dai concorrent tra i documenti, ma dalla
valutazione libera delle pubblicazioni e degli altri meriti.
Rimane il fatto che l'approccio centralistico attuale, al MIUR, è gravemente
lesivo del diritto costituzionale di autonomia, delle università sta nella legge, e
quindi è a Roma il luogo naturale della battaglia per l'università.
In questo senso, per il nuovo rettore, il filo del discorso prosegue verso la
CRUI, circa il ruolo che vuole svolgere.
Giovi, a questo punto, ricordare che il 23 settembre avrà luogo la
elezione del nuovo Presidente.
La CRUI, in questi ultimi anni è stata retta da Stefano Paleari, rettore
dell'università di Bergamo.
Non vi è dubbio che l'attività della CRUI sia stata intensa.
La domanda, tuttavia, che dovrebbe avere una risposta nel dibattito
elettorale, e che non compare, è se la attuale CRUI sia consapevole di
esprimere una forza che è largamente al di sotto di quella possibile.
A questo proposito il pensiero corre ai tempi di Piero Tosi, Presidente che
adunava a Roma presenze oceaniche di docenti e personale tecnico e amministrativo, che
esprimevano una forte domanda politica di tutte le università verso il il governo e la
società civile.
Paleari, questo non l'ha fatto (ma sappiamo che in questa fase
l'unversità italiana si sente molto ammaccata e confusa, a causa dei colpi ricevuti dai
vari governi).
Qualche concorrente pensa che sia possibile una ricostruzione dell'antico ruolo ?
2.- LA INTERSINDACALE. Sul lato SINDACATI,
le cose vanno molto peggio. Il dichiarato numero degli iscritti di alcune di loro
(cosiddette importanti) è fasullo (solo veri sulla carta). Nessuna
attività nelle sedi.
Evitiamo di fare il nome delle associazioni fasulle.
Del resto, lo vediamo dal fatto che "non vediamo" mettere in piedi
uno sciopero (se non come ospiti, dentro quelli della scuola).
Si chiederebbe il coraggio della trasparenza e della ricerca
dell'unione.
In particolare, si chiederebbe, anche nella INTERSINDACALE, la indicazione
votata di un coordinatore delle associazioni, in modo che almeno emerga una sola
voce, nel rapporto con la CRUI e con il GOVERNO.
Ci sono giovani validissimi, pronti ...
Cosa si apetta ? |
Nino Luciani, F. Ubertini rivoluzione alla Università di Bologna.
1.- Ubertini vince grazie al voto degli studenti di
SOBRERO. Lelezione del prof. Francesco Ubertini (di Ingegneria e
Architettura) è stata determinata dal voto degli studenti, perchè collocati in una
situazione di quasi pareggio di tutti gli altri voti, a favore o contro. Infatti, i
maggior voti (+ 49) dei docenti e ricercatori, a favore di Fiorentini sono stati
bilanciati dai maggiori voti (+ 93) del personale tecnico e amministrativo, a favore di
Ubertini.
Gli studenti (voti totali 60) hanno dato voti 45 (gli studenti del Comitato aveva
votato Sobrero, al primo turno) a Ubertini e voti15 a Fiorentini. Ne deriva che, se
togliamo a Ubertini (voti totali ottenuti 1420,58)
i voti dati a lui dagli studenti (45) e li diamo a Fiorentini (voti totali ottenuti 1347,36), vince Fiorentini per 17 voti.
2.- Quale il senso delle cose ? Alcune
associazioni studentesche hanno voluto riprendersi idealmente lantico ruolo, quello
di eleggere il rettore, ma senza arroganza, bensì cercando un contatto con i loro
compagni di strada e maestri, i professori, portati da alcune Associazioni di docenti.
E nato così il Comitato Studenti e Docenti, che hanno organizzato 4
tavole, con varie relazioni di studenti e docenti,sui temi caldi dellAteneo
( didattica, democrazia e trasparenza, spazi e servizi, diritto allo studio, Ricerca, a
Bologna e in Romagna), perché venisse messo in luce quanto
avvenuto in tutto lAteneo, come conseguenza dellapplicazione della legge
Gelmini (n. 240/2010) e del nuovo Statuto.
Il risultato ottenuto è stato una vera rivoluzione. Ha
vinto il professore velleitario di Ingegneria: velleitario perchè
giovanissimo e perchè contro il potere politico regionale, consolidato nellUNIBO
(dopo Roversi Monaco) a prova di bomba, grazie ad alcuni venduti.
Ma anche Davide vinse contro Golia.
2) Non solo questo. E stato
ripristinata la legalità democratica e questo non tanto perché IVANO DIONIGI fosse stato
eletto illegittimamente, ma perché (poco tempo dopo le elezioni) ha rivelato di non
volere reggere democraticamente lAteneo. Motivi:
a) Ha interpretato la legge Gelmini in modo più realista del
re, per aver sostenuto la norma secondo cui il Consiglio di Amministrazione è
designato da qualcuno (di fatto, dal rettore), che invece dovrebbe esserne
controllato, vale dire essere quello eletto da tutta la Comunità, incluso il personale
tecnico e amministrativo.
Questo tipo di CdA è stato mantenuto anche dopo un referendum quasi
unanime, organizzato dai sindacati universitari, e dopo che vari TAR avevano dato torto
allidea che la designazione dei membri del CdA (parola della legge
Gelmini) escludesse la elezione democratica;
b) Ha oscurato le fonti informative (verbali del CdA e del
Senato), nel senso che ha imposto una speciale password per pochi, che volessero
accedervi. Questo fatto ha impedito un controllo su istituzioni importanti come la
Fondazione Alma Mater, che erano stato causa di apprensioni pesanti (dal lato finanziario)
per lAteneo.
Ne deriva che, alla sua scadenza, pur se di dovere egli dovrebbe
essere ringraziato per avere dedicato 6 anni della sua vita all'Ateneo, non sappremmo
neppure perchè ringraziarlo.
c) Ci sono, poi, aspetti più generali, che solo
lintervento di uomini di peso ha evidenziato durante il dibattito ( 4 tavole, in cui
chiunque poteva riferire quanto a sua conoscenza su grandi temi dellAteneo, come
conseguenza del nuovo statuto generale dellateneo, sui grandi temi: già detto più
sopra).
Non c'è dubbio che nel dibattito delle 4 tavole, il peso maggiore è stato
portato da Ingegneria e Architettura (6 relatori su 14), e dunque è giusto che sia emerso
il suo pupillo, sia pur mai menzionato. Le tavole non erano nè a favore, nè contro
qualcuno.
Invece medicina ha offerto il silenzio, pur se alcuni suoi professori sono
stati insistentemente invitati. E' perà venuto lo studente di una associazione..
3. Elementi di rilievo emerso nelle tavole. In esse sono state
evidenziate:
- difficoltà gestionali rilevanti per la didattica, in pratica caricate su poche
persone, lasciate a se stesse, causa un pessimo raccordo tra Scuole e Dipartimenti.
- la Romagna, terra di nessuno
- discriminate le associazioni studentesche: a quelle della Romagna (che gridano
meno sulla piazza di Bologna) aiuti finanziari pari ¼ di quelle di Bologna, e tra queste
il top a quelle che in CdA votano tutti i provvedimenti del rettore (e questo, però, da
almeno ventanni).
- discriminata Ingegneria, dal lato iscrizioni studentesche (in pratica,
iscrizioni negate, pur essendoci molti posti ancora liberi).
- evidenziato, il regime di pagamento delle visite mediche ed esami in
libera professione, dentro l'Ospedale S. Orsola.
Le visite mediche e accerramenti diagnostici in regime pubblico
risultano con lunghe file di attesa (mesi, e più), ma non quelle in regime di libera
professione.
Queste sarebbero quasi senza file di attesa, ma poi scopri che la
convenzione unibo-regione stabilisce che la più parte del pagamento in libera professione
va al SSN-Servizio Sanitario Nazionale, non al presunto odiato medico
approfittatore (cosa che non è).
Questo significa che le dette visite sono regolate dallospedale (vale
dire dalla Regione, con il consenso dell'università) in conflitto di interesse, vale dire
che la struttura pubblica ha interesse a ostacolare le prestazioni in regime pubblico,
perché introita di più, da quelle private. |
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UNIVERSITA' DI BOLOGNA
VERSO LA CONCLUSIONE DEI COMIZI ELETTORALI
Il 29 e 30 giugno 2015. BALLOTTAGGIO FIORENTINI-UBERTINI |
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Prof. Dario Braga |
Prof. Gianluca Fiorentini |
Prof. Maurizio Sobrero |
Prof. Francesco Ubertini |
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I
RISULTATI DEL I TURNO DI VOTAZIONI
Prof. Dario Braga |
Prof. Gianluca Fiorentini |
Prof. Maurizio Sobrero |
Prof. Francesco Ubertini |
Voti
351 - I turno |
Voti 1161-
I turno |
Voti 427-
I turno |
Voti 843-
I turno |
LUCIANI: |
I lavori delle quattro tavole, organizzate
dal Comitato Studenti-Docenti (12 relazioni su: didattica, democrazia, diritto allo
studio, ricerca) hanno evidenziato numerose criticità nei quattro campi, in particolare a
causa di una notevole emarginazione dei docenti (ma anche del personale tecnico e
amministrativo) nella conduzione dell'ateneo, a favore di un grigio strapotere burocratico
centralizzato (anche con umiliazione della Romagna) .
Ne deriva che il nodo per una scelta è la credibilità dei due candidati,
rimasti per il ballottaggio, circa la volontà di modificare lo Statuto per
reinserire nuove energie a tutto campo, e (forse) la riforma della
struttura dell'Ateneo in senso federale, con autonomia alla Romagna. |
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UNA SINTESI DEI LAVORI SVOLTI DAL COMITATO STUDENTI -
DOCENTI
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Dal Presidente del Comitato Studenti -
Docenti
DOMENICO SPALLUTO
LETTERA a TUTTI della UNIBO |
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Vi scrivo questa mail per ringraziare ognuno di voi per il
contributo apportato a questa esperienza. Sono state tante le difficoltà (dalla
logistica alla partecipazione), ma ce l'abbiamo fatta.
Siamo riusciti a modificare il dibattito elettorale. Seppur di poco,
dato il nostro basso potere contrattuale, siamo riusciti a far riflettere, siamo riusciti
a far introdurre ai candidati nostre idee nei loro programmi (si pensi soltanto alla
valutazione della didattica, pienamente accolta dalle linee programmatiche di Braga) e
soprattutto abbiamo infastidito qualcuno. Siamo riusciti nonostante tutti gli
impedimenti attuati da alcuni gruppi di rappresentanza (studentesca e non). C'è da
esserne fieri.
Io personalmente non posso votare, per cui esorto voi a stimolare la partecipazione
degli iscritti alle vostre associazioni.
Per il resto, non posso che augurare buona fortuna e buon lavoro a tutti, con la
consapevolezza che le nostre strade si incroceranno ancora.
Con affetto,
Domenico Spalluto |
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LE PROPOSTE DI SINTESI, PER LA RIFORMA
DELLO STATUTO,
del Prof. N. LUCIANI, della Prof.ssa A.M. DI PIETRA, degli STUDENTI
|
1.-
Struttura federativa dell'Ateneo .
Allo scopo di dare all'Ateneo di Bologna una base federativa, alternativa alla attuale
base centralizzata, la struttura amministrativa va ripartita in quattro grandi aree, in
corrispondenza delle tradizionali quattro macro-aree ministeriali, e posto a capo di
ognuna un rispettivo pro-rettore: a. AREA
SANITARIA: assistenza tecnico-sanitaria, farmacia, fisioterapia e riabilitazione,
infermieristica, medicina e chirurgia, medicina veterinaria, odontoiatria, ostetricia,
prevenzione sanitaria;
b. AREA UMANISTICA: arte (arti visive, moda,
musica, arti e tecniche dello spettacolo), beni culturali, educazione, geografia, lingua e
letteratura italiana, lingue e culture moderne (glottologia, linguistica, letteratura,
filologia, ecc.), mediazione linguistica (lingue straniere applicate, interpretariato,
traduzione), storia; studi classici, studi orientali, ecc.;
c. AREA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA: agraria,
architettura e ingegneria edile, biologia, biotecnologia, chimica, disegno (industriale),
física, ingegneria (civile, industriale, informatica), matematica, pianificazione
regionale e ambientale, scienze ambientali, scienze della navigazione (aerea, marittima),
scienze della terra, scienze motorie, scienze naturali, scienze e tecnologie
agro-alimentari e forestali, scienze e tecnologie zootecniche e delle produzioni animali,
statistica, urbanistica, ecc.;
d. AREA SOCIALE: comunicazione, cooperazione e
sviluppo, difesa e sicurezza, diritto (scienze giuridiche, servizi giuridici), economia,
gestione aziendale, scienze dell'amministrazione, psicologia, scienze politiche e
relazioni internazionali, scienze del servizio sociale, sociologia, turismo
La Romagna è definita come area-territoriale
dotata di autonomia gestionale e finanziaria, e posto a capo un rispettivo pro-rettore,
quale primo passo verso l'indipendenza, quando i tempi saranno maturi. Sono ammesse
interazioni dirette, rispettive, tra le quattro aree con sede a Bologna e in Romagna, con
le corrispondenti strutture in Bologna. Questa impostazione è in alternativa all'attuale
centralizzazione, fonte di eccessiva burocratizzazione, e causa di perdita di identità
dei professori e dei ricercatori: nessuno sa più a cosa appartiene.
2.- DIPARTIMENTI. Dentro ogni
macro-area vanno collocati i rispettivi dipartimenti, con i caratteri della legge vigente.
Ne fanno parte i professori, le rappresentanze degli studenti, il personale tecnico e
amministrativo, afferenti.
USB-Unità scientifiche di base.
I professore e ricercatori di ogni dipartimento si sezionano in unità di base,
specializzate in determinate ricerche scientifiche, sia pur con requisiti minimi sotto il
profilo numerico. La diversa combinazione delle unità di base costituisce corsi di laurea
differenziati.
3.- Relazione tra SCUOLE e
DIPARTIMENTI. L'art. 2, c. 2, lettera c della legge 240/2010 detta " la
previsione della facoltà di istituire tra più dipartimenti, raggruppati in relazione a
criteri di affinità disciplinare, strutture di raccordo, comunque denominate, con
funzioni di coordinamento e razionalizzazione delle attività didattiche, compresa la
proposta di attivazione o soppressione di corsi di studio, e di gestione dei servizi
comuni".
Lo Statuto generale di Ateneo chiama "Scuole" dette strutture di coordinamento,
art. 18.
Secondo lo Statuto (art.16) "I Dipartimenti
sono le articolazioni organizzative dell'Ateneo per lo svolgimento delle funzioni relative
alla ricerca scientifica e alle attività didattiche e formative. Ogni Dipartimento
partecipa ad almeno una Scuola.
I Dipartimenti .... propongono alle Scuole
di riferimento, di concerto con gli altri Dipartimenti interessati, l'istituzione,
attivazione, modifica e disattivazione dei Corsi di Studio di primo, secondo e terzo
ciclo, nonché delle attività di formazione professionalizzante...
Secondo lo Statuto (art. 18 ) dello Statuto
dispone: "Le Scuole sono le strutture organizzative di coordinamento delle attività
di formazione dell'Ateneo e di raccordo tra i Dipartimenti per le esigenze di
razionalizzazione e gestione dell'offerta formativa di riferimento... Si trae che tra
scuole e dipartimenti c'è un conflitto di competenze.
Anche se si dice che i dipartimenti sono le
articolazioni di base, ma poi si dice che le scuole coordinano i dipartimenti (ai fini
didattici), di fatto le scuole sono sovra-ordinate ai dipartimenti..., invertendo la base
della piramide (ossia si torna a prima della legge Gelmini.
Nel corso delle tavole sono emerse due proposte
alternative:
a) I DIPARTIMENTI, farli talmente grandi, da includere tutte le esigenze didattiche di
area, così da non avere bisogno di essere coordinati. Es. essi farli tematici e
coincidenti con le SCUOLE che ricomprendono i rispettivi dipartimenti disciplinari. Questa
soluzione e' praticabile se i nuovi mega-dipartimenti sono sotto sezionati in unità
amministrative autonome, con un numero di membri variabile (grosso modo 40-80) con docenti
omogenei sotto il profilo scientifico.
b) le SCUOLE restano come attualmente, ma esprimono parere obbligatorio e vincolante al
Dipartimento di comune riferimento relativamente alla costituzione o soppressione dei
corsi di laurea. Appare opportuno anche modificare il numero dei membri dei dipartimenti,
oggi molto sbilanciato. Ad es.,con un numero di membri variabile (grosso modo 40-80), e
con docenti omogenei sotto il profilo scientifico Le risorse dell'Ateneo sono assegnate al
Dipartimento per il 30% in base ai programmi di ricerca, e per il 70% in base ai programmi
didattici. I professori a contratto fanno parte dei Consigli di Corso di Studio. d)
Ultimo, ma non ultimo. C'è un problema di comunicazione sociale. Le Facoltà erano
percepite con chiarezza dal grande pubblico, circa il contenuto didattico di larga
massima. Le denominazioni dei corsi di studio sono difficilissime da capire.
3. Organi dell'Ateneo. Nel segno
della democrazia e della trasparenza:
a) Il CdA e il Senato sono elettivi. I membri del senato sono professori, ricercatori e
studenti. I membri del CdA devono possedere determinate professionalità tecniche e
possono essere professori di ruolo, ricercatori a tempo indeterminato o determinato,
personale tecnico e amministrativo, ed esterni.
b) Tra i requisiti di eleggibilità i candidati è fatto divieto di conflitto di interesse
con l'Ateneo per quanto riguarda imprese o gestione di servizi all'Ateneo e a persone o a
studenti dell'Ateneo: I verbali del CdA e del Senato sono pubblici sia per l'interno sia
per l'esterno dell'Ateneo; I bilanci dell'Ateneo devono essere pubblici, sia per l'interno
sia per l'esterno. La nomina dei membri esterni del CdA dovrà aver luogo tra una rosa di
nomi indicata, in assemblea congiunta, dalle associazioni imprenditoriali, insistenti
nella regione Emilia Romagna.
CONSIGLIO STUDENTESCO. Esso è un organo
consultivo del CdA e del Senato. Esso fornisce parere obbligatorio, non vincolante, in un
determinato elenco di materie didattiche e in materia di contributi studenteschi. Inoltre
esso può proporre progetti di delibera al CdA e al Senato in materia didattica e di
diritto allo studio, alla disponibilità di spazi per gli studenti. L'Ateneo deve
impegnarsi ad indire le elezioni studentesche ogni due anni.
ABOLIZIONE DELL'ART 15 DEL CODICE ETICO gli
strumenti legali per punire chiunque leda l'immagine dell'Ateneo sono già forniti dal
nostro ordinamento.
CONSULTA DEL PERSONALE TECNICO E AMMINISTRATIVO.
Esso è un organo consultivo del CdA e del Senato. Esso fornisce parere obbligatorio, non
vincolante, in materia di contratti di lavoro e struttura amministrativa dell'Ateneo; e
puo' proporre al CdA proposte di delibera in tale medesima materia.
GARANTE DEGLI STUDENTI. Impegno a selezionare il
Garante degli Studenti attraverso una procedura comparativa ad evidenza pubblica dei
curricula dei candidati
INTRODUZIONE DELLE CONSULTE SOCIALI. L'Ateneo
costituisce propri organi consultivi con l'esterno, aperti alla partecipazione invita
degli enti locali e delle espressioni rilevanti della società civile, per trarne input,
ai fini del miglioramento continuo dei propri compiti istituzionali, quali:
a) un organo di consulenza Università-Comune di Bologna
b) un organo di consulenza Università-Regione Emilia Romagna
c) un organo di consulenza Università-Associazioni delle imprese
d) un organo di consulenza Università-Associazioni culturali e) un organo di consulenza
Università-Scuole di II grado
f) un organo di consulenza Università-Associazioni sindacali regionali.
AMMINISTRAZIONE. Nella amministrazione
dell'Ateneo va fatta una netta separazione tra responsabilità politica e responsabilità
amministrativa o di gestione. La prima è propria dei dirigenti degli organi esecutivi
(rettore, direttore di dipartimento); la seconda è propria del dirigente dell'ufficio
amministrativo.
Ogni atto amministrativo deve portare la doppia firma: quella del dirigente dell'ufficio
amministrativo che lo ha redatto e che assume la responsabilità legale e tecnica
dell'atto; quella del dirigente dell'organo esecutivo che assume la responsabilità
politica dell'atto medesimo.
TRASPARENZA. Impegno a mettere a disposizione
dell'intera comunità universitaria, studenti inclusi, tutto il materiale preparatorio
degli Organi Accademici e tutte le relative delibere.
RAPPORTI CON LA CRUI. La maggiore disponibilità
possibile dell'Ateneo per la unità propositiva di tutti gli Atenei nel rapporto con il
Miur, la UE, gli enti didattici e di ricerca a livello internazionale. PRECARIATO.
L'Ateneo esercita un ruolo attivo per limitare il precariato e comunque ne limita la
durata, possibilmente convertendolo in rapporti stabili.
4. Diritto allo studio e
finanziamento dell'Ateneo SISTEMA FINANZIARIO. Le fonti di finanziamento
dell'ateneo sono:
- entrate proprie (contributi studenteschi, contributi di altri utenti didattici, prezzi
privati e prezzi pubblici a fronte del costo di prestazioni di beni e servizi di strutture
produttive dell'Ateneo, affitti di locali di proprietà dell'Ateneo, dividendi di enti al
cui capitale l'Ateneo ha partecipazioni);
- liberalità di terzi privati;
- trasferimenti dello Stato e di enti locali.
Per ognuna delle quattro macro-aree, l'Ateneo
calcola il costo standard per studente, relativamente alle prestazioni istituzionali non
commerciali, e lo comunica alla CRUI e al MIUR.
Nel riparto dei fondi per la ricerca, l'Ateneo
garantisce una determinata soglia per ogni ricercatore, allo scopo di tutelarne la
libertà di ricerca; e controlla i risultati della ricerca.
L'Ateneo, inoltre, eroga in modo significativo borse di ricerca per neo-laureati che
vogliano intraprendere un percorso di studio. E' fatto divieto di affidare compiti tecnici
o amministrativi all'esterno dell'Ateneo, qualora l'Ateneo già disponga di strutture
competenti al proprio interno.
Prestazioni di servizi. Esse, di
norma, sono gratuite. In via eccezionale sono ammesse prestazioni di servizi a pagamento,
e comunque pari al costo medio, maggiorato di un tasso di profitto normale.
Nel caso di medicina (art. 32 della Costituzione), tenuto conto delle
deroghe di legge, il prezzo delle visite mediche e degli esami diagnostici deve essere
coerente con la natura pubblica dell'università di Bologna e, in ogni caso, (secondo la
tradizione della scienza delle finanze) non superiore al 30% del costo. In particolare,
tenuto conto che l'imposta personale sul reddito è improntata a criteri di
progressività, non vanno ammessi ticket progressivi per fasce di reddito.
Nel caso delle visite in libera professione, il prezzo non dovrebbe
superare del 10%-20% quello delle prestazioni in regime pubblico. Identico criterio deve
valere per gli esami diagnostici in libera prestazione (vedi nota qui di seguito).
NOTA. Nel caso di medicina (art.
32 della Costituzione), tenuto conto delle deroghe di legge, il prezzo delle visite
mediche e degli esami diagnostici deve essere coerente con la natura pubblica della
universita' di Bologna e, in ogni caso, (secondo la tradizione della scienza delle
finanze) non superiore al 30% del costo. In particolare, tenuto conto che la imposta
personale sul reddito e' improntata a criteri di progressivita' , non vanno ammessi ticket
progressivi per fasce di reddito.
Nel caso delle visite in libera professione svolta in strutture pubbliche è il prezzo e'
fissato dalla struttura in convenzione tra ospedale e docente, e l'incasso del prezzo e'
ripartito tra la struttura e il docente. In questo senso sia il medico sia la struttura
pubblica hanno interesse a ostacolare le prestazioni in regime pubblico, a vantaggio di
quelle in regime di libera prestazione.
Questa collusione di interessi tra struttura e docente spiega (in larga parte) le
lunghe file di attesa, mentre le prestazioni in regime di libera sono facilmente
disponibili. Ne deriva che l'abolizione del fenomeno deteriore delle lunghe file di
attesa, e della brevita' di quelle in libera professione, potra' essere combattuto solo
decidendo che il divario tra prezzo in regime pubblico e presso in regime di libera
prestazione non possa superare un determinata percentuale.
Tassazione universitaria. Ricalcolo
del sistema di tassazione finanziaria, tramite un sistema proporzionale che tenga conto
della situazione reddituale dello studente. Rivisitazione delle fasce di contribuzione
ridotta, con l'adeguamento di migliori parametri di merito.
4) Associazioni studentesche dell'Ateneo:
CONSULTA SOCIALE.
Istituzione di una consulta sociale Ateneo-Associazioni studentesche, che fornisca parere
obbligatorio ma non vincolante, in materie che le riguardano. TRASPARENZA NEI BANDI.
Accesso libero, per le associazioni, a tutte le
delibere riguardanti i bandi pubblici a cui le associazioni partecipano.
RIVISITAZIONE DEI BANDI. Impegno ad adottare
criteri omogenei di finanziamento delle Associazioni Studentesche su tutte le sedi del
Multicampus, nel rispetto dei criteri di economicità, trasparenza, efficienza e
pubblicità, a cui le pubbliche amministrazioni debbono conformarsi.
ISTITUZIONE DI UNA COMMISSIONE MULTIDISCIPLINARE.
Assegnare la valutazione del programma di attività delle associazioni ad una commissione
composta da esperti di varie discipline, che non siano in conflitto di interesse.
PUBBLICITA' DELLE RENDICONTAZIONI. Obbligo di
pubblicare sul portale di ateneo le rendicontazioni prodotte dalle associazioni e dalle
cooperative e delle relative relazioni.
ABOLIZIONE CONTRIBUTO AFFITTO SEDE. Abolire il
contributo affitto sede a favore della stipulazione di un contratto di locazione da parte
dell'ateneo, per l'affitto di una struttura multifunzionale nel cento storico, per
l'utilizzo da parte delle associazioni (ciò permetterebbe di risparmiare sia sul
contributo, sia sulla locazione dei locali siti in Zona Roveri, aperti all'utilizzo delle
associazioni).
ABOLIZIONE DEL CONTRIBUTO DEL CDS. Abolire i 33
000 euro che ogni anno ha a disposizione il Consiglio degli Studenti, per il finanziamento
di progetti "culturali". Tale fondo viene spesso utilizzato in maniera poco
trasparente e per tornaconti personali delle associazioni di rappresentanza.
ABOLIZIONE DI AULE STUDIO CONCESSE FUORI DAL
BANDO. Nessuna particolarità deve essere permessa, affinchè tali locali, concessi in
maniera poco trasparente, non divengano oggetto di contrattazione politica. |
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ELEZIONI DEL RETTORE dell' UNIBO |
UN NUOVO RETTORE EREDE DELLA IDEA CENTRALISTICA
DEL RETTORE CHE SE NE VA ? |
SISTEMA ELETTORALE,
CON ELEVATA SOGLIA DI SBARRAMENTO, PUR SE CON BALLOTTAGGIO FINALE
Candidabili solo quelli che ottengono almeno 150 firme di
presentazione |
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Prof. Dario Braga |
Prof. Gianluca Fiorentini |
Prof. Maurizio Sobrero |
Prof. Francesco Ubertini |
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"Ivano"...
, a inizio mandato
Rettore Ivano Dionigi |
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FATTI ANOMALI che, causa firme, danno un
VANTAGGIO A TALUNO
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1) due conflitti di interesse, vale dire due pro rettori (Fiorentini e Braga) che sono
candidati rettore. Provvedano ...per favore, per il bene dell'Ateneo |
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2) un conflitto di interessi CL-CdA (ciellini gestori di servizi
agli studenti, che eleggono rappresentanti in CdA e danno il "voto di
scambio" all'Ateneo) |
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3) voci, secondo cui il rettore sosterrebbe a LETTERE il proprio
delfino (Fiorentini). Non è peccato, ma per Fiorentini sarebbe etico smarcarsi. |
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"Ivan il
terribile", a fine mandato
Rettore Ivano Dionigi |
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Su queste firme si potrebbe chiudere un occhio, se non ci fosse il timore
di pressioni partitiche dai cieli
regionali, come nelle precedenti elezioni, per cui pesano fino a violare il
principio costituzionale
della pari opportunita' . Sia chiaro che le firme ci sono sempre
state. Ma un tempo erano 20 firme. |
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C'è poi una questione di "Medicina" (diciamo la sanità) posta
da alcuni candidati. Come mai ?
Questo punto è ripreso sotto, ai punti 3 e 4 |
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NOTA.
1.- Premessa. Lo stato della didattica è stato l'oggetto di tre relazioni (uno
studente e due professori), in una tavola organizzata marted' 17 da un comitato di
studenti e docenti. Si clicchi su: Didattica
a Bologna e in Romagna.
In generale, la grande battaglia dell'università italiana, umiliata dalla
legge Gelmini (con la centralizzazione dei processi decisionali e del finanziamento),
passa per la contrapposizione di un disegno autonomistico (cosa annunciata dall'attuale
Ministra). A Bologna il disegno centralizzatore è stato applicato, oltre la legge (si
pensi ai "macro-dipartimenti, e alla Romagna). Serve un nuovo statuto per
ripristinare il decentramento, sia pur migliorato, rispetto all'antico.
Il primo problema è ridefinire le unità di base del decentramento, come
insieme di dipartimenti omogenei (es. quelli riferibili alle tradizionali macro-aree
disciplinari), o come unità territoriale (è il caso della Romagna), e al loro interno
ridefinire le unità di base della ricerca su base rigorosamente specialistica (vecchi
istituti ?). Un insieme di istituti omogenei rispetto ad una data professione, costituirà
la Scuola-Facoltà.
2.- Il criterio per capire se i quattro candidati sono consapevoli,
circa la "retta via", è vedere dal fatto se hanno una visione
centralistica o decentrata dell'organizzazione, e se vogliono aprire al controllo
democratico (compreso non secretare i verbali degli organi).
In generale, l'eccesso di burocratizzazione e di spersonalizzazione delle
istituzioni dell'ateneo, e perfino dei professori, è la conseguenza della
centralizzazione delle decisioni, e dunque puoi accelerare le pratiche con l'uso del mezzo
elettronico, ma poi se chi decide sono le poche persone a capo delle strutture, è là che
avviene il fermo delle decisioni. Ne deriva che solo decentrando (ma non polverizzando) si
può evitare il soffocamento dell'Ateneo.
2.- Del disegno centralizzatore in atto, il
responsabile principale è il rettore uscente, un rettore che eletto, a sinistra, si è
rivelato presto antidemocratico e antisindacale, giacchè ignorò deliberatamente un
referendum, quasi unanime (98%) a favore della elettività del CdA, organizzato dalla base
sociale che l'aveva eletto. Il sistema elettivo era pienamente conforme alla legge, come
poi si è visto dalle pronunce dei vari TAR. Dov'era Fiorentini quando si violava la
democrazia ? Separi, sia pur con ritardo, le proprie responsabilità dal calderone
Darei meno responsabilità a Braga Pro Rettore, in quanto egli è stato
praticamente isolato per tutti i sei anni. Ne' egli ha votato lo Statuto, in quanto non
poteva votarlo, non essendo membro del Senato, ne' del CdA.
Risulta, invece, che Sobrero abbia votato questo Statuto, come membro.
Del fatto che Fiorentini si trovi in conflitto di interesse, mi preoccuperei poco,
se non ci fosse lo scoglio delle 150 firne (totali 600, rispetto ad un elettorato che non
arriva a 4000 voti). Sono veramente tante, ed è probabile che solo chi è aiutato dal
potere in carica, possa raggiungere le 150 firme.
.
3.- L'Area di Medicina
costituisce un argomento "peso" per alcuni candidati, quasi un motivo
valido per staccare una costola dall'Ateneo, e darvi una specie di autonomia
organizzativa.
Fiorentini scrive (LETTERA): " Serve un Consiglio
della Medicina Universitaria che affianchi il Rettore nella programmazione
strategica".
Sobrero scrive: ... Nell'area medica ... "il ruolo e
l'autonomia dell'Università sono da tempo messi in discussione. .... C'è bisogno
di un Prorettore medico che sappia autorevolmente intervenire a livello nazionale e
locale...".
4.- Commento per l'area medica. Il nodo è acutizzato da questioni
retributive (non da problemi di miglioramento della didattica e ricerca, prestazioni
sanitarie). La premessa è che:
- istituzionalmente i professori universitari fanno ricerca e didattica e
prestazioni sanitarie, e ricevono sia uno stipendio dall'università, sia un
assegno aggiuntivo dalla Regione;
- invece i Medici ospedalieri fanno istituzionalmente
prestazioni sanitarie e ricevono uno stipendio dal SSN. Inoltre fanno opzionalmente
didattica e ricerca, con le seguenti precisazioni:
- per l' insegnamento, con contratto universitario, dovrebbero ricevere un
assegno, ma poi non si sa come va a finire (?);
- Circa la ricerca: a) ci puo' essere una ricerca autonoma dei medici
ospedalieri se sono in ospedali IRCCS (per ricerca applicata, rivolta ai malati,
quindi ricerca non di base) e ricevono dei fondi IRCCS;.
b) per quelli che fanno ricerca nelle cliniche degli Ospedali
universitari (anche IRCCS), c'è una situazione in movimento, in quanto di solito
la conduzione e' di fatto (o prevalentemente) in mano a professori universitari, i quali
decidono sia l'uso dei fondi universitari sia i fondi IRCCS,
senza distinzione circa la destinazione a ricerca di base e ricerca applicata.
Qui le differenze oggettive di trattamento tra universitari e ospedalieri
derivano dalla mancanza di uno stato giuridico chiaro circa il riconoscimento delle
prestazioni rispettive, e questo è fonte di insofferenze. Ma nel cercare di sanarle
(molto dipende dalla saggezza nella scelta dei primari), va comunque salvata la ricerca
clinica, perchè strategica nella lotta alle malattie.
Circa il fatto che la quota IRCS negli ospedali universitari ( ai medici
ospedalieri) sia poco o tanto tanto (in confronto ai professori), per cui l'università
"debba" dare fondi di ricerca propri anche ai medici, è cosa da contrattare a
parte (tra sindacati e università).
c) C'è, poi una questione di posti letto. Una parte è a pagamento privato e
questa non crea conflitti tra ospedalieri e universitari. Una seconda parte è ad uso
pubblico nel quadro delle regole del Servizio Sanitario Nazionale. Il controllo su questi
determina il loro uso per cura di questa o quella malattia, anche con riferimento al
quadro nazionale; e crea un vantaggio economico indiretto a favore dei medici
(universitari, di solito), in quanto essi possono dirottarvi (a carico del SSN) i loro
malati , dopo avere trattenuta una parcella ben salata nel proprio ambulatorio privato.
Andrebbe a loro sottratto il potere diretto sui posti letto, e dato ad una giuria
"terza" di medici, o al prof più anziano ?
Sono questioni inquinate da interessi "privati", non
da interessi al miglioramento della sanità pubblica (anzi peggiorata, pur con spese
aumentate), per cui non si giustifica, come regalo, un Consiglio di Medicina che
rafforzerebbe interessi privati.
Per principio, tutti i posti letto dovrebbero essere ad uso pubblico
(non a pagamento privato, in quanto giò a monte i cittadini pagano le imposte in base a
criteri di progressività, art. 53 Costituzione), e dovrebbe essere vietato ai medici
pubblici (anche universitari) di fare visite private a pagamento,. NINO LUCIANI |
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DIFFERENZE CIRCA LO
STATUTO E GLI ORGANI DI BASE |
BRAGA
Sì a manutenzzione
dello statuto,
no ad una rivoluzione
"A proposito dello statuto,
mi piace parlare di "manutenzione", per suggerire l'idea
non di uno stravolgimento ma, certamente, di un lavoro importante su di esso funzionale al
miglioramento delle criticità che si sono manifestate in questo primo ciclo di
applicazione .
....
Dunque di avviare una mini-revisione e non una rivoluzione
dello Statuto, anche perché il "sistema" non potrebbe tollerare una nuova ed
estenuante fase costituente, che ci farebbe correre il rischio di una paralisi.
Per queste ragioni, occorre agire
"chirurgicamente" con interventi mirati e subito, sfruttando la possibilità,
fin qui non utilizzata, di sperimentare modalità in deroga alla Legge n. 240 (di cui
UniBo può avvalersi, essendo una Università "in deroga").
___________________
P.S. - In particolare:
"integrazione del CdA con un rappresentante del personale Tecnico e
Amministrativo, con elettività" .... o "mediante il sistema
attuale". |
FIORENTINI
Si' a questo statuto,
ma da correggere
(Prevedere la presenza di un
rappresentante del personale tecnico e amministrativo nel Consiglio di Amministrazione)
"
La riforma statutaria ha comportato sforzi importanti.
Il consolidamento degli assetti istituzionali ci ha permesso di raggiungere risultati
notevoli e ci consente ora di affrontare con fiducia e slancio il nostro futuro.
Oggi lAlma Mater non ha più bisogno di una laboriosa
riforma dimpianto: ha però bisogno di rendere più agile il proprio
assetto, più semplici i suoi meccanismi di governo, più efficace il sistema delle sue
strutture, a partire dalle Scuole. Cambiare ciò che va cambiato e rafforzare ciò che va
rafforzato: questi sono i due poli fra i quali dovrebbe muoversi il miglioramento
tempestivo e funzionale della nostra governance. Con un solo principio
guida: valorizzare lautonomia e la responsabilità delle strutture.
" Per lArea Medica... serve un Consiglio della Medicina
Universitaria che affianchi il Rettore nella programmazione strategica".
___________________
P.S. - In particolare:
" Prevedere la presenza di un rappresentante del personale tecnico e
amministrativo nel Consiglio di Amministrazione".(Non si dice se con il sistema
attuale o con elezioni. N.d.R.).
NOTA. Fiorentini, Membro della Commissione della Regione Emilia-Romagna
per l'Abilitazione a ricoprire posti di direttore generale nelle aziende
sanitarie |
SOBRERO
Dieci sofferenze
da affrontare subito,
senza aspettare
la riforma dello Statuto.
(Riforma Statuto, prima della
scadenza degli organi eletti in
questa tornata elettorale. N.d.R.)
1. Rapporti Scuole/Dipartimenti
2. Responsabilità ed autonomia dei Campus
3. Circolazione e disponibilità di documenti e delibere
4. Flessibilità nell'uso dei fondi della ricerca
5. Organizzazione e monitoraggio della didattica
6. Distribuzione punti budget e piani di reclutamento
7. Il presidio dell'area medica
8. Strumenti e procedure per gli incarichi e i contratti con l'esterno
9. Sostegno del personale tecnico-amministrativo
10. L'accoglienza degli studenti
______________
P.S. Dare rappresentanza in CdA, al personale tecnico e amm.vo, con il
sistema elettivo, quando sara' modificato lo Statuto. |
UBERTINI
Non risulta ancora pubblicato
un programma organico
Elementi presi da varie
fonti (in attesa di supporto con necessario dettaglio)
a) come priorità, la revisione dello Statuto, invertendo,
nell'ottica di un decentramento organizzativo, l'attuale impostazione eccessivamente
centralizzata;
b) CdA : elettività dei membri interni, con rappresentanza dei tecnici e
amministrativi;
c) Senato: tornare ad avere il ruolo di indirizzo politico e culturale dellateneo,
nuove modalità di elezione e aperto ai Coordinatori di Campus.
d) conferire ai Dipartimenti e ai Campus autonomia e responsabilità
Nota 1. I Dipartimenti sono 33, per cui
l'annunciato decentramento parrebbe essere una polverizzazione.
Al tempo stesso, posto che la ricerca abbia un senso se è "specializzata", le
unità organizzative della ricerca non dovrebbero essere più i dipartimenti attuali,
perchè con composizione scientificamente eterogenea.
Nota 2. Si riporta, quale prototipo di
decentramento, Roma La Sapienza:
Art. 10 dello Statuto: "
La Sapienza, al fine di garantire lunità degli studi universitari e di
salvaguardare la pluralità di culture che ad essa contribuiscono e, al tempo stesso, di
favorire il processo di decentramento organizzativo e di valutazione delle attività, si
articola in Dipartimenti e Facoltà autonomi sotto il profilo amministrativo ed
organizzativo, dotati di organi e regolamenti propri" ... |
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|
.
Keyword : elezioni rettore unibo, comitato
studenti docenti, seconda tavola rotonda, democrazia,
trasparenza, partecipazione, campus, romagna, la legge gelmini, relazioni studente (G.
Galeano), due professori (L. Altieri, A. Lamberti), presenza candidato-rettore Francesco
Ubertini |
RICERCA
SCIENTIFICA
Quarta tavola:
Quattro RELAZIONI:
1) Studentessa FULCO SARA
2) Prof. Farinelli; 3) Prof. Sangiorgi; 4) Prof. S. Brasini)
(Presenti i Candidati-Rettori Prof. D. Braga,
G. Fiorentinti ) |
NODO DA SCIOGLIERE |
- la SCUOLA sopra i DIPARTIMENTI come vuole la legge,
per la didattica ?
- oppure i DIPARTIMENTI sopra le Scuole, ma svolgendone male i relativi
compiti didattici ? |
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Nota. Sul rapporto scuola-dipartimenti.
Nel corso de |
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|
Quarta
(e ultima) tavola rotonda- 28 aprile 2015
PROSSIMO PASSAGGIO IL ...... PER LE INTERVISTE AI QUATTRO CANDIDATI |
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Sergio Brasini, VicePresidente Scuola di Economia, Management e Statistica di Rimini,
Membro del Consiglio di Campus,RI
|
Franco Farinelli
Direttore Dipartimento
di Filosofia e Comunicazione
|
Sara Fulco
Rappresentante degli studenti
nel Consiglio degli Studenti
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Enrico Sangiorgi
Direttore Dipartimento di Ingegneria dell' Energia Elettrica e dell'Informazione«G.M
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Nota. Sul rapporto
scuola-dipartimenti. 1.- Nel corso delle tavole, e'
apparso ripetutamente il problema del primato del dipartimento sulle scuole, o viceversa,
in relazione al fatto che i dipartimenti hanno lasciato a se stessi i corsi di laurea, e
trascurato la libertà di iscrizione degli studenti nella Scuola di Ingegneria e
Architettura, pur essendoci molto più spazio di quello occupato realmente.
Facciamo il punto giuridico della situazione:
1.- Dipartimenti. L'art. 16 dello Statuto di Ateneo
dispone: "I Dipartimenti sono le articolazioni organizzative dell'Ateneo per lo
svolgimento delle funzioni relative alla ricerca scientifica e alle attività
didattiche e formative. Ogni Dipartimento partecipa ad almeno una Scuola. 2. I
Dipartimenti .... propongono alle Scuole di riferimento, di concerto con gli altri
Dipartimenti interessati, l'istituzione, attivazione, modifica e disattivazione dei Corsi
di Studio di primo, secondo e terzo ciclo, nonché delle attività di formazione
professionalizzante...
2.- Scuole. L'art. 18 dello Statuto dispone: "Le
Scuole sono le strutture organizzative di coordinamento delle attività di
formazione dell'Ateneo e di raccordo tra i Dipartimenti per le esigenze di
razionalizzazione e gestione dell'offerta formativa di riferimento...
3. Legge 240/2010: L'art. 2, c. 2, lettera c,
dispone " la previsione della facoltà di istituire tra più dipartimenti,
raggruppati in relazione a criteri di affinità disciplinare, strutture di
raccordo, comunque denominate, con funzioni di coordinamento e razionalizzazione
delle attività didattiche, compresa la proposta di attivazione o soppressione di corsi di
studio, e di gestione dei servizi comuni".
4.- In conclusione l'Ateneo di Bologna chiama Scuole,
le strutture di coordinamento (di cui alla legge) dei dipartimenti (ai
fini didattici), ma il costituirle non è obbligatorio. Tuttavia la
costituzione delle Scuole diviene una necessità se, per fare un corso di studio,
serve l'adesione dei docenti di piu' dipartimenti.
Questo spiega perchè Fiorentini vuole "abolire le Scuole, ove non
necessario, perchè sono un appesantimento burocratico".
Osservazione:1) il vero nodo è che tra scuole
e dipartimenti c'è un conflitto di competenze. Anche se si dice che i
dipartimenti sono le articolazioni di base, ma poi si dice che le scuole coordinano i
dipartimenti (ai fini didattici), di fatto le scuole sono sovra-ordinate ai
dipartimenti..., invertendo la base della piramide (ossia si torna a prima della legge
Gelmini); 2) e poi c'è il fatto che i nostri dipartimenti mettono insieme docenti
di diversa specializzazione scientifica, e questa non e' una buona coobitazione sia di
metodo sia per il riparto finanziario.
3) Forse occorrerebbe ripensare tutto. Es. :
a) I dipartimenti, farli talmente grandi, da includere tutte le
esigenze didattiche di area, così da non avere bisogno di essere coordinati. Es. essi
farli tematici e coincidenti con le SCUOLE che ricomprendono i rispettivi dipartimenti
disciplinari .
b) o fose mettere in cima le SCUOLE con
funzioni didattiche e, sotto i dipartimenti, con funzioni scientifiche. Sarebbe un ritorno
all'antico, dato che la legge è ambigua.
d) Ultimo, ma non ultimo. C'è un problema di comunicazione
sociale. Le Facoltà erano percepite con chiarezza dal grande pubblico, circa il contenuto
didattico di larga massima. Le denominazioni dei corsi di studio sono difficilissime da
capire. Le denominazioni delle attuali Scuole potrebbero supplire bene, sotto questo
aspetto, a quelle delle Facoltà ... Come fare, se aboliamo anche le Scuole ? N.
LUCIANI |
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Sergio Brasini
Prospettive dei Dipartimenti,
e (se realizzate) delle Unità Organizzative di Sede, in Romagna
1. L'Ateneo di Bologna è l'unico in
Italia ad avere una struttura autenticamente multi-campus, diffusa sulle cinque sedi di
Bologna, Cesena, Forlì, Ravenna e Rimini. Altre strutture didattiche e/o di ricerca sono
presenti anche nelle città di Cesenatico, Faenza, Imola e Ozzano Emilia.
In Romagna si concentra attualmente il 24 per cento degli studenti iscritti
all'Alma Mater Studiorum e sono presenti complessivamente:
- 4 Dipartimenti;
- 18 Unità Organizzative di Sede dipartimentali;
- e 2 Centri Interdipartimentali (CIRSA a Ravenna e CAST a Rimini);
- oltre ad alcuni Centri Interdipartimentali di Ricerca Industriale e relative
Unità Operative.
La struttura attuale dei Campus di Romagna, conseguenza della
revisione statutaria del 2011 e dei successivi Regolamenti attuativi (in particolare
quelli di Organizzazione di Ateneo e di Funzionamento dei Campus), ha costituito un
sostanziale arretramento in termini di autonomia di indirizzo politico, gestionale
e amministrativo rispetto al preesistente modello dei Poli Scientifici e
Didattici.
L'affermarsi nel corso degli ultimi anni di un modello di
"decentramento" fortemente "guidato dal centro bolognese" ha creato
una diffusa percezione di indebolimento, quando non addirittura di irrilevanza, dei centri
decisionali dell'Ateneo presenti in loco, anche e soprattutto tra i più importanti
interlocutori istituzionali e stakeholders, quali Amministrazioni comunali, Fondazioni ed
Enti di sostegno.
Questi ultimi hanno finito talvolta per attribuire alle trasformazioni
intervenute il significato di una volontà di parziale disimpegno e arretramento della
presenza del nostro Ateneo in Romagna.
L'attuale assetto istituzionale e organizzativo in Romagna, alla
prova dei fatti, ha dimostrato di non essere adeguato, generando talora disagio e
disorientamento, perdita di motivazione e venir meno del senso di appartenenza. Accade
sempre più spesso infatti che il personale docente e tecnico-amministrativo viva la
Romagna come una "periferia", se non addirittura come una "succursale"
della sede di Bologna, con un pericoloso arretramento di prospettiva.
Non sempre è facile cogliere con nitidezza quali siano gli
obiettivi e la visione complessiva dell'Ateneo sulla sua presenza in Romagna. L'impegno a
far sì che ciascun Campus possieda una propria chiara identità, ben integrata con la
vocazione del territorio, va riaffermato come prioritario. Vanno create inoltre le
condizioni per favorire l'ulteriore radicamento di attività di ricerca di eccellenza,
strettamente collegate alle specificità dei sistemi produttivi locali e dell'offerta
formativa.
2. Poiché i Dipartimenti rappresentano il
vero asse portante dell'assetto determinato dall'entrata in vigore della Legge 240/2010,
è evidente come la riorganizzazione decisa dall'Ateneo in applicazione della riforma
statutaria abbia oggettivamente finito per "penalizzare" la Romagna.
Il venir meno del peso specifico, in termini sia di ruolo politico
all'interno degli Organi Accademici sia di autonomia nella programmazione delle carriere
del personale docente, che era stato assicurato fino al 2011 dalla presenza di otto
Facoltà in Romagna su ventitré totali, è stato solo in minima parte controbilanciato
dalla costituzione di quattro Dipartimenti, uno per ciascuna sede romagnola, sui
trentatré complessivi.
E' opportuno ricordare inoltre che numerosi docenti e ricercatori si trovano
ora ad avere sede di servizio in Romagna senza tuttavia afferire né ad un Dipartimento
"romagnolo" né ad una UOS di un Dipartimento "bolognese" (si tratta
dei cosiddetti "docenti orfani").
A queste situazioni si potrebbe a mio giudizio porre
rimedio, a fronte di specifici progetti scientifico-didattici provenienti dalle
sedi di Romagna, contraddistinti da una forte interdisciplinarietà/trasversalità delle
competenze e integrati con le specificità del territorio, concordando con il Miur
un'apposita deroga rispetto a quanto previsto dalla Legge 240/2010 in termini di
dimensione minima del numero dei docenti e ricercatori necessari per la costituzione di un
Dipartimento.
Per favorire la nascita di nuovi Dipartimenti e per rendere
possibile il consolidamento definitivo e la crescita di quelli già esistenti sono
indispensabili meccanismi incentivanti e premiali, convincenti e credibili, a favore dei
colleghi che hanno scelto (o sceglieranno) di fare della Romagna il loro centro di
interessi esclusivo per quanto riguarda ricerca e didattica.
Si deve andare oltre la semplice possibilità di "conquistare" spazi e
ambiti di relazione non praticabili a Bologna, accompagnati eventualmente da forme di
leadership di sede. Questi meccanismi devono inserirsi in un contesto istituzionale che
sappia declinare con successo il circuito virtuoso tra autonomia propositiva dei
Dipartimenti romagnoli, responsabilità attuativa delle strutture di Campus e rigorosa
valutazione ex post da parte dell'Ateneo del conseguimento degli obiettivi prefissati.
In primo luogo l'Ateneo deve procedere in tempi certi al completamento
di Piani di sviluppo edilizio in tutte le sedi di Romagna, per mettere a
disposizione di docenti, personale tecnico-amministrativo e studenti ambienti di lavoro,
laboratori di ricerca, strutture didattiche, studentati, sale di studio e mense moderni e
funzionali alle esigenze di sviluppo degli insediamenti universitari.
Per quanto riguarda nello specifico gli studenti, l'obiettivo al quale
tendere deve essere quello di mettere a loro disposizione servizi qualitativamente
equivalenti a quelli erogati dall'Ateneo nella sede di Bologna.
In secondo luogo andrebbe prevista l'istituzione, per un congruo numero di
anni, di meccanismi di premialità specifica addizionale da parte dell'Ateneo in favore
dei Dipartimenti localizzati in Romagna al momento dell'erogazione dei finanziamenti
competitivi destinati alla ricerca, per salvaguardarne adeguatamente le specificità e per
consentire loro di disporre dell'indispensabile "capitale di avviamento".
Infine, per quanto riguarda il reclutamento di nuovo personale docente e ricercatore, si
potrebbe ipotizzare la messa a punto di un Piano straordinario di Ateneo volto a
potenziare le sedi di Romagna, ad esempio in termini di attribuzione di punti organico
vincolati all'assunzione in ruolo di ricercatori a tempo determinato di tipo b) o
all'effettuazione di chiamate dall'esterno per prima e seconda fascia, a fronte della
presentazione di specifica progettualità da parte di Dipartimenti e Centri
Interdipartimentali con sede in Romagna.
Ai meccanismi di incentivazione potranno contribuire anche
le risorse messe a disposizione localmente dagli Enti di sostegno, attraverso la
sottoscrizione di specifici accordi di programma e convenzioni quadro concertati tra i
diversi interlocutori istituzionali presenti nel Campus. Queste risorse dovranno
intendersi sempre e in ogni caso come addizionali e non sostitutive rispetto a quelle che
l'Ateneo è tenuto a stanziare pro quota sul suo bilancio in tutte le sedi di servizio.
3. Le UOS (Unità Organizzative di Sede, vale
dire una Sezione decentrata del Dipartimento) dei Dipartimenti
"bolognesi" in Romagna nei loro primi tre anni di vita non hanno mai
veramente superato lo stadio embrionale e l'Ateneo non ha adottato azioni
incisive volte a favorirne la crescita e lo sviluppo.
E' un dato di fatto che pochissime UOS abbiano ricevuto dai propri Dipartimenti una
reale autonomia funzionale.
Anche se sotto l'impulso del Prorettore alle sedi di Romagna sono stati messi a
punto alcuni schemi tipo alternativi in tema di deleghe attribuibili dai Direttori di
Dipartimento ai Coordinatori di UOS, sono pochissimi i casi nei quali vi è stata poi una
formalizzazione delle deleghe deliberata dal Consiglio di Dipartimento. Le UOS attualmente
non hanno un loro budget identificabile con certezza all'interno del bilancio complessivo
del Dipartimento, né predispongono e si vedono approvare annualmente un piano delle
attività di ricerca.
L'Ateneo non ha infine ritenuto opportuno di assegnare unità di personale
tecnico-amministrativo a supporto delle costituende UOS, lasciando soli i docenti e i
ricercatori ad esse afferenti ad affrontare il sempre più crescente numero di adempimenti
di natura gestionale, conseguenza dell'adozione di un'impostazione fortemente burocratica
e "centripeta" sulla sede di Bologna. Di conseguenza i docenti e i ricercatori
hanno talora dovuto svolgere anche azione di supplenza rispetto alla mancanza di adeguato
personale di supporto.
Lo Statuto in vigore prevede che i Dipartimenti abbiano
l'obbligo di costituire una UOS se in una sede hanno almeno dodici
"incardinati". Il Coordinatore di UOS viene eletto simultaneamente al Direttore
del Dipartimento e dal medesimo corpo elettorale. Tipicamente i docenti e i ricercatori
afferenti ad una UOS sono una stretta minoranza rispetto all'intero Consiglio di
Dipartimento. Questa situazione comporta la necessità di intraprendere attività di
mediazione e di negoziazione a volte estenuanti per far sì che i legittimi interessi
degli afferenti alla UOS non siano completamente sovrastati da quelli degli afferenti alla
sede di Bologna. Si è ingenerata pertanto con il passare del tempo una pericolosa forma
di "strabismo identitario", a causa della quale anche chi opera da tempo nelle
sedi di Romagna tende ad avere testa e cuore rivolte verso Bologna, soprattutto per quanto
riguarda le prospettive di progressione di carriera.
Poiché non tutti i Dipartimenti hanno
necessariamente la stessa propensione ad investire risorse umane e finanziarie in Romagna,
e nell'ottica di una loro maggiore responsabilizzazione, sarebbe più logico rendere
facoltativa la possibilità di dar vita ad una UOS. Laddove questa sia costituita,
dovrebbe poter disporre di un proprio budget, strettamente commisurato agli obiettivi di
ricerca da perseguire, che andrebbero a loro volta esplicitati annualmente all'interno del
più generale piano delle attività di ricerca del Dipartimento.
L'Ateneo dovrà impegnarsi a far sì che tutti i Dipartimenti deliberino
quali deleghe formali vadano attribuite al Coordinatore di UOS, che dovrebbe essere eletto
dai soli docenti e ricercatori afferenti alla medesima per essere meno soggetto agli
"equilibri bolognesi" e più legato alle dinamiche della propria sede di
servizio. Ogni UOS dovrebbe infine ricevere una propria specifica dotazione di personale
tecnico-amministrativo, anche sperimentando modalità di co-assegnazione di unità
rispettivamente con il Campus o con la sede di Bologna del Dipartimento.
4. Infine un ulteriore impegno
indispensabile è quello volto a portare con sistematicità anche le attività formative
del terzo livello in Romagna. Si tratta della migliore garanzia di stabilizzazione dei
percorsi formativi, di fertilizzazione del territorio grazie alla diffusione di competenze
innovative, e di apertura del reclutamento a ricercatori che sono cresciuti
professionalmente a stretto contatto con le sedi. Si tratterebbe con tutta evidenza di un
processo che si integrerebbe perfettamente con l'esplicito orientamento già emerso da
parte dell'Ateneo ad investire con forza sull'internazionalizzazione della didattica nelle
sedi di Romagna, attraverso una crescita rilevante del numero dei Corsi di Studio offerti
integralmente in lingua inglese e del numero dei curricula internazionali e dei double
degrees. |
Franco Farinelli
Il grande lusso di continuare a pensare in termini di "separatezza e
libertà"
Dire "relazione" forse è un po' troppo per quello che dirò.
Dico subito che non citerò nessun dato tanto meno in presenza del
prorettore alla ricerca, sarei smentito immediatamente.
Vorrei invece parlare della mia esperienza che ritengo significativa
e anche come dire rappresentativa di un processo che coinvolge il settore umanistico della
nostra università.
Venendo in qua pensavo che sono 30 anni che faccio il direttore prima di
istituti adesso di dipartimenti, e che la ricerca che si fa in area umanistica
ancora oggi è sostanzialmente una forma artigianale molto spesso di squisita
fattura portato avanti singolarmente.
Quando dico singolarmente dico che spesso non si sa di cosa si
occupa il ricercatore che ha lo studio di fronte, lo si scopre a volte quando si imbatte
nei suoi scritti, e credo che questa sia una costante strutturale di una certa maniera,
che chiamerei umanistica, di produrre sapere.
Voglio dire che secondo me esiste una dimensione
specifica che non porta immediatamente alla logica dei grandi progetti collettivi. E credo
che se si trascura questo dato si corre il rischio di trascurare un autentica ricchezza
della nostra struttura accademica.
Ma per cercare di capire meglio le cose dobbiamo puntualizzare
due cose:
- la prima è che l'Alma Mater naturalmente è la prima università
del mondo occidentale ma questo è vero e non è vero nella stessa maniera, nel senso che
l'università in cui siamo non ha nulla a che fare con l'università del medioevo, è
completamente un'altra cosa. L'università in cui siamo nasce all'inizio dell' 800 in
terra tedesca, un università in cui tutti i saperi confluiscono nel motto: "separatezza
e libertà".
Quando i viticoltori del Reno andarono da Schiller, rettore
dell'università di Jena, e gli chiesero se l'università potesse aiutarli a trovare un
mosto o un sistema che li aiutasse affinché i vini non deperissero così facilmente come
accadeva, lui li mandò via dicendo che l'università aveva cose molto più importanti da
fare: ora è ovvio che quel tempo è finito, ma il momento della separatezza e della
libertà resta ancora fondamentale per l'università.
Non ho mai conosciuto, né in Italia né all'estero, un
dipartimento umanistico in cui sia possibile indirizzare totalmente e collettivamente la
ricerca, vale a dire dove sia possibile produrre una strategia fondata sulla ricognizione
del campo, sulla messa a punto di progetti dotati di senso sul piano internazionale e che
siano condivisi da un numero sufficiente di elementi. È chiaro che questo è, dovrà e
potrebbe essere uno scopo del futuro: per il momento esistono soltanto singoli ricercatori
che riescono a connettersi attraverso reti internazionali a progetti europei o
internazionali di più ampia portata.
Ma nessun direttore di un dipartimento umanistico , da quello
che mi risulta e parlo ovviamente per la realtà che conosco, è in grado in questo
momento di fare quello che un dipartimento sarebbe chiamato a fare, vale a dire elaborare
una strategia di ricerca in cui il dipartimento si riconosce collettivamente.
Questo per tanti motivi. E il principale consiste
nell'eredità che ci appartiene e che non possiamo mettere da parte, in quella
"separatezza" che è la presa di distanza rispetto all'immediata esigenza, e che
è poi la condizione che garantisce la libertà della ricerca stessa.
Ma anche nella legge Gelmini le prime due righe sono
chiare da questo punto di vista. Ci sono tempi di elaborazione della riflessione che non
coincidono immediatamente con le scadenze del ciclo produttivo. C'è una volontà
incoercibile sotto tanti aspetti fondamentali del singolo ricercatore che consiste nella
libertà di ricerca e di insegnamento. e sempre oggi intervengono nel modo in cui si
svolge oggi la ricerca umanistica: ricerca che fa parte anche esse sotto certi aspetti del
made in Italy.
Abbiamo troppo spesso dimenticato che le nostre città,
Bologna compresa, hanno esportato in tutto il mondo modelli immateriali, non borsette o
guanti come oggi accade, che hanno avuto largo successo. Si pensi a cosa è davvero stata
l'invenzione dello spazio nel '400 a Firenze, del modello spaziale dell'organizzazione
della realtà: la più grande invenzione della modernità , nata in maniera del tutto
casuale o quasi, da un libro, la Geografia di Tolomeo che torna da Costantinopoli a
Firenze dopo mille anni d'assenza permettendo in tal modo l'invenzione della prospettiva
che non è null'altro che l'applicazione dei principi espressi da Tolomeo.
Ancora nel '700 quando si tratterà di costruire San
Pietroburgo gli artisti italiani saranno chiamati, accessoriamente gli faranno fare
qualche statua e dipingere qualche soffitto , ma una cosa vogliono, tre secoli dopo
l'invenzione della prospettiva lineare, vogliono che gli si costruisca uno spazio
letteralmente inteso, vale appunto a dire una prospettiva.
Ora è chiaro che il mondo di oggi è profondamente diverso,
è diverso proprio in funzione del fatto che tutte queste cose sono ancora li , ma
quello che noto con estremo dispiacere è come nelle nostre università si faccia poca
attenzione a non disperdere tale grande lascito, l'accumulazione di sapienza che ancora
esiste nel nostra università e che altrove (non soltanto nelle università
americane dove tutto questo lo sanno benissimo e dove però il sapere umanistico viene
temuto) è in modo qualche modo invidiato nel quotidiano.
Penso alle università asiatiche e al loro attuale
tentativo di recuperare molto rapidamente il divario che esiste con le nostre università,
e dicendo nostre dico europee e non americane o inglesi.
Provate ad insegnare ad uno studente appena uscito da un
college americano:
- la difficoltà che immediatamente emerge è che per farlo arrivare
al pensiero astratto dovete fare tanta fatica.
Da noi invece nel nostro paese anche uno studente che non è
andato a scuola, uno studente cioè che si è fermato alla quinta elementare, arriva molto
più facilmente all'astrazione, perché vive in queste città, perché la mattina uscendo
di casa e guardando i palazzi , i monumenti, insomma lo specifico paesaggio urbano è
costretto a fare, spesso inconsapevolmente, un notevole esercizio di capacità di
manipolazione simbolica:
- quella capacità che da noi è assolutamente un bene diffuso in
virtù della nostra eredità culturale materiale ed immateriale, ma che altrove è un bene
molto più raro.
In termini politici credo che questo sia una questione molto
importante: di certo non appare oggi nella sua urgenza, altri sono i problemi che
apparentemente premono, ma credo che questa sia questione decisiva di qui in avanti.
In un orizzonte dove la concorrenza tra modelli di interpretazione
della realtà e il suo funzionamento sarà sempre più vivace e sempre più virulenta.
Negli ultimi cinque anni posso registrare dall'interno i sintomi,
un numero maggiore di colleghi e riuscito a sintonizzarsi sulla ricerca internazionale e
la scommessa in questi casi è, riprendendo una frase di Goldoni, far sentire " la
mano italiana", e ciò va detto a tutti quei giovani ricercatori che, attratti dal
sistema anglosassone, corrono appunto il rischio di distruggere ciò che è più prezioso
in loro, il lascito di millenni di accumulazione all'interno della nostra capacità
produrre informazione specializzata.
Sotto tal profilo, la mia impressione è in generale
che noi, come Paese, stiamo assolutamente dilapidando in questi anni un patrimonio
immenso, una stratificazione millenaria.
Chi studia storia moderna sa che per studiare il
Rinascimento bisogna andare negli Stati Uniti perché ormai i documenti sono lì, ma
questo è l'indizio più semplice della situazione che sto cercando di descrivere.
Vi è in questo momento un vero e proprio travaso di consapevolezza
della complessità che dalla nostra cultura, dalla nostra università, attraverso i
giovani ricercatori che non trovando posto sono spinti ad andare all'estero, trasferisce
all'estero la capacità di manipolazione che esiste soltanto in Europa e nel nostro paese
in particolare.
Riusciranno i nostri dipartimenti di qui in avanti a
contrastare questa tendenza?
Finisco con una storia che è ottimistica, e che ho appreso da
Umberto Eco. Nessuno avrebbe potuto dire a quei frati amanuensi che copiavano nel Medioevo
dei testi che non riuscivano più a comprendere che sarebbero arrivati uno o due secoli
dopo gli umanisti, che si sarebbero gettati avidamente sulle loro opere: lo potevano
sperare ma non potevano essere certi eppure tutto ciò e successo.
Però nessuno, nemmeno il più speranzoso o ottimista tra
questi frati che hanno salvato la cultura occidentale, poteva pensare che il loro rozzo
dialetto che parlavano ai confine dell'impero romano nei loro conventi sarebbe diventato
uno delle lingue più parlate al mondo, cioè l'inglese.
Questo significa che l'unica convinzione che chi fa cultura
deve avere è che non si sa mai come può andare a finire.
Se volete potrebbe essere appunto questo se non l'unico certo il
fondamentale messaggio della cultura universitaria: non è una fantasia è la costatazione
di fatto che deriva dall'esperienza storica.
Questo significa che a mio avviso sarebbe di estrema
lungimiranza politica tornare a quel regime di separatezza e libertà (certo: la torre
d'avorio) da l'università contemporanea è nata se soltanto potessimo permetterci il
grande lusso di continuare a pensare in questi termini. |
Sara Fulco
Per uno studente, fare ricerca vuole dire fare la tesi, e poi
pensare ad un dottorato di ricerca. Ma chi paga ?
Parlare di Ricerca è per noi difficile perché come
studenti l'argomento ci tocca marginalmente, e spesso comincia ad attrarre la nostra
attenzione solo in concomitanza con la redazione della tesi, quando ci interroghiamo sul
destino che ci attende ed approfondiamo le opportunità forniteci dal dottorato di
ricerca.
Di fatto, ricerca e didattica sono legate a doppio filo, e
costituiscono i cardini su cui si fonda la forza di ogni Ateneo, oltre ad essere oggetto
di valutazione a livello nazionale e internazionale.
I dottorati di ricerca riscuotevano, fino a poco tempo fa,
un discreto interesse da parte di tutti quegli studenti che desideravano proseguire il
proprio percorso accademico, poiché rappresentava il prosieguo naturale del lavoro svolto
durante la redazione della tesi di laurea.
Adesso l'interesse è lo stesso, lo spirito è mutato. Iniziare un
dottorato di ricerca, oggi, significa intraprendere un percorso che, per quanto
interessante, non fornisce alcuna certezza lavorativa, uno svantaggio non indifferente in
una economia in crisi, qual è la nostra, ove lo spettro del precariato è ormai una
realtà.
Secondo i dati forniti dall'OCSE nel 2013, l'Italia si
classifica al 21° posto su 32 nazioni, ben al di sotto della media Ocse, per il numero di
dottorati di ricerca. Ancora più rilevante l'affondo realizzato ad opera della c.d. legge
Gelmini e dai decreti ministeriali del prof. Francesco Profumo, i quali hanno fornito
discrezionalità agli atenei italiani in merito alla possibilità di richiedere un
contributo ai dottorandi borsisti.
Secondo la IV indagine annuale a cura dell'Associazione
dottorandi e dottori di ricerca italiani: " I dottorandi sono chiamati, al pari degli
altri studenti, a contribuire al costo della loro formazione? Tuttavia,
in 25 atenei italiani (sui 59 censiti, 43.37%) la tassazione sui dottorandi senza borsa
viene imposta senza tener conto della situazione economica del dottorando .
Tutto questo senza considerare che l'esenzione dalle tasse avviene
per merito, e non per censo, come nel caso degli studenti universitari ".
Secondo la medesima indagine, la contribuzione richiesta ai
dottorandi non borsisti, presso il nostro ateneo, è pari a 737.46 euro, mentre quella
richiesta agli studenti borsisti risulta essere pari a 168.46 euro.
Preoccupante risulta essere la prospettiva di precariato:
" Tra l'inizio del dottorato e l'accesso a una posizione a tempo indeterminato
possono trascorrere dunque fino a un massimo di 12 anni di precariato, laddove ci sia
continuità tra un contratto e l'altro: un lasso di tempo che, generalmente, porta un
giovane ricercatore ad affacciarsi alla possibilità di stabilizzazione solo alle soglie
dei 40 anni ".
Oltre la metà delle persone impegnate in attività di
ricerca, oggi lo fa con contratto a termine o grazie ad una borsa di studio. E mentre le
risorse finanziarie sono sempre meno, gli atenei aumentano il tasso di precariato. I fondi
destinati all'università sono in continuo calo, il nostro Paese investe in ricerca e
sviluppo solo l'1,3% del Pil.
Un dato ben al di sotto della media europea, che si attesta
intorno al 2,1% e della media Ocse del 2,4% (Fonte: OCSE Main Science and Technology
Indicators 2013).
Alla continua mancanza di finanziamenti, si è aggregato
anche il limite imposto al turnover, il quale ha reso la scelta di un futuro in
università più un'utopia che un sogno.
Nonostante ciò, la regione Emilia Romagna si colloca al quarto
posto in Italia, all'interno di della classifica stilata dall'OCSE, che tiene conto del
prodotto interno lordo regionale e degli investimenti nel settore della ricerca e dello
sviluppo.
La ricerca nel nostro Ateneo risulta essere uno dei fiori
all'occhiello, un qualcosa di cui vantarsi.
Dalla relazione 2013 sulla performance dell'ateneo, l'ultima
presente sul sito della nostra università, possiamo notare che le criticità della
ricerca superano di gran lunga le opportunità. Per quanto la maggior parte delle lacune
siano dovute ad una fallimentare politica ministeriale, non possiamo esimere il nostro
amato ateneo dal prendersi le proprie responsabilità.
Altri dati interessanti sul tema:
- Dal 2009 ad oggi il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO)
per il sistema universitario si è contratto del 18%, pari a più di 1,1 miliardi di euro,
ll rapporto 2013 dell'OCSE Education at Glance vede l'Italia al secondo posto su 30 Paesi
per l'ammontare di risorse sottratte al sistema della formazione pubblica dal 2008 al
2010, |
Enrico Sangiorgi
La ricerca serve a creare conoscenze. E queste devono anche creare delle
ricchezze
da impiegare per la ricerca.
Il mio convincimento è che, purtroppo o per fortuna, gli
accadimenti della vita e della società girano spesso attorno ad un problema di risorse.
Nel mondo che io conosco, che è quello dell'industria, se voi confrontate la situazione
di una grande multinazionale com'era la Philips di 40 anni fa a quello che è adesso
troverete una differenza abissale dalle piccole cose come la business class in cui i
dirigenti viaggiavano, al fatto che gli ingegneri elettronici che andavano a lavorare alla
Philips nel giro di pochi anni diventavano dirigenti per non parlare degli stipendi che
sono decisamente calati.
Io mi sono chiesto perché di questi cambiamenti e credo che
il vero problema sia nella competizione globale che è cresciuta a dismisura; la
popolazione mondiale dotata di istruzione in grado di competere sul prodotto che l'azienda
offriva al mercato mondiale negli anni settanta adesso sono mille volte tanti e sono
difficilmente battibili sul lato dei costi.
Durante il secolo scorso l'Europa ha perso la leadership
mondiale e non è più il centro del mondo. Sto leggendo una biografia del generale
Douglas McArthur che è una figura molto interessante, tra i pochi che fin dal 1940 aveva
capito che il Pacific Rim , l'anello di terre che tra Asia e America contornano il
Pacifico, e che in quel momento America e il Giappone si stavano contendendo, sarebbe
emerso come il protagonista del 21esimo secolo. Noi quella sfida li l'abbiamo persa
perché ci siamo sfibrati in due guerre mondiali dove combattevamo uno contro l'altro.
Quindi dobbiamo partire dalla consapevolezza che L'Europa rappresenta un'area periferica
del mondo moderno e valutarne realisticamente tutte le conseguenze.
In questa situazione di oggettiva inferiorità, chi paga la
ricerca? La studentessa prima ha detto che tra l'inizio del dottorato e la fine
del precariato passano almeno 12 anni il che è un problema, ma solo se partiamo dal
presupposto che la società è abbastanza ricca da permettersi di garantire un posto di
lavoro "a vita" a coloro che intendono occuparsi di ricerca. Noi
dobbiamo ribaltare il problema: la ricerca serve a creare conoscenze, queste
conoscenze oggi devono anche creare delle ricchezze, perché altrimenti non si capisce da
dove trarre le risorse per alimentare la ricerca.
Sapete qual è la differenza tra ricerca e innovazione? La ricerca
trasforma il denaro in conoscenza, l'innovazione trasforma la conoscenza in denaro. Questo
circolo tra ricchezza e conoscenza deve sempre rimanere virtuoso , altrimenti
inevitabilmente si spezza.
L'Università italiana soffre di risorse calanti, 18% di ffo in meno
negli ultimi anni , e i macrodati nazionali sono a mio parere non confortanti: 700
miliardi di spesa 200 in pensioni 120 in sanità, tra i 60 e i 100 negli interessi del
debito, a seconda dell'andamento dello "spread". A confronto i costi del sistema
universitario fanno sorridere: l' FFO è passato da 7,5 a 6,6 miliardi. I macro numeri
sono importanti per avere chiara la situazione di contesto, voi sapete che l'ffo è
passato da 6 e mezzo a 7 e mezzo quindi Certamente: questo è un paese che non investe in
cultura ma per farlo occorrerebbero certamente sacrifici su altre poste.
Volevo parlarvi della ricerca europea, l'università di Bologna è andata
relativamente bene negli ultimi anni ma nel futuro dobbiamo fare ancora di più. In Italia
siamo secondi a poca distanza dal politecnico di Milano ma va tenuto conto che il
politecnico di Milano è circa la metà dell'alma mater anche se maggiormente in quei
settori che sono storicamente favoriti nella divisione dei fondi europei. Noi dobbiamo
però iniziare a pensare che tutte le discipline devono contribuire a generare e reperire
risorse per la ricerca perché il sistema paese non riesce più a farlo
"spontaneamente". Inoltre i fondi complessivamente acquisiti da UniBo nel 7
Programma Quadro, 80 milioni circa in 6 anni, sono importanti ma non determinanti per un
bilancio da oltre 700 milioni all'anno.
Se poi aggiungiamo che un quarto di quei fondi sono stati acquisiti
da un solo dipartimento capite che siamo ancora in una situazione estremamente più
precaria. Il problema di come finanziare la ricerca in una situazione di risorse calanti
dove sarà molto difficile cambiare questo trend è un problema reale che quelli più
vicini alle aree tecnologiche si sono posti un po' di anni fa e credo che tutti oggi
debbano porselo.
Sulla questione dell'Europa aggiungo ancora una altra cosa, ho guardato
la classifica delle Università che più hanno attinto dai fondi del settimo programma
dalla quale salta agli occhi il ruolo di primo piano delle Università del Regno Unito. Ci
sono università apparentemente sconosciute che da quando il governo inglese ha deciso di
tagliare i fondi alla università statale si sono rimboccate le maniche e hanno scalato la
classifica europea. Il fatto che Università francesi e tedesche stiano relativamente
peggio è forse dovuto al fatto che questi due stati continuano ancora a finanziare anche
cospicuamente la ricerca.
Passo ad un argomento completamente diverso che è la valutazione, un
altro tema molto dibattuto e che costituisce per noi una rivoluzione copernicana. La
ristrettezza di risorse rende indispensabile un consenso su regole di comportamenti
virtuosi in base ai quali fare delle scelte sulla ripartizione delle risorse.
Noi siamo usciti da una valutazione quinquennale, la VQR,
dove per la prima volta in questo paese si è cercato di mettere chiarezza nella qualità
del lavoro e oggi il 18% dell' FFO secondo un metodo che ha a che fare con questa
valutazione.
Sono meccanismi che vanno ben ponderati cercando di non ignorare le
differenze tra le diverse comunità scientifiche. Perché diverse comunità non possono
avere stesse basi di valutazione. È un modo per uscire dalle nostre torri d'avorio ed è
una strada obbligata se vogliamo che le poche risorse a disposizione diano buoni frutti. |
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Terza
tavola rotonda- 14 aprile 2015 |
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Tra il pubblico |
Interventi liberi |
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Prof. Arrigo Pareschi |
.DIRITTO ALLO STUDIO
"LIbertà di iscrizione, spazi (mense, residenze,
alla capienza delle aule...)
Due RELAZIONI:
1) Studente Fulvio Savorani
2) Prof A. Pareschi (e, incidentalmente: prof. P.P. Diotallevi)
(Presenti i Candidati-Rettori Prof. D. Braga,
G. Fiorentinti, F. Ubertini ) |
NO ALLA DISCRIMINAZIONE REGIONALE NEL
DIRITTO ALLO STUDIO
(Meglio la Regione Toscana !)
|
.
NO AL NUMERO CHIUSO, PEGGIO SE IL MOTIVO E' CHE, ABOLITE LE
FACOLTA',
LO STATUTO HA OMESSO DI DICHIARARNE I DIPARTIMENTI COME EREDI PIENI |
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Prof. Pier Paolo Diotallevi
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Nota di N. Luciani. Per una adeguata relazione
sull'azione dell'unibo per il diritto allo studio, il Comitato aveva invitato il rettore
Ivano Dionigi. Ma egli ha opposto che "non intende partecipare né
direttamente né indirettamente alle iniziative che hanno per oggetto la campagna
elettorale per le elezioni del Rettore". Vi supplisco indegnamente non
avendo trovato un docente a conoscenza di questa materia.
1) Il diritto allo studio ha il suo fondamento nella Costituzione della Repubblica
che recita (art. 34): "La scuola è aperta a tutti. Listruzione inferiore,
impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche
se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La
Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed
altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso".
2) Nel caso dell'universita', lo Stato copre il costo, grosso modo, per
l'80%. Il restante 20% è a carico degli studenti, e dentro questo 20% sono fatte delle
eccezioni per le fasce di reddito più basse.
3) Nel caso dell'Unibo, c'è poi tutta una serie di aiuti, di provenienza
regionale (penso). In estrema sintesi: Borse di studio e
agevolazioni (Borse di studio, esoneri, premi e incentivi); Attività di collaborazione
degli studenti - 150 ore; Alloggi e sportello registrazione affitti; Mense e punti
ristoro; Sportello per il rilascio del Codice Fiscale; Biblioteche, risorse digitali e
sale studio; Orientamento e tutorato; Tirocini e Job Placement; Agevolazioni per i cinema
e i musei; Trasporti e mobilità (tra cui autobus comunali); Centro Linguistico d'Ateneo;
CLA Centro Universitario Sportivo Bologna; CUSB Associazioni/Cooperative studentesche
Musei di Palazzo Poggi Coro e orchestra dell'Università di Bologna; ALMAWIFI
Iperbole Wireless Eduroam; Education Roaming ALMALIBeRI; Merchandising (Unibostore) .
Osservazioni. Su alcuni curiosità sarebbe stata
utile la presenza del rettore. Vediamo dove :
a) Nel bilancio consuntivo 2013, l'Ateneo risulta aver stanziato
47 milioni per interventi a favore degli studenti, ma averne dato definitivamete
solo 29 milioni. Perchè ?
I motivi potrebbero essere: a) erano attesi finanziamenti, poi
non arrivati; b) i finanziamenti c'erano, ma non tutti gli studenti avevano i requisiti;
c) in bilancio furono messe riserve occulte, poi dirottate verso il posto voluto
realmente;
b) L'Ateneo riconosce 39 Associazioni/Cooperative studentesche.
Queste associazioni/cooperative, per attività culturali, ricevono finanziamenti
dell'Ateneo ( 271.484,00). Le cifre top vanno a Student Office ( 24.174,88) e
a CUSL ( 18.103,86). Inoltre ogni associazione in Romagna riceve molto meno
contributi, rispetto a quelle in Bologna.
E', poi, notorio che esistono cooperative di servizi agli studenti
che ricevono fondi dall'Ateneo, quelle stesse che eleggono consiglieri nel CdA e nel
Consiglio Studentesco.
Questa e' una brutta storia, sulla quale da anni la Comunità
scientifica invoca spiegazioni ai rettori, via via succedetisi, ma mai avute. |
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AVVERTENZA.
In ordine di tempo, questo testo viene dopo quello a fianco del prof. Diotallevi, che
aveva commentato lo intervento del prof. Pareschi. Esso ricomprende la relazione,
pronunciato
nella terza tavola.
Prof. Arrigo Pareschi, Per il diritto allo studio, senza numero chiuso.
Necessità di riempire il vuoto normativo, in materia di competenze didattiche dei
dipartimenti, conseguente ad errata interpretazione della legge Gelmini nello Statuto Gen.
di Ateneo. |
In premessa va chiarito che la programmazione per il reclutamento
della forza docente è oggi in capo ai Dipartimenti e non più alle Facoltà (organo
didattico, fino a 3 anni fa, e oggi ridenominata Scuola).
Ma proprio per questo ho ritenuto di intervenire nel Consiglio
della Scuola del 25 febbraio u.s. per suggerire di trovare, insieme ai Presidenti dei
Consigli di Corso di Studio, una modalità corretta di interazione con i Dipartimenti
nell'ambito della programmazione delle risorse di docenza così come facevano con tenacia
e determinazione, fino a 3 anni fa, i Dipartimenti (allora solo strutture per la ricerca
scientifica) nei confronti della Facoltà, quando la programmazione era in capo a
quest'ultima.
I due aspetti della ricerca e della didattica sono ugualmente
importanti e inscindibili, ed ogni programmazione per il reclutamento deve salvaguardarli
entrambi.
Ai Dipartimenti oggi fanno capo i Corsi di Studio: se alcuni
di questi hanno problemi di requisiti minimi, chi deve primariamente farsene capo se non
gli stessi Dipartimenti di riferimento? Quindi nessun appunto alla Scuola per non essersi
occupata della programmazione delle risorse di docenza, di cui non ha competenza diretta,
ma incitamento a trovare, in comunione di intenti con i Consigli di Corso di
Studio, un raccordo efficace con i Dipartimenti.
Nel mio intervento avevo anche proposto la redazione da parte
della Scuola di un documento annuale sullo stato della didattica con evidenziate le
situazioni di difficoltà in ordine ai requisiti minimi e ad altri possibili fattori
influenti, che costituisse la base e lo strumento da far valere nei Consigli di
Dipartimento da parte dei Presidenti di Corso di Studio ad essi appartenenti. Solo
proposte forti e sinergiche sul piano sia della ricerca sia della didattica diventano
efficaci negli Organi Centrali, perché difendibili da ogni punto di vista e strumento di
coesione dell'area ingegneria.
Il Presidente della Scuola, pur riconoscendo nella parte
terminale della sua risposta (a fianco riportata. N.d.R.) che i Dipartimenti "si
limitano a presentare le loro decisioni senza neanche consultare la Scuola escludendola
completamente da tale azione" programmatoria e "oggi agiscono secondo logiche
proprie e non secondo quello spirito comune che ha sempre caratterizzato la
Facoltà", si limita a rivendicare, peraltro giustamente, che la Scuola non ha
responsabilità in ordine alla programmazione "non avendo gli strumenti per poterla
esercitare", ma non fa alcuna proposta per superare tale stato di cose.
Mi auguro per il bene dell'area ingegneria che il prossimo
Consiglio e Presidente della Scuola in collaborazione con i Presidenti dei Corsi di Studio
si prendano invece seriamente a carico il superamento di questo problema di mancata
partnership fra Dipartimenti e organi didattici (Scuola e Consigli di Corso di studio).
Nella sua risposta il Presidente afferma anche che
"negli Organi di Ateneo sono nominati e votati rappresentanti della nostra area che
vengono individuati dai Dipartimenti, senza informare e/o coinvolgere la Scuola come
peraltro è accaduto recentemente".
Anche questo aspetto dovrà essere superato nel prossimo futuro
per rendere più efficace l'azione dei nostri rappresentanti negli Organi Centrali:
l'esperienza di un passato, ancora non troppo lontano, in cui una forte integrazione dei
rappresentanti dell'Area Ingegneria produceva conseguenti ottimi risultati in termini di
risorse di docenza conquistate, sta a testimoniare che questa è la strada per trovare
riscontro negli Organi Centrali e dare meritato sviluppo ad un'area come quella di
ingegneria, che svolge un ruolo importantissimo nei confronti del tessuto produttivo sia
in termini di trasferimento tecnologico sia di laureati di adeguata preparazione.
Quanto detto, con le dovute differenziazioni e precisazioni, è estendibile
anche all'Area Architettura della nostra Scuola.
Un ultimo commento sui numeri programmati frutto "di una
necessità imposta dall'Ateneo per il rispetto, anche in data anticipata rispetto alle
disposizioni del Ministero, di parametri formali sulla consistenza della docenza"
come afferma il Presidente della Scuola.
Al momento della decisione negli Organi Centrali, non solo i
rappresentanti di ingegneria non hanno fatto presente il pesante sottodimensionamento
della forza docente dell'area ingegneria (50% in meno di quanto dovuto secondo il valore
medio di Ateneo del rapporto studenti/docente), ma hanno lasciato passare l'applicazione
da subito del Decreto Gelmini, che invece dava tempo fino all'a.a. 2016/17 proprio per
trovare risorse o soluzioni alternative.
Voglio ricordare che a quel punto sarebbe stato possibile,
con opportuni semplici adattamenti, procedere al prestito di docenza fra dipartimenti
dell'area ingegneria per raggiungere i requisiti minimi, così come era stato fatto
virtuosamente nel recente passato fra la Facoltà di Ingegneria di Bologna e quella della
Romagna ovvero fra la Prima e la Seconda Facoltà di Ingegneria dell'Ateneo.
......
......
Devo, infine, rilevare che ... i numeri chiusi hanno
provocato una diminuzione del 10% degli iscritti nell'a.a. 2013/14 (oltre 250 studenti in
meno rispetto all'anno precedente) con una perdita di quasi mezzo milione di euro per le
casse dell'Ateneo, ma soprattutto con danno a decine e decine di potenziali studenti (e
alle loro famiglie) del nostro territorio, che, avendo l'università in casa, hanno dovuto
andare nelle città vicine a cercare il corso di studio di ingegneria, che intendevano
frequentare e che a Bologna era a numero chiuso.
La conseguenza surreale è che mentre in questi anni abbiamo
lavorato per portare l'università in città vicine, come Reggio Emilia, Forlì e Cesena,
per consentire agli studenti di quelle città di svolgere gli studi universitari nel loro
territorio, decine e decine di studenti del territorio bolognese hanno dovuto andare fuori
per iscriversi agli studi universitari di ingegneria che preferivano. Spero in un futuro
migliore per gli studenti e di sviluppo per la nostra area Ingegneria-Architettura.
Arrigo Pareschi
Bologna, 21 aprile 2015 |
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Studente Fulvio Savorani - Medicina
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Relazione Studente, sul diritto allo studio
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Diritto
allo studio, spazi e servizi (segreterie studenti, Uffici didattici, mense, sale
studentesche) |
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1) Dobbiamo ripensare il sistema del
diritto allo studio . Il diritto allo studio è una materia di competenza
regionale, per tale motivo vi ritroviamo a livello nazionale una legislazione generale,
mirata ad assicurare i livelli essenziali di prestazione ed una moltitudine di
legislazioni regionali che variano notevolmente.
Paradossalmente, nello stesso territorio italiano, possiamo
individuare regioni con una copertura del 100% delle borse di studio, con l'azzeramento
della figura dell'idoneo non assegnatario, e regioni che non superano il 40% di copertura.
In Italia, il diritto allo studio è fortemente
orientato su un sistema di monetizzazione, salvo rare eccezioni. Questi
sistemi portano lo studente a dover gestire una certa quantità di denaro, suddivisa in
due tranche, che spesso non è sufficiente ad assicurare a <<I capaci e
meritevoli, anche se privi di mezzi>> di cui all'articolo 34 della
Costituzione, una vita universitaria dignitosa. Crediamo che un "sistema a
servizi", come quello della Toscana, sia la strada giusta da percorrere.
Un sistema che riduce la monetizzazione per assicurare a tutti
i livelli minimi è un sistema giusto. Dovremmo poter assicurare ad ogni studente che li
necessiti pasti, alloggio, strumenti di studio, eppure così non è. Ci troviamo a fare i
conti con un sistema di mense che non segue un sistema logico (molteplici gestioni, per
molteplici tariffe tra le più care d'Italia), con residenze universitarie che, sempre
più spesso, sono relegate fuori dalla città, quasi a voler escludere chi, non per
propria colpa, appartiene ad una categoria già emarginata. Crediamo, inoltre, che un
reticolato di servizi disincentiverebbe le richieste immotivate di borsa di studio da
parte di quei (per fortuna sempre meno) studenti "furbetti". Crediamo che un
sistema di servizi possa sopperire, nel tempo, ai sempre minori "investimenti"
nel settore del diritto allo studio. É quindi importante soffermarsi su ogni singolo
tema:
1.1) Mensa . La necessità (manifestata trasversalmente e a
gran voce da tutto il corpo studentesco) di un nuovo punto ristoro in zona universitaria
è stata affrontata dall'Università con la creazione de "La Veneta" (di via
Zanolini), relativamente vicino sia al Sant'Orsola che a porta San Donato, ma abbastanza
lontano da entrambe da risultare ampiamente sotto-frequentato rispetto alle aspettative.
L'"emergenza mensa" - lo ricordiamo - non ha unicamente a che fare con il numero
effettivo di posti a sedere o di pasti erogati, quanto piuttosto col funzionamento globale
di un servizio che attualmente risulta troppo poco capillare in tutta la zona
universitaria e decisamente troppo costoso rispetto alla media italiana. A tal proposito
ci chiediamo come mai non vengano applicate fasce di prezzo proporzionali alla fascia di
contribuzione, come d'altronde avviene già in diverse regioni italiane (Veneto, Toscana,
Lazio ecc..).
1.2) Residenze universitarie . Come si è gia`
detto, le residenze universitarie soffrono di una grave problematica: la logisitca. Le
strutture sono spesso collocate fuori dal centro universitario, a parecchi chilometri
dalle aule (si vedano ad esempio quelle site a Casteldebole). La scelta di situarle in
determinati punti dovrebbe essere accompagnata da agevolazioni per la stipulazione di
abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico. L'idea potrebbe essere quella di fornire ad
ogni studente borsista un abbonamento annuale, in modo che la Regione conosca
perfettamente la destinazione di quella parte di borsa di studio; inoltre, molti studenti
borsisti, che abitano in zona universitaria, verosimilmente non usufruirebbero
quotidianamente del servizi, portando a maggiori risparmi. Non ci soffermiamo
ulteriormente su tali tematiche, in quanto esualano dalle competenze del rettore, tuttavia
riteniamo che egli dovrà instaurare un piu` redditizio dialogo con la Regione e l'Azienda
regionale per il diritto allo studio.
2) Capienza Aule . La capienza delle aule è certamente
uno dei problemi meno recenti e più noti dell'università; forse anche per questo è
stato uno dei più tempestivamente affrontati, ad esempio con la creazione dei poli e
delle nuove sedi bolognesi. Tuttavia questo rimane un problema molto attuale in alcune
realtà universitarie: - in primis a medicina, a causa dell'ampliamento sistematico del
numero di ammessi nel corso degli ultimi 6 anni, esasperato dal maxi-ricorso del 2015 -
molte sedi centrali (Lingue, Lettere, Scienze Politiche, Giurisprudenza...) necessitano di
ristrutturazioni e adeguamenti sostanziali. É da notare come, ironicamente, in diverse
facoltà (medicina inclusa) si voglia inserire la rilevazione obbligatoria delle frequenze
per corsi di laurea in cui - se fossero presenti tutti gli studenti - si violerebbero
palesemente e pericolosamente tutte le norme sulla capienza delle aule.
Questa forzatura, peraltro, ignora le reali necessità
didattiche delle diverse materie: se infatti per alcune di queste la partecipazione fisica
alla lezione è indispensabile, per molti altri corsi potrebbero essere pensate e
incentivate forme alternative di partecipazione. Ad esempio: lezioni trasmesse in
streaming; utilizzo più razionale di piattaforme di e-learning quali AMS Campus e liste
di distribuzione, potenziament delle strutture laboratoristiche, carenti in numero e
qualità.
Il rettore dovrebbe assumere un atteggiamento univoco di fronte a
questa ambiguità: riteniamo che la rilevazione obbligatoria sia non solo una forzatura,
ma la risposta sbagliata ad un problema reale: quello della diserzione selettiva di taluni
corsi (peraltro ben noti). A nostro parere bisognerebbe indagare il motivo della
diserzione, piuttosto che imporre un obbligo coatto e, come abbiamo visto, potenzialmente
pericoloso. Una riorganizzazione razionale dei canali e degli studenti rispetto alle
capienze è il secondo, imprescindibile passo.
Siamo consci del fatto che tale problema non può essere
risolto nel breve termine, ma riteniamo che alcune soluzioni siano facilmente attuabili.
Perchè è assurdo che gli studenti siano cacciati dalle aule (non accade solo a medicina)
per l'impossibilità di accogliere ulteriori studenti. A tal proposito, come si diceva
durante il primo incontro, risulterebbe utile effettuare una valutazione della didattica
tramite AlmaEsami, anche agli studenti non frequentanti, per comprendere le motivazioni
per le quali gli studenti non frequentano. In tal modo, siamo sicuri, che riusciremmo ad
estrapolare rilevanti informazioni per il miglioramento del nostro sistema universitario.
3) Spazi di aggregazione studentesca.
- Fattaccio Polo Murri: soltanto un esempio delle politiche
di ateneo sugli spazi. Il Polo Murri era il polo studentesco all'interno del Sant'Orsola.
Uffici e Aule nei due piani superiori, al piano terra ospitava un'aula studio e lo spazio
in concessione alle tre associazioni operanti a Medicina. Nell'ambito di una
riorganizzazione interna degli spazi, con poco più di un mese di preavviso, la sala
studio è stata chiusa e gli studenti delle associazioni sfrattati dal loro storico luogo
di ritrovo. È passato più di un anno prima che venisse aperta una sala studio
alternativa (tuttora disertata per via della sua assurda collocazione e dello stato di
profondo abbandono in cui versa) e quasi due per trovare un nuovo spazio per gli studenti
(un antibagno in un sottoscala). Ora il piano terra del polo Murri è occupato da uffici
amministrativi.
- Volere è potere: i soldi non sono sempre un problema!
Prometeo gestisce una sala studio al Sant'Orsola. Lo spazio è di proprietà
dell'università ma le chiavi sono affidate ai ragazzi del Gruppo, che ne condividono la
gestione con utenti "responsabilizzati". La sala studio, gestita, attrezzata e
arredata a costo zero, funziona perfettamente, è aperta tutti i giorni dell'anno da
diversi anni e con orari molto più ampi che qualsiasi altra sala studio. Questo è un
esempio di un sodalizio virtuoso a costo prossimo allo zero per l'università, che però
offre efficientemente un servizio fondamentale. Altre forme
"intermedie" di autogestione (come la nuova aula studio in Belle Arti, gestita
da borsisti delle 150 ore) esistono e funzionano bene. Il volontariato degli studenti, a
maggior ragione se si esprime e traduce con una maggiore presa di coscienza e impegno
collettivo, andrebbe incoraggiato in quanto risorsa al fianco dell'università.
4) Sguardo al futuro. Risorgimento, Lazzaretto, Navile,
Staveco
verso segregazione territoriale facoltà? In che ottica?
Nota personale: per me può essere sensata, basta che venga
fatta con criteri chiari e lungimiranti. Ognuno di questi micro-poli dovrebbe essere
pensato per ospitare il numero di studenti che si prevedono fra 20 anni. Per ognuno il
minimo sindacale sarebbe la tetrade Laboratori - Aula studio - Mensa - Biblioteca. Per le
sedi più decentrate è indispensabile la prossimità con alloggiamenti per studenti . |
AVVERTENZA. Questo testo
segue l'intervento del prof. Pareschi, che era stato pubblicato da Universitas. Clicca su:
INGEGNERIA Prof.
Pier Paolo Diotallevi, Presidente Scuola di Ingegneria e
Architettura (già Preside della Facoltà di Ingegneria), Università di Bologna.
.
A
proposito dell' Intervento del prof. A. Pareschi
sul numero programmato, Consiglio della Scuola
di Ingegneria e Architettura, 25 feb. 2015. |
Consiglio della Scuola del 25 febbraio 2015,
Risposta del Presidente all'intervento del prof. Arrigo Pareschi
Prendo atto delle affermazioni del prof. Pareschi e rispetto
a quanto ha voluto sottolineare; tuttavia desidero fare qualche precisazione che
non mi pare completamente compresa in quanto da lui riportato.
La prima considerazione essenziale, della quale il prof.
Pareschi pare non ne tenga debito conto, sta nel fatto che dalla istituzione della Scuola
di Ingegneria e Architettura, quale aggregazione di tre diverse Facoltà, l'attribuzione
dei punti di budget, sui quali formulare poi la proposta di assegnazioni di punti e quindi
di posti di ruolo ai Settori Scientifico Disciplinari (SSD) viene fatta dal Magnifico
Rettore sentito il Senato Accademico e sulla base prevalente (e dominante) della qualità
della ricerca senza tenere quasi più in alcun conto delle necessità della didattica.
I punti budget sono assegnati ai Dipartimenti che ne deliberano la distribuzione poi
trasmessa direttamente agli Organi di Ateneo (Senato), mentre la Scuola ha il solo compito
di esprimere parere sulla scelta operata dai Dipartimenti, ovviamente dopo la loro scelta.
Dunque è la riforma Gelmini e la sua applicazione che ha completamente ribaltato
il modo di procedere e la definizione del criterio da adottare per l'individuazione delle
necessità e delle attribuzioni.
Ed è altrettanto evidente che la Scuola, volutamente
esclusa da una qualsiasi sua rappresentanza negli Organi Accademici (circostanza non
rilevata dal prof. Pareschi), non può che prendere atto della volontà degli Organi, dei
Dipartimenti e dei relativi rappresentanti in essi presenti.
L'Ateno, sotto questo aspetto, sta perdendo di vista la
didattica ed il suo sostentamento disincentivando, fra l'altro, i giovani (soprattutto i
Ricercatori) sempre meno ad essa interessati in quanto ben sanno che tali attività hanno
scarso peso (se non nullo) nelle valutazioni sia a livello nazionale, sia a livello locale
per le ambite progressioni di carriera.
Fare un confronto fra quanto succedeva nelle Università
italiane circa vent'anni or sono rispetto a ciò che accade oggi è fuori luogo e fuori
del tempo: i tempi sono da allora cambiati radicalmente, sono intervenute più di una
riforma dell'Università e della sua organizzazione, è cambiata la logica di crescita, è
cambiato la sua strutturazione, è cambiato il modo di formazione degli studenti e di
valutare la relativa formazione, è cambiata la società e la sua organizzazione, è
cambiata la disponibilità di risorse, ecc..
Come più volte è stato affermato nei Consigli della Scuola
e come anche è riportato nella proposta del Consiglio della Scuola nella quale si fa
riferimento al numero programmato, è bene ricordare che tale numero programmato
non fu il frutto di un desiderio espresso dal Consiglio della Scuola, ma di una necessità
imposta dall'Ateneo per il rispetto, anche in data anticipata rispetto alle disposizioni
del Ministero, di parametri formali sulla consistenza della docenza e di altri elementi
quantitativi la cui mancanza minacciava l'attivazione di corsi di studio.
Era preferibile conservare i numerosi e qualificati Corsi di
studio ponendo un limite superiore al possibile numero di studenti in ingresso o ridurre
il numero di corsi di studio consolidati per poterne conservare altri con ingresso senza
limiti?
La scelta della Scuola fu per la prima opzione perché
costretta al fine di non mandare nel silenzio alcuni corsi di studio che tanta parte hanno
avuto nella costruzione della storia della Facoltà e che riguardano tematiche formative
altrettanto essenziali nel paese rispetto a quelle più "gettonate" dagli
studenti.
Se il prof. Pareschi ricorda nello stesso Consiglio della
Scuola venne anche detto che non appena si fosse presentata la possibilità di ridurre le
restrizioni dei parametri posti dall'Ateneo in applicazione della riforma Gelmini, la
Scuola avrebbe rimosso il vincolo del numero programmato.
Ci fu un'altra restrizione di parametri che indusse la
Scuola a quella proposta: la dichiarazione, fra altri dati, del numero delle aule di cui
si aveva la disponibilità con quantificazione numerica dei posti per ciascuna di esse.
Era ed è finita la possibilità di addensare all'interno delle aule più studenti di
quanti ne permettessero le disposizioni in ordine alla sicurezza ed alla consistenza della
classe definita dal Ministero.
Per lungo tempo, e già negli ultimi anni di funzionamento
delle Facoltà, resistemmo all'imperativo dell'Ateneo di sdoppiare gli insegnamenti con
numero di iscritti superiori a quelli previsti nella classe in ragione della carenza di
docenti e di risorse, ma anche questa resistenza fu vana.
La domanda che sorge è allora: perché l'Ateneo non
da seguito all'incremento degli spazi nella sede di Via Terracini per quel che riguarda la
costruzione di nuove aule sulle quali comunque questa Scuola faceva affidamento per poter
svolgere una didattica meno affollata e soprattutto nel rispetto dei limiti di sicurezza?
A chi compete questa azione? Forse il prof Pareschi
ignora, o non vuole ricordare che nelle SUA-Schede Uniche Annuali, che ogni anno devono
essere compilate per ogni corso di studio, è necessario individuare anche il numero delle
aule e dei posti aula che sono disponibili al fine di quantificare le risorse che possono
essere offerte agli studenti e che devono essere compatibili, secondo regole oggi vigenti
(ma non presenti vent'anni or sono), con l'offerta didattica.
La SUA-Scheda Unica Annuale è soggetta a verifica
ministeriale e le verifiche possono mettere in discussione l'accreditamento dei corsi. Che
i tempi siano cambiati mi sembra ovvio e se ne deve prendere atto e valutare ciò che
accade di conseguenza. Non possiamo inoltre dimenticare che, dal momento della istituzione
della Scuola, i corsi di studio si sono arricchiti di ben nove corsi che a diverso titolo
hanno carattere internazionale, aspetto assolutamente assente nei citati ricordi del prof.
Pareschi. E questi corsi, incentivati dall'Ateneo e sostenuti dalla Scuola, richiedono
necessariamente nuovi numeri di docenza e di strutture per l'espletamento della didattica.
Oggi la Scuola di Ingegneria e Architettura è fra le Scuole
dell'Ateneo che meglio si colloca, se non la più rilevante, nella internazionalizzazione.
Se alcuni gruppi afferenti alla Scuola non hanno avuto le risorse per potersi espandere e
per poter aumentare il numero dei docenti o dei ricercatori al fine di poter aumentare il numero
programmato, sulla base della logica con la quale oggi vengono distribuite le
risorse dovrà essere loro cura cercare di capire le ragioni per le quali non hanno avuto
i necessari punti budget. E' vero inoltre che da quando è stato istituito il numero
programmato nessun corso di studio ne ha chiesto la modifica, se non con qualche piccolo
ritocco, in aumento di qualche unità del tutto non significative rispetto al complesso
dei posti disponibili.
E allora la domanda è: perché i corsi di studio
non hanno formulato richieste di aumento o di rimozione del numero programmato? Lascio
la risposta a chi si sta scagliando contro la scelta fatta, lo ricordo, dall'Ateneo e non
dalla Scuola a tale scelta costretta.
Nel funzionamento della Scuola inoltre è da rilevare che
essa non ha più la possibilità, come era specifico nella Facoltà, di deliberare
alcunché, ma ha il solo compito di "esprimere pareri" (come si legge nello
Statuto di Ateneo) mentre le delibere (prese dai Dipartimenti e poi dagli Organi) vengono
prese dagli Organi Accademici, sentito il parere della Scuola, ma indipendentemente dal
parere della Scuola.
Raccolgo l'affermazione del prof, Pareschi là dove dice
"Quando i posti erano incardinati nella Facoltà, questa non escludeva i Dipartimenti
dalla programmazione delle risorse concesse dall'Ateneo".
Ma allora c'è da chiedersi: perché i Dipartimenti, depositari
dei punti necessari per la distribuzione dei posti, non fanno ora altrettanto nei
confronti della Scuola e si limitano a presentare le loro decisioni senza neanche
consultare la Scuola escludendola completamente da tale azione?
Vorrei che a queste domande, non retoriche, venisse data una
risposta e non ci si limitasse a prendere in considerazione solo ciò che non può essere
fatto solo per impossibilità di competenza.
Ricordo infine che negli Organi di Ateneo sono nominati e
votati rappresentanti della nostra area che vengono individuati dai Dipartimenti, senza
informare e/o coinvolgere la Scuola come peraltro è accaduto recentemente. Forse oggi i
Coordinatori di Corso di studio non sono al corrente di quelle che sono le carenze di
docenti per i propri insegnamenti? Se così fosse vuol dire che i Coordinatori ed i
Dipartimenti non stanno facendo ciò che è di loro specifica competenza. E' vero che,
come dice il prof. Pareschi, "L'unità dell'area Ingegneria non è un valore che si
declama al bisogno ma va costruito praticando la giustizia nella ripartizione delle
risorse", ma oggi l'agente unico e primo dell'unità dell'ingegneria risiede nelle
azioni dei Dipartimenti, che nel rispetto della legge, oggi agiscono secondo logiche
proprie e non secondo quello spirito comune che ha sempre caratterizzato la Facoltà e che
si sta perdendo, e si perderà sempre più nella logica dipartimentale.
E' con un profondo rammarico che ricordo queste
circostanze ma non sono disposto ad considerare la Scuola come entità su cui ricadono le
responsabilità non avendone gli strumenti per poterla esercitare. Pier Paolo
Diotallevi |
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ELEZIONI DEL RETTORE -
UNIVERSITA' DI BOLOGNA |
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Seconda
tavola rotonda- 31 marzo 2015 |
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Tra il pubblico |
Studenti del
Comitato |
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Prof. Leonardo Altieri
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PARTECIPAZIONE: DEMOCRAZIA E TRASPARENZA
"Come ha (non) funzionato la democrazia in Unibo"
TRE RELAZIONI:
Studente Giovanni Galeano
Professori L. Altieri e A. Lamberti
(Presente il Candidato-Rettore Prof.
Francesco. UBERTINI ) |
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Prof. Alberto Lamberti
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Prof. Leonardo
Altieri, già Membro del CdA, della Giunta e del Nucleo di Valutazione, Univ. di
Bologna
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Democrazia
e trasparenza in Unibo:
Contributo alla discussione |
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Sullo STATUTO DI ATENEO
1. Secondo la PARTE I - PRINCIPI, art. 1 PRINCIPI COSTITUTIVI,
"
in conformità con i principi della Costituzione l'Ateneo di Bologna
è un'istituzione pubblica, autonoma, laica e pluralistica."
Commento: nemmeno per sbaglio c'è l'aggettivo: DEMOCRATICA.
2. Secondo lo Statuto:
L'autonomia dell'Ateneo, principio ed espressione della comunità universitaria, è
normativa organizzativa, finanziaria e gestionale.
Commento: non c'è: "basata su fondamenta democratiche"
.
2.1. Il riconoscimento del merito
è criterio prioritario
per studenti, professori, ricercatori e personale tecnico amministrativo.
Commento: Ma MERITO senza DIRITTO ALLO STUDIO e senza EQUITÁ è
profondamento iniquo: premia chi è già privilegiato, chi può permettersi studio o
precariato per anni)
.
2. 2. Libertà di insegnamento e di ricerca...
Commento: Non si parla mai di DEMOCRAZIA
2. 3 Personale dell'Ateneo.
a) L'Ateneo valorizza le competenze, le esperienze professionali,
b) L'Ateneo favorisce la qualificazione professionale, l'aggiornamento e la
formazione
.
c) L'Ateneo promuove interventi e servizi atti a garantire il benessere lavorativo
d) L'Ateneo si impegna affinché siano garantiti pari dignità e adeguato
riconoscimento
..
Commento. Molti impegni, ma non si parla mai di
partecipazione democratica
.
2. 6. Pari opportunità...
Commento: Non solo di genere
., ma per tutte le componenti
universitarie
..
Art. 3 PRINCIPI ORGANIZZATIVI
3. 1 Finalità e requisiti generali
a) L'organizzazione dell'Ateneo è informata ai principi costituzionali di
sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione nonché al principio di semplificazione.
Commento: non c'è partecipazione democratica;
b)
requisiti fondamentali
la distinzione tra indirizzo politico e
gestione.
Commento: Sembra buon senso, MA DOV'è il confine? Troppo potere ai
manager
3. 2 Trasparenza:
a) L'Ateneo favorisce il dialogo all'interno della comunità universitaria e
.
b) L'Ateneo garantisce
adeguata pubblicità delle deliberazioni assunte;
c) L'Ateneo garantisce la trasparenza dell'attività amministrativa e
l'accessibilità
Commento: MA SENZA PARTECIPAZIONE DEMOCRATICA È BEN POCA COSA es.
Streaming: No al mito
PARTE II - ORGANI art. 4 RETTORE
8. Partecipano all'elezione diretta del Rettore i professori e i ricercatori.
Partecipano i componenti del Consiglio degli Studenti e i rappresentanti degli
studenti negli Organi collegiali delle strutture di cui agli artt. 16, 18, 23 del presente
Statuto, nonché il personale tecnico amministrativo a tempo indeterminato.
voto
degli studenti pesato con un coefficiente pari al 7% del rapporto tra elettorato attivo
professori e ricercatori ed elettorato attivo studenti.
voto del personale TA pesato
con un coefficiente pari al 18% del rapporto tra elettorato attivo professori e
ricercatori ed elettorato attivo personale tecnico amministrativo.
..
art. 6 SENATO ACCADEMICO
6. Il Senato Accademico è composto da 35 membri, così individuati:
a) il Rettore, che lo presiede;
b) 6 rappresentanti degli studenti eletti dal Consiglio degli Studenti;
c) 10 Direttori di Dipartimento, due per ogni Area scientifico-disciplinare, eletti
d) 15 professori e ricercatori eletti ( Commento: COME? DOVE?) dai
professori e ricercatori appartenenti a ciascuna Area scientifico-disciplinare
e) 3 rappresentanti del personale tecnico amministrativo eletti
COSA SUCCEDE CONCRETAMENTE ?
- 26 candidati per 25 posti;
- Pochi baroni decidono candidati per associati e ricercatori.
- Teoricamente sono possibili candidature alternative, ma chi mai oserebbe
candidarsi CONTRO il parere degli ordinari che contano? E soprattutto dove mai troverebbe
le firme necessarie alla sua candidatura? - Solo qualche kamikaze (che rinuncia alla
carriera, potrebbe farlo)
..
art. 7 CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE .
7. Il Consiglio di Amministrazione è composto da 11 membri, così individuati:
a) il Rettore, che lo presiede;
b) 2 rappresentanti degli studenti, eletti dal Consiglio degli Studenti,
c) 5 membri interni, nominati dal Senato Accademico
sulla base di una
rosa di candidati,
individuata da un Comitato di selezione formato da 5 membri, di
cui 3 esterni nominati dal Rettore e 2 interni nominati dal Senato Accademico,
d) 3 membri esterni, nominati dal Senato Accademico. A tal fine il medesimo
Comitato di selezione sopra indicato individua una rosa almeno doppia rispetto al numero
dei membri da designare. All'interno di tale rosa, il Rettore, la Consulta del Personale
tecnico amministrativo e la Consulta dei |
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Studente Giovanni Galeano - Lingue
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Relazione Studente, sulla democrazia
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Perchè parlare di "democrazia e trasparenza" in Unibo ? |
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1.- Marginalizzata la rappresentanza studentesca.
Non possiamo non parlare di democrazia in un momento cruciale per
il nostro ateneo qual è quello dell'elezione del nuovo rettore, figura di governo della
nostra comunità.
Lo stesso percorso da noi costruito, composto da questo ciclo
di incontri, si inserisce proprio in questo contesto.
É fondamentale analizzare in questa sede come sia cambiata la
struttura di governo del nostro Ateneo e quali siano stati gli effetti dell'entrata in
vigore del nuovo statuto, frutto della c.d. riforma Gelmini.
Crediamo che per assicurare un adeguato livello di democrazia, si
debba garantire la partecipazione attiva di tutte le componenti universitarie alla vita
istituzionale.
Al contrario, riteniamo vi sia stata la volontà di marginalizzare
progressivamente la rappresentanza studentesca, o almeno quei soggetti che nel
tempo hanno portato avanti le istanze degli studenti, senza essere connessi a interessi
politici.
Si è scelto di facilitare la presenza di rappresentanti ed associazioni che
non si fanno parte attiva nel dialogo tra studenti e corpo docente.
2.- É necessario incentivare la partecipazione non in maniera
formale ma sostanziale. Il nuovo rettore dovrà promuovere il dialogo con le
associazioni studentesche, che possono contribuire a formare le studentesse e gli studenti
in ambiti che la didattica non affronta. Occorre pensare a un modello di
studente-cives, con un bagaglio culturale a tutto tondo, del quale l'interesse
attivo per la propria comunità deve essere parte integrante.
Il futuro rettore dovrà impegnarsi in prima persona
affinchè gli spazi di confronto ed aggregazione siano realmente aperti a
tutti coloro che manifestano la volontà di voler organizzare attività di tipo culturale
e/o aggregativo, sfruttando gli strumenti già a disposizione come il portale web e Unibo
Magazine, ed eventualmente implementandone di nuove. È infatti molto frustrante
constatare il sistematico disinteresse, quando non addirittura esplicito ostruzionismo,
allo svolgimento di iniziative "dal basso" di studenti volenterosi, nonostante
siano realizzate nel pieno rispetto delle regole e delle istituzioni.
Tale atteggiamento appare ambiguo se si paragona al
trattamento, sostanzialmente di identica malcelata tolleranza, che viene riservato a componenti
che si pongono in aperto contrasto - anziché aperto dialogo - con l'Università.
L'Ateneo dovrebbe essere aperto a tutte le esperienze culturali, è
difficile immaginare che alcuni eventi possano essere preventivamente bocciati dai
responsabili della gestione aule o dai presidenti delle Scuole, per giunta nella massima
discrezionalità.
3.- Riteniamo che sia opportuno ripristinare l'elezione della
componente studentesca a cadenza biennale: la scelta di far coincidere tali
elezioni con quelle dei membri del CNSU, animata da fini meramente economici, si è
rivelata sbagliata.
Se il problema è solo economico, si potrebbe pensare al voto online,
già adottato da diversi atenei ed utilizzato dal nostro a partire da quest'anno. Proprio
su questo tema, chiediamo che quella piattaforma allestita per docenti e personale
tecnico, sia adeguata e predisposta per le primarie degli studenti, così come da noi già
chiesto al Cesia e all'ateneo.
4. Elezioni primarie. La richiesta di primarie online
non è un "insulto" alla democrazia rappresentativa. Non vogliamo, con tale
gesto, sfiduciare i nostri rappresentanti, bensì rafforzare il significato del loro
ruolo. In un contesto come questo, dove gli Organi Maggiori dirigono il nostro Ateneo
senza alcun coinvolgimento della comunità nel processo decisionale, tanto che gli stessi
atti degli Organi risultano di fatto secretati, è necessario creare un supporto
aggiuntivo alla democrazia rappresentativa.
Ciò potrebbe avvenire pubblicizzando il più possibile le
attività di Consigli e Commissioni, allargando quindi il dialogo costruttivo e
democratico a tutta l'Universitas. Inoltre, se l'atteggiamento dell'Ateneo fosse più
aperto al dialogo e al confronto, forse i rapporti con realtà autogestite ne
gioverebbero. Dobbiamo, quindi, garantire una democrazia reale, incentivando la
partecipazione attiva
. Per questo, al tema della democrazia abbiamo
legato il principio della trasparenza, a cui una pubblica amministrazione
come quella dell'Ateneo si deve conformare.
Tramite una amministrazione trasparente è possibile
l'esplicazione del controllo della nostra comunità su tutte le scelte adottate dagli
organi di governo, affinchè tali organi si responsabilizzino maggiormente ed adottino
provvedimenti condivisi dalla gran parte della comunità.
5.- Cosa sappiamo del progetto Staveco? Poco o nulla,
eppure modificherà radicalmente l'assetto universitario bolognese.
La vicenda esemplifica a contorni netti e colori chiari il metodo di
gestione condotto fino a questo momento dall'attuale classe dirigente dell'università.
Le reclame del rettore, amplificate dalla vuota cassa acustica
del consiglio d'amministrazione, da un inerme senato accademico e da un inutile consiglio
degli studenti, ci offrono un'immagine di questo sistema che più che una democrazia
ricorda proprio un'oligarchia.
D'altronde, quando il potere non è distribuito non è
democratico. GIOVANNI GALEANO |
Prof. Alberto
Lamberti, Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali
di BOLOGNA
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Democrazia
e trasparenza in Unibo:
Contributo alla discussione |
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1.- Premessa: Presupposti della democrazia . La
necessità di prendere delle decisioni che coinvolgono la collettività richiede che ci
siano organi non troppo numerosi e/o persone che di fatto le prendano: in questo consiste
il "potere", inteso come la possibilità di decidere in ambiti più estesi di
quelli che per diritto naturale ci competono. Il potere può originare dall'alto ed essere
redistribuito verso il basso per cooptazione, come nelle monarchie d'altri tempi, nelle
società feudali o teocratiche, ma ancora oggi nelle società della conoscenza o
accademie. Viceversa, si può ritenere che ogni individuo adulto sia titolare di un
diritto naturale alla autodeterminazione e partecipi pariteticamente con gli altri simili
alle decisioni che riguardano la collettività. Un esercizio del potere in queste forme è
detto democrazia, nel senso che tutti vi partecipano.
La democrazia può essere esercitata direttamente dai membri della
collettività riuniti in assemblee che prendono le decisioni. Questo sistema, tuttavia, si
è dimostrato efficace solo in piccole comunità, in cui non tutti partecipavano al potere
decisionale: lungamente sono stati esclusi le donne e gli schiavi, lo sono tuttora i
bambini. In altri casi partecipavano alle decisioni solo i capo-famiglia o i capo-famiglia
di censo abbastanza elevato. In tutti i casi è sempre stata richiesta una certa maturità
per essere titolari del diritto di scegliere.
In alternativa, l'esercizio del potere è indiretto, attraverso la delega a
persone che assumono la rappresentanza di gruppi. Di fatto, in collettività numerose, è
universalmente adottata la forma di democrazia indiretta o rappresentativa.
I due sistemi si sono alternati nel tempo, nello spazio e nei diversi ambiti,
con successo altalenante; ne sono prova le due parole monarchia (comando / governo di uno)
e democrazia (forza / dominio del popolo), che hanno avuto nel tempo significati semantici
diversi e non sempre positivi, ad esempio Aristotile dava a democrazia un significato
negativo simile a disordine. Questo fino a che la democrazia, in ambito politico e nel
mondo occidentale, si è affermata con le rivoluzioni inglese, americana e francese, e la
parola stessa ha assunto un connotato decisamente positivo.
Più o meno contemporaneamente la arbitrarietà delle decisioni del monarca o
della maggioranza dei cittadini è stata condizionata da una legge costituzionale
immodificabile, o modificabile solo con un ampio consenso, nonché dal principio di
divisione dei poteri - legislativo, esecutivo e giudiziario - sempre al fine di evitare
devianze e sopraffazioni.
Il primato della costituzione e la separazione dei poteri sono le basi della
democrazia rappresentativa di oggi. La trasparenza delle decisioni assunte dai delegati e
la periodica attribuzione della delega sono invece il presupposto essenziale perché il
potere provenga effettivamente dalla base.
Oggi la stragrande maggioranza degli stati nel mondo afferma di essere
democratico, ma nel contempo si sono stabiliti dei criteri a cui un regime deve soddisfare
per essere effettivamente e pienamente democratico.
Essi sono:
- 1. suffragio universale maschile/femminile,
- 2. elezioni libere, regolari, ricorrenti, competitive;
- 3. molteplicità di forme di organizzazione del consenso; 4. informazione da
fonti plurime ed imparziali;
- 5. garanzia dei diritti di cittadinanza (civili, politici, economici,
sociali ed etici);
- 6. abbattimento delle diseguaglianze socio-economiche estreme;
- 7. sufficiente cultura democratica da parte della classe politica e dei
cittadini.
Così si può misurare il grado di democraticità di uno stato ad es., o di
una organizzazione sociale.
I primi tre criteri misurano la possibilità formale di esprimere il
consenso; gli ultimi riflettono la possibilità che il giudizio così espresso sia ben
fondato e libero da condizionamenti. Mentre tutti gli stati che si definiscono democratici
soddisfano ai criteri formali, questi si differenziano per gli aspetti predisponenti ad
una effettiva partecipazione di tutti alle scelte sociali.
Scorrendo la graduatoria di democraticità degli stati, in cui prima risulta la
Norvegia e l'Italia purtroppo non è ai primissimi posti, si può rilevare come non solo
la indipendenza economica è un presupposto necessario per una democrazia effettiva, ma
che il livello di democrazia è ben correlato con il reddito medio pro capite, cioè che
la democrazia effettiva è condizione predisponente per la produttività e il benessere
economico.
Presumibilmente la considerazione di questi aspetti ha spinto l'aristocratico e
conservatore W. Churchill a riconoscere che "democracy is the worst form of
government except all those other forms that have been tried from time to time".
Quanto vale nella organizzazione statuale e per la produttività economica, è verosimile
valga anche nella organizzazione universitaria e per la trasmissione del sapere. Lo
Statuto è la nostra carta costituzionale; regolamenti e delibere le nostre leggi.
2.- Strutturazione del "potere" nell'Alma Mater.
Nella organizzazione dell'Ateneo di Bologna si possono riconoscere
fondamentalmente tre livelli di potere:
- 1. Il vertice che governa l'Ateneo, composto dal Rettore, dal
Senato Accademico, dal Consiglio di Amministrazione ecc., con alcune deleghe fissate per
statuto ai Prorettori, ai responsabili di Campus e al Direttore generale;
- 2. Il livello sottostante, composto da:
a) " I Dipartimenti, con competenza sulla ricerca scientifica, le
attività didattiche e formative, i cui organi sono il Consiglio, il Direttore e la
Giunta.
b) " Le Scuole, con funzione di coordinamento delle attività di
formazione e di raccordo tra i Dipartimenti, i cui organi sono il Consiglio e il
Presidente.
c) " I Corsi di studio di 1°, 2° e 3° ciclo di formazione, i cui
organi sono il Consiglio (o Collegio dei docenti) e il Coordinatore.
Altre strutture destinate a scopi specifici sono:
d) " I Campus per le sedi di Cesena, Forlì, Ravenna e Rimini, con
Consiglio e Coordinatore,
e) " I Centri (interdipartimentali) con struttura simile ai
Dipartimenti,
f) " L'Istituto di studi superiori, il Centro linguistico di
Ateneo, il Sistema Bibliotecario e il Sistema Museale di Ateneo.
3. La base composta da docenti, studenti e personale
tecnico amministrativo
Gli organi - Rettore e Senato - sono
eletti dalla base con voto di tutti i docenti e, con peso minore o tramite rappresentanze,
di studenti e personale tecnico e |
Continua Altieri sostenitori
individuano ciascuno un candidato da proporre al Senato Accademico.
Commento: I membri del CdA devono (o meglio "dovrebbero"
, perché nella pratica
.) avere competenza o esperienza di alto livello
Qui c'è anche l'assurdo: gli studenti eleggono, docenti, ricercatori e TA.
Non possono !!!!
art. 9 NUCLEO DI VALUTAZIONE
.
8. Il Nucleo di valutazione dell'Ateneo è nominato dal Senato Accademico, su proposta del
Rettore sentito il CdA ed è composto da un numero di membri tra i 5 e i 7, tra cui un
rappresentante degli studenti eletto dal Consiglio degli Studenti. La maggioranza dei
membri del Nucleo di valutazione deve essere esterna all'Ateneo.
Commento: Per essere membri del Nucleo
occorre molta competenza.
Che senso ha che ne faccia parte uno studente?
Che competenze ha? Più corretto sarebbe che il consiglio studentesco indicasse un
esperto per il Nucleo.
9) SEZIONE II - ORGANI AUSILIARI
Art. 11 CONSIGLIO DEGLI STUDENTI 1.
Il Consiglio degli studenti è l'organo
composto da 33 membri eletti secondo le
modalità contenute nel Regolamento
.
Tale Regolamento assicura che del Consiglio degli studenti faccia parte un'adeguata
rappresentanza degli iscritti nelle diverse sedi, nel rispetto del principio delle pari
opportunità di genere.
.
art. 12 CONSULTA DEL PERSONALE TECNICO AMMINISTRATIVO
1. La Consulta del personale tecnico amministrativo è Organo collegiale con
funzioni consultive, fatte salve le prerogative del Direttore Generale
Commento: GUAI TOCCARE IL SUPER MANAGER
......................................
2. La Consulta del personale TA è
composta da 24 membri, eletti secondo le
modalità stabilite dall'apposito regolamento,
.
PARTE III - STRUTTURE, MULTICAMPUS E ORGANIZZAZIONE SEZIONE I -
DIPARTIMENTI
..
art. 17 ORGANI DEL DIPARTIMENTO
2. Il Consiglio di Dipartimento è composto:
a) dal Direttore, che lo presiede;
b) dai professori e dai ricercatori in esso inquadrati; c) dal Responsabile
amministrativo-gestionale, che assume la funzione di segretario;
d) da rappresentanti eletti del personale tecnico amministrativo (10% dei
professori)
e) da rappresentanti eletti degli studenti (15% dei professori e ricercatori);
f) da rappresentanti eletti degli assegnisti di ricerca in numero compreso da
1 a 3. 6.
Compongono la Giunta:
a) il Direttore, che la presiede;
b) il Vicedirettore;
c) i Responsabili delle Unità Organizzative di Sede, ove presenti;
d) il Responsabile amministrativo-gestionale, che assume le funzioni di segretario;
e) un minimo di 3 fino a un massimo di 9 professori e ricercatori (commento: NON SI
DICE SE ELETTI) demandato al regolamento Dipartimentale;
f) 1 o 2 rappresentanti dei TA eletti fra i membri del Consiglio di
Dipartimento;
g) due rappresentanti degli studenti eletti fra i membri del Consiglio di
Dipartimento.
SEZIONE II - SCUOLE
art. 19 ORGANI DELLA SCUOLA 2. Il Consiglio della Scuola dura in carica tre anni ed è
composto da:
a) il Presidente;
b) i Direttori dei Dipartimenti afferenti;
c) una rappresentanza elettiva di professori e ricercatori.
d) una rappresentanza elettiva degli studenti afferenti alla Scuola pari al
15%
SEZIONE III - CORSI DI STUDIO.
Art. 20 CORSI DI STUDIO DI PRIMO E DI SECONDO CICLO 2. Il Consiglio di Corso di Studio di
primo e secondo ciclo è composto dai responsabili di attività formative nel Corso di
Studio medesimo e da 3 rappresentanti degli studenti.
SEZIONE IV - MULTICAMPUS
Aart. 23 CONSIGLIO DI CAMPUS
1. Presso ciascuna delle sedi è costituito un Consiglio di Campus
2. Il Consiglio di Campus è composto da:
a) i Direttori dei Dipartimenti con sede nel Campus;
b) i Responsabili delle Unità Organizzative di Sede dei Dipartimenti;
c) i Presidenti delle Scuole o i Vicepresidenti responsabili delle attività nel
Campus;
d) una rappresentanza degli studenti pari al 15% dei membri del Consiglio; e) un
rappresentante del personale tecnico amministrativo; f) il Responsabile
amministrativo-gestionale del Campus,
g) un rappresentante designato dagli Enti locali e dall'Ente di sostegno.
I rappresentanti degli studenti e del personale tecnico amministrativo sono eletti
secondo modalità definite dai regolamenti di Ateneo.
Commento: Qui siamo all'assurdo in termini di democrazia: studenti e TA
eleggono i loro rappresentanti, docenti e ricercatori.
INVECE I DOCENTI E RIC NON ELEGGONO!!!
Inoltre va sottolineato che questi consigli di campus hanno poteri e
autonomia molto minori rispetto al passato, ciò contro le richieste degli enti romagnoli!
art. 24 CONSIGLIO DI COORDINAMENTO DEI CAMPUS
Commento: NON ELETTIVO tranne che per il rappresentante degli
studenti
art. 38 FUNZIONAMENTO DEGLI ORGANI
- varie regole
- comma 8 alle sedute partecipano solo gli aventi diritto; possono essere
rese pubbliche x decisione Presidenza o maggioranza presenti (di norma con voto palese)
- indennità possibili x Rettore e Pro-Rettori
- gettoni possibili x Senato, CdA e posizioni particolari
TIRANDO LE SOMME:
1- Un CdA non elettivo è un grave vulnus per la democrazia della
"comunità universitaria"
2- Un Senato FINTAMENTE elettivo è una grave presa in giro;
3- i consigli di campus mancano gravemente di autonomia e di democrazia;
4- paradossalmente i TA e gli studenti hanno potere elettivo maggiore dei docenti e
ricercatori. |
Continua: Lamberti amministrativo
afferenti alla struttura, elettori che di norma formano anche il Consiglio.
Fanno eccezione gli organi di coordinamento, come Scuole e Campus, per i quali il
Consiglio è composto da Direttori o Coordinatori delle strutture afferenti e da docenti
delegati. Gli organi intermedi fra base e vertice, Senato e Giunta, non contribuiscono
alla designazione del Rettore o Direttore; entrambe le figure rappresentano l'Ateneo e le
strutture e ne presiedono il governo. Le strutture universitarie sono cioè governate da
una presidenza forte, in virtù della elezione diretta da parte della base.
3.- Elezioni democratiche? Quanto è libera sia
la base di esercitare scelte che influenzino la conduzione dell'Ateneo?
Sul piano formale, nella scelta di chi esercita il potere la organizzazione
dell'Ateneo è certamente democratica.
Qualche dubbio può invece nascere per altri aspetti che caratterizzano un regime
effettivamente democratico. Ad esempio nelle recenti elezioni per il Senato
accademico, pur essendo il procedimento regolare e ricorrente, sono emersi molti
dubbi in merito alla effettiva possibilità di scelta, semplicemente perché per i docenti
di fatto non c'era scelta, essendo il numero dei candidati pari al numero dei membri da
eleggere.
Dato che verosimilmente ognuno fra i candidati avrebbe ottenuto almeno
un voto, l'elettore poteva solo scegliere fra votare i candidati designati o astenersi (o
votare scheda bianca).
Confesso di essere stato lungamente in dubbio se votare o meno: data la
assoluta irrilevanza del voto, mi pareva proprio tempo perso. Una situazione simile era
presente già nelle analoghe votazioni del 2012, ma allora nella componente docente della
mia area si poteva scegliere almeno fra due ricercatrici che erano candidate in
alternativa.
Non commento sul ruolo assegnato in quelle votazioni ai ricercatori e al gentil
sesso. Quest'anno, forse, chi si è accordato sulle candidature, accortosi della gaffe, ha
eliminato ogni possibile scelta ponendo così tutte le componenti sullo stesso piano.
L'esito è stato che la percentuale dei votanti totali è scesa dal 69.5% al 53.7%,
e, per il solo corpo docente più sensibilizzato, dal 79% al 63% (i dati sono quelli
pubblicizzati dall'Ateneo subito dopo le elezioni). In sintesi, tolta la frazione degli
impossibilitati a votare, circa 1 avente dritto al voto su 3 non ha provato interesse per
queste votazioni, né ha risposto alle molte sollecitazioni pervenute dall'alto. Alle
precedenti elezioni questa frazione era verosimilmente intorno a 1 su 5. E'
rappresentativo questo Senato? Formalmente sì, ma nella sostanza qualche dubbio può
nascere.
E' ragionevole temere che questo Senato possa non riferire
di fatto al suo elettorato, in particolare al corpo docente, non tenerlo informato,
perché nella sostanza non ha avuto da questo il mandato.
Da chi lo ha avuto? Chi ha scelto le persone e guidato la sottoscrizione
delle candidature. Chi ha cioè deciso la composizione del Senato? Chi ha scelto si é
mosso bilanciando accuratamente i Dipartimenti dell'Area, compensando fra i Dipartimenti
gli inevitabili squilibri della elezione precedente e suddividendo accuratamente fra i tre
ruoli dei docenti.
Una perfetta applicazione del manuale Cencelli?
Certamente è difficile coniugare la rappresentanza di tutte le
componenti con la libera scelta dei votanti, ma in questo caso non si è neppure cercato
di farlo. Speriamo tutti che non ne abbia sofferto la qualità; certamente ne ha sofferto
la partecipazione degli elettori al voto ed al governo del nostro Ateneo, e di conseguenza
la autorevolezza del governo sugli elettori. Con queste modalità di designazione,
inoltre, viene meno ogni forma di controllo di merito sull'operato dei delegati; persone e
strutture vengono sistematicamente ruotate e non possono ricevere un giudizio di conferma,
né in quanto persone, né come strutture che le designano; ci si affida solo e soltanto
all'amor proprio degli eletti, e non stupirebbe se le persone così elette assumessero
atteggiamenti di passiva acquiescenza.
Rettore. Nelle prossime elezioni per il Rettore, invece, la
concorrenza non sembra mancare, almeno se non ci saranno rinunce o accordi di desistenza,
che però il meccanismo elettorale sembra scoraggiare.
Al ballottaggio si verificherà il confluire di voti dai candidati esclusi
verso i candidati rimasti in ballottaggio, guidato da accordi fra i candidati e/o
dall'inveterato desiderio di salire sul carro del vincitore, i cui effetti sono
presumibilmente contrastanti. Il potere contrattuale dei candidati esclusi sarà comunque
ridotto e la disponibilità ad accordi sarà verosimilmente maggiore per chi si presenta
al ballottaggio in seconda posizione; possiamo quindi sperare in una competizione vera.
In conclusione, se sul piano formale l'Ateneo è gestito secondo i
criteri di una democrazia presidenziale, in pratica il bilanciamento degli interessi
attribuisce ad una ristretta oligarchia un potere di scelta che sovrasta e limita
fortemente quello che viene lasciato alla base. Il Senato, che secondo lo Statuto dovrebbe
avere funzioni di coordinamento con le strutture e di indirizzo strategico, appare carente
rispetto a questa ultima funzione e sottomesso al potere esecutivo.
4.- Trasparenza delle decisioni. Lo Statuto attribuisce
giustamente grande importanza alla trasparenza e pubblicità dei criteri e delle
decisioni. Infatti, solo in questo modo una parte del potere delegato torna agli elettori,
che così possono farsi una idea dell'operato degli eletti e scegliere con cognizione di
causa nelle successive votazioni.
Lo Statuto dedica a questi principi il comma 3.1.b e l'Art. 3.2
"Trasparenza", cioè quasi metà dell'Art. 3 "Principi organizzativi".
Per i dettagli rimanda invece al regolamento emanato nove mesi dopo lo Statuto (9.2012).
Questo stabilisce che le delibere degli organi del livello superiore siano pubblicate
entro 20 giorni dalla approvazione del verbale ed accessibili a tutti i titolari di
credenziali d'Ateneo; sono esclusi però i dibattiti. Il voto nominativo traspare solo se
reso in forma palese e di norma non appare. La pubblicizzazione effettiva risponde al
dettato del regolamento.
Le delibere delle Scuole vengono pubblicizzate con
regolarità, almeno quelle della scuola a cui afferisco.
Circa i Dipartimenti conosco lo state delle cose solo per
due di essi e quindi le mie considerazioni possono risultare poco rappresentative della
realtà a livello di Ateneo. Per uno i verbali sono regolarmente accessibili, per l'altro
i verbali appaiono nei documenti preparatori del Consiglio successivo che approva il
verbale, ma non sempre in quello immediatamente successivo; questo rende difficoltoso
l'accesso in quanto risulta necessario consultare gli atti di alcuni Consigli successivi a
quello di cui interessa il verbale. Non sono diffusi i verbali dei Consigli ristretti, né
quelli delle riunioni di Giunta; non ne sono chiare le ragioni.
I Consigli di Corso di Studio di primo e secondo livello
formulano proposte ai Dipartimenti e alle Scuole e pertanto le delibere sono prese dai
relativi Consigli e pubblicizzate attraverso i verbali delle delibere di queste strutture.
Per i Corsi di Dottorato non esiste mi sembra uno strumento di Ateneo per
la diffusione delle delibere agli interessati e la trasmissione è lasciata ai singoli
coordinatori.
In conclusione la trasparenza delle delibere è eccellente
ai massimi livelli, anche se nel relativo regolamento è dato gran peso all'esigenza di
salvaguardare la privacy e proteggere i dati personali, mentre la necessità di
trasparenza è enunciata solo in linea di principio.
E' invece azzerata quasi trasparenza delle discussioni,
ovvero del processo che porta alle delibere. Scendendo nella scala dell'organizzazione, la
pubblicizzazione e la trasparenza sono lasciate alla discrezionalità delle strutture
periferiche e quindi meno garantite, ma, essendo al contempo la partecipazione più piena
e diretta ed il contatto con i decisori più facile, anche meno richieste.
5.- Conclusioni . Per quanto riguarda la trasparenza e
pubblicità degli atti, la norma di Ateneo esistente regola solo la diffusione ai livelli
superiori, mentre ai livelli inferiori essa non è normata.
Il regolamento per il funzionamento dei Dipartimenti non indica fra le
funzioni del Direttore il presidio di una adeguata pubblicizzazione delle delibere.
Il regolamento per la istitituzione di Dottorati di Ricerca prevede
solo la trasmissione dei verbali all'apposito Ufficio di Ateneo.
Forse il principio della trasparenza richiederebbe una declinazione anche a
questo livello, pur senza imporre regole troppo severe, tenuto conto della cronica carenza
di personale. La trasparenza sostanziale vorrebbe che la base fosse informata anche dei
processi in atto, non solo delle delibere; su questo piano non esito a definire la
trasparenza carente.
Democrazia. Diverso è il problema della
democrazia, che soffre in Ateneo come a livello nazionale di una deriva negativa ed
oligarchica sotto le varie spinte dell'individualismo imperante.
Da una parte, chi non è direttamente coinvolto nella gestione della cosa
universitaria è distratto da altri interessi ed è difficilmente coinvolgibile.
Dall'altra, chi gestisce, più o meno solo, le strutture tende spesso a farlo con
uno stile personale.
Si va diffondendo anche dalle nostre parti la validità di un detto assai
diffuso nel Meridione, che parafrasando il noto spot pubblicitario, sentii così enunciare
in Puglia: "il potere serve, se non ne abusi che potere è ?" .
Il potere a tutti i livelli non è visto oggi come un servizio reso
dai capaci alla collettività: il potere dell'aristocrazia. Ma bensì come uno strumento
per indirizzare risorse comuni a scopi che non sempre riflettono l'interesse collettivo;
perciò il potere, come la ricchezza, vuole essere cumulato perché rende a percentuale,
anche se questo accade a scapito della autorevolezza di chi lo possiede.
Dicono che quando: " l'attività del potere pubblico viene esercitata al
di sopra della legge e senza garanzie per i cittadini, o " il Capo ed i vertici dello
Stato, non sottostanno a nessun organo di controllo, quindi non è possibile alcun
accertamento delle responsabilità dell'operato dei vertici del regime, o " gli
organi elettivi sono sostituiti da organi di nomina governativa, allora viene meno lo
Stato di diritto fondato sui principi di legalità e siamo in presenza di una deriva
autoritaria. Molti di questi segnali sono riscontrabili nelle vicende recenti del nostro
Ateneo, e testimoniano uno scollamento fra vertici e base nella comunità universitaria.
Più che lo Statuto, che lascia ampia libertà di comportamento, sono, a mio
parere, i regolamenti, la prassi e la cultura che debbono essere cambiate.
Sento un diffuso consenso sulla necessità di cambiamenti, che indirizzato
verso una modifica dello Statuto rischia di perdersi in una discussione infinita ed
inutile per la carenza delle regole di applicazione.
Gradirei quindi che i candidati al governo del nostro Ateneo manifestassero
quali programmi hanno per:
-migliorare la trasparenza degli atti ai livelli inferiori e la trasparenza
dei processi in Ateneo;
- promuovere la cultura politica in Ateneo, l'autorevolezza dei vertici,
migliorare le regole per contrastare la tendenza oligarchica e autoritaria in atto. |
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ELEZIONI DEL RETTORE -
UNIVERSITA' DI BOLOGNA |
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Prima
tavola rotonda- 17 marzo 2015 |
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Prof. Sergio Brasini
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Prima tavola rotonda - 17 marzo 2015
TRE RELAZIONI FONDAMENTALI :
"Didattica: struttura e funzionamento delle Scuole"
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Studente G. Montanari
Professori S. Gandolfi e S. Brasini
(Presenti i Candidati - Rettore) |
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OBIETTIVO: ACQUISIRE FATTI e MISFATTI
del nuovo Statuto di Ateneo e della legge Gelmini |
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Prof. Stefano Gandolfi
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Prof. Sergio
Brasini, VicePresidente Scuola di Economia, Management e Statistica di
Rimini, Membro del Consiglio di Campus di RIMINI
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Dopo
i primi tre anni di sperimentazione del nuovo modello di organizzazione della didattica |
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STATO DI SALUTE
di Scuole e Commissioni Paritetiche
a RIMNI
1.- Intervengo a questo primo
incontro sul tema
della didattica parlandovi della mia esperienza come Vicepresidente della
Scuola di Economia, Management e Statistica nella sede di Rimini a partire
dallottobre 2012.
Quando sono stato designato a ricoprire questo ruolo
lAteneo si trovava ad affrontare limplementazione del nuovo modello
organizzativo della didattica, a seguito della modifica statutaria del 2011 - in
ottemperanza della Legge 240/2010 - e dellentrata in vigore dei successivi
regolamenti attuativi. In particolare erano appena state eliminate le preesistenti 23
Facoltà per dare vita a 11 Scuole, articolate a loro volta in 20 Vicepresidenze, e a 7
Unità di Servizio Didattico.
Il primo obiettivo del mio mandato - e di sicuro il più
importante - è stato quello di far sì che il processo di trasformazione in atto
avvenisse senza ricadute negative per gli studenti, i nostri veri e insostituibili
stakeholders, assicurando la piena operatività della struttura.
In particolare mi sono sempre impegnato affinché agli studenti
dellAlma Mater fossero assicurati spazi didattici adeguati ed erogati servizi del
medesimo standard qualitativo e quantitativo in tutte le sedi del Multicampus.
Uno degli aspetti più delicati da gestire in questa
prima fase è stato quello di coordinare la riorganizzazione delle attività del personale
tecnico e amministrativo della Vicepresidenza, in buona misura disorientato entro un nuovo
assetto subito passivamente piuttosto che condiviso attivamente secondo modalità
partecipate.
Il fatto che lAteneo non sia riuscito fin dal primo
momento a comunicare adeguatamente al personale il nuovo modello organizzativo, in modo
che ne potesse condividere con cognizione di causa gli obiettivi, ha posto le basi per
potenziali disallineamenti e disservizi nellapplicazione delle nuove procedure, in
un contesto reso già assai complicato dalla diaspora di chi lavorava da
sempre nelle Facoltà tra Scuole e Unità di Servizio Didattico.
Al tempo stesso in quei primi mesi si è verificata una
congiuntura decisamente sfavorevole, perché linsediamento di Presidenti e
Vicepresidenti di Scuola è stato abbinato ad una rotazione integrale fatta eccezione
per Lettere - dei Responsabili gestionali delle nuove strutture di raccordo rispetto ai
luoghi dove avevano prestato servizio negli ultimi anni.
Se mi consentite il paragone, ci si è trovati nella
stessa situazione di un Governo di fresca nomina, formato da Ministri al loro primo
mandato, che avesse deciso di spostare ad altro dicastero tutti i Direttori generali,
facendo venire meno ogni elemento di continuità nellazione amministrativa.
Per quanto mi riguarda non avevo alcuna esperienza nella
direzione di una struttura complessa, perché non avevo mai ricoperto il ruolo di Preside
di Facoltà o di Direttore di Dipartimento, ma ero reduce da due mandati
consecutivi come Presidente del Corso di Laurea triennale in Finanza, Assicurazioni e
Impresa nella sede di Rimini.
2.- Il tempo trascorso dalla mia nomina a Vicepresidente
rappresenta un periodo sufficientemente lungo per provare a tracciare un primo
bilancio sullefficacia del modello di interazione tra Dipartimenti e Scuole
adottato da UniBo.
a) Una prima considerazione che mi sento di proporre è quella che
lAteneo ha commesso un errore adottando regole stringenti ed uniformi per tutte le
realtà didattiche.
Il Magnifico Rettore Ivano Dionigi ha lamentato più volte
pubblicamente il fatto che la Legge 240/2010 avesse - tra le sue lacune principali -
quella di imporre la stessa taglia a tutti gli Atenei italiani, attraverso una
serie di minuziose disposizioni numerologiche da applicarsi sempre e comunque, a
prescindere da dimensioni, storia e reputazione.
Allo stesso modo lAlma Mater ha commesso a mio avviso
lerrore di creare strutture di raccordo di secondo livello come le Scuole anche in
situazioni nelle quali i Dipartimenti sarebbero stati in grado di gestire autonomamente
lintera offerta formativa, senza dover sottostare a fastidiose duplicazioni e/o
sovrapposizioni di competenze (penso, ad esempio, ai casi di Giurisprudenza, Psicologia,
Scienze della Formazione, Agraria, Veterinaria, ecc.).
Secondo la mia opinione le Scuole andrebbero
conservate solo laddove la dimensione organizzativa impatta fortemente con la necessità
di coordinare Dipartimenti di grande complessità gestionale (ad esempio Medicina), oppure
si intreccia con quella territoriale dellassetto Multicampus (ad esempio Ingegneria,
Economia, Scienze Politiche). In questultimo caso la Scuola assolve al ruolo
importante di farsi garante della uniformità degli standard di erogazione della didattica
e dei servizi in favore degli studenti su tutte le sedi.
Questa è unesigenza che io ho avvertito con forza nella
Scuola di Economia, Management e Statistica, nata dalla fusione di 4 Facoltà
preesistenti, localizzata su 3 sedi diverse (Bologna, Forlì e Rimini) e caratterizzata
dalla presenza di ben 28 Corsi di Studio.
3.- Proprio sul ruolo dei Coordinatori di Corso
di Studio nella nuova organizzazione della didattica vorrei svolgere ora alcune
riflessioni riallacciandomi a quanto lucidamente proposto poco fa dal Prof. Gandolfi nel
suo intervento.
I Coordinatori sono divenuti il pilastro fondamentale
dellAteneo in questa fase storica e costituiscono la pietra angolare
dellintero ciclo di attività a supporto del processo di assicurazione di qualità
dei Corsi di Studio secondo gli standard predisposti da Anvur. Hanno assunto sulle loro
spalle compiti gravosi e oneri pressanti che riguardano molteplici dimensioni, dalla
progettazione/revisione dei piani didattici e dei curricula alle proposte di copertura
nelle diverse fasi della programmazione didattica, dallattività di orientamento
nelle scuole secondarie superiori alla gestione dei test dingresso, dai rapporti con
aziende e istituzioni per favorire le opportunità di tirocinio alle iniziative collegate
ai servizi di job placement. In buona sostanza sono i referenti primi degli studenti
per qualunque tipo di esigenza.
Da tutto questo è conseguito un dispendio enorme di energie
lavorative, spesso non preventivato, con pesanti ricadute potenzialmente negative sulla
produttività scientifica e sulla capacità di attrarre fondi di ricerca di natura
competitiva.
Limpatto di questa situazione è stato amplificato
dal fatto che non di rado lonere di ricoprire il ruolo di Coordinatore è ricaduto
su professori associati - o addirittura su ricercatori - anziché su professori ordinari.
Compiti così impegnativi come quelli attualmente richiesti
dallAteneo ai Coordinatori dovrebbero essere prioritariamente assolti da colleghi
che hanno già raggiunto lapice della propria carriera accademica, e che quindi
potrebbero con maggiore serenità e migliore disposizione danimo
devolvere parte della loro capacità produttiva allIstituzione.
Ma purtroppo non sempre come già detto questo avviene
nella realtà dei fatti. Ad esempio nella Vicepresidenza della Scuola di Economia,
Management e Statistica di Rimini allinizio del mio mandato su 7
Coordinatori solo uno era ordinario, mentre 5 erano associati e uno ricercatore.
Il problema ha unincidenza decisamente superiore in
Romagna, dove percentualmente i docenti di prima fascia sono meno numerosi.
A poco è servito inoltre che, al momento di bandire le
procedure per le progressioni di carriera tramite scorrimenti interni (i cosiddetti
articoli 24), UniBo abbia emanato linee guida che invitavano i Dipartimenti a tenere conto
anche della copertura di incarichi istituzionali da parte dei candidati, perché il peso
largamente predominante se non addirittura esclusivo - nella valutazione complessiva
rimane quello collegato alla produttività scientifica. Proseguendo di questo passo, sono
convinto che lAteneo si troverà tra poco a dover fronteggiare un gravissimo
problema di disponibilità ad assumere lincarico di Coordinatore di Corso di Studio.
Senza un efficace sistema di supporto amministrativo - per
ora spesso assente - da un lato, e senza un credibile e condiviso sistema di incentivi
dallaltro, più nessun collega desidererà spontaneamente di ricoprire
questo ruolo. |
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Studente Guglielmo Montanari Ing |
Relazione Studente, sulla didattica
(Studente: Guglielmo Montanari)
1.- La didattica è il punto di partenza e di arrivo di ogni struttura
universitaria. Come avrete gia' avuto modo di leggere, i temi degli altri incontri
saranno: democrazia e trasparenza, spazi e servizi, ricerca; paragonata a questi, che
certo sono pilastri della realta' universitaria, e' evidente quanto questa ne sia il perno
centrale, nonche' incarnazione del senso stesso della universita' .
Eppure abbiamo scelto di partire da tale argomento,
perche', nonostante la sua centralita', ancora oggi questo aspetto viene tramandato
immutato nella sostanza, di generazione in generazione di docenti e di studenti, senza che
ci si domandi criticamente come sia variata, in questi anni, la richiesta didattica della
popolazione studentesca.
Con una battuta si potrebbe dire che la didattica di oggi sia rimasta al
1088 d.C.
L'Alma Mater Studiorum e' considerata la prima universita' dell'Europa
continentale. Essa rappresentava il centro di formazione dei docenti ed un modello di
riferimento per l'innovazione didattica. Attualmente, invece, ci avvaliamo di un modello
che non tiene sufficientemente conto ne' del contesto in cui opera ne' delle diverse
realta' accademiche con cui si rapporta.
Certamente, e' noto a tutti che l'Alma Mater sia al primo posto tra le
universita' italiane cosi' come evidenziato dal QS World University Rankings e dalla
classifica nazionale stilata dal Censis.
Tuttavia, questo primato nei confronti delle "
concorrenti" sul territorio nazionale non ci convince.
Noi, i cosiddetti "generazione Erasmus", abbiamo viaggiato,
abbiamo conosciuto altre realta' ed abbiamo sviluppato un punto di vista critico. Tornati
in Italia, abbiamo "aperto gli occhi". Il contesto italiano ha antichissime
tradizioni perpetrate con dedizione ed inserite in un sistema autoreferenziale scarsamente
autocritico e poco aperto al confronto con realta' diverse dalla propria. Ci rendiamo
conto che il prestigio di cui meritatamente si fregia l'Alma Mater non puo' riferirsi
solamente alla sua storia, ma e' uno status dinamico che deve essere costantemente
perseguito. Non un punto di arrivo quindi, quanto un punto di partenza. Da qui scaturisce,
forte, la necessita' di rimettere in discussione molti aspetti della didattica.
Occorre prendere atto che la sola lezione frontale non e' piu'
sufficiente, o meglio non puo' essere la regola aurea su cui costruire tutti gli
insegnamenti. Questo strumento, usato spesso in maniera passiva e omogenea, non basta a
valorizzare la ricchezza delle discipline. Inoltre, l'unidirezionalita' del rapporto tra
docenti e studenti che tale modello produce, limita, sin dal primo impatto con il mondo
universitario, una partecipazione piu' attenta e attiva da parte della comunita'
studentesca.
D' altronde, sarebbe sbagliato limitarsi a ricalcare modelli di altri
Paesi, che non terrebbero conto della realta' italiana.
Chiediamo si' maggiore attenzione agli aspetti pratici, laboratoriali e
di innovazione, al contesto internazionale ed al mondo del lavoro, ma non e' nostra
intenzione prendere come riferimento gli atenei ai primi posti delle classifiche
internazionali, ma che di fatto si vedono costretti ad importare i "cervelli in
fuga" formatisi nel nostro Paese.
La nostra non vuole essere esclusivamente una critica, vuole piuttosto
essere una proposta di integrazione ed aggiornamento, necessaria in un contesto
globalizzato come quello attuale. Brutalmente parlando, rinnovamento della didattica non
vuol dire solo adottare nuovi mezzi tecnologici. Non bastano sicuramente un proiettore e
due slides per innovare.
Siamo qui per cogliere questa occasione. Per manifestare alla nostra
comunità accademica la richiesta didattica che, tramite noi, il corpo studentesco rivolge
al futuro rettore e al corpo docente.
Elezioni del Rettore dell'Università di Bologna COMITATO STUDENTI e DOCENTI
Per il riesame dello Statuto di Ateneo
(BOLOGNABLOGUNIVERSITY, PROMETEO, FORNOFILIA E FILATELIA,
SINDACATO DEGLI UNIVERSITARI, UDU FORLI', L'ALTRA BABELE, UNIVERSITAS News", CNU -
COMITATO NAZIONALE UNIVERSITARIO)
DOCUMENTO COMUNE
Bologna 27 feb. 2015
In vista delle elezioni del nuovo Rettore dell'Unibo, il 27
feb. 2015 ha avuto luogo una riunione di alcune Associazioni degli studenti, alla quale
hanno partecipato la prof.ssa Anna Maria Di Pietra della Associazione docenti aderenti al
CNU e il prof. Nino Luciani, direttore del Foglio On Line UNIVERSITAS News, quale
espressione della società civile. I convenuti, dopo una libera discussione, hanno
concordato i seguenti punti:
1) apertura di un dibattito nell'Ateneo, nel quale tutti possano
riferire come il nuovo statuto ha funzionato nelle varie strutture (Scuole, Dipartimenti,
Servizi agli studenti), sia dal punto di vista degli studenti, sia dal punto di vista dei
docenti e ricercatori. In particolare, la discussione sarà articolata in quattro tavole
rotonde (rispettivamente per ciascuna delle tematiche sotto indicate), con relazione
introduttiva di uno studente e di un docente, ed aperte a tutti coloro (studenti,
professori) che volessero partecipare. Agli incontri, saranno invitati, come osservatori,
i candidati-rettore e i segretari dei Sindacati Universitari.
2) Negli incontri saranno discusse le seguenti
tematiche, in via Belmeloro 14, Aula G, :
a) didattica (struttura e funzionamento delle
Scuole), il 17 marzo 2015, ore 17 ;
b) democrazia e trasparenza (funzionamento degli Organi di
Ateneo, Consigli delle Scuole e dei Dipartimenti, Consigli di corso di laurea; pubblicità
dei verbali, bilanci), il 31 marzo 2015, ore 17 ;
c) spazi e servizi (segreterie studenti, Uffici didattici, mense,
sale studentesche) , il 14 aprile 2015, ore 17;
d) ricerca (struttura e funzionamento dei Dipartimenti), grandi
filoni di ricerca, risultati negli ultimi anni, destinazione del 5 °/°°, il 28 aprile
2015, ore 17;
e) SEGUIRA' INTERVISTA AI CANDIDATI - RETTORI, il 5
maggio 2015, ore 10 (aula Prodi, Piazza S. Giovanni in Monte)
3) Sarà costituito un Comitato promotore delle elezioni primarie
del candidato rettore, da svolgersi tra gli studenti. Il Comitato dovrebbe essere composto
da tutte le associazioni (disponibili) di rappresentanza studentesca.
4) Alla fine degli incontri sarà fatto un documento politico,
quale apertura delle elezioni primarie. |
|
Prof. Stefano Gandolfi, Coordinatore Corso di Laurea I.A. Scuola di
Ingegneria e Architettura di BOLOGNA
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Didattica, Risorse umane ai Coordinatori di Corsi di Studio, Valorizzazione
dell'impegno istituzionale, Revisione ruolo delle Scuole |
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1.- Il Docente virtuoso. Mi è stato chiesto di
parlare di DIDATTICA (uno dei pilastri, forse il più importante, su cui si regge
l'Università). Senza il trasferimento delle conoscenze alle nuove generazioni non vi può
essere progresso.
a) Dal punto di vista della didattica. Mi è stato chiesto
di parlare della didattica sia dal punto di vista di docente che dal punto di vista di
Coordinatore di Corso di Studio.
La mia esperienza Accademica inizia nel 2000 come ricercatore, e dal 2006
sono Professore Associato in Geomatica.
Dal 2013 ho assunto anche il ruolo di Coordinatore del Corso di Studio in
Ingegneria per l'Ambiente ed il Territorio. Non ho avuto il tempo per confrontarmi
con i colleghi e dunque quanto riporto è frutto delle mia esperienza e percezione.
Più volte però in passato mi sono trovato a discutere di questo argomento
con colleghi trovando ampie convergenze sia sulle cose positive che su quelle su cui si
può migliorare.
Credo che la didattica sia il mio compito principale e l'Università, per gli
ultimi livelli di istruzione, è lo strumento creato per far sì che ciò sia possibile.
L'organizzazione complessiva della didattica è certamente articolata perché
molteplici sono le funzioni direttamente o indirettamente legate alla didattica. L'Ateneo,
le Scuole, i Dipartimenti, i Consigli di Corso di Studio/Laurea sono organi che assieme,
se ben coordinati, consentono di erogare una offerta formativa ampia, articolata,
strutturata e dunque utile a chi vuole formarsi in modo completo.
Ogni docente per quanto bravo è comunque parte di un sistema che, se ben
funzionate, gli permette di esprimersi al meglio delle proprie capacità ed in sinergia
con i colleghi, e dunque svolgere bene il proprio lavoro.
Questi organi fondamentali non sono però quelli che "giocano in prima
linea", in prima linea c'è, ed è giusto che sia così, il docente quando
entra in aula e fa lezione.
La didattica percepita dallo studente è quella erogata dal Docente. Ho
provato a riflettere quindi sul concetto di "bravo docente"
partendo dal fine che esso deve raggiungere, ossia poter insegnare allo studente metodi di
apprendimento che gli consentano di essere competitivo in un mondo del lavoro sempre in
evoluzione e nozioni che gli consentano di non dover proprio iniziare da zero.
Prima di tutto però il docente deve sapere innescare curiosità
verso la disciplina che insegna, deve sapere stimolare gli studenti. Per
fare questo deve essere aggiornato e dunque deve poter fare ricerca nelle materie che
insegna e non in quelle che gli permettono di essere più "competitivo" per
soddisfare requisiti molte volte indicati dal MIUR. Quindi il Docente non solo insegna ma
ha un ruolo più articolato e complesso.
A mio modo di vedere il Docente virtuoso è colui che:
- " Insegna bene;
- " rispetta gli studenti (innescando quindi anche una empatia capace di
coinvolgere ed appassionare gli studenti);
" fa ricerca;
" partecipa alla vita istituzionale dell'Università (commissioni di
Corso di Studio, Consigli di Corso di Studio, Commissioni di Dipartimento, Consigli di
Dipartimento, Commissioni di Ateneo, etc
);
- e se viene chiamato a svolgere compiti di coordinamento a diversi livelli,
si impegna affinché il ruolo che gli è stato assegnato possa essere svolto al meglio
delle proprie capacità;
- " fa trasferimento tecnologico;
- " recupera finanziamenti che consentono di fare ricerca ma soprattutto di
sostenere i propri collaboratori per qualche tempo. La ricerca viene principalmente svolta
dai giovani Dottorandi, Assegnisti e ricercatori.
Un mio laureando qualche anno fa mi disse: "non credevo che un
docente svolgesse così tante altre attività oltre alla docenza". Gli risposi:
"Anche io!"
2.- La lista che ho riportato è una sintesi che
potrebbe allungarsi molto
, quindi la didattica che spazio occupa?
Spesso confrontandomi con colleghi mi sento dire che il momento in cui si va a
lezione è quello in cui ci si "diverte", e personalmente mi pare sia una
bellissima cosa perché se una cosa piace è probabile che riesca anche bene.
Altri, più pragmatici invece vivono la didattica
come un peso che si deve "sopportare" per poter fare altro. Personalmente credo
che questi colleghi abbiano sbagliato mestiere. L'Università non è il CNR,
l'INGV, l'INFN o l'ASI. Quegli Enti devono pensare solo alla Ricerca, noi no.
L'Università ha un ruolo molto differente e a guardare bene le cose,
ci rendiamo conto che " forma certamente futuri professionisti competenti, "
forma ricercatori, " ma soprattutto forma la classe dirigente del futuro prossimo
(non è un onere da poco!) notate che ho usato sempre la parola "forma"
Questo è il punto di partenza della mia riflessione.
Ed allora parliamo di didattica a partire dal basso dal corpo docente
per poi salire su fino all'Ateneo.
Nella mia riflessione ho cercato di porre attenzione su cosa ritengo
sia importante rispetto ai parametri utilizzati per valutare la qualità di un buon
docente oggi in vigore nell'Ateneo di Bologna e in generale al MIUR.
3.- IL DOCENTE. Il Docente virtuoso viene
valutato per:
- " Finanziamenti ottenuti;
- " Pubblicazioni scientifiche;
- NON per la " Qualità della Didattica e per il resto (tempo
dedicato dai Responsabili, alla organizzazione ), anche se il resto occupa il
50/60/70 % del tempo.
Però se gli indici di ricerca del docente sono bassi:
- " non entra più nei Collegi dei docenti di Dottorato;
- " acquisisce meno finanziamenti ordinari;
- " non ha condizioni significativamente privilegiate nelle progressioni di
carriera " etc..
Tutto questo pare quasi voler inviare un messaggio:
Certi ruoli non contano, non sono fatti per i giovani ricercatori che
hanno energie ed ambizioni perché saranno di fatto un ostacolo alla propria progressione
di carriera e alla gratificazione lavorativa.
Chi è furbo sta alla larga da qualsiasi impegno che non sia riconducibile
direttamente o indirettamente a finanziamenti o a possibilità di fare ricerca o a
possibilità di ottenere risorse umane.
Ma vorrei ricordare che tutti i ruoli sono fondamentali per
mantenere in piedi l'intero castello e consentire agli studenti di formarsi ad un livello
in linea con le aspettative (o meglio, al meglio delle nostre capacità).
L'Ateneo ha premiato i ricercatori che hanno coordinato progetti di ricerca
internazionali e a loro vanno le mie più sincere congratulazioni, ma magari queste
persone non hanno mai speso nemmeno 10 minuti del loro tempo prezioso per commissioni e
comitati di varia natura!!! E' giusto?
Ma per fare bene la didattica ci devono anche esserci i giusti presupposti:
- " Aule decorose;
- " Orari Ragionevoli ";
- Monte ore adeguato.
Dal 2000 ad oggi la situazione è cambiata molto e i
docenti che insegnavano 15/20 anni fa avevano condizioni operative molto più
"semplici".
In parte la colpa è stata anche dei docenti e di chi li ha governati. Aver
fatto spesso programmazione di risorse sulla base delle sofferenze didattiche ha portato
ad una "corsa" ad aumentare il numero di ore per tutti i SSD con il risultato
che ora stiamo tutti peggio.
Certo, un adeguamento era auspicabile (le tecnologie hanno fatto passi da
gigante e ampliare un po' l'offerta formativa è stato anche positivo) ma non credo che
questa sia stata la principale motivazione della lievitazione dei corsi.
Inoltre l'aver ridotto sulle lauree magistrali il numero di ore frontali da
10 ad 8 per ogni CFU (ingegneria ha fatto questa scelta) ha messo a posto la forma
(criteri di sostenibilità) ma non credo sia stato poi declinato nel modo corretto da
parte dei docenti che forse hanno semplicemente aumentato la velocità di insegnamento per
comprimere (ciò che facevano in 60 ore) in 48, con conseguente danno per gli studenti. In
altri termini se la didattica è davvero importante (e lo è) allora credo che debba
essere importante sempre. |
( SEGUITO),
4.- Cè unaltra anomalia che vorrei segnalare a
proposito dei Coordinatori:
- solo una ristretta minoranza di questi ha lopportunità di
far parte dei Consigli di Scuola.
Questa circostanza fa sì che i colleghi in questione non
abbiano la possibilità concreta di presidiare dallinizio alla fine delliter
amministrativo il percorso di delibere e provvedimenti che riguardano da vicinissimo la
vita dei Corsi di Studio. Nel caso della Scuola di Economia, Management e Statistica i
Coordinatori non membri del Consiglio sono invitati come uditori solo in occasioni
particolari, che riguardano prevalentemente lapprovazione dei Rapporti di riesame
dei Corsi di Studio e della Relazione annuale della Commissione Paritetica.
Solo da pochi mesi la Scuola ha reso fruibili a tutti i
Coordinatori spazi telematici virtuali dove, accedendo tramite le proprie credenziali
istituzionali, hanno lopportunità di consultare ex post verbali e delibere, ma non
ancora i preverbali dei Consigli prima del loro svolgimento.
Collegandomi al tema dei Consigli di Scuola,
posso affermare che la partecipazione alle riunioni è stata per me unesperienza
spesso frustrante, a causa delle modalità pressoché obbligate di svolgimento delle
sedute.
Al di là del problema già citato della duplicazione di competenze
tra Dipartimenti e Scuole, le riunioni sono caratterizzate da un approccio eccessivamente
burocratico che lascia poco spazio alla dimensione della riflessione strategica. Perciò i
membri del Consiglio che non siano anche Coordinatori di Corso di Studio hanno abbandonato
progressivamente e inesorabilmente la loro partecipazione attiva. Gli stessi Piani
triennali delle Scuole rappresentano soprattutto una fotografia delle modalità secondo le
quali è stato articolato il sistema di scambio di flussi documentali in essere tra le
diverse strutture coinvolte dal ciclo della didattica (cioè una sorta di mansionario),
senza riuscire ad essere anche documenti a forte impronta progettuale sui contenuti e
sugli obiettivi dellofferta formativa e sul modello al quale tendere
nellerogazione dei servizi in favore degli studenti.
Come ulteriore aspetto di questa riflessione
vorrei sottolineare che in seguito allimplementazione del bilancio unico di Ateneo,
allormai imminente adozione del nuovo sistema di contabilità economico-
patrimoniale e, più in generale, allinarrestabile tendenza allaccentramento
sulla sede di Bologna di qualsiasi processo di natura amministrativa e gestionale, è via
via diminuita la reattività e lefficienza delle Vicepresidenze di Scuola presenti
in Romagna rispetto alla propria utenza.
Posso fare alcuni esempi concreti che riguardano i tempi
di pagamento degli studenti part-time, dei tutor dei Corsi di Studio e dei tutor didattici:
se fino a qualche anno fa la liquidazione in loco dei mandati richiedeva pochi giorni, ora
le procedure gestite direttamente da Arag necessitano anche di più di un mese nel caso si
verifichi un qualsiasi imprevisto di percorso nel passaggio delle informazioni a Bologna.
Unaltra situazione paradossale che mi sembra importante
segnalare è la difficoltà da parte dellAteneo ad individuare una soluzione idonea
per rimborsare integralmente le spese sostenute dagli studenti romagnoli
eletti a far parte di Organi Accademici - Consiglio Studentesco, Consiglio di Scuola,
Commissione Paritetica, Consiglio di Dipartimento - che si riuniscono nella sede di
Bologna. Si tratta di un problema che mina alla radice il senso del concetto stesso di
rappresentanza.
Anche la partecipazione ad eventi di orientamento organizzati
dallAlma Mater a Bologna - quali AlmaOrienta e lOpen Day delle Lauree
magistrali internazionali da parte di studenti e tutor dei Corsi di Studio con sede in
Romagna in qualità di testimonial è stata resa di fatto impossibile fino ad un mese fa
per insormontabili difficoltà a fornire una copertura assicurativa e a rimborsare le
trasferte.
Solo il recente intervento del Direttore Generale,
che ha concordato una soluzione praticabile con il Collegio dei Revisori dei Conti -
ovvero lassegnazione agli studenti di un incarico gratuito per lo svolgimento di
attività di orientamento -, ha permesso di sbloccare la situazione, ponendo fine ad
unodiosa discriminazione tra Corsi di Studio dello stesso Ateneo.
5. Per concludere vorrei toccare il tema del funzionamento delle
Commissioni Paritetiche.
- Un primo aspetto che a mio avviso va risolto prioritariamente
è quello della disponibilità con congruo anticipo del preverbale e di tutti gli allegati
per i membri delle Commissioni. Infatti per ogni componente, ma a maggior ragione per le
rappresentanze studentesche, è particolarmente importante leggere ed analizzare per tempo
la documentazione, in modo da poter restituire un parere consapevole e informato.
Troppo spesso accade invece che i Dipartimenti di riferimento
dei Corsi di Studio trasmettano allultimo minuto i materiali da esaminare, in
particolare gli allegati, trasformando la loro approvazione in un mero atto di fiducia nei
confronti dellIstituzione.
Inoltre ho avvertito spesso limpressione che gli
argomenti oggetto di trattazione si concentrino per lo più solo su aspetti burocratici,
compresi i vari adempimenti connessi al ciclo dellassicurazione di qualità - tema
peraltro di per sé rilevantissimo.
Mi pare che resti ben poco tempo per affrontare altri temi che
sicuramente stanno anchessi molto a cuore della componente studentesca:
- il diritto allo studio;
- la parcellizzazione e la frammentazione dei saperi che ha
caratterizzato lapplicazione delle ultime riforme del sistema universitario;
- ladozione e la sperimentazione di forme innovative di
didattica;
- lefficacia dei test di ingresso e di orientamento in
relazione allandamento delle carriere scolastiche;
- le conseguenze dellimposizione di numeri programmati a
livello locale per laccesso ai Corsi di Studio;
- limpatto di eventuali deroghe in tema di numero di appelli
(rispetto a quanto disposto dal Regolamento Didattico di Ateneo) sulla regolarità e sulla
durata dei percorsi di studio; ecc. Per
stimolare il contributo e la partecipazione attiva della rappresentanza studentesca in
Commissione Paritetica mi piacerebbe che almeno un paio di volte allanno la
definizione dellordine del giorno delle sedute venisse affidata proprio a questa
componente, che potrebbe farsi carico anche di istruire i riferimenti con il supporto dei
docenti. In conclusione voglio ringraziare di nuovo il Comitato per lElezione del
Rettore e i tre candidati oggi presenti per lopportunità che mi è stata data di
restituirvi - almeno in parte - la mia intensa esperienza di questi ultimi tre anni.
Sergio Brasini |
( SEGUITO).
4.- IL COORDINATORE. Passo ora invece dal punto di del
coordinatore di Corso di Studio:
Il Consiglio di Corso di Studi (Laurea) è l'istituzione fondamentale per la
Didattica. Lì si progettano i piani didattici, si valutano le
possibilità di cambiamenti per essere sempre vicini alle varie esigenze (anche quelle del
mercato del lavoro).Il Consiglio di Corso di Studi ha un Coordinatore e può dotarsi di
Commissioni. Non è dotato di un supporto tecnico amministrativo ma si deve interfacciare
di volta in volta con: " Segreteria Studenti " Scuola " Vicepresidenza di
Scuola " DIRI " Presidio di Qualità di Ateneo "
. A nessuno dei
partecipanti alla gestione del corso di studi viene riconosciuto nulla (nemmeno al
Coordinatore). Personalmente negli ultimi 3 anni l'impegno profuso per il corso di studi
che coordino si aggira sul 60% del tempo residuo dopo la didattica.E'
il mio primo lavoro! E' un lavoro delicato dove si devono tenere assieme tanti aspetti e
che da grandi soddisfazioni a livello umano. Di cosa si occupa un Consiglio di Corso di
Studio e quali sono le attività che orbitano attorno ad esso? Di seguito un breve elenco:
" Controllo di Qualità del Corso di Studi " Progettazione annuale "
Gestione pratiche studenti " Gestione studenti internazionali " Gestione orario
delle lezioni " SUA CDS " Gestione ERASMUS " Orientamento (Almaorienta,
Open Day) " Accordi di Doppio titolo " Partecipazione a riunioni istituzionali
di varia natura " Consultazione delle parti sociali " Piani di Studio e sono
solo le principali attività che mi sono trovato a coordinare e che, nonostante disponga
di commissioni efficienti, richiedono sempre e comunque di un sostegno costante e tempo.
Queste sono solo le principali attività che mi sono trovato a
coordinare e che, nonostante disponga di commissioni efficienti, richiedono sempre e
comunque di un sostegno costante e tempo.
Conclusione: per questa ragione (ma potrebbe anche essere un
alibi) il mio numero di pubblicazioni è crollato, gli indici crolleranno (perché hanno
un po' di inerzia), i finanziamenti si sono quasi annullati e ho la percezione
che la mia decisione di candidarmi a quel ruolo sia stata decisamente non saggia.
Attenzione, non parlo di riconoscimenti di natura
economica, e non vorrei nemmeno prendere in considerazione il possibile sgravio di 30 ore
di didattica (come, mi togliete proprio la cosa che mi piace e per cui sono qui?!).
Certo, ho imparato molto e personalmente sono cresciuto, vedo l'Ateneo e la
mia professione con occhi diversi ma non ho dato prospettive ai miei dottorandi, ho
impattato negativamente sul mio raggruppamento e non mi sono nemmeno arricchito
economicamente.
5.- Ora la mia domanda è: ma alla luce di
questo chi mai vorrà ricoprire questo ruolo in futuro?
Io scado quest'anno e onestamente non so se veramente avrò gli stimoli e le
motivazioni per ripresentarmi.
Detto questo non ho rimpianti per la scelta fatta quattro anni fa, la
rifarei perché sono appassionato ed innamorato del mio lavoro e nonostante tutto credo di
aver fatto la scelta giusta. Credo che un docente debba considerare parte integrante della
propria attività anche la partecipazione alla vita Accademica, via via a livelli sempre
più impegnativi.
Ma credo anche che l'Ateneo non possa fare finta di nulla. Credo che il
futuro Rettore su questo aspetto debba dedicare molta attenzione perché c'è il rischio,
se si continua a ragionare come si è fatto fino ad oggi, che nessuno vorrà più
ricoprire certe cariche senza le quali l'Università crollerebbe.
Ancora peggio, se non si inizia a partecipare alla vita collegiale del Corso
di Studi, della Scuola del Dipartimento e dell'Ateneo, partendo dal basso, si rischia di
non riuscire a creare nemmeno una classe dirigente all'altezza di governare una
istituzione tanto alta come l'Ateneo.
Non ci si improvvisa:
- Coordinatore di Corso di studi;
- Direttore di Dipartimento ;
- Presidente di una Scuola;
- Prorettore;
- Rettore .
Ma questo, i candidati rettore lo sanno
bene, e quindi anche chi partecipa ai comitati e le commissioni deve avere un corretto e
proporzionato riconoscimento.
6. Rapporto tra Scuole e Dipartimenti. La domanda che
potremmo porci è:
- come la didattica si interfaccia con Scuole e Dipartimenti?
Ma a mio avviso il problema è diverso. Forse ci si dovrebbe porre questa
domanda:
" Qual è il ruolo delle Scuole considerando i nuovi poteri attribuiti ai
Dipartimenti?
A mio avviso le Scuole ora, così come sono strutturate, sono "poco
utili" anzi un peso solo formale che i Dipartimenti devono sopportare.
Solo il fatto che "esprimano pareri" la dice
lunga sul reale ruolo delle scuole.
Prima, c'erano fondamentalmente due entità che si bilanciavano: i
Dipartimenti per la Ricerca le Facoltà per la Didattica; e, se i Dipartimenti gestivano
la parte economica, le Facoltà avevano potere sulla programmazione.
Prima la Facoltà aveva anche potere sulla gestione delle
infrastrutture mentre ora tutto è passato in mano ad AUTC.
I poteri e le capacità economiche che prima la Scuola (Facoltà) aveva ora
non ci sono più
e senza ne autonomia decisionale ne risorse è difficile
conservare un ruolo di centralità.
Il rischio nell'aver dato tutto in carico ai Dipartimenti è che le
logiche che portano all'attribuzione di risorse ad un settore piuttosto che ad un altro
possano essere governate anche da questioni legate a pseudo virtuosismi di cui sopra ..
Chi porta molte risorse e può decidere se veicolarle su un centro
piuttosto che su un altro può anche avere una posizione di peso differente da chi non ha
finanziamenti.
Va però riconosciuto che un Dipartimento è in grado di avere una
visione complessiva immediata e prendere decisioni più rapidamente rispetto alle ex
Facoltà
ovviamente tutto dipende sempre dal profilo di chi governa la struttura.
Ed allora forse sarebbe meglio indicare, secondo il mio punto di vista, come
potrebbe essere ridisegnato il compito di una Scuola.
Credo che la Scuola debba rimanere (forse come "ombrello" per
definire identità culturali affini), ma credo anche che si debbano ridefinirne i compiti
in modo più chiaro con alcuni (magari pochi) poteri decisionali ben definiti.
7.- STUDENTI L'ultima questione riguarda gli studenti. Quale
istituzione "vedono" gli studenti? Chi sono i referenti degli studenti?
Generalmente gli studenti non hanno chiara la distinzione tra Corso di
Laurea, Dipartimento o Scuola. La loro interfaccia naturale è sempre il singolo docente,
od eventualmente il Coordinatore di corso di studi perché è lui che gli risolve i
problemi e lo supporta nel suo percorso. Spesso è lui che lo indirizza all'ufficio
corretto o gli spiega come fare per risolvere alcuni problemi.
La Scuola si presenta come entità nei momenti di Orientamento
poi di
fatto non esiste più.
Il Dipartimento forse si inizia a percepire come entità negli ultimi
anni di studio durante la preparazione delle tesi.
Ma tutto sommato credo sia anche giusto così, tutti quegli organi
possono giocare un ruolo importantissimo e fondamentale anche se non hanno una visibilità
diretta. E' proprio questo il loro compito come l'arbitro in una partita di un qualsiasi
sport. Quando nessuno si lamenta allora significa che ha arbitrato bene.
8.- Conclusioni. Detto questo al futuro Rettore
chiederei di:
- " Ridare Centralità alla Didattica e a chi si adopera perché
questa continui a funzionare in modo corretto e soddisfacente (componenti di commissione,
coordinatori etc..);
- " Prevedere di assegnare anche risorse umane ai Coordinatori di Corso di
Studio perché il carico di lavoro attuale è oggettivamente particolarmente gravoso;
- " Considerare l'impegno istituzionale (con gradi differenti) soprattutto
laddove tale impegno non porti direttamente o indirettamente a qualche vantaggio;
- " Rivedere il ruolo delle Scuole (e le sue funzioni);
- " Provare a cambiare certe tendenze del MIUR a considerare solo alcuni
aspetti e non altri ai fini delle abilitazioni, dell'attribuzione delle risorse etc.. per
poter rendere interessanti anche l'occupazione di posizioni attualmente molto
penalizzanti. Stefano Gandolfi |
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MENTRE TUTTORA SI DISCUTE DEI DANNI
ALL'UNIVERSITA' ITALIANA, DALLA LEGGE GELMINI |
Università del Salento
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dal "CORRIERE DELLA SERA, 27 ottobre 2014"
Notizie sulla Università del Salento |
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Gian Antonio Stella*,
Insegnavi a Yale? Mettiti pure in coda
AllUniversità del Salento più punti a chi ha avuto cattedre nei nostri
atenei |
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*Nato ad Asolo nel 1953. Per gli studi di
base, risulta aver "frequentato" il Liceo Ginnasio Antonio Pigafetta di Vicenza.
Giornalista e scrittore italiano. Inviato speciale
del Corsera. Ha numerose pubblicazioni. |
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Gian Antonio Stella
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Nota. No comment alle considerazioni del noto giornalista, in
omaggio alla libera informazione.
Gli faccio, invece, due domande e aggiungo alcune notizie
"notorie", per chi vive nell' università.
1) La prima domanda: "Si è informato se il "presunto"
professore di Yale è disponibile a insegnare all'università del Salento ?
2) La seconda domanda: "Dato che fa riferimento ad un problema
della reputazione" dell'università italiana, quale università ha frequentato ?
3) Alcune notizie "notorie".
a) Circa le classifiche cosiddette
"internazionali", mi sono occupato più volte di conoscere e capire i parametri
sui quali si basano le valutazioni, comprese le datazioni delle statistiche su cui essi
sono calcolati. Ma i classificatori non erano mai generosi circa il metodo impiegato, per
cui non ne sono mai venuto a capo, in modo veramente profondo. Grosso modo, ho anche
dedotto che tra i parametri delle varie classifiche non ci sia omogeneità, e dunque
confrontabilità.
In generale, poi, i dati statistici, forniti dalle università italiane sono
poveri, per cui mi sono anche sempre domandato come i classificatori internazionali
abbiano fatto certi miracoli per accedere alle statistiche locali. Qualcosa c'è
all'Ufficio statistico del Miur, dell'ANVUR (da poco), del CINECA. Nulla c'è, neppure
all'ISTAT, non sulla contabilità nazionale delle università, da alcuni anni.
Uno sforzo di informazione è in atto, in seguito alla introduzione della
abilitazione scientifica nazionale, con la legge n. 240/2010, che obbliga gli atenei a
dare le necessarie informazioni per calcolare parametri simili a quelli usati nei paesi
anglosassoni. Invece, in passato i giudizi avevano luogo solo sulla base
dei testi originali.
Tuttavia, in seguito ai vari ricorsi ai TAR, dei candidati alle
abilitazioni, risulta che le Commissioni giudicatrici, volendo dare giudizi fondati, hanno
visionato i parametri, ma senza poterne conto più di tanto, per giudizi seri.
b) Circa l'uso privilegiato delle abilitazioni nazionali italiane, da
parte della università del Salento, personalmente avrei anzi privilegiato i nativi del
Salento. I motivi sono:
- le commissioni giudicatrici sono nazionali, e pertanto (in generale) gli
abilitati sono tutti ad un buon livello;
- quelli del nord, se chiamati al sud, fanno i pendolari e scappano definitivamente
alla prima occasione;
Ne deriva che le università del sud sono continuamente in cerca di
professori di ruolo, e non riescono a costruire scuole scientifiche stabili.
c) Circa l'importanza di ottenere al Salento professori di Yale, sono
convinto che, in generale, l'internazionalità dei rapporti sia utile, ma anche da parte
di Yale (reciprocamente), nei confronti del Salento.
Ciò rientra largamente nella tradizione storica italiana. E' notorio,
del resto, che la città di Bologna conserva, tuttora, delle vie intestate a studenti
universitari e docenti stranieri (es.: Via degli Alemanni). Nino Luciani |
Gian Antonio STELLA,
Insegnavi a Yale? Mettiti pure in coda. AllUniversità del Salento più
punti a chi ha avuto cattedre nei nostri atenei Cattedre
autarchiche - bando al contrario alluniversità del salento: più punti per chi ha
insegnato nei nostri atenei rispetto, a chi può vantare curriculum internazionali.
1.- Vale di più una cattedra ad Harvard o allateneo di
Villautarchia? Dipende. Alla Università del Salento, pare impossibile, il
concorso per assumere 16 professori riconosce più punti a chi ha già insegnato nelle
nostre aule piuttosto che ai docenti di Berkeley o Yale.
Che gli atenei italiani possano essere sottovalutati dalle classifiche
mondiali, come sospirano i rettori, è possibile. Anche lultimissimo «World
University Ranking» del Times Higher education vede nelle prime 200 addirittura 74
università statunitensi, 29 britanniche, 12 tedesche, 11 olandesi, 8 canadesi, 8
australiane, 7 svizzere, 7 francesi, 5 giapponesi, 4 turche (quattro!) e una sola
italiana: cioè la Normale di Pisa che si piazza al 63º posto e, nella classifica pro
capite, tenendo conto del numero degli studenti, starebbe molto più in alto.
Seguono, nella seconda fascia, lateneo di Trieste e la Bicocca
di Milano: nelle prime 250, a dispetto di tutte le vanità sulla «patria della cultura»,
non abbiamo altro.
2.- Domanda: "Allora come
mai, se le università italiane sono così scarse, i nostri ragazzi appena mettono il naso
al di là della frontiera fanno spessissimo un figurone in tutto il mondo?
Risposta: perché evidentemente, nonostante tutti i
difetti, tutti i concorsi truccati, tutte le Parentopoli, nelle nostre aule si insegna e
si impara meglio di quanto si pensi. Il problema della reputazione,
però, resta. |
3. Ed è pesante: come possiamo rassegnarci ad avere tra le
prime 400 università dEuropa solo 17 italiane? Fatto sta che, non contentandosi di
contestare la sacralità di queste classifiche, lUniversità del Salento ha deciso
di andare oltre. E di valutare di più i curriculum «caserecci» che non quelli di
profilo internazionale. Lo dice il bando di selezione «per la copertura di 16 posti di
professore universitario di ruolo di 2ª fascia» firmato dal rettore Vincenzo Zara.
::::::::
Già alla prima delle cattedre messe in palio, infatti,
quella di Archeologia, il massimo riconosciuto per l«attività di docenza svolte in
Italia» è di 20 punti, quello per le «attività di docenza e attività di ricerca
allestero» compresi gli «incarichi o fellowship ufficiali presso atenei e centri
di ricerca esteri di alta |
qualificazione» e la
«partecipazione a convegni internazionali in qualità di relatore», solo di
4. Cinque volte di meno. Col risultato, ad esempio, che se un fuoriclasse celebre nel
mondo come Andrew Stewart, specializzato in «Ancient Mediterranean Art and Archaeology»,
volesse prendersi lo sfizio di lasciare lUniversità di Berkeley per venire a Lecce
(ammesso che fosse accettato nonostante il passaporto straniero) avrebbe per la sua
esperienza didattica 4 punti rispetto ai 20 riconosciuti a un ipotetico professor Tizio
Caio che abbia insegnato in ununiversità telematica di Rocca Cannuccia. Assurdo.
Tanto più di questi tempi, coi docenti delle «telematiche» che paiono (ma ci torneremo)
moltiplicarsi miracolosamente.
E se può essere spacciato come una scelta sensata lo squilibrio (16 punti
agli «italiani», cinque agli «stranieri») per la cattedra di letteratura italiana
contemporanea, anche se ci sono fior di stranieri che la conoscono meglio di tanti
italiani, appare folle la sproporzione, ad esempio, per la cattedra di Econometria (20
punti a 10), di «Meccanica applicata alle macchine» (30 punti a 10), di Botanica (20
punti a 5) o di «Misure elettriche ed elettroniche» dove lo squilibrio è ancora
quintuplo: 10 punti ai «casalinghi», 2 agli eventuali acquisti dallestero. Un
terzo del punteggio che laspirante professore potrebbe guadagnare dimostrando di
sapere linglese! E non è tutto. Un ricercatore ha generalmente un punteggio uguale
a quello del capo-ricerca e in alcune discipline perfino più alto. Peggio: a
«Progettazione industriale» chi ha avuto la «responsabilità scientifica di progetti di
ricerca, nazionali e internazionali ammessi al finanziamento sulla base di bandi
competitivi» ottiene un punto. Chi ha solo partecipato ne ottiene nove! Che razza di
criterio è? 4.- Per carità: evviva lItalia ed evviva gli
italiani! Ma se allestero vanno a cercarli apposta gli stranieri (compresi
moltissimi dei nostri, soprattutto giovani) per dotare il proprio ateneo di una classe
accademica più variegata e internazionale e multiculturale possibile, perché mai noi
dobbiamo fare il contrario?
A Flavia Amabile che ne ha scritto nel blog de La Stampa , il
direttore del dipartimento di fisica leccese ha spiegato che era importante «avere
personale docente con esperienza didattica in Italia che possa da subito svolgere al
meglio i corsi e, eventualmente, ricoprire cariche accademiche» (testuale!) e che
cera da «valorizzare i ricercatori (italiani e non) che in questi anni di blocco
dei concorsi hanno consentito il normale svolgimento delle attività didattiche».
Per carità, sarà anche vero... Ma allestero come la vedranno, questa
faccenda? Ci farà guadagnare o perdere altri punti nelle classifiche? |
Vincenzo Zara
|
La voce della Università
del Salento
(a prescindere
dal caso
sollevato
dal Corsera) |
Messaggio del Rettore
La comunità accademica è formata dai docenti, dai ricercatori, dal
personale tecnico-amministrativo e dagli studenti.
Come le membra di un corpo umano ognuno di questi elementi non può fare a
meno degli altri.
I docenti e i ricercatori, coloro che hanno la difficile missione di trasmettere i
loro saperi, i magistri, che devono saper essere giusti e severi, magnanimi e
propositivi;
ma anche coloro che hanno il compito di dubitare, di porsi sempre
nuove domande, di ricercare risposte, di esplorare ciò che non è noto, cercare nuove
soluzioni a vecchi problemi;
a loro è dedicato il mio invito a mantenere alto il nome dell'ateneo
salentino, a fare loro la missione di mantenere viva la cultura della qualità
dell'insegnamento e della ricerca, di base e applicata.
Il personale tecnico e amministrativo, la linfa, il sangue che scorre nelle vene
dell'università, coloro che rendono possibile, ogni giorno, con il loro lavoro, il loro
impegno e la loro dedizione, il funzionamento della macchina amministrativa e tecnico
scientifica, senza la quale tutto sarebbe immobile; a loro il mio invito a considerare
l'università come un organismo di cui si è parte integrante.
Gli studenti, coloro a cui è dedicata la missione di diffondere il sapere, di
creare cittadini consapevoli, colti e preparati ad affrontare il futuro, dotati di spirito
critico e costruttivo; il mio invito per loro è quello di aderire alla nostra missione,
di sentirsi coinvolti in prima persona in essa, di portare il loro prezioso e vitale
contributo perché si possa continuare a essere orgogliosi di essere studenti
dell'Università del Salento.
A tutti voi va il mio ringraziamento per avermi fatto scoprire l'esistenza di una
comunità di persone che credono nella bellezza di un fare, animato da sane
passioni, sincere emozioni e costruttivo entusiasmo.
Vincenzo Zara |
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Gianni Porzi |
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IL COMMENTO
Gianni Porzi, In giugno, elezioni del Rettore
* Già membro del CdA
dellUniversità di Bologna, in rappresentanza del Governo
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Gianni Porzi |
E' in corso la campagna per
l'elezione del nuovo Rettore e già circolano voci diffuse ad arte per screditare un
candidato a favore di un altro o per far credere che vi sia un candidato nettamente
favorito rispetto agli altri, facendo così leva sul noto "effetto carrozzone" (bandwagoning),
cioè la diffusa tendenza a salire sul carro del candidato dato come probabile vincitore.
La politica è la madre di questo vizio; esemplare è il caso della ministra Giannini, ma
almeno in questo caso un vincitore esiste già in carne ed ossa, non è solo sulla carta. Mi sembra si stia diffondendo anche una sorta di "timore"
che potrebbe condizionare l'elezione e sarebbe un fatto molto negativo. Se i candidati,
invece di essere valutati in base al loro curriculum, alle loro capacità manageriali e al
loro comportamento istituzionale, venissero votati per altri più o meno inconfessabili
motivi, l'Alma Mater dimostrerebbe che quanto accadde negli anni trenta, quando pochissimi
docenti rifiutarono di sottoscrivere le vergognose leggi razziali, non ha insegnato nulla.
Ritengo che un clima da "caccia alle streghe" non faccia bene all'Ateneo e sia
decisamente inaccettabile; tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell'Alma Mater
dovrebbero opporsi a chi antepone i propri interessi all'interesse dei giovani e più in
generale a quello del Paese. Purtroppo, la situazione che si percepisce è tale da far
sorgere il sospetto che vi possa essere, sotto traccia, una sorta di accordo non dissimile
a quello del 2000. Mi chiedo tuttavia che senso possa avere visto che non sempre il detto
"pacta servanda sunt" può essere rispettato per ovvi motivi. Sarebbe
un patto scritto sulla sabbia perché tra sei anni molto probabilmente le condizioni
saranno diverse e diversi anche gli attori.
Mi auguro che nella scelta del nuovo Rettore si tenga
conto piuttosto degli atteggiamenti assunti dai candidati nei sei anni dell'attuale
"gestione Dionigi". Due di essi sono Prorettori che hanno governato al fianco
del Rettore Dionigi e ne hanno quindi condiviso il metodo col |
quale è stato gestito l'Ateneo, se non fosse
stato così si sarebbero dimessi da tempo. C'è
invece chi non è stato coinvolto nella governance dell'Ateneo e chi, non
avendone evidentemente condiviso la filosofia, ha preferito dedicarsi ad altre attività
accademiche, anche a livello internazionale. Ritengo pertanto si possano individuare
responsabilità ben diverse perché chi ha condiviso lo Statuto e tutti i Regolamenti
attuativi - fatto che sarebbe ignobile venisse oggi rinnegato - ha contribuito a dar vita
ad una governance centralistica e iperburocratica che ha consegnato tutto il
potere nelle mani del Rettore, in una situazione di sostanziale mancanza di dialogo (tra i
vertici e il personale universitario tutto) e totale assenza di trasparenza (decisioni
prese da pochi e in stanze ben chiuse). Una sorta di centralismo spinto all'eccesso che ha
mortificato tutto il personale, sia docente che tecnico amministrativo, e ha fortemente
ridotto, per non dire quasi azzerato, l'autonomia dei Poli romagnoli che erano cresciuti
proprio in virtù di quell'autonomia che era stata prevista nello Statuto (sicuramente
migliore dell'attuale) dell'ex Rettore Roversi Monaco che pensò e realizzò il
decentramento.
Ritengo che le azioni strategiche per un governo veramente
nuovo dell'Ateneo debbano essere : una netta discontinuità (cioè un profondo
cambiamento), la collegialità (il massimo coinvolgimento possibile nella governance
delle varie componenti dell'Ateneo), una forte innovazione, la semplificazione di tutti i
processi, la massima trasparenza e quel profondo senso della democrazia che ritengo sia
mancato. E' necessario che il Rettore di un grande Ateneo, per la sua dimensione e per il
glorioso passato, sia non solo un ottimo ricercatore a livello nazionale/internazionale,
ma che abbia anche spiccate peculiarità manageriali, cioè la capacità non comune di
saper interpretare gli eventi con lucidità e lungimiranza. In poche parole, un Rettore
che governi, che abbia quel carisma indispensabile per guidare |
un'Istituzione così complessa quale l'Alma
Mater. Non posso infine non osservare con un certo
stupore che i due Candidati Prorettori (PROFF. GIANLUCA FIORENTINI e DARIO BRAGA) appaiano
critici sul modo in cui è stato gestito l'Ateneo, visto che hanno partecipato all'attuale
governance a pieno titolo.
Ma la cosa più sconcertante è che stiano facendo campagna elettorale senza
essersi dimessi dalla carica di Prorettore. Trovo il fatto quantomeno sconveniente se non
altro da un punto di vista etico, cosa non irrilevante. Anzi, mette in chiara evidenza un
discutibile rispetto verso l'Istituzione nella quale ricoprono un ruolo importante che
ritengo consenta loro di trarne un certo vantaggio in campagna elettorale. A questo
proposito vorrei ricordare agli elettori più giovani che in occasione della corsa al
rettorato del 2000, il prof. Giorgio Cantelli Forti prima di presentare la propria
candidatura si dimise da Assessore comunale, anche se la carica ricoperta in Comune nulla
aveva a che fare con l'Ateneo. Infatti, non poteva esservi alcuna interferenza e il prof.
Cantelli Forti non poteva quindi trarne alcun vantaggio nella campagna elettorale per la
carica di Rettore.
Nel 2009, sempre il prof. Cantelli Forti, prima di
candidarsi alle elezioni per il rettorato si dimise da rappresentante del Governo nel CdA
dell'Ateneo per una questione di correttezza istituzionale, anche se da quella carica non
ritengo potesse trarne vantaggi particolarmente significativi in campagna elettorale.
A fronte di questi comportamenti, la cui correttezza va ben
oltre qualsiasi più che ragionevole limite, oggi, per contro, si assiste con un certo
sconcerto a Candidati che fanno campagna elettorale senza aver rimesso nelle mani del
Rettore l'incarico di Prorettore, carica che comporta ovvi vantaggi rispetto agli altri
due Candidati. In una competizione tutti i concorrenti dovrebbero poter competere ad armi
pari, ma in questo caso sembra ci sia una caduta di stile che lascia piuttosto interdetti.
Prof. Gianni Porzi |
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Inaugurazione dell'anno accademico, presente Matteo RENZI
In realtà, proposto dal Rettore Dionigi (non rieleggibile) un programma per la
ELEZIONE DEL NUOVO RETTORE DI BOLOGNA |
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Il rettore propone "NO TASSE" per gli studenti
della laurea triennale
( Ma non fa il rendiconto nè dice una parola su scandali, a
suo tempo, rimasti
secretati, tipo: Fondazione Alma Mater, Alma Mater Srl, CEUB)
(Per il testo integrale del discorso, clicca su: Dionigi )
DUE INTERVENTI DI GIANNI PORZI *
*
Già membro del CdA dellUniversità di Bologna, in rappresentanza del Governo |
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Gianni Porzi |
In vista delle elezioni
del Rettore, per il 2015-20
LETTERA APERTA AGLI Ex-COLLEGHI
di Gianni Porzi
In giugno 2015 si voterà per eleggere il nuovo Rettore
dell'Università di Bologna E' appena iniziata la campagna per l'elezione del nuovo
Rettore e già circolano commenti da parte di chi si diletta in uno degli sport nazionali,
cioè mettere sotto la lente d'ingrandimento i vari candidati in un giuoco che non ritengo
giovi all'Ateneo. Scoprire le doti, il carattere e persino il retro pensiero dei candidati
alla carica di Rettore per impallinare l'uno o l'altro non penso sia una buona cosa né
tanto meno corretta. Ritengo poco affidabile chi fa valutazioni sulla varie persone a
volte per sentito dire o per aver letto un qualche intervento; si rischia di esprimere
più che giudizi, che richiedono invece un'adeguata conoscenza delle persone, dei
pregiudizi e forse non sempre disinteressati. O le persone si conoscono abbastanza bene
per averle frequentate in ambito lavorativo oppure si rischia di esprimere valutazioni
superficiali che poi vengono diffuse in modo subdolo rischiando di dipingere un candidato
per quello che non è realmente. Coloro che si sono candidati dovrebbero piuttosto essere
valutati sulla base di ciò che hanno fatto, per i loro comportamenti, in particolare nel
recente passato. I programmi sono interessanti e in una certa misura utili purché vengano
poi rispettati; ma chi garantisce che ciò avverrà? Ecco perché, a mio avviso, ciò che
dovrebbe contare maggiormente, direi quasi esclusivamente, è il comportamento tenuto dai
candidati nei sei anni dell'attuale gestione dell'Ateneo. Se è stato apprezzato e
condiviso il modo in cui l'Alma Mater è stata governata, logica vuole che si voti per chi
ha contribuito all'attuale gestione, in caso contrario si orienterà verso quei candidati
che non hanno partecipato alla governance di questi anni. Al momento, in campo ci sono
quattro candidati che hanno storie ben diverse. C'è chi ha governato l'Ateneo al fianco
del Rettore Dionigi e ne ha quindi condiviso le scelte di politica universitaria relative
alla gestione dell'Ateneo. C'è chi invece non mi risulta abbia ricevuto dal Rettore
Dionigi incarichi istituzionali di sorta e questo fa sì che sia stato estraneo a
qualsiasi coinvolgimento nella governance dell'Ateneo dal 2009 ad oggi. E infine c'è chi
inizialmente ha partecipato alla gestione - che ritengo abbia evidenziato nel tempo non
poche criticità - ma ne è poi uscito dedicandosi ad altre attività accademiche. C'è
pertanto chi ha condiviso uno Statuto che ha sostanzialmente eliminato tutti gli spazi di
democrazia, una gestione iper-burocratica e centralista, la totale mancanza di trasparenza
ed anche un codice etico poco garantista. E' stata a mio avviso una governance nella quale
il potere è stato, formalmente, tutto in mano al Rettore, in una situazione di carenza di
dialogo (tra i vertici e il personale universitario tutto) e di trasparenza (decisioni
prese da pochi e in stanze chiuse). Una sorta di centralismo spinto all'eccesso che ha
mortificato tutto il personale, sia docente che tecnico amministrativo, e ha fortemente
ridotto, per non dire azzerato, l'autonomia dei Poli romagnoli che si erano sviluppati
grazie proprio a quell'autonomia che era stata invece prevista nello Statuto dell'ex
Rettore Roversi Monaco che, va ricordato, pensò e realizzò i Poli romagnoli. E'
auspicabile infine che non abbia più a ripetersi il "voto ideologico" perché
la politica partitica deve stare rigorosamente fuori dall'Università; è quindi
fondamentale valutare la persona indipendentemente dall'eventuale connotazione politica.
Oggi più che mai si deve pensare alla politica universitaria e non a quella partitica,
come accaduto invece più di una volta in passato. D'altra parte, i partiti non stanno
offrendo certo un'immagine della quale possano vantarsi. Ritengo che le azioni strategiche
per un nuovo governo dell'Ateneo siano : una netta discontinuità (un vero cambiamento),
collegialità (coinvolgimento delle varie componenti dell'Ateneo nella governance e non un
uomo solo al comando), forte innovazione, semplificazione di tutti i processi, trasparenza
e un radicato senso della democrazia. Oggi più che mai è necessario che il Rettore di un
Ateneo grande, sia per la sua dimensione che per il glorioso passato, sia non solo un
ottimo ricercatore, riconosciuto non solo a livello nazionale, ma che abbia anche, e
oserei dire prevalentemente, peculiarità manageriali, cioè quella capacità non comune
di vedere avanti e di saper interpretare gli eventi con lucidità e lungimiranza. In poche
parole, un Rettore che governi, che abbia quel carisma indispensabile per guidare
un'Istituzione complessa quale l'Alma Mater. Certe caratteristiche distintive sono
individuabili in buona parte nel curriculum vitae dove vengono riportate le esperienze di
tipo gestionale acquisite anche a livello internazionale. Sebbene sia già in pensione, e
quindi non sia un elettore, mi sono permesso questo intervento perché ritengo importante
che il passato, in particolare quello recente, non venga dimenticato e possa aiutare gli
ex Colleghi elettori, unitamente alle peculiarità dei singoli candidati, nella scelta del
prossimo Rettore che, grazie alla Legge 240/10 voluta dall'allora ministra Gelmini,
resterà in carica per ben sei anni senza alcuna verifica intermedia, come accadeva invece
in precedenza. Concludo, auspicando che nessuno dei candidati coltivi l'idea di dar vita
ad un Politecnico che sarebbe antitetico non solo al significato di Universitas, ma anche
al nome stesso del nostro Ateneo "Alma Mater Studiorum", cioè la madre che
nutre gli studi (tutti, nessuno escluso). Prof. Gianni Porzi (ex membro del CdA dell'Alma
Mater Studiorum). Gianni Porzi |
Gianni Porzi, In margine alla inaugurazione
dellA.A. a Bologna: perchè il rettore uscente ha invitato RENZI ? Allinaugurazione dellAnno
Accademico dellAlma Mater Studiorum, tenutasi sabato 10 gennaio, il Rettore
Dionigi (uscente) ha invitato il Premier Renzi.
In passato, ad eccezione di quello più recente, alla cerimonia di
inaugurazione dellAnno Accademico venivano invitate Personalità di spicco del mondo
della cultura.
Da qualche anno invece vengono invitati rappresentanti della politica
nostrana. Cioè la cultura si è inchinata alla politica, ad una politica che non sta
peraltro offrendo unimmagine edificante allopinione pubblica.
Ciò nonostante, lAccademia si prosterna alla politica,
invitando peraltro personaggi discutibili. Si pensi ad esempio allex Sindaco di
Bologna Del Bono che lattuale Rettore Dionigi invitò allinaugurazione
dellA.A. poco tempo dopo essere stato incoronato Sindaco.
Il Rettore Dionigi in quelloccasione mise in evidenza un
tempismo eccezionale in quanto poche settimane dopo Del Bono dovette dimettersi per le
note pesanti vicende giudiziarie, seguite da condanna.
Chissà se Renzi è a conoscenza di ciò che accadde a Del Bono?
E se accadesse anche a lui ? Forse una buona parte del Paese
ringrazierebbe il Rettore Dionigi.
Ma una domanda sorge spontanea: perché il Rettore Dionigi ha invitato Renzi,
peraltro nominato Presidente del Consiglio meno di un anno fa e non certo
lemblema della cultura italiana?
La risposta ritengo si trovi in uno slogan scandito dai manifestanti
fuori dallAula di Santa Lucia e cioè Dionigi vuol buttarsi in politica e
perciò ha invitato Renzi che non ha nessun diritto di stare in Università.
Infatti, il Rettore, ormai a fine mandato, sembra voglia candidarsi a Sindaco di Bologna e
quindi avrebbe bisogno di un appoggio forte del partito; e chi meglio di Renzi, al
momento, sarebbe in grado di offrirglielo?
Sconcertante è anche il fatto che, da quanto mi risulta, nessun
Docente in Ateneo avrebbe ricevuto dal rettorato il programma ufficiale della cerimonia
(come accadeva in passato) e gli (ex) Colleghi hanno appreso la notizia della presenza di
Renzi dalla stampa, come avviene nelle tristemente note democrazie guidate; ma
la cosa per chi conosce bene il Rettore Dionigi non sorprende.
Ho saputo anche che qualora Renzi non fosse potuto intervenire la cerimonia
sarebbe stata annullata (semplicemente incredibile!).
Ormai il Pd ha occupato i posti chiave dellAteneo e per
contro lAteneo ha invaso ambiti del Pd. Cè stata nel tempo una sorta di
simbiosi, come tra i vasi comunicanti, allinsegna della netta separazione tra
politica e Università che dovrebbe essere solo la culla della cultura.
Ebbene, a proposito della cultura un (ex) Collega nel suo blog
pone la seguente facile domanda : allinaugurazione dellA.A., il 927° della
più antica Università del mondo, tu, lettore onesto ed ingenuo, chi avresti invitato:
- Matteo Renzi;
- o Fabiola Gianotti, la futura Direttrice del CERN di Ginevra?
Chi sta dalla parte della cultura, chi meglio rappresenta la ricerca
italiana?
La risposta è ovvia, ma inevitabilmente la domanda ci riporta a
quanto detto prima e cioè che il Rettore Dionigi avrebbe bisogno di un appoggio forte da
parte del partito per diventare Sindaco di Bologna, appoggio che non potrebbe ovviamente
ricevere dalla scienziata Gianotti. Elementare Watson.
Sì, ma la cultura? Quella è un fatto secondario anche perché,
secondo un grande del giornalismo italiano, cioè Piero Ostellino, in un corsivo sul
Corsera proprio del 10 gennaio, Renzi è un ragazzotto presuntuoso e incolto ed è
limmagine di unItalia che si è affacciata sulla scena mondiale non sapendo
stare a tavola (come avrebbero detto i nostri nonni).
E tutto molto sconcertante, ma dovremo farcene una ragione!
Gianni Porzi |
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IN MARGINE ALLA RINUNCIA, DEL MIUR, AI RICORSI AL
TAR, SUGLI STATUTI DELLE UNIVERSITA' |
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Gianni PORZI, La Ministra
Carrozza smentisce
lex ministro Profumo
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DOMANDA : E ADESSO COSA SUCCEDE ?
LE UNIVERSITA' NON SANNO NULLA, TUTTORA |
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Gianni Porzi |
Nota. Il 19 luglio
2013 il Ministro Carrozza aveva annunciato, dal suo account su Twitter, che il Miur aveva
comunicato all'Avvocatura dello Stato di rinunciare ai contenzioni con le
università italiane, sugli Statuti, approvati ex-lege Gelmini. Risulta da fonte
ministeriale attendibile che non ci sia stata una uguale comunicazione ufficiale
alle università, per cui queste non sanno; e, non sapendo, non sono in grado di
trarre incentivo a muoversi per apportare eventuali modifiche democratiche ai propri
Statuti. Così si governa tuttora, in Italia.
Ci sembra , dunque, opportuno fare il punto della situazione sulle
discussioni sollevate, a suo tempo, da quel punto della legge 240/10. |
Gianni Porzi, La
Ministra Carrozza smentisce lex ministro Profumo
Dopo ben sei TAR anche la Ministra Carrozza
boccia lex Ministro Profumo e i burocrati del MIUR.
Sono trascorsi due anni e mezzo dallapprovazione della Riforma
dellUniversità, voluta dallex Ministra Gelmini in accordo con la CRUI, e si
cominciano a vedere i primi segnali di una volontà di fare chiarezza, in particolare per
quanto concerne leleggibilità dei membri interni dei Consigli di Amministrazione
degli Atenei.
La maggior parte degli Atenei si adeguarono diligentemente alla
Legge 240 del 2010 (detta Legge Gelmini) che riduceva pesantemente gli spazi di democrazia
a suo tempo previsti dal DPR 382 del 1980 alla cui stesura partecipò il Sen. Prof.
Spadolini, profondo conoscitore del mondo universitario, uomo di notevole cultura,
politico di alto profilo e, cosa molto importante, persona che aveva un profondo senso
delle Istituzioni e della democrazia.
Solo gli Atenei di Genova, Pisa, Trieste, Firenze, Parma e il Politecnico di Torino, dove
evidentemente esiste una cultura della democrazia, decisero di inserire nello Statuto la
modalità elettiva dei membri interni del Consiglio dAmministrazione.
Lart. 2, comma 1, lettera i) della Legge 240 recita:composizione
del consiglio di amministrazione nel numero massimo di undici componenti, inclusi il
Rettore, componente di diritto, ed una rappresentanza elettiva degli studenti;
designazione o scelta degli altri componenti,secondo modalità previste dallo
statuto.
Lex Ministro Profumo e i burocrati del MIUR puntualmente
presentarono ricorso ai TAR contro i sopracitati Atenei, ribadendo che
linterpretazione inequivoca del legislatore fosse quella della nomina e
non della elezione dei componenti interni del CdA. Lindirizzo
dellex Ministro Profumo e dei burocrati ministeriali è stato però ripetutamente
contraddetto dalle pronunce di ben sei TAR e cioè : TAR Liguria (sentenza n° 718 del
22/5/2014), TAR
Piemonte (sentenza n° 983 del 14/6/2014), TAR
Toscana (sentenza n° 138 del 28/01/2013), TAR
Sicilia (sentenza n° 463 del 28/2/2013), TAR
Toscana (sentenza n° 935 del 6/6/2013) e TAR
Friuli Venezia Giulia (sentenza n° 197 del 19/06/2013).
Tutte sentenze che hanno bocciato i ricorsi da parte dellex Ministro
Profumo e dei burocrati del MIUR sancendo la legittimità della modalità elettiva per i
membri interni del CdA. La sentenza del TAR della Toscana afferma: Il termine
designazione evidentemente esclude il ricorso a meccanismi elettivi, ma non altrettanto
può dirsi con riferimento allaltro termine, ovvero la scelta poiché
questa non esclude affatto il ricorso a meccanismi di elezione da parte delle componenti
interne universitarie. La scelta può infatti essere definita come un
processo mentale di pensiero implicante un giudizio sul valore di diverse opzioni a
disposizione, che si conclude con la selezione di una di esse. Il meccanismo elettorale
rientra quindi appieno nel concetto di scelta.
Ciò nonostante, lex Ministro Profumo e i burocrati del MIUR,
avevano intentato ricorso al Consiglio di Stato contro le sentenze sgradite,
ma lattuale Ministra Carrozza ha ritirato tali ricorsi al Consiglio di Stato
riconoscendo agli Atenei il diritto di poter eleggere i membri interni del CdA.
Indubbiamente, ciò rappresenta un primo passo significativo e importante nel
riconoscimento agli Atenei di quel minimo di autonomia nella scelta dei membri interni del
CdA, a differenza dei suoi due predecessori Profumo e Gelmini.
Fin qui il piano giuridico, ma adesso è lecito attendersi un risvolto
politico di grande rilevanza, in coerenza con laspetto giuridico. Un passo
importante sarebbe infatti che la Ministra Carrozza si facesse promotrice di una norma
interpretativa che sancisca definitivamente la possibilità di eleggere i membri interni
del CdA e che il Governo proceda all'approvazione di una Legge che modifichi la 240/10, in
particolare per quanto concerne la governance degli Atenei che non può essere
lasciata praticamente in mano ai Rettori.
Occorre restituire democrazia nelle Università, è necessaria
una ridiscussione delle competenze e della composizione di tutti gli organi accademici che
porti ad una significativa riduzione delleccessivo potere concesso ai Rettori dalla
Legge Gelmini. Gianni Porzi |
°°°
Pronunce di altri 2 TAR sulla "retta" nomina dei CdA negli
Atenei, in attesa
del Consiglio di Stato sul ricorso del Miur contro il Torino Politecnico.
Una sentenza del Tribunale di Messina per reati concorsuali
gravi . |
|
Unaltra
sconfitta del Ministro Profumo: anche i TAR di Toscana e Sicilia,
dopo i TAR di Liguria e Piemonte, respingono i ricorsi intentati dal MIUR.
In fatto di un concorso della Facoltà di
Veterinaria di Messina,
condannato a più anni di reclusione il Rettore, il Preside ed altri. |
TAR - TRIBUNALI AMMINISTRATIVI REGIONALI
DELLA TOSCANA
E DELLA SICILIA
Gianni Porzi, Sentenze sulla nomina dei Consigli di Amministrazione Unaltra sconfitta del Ministro Profumo: dopo i TAR di Liguria
e Piemonte, anche quelli di Toscana e Sicilia respingono i ricorsi intentati dal MIUR.
Dopo lUniversità di Genova e il Politecnico di Torino, anche gli
Atenei di Pisa e Palermo hanno sconfitto il Ministro Profumo che aveva fatto ricorso
contro questi Atenei rei di aver optato, nella scelta dei 5 membri interni del
CdA, per la via elettiva. Ciononostante, il Ministro si appella al Consiglio di Stato.
Il TAR Toscana, con sentenza n° 201300138 del 28 gennaio,
ha infatti respinto definitivamente il ricorso promosso dal MIUR contro lUniversità
di Pisa riconoscendo la legittimità di tutte le norme del nuovo Statuto dell'Ateneo. Come
noto, la questione centrale riguardava le modalità per individuare i membri interni del
Consiglio di Amministrazione, che, secondo il MIUR, non potevano essere identificati
attraverso una procedura elettorale, ma soltanto per designazione da parte del
Rettore. Nello smentire seccamente tale indirizzo, il TAR ha affermato che "ai fini
della scelta dei consiglieri di amministrazione l'Università può liberamente prevedere
meccanismi di elezione da parte delle proprie componenti".
Ha anche aggiunto che tale soluzione non compromette affatto la
tecnicità del Consiglio di Amministrazione". La sentenza del TAR Toscana ha dunque
confermato e rafforzato la legittimità di alcune scelte organizzative strategiche
compiute dall'Università di Pisa con l'adozione del nuovo Statuto, a cominciare da quella
di individuare i componenti dei propri organi di governo attraverso procedure
democratiche.
Anche il TAR Sicilia, con
esplicito richiamo alla sentenza del TAR Liguria, ha riconosciuto la legittimità dello
Statuto dellUniversità di Palermo nel quale è prevista la modalità elettiva per
la scelta dei membri interni del CdA (sentenza n° 201300463 del 28/2/2013).
Questa è la quarta sconfitta che il Ministro Profumo subisce ad opera dei
TAR Liguria, Piemonte, Toscana e Sicilia, ma nonostante ciò ha deciso di ricorrere al
Consiglio di Stato per far valere la propria tesi illiberale, antidemocratica che è
chiaramente finalizzata a realizzare quella governance centralistica voluta dalla ex
Ministra Gelmini in quanto gradita dai Rettori.
Gli Atenei di Genova, Pisa, Firenze, Palermo e il Politecnico di Torino
hanno fatto scelte democratiche, contrariamente a quanto accaduto invece allAteneo
bolognese dove i membri del CdA, nelle cui mani, in base alla Legge 240, si concentra
tutto il potere decisionale, sono stati nominati e non scelti tramite quel
processo democratico che è lelezione diretta. In certi casi evidentemente
lelezione fa paura perché potrebbe dare un risultato non gradito a coloro che sono
ancora legati alla gestione verticistica del potere.
A fronte di Atenei che hanno messo in pratica quei principi
fondamentali di democrazia partecipata ve ne sono altri che non hanno invece ritenuto
importante costruire il proprio Statuto nel rispetto di tali principi e tra questi vi è
anche lAteneo bolognese dove non si è voluto optare per il metodo elettivo.
Ho sempre sostenuto che la democrazia partecipata, sebbene
molto impegnativa, é fondamentale nella gestione delle Istituzioni, Università inclusa.
Tutte le Leggi che hanno riguardato lUniversità sono state
attente a salvare un fatto fondamentale e cioè che lUniversità è una communitas
nella quale vige il principio della democraticità delle scelte e della rappresentatività
di coloro che vi operano. Un esempio su tutti ritengo sia stato il DPR 382 del 1980 al
quale mise mano il Sen. Prof. Spadolini, profondo conoscitore del mondo universitario,
uomo di grande cultura, politico di alto profilo che possedeva alto un senso delle
Istituzioni e della Democrazia.
Pertanto, il criterio della democraticità si sarebbe dovuto assumere a
elemento fondante sul quale costruire la Legge di Riforma universitaria (Lg. 240) e quindi
gli Statuti degli Atenei; invece ciò non è avvenuto e sono stati praticamente azzerati
quegli spazi di democrazia previsti dal DPR 382. |
TRIBUNALE DI MESSINA,
PRIMA SEZIONE PENALEGianni Porzi, Il Rettore di Messina
Francesco Tomasello non si dimette neppure a fronte di una condanna in primo grado a 3
anni e 6 mesi di reclusione.
Nel processo, nato dall'inchiesta sulla Facoltà di Veterinaria per il
tentativo di pilotare un concorso, erano coinvolte numerose persone, tra docenti e
personale amministrativo dell'Ateneo. La sentenza, emessa dai giudici della Prima sezione
penale del Tribunale di Messina, dopo sei ore di camera di consiglio, ha sancito la
condanna per il Rettore dell'Università, Francesco Tomasello, a 3 anni e 6 mesi di
reclusione. Inoltre, sono stati condannati : l'ex Preside di veterinaria e pro-Rettore,
Battesimo Macrì, a 5 anni e 4 mesi, Salvatore Giannetto, Ivana Saccà e Eugenio
Capodicasa a 2 anni, Antonio Pugliese a 4 anni, Pietro Paolo Niutta e Giovanni Germanà a
un anno e 8 mesi, Giuseppe Piedimonte a 5 anni e 11 mesi, Santo Cristarella a un anno e 6
mesi, Antonina Zanghì a un anno e 4 mesi, Stefano Augliera a 3 anni e 9 mesi. Il processo
è stata la naturale conseguenza delle rivelazioni fatte nel 2006 dal prof. Giuseppe
Cucinotta, che denunciò di aver subìto forti pressioni per "indirizzare"
l'esito di un concorso bandito dalla Facoltà di veterinaria a favore del figlio del prof.
Battesimo Macrì, attualmente pro-Rettore e all'epoca Preside della Facoltà di
veterinaria.
Il Rettore dell'Università di Messina, Francesco Tomasello, ha inviato
una lettera alla comunità accademica nella quale dichiara di non avere alcuna intenzione
di dimettersi nonostante la condanna emessa dal Tribunale di Messina. Il Rettore,
dichiarandosi estraneo ai fatti e respingendo quindi le accuse, difende strenuamente il
suo operato e promette di portare fino in fondo il suo mandato, come se quanto accaduto
fosse frutto di una congiura di palazzo, nata entro le mura dell'Ateneo.
E' evidente che l'Università di Messina è stata trascinata nel fango
dal delirio di onnipotenza di personaggi che hanno abusato del loro potere anteponendo la
propria ambizione al dovere istituzionale e morale che dovrebbero guidare i loro
comportamenti.
Viene spontaneo chiedersi cosa farà ora il Ministro (ex Rettore del
Politecnico di Torino) e la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) dopo
un vero e proprio terremoto giudiziario che ha coinvolto molte, troppe, persone che,
comunque, sono da considerare innocenti fino al terzo grado di giudizio. Tuttavia, fatti
di questo tipo e di queste dimensioni non possono passare sotto silenzio per ovvi motivi,
non ultimo per tutelare di fronte all'opinione pubblica, e in particolare ai giovani, la
dignità dei numerosissimi Docenti universitari che compiono il loro dovere correttamente
e con grande scrupolo, nel rispetto non solo delle Leggi, ma anche dell'etica
professionale. |
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Dipartimento
di Medicina di Veterinaria - Università di Bologna |
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Prof. ssa Associata LAURA CALZA' :
ancora negato l'inquadramento in I Fascia.
( Odissea
iniziata nel 2003 )
Risulta che il Senato si sia
occupato del caso il 21 gen. 2013 e che l'idea somma del Rettore sia stata
di impedire al Senato di prendere decisioni per evitare scandali pubblici, ma con
riserva di cercare una soluzione.
Risulta inoltre che sia pervenuta al Rettore una lettera di solidarietà, firmata
da una settantina di Docenti.
Facciamo un movimento per cambiare la legge attuale. Lo scorrimento sul posto
divenga regola, non eccezione.
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Laura Calzà |
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Il profilo della Professoressa
(Per il profilo clicca su: dettaglio)
1.- Professore associato confermato di Embriologia,
Istologia, Anatomia, Dipartimento di Medicina Veterinaria, Università di Bologna;
2.- Idoneità alla I Fascia nel 2003 per il proprio settore VET01 (scaduta);
3.- Idoneità alla I Fascia nel 2010 per il proprio settore VET01
4.- Direttore del Centro Interdipartimentale di Ricerca Industriale Università di
Bologna, carica elettiva;
5.- Referente scientifico della Piattaforma Scienze della Vita della rete Alta Tecnologia
della Regione Emilia Romagna, eletta dai rappresentanti di Università di Bologna,
Ferrara, Modena e Reggio Emilia, Ferrara, IOR;
6.- Già Vice direttore del Collegio Superiore;
7- Membro dellla Giunta e del Consiglio del Collegio Superiore dellUniversità
di Bologna;
8.- Membro del Consiglio dellIstituto di Studi Avanzati dellUniversità di
Bologna;
9.- Presidente del Comitato tecnico scientifico del Montecatone Rehabilitation Institute.
10.- Attrattività di finanziamenti: oltre 3.5 Milioni negli ultimi anni.
11.- Autifinanziamento completo di un laboratorio di ricerca di 500 mq, inaugurato del
Nov 2014, a disposizione del suo e di altri gruppi di ricerca Unibo. |
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. NOTA.
In premessa, diciamo che, se avvengono queste cose, è
perchè è sbagliata la legge che lascia libertà alle università di non chiamare gli
idonei e abilitati che già lavorano sul posto ( s'intende compatibilmente con il
bilancio). Essa tocca migliaia di persone nella università
italiana, e massimamente i Ricercatori, impediti a lungo di fare concorsi (perchè non
banditi), e che infine (giunti a una certa età), rischiano di non essere inquadrati sul
posto, pur avendo ormai una famiglia e figli, impossibili da spostare in altre sedi.
Ma torniamo al nostra fatto.
1. - Questo caso va in giro, per l'università di Bologna dal 2003,
quando la prof.ssa Calzà ottenne la prima idoneità alla I Fascia, lasciata scadere dalla
allora Facoltà. Adesso, il caso ritorna perchè la prof. ha ottenuto l'idoneità una
seconda volta, da una Commissione diversa dalla prima. Pertanto il "magnifico"
Rettore, non si stracciasse le vesti.
Va anche detto, perchè non risultante dal curriculum, che la
prof. è stata allieva del Premio Nobel Rita LEVI di MONTALCINI .
Nel suo Dipartimento si dice che la Prof. abbia certamente un profilo
scientifico internazionale e dunque di tutto rispetto, ma non le qualità sufficienti per
fare didattica di anatomia, applicata agli "animali domestici", vale dire agli
animali "italiani", cosa diversa dalla applicazione agli "animali
esteri". Questo sarebbe il motivo "dichiarato" del mancato inquadramento in
I Fascia.
Non mi occupo di animali nè "domestici" nè "esteri".
Tuttavia, alcuni fatti sono oggettivamente inconfutabili, che ne provano la mancanza di
fondamento :
- la professoressa è già professore di ruolo di II Fascia e, nell'inquadramento
superiore, non cambierebbe nulla circa la didattica. Pertanto, per coerenza, il
Dipartimento dovrebbe sollevarla dallo attuale insegnamento, e destinarla ad altro
insegnamento;
- è notorio che, sul piano locale, i problemi di inquadramento degli idonei non
sono nè scientifici, nè didattici, ma riguardano le risorse disponibili e l'equilibrio
tra i professori ordinari del Dipartimento.
Nel caso de quo, non c'è carenza di risorse, anzi avanzano e c'è un vecchio
impegno del Rettore di chiamare tutti gli idonei. Dunque, il punto riguarda solo gli
equilibri di potere tra i professori ordinari.
Questa è una storia non nuova, anzi vecchia in cui molti di noi sono
incappati, e c'era sempre una "motivazione". Anch'io a Ingegneria vi sono
incappato, perchè un "innominato" (uso parole di A. Manzoni) opponeva che io
avevo ottenuto l'idoneità in "scienza delle finanze" e che la allora Facoltà,
per chiamarmi, doveva preventivamente dichiarare che la scienza delle finanze era
caratterizzante per l'Ingegneria.
E quando, 4 anni più tardi (giusto in tempo per non fare scadere
l'idoneità), il Preside Masetti* (richiamato dal Rettore P.U. Calzolari, uomo
"onesto") mi chiamò per mettermi a confronto con l' "innominato",
questi esordì: "per la chiamata sono disponibile a cederti punteggio del gruppo di
economia aziendale, ma ti chiarisco che lo faccio "per stima personale", non per
la disciplina".
A quel punto, rilevai al Preside che la disciplina, di cui ero titolare, era
"l'economia pubblica per l'energia", obbligatoria per il corso di laurea in
ingegneria elettrica, e che questa disciplina rientrava nella scienza delle finanze.
Il Preside trasecolò e, messa mano al Computer, accertò che la cosa era vera, per
cui provvide a raccogliere varie briciole di punteggi, in vari angoli del la Facoltà
(quindi esonerando lo "innominato" dalla sua disponibilità), e infine fui
chiamato alla I Fascia.
2.- La Prof. come potrebbe difendersi davanti alla
Giustizia ? Penso nel seguente modo:
- preso atto che l'università non ha dato risposta ufficiale alla sua
domanda di inquadramento;
- poichè la mancata risposta, entro un termine, equivale a silenzio
rifiuto, senza motivazione;
- la professoressa potrebbe fare ricorso al TAR, contro silenzio
rifiuto senza una motivazione. NINO LUCIANI
___________
* Guido Masetti, allora Preside e già Consigliere di Amministrazione
dell'Università |
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Curriculum Vitae, Attività didattica e Pubblicazioni
CLICCA SU: CALZA' |
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MOTIVI
DELLA CONTESTAZIONE:
demolizione assetto democratico statutario,
discriminazione in materia di competenze studentesche |
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Comunicato del Sindacato Degli Universitari dell'Alma Mater Studiorum
Fermeremo Dionigi e il suo colonnello Fiorentini
Il Rettore Ivano Dionigi continua a demolire l'assetto democratico dell'Alma Mater a un
anno dall'approvazione del nuovo statuto. Oggi attraverso "la mano armata" di
Fiorentini si tenta di introdurre il numero chiuso nella grande maggioranza dei corsi di
studio dell'ateneo (a cominciare da tutti quelli della Scuola di Ingegneria e
Architettura) e di eliminare la garanzia dei 6 appelli d'esame minimi per ogni anno
accademico.
La rappresentanza degli studenti del Sindacato Degli Universitari è sotto attacco
diretto ed esplicito, perché fino a quando sono esistite le Facoltà ha sempre osteggiato
il disegno di Dionigi e dei suoi scagnozzi che prevede una sostanziale deregulation della
didattica per lasciare gli studenti privi di mezzi di autodifesa contro qualsiasi sopruso
da parte dei docenti. Oggi infatti con la complicità di Student Office (emanazione di
Comunione e Liberazione) è stata praticamente cancellata la rappresentanza degli studenti
della Romagna e quella bolognese viene esclusa dalle discussioni importanti, volutamente
circoscritte al Consiglio di Amministrazione.
La complicità del corpo docente al piano di Dionigi verrà lautamente ricompensata in
termini di punti budget per nuove assunzioni. I docenti, riducendo gli appelli e gli
studenti, si vedranno alleggerire il proprio carico di lavoro ma non il proprio stipendio.
Il piano è banale quanto diabolico e siamo già stati avvisati: non si fermeranno a costo
di passare sul cadavere nostro e del corpo studentesco tutto.
Per tutti questi motivi sentiamo l'urgente necessità di informare i nostri colleghi
sul "piatto" che gli si sta "cucinando" sulla testa. Invitiamo tutti
coloro che vogliono opporsi alla fascistizzazione dell'Alma Mater a partecipare a una
Notte Bianca di assemblea il 16 Novembre in occasione del 17, Giornata Internazionale
degli Studenti.
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"NOTIZIE" e
"NON NOTIZIE" DA UNIBO |
Non notizie
Fondazione "Alma Mater".
Silenzio sulle dimissioni del Presidente (?) |
Notizie
Ripartirebbe il piano edilizio delle
Grandi Opere dell'Ateneo, in accordo con il MIUR |
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Sulla Fondazione FAM
Il Presidente della Fondazione risulta dimissionario dal luglio
2014. Ma poi, è subentato il silenzio ....
Sono note le attese, rilanciate dal Rettore Dionigi con lo azzeramento della
vecchia dirigenza (Tega, ecc. ), molto discussa per la situazione deficitaria del bilancio
e per scelte strane come il dar vita ad una Alma Mater Srl, che si lancerà in un lungo di
partecipazioni in vari enti della Regione.
In quella fase, la FAM era era venuta ad assumere il volto-ombra
dell'Ateneo. Precisamanente i fini istituzionali dell'Ateneo erano
stati scissi: una parte restava caricata sull'Ateneo, una seconda parte (i master, la
ricerca per conto terzi ...) andava caricata sulla Fondazione.
Il risvolto (non ufficializzato, ma probabile) era che un accordo di
spartizione del potere tra Calzolari e Tega, entrambi aspiranti a diventare rettore, e
finito nel senso che Calzolari andava a rettore, e l'altro a presidente della Fondazione.
E', poi, noto che il rilancio, da parte di Dionigi, sarebbe dovuto
consistere nella trasformaziobe della FAM in ente di diritto universitario, con i
conseguenti controlli pubblici sul bilancio, ma anche in una rivisitazione dell'obiettivo
principale: quello di drenare finanziamenti privati verso l'Ateneo.
Il nuovo Presidente aveva dichiarato di essere disposto ad accettare
l'incarico, ma con la riserva che, se dopo un anno, avesse constatato il fallimento della
missione, si sarebbe dimesso.
RIsulta dalla stampa locale (la Repubblica) che il Presidente Di Vella (e il
Consiglio) si sarebbe dimesso a luglio 2014.
Ma risulta anche (ecco la "non notizia") che delle
dimissioni, ilm Rettore abbia mai riferito al Senato.
Siamo costretti a constatare un pessimo vezzo di questo Rettore:
quello di camminare sott'acqua ... trasparenza zero.
Confidiamo che in Senato, qualche Membro (preso dal senso di
responsabililtà vesro le istituzioni) chieda al rettore se ha accettato le dimissioni, e
il Prof. Di Vella cosa stia facendo tuttora. Nino Luciani |
Fonte:
CdA, 25 settembre 2014
1.- Premessa. Nell'agosto 2014, l'attuale Ministro Profumo
aveva riferito, in Commissione Cultura della Camera, di certe sue azioni (tra l'altro) per
il finanziamento dell'edilizia universitaria.
2.- Storia. Il piano edilizio delle Grandi Opere dell'Ateneo di
Bologna era nato nel 1998 grazie all'Accordo di Programma stipulato con il MIUR. Secondo
tale accordo il Ministero avrebbe dovuto cofinanziare il 50% del valore degli interventi
individuati, con un impegno pari a circa 140 milioni di euro. Le prime opere realizzate
grazie a questi finanziamenti sono state:
- l'acquisizione del complesso direzionale CAAB per la Facoltà di Agraria;
- la realizzazione del progetto ex Lazzaretto (prima fase) per la Facoltà di
Ingegneria;
- la realizzazione dei nuovi laboratori del Dipartimento Musica e Spettacolo in via
Azzo Gardino; - altri interventi minori.
3.- Opere da realizzare. Dopo la prima fase attuativa, sono
rimaste da realizzare diverse grandi opere:
a ) A Bologna:
- l'insediamento 'Navile' per Chimica e Astronomia;
- l'insediamento per Farmacia;
- la seconda e terza fase del progetto 'ex Lazzaretto';
- l'insediamento per Scienze Motorie.
b) In Romagna:
- l'insediamento 'ex Zuccherificio' per Architettura e Ingegneria a Cesena;
- il progetto 'Campus di Forlì';
- il progetto 'Cittadella di Rimini' . |
(Continua: CdA) La
realizzazione dell'intero Piano Edilizio comporterebbe una spesa complessiva superiore ai
350 milioni di euro. Attualmente, sono disponibili sui fondi MIUR dell'Accordo di
Programma circa 50 milioni di euro, per cui l'Ateneo dovrebbe perciò finanziare una somma
di circa 300 milioni di euro.
Negli anni scorsi l'Ateneo è stato inoltre impegnato nella
realizzazione di altri interventi ad elevata priorità, tra cui il Polo delle Scienze
Neurologiche (l'Ateneo ha contribuito in base ad un Accordo di Programma e ad un
Protocollo di Intesa siglati con l'Azienda Sanitaria Locale di Bologna e la Regione Emilia
Romagna) e la ristrutturazione del Padiglione 18 di Anatomia Patologica del Policlinico
Sant'Orsola.
4.- Revisione del Piano. Il contesto economico sopravvenuto
e le diverse esigenze maturate anche a seguito della riforma universitaria hanno reso
necessaria un'importante revisione del Piano Edilizio.
In particolare:
- è stato sospeso l'intervento di Farmacia, creando le condizioni per
accorpare Farmacia e le Chimiche all'interno dell'insediamento del Navile, attualmente
nella fase di esecuzione lavori;
- è stata annullata la terza fase del progetto ex Lazzaretto,
rimettendo l'area nella piena disponibilità del Comune di Bologna;
- è stato sospeso l'intervento per Scienze Motorie in considerazione
del mutato quadro di esigenze;
- è stato semplificato l'intervento su Forlì;
- sono state cercate risorse aggiuntive da partner istituzionali per
la realizzazione di studentati che potessero essere d'aiuto in alcune situazioni.
La revisione attuata ha portato quindi a concentrarsi su di un
piano di opere, attualmente in via di realizzazione, riguardanti
- Navile;
- Campus Forlì;
- Ex Zuccherificio Cesena;
- Cittadella Rimini;
- Lazzaretto |
|
.
|
|
NUOVO
APPELLO DELL'INTERSINDACALE UNIVERSITARIA A STUDENTI,
DOCENTI, OPINIONE PUBBLICA, PARTITI
.
ARGOMENTI: investimenti in ricerca e alta formazione, valore legale dei titoli di
studio, accesso in ruolo dei precari, carriera del personale già di ruolo, diritto allo
studio (residenze, mense, no prestiti d'onore e indebitamento studenti ), organo nazionale
di piena rappresentanza delle università, governance universitaria, autonomia
dipartimenti, trasparenza dei meccanismi di reclutamento e carriera dei docenti,
professionalità del personale tecnico e amministrativo. |
|
ADI,
ANDU, CISL - Università, COBAS - Pubblico Impiego, CoNPAss, FLC - CGIL
LINK, RETE29aprile, SUN-Universitas News, UDU, UGL - INTESA FP, UIL RUA, USB -
Pubblico Impiego
Il comunicato: "SALVARE E RILANCIARE L'UNIVERSITA' "
SETTIMANA NAZIONALE DI DIBATTITO E
MOBILITAZIONE 22-27 OTTOBRE 2014
|
Le Organizzazioni e le Associazioni universitarie hanno più volte denunciato la
condizione drammatica in cui versa l'Università italiana, aggravata dal recente Decreto
Legge sulla spending review.
La Legge 240/2010 si è
rivelata in buona parte inapplicabile e funzionale ad una gestione rigidamente
burocratica, centralizzata e verticista degli atenei. Una gestione che si è affiancata
alla progressiva riduzione di finanziamenti, di organici, di strutture e percorsi
formativi. L'attuale governo invece di intervenire sui limiti e le contraddizioni di
quella legge, e di segnare un cambio di passo rispetto al precedente governo, ha
ulteriormente ridotto i già limitati spazi di democrazia negli Atenei per mezzo di
ricorsi ai TAR su Statuti giudicati troppo democratici, ha prorogato il
mandato dei rettori in scadenza ed ha lasciato accrescere i poteri e le prerogative
dell'ANVUR ben al di là del mandato di legge. Se il referendum sull'abolizione del valore
legale del titolo di studio voluto dal governo si è dissolto grazie all'opposizione
venuta dal mondo dell'istruzione e della ricerca, si porta a compimento lo svuotamento del
diritto allo studio con il progressivo aumento della tassazione studentesca e del numero
dei corsi a numero chiuso o programmato. Infine, il perdurare del blocco sostanziale delle
assunzioni e delle opportunità di carriera rischia di essere aggravato dalla messa
in opera di procedure arbitrarie, illogiche e farraginose di abilitazione scientifica
nazionale.
Ancora una volta,
consapevoli che il Paese e chi opera e studia negli Atenei non possono più tollerare che
venga cancellata l'Università pubblica, autonoma, democratica, di qualità e aperta a
tutti, torniamo a denunciare il comportamento del ministro Profumo che prosegue nell'opera
di smantellamento, e rifiuta il confronto con l'insieme delle rappresentanze del mondo
universitario.
E' sempre più urgente
modificare le norme sull'Università per andare in una direzione opposta e contraria a
quella finora seguita e che si vorrebbe continuare a perseguire. Ribadiamo che per questo
occorre:
1.- Investire con la massima urgenza e in
quantità rilevante sulla ricerca (a partire dalla valorizzazione del dottorato) e l'alta
formazione per raggiungere almeno il livello della media europea, nella direzione proposta
da Strategia di Lisbona e da Agenda europea 2020. Prevedere il
finanziamento del FFO sulla base di dati certi e oggettivi (es. costo standard per
studente).
2.- Difendere il valore legale dei titoli di
studio, individuando con il mondo universitario politiche capaci di innalzare
effettivamente la qualità dell'offerta formativa in tutti gli Atenei. In questa direzione
è necessario valorizzare il titolo di dottore di ricerca all'interno e all'esterno
dell'Università.
3.- Favorire l'accesso in ruolo dei precari
prevedendo un reale turn over. Assicurare reali prospettive di carriera al
personale già di ruolo. Procedere nell'immediato all'assunzione dei vincitori di
concorso.
4.- Realizzare un vero diritto allo studio,
assicurando a tutti gli studenti idonei la borsa di studio, aumentando e migliorando i
servizi (biblioteche, aule, laboratori, ecc.) e le condizioni di vita degli studenti
(residenze, mense, ecc.). In direzione opposta vanno invece l'aumento delle tasse,
l'introduzione dei prestiti d'onore e di altri strumenti di indebitamento, il progressivo
ricorso al numero programmato degli accessi. Riteniamo che si debbano urgentemente
ritirare i provvedimenti che prevedono l'aumento della tassazione studentesca e che
rischiano di determinare un drammatico calo nelle immatricolazioni proprio nelle fasce
sociali più debole ed esposte
5.- Ribadire l'importanza di un organo nazionale di
piena rappresentanza e di coordinamento del Sistema nazionale delle Università.
6.- Rivedere l'attuale governance
universitaria: in alternativa ai poteri immensi e antidemocratici del rettore e del CdA,
è necessario rafforzare il Senato Accademico, direttamente eletto da tutte le componenti,
con responsabilità della programmazione, del coordinamento e del controllo. Va inoltre
assicurata la piena autonomia finanziaria e gestionale ai dipartimenti.
7.- Introdurre trasparenti meccanismi di reclutamento in
ruolo. Garantire l'avanzamento di carriera sulla base di valutazioni individuali
nell'ottica di un ruolo unico della docenza, senza distinzioni di diritti e doveri, nel
quale comprendere gli attuali ordinari, associati e ricercatori.
8.- Prevedere un'unica figura pre-ruolo a tempo
determinato, di breve durata e adeguata retribuzione, con reale autonomia di ricerca e il
riconoscimento pieno dei diritti.
9.- Valorizzare le professionalità del personale
tecnico-amministrativo, superare il blocco della contrattazione nazionale e del turn
over, investire in aggiornamento e formazione.
Questi cambiamenti
vanno realizzati subito per rilanciare il ruolo fondamentale dell'Università per lo
sviluppo culturale, sociale ed economico del Paese. L'attuale crisi impone - come in altri
Paesi - di puntare/investire sull'Università, invece di utilizzare la crisi stessa come
pretesto per la sua demolizione a vantaggio di potentati economici e accademici.
Per ottenere tutto
questo facciamo APPELLO a studenti, docenti e personale T.A e all'opinione pubblica affinché
sostenga una battaglia che più di ogni altra può portare al superamento di una crisi che
altrimenti risulterà irreversibile.
Si chiede a tutte le
forze politiche e alla società civile un confronto sulle questioni da noi poste anche
in vista della prossima scadenza elettorale che si augura possa portare alla costituzione
di un Parlamento e di un Governo che non ascoltino soltanto coloro che hanno interesse
allo smantellamento dell'Università statale.
Per sostenere queste
nostre richieste si promuove una settimana nazionale di dibattito e mobilitazione dal 22
al 27 ottobre 2014 durante la quale negli Atenei si terranno Assemblee unitarie di
tutte le componenti.
Roma, 14 settembre 2014 |
Comunicato
dell'Intersindacale universitaria
mentre permane la generale sfiducia dell'università nella volontà del Governo, anche
attuale, di
rimettere in piedi l'università pubblica, demolita dalla politica di destra e di sinistra
degli scorsi anni |
|
ADI, ANDU,
CISL-Università, CONFSAL-SNALS-CISAPUNI, CoNPAss, FLC-CGIL, LINK,
RETE29Aprile, SUN, UDU, UGL-INTESA-FP, UIL RUA, USB-Pubblico impiego
APPELLO
PER SALVARE E RILANCIARE L'UNIVERSITà
A SETTEMBRE INIZIATIVA NAZIONALE
|
Le Organizzazioni e le Associazioni
universitarie denunciano ancora una volta lo stato di estrema criticità in cui versa
l'Università italiana, aggravata dal recente Decreto Legge sulla spending review.
A due anni dall'approvazione della Legge 240/10 dobbiamo registrare che le
nostre puntuali critiche relative alla inapplicabilità della stessa sono state tutte
confermate e anzi 'superate' da interventi normativi e da interpretazioni che ne hanno
addirittura peggiorato gli effetti devastanti: interventi ministeriali per ridurre i già
limitati spazi di democrazia negli Atenei (ricorsi ai TAR sugli Statuti e proroga dei
rettori), aumento dei già immensi poteri dell'ANVUR che ormai dispone della vita e della
morte delle strutture universitarie e di fatto determina i contenuti stessi della ricerca,
attacco al valore legale dei titoli di studio attraverso l'abolizione del valore delle
lauree. A questo si aggiunge un'ulteriore riduzione del diritto allo studio (aggravata
dall'aumento delle tasse previsto dal DL), il mantenimento del blocco delle assunzioni in
ruolo e delle carriere, blocco aggravato dal DL e che sarà ulteriormente prolungato dalla
crescente carenza di finanziamenti e da procedure arbitrarie, illogiche e farraginose che
saranno bloccate da probabili ricorsi.
Il Paese e chi opera e studia negli Atenei non possono più tollerare che
venga smantellata l'Università pubblica, autonoma, democratica, di qualità e aperta a
tutti.
In particolare, non è tollerabile il comportamento del ministro Profumo che
prosegue nell'opera di smantellamento, rifiutando qualsiasi confronto con tutte le
rappresentanze del mondo universitario
E' ormai più che evidente che bisogna rapidamente modificare le norme
sull'Università nella direzione opposta a quella finora seguita e che si vorrebbe
continuare a seguire.
Per questo occorre:
1.- Investire con la massima urgenza e in quantità rilevante sulla ricerca
(a partire dalla valorizzazione del dottorato) e l'alta formazione per raggiungere almeno
il livello della media europea, nella direzione proposta da "Strategia di
Lisbona" e da "Agenda europea 2020".
2.- Difendere il valore legale dei titoli di studio, innalzando la qualità
dell'offerta formativa in tutti gli Atenei.
3.- Assicurare il ricambio generazionale, favorendo l'accesso in ruolo dei
precari. Vanno inoltre assicurate reali prospettive di carriera al personale già di
ruolo, procedendo nell'immediato all'assunzione dei vincitori di concorso.
4.- Realizzare un vero diritto allo studio, assicurando a tutti gli studenti
idonei la borsa di studio, aumentando e migliorando i servizi (biblioteche, aule,
laboratori, ecc.) e migliorando le condizioni di vita degli studenti (residenze, mense,
ecc.). In direzione opposta vanno invece l'aumento delle tasse e l'introduzione dei
prestiti d'onore e di altri strumenti di indebitamento,
5.- Ribadire l'importanza di un organo nazionale di piena rappresentanza e di
coordinamento del Sistema nazionale delle Università.
6.- In alternativa ai poteri immensi e antidemocratici del rettore e del CdA,
rafforzare il Senato Accademico, direttamente eletto da tutte le componenti, con
responsabilità della programmazione, del coordinamento e del controllo. Va inoltre
assicurata la piena autonomia finanziaria e gestionale ai dipartimenti.
7.- Introdurre meccanismi di reclutamento in ruolo che impediscano la
cooptazione personale; avanzamento di carriera basato esclusivamente su valutazioni
individuali, all'interno di un ruolo unico della docenza, senza distinzioni di funzioni e
di diritti e doveri, nel quale comprendere gli attuali ordinari, associati e ricercatori.
8.- Prevedere un'unica figura pre-ruolo a tempo determinato, di breve durata
e adeguata retribuzione, con reale autonomia di ricerca e il riconoscimento pieno dei
diritti.
Questi cambiamenti vanno realizzati subito per rilanciare il ruolo
fondamentale dell'Università per lo sviluppo culturale, sociale ed economico del Paese.
L'attuale crisi impone - come in altri Paesi - di puntare/investire
sull'Università, invece di utilizzare la crisi stessa come pretesto per la sua
demolizione a vantaggio di potentati economici e accademici.
Per ottenere tutto questo si chiede a studenti, docenti e personale T.A di
impegnarsi in tempo e con forza e si fa appello all'opinione pubblica affinché sostenga
una battaglia che più di ogni altra può portare al superamento di una crisi che
altrimenti risulterà irreversibile.
Si chiede a tutte le forze politiche e alla società civile un confronto sulle questioni
da noi poste anche in vista della prossima scadenza elettorale che si augura possa portare
alla costituzione di un Parlamento e di un Governo che non ascoltino soltanto coloro che
hanno interesse allo smantellamento dell'Università statale.
Per sostenere le richieste da noi avanzate, sarà promossa una iniziativa
nazionale entro la fine di settembre.
Roma, 10 luglio 2014 |
DECRETO LEGISLATIVO 29
marzo 2014 , n. 49 Disciplina per la programmazione, il monitoraggio
e la valutazione delle politiche di bilancio e di reclutamento degli atenei (art. 5,
c. 1, legge 240/2010) |
|
Il Decreto legislativo introduce la contabilità economica, la programmazione
economica, il costo standard per il FFO, e numerosi limiti alla gestione delle
risorse
Per una visione del testo completo, clicca su: Decreto
Sotto è riportato il parere del CUN
|
NOTA. Viene disposto che le università
applichino la contabilità economica. Attualmente, per le università,
vige la contabilità finanziaria e questo non è sufficiente a permettere di valutare la
adeguatezza economica delle scelte. Ben venga, dunque, l'innovazione e anche perchè va
appplicata uniformemente in tutte le università, a vantaggio della possibilità di
aggregare rigorosamente i bilanci, sul piano nazionale.
Il principio della programmazione economica è anch'esso
fondamentale per una governance corretta, in quanto consiste nella inventariazione
completa dei bisogni da soddisfare in un determinato tempo (tre, cinque anni), nel
quantificare le risorse disponibili nel periodo, e nel cadenzare gli obiettivi e gli
strumenti necessari, nella successione delle unità di tempo. Bologna è già da anni su
questo ordine di idee, ma le ha applicate in modo assolutamente inadeguato, come è
mostrato dal fatto che il suo cosiddetto "Piano strategico" è un elenco di
direttive etico-amministrative, senza numeri: diciamo solo chiacchiere.
Il finanziamento del FFO in base al costo standard unitario
per studente è anch'esso una innovazione fondamentale, perchè vuole superare il criterio
del finanziamento in base alla spesa storica (oggi, appplicato allo 85% del FFO).
Si chiarisce che esso, come concetto, fu introdotto dalla legge 537/1993, per il
finanziamento della quota di equilibrio, ma è sempre stato una cosa solo
"simbolica" sia come cifra totale, sia per il modo come il costo standard è
stato calcolato, tant'è che negli anni successivi è stato ridefinito due volte, ferma la
vecchia legge: Non è mai stato chiaro (!) cosa esso dovesse essere. Quanto esso solo
"simbolico", basta vedere la sua entità (qui sotto si riporta una tabella del
Miur, la sola resa pubblica negli anni).
Con il nuovo Decreto la perecentuale di FFO finanziata in base al costo
standard sarà notevole e dunque rivoluzionerà il sistema finanziario delle università.
Le legge non decide da percentuale, il Decreto affida al Mnistro la relativa decisione.
Circa il resto, le limitazioni alla gestione delle risorse sono
numerose, e direi eccessive e soffocanti. Spiace, da altra parte, l'eccesso di
presuntuosità del Miur, di pensare di potere regolare dall'alto le situazioni
differenziate locali.
Spiace anche che il Miur introduca il costo standard, senza avere coscienza
che, se applicato correttamente, essa è sufficiente ad ottenere efficienza di gestione ed
autonomia universitaria, rendendo superflui tutti quelle limitazioni. Il dramma è che il
"costo standard" del miur è sempre stato una "balla", e questo è
forse il motivo che il miur stesso non apprezza il nuovo strumento. |
DECRETO LEGISLATIVO 29 marzo
2014 , n. 49
Stralcio degli artt. 8 e 10 relativi al costo standard
Art. 8 - Costo standard unitario di formazione per studente in corso
1. Il costo standard unitario di formazione per studente in corso, di seguito
costo standard per studente, e' il costo di riferimento attribuito al singolo studente
iscritto entro la durata normale del corso di studio, determinato tenuto conto della
tipologia di corso di studi, delle dimensioni dell'ateneo e dei differenti contesti
economici, territoriali e infrastrutturali in cui opera l'universita'.
2. La determinazione del costo standard per studente e' definita, secondo quanto
previsto al comma 1, con decreto del Ministro, di concerto con il Ministero dell'economia
e delle finanze, sentita l'ANVUR, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in
vigore del presente provvedimento considerando le voci di costo relative a:
a) attivita' didattiche e di ricerca, in termini di dotazione di personale docente
e ricercatore destinato alla formazione dello studente;
b) servizi didattici, organizzativi e strumentali, compresa la dotazione di
personale tecnico amministrativo, finalizzati ad assicurare adeguati servizi di supporto
alla formazione dello studente;
c) dotazione infrastrutturale, di funzionamento e di gestione delle strutture
didattiche, di ricerca e di servizio dei diversi ambiti disciplinari;
d) ulteriori voci di costo finalizzate a qualificare gli standard di riferimento e
commisurate alla tipologia degli ambiti disciplinari.
Art. 10 - Programmazione finanziaria triennale del Ministero
1. Nell'ambito dell'attivita' di indirizzo e programmazione del sistema
universitario, il Ministro individua con proprio decreto da emanare entro sei mesi dalla
data di entrata in vigore del presente decreto e avente validita' almeno triennale, le
percentuali del FFO da ripartire in relazione al costo standard per studente, ai risultati
della didattica, della ricerca, delle politiche di reclutamento e agli interventi
perequativi ai sensi della legge 30 dicembre 2010, n. 240.
2. Il Ministero comunica annualmente al Ministero dell'economia e delle finanze i
risultati della programmazione triennale del sistema universitario relativi agli articoli
di cui al presente decreto concernenti il monitoraggio degli andamenti della finanza
pubblica. |
Quote di riequilibrio - anno 1997 - Tabella
15
CALCOLO
DEL COSTO STANDARD PER STUDENTE - FORMULA D.M. 9/2/1998 n. 107 - |
1.268 |
111,247 |
5.368.059 |
- 165 |
2.816.502 |
9.061 |
360 |
196 |
5.080 |
|
Descrizione Università |
Intercetta
(1.268) |
SPEDOC1 |
SPEDOC1
x (111,247) |
INVISC |
INVISC
x
(5.368.059) |
DNORD |
DNORD
x
(165) |
CDLASISC1 |
CDLASISC1
x
(2.816.502) |
QMEDISC1 |
QMEDISC1
x
(9.061) |
ESAMISC |
ESAMISC
x
(360) |
SPAZI |
SPAZI
x
(196) |
CORSISC1 |
CORSISC1
x (5.080) |
COSTO
STANDARD
per studente |
ANCONA |
1.268 |
2,1741 |
242 |
9,248 E-05 |
496 |
- |
- |
6,474E-04 |
1.823 |
0,1200 |
1.088 |
3,62 |
1.304 |
8,28 |
1.623 |
0,15 |
753 |
8.597 |
BARI |
1.268 |
2,1741 |
242 |
1,676 E-05 |
90 |
- |
- |
2,179E-04 |
614 |
0,0949 |
860 |
1,88 |
675 |
3,68 |
722 |
0,02 |
103 |
4.574 |
BOLOGNA |
1.268 |
2,1741 |
242 |
1,291 E-05 |
69 |
1 |
- 165 |
3,615E-04 |
1.018 |
0,0532 |
482 |
3,73 |
1.342 |
4,66 |
912 |
0,02 |
115 |
5.283 |
CAGLIARI |
1.268 |
2,1741 |
242 |
3,176 E-05 |
170 |
- |
- |
4,446E-04 |
1.252 |
0,0585 |
530 |
2,23 |
803 |
2,58 |
505 |
0,04 |
201 |
4.971 |
CALABRIA |
1.268 |
-1,4494 |
- 161 |
6,238 E-05 |
335 |
- |
- |
4,990E-04 |
1.406 |
- |
- |
3,03 |
1.090 |
4,18 |
819 |
-0,11 |
- 551 |
4.205 |
CAMERINO |
1.268 |
-1,4494 |
- 161 |
1,590 E-04 |
853 |
- |
- |
7,949E-04 |
2.239 |
0,0561 |
509 |
1,56 |
561 |
5,31 |
1.040 |
-0,11 |
- 569 |
5.740 |
CASSINO |
1.268 |
-1,4494 |
- 161 |
1,298 E-04 |
697 |
- |
- |
5,193E-04 |
1.463 |
- |
- |
2,72 |
979 |
2,79 |
546 |
-0,07 |
- 342 |
4.449 |
CATANIA |
1.268 |
2,1741 |
242 |
2,231 E-05 |
120 |
- |
- |
4,238E-04 |
1.194 |
0,0550 |
498 |
2,16 |
776 |
3,03 |
593 |
0,08 |
425 |
5.116 |
FERRARA |
1.268 |
2,1741 |
242 |
8,489 E-05 |
456 |
1 |
- 165 |
7,640E-04 |
2.152 |
0,0988 |
895 |
2,96 |
1.064 |
7,19 |
1.410 |
0,05 |
262 |
7.583 |
FIRENZE |
1.268 |
2,1741 |
242 |
2,083 E-05 |
112 |
- |
- |
3,958E-04 |
1.115 |
0,0452 |
410 |
2,90 |
1.044 |
5,33 |
1.044 |
-0,04 |
- 188 |
5.046 |
GENOVA |
1.268 |
2,1741 |
242 |
2,711 E-05 |
146 |
1 |
- 165 |
5,694E-04 |
1.604 |
0,0502 |
454 |
3,00 |
1.082 |
5,68 |
1.113 |
0,05 |
261 |
6.003 |
LECCE |
1.268 |
1,6717 |
186 |
5,158 E-05 |
277 |
- |
- |
3,095E-04 |
872 |
- |
- |
2,62 |
942 |
3,29 |
645 |
0,02 |
125 |
4.314 |
MACERATA |
1.268 |
1,8482 |
206 |
9,290 E-05 |
499 |
- |
- |
0,000E+00 |
- |
- |
- |
3,04 |
1.096 |
1,55 |
304 |
-0,05 |
- 269 |
3.102 |
MESSINA |
1.268 |
2,1741 |
242 |
2,840 E-05 |
152 |
- |
- |
2,272E-04 |
640 |
0,0776 |
703 |
2,86 |
1.029 |
4,93 |
966 |
-0,00 |
- 15 |
4.985 |
MILANO |
1.268 |
2,1741 |
242 |
1,283 E-05 |
69 |
1 |
- 165 |
2,437E-04 |
686 |
0,1076 |
975 |
2,58 |
929 |
3,72 |
730 |
-0,00 |
- 21 |
4.714 |
MILANO - Politecnico |
1.268 |
2,0843 |
232 |
2,769 E-05 |
149 |
1 |
- 165 |
5,538E-04 |
1.560 |
- |
- |
3,78 |
1.361 |
3,40 |
666 |
-0,04 |
- 181 |
4.890 |
MODENA |
1.268 |
2,1741 |
242 |
8,295 E-05 |
445 |
1 |
- 165 |
7,466E-04 |
2.103 |
0,0911 |
825 |
3,29 |
1.183 |
8,76 |
1.716 |
0,02 |
104 |
7.721 |
NAPOLI - Federico II |
1.268 |
1,8694 |
208 |
1,358 E-05 |
73 |
- |
- |
2,988E-04 |
841 |
0,0512 |
464 |
2,59 |
934 |
4,82 |
944 |
-0,07 |
- 331 |
4.402 |
PADOVA |
1.268 |
2,1741 |
242 |
1,806 E-05 |
97 |
1 |
- 165 |
4,334E-04 |
1.221 |
0,0654 |
593 |
3,15 |
1.134 |
5,76 |
1.129 |
0,01 |
59 |
5.577 |
PALERMO |
1.268 |
2,1741 |
242 |
2,071 E-05 |
111 |
- |
- |
4,349E-04 |
1.225 |
0,0431 |
390 |
2,75 |
991 |
4,27 |
836 |
0,07 |
373 |
5.437 |
PARMA |
1.268 |
2,1741 |
242 |
3,850 E-05 |
207 |
1 |
- 165 |
4,620E-04 |
1.301 |
0,0763 |
691 |
3,04 |
1.096 |
5,72 |
1.120 |
0,03 |
159 |
5.919 |
PAVIA |
1.268 |
2,1741 |
242 |
4,032 E-05 |
216 |
1 |
- 165 |
5,644E-04 |
1.590 |
0,1403 |
1.271 |
3,01 |
1.082 |
6,66 |
1.306 |
0,02 |
115 |
6.925 |
PERUGIA |
1.268 |
2,1741 |
242 |
4,026 E-05 |
216 |
- |
- |
5,637E-04 |
1.588 |
0,0955 |
865 |
2,88 |
1.038 |
6,71 |
1.315 |
0,02 |
80 |
6.613 |
PISA |
1.268 |
2,1741 |
242 |
2,388 E-05 |
128 |
- |
- |
4,537E-04 |
1.278 |
0,0768 |
696 |
2,78 |
1.001 |
4,79 |
939 |
-0,05 |
- 235 |
5.317 |
ROMA - La Sapienza |
1.268 |
2,1741 |
242 |
7,277 E-06 |
39 |
- |
- |
1,528E-04 |
430 |
0,0547 |
496 |
2,690 |
968 |
2,76 |
541 |
-0,07 |
- 364 |
3.621 |
ROMA - Tor Vergata |
1.268 |
1,0783 |
120 |
5,508 E-05 |
296 |
- |
- |
6,059E-04 |
1.706 |
0,1662 |
1.506 |
2,32 |
836 |
7,47 |
1.464 |
0,02 |
114 |
7.310 |
SALERNO |
1.268 |
-1,4494 |
- 161 |
2,550 E-05 |
137 |
- |
- |
2,805E-04 |
790 |
- |
- |
2,43 |
874 |
2,04 |
399 |
-0,03 |
- 152 |
3.155 |
SASSARI |
1.268 |
-1,4494 |
- 161 |
7,240 E-05 |
389 |
- |
- |
5,068E-04 |
1.427 |
0,1319 |
1.195 |
2,41 |
867 |
6,67 |
1.308 |
0,02 |
121 |
6.414 |
SIENA |
1.268 |
2,1741 |
242 |
5,112 E-05 |
274 |
- |
- |
3,579E-04 |
1.008 |
0,0834 |
756 |
3,20 |
1.152 |
5,50 |
1.077 |
-0,07 |
- 332 |
5.444 |
TORINO |
1.268 |
2,1741 |
242 |
1,747 E-05 |
94 |
1 |
- 165 |
2,796E-04 |
787 |
0,0675 |
612 |
2,64 |
950 |
4,28 |
839 |
0,01 |
64 |
4.691 |
TORINO - Politecnico |
1.268 |
-0,4636 |
- 52 |
4,720 E-05 |
253 |
1 |
- 165 |
7,079E-04 |
1.994 |
- |
- |
3,70 |
1.330 |
4,36 |
855 |
0,02 |
110 |
5.594 |
TRIESTE |
1.268 |
2,0806 |
231 |
5,137 E-05 |
276 |
1 |
- 165 |
4,110E-04 |
1.157 |
0,0420 |
381 |
2,75 |
989 |
5,79 |
1.135 |
0,04 |
228 |
5.501 |
UDINE |
1.268 |
-1,4494 |
- 161 |
1,042 E-04 |
560 |
1 |
- 165 |
6,255E-04 |
1.762 |
0,0595 |
539 |
2,88 |
1.035 |
10,27 |
2.012 |
-0,00 |
- 6 |
6.844 |
TUSCIA |
1.268 |
-1,4494 |
- 161 |
1,896 E-04 |
1.018 |
- |
- |
7,586E-04 |
2.137 |
- |
- |
3,34 |
1.203 |
5,88 |
1.153 |
0,02 |
94 |
6.711 |
VENEZIA - Cà Foscari |
1.268 |
2,1741 |
242 |
6,510 E-05 |
349 |
1 |
- 165 |
1,953E-04 |
550 |
- |
- |
3,76 |
1.353 |
4,90 |
961 |
-0,02 |
- 92 |
4.466 |
VENEZIA - Ist. Architettura |
1.268 |
0,3710 |
41 |
1,175 E-04 |
631 |
1 |
- 165 |
3,525E-04 |
993 |
- |
- |
4,29 |
1.546 |
4,81 |
942 |
-0,21 |
- 1.069 |
4.187 |
BASILICATA |
1.268 |
-1,4494 |
- 161 |
2,366 E-04 |
1.270 |
- |
- |
1,656E-03 |
4.665 |
- |
- |
1,91 |
686 |
5,01 |
982 |
-0,01 |
- 52 |
8.658 |
MOLISE |
1.268 |
-1,4494 |
- 161 |
2,040 E-04 |
1.095 |
- |
- |
4,081E-04 |
1.149 |
- |
- |
3,00 |
1.079 |
1,40 |
275 |
0,16 |
837 |
5.542 |
VERONA |
1.268 |
2,1741 |
242 |
7,607 E-05 |
408 |
1 |
- 165 |
1,521E-04 |
428 |
0,1178 |
1.068 |
3,21 |
1.157 |
7,60 |
1.490 |
0,12 |
596 |
6.492 |
NAPOLI - Ist. Navale |
1.268 |
0,5721 |
64 |
1,179 E-04 |
633 |
- |
- |
2,358E-04 |
664 |
- |
- |
2,33 |
839 |
1,18 |
231 |
0,06 |
305 |
4.004 |
NAPOLI - Ist. Orientale |
1.268 |
2,1741 |
242 |
1,518 E-04 |
815 |
- |
- |
0,000E+00 |
- |
- |
- |
1,70 |
612 |
1,56 |
306 |
-0,02 |
- 114 |
3.129 |
BRESCIA |
1.268 |
-1,4494 |
- 161 |
9,232 E-05 |
496 |
1 |
- 165 |
3,693E-04 |
1.040 |
0,1838 |
1.665 |
3,32 |
1.194 |
5,05 |
990 |
0,08 |
385 |
6.711 |
REGGIO CALABRIA |
1.268 |
-1,4494 |
- 161 |
1,105 E-04 |
593 |
- |
- |
8,841E-04 |
2.490 |
0,0665 |
603 |
2,63 |
948 |
3,92 |
769 |
0,16 |
826 |
7.335 |
BARI - Politecnico |
1.268 |
-1,4494 |
- 161 |
1,094 E-04 |
587 |
- |
- |
7,659E-04 |
2.157 |
- |
- |
2,33 |
839 |
4,62 |
905 |
-0,09 |
- 434 |
5.162 |
NAPOLI - II Università |
1.268 |
1,6255 |
181 |
6,242 E-05 |
335 |
- |
- |
4,369E-04 |
1.231 |
0,2333 |
2.114 |
2,47 |
890 |
5,54 |
1.086 |
0,24 |
1.226 |
8.331 |
BERGAMO |
1.268 |
-0,0372 |
- 4 |
1,907 E-04 |
1.024 |
1 |
- 165 |
1,907E-04 |
537 |
- |
- |
3,09 |
1.114 |
1,89 |
370 |
-0,00 |
- 13 |
4.131 |
CHIETI - G. D'Annunzio |
1.268 |
-1,4494 |
- 161 |
7,250 E-05 |
389 |
- |
- |
2,175E-04 |
613 |
0,1693 |
1.534 |
3,69 |
1.330 |
4,73 |
926 |
-0,13 |
- 659 |
5.240 |
L'AQUILA |
1.268 |
-1,4494 |
- 161 |
7,385 E-05 |
396 |
- |
- |
8,862E-04 |
2.496 |
0,1125 |
1.019 |
4,46 |
1.604 |
4,45 |
873 |
0,16 |
800 |
8.296 |
TRENTO |
1.268 |
-1,4494 |
- 161 |
8,472 E-05 |
455 |
1 |
- 165 |
4,236E-04 |
1.193 |
- |
- |
3,12 |
1.125 |
5,65 |
1.106 |
-0,03 |
- 134 |
4.687 |
ROMA - TRE |
1.268 |
0,5319 |
59 |
6,850 E-05 |
368 |
- |
- |
6,165E-04 |
1.736 |
- |
- |
2,78 |
1.001 |
1,89 |
370 |
0,29 |
1.454 |
6.255 |
TERAMO |
1.268 |
-1,4494 |
- 161 |
1,280 E-04 |
687 |
- |
- |
0,000E+00 |
- |
0,0613 |
556 |
3,34 |
1.203 |
1,17 |
229 |
0,03 |
129 |
3.911 |
|
|
|
|
|
|
|
.
|
Università di Bologna scrive lettera a tutto il personale docente:
Chiuso il capitolo dei professori associati
dimissionati prima dei 70 anni
|
NOTA. Dopo l'abolizione definitiva del biennio,
dopo l'età di andata in pensione, molte Università avevano interpretato la legge Moratti
del 2005 nel senso che i professori che esercitassero l'opzione di adesione alla legge
Moratti, andavano collocati in pensione al compimento di anni 68, e ciòa aveva dato a
luogo a ricorsi alla giustizia amministrativa, però la gran parte vinti dai professori.
Sopravviene ora la definitiva accettazione, da parte dell'università
di Bologna, del diritto alla collocazione a 70 per i proff. Associati che fanno l'opzione
per la legge Moratti.
Rimane fermo il limite di anni 65 per gli altri proff. Associati.
Segue qui sotto la lettera ufficiale dell'università di Bologna. |
Amministrazione
centrale,
Ufficio Carriere Prot. 11871
VII/2 Bologna 9 marzo 2014
A tutti i professori
Ai Presidi di Facoltà
Ai Direttori di Dipartimento Al Direttore della SSLIMITT
Oggetto: nuovi limiti di età per il collocamento
a riposo dei professori di prima e di seconda fascia
Cari Colleghi,
come già noto a molti di Voi, a seguito dell'entrata in vigore delle Leggi
230/2005 (cd Legge Moratti) e della Legge 240/2010 (ed Legge Gelmini) erano sorti alcuni
dubbi interpretativi - anche a causa di orientamenti giurisprudenziali non univoci - in
merito alla determinazione del limite di età per il collocamento a riposo dei professori,
sia di prima che di seconda fascia.
Dopo una prima fase di incertezza, il quadro giurisprudenziale è
evoluto consolidandosi nel senso di ritenere oramai pacifico l'orientamento in base al
quale sono collocati a riposo successivamente al compimento del settantesimo anno di età
sia i professori di prima fascia, che quelli di seconda che esercitano l'opzione per il
regime giuridico previsto dalla Legge 230/2005.
La giurisprudenza ha infatti chiarito che:
- il limite di età previsto dalla Legge 230/2005 (70 anni ivi
compreso il biennio) deve intendersi - dopo che è stata stabilita la inapplicabilità
della disciplina sul biennio di proroga ai professori - fissato a 70 anni in via generale
per tutti i professori che esercitano l'opzione per il regime giuridico previsto dalla
Legge medesima;
- l'opzione non è necessaria per i professori di I fascia, poiché ad
essi si applica il regime sui limiti di età più favorevole previgente alla Legge
230/2005 che già fissava il limite per il collocamento a riposo successivamente al
compimento del settantesimo anno di età. Pertanto, allo scopo di fornire indicazioni
univoche a tutti i diretti interessati, ma anche alle strutture di Ateneo che devono
programmare le attività per il prossimo anno accademico. Vi riporto il quadro aggiornato
relativo alle date di collocamento a riposo dei professori di prima e seconda fascia che
tiene conto sia della normativa vigente, che degli orientamenti giurisprudenziali
consolidati, e che saranno applicati alle cessazioni per raggiunti limiti dì età che
decorreranno dal prossimo 1 novembre 2014.
Professori di I fascia: sono collocati a riposo
per limiti di età a decorrere dall'inizio dell'anno accademico successivo al compimento
del settantesimo anno di età.
Professori di II fascia: sono collocati a riposo
per limiti di età a decorrere dall'inizio dell'anno accademico successivo al compimento
del settantesimo anno di età, se effettuano l'opzione per il regime previsto dalla Legge
230/2005.
Se non esercitano l'opzione sono collocati a riposo per limiti di età
a decorrere dall'iniziodell'anno accademico successivo al compimento del
sessantacinquesimo anno di età.
Chi ha già effettuato l'opzione per i limiti di età previsti dalla Legge
Moratti, riceverà una nota formale con l'indicazione della data prevista per il
collocamento a riposo (decorrenza dal 1 novembre successivo al compimento del settantesimo
anno di età).
Chi invece non ha ancora esercitato tale opzione riceverà a breve una
comunicazione da parte degli uffici nella quale sarà invitato a scegliere se optare per
il regime previsto dalla Legge 230/2005 (e quindi rimanere in servizio fino a 70 anni)
oppure non optare e di conseguenza cessare successivamente al compimento dei 65 anni.
Gli uffici dell'Area Persone e Organizzazione (Settore Stato
Giuridico Docenti Ufficio Carriere tel. 051 2098955/54 mail:
apos@carrieredocenti@unibo.it restano a disposizione per ogni ulteriore chiarimento in
merito.
Con i migliori saluti.
Il rettore |
Giorgio Cantelli Fort |
NUOVI RICONOSCIMENTI
AL PROF. GIORGIO CANTELLI FORTI
Presidente del Polo di Rimini dellUniversità di Bologna |
Dal
MIUR - Ministero dell'Università
Progetto: "Patologie neurodegenerative e danno cerebrale: meccanismi
cellulari e molecolari alla base del deterioramento cognitivo e correlazione
al danno funzionale nell'uomo".
Il 22 febbraio parte il progetto finanziato da fondi
MIUR-FIRB dal titolo "Patologie neurodegenerative e danno cerebrale: meccanismi
cellulari e molecolari alla base del deterioramento cognitivo e correlazione al danno
funzionale nell'uomo".
Il Coordinatore Nnazionale è il prof. Giorgio Cantelli Forti Docente
di Farmacologia e Farmacoterapia presso il nostro Ateneo e Presidente del Polo Scientifico
- Didattico di Rimini.
Il progetto, che rappresenta il primo sforzo italiano finalizzato ad
individuare i meccanismi comuni nelle malattie neurodegenerative, potrà aiutare a
delineare nuove strategie farmacologiche per la prevenzione e/o il contenimento della
neuroinfiammazione, della neurodegenerazione e del deficit cognitivo associati alla
patologia di Alzheimer, alle malattie prioniche e al trauma cranio encefalico.
Il progetto, di durata triennale e finanziato con oltre 2.800.000 Euro, vede
coinvolte 4 Unità operative di cui due coordinate da Docenti bolognesi, il Prof. Giorgio
Cantelli Forti e il Prof. Marco Leonardi del Dipartimento di Scienze Neurologiche, una dal
Prof. Tullio Florio dell'Università di Genova ed una dalla Prof.ssa Monica Di Luca
dell'Università di Milano.
Le due Unità operative bolognesi fanno parte dei Dipartimenti di
Farmacologia, Biochimica "Giovanni Moruzzi", Scienze Neurologiche, Scienze
Statistiche nonché dell'Azienda USL di Bologna (Neuroradiologia e Medicina
Riabilitativa-Neuroriabilitazione).
Il coordinamento del progetto e l'Unità Operativa del Prof. Giorgio Cantelli
Forti verranno trasferite nel nuovo Dipartimento di "Scienze per la Qualità della
Vita" di Rimini; infatti, dopo il recente riordino statutario dell'Ateneo, il prof.
Cantelli Forti ha scelto di afferire presso tale nuova Struttura didattico-scientifica.
Gianni Porzi |
Dal
Rotary Club Rimini
Assegnato il premio Rotary Livio Minguzzi 2014
La cerimonia di consegna è avvenuta giovedì 16 febbraio 2014 alle ore
20.15 presso il Grand Hotel di Rimini
È stato assegnato a Giorgio Cantelli Forti, Presidente del Polo
Scientifico-Didattico di Rimini, il premio Rotary Livio Minguzzi 2014,
istituito dal Rotary Club Rimini nel 1985 in onore della memoria del socio fondatore, e
assegnato annualmente a riminesi nativi o dadozione che si sono particolarmente
distinti in campo culturale, artistico, scientifico, sociale, economico, sportivo,
scolastico e rotariano.
Il prof. Giorgio Cantelli Forti ha ricevuto lonorificenza del
Paul Harris Fellow giovedì 16 febbraio alle ore 20.15 presso il Grand Hotel
di Rimini in occasione della riunione del Club.
Fra le motivazioni che hanno portato allassegnazione del Premio al
prof. Cantelli Forti, limpegno che ha dedicato allinsediamento e allo sviluppo
del Polo di Rimini dellUniversità di Bologna, una realtà che il Rotary Club Rimini
ritiene necessaria ed importante per la città di Rimini e il territorio provinciale.
Il Prof. Giorgio Cantelli Forti, nato nel 1944 a Bentivoglio (Bologna),
è Ordinario di Farmacologia e Farmacoterapia presso la Facoltà di Farmacia dell'Alma
Mater Studiorum di Bologna. Dal 2007 è Presidente del Polo Scientifico-Didattico di
Rimini e dal 2010 è Presidente del Consiglio Direttivo del Collegio Nazionale dei
Farmacologi Universitari. Dal 2010 è anche componente della Commissione di Garanzia Bando
PRIN 2009, presso il Ministero dellIstruzione, dellUniversità e della
Ricerca.
In passato il premio Rotary Livio Minguzzi è stato
assegnato, fra gli altri, anche a Elio Morri (1986), Augusto Campana (1988), Suor Vincenza
(1989), Margherita Zoebeli (1990), Antonio Paolucci (1994), Stefano Zamagni (1995),
Claudio Maria Celli (1996), Marilena Pesaresi (1998), Sergio Zavoli (2000), Alberta
Ferretti (2003), Vittorio Tadei (2005), Don Oreste Benzi (2006), Maurizio Focchi (2008) |
CEUB -
CENTRO UNIVERSITARIO
RESIDENZIALE DI BERTINORO Srl di Bertinoro
(Univesità di Bologna, proprietaria del capitale, per un terzo) |
Lontana una conclusione
dell'indagine sulla situazione debitoria |
Nota. Risulta che il Presidente della Commissione,
Stefano Lolli, lamenterebbe di non riuscire a procedere nell'indagine sulle cause della
situazione debitoria del CEUB di Bertinoro (le cifre del debito si aggirano
su 1.000.000).
Di questo caso, passato a suo tempo per il CdA dell'Ateneo, ci siamo
occupati in precedente servizio (clicca su CEUB ) a causa di un' alta posizione debitoria, nello stato
patrimoniale, e che condusse alla nomina di una Commissione di indagine.
Il nostro Ateneo è proprietario del CEUB, pro-quota 1/3 del capitale, per
cui risulta evidente il potenziale danno patrimoniale e di immagine del nostro Ateneo.
Ci domandiamo come, in questo Paese, vada a finire il danaro pubblico,
e quindi ci piacerebbe sapere se il nostro Rettore ha capito (di suo) le ragioni della
perdita, visto che l'Ateneo non pare abbondare di risorse. Il rilievo è suffragato dalla
constatazione delle persistenti "incentivazioni" alle dimissioni
anticipate dei Docenti, prossimi alla pensione. NL |
FONTE: CORRIERE di Forlì e Faenza, 14 gennaio 2011
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MENTRE SI DISCUTE DELLA RIFORMA DEI PARTITI IN
ITALIA |
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RIPERCORSO
CRITICO DI UOMINI E FATTI DELLA DC
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Gabriele Cantelli*, Pensieri
intorno a A. De Gasperi, G. Dossetti, F. Marini:
PER DIFENDERE VALORI NON NEGOZIABILI |
* Già dirigente locale della DC |
Gabriele Cantelli
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1.- Alcide De Gasperi.
Lazione cattolica, con la costituzione dei Comitati Civici, diede un contributo
determinante alla vittoria della Democrazia Cristiana nel confronto col " il Fronte
progressista", passato alla storia come Fronte Popolare, che raggruppava movimenti e
partiti di ispirazione marxista e il modello di organizzazione sociale sovietico, e che
individuavano nella religione uno dei principali ostacoli a un analogo percorso della
rinata democrazia italiana.
Chi riteneva inconciliabile con le proprie idee di
umano consorzio le teorie che per la loro realizzazione presupponevano lutilizzo
della violenza per la assunzione del potere da parte della classe operaia , diede vita ad
una alleanza di forze politiche e movimenti che fecero perno sul partito che si qualificò
Democrazia Cristiana per un chiaro riferimento all esperienza politiche del PPI di
Sturzo e allassociazionismo cattolico mobilitato in difesa di valori in gioco.
Dagli ambienti cattolici quindi pervenne un aiuto
pari al pericolo di una predicazione del campo avverso che face intravvedere al Clero e
per chi era schedato solo in quanto frequentatore della messa domenicale la stessa fine
riservata agli sfortunati confratelli dei Paesi caduti sotto il dominio sovietico,
martirizzati nella guerra civile spagnola e, venendo in Emilia Romagna, assassinati nel
triangolo della morte nella lotta liberazione versione PCI.
La vittoria della Democrazia Cristiana (1948) , la sua
partecipazione all impegno unitario nella stesura della Carta Costituzionale , il
suo contributo alla realizzazione delle idee ricostruttive elaborate da De Gasperi e da
autorevoli esponenti del pluralismo associativo cattolico, dai popolari ai rappresentanti
del mondo universitario, ha certamente contribuito a smentire le ricorrenti campagne
allarmistiche su possibili svolte autoritarie del partito che aveva conseguito il consenso
della maggioranza dellelettorato italiano .
Basti per tutte quella contro la "legge truffa" che la
DC propose per assicurare la governabilità del paese attraverso la assegnazione di un
premio di maggioranza al partito che avesse conseguito la maggioranza relativa nelle
consultazioni elettorali politiche.
La politica delle alleanze democratiche delineò sempre i confini
dellazione politica di una DC fedele alla sua concezione interclassista lungo una
cinquantennale esperienza di governo che ha portato lItalia fra le potenze
economiche mondiali passando da paese prevalente agricolo a paese industriale nella
libertà.
Sarebbe troppo lungo elencare e trattare adeguatamente il processo
storico che ha condotto clero e laicato della sinistra cattolica al sostegno alla
Democrazia Cristiana col PD nel PSE . Non è nemmeno producente farlo quando la
stessa politica, definita larte del possibile, induce ad accantonare quanto non
convenga trattare.
Ma quelle che in tale ottica potrebbero essere considerate
reminiscenze partigiane divengono necessarie quando il cambiamento di umore politico venga
fatto rientrare nel luogo comune della fine della guerra fredda per la caduta del muro di
Berlino o attribuita alla fine ingloriosa sui banchi dei tribunali di
"tangentopoli", facendoci ritenere, nel primo caso, vittime del crollo e nel
secondo una specie di consorteria del malaffare dalle più diverse connotazioni.
Ciò, perché non furono queste le vere ragioni per le quali noi vedemmo
provenire dagli stessi ambienti parrocchiali che avevano sensibilizzati allimpegno
sociale , giovani religiosi e laici che orientati alle ideologie di Marcuse a Mao Tse-Tung
e Che Guevara, che contestavano il sistema capitalista del quale noi eravamo considerati
la struttura portante .
Allora sbagliammo attribuendo alla contestazione orientamenti ideologici
incompatibili con la loro formazione cattolica come sbagliammo successivamente, aiutati in
questo da Rossana Rossanda, nel riconoscere nel terrorismo rosso solo le stesse
motivazioni che animarono personaggi dellalbum di famiglia del PCI.
Dallampia pubblicistica riguardante stagione del terrorismo
che vide il momento più buio nellassassinio dellonorevole Moro, abbiamo
infatti appreso della formazione cattolica di alcuni fra i fondatori delle BR e degli
appartenenti al gruppo strategico delle formazioni terroristiche e della loro decisione di
passare alla lotta clandestina maturata nel"gruppo dellappartamento" cioè
a casa di Corrado Corghi a Reggio Emilia.
A casa sua, lui, dirigente nazionale e regionale della Democrazia cristiana,
riuniva giovani cattolici e comunisti infervorandoli delle notizie dei suoi contatti con
le formazioni guerrigliere dellAmerica Latina che, sulla base interpretativa del
messaggio evangelico, avevano elaborato la teologia della liberazione, e delle strategie
della lotta clandestina.
Questo è particolarmente grave quando, dalla ricostruzione storica
di quel tragico periodo incontestabilmente emerge che il principale obbiettivo delle BR fu
proprio la Democrazia Cristiana in quanto fautrice di uno modello di sviluppo incentrato |
sull'interclassismo e che con
l'assassinio di Moro si è inteso annientare sul nascere il progetto di compromesso
storico fra DC e PCI del quale, con Berlinguer, lo statista democristiano fu ideatore, in
quanto aveva come presupposto il riconoscimento della pari dignità delle forze politiche
allo avvicendamento democratico alla guida del paese. Corghi nel 1968 lasciò la DC.
Quali le origini di tanto livore contro la Democrazia Cristiana maturato all?ombra
dei campanili? 2.- Giuseppe Dossetti. La
fine della Democrazia Cristiana avrebbe rappresentato un fatto liberatorio per quella
parte del mondo cattolico che con Dossetti non ne aveva condiviso la impostazione
interclassista degasperiana, che inserì lItalia nel sistema economico occidentale e
allalleanza atlantica, che ebbe come primo passaggio la rottura dellalleanza
con le sinistre nel governo delle forze che avevano partecipato al Comitato di liberazione
nazionale.
Per Dossetti invece il governo tripartito (DC,PCI,PSI), aveva dato un
significato ben diverso da quello del contingente stato di necessità accettato da De
Gasperi. Il tripartito era concepito come la prima fase della costruzione di un blocco
storico , alla cui direzione non fossero i marxisti ma i cattolici, in quanto la sinistra
cattolica rappresentata da lui e La Pira scorgeva una maggior contrapposizione dei valori
cristiani alla società capitalistico-borghese, che non ai valori "popolari"
espressi da tradizione marxista italiana.
La opzione per la vita religiosa del leader della sinistra cattolica , al
quale il professor Ardigò, idealmente molto vicino, diede la definizione
"Cera in Dossetti il monaco nel politico, e il politico nel monaco". Lo
avvicinamento di autorevoli esponenti della sua corrente alla posizione dello statista
trentino (probabilmente in considerazione della inconciliabilità del modello di
socialismo reale attuato in Unione sovietica , al quale il PCI a lungo ha fatto
riferimento, coi rischi conseguenti ove fosse stato importato, la sapiente distribuzione
del potere fra le diverse correnti) consentì la coesistenza nello stesso partito di anime
inconciliabili.
Le stesse battaglie referendarie contro la applicazioni delle leggi
sul divorzio e sullaborto furono dalle sinistre cattoliche considerate negative in
quanto avrebbero finito per turbare le prospettive della alleanza a sinistra e fu in tale
frangente che venne da esse sancito il principio della privatizzazione delle convinzioni
religiose che costituì linizio della fine dellunità politica dei cattolici
nella Democrazia Cristiiana.
Non so se nel PD con Renzi sia avvenuto quanto si determinò nel
periodo agonico della DC nelle cui sedi entrarono giovani a frotte provenienti dalle
diverse espressioni dellassociazionismo cattolico, che allinsegna della
discontinuità dalla nostra storia diedero assoluta prova di mancanza di rispetto per le
persone che li avevano preceduti nellimpegno politico e dei luoghi ai quali
accedevano.
Si trattò di una situazione allucinante nella quale chi aveva dato
testimonianza specialmente nei momenti più difficili della storia del nostro paese, si
sentì "straniero in patria" .
Motivai il mio rifiuto di aderire al PPI di Martinazzoli con la
mancanza delle condizioni politiche ed ambientali per una mia adesione .
Con la liquidazione della D.C. e la diaspora delle sue
correnti immediatamente si avviò quello che tecnicamente viene definito processo di
despecificazione caratterizzato dal disconoscimento dei rapporti anche di amicizia
intessuti nel partito originario per la giustificazione delle nuove scelte politiche.
Per la sinistra democristiana lapprodo al PD, e la adesione al
PSE ha costituito il traguardo di un lungo percorso che, in funzione classista, aveva
tratto impulso dalla stessa esperienza dellunità sindacale e delle centrali della
cooperazione.
Per quanto riguarda larea centrale, la costituzione del
CCD di Casini, del CDU di Buttiglione e per la restante parte la confluenza in Forza
Italia , complessivamente non ha saputo andare oltre la tecnica di gestione del potere di
stampo doroteo e lossessione del culto della personalità dei rispettivi leader dove
il richiamo allesperienza politica degaperiana ha reso più stridente il contrasto
delle qualità e dello stesso stile di vita del grande statista trentino con la fisionomia
di chi ha avuto lardire di dichiarare la continuità del percorso da lui tracciato
nellinteresse complessivo della società italiana.
Alla luce della Sentenza di Cassazione che ha dichiarato la continuità della
Democrazia Cristiana in quanto mai legittimamente sciolta, interessante sarà vedere la
conclusione della vicenda giudiziaria tesa a far luce sulla legittimità dei comportamenti
dei rappresentanti i diversi settori della diaspora che, dichiaratosene eredi, se ne
divisero i bani mobili ed immobili, come interessante è poter conoscere i percorsi che
hanno condotto quegli esponenti politici che con la fine della DC dichiararono la fine del
loro impegno politico alla guida di istituti e fondazioni bancarie, associazioni di
categoria e quantaltro nel campo economico e finanziario. |
Così si sono create le
condizioni ideali per le prosecuzione dei fenomeni degenerativi ai quali, si si volle far
credere fosse stata posta fine con la eliminazione della DC e del PSI per via giudiziaria.
Dalle inchieste in corso sta emergendo limportante ruolo di capo fila
esercitato dal movimento cooperativo per il buon esito delle gare di appalto in una sorta
di capovolgimento del rapporto che vedeva i partiti legiferare in difesa di una
cooperazione improntata alla elevazione economica e morale delle classi più deboli, ora
sono le cooperative e le cordate di imprese di riferimento ad influire sulla politica dei
partiti avvalendosi del" plusvalore" conseguito coi prezzi gonfiati delle opere
forniture effettuate. Lattuale quadro politico
quindi stride con lentusiasmo che ha accompagnato giovani cattolici alla festa de
lUnità per ascoltare Renzi, come risulta dalle foto pubblicate su facebook ,
che li rende del tutto simili ai boy scout che hanno accolto il premier al loro raduno ;
è lo stesso entusiasmo col quale é stata diffusa per internet la locandina della festa
parrocchiale di una frazione del mio paese dove , fra le varie manifestazioni , è
pubblicizzata la inaugurazione di una mostra nella quale con i parroci succedutisi dal
medio evo ad oggi , uno dei i quali beatificato, vengono ricordate le benemerenze di due
apostoli socialisti, omettendone lanticlericalismo che giunse ad impedire nella
socialista Molinella i cortei funebri nei funerali religiosi, laccesso di un vescovo
e del parroco al cimitero per la benedizione delle tombe il 2 novembre, le processioni del
Corpus Domini , alle suore della confinante Vedrana di Budrio, che ospiterà la mostra, di
recarsi alla vicina chiesa per assistere alla Messa mattutina , fino a che non intervenne
una "squadraccia" a ristabilire lordine.
Per chi nei momenti di più accesa contrapposizione politica con
me aderì allinvito allimpegno politico in difesa dei valori cristiani ,
allora solo più apertamente in gioco rispetto ad oggi , è doloroso constatare che dagli
stessi ambienti nei quali venimmo sensibilizzati a farlo è provenuta lintera gamma
delle propensioni politiche dei giovani cattolici , dai maoisti,ai DS, al PD ai grillini
unita nella valutazione negativa dellesperienza democratica cristiana ritenuta il
perno del sistema politica-affari, quando esso ha dimostrato la sua maggiore tranquilla
vitalità dove la sinistra , nelle sue poliedriche espressioni ed alleanze, è sempre
riuscita a rimanere al potere.
Certamente i contenuti della riflessione e ricordo non aprono nuovi
ampi spazi di simpatia per il suo estensore.
Chi mi conosce comunque sa quanto per me sarebbe assurdo aderire alla
nuova Democrazia Cristiana per sostenere valori non negoziabili e la massima correttezza e
trasparenza gestionale per il perseguimento del bene comune senza la elaborazione di idee
ricostruttive adeguate alla attuale situazione politica e una precisa strategia politica
in grado di difenderci dal fuoco amico.
Con queste premesse la cosa più assurda sarebbe che la Nuova DC
riprendesse il cammino della vecchia traumaticamente interrotto facendo finta che nulla
sia accaduto a interromperne il percorso come sarebbe assurdo rilanciare lalleanza
di centrodestra sulle rovine della casa delle libertà senza riscoprire ragioni e
obbiettivi della alleanza.
3.- Franco Marini e LA SINISTRA CATTOLICA NEL PSE. Qui
si inserisce il compito della Democrazia Cristiana Nuova per la individuazione delle
ragioni profonde della crisi e la promozione di un confronto con tutte le componenti
sociali( cultura, politica, capitale imprese, lavoro) per una generale riassunzione di
responsabilità che scongiuri il latente rischio di una avventura rivoluzionaria.
Se lapprodo al PSE della sinistra cattolica se non altro
semplifica linterpretazione del quadro politico, non possiamo non osservare che
nonostante il cambiamento delle sigle permanga la tradizione del vecchio P.C.I., di
assorbire ogni formazione politica con la presunzione di riuscire a mantenere la propria
identità originaria.
Come lesperienza del "fonte popolare", definito
"fronte progressista", il l patto di unità dazione, lalleanza
sindacale nella CGIL e nelle Camere del Lavoro, costituirono le tappe dellascesa del
P.C.I a scapito del PSI, la convergenza della sinistra cattolica con la Margherita
nellUlivo e nel PD ne rivela la permanenza di un vizio pari all ambizione di
un segretario che ha ampiamente dimostrato di saper trasformare le sue scelte politiche in
gradini della sua ascesa personale.
L affermazione di Renzi di giocarsi la faccia nella attuale
esperienza di governo, quasi che nessuno fosse più in grado di comprendere quanto , con
la espugnazione della segreteria del suo partito e la apertura della crisi
extraparlamentare per la assunzione della Presidenza del Consiglio, lui la faccia se la
sia già giocata, non dovrebbe tranquillizzare quanti stanno seguendo le evoluzioni di una
fulminante carriera. |
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PROSPETTIVE DI GOVERNABILITÀ DELL'ITALIA DOPO
LE ELZIONI EUROPEE |
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FORTE PASSO VERSO IL BIPOLARISMO
|
I risultati, se si trascura il PARTITO DEI
NON VOTANTI (voti 20.348.165):
- Primo partito: PARTITO
DEMOCRATICO (voti 11.172.861);
- Secondo partito: MOVIMENTO 5
STELLE (voti 5.792.865);
- Altri partiti : Forza Italia e tanti altri in area di CENTRO-DESTRA (voti
8.495.627) |
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Nino Luciani
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LUCIANI: Adesso dovrebbe essere compito della legge
elettorale accelerare il passo verso il traguardo finale bipolare, ma
guai se questo avvenisse con sbarramenti all'entrata, per escludere i piccoli
partiti.
La polarizzazione dei partiti eletti puo' essere ottenuta in sede
parlamentare mediante la incisiva modifica del Regolamento
delle Camere, che alzi drasticamente la soglia minima per costituire i gruppi
parlamentari. |
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ELEZIONI EUROPEE
(25 maggio 2014)
VOTI ESPRESSI
e voti non espressi
Elezioni
25 maggio 2014 Voti in Italia |
Numero
dei voti espressi |
In % |
PARTITO
DEMOCRATICO |
11.172.861 |
40,81 |
MOVIMENTO
5 STELLE |
5.792.865 |
21,16 |
FORZA
ITALIA |
4.605.331 |
16,82 |
LEGA
NORD |
1.686.556 |
6,16 |
NUOVO
CENTRO DESTRA - UDC |
1.199.703 |
4,38 |
L'ALTRA
EUROPA CON TSIPRAS |
1.103.203 |
4,03 |
FRATELLI
D'ITALIA - AN |
1.004.037 |
3,66 |
VERDI |
245.443 |
0,89 |
SCELTA
EUROPEA |
196.157 |
0,71 |
ITALIA
DEI VALORI |
179.693 |
0,65 |
SVP |
137.448 |
0,5 |
IO
CAMBIO MAIE |
48.450 |
0,17 |
Totale voti attribuiti |
27.371.747 |
100,00 |
VOTANTI:
NON VOTANTI: |
28.908.004
(59%)
20.348.165 (41%) |
TOTALE aventi
diritto |
49.256.169
(100%) |
|
Fonte: Ministero dell'Interno |
Nino Luciani, Per un
bipolarismo, quale strumento vicino alla democrazia diretta
( non quale strumento per escludere i piccoli partiti, alzando la soglia di sbarramento).1.- Premessa. I risultati elettorali del PD sono il frutto della
fiducia che il Partito Democratico ha conquistato nel popolo italiano.
E' poco il dire che il PD ha conquistato il quasi 41% dei voti espressi. Il
PD aveva preso 8.646.034 di voti un anno fa, nelle elezioni politiche, e dunque ne
ha guadagnati 2.526.827.
L'arrivo dei Grillini al secondo posto premia i loro meriti etici e morali.
Risulta, infine, lo spappolamento del centro destra, considerato
evidentemente una costellazione di partiti in cerca di vantaggi personali a carico
dello Stato, salvo forse il NCD-Nuovo Centro Destra, di cui diremo poi.
La posizione di Forza Italia appare molto deteriorata dalla perdita della
bussola del suo leader, convinto di contare quanto basta per "scambiare" il
proprio appoggio al governo Letta, ma solo in cambio della grazia di Napolitano...
circa una condanna da parte della magistratura, confermata in tre gradi indipendenti di
giudizio.
Ahimè saremmo già molto avanti verso le riforme costituzionali, se il 28 sett.
2013, alla Camera, Berlusconi avesse confermato la quarta votazione in favore della
riforma dell'art.138 della costituzione, che prevedeva la istituzione di un comitato
bicamerale per la riforma veloce della governance.
2.- Prospettive per il bipolarismo, in Italia.
Il fatto che l'80% dei voti espressi sia ripartito fra soli tre partiti (PD, M5S, FI) è
un passo avanti importante, ma solo numericamente. Il nodo da sciogliere è se il fatto è
una scelta consapevole verso la governabilità dell'Italia, o un modo dei grandi parititi
di appropriarsi del controllo della cosa pubblica.
Nelle esperienze fatte, l'aggregazione dei partiti ha avuto
luogo per superare le soglie di sbarramento in ingresso, ma poi la coalizione vincente,
alla prima occasione in parlamento si frazionava in molti gruppi parlamentari.
Quello che serve al Paese è, invece, una bipolarismo che dia
governabilità di durata pari alla legislatura e la faccia determinare direttamente al
popolo.
E' il sistema elettivo più prossimo alla democrazia
diretta.
La spiegazione semplice è che, di solito, quando i poli (o i partiti) sono
solo due, il numero dei |
voti si ripartisce quasi alla pari
tra i due partiti (o coalizioni): l'uno ottiene poco più del 51%, e l'altro poco meno del
49%. In queste condizioni, è facile prevedere che, nelle successive elezioni politiche,
un piccolo spostamento dell'elettorato (tra i due) inverte la maggioranza. E' quanto
vediamo da anni negli USA.
La conseguenza è che chi sta al governo è "costretto" a
rispettare il popolo e anche l'uomo della strada conta molto.
3. Quali poli per il futuro ? Il polo di
centro sinistra, incardinato nel PD, mi parrebbe in buon stato di progresso.
Circa il polo dei Grillini, la partita è rinviata al momento in cui
essi sceglieranno di divenire classe governante, cosa che va anticipata (ora per allora)
con convergenze sulle grandi scelte, ma non unilateralmente, bensì con contrattazione.
In termini di avvenuta maturazione politica, le prospettive più
realistiche mi parrebbero stare nell'area di centro destra.
Qui conterà molto la nuova legge elettorale, ma prima
cominciamo da Alfano.
Direi che la scelta di Alfano di fare la scissione da FI è benemerita
per il Paese in quanto ha salvato il Paese da un baratro elettorale improvviso, ma (a
riguardo della formazione del secondo polo) essa è tutt'altro che una strada in discesa.
C'è lo dice la storia che, infatti, ha sempre castigato i riformatori
(perchè odiati dai propri, che si sentivano traditi; e non accolti dagli oppositori, per
una questione di bandiera). E' stato così con Tommaso Bechet, Gorbaciov, Mario Segni ...,
perfino con Gesù Cristo, ai suoi tempi .
Per questo la conduzione del progetto di polarizzazione al
centro destra dovrà essere affidata ad un mediatore "terzo".
Circa i ritardi, molto dipenderà dai tempi necessari
a Berlusconi per rendersi conto che la sua stagione è finita, anche solo per l'età.
Ci sono, poi, nell'area di centro, i molti diseredati, tuttora in
cerca di una casa, della diaspora della DC, ma di cui la gran parte pensa a
ritrovare un posto al sole, senza privilegiare la governabilità del Paese.
Circa la legge elettorale bipolarista, la vedo bene
se include i piccoli, e per fare questo è sufficiente la modifica dei Regolamenti delle
Camere, mediante una drastica elevazione del numero per fare un gruppo parlamentare. Per
una spiegazione clicca su: Porcellum . |
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PADOAN PUNTERÀ A RIFORMARE L'EURO,
DURANTE IL SEMESTRE ITALIANO PRESSO LA UE ? |
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Domande dopo la Intervista a Padoan, dal Financial Times
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Secondo il Ministro:
la ripresa economica equilibrata passa attraverso
un aumento dell'inflazione e un euro più debole.
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LUCIANI: dato il Trattato attuale, la ricetta non è
applicale . |
Nino Luciani
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Quel concetto è associato da Padoan a quello seguente,
che ne è strumento, che applicherebbe durante il semestre italiano presso la UE :"Completare il processo di aggiustamento ", che "comprende
un approfondimento del mercato unico e delle riforme per ottenere maggior
credito che scorre per le piccole e medie imprese del continente". |
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FONTE:
http://www.ft.com/cms/s/0/b552d8bc-d057-11e3-af2b-00144feabdc0.html#axzz30S4YLgry |
INTERVISTA
al ministro Padoan
di Ferdinando Giugliano and Tony Barber su Financial Times, 30 aprile 2014, Londra
(stralcio)::::::::::::
Il Ministro delle finanze d'Italia ha criticato l'UE per il
sostegno solo " a parole " alla crescita e all'occupazione in Europa , dicendo
che il percorso di una ripresa economica equilibrata passa attraverso un aumento
dell'inflazione e un euro più debole
.
.
Il signor Padoan obietta che, al contrario di quanto sostenuto dalla UE, l'Italia
non vuole rinegoziare il cosiddetto fiscal compact , che obbliga l'Italia a raggiungere e
mantenere un equilibrio strutturale di bilancio ma anche di ridurre il debito pubblico, ma
solo a farlo ad una velocità più lenta ", anzi essa vuole
attenersi a un obiettivo di disavanzo del 2,6 per cento del reddito nazionale già nel
2014.
.
L'Italia vorrebbe utilizzare il suo semestre di presidenza dell'Unione europea , a
partire dal mese di luglio, per completare questo " capitolo incompiuto del processo
di aggiustamento " , ha detto. Ciò comprende un approfondimento del mercato
unico e delle riforme per ottenere maggior credito che scorre per le piccole e medie
imprese del continente .
Il sig Padoan ha detto ha detto che Bruxelles
dovrebbe ampliare il "focus" degli indicatori economici che ha scelto di
guardare , per esempio prestando maggiore attenzione alla composizione di tagli alla spesa
e aumenti delle tasse.
::::::::::::::
Il ministro delle finanze ha anche avvertito che le pressioni
deflazionistiche della zona euro , nonché la forza dell'euro potrebbero
rivelarsi pietre d'inciampo sulla via di una ripresa . " Un tasso di cambio più
basso sarebbe utile nello stesso modo che i tassi di inflazione più elevati sarebbero
utili ", ha detto.
:::::: |
Nino Luciani,
Cerchiamo di capire i misteri di Padoan, visto che la BCE non può ....
1.- Premessa. Quelle parole di Padoan (la ripresa passa per l'inflazione
e per un euro debole) sarebbero una verità quasi ovvia (nel senso che Keynes ci ha
insegnato), se la BCE fosse una banca centrale normale, come la FED americana o la Banca
d'Inghilterra.
Ma non è così. La BCE è vincolata per statuto a dare stabilità ai prezzi, e men
che meno può sognarsi di fare da ombrello al Tesoro di un qualche Stato: vale dire non
può operare sul mercato finanziario primario come "prestatore di ultima istanza (ma
solo su quello secondario, e solo per le forzature di DRAGHI, che notoriamente hanno
indotto ricorsi presso la Corte Costituzionale tedesca.
Se, dunque, prescindiamo da questo potere di una banca centrale normale (non
della BCE) l'applicazione della ricetta di Padoan ha un significato ben diverso e anche
pericolosissimo, perchè significhebbe che egli vuole finanziare i disavanzi correnti del
bilancio dello Statoi (sia pure inferiori al 3%), emettedo titoli sul mercato finnziario.
Giovi ricordare, in proposito, che questo ricorso al mercato finanziario
potrebbe essere benedetto, ma nel pieno della crisi, quando i privari operatori non
investono, per solo lo Stato potrebbe muoversi avendo un orizzonte temporale di lungo
periodo.
Ma oggi si notano segni di risveglio degli operatori, e lo Stato non deve
fare a loro la concorrenza nella ricerca dei fondi, facendo pressione sui tassi di
interesse.
2. Ma forse Padoan tiene un asso nella manica. Ad un certo punto della
intervista, Padoan ha sfoderato il pensiero sul semestre italiano pressoi la UE, dal
prossimo luglio e il collegato proposito di "completare (in quella
occasione) il processo di aggiustamento " , che comprendebbe " un approfondimento
del mercato unico e delle riforme per ottenere maggior credito che scorre per le piccole e
medie imprese del continente".
Questo vuol dire che Padoan vuole mettereall'ordine del giorno della UE la
rinegoziazione del Trattato di Maastricht, da cui discende quella tipologia mutilata di
BCE , banca centrale "incompiuta" ? Se così fosse, il proposito di Padoan
sarebbe che la BCE divenga prestatore di ultima istanza e sia |
indipendente dagli Stati, ma con
potere di intervento differenziato in taluno di essi, al bisogno.
Voglio chiarire, qui, che la fabbricazione di moneta aggiuntiva, ma cum
grano salis, non dovrebbe avere impatti inflazionistici apprezzabili in Italia, (in
Inghilterra la svalutazione della sterlina è rimasta sotto il 30%), perchè abbiamo
rilevanti risorse inutilizzate e bilancia commerciale passiva (i due casi, previsti dai
Keynesiani, in cui non dovrebbe derivare inflazione).
Non va anche trascurato che, pur fermi nel nostro europeismo, oltre
certi limiti di sacrificio potremmo vacillare.3. La retta via,
al momento. In attesa che Padoan riesca a fare accettare la sua agenda,
suggerireidue operazioni di breve termine (a parte la scelta di fondo, ma che richiede
anni, di riportare la spesa pubblica e la pressione fiscape sotto il 45% del PIL):
a) accelerare la tempistica della spesa pubblica, in modo che al
prelievo segua prontamente spesa (cosa che oggin c'è solo per pagare gli stipendi, come
risulta da documenti della Ragioneria Generale dello Stato).
Ricordo che c'è un teorema (di Haavelmo), secondo cui, in caso di
pronta spesa (finanziata da entrata di eguale ammontare), il moltiplicatore del reddito
monetario è pari alla unità (vale dire si crea un reddito monetario aggiuntivo pari alla
spesa).
Io, poi, ho scoperto che si ha un moltiplicatore del reddito
monetario, pari alla unità, anche in caso di sgravio da imposta indiretta, bilanciato da
aggravio di imposta diretta di uguale ammontare (rinvio a ... pag. 702) .
b) estendere il criterio adottato dal governo per dare gli 80
Euro ai percettori di reddito 24.000. Consiglierei, ma una sola volta , di
aumentare l'IRPEF sui redditi sopra i 100.000 Euro (perchè con relativa alta propensione
al risparmio), e di ridurre l'IRPEF (per un pari ammontare) sui redditi sotto i 50.000
Euro (perchè con relativa alta propensione al consumo). |
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Blog frettolosi
diffondono sfiducia verso l'Italia
strumentalizzando impropriamente la London School of Economics |
Roberto Orsi
|
Leggiamo da mesi ...
e tuttora sui blog.
Es. : "www.quifinanza.it"
: London School of Economics, Londra choc:
"Fra 10 anni dell'Italia non resterà
nulla".
. |
Ma
guardando dentro, si trova che è la esternazione ragionata di un ricercatore
italiano (33 anni, associato alla London School), ma non
supportata dall' "analisi causa-effetti", la sola ideonea ad un supporto
scientifico, a parte che una proiezione decennale è impossibile. |
Nino LUCIANI, Pur tra tante cause ostative del
risollevamento dell'Italia, il ritorno della Fiat (clicca qui), la
nuova macchina della Ferrari (clicca
qui),l'interesse degli Arabi per l'Italia (" IQ Made in Italy",
"Alitalia" ...) non dicono nulla ? Ma cominciamo dalla lettura del testo
originale, qui sotto a sinistra. |
Giuseppe Pietro Grillo
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Nota. Titolo originario :
Roberto Orsi, "The Demise of Italy and the Rise of Chaos".
Laureato in Giurisprudenza a Torino, PhD in relazioni internazionali alla LSE, professore
a contratto nell'Università di Tokyo.
Testo integrale in inglese: http://blogs.lse.ac.uk/eurocrisispress/2013/10/08/the-demise-of-italy-and-the-rise-of-chaos/ |
Traduzione in italiano: R.
Orsi, Il collasso dell'Italia e l'ascesa del caos. Fonte: http://www.beppegrillo.it/2013/10/la_caduta.html Gli storici del futuro probabilmente guarderanno all'Italia come un
caso perfetto di un Paese che è riuscito a passare da una condizione di nazione prospera
e leader industriale in soli vent'anni in una condizione di desertificazione economica, di
incapacità di gestione demografica, di rampate terzomondializzazione, di caduta verticale
della produzione culturale e di un completo caos politico istituzionale.
Lo scenario di un serio crollo delle finanze dello Stato italiano sta
crescendo, con i ricavi dalla tassazione diretta diminuiti del 7% in luglio, un rapporto
deficit/Pil maggiore del 3% e un debito pubblico ben al di sopra del 130%.
Peggiorerà. Il governo sa perfettamente che la situazione è
insostenibile, ma per il momento è in grado soltanto di ricorrere ad un aumento
estremamente miope dell'IVA (un incredibile 22%!), che deprime ulteriormente i consumi, e
a vacui proclami circa la necessità di spostare il carico fiscale dal lavoro e dalle
imprese alle rendite finanziarie.
Le probabilità che questo accada sono essenzialmente trascurabili. Per
tutta l'estate, i leader politici italiani e la stampa mainstream hanno martellato la
popolazione con messaggi di una ripresa imminente. In effetti, non è impossibile per
un'economia che ha perso circa l'8 % del suo PIL avere uno o più trimestri in territorio
positivo.
Chiamare un (forse) +0,3% di aumento annuo "ripresa" è una
distorsione semantica, considerando il disastro economico degli ultimi cinque anni. Più
corretto sarebbe parlare di una transizione da una grave recessione a una sorta di
stagnazione.
Il 15% del settore manifatturiero in Italia, prima della crisi il più
grande in Europa dopo la Germania, è stato distrutto e circa 32.000 aziende sono
scomparse. Questo dato da solo dimostra l'immensa quantità di danni irreparabili che il
Paese subisce.
Questa situazione ha le sue radici nella cultura politica enormemente
degradata dell'élite del Paese, che, negli ultimi decenni, ha negoziato e firmato
numerosi accordi e trattati internazionali, senza mai considerare il reale interesse
economico del Paese e senza alcuna pianificazione significativa del futuro della nazione.
L'Italia non avrebbe potuto affrontare l'ultima ondata di
globalizzazione in condizioni peggiori. La leadership del Paese non ha mai
riconosciuto che l'apertura indiscriminata di prodotti industriali a basso costo dell'Asia
avrebbe distrutto industrie una volta leader in Italia negli stessi settori.
Ha firmato i trattati sull'Euro promettendo ai partner europei riforme mai
attuate, ma impegnandosi in politiche di austerità. Ha firmato il regolamento di Dublino
sui confini dell'UE sapendo perfettamente che l'Italia non è neanche lontanamente in
grado (come dimostra il continuo afflusso di immigrati clandestini a Lampedusa e gli
inevitabili incidenti mortali) di pattugliare e proteggere i suoi confini.
Di conseguenza , l'Italia si è rinchiusa in una rete di strutture
giuridiche che rendono la scomparsa completa della nazione certa.
L'Italia ha attualmente il livello di tassazione sulle imprese
più alto dell'UE e uno dei più alti al mondo. Questo insieme a un mix fatale di
terribile gestione finanziaria, infrastrutture inadeguate, corruzione onnipresente,
burocrazia inefficiente, il sistema di giustizia più lento e inaffidabile d'Europa, sta
spingendo tutti gli imprenditori fuori dal Paese .
Non solo verso destinazioni che offrono lavoratori a basso costo, come
in Oriente o in Asia meridionale: un grande flusso di aziende italiane si riversa nella
vicina Svizzera e in Austria dove, nonostante i costi relativamente elevati di lavoro, le
aziende troveranno un vero e proprio Stato a collaborare con loro, anziché a sabotarli.
A un recente evento organizzato dalla città svizzera di Chiasso per
illustrare le opportunità di investimento nel Canton Ticino hanno partecipato ben 250
imprenditori italiani. La scomparsa dell'Italia in quanto nazione industriale si riflette
anche nel livello senza precedenti di fuga di cervelli con decine di migliaia di giovani
ricercatori, scienziati, tecnici che emigrano in Germania, Francia, Gran Bretagna,
Scandinavia, così come in Nord America e Asia orientale.
Coloro che producono valore, insieme alla maggior parte delle persone
istruite è in partenza, pensa di andar via, o vorrebbe emigrare. L'Italia è diventato un
luogo di saccheggio demografico per gli altri Paesi più organizzati che hanno
l'opportunità di attrarre facilmente lavoratori altamente, addestrati a spese dello Stato
italiano, offrendo loro prospettive economiche ragionevoli che non potranno mai avere in
Italia.
L'Italia è entrata in un periodo di anomalia costituzionale.
Perché i politici di partito hanno portato il Paese ad un quasi -
collasso nel 2011, un evento che avrebbe avuto gravi conseguenze a livello globale. Il
Paese è stato essenzialmente governato da tecnocrati provenienti dall'ufficio del
Presidente Repubblica, i burocrati di diversi ministeri chiave e la Banca d'Italia. Il
loro compito è quello di garantire la stabilità in Italia nei confronti dell'UE e dei
mercati finanziari a qualsiasi costo.
Questo è stato finora raggiunto emarginando sia i partiti politici sia il
Parlamento a livelli senza precedenti, e con un interventismo onnipresente e
costituzionalmente discutibile del Presidente della Repubblica , che ha esteso i suoi
poteri ben oltre i confini dell'ordine repubblicano.
L'interventismo del Presidente è particolarmente evidente nella
creazione del governo Monti e del governo Letta, che sono entrambi espressione diretta del
Quirinale. L'illusione ormai diffusa, che molti italiani coltivano, è credere che
il Presidente, la Banca d'Italia e la burocrazia sappiano come salvare il Paese.
Saranno amaramente delusi. L'attuale leadership non ha la capacità,
e forse neppure l'intenzione, di salvare il Paese dalla rovina. Sarebbe facile sostenere
che Monti ha aggravato la già grave recessione. |
Nino
Luciani, I giovani hanno antenne speciali, per cui non vanno mai ignorati. Ma un vero
economista fa l'analisi causa-effetti (non basta annotare statisticamente gli
"effetti"). Poi, in termini di etica del comportamento, sarebbe stato
appropriato allertare i blog-lettori che il blog del ricercatore è ospite di uno dei siti
della propria università, e non ne impegna la responsabilità scientifica. 1.
Il significato fondamentare del testo di R. ORSI. Secondo me, esso rivela in
primo luogo la profonfa sfiducia personale di un giovane significativo (è un
ricercatore apprezzato ovunque, ma non accolto in Italia) e questa è una grave
responsabilità non dell'Italia, ma di tutti noi anziani, che abbiamo pensato molto a noi
e poco a loro, quando potevamo.
Nel merito dei suoi argomenti, essi sono tutti validi in termini
descrittivi di effetti. Manca, invece, una totale percezione delle cause di tanto
"collasso" per il nostro Paese.
Non ho una sicurezza piena, nè una contezza esaustiva, delle cause
del collasso, ma su tre cause so dire fondatamente (ma anch'io, a titolo personale).
a) L'euro ha declassato la concorrenzialità dell'Italia.
Nel 2002 l'Euro fece raddoppiare i prezzi, nel giro di un anno. Questo non era avvenuto in
Germania, e in nessun altro Paese dell'Unione. Motivi ? Era stato sbagliato il calcolo el
cambio, nella conversione della Lira in Euro.
Se andiamo a vedere l'andamento del commercio estero dell'Italia, troviamo
che dal 2002 al 2014 (sono ricerche che ho fatto l'anno scorso) troviamo che in
termini reali la quantità dell'import e dell'export non è amentata.
Visto che abbiamo perduto il potere monetario, potremmo valersi del
potere fiscale. Es. ridurre l'IVA al minimo (16%), e questo è coerente con Orsi. Ricordo
che l'IVA non grava sulle esportazioni, ma sulle importazioni.
Dunque: non c'è futuro per l'Italia?
Circa le responsabilità ( e serietà) della UE ho poca fiducia.
Circa la rimozione della caduta di concorrenzialità dell'Italia, in questi
mesi e in questi giorni sono avvenuti alcuni fatti molto significativi:
- La Fiat, con Crysler, ha conquistato uno
scenario commerciale mondiale ( Stati Uniti, in Asia, oltre che in Euopa, e altro). Questo
fatto è fondamentale per dare coraggio a tutti gli imprenditori.
- La Ferrari ha fatto un motore di assoluta
avanguardia per velocità e basso consumo di energia. Anche queso fatto è molto
"in".;
- Gli Arabi stanno venendo in Italia. Non è da adesso che da
quella parte (Arabi e Turchi) si aspira ad entrare in Europa. Li abbiamo fermati
militarmente a Tolosa (721), a Poitiers (732), a Lepanto (1572), definitivamenta a Granata
(1614), a Vienna (1683).
Ma adesso vogliono venire in pace. Ho sempre pensato che una Europa
vera è "romana", vale è mediterranea e continentale.
b) L'eccesso di socializzazione del sistema economico, ha
messo un macigno al piede alle imprese. La socializzazzione dell'Italia fu
avviata nel 1961 (con il centro-sinistra: il PSI entrò al governo, e fu espulso il PLI) e
portata molto avanti negli anni 1970-80. Siamo passati da una pressione
fiscale del 30% nel 1960 al 55% del 2014 (pressione in senso stretto + grado di
inflazione).
I motivi iniziali erano molto validi. L'Italia aveva fatto il
"miracolo economico" a fine anni '50, ma le diseguaglianze sociali erano
aumentate. Serviva portare le scuole e gli ospedali uniformemente nel Paese. Serviva
fare le grandi autostrade e ammodernare la rete ferroviaria.
Ma si è dato troppo oltre: non occorreva fare le Regioni a statuto
ordinario, non occorreva nazionalizza e municipalizzare le imprese.
Non solo questo. Sfortunatamente l'eccesso di socialismo (a scapito
del mercato) si accompagna di solito a fenomeni degenerativi: i partiti si impadroniscono
dello Stato.
Sono rimaste famose le denunce di Gobarciov. La
"nomenlclatura" (intendi: il partito e, sotto il partito, la l'alta burocrazia e
la polizia politica) si era impadronita della ricchezza del Paese, ma portando il
PIL al declino.
Torniamo in Italia. E' sotto gli occhi di tutti il ladrismo e la
furfanteria dei partiti (non le persone), e ciò ha portato lo Stato all'impotenza
finaziaria (tutti i soldi sono impegnati per loro, e lo Stato non paga le imprese
fornitrici, il massimo della disonestà e impunità pubblica). Le voci criminali stanno
all'interno di denominazioni nobili, quali "spese generali della Pubblica
Amministrazione", le Regioni, i cosiddetti "Enti pubblici" non territoriali
.
E' possibile riportare l'Italia dal socialismo al mercato,
ferme le fondamentali conquiste umane e sociali del nostro popolo ?
Su questa palla al piede dell'Italia (vale dire eccesso di spesa pubblica)
sarà una gara dura (servono 20 anni). Qui c'è di mezzo anche la incapacità di decisione
del Governo. Vediamo il punto seguente
c) Da anni si invoca la riforma costituzionale della
Governance, visto che le leggi elettorali non sono bastate, ma non si vede la via.
Torno qui su concetti che espresso in altri servizi.
ll Governo non riesce a prendere decisioni importanti,
impopolari, perchè è sottoposto al voto di fiducia dei partiti in parlamento
Potrebbero, mai, i partiti-ladri sostenere a un Governo che vuole
privarli dei loro privilegi ? Dunque la via di uscita è far dipendere il governo
direttamente dal popolo (come in USA, in Russia)
Nel dopo elezioni 2013, il Governo Letta si era impegnato per la
riforma costituzionale e, solo dopo, per una nuova elettorale.
Così pareva quando, poi, arrivò Renzi, che si impegnò per una legge
dei sindaci, da applicare al Governo.
Ma ultimamente c'è stata la virata di Renzi-Berlusconi, verso la
legge elettorale, e che ha abbandonato la legge dei Sindaci.
Questo vuole dire lasciare il Governo nelle mani dei partiti (sia pure
quelli grandi e quindi non cambierà nulla.
Qui tornano i motivi di sfiducia sulla rimozione delle cause.
Ma ORSI se la prende con Napolitano, andato oltre i poteri
legittimi costituzionali, in realtà giustificato dalla "necessità" (come fonte
del diritto), di colmare un vuoto lasciato dal Governo.
Dunque, la responsabilità va caricata sui partiti, e qui pare che
Renzi ci sia dentro tutto, se ama più il partito che l'Italia. Nino
Luciani |
Continua: Roberto Orsi
Letta sta seguendo esattamente lo stesso percorso: tutto deve essere
sacrificato in nome della stabilità. I tecnocrati condividono le stesse origini
culturali dei partiti politici e, in simbiosi con loro, sono riusciti ad elevarsi
alle loro posizioni attuali: è quindi inutile pensare che otterranno risultati migliori,
dal momento che non sono neppure in grado di avere una visione a lungo termine per il
Paese.
Sono in realtà i garanti della scomparsa dell'Italia.
In conclusione, la rapidità del declino è davvero
mozzafiato. Continuando su questa strada, in meno di una generazione non rimarrà nulla
dell'Italia nazione industriale moderna. Entro un altro decennio, o giù
di lì, intere regioni, come la Sardegna o Liguria, saranno così demograficamente
compromesse che non potranno mai più recuperare. I fondatori dello Stato italiano 152
anni fa avevano combattuto, addirittura fino alla morte, per portare l'Italia a quella
posizione centrale di potenza culturale ed economica all'interno del mondo occidentale,
che il Paese aveva occupato solo nel tardo Medio Evo e nel Rinascimento.
Quel progetto ora è fallito, insieme con l'idea di avere una qualche
ambizione politica significativa e il messianico (inutile) intento universalista di
salvare il mondo, anche a spese della propria comunità. A meno di un miracolo, possono
volerci secoli per ricostruire l'Italia.
Roberto Orsi, London School of Economics |
|
.
Unione Europea: Il TESTO INTEGRALE del COMUNICATO sull'ITALIA
FONTE: http://europa.eu/rapid/press-release_IP-13-1082_en.htm |
Olli Rehn
|
Ricominiciando
dalla audizione del commissario europeo OLLY REHN,
alla commissione bilancio del 17 sett. 2013
.
Il Commissario parlò a "nuora" perchè
"suocera" intenda:
"La FERRARI, come l'Italia, incarna una grande tradizione di
stile e di capacità tecnica, ma per vincere nella gara della crescita globale bisogna
avere il motore più competitivo ed essere sempre pronti a modificare, a cambiare e ad
adeguarsi". |
Enrico Letta
|
LUCIANI: |
Tutti sanno
che la Ferrari rientra sempre nelle prime posizioni delle gare, e quindi il motore non
c'entra per niente. Non si capisce come ragioni questo Rehn... . Quanto al rapporto
debito/PIL, bisogna capire che l'aumento della tassazione permette di ridurre il
numeratore,
ma fa cadere il denominatore, col rischio di trovarci intrappolati in una spirale
senza fine, e aumento del rapporto. Ne parliamo qui sotto. |
|
COMMISSIONE EUROPEA - Il COMUNICATO STAMPA del 15 nov. 2013
Parere sul documento programmatico di bilancio dell'Italia (legge di stabilità):
" 1) Vi è il rischio che il documento programmatico di bilancio per il 2014
non sarà conforme alle regole del patto. In particolare, il punto di riferimento la
riduzione del debito nel 2014 non è rispettata.
2) Il piano di bilancio Progetto dimostra progressi limitati per quanto riguarda la
parte strutturale delle raccomandazioni fiscali emanate dal Consiglio nel contesto del
semestre europeo.
3) La Commissione invita le autorità a prendere le misure necessarie nell'ambito
del processo di bilancio nazionale, al fine di garantire che il bilancio 2014 sarà
pienamente compatibile con il PSC e in particolare per affrontare i rischi individuati
nella valutazione.
4) La Commissione ha concluso che l'Italia non può usufruire della clausola di
investimento nel 2014 in quanto, sulla base della Commissione 2013 previsioni d'autunno,
non avrebbe l'aggiustamento minimo strutturale necessario per portare il rapporto
debito-PIL su un sentiero abbastanza in declino."
FONTE: http://europa.eu/rapid/press-release_IP-13-1082_en.htm |
|
|
Audizione del Vicepresidente della Commissione europea,
Olli Rehn.
PRESIDENTE.
L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'esame congiunto delle Comunicazioni della
Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio «Verso un'Unione economica e monetaria
autentica e approfondita Creazione di uno strumento di convergenza e di
competitività»
........
.......
OLLI REHN, Vicepresidente
della Commissione europea. Grazie e buongiorno onorevole presidente e onorevoli
colleghi. Il dialogo con i parlamenti nazionali è un elemento chiave della nuova governance
economica europea. Pertanto, sono davvero lieto di essere qui con voi oggi per parlare del
cammino verso la ripresa in Italia e in Europa e delle sfide comuni che dobbiamo
affrontare insieme.
:::::::::::::::::::
1- Prima di
entrare nelle noiose questioni economiche, so che un mio connazionale è
ultimamente salito agli onori della stampa italiana e spero che l'ingaggio di Kimi
Raikkonen da parte della Ferrari sarà fonte di ispirazione non solo per
la Ferrari, ma anche per l'Italia nel suo complesso.
Per essere chiari, purtroppo, il talento non basterà. La Ferrari, come
l'Italia, incarna una grande tradizione di stile e di capacità tecnica, ma per vincere
nella gara della crescita globale bisogna avere il motore più competitivo
ed essere sempre pronti a modificare, a cambiare e ad adeguarsi.
L'Italia è la terza economia dell'Eurozona in ordine di grandezza
e, quindi, non può permettersi di far andare a singhiozzo il motore della
crescita. Il motore dell'economia italiana ha bisogno di un'urgente revisione e
non può perdere tempo in dispute ai pit stop. Spero, quindi, che l'Italia guidi
con due mani sul volante e che rimanga fermamente in pista.
La situazione della pista sta migliorando, perché l'estate ci ha portato
alcuni segnali incoraggianti, secondo cui le economie dell'Eurozona si stanno avvicinando
al punto di svolta che da tanto tempo attendevamo. È in corso
l'inizio di una graduale ripresa nell'area dell'euro, che speriamo si consolidi nei
prossimi mesi e acquisti slancio durante l'anno prossimo, in cui dovremmo vedere anche un
miglioramento dei dati sull'occupazione. Ciò dimostra che la nostra strategia di
consolidamento di bilancio differenziato e di riforme economiche a sostegno della
competitività, una volta applicata, ha successo, funziona e apre la strada a una
ripresa sostenibile della crescita, dello sviluppo economico e dell'occupazione.
2.- Ci sono, però, ancora differenze considerevoli tra i diversi Stati membri. In alcuni
Paesi, tra cui l'Italia, i dati recenti sulla crescita economica sono
stati, purtroppo, deludenti. Sono dolorosamente consapevole del fatto che in alcuni Stati
membri la disoccupazione è ancora troppo elevata.
Le condizioni di credito troppo rigide, specie per le
piccole e medie imprese, seguitano a rappresentare un collo di bottiglia molto grave, che
ostacola la crescita.
Sono consapevole anche delle difficoltà di molte famiglie italiane e di
molte piccole e medie imprese nell'ottenere prestiti a tassi accettabili.
Dichiarare, quindi, che la crisi è finita sarebbe prematuro. Tutti noi sappiamo che
questa crisi non è un normale rallentamento ciclico, ma affonda le sue radici negli
insostenibili squilibri macroeconomici che abbiamo lasciato accumularsi nell'ultimo
decennio.
Nel caso italiano questi squilibri assumono la forma
di un elevato livello del debito e un lungo declino della
competitività, in particolare di quella legata ai prezzi, che
ha sofferto moltissimo.
I costi unitari della manodopera sono aumentati più rapidamente
rispetto al resto dell'area dell'euro, situazione che risale già al 1998. Per
questo motivo sia in Europa, sia in Italia noi dobbiamo avviare le riforme economiche. Ci
vorrà una forte volontà, ma, lo ripeto, non cè margine di manovra per indulgere
in forme di autocompiacimento.
L'Unione europea ha perseguito con coerenza una strategia globale per
risolvere la situazione delle finanze pubbliche mentre attuava le riforme economiche per
la crescita. Questo ha rafforzato la fiducia nell'economia europea tra gli operatori del
mercato e l'opinione pubblica.
Per conseguire un ulteriore miglioramento della fiducia degli
investitori e dei consumatori e rafforzare la domanda interna, un fattore fondamentale è
ovviamente la stabilità politica. Nel caso dell'Italia, dove l'economia
mostra ancora segni di debolezza e stiamo ancora attendendo la crescita, l'incertezza
politica frena gli investimenti e la ripresa tanto necessari.
Questo è il contesto in cui l'Unione europea ha chiesto
collettivamente all'Italia di adottare azioni e interventi urgenti. Mi riferisco alle
raccomandazioni del Consiglio.
3.- Nel mese di luglio,
all'unanimità, il Consiglio ha espresso una serie di raccomandazioni dirette a tutti gli
Stati membri, ivi inclusa l'Italia.
a) Specificamente, nelle raccomandazioni del Consiglio dirette all'Italia si
parlava della riduzione del debito pubblico, dell'attuazione di riforme
del mercato del lavoro e dei prodotti e di migliorie al funzionamento
della Pubblica amministrazione e del sistema giudiziario.
L'onere fiscale sul lavoro in Italia è elevatissimo, tra i
più alti in Europa, ragion per cui il Consiglio ha raccomandato all'Italia di spostarlo,
togliendolo dai fattori di produzione, per incoraggiare la crescita economica.
Sono passati tre mesi da luglio. Qual è adesso la posizione dell'Italia ? Si
stanno realizzando passi in avanti per migliorare il contesto economico, affrontare gli
annosi problemi della giustizia civile e combattere la disoccupazione
giovanile, per esempio attraverso il programma di garanzia per i giovani, ma sono
fondamentali anche alcune riforme strutturali protratte per valorizzare il potenziale di
crescita italiano e per affrontare in maniera decisiva una disoccupazione che è arrivata
al 12 per cento in luglio e che è elevatissima tra i giovani. Si è attestata, infatti,
al 39 per cento, sempre a luglio. |
Nino
Luciani, Il debito pubblico aggiuntivo è l' "ultima risorsa" per alimentare
subito in Italia una adeguata "domanda effettiva", prima che la metà
delle imprese vada perduta. Vediamo perchè. 1.
Partire dalla corretta diagnosi, quale presupposto per una terapia idonea. Il
sistema economico italiano è oggi quasi impotente a reagire alla crisi economica per il
fatto che lo Stato (incluse le Regioni) .
Il nodo della crisi sta nel fatto che è una forte caduta della
"domanda effettiva" (parola di J.M. Keynes, che sta a significare una domanda
accompagnata da potere d'acquisto in moneta), pur se c'è ancora in Italia una struttura
produttiva importante, ma che rischia di sparire sempre più se l'assenza di domanda
effettiva si protrae.
Questo pone il problema della indifferibilità della creazione di domanda
effettiva, ma da affrontare sulla base di una chiara distinzione
tra problemi congiunturali (vale dire del subito) e problemi strutturali (vale dire da
programmare in 5-10 anni), che si possono risolvere solo con governi di legislatura ( la
quale cosa rinvia alle riforme costituzionali della governance, del governo Letta,
più che alla legge elettorale, pur utile).
Sia chiaro che tra le due tipologie di problemi c'è un legame: nel
senso che, teoricamente, le questioni congiunturali possono essere affrontate
adeguatamente solo dallo Stato, ma lo può fare solo in stretti limiti, perchè lo Stato
oggi è divenuto un lungo vecchio treno, difficile da controllare, quasi senza freni e
quasi senza acceleratore.
Pertanto, quando OLLI REHN ci dice di abbattere la spesa pubblica (se non possiamo
sostenere l'attuale pressione fiscale), ci domandiamo con chi stiamo parlando. Non puoi
tagliare la coda al cavallo, mentre giace a terra con il febbrone.
Ma andiamo per gradi. Qui discuto i problemi di congiuntura. Tratto dei
problemi di struttura in altra pagina. Clicca su: FORUM 2-2013.htm.
2.- Perchè manca una domanda effettiva ? Come
conseguenza delle ultimi due grandi guerre (IRAQ e AFGHANISTAN), complice il sostegno
finanziario delle grandi banche, si è venuta a creare una grande modifica della
distribuzione del reddito tra i cittadini (in Italia e all'estero), con molte somiglianze
a quanto avvenuto nel 1929. Come allora molte persone sono divenute povere, e altre sono
divenute ricche e super-ricche, in Italia e fuori.
Ma i ricchi hanno una relativa alta propensione al risparmio (e
invece, bassa per la spesa in consumi) e questa propensione aumenta tantissimo in caso di
crisi (perchè le persone vi trovano motivi aggiuntivi per chiudersi in casa e proteggere
la ricchezza conquistata). Questa è una prima ragione, sul lato domanda effettiva, della
caduta delle vendite e quindi della crisi delle imprese.
In queste condizioni cadono anche gli investimenti privati, perchè
gli operatori privati hanno un orizzonte temporale breve e si muovono in base alle
aspettative di ottimismo.
Poco importa che Draghi aumenti la liquidità alle banche, e questo
per due motivi:
- anche se i tassi di interesse sono bassi, ma le aspettative sono di tassi
di rendimento del capitale negativi, il denaro non interessa;
- ci sono operatori in difficoltà, che tentano di prendere tempo, chiedendo
credito, ma le banche non sono "benefattori" e non fanno credito a chi è messo
male.
Teoricamente, solo lo Stato ha i requisiti per salvare la situazione, perchè ha un
orizzonte temporale molto lungo.
Ma abbiamo visto quanto avvenuto col governo Monti. Non il fatto di tassare per
salvare lo Stato dalla bancarotta, ma il fatto di non spendere in tempo reale quanto
prelevato, e dunque di creare recessione.
Einaudi ci aveva insegnato che l'imposta non è grandine che distrugge
i raccolti, perchè alla imposta segue poi la spesa del prelievo (quello che lo Stato
toglie a te, lo da a un altro, che spende al posto tuo). Il presupposto è che lo Stato
spenda in tempo reale, quanto spendibile .
L' economista norvegese T. Haavelmo, premio Nobel, ci
aveva insegnato che una spesa pubblica, bilanciata da imposta di eguale ammontare, crea un
PIL monetario aggiuntivo pari all'ammontare della spesa, in un determinato tempo. Il
presupposto è che lo Stato spenda, in tempo reale, lo spendibile e che la propensione
alla spesa, dello Stato, sia il 100%, mentre quella dei privati tassati sia minore del
100%.
Quanto a Monti, dai documenti della Ragioneria dello Stato risultava
che lo Stato riusciva a spendere (causa lentezza burocratica) grosso modo
il 70% di quanto spendibile. Di più, aveva l'opposizione della UE, causa il patto
stabilità.
Adesso Letta fa qualcosa in più di Monti, perchè (con la legge di
stabilità) modifica la distribuzione dei redditi a favore dei redditi medio-bassi,
ma ancora poco rispetto a quanto serve, e tuttavua il massimo fattibile da un governo,
dove la destra (che rappresenta le classi di reddito medio-alte) è determinante per fare
maggioranza.
Vale, in ogni caso, anche per Letta, quanto detto per Monti: causa
lentezza burocratica la elevata pressione fiscale continuerà ad avere effetti recessivi,
prevalenti.
3.- Per sbloccare domanda effettiva, può andare bene un debito pubblico
aggiuntivo, purchè in un quadro di bilanci di competenza in pareggio. Va
chiarito che la lentezza del procedimento burocratico dello Stato italiano non è nuova.
E' stato sempre così, ma in passato provvedevano le banche a fare le anticipazioni di
cassa alle imprese, in attesa che arrivasse il danaro statale.
Ma adesso le banche sono in tilt di loro, e questo evidenzia il buco
nero statale.
Come risolvere ? Se la legge di stabilità è veritiera e dunque se il
bilancio di competenza è in pareggio ( meglio dire, se il saldo rispetta il tetto del 3%
del PIL), grosso modo la previsione dovrebbe essere recuperata in un orizzonte di 2-3
anni, a parte effetti positivi sul PIL.
Il problema è come coprire il buco di bilancio in corso d'opera, e
questo è possibile se c'è la possibilità di anticipazioni di cassa di qualcuno.
Questo qualcuno non può che essere il grande pubblico, mediante
sottoscrizione di Buoni del Tesoro di due-tre anni. Si tratterebbe grosso modo di un
debito fluttuante, almeno come concetto, in quanto assorbibile nel triennio.
E dietro questo qualcuno, c'è la BCE sul mercato secondario.
Torniamo a OLLY REHN. Mi pare che continuare a battere il chiodo sul lento
rientro del debito pubblico (cosa diversa dal rapporto deficit/PIL, ma che ne è il
risvolto), non vada bene. E' come mettere la testa dentro il sacco.
E' anche vero che OLLI REHN dice: se non potere aumentare le imposte,
abbassate le spese.
Ma anche questo non va bene. Non puoi tagliare la coda al cavallo, mentre
giace a terra col febbrone.
Con questo sono tornato alle parole iniziali, più sopra.
Per quanto, invece, riguarda gli aspetti strutturali della crisi
italiana, rinvio alla pagina NINO LUCIANI |
|
Inoltre,
la recente decisione di abolire l'IMU sulle prime case per il 2013 ha
suscitato e suscita preoccupazioni per quanto riguarda lo spostamento dell'onere
fiscale dai fattori di produzione verso altri cespiti.
Valuteremo, come è nostro dovere, l'impatto della programmata service
tax sotto questi profili, una volta che in seno al Governo italiano saranno convenuti
i dettagli concreti della proposta e questa sarà trasmessa alla Commissione europea e
all'Eurogruppo.
4.- All'inizio dell'anno noi avevamo raccomandato al Consiglio di
sospendere la procedura per il disavanzo eccessivo per l'Italia, ragion
per cui l'Italia è uscita dalla procedura per disavanzo eccessivo.
La procedura è chiusa, dunque, ma l'Italia dovrà essere
all'altezza degli impegni assunti, come il Governo italiano ha più volte dichiarato.
Rilevo ciò perché la stabilità di bilancio è
fondamentale per consentire all'Italia di avviare il proprio altissimo debito pubblico,
pari a circa il 130 per cento del PIL, sulla strada di una riduzione costante e
intraprendere un percorso sostenibile a favore della crescita e dell'occupazione.
Sono fiducioso che le autorità italiane nel loro lavoro sul bilancio questo
autunno terranno presenti tali priorità. Per la prima volta il bilancio italiano sarà
poi oggetto di valutazione approfondita da parte della Commissione europea e, in una fase
successiva, dell'Eurogruppo.
:::::::::::::::
Ci potremmo chiedere che cosa significhi concretamente tutto ciò.
Cercherò di spiegarlo.
a) Entro il 15 ottobre tutti i Paesi membri dell'euro dovranno presentare
i progetti di bilancio per il 2014 alla Commissione europea e all'Eurogruppo.
b) A novembre la Commissione europea procederà a una valutazione dei
progetti di bilancio per valutare se gli interventi proposti siano conformi alle regole di
bilancio europee e alle pertinenti raccomandazioni del Consiglio.
Il nostro parere verrà reso pubblico e potrà essere
considerato come una voce indipendente che concorrerà al dibattito sui bilanci nazionali,
i quali, però, in ultima analisi, sono deliberati a livello nazionale.
Se il progetto di bilancio non è conforme agli impegni assunti, la
Commissione europea ha il dovere di chiedere alcune correzioni, mantenendo la vigenza
delle normali regole di bilancio.
Se uno Stato membro viola i valori di riferimento del Trattato per
quanto riguarda il disavanzo e/o il debito, la Commissione dovrà adottare i passi
necessari e aprire la procedura per disavanzo eccessivo.
:::::::::::::::::
Dagli Stati membri
siamo criticati molto spesso, e in pari misura.
Fintantoché però gli Stati membri non si rendono pienamente conto che le
riforme sono fondamentali per il coordinamento delle politiche economiche nell'area
dell'euro, secondo il dettame del trattato, io temo che l'Europa non andrà molto avanti
sulla strada di un'integrazione economica e di bilancio più profonda e autentica.
Un'Unione di bilancio più autentica e approfondita può
essere creata soltanto con una profonda dinamica democratica a livello nazionale ed
europeo. Ogni passo compiuto verso una maggiore solidarietà e verso la messa in
comune dei rischi economici deve accompagnarsi con un'assunzione di maggiore
responsabilità e prudenza di bilancio, con un'ulteriore condivisione della
sovranità, nonché con un'integrazione più approfondita dei processi decisionali. Questo
è il principio che ispira la Commissione europea nel suo tentativo di costruire un'Unione
economica e di bilancio che sia forte quanto già lo è l'Unione monetaria.
5.- Dobbiamo
anche affrontare i punti deboli che ancora permangono nel settore
bancario e che rappresentano un problema che riguarda anche l'Italia. Per
esempio, i passi avanti nell'attuazione dell'Unione bancaria sono fondamentali per
rafforzare la fiducia dei mercati e attribuire un fondamento alla stabilità finanziaria
di lungo periodo in Europa.
Al proposito abbiamo adottato la settimana scorsa il Meccanismo unico
di vigilanza per le banche dell'area dell'euro, un passo significativo dopo il
voto del Parlamento europeo, con una grande e ampia maggioranza. Il passo successivo è la
creazione del Meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie, che comprende sia
un'Autorità, sia un fondo. Su questo la Commissione ha presentato una
proposta in luglio. L'obiettivo sarà quello di garantire che i soldi dei contribuenti
siano utilizzati in casi eccezionali e in modo limitato.
I fondi per la risoluzione delle crisi bancarie dovrebbero
provenire in linea primaria dal settore bancario stesso, ragion per cui noi
abbiamo proposto di accompagnare l'Autorità europea di risoluzione delle crisi bancarie
con un fondo comune finanziato dal settore.
L'Unione bancaria necessita di un avvio solido e forte, con una
revisione rigorosa della qualità degli attivi. I test previsti per l'anno
prossimo sono una componente fondamentale della nostra strategia complessiva per una
crescita sostenibile e per un miglioramento dell'occupazione.
Ricorderete, non più tardi dell'anno scorso, le speculazioni e i
timori delle forze di mercato rispetto a una crisi dell'euro iniziata in Grecia, una
Grecia travolta dall'instabilità politica.
Invece di perdere vecchi membri, stiamo, in realtà, per acquistarne
uno nuovo, la Lettonia, che ha condotto in maniera determinata riforme economiche e una
linea di rigore di bilancio.
Attraverso un processo molto impegnativo ma relativamente breve, la
Lettonia si è lasciata alle spalle il suo programma di aggiustamento ed è tornata a
forti dati di crescita economica, più o meno al 4 per cento per quest'anno e per l'anno
prossimo, con la disoccupazione in calo dal 13 per cento a meno del 10 per cento. Il 1
gennaio 2014 la Lettonia aderirà, quindi, all'area dell'euro. Il paese ha dato prova di
quella capacità di adeguamento e quella cultura della stabilità che sono vitali per la
partecipazione all'Eurozona.
6.- Complessivamente, quindi, i recenti dati
positivi sull'economia europea dimostrano che la nostra strategia economica comune
funziona e può aprire la strada a una ripresa sostenibile e al miglioramento
dell'occupazione.
Le nostre strategie si fondano sulla riforma e l'ammodernamento del
modello economico e sociale europeo, senza aggrapparci a nostalgie per lo status quo
che porterebbero soltanto al declino economico permanente dell'Europa, facendo di noi un
pezzo da museo per il resto del mondo, e senza smantellare il modello europeo.
Noi crediamo infatti nella combinazione tra cultura della stabilità,
impulso imprenditoriale e giustizia sociale, ma vogliamo riformare in maniera autentica,
ammodernando l'economia sociale di mercato a beneficio della crescita sostenibile e della
creazione di posti di lavoro in Europa. Grazie.
:::::::
Omesse domande (e rispettive
risposte) di BOCCIA FRANCESCO, GIAMPAOLO GALLI. ANDREA ROMANO. ROCCO PALESE.
GUIDO GUIDESI. GIULIO MARCON. PAOLA CARINELLI, GIANFRANCO LIBRANDI.
La seduta termina alle 13.10. |
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PUBLIC CHOICE: Una GUIDA, per la ricerca della "retta
via" per l'Italia |
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Dalla
RELAZIONE DEI 5 SAGGI DI NAPOLITANO :
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La riforma del Parlamento e del Governo ( stralcio del
Capitolo III)
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Luciani: Abbiamo di fatto una Repubblica semi-Presidenziale (anomala) e, finchè
c'è Napolitano,
possiamo anche stare tranquilli. Ma, se verrà un tipo "decisionista",
non sappiamo come andrà
a finire per la democrazia. Per questo è urgente porre un termine alla attuale
"sospensione
della Costituzione", adeguandola ai nuovi tempi, con i necessari pesi e
contrappesi.
.
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.Sul concetto di "sospensione della Costituzione":
C. Mortati, costituzionalista, anche padre costituente, degli anni '40-'50.
. |
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|
Gruppo di Lavoro sulle
riforme istituzionali.
Istituito dal Presidente della Repubblica, 30.3.2013.
|
Membri: Mario Mauro, Valerio Onida,
Gaetano Quagliariello, Luciano Violante
Relazione finale, 12 aprile 2013. |
Stralcio del Capitolo III,
"Parlamento e Governo"
.....
13. Forma di Governo. Il Gruppo di lavoro ha discusso dell'alternativa
tra:
- forma di governo parlamentare razionalizzata;
- ed elezione diretta del Presidente della Repubblica secondo il modello
semipresidenziale.
Si tratta certamente di due forme di governo democratiche, ciascuna delle
quali, con i necessari contrappesi istituzionali, può assicurare equilibrio tra i poteri
e garanzia per i diritti dei cittadini.
In modo prevalente (3 componenti a 1), il Gruppo di lavoro ha ritenuto
preferibile il regime parlamentare ritenendolo più coerente con il complessivo sistema
costituzionale, capace di contrastare l'eccesso di personalizzazione della
politica, più elastico rispetto alla forma di governo semipresidenziale.
Quest'ultimo, infatti, non prevede una istituzione responsabile della risoluzione della
crisi perché il Presidente della Repubblica è anche Capo dell'Esecutivo. ka
L'esperienza italiana, specie quella più recente, ha invece dimostrato
l'utilità di un Presidente della Repubblica che, essendo fuori dal conflitto politico,
possa esercitare a pieno titolo le preziose funzioni di garante dell'equilibrio
costituzionale.
"Un" componente del Gruppo ha sostenuto l'opzione
semipresidenziale, e ha invece sottolineato come l'attuale grave crisi del nostro sistema
istituzionale richieda una riforma più profonda che, proprio grazie all'elezione diretta
del Presidente, garantisca una forte legittimazione democratica e, al contempo,
un'adeguata capacità di decisione.
In questa prospettiva ha fatto rilevare che, in questa fase della vita
politica, l'elezione diretta del Presidente della Repubblica sia più efficace nel
fronteggiare la crisi di legittimazione della politica, rafforzando la democrazia,
coniugando rappresentatività ed |
Costantino Mortati, Corso di diritto costituzionale italiano
e comparato, edizioni Ricerche, Roma, 1956 (stralcio par. 21, cap. XI,
Modifiche della costituzione ad opera di fatti normativi). Par. 1.
L'unica valida tesi a favore della ammissibilità delle "sospensioni della
costituzione" sembra essere quella che si richiama alla
"necessità istituzionale" come fonte autonoma del diritto.
Si tratta in tal caso di quella "necessità",
considerata nella categoria dei "fatti normativi", e da
intendersi in maniera qualitativamente diversa da quell'altra "necessità", cui
ad esempio fà riferimento il già considerato art. 77 Cost. , che opera soltanto nello
ambito della legge e solo in quanto da questa richiamata.
Nell'ipotesi qui considerata, invece, la necessità è ciò che
direttamente consente di violare la legge costituzionale per assicurare la conservazione
del sistema e dei principi istituzionali dell'ordinamento, che esige quindi la sospensione
dell'efficacia della garanzie costituzionali per garantire il mantenimento della
costituzione.
Anche la tesi ora accolta incontra obiezioni, ma queste possono
essere facilmente superate. Si afferma che in un sistema a costituzione rigida è
impossibile ammettere la "necessità come fonte autonoma" del diritto.
Si risponde rilevando che, a parte il fatto che il nostro Costituente
sembra le abbia implicitamente ammesse appunto perchè ha volutamente lasciato irrisolto
il problema dello ''stato d'assedio" e comunque non l' ha esplicitamente esclusa,
simile "necessità" è per sua natura tale da valere al di fuori ed
indipendentemente da qualsiasi previsione legislativa ed è connaturata ad ogni sistema
costituzionale, senza che abbia alcuna rilevanza se esso sia "rigido" od invece
"flessibile"; d'altronde essa è implicita nello stesso necessario riferimento a
quella "costituzione materiale''che rappresenta il presupposto e il fondamento di
validità della "costituzione scritta".
22. Una volta accertato che solo alla ''necessita'
istituzionale" si può' fare riferimento per ammettere quelle sospensioni
della costituzione che si rivelino indispensabili in urgenti e straordinarie situazioni,
occorre però chiedersi se sia possibile indicare a quali organi spetti
nel nostro sistema decidere tali "sospensioni" e se sia possibile accennare ad
un qualche procedimento cui tale decisione dovrebbe essere sottoposta".
Nota. A questo punto Mortati sostiene che
il potere di sospensione dovrebbe spettare al "governo", che però deve riferire
al parlamento appena superato lo stato di necessità istituzionale. |
LUCIANI: Urgenze di aggiornamenti
della Costituzione, perchè cessi la attuale, pericolossima "sospensione" della
Costituzione. Il sistema di governo (esecutivo e parlamento) riguarda il
concreto potere di decisione politica dello Stato e dunque è il nodo di tutto.
In questo fase, abbiamo una Repubblica semi-presidenziale, anomala, in quanto il
Presidente della Repubblica (carica senza responsabilità politica) riesce ad imporsi al
Presidente del Consiglio dandogli ordini, mentre il Parlamento ha perso per strada
il primato su tutti i poteri.
Anche il Presidente del Consiglio (che avrebbe la responsabilità
politica) è senza poteri reali (perfino sui problemi più impellenti: il lavoro, la
estrema miseria, le imprese in stato di fallimento per "stupida" mancanza di
liquidità ..., la IMU che ti deruba, ... perchè tecnicamente errata ...).
Invece, chiunque, anche con un piccolo potere di veto, può impedire tutto.
Motivo ? Andiamo per gradi.
Abbiamo una Costituzione fatta apposta per impedire il ritorno del Fascismo,
e per questo ha fondato la Repubblica sul Parlamento, ma:
- ha scisso il parlamento in due camere (per imporre lunghe riflessioni, prima di
innovare);
- e ha scisso l'Esecutivo in due Presidenti (uno del Consiglio, che assume la
responsabilità politica; l'altro della Repubblica per controllare quello che fa,
Costituzionalmente);
- e ha messo una Corte Costituzionale per vigilare sul tutto, compreso sul Parlamento.
E' una macchina di ingegneria costituzionale, fondata sul Parlamento, e che si
attende dal Parlamento le necessarie reazioni, in caso di "deviazioni".
Questa macchina ha potuto funzionare:
- finchè in Parlamento ci sono stati grandi partiti storici, con un alto senso delle
istituzioni (come erano la DC e il PCI), condizione che oggi non c'è;
- e se la società civile è stata relativamente tranquilla (tale fu l'Italia fino al
1968). Ma adesso vi è subentrata una società confusa e anche planetaria (come
constatiamo dagli sbarchi di immigrati, tutti i giorni, sulle coste italiane).
E siccome in natura il vuoto non può esistere, qualcuno lo riempie.
Lo vediamo (tra l'altro) dal fatto che:
- il Parlamemto è costretto a ratificare una normale attività legislativa
dell'Esecutivo (cosa che non si potrebbe - vedi artt. 77 e 78), senza più una distinzione
reale tra i due Presidenti, anzi con la subalternità del Presidente del Consiglio,
rispetto al Presidente della Repubblica;
- la legiferazione è pessima: tutto deciso disordinamente, in un orizzonti brevi,
sotto i problemi strutturali che scoppiano, perchè non affrontati in tempo. |
(Continua: LETTA)
efficienza istituzionale.
14. Rapporti Parlamento Governo. Il Gruppo di lavoro ha, in ogni caso, convenuto
all'unanimità che qualora dovesse essere confermata la forma di governo parlamentare
razionalizzata occorrerà introdurre nel nostro sistema alcune innovazioni:
a) dopo le elezioni, il candidato alla Presidenza del Consiglio, nominato dal
Presidente della Repubblica sulla base dei risultati elettorali, si presenta alla sola
Camera dei Deputati (nel presupposto della riforma dell'attuale bicameralismo 12
paritario) per ottenerne la fiducia;
b) il giuramento e il successivo insediamento avvengono dopo aver ottenuta la
fiducia della Camera;
c) al Presidente del Consiglio che abbia avuto e conservi la fiducia
della Camera, spetta il potere di proporre al Capo dello Stato la nomina e la
revoca dei ministri;
d) il Presidente del Consiglio può essere sfiduciato solo con
l'approvazione a maggioranza assoluta, da parte della Camera, di una mozione di sfiducia
costruttiva, comprendente l'indicazione del nuovo Presidente del Consiglio;
e) il Presidente del Consiglio in carica è titolare del potere di chiedere
al Presidente della Repubblica lo scioglimento anticipato della Camera dei deputati, ma
solo se non è già stata presentata una mozione di sfiducia costruttiva.
Al Gruppo di lavoro sembra utile che - in relazione alle modifiche dei
regolamenti parlamentari dirette ad accelerare il procedimento legislativo ordinario -
vengano costituzionalizzati i limiti alla decretazione d'urgenza contenuti nella legge
400/1988. 15. Legge elettorale. Il tema della legge elettorale
è connesso a quello della forma di governo.
- Se il Parlamento dovesse optare per un regime semipresidenziale sarebbe
preferibile propendere per una legge elettorale incentrata sul doppio turno di
collegio, secondo il modello francese, al fine di rafforzare il Parlamento
rispetto a un Presidente che ha la stessa fonte di legittimazione.
- Se invece, come il Gruppo di lavoro propone a maggioranza, si dovesse optare per
una forma di governo parlamentare razionalizzata, le soluzioni possono
essere più d'una, purché garantiscano la scelta degli eletti da parte dei
cittadini e favoriscano la costituzione di una maggioranza di governo attraverso il voto.
Il Gruppo di lavoro intende precisare che con l'attuale bicameralismo
paritario nessun sistema elettorale garantisce automaticamente la formazione di una
maggioranza nelle urne in entrambi i rami del Parlamento.
Diverse sarebbero le prospettive della stabilità, se si attribuisse
l'indirizzo politico ad una sola Camera (par. 16). I modelli elettorali
possibili sono diversi:
- il proporzionale su base nazionale proprio del sistema tedesco;
- il proporzionale di collegio con perdita dei resti, proprio del sistema spagnolo;
- il sistema misto, in parte preponderante maggioritario e in parte minore
proporzionale, come la cosiddetta Legge Mattarella, per la quale si suggerisce comunque,
in caso di accettazione del modello, l'abolizione dello scorporo.
Il Gruppo di lavoro segnala che, in ogni caso, va superata la legge
elettorale vigente.
La nuova legge potrebbe prevedere un sistema misto (in parte proporzionale e in |
(Continua: LUCIANI)
Conclusione: ci troviamo in uno stato di "sospensione della
Costituzione", imposto dalla "necessità istituzionale". Finchè il
Presidente della Repubblica è Napolitano (anche Presidente del Consiglio Superiore di
Difesa, anche Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura) non ci sono pericoli
gravi per la democrazia. Ma sarà così anche se sarà eletto un qualche
"decisionista", salvatore della patria ?
Ragioniamoci sopra ripescando Costantino Mortati, padre costituente. Già
negli anni '50, discusse se la "necessità istituzionale" possa divenire
"fonte del diritto costituzionale". Riprendiamo queste cose.
Poi, ... per le riforme costituzionali servono i 2/3 dei voti, se si vuole
che vadano in azione subito, senza referendum confermativo. Dunque si capisca anche
l'importanza numerica della coalizione PD+PDL, visto che i GRILLINI non sono ancora
all'altezza giusta per le decisioni (ad es., non capire che quello che conta sono
le decisioni, non con chi ti trovi a prendere le decisioni, ed
essere affidabili che non si cambia posizione di punto in bianco, all'ultimo momento).2.-
Quali soluzioni istituzionali ? Forse non sarebbe il caso di perdere tempo per
scoprire l'acqua calda. L'Italia è figlia dello Stato Francese ed ha una società molto
simile a quella della Francia.
In questo senso, potremmo copiare la Costituzione Francese e la legge elettorale
francese.
Beninteso, nulla mai è perfetto, e allora potremmo correggere alcuni difettini
delle norme francesi, purchè non si perda troppo tempo.
Torniamo al Gruppo dei Saggi. Essi vacillano tra una repubblica parlamentare
"razionalizzata" e una republica "semiprensidenziale", e tra una o due
camere, purchè diversificate nei poteri.
Con quali motivazioni ? Su queste il Gruppo ragiona su opinioni personali,
senza capo nè coda.
Torniamo a Mortati. Le ragioni dei Padri Costituenti erano fondate su
questioni efficienza della Governance, ma anche di salvaguardia della democrazia. La
repubblica presidenziale potrebbe andare meglio o peggio della Repubblica
semi-presidenziale, o di quella parlamentare: dipende dalla società civile, in cui è
collocata..
Può andare bene (anzi benissimo) anche la repubblica parlamentare purchè il
Premier sia eletto dal Parlamento per i 5 anni della Legislatura e il Parlamento
sia capace di prendere decisioni (vale dire non sia polverizzato).
Concludo: la soluzione appropriata va motivata con il riferimento alla nuova
struttura della società civile italiana e internazionale, e con il disegno di quegli
eventuali pesi e contrappesi, che l'ingegneria costituzionale prevede per mandare
efficienza, tempestività e democrazia. NLUCIANI |
(Continua: LETTA)
parte maggioritario), un alto sbarramento, implicito o
esplicito, ed eventualmente un ragionevole premio di governabilità.
Si propone, inoltre, di eliminare le circoscrizioni estero,
prevedendo il voto per corrispondenza, assicurandone la personalità e la segretezza.
16.Superamento del bicameralismo paritario. Il Gruppo di
lavoro ritiene che l'attuale modello di bicameralismo paritario e simmetrico
rappresenti una delle cause delle difficoltà di funzionamento del nostro sistema
istituzionale.
A tal fine, propone che ci sia una sola Camera politica ed una
seconda Camera rappresentativa delle autonomie regionali (Senato delle Regioni).
La Camera dei Deputati, eletta a suffragio universale e diretto,
è titolare dell'indirizzo politico, ha competenza esclusiva sul rapporto fiduciario,
esprime il voto definitivo sui disegni di legge.
Il Senato delle Regioni è costituito da tutti i Presidenti di
Regione e da rappresentanti delle Regioni, eletti da ciascun Consiglio Regionale in misura
proporzionale al numero degli abitanti della Regione.
Si potrà prevedere che il Consiglio Regionale debba eleggere, nella propria
quota, uno o più sindaci.
Questo Senato assorbe le funzioni della Conferenza Stato Regioni e partecipa
al procedimento legislativo.
Salve le eccezioni più avanti indicate, le leggi saranno discusse e
approvate dalla Camera.
Il Senato potrà, entro un termine predeterminato e breve, decidere di
esaminare le leggi approvate dalla Camera e proporre a questa emendamenti.
Spetterà alla Camera, entro un termine altrettanto breve, decidere sulle
modifiche proposte dal Senato, potendosi prevedere per alcune categorie di leggi che il
voto finale della Camera sia espresso a maggioranza assoluta.
Il bicameralismo resterebbe paritario per:
- le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali;
- le leggi elettorali (tranne la legge elettorale per la Camera);
- le leggi in materia di organi di governo e funzioni fondamentali dei
Comuni, delle Province e delle città metropolitane;
- la legge su Roma capitale;
- le leggi sul regionalismo differenziato (art. 116.3 Cost.);
- le norme di procedura per partecipazione delle Regioni e delle
Province di Trento e Bolzano alla formazione di normative comunitarie (art. 117.5 Cost.);
- le leggi sui principi per le leggi elettorali regionali (art.
122.1 Cost.);
- l'ordinamento della finanza regionale e locale. 14 17.
Numero dei Parlamentari. Per effetto del superamento del bicameralismo paritario,
occorre calcolare il numero di parlamentari con modalità diverse tra Camera e Senato.
Oggi i deputati sono 630, all'incirca uno ogni 95.000 abitanti.
Il Gruppo di Lavoro ritiene che sia ragionevole seguire un criterio per il
quale la Camera sia composta da un deputato ogni 125.000 abitanti. I deputati verrebbero
così ad essere complessivamente 480.
Per i Senatori, si propone un numero complessivo di 120, ripartiti, come si
è detto, in proporzione al numero di abitanti in ciascuna Regione.
18. Funzionamento delle Camere. Il Gruppo di lavoro propone alcune
modifiche dei Regolamenti delle Camere per migliorarne il funzionamento.
In attesa della riforma del Senato, le proposte riguardano entrambe le
Camere, anche se nel testo si tiene conto del superamento del bicameralismo paritario.
In ogni caso sarebbe urgente che il Senato approvasse alcune riforme del
proprio Regolamento per superare le differenze irragionevoli rispetto all'altro ramo del
Parlamento.
Le proposte per la Riforma dei Regolamenti delle Camere sono le seguenti:
a) Procedura d'urgenza per i provvedimenti prioritari, di iniziativa
governativa. Il Presidente del Consiglio dei Ministri può chiedere per i disegni
di legge del Governo il voto a data fissa; la data è determinata dal Presidente della
Camera, sentita la Conferenza dei Capigruppo, in tempi compatibili con la complessità del
provvedimento stesso.
Questa urgenza presenterebbe caratteristiche peculiari rispetto alla
urgenza ordinaria: dovrebbe essere escluso un voto dell'Aula sulla richiesta del Governo,
che per ogni calendario parlamentare avrebbe limitate possibilità di ricorrervi;
all'esame in sede referente sarebbero assicurati almeno quindici giorni, sette dei quali
comunque decorrenti dalla data della deliberazione dell'urgenza; alle opposizioni
sarebbero assicurati nel contingentamento tempi maggiori rispetto alla maggioranza.
b) Divieto dei maxi emendamenti. Per porre rimedio alla
situazione patologica derivante dall'abuso del cosiddetto maxiemendamento (emendamento che
riassume la disciplina di una o più materie attraverso un solo articolo composto di una
serie di commi con contenuto eterogeneo) e dall'abbinamento di maxi-emendamento e
questione di fiducia, sarebbe opportuno prevedere che il Governo, per i disegni di legge
prioritari, fermo restando il voto articolo per articolo, possa, durante l'esame in
Assemblea, chiedere che venga posto per primo in votazione il proprio testo, approvato il
quale si intendono automaticamente respinti tutti gli altri emendamenti (v. art.102 co 4
Reg. Senato e art. 85 co 8 Reg. Camera).
Questa modifica, abbinata al divieto dei maxi-emendamenti, garantirebbe un
significativo miglioramento del grado di trasparenza del procedimento legislativo
parlamentare.
c) Omogeneità dei disegni di legge, dei singoli articoli e degli
emendamenti. I disegni di legge devono avere un contenuto omogeneo; ogni articolo
deve avere un oggetto unico e definito; ogni emendamento deve contenere una unica proposta
normativa.
Il Presidente della Camera e quello del Senato, in caso 15 di disegni di
legge o di articoli a contenuto eterogeneo, sentito il Comitato per la Legislazione,
decidono lo stralcio delle disposizioni estranee e la loro destinazione ad un apposto
distinto disegno di legge.
Il Presidente di Commissione e il Presidente di Assemblea decidono altresì
l'inammissibilità di emendamenti eterogenei o estranei alla materia del disegno di legge.
d)sede redigente. Per privilegiare il confronto
sul merito dei provvedimenti e per consentire all'Aula di concentrarsi sul significato
politico delle proposte, si propone una riforma che consideri la sede redigente come
quella ordinaria, escludendola però per i progetti di legge su cui non è ammissibile la
sede legislativa, per la legge comunitaria, i disegni di legge di conversione dei decreti
legge e i progetti di legge rinviati dal Capo dello Stato. La prevista pubblicità dei
lavori di Commissione con i mezzi propri dell'Aula (più avanti lett. i) favorirebbe la
trasparenza di questa procedura;
e) Proposte di legge di iniziativa popolare e d'iniziativa dei
Consigli Regionali. Al fine di valorizzare l'iniziativa legislativa popolare e
quella dei consigli regionali il Regolamento della Camera deve prevedere l'obbligo di
fissare l'esame effettivo in Aula entro tre mesi dal deposito della proposta.
f) Diritti dei Gruppi di opposizione. Prevedere garanzie per
le opposizioni finalizzate ad assicurare un effettivo esame delle loro proposte iscritte
in calendario nell'ambito delle quote apposite: ciò sia nell'esame in Commissione
(disciplinando specificamente i limiti all'abbinamento dei progetti di legge in quota
opposizione e alla possibilità di approvare emendamenti senza il consenso del Gruppo di
opposizione interessato), sia in Assemblea (intervenendo sulla possibilità di presentare
questioni pregiudiziali di merito e sospensive riferite ai progetti di legge in quota
opposizione, nonché disciplinando le questioni incidentali);
g) Riduzione del numero delle Commissioni. Si potrebbe
ridurre il loro numero dalle attuali 14 a 9, con accorpamenti per materia suggeriti dalla
prassi e funzionali sia al superamento del fenomeno, oggi molto frequente, delle
Commissioni riunite, sia al fine di garantire una migliore e più efficace azione di
controllo sulle politiche pubbliche. (vedi scheda in appendice).
h) Comitato per la legislazione. E' opportuno che venga
istituito anche al Senato il Comitato per la Legislazione, istituito presso la Camera
dalla riforma del 1997; i) Pubblicità dei lavori delle Commissioni Parlamentari.
Previsione della piena pubblicità, avvalendosi delle nuove tecnologie, della
comunicazione dei lavori delle Commissioni, a fini di maggiore conoscibilità delle loro
attività. L'Ufficio di Presidenza della Commissione, su richiesta motivata di un Gruppo
Parlamentare, in relazione a un determinato 16 argomento all'ordine del giorno, può
limitare la pubblicità dei lavori alla sola redazione del resoconto sommario;
l) Audizioni in Commissione. Ampliare le categorie di
soggetti audibili e direttamente convocabili dalle Commissioni, in modo formale (quindi
con le garanzie di pubblicità integrale delle sedute);
m) intervenire sulla procedura del parere sulle proposte di nomina
del Governo, prevedendo sempre l'audizione dei candidati;
n) Gruppi Parlamentari. Prevedere che un Gruppo al Senato, in attesa
della riforma,non possa avere meno di 15 senatori e alla Camera meno di 30 deputati.
Escludere la possibilità di autorizzare i Gruppi in deroga al requisito numerico.
Prevedere la corrispondenza tra lista di elezione dei parlamentari e gruppo di
appartenenza. Divieto di costituire componenti del gruppo misto (ad eccezione delle
minoranze linguistiche) che non corrispondano a liste nelle quali i parlamentari siano
stati eletti.
o) Sindacato ispettivo. A fini di maggiore efficacia e
razionalità, fermo restando il question time d'Aula e di Commissione, si propone una
radicale semplificazione degli atti, con il mantenimento delle sole interrogazioni, di
regola a risposta scritta. Prevedere lo svolgimento in Aula delle sole interrogazioni
urgenti (che prenderebbero il posto delle interpellanze urgenti) e lo svolgimento in
Commissione, a richiesta dell'interrogante, di quelle per le quali non sia pervenuta la
risposta scritta entro un determinato termine;
p) Riduzione della stampa degli atti parlamentari. Massiccia
dematerializzazione degli atti parlamentari, prevedendosi che di regola la pubblicazione
degli atti avvenga sul sito internet; si dovrebbe prevedere inoltre una disciplina più
aggiornata delle forme di pubblicità dei lavori parlamentari;
q) adeguamento dei Regolamenti parlamentari alla revisione
dell'art. 81 Cost.
19. In base all'art. 66 della Costituzione, in conformità ad una
tradizione storica risalente, ma ormai priva di giustificazione, il giudizio finale sui
titoli di ammissione dei membri del Parlamento (legittimità dell'elezione,
ineleggibilità e incompatibilità) spetta a ciascuna Camera con riguardo ai propri
membri; pertanto le relative controversie non hanno un vero giudice e le Camere sono
chiamate a decidere in causa propria, con evidenti rischi del prevalere di logiche
politiche . Si propone di modificare l'art. 66 attribuendo tale competenza ad un giudice
indipendente e imparziale |
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PUBLIC CHOICE: dopo le elezioni politiche
Una GUIDA, per la ricerca di un futuro politico per
l'Italia |
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PER UNA BARCA IN
TEMPESTA, LE PRIME COSE DA FARE SONO : |
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cercare un "timone" (un sistema costituzionale di
governance. Il nostro sistema non è adeguato ai tempi );
cercare un "timoniere (un capo del governo. La nostra legge elettorale non lo dà
come risultato diretto delle elezioni) . |
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Nel nuovo sistema costituzionale, ci dovrà essere una
struttura del parlamento, atta a
ripristinare i DIRITTI DEL PARLAMENTO. Questo è anche il significato storico del
"grillismo"
Per anni, il parlamento ha subìto il dispotismo delle
burocrazie ministeriali, perchè debole in se stesso
(prima, polverizzzato; poi,
persone nominate, non elette) e perchè i ministri erano spesso
"incompetenti" e paghi degli interessi loro personali e di partito. |
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Va fatta una chiarezza a livello europeo perchè la salvaguardia dell' EURO non
opprima più l'economia italiana |
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a)
Fin da principio l'Euro, raddoppiando i prezzi in Italia, è stata una casacca di ferro
per il commercio estero italiano (evidentemente è stato sbagliato il rapporto di cambio
LIRA / EURO) ;
b) Appare inspiegabile l'impedimento alla spesa pubblica (per pagare i
fornitori dello Stato e per i lavori pubblici), pur dopo che il governo MONTI ha
realizzato (quasi) il pareggio del bilancio di competenza;
c) è stata una mossa pericolosa e non professionale la tassazione dei depositi
bancari, a Cipro (clicca su: Visco) ;
d) i patti europei per le aree depresse dell'Unione (vedi mezzogiorno)
appaiono troppo in ritardo. |
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PER
QUESTE RIFORME SERVONO COSE VERE, Nome e Cognome PD+PDL, per 6-10 MESI.
Poi, se (dopo le riforme), la prova sarà positiva, si potrà proseguire fino a
termine legislatura.
NO al trucco del "governo di minoranza" per poi cercare "intese in
parlamento", ma con il sospetto fine di eleggere un
proprio Presidente della Repubblica e, subito dopo, fare le elezioni anticipate con
alla guida il "governo di minoranza".
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Consiglio a Berlusconi:
si ritiri temporaneamente dalla scena politica, in modo da chiarirsi con la
Magistratura e lasciar passare un governo PD+PDL
per le riforme istituzionali e per le urgenze economiche. Poi, tra 6-10 mesi,
potrà chiedere nuove elezioni, in una situazione tutta "nuova".
E' sbagliato sopravvalutare l'attuale strapotere "incostituzionale" del
Quirinale, in quanto solo dovuto al "vuoto" lasciato dal Parlamento. |
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Guardate le cose nel quinquennio 2008-2013, non vediamo
rimonte di nessuno, ma solo crollo dei grandi partiti tradizionali.
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Nel dopo elezioni, si è invocato una nuova legge
elettorale, visto che quella attuale non ci ha dato un "timoniere" , come
risultato delle elezioni.
Ma evidentemente, il "timoniere" non basta perchè manca il
"timone" e da molti anni. BERLUSCONI ha battuto SANTORO (10 a ZERO)
nella famosa intervista a CANALE TV7, perchè ha dimostrato che neppure un
"timoniere" come Lui ha potuto guidare una barca "senza timone" (infatti,
nella nostra Costituzione il Presidente del Consiglio conta meno del Ministro del Tesoro,
non può dimettere i Ministri risultati inefficienti, è ricattato dai mille
"partitini" della Coalizione, ecc.).
Tutto questo non toglie che Egli, in tanti anni, abbia dato prova di incapacità di
fare le necessarie riforme costituzionali (ovvero, ne ha fatte, ma in modo improvvido,
ossia senza le necessarie maggioranze qualificate). Ma questa è un'altra storia, che quel
giornalista "piazzarolo" ("solo scuole serali ..." ), non ha saputo
opporre, perchè Berlusconi, come "piazzarolo", ne vale 10.
Nei Paesi democratici maturi (USA, Francia, Inghilterra...) le elezioni
pongono un termine anche alle discussioni sui programmi, scegliendo un leader con il suo
programma. Per noi |
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non è così, e anzi si dedica molta
discussione alle possibili alleanze per trovare un governo.
Tutte le alleanze possono essere buone o cattive: dipende dagli obiettivi. E
siccome il rebus è di natura costituzionale, non va bene cominciare dalla legge
elettorale, e lo vediamo nel fatto che, pur potendo indicare un candidato Premier sulla
scheda, poi servirà la fiducia del Parlamento, su qualcuno proposto dal Presidente della
Repubblica.
Per questo mi parrebbe evidente che:
- la prima cosa da dare sia una modifica della Costituzione, in modo
che il Premier sia il risultato delle elezioni.
E per fare questo, senza necessità di fare un referendum
confermativo, serve la "grande coalizione" PD+PDL (Camera: 470 seggi; Senato:
240; = più di 2/3 dei voti necessari) .
Ma attenzione ai personalismi. Nessuno può porre veti personali a
Berlusconi; e Berlusconi non può avanzare diritti di presenza nel Governo. Il Premier
incaricato deve potere avere una sua libertà organizzativa, a parte che (se sono state
fatte queste riforme) tra 6-10 mesi sarebbe teoricamente possibile tornare a votare in una
situazione tutta "nuova".
Per il programma generale, si può prendere il
programma dei Grillini (quasi tutto).
RIFORME COSTITUZIONALI, COME ? Avanzerei la seguente proposta minima:
1) Elezione diretta popolare del Premier, seguendo (grosso modo) il modello
della legge comunale, in vigore. Sia alla Camera, sia al Senato va, al partito (o alla
coalizione) collegato al candidato Premier, una percentuale di seggi uguale alla
percentuale di voti, conseguiti dal Premier eletto (con maggioranza assoluta al primo, o
al secondo turno). I restanti seggi vanno ripartiti tra gli "altri" partiti in
proporzione ai voti ottenuti al primo turno.
2) Dovrebbe rimanere fermo l'attuale ruolo di garanzia costituzionale del
Presidente della Repubblica.
PROGRAMMA ECONOMICO, COME ? La parola d'ordine dovrebbe essere di creare
"domanda effettiva", vale dire domanda accompagnata da potere acquisto, data
l'urgenza di rimettere in moto le imprese e il lavoro.
La via è che lo Stato:
- spenda in tempo reale quanto preleva fiscalmente e restituisca le
imposte non dovute. Questo è il senso ultimo della teoria Keynesiana (a parte il deficit
spending, oggi impraticabile, a livello UE);
- in via eccezionale, sgravi i redditi bassi (ad alta propensione al consumo)
e recuperi il mancato gettito con "aggravi" sui redditi alti (ad alta
propensione al risparmio).
Urge anche la riforma della legge bancaria, ripristinando la separazione tra
banche di credito ordinario e istituti finanziari, e conseguentemente tra banca e
industria. |
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EDIZIONI PRECEDENTI |
PUBLIC CHOICE: Italia verso le elezioni politiche:
Una GUIDA, per votare dal punto di vista economico.
Sotto: cosa dice, di Monti, il Financial Times, e cosa dice Monti di se stesso. |
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PierLuigi Bersani, Sinistra |
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La scelta di chi votare, senza inganno, è avere in
mente che
i politici agiscono anche nell'interesse personale. Per tutelarsi, il cittadino
deve privilegiare L'ALTERNANZA TRA I "GRANDI
PARTITI", per limitare gli abusi.
Monti non ha agito nell'interesse personale, ma è risultato
insufficiente, rispetto al lavoro, alla crescita del PIL e alle banche. |
In generale, la politica economica giusta è tassare i poveri oppure i ricchi,
a seconda che, al momento, sia più
utile all'Italia l'una o l'altra cosa.
MONTI HA TARTASSATO I POVERI, MENTRE SERVIVA GRAVARE
SUI RICCHI.
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Mario Monti, Destra
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L'ALTERNATIVA, PER IL BENE DELL'ITALIA E' TRA BERSANI (sinistra)
e MONTI (destra).
PER TUTTI GLI ALTRI, E' UNA NECESSITA' FARE PIAZZA
PULITA,
pur se ci sono tante individualità interessanti, ma utili solo alla confusione.
I partiti sono strumenti, al bisogno ed è' sbagliato amare i partiti,
a parte che il partito "meglio" è sempre
solo il "meno peggio". |
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* I motivi in breve. La messa in sicurezza del
Paese (pareggio del bilancio e scudo europeo anti-spread, interventi illimitati della BCE
sul mercato secondario) fatta da Monti con bravura, doveva essere accompagnata dalla
pronta spesa pubblica del gettito fiscale, in modo da incremenate i consumi (solo modo di
risollevare le imprese, dare lavoro e rilanciare il PIL). Questo secondo obiettivo è
mancato, fino a far constatare difficoltà di cassa, ripianate con ulteriore aumento
pro-tempore del debito pubblico.
La carenza della spesa pubblica è dimostrata dalla tabella (sotto riportata), della Ragioneria dello Stato, che mostra
la spesa effettiva dello Stato, rispetto a quanto potrebbe spendere, in base al bilancio
approvato. Ma poi, abbiamo i fatti, che lo Stato non paga i fornirori, per cifre immense.
Einaudi ci aveva insegnato che l'imposta non è grandine che
distrugge i raccolti, perchè è seguita dalla spesa pubblica: in questo senso, in
teoria il potere di spesa totale non cambia, perchè quanto è tolto ad alcuni va
ad altri. Doveva anche operare un moltiplicatore positivo del reddito, teorizzato da
Haavelmo, ma anch'esso mancato e che anzi è stato negativo, a causa del fatto che la
propensione marginale alla spesa dello Stato è stata minore di quella delle famiglie.
Si deve chiarire che la lentezza statale nella spesa non è solo
di adesso. Ma in passato, a questa lentezza, provvedeva la anticipazione monetaria (alle
imprese destinatarie della spesa pubblica) da parte delle banche, cosa che oggi è
impedita dalla situazione di sofferenza delle banche (soprattutto per colpa loro: troppi
impieghi speculativi). (A proposito della situazione delle banche italiane, MONTI andò
alle riunione annuale dell'ABI, e (senza battere un ciglio) lasciò dire a MUSSARI,
Presidente ABI e dirigente del MPS-Monti dei Paschi di Siena, tutto quello che voleva
...).
Per questo, la riforma delle banche e dello Stato sono gli
obiettivi primari per il medio-lungo periodo, ma traditi dal precedente Governo.
Per l'immediato serve trasferire potere di spesa dai redditi
medio-alti (perchè non investono e non spendono)
ai redditi medio-bassi perchè spenderebbero. |
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FATTO: L'opinione
del Financial Times, su Monti, a un mese dal voto. Fonte: Financial Times,
17 gennaio 2013 :
Stralcio della tesi di fondo del FT:
1) «Ora al suo settimo trimestre, la più lunga recessione dell'Italia
del dopoguerra si fa sentire e Mr Monti si sta in larga parte prendendo la colpa».
2) Secondo il giornale britannico, "i dati economici vanno contro la tesi del
Professore, secondo cui l'Italia starebbe superando la crisi (ma Monti ha parlato di
quella finanziaria, non economico-sociale)". ....
«La disoccupazione giovanile ha raggiunto il 37,1% a novembre 2014, sette
punti in più da quando Mr Monti è diventato premier, un anno fa e nonostante le riforme
nel mercato del lavoro.
"La spesa per consumi ha registrato il calo più forte dal dopoguerra,
mentre la produzione industriale è al di sotto del 25% rispetto ai massimi prima del
2008».NUOVO FATTO: Intervista di Ferruccio de Bortoli al Premier Monti
Fonte: Corriere della Sera, 20 gennaio 2013
Stralcio delle tesi di focali di Monti, sul Corriere:
1) "Il governo tecnico non sarebbe stato chiamato, se la gestione della cosa pubblica
fosse stata nelle mani di politici capaci e credibili».
2) Quanto ai risultati dell'azione del governo tecnico, «noi stiamo vedendo, ....,
qualche risultato positivo grazie al sacrificio degli italiani: sui tassi d'interesse,
sulle esportazioni, sull'andamento dei titoli pubblici. E dobbiamo sempre chiederci che
cosa sarebbe accaduto se quelle decisioni non fossero state prese e se ci fossimo trovati
nei panni dei greci".
3) Quanto alle ragioni del suo «salire in politica", il motivo è che "a un
certo punto, con l'avvicinarsi delle elezioni, le riforme incontravano ostacoli crescenti,
erano sempre più figlie di nessuno. La strana maggioranza cambiava pelle sotto i miei
occhi. Il Pdl ritornava ad accarezzare l'ipotesi di un nuovo patto con la Lega, non con il
Centro, ed emergeva un fronte populista e antieuropeo; il Pd alleandosi esclusivamente con
Sel riscopriva posizioni radicali e massimaliste in un rapporto più stretto con la sola
Cgil».
A quel punto «Ho intravisto due rischi:
- uno a breve, che il governo cadesse prima che i partiti si accordassero
finalmente su una riforma elettorale;
- uno più a lungo termine, e assai più grave, ovvero che sei mesi dopo le
elezioni si dissipassero tutti i sacrifici che gli italiani avevano fatto, con grande
senso di responsabilità, per sottrarre il Paese a un sicuro fallimento.
Tutto inutile, pensavo. Sarebbero tornati al governo i vecchi partiti,
i vecchi apparati di potere, veri responsabili del declino dell'Italia. In quello stesso
periodo si erano poi moltiplicati gli incoraggiamenti di molti leader europei e
internazionali, da Barack Obama a François Hollande", pur se "non
determinanti».
4) Conclusione: "La vecchia politica non deve tornare". Ferruccio de Bortoli 20
gennaio 2013.
____________________
Fonte: Annuario
Statistico della Ragioneria Generale dello Stato, 2014, cap. II * . Nota.
I dati più recenti, disponibili, sono del 2011. Ma ho controllato quelli del 2010 e 2009,
e le percentuali sono analoghe.
Titolo e categoria economica |
Anno
2011 |
Anno
2011 |
Italia, Capacità di spesa
dello Stato |
Pagamenti, rispetto alla massa
spendibile
di competenza
in % |
Pagamenti, rispetto alla massa
spendibile
dei residui
in % |
Titolo I -
Totale Spese correnti |
82,8 |
47,3 |
Redditi da lavoro
dipendente |
92,4 |
69,5 |
Consumi intermedi |
65,8 |
58,5 |
Imposte pagate sulla
produzione |
95,5 |
84,9 |
Trasferimenti corr.ad
Amm.ni pubbliche |
77,8 |
44,1 |
Amministrazioni centrali |
87,5 |
93,6 |
Amministrazioni locali |
75,6 |
43,5 |
- Regioni |
73,1 |
41,0 |
- Comuni e Province |
82,3 |
66,5 |
- Enti produttori di
servizi sanitari |
42,2 |
41,8 |
- Enti locali produttori
di servizi assistenziali |
85,1 |
80,5 |
Enti di previdenza |
79,7 |
41,1 |
Trasferimenti a famiglie
e ist.ni sociali private |
70,0 |
47,9 |
Trasferimenti correnti a
imprese |
57,7 |
65,1 |
Trasferimenti correnti a
estero |
76,6 |
46,4 |
Risorse proprie Unione
Europea |
94,9 |
0,0 |
Interessi passivi e
redditi da capitale |
91,8 |
96,6 |
Poste correttive e
compensative |
89,8 |
49,7 |
Ammortamenti |
20,4 |
0,0 |
Altre uscite correnti |
16,1 |
16,5 |
|
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Titolo II -
Spese in conto capitale |
48,4 |
40,9 |
Investimenti fissi lordi
e acquisti di terreni |
39,1 |
46,5 |
Contributi agli
investimenti |
53,9 |
44,8 |
Amministrazioni centrali |
74,3 |
59,8 |
Amministrazioni locali |
43,4 |
40,3 |
- Regioni |
40,5 |
44,2 |
- Comuni e Province |
48,9 |
30,9 |
- Enti produttori di
servizi sanitari |
11,3 |
0,8 |
- Enti locali produttori
di servizi economici e di regolazione dell'attività economica |
52,5 |
41,7 |
- Enti locali produttori
di servizi assistenziali, ricreativi e culturali |
31,5 |
33,7 |
Enti di previdenza e
assistenza sociale |
36,7 |
40,8 |
Contributi agli
investimenti ad imprese |
48,9 |
45,2 |
Contributi agli
investimenti a famiglie e istituzioni sociali private |
49,2 |
45,1 |
Contributi agli
investimenti a estero |
53,8 |
32,1 |
Altri trasferimenti in
conto capitale |
35,6 |
23,8 |
Acquisizioni di
attività finanziarie |
67,4 |
41,2 |
|
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NINO LUCIANI, La
spiegazione delle tesi, più sopra. 1.- La
regola della alternanza tra i grandi partiti. Per le scelte pubbliche, i
cittadini maturo non agiscono come "isole", ma intercettando le logiche dei
candidati.
Secondo i fondatori della scuola scientifica di "public choice" i
politici sono mossi anche da interessi personali. Esistono anche quelli
mossi solo dall'interesse pubblico, ma sono pochi.
Anche la esaltazione dei loro programmi si assomiglia molto a quella del
commerciante che esalta la qualità della propria merce, anche se fasulla. La legge non
punisce questa cosa, perchè la presume fatta in buona fede, e la definisce "dolus
bonus".
Tuttavia, a tutte le cose ci dev'essere un limite che, nel caso del commerciante,
la legge crea favorendo la concorrenza (a parte la legge penale), in modo che quello
disonesto o incapace sia sostituito dal concorrente.
Nel caso delle scelte pubbliche, questo meccanismo non può funzionare, perchè
scelte sono fatte dai gruppi, e quindi quelle fatte in modo isolato non funzionano.
Per questo, il cittadino (che vuole contare) deve, in primo luogo, identificarsi in
un gruppo, vale dire nel partito che esprime idee vicine alle sue.
Ma quando i partiti sono tanti, la scelta è praticamente inutile. Il motivo è
che, in parlamento, le decisioni saranno prese a maggioranza, e (se i partiti sono tanti)
la maggioranza potrà formarsi in molti modi, variabili ogni giorno.
In un solo caso, anche un solo cittadino può contare:
quando i partiti sono solo due, e poco distanti numericamente. Ad es., se un partito ha il
50%+1 dei voti, e l'altro il 50%-1 dei voti, lo spostamento di un solo cittadino, da un
partito all'altro, rovescia la maggioranza. E' la regola della alternanza, già applicata
nei Paesi con alta democrazia (vedi gli Stati Uniti, dove tutti hanno "pari
opportunità" di arrivare alla "Casa Bianca".
Più in generale, per dare peso ai cittadino, il criterio è fare in modo che
ci siano solo due grandi partiti: in questo senso la scelta migliore"possibile"
è quella "meno peggio".
La legge elettorale attuale dell'Italia è mossa dal criterio di aiutare il
cittadino che segue il criterio dell'alternanza, pur se essa ha ancora molti difetti (il
premio di maggioranza è su base nazionale, alla Camera; ed è, invece, su base ragionale
al Senato, per cui in teoria, la maggioranza alla Camera potrebbe riuscire diversa in
Senato). Come il cittadino potrebbe rimediarvi, rinvio a più avanti.
In particolari casi, l'applicazione della regola dell'alternanza tra i grandi
partiti potrebbe comportare, per un cittadino, di votare per il partito avverso. Ma,
anche questa è la scelta meno peggio. Infatti se, al termine del mandato elettorale, uno
valuta negativamente il comportamento del proprio partito, è bene che esso vada in
minoranza e vada a meditare sui propri errori.
Al contrario, senza alternanza, subentrerebbero fatti ben più negativi. Un caso
significativo in Italia è quello della Democrazia che, pur benemerita per la
ricostruzione post-bellica dell'Italia e per il progresso economico e il lavoro, alla fine
era incorsa in gravi casi di corruzione, perchè non alternata da un altro grande partito
(che a quei tempi, era il PCI). Sulle relative cause storiche, che lo impedirono, qui
soprassediamo.
2.- Quali sono i due "grandi partiti" per l'alternanza, oggi ?
Numericamente parlando, fino ad un anno fa (2011) i due maggiori partiti
erano il PDL e il PD. Stando alla "retta via", andrebbe votaro uno dei due: la
conferma del primo, per i cittadini soddisfatti; la scelta del secondo,
per i cittadini insoddistatti.
Mi riservo di motivare più avanti, quale sarebbe, secondo me, la scelta
appropriata in base agli attuali problemi del Paese.
Ma, da un anno in qua, abbiamo un governo tecnico, e da
qualche settimana, il suo Premier si propone come leader di un partito
"terzo".
Se la legge elettorale fosse proporzionalista, un partito terzo avrebbe la
"vocazione" di fare maggioranza con uno dei due "grandi partiti", a
secondo che ami l'uno o l'altro. Questo avvenne con la DC, questo fu causa di molti guai
per l'Italia e per la DC.
Ma la legge elettorale è maggioritaria. Dunque, il proposto
"partito terzo" dovrà essere classificato di destra o di sinistra, e prendere
il posto del PD o del PDL, in una logica dell'alternanza.
Mi sembra fuori di dubbio che MONTI sia di destra, e che essendo la "migliore
destra" si ponga come sostituto del PDL.
Lo vediamo da alcuni fatti:
- Monti si è dichiarato "antagonista della sinistra" (Bergamo, 20
gen);
- Monti ha fatto una politica negativa per il lavoro (vedi i disoccupati, e
legge Fornero);
- Monti non ha voluto accordi con la CGIL, ma piuttosto con CISL e UIL.
Al tempo stesso, il PDL ha fallito la "rivoluzione liberale"
(promessa fin dal 1994), ed il suo Leader è in demolizione (non è infatti più proposto
come Premier, ed è in età avanzata. Diciamo, poi, che il PDL senza Berlusconi è un
corpo senza testa, a parte che uno che occupa posisizioni top di governo per 10 anni ha
già dato tutto quello che aveva.
Un ultimo dubbio: è possibile scegliere il PD, oppure MONTI, dando
vita alla stessa maggioranza, sia alla Camera, sia al Senato ?
Come detto più sopra, il cittadino che volesse dare il proprio
contributo positivo alla governabilità, ha possibilità di scelta, in qualche modo
ostacolata dal fatto che l'attuale legge assegna il 55% dei seggi, per la Camera, su base
nazionale; e invece, per il Senato, su base regionale.
In queste condizioni, l'unica via di uscita, per il bene del Paese (vale dire che
al Senato riesca maggioritaria la stessa coalizione maggioritaria della Camera) è che il
cittadini voti (nella Regione) la coalizione che prevede maggioritaria alla Camera
(piaccia o non piaccia). E' una scelta rispettosa della democrazia, e la meno
peggio, dal punto di vista personale.
3.- Quale programma serve per il bene dell'Italia e, di
conseguenza, a quale "grande partito" abbinarlo ?
Traccio le grandi linee del programma necessario (secondo me), in modo da motivarne
l'abbinamento al "grande partito" di sinistra o a quello di destra.
Programma per subito. Qui si tratta di rianimare il cavallo
malato. Poi in seguito si vedrà come riportarlo in pista (vedi programma per il futuro).
La diagnosi è che manca domanda effettiva (
vale dire accompagnata da potere di acquisto in moneta) perchè c'è nel Paese molta
capacità produttiva inutilizzata (un tesoro che manca nei Paesi sottosviluppati ...), che
va rimessa in campo.
Come ai tempi della grande crisi del 1929, non c'è domanda effettiva
perchè la moneta è finita nelle mani di chi non ha propensione al consumo. Chi era ricco
è diventato più ricco (grazie alle operazioni delle banche, inserite nel gioco
finanziario delle grandi guerre recenti: IRAQ, AFHANISTAN, e nelle varie altre piccole
guerre); e chi era povero è diventato più povero.
Chi è ricco ha relativa bassa propensione al consumo già
di suo, e quando nel mondo le aspettative di crescita sono negative, questi individui si
chiudono di più in casa (comprensibilmente, del resto).
Chi è povero, vorrebbe spendere, ma non ha potere di acquisto.
In queste condizioni gli investimenti privati non hanno luogo. E il solo modo di
ripartire è che si muova lo Stato, perchè non orientato al profitto, ed ha un orizzonte
temporale lungo.
Per fare questo ci sono più modi:
a) lo Stato spende in disavanzo, finanziato da fabbricazione di moneta
aggiuntiva, da parte della Banca Centrale (oggi la BCE);
b) lo Stato spende prontamente il gettito fiscale, nelle industrie bloccate;
c) lo Stato grava fiscalmente i redditi medio-alti (al netto degli
utili reinvestiti, e (per pari importo) sgrava i redditi medio-bassi.
La via sub a) non è oggi percorribile, per la politica europea.
La via sub b) è poco percorribile subito, perchè (a causa di burocrazia
lumaca, lo Stato non spende prontamente, e risulta perfino che ci sono esattori fiscali
che non versano i fondi ai Comuni);
La via sub c), mediante IRPEF, è applicabile con effetti immediati.
Quale partito potrebbe oggi applicare la via sub c) ? Non un partito che
prende i voti dai cittadini con redditi medio-alti.
Dunque, serve votare il PD (a meno che MONTI non faccia miracoli: vale dire,
sia votato da chi dovrà tassare).
Aggiungo che il PD sarebbe aiutato dai Sindacati; e MONTI, invece,
no.
Programma per il medio-lungo termine: la transizione
dell'Italia dallo Stato al Mercato. Memore delle esperienze
negative dei Paesi a pianificazione centralizzata, lItalia deve, finalmente, avviare
con fermezza la transizione della propria economia dallo Stato al Mercato.
Lattuale grado di statizzazione delleconomia (55-60%)
dovra essere ridotto al 40-45% a favore della impresa privata, e tuttavia nel
rispetto della persona umana, durante il difficile passaggio. In questo senso:
- dovranno essere privatizzate le imprese pubbliche (tra laltro,
una delle prime cause del debito pubblico), salvo quelle marcatamente strategiche (come
per le grandi infrastrutture), e sociali (trasporti locali dei lavoratori, acqua);
- lo Stato dovra garantire il lavoro (art. 4,
Costituzione), se necessario anche come datore di lavoro di ultima istanza;
- lo Stato dovrà punire severamente le violazioni delle buone regole
del mercato, da parte delle imprese.
Quale partito potrebbe oggi
attuare la transizione dell'Italia dallo Stato al Mercato ? Non un partito che crede molto
nello Stato e poco nel mercato. Dunque, serve votare MONTI.
In conclusione, per l'immediato serve BERSANI; per il futuro
serve Monti. NINO LUCIANI |
*
http://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/Servizio-s/Studi-e-do/Annuario_statitisco_RGS/Annuario_statistico_della_RGS_2014.pdf, |
|
.
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Dalla
Commissione europea - UE , Bruxelles 22 ottobre 2014
Verso l'UNIONE BANCARIA |
|
.
La Commissione vuole la VIGILANZA DIRETTA sulle Banche dell'UE,
fin qui compito delle Banche Centrali "nazionali. ."
Dubbi sulla adeguatezza dell'oggetto da vigilare.
Anche data al Fondo ESM, la facoltà del
"salvataggio" delle Banche, tramite gli Stati..
Dubbi anche su questo. Nodo del problema : salvare o
nazionalizzare ? |
|
Dalla
Commissione Europea
COMUNICAZIONE AL
PARLAMENTO EUROPEO
E AL CONSIGLIO
Stralcio (Per il testo completo, clicca su: UE-Vigilanza)
" Negli ultimi quattro anni l'Unione europea ha risposto in
modo determinato alla crisi economica e finanziaria: significativi progressi sono stati
compiuti nella realizzazione dell'Unione economica e monetaria (UEM) e un programma di
sostanziali riforme finanziarie è in corso di attuazione, nel rispetto degli impegni
assunti in risposta alla crisi finanziaria nel quadro del G20, miranti a rendere gli
istituti e i mercati finanziari più stabili, più competitivi e più resilienti.
Il completamento della riforma del quadro normativo dell'UE, pur essenziale,
non sarà sufficiente per affrontare efficacemente alcune gravi minacce che pesano sulla
stabilità finanziaria nell'Unione economica e monetaria. Sono necessari ulteriori misure
per far fronte ai rischi specifici della zona euro, in cui l'accentramento delle
competenze in materia di politica monetaria ha stimolato una forte integrazione economica
e finanziaria e accresciuto la possibilità di effetti di ricaduta transfrontaliera in
caso di crisi bancarie, e per spezzare il legame tra debito sovrano e debito bancario e il
circolo vizioso che ha portato ad una situazione tale per cui è stato necessario
utilizzare 4,5 mila miliardi di euro dei contribuenti per salvare le banche dell'UE.
La crisi ha tuttavia dimostrato che, sebbene essenziale, il semplice coordinamento
tra le autorità di vigilanza non è sufficiente, in particolare nel contesto
della moneta unica. È pertanto necessario un meccanismo decisionale comune.
È altresì essenziale contenere il crescente rischio di frammentazione
dei mercati bancari dell'UE, che compromette gravemente il mercato unico dei servizi
finanziari e ostacola l'effettiva trasmissione della politica monetaria all'economia reale
in tutta la zona euro.
La Commissione ha pertanto invitato alla creazione di una Unione bancaria,
che consenta di rinsaldare le basi del settore bancario e ripristinare la fiducia
nell'euro, in una prospettiva a più lungo termine di integrazione economica e di
bilancio.
Elemento fondamentale di tale processo è il trasferimento della vigilanza
bancaria a livello europeo, un passo che dovrà essere poi seguito da altre
misure, quale la creazione di un sistema comune di garanzia dei depositi e di una gestione
integrata delle crisi bancarie.
:::::::::::::::
La presente comunicazione accompagna due proposte legislative che
prevedono rispettivamente la creazione di un meccanismo di vigilanza unico con
l'attribuzione alla BCE di specifici compiti in merito alle politiche in materia di
vigilanza prudenziale degli enti creditizi e la modifica del regolamento istitutivo
dell'Autorità bancaria europea (EBA).
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European financial stability support
European financial assistance
mechanisms are capable of supporting EU Member States in difficulty and thereby preserving
the financial stability of the EU.
The financial crisis that hit the global economy at the end of 2008 has had several
harmful consequences for Member States economies:
- the destabilisation of financial
markets;
- the downturn in economic growth;
- the deterioration in the budget
deficits and debt positions of the Member States.
The financial difficulties
experienced by a Member State may present a serious threat to the financial stability of
the European Union as a whole. It was therefore necessary to establish a package
of European stabilisation actions providing financial assistance which is capable of
supporting Member States in difficulty and thereby preserving the financial stability of
the EU.
A safety-net for financial
stability.mbiam
In May 2010, the European Union and
euro-area Member States set up a stabilisation mechanism that consists of
- the European Financial Stabilisation Mechanism (EFSM); and
- the European Financial Stability Facility (EFSF)
to safeguard EU financial stability amid severe tensions in euro-area sovereign
debt markets,
- In October 2014 the European Stability Mechanism (ESM) entered into force. Its
main features build on the EFSF. The ESM will be the primary support mechanism to
euro-area Member States and complements the new framework for reinforced economic
surveillance in the EU. This new framework, which includes in particular a stronger focus
on debt sustainability and more effective enforcement measures, focuses on prevention and
will substantially reduce the probability of a crisis emerging in the future.
Alongside the EFSM, EFSF and ESM,
- unding from the International Monetary Fund (IMF); and
- possible ECB (European Central Bank) purchases of sovereign debt on secondary
markets.
are available forming a viable safety-net, providing financial stability support.
Fiscal and economic
measures reinforced economic governance
The financial support is
accompanied by fiscal and economic measures.For this purpose, the EU and its Member States
have taken a series of important decisions that will strengthen economic and budgetary
coordination in the EU as a whole and in the euro area in particular. As a result, the
EUs interdependent economies will be better placed to chart a path to growth and job
creation.
Fonte:http://ec.europa.eu/economy_finance/european_stabilisation_actions/index_en.htm |
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NINO LUCIANI, Serve
ripensare l'oggetto della vigilanza, se si vogliono evitare nuove
"irresponsabilità" bancarie. Inaccettabile che il Fondo ESM possa essere usato
anche per salvataggi bancari. Nei casi di gravi irresponsabilità, si dovrebbe
nazionalizzarle a prezzo di fallimento. Premessa. Per "Unione Bancaria" non si intende
"Associazione Bancaria" (pur se ci sarà anche una ABE). Si intende la
sottoposizione delle Banche (insistenti nella UE) alla regolamentazione e vigilanza a
livello europeo, da parte della BCE-Banca Centrale Europea.
Pertanto, questo compito, oggi delle ex-Banche Centrali Nazionali, viene tolto a
loro e passato alla BCE, che però se ne varrà.
L'importanza di questo passo, lo si può desumere efficacemente da un recente
Seminario, a cui ha partecipato (come ospite principale) il Governatore della Banca
d'Italia (cliccare su: INDIGNADOS ): L''aspetto
saliente è l'imbarazzo del Governatore alle domande circa il ruolo svolto (negli scorsi
anni) dalla B.d'I. nei confronti delle crisi bancaria: precisamente l'impossibilità di
agire per sproporzione tra dimensione (nazionale) di competenza della B.d'I. e dimensione
(mondiale) di azione delle banche e istituti finanziari.
2.- Al momento è una vigilanza su "poco". Il fatto che
venga ampliato il quadro territoriale della vigilanza sulle banche (anzi, che è ancora
poco, rispetto alla esigenza di un quadro mondiale) diviene importante, purchè
sia rilevante l'oggetto della vigilanza.
Al momento l'oggetto della vigilanza sarebbe:
- sui requisiti patrimoniali bancari;
- sul sistema delle garanzie ai clienti depositanti (trattasi di meccanismi
assicurativi, fino a 100), in caso di insolvenze bancarie.
- Ci dovrebbe essere uniformazione delle prassi di vigilanza a livello
europeo.
Circa la adeguatezza di questi punti, rinvio a INDIGNADOS.
Circa la sostanza della vigilanza, ritengo che essa sarebbe significativa se
collegata a leggi che impongono al sistema bancario i seguenti requisiti::
1) la separazione tra banche di credito ordinario e istituti di credito
finanziario, abbandonando la "banca universale" attuale, secondo cui,
regolandosi su criteri di profitto, la banca è libera di valutare i rischi degli impieghi
bancari. La legge bancaria italiana ha fatto questo, come rimedio alla crisi degli
anni 1930, molto simile a quella attuale;
2) una riserva bancaria obbligatoria significativa, rispetto ai depositi in conto
corrente, e che dovrebbe essere una cifra che sia nettamente superiore alla attuale, che
sta mediamente in range tra il 2% e il 7%, salvo eccezioni anche molto alte. In
Italia, questo parametro fu fatto valere da L. Einaudi, come Governatore di Bd'I, e allora
stava sopra il 25%).
Ma questo non è. In Europa la vera funzione della "riserva" è, invece,
voluta in termini di "patrimonio", che è cosa impalbabile, perchè una cosa il
capitale liquido (una quota dei depositi, custodita presso la banca centrale), una cosa è
il patrimonio liquidabile (che è cosa soggetta a rischio).
L'Inghilterra pare volere una legge come quella italiana del 1936
(separazione tra banche di credito bancario e istituti finanziari).
Nei mesi scorsi, la Regina d'Inghilterra ha dato notizia di conforme
decisione del suo governo al Parlamento britannico. Clicca su: Regina.
C'è dell'altro. Il Partito laburista, di recente, ha fatto sapere di
condividere l'idea, e anzi di volerne accelare i tempi di applicazione,una volta al
potere.
3.- Per un limite alla creazione di "moneta
bancaria". Chiarisco subito, per gli eventuali lettori "non di economia
bancaria" che il meccanismo della riserva obbligatoria determina la fabbricazione di
moneta bancaria, in aggiunta alla fabbricazione di moneta legale da parte della BCE. In
parole brevi, se la riserva bancaria obbligatoria è il 10% dei depositi correnti, il
sistema bancario riesce a creare moneta bancaria pari a 10 volte la moneta legale; e se la
riserva è il 5%, la fabbricazione di moneta bancaria è 20 volte quella legale.
Attualmente la moneta legale in è di 920 miliardi circa. Pertanto, la
moneta bancaria dovrebbe stare nell'intorno 13.150 miliardi.
Questo fatto è molto pericoloso per la società civile, per due motivi: per
l'impatto sul livello generale dei prezzi, e sul potere monetario delle banche sulla
società civile. Vediamo meglio.
a) effetti sul livelli dei prezzi. Luigi Amoroso, uno dei
grandi economisti neo-cclassici italiani, integrò la nota equazione dello scambio di
Fisher (si vegga: L. Amoroso, Le leggi naturali dell'economia; UTET, cap. IX), nel
seguente modo : P = (M V + N W) / T , vale dire
aggiungendo alla moneta legale (moltiplicata per la rispettiva velocità media di
circolazione) la moneta bancaria (moltiplicata per la rispettiva velocità media di
circolazione).
Sicuramente, Draghi si sarà accorto che, fermo T
(volume delle transazioni di merci e servizi), e fermo V e W
, non c'è stata relazione univoca tra variazione della circolazione di banconote in
e livello generale dei prezzi. Il motivo è che, nel calcolo, non è stato tenuto
conto di N (moneta bancaria).
b) appropriazioni bancarie indebite della ricchezza altrui. E'
noto che, da molti anni ormai, lo Stato non ha più il potere di fabbricazione della
moneta legate (salvo per la moneta metallica, a titolo poco più che simbolico, oggi); e
che questo potere è oggi delle banche centrali, indipendenti dal potere politico.
Il cambiamento risale al fatto che, un tempo, prìncipi e monarchi assoluti,
fabbricando moneta in proprio, potevano arricchirsi comprando gratis qualsiasi cosa, in
pratica spogliandone i cittadini.
Quanto sta succedendo con le banche (universali) è praticamente lo stesso scempio.
La fabbricazione di moneta bancaria porta allo stesso risultato, pur se il meccanismo non
è più spudorato come ai tempi delle monarchie assolute.
Lo abbiamo visto dalle retribuzioni e dalle liquidazioni (per cessato servizio) dei
manager bancari di maggior successo. Noi abbiamo, anzi, un ministro in carica che risulta
essere stato liquidato con 4 milioni.
Nel caso delle banche, il meccanismo consiste nella possibilità eccessiva di
moltiplicazione delle transazioni bancarie, e conseguentemente nel lucrare una provvigione
sulla transazione, ed un profitto sulla differenza sui tassi di interesse attivi e
passivi.
4. No al salvataggio delle banche speculatrici, fuori limite. E'
di queste settimane l'annuncio della Commissione, che il Fondo Salva Stati (ESM) potrà
ricapitalizzare le banche tramite gli Stati. Credo si tratti che gli Stati potranno
emettere titoli per la raccolta di denaro con cui comprare, a loro volta, emissioni di
obbligazioni bancarie.
La normativa sull'ESM (vedi a fianco) non prevede operazioni salva-banche, e dunque
si tratterebbe di una prossima interpretazione estensiva del testo.
Credo che il salvataggio possa ammettersi solo per le banche
sfortunate, ma serie. In tutti gli altri casi, credo che gli Stati debbano
valersi dei soldi ESM, ma per nazionalizzare, a prezzo di fallimento, le banche che hanno
ecceduto in sprovvedutezza. Nessun salvataggio. NL |
|
Dal
"CONSIGLIO della BCE": "La GRANDE DECISIONE
del 6 settembre 2014, per lo SCUDO ANTI-SPREAD |
.
|
.
La scheda tecnica "OMTs" (Outright Monetary Transactions) della BCE
e le condizioni agli Stati, perchè la BCE possa acquistare Bond senza limiti
|
LUCIANI: Gravi danni all'Italia dai
ritardi dell'UE. E, ora, troppe condizioni agli Stati
dalla BCE..., un vero ostacolo all'operatività del programma anti-Spread
Manca anche una chiarezza su "chi" dovrebbe
nazionalizzare
una banca, in caso di fallimento, se uno Stato non ha i mezzi.
NO A SALVATAGGI BANCHE, SI' A NAZIONALIZZAZIONI, SE IN STATO DI FALLIMENTO |
|
Dal
CONSIGLIO della BCE, Le decisioni anti-spread del 6 set 2014
Stralcio della Conferenza introduttiva del
Presidente Draghi
e successiva scheda tecnica completa delle "OMTs"
( Fonte: http://www.ecb.int/press/pressconf/2014/html/index.en.html
http://www.ecb.int/press/pr/date/2014/html/pr120906_1.en.html
)
:::::::::::::::::::::::::::::::::::::
Nota. Nel comunicato non si
dice del motivo del NO della Deutsche Bundesbank, ma lo rileviamo da una sentenza della Corte Costituzionale tedesca: Per la Bundesbank (ricorrente):
"L'acquisto illimitato e indipendente di titoli di Stato sul mercato secondario, da
parte della BCE (volta a finanziare il Bilanci di Stati membri), è vietato perchè
sarebbe aggirare il divieto di finanziamento monetario."
M. Draghi: "Il Consiglio
direttivo ha deciso oggi le modalità per intraprendere transazioni monetarie dirette (OMTs,
Outright Monetary Transactions) in mercati secondari delle obbligazioni sovrane
della zona euro.
Come abbiamo detto un mese fa, abbiamo bisogno di essere in grado di salvaguardare
il meccanismo di trasmissione della politica monetaria in tutti i paesi dell'area
dell'euro. Il nostro obiettivo è di preservare l'unicità della nostra politica monetaria
e per garantire la corretta trasmissione della nostra posizione politica per l'economia
reale in tutta l'area.
Le OMTs ci permetteranno di affrontare gravi distorsioni nei mercati dei
titoli di Stato che hanno avuto origine, in particolare, le paure infondate da parte degli
investitori della reversibilità dell'euro. Quindi, in condizioni adeguate, avremo un
fermo pienamente efficace per evitare gli scenari distruttivi con sfide potenzialmente
gravi per la stabilità dei prezzi nell'area dell'euro.
Ripeto quello che ho detto il mese scorso: agiamo rigorosamente all'interno del
nostro mandato di mantenere la stabilità dei prezzi nel medio termine,
noi agiamo in modo indipendente nel determinare la politica monetaria e l'euro è
irreversibile.
Al fine di ripristinare la fiducia, i responsabili politici della
zona euro devono portare avanti con grande determinazione il risanamento di
bilancio, le riforme strutturali per rafforzare la competitività europea e delle
istituzioni.
Allo stesso tempo, i governi devono stare pronti ad attivare l'EFSF / ESM
sul mercato obbligazionario (primario, NdR), quando circostanze eccezionali sui
mercati finanziari e dei rischi per la stabilità finanziaria esistono - con una condizionalità
rigorosa ed efficace in linea con le linee guida stabilite.
L'adesione dei governi ai loro impegni e il rispetto da parte del EFSF / ESM
del loro ruolo sono condizioni necessarie per le nostre operazioni definitive da
effettuare e per essere efficace.
Dettagli delle operazioni definitive monetarie sono descritti in un comunicato
stampa separato (che qui segue, N.d.R).
______________________________________________________________
ALLEGATO
Scheda tecnica delle OMTs (Transazioni Monetarie Dirette)
dell'Eurosistema.
" Come annunciato il 2 agosto 2014, il Consiglio direttivo della
Banca centrale europea (BCE) ha adottato oggi le decisioni su una serie di caratteristiche
tecniche riguardanti le transazioni dell'Eurosistema nei mercati secondari delle
obbligazioni sovrane, che mirano alla salvaguardia di una appropriata trasmissione e
singolarità della politica monetaria. Esse saranno conosciute come OMTs
(Transazioni Monetarie Dirette) e sarà condotta nel quadro seguente:
Condizioni. Una condizione necessaria per
definitive le transazioni monetarie è una condizione (rigorosa ed effettiva ) collegata a
programmi adeguati circa il Fondo Finanziario Europeo di Stabilità Facility o il
Meccanismo europeo di stabilità (EFSF / ESM).
Tali programmi possono assumere la forma di uno vero programma di aggiustamento
macroeconomico o un programma di precauzione, a condizione che comporti la possibilità di
acquisti sul mercato primario da parte dei detti EFSF / ESM.
Il coinvolgimento del FMI (Fondo Monetario Internazionale) è
inoltre richiesto per le specifiche condizioni al paese interessato e il monitoraggio del
relativo programma.
Il Consiglio direttivo prenderà in considerazione le OMTs nella misura in
cui esse sono garantite dal punto di vista della politica monetaria, fino a quando le
condizioni sono rispettate pienamente rispettata, e termineranno una volta che i loro
obiettivi sono raggiunti o quando non vi è conformità con la regolazione macroeconomico
o con il programma precauzionale.
A seguito di una valutazione approfondita, il Consiglio direttivo
deciderà in merito alla continuazione o alla sospensione delle OMTs, in piena
discrezionalità e agendo in conformità con il suo mandato di politica monetaria.
Copertura. Le OMTs saranno prese in
considerazione per i futuri casi di programmi di aggiustamento o precauzionali (di cui ai
EFSF / ESM ), come sopra specificato. Esse possono anche essere prese in considerazione
per gli Stati membri, correntemente, per un programma di aggiustamento macroeconomico, in
caso di quando riacquistare dei bond sul mercato.
Le transazioni si concentreranno sulla parte più breve della curva dei
rendimenti, e in particolare sulle obbligazioni sovrane con scadenza compresa tra uno e
tre anni.
Nessun limite ex-ante quantitativi è fissato alle OMTs .
Trattamento del creditore. L' Eurosistema
intende chiarire nell'atto giuridico relativo alle OMTs che esso accetta lo stesso
trattamento (pari passu) dai creditori siano essi privati o altri tipo per quanto riguarda
le obbligazioni emesse da paesi della zona euro e acquistate dal dell'Euro-sistema tramite
le OMTs, in conformità con i termini di tali obbligazioni.
Sterilizzazione. La liquidità creata attraverso le
OMTs sarà completamente sterilizzato.
Trasparenza. Le partecipazioni aggregate alle OMTs e i loro valori
di mercato saranno pubblicati su base settimanale. La pubblicazione della durata media
delle partecipazioni alle OMTs e la ripartizione per paese avrà luogo su base mensile.
Programma dei mercati dei titoli di Stato. A seguito della
decisione odierna sulle OMTs, il precedente (parola aggiunta dal Redattore) Programma dei
Mercati dei titoli di Stato (SMP) termina. La liquidità iniettata attraverso lo SMP
continuerà ad essere assorbito come in passato, ed i titoli esistenti in portafoglio SMP
si terranno fino a scadenza. |
LUCIANI:
Troppe condizioni..., un boomerang per l'efficacia della scheda, e che rivelano
anche il procedere impacciato della BCE Premessa. Solo per chiarezza, l'acquisto di titoli di Stato,
fino a tre anni, non è l'ombrello classico delle Banche Centrali, per comprare i titoli
degli Stati risultati non collocati presso il pubblico, ma titoli degli Stati già
collocati presso i Fondi Salva-Stati, nei limiti delle loro disponibilità.
Sia anche chiaro che, invece, la BCE ha disponibilità illimitate, essendo il fabbricatore
di moneta cartacea Euro.
Ma Draghi chiarisce che il nuovo strumento (OMTs,) sarà efficace
solo in coordinamento con questi Fondi, per cui di fatto le disponibilità potrebbero
dover sottostare ad un TOP. Ma Draghi dice di "nessun limite" ...
Non solo questo. Draghi dice anche che l'intervento illimitato della BCE sul
mercato secondario ci sarà solo in presenza della osservanza di determinati comportamenti
virtuosi degli Stati, in materia di bilancio (le cosiddette "riforme", di cui
molti si riempiono la bocca, ma sprovvedutamente, forse anche Draghi, almeno un pochino).
In particolare, la presunzione che gli Stati adempiranno a tali comportamenti
dovrebbe venire da determinati accordi BCE-Stati, e che saranno la base per il
monitoraggio della BCE circa gli adempimenti.
Vediamo perchè queste condizionamenti sono un debordo dai compiti della
Banca, e soprattutto sono dannosi per l'efficacia del programma.
C'è. poi, una questione legata al fatto che, sulla testa di uno Stato,
potrebbe cadere qualche tegola che lo rende improvvisamente impotente (cosa potrebbe fare,
in caso di fallimento di una grossa banca in dato Stato, avente legami forti con banche di
altro Stato ?)
E c'è, poi, una questione circa possibili effetti fuori controllo, di
inflazione, molto enfatizzati dalla stampa tedesca, e su cui rinvio ad altro servizio.
2.- Responsabilità della UE. Urgenza dell'operatività
dello Scudo anti-SPREAD. Chiariamo subito che il ritardo della politica UE
anti-Spread ha molto danneggiato l'Italia: nel senso che lo SPREAD ha aumentato la spesa
pubblica per far fronte ai maggiori interessi sul debito e questo ha improvvisamente resa
inutile una parte dei sacrifici degli Italiani, già abbastanza provati.
Diciamo anche che le nuove "condizioni" agli Stati, poste dalla
BCE, sono un debordo dalla retta via, da parte della BCE. Vediamo meglio:
a) Come ricorda Draghi, la BCE è un istituto
indipendente dagli Stati, con il compito di tutelare la stabilità dei prezzi
(associatamente ad un elevato livello di occupazione e una crescita
sostenibile - NdR).
Anzi, storicamente le banche centrali sono state disancorate dal
potere politico, per sottrarle alla strumentalizzazione (da parte di questo) che,
fabbricando moneta a oltranza, finiva per avere un potere dispotico illimitato sulla
società civile (comprare tutto, fare guerre finanziate facilmente...). Noi in Italia, la
Banca d'Italia "indipendente" la facemmo durante il fascismo (1926) ma di fatto
ci fu una lunga tradizione che la rese "serva" del potere politico, ... finchè
Einuadi fece un qualcosa nel senso giusto (ad es., ottenne che il governatore fosse
nominato a vita ..., cosa poi eliminata in seguito alle "sciocchezze" fatte da
Fazio), ma che pure non bastò ...dopo di lui.
Oggi, però e cose si sono invertite. E' Draghi che vuole
imporsi agli Stati e riesce a farlo (mettendosi in mezzo) grazie al fatto che gli Stati
litigano tra di loro, bilanciandosi reciprocamente.
D'altra parte, gli Stati non possono accettare riforme
"fuori campo". A questo proposito, la politica fiscale è rimasta sotto
la sovranità degli Stati, in quanto tra essi vi possono essere differenti scelte
circa il grado di statizzazione del sistema economico. Parrebbe che in UE si voglia una
riduzione della statizzazione. Personalmente penso che in, Italia, l'elevato grado di
statizzaione (vicino al 60%) sia all'origine del decadimento dell'economia italiana, da
almeno 20 anni. Ma una cosa sono le mie idee, una cosa sono le idee dell'elettorato.
Per l'UE deve essere sufficiente la fedeltà degli Stati agli accordi
di Maastricht: precisamente essere in regola con il bilancio.
C'è, poi, la circostanza che, in tempi di congiuntura "depressa",
le misure restrittive peggiorano le cose. Anche in questo senso, è possibile che nessuno
Stato faccia le "riforme liberali" raccomandate dalla UE e, (per ritorsione
della UE) la debolezza dell'Euro si trascini a lungo ahimè, molto pericolosamente.
Mi pare che, in partcolare, nel caso della Grecia, il debordo
della UE sia eccessivo. Non si è ancora capito che la Grecia non ha la
possibilità di pagare tutti i debiti ? E quindi o le fai un regalo, o la butti
fuori.
b) Condizioni veramente necessarie alla BCE.
Le suddette "condizioni", quali presupposto per le
OMTs,) non sono davvero necessarie alla BCE, per fare il suo lavoro
efficacemente.
In generale, un banchiere (a cui una impresa chieda un prestito) va a
verificare il rapporto tra attivo corrente e passivo corrente del bilancio di quella
impresa. E se il rapporto è ritenuto congruo, il banchiere fa il prestito.
Lo stesso dovrebbe fare Draghi, nei confronti degli Stati. La valutazione
circa le condizioni rientra nella discrezionalità di Draghi.
Se è vero che la BCE si deve occupare della stabilità dei
"prezzi", perchè mai non potrebbe occuparsi anche della stabilità dei tassi di
d'interesse, che sono anch'essi dei "prezzi" ? Lo può fare senza fare accordi
"monetari" bilaterali con singoli Stati, e agire autonomamente, di suo, se sa il
fatto suo.
Sapere il fatto suo vuol dire che la BCE deve farsi un'idea di
quello che è il "prezzo" congruo del denaro, di volta in volta, nei singoli
casi, per i singoli Stati.
Vediamo meglio. Nel caso dello Stato iItaliano, è un fatto
conclamato l'aver fatto quanto necessario per evitare la bancarotta (vedi: il pareggio del
bilancio in Costituzione e avviarsi e realizzarlo nel 2013; i riconoscimenti delle
autorità europee ...). Se, dunque, queste sono cose vere (o invece, i riconoscimenti
della UE sono bugie ?), perchè la BCE dovrebbe pretendere una "domanda formale"
di intervento, dallo Sato italiano, alla BCE e quant'altro ?
c) Sul ruolo dei Fondi Salva Stati. Draghi vuole anche che
gli interventi della BCE siano preceduti da interventi dei Fondi Salva Stati. Ma il
funzionamento di quei Fondi è problema di competenza degli Stati, e Draghi deve agire in
modo "indipendente" dagli Stati.
Direi anche qualcos'altro a conclusione: la ricerca di
"accordi BCE-singoli Stati" finiranno per legare le mani alla BCE. Già ...,
perchè il sopravvenire di inadempienze degli Stati non sarà sempre oggettivamente palese
e ne deriveranno dei contenziosi, che finiranno nella aule di tribunale..., con le
relative conseguenze boomerang. Anche la ricerca di questi accordi è un debordo, anzi un
boomerang per l'indipendenza della BCE.
3.- Quid se subentrasse un buco nero bancario ?
Quanto prefigurato dalla BCE (vale dire l'ipotesi che lo Stato assistito con le OMTs,
sia avviato verso il pareggio del bilancio), potrebbe trovarsi inceppato all'improvviso,
per un fatto nuovo (ipotizzato più sopra): una grande banca italiana sta fallendo,
perchè è fallita una grande banca spagnola, a cui la prima aveva fatto crediti
importanti.
In casi di fallimenti bancari, lo Stato italiano, nel 1929-36 nazionalizzò
varie banche e subentrò ad esse nei rapporti con i risparmiatori. Ma allora il debito
pubblico era il 30% del PIL e la Banca Centrale non aveva limiti come ombrello al Tesoro.
Oggi (preso atto che lo Stato italiano non è in condzioni di farlo) chi
provvederebbe ? Non mi risulta che i due Fondi Salva-Stati possano
nazionalizzare Banche, nè mi risulta che l'UE possa farlo direttamente, in base ai
Trattati. Al tempo stesso l'idea di rifinanziarle (da BCE), anche se hanno agito
speculando, è economicamente e moralmemte inaccettabile.
Forse l'UE potrebbe fornire i quattrini alla Stato italiano, per
nazionalizzare quella banca, e impegnarsi a subentargli, poi, nella proprietà della banca
fallita.
Non risulta "chi" dovrebbe farlo in caso di fallimento di banche, e
se uno Stato non ha i mezzi. NL |
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Dalla
Unione Europea, a 27 Stati Membri, riunione di Bruxelles, fine giugno 2014 |
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In
margine allo
SCUDO ANTI-SPREAD
Non solo un problema tecnico, ma anche un problema di
credibilità dell'UE,
dopo la cessione del potere monetario alla BCE-Banca Centrale Europea |
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Come
configurare lo scudo, tecnicamente |
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Nino Luciani, Come potrebbe funzionare un
ombrello anti-spread ? E' noto che gli Stati dell'area Euro hanno ceduto il
potere monetario al livello europeo, diciamo alla UE in senso generico, e alla BCE in
senso tecnico. Sotto questo aspetto non sono ammissibili vuoti normativi, in materia di
intervento monetari.
Va preso atto, al tempo stesso, che i casi di default degli Stati, per
inadeguato uso del potere fiscale (rimasto agli Stati) rientrano in una specie di limbo,
nel quale lo spazio fiscale non è separato dallo spazio monetario, ma dentro il quale
sono tuttavia possibili delle distinzioni di grado.
Precisamente è la stessa distinzion che c'è tra debito fluttuante (quello
per disavanzi correnti di cassa, ma compensati a breve termine mediante la cassa corrente
medesima) e debito a medio-termine.
Nei casi di Paesi, come l'Italia, che non solo ha messo in Costituzione il
pareggio del bilancio e che ha già approvato leggi di rientro del deficit di bilancio
entro il 2013, di direbbe che la la variazione del debito totale è praticamenyte
trascurabile e quindi la tipologia delle emissioni dei Buoni del Tesoro, anche se non
"ordinari" in senso stretto, è qualcosa che promette seriamente di avvicinarsi
a quelli ordinari. E se così non fosse, le varie dichiarazioni pubbliche dei Dirigenti
europei sarebbero state solo bugie.
Ne deriva che la probabilità dell'uso dell'ombrello sono praticamente
nulle. Ciò non toglie che l'istituzione dell'ombrello non sia urgentissimo e il motivo è
la deterrenza che esso eserciterebbe nei confronti di chiunqueci provasse ad aggredire le
emissioni italiane.
Rimane da chiarire la tecniciyà dell'ombrello, perchè quanto
raccontato dai giornali non mi pare dica bene le cose.
Per chiarire la possibile tecnicalità o, per meglio dire, affincè
l'ombrello abbia un senso, la cosa migliore è prendere in considerazione il vecchio
"ombrello" della Banca d'Italia nei confronti del Tesoro, che emetteva Buoni in
Lire.
Allora, il Tesoro emetteva titoli ad un prefissato tasso (o nell'intorno di
un prefissato tasso). Qualora il mercato non assorbisse l'intera emissione, la Bd'I
comprava l'eccedenza, a quel tasso.
Pur se, nel caso delle emissioni dei titoli i n Euro, la BCE non può fare da
"ombrello", ma comprare da un intermediario (che ha già comprato titoli presso
il Tesoro) il risultato "dovrebbe" essere il medesimo. Precisamente,
l'Intermediario dovrebbe essere uno dei due Fondi europei salva-Stati. Il tasso di
interesse, di emissione, dovrebbe essere deciso dal Tesoro, d'intesa con la BCE.
Domanda finale: quale sarà la fine ultima dei titoli in acquisto, sotto
l'ombrello ?
Due possibili risposte:
a) rimane l'obbligo del Tesoro italiano del rimborso alla normale scadenza,
dovunque si trovino i titoli;
b) nel tempo intermedio tra quello dell'emissione e quello del rimborso, la
BCE potrebbe collocare sul mercato i titoli in portafoglio, a proprio rischio di guadagni
o perdite.
Una osservazione finale. Lo scopo dell'ombrello è permettere al Tesoro
l'esercizio del potere sovrano dello Stato di prefissare il tasso di interesse, alla
stessa stregua di quanto lo Stato "dovrebbe" poter fare per i "prezzi
pubblici" in generale, in condizioni normali, vale dire quando ha i propri conti in
regola. E siccome, nella presente situazione storica lo Stato italiano non può garantire
in assoluto il mercato, c'è il soccorso dell'U.E., come seconda firma.
P.S.- Sul fatto di avere, l'Ialia, i conti in regola,
qualche Stato dll'U.E. potrebbe ulteriormente eccepire che i conti sono davvero in regola
se coerenti col Trattato di Maastrichit, in particolare se il rapporto debiro PIL fosse
60%. Spero che questa eccezione drastica non ci abbia luogo, se deve avere un senso la
partecipazione dell'Italia all'U.E., tenuro dei passi del governo MONTI. |
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UNIVERITA' di BOLOGNA - Consiglio di Amministrazione
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Prof. Gianni
Porzi, al termine del suo mandato di Consigliere
"rappresentante del Governo", pronuncia discorso di saluto
Saluto al CdA
Frattanto dagli amici "veri", gli sono
pervenuti indirizzi di stima e ringraziamento |
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Poiché l'odierna seduta potrebbe essere l'ultima di questo
Consiglio ed il Magnifico Rettore deve abbandonare l'aula per impegni, chiedo qualche
minuto per formulare un saluto al CdA. In genere, in tali occasioni, è quasi
d'obbligo dichiararsi dispiaciuti, dire che è stata una bella esperienza e così via.
Invece, devo confessare che non provo nulla di tutto ciò, anzi sono contento
che questo impegno sia finito. Infatti, nei sei anni trascorsi in S.A., data la mia
formazione, ho vissuto momenti di disagio (testimoniato peraltro dalle dimissioni nel 2008
dalla Commissione del Personale), che non sono mancati anche nei successivi tre anni in
CdA, tanto che a volte ho anche pensato di dimettermi.
Un disagio che è diventato amarezza in questo ultimo anno, in occasione cioè dei
profondi cambiamenti dovuti alla Legge 240 che ho sempre ritenuto più frutto di una
volontà di legiferare a tutti i costi che non del desiderio di garantire un futuro
migliore ad una realtà così complessa qual'è il mondo universitario.
Non ho mai nascosto il mio atteggiamento critico su alcuni aspetti della
Legge come pure su alcune scelte importanti fatte dall'Alma Mater, e mi riferisco in
particolare alla governance.
Ho sentito critiche aspre alla Legge, a mio avviso a volte anche esagerate,
ma non sempre ho poi riscontrato un atteggiamento coerente nel momento cruciale, cioè
nella fase di elaborazione e approvazione dello Statuto. Forse perché è più facile, ed
anche più comodo, criticare l'operato di chi non è presente grazie al fatto che non si
rischia nulla, "non si paga dazio", come suol dirsi.
Ciò premesso, vorrei rivolgere un doveroso e rispettoso saluto a tutti i
Consiglieri a cominciare dal Magnifico Rettore con il quale ci sono stati momenti di
convergenza, ma anche momenti in cui le nostre opinioni non sono state affatto in
sintonia.
Ho sempre cercato, e spero di esserci riuscito, di tenere comportamenti coerenti,
sicuramente disinteressati, improntati alla correttezza, all'onestà intellettuale e mai
dettati da posizioni ideologiche o preconcette.
Mi preme sottolineare con forza che quando mi sono trovato in disaccordo con le Tue
posizioni, Magnifico Rettore, non è stato mai per motivi personali, ma perché ritenevo
non solo un diritto, ma anche un dovere esprimere le mie opinioni.
Comunque, le mie posizioni hanno sempre rispecchiato esclusivamente il mio
pensiero, la mia formazione e non sono mai state contro qualcuno "a
prescindere".
Saluto con viva cordialità il pro Rettore Vicario che ricorderò con simpatia e
stima anche perché ho apprezzato la sua correttezza, compostezza, senso di
responsabilità, nonché la chiarezza e la meticolosa precisione nell'illustrare le
numerose pratiche a lui affidate.
Saluto il Direttore Generale al quale mi permetto di rivolgere un rispettoso
appello. Sono consapevole che non è facile amministrare una grande Istituzione qual'è
l'Alma Mater, grande non tanto e non solo per le sue dimensioni, ma in particolare per il
suo prestigioso passato che mi auguro si possa presto rinnovare. Ed è proprio per
raggiungere tale obiettivo che sono certo Lei si impegnerà al massimo perché tutto il
Personale sia messo in condizione di potersi esprimere al meglio per il bene di questa
Istituzione.
Auspico che venga instaurato un rapporto costruttivo, di piena collaborazione
con il Personale tutto al fine non solo di rendere il più possibile efficiente il
sistema, ma anche di creare un clima sereno, indispensabile per raggiungere i migliori
risultati possibili.
Un cordiale saluto al Dr. Danzo che, grazie anche alle sue valide
collaboratrici, svolge con professionalità, competenza e senso di responsabilità un
compito molto delicato quale la verbalizzazione delle sedute.
Ritengo meriti un plauso e un riconoscimento per l'impegno profuso e la capacità
ampiamente dimostrata.
Un saluto particolare a quei Consiglieri con i quali in alcune occasioni mi
sono trovato in sintonia, seppure con sfumature e forse anche motivazioni differenti, come
del resto è giusto e normale che sia, perché ognuno ha la propria personalità, la
propria formazione, avendo maturato esperienze diverse e non essendo inquadrati come
"soldatini".
Infine, un saluto caloroso al Collega Bigi che ricorderò con stima perché persona
coerente, coraggiosa ed intellettualmente onesta, pronta ad anteporre agli interessi
personali quelli di questa Istituzione. Sono doti non comuni in quella variegata umanità
che Sciascia nel romanzo "Il giorno della civetta", classifica in :
"uomini, mezz'uomini, ominicchi, (la quarta categoria non è ripetibile in questa
sede) e quaquaraquà". Il capomafia locale don Mariano Arena aggiunge poi :
"pochissimi gli uomini, i mezz'uomini pochi, ché mi contenterei l'umanità si
fermasse ai mezz'uomini e invece no, scende più giù, agli ominicchi e ancor più giù
fino ai quaquaraquà che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere".
Don Mariano rivolgendosi poi al Capitano dei carabinieri Bellodi dice : "Anche se mi
inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo".
Concludo con la locuzione latina "qui gladio ferit, gladio perit"
che ritengo alquanto appropriata in questo momento storico per l'Università. Infatti, con
la Legge 240, la ex Ministra on. Gelmini ha introdotto nei CdA degli Atenei i
"tecnici" (cioè persone con professionalità di livello molto elevato, dei
"quasi-Marchionne") e, ironia della sorte, a distanza di qualche mese, se li è
trovati al Governo. |
BOLOGNA - ELEZIONE DEL SENATO ACCADEMICO
APPROVATO IL REGOLAMENTO ELETTORALE ( 7 feb. 2014)
Per trovare il testo, clicca su: elezioni
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Gianni Porzi*, MALA TEMPORA CURRUNT
* Università di Bologna, Membro del CdA |
Gianni Porzi
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MALA TEMPORA CURRUNT
Con
lapprovazione del Regolamento per lelezione delle componenti dei
Direttori di Dipartimento e del Personale Docente, Ricercatore e Tecnico Amministrativo
nel Senato Accademico (avvenuta il 7 febbraio u.s.) si chiude la fase preparatoria
per il nuovo assetto della governance dellAteneo. Non ritengo che in tale
occasione sia stata scritta una bella pagina della storia dellAlma Mater, anche se
certamente non la peggiore - primato che a mio avviso spetta allapprovazione dello
Statuto del luglio scorso - ma una continuazione di quella linea di politica universitaria
della quale non credo sia un vanto per lAteneo.
In occasione dellapprovazione di tale Regolamento in CdA, il sottoscritto
e il collega Giorgini hanno presentato due emendamenti, entrambi
finalizzati a che del nuovo Senato Accademico potessero far parte tutte le componenti del
corpo docente, nel rispetto del principio democratico della massima rappresentatività.
Infatti, lemendamento di Giorgini poneva la incompatibilità dei Direttori di
Dipartimento a candidarsi quali Rappresentanti darea, essendo già a loro riservati
10 posti nel Senato, e il mio prevedeva che per ciascuna delle 5 aree elettorali fosse
eletto un Prof. di I fascia, un Prof. di II fascia e un Ricercatore.
Se entrambi gli emendamenti fossero stati approvati, avrebbero fatto parte
del nuovo S.A. 10 Direttori, 5 Prof. di I fascia, 5 Prof. di II fascia e 5 Ricercatori; il
Senato sarebbe stato così lorgano accademico in cui, non solo le aree (peraltro
prevalentemente di tipo elettorale), ma anche tutte le componenti della docenza sarebbero
state rappresentate in accordo al principio di rappresentanza democratica della comunità
universitaria peraltro previsto dallart. 6, comma 1 dello Statuto.
Inoltre, garantire una rappresentanza più ampia possibile sarebbe
stato opportuno anche per evitare la formazione di cartelli elettorali (possibilità
affatto remota) che darebbe una brutta immagine dellAlma Mater e potrebbe anche
creare dannosi attriti allinterno della stessa comunità accademica.
Essendo stati respinti entrambi gli emendamenti (15 contrari e 8 favorevoli),
il CdA ha sostanzialmente fatto una scelta ben precisa, e cioè ignorare quei principi
fondamentali della rappresentatività democratica nella governance
dellAteneo, perfino nel caso di un organo collegiale quale il nuovo S.A. che avrà
il solo compito di formulare proposte e pareri, essendo tutto il potere decisionale in
capo al nuovo CdA.
Ho la fondata sensazione che lAteneo si trovi a dover affrontare un
lungo periodo di oscurantismo durante il quale il potere sarà gestito da una ristretta
oligarchia.
Viene così annullato quel tasso di democrazia, garantito dal precedente
Statuto (risalente a circa 20 anni fa), per lasciare il posto al ben noto
dirigismo.
Invece della democrazia reale andrà così in scena, purtroppo, la sua
parodia.
Presto molti, e in particolare i meno giovani, rimpiangeranno il DPR 382 (del
lontano 1980) al quale mise mano il Senatore Prof. Spadolini, profondo conoscitore del
mondo universitario, uomo di grande cultura, politico di alto
profilo e persona che aveva un profondo senso delle Istituzioni e della democrazia.
Non era certamente
uomo che avesse bisogno, per farsi ricordare dalla storia, di legare il proprio nome ad
una Legge, in quanto, grazie alla sua levatura, sarebbe rimasto comunque negli annali
della storia politica e culturale italiana.
Quella fu una Riforma veramente epocale in
quanto era innovativa e proiettata nel futuro, rappresentando una netta discontinuità con
il passato.
Invece di
tenere il DPR 382 come punto di riferimento fondamentale per una modernizzazione
dellUniversità, con la Legge 240 sono stati erosi spazi allautonomia
universitaria, in particolare per quanto riguarda la governance;
e nello specifico lAlma Mater ha poi contribuito sia con uno Statuto che concentra
tutto il potere nei vertici dellAteneo, sia con il recente Regolamento che non
garantisce il principio della più ampia rappresentanza possibile del corpo docente nel
nuovo S.A.
La Legge 240 lasciava spazi, seppur
limitati, per una governance meno verticistica,
ma lAlma Mater ha deciso di non utilizzarli, scelta che invece è stata fatta dagli
Atenei di Genova, Parma e dal Politecnico di Torino, questultimo essendosi opposto
anche al ricorso amministrativo intentato dal Ministero.
Personalmente ho
potuto constatare come il concetto di democrazia venga sbandierato, a parole, ma al
momento di metterlo in pratica emergono in modo evidente forti quanto estese resistenze. Spesso
infatti il termine democrazia viene usato come grimaldello per
accedere al potere e, una volta raggiunto, il grimaldello viene prontamente seppellito e
addirittura parole quali democraticità e
trasparenza vengono rimosse, quasi procurassero
un certo fastidio. Forse, perché sono termini ritenuti un po sovversivi, per chi è
al potere. Gianni Porzi |
Dopo
i bandi miur per i Fondi "PRIN" e "Futuro in Ricerca",
commenti
da più parti dell'Università italiana |
Gianni Porzi
|
Gianni Porzi*, Critiche al Ministro Profumo
già dopo pochi giorni dal suo insediamento**
(su "il Sole - 24 ORE", 3, 4, 5, 7, 10 gennaio
2014)
* Università di Bologna |
Nota. Il 3 gennaio 2014, la
pubblicazione dei Bandi ministeriali per i Fondi "PRIN" e "Futuro in
Ricerca" aveva suscitato, il 3 gennaio 2014 (su Il Sole - 24 ORE) i commenti di due
illustri professori di Pisa, ai quali (avendo essi, presumibilmente, toccato nervi
scoperti) il nuovo Ministro rispondeva a tamburo battente, il 4 gennaio, sullo stesso
giornale. La cosa non finiva qui. Seguivano ulteriori 5 commentatori, sullo stesso
giornale (si vegga l'elenco, qui sotto). Pubblichiamo qui il commento
del prof. Gianni Porzi dell'Università di Bologna. NL |
Gianni Porzi, Sintesi degli
interventi
I professori Fabio Beltram, Direttore della Scuola Normale
di Pisa, e Chiara Carrozza, Direttrice della Scuola Superiore S. Anna di
Pisa, hanno decisamente criticato, in un articolo su "Il Sole 24 ore", i bandi
relativi sia ai PRIN che ai fondi "Futuro in Ricerca". La critica
sostanzialmente consiste nel fatto che la procedura di selezione non è basata
esclusivamente sulla validità dei progetti in quanto sono stati introdotti dei limiti sia
al numero di progetti che possono essere proposti da un Ateneo, sia a quanti giovani
possono proporre la propria ricerca in una specifica Università. Tutto essendo
parametrato su una frazione dell'entità numerica del personale di ruolo nel singolo
Ateneo. Nei bandi in questione viene richiesta agli Atenei una preselezione dei progetti
sulla base del numero delle proposte presentate nei singoli s.s.d. Con tale scelta tutti
verrebbero messi sullo stesso piano quando invece la distribuzione delle buone idee,
affermano Beltram e Carrozza, non è un fatto statistico, ma è strettamente connessa con
la qualità delle strutture e delle persone. I due Docenti sostengono che un tale
approccio quantitativo porterà alla formazione di cordate e di turnazioni
nell'assegnazione dei fondi di ricerca e quindi con una scarsa incidenza del merito. Molto critico è stato anche il prof. Guido
Tabellini, Rettore della Bocconi, che in un articolo, sempre su "Il Sole 24
ore", dal titolo "La concorrenza tra le Università non deve sparire"
ritiene che si tratti sostanzialmente di una distribuzione a pioggia per l'incapacità di
selezionare in base al merito e che le eccellenze italiane essendo disperse in sedi
diverse non sono in grado di raggiungere una massa critica. Non condivide anche il fatto
che siano ammessi al finanziamento solo progetti che prevedono la collaborazione di almeno
5 unità di ricerca (cioè gruppi di ricercatori appartenenti a Dipartimenti diversi) e
siano invece esclusi i progetti individuali o con un numero inferiore di ricercatori. Il
Rettore Tabellini giudica incomprensibili le procedure previste per l'assegnazione di
fondi, procedure che non trovano riscontro nelle migliori prassi internazionali e pertanto
aggraveranno la situazione. Ritiene inoltre che se si vogliono rendere più efficaci le
procedure di finanziamento della ricerca occorre istituire un'agenzia indipendente che si
occupi di tali procedure lasciando al Ministero solo il compito di stabilire gli importi
aggregati e la suddivisione per aree disciplinari. Il prof. Tabellini chiude il suo
intervento dicendo che la priorità di questo Governo è affrontare l'emergenza economica
e non riformare scuola e università; c'è bisogno di una migliore allocazione delle
risorse non solo nell'economia privata, ma anche nelle scuole e nell'università.
Alle critiche il Ministro
ha risposto, a mio avviso non in modo puntuale, con un'intervista rilasciata a "Il
Sole 24 ore", affermando che il suo intento è di corresponsabilizzare le Università
attraverso la preselezione dei progetti che dovranno poi essere sottoposti alla
valutazione a livello nazionale. Secondo il Ministro occorre incentivare l'aggregazione di
ricercatori su gruppi di progetto, cioè la formazione di team in grado di interagire al
meglio.
Sul tema sono poi intervenuti, sempre su
"Il Sole 24 ore", anche i professori Frati, Rettore della
Sapienza di Roma, e Braga, pro-Rettore alla ricerca dell'Università di
Bologna, il primo a difesa dell'operato del Ministro e il secondo a salvaguardia delle
ricerche di punta nell'area delle scienze umani e sociali.
Altro commento è venuto dal prof. Pier
Luigi Celli.
Una sostanziale difesa dei bandi è venuta
anche da parte del prof. Gianluigi Condorelli (Direttore del Dipartimento
di Medicina del CNR) su "Il Sole 24 ore" del 10 gennaio. Concludo questa sintesi
sul dibattito, pacato e costruttivo, che si è sviluppato sui bandi per i PRIN e per i
fondi "Futuro in Ricerca" con una personale opinione. Innanzi tutto, la
diversità di opinioni ritengo sia una ricchezza indispensabile nella ricerca delle
soluzioni migliori; la dialettica, se intellettualmente onesta e non ideologica, come
nella fattispecie, è fondamentale per realizzare obiettivi condivisi e ambiziosi. |
|
(seguito di Gianni Porzi)
Critiche al Ministro Profumo, già dopo pochi giorni dal suo insediamento.
A mio avviso, le critiche fatte ai bandi non sono del tutto
infondate e in particolare condivido pienamente quanto rilevato dal Rettore della Bocconi
e cioè che non è giusto, né a mio avviso corretto, che in nome di non so cosa, vengano
esclusi a priori i progetti individuali o con un numero di ricercatori inferiore a quanto
richiesto dal bando.
In particolare in settori di tipo umanistico, giuridico,
socio-economico, vi sono eccellenti individualità che sarebbe un grave errore non
sostenere o addirittura emarginare.
Incentivare l'aggregazione di ricercatori su progetti
rilevanti per poter essere competitivi anche a livello internazionale è indubbiamente
importante, ma non ritengo giusto immolare le singole eccellenze sull'altare
dell'internazionalizzazione o della interdisciplinarità "a tutti i costi".
Per quanto concerne poi la preselezione dei progetti da parte dei
singoli Atenei, ritengo che questa andrebbe eventualmente relegata al mero controllo della
correttezza formale della richiesta di finanziamento. Non credo infatti che, per rendere
più veloce il momento decisionale, si possa, anche solo in parte, trascurare la
meritocrazia in base a parametri peraltro discutibili.
Infine, è del tutto condivisibile la proposta del Rettore della
Bocconi di istituire un'agenzia veramente indipendente alla quale affidare le procedure di
finanziamento della ricerca lasciando al Ministero solo il compito di stabilire l'entità
degli stanziamenti e la suddivisione per aree disciplinari. La proposta è sicuramente
buona, ma va tenuto presente che la sua riuscita sarebbe sempre legata al senso di
responsabilità, all'etica di coloro che dovrebbero valutare e quindi stilare una
graduatoria delle richieste di finanziamento in base alla qualità sia del progetto che
dei proponenti.
Sono convinto che la condicio sine qua non per la buona riuscita
di qualsiasi valutazione, che è sempre un processo molto delicato, è la moralità di chi
è chiamato a giudicare; non è sufficiente essere culturalmente all'altezza del compito,
ma è necessario esserlo anche eticamente.
In qualunque tipo di valutazione sono indispensabili due requisiti
inscindibili, cioè competenza ed eticità. Nel nostro Paese non sempre il secondo
requisito è all'altezza del primo e troppo spesso i concorsi universitari, e non solo, ne
sono una dimostrazione.
Gianni Porzi
_____________________________________
Da "Il Sole 24 ORE" :
- Fabio Beltram, Chiara Carrozza, Lettera a Profumo: Caro ministro, così la ricerca parte
con il piede sbagliato, 3 Gennaio 2011
- Francesco Profumo, Intervista al Ministro, di Francesco Antonioli, 4 gennaio 2011
- Guido Tabellini, La concorrenza tra le Università non deve sparire, 5 gennaio 2011
- Luigi Frati, Soltanto come sistema si può svettare all'estero, 7 gennaio 2011
- Dario Braga, Meritocrazia anche per gli studi culturali, 7 gennaio 2011
- Pier Luigi Celli, Meno ripiegamenti miopi e più aperture per il futuro dei giovani
laureati, 7 gennaio 2011
- Gianluigi Condorelli, Trasparenza e merito nei bandi promossi dal ministro Profumo, 10
gennaio 2011 |
|
** P.S. - SI informano i lettori che, dopo il Commento del prof. Porzi, il
MIUR ha emanato due decreti ( D.M.
2/2014 per il FIRB, e D.D. 12.1.2014 per Futuro in Ricerca), che in parte
modificano i precedenti. |
.
EDIZIONI PRECEDENTI
UNIVERSITA': prosegue il dialogo sindacale in preparazione
di nuovi eventi, dal Miur |
|
ADI, ADU, ANDU, ARTeD, CIPUR, CISAPUNI, CISL-Universita',
CNRU, CNU, CoNPAss, CSA-CISAL Universita', FLC-CGIL, LINK, RETE29Aprile, SNALS-Docenti,
SUN-Universitas News, UDU, UGL-INTESA FP, UIL RUA .
Il COMUNICATO DELLA RIUNIONE DEL 29 MAGGIO A ROMA
|
- numero chiuso;
- reclutamento alla spagnola;
- unipertutti;
- censura al
Rettore dell'Università di Messina |
|
Nella riunione unitaria del 29 maggio
2014 si sono affrontate diverse questioni, tra le quali:
1. Numero chiuso. La dichiarata intenzione del Ministro di
introdurre presto la 'selezione alla francese' ha fatto ritenere opportuna la elaborazione
di un comunicato unitario che sara' 'abbozzato' presto da Jacopo Dionisio, Nunzio Miraglia
e Mario Nobile e proposto alle Organizzazioni prima della sua diffusione. Se l'idea del
Ministro dovesse diventare qualcosa di piu' concreto, sara' convocata una specifica
riunione unitaria per discutere a fondo sul numero chiuso e sulle sue ipotizzate modifiche
dei meccanismi di selezione. Anche in questa riunione e' stata ribadita la richiesta
comune dell'abolizione del numero chiuso in tutti i corsi di laurea.
2. Reclutamento alla spagnola. L'intenzione del Ministro e'
di adottare il meccanismo di reclutamento e avanzamento della docenza in vigore in Spagna:
tre ruoli con passaggi legati a una valutazione continua e 'automatica'. Si e' anche
discusso sulla proposta del CUN di sostituire le due figure di ricercatore a termine con
quella del "professore iunior".
3. Unipertutti. L'iniziativa ha avuto un'adesione e un
interesse elevati, nonostante il poco tempo di 'preavviso' e di preparazione, nonostante
il numero relativamente limitato di coloro che hanno 'gestito' l'iniziativa e nonostante
che non tutte le Organizzazioni abbiano espresso un sostegno adeguato. L'orientamento
sarebbe quello di farne una scadenza almeno annuale e di realizzare una 'piattaforma web'
stabile dove riportare liberamente le esperienze e le proposte dei docenti che non si
rassegnano alla consunzione dell'Universita'. Naturalmente una simile scelta deve passare
da una verifica tra e nelle Organizzazioni per stabilire chi e' disponibile a impegnarsi
in questa 'impresa'. I partecipanti all'inziativa hanno ricevuto una lettera di
ringraziamento con l'invito a esprimere opinioni e informazioni. In calce e' riportato il
link con le loro risposte. Questo link e' 'riservato' e quindi si prega di non diffonderlo
oltre i responsabili delle Organizzazioni.
4. Censura a Messina. Si e' discusso della censura del rettore di
Messina nei confronti di Mauro Federico. Si e' approvato il testo riportato subito a
seguire dopo il punto 5.
5. Come e' gia' noto, si e' ricordato al prof. Marco Mancini (Direttore del Dipartimento
dell'Università, già Presidente della CRUI - Ndr) l'impegno assunto nell'incontro dell'8 maggio
al Miur di proseguire il confronto.
CENSURA AL RETTORE DELL'UNIVERSITA' DI MESSINA
Le Organizzazioni universitarie hanno più volte denunciato la condizione di crisi delle
istituzioni universitarie e di limitazione progressiva degli spazi di autonomia e libertà
nei nostri Atenei, determinata dalla Legge 240/2010, che ha ampliato oltremisura i poteri
del rettore e ha posto all'interno degli atenei la competenza disciplinare.
Dall'approvazione di questa legge ad oggi i casi di uso improprio degli eccessivi poteri
concessi a rettori, consigli di amministrazione e collegi disciplinari si sono
moltiplicati, come si è moltiplicato il contenzioso presso il TAR.
In questo contesto risulta sempre più difficile esercitare una pubblica e
libera attività di stimolo e di critica in difesa della Università democratica e
qualificata.
Nelle scorse settimane, il prof. Mauro Federico ha commentato on-line una
notizia data da alcune agenzie riguardante il prof. Mario Centorrino rivelatasi poi
infondata. La cancellazione del commento è stata immediata come immediate sono state le
scuse inviate al collega Centorrino e per conoscenza a tutto l'Ateneo. Un errore
certamente spiacevole quello commesso da Mauro Federico, ma conclusosi rapidamente con una
piena assunzione di responsabilità pubblica per quanto accaduto. Del resto, lo stesso
prof. Centorrino non ha ritenuto di dover proseguire in alcun modo nei confronti del
collega. La lettura della documentazione consente di ricostruire l'intera vicenda.
Il Rettore dell'Ateneo di Messina ha invece ritenuto di dover comunque
censurare Mauro Federico senza, peraltro, rispettare le norme in vigore., previste dalla
Statuto e dal Regolamento di Ateneo.
Le Organizzazioni universitarie ritengono che la censura
comminata a Mauro Federico sia carente di effettiva motivazione e che la procedura seguita
sia illegittima. Si sostiene con forza, quindi, la richiesta di annullamento del
provvedimento da parte del Ministro al quale è stato avanzato ricorso, come consentito
dalla Legge.
E' indispensabile e sempre più urgente intervenire legislativamente per
introdurre negli Atenei e nel Sistema nazionale universitario una gestione realmente
democratica, esercitata da Organi collegiali che, a tutti i livelli, siano espressione di
un'elezione diretta da parte di tutte le componenti universitarie.
Il clima di costante minaccia dell'uso degli strumenti disciplinari non è
accettabile in nessun settore della società, e lo è ancor meno nell'Università, dove la
libertà di pensiero, di ricerca e di insegnamento, costituzionalmente tutelata, deve
essere alla base dell'attività e dell'esistenza stessa di questa Istituzione.
L'Ateneo di Messina è impegnato in un difficile sforzo di riorganizzazione
e rilancio che crea inevitabilmente fortissime tensioni che sarebbe necessario stemperare.
L'iniziativa del Rettore va invece oggettivamente nella direzione opposta, rischiando di
aumentare il malessere interno all'Ateneo. Si auspica, infine, che, in tempi rapidi, il
Rettore riveda la sua posizione e ritiri egli stesso il provvedimento di censura.
P.S: In margine al documento di censura, si ricorda che la grave situazione di
antidemocraticità della gestione dell'Ateneo di Bologna, in seguito al nuovo statuto in
base alla legge Gelmini, fu stigmatizzata, già a suo tempo, dalla Intersindacale locale,
mediante un referendum consultivo con alta partecipazione della Comunità universitaria
(Docenti e Amm.vi), e quasi unanime. In particolare il referendum si opponeva alla
determinazione del Rettore di designare, e praticamente nominare, i membri del CdA,
anzichè farlo elettivo, a parte le successive sentenze del TAR, che diedero ragione
alle Università che avevano fatto elettivi i rispettivi CdA (NdR).) |
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SITUAZIONE NELL'UNIVERSITA': cosa si fa a Roma |
Stefano Paleari, Presidente
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CRUI-Conferenza
dei Rettori. Obiettivo: puntare fin da subito su
libertà, attrattività
e giovani. Necessario un piano per inserire 1.500 giovani
allanno per 5 anni.
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SINDACATI UNIVERSITARI. Obiettivo
UNIPERTUTTI: coinvolgere tutte le Università italiane e rimarcare la
funzione dell'Università Statale come bene comune. Un bene che la politica e i giornali
spesso presentano come costoso e superfluo.
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ARGOMENTI DI
PUNTA, posti dal Miur: |
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- sistema di finanziamento;
- costo standard;
- punti organico. |
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LA
POSIZIONE DELLA CRUI:
"Università ai minimi termini"
Le 10 proposte della CRUI
per il reclutamento.
La situazione: Professori -27%,
reclutamento dei giovani irrisorio, svuotati i dipartimenti di medicina.
Obiettivo: puntare fin da subito su libertà, attrattività e giovani.
Necessario un piano per inserire 1.500 giovani allanno per 5 anni.
Gli interventi che, a partire dal 2009, si sono succeduti sul sistema
universitario in materia di finanziamento e, di conseguenza, nel processo di reclutamento
del personale hanno determinato un profondo ridimensionamento. Non solo, si sono al tempo
stesso prodotti squilibri tra le varie categorie di personale che i risultati delle
recenti Abilitazioni Scientifiche Nazionali hanno ulteriormente evidenziato.
Inoltre, il D. lgs. 49/2014 ha ridotto quasi per intero i
margini di autonomia degli Atenei italiani, indipendentemente dallo stato dei singoli
bilanci. I dati delle tabelle 1 e 2 testimoniano il senso di questa premessa. Nello
specifico, il numero di professori ordinari si è ridotto di quasi 1/3.
Per i professori associati e per i ricercatori gli effetti sono meno
clamorosi, ancorché assai rilevanti, per la naturale minore anzianità media che ha
determinato minori pensionamenti. Sorprende, inoltre, la modesta
dinamica allingresso.
Negli ultimi due anni, a fronte di 20.000 giovani che hanno
acquisito il titolo di dottore di ricerca, le Università italiane, statali e non statali,
hanno reclutato meno di 1.500 ricercatori a tempo determinato, meno del 10%. Un potenziale
di ricerca posto al servizio di altri Paesi, anche nei livelli superiori della docenza,
che mina la capacità attrattiva e la competitività del sistema paese. Peraltro va posto
rimedio al continuo invecchiamento dei professori e dei ricercatori la cui età media è
oggi di 51 anni.
A livello di singola Università, in relazione alle dinamiche di
pensionamento, si sono determinati dei veri e propri vuoti in alcuni settori scientifici
disciplinari, in particolare nellarea medica. I risultati della prima tornata di
abilitazioni scientifiche nazionali hanno determinato contingenti difficilmente
assorbibili dagli Atenei nella attuale condizione finanziaria e normativa.
Ciò è deleterio tanto per i soggetti interessati quanto per i
giovani che vedono autentici colli di bottiglia nel percorso di carriera appena iniziato.
In generale, gli effetti delle politiche degli ultimi anni, così visibili dai dati delle
tabelle 1 e 2, impongono un immediato cambio di rotta che, nel rispetto dei principi di
sostenibilità finanziaria dei singoli Atenei, regoli lingresso nel sistema
universitario.
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LA POSIZIONE DEI SINDACATI
SINTESI dell'incontro
SINDACATI-MIUR
del 8 maggio 2014
- Le Organizzazioni hanno illustrato le analisi e le richieste unitarie
riguardanti gli studenti (diritto allo studio, numeri chiusi e programmati, ecc.),
precariato e reclutamento (unico contratto breve e 'protetto', posti di ruolo, ecc.),
riorganizzazione della docenza (docente unico), governance degli Atenei e del Sistema
nazionale (gestione democratica, organo nazionale di coordinamento, democratico e
rappresentativo di tutte le componenti). Su queste questioni sono stati svolti interventi
di carattere generale e di approfondimento. Da parte di Marco Mancini si e' avuto un
atteggiamento 'prudente': non si può mettere mano a una nuovo riforma complessiva, le
questioni più politiche sono di competenza del Ministro. A questo proposito va
sosttolineato che l'incontro era stato richiesto al Ministro e che Mancini era stato da
essere appositamente delgato a rappresentarlo.
- Dall'incontro sono emerse diverse informazioni sulle intenzione del Ministero
riguaranti diverse questioni.
1. - Scuole di specializzazione di Medicina. Il Ministero vorrebbe arrivare
a 4.000 borse per gli specializzandi (attualmente i fondi ne garantiscano solo 3.300).
2.- Ingresso alla Facoltà di Medicina. il Ministro ritiene l'attuale prova
inefficiente e gli uffici del Ministero stanno cercando di valutare se il sistema di
selezione in vigore in Francia (sbarramento dopo il primo anno) sia applicabile/adattabile
in Italia.
3.- Altre questioni riguardanti gli studenti.
Il Ministero ha identificato i problemi dei trasporti e degli affitti.
Vanno discussi i LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni) a cui dovrebbe aver accesso
ogni studente in possesso dei requisiti di elegibilittà; per questo entro maggio sarà
convocato un tavolo MIUR-CNSU stato-regioni.
Per il diritto allo studio il MIUR ha recuperato circa 60 milioni
d'avanzo dalla legge 338; questi fondi saranno utilizzati per finanziare la
residenzialità studentesca.
Viene ricordato inoltre che alla Camera è stato depositato un testo
sul diritto allo studio (primo firmatario Vacca del M5S) sul quale ci sono ampie
convergenze di maggioranza e opposizione. I dettagli di questo testo sono ancora da
precisare.
4.- Tagli previsti per l'Università. I tagli sono stati 'ridotti' a 15
milioni di Euro per quest'anno e a 20 per il prossimo anno. Il MIUR ritiene che questo
taglio limitato sia un buon risultato a fronte delle cifre inizialmente preventivate. Ciò
nonostante è plausibile che ci siano per quest'anno circa 160 milioni di Euro in meno
nell'FFO. Inoltre, la quota di premialità nell'FFO di quest'anno salirà al 18% e
nell'attuale versione il FFO incorporerà in un singolo capitolo la pluralità dei diversi
fondi che venivano erogati in precedenza.
5.- Reclutamento e promozioni. Marco Mancini ha confermato quanto
detto dal Ministro al CUN, relativamente a punti organico e blocco del turn-over
(quest'anno previsto al 50% su scala nazionale, con una soglia di salvaguardia fissata al
5): entrambe le ipotesi vedono il MEF sostanzialmente poco disponibile.
L'ipotesi di lavoro è una ulteriore rimodulazione dei punti organico
per alleggerirne il peso sul reclutamento e le promozioni. La modifica del punto organico
potrebbe essere fatta entro il 30 giugno (stesso periodo dell'FFO).
E' stato aggiunto che il MIUR sta valutando le ipotesi (i) di
derogare gli RTD-A dal calcolo dei punti organico, e (ii) di sganciare il reclutamento
degli RTD-B da quello dei professori di I fascia. Anche queste ipotesi vedono il MEF
sostanzialmente poco disponibile. Mancini ha quindi confermato le perplessità del MIUR
sull'attuale funzionamento dell'ASN, anche alla luce dell'elevato numero di ricorsi.
Riporta che sono allo studio modifiche per l'applicazione nel secondo biennio.
In ultimo, il ha affermato di ritenere utile incontrarsi
più frequentemente per un confronto, in particolare, su tre temi:
- sistema di finanziamento;
- costo standard;
- e punti organico.
Sindacati rappresentati: ADI, ADU, ANDU, ARTeD,
CIPUR, CISAPUNI, CISL-Universita', CNRU, CNU, CoNPAss, CSA-CISAL Universita', FLC-CGIL,
LINK, RETE29Aprile, SNALS-Docenti, SUN-Universitas News, UDU, UGL-INTESA FP, UIL RUA |
Nino
Luciani, Verso la risalita ? 1.-
Premessa. Erano anni, ormai, che tra il miur e i sindacati non c'era alcun
contatto, massimamente ai tempi della ministra Gelmini.
Ma la cosa non era solo il risvolto della insipienza di "qualcuno". La
prima ragione di ogni sconfitta sta dentro di noi: ossia il fatto che il sindacato non
aveva una voce unica, davanti alla politica, ma una moltitudine di volti e sfaccettature
diverse, la convinzione sbagliata che andando da solo, uno chiedeva meno che tutti assieme
e quindi potesse ottenere qualcosa.
Questo è accaduto massimamente da parte dell'USPUR, e poi dal CIPUR (servo della
Moratti, salvo poi ricredersi e denunciare di essere stato raggirato. Troppo tardi ...
Saluto pertanto con profonda soddisfazione l'iniziativa del coinvolgimento di
TUTTI, per l'università, a cominiciare dagli studenti, dalle famiglie e dai singoli
Rettori.
2. Perchè i governi Berlusconi sono stati tanto
duri con l'università ?
I governi Berlusconi sono stati una vera rovina per l'università. Mi sono
sempre domandato perchè mai tanta durezza e perfino tanta acredine nei parlamentari
di Forza Italia in Senato, quel 28 luglio 2010, in cui fu discusso il disegno di
legge Gelmini.
In quel momento ho associato due cose:
a) il fatto che Forza Italia fosse in parte composta da liberi professionisti e
giornalisti e altri (del pubblico impiego), al cui interno molti, notoriamente, aspirano
alla carriera universitaria;
b) il fatto che l'università sia stata gestita in modo chiuso dai
professori, e dunque abbia a lungo chiuso la porta a quegli aspiranti, forse alcuni
assolutamente meritevoli, almeno per quanto ne so.
Questo spiega molto il fatto che gli esami di abilitazione scientifica, introdotti
dalla Gelmini, mirino a dare un titolo, che è molto prezioso per aumentare una parcella,
ma molto meno prezioso per occupare un posto universitario, tant'è che (per avere un
posto) bisognerà fare un secondo esame.
3. Cosa è cambiato per
sperare in una risalita ? Sono cambiate alcune cose, ma non tutte:
a) la prima è che è calato il numero degli studenti, e questo è un vero
dolore per la società civile, dovuto, più che alla crisi economica generale (meno soldi,
nelle famiglie), alla disaffezione verso l'università (causa meno professori, meno
servizi, meno risorse ai giovani, dai governi) ;
b) la seconda è che il MIUR non è oggi nemico dell'università,
perchè non più controllato dalla Confindustria (sia pur tramite satelliti, infiltrati
dentro il MIUR).
La prova tangibile è che il Capo Dipartimento dell'Università è Marco
Mancini, vale dire un professore universitario, già Presidente della CRUI.
Ultimo ma non ultimo. Non è invece cambiato una certa mentalità:
quella di pensare che l'università possa essere autonoma per la gestione e al tempo
stesso dipendente dal Miur, per il finanziamento fondamentale della spesa corrente.
Non è così. L'autonomia gestionale è imprescindibile dalla autonomia di
entrata e spesa. In questa direzione si può fare tantissimo, pur in un sistema in cui il
principale pagatore sia lo Stato, inteso come "pagatore esterno" per conto delle
famiglie. |
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EDIZIONI PRECEDENTI |
RISULTATI del REFERENDUM CONSULTIVO DI BOLOGNA, 26 maggio 2013
SULLE SCUOLE DI INFANZIA PARITARIE A GESTIONE PRIVATA |
Maria Chiara Carrozza
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"Quale fra le seguenti proposte di utilizzo delle risorse finanziarie
comunali, che vengono erogate secondo il vigente sistema delle convenzioni con le scuole
di infanzia paritarie a gestione privata, ritieni più idonea per assicurare il diritto
all'istruzione delle bambine e dei bambini che domandano di accedere alla scuola
dell'infanzia?" |
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A) utilizzarle per le
scuole comunali e statali: |
SI' numero 54.517, pari
al 18,3% dell'elettorato |
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B) utilizzarle per le
scuole paritarie private : |
SI' numero 35.160, pari
a 11,8% dell'elettorato; |
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Non votanti: numero
208.849. |
Totale elettorato
(diritto al voto): numero 298.526 |
Nel frattempo si
era inserito, in un quadro più generale, il nuovo ministro della scuola-università. |
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Alessandra Nucci
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LE DICHIARAZIONI DEL NUOVO MINISTRO "PROF.SSA MARIA CHIARA CARROZZA
A Nove in Punto su Radio24 il 24 maggio 2013
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"O ci sono margini per un reinvestimento nella scuola pubblica
oppure devo smettere di fare il ministro dell'Istruzione"..... .
" E' necessario per il futuro del Paese, non ci sono strade disponibili: siamo in una
situazione drammatica, dobbiamo mettere in sicurezza le nostre scuole, dobbiamo metterle
in grado di proteggere i nostri bambini. Abbiamo bisogno prima di tutto di un investimento
nell'edilizia scolastica e poi abbiamo bisogno di più insegnanti.
"Credo che il futuro del nostro Paese si possa giocare con un esercito di nuovi
insegnanti, che davvero ci permettano di migliorare la qualità del nostro servizio.
Sono rimasta colpita dal rapporto Istat che ci dice che siamo il Paese con la quota più
alta in Europa di giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non partecipano ad
attività formative, questo per me è un dramma, che non mi fa dormire la notte. Dobbiamo
lavorare su questo, altrimenti come facciamo a parlare di crescita".
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Il Commento:
IL REFERENDUM SULLE SCUOLE MATERNE A BOLOGNA
Alessandra Nucci
1.- In qualsiasi altra città il
referendum consultivo, tenuto domenica 26 maggio, a Bologna non avrebbe storia.
Si tratta, come ha detto Romano Prodi, di semplice buon senso: votare
"A", come vorrebbe il Comitato promotore del Referendum, significa voler
caricare il Comune, e dunque i contribuenti, di oneri dieci volte più alti di quelli
sopportati attualmente, oppure privare di un servizio quasi 1600 famiglie. Dunque non
dovrebbero esserci dubbi: l'esito scontato dovrebbe dare la soluzione "B".
Ma quello che è scontato da un'altra parte, a Bologna, ex-città vetrina del
partito comunista, è tutt'altro che sicuro. Anzi. Il referendum è divampato in battaglia
di schieramento all'interno della stessa sinistra, combattuta non sul merito ma in chiave
ideologica.
I numeri parlano chiaro: le scuole paritarie convenzionate accolgono il 21%
dei bambini bolognesi e ricevono contributi pari ad appena il 2,9% delle risorse che il
Comune destina alla fascia 3-6 anni. Trasferire quei soldi, un milione di euro, dalle
paritarie alle comunali permetterebbe di creare non più di 160 posti, ovvero meno di un
decimo dei 1.736 posti attualmente coperti dalle paritarie.
Detto altrimenti: il costo per bambino alle paritarie è di 640 euro, il
costo per bambino alle comunali è di 6900 euro. Il danno per le casse pubbliche a questo
punto è palese e clamoroso, per cui solo una persona ideologizzata e priva di
calcolatrice può arrivare a votare "A". Sul sito del comitato promotore si
illustrano solo le cifre totali destinate alle paritarie, e il loro aumento nel tempo, ma
non il rapporto costi-benefici per le casse pubbliche, tantomeno un raffronto dei i costi
pro-capite fra privato e statale.
Eppure il rischio che prevalga il disegno di azzoppare le scuole materne
paritarie, mettendole al di là della portata di famiglie con pochi mezzi, è reale e
consistente.
Com'è possibile? E' passata molta acqua sotto i ponti da quando c'era la
guerra fredda, e Bologna era sede del più grosso partito comunista, vetrina e laboratorio
del partito per tutto il Paese e forse di tutto l'Occidente.
Però qui più che altrove le cose sono rimaste come prima. Alle ultime
politiche, sommando tutte le formazioni, la sinistra è arrivata a quasi il 70%, mentre in
tutto, il centro-destra racimola uno scarno 18,1%. E allora è una partita che si gioca
all'interno della sinistra, dove il Comune e il Pd, appoggiati da Epifani e dalla Camusso,
stanno da una parte a difendere il sistema voluto dal Comune stesso negli anni Novanta,
sindaco Walter Vitali; dall'altra stanno Sel (6,1% alle politiche), Rivoluzione civile di
Ingroia (2,6%), i Grillini (19,1%), la Fiom e stakeholders che vanno dall'Unione atei e
agnostici all'Arcigay, il tutto tenuto insieme nel comitati promotore presieduto da
Stefano Rodotà, quello che i grillini volevano eleggere Presidente di tutti gli italiani.
Per questo non stupisce che sia nata qui l'iniziativa di prendere di mira dei
modesti contributi alle scuole materne private paritarie, che esistono anche in altre
parti d'Italia, e segnatamente a Parma, governata dai grillini, e in Puglia, governata da
Vendola e Sel.
A sorprendere invece è la spaccatura nella sinistra stessa, che finora aveva
continuato a essere monolitica. Sel e Pd sono infatti alleati in Comune, e se dovesse
vincere la posizione dei referendari, il referendum semplicemente consultivo diventerebbe
un'arma in mano a Sel che avrebbe buon gioco a minacciare la caduta della giunta al fine
di imporre l'esito voluto.
2.- Ma al di là delle alleanze locali, la posta in
gioco consiste nell'effetto - imitazione che i referendari sperano di suscitare nelle
altre città, a partire da quelle della stessa Emilia rossa. Ciò risulta evidente quando
si contano le voci dei big che si sono paracadutati in città preoccupatissimi della
cultura qui impartita ai bimbi piccoli, e che solo il giovane assessore Matteo Lepore ha
avuto il coraggio di definire marziani: nomi come Riccardo Scamarcio, Valeria Golino, Gino
Strada, Andrea Camilleri, Angelo Guglielmi, Sabina Guzzanti, Carlo Freccero, Moni Ovadia,
Corrado Augias , Neri Marcorè, Michele Serra, Philippe Daverio, Amanda Sandrelli e
Magherita HacK, a cui si aggiungono un paio di nomi bolognesi: Andrea Mingardi e Francesco
Guccini.
"Un attacco frontale alle scuole cattoliche", ha definito il
piano referendario Stefano Zamagni, presidente del Comitato per il Piano B, "una
trappola dei mozza-orecchi" sempre pronti a sostenere "scelte settarie e
divisive", si è espresso Giuliano Cazzola, ex-sindacalista ed ex-parlamentare.
Ma più che anti-cattolici, gli agguerriti referendari probabilmente sono
piuttosto pro-omologazione, fautori della scuola dell'uniformità e dell'imprinting di
massa, dove diffondere il relativismo religioso e soprattutto l'ideologia di genere, utile
a produrre in serie la nuova umanità.
Si tratta del tipo di scuola prefigurato nel documento pubblicato da Elsa
Fornero, nella sua veste di Ministero delle Pari Opportunità del Governo Monti,
intitolato "Strategia nazionale per la prevenzione delle discriminazioni basate
sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere per il biennio 2013 -2015", che
prevede "percorsi innovativi" che partano "dagli asili nido e dalle scuole
dell'infanzia a costruire un modello educativo inclusivo" non solo per la comunità
lesbiche-gay-bisex-trans "ma per tutti i bambini". Il progetto proseguirà anche
col governo attuale, come attesta la circolare del MIUR del 17 maggio, in cui si specifica
che "le scuole favoriscono la costruzione dell'identità sociale e personale da parte
dei bambini e dei ragazzi, il che comporta anche la scoperta del proprio orientamento
sessuale."
A tali indirizzi è probabile che le scuola paritarie, anche e soprattutto
materne, non si adeguerebbero molto facilmente. Molto meglio metterle in condizione di
chiudere (o magari limitare i "danni" ai soli figli dei ricchi?) |
Nino
Luciani, Questo Referendum è stato una guerra tra poveri, dato che la scuola
privata trova spazi perchè lo Stato non aveva finanziato adeguatamente la scuola
pubblica.
Nel caso della Università, addirittura lo Stato la ha definanziata
deliberamente, per creare spazi a quelle private.
Sarebbe stato, dunque, il caso di non fare la stessa cosa a Bologna, cercando
spazi per la scuola pubblica, demolendo la scuola privata. 1. Premessa. Presso il grande pubblico, l'art. 33, c. 3
della Costituzione italiana (secondo cui "Enti e privati hanno il diritto di
istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato") vive
l'interpretazione, secondo cui lo Stato non "deve" finanziare le scuole private.
E questo è molto sbagliato
Ma, qui a Bologna, la prospettiva era tutta diversa: era il Comune ad avere
bisogno, tant'è che il quesito sembra, invece, presupporre che sia tranquillamente
possibile il finanziamento pubblico alle scuole di infanzia, se ritenuto "più
idoneo" per dare la scuola a tutti i bambini.
In altri termini, se il Comune spende meno dando la scuola a 500 bambini
nelle scuole private (tanti sono gli attuali esclusi dalla scuola pubblica, perchè non
c'è più posto), non si vede perchè il Comune dovrebbe addossarsi oneri, che non può
sopportare.
2.- Altro è basarci su pre-concetti ideologici: ritenere che la
scuola privata, orientata al profitto, trascuri elementi educativi fondamentali: quali la
serietà dei programmi, la qualità dei professori, l'agibilità degli spazi.
Ma questo non è un problema di quattrini. Basta che lo Stato faccia il suo
dovere e condizioni ogni genere di finanziamento pubblico (statale, comunale, ecc.) alla
sussistenza dei dei requisiti.
C'è, poi, anche un aspetto puramente ideologico: se la scuola privata infila
(tra gli insegnamenti) conoscenze di tipo religioso, culturale specifico ...
Effettivamente, dà molto fastidio anche a me venire a sapere di certe cose,
diciamo di certi indottrinamenti, che spettano solo alle famiglie.
Diverso è se i contenuti ideologici sono impartiti a-setticamente, in
termini puramente culturali, oggettivi...
La scuola (sia pubblica, sia privata) dovrebbe essere laica, nel senso che
apre spazio a tutti, senza alcun pregiudizio e con rispetto per l'altrui idea.
2.- Quanto di pubblico e quanto di privato, tra le scuole ?
Personalmente sono convinto che il compito della scuola pubblica sia
impartire a tutti, indipendemente dal reddito spendibile, la stessa base culturale, quale
presupposto tecnico per la buona convivenza.
E' un pò dare a tutti (aggiuntivamente al dialetto) la stessa lingua, in
modo che i cittadini possano comunicare tra loro.
Ma siamo oggi molto lontani da questo, anche dentro la scuola pubblica. Basta
pensare a certo giornalismo quotidiano, che comunica concetti oggettivamente errati, in
ragione di una scuola errata, avuta in origine. In questo senso, la libertà di
giornalismo dovrebbe essere ammessa, subordinatamente al possesso di adeguato titolo di
studio, avente "valore legale", nel senso di "laico oggettivo, dentro certi
parametri".
3.- Sul metodo dei Governi recenti nel determinare
lo spazio pubblico. Nell'ultimo decennio, tutti i Governi (anche di diverso
orientamento) hanno agito in modo maldestro e scorretto verso la scuola pubblica:
ridurre il numero dei professori, in modo da indurre le famiglie a passare a finanziare la
scuola privata.
Anche nel caso dell'università la cosa è stata drammatica. I
Governi Berlusconi (con Moratti e Gelmini) hanno ecceduto, fino a bloccare le assunzioni
dei professori e abolito i concorsi universitari statali: tutto su misura per lanciare le
università private.
Qualche cifra ? Nel 2007 (Berlusconi arriva nel 2008) i professori di ruolo
erano 36.944, nel 2013 sono 29.204.
Il danno scientifico alla università italiana è stato incalcolabile. Per
orientarsi nel valutarlo, occorre sapere che nella università ci sono tante scuole
scientifiche, ognuna delle quali si è specializzata in determinati campi, e ci sono
voluti secoli per raggiungere certe scoperte e certi approfondimenti, con certi metodi
....
Poichè in molte scuole è mancato il turnover, i maestri non hanno avuto modo di
trasmettere agli allievi il patrimonio scientifico, via via accumulato, e così questo
patrimonio è andato disperso.
In compenso, molti nostri giovani ricercatori sono accolti all'estero..., ma certo
per imparare le cose estere, ma se torneranno in Italia nulla più diranno del patrimonio
scientifico italiano, che non conoscono...
Vedremo se gli Italiani potranno valersi di nuove leggi elettorali per scegliere i
nuovi Governi con maggiore oculatezza. Nino Luciani |
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INIZIATIVE
del MONDO UNIVERSITARIO per "SALVARE L'UNIVERSITA' " |
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1) DOCUMENTO DEL CUN SULLE
"EMERGENZE UNIVERSITARIE"
Necessità che il mondo universitario le esami attentamente |
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2) CONFERENZA NAZIONALE
DELL'INTERSINDACALE UNIVERSITARIA
Partecipazione puntuale dei vertici e di parlamentari verso le
elezioni politiche,
ma minima presenza della base. Domande sul futuro dell'azione
sindacale. |
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A gennaio hanno avuto luogo le
elezioni di medio termine del CUN
che hanno portato alla conferma del prof. Andrea LENZI, come Presidente
e alla nomina della Prof.ssa Carla BARBATI, come VicePresidentre . |
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Andrea Lenzi
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Dal CUN - Consiglio Nazionale Universitario
1) Andrea
LENZI alla Presidenza del CUN.
In seguito alla elezione di medio termine di parte dei membri del CUN, il
Regolamento prevede la elezione del Presidente. E' stato confermato A. Lenzi, Prof.
Ordinario di Endocrinologia della Università di Roma "La Sapienza", nato a
Bologna nel 1953.
Anche nominata, VicePresidente, Carla Barbati, Prof. Ordinario di Diritto
Amministrativo alla Università IULM di Milano.
2) Nel mese di
gennaio 2013, in prossimità delle elezioni politiche, il CUN aveva fatto un
documento sulle emergenze universitarie, ripreso da tutta la stampa, per la sue evidente
rilevanza elettorale.
Tuttavia, come al solito, le "meraviglie" durano tre giorni.
Anzi ,parte della quale è la medesima che ha dato man forte alla legge della Ministra
Gelmini per demolire l'università italiana, durante l'iter parlamentare.
In controtendenza lo giriamo, in versione integrale (clicca su: CUN ) nelle università italiane ed
estere, e qui ne riportiamo il
SOMMARIO. 0.- Premessa; 1.- Il finanziamento del sistema
universitario; 2.- La formazione universitaria; 3.- Formazione post-laurea; 4.-
Reclutamento del personale universitario; 5.- Finanziamento della ricerca; 6.-
Valutazione di ricerca e didattica; 7.- Accessibilità e trasparenza dei dati; 8. -
Unautonomia con confini e spazi da ridefinire.
BREVE COMMENTO. Il punto 1 evidenzia, con un grafico l'andamento del FFO - Fondo di
Finanziamento Ordinario delle Università (fondo statale) nel corso degli anni
(1996-2013).
Si nota, indirettamente, la "disinvoltura" con cui i
vari governi (di diverso colore) hanno variato negli anni il finanziamento corrente delle
università, come se la variazione del numero degli studenti fosse una variabile
decisionale delle università.
Questo rilievo è ancora troppo leggero, se si tiene conto anche dei fatti rimasti
nascosti. Infatti, da una analisi dettagliata dei bilanci di tutte le 60 università
pubbliche italiane (e di cui si riferisce in altro servizio, clicca su:
) emerge che la spesa corrente totale delle università è
stata di 11,4 miliardi nel 2009 (dato più recente, al momento dell'analisi), e
pertanto (nel 2009) lo Stato (con i suoi 7,4 miliardi di ) ha finanziato solo il 65%
della spesa totale. |
Nino Luciani, Sul
significato della Conferenza della Intersindacale. Dmande sul futuro dell'azione
sindacale.
1.- Traggo dal resoconto fatto,
per tutti, da USB-Pubblico Impiego, coorganizzatrire della conferenza:
-" Martedì 22 gennaio si è svolto a Roma in sala
Congressi Cavour l'incontro tra le Organizzazioni sindacali e le associazioni
dell'università, con i rappresentanti delle forze politiche candidate alle prossime
elezioni. ( Per le proposte, clicca su documento
unitario ).
La quasi totalità degli esponenti politici e sindacali intervenuti
hanno manifestato la necessità che il Sistema Universitario e la Ricerca abbiano in
futuro maggiori investimenti e maggiori attenzioni da parte del prossimo Governo e del
prossimo Parlamento, paradossalmente anche quelli che sono stati protagonisti dello
smantellamento dell'Università pubblica o che poco o niente hanno fatto in questi anni
per fermarlo.....
Siamo fermamente convinti che l'attacco al sistema universitario si
collochi nel più generale attacco a tutto ciò che è pubblico, con l'aggravante che si
tratta di uno dei cardini dello sviluppo del nostro Paese.
Per questo nel nostro intervento abbiamo ribadito, come fatto da pochi
altri, la necessità di invertire tale impostazione alla sua radice, rigettando quindi le
politiche di fortissimo ridimensionamento del settore pubblico che UE, BCE ed FMI stanno
imponendo nel nostro Paese e che nessun partito candidato a governare dopo le prossime
elezioni mette in discussione.
Giudichiamo i vincoli imposti dall'Europa incompatibili con la difesa
dell'Università, della sua funzione sociale, dei diritti dei lavoratori, dei precari,
dell'autonomia della ricerca, del diritto allo studio.
Su queste basi continueremo la nostra lotta insieme a tutte quelle
componenti universitarie che con il Personale Tecnico-amministrativo sono maggiormente
penalizzate dalle manovre in atto, imposte dalle lobby politiche e imprenditoriali.
Abbiamo ribadito che una nuova strategia sociale dovrà considerare i
lavoratori dell'Università, così come la totalità del Pubblico Impiego, non più un
costo da tagliare ma un tassello fondamentale per costruire uno stato sociale degno di un
paese civile." Sul futuro dell'azione
sindacale. L'iniziativa della intersindacale si è collocata in apertura al ciclo
politico che si prospetta con le elezioni politiche, ma anche in chiusura di un clico in
cui i sindacati universitari (tutti, anche quelli non partecipanti, come l'USPUR) sono
stati totalmente ignorati (neppure ascoltati in qualche straccio di ricevimento) dai vari
ministri (Gelmini, Profumo).
Questa totale sordità segna la inadeguatezza dei relativi governi nei
confronti dei problemi fondamentali del Paese (Ricerca e Didattica).
Penso, tuttavia, che sarebbe "riduttivo" fermarsi a questo
giudizio, senza neppure adombrare che esso possa essere anche la seconda faccia di una
medaglia: l'inesistenza di una "capacità di intendere e di volere" dei
sindacati.
Introduciamo altri elementi nello scenario.
- La conferenza è stata partecipata da 90 persone circa. Se teniamo
conto che le sigle sindacali 21, e ciascuna presente con tre persone, troviamo subito che
63/100 persone era dei vertici. Aggiungiamo una dozzina di parlamentari e di giornalisti.
C'era qualcuno del CUN. Si arriva a 75-77 persone, il resto (fino a 90) erano professori e
ricercatori semplici. Dunque, non solo i Ministri, ma anche la base non sente il
Sindacato.
- C'è dell'altro. La CRUI-Conferenza dei Rettori non ha partecipato.
- C'è dell'altro. Da anni nessun sindacato (a cominciare da quelli con più
iscritti) non fanno più assemblee locali di base. Pur con qualche iniziativa, il deserto
degli iscritti è totale.
Motivo ? Il Sindacato non dà risultati nè di carriera nè di retribuzione.
CONCLUSIONE. Ritengo che i sindacati universitari debbano ripensare il
loro modo di essere: come porre gli obiettivi e come organizzarsi.
Beninteso, da anni ci sono incontri di vertice, unitari, seguìti da
scissioni, e poi di nuovo a cercarsi reciprocamente. A questi incontri partecipano i 5-6
soliti "matti" incalliti, quelli che continuano a credere in un futuro migliore
della università.
Poi, di tanto in tanto, si svegliano gli studenti, e qualche stella
torna a brillare politicamente, poi di nuovo il letargo prolungato.
Direi che si debba fare tutti il necessario, per uscire di nuovo e per
sempre da questa fase embrionale: servono obiettivi chiari e una "voce unica",
seguiti da azioni sul campo. Essere o non essere.. |
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EDIZIONI
PRECEDENTI |
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A proposito del funzionamento dell'organizzazione dell'Università
di Bologna, in applicazione della legge Gelmini, n. 240/2014
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Giliberto Capano
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Giliberto Capano*, Una partita di croquet di ALICE,
nel Paese delle meraviglie
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Il Commento, di Gianni Porzi
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. _________________________
* Già Preside della Facoltà di Scienze Politiche di Forlì, Membro del
Nucleo di Valutazione, Università di Genova.
** Gia membro del Consiglio di
Amministrazione, Università di Bologna. |
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Giliberto CAPANO, Una partita
di croquet di Alice
Le università italiane sono un cantiere aperto a
causa dell'attuazione della riforma Gelmini che comporta un riassetto del modo di
organizzare le attività.
Si tratta di una riforma che ha lasciato molto spazio alle scelte autonome degli
atenei rispetto al ridisegno dei propri processi decisionali e ovviamente gli atenei si
stanno sbizzarrendo.
Per chi ha l'opportunità di seguire quello che accade in più università,
l'attuale fase di transizione appare molto simile alla partita di croquet di Alice nel
Paese delle meraviglie. Uno strano gioco in cui il terreno «era tutto a solchi e zolle;
le palle erano ricci, i mazzapicchi erano fenicotteri vivi, e gli archi erano soldati
vivi, che si dovevano curvare e reggere sulle mani e sui piedi».
Un gioco assurdo, caotico e senza regole a cui però tutti i giocatori si
appassionano, illudendosi che sia un gioco sensato, invece che fermarsi, dire basta e
cercare di mettere ordine nel caos e nello sconclusionato correre dietro a palle che in
realtà sono ricci vivi e vegeti.
Non molto dissimile è la situazione che si vive all'interno della nostra Alma
Mater, dove la riorganizzazione in Scuole e Dipartimenti sta causando non
pochi inconvenienti.
Nella gestione della didattica non si capisce chi è responsabile di che
cosa; i vecchi coordinatori di presidenza (quelli che sapevano come si facevano le cose)
sono stati spostati quasi tutti ad altro incarico e sostituiti con colleghi volonterosi ma
con competenze, altre rispetto ai processi di gestione della didattica. Molti dipartimenti
(che dovrebbero occuparsi anche di didattica) non sono stati dotati di personale
amministrativo esperto in questa attività.
I conti per la dotazione finanziaria 2013 delle Scuole e dei Dipartimenti sono
stati fatti in modo così confuso che alla fine il Cda ha dovuto fare un'assegnazione
«straordinaria» di 1 milione e duecentomila euro.
I campus romagnoli dovrebbero avere, secondo il nuovo statuto, autonomia
organizzativa, gestionale e regolamentare, ma le azioni dell'amministrazione centrale
stanno di fatto trasformando le sedi decentrate in bracci esecutivi di via Zamboni (sede
centrale). In questo contesto contraddittorio e caotico gli attori principali si muovono
forsennatamente cercando risposte. Direttori di dipartimento, presidenti di scuola e
coordinatori di corsi di studio si consultano freneticamente per capire chi deve fare che
cosa e quando.
Consiglio di amministrazione e Senato approvano molte delibere transitorie,
mentre il rettore garantisce che «il prima possibile» tutto sarà a posto.
Insomma tutti continuano a giocare, come nella partita di croquet di Alice,
senza fermarsi e chiedersi il senso di quello che stanno facendo e, perché no, anche se
non ci sia qualcosa di sbagliato in quello che stanno facendo.
È davvero un peccato che uno spettacolo di questo tipo non sia fruibile nemmeno
parzialmente da tutti i membri dell'Alma Mater. I quali, fra l'altro, sulla base di
regolamenti approvati a luglio, sono stati privati dell'opportunità di capire in tempo
reale di che cosa si occupano e che cosa fanno gli organi di governo dell'ateneo.
All'università di Torino invece ciò è possibile: tutti i dipendenti possono
seguire in diretta streaming le sedute del Senato accademico, osservando che cosa stanno
facendo i loro rappresentanti con la possibilità di segnalare se stanno giocando al gioco
sbagliato. Giliberto Capano |
Gianni PORZI, Il
Commento
Ritengo il corsivo del prof. Capano
molto puntuale e condivisibile.
La descrizione della situazione vissuta allinterno dellAteneo
bolognese è quella che si sente da vari ex Colleghi che lamentano unorganizzazione
e una gestione dellAteneo che lasciano a desiderare.
A mio avviso questa situazione non è attribuibile alla Legge 240/2010,
alla quale eventualmente vanno imputate altre colpe, ma ad altre cause. - Innanzi tutto al fatto che il Rettore Dionigi ha voluto
dare attuazione alla Lg 240 ad una velocità decisamente superiore rispetto a quella di
altri Atenei, senza cioè la dovuta gradualità e senza quindi preparare in modo adeguato
sia le strutture che il personale, in particolare quello tecnico-amministrativo, al
cambiamento.
Le trasformazioni imposte dalla Legge implicavano unattenta
riflessione, decisioni non affrettate e in particolare il più possibile condivise. Basti
pensare ad esempio allaccelerazione impressa nel redigere prima e nel far approvare
poi il nuovo Statuto, nonché allattuazione dello stesso. Fretta legata
esclusivamente al fatto che linterpretazione e quindi lapplicazione
restrittiva della Legge 240, così come voluta dai Vertici (Rettore e
Prorettori), consentiva di realizzare uno Statuto che dava al Rettore un potere
praticamente assoluto.
E per raggiungere tale scopo era necessario accelerare i tempi senza dare
ascolto a chi era critico verso certe scelte, verso certi metodi autoritari e in
particolare rinunciando, scientemente, a mettere in pratica quei principi elementari di democrazia
partecipativa, fondamentali per governare una communitas quale
lUniversità.
Ciò che sta accadendo in Ateneo è la naturale conseguenza di una governance
centralistica e verticistica, cioè della mancata applicazione del criterio di
democraticità delle scelte.
- Laltro aspetto sconcertante è che
da anni la trasparenza quantomeno latita.
Con i regolamenti approvati pochi mesi fa, la situazione è addirittura
peggiorata in quanto ora gli Organi di governo dellAteneo (Senato
accademico e CdA) operano più che mai nelle segrete stanze senza che nulla trapeli e
quindi il Personale, sia docente che non docente, non può sapere e capire cosa stanno
decidendo.
Si è instaurato un regime in cui vi è una totale
assenza di qualsiasi contatto tra il Personale tutto che opera
allinterno dellIstituzione e gli Organi di governo.
LAlma Mater è lontana anni luce rispetto ad esempio allAteneo
di Torino dove le sedute del Senato accademico vengono addirittura trasmesse in
diretta e quindi possono essere seguite da tutto il Personale universitario.
A Bologna invece nulla deve trapelare, il Personale non deve sapere cosa
stanno facendo i loro rappresentanti in Senato accademico e il tema
trasparenza resta ancora un vero tabù.
Il prof. Sergio Brasini, in un articolo
pubblicato il 30 agosto 2014 dal titolo Ancora a proposito di trasparenza
allAlma Mater (leggi Sergio Brasini), affermava
giustamente che la tanto auspicata trasparenza degli atti decisionali (nei confronti
dellintera comunità accademica e più in generale dei cittadini essendo
lIstituzione pubblica e non privata), è stata totalmente disattesa.
Io affermerei che è stata definitivamente sotterrata dopo
lapprovazione dei sopra ricordati Regolamenti per il funzionamento dei due Organi
accademici e il Regolamento in materia di pubblicità delle deliberazioni degli Organi
stessi.
Invece di fare un passo verso una reale trasparenza,
lAteneo ha deciso di fare un passo indietro, rendendo tutto più opaco in modo che i
Vertici, tramite il CdA, Organo nel quale è concentrato tutto il potere
decisionale, abbiano libertà dazione come in certi regimi di triste memoria che
gestivano il potere usando formule quali democrazia guidata o
centralismo democratico, antitetiche alla vera democrazia, cioè quella
partecipata.
Purtroppo, lAteneo di Bologna ritengo sia destinato a vivere un
periodo di oscurantismo che non fa certo onore alle sue tradizioni né a
quelle della Città.
Gianni Porzi |
Fonte: Sergi Brasini, Ancora a proposito di trasparenza
allAlma Mater,
http://www.ilmanifestobologna.it/wp/2014/08/ancora-a-proposito-di-trasparenza-allalma-mater/
. |
EDIZIONE PRECEDENTE |
.PUBBLICITA' DEI VERBALI DEGLI
ORGANI DELIBERANTI DELLE UNIVERSITA' |
|
Nuovo Regolamento dell'Università di Bologna
Per il testo integrale, clicca su: Decreto Rettorale n.
1035/2014
Luciani: Regolamento anti-trasparenza, involutivo rispetto alla tradizione,
negativo per un Ateneo che
aspira all'internazionalizzazione
|
Nota. Tradizionalmente. nell'Alma Mater, i verbali del
Consiglio di Amministrazione erano pubblici, e depositati in forma cartacea presso 4
biblioteche dell'Ateneo, tra le quali (per quanto ne so con certezza) la biblioteca Dore
di Ingegneria e la Biblioteca Bigiavi di via Belle Arti.
In seguito all'arrivo della digitalizzazione, i verbali erano consultabili presso
le biblioteche medesime, tramite i PC locali. In particolare il Rettore Calzolari (vado
ancora a memoria) fece un nuovo Regolamento nel 2002, nella continuità della trasparenza.
Risulta che in una delle ultime sedute del Consiglio di Amministrazione,
pre-riforma Gelmini, alcuni Consiglieri abbiamo proposto al Rettore modalità innovative
di pubblicità dei verbali degli Organi, nel senso di agevolarne la conoscenza presso il
grande pubblico
Sopravviene adesso, in risposta, questo Regolamento del Rettore Dionigi, che (dal
come ha reagito in aula a quelle proposte) è apparso probabilmente ignaro della
situazione esistente.
Riportiamo, del Regolamento, gli elementi essenziali qui sotto (colonna
sinistra), e ne facciamo un confronto, sempre qui sotto (colonna a destra), con altre
Università, tra cui Padova, consorella di Bologna, storicamente.
REGOLAMENTO Articolo 2 (Ambito di
applicazione)
1. Sono pubblicati gli atti adottati dal Senato Accademico e dal Consiglio di
Amministrazione, dalla Consulta del Personale Tecnico Amministrativo, dalla Consulta dei
Sostenitori, dal Consiglio degli Studenti e dal Consiglio di coordinamento dei Campus.
2. Il presente regolamento non si applica agli atti e provvedimenti emanati dagli Organi
monocratici dellAteneo.
Articolo 3 (Oggetto della pubblicazione)
1. Sono consultabili in un formato atto a garantire la piena accessibilità alle
informazioni, suddivisi per singoli Organi e raccolti in ordine cronologico, in base alla
data della seduta:
a) le relazioni istruttorie formulate dalle unità organizzativa competenti;
b) le deliberazioni comprensive dellespressione del voto nominativo ove reso in
forma palese;
c) gli allegati.
2. Sono esclusi dalla pubblicazione:
a) i dibattiti;
b) le parti di verbale che non determinano lassunzione di una deliberazione
dellOrgano;
c) su indicazione dellunità organizzativa competente, le deliberazioni per le quali
norme di legge o di regolamento escludano o differiscano il diritto di accesso di cui agli
Articoli 22 e seguenti della Legge 241/1990 e successive modifiche;
d) su indicazione dellunità organizzativa competente, le deliberazioni assoggettate
a pubblicità in base ad una normativa di settore;
e) le delibere contenenti dati sensibili e giudiziari;
f) le delibere contenenti dati attinenti al rapporto di lavoro di singoli dipendenti
dellAteneo;
g) le delibere del Consiglio di Amministrazione assunte ai sensi dellart. 10
(Competenza disciplinare) della Legge 240/2010.
Articolo 4 (Esclusioni e differimenti)
1. Allatto delladozione della delibera, lOrgano, su proposta motivata
del Presidente, può riservarsi la facoltà di disporre lesclusione, il differimento
temporaneo della decorrenza del termine della pubblicazione ovvero la rappresentazione in
forma sintetica della documentazione la cui diffusione possa recare pregiudizio agli
interessi perseguiti dallAteneo.
Articolo 5 (Modalità della pubblicazione)
1. La pubblicazione avviene mediante le tecnologie più idonee, utilizzando la rete
Intranet di Ateneo.
Laccesso è consentito a tutti i titolari di credenziali istituzionali abilitati
allaccesso alla medesima rete. |
L'opinione di
Giliberto Capano
Fonte: CORRIERE DI BOLOGNA, 28.07.12
(Stralcio):::::::::::
" Il complesso di queste regole getta una preoccupante atmosfera di
opacità sui processi decisionali più importanti di Unibo.
Il nuovo regolamento dispone che i membri del cda e del Senato, pur
potendo interloquire con i membri della comunità universitaria prima delle decisioni, non
possano divulgare (nemmeno seguendo le prassi informali che hanno sempre regolato tale
questione in passato) alcun riferimento, documento, atto istruttorio prima che la
decisione venga presa. Tutto potrà essere letto solo al momento della
pubblicazione degli atti.
Ciò significa che gli organi di governo del nostro ateneo hanno deciso che
non vogliono discutere con chi li ha eletti del contenuto, tecnico e perciò politico,
delle decisioni partendo dalla documentazione ufficiale, ma solo sulla base di una
interlocuzione orale. Scelta preoccupante.
È stato inoltre deciso che i verbali non dovranno riportare i
dibattiti tra i membri degli organi e le discussioni non correlate a una decisione.
Dunque, i membri dei due organi collegiali hanno stabilito che i propri elettori non
debbono sapere qual è stato il loro comportamento nel corso del mandato.
Ma allora come faranno i membri della comunità universitaria a
controllare che i loro rappresentanti/governanti facciano bene il proprio lavoro?
Si tratta di due questioni imprescindibili.
Il futuro di Unibo deve basarsi su processi decisionali trasparenti e
responsabili.
Possiamo solo pensare che queste regole siano state decise senza riflettere
troppo sul loro significato simbolico a causa del superlavoro di questi ultimi mesi.
E di conseguenza non possiamo che augurarci che a settembre, quando la
lucidità sarà maggiore grazie al riposo estivo, esse vengano emendate come necessario
per il buon governo, e quindi per il buon futuro, di Unibo." |
Nino Luciani, Il Commento, e confronto con
Padova e Torino... 1.- Limiti di accesso per il pubblico.
Risulta dall'art. 5 che l'accesso agli atti è consentito solo agli appartenenti
all'Ateneo (vale dire solo tramite rete Intranet).
L'art. 3. 2 del nuovo Statuto, recita:
" Trasparenza:
a) LAteneo favorisce il dialogo allinterno della comunità universitaria e
promuove il confronto con i soggetti esterni, anche attraverso il sito
istituzionale o altri strumenti telematici di comunicazione e di consultazione.
b) LAteneo garantisce, secondo modalità da disciplinarsi con apposito regolamento,
adeguata pubblicità delle deliberazioni assunte dagli Organi Accademici e degli atti che
compongono i relativi riferimenti, fermo restando quanto previsto dalla legge in tema di
riservatezza."
Commento. La Legge Gelmini ammette in Consiglio di
Amministrazione 3 soggetti esterni, in quanto evidentemente ritiene che il pubblico
(famiglie, studenti, chiunque) possa prendere conoscenza del funzionamento delle
università pubbliche, vale dire finanziate con le imposte di tutti e con le tasse degli
studenti.
Lo Statuto vuole la comunicazione con l'esterno.
Dunque il Regolamento è doppiamente incoerente con la legge e con lo
Statuto.
2. Il caso di Padova. Nello Statuto, si trovano
enunciazioni del tipo di Bologna, sopra riportato e poi, coerentemente, è consentito al
pubblico l'accesso ai verbali, senza alcuna discriminazione.
Qui sotto, a comprova * riportiamo
l'indirizzo, cliccando sul quale si può constatare la possibilità dell'accesso a tutti i
verbali dal 1998 al 2014.
Questo è possibile anche a Torino Politecnico**,
e Università degli Studi***.
In particolare, presso quest'ultima, le Sedute del Senato Accademico
sono visibili, on line in diretta streaming, a tutta la Comunità Accademica (professori,
personale tecnico amministrativo, studenti etc).
3.- Conclusioni. E' con vera amarezza il dover constatare
che Bologna, pur aspirando alla all'internazionalizzazione, conserva una mentalità
oscurantista, medievale in senso negativo (chiusa dentro le mura). Nino Luciani |
* http://www.unipd.it/universita/organi-di-ateneo/consiglio-di-amministrazione/verbali
** http://www.swas.polito.it/services/docuff/Default.asp?id_documento_padre=10952
*** http://www.unito.it/unitoWAR/appmanager/istituzionale/ateneo1?_nfpb=true&_pageLabel=sedute3 |
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TAR - Tribunale Ammnistrativo Regionale del Piemonte
Le parti in lite: MIUR e Politecnico di Torino |
|
LA CAUSA AVEVA AVUTO LUOGO IL 14 GIUGNO 2014
IL MIUR AVEVA CONTESTATO LA ILLEGITTIMITA' DELLO STATUTO DEL POLITECNICO
LADODVE ERA DECIS O CHE IL CDA FOSSE ELETTIVO DAL
CORPO ELETTORALE
Gianni Porzi, Legittimando l'elezione dei membri interni
del CdA, anche il TAR
del Piemonte difende la scelta democratica fatta dal Politecnico
A Bologna, un
ricorso al TAR, contro la delibera del Senato, di designazione del CdA* |
prof. Gianni Porzi
|
Nota. Il prof. Porzi,
come membro del CdA, aveva sostenuto la "elettività" del CdA, e questo era
conforme sensibilità dell'intero Ateneo che, in referendum consultivo, l'aveva approvato
con il 98% dei voti.
Frattanto sono pervenutre notizie circa l'applicazione locale degli
Statuti, per il CdA. Palermo è in tilt per avere omesso le quote rosa. A Bologna, è
stato fatto un ricorso al TAR contro delibera del Senato. Precisamente, trattasi del
fatto che uno dei concorrenti al CdA ha fatto ricorso contro l'esclusione, si presume
per mancanza di motivazione da parte del Comitato di selezione.
E siccome è giusto che la Comunità accademica conosca come è avvenuta la
designazione del CdA, riporto qui la relativa delibera del Senato. NL |
Gianni
Porzi, Anche il TAR del Piemonte difende la scelta democratica fatta
dal Politecnico di Torino, legittimando lelezione dei membri
interni del CdA ad opera della Comunità universitaria.
La sentenza del TAR Piemonte (n° 983 del 14/6/2014) dopo
quella del TAR Liguria (n° 718 del 22/5/2014), ritengo sia di grande significato politico
e molto importante per la vita democratica del Politecnico di Torino. Infatti, il TAR ha
affermato che lopzione fatta dal Politecnico di scegliere i membri interni del
Consiglio di Amministrazione (CdA) attraverso lelezione diretta da parte della
Comunità accademica è legittima, cioè non è contra legem come invece sostenuto dal
Ministero. Quindi il Tribunale Amministrativo ha rigettato il ricorso intentato dal MIUR
che contestava l'eleggibilità, prevista dallo Statuto del Politecnico di Torino, non
essendo in contrasto con la Legge 240. In sostanza, la partecipazione
democratica del Personale universitario al governo dellAteneo non è, a
giudizio della Magistratura Amministrativa, in contrasto col dettato della Legge e ciò
rappresenta una vittoria di grande significato politico per tutti coloro che sono
convintamente e profondamente democratici.
Interessante è il seguente passaggio della sentenza del
TAR Piemonte : Anzitutto va ricordato che il termine designazione
indica, in sé, solo latto con cui una determinata persona viene additata ad un
ufficio, mentre nulla dice in ordine al soggetto che effettua tale indicazione né sui
criteri e modalità seguiti a tale fine: esso quindi non esclude che il designante possa
essere un organo collegiale né che lindividuazione possa essere effettuata
allesito di una procedura elettiva. In tal senso le procedure elettive costituiscono
solo una delle modalità di designazione di un soggetto ad un ufficio.
Ciò è in sintonia con lopinione espressa dal
prorettore per gli Affari giuridici dellUniversità di Pisa, professor Dal Canto,
secondo il quale una scelta può essere fatta in molti modi, dunque anche attraverso
le elezioni: infatti, elezione deriva dal latino eligere, che significa scegliere. A
sostegno e a difesa del meccanismo elettivo per la scelta dei membri interni del CdA, il
Rettore dellUniversità di Trieste, professor Peroni, aveva affermato che la
Legge 240 non contiene elementi di incontrovertibile divieto, e noi abbiamo difeso questo
ulteriore passaggio democratico che garantisce la partecipazione di tutti. Il TAR
del Piemonte, rigettando il ricorso intentato dal MIUR contro il Politecnico di Torino,
legittima la scelta democratica fatta dallAteneo del quale, va ricordato, fino a
novembre 2011 è stato Rettore lattuale Ministro Profumo e sotto il cui rettorato fu
adottata lopzione delleleggibilità contro la quale il MIUR ha poi fatto
ricorso.
Si potrebbe dire che il Ministro Profumo ha ricorso
contro lex Rettore Profumo (situazione un po kafkiana). Comunque, con le
sentenze dei TAR del Piemonte e della Liguria sono stati garantiti quei principi
elementari di democrazia partecipativa che altri Atenei, fra i quali quello bolognese, non
hanno invece ritenuto importanti, evidenziando così un grado di sensibilità democratica
notevolmente diverso
Oltre ai due Atenei ricordati, anche quelli di Pisa,
Firenze, Parma e Trieste hanno optato per la procedura elettiva dei membri interni del CdA
e cè quindi da augurarsi che anche le prossime sentenze dei Tribunali
Amministrativi presso i quali il MIUR ha presentato ricorso riconoscano legittima
lopzione democratica basata sulleleggibilità da parte del Personale
universitario.
A tale proposito va sottolineato che a fronte della
volontà dellAteneo di Pisa di tener ferma la sua posizione, il MIUR aveva
presentato ricorso al TAR Toscana chiedendo la sospensione in via cautelare delle norme
contestate, opponendosi in particolare alla scelta di designare con il metodo elettivo
alcuni membri del CdA. Ma il Tribunale Amministrativo, con ordinanza del 30 maggio, ha
respinto la richiesta di sospensiva, con grande soddisfazione del Rettore Augello e del
prorettore Dal Canto, in quanto "non appare sussistere il pericolo di un danno grave
e irreparabile derivante dall'esecuzione dei provvedimenti impugnati". Gianni
Porzi |
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DUE STUDI DEDICATI AGLI STUDENTI
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1) DELLA FEDERCONSUMATORI SULLE
RETTE SCOLATICHE IN 18 ATENEI 2)
DEL SUNIA- CGIL SUGLI AFFITTI PER GLI ALLOGGI, IN VARIE
CITTA' D' ITALIA |
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NOTA 1. Proponiamo alla
attenzione degli studenti e del popolo sensibile agli studenti, due studi:
a) uno della Federconsumatori, relativo alle rette
universitarie di 18 importanti università, distinte per fascia di reddito degli
studenti. Si trova che l'università più sociale (vale dire che più viene incontro agli
studenti poveri, prima fascia) è Bari. Al secondo posto viene Bologna.
A riguardo, invece, degli studenti più ricchi (5° fascia)
l'Ateneo più economico è l'università del Salento, e quello più caro è Pavia.
Tuttavia, per un giudizio valido, andrebbe tenuto conto delle controprestazioni degli
Atenei, cosa che non compare nello studio.
NOTA 2. Di seguito proponiamo anche un importante
sudio del SUNIA-CGIL, relativo al costo degli affitti delle case, per gli studenti
non pendolari.
Per valutare come influenzare questo costo, sarebbero utili
informazioni sulla disponibilità di collegi universitari.
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Ateneo di Bologna: FONDAZIONE ALMA MATER |
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Nonostante le dimissioni del Presidente F. Di Vella, per manifesta
impossibilità
di raccogliere finanziamenti per l'Ateneo, e per accumulo di disavanzi di bilancio :
Il Consiglio di Amministrazione rilancia
la FONDAZIONE ALMA MATER
e nomina, come nuovo PRESIDENTE,
il Direttore Generale COLPANI, di Unibo,
con copertura di un buco di 1.800.000.
L'operazione risulterebbe essere stata fatta in gran
segreto e messa tra le "varie"
dell'o.d.g. del CdA. Tuttora risulterebbe non informato il Senato Accademico,
e ciò creerebbe un vulnus abbastanza grave, da giustificare l'empeachment del
Rettore
(art. 6, c. 3,lett. e dello statuto di ateneo). |
1.- Premessa. Della Fondazione Alma Mater ci siamo
occupati tre anni fa (clicca su: http://www.universitas.bo.it/ARTICOLI%202008.htm#inchiesta
). Allora il Rettore Dionigi, dopo aver azzerato il Consiglio di
amministrazione in carica (che era presieduto dal prof. Walter Tega) e la dirigenza, aveva
ordinato una sorta di mini-inchiesta sulla Fondazione (per fatti risalenti ai tempi del
precedente Rettore Calzolari: presunte irregolarita' , accumulo di disavanzi di bilancio
(iInchiesta peraltro affidata ad uno dei precedenti consiglieri d'amministrazione, il dr.
Umberto Melloni) aveva dichiarato di volerla rilanciare nel nome di un obiettivo del suo
programma elettorale: "la Fondazione Alma Mater da concepire sempre più -
secondo la sua vocazione originaria - come braccio economico dell'Ateneo".
In campagna elettorale, la via delineata era stata di trasformarla da
Fondazione di diritto civile in Fondazione di diritto universitario (e dunque, anche
sottoporla ai controlli di legge, per salvarla da "deviazioni") .
A sua volta il nuovo Presidente prof. Francesco VELLA aveva accettato
l'incarico, con riserva di verificare (nel primo anno dalla nomina) la fattibilita'
dell'obiettivo e con l'impegno di dimettersi, se i fatti avessero dato esito negativo.
Col senno di poi, gli esiti sono stati negativi (il patrimonio
netto era 1.731.625 nel dic. 2011; e' diventato di 100.000 a dicembre 2014),
e Vella e il Consiglio di Amministrazione si sono dimessi nel luglio scorso.
In queste settimane si e' venuto a sapere che nel mese di novembre
2014 il Rettore ha deciso di rilanciare la Fondazione su nuove basi, e lo ha fatto tutto
in gran silenzio. Risulterebbe aver messo l'argomento all'ordine del giorno del CdA
dell'Ateneo, tra le "Varie"; e non avere informato il Senato che, per gli
aspetti didattici , e' competente esclusivo.
Invocherei che il Senato faccia chiarezza su
questo dubbio nei confronti della Comunita'
scientifica, degli Studenti e del Personale tutto; e se il fatto sussiste, faccia di
più, valendosi dell' art.6, c. 3, lett. e, dello
Statuto.
Il "motivo dichiarato" del rilancio e'
stato un "motivo negativo": vale dire, in caso di scioglimento della Fondazione,
evitare "pesanti ricadute d'immagine, ...le conseguenze sul personale, sulle
obbligazioni verso numerosi docenti dell'Ateneo, sull'attivita' di fundrising, ... sui
rapporti con i principali istituti di credito". Questa motivazione
evidenzia una "deviazione" grave, economicamente: nel senso
che, per una soluzione valida, va messo sullo stesso piatto anche quanto si sarebbe potuto
fare in alternativa (vale dire impiegando le stesse risorse per altri obiettivi, urgenti
), quelli per i quali l'Ateneo piange ai piedi del Miur ....
Al tempo stesso, non risulta che la Fondazione Carisbo (ora ne è
Presidente Fabio Roversi Monaco, ed era Rettore dell'Ateneo quando venne istituita la
Fondazione Alma Mater), cofondatrice e socia della Fondazione Alma Mater, abbia mosso
ciglio per questi fatti.
Lo strano è che Fondazione Carisbo non puo' presumersi
all'oscuro in quanto, come socio fondatore e membro di diritto dell'Assemblea dei soci,
deve certamente avere ricevuto l'invito, con l'ordine del giorno e, si presume, aver
partecipato alle varie riunioni dell'assemblea, in particolare a quelle di bilancio.
2.- Le nuove basi del rilancio. In estrema
sintesi, esse sono:
- Nominato Presidente della Fondazione il Direttore
Generale dell'Ateneo Colpani (determinando un evidente conflitto di interessi, in quanto
la persona del controllore coincide con quella del controllato). Clicca su:http://www.fondazionealmamater.unibo.it/FAM/FondazioneAlmaMater/Organi/default.htm;
- Ridotto a tre il numero dei membri del CdA della
Fondazione (il che suona come una tardiva dichiarazione di maggiore efficienza rispetto al
passato);
- Caricati sul bilancio dell'Ateneo le perdite di
1.800.000, di cui sarebbe prevista la copertura mediante un primo trasferimento di
700.000 dai "trasferimenti correnti" del bilancio dell'Ateneo (e questo
e' illegittimo, perche' i conferimenti di capitale vanno presi dai "trasferimenti in
conto capitale").
E' , poi, di dubbia legittimità anche tutta l'operazione finanziaria
perche' , per l'Ateneo gli scopi istituzionali sono la ricerca e la didattica
istituzionale, e stornare i fondi per altre operazioni non è certamente opportuno.
- Il tutto anche con l'intenzione di ricomporre l'azione di
enti collegati (Societa' Irnerio, Ceub di Bertinoro, Alma Graduate School), note
sanguisughe dell'Ateneo. Questa operazione "a fin di bene" (le virgolette sono
mie) lascia interdetti ;
- Rivedere la gestione dei budget dei master e dei corsi di
alta formazione, anche sotto l'aspetto della rendicontazione (e questo meglio tardi che
mai)
- Vi sarebbe invece un silenzio totale sulla FAM SrL,
e cioè sul braccio operativo della Fondazione, dal nome ingannevole per l'assonanza con
quello della Fondazione Alma Mater, e che ha agito (e crediamo tuttora agisca) come una
holding per le varie società controllate e/o partecipate.
Nel precedente CdA dell'Ateneo venne lamentato che l'uso di
"scatole cinesi" avesse condotto alla "assoluta mancanza di controllo delle
risorse o ancora di piu' alla mancata valutazione costi/benefici", mentre
"quando si parla di denaro pubblico tutto deve'essere trasparente".
Visto che nella gestione di master e corsi post laurea è praticamente
impossibile generare passività, è pensabile che le perdite così rilevanti si siano
create proprio in FAM srl e nelle società da essa partecipate, e da qui per i rami siano
ricadute sulla Fondazione Alma Mater (e, ora, addebitate al bilancio dell'Ateneo).
3.- COMMENTO. Questa storia e' davvero una
brutta storia, e che inevitabilmente (nella nostra mente) ricorda quella degli enti
economici in Italia, i cui disavanzi, notoriamente, sono una delle origini del debito
pubblico dello Stato direttamente o indirettamente (nel caso nostro, l'Ateneo ).
L'unico rimedio ipotizzabile e' una ispezione del Miur,
posto che la Corte dei Conti sia fuori gioco in termini di tempo, rispetto ai tempi su
queste decisioni.
Non solo questo. Uno dei motivi dell'inchiesta
di Dionigi, sulla gestione nata prima del suo mandato, fu un dubbio di irregolarita' (che
l'inquirente ha trovato, poi, infondati, ma non ha sembra aver acclarato adeguatamente,
sulla base di un contraddittorio ) sul percepimento (da parte di componenti del Consiglio
di amministrazione della Fondazione) di compensi per le cariche dagli stessi assunte
attraverso FAM srl nelle società partecipate ( pare anche senza chiederne la preventiva
autorizzazione all'Ateneo, come da Regolamento sull'autorizzazione degli incarichi
extraistituzionali del personale docente e ricercatore a tempo pieno (D.R. 379 del
5.10.98) ).
Non solo questo. In generale, attraverso queste
gestioni "fuori controllo", si formano varie clientele, diciamo quelle amicizie
coordinate, gruppi di potere che, al momento delle elezioni, vanno a determinare la
elezione di questo o quell'amico, inquinando la demcrazia.
Torno al programma elettorale di Dionigi. Se la Fondazione
può divenire "braccio economico dell'Ateneo", non divenga il luogo deviato di
clientele. N.Luciani |
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Ateneo di Bologna, Bilancio di previsione 2013. |
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CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
(Seduta del 18 dicembre 2014)
Previsto un FFO - finanziamento statale ordinario
di 358,72 milioni
(inferiore di 14,01 milioni, rispetto alla previsione iniziale 2014) |
Nota. Gli elementi, sottoriportati sono
ripresi dal riferimento al CdA, da parte dell'Ufficio competente.
Si fanno due rilievi:
a) dover constatare che l'Ateneo è "costretto" a fare delle previsioni,
sulla base di ipotesi dii finanziamento da parte del Miur. E' una vera vergogna che il
Miur voglia centralizzare tutto, anzi sempre piu' (vedi legge Gelmini) e al tempo stesso
non sia in condizioni di svolgere le proprie funzioni correttamente, mettendo
tempestivamente e chiaramente gli Atenei in condizioni di fare bilanci certi;
b) la precarietà con cui Bologna - Amministrazione Centrale tratta le università
decentrate della Romagna: dare fondi, senza criteri oggettivi trasparenti, in base ad
trattativa che accorcia o allarga la distanza tra il "fabbisogno dichiarato" e
le assegnazioni "proposte" (e che non si possono rifiutare) dal centro.
Per il futuro (art. 5 legge Gelmini) il FFO dovra' essere attribuito
crescentemente (fino al 100%) in base al costo standard per studente. Per questo,
probabilmente, il dispotismo di Bologna-centro incontrerà un limite: il dovere ripartire
(a sua volta) il proprio FFO, anche tra le sedi, in base al numero degli studenti. |
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BOLOGNA, NUCLEO DI VALUTAZIONE
Nuovi Membri
- prof. Muzio M. Gola (Presidente);
- prof. Achille Basile (Componente);
- prof.ssa Rosa Maria Bollettieri Bosinelli (Componente);
- prof. Carlo Arrigo Umiltà (Componente);
- sig. Giacomo Basini (Studente eletto dal Consiglio degli Studenti). |
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RELAZIONE
Dal Senato Accademico:
( Seduta del 20.11.2014)
NOMINATO IL NUCLEO DI VALUTAZIONE,
per il triennio 2014-2015, ex art. 9 statuto di ateneo
Nota. Il Nucleo di Valutazione è l'organo di
Ateneo preposto alla valutazione delle attività didattiche, di ricerca e amministrative,
istituito ai sensi della Legge n. 370/1999 (.Disposizioni in materia di università e di
ricerca scientifica e tecnologica.) e confermato dalla Legge n. 240/2010 (.Norme in
materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento,
nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l.efficienza del sistema
universitario.).
Esso è composto da un numero di membri tra i 5 e i 7, tra cui un rappresentante
degli studenti eletto dal Consiglio degli Studenti.
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Ripreso
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di REDAZIONE BLITZ, Università: numero chiuso, una questione aperta
Nota. Giro agli studenti Il
servizio di BLITZ, che fa molto utilmente il punto della situazione sul numero chiuso alle
iscrizioni degli studenti alle università.
Il fatto che da anni ormai (si parte dal Ministro Zecchino)
sia stato introdotto il "numero chiuso" si intreccia con varie questioni,
mai affrontate adeguatamente:
- quella della preparazione degli studenti ai seguire dati
corsi di laurea,
- quella della sicurezza degli studenti quando le aule
sono strapiene,
- quella della adeguatezza del finanziamento pubblico
della formazione universitaria.
Queste questioni non possono valere tutte simultaneamente, e dunque si
dovrebbe fare chiarezza sulle motivazioni del diniego: soprattutto nei casi in cui esso
venga a ledere, senza fondamento Costituzionale, il diritto allo
studio.
L'originale è corredato da molte citazioni, e quindi chi volesse
saperne di più, vada all'originale (si vegga sotto, il link). NL |
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La regola della selezione allingresso nelle Università è
messa in discussione da ripetute sentenze dei Tribunali amministrativi regionali. I
giudici dei Tar di Lazio, Sardegna, Marche, Abruzzo, Molise e Toscana hanno rilevato
alcune incongruenze nei test dingresso, dando ragione agli studenti esclusi che
avevano fatto ricorso. E facendo esultare lUdu, lUnione degli
Universitari (la Cgil degli studenti): "È stato abbattuto il numero chiuso".
A questo punto gli studenti che stanno per affrontare gli esami di maturità si
chiederanno: "Ma allora da settembre niente più test dingresso?" La
questione è un po più complicata. Lattacco che le sentenze del Tar
hanno portato al numero chiuso non è ancora quello definitivo.
I ricorsi degli studenti esclusi sono stati accolti dai giudici per un motivo
prevalente oltre che per ripetute e dolose irregolarità nelle prove
dingresso: il punteggio minimo. Con le stesse domande e lo stesso punteggio
uno studente può essere bocciato a Roma e Bologna e ammesso a Napoli e Sassari. Il test
è nazionale, il numero "programmato" di persone ammissibili è nazionale, ma i
criteri con cui si entra variano da facoltà a facoltà.
Un colpo mortale al numero chiuso potrebbe venire dalla Corte Costituzionale,
che prima dellestate dichiarerà con sentenza se il numero chiuso così come finora
è stato applicato dalle università è conforme al principio del diritto allo studio
sanciti dagli articoli 3, 33 e 34 della Costituzione Italiana. La Corte è stata
chiamata in causa dal Consiglio di Stato, la "Cassazione", ovvero
lorgano supremo della giustizia amministrativa.
Se il numero chiuso sarà giudicato "colpevole" di
incostituzionalità, sarà da rifare tutto il sistema che si regge sulla Legge 264 del
1999, firmata dallallora ministro dellIstruzione Ortensio Zecchino:
quella che stabilisce test dingresso in quasi tutte le facoltà e in quasi tutte le
università italiane.
Sul banco degli imputati finisce un sistema che dallinizio degli anni 80
regola laccesso a molta parte dei nostri atenei. Sistema mutuato dallAmerica
in risposta alle iscrizioni in massa alluniversità, tendenza in atto dalla fine
degli anni 60 e arrestatasi solo qualche anno fa. Il criterio era: garantire ai
"meritevoli" unadeguata istruzione di livello accademico ed evitare il
vero "numero chiuso", quello di chi alla fine si laurea. La crescita
esponenziale del numero degli iscritti è andata di pari passo con la diminuzione della
percentuale dei laureati sul totale della popolazione universitaria.
Come sappiamo, il numero chiuso non ha risolto questi problemi. Ma abolirlo del tutto,
garantendo un accesso libero anche alle facoltà dove non si possono stanziare risorse
infinite per comprare macchinari, allargare laboratori, costruire strutture necessarie per
linsegnamento universitario.
Una terza via cè e potrebbe suggerirla la stessa Corte Costituzionale:
applicare quanto dice la discussa legge 264. Ovvero fare un numero chiuso o
"programmato" nazionale e con i test che sono già nazionali selezionare su base
nazionale chi può accedere a determinate facoltà e chi no. Questo ovviamente implica un
investimento nelle strutture per garantire a chi passa il test un effettivo diritto
allo studio- che sempre unutopia in tempi di spending review. BLITZ
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