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DALLA
CAMERA DEI DEPUTATI E DAL SENATO
Quest servizio,
fatto per la precedente
COMMISSIONE DI INCHIESTA SULLE BANCHE
VIENE QUI RIPROPOSTO
per la nuova Commissione che deve fare lo stesso lavoro dell'altra, ma non ancora
terminato.
Per trovare la LEGGE
BANCARIA del 1936, clicca su: BANCHE.1936 |
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In questo servizio, sul
presupposto che la "vigilanza" sia il cuore del problema, sono ripresi alcuni
documenti:
a) Una intervista del Governatore della B.d'Italia agli "indignados", in
una conferenza del 2014, attualissima, che abbiamo ripescata;
b) Le idee della UE in materia di vigilanza bancaria e di struttura economica
bancaria;
c) Un commento (VEDI TERZA COLONNA, QUI A DESTRA) |
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INTERVISTA
"IMMAGINARIA" DEGLI INDIGNADOS, surrogatI dall' "Istituto Einaudi
di Economia e Finanza", http://www.eief.it)
L'intervistatore
è l'EIEF- Einaudi Institute for Economics and Finance, che immagina di fargli
domande per conto degli INDIGNADOS.
Il testo è in una nostra libera traduzione dall'inglese in italiano.
Istituto
Einaudi: Come economisti, vediamo la finanza come il modo per fornire risorse a
coloro che oggi hanno buone idee (ma non la ricchezza o il reddito), consentendo loro di
trasformare queste idee in reale ricchezza aggiuntiva, che può premiare sia loro, sia
quelli che originariamente hanno fornito le risorse.
Come è stato possibile che, invece, la finanza sia stata vista da tanti
giovani solo come un tradimento, un meccanismo misterioso e ingiusto che genera oppressiva
"ricchezza di carta" per una piccola minoranza e la miseria reale per tutti gli
altri?
Che cosa ha fatto la finanza per meritarsi questa cattiva reputazione? Le autorità
monetarie (Regolatori, d'ora in poi) condividono una parte di responsabilità?
Ed è possibile fare meglio, in favore di un ruolo positivo della finanza?
Governatore: Condivido largamente la vostra idea di finanza come un meccanismo
per la produzione di beni.
Ci sono molti vincoli di liquidità che ostacolano il funzionamento
dell'economia e la valorizzazione di buone idee, e la finanza può rimuovere tali vincoli.
In teoria, almeno. Invece, in pratica, le cose confondono il senso degli eventi,
per un eventuale "taglio" al momento giusto.
Ci sono anche dei cicli nel modo di percepire e valutare la finanza. Prima
degli anni 70 il dibattito intellettuale usava dare per scontata l'idea che un Regolatore
fosse necessario, che il mercato lasciato a se stesso può generare risultati
inefficienti.
Poi venne la grande inflazione degli anni '70, combinata con alta
disoccupazione. Lo Stato, i Regolatori che non avevano impedito questi sviluppi, sono
stati messi sotto accusa
e il terreno era pronto per un ideologia alternativa: una
spinta per diminuire lo spazio dello Stato. Per sostenere questo
orientamento, a parte i fallimenti della "economia regolamentata", ci fu un
cambiamento di potere, in ambito politico ed economico. La fine della guerra fredda, una
maggiore apertura delle economie al commercio, il trasferimento delle innovazioni
tecnologiche, molte delle quali generate nel settore militare, ad usi civili.
La rivoluzione nelle tecnologie dell'informazione e della comunicazione ha
radicalmente trasformato il modo in cui le informazioni possono essere generate, raccolte,
trasferite. E questo a sua volta ha permesso una innovazione in ebollizione nel settore
finanziario, l'innovazione finanziaria.
L'idea, in linea di principio corretta e feconda, era che una
proliferazione di nuovi strumenti finanziari, consentendo agli operatori di assicurarsi
contro le molte facce del rischio, era un modo per "completare i mercati",
. permettendo il trasferimento efficiente delle risorse attraverso il tempo, lo
spazio e gli Stati del mondo.
Ma tutto questo era basato sulla ipotesi che il mondo sia stazionario, che il
futuro sia più o meno come nel passato, e che possiamo estrapolare dei campioni
relativamente piccoli, che vi sia un unico "processo che genera i dati", che
possiamo eventualmente identificare e conoscere.
Se invece il mondo è "non stazionario", si finisce per fare stime
errate delle probabilità. E, sulla base di queste stime errate, le decisioni di investire
in vari strumenti finanziari può portare a grandi errori. Per un determinato
numero di anni le grandi banche d'investimento sono state in grado di sostenere
"rendimenti" molto più alti di quelli che erano giustificato dall'aumento reale
della ricchezza economica. Questo, finchè ad un certo punto è arrivato il giorno della
resa dei conti, e c'è stata una brutta caduta.
In certo modo, l'innovazione basata sull'ipotesi di stazionarietà, sparge i
semi della non-stazionarietà, che finirà per svuotare tale ipotesi.
Istituto Einaudi: Allora, pensa che ci fosse una qualche forma di arroganza, di
eccessiva fiducia in se stessi, sulla base di un errata percezione dei rischi?
Governatore: Sì. Fondamentalmente, la "non
stazionarietà" degli sviluppi economici non è stata ben calcolata. Ma altrettanto
la complessità è stata strumentalizzata in modo un pò perverso, per ottenere dai
Regolatori una sorta di benigna tolleranza. I grandi attori del settore finanziario hanno
sostenuto con successo (in accordo con i Regolatori) che l'innovazione finanziaria era
talmente complessa e opaca per i Regolatori, che essi finivano per girarci intorno
Istituto Einaudi:: Cosa pensa sul perché questo è accaduto? I Regolatori non
avevano i giusti incentivi per l'acquisizione delle informazioni necessarie?
Governatore: Ci sono probabilmente due ragioni. Da un lato, i grandi operatori
finanziari erano, e sono, "globali".
Essi operano nel mercato mondiale, ed i Regolatori nazionali erano
troppo piccoli e avevano poteri troppo limitati per essere in grado di affrontarli.
La necessità di coordinare le azioni delle autorità di regolazione ha agito
nel senso di preservare la sfera d'influenza di ciascun regolatore, come un drenaggio
sulla capacità di innalzare la sfida posta da una finanza diventata globale.
D'altro canto, sono avvenuti sicuramente dei fenomeni di cattura dei Regolatori.
Forti poteri politici ed economicI agivano e, in alcuni casi, hanno prevalso.
Istituto Einaudi: Quali sono i Regolatori capaci di evitare che lo stesso errore
accada di nuovo?
Governatore: Parecchie cose sono già state decise (anche se non ancora tutte
implementate in pieno). La più parte dei paesi ha rivisto i propri sistemi di regolazione
e supervisione per ridurre i rischi per la stabilità, per aumentare la cooperazione tra
autorità e ad ampliare la portata delle norme.
Con il nuovo quadro normativo (cosiddetta Basilea 3), la capacità del
capitale delle banche, di assorbire le perdite potenziali, sarà decisamente migliorata in
modo definitivo: solo il capitale in senso stretto (common equity) sarà considerato
"capitale" (azioni ordinarie, riserve, nuovi utili ? N.d.T.).
E si stanno introducendo requisiti formali di liquidità per gli investimenti
bancari.
Sono stati introdotti principi per fare la compensazione nella finanza, più
rispondente alle prospettive di lungo termine delle imprese.
La trasparenza delle negoziazioni su "derivati" sta per essere
aumentata spostando la maggior parte delle operazioni su scambi centralizzati.
Molti degli incentivi perversi, che hanno incoraggiato le assunzioni di
eccessivi rischi di cartolarizzazione, sono stati eliminati.
Però, la riforma non è stato ancora completata. Diversi altri aspetti sono
stati attivamente discussi, per esempio:
- il ruolo delle agenzie di rating;
- gli standard di contabilità;
- le regole prudenziali;
- anche la distinzione tra le banche, in modo da diminuire la loro complessità.
Per evitare di affrontare brutte alternative, poste dall'esistenza di istituzioni
"troppo grandi per fallire", si tratta:
- di impedire a loro di diventare troppo grandi;
- e di costruire regole che permettono schemi di regolazione ordinata, in caso di guasti.
Sarebbe sciocco fingere che i guasti possono essere evitati, ma dobbiamo
essere preparati per il loro occorrenza.
Non tutti sono d'accordo sulle varie proposte, ci sono buoni argomenti su
entrambi i lati del dibattito
.
E, come accennato all'inizio, sono pienamente convinto che molti più sforzi
dovrebbero essere rivolti a spiegare meglio ai giovani, sia quello che è successo e quali
sono gli aspetti positivi del settore finanziario, sia quelle da cui possono trarre i
maggiori benefici.
A proposito di queste cose, un problema è che non è semplice identificare i
colpevoli di ciò che è andato storto.
Alcuni vedono un ruolo maggiore svolto dai cosiddetti squilibri globali, vale a
dire quelli derivanti dall'emergere di aree con eccedenze strutturali e di altre aree
deficitarie nel mondo, con alcuni paesi che consumavano costantemente più di quanto
producevano e con gli altri che facendo il contrario.
Altri incolpano la cosiddetta discrezionalità regolamentare, consistente nella
tendenza di attori finanziari a muoversi in cerca delle economie in cui la regolazione è
più favorevole.
È anche importante essere chiari sui vantaggi e gli svantaggi delle
alternative (trade-offs). Le decisioni che limitano il potere delle grandi
istituzioni finanziarie potrebbero diminuire l'efficienza del sistema, ma potrebbero
produrre un sistema più robusto e resistente, come uno che si realizza in modo
soddisfacente, anche se le ipotesi, dalle quali si traeva il disegno del quadro normativo,
stavano per tradursi in un errore grossolano.
Istituto Einaudi: Tra le iniziative volte a limitare il potere di queste
istituzioni, c'è l'idea di introdurre una imposta sulle transazioni finanziarie. Qual è
la sua opinione al riguardo?
Governatore: Quando ero capo economista presso l'OCSE, abbiamo pubblicato nel
giugno 2002 un capitolo speciale sulle prospettive dell'OCSE circa la volatilità del
mercato dei cambi e sulle imposte sulle transazioni di capitali.
Quello che abbiamo scritto allora rappresenta, ancora oggi, più o meno
quello che ne penso. Sono preoccupato circa la sua pratica attuazione.
Penso che, se l'obiettivo è di tassare i profitti finanziari, ci sono dei
modi migliori di farlo, e se l'obiettivo è di ridurre la dimensione e la quantità delle
transazioni finanziarie, potrebbe finire (posto che si abbia successo) con l'ottenere poco
gettito fiscale.
Istituto Einaudi: Ma perché dovremmo voler ridurre le dimensioni e l'importo
delle transazioni finanziarie ? Pensa che ci sia una discrepanza tra la quantità di
attività finanziaria e la quantità di attività reale?
Governatore: Il mercato dei "derivati" è buono o cattivo ?
Questo è quello che, in pratica, mi state chiedendo, in quanto una grande parte
dell'esplosione del valore delle operazioni finanziarie è imputabile al mercato dei
derivati.
In linea di principio, un contratto su "derivati" è un meccanismo
di assicurazione. Come tale, è un utile aggiunta alla serie di mercati disponibili, è un
chiaro esempio di un trend verso il completamento dei mercati, che ho menzionato prima.
Ma è necessario conoscerne le probabilità ! E se il mondo è
"non-stazionario", questo è un problema.
Istituto Einaudi: Non solo, ma proprio perché i derivati sono a offerta netta
zero, perché dovremmo preoccuparci?
Se si fanno degli errori nella valutazione delle probabilità e qualcuno potrebbe avere
ciò che gli altri hanno perso, non potremmo lasciarli al loro gioco?
Governatore: Vedete, questo è in qualche misura lo stesso argomento usato dalla
grande finanza per giustificare l'auto-regolazione. Siamo adulti, siamo in grado di
prenderci cura di noi stessi. Questo andrebbe bene, salvo se poi non debbano seguire dei
fallimenti e dei salvataggi. Ci sono importanti esternalità, di cui mercati non
regolamentati non tengono conto." ................. |
COMMISSIONE EUROPEA
Bruxelles, 12.9.2012
(Stralcio. Per il testo completo,
clicca su: UE - VIGILANZAPer
un meccanismo di vigilanza unico
:::::::::::::::::
3. COMPLETARE LUNIONE BANCARIA. Come indicato dalla
Commissione, prima del Consiglio europeo del giugno 2012 e come affermato dai presidenti
del Consiglio europeo, della Commissione, dellEurogruppo e della Banca centrale
europea nella loro relazione del 26 giugno 201212, il completamento dellUnione
bancaria imporrà un ulteriore lavoro per la creazione di un meccanismo di vigilanza
unico, un sistema comune di garanzia dei depositi e un quadro integrato di gestione delle
crisi. Listituzione di un meccanismo di vigilanza unico rappresenta un primo passo,
fondamentale e significativo.
3.1. Un meccanismo di vigilanza unico. Il meccanismo di
vigilanza unico che la Commissione propone oggi si basa sul trasferimento a livello
europeo di specifici compiti fondamentali di vigilanza delle banche aventi sede negli
Stati membri della zona euro. Pur conservando la responsabilità ultima, la BCE assolverà
i suoi compiti nel quadro del meccanismo di vigilanza unico composto dalla BCE e dalle
autorità nazionali di vigilanza. Tale struttura consentirà una vigilanza forte e
uniforme in tutta la zona euro, utilizzando al meglio le specifiche conoscenze delle
realtà locali delle autorità di vigilanza nazionali. Ciò assicurerà una vigilanza
basata su una profonda conoscenza delle condizioni nazionali e locali che possono avere
unincidenza sulla stabilità finanziaria. La Commissione propone anche un meccanismo
che consentirà agli Stati membri che, pur non avendo adottato leuro intendono
partecipare al meccanismo di vigilanza unico, di cooperare strettamente con la BCE.
Nellambito del meccanismo di vigilanza unico, alla BCE saranno attribuite
competenze di vigilanza su tutte le banche nellUnione bancaria, alle quali
applicherà il corpus unico di norme applicabile a tutto il mercato unico. Recenti
esperienze hanno dimostrato che anche le difficoltà di banche relativamente piccole
possono avere un significativo impatto negativo sulla stabilità finanziaria degli Stati
membri. Pertanto, sin dal primo giorno la BCE sarà autorizzata a esercitare, su propria
decisione, la vigilanza su tutte le banche della zona euro, in particolare le banche che
ricevono assistenza finanziaria pubblica. Per tutte le altre banche, lintroduzione
graduale della vigilanza della BCE avverrà automaticamente: il 1° luglio 2013 per le
principali banche di importanza sistemica a livello europeo e il 1° gennaio 2014 per
tutte le altre banche. Pertanto, entro il 1° gennaio 2014 tutte le banche della zona euro
saranno soggette a vigilanza europea.
Alla BCE saranno attribuiti specifici compiti fondamentali di vigilanza
indispensabili per individuare i rischi che minacciano la solidità delle banche. Le sarà
attribuito il potere di imporre alle banche lobbligo di adottare le necessarie
misure correttive. La BCE sarà, tra laltro, lautorità competente ad
autorizzare gli enti creditizi, a valutare le partecipazioni qualificate, ad accertare il
soddisfacimento dei requisiti patrimoniali minimi, ad accertare ladeguatezza del
capitale interno rispetto al profilo di rischio dellente creditizio (cosiddette
misure del secondo pilastro), a esercitare la vigilanza su base consolidata e a svolgere
compiti di vigilanza sui conglomerati finanziari. La BCE assicurerà anche il rispetto
delle disposizioni in materia di leva finanziaria e di liquidità, applicherà riserve di
capitale e attuerà, coordinandosi con le autorità di risoluzione delle crisi bancarie,
misure di intervento precoce quando una banca viola, o è in procinto di violare, i
requisiti patrimoniali fissati dalla normativa.
Alla BCE verranno attribuiti tutti i poteri di indagine e di vigilanza necessari
per svolgere i suoi compiti. È prevista la partecipazione attiva delle autorità di
vigilanza nazionali nel quadro del meccanismo di vigilanza unico per assicurare una
preparazione e unattuazione efficienti e spedite delle decisioni di vigilanza e per
garantire il coordinamento e il flusso di informazioni necessari sulle questioni di
portata sia locale che europea, al fine di assicurare la stabilità finanziaria in tutta
lUnione e nei suoi Stati membri.
Tutti i compiti non esplicitamente attribuiti alla BCE resteranno di competenza
delle autorità nazionali di vigilanza. Ad esempio, le autorità di vigilanza nazionali
manterranno le competenze in materia di tutela dei consumatori e di lotta contro il
riciclaggio dei capitali nonché di vigilanza degli enti creditizi dei paesi terzi che
aprono succursali o prestano servizi a livello transfrontaliero nello Stato membro.
La BCE deve poter svolgere le sue nuove funzioni di vigilanza in piena
indipendenza pur restando pienamente responsabile delle sue azioni. La proposta della
Commissione prevede forti garanzie di responsabilità, in particolare nei confronti del
Parlamento europeo e del Consiglio, per assicurare la legittimità democratica. Inoltre,
la proposta stabilisce una serie di principi organizzativi per garantire una chiara
separazione tra politica monetaria e vigilanza. Questa separazione consentirà di
attenuare potenziali conflitti tra diversi obiettivi politici, permettendo allo stesso
tempo di beneficiare pienamente di sinergie. Tutte le attività preparatorie e di
esecuzione delle politiche saranno pertanto effettuate da organismi e divisioni
amministrative diversi dalle funzioni di politica monetaria attraverso un consiglio di
vigilanza istituito in seno alla BCE appositamente a questo scopo.
Infine, le modifiche proposte del regolamento istitutivo dellABE
garantiranno che lABE possa continuare a svolgere la sua missione in maniera
efficace nei confronti di tutti gli Stati membri. In particolare, lABE eserciterà i
suoi poteri e svolgerà i suoi compiti anche nei confronti della BCE. Le modalità di voto
in seno allABE saranno adattate per assicurare che le strutture decisionali
dellAutorità restino equilibrate ed efficienti e riflettano le posizioni delle
autorità competenti degli Stati membri partecipanti al meccanismo di vigilanza unico e
delle autorità competenti degli Stati membri che non vi partecipano, in modo da
preservare appieno lintegrità del mercato unico. Le modifiche delle modalità di
voto interessano le materie sulle quali lABE adotta decisioni vincolanti
sullapplicazione del corpus unico di norme in caso di violazione del diritto
dellUnione e di risoluzione delle controversie. Per altre materie le salvaguardie
procedurali esistenti sono considerate sufficienti ad assicurare strutture decisionali
equilibrate ed efficaci. Ad esempio, i progetti di norme tecniche sono presentati alla
Commissione per ladozione, e la Commissione può decidere di approvarli o di
modificarli, in particolare quando non sono conformi ai principi fondamentali del mercato
interno per i servizi finanziari. Infine, nel regolamento recante modifica del regolamento
(UE) n. 1093/2010 è stata inserita una specifica clausola di riesame che consentirà di
tener conto in particolare degli sviluppi negli Stati membri la cui moneta è leuro
o negli Stati membri le cui autorità competenti hanno instaurato una cooperazione stretta
e di verificare se, alla luce degli sviluppi, siano necessari aggiustamenti delle
disposizioni per assicurare che le decisioni dellABE siano adottate
nellinteresse della preservazione e del rafforzamento del mercato interno dei
servizi finanziari.
:::::::::::::::::::
___________________________
L'INDIRIZZO DELLE DUE CAMERE per la COMMISSIONE BICAMERALE
" La Commissione (art. 3), dovrà verificare: a) gli effetti sul
sistema bancario italiano della crisi finanziaria globale e le conseguenze
dell'aggravamento del debito sovrano; b) la gestione degli Istituti bancari
che sono rimasti coinvolti in situazioni di crisi o di dissesto e sono stati o sono
destinatari, anche in forma indiretta, di risorse pubbliche o sono stati posti in
risoluzione. In particolare, per tali Istituti la Commissione deve verificare:
1. le modalità di raccolta della provvista e gli strumenti utilizzati; 2. i criteri di
remunerazione dei manager e la realizzazione di operazioni con parti correlate
suscettibili di conflitto di interesse; 3. la correttezza del collocamento presso il
pubblico - con riferimento ai piccoli risparmiatori e investitori non istituzionali - dei
prodotti finanziari, soprattutto quelli ad alto rischio, e con particolare riferimento
alle obbligazioni bancarie; 4. le forme di erogazione del credito a prenditori di
particolare rilievo e la diffusione di pratiche scorrette di abbinamento tra erogazione
del credito e vendita di azioni o altri strumenti finanziari della banca; 5. la struttura
dei costi, la ristrutturazione del modello gestionale e la politica di aggregazione e
fusione; 6. l'osservanza degli obblighi di diligenza, trasparenza e correttezza
nell'allocazione di prodotti finanziari, nonché degli obblighi di corretta informazione
agli investitori; c) l'efficacia delle attività di vigilanza sul
sistema bancario e sui mercati finanziari poste in essere dagli organi preposti, in
relazione alla tutela del risparmio, alla modalità di applicazione delle regole e degli
strumenti di controllo vigenti, con particolare riguardo alle modalità di applicazione e
all'idoneità degli interventi, dei poteri sanzionatori e degli strumenti di controllo
disposti, nonché all'adeguatezza delle modalità di presidio dai rischi e di salvaguardia
della trasparenza dei mercati; d) l'adeguatezza della disciplina legislativa e
regolamentare, nazionale ed europea sul sistema bancario e finanziario, nonché sul
sistema di vigilanza, anche ai fini della prevenzione e gestione delle crisi
bancarie". |
Nino
LUCIANI, Sotto la punta dell'iceberg
1.- Premessa..
a) Le considerazioni del governatore Visco, sulla vigilanza,
attengono alla attività degli ispettori della B.d'I. nei confronti dei vai istituti
bancari circa la correttezza nei confronti dei risparmiatori e dei creditori.
Su questa vigilanza, pur da conoscere, non è il caso di
"scaldarsi" perchè, essendo un compito della B.d'I, qui Visco è "Cicero
pro domo sua" e già sappiamo, dai fatti, che non è stata una vigilanza efficace
(pur se i crediti deteriorati sono derivati - forse più di tutto - dalla crisi economica
generale).
b) Invece l'intervista "immaginaria", riportata qui a
fianco, è molto interessante, perchè egli è costretto ad alzare lo sguardo, sotto il
tiro impietoso dell'intervistatore.
Qui, tra le varie cose, è rilevante che egli giudichi che le falle della vigilanza, in
Italia e nel mondo, sono state soprattutto il frutto di uno scompattamento tra i poteri
delle banche centrali (ristretti al territorio nazionale) e i poteri degli istituti
privati creditizi (liberi di operare a dimensione mondiale).
La sanatoria di questo dualismo non viene proposta da Visco tra le
"considerazioni" del 31 maggio (ovviamente...), ma dalla UE. Precisamente, nel
testo riportato qui a fianco la Commissione Europea vuole abolire i poteri di
vigilanza delle banche centrali locali (dunque, anche della Banca d'Italia) e
sostituirli con un potere unico, centralizzato nella BCE.
In questo modo la vigilanza cessa di essere l'unico grande compito della B.d'I.
dopo la istituzione dell', a parte la fabbricazione degli da immettere in
Italia e le funzioni di cassiere del bilancio dello Stato. Pertanto si concluderebbe
opportuno e necessario abolire il costo di quel pachiderma (B.d'I.) e metterlo alle
dipendenze del TESORO (opportunamente ridimensionata).
2. Fattori di tipo normativo bancario, determinanti per la vigilanza. I
fattori di tipo normativo (a cui Visco accenna in altre sedi) e che sono determinanti
l'efficacia della vigilanza, sono:
- il criterio di attività delle banche, circa il deposito e il giro;
- l'orizzonte temporale del credito (a breve o a medio-lungo credito);
- le garanzie patrimoniali delle banche, circa i depositi.a) Sul criterio di attività delle banche, circa il deposito e il
giro. La legge bancaria del
1993 (Decreto Leg.vo 385/1993) stabilisce che "l'attività bancaria" ha
"carattere di impresa" ed "è riservata alle banche"
(art.10).
Commento. In seguito a questa norma, per definizione, le possibilità
della Vigilanza sono state azzerate, salvo per l'etica di una qualunque impresa.
Invece, nella legge bancaria del 1936, art. 1 (sopravissuta fino al 1993), "la raccolta del risparmio fra il pubblico sotto ogni forma e
l'esercizio del credito sono funzioni di interesse pubblico"...
b) Circa l'orizzonte temporale del credito,
è noto che la legge del 1993 ci ha regalato la "banca universale", ossia
eliminato la distinzione tra credito a breve o a medio-lungo termine.
Cadendo questa distinzione, la Vigilanza si è trovato con ulteriori meno criteri precisi
di valutazione.
Dentro questo aspetto, merita ricordare il credito per operazioni e
economche e finanziarie allo scoperto. Nel caso del mercato di borsa, si tratta
di vendita di azioni, non possedute, ma da consegnare ad una determinata scadenza).
Non le proibirei, ma pretenderei che l'eventuale capital gain sia tassato almeno al
50%, senza lasciare alle banche la piena discrezionalità del tasso di interesse sul
credito.
c) Circa le garanzie patrimoniali
da applicare, la nuova normativa europea declassa i coefficienti di riserva
obbligatoria (oggi solo 1%) e privilegia il criterio della cosiddetta patrimonializzazione
(Basilea 3, verso Basilea 4).
Ahimè, su questo Visco tace ...
Con lo strumenro della riserva obbligatoria (a suo tempo 17%, e finanche 25%, in
precedenza), una banca immobilizza dei depositi, ma non genericamente, bensì in rapporto
ai depositi che sono un fatto fisico incontestabile).
Invece, con lo strumento della patrimonializzazione, in cui l'immobilizzo è
rapportato agli impieghi, subentra una valutazione soggettiva, circa la
previsione della entità di "patrimonio di vigilanza", ossia effettivamente
liquidabile.
Questa soggettività nel calcolare il patrimonio da accantonare (a parte quello
liquido) non è nulla come certezza in termini di liquidabilità, per cui non ha molto
senso obbligare le banche ad immobilizzi al vento.
Per questo, sarebbe molto più saggio usare il criterio della riserva obbligatoria,
cara ad Einaudi (Governatore della Banca d'Italia, a suo tempo).
Conclusione. Una efficace vigilanza
dipende pochissimo dalla bravura e serietà personale degli ISPETTORI, se disgiunta dalla
saggezza delle regole bancarie.
La legge del 1936 era certamente più saggia di quella del 1993 e anche di quella europea
attuale (Basilea 3).
Chi fosse interessato a ripercorrere la legge bancaria del 1936, clicchi su: Legge 1936, che ho
recuperato dalla G.U. di allora, essendo divenuta introvabile per intero.
Nino Luciani, Professore
Ordinario di scienza delle finanze |
Fonte: B.d'I., Relazione annuale,
31.V.2017
Governatore VISCO, Considerazioni
finali sulla
Azione di Vigilanza Bancaria.
Negli anni della crisi l'azione di vigilanza
sulle banche si è articolata su più fronti. Il controllo sulla liquidità si è
intensificato ed è stato condotto su base infragiornaliera nelle fasi di maggiore
tensione. L'ammontare delle attività utilizzabili a garanzia nelle operazioni di
finanziamento presso l'Eurosistema o sul mercato è notevolmente cresciuto.
Una serie di ispezioni mirate avviate nella
seconda metà del 2012 ha determinato aumenti importanti delle rettifiche a fronte dei
prestiti deteriorati. Tra il 2009 e il 2014 i tassi di copertura sono saliti di 5 punti
percentuali per le banche maggiori, di quasi 11 punti per le altre; oggi essi sono
superiori alla media europea.
Abbiamo sollecitato - imposto, quando necessario
- il raggiungimento di più elevati livelli patrimoniali da parte degli
intermediari. L'azione è proseguita con l'avvio dell'Unione bancaria, anche in
fasi di tensione dei mercati creditizi e dei capitali. Dall'inizio della crisi alla fine
del 2016 il rapporto tra il patrimonio di migliore qualità e l'attivo ponderato per i
rischi è cresciuto di 4 punti percentuali per le banche maggiori, al 10,4 per cento in
media; di 5 punti per le altre, al 15,5 per cento.
In un paese in cui i finanziamenti alle imprese
provengono per quattro quinti dalle banche, la caduta dell'attività produttiva si è
inevitabilmente ripercossa, come ho osservato, sugli intermediari. La redditività delle
banche e la capacità di generare capitale sono peggiorate, risentendo sia del calo dei
ricavi sia delle maggiori perdite su crediti; nel triennio 2013-15 queste ultime hanno
mediamente assorbito il 90 per cento del risultato di gestione.
I benefici della ripresa stanno ora lentamente
emergendo nei bilanci degli intermediari. I risultati negativi registrati lo scorso anno
riflettono in parte il basso livello dei tassi di interesse e gli oneri straordinari
sostenuti per incentivare l'uscita anticipata di parte del personale; vi hanno contribuito
le forti svalutazioni sui prestiti contabilizzate negli ultimi mesi del 2016. Nel primo
trimestre di quest'anno il risultato di gestione dei maggiori gruppi si è mantenuto
sostanzialmente stabile, mentre le rettifiche su crediti si sono ridotte di circa un
quinto. I prestiti al settore privato non finanziario hanno continuato a crescere, a tassi
intorno all'1 per cento annuo. Il buon esito del cospicuo aumento di capitale realizzato
sul mercato da parte del gruppo UniCredit è un segnale di fiducia importante.
La crisi ha colpito soprattutto quelle
banche che, anche a causa di carenze negli assetti di governo societario e di
comportamenti imprudenti - a volte illeciti - nell'erogazione del credito, la avevano
affrontata già deboli. È il caso delle quattro banche poste in risoluzione alla
fine del 2015 e dei gruppi per i quali sono attualmente in corso interventi di
rafforzamento patrimoniale.
A fronte di gravi mancanze abbiamo irrogato
sanzioni nella misura massima prevista dall'ordinamento. Nei casi di mala gestio le
ipotesi di reato sono state segnalate all'autorità giudiziaria con tempestività,
avviando la collaborazione con la magistratura già nel corso degli accertamenti
ispettivi.
Le importanti riforme varate negli ultimi anni
mirano a superare le debolezze delle banche che la crisi ha reso più evidenti. Dalla fine
del 2015 si sono trasformate in società per azioni otto delle dieci maggiori banche
popolari, la cui operatività si estende ben oltre l'ambito solidaristico e locale. La
riforma migliora gli incentivi a vagliare l'operato degli amministratori, la trasparenza
nella gestione aziendale, la capacità di ricorso al mercato dei capitali; amplia la
partecipazione dei soci in assemblea, riducendo il rischio di concentrazioni di potere in
capo a gruppi organizzati minoritari. La fusione tra il Banco Popolare e la Banca Popolare
di Milano ha dato vita all'inizio di quest'anno al terzo gruppo bancario italiano. Le
banche di credito cooperativo, con la riforma in corso di attuazione, potranno ricorrere
al mercato e rafforzare il sostegno alle economie locali con maggiore efficienza e
sicurezza, conservando lo spirito mutualistico che le contraddistingue.
La nostra attività di controllo si è svolta in
una fase concitata di mutamento della normativa internazionale ed europea. Soprattutto, la
definizione di un nuovo sistema di gestione delle crisi bancarie e, prima ancora,
l'interpretazione restrittiva della disciplina degli aiuti di Stato hanno segnato, come ho
più volte osservato, una brusca cesura. In una congiuntura sfavorevole sono stati
sottovalutati i rischi della transizione. Nell'applicazione delle nuove regole occorre
evitare di compromettere la stabilità finanziaria. Nel rispetto dei principi alla base
del nuovo ordinamento europeo, gli interventi delle autorità devono essere volti a
preservare il valore dell'attività bancaria, a vantaggio dei risparmiatori e delle
imprese affidate. Non possiamo correre il rischio di intaccare la fiducia nelle banche e
nel risparmio da esse custodito.
L'efficace gestione di una crisi richiede tempi
assai rapidi e certi, una stretta cooperazione tra tutti i soggetti coinvolti, una chiara
definizione delle responsabilità e delle priorità. Sono queste le modalità che in
passato hanno consentito in Italia di superare fasi di tensione, anche gravi, senza danni
per i risparmiatori e per il sistema creditizio nel suo complesso. Oggi, nel nuovo assetto
europeo gli interventi in caso di crisi sono affidati a una molteplicità di autorità e
istituzioni - nazionali e sovranazionali - tra loro indipendenti, con processi decisionali
poco compatibili con la rapidità degli interventi. Manca una efficace azione di
coordinamento.
In un contesto di mercato in cui il trasferimento
delle attività bancarie è assai difficile, gli interventi preventivi dei fondi di tutela
dei depositanti sono stati equiparati dalle autorità europee competenti ad aiuti di
Stato, sebbene il loro finanziamento sia interamente di natura privata e il loro utilizzo
mosso da scelte imprenditoriali e non da interventi delle autorità. L'impiego di fondi
pubblici, pur se conveniente sul piano economico e finanziario, è ora assoggettato a
limiti stringenti anche dopo il coinvolgimento di azionisti e detentori di passività
subordinate.
Nelle scorse settimane, a seguito di un processo
laborioso e complesso, si è chiusa la procedura di cessione di tre delle quattro banche
poste in risoluzione; per la quarta il processo è in via di conclusione. Prosegue il
confronto tra le autorità italiane ed europee per la ricapitalizzazione pubblica
precauzionale - uno strumento previsto dalla direttiva sul risanamento e la risoluzione
delle crisi bancarie - della Banca Monte dei Paschi di Siena, della Banca Popolare di
Vicenza e di Veneto Banca. Sono in fase avanzata, con l'intervento finanziario e operativo
del Fondo volontario costituito da gran parte degli intermediari italiani, le trattative
per l'acquisto di tre piccole banche da parte di un grande gruppo francese.
L'azione di controllo sulle banche che vigiliamo
direttamente è continua; fa perno su una intensa attività ispettiva in loco, oltre che
su analisi a distanza. Negli anni scorsi essa ha consentito di risolvere problemi di
governo societario, organizzativi, di gestione dei rischi. Nel 2016 abbiamo condotto 95
ispezioni su banche soggette alla nostra vigilanza diretta, in linea con la media degli
anni precedenti; nella maggioranza dei casi le verifiche hanno riguardato l'intero spettro
di attività degli intermediari. Le ispezioni sul rischio di credito, incentrate sulla
classificazione dei prestiti e sull'adeguatezza delle rettifiche di valore apportate dalle
banche, sono approfondite; si basano sul vaglio delle singole relazioni creditizie e
coprono quote ampie del portafoglio.
Per le 101 banche diverse da quelle di credito
cooperativo su cui vigiliamo direttamente, nello scorso anno il processo di revisione
prudenziale si è concluso con valutazioni positive nel 60 per cento dei casi; gli
intermediari che hanno ricevuto valutazioni di attenzione, il 35 per cento, sono
sottoposti a controlli e interventi più intensi e stringenti. Le restanti situazioni,
valutate come critiche, fanno riferimento a banche di dimensione contenuta per le quali
sono in corso o in via di attuazione riorganizzazioni aziendali e interventi di
ricapitalizzazione, anche per far fronte a eventuali carenze di capitale emerse nelle
valutazioni degli effetti del verificarsi di condizioni sfavorevoli.
Nel settore del credito cooperativo nel triennio
2014-16 sono stati condotti accertamenti ispettivi sui due terzi dei circa 330
intermediari della categoria, su 60 nell'anno passato. Le situazioni critiche emerse a
seguito del processo di revisione prudenziale riguardano anche in questo caso un numero
limitato di intermediari; per questi sono in corso o in via di completamento interventi
volti alla soluzione delle difficoltà, nella prospettiva del loro inserimento nei gruppi
che verranno costituiti in seguito alla riforma. Per i due gruppi maggiori avvieremo nel
2018 insieme con la BCE un esercizio di valutazione approfondita analogo a quello
effettuato nel 2014 per le banche soggette alla vigilanza comune europea.
Presso banche italiane classificate come
significative nel 2016 sono stati svolti, per conto del Meccanismo di vigilanza unico, 34
accertamenti ispettivi, per la maggior parte condotti da nostri ispettori, nei casi più
importanti con la partecipazione di personale delle autorità di altri paesi membri. Altri
11 accertamenti sono stati da noi effettuati con riferimento ai profili di trasparenza e
antiriciclaggio di queste banche. Ispettori della Banca d'Italia hanno altresì
partecipato a verifiche su grandi intermediari esteri.
Sulla base dei poteri e delle responsabilità che
la legge attribuisce al nostro Istituto nel comparto dei prodotti bancari, nel 2016
abbiamo richiamato 90 intermediari al puntuale rispetto delle norme sulla trasparenza e
sulla correttezza delle relazioni con la clientela. È stata imposta l'adozione di
opportune misure correttive; sono stati avviati quando necessario procedimenti
sanzionatori. A seguito dei controlli, le banche hanno restituito alla clientela circa 35
milioni di euro impropriamente addebitati. È in rapida crescita l'attività dell'Arbitro
Bancario Finanziario che nel solo 2016 ha ricevuto 22.000 ricorsi. Le decisioni assunte
nell'anno sono state circa 14.000, per tre quarti favorevoli ai ricorrenti. Sebbene non
vincolanti, i provvedimenti sono stati rispettati nella quasi totalità dei casi; hanno
assicurato la restituzione ai clienti di ulteriori 13 milioni. Complementare alle
attività di controllo è l'impegno nel campo dell'educazione finanziaria; partecipiamo
attivamente alla strategia nazionale in fase di avvio.
Il processo di revisione della normativa
antiriciclaggio italiana, volto a dare attuazione alla quarta direttiva europea in
materia, si è appena concluso. Nel nuovo quadro sono confermati il ruolo e gli assetti
delle autorità di vigilanza e dell'Unità di informazione finanziaria; la collocazione
dell'Unità presso la Banca d'Italia garantisce indipendenza ed efficacia alla sua azione
di prevenzione. Il nostro ordinamento ha ben funzionato nei quasi dieci anni di vigenza.
Lo dimostrano i rilievi formulati in occasione delle ispezioni presso gli intermediari, in
calo quanto a numero e gravità, la crescente collaborazione offerta dagli operatori
attraverso la segnalazione di attività sospette, i contributi importanti forniti
dall'Unità alle indagini delle autorità investigative e giudiziarie. A fronte
dell'intensificarsi della minaccia terroristica sono state messe a punto modalità di
accertamento e di cooperazione, anche su scala internazionale, per intercettarne e
contrastarne il finanziamento.
Le banche italiane sono oggi chiamate al
cambiamento per riportare la redditività su livelli adeguati. È con questo spirito che
vanno affrontate le sfide poste dallo sviluppo tecnologico e dall'evoluzione nella
struttura dei mercati. Gli intermediari devono proseguire con assiduità nella
razionalizzazione della rete degli sportelli, nella revisione, anche profonda, delle
strutture di governance, nella riduzione dei costi del lavoro, a tutti i livelli. Il
diffondersi di canali di finanziamento dell'economia alternativi al credito bancario,
basati sull'accesso diretto delle imprese agli investitori e al mercato, può consentire
alle stesse banche una diversificazione delle fonti di ricavo. Un contributo rilevante
potrà venire dall'offerta di servizi di finanza aziendale e di gestione del risparmio.
Pur consentendo ridotti presidi patrimoniali, essi richiedono di prestare particolare
attenzione alla qualità e alla correttezza dei rapporti con la clientela.
L'espansione di forme di intermediazione che
fanno leva sulla tecnologia accresce la concorrenza, consente anch'essa di ampliare i
servizi offerti. Il processo di digitalizzazione comporta, però, rischi operativi e rende
le infrastrutture utilizzate vulnerabili ad attacchi esterni. La fiducia della clientela
dipende in modo cruciale dalla trasparenza delle informazioni, dalla correttezza dei
comportamenti, dalla qualità della sicurezza informatica. Il nucleo per le emergenze
informatiche, costituito in collaborazione con l'Associazione bancaria italiana e al quale
partecipano banche e altri operatori del settore finanziario italiano, agisce con
efficacia. A livello internazionale il coordinamento è indispensabile; nell'ambito del G7
è stato avviato un percorso di cooperazione, con l'obiettivo di sviluppare linee di
azione comuni per rafforzare la protezione dei soggetti finanziari, privati e pubblici. |
.
Giulio Andreotti
|
AVE GIULIO
ROMANZO BREVE DI ALBERTO
ALESSI
Queste mie brevi
riflessioni sono dedicate a mio padre,
a Giulio Andreotti e a tutti democristiani liberi e onesti |
Alberto Alessi
|
PRESENTAZIONE |
L'autore ha intitolato " Ave
Giulio", un romanzo breve dedicato a Giulio Andreotti, còlto alla maniera di Dante
Alighieri, mentre (al termine della sua vita terrena) cerca una collocazione nell'aldilà,
dove è subito classificato un caso difficile dai guardiani delle porte di inferno,
purgatorio, paradiso. E' una avventura del "democristianissimo
Presidentissimo" durante il suo viaggio ultraterreno, non nel rapporto con i potenti
della terra, ma con gli Inferi e il Paradiso.
L'Autore racconta come Andreottì utilizzi tutta la sua intelligenza, le sue
risorse ed esperienze non solo per salvare la propria anima, ma per avere dal padre Eterno
un importantissimo incarico: insomma anche nell'aldilà egli non può vivere senza il
potere che "logora chi non ce l'ha".
II lettore potrà sorridere, anche se il romanzo contiene pagine di una
velata malinconia, ancorché divertente. Nel percorso di Andreotti, l'autore sembra anche
far rivivere la storia della DC, congelata viva dagli stessi democristiani e perciò
condannati a sostare nel Purgatorio non si capisce se, forse, per sempre.
Dove maggiormente Andreotti sembra utilizzare la sua mirabile astuzia è
nell'incontro con Belzebù all'Inferno, dove egli non appare un soprawissuto. Non è un
mimo, non è "nessuno", è un vero leader. Più che un personaggio appare un
uomo dotato di una eccellente improntitudine che mette in imbarazzo lo stesso Satanasso.
In Paradiso, poi, il suo sforzo massimo è quello di focalizzare
l'attenzione del Padre Eterno, più che sull'amore o il perdono, sulla ragione. Egli,
infatti, cercherà di meravigliare la Santissima Trinità, osando e mettendo in
discussione pagine assai delicate dei Vangeli e assumendo, però, sempre che il proprio
decoro, la propria dignità, ma soprattutto le proprie idee non devono essere mai
svendute: nel senso che il potere si può svendere per le proprie idee, ma le proprie
idee, per il potere, mai.
Vi sono spunti in questo romanzo breve che potrebbero anche aprire un
serrato dibattito, nell'ambito religioso e nell'ambito politico, perché Andreotti nel suo
"genere" è unico.
Nell'ultima parte del romanzo la difesa appassionata dell'avvocato Giuseppe
Alessi, riconosciuto anche ivi principe del foro, potrà fare scoprire come l'arringa del
difensore abbracci tutti i lati più nascosti e profondi, sia psicologici, sia sociali,
sia religiosi del suo difeso. |
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A. Alessi, AVE GIULIO
La prova migliore dell'ordine
è la memoria
Capitolo I°
LA PARTENZA DI ANDREOTTI,
QUELLA SENZA RITORNO
Primo passaggio:
ALL INFERNO con Belzebù
E così anche per Giulio
Andreotti, l'osservante cattolico democristianissimo, doveva sopraggiungere la data di
partenza, quella senza ritorno.
Era uscito dalla ribalta, ma non
per sempre e la sua memoria non disseccherà. Lo stesso ben sapeva che ogni giorno che si
vive è un giorno in meno e non un giorno in più.
Spesso in vita aveva esaminato le
sue mani rivolte in su, come se dovesse recitare il Padre Nostro, dove ogni essere umano
ha stampigliate due M : " memento mori, ricordati che devi morire". Vivi in
santità ed onestà ogni tuo momento, perché la tua candela può spegnersi ad ogni
fulminea folata di vento, in ogni istante e senza preavviso.
E così il Nostro iniziò il nuovo
cammino con la solita sua impassibile espressione con dipinto un enigmatico sorriso sul
volto. Ma il primo incontro, post mortem, fu poco rassicurante, poiché il
"Presidentissimo" si ritrovò faccia a faccia con l'infernale e sgradevole
Belzebù, di desolante bruttura e con la coda biforcuta affetto da un odore acidulo di
zolfo e tanto e tale era il calore che lo circondava che, il più volte premier italiano,
si tolse la giacca e guardò il suo interlocutore a testa alta e con atteggiamento al
contempo forte ed umile, indulgente e decoroso, insomma adatto alla durissima ma forse non
inaspettata circostanza.
Era conscio che se fosse uscito
vinto, dopo possibili e serie contestazioni, lo sarebbe stato per sempre e che lì avrebbe
piantato il suo destino a tempo indeterminato.
Ora bisogna sapere che il Divo
Giulio nel suo percorso terreno, preferì sempre situazioni a tempo determinato, in modo
di poterle ricostruire, plasmare e appianare con lucida pazienza ed illimitata esperienza,
nei modi e tempi a lui favorevoli, e del caso e se le convenienze lo esigevano con le
aspettative altrui.
Non per nulla il romanissimo
Giulio aveva adottato Roma, positiva e faccendiera, cupa e superba, come diletta sua
patria e lì aveva fissato la sua dimora.
Larga parte dei romani e non solo
romani lo stimò, sì da non essere secondo a nessuno. Egli fu sempre conscio che essi
avrebbero onorato la sua memoria. Amò Roma non iure soli, ma iure cordis: non per un
comando della terra natia, ma per una scelta del suo spirito.
Fu un attento assemblatore
della sua opulenza e della sua miseria. E la comunità romana fu così essenzialmente e
talmente sua, che divenne come l'incarnazione di un patronato di assistenza per lo
scioglimento di ogni garbuglio e il disbrigo, anche, di ogni assillante problema cittadino
ed individuale. I suoi beneficiari furono una turba.
Non si comprende e non è
dato di conoscere perché l'estensore del broccardo : " il potere logora chi non ce
l'ha", fosse finito laggiù, nel torrido inferno, forse a proposito di questa sua
impudente battuta che nascondeva una concezione divinamente diavolesca della gestione del
potere. Insomma uno dei tanti misteri che circondò nella vita temporale il Giulio
nazionale, tifosissimo della squadra di calcio della Roma.
Il rivoltante Tentatore
rimase di stucco. Non si aspettava un ospite tanto sicuro di sé, sereno. Cercava di
comprendere se bleffasse perché terrorizzato da un mortale timore o se fosse un
predatore.
Ma il forestiero, inaspettato e
non gradito, non mosse un solo nervo né del suo viso, né del suo corpo, ma domandò a
mezza voce mellifluamente, timido e dimesso: "scusi tanto, ma ho una curiosità;
quaggiù sono in vacanza permanente molti comunisti?".
Il Maligno di rimando,
sdegnosamente beffardo, iracondo, livido e propenso ad infierire: "tanti, quanti
papi, cardinali parroci e devoti bugiardi: intende!?.
E poi lei sa bene che i cattolici vengono qui all'inferno e i protestanti vanno in
Paradiso".
"Lucifero sarà sicuramente
di estrema sinistra", barbugliò dentro di sé l'anfitrione Giulio e soggiunse
rispettosamente: " si intendo
.., poverini.
Non si potrebbe presentare,
chessò, un disegno di legge, un decretino, una proposta intelligente e clemente per
toglierli dall'assillante prospettiva di un non ritorno così ostile e orribile. In fondo,
in fondo si è trattato di innocui peccatucci fatti per ignoranza e ingenuità, ehm, ehm
" . " A tutti si deve una compassionevole opportunità" ;
dichiarava tutto ciò traboccante di pietà, ma con la furberia di un serpente.
Tale proposta la fece con tono così cardinalizio, e così suadente e toccante, che
il sommo gestore dell'Inferno, sobbalzò dal suo ballatoio puzzolente di lava
incandescente e silenziosamente tra sè e sé e con atteggiamento di grande disprezzo:
" questo qui mi vuole fregare e quasi quasi mi fa più paura di quanta io ne abbia
mai avuto di me stesso".
Satana cambiò,
allora, tattica e cercò di utilizzare tono, voce ed atteggiamento uguali a quelli del suo
considerato temibile interlocutore. Rivolse il testone cornuto verso il lato sinistro, si
incurvò, lo squadrò di sbieco e chiese in modo melato: " mi scusi, anima bella, ma
lei perché è qui?". |
"Se non lo sa lei che è il padrone, mi perdoni tanto, perché dovrei
saperlo io che vengo da così lontano, dalla caput mundi?.
Il viaggio mi creda è stato
assai pesante e complicato". L'anima bella rispose chinando la propria testa verso il
lato destro e guardando l'assorto dirimpettaio di sottecchi, si piegò, ma in modo tale da
squadrare dall'alto il Generalissimo di tutti i diavoli.
Il Re delle tenebre, combattuto e
perplesso, con orrido sgomento si convinse che poteva essere maturato il momento di essere
scalzato dal comando di quel regno maledetto da un sagace e spigoloso tessitore.
Tenendo particolarmente al suo
scranno conquistato con cotanto e notissimo peccato, l'odioso tradimento e la ribellione
verso il suo Signore, prese una decisione che considerò salvifica e così mormorò:
"ascolti brav'uomo, questo ambiente così spaventoso non è adatto a lei. Capisce,
troppo caldo afoso.
Poca e onesta compagnia e nessuna decente prospettiva. In
questo luogo horribilis il suo mal di testa, del quale ha sofferto tantissimo, si
aggraverà. Ecco guardi in alto, si diriga lì, vi sono luoghi più salubri, meno angusti
e soffocanti, meno squallore, meno cattivi odori per la sua salute e il benessere della
sua animacc
".
Si fermò, perché temette di offenderlo. Anche
l'incollerito Satanasso soffriva ancora di qualche sensibilità, assunta in un periodo in
cui fu angelo.
Ma il brav'uomo fece finta di non ascoltare la ultima
espressione, ringraziò e si incamminò lentamente verso la nuova metà convinto , però,
che il despota di tutti i diavoli non avesse tutti i torti.
Dopo pochi passi sorprendentemente tornò indietro. Quando
l'indicibilmente ripugnante Lucifero, che già aveva posto la propria attenzione al
governo dei tantissimi orrendi compiti del suo regno, lo vide, ne fu preoccupatissimo e si
allarmò: " santi di tutti i maligni che vorrà ora costui?". "Chiedo venia
ancora gran visir delle tenebre", domandò l'illustre viandante con atteggiamento
pietista e guardingo, e con spirito pronto ed occhi furtivi: " potrei osare chiederle
una cortesia?.
Ecco in cambio del suo benevolo suggerimento e rinnovandole la
mia gratitudine, vorrei offrirle una ghiotta opportunità. Corre voce che nella mia amata
nazione, impazzerebbe un comico assai dotato che appartiene alla razza dei comici
genovesi. Mezzo ruffiano e mezzo commediante, a volte brutale e a volte tracotante, forse
è pericoloso, sicuramente è divertente.
Lo stesso possiederebbe la parola in misura straordinaria: un
dono prezioso che utilizzerebbe furbescamente. E quando comizia, confermano, con modi
violenti lacera i cuori, scuote l'apatia, avvolge, soffoca al contempo con i suoi mille
tentacoli.
Sembrerebbe un clown fratesco che con una profluvie di
barzellette incanta il popolo. Si porrebbe l'obiettivo di risvegliare l'attenzione del
pubblico attraverso dosi massicce di umorismo, a volte violentemente macabro, altre
esilarante. I suoi spettacoli sarebbero granguignoleschi.
Spesso anche quando smascella, più che ridere ulula, nitrisce,
ehm, ehm
Lo denigrano come l'incarnazione della riduzione al minimo della
intelligenza.
Asseriscono, i suoi presunti delatori, che le sue proposte,
spesso sciocche, nella sua bocca, grazie alla sua mimica, alle sue contorsioni, alla sua
maniera di strizzare gli occhi, diventerebbero quasi verità: insomma insieme un
inesauribile improvvisatore ed uno scaltro volgarizzatore di problemi.
Assicurano che si sia messo in testa, di diventare un riferimento
politico e sono tormentati perché pare temono possa riuscirvi.
Si interrogano se sarà un politico apprezzato o un buffone
dimenticato. In tanti lo apprezzano, altrettanti lo detestano, e questi ultimi auspicano
che la Signoria Vostra lo convochi per qualche gaudiosa vacanza, insomma per riprendere
fiato, per una battuta d'arresto giovevole.
Allungato in queste rocce infuocate, esposto al sole
cocente di questa contrada gioconda ehm, ehm, ehm, tale svago gioverebbe considerevolmente
alla sua salute. Beh!. Lo meriterebbe dopo tanta ingrata fatica.
Gli italiani?: siamo un popolo di eroi, di santi poeti e
navigatori; costui che s'impiccia?
"Guardi indagherò. Sa spesso tra la calunnia e la
verità corrono pochi millimetri.
Poi non sarebbe né il primo, né l'ultimo rappresentante, così
equipaggiato, del popolo sovrano.
E' anche vero che in tempi di diluvio tutti i furbastri nuotano.
Forse è fuori luogo laggiù, mentre qui, tanto più in giù, si
troverebbe a suo agio. Bene arrivederci, anzi addio ed ora vada, vada che il tempo è
prezioso per lei. E' atteso con trepidazione da molti suoi ammiratori e beneficiati"
.
Il tenebroso Belzebù si nascose in un manto
strepitosamente rosso e scomparve. Il nostro viaggiatore si avviò. Il percorso non fu
breve.
Alla fine giunse in un luogo umbratile, desolato, dove incontrò
passanti assai malinconici e silenziosi. Si sprigionava dalle loro bocche un brontolio
soffocato traboccante di accenti angosciosi, di lamenti e sospiri. In una scritta
luminosa vi era incisa la parola: "Purgatorio". |
Capitolo
II°
SECONDO PASSAGGIO:
IN PURGATORIO
Che sarà mai questa grigia dimora con questo clima impalpabile e con
questa foschia così leggera e madreperlacea?" Il Presidente di lungo corso, nella
sua esistenza terrena, aveva tenuto in mente due parole: " Inferno e Paradiso, o di
qua o di là", ma con qualche variante a volte interessata.
Era notorio che la mediazione era virtù degli uomini assennati,
utilizzabile, però, nella vita del mondo. Nell'aldilà i margini della questione erano
strettissimi e separati da confini chiari ed invalicabili: i cattivi da una parte, i buoni
dall'altra parte.
I primi nel più profondo e tetro buio, gli altri nella luce più
nitida.
La zona bigia, per il cattolicissimo Giulio, non apparteneva alle
anime dei trapassati, ma dei vivi, perché era vero che cercare per essi significava avere
uno scopo, ma era anche vero che poteva non essere obbligatorio raggiungerlo e con
interrogativo di sempre: " cur, unde, quo, qua?": donde, dove, per dove,
perché? .
Tale quesito il Senatore non se lo pose mai, perché aveva
sempre reputato che l'uomo non è fatto per la sconfitta: un uomo può essere distrutto,
ma non vinto.
Si aprì un muro cenerognolo, sconfinato e apparve un Angelo
imponente, vigoroso, allegro, di bello aspetto e dall'aria rispettabile e con nelle mani
una spada fiammeggiante con una lama azzurrastra che roteava:
- "Chi è là?, c'accade?, c'accade?".
- " Sono Giulio Andreotti, romano di Roma, un povero pellegrino vissuto
fra miseri viandanti", cercò così pigolando di intenerire lo straordinario
interlocutore.
.- "Ah, il conosciutissimo degasperiano doc, sempre al governo del proprio
paese: instancabile, inamovibile, ineguagliabile, inossidabile", replicò
ironicamente con voce stentorea il Custode.
- "Per carità, per carità piccole vicende a volte sì significative. Minimi
riconoscimenti, assai graditi, è vero ehm, ehm, ma visti da quassù tutto muta. Vi è una
essenziale differenza, come tra le stelle e le stalle" .
Il Giulio internazionale inclinò il capo, sbirciando,
però, con gli occhi a fessura e aguzzò l'udito utilizzando le sue ragguardevole orecchie
in attesa di una affabile interlocuzione.
- "Senta mio caro amico, le comunicherò un dato negativo ed uno
positivo".
Il guardiano angelico usò un accento confidenziale, con
modi affabili e premurosi. - " Il Purgatorio è traboccante di democratici
cristiani: intere ultime generazioni in esilio. Abili nel loro operato, ma guai ai padroni
di certezze che spesso fanno rima con nefandezze.
Alcuni di loro furono di stupenda insignificanza, carichi
di una invalidità spirituale che procurò loro di non forgiarsi una personalità. Insomma
smidollati privi di orgoglio e dignità.
Tra di loro ci furono tantissimi transfughi e forse molti sacrificati.
Quasi sempre amici dei morti e nemici dei vivi.
Eppoi il peccato più esecrabile, il più ignominioso:
l'abbandono della Democrazia Cristiana, "il partito del popolo".
Molti operarono presi dal panico, altri per gretto tornaconto,
altri ancora per pura pusillanimità e i più perché non hanno servito la DC, ma se ne
servirono per la loro dozzinale carriera terrena.
La verità dura è che le loro voci furono ridotte al silenzio.
Essi, però, non sanno che quando le idee sono buone nulla si perde e nulla s'
insterilisce.
Oggi ve ne sono addirittura alcuni di seconda generazione che la
dichiarano morta, ma ne utilizzano mercantilmente il simbolo: scudocrociato con la scritta
Libertas.
Dobbiamo fare posto nel Purgatorio, quando Dio vorrà, per
questi infedeli cristianazzi dell'era moderna, poichè hanno la responsabilità morale e
politica di averla congelata viva.
Anche per questi ultimi, tribune, gradinate e curve, sono
tutte prenotate.
Per lei non c'è spazio neanche all'impiedi. Vuole un consiglio
da un onesto suggeritore?
Punti subito più in alto e vivrà sereno in superlativa
salute".
Così, il più rappresentativo dei democristiani liberi e forti,
obbedì, non negando la propria fiducia ai consigli dell'Angelo guardia portone. Proseguì
lentamente nella direzione indicatagli.
(CONTINUA)
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L'anima,
per andare in cielo, deve lasciare il corpo
( ovvero Il seme, per nascere, deve prima morire; e
la crisalide, per volare, deve prima lasciare il bozzolo ) |
Alberto ALESSI, FIDES EX AUDITU
( La fede proviene dallascolto)
Saggio di Alberto Alessi
La morte cosa è? : " lassenza" della vita, oppure
"lessenza" della vita?
"Lassenza" potrebbe significare " lassenza"
dalla vita, cioè si perderebbe ogni identità vitale nel nulla e per sempre.
La esperienza umana di ogni essere è dunque circoscritta, come gli animali,
alla sua vita sulla terra?
Genio e mediocrità, onestà e disonestà, generosità ed egoismo, nobiltà e
misera, perdono e vendetta, bene e male, morirebbero contemporaneamente con la morte del
corpo?
Dunque nessun giudizio futuro, ma solamente quello emanato, tramandato dalla
cronaca o dalla storia degli esseri umani nei secoli?
" La essenza" della vita potrebbe invece significare che con la morte
lessere umano acquista la totalità della propria testimonianza terrena in una nuova
dimensione spirituale-spaziale?
Ma chi e come dovrebbe essere il Giudice Supremo che giudica il giusto o il
malvagio post mortem?
Dal libro del Deuteronomio si legge: " Mosè parlò al popolo dicendo:
" Interroga pure i tempi antichi, che furono prima di te: dal giorno in cui Dio creò
luomo sulla terra e da unestremità allaltra dei cieli, vi fu mai cosa
grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? Che cioè un popolo abbia udito la
voce di Dio parlare dal fuoco, come lhai udita tu, e che rimanesse vivo? O ha mai
tentato un Dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a unaltra con prove,
segni, prodigi e battaglie, con mano potente e braccio teso e grandi terrori, come fece
per voi il Signore, vostro Dio in Egitto sotto i tuoi occhi?
Sappi dunque oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore e Dio lassù nei
cieli, e quaggiù sulla terra: non ve nè altro.
Osserva dunque le sue leggi e i suoi comandi che oggi ti do, perché sia felice
tu e i tuoi figli dopo di te e perché tu resti a lungo nel paese che il Signore tuo Dio
ti da per sempre".
"Sappi dunque oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore e Dio lassù
nei cieli e quaggiù sulla Terra non ve nè altro".
Si parla "dei cieli" e non di un solo cielo, e della terra come unico
pianeta vivibile e Mosè, credibile testimone della storia e guida di un popolo in cerca
del proprio destino, agisce nel nome del Signore Dio lassù, "perché in terra non ve
nè altro".
Per il credente ogni giorno che si vive è un giorno in meno sulla vita terrena,
ma un giorno in più perché si avvicina la meta della vita nuova ed eterna.
Per il non credente ogni giorno che si vive è un giorno in più nella vita
terrena, ma un giorno in meno perché si avvicina la meta della morte tout court.
Il credente, creda per fede o per amore, per interesse o per paura, ha un punto
in più del non credente, perché può contare su due possibilità: luna terrena,
laltra celeste, sempre che si sia meritato il cielo.
Il non credente gioca tutta la sua esistenza sulla terra con tutto il bagaglio
di bene o di male che ognuno è riuscito a trascinare: la sua storia è personale e
limitata dal tempo e nel tempo, cioè "il finito": lì inizia, lì finisce per
sempre.
Per il credente la sua storia personale umana non è limitata nel tempo e dal
tempo, perché il finale è linfinito: lì finisce, ma dopo ricomincia per sempre.
La temporalità è un elemento essenziale per la scelta delluomo perché
deve valutare un tempo circoscritto contro la promessa di un tempo che non ha fine e
limiti.
In una logica semplice e coerente agli esseri viventi converrebbe in ogni caso
credere in Dio o in un Dio clemente perché oltre che speranza, Esso è Amore allo stato
puro e lAmore umano potrebbe essere una emanazione dellAmore Divino, seppur
condizionato dalla debolezza della carne.
La forza del credente è il suo dubbio e la sua speranza e la sua fede.
La debolezza del non credente è la sua certezza terrena che, però, è
fallibile.
Il credente ascolta il suo Dio: "fides ex auditu"; la fede proviene
dallascolto, sono le riflessioni di San Paolo e ascoltare vuol dire anche obbedire
alle leggi divine confortati dalla fede.
Il non credente ascolta e si adegua a coloro che emanano le leggi terrene e a
queste dovrebbe allinearsi e se si comporta bene avrà un ritorno positivo per la sua
buona condotta.
Ora non è detto che nelle leggi che regolano la vita delle Nazioni, non vi sia
insito lelemento morale.
Ma il credente obbedendo oltre che alle leggi del proprio Stato a quella della
propria religione, ha, anche in questo caso, una chance in più: il premio eterno, e non
è cosa di poco conto.
Insomma o è pazzo chi crede o è pazzo chi non crede (Maritain); tertium non
datur.
La fede è un dono certamente, ma bisogna saperla conquistare e conservare,
perché non sempre è sostenuta dalla ragione e non sempre è vittoriosa sulle tentazioni.
Coloro invece che non hanno fede, quasi sempre si sentono sostenuti dalla
razionalità.
Ma non sempre essere sostenuti dalla ragione significa essere nel vero.
La mente umana può anche essere sublime.
I progressi scientifici servono allo sviluppo economico, sociale e culturale
delle Nazioni e del genere umano, ma se manca lelemento spirituale che coniuga terra
e cielo, tutto alla fine può essere miserevolmente fallimentare.
Per esempio, non sempre lo sviluppo economico di un paese è stato fonte di
felicità, pace e progresso sociale.
Le guerre mondiali e non solamente, sono state e sono frutto della follia,
dellodio e del tormento degli uomini e spesso sono frutto dellidea che più
potere è sinonimo di più ricchezza: ma per pochi, perché con la loro brutale
intelligenza e furbizia hanno soggiogato i cuori e le menti dei più, vittime della loro
ingenuità e spesso dei loro egoismi: le guerre hanno prodotto terrore, violenza,
distruzione e miseria.
La pace nel mondo non è un dato esclusivamente sociale, ma una legge suprema
dello Spirito ed è unesigenza essenziale per la sopravvivenza del genere umano.
Senza pace nel mondo non vi è giustizia e senza giustizia non vi è progresso.
Giustizia nel senso più largo della parola: quella economica, quella sociale,
quella culturale, quella politica, quella morale, quella amministrativa.
Cristo era anche un uomo giusto e la Sua parola spaccò in due la civiltà
greca, quella romana e quella spartana, perché consacrò il dettame che nessuna delle tre
civiltà aveva pensato e sancito e cioè che anche se luomo era schiavo, il suo
spirito era libero e legato alle leggi del Signore: era ed è e sarà una sfida al mondo
perché la libertà è lemancipazione delluomo in quanto uomo.
Una coscienza cristiana è una coscienza che va attuandosi in "partita
doppia": dimensione storica e dimensione metastorica.
Le due dimensioni, lungi dallescludersi, si unificano nel presente che
diviene così, "il punto di consistenza della storia, la durata effettiva nella quale
la storia si determina e nello stesso tempo si proietta nel futuro, latto nel quale
si compie il destino delluomo: destino come possibilità e non come fato, mediante
il quale luomo può liberarsi dalla sua naturalità, dalla sua attualità, dal suo
essere "cosa-nel-mondo" e farsi libero".
In tal modo il cristiano, pur distinguendosi nel mondo, vive nel mondo,
vincolato al suo duplice destino, "cui corrisponde un duplice controllo della sua
vita, segnando così la novità, essenziale e rivoluzionaria sul piano politico del
messaggio cristiano".
"La rottura prodotta nella concezione politica antica dal "restituire
a Cesare quel che è di cesare e a Dio quel che è di Dio" segna due ordini di valori
superanti tutte le vecchie distinzioni: su di una classe di doveri più propriamente
politici viene a configurarsi tuttuna classe di doveri che trascendono la politica,
ma il quanto la trascendono, non la ignorano, bensì le imprimono trasformazioni
radicali".
Stefan Zweig, grande scrittore viennese (1881-1942) era convinto che la
costruzione della Unione Europea nel secondo dopoguerra dovesse iniziare dalla
unificazione culturale e non burocratica né economica.
Così collegandosi a Goethe che scriveva: "il mercato libero dei concetti e
dei sentimenti al pari del traffico di prodotti, crea un aumento generale di ricchezza e
benessere generale per lumanità" ma la cultura è una costola dello spirito,
non certo frutto di un meccanismo tecnico e sofisticato del cervello umano.
La cultura umana è una categoria dello spirito.
In tutte le creazioni umane, soprattutto quelle artistiche di alto livello, si
evince inconfondibilmente la presenza divina, cioè il soffio di "Colui che E,
"Forma delle Forme", "Pensiero del Pensiero", "Idea delle
Idee", "Unità del Sapere".
E impossibile credere, per esempio, credere che la "Passione secondo
San Matteo" di Bach sia frutto solamente di una ispirazione umana e così di seguito
per gli altri capolavori non solo musicali.
Tutti i geni, anche se condizionati dalla loro natura umana nelle loro opere
possono configurarsi come messaggeri di Dio.
Ma per ritornare al tema della morte, sono pochi gli uomini e le donne che non
hanno paura della morte, per esempio gli eroi, i bambini in tenera età, i santi, i
guerrieri sia uomini che donne.
Ma per tutte le altre categorie umane, la morte è un nemico invincibile e che
fa tremare.
Ma gli esseri umani della morte hanno una visione intellettuale e non fisica,
infatti vedendo morire il proprio padre o la propria madre, un fratello, una sorella, o un
loro simile dovrebbero morire per la paura ed invece è tale lattaccamento alla vita
che su ogni evento o sentire, prevale la forza di vivere.
Ecco luomo in genere pensa: "un giorno il più lontano possibile
morirò" e non "posso morire in ogni istante" e devo, perciò, essere
pronto e preparato.
Luomo considera la morte un evento futuribile e forse un giorno
modificabile.
Dovrebbero essere istituite le Università sulla "Buona Morte", dove
docenti specializzati insegnino come affrontare la morte sorridendo e con fiducia e dove
si tengano corsi per migliorare la salute dellanima.
Troppo tempo uomini e donne dedicano alla salute del proprio corpo, pochissimo a
quella della propria anima.
Rita Levi Montalcini scriveva: "meglio aggiungere vita ai giorni che non
giorni alla vita".
Santa Teresa DAvila nelle sue poesie recita: "Vivo ma non vivo in me
e attendo una tal alta vita che muoio perché non muoio".
Sono due modi di "vivere la vita", ma in una stessa visione
prospettica della stessa.
Molti in passato sono stati gli aspetti antropologici e culturali sulla morte
che hanno interessato la popolazione sulla terra.
In particolare, per alcuni popoli era il rango del defunto che influenzava ogni
decisione, in altre circostanze era la cultura o le consuetudini o varie motivazioni
particolari che dettavano le scelte sulla sepoltura.
Per esempio, per i Persiani devoti alla terra e al fuoco, i corpi dei defunti
non erano bruciati o seppelliti perché due elementi, terra e fuoco, non dovevano
contaminarsi, ma venivano lasciati a decomporsi su piattaforme sopraelevate, vulnerabili
alle intemperie.
Presso le tribù Yanoami, nella terra amazzonica, il corpo del defunto viene
prima cremato e poi le ceneri sono impastate con una pappa a base di banana e mangiate da
tutta la tribù in modo che lanima del morto rimanga viva tra i suoi cari.
Ancora in voga oggi sono linumazione (bara di legno sepolta sotto terra),
la tumulazione ( bara di zinco murata in loculo o tomba privata), la cremazione (il corpo
incenerito dentro la bara in forni speciali).
Ma presso quasi tutti i popoli del mondo e in quasi tutte le religioni e usanze,
non manca la cerimonia commemorativa, sia religiosa che civile e i cimiteri sono luoghi
sacri e di grande rispetto.
Giacomo Leopardi così interpretava la vita: "Due cose belle ha il mondo
:amore e morte". Due facce della stessa medaglia.
Amore, vita e morte sono tre linee parallele, le più importanti, nelle quali si
svolge lesistenza dellhomo sapiens.
La Bibbia non è un libro scientifico, né vuole inficiare la scienza: è
metaforico e allegorico.
Il racconto biblico è il " primo libro a fumetti" che può essere
letto ai bambini.
Ma la Bibbia è stata ispirata da Dio e perciò dovrebbe essere letta da tutti
gli uomini.
Pio XII (1939-58) ha ammesso la Poligenesi, dunque nulla consta pensare che
luomo si sia evoluto poligenesicamente .
Luomo è persona umana per intervento diretto di Dio poiché è composto
da carne e spirito.
Dunque lo spirito venne trasfuso nella carne umana nel momento nel quale Dio
decise.
Per la Chiesa non interessa tanto da dove proviene luomo, che venga
dallevoluzione darwiniana o dal fango impastato di memoria biblica, quello che
interessa che luomo diventa persona umana per diretto intervento di Dio.
Finito il ciclo evoluzionistico, Dio alitò nelluomo lo Spirito della vita
( Libro della Genesi cap. 2° versetto 7°) : "soffiò nelle sue narici un
alito di vita e luomo divenne un essere vivente".
Da quellistante inizia lavventura umana, la sua storia impregnata
dalla libertà, che tanto è servita alluomo per la sua evoluzione, ma che tanti
danni ha prodotto, produce e produrrà utilizzata male e al servizio del potere per
conquistare il consenso dei popoli per poi successivamente dominarli e sfruttarli.
Quella libertà che sì ha reso luomo libero e responsabile delle proprie
azioni, ma che ha costretto Dio a farsi"Uomo", perché vi era bisogno che il
genere umano potesse salvarsi perché si era perduto nelle proprie miserie umane: è vero,
tutto ciò rimane un mistero ma ha una propria ferra logica.
Gesù è stato il più grande rivoluzionario di tutti i tempi perché ha sancito
e consacrato principi cementati dallAmore , dal Perdono e dalla Giustizia giusta che
hanno sconvolto e riscritto le regole di ogni tempo .
Perché Gesù ha sconfitto la morte?; perché ha sconfitto il peccato, cioè il
"Male".
Ma torniamo al tema della morte.
E la rilettura di un passo isaiano opera di un profeta anonimo posteriore
di un paio di secoli allIsaia classico ( VIII secolo prima dellera cristiana)
nella quale si parla della resurrezione.
" Egli fu testimone del ritorno di Israele al focolare dopo lesilio
babilonese (VI secolo), ed è stato convenzionalmente denominato dagli studiosi come il
Secondo o Deutero Isaia.
Non è lunico passo in cui sembra brillare lalba della risurrezione
oltre la fine dellesistenza terrena.
Poche righe prima, infatti, lo stesso autore proclamava: "Il Signore Dio
eliminerà la morte per sempre e asciugherà le lacrime su ogni volto" (25,8) . Ora,
si sa che nellantico Israele lidea dominante delloltrevita era stata a
lungo quella di una sopravvivenza larvale, nello Sheol, una regione sotterranea tenebrosa,
polverosa e muta: " Gli inferi non ti lodano, o Signore, né la morte ti canta inni,
quanti scendono nella fossa non sperano nella tua fedeltà" esclamava il re Ezechia
appena guarito da una grave malattia ( Isaia, 38,18).
Il testo "pasquale" deuteroisaiano che ora proponiamo è collocato
allinterno della cosiddetta Apocalissi di Isaia (24-27) e si compone di due soli
versetti antitetici : " I morti non vivranno più, le ombre non risorgeranno: sì tu
li hai puniti e distrutti e fatto svanire ogni loro ricordo
.
Di nuovo vivranno i tuoi morti. I cadaveri risorgeranno! Svegliatevi ed esultate
voi che giacete nella polvere. Sì, la tua rugiada è luminosa, la terra darà alla luce
le ombre".
Che significa, perciò, questa sequenza di morte, di vita illusoria o di
resurrezione?
Il testo di per sè potrebbe essere solamente un carme simbolico per celebrare
unepopea di rinascita nazionale in cui fa capolino anche il peccato dIsraele
che sillude di poter partorire da solo la salvezza, attirandosi così la punizione
divina, ma lasciando anche spazio allopera di Dio che fa risorgere dal tronco morto
della nazione un "resto" giusto di fedeli che attestano e incarnano la
"risurrezione" di Israele.
Tuttavia, questa eventuale lettura della storia nazionale, nella connotazione
dei versi del profeta e nella rilettura successiva alla luce della fede biblica
nellimmortalità beata e nella risurrezione, è divenuta una parabola di speranza
trascendente. |
Ed è in questa prospettiva che noi
ora la leggiamo, tenendo sullo sfondo altre pagine della Bibbia aperte a un
"oltre" la morte, come il possente e grandioso scenario delle ossa aride che
risorgono, dipinto da Ezechiele (37). La prima parola del canto è
metîm, "morti", e la prima fase è negativa: " i morti non vivranno
più" (v. 14). Lultima parola sarà invece tappîl, "dare alla luce,
generare alla vita" e lultima frase sarà positiva:
" la terra darà alla luce le ombre" ( v. 19).
Siamo, dunque, sospesi tra due poli antitetici: Dio è il Signore della morte e
della vita, è Lui che annienta e che fa rinascere, a lui è sottomessa anche la
sterilità che è come un parto di vento, ma Egli è soprattutto il principio della
fecondità e della vita.
Come cantava Anna, la madre di Samuele, "il Signore fa morire e fa vivere,
scendere agli inferi e risalire" ( 1 Samuele, 2,6).
Certo, in filigrana a questa oscillazione tra i due poli della risurrezione e
della risurrezione no, che fungono da estremi, cè la storia di Israele che ha di
fronte a sé sia il dono della terra, della libertà, della fede e della vita sia
lesperienza dellesilio, della schiavitù, del peccato e della morte.
Ma le figure usate diventano segno di una vicenda più radicale e generale in
cui siamo tutti coinvolti. Da un lato, cè la morte, coi defunti nelle loro tombe
ridotti a spettri, immersi nella polvere delloblio. Dallaltro lato, si ha
lirruzione del Dio della vita.
E lui che fa crescere i popoli col dono della fecondità, ma è ancora lui
che fa balenare unulteriore possibilità, quella di far fiorire la vita dalla stessa
morte.
E il tema del citato versetto 19 che è stato definito come " un
apice poetico e teologico dellantico testamento" (Luis Alonso Schokel) proprio
per la sorpresa che introduce.
I metîm, i " morti " dellapertura del canto, i refaîm,
le "ombre", che si presentavano nel loro truce e cupo aspetto di defunti per
sempre, di nuovo ritornano alla vita.
La terra che prima era un sepolcro che inghiottiva e polverizzava il vivente,
ora si trasforma nella madre terra. Al grembo-tomba della scena precedente si sostituisce
un grembo vitale e fecondo.
Sulle ossa degli scheletri e sulla polvere della carne dissolta scende una
talorot, letteralmente una "rugiada di luci": essa rivitalizza quella
terra che era stata divoratrice delle creature viventi perché è talleka, è "la tua
rugiada" cioè il principio di vita è fuso dal Creatore.
Acqua "rugiada" e luce sono simboli divini che vengono effusi sulla
nostra mortalità per aprirla alla vita. Nella scena, già evocata, del libro del profeta
Ezechiele era lo spirito di Dio che passava attraverso gli scheletri calcificati per farli
rivivere: " guardai ed ecco sopra di essi tendersi inermi, la carne cresceva e la
pelle li ricopriva; lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in
piedi" (37, 8.10). Ma allarghiamo ora lo sguardo della nostra riflessione lungo
lintero arco delle Scritture Sacre.
Môt tamût, "certamente morrai !": questa gelida parola di Dio
risuona fin dalle prime righe della Bibbia ( Genesi, 2, 16). La morte fisica è il segno
del limite della creatura, anzi, è anche un grande simbolo che unisce in sé tante altre
morti delluomo, quelle del peccato, della solitudine, della miseria, della violenza.
Della morte sono striate quasi tutte le pagine della Bibbia proprio perché essa presenta
una Rivelazione legata alla storia dellumanità : lintera Scrittura sembra
convergere verso una morte suprema, quella di Cristo sul colle gerosolimitano detto "
Cranio" , in aramaico Golgota . E proprio lassù lo spartiacque tra una morte
che è solo fine e tragedia e una morte che è transito, soglia verso una nuova vita.
Come si è detto, per molti uomini e donne del Primo Testamento la morte aveva
come foce ultima il silenzio della Sheol, gli inferi: " In pochi palmi hai misurato i
miei giorni e la mia durata davanti a te è un nulla. Solo un soffio è ogni uomo che
vive, come unombra è luomo che passa Tu, Signore, fai ritornare luomo
in polvere.
Lo annienti, lo sommergi nel sonno, è come lerba che germoglia al
mattino: allalba fiorisce, germoglia, alla sera è falciata e secca" (Salmi 39,
6-7; 90, 3, 5-6) .
E questa laspra convinzione anche di molti uomini e donne del nostro
tempo che ripetono ironicamente col poeta Giorgio Caproni: "Se ne dicono tante. Si
dice, anche, che la morte è un trapasso. (certo: dal sangue al sasso) " (
"Cianfrogna" in Il franco cacciatore). Anche Jago nellOtello di Verdi (
sul libretto di Arrigo Boito) gridava: "La morte è il nulla e vecchia fola il
Ciel!".
Ora, Isaia col suo sguardo profetico vuole perforare quel manto funebre che
ricopre la morte e lo fa nei due versetti, sia pur ancora esitanti, appena letti.
Con lui altre figure, come alcuni oranti del Salterio ( Salmi, 16; 49; 73),
fissano lo sguardo verso quella meta, consapevoli come scriveva in una lettera il poeta
austriaco Rainer Maria Rilke che "la morte è il lato della vita rivolto altrove da
noi, non illuminato da noi".
Ecco la voce di quei salmisti: "Non abbandonerai la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. Mi indicherai il sentiero della vita
(
.) Certo Dio riscatterà la mia vita, mi strapperà dalla mano degli inferi
(
.) Mi guiderai secondo i tuoi disegni e poi mi accoglierai nella gloria" (
Salmi, 16, 10-11; 49, 16; 73, 24 ) . E là che si deposita quella "rugiada di
luci", capace di ridonare vita alla nostra cenere mortale.
Questo aprirsi della soglia della morte su un nuovo orizzonte oltremondano
luminoso, era già balenato con la figura di Enok che, durante la sua vita, "camminò
con Dio e poi scomparve perché Dio laveva preso" ( Genesi, 5, 24). Il verbo
ebraico Iqh, che è reso di solito con "essere preso", significa appunto
lassunzione del giusto in Dio dopo la sua morte. Colui che è in comunione col
Signore nella giustizia già durante lesistenza terrena, nellistante della
morte, viene "attratto" nelleternità divina.
E ciò che accade anche al profeta Elia che viene "preso" (Iqh)
mentre sta camminando col suo discepolo Eliseo: " Ecco un carro di fuoco e cavalli di
fuoco che sinterposero tra loro due, ed Elia salì nel turbine verso il cielo"
( II Re, 2, 10-11).
Il segno dellascensione, come avverrà per Cristo è il modo per esprimere
lingresso nelleternità e nellinfinito di Dio. Come scrive Benedetto XVI
a proposito di Gesù dellascensione, "Egli ora è "innalzato" e
questo implica un nuovo modo della sua presenza, che non si può più perdere (
..).
lascensione non è un andarsene in una zona lontana del cosmo, ma è la vicinanza
permanente", fondata appunto sullinfinito e sulleterno che trascendono e
inglobano lo spazio e il tempo.
Tutto lannuncio cristiano converge verso quellirruzione di luce e di
vita, portata a noi da Colui che ha conosciuto nella sua carne il morire ma che in sé ha
lo spirito divino, essendo il Verbo nel quale "è la vita e la vita è la luce degli
uomini" (Giovanni 1, 4).
Per questo, Cristo è " il primogenito di coloro che risuscitano dai
morti" ( Colossesi , 1, 18; cfr. Apocalisse, 1, 5).
Egli, infatti, risuscitato dai morti, è " primizia di coloro che sono
morti" (1 Corinzi, 15, 20) per condurli alla vita. E lui che attua in modo
efficace quellannuncio isaiano risuonato sul colle di Sion: " eliminerà la
morte per sempre" (Isaia, 25, 8). E lui che spande quella "rugiada di
luci" che ha in sé la potenza di far rivivere i cadaveri nella gloria finale quando
"Dio sarà tutto in tutti" (1 Corinzi, 15,28), in un unico abbraccio di
eternità. La morte non perde tutto il suo volto tenebroso, sperimentato dallo stesso
Cristo, quel volto che essa rivela al primo impatto è che nellagonia ci rende
simili alla partoriente che si contorce non per donare unaltra vita, ma per esalare
la propria vita. Tuttavia dobbiamo avviarci verso quella meta, che ha per ciascuno una
data idealmente già incisa sulla fronte stringendo in mano la promessa divina presente
nelle pagine di Isaia e lasciando spazio al calore della pace pasquale" (Cardinale
Ravasi).
La terra è dunque generatrice di morte, ma anche di vita, perciò è
"Madre Terra", perché nel suo grembo si nasce e anche si muore mentre in Cielo
si rinasce in eterno.
Luomo è lunico essere vivente che sa che deve morire, eppure esso
con la morte gioca a nascondino.
Pascal scriveva: " Gli uomini non avendo saputo guarire la morte, la
miseria, lignoranza, hanno creduto bene di non pensarvi affatto per rendersi
felici".
Per luomo moderno la morte è un tabù e davanti a questa la maggioranza
degli esseri umani diventa vile.
Ma luomo esiste perché deve morire e non è solamente una legge fisica.
Ma quando la morte diventa insignificante?: quando questa viene interpretata
"come la fine di tutto o come la fine di nulla".
La tesi " della fine di tutto" ebbe nellantichità due sponsor
autorevoli: Epicuro da qui la filosofia epicurea e Lucrezio, da qui la filosofia storica.
" Ero nulla prima di nascere, sarò nulla dopo la morte".
E il materialismo, il panteismo, lepicureismo e stoicismo nella loro
diversità culturale e filosofica, sono sodali nella tesi sulla morte: con la morte tutto
cessa e perciò, per esempio: "goditi la vita" ( carpe diem) giorno dopo giorno.
La tesi " della fine del nulla" fu sostenuta da Platone, ma in seguito
tra i suoi seguaci si sostenne la tesi che dopo lesistenza di un individuo ci
sarebbe unaltra vita ( metempsicosi o trasmigrazione delle anime) sotto altre forme,
quali? : è poco chiaro! .
Ancora oggi ci sono nel mondo forme di religiosità e loro adepti che credono
nella incarnazione delluomo dopo la morte in altri esseri umani o animali .
Nella filosofia Illuministica e nella posizione scientifica del Positivismo
viene sancito il principio che con la morte muore luomo, come muore una pianta o un
animale, o come nella fine di qualsiasi evento naturale.
Lindividuo viene assorbito e annullato nel tutto materia.
Sono queste più recentemente le tesi di G. Espinoza e di Hegel e Schopenhauer,
mentre Heidegger e Sartre affermano che la vita serve la morte e questa è
lautenticazione della vita stessa.
Ma torniamo indietro nei secoli.
Nelle pagine precedenti abbiamo significato come nellAntico Testamento
venivano chiamati i morti: " Metîm" e la morte :"Mût".
La cosa interessante è che la parola Mût viene utilizzata migliaia di volte
sia come nome, sia come verbo.
E ancora nellAntico Testamento la morte spesso si accompagna al commiato
dalla terra.
Ora questo commiato può essere consapevole e dolce o inconsapevole e amaro.
Per esempio: Ezechia piange dolorosamente sulla sua morte vicina, mentre Giobbe
la invoca solennemente.
Ma in genere la Bibbia quando parla della morte dei Saggi o Patriarchi, ne parla
in modo semplice e positivo; insomma un trasloco senza traumi, anche perché con
larrivo della morte viene suggellato il dialogo e lalleanza dei viventi con
Dio: la nota alleanza di Abramo e i suoi discendenti che ha come collante la fedeltà di
Dio verso il suo popolo e la fedeltà del popolo dIsraele verso lalleanza con
Dio che è il Sommo Bene. Tale alleanza viene confermata nella "lettura profetica di
Ezechiele e ci offre un anticipo di questo stile di Dio che sa trarre un ramoscello dal
grande cedro per trasformarlo in una talea meravigliosa: il profeta vuole così annunciare
la restaurazione del Regno dopo la rottura dellalleanza con Dio. Egli pur castigando
il peccato non rinuncia mai alla sua misericordia: ecco perché possiamo essere sempre
pieni di fiducia pur dovendo comparire davanti al tribunale di Dio. Noi siamo come gli
uccellini che si rifugiano tra le fronde del grande albero che è Gesù Cristo: apparso
piccolo come un seme, ma poi vincitore della morte" (Elide Siviero) .
A conferma della potenza del regno di Dio, Gesù così diceva alla folla (dal
Vangelo secondo Marco (4,26-34)) : "così è il regno di Dio: come un uomo che getta
il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce.
Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo,
poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo subito egli
manda la falce, perché è arrivata la mietitura".
Diceva: " a che cosa possiamo paragonare il regno di Dio e con quale
parabola possiamo descriverlo?. E come un granello si senape che, quando viene
seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno, ma quando
viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dellorto e fa rami
tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi sotto alla sua ombra".
Ma in un secondo tempo della storia del popolo ebraico la perdita di vitalità
nel soggetto fa interpretare la morte come opposizione alla vita e dunque la persona morta
non può essere più pura, ma impura.
La persona perde lo spirito nel momento della morte; lo Spirito ritorna al Suo
Creatore poiché è un dono elargito dallo stesso.
E interessante notare come per il Popolo dIsraele, la morte non
creata da Dio, diventa punizione per gli empi, per i disobbedienti alle leggi divine ed in
questi casi sono colpevoli e la morte giunge come una punizione.
E stata proprio la disobbedienza verso Dio a rendere mortale luomo;
senza di questa luomo poteva essere immortale .
La questione particolare da sottolineare è che nel racconto biblico,
luomo disobbedisce, ma è la donna che lo spinge ad agire in tal modo.
Insomma luomo più che un artefice consapevole, appare una vittima
inconsapevole schiavo della propria debolezza e vanità, mentre la donna sa quel che vuole
e agisce di conseguenza.
Non sarebbe più corretto che i giusti avessero il dono della vita eterna in
terra e gli ingiusti la morte?.
Mentre la morte non guarda in faccia nessuno: al giusto ed allempio, al
puro e allimpuro, al buono e al malvagio, colui che dice sempre la verità e allo
spergiuro.
Il mistero rimane racchiuso nella conversione: " convertitevi e
vivrete" (Ez. 18, 31-32), perché Dio non abbandona coloro che ama".
Il Salmo 16 recita
"mi indicherai il sentiero della vita, gioia
piena nella tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra" (Sal. 16, 9-11).
LEcclesiaste affrontando il problema della morte alla radice, cerca di
dare alcune soluzioni, che permangono, però, oscure: "
..vi è una sorte unica
per tutti
., una medesima sorte tocca a tutti".
Ma in altri testi la speranza della resurrezione di coloro che vivono la parola
di Dio nelle loro azioni e opere, diventa concreta.
Il giusto per antonomasia è la figura del "Servo di Jahvè" del
profeta Isaia.
Il Servo muore e la sua morte è un sacrificio volontariamente offerto come
espiazione per i peccati degli uomini.
Sorprendentemente appare una anticipazione della morte di Gesù.
Abbiamo parlato del "Vecchio Testamento", ora ci concentriamo sul
"Nuovo Testamento".
Il passaggio è fondamentale perché qui morte e resurrezione sono i capisaldi
della vita di Gesù; morte e resurrezione che investono tutto il genere umano.
La morte di Gesù rimane universalmente la più drammatica e probabilmente la
più conosciuta anche per la sua Resurrezione.
Gesù stesso afferma: " bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di
me nella Legge di Mosè, nei profeti, nei Salmi
..Così sta scritto: il Cristo dovrà
patire e risuscitare dei morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le
genti la conversione".
Ma il profeta Isaia nel suo canto del Servo di Jahvè aveva preannunziato la
morte e resurrezione di Gesù.
Ma Gesù ebbe paura della morte?.
Sicuramente si, perché morì disperato e si sentì abbandonato da suo Padre e
lo stesso Gesù lo grida: " Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?".
La grandezza della morte di Gesù, risiede nella Sua umanità totalizzante.
Ma potrebbe anche essere che Gesù in quei momenti si rese conto che tutta la
Sua opera e predicazione erano fallite: la sua resurrezione lo è anche nei confronti
dello smarrimento momentaneo.
Ma come si comportò Gesù nei confronti della morte altrui?.
Generalmente il Cristo si dimostra consapevole che la morte è un evento
naturale, ma lo stesso Cristo è profondamente turbato di fronte la morte di Lazzaro e
scoppiò in lacrime, anche se sono lacrime di Dio.
Ma ritornando alla morte di Gesù, non può sottolinearsi come nei momenti della
sua passione, la Madre di Gesù, Maria, diventi la Madre di tutti gli uomini e donne ed
anche la Madre della Chiesa, assumendo un ruolo di primaria e fondamentale importanza
nella Storia dellUmanità.
Senza la Madonna la Chiesa apparirebbe amputata e senza speranza di vittoria sul
Male.
Dunque Maria non è solamente la Madre di Gesù, ma è lintermediaria più
autorevole per la salvezza degli uomini presso Dio che la ama in modo del tutto unico ed
ascolta le Sue istanze attentamente, perché la stessa spesso intercede per le sue
creature sapendole peccatrici e bisognose.
E proprio il peccato che secondo la predicazione di San Paolo fonte della
morte degli uomini, cioè vi è un legame indissolubile tra morte e peccato, ed è proprio
per mezzo di Cristo che siamo stati |
liberati dalla carne e dalla legge e
"perciò la vita e non la morte è il segno sotto cui si svolge lesistenza dei
credenti". Si può affermare che San Paolo davanti alla morte è
più pessimista di Gesù che certifica che bisogna temere più coloro che uccidono il
corpo perché lanima si salverà se è rimasta fedele a Dio.
Anche San Paolo vede la morte come un evento illuminato dalla risurrezione di
Cristo.
Nella lettera ai Filippesi ( 1, 23) lo stesso esprime il desiderio di essere
sciolto dal corpo per essere con Cristo.
Ma gli stessi primi credenti, cioè i primi cristiani, poiché il cristianesimo
era una religione messa al bando prima dellEditto di Milano (313 d.C.), venivano
preparati al martirio, autentica testimonianza di Fede e dunque non si doveva avere paura
della morte, ma affrontarla con coraggio e serenamente e con tutta la forza possibile.
Ora se la Morte e Resurrezione di Gesù storicamente e con limprimatur dei
Vangeli secondo Marco, Giovanni, Luca, Matteo (anche se non tutti quattro i Vangeli sono
stati scritti da apostoli, poiché i Vangeli di Giovanni e Matteo sono frutto delle loro
mani e memorie vissute personalmente, ma quelli di Luca e Marco no), è verificabile e
verificata, scientificamente certamente non è stata verificata né è verificabile, ma è
anche vero che non ci sono in tal senso prove contrarie.
Il problema è che o si crede ai testi dei Vangeli integralmente o non è
possibile credere solo alle parti che convengono al lettore e a proprio uso e consumo.
Vi è una curiosità e cioè che spesso gli Evangelisti sono rappresentati con
il simbolo del "tetramorfo" che compaiono nelle profezie di Ezechiele: "
Quanto alle loro fattezze, ognuno dei quattro aveva fattezze duomo; poi fattezze di
leone a destra, fattezze di toro a sinistra e, ognuno dei quattro, fattezze
daquila" ( Ezechiele 1,10) riprese poi nelle visioni dellApocalisse
giovannea:
" Il primo vivente era simile a un leone, il secondo essere vivente aveva
laspetto di un vitello, il terzo vivente aveva laspetto duomo, il quarto
vivente era simile ad unaquila mentre vola; i quattro esseri viventi hanno ciascuno
sei ali, intorno e dentro sono costellati di occhi" (Apocalisse 4,7).
Da notare che in Ezechiele ogni vivente ha quattro facce, ovvero tutte e quattro
le fattezze, a differenza di quanto è riportato nellApocalisse.
Sulla base di queste descrizioni e sulla base del modo in cui i rispettivi
vangeli iniziano il proprio racconto, essi vengono associati a questi simbolo: Matteo è
raffigurato come un uomo alato (assimilato ad un angelo: tutte le figure sono infatti
alate). Il Vangelo di Matteo è quello che mette più in risalto lumanità del
Cristo (il Figlio dellUomo come viene spesso indicato). Il testo esordisce con la
discendenza di Gesù e, in seguito, narra la sua infanzia, sottolineandone quindi il suo
lato umano.
Marco è raffigurato come leone alato. Nel Vangelo di Marco viene maggiormente
indicata la regalità, la forza, la maestà del Cristo: in particolare i numerosi miracoli
accentuano laspetto secondo cui Cristo vince il male. Inoltre è proprio questo
Vangelo che narra della voce di San Giovanni Battista che, nel deserto, si eleva simile a
un ruggito (di un leone, appunto), preannunciando agli uomini la venuta del Cristo. Si
veda anche "Vox clamantis in deserto".
Luca è raffigurato come un bue alato, ovvero come un vitello, simbolo di
tenerezza, dolcezza e mansuetudine, caratteri distintivi di questo Vangelo per descrizione
e teologia.
Giovanni è raffigurato come unaquila. Il suo Vangelo infatti ha una
visione maggiormente teologica, e quindi è quello che ha la vista più acuta.
Laquila è quello che vola più in alto di tutti gli esseri e che, unico fra tutti,
può vedere il sole con gli occhi senza accecarsi, ossia vedere verso i cieli e verso
lassoluto, verso Dio. Il Vangelo di Giovanni si apre con parole di forte carica
trascendente: " in principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era
Dio" ( Giovanni 1,1).
Sembrerà strano ma bisogna risalire a Platone per comprendere la distinzione
tra anima e corpo e per comprendere la morte come liberazione del corpo: "il problema
vero per luomo non è la morte come stato ma come atto" ( R. Bultmann ).
Lestinzione dellesistenza terrena, libera lo Spirito e inizia la
vera vita, la salvezza eterna.
Così la pensavano generalmente i primi cristiani, altrimenti non avrebbero
potuto affrontare il martirio e la morte senza paura.
La differenza tra la concezione della morte tra i greci ed i Romani e quella
cristiana è la seguente: i primi la consideravano un evento naturale, i secondi come
conseguenza del peccato.
Probabilmente Dio non voleva la morte del corpo degli uomini, ma essi peccarono
ed allora Dio misericordioso ha dato la possibilità al corpo di morire a posto
dellanima che è imperitura. (Rupertus: "de meditazione mortis").
Il famoso "memento mori" che gli uomini e le donne hanno inciso nel
palmo delle loro mani con due "M" greche, è un continuo avviso agli stessi di
vivere con la grazia di Dio in ogni momento della loro esistenza, perché la morte non
guarda in faccia nessuno ed è implacabile e imprevedibile, ma va sottolineata la
circostanza di grande rilievo anche psicologico, che proprio la speranza accompagnata
dalla certezza dellaltra vita, rende la morte meno paurosa.
E questo aspetto oltre che religioso, culturale lo si trova in Lutero per il
quale con la morte si ritorna a casa dallesilio.
Il teologo-filosofo protestante Sören Kierkegaard sostiene che "la morte
è la situazione decisiva non solo perché è linizio per tutti delleternità,
ma perché come tutti di fronte alleguaglianza".
La originalità del pensiero Kierkegaadiano risiede nel concetto della
uguaglianza che fa paura perché toglie quella differenza di valori, di ceto, di razza
esistente nel genere umano.
Ma come si contrappongono le tesi di Kierkegaard a quelle dal punto di vista
cristiano?
Secondo il filosofo protestante la morte nel cristianesimo assume una duplice
funzione: "Da una parte essa dà il vero timore di Dio e la serietà essenziale,
dallaltra il cristianesimo accentuando il timore del giudizio di Dio, ha tolto il
timore della morte".
Secondo lo stesso: "Lestrema serietà della morte sta nel fatto che
chi deve morire sono io stesso.
E la cosa più seria è che, alla morte seguirà il giudizio: Errore, perché
lunica cosa seria è che sono io che devo morire e poi
..il Giudizio".
Lunica vera malattia mortale per il cristiano è quella dello Spirito. La
Provvidenza e la Redenzione, cioè la rinascita, sono muri alzati contro la disperazione e
solamente chi è disperato sente il bisogno della Redenzione e attraverso, appunto, la
Fede si vince la disperazione.
La Fede può essere assurda o paradossale e induce ad una scelta drastica o si
è con Dio o contro Dio, oppure lo si disconosce.
Ma come si comportano gli atei davanti alla morte? Filosoficamente sono carenti
e non hanno, infatti, creato tesi convincenti.
Neanche il marxismo che, negando limportanza della morte, tenta di
costruire una prospettiva sulla costruzione di una speranza, ma esclusivamente su base
storica: cioè un modesto supplemento della tradizione materialista e naturalista.
E interessante come M. Herdegger, filosofo, sviluppa tale filone di
pensiero.
Per lo stesso lesistenza delluomo è senza speranza e la sua vita è
de valorizzata.
Davanti alla morte ogni cosa appare senza alcuna importanza, tutto è vano e
nullo compreso luomo e la sua stessa angoscia per la morte: morte ed esistenza
delluomo appartengono alla costruzione della vita di ogni essere umano, perché
esistere è un movimento verso la morte, e cioè non è una possibilità
dellesistenza umana, ma la sua distruzione: dunque non rimane che attenderla.
Sartre, altro noto filosofo, contestava tale tesi rimarcando che si può
attendere una determinata forma della morte, ma non la morte come evento distruttivo e
dunque questa non può interferire nellesistenza umana perché è un fatto
contingente ed esterno ad essa; cioè la morte non fa parte del progetto umano, né è
totalizzante e fattuale, è casuale, è assurda, perché luomo è un essere libero e
la stessa morte è sottomessa alla sua libertà, anche se non esiste possibilità alcuna
di superarla.
Ciò che luomo ha fatto durante la propria esistenza rimane oggetto nelle
mani di altri, cioè preda degli altri, che decideranno se darle significato oppure no.
Egli contesta i positivisti e i marxisti che affermavano: è inutile cercare la
trascendenza nellavvenire dellumanità, poiché luomo non deve
attendersi nulla dello e dallo avvenire.
Il pensatore Camus scriveva: " Luomo assurdo si afferma nella
rivolta. Guarda la morte con unattenzione appassionata e questo fascino lo rende
libero: conosce la "divina irresponsabilità" del condannato a morte.
Tutto è permesso, poiché Dio non esiste e poiché si muore
.." .
Dunque la morte è una struttura importante ed interiore della vita e ne sigilla
contemporaneamente la radicale caducità delluomo e tutte le illusioni vengono fatte
fuori dalla morte.
Ma gli uomini tutti insieme dovrebbero essere solidali per fronteggiare la morte
e per Camus la fede nellaldilà è tradimento del presente.
La ribellione contro la morte e contro lassurdità è doverosa.
Marx come Camus ha amato appassionatamente la vita e perciò nei suoi scritti ha
volutamente ignorato la morte perché ha sempre sostenuto lottimismo del progresso,
legato alla vita della umanità e perciò la morte è quasi unavversaria
dellaspetto sociale delluomo e va confinata nelle zone infraumane.
Per lo stesso la fede è una alienazione delluomo poiché lo distrae dai
suoi doveri e valori terreni ed è ostacolo al miglioramento della condizione umana,
distogliendo così luomo da suoi impegni terrestri, e dalla solidarietà necessaria
a tenere gli uomini uniti e può essere elemento di archiviazione del sacrificio
delluomo a servizio del mondo.
Hengels, invece sostiene che gli uomini muoiono perché così si rinnovano e
prolungano la specie umana e quindi è un servizio alla vita, un omaggio alla stessa.
Oggi molti pensatori russi con inquietudine si interrogano più profondamente su
uno dei più grandi interrogativi e misteri delluomo: la morte.
Religione e morte avrebbero dovuto scomparire con lavvento del comunismo,
ma così non è stato e non sarà.
Abbiamo accennato allevento morte nel libro del Deuteronomio, negli usi di
antichi e odierni popoli, nella Bibbia, nella vicenda straordinaria umana ed unica di
Gesù, nella rilettura di un passo isaiano opera di un Profeta anonimo (VIII a.C.) e poi
ancora con riferimento a Pascal, a Maritain, allepicureismo e stoicismo,
allEcclesiaste, al cristianesimo, a Kierkegaard, a Herdegger, a Engel, a Sartre, a
Camus, ora cerchiamo di comprendere come viene considerata la morte dai teologi
contemporanei.
Il riferimento alla "Sacra Scrittura" nella teologia contemporanea è
costante, cioè i testi sacri sono i fari che guidano le navi in porti sicuri e la Sacra
Scrittura è una base solida su cui costruire i ragionamenti e le tesi.
La morte può essere concepita come netta separazione dellanima dal corpo
(pensiero della filosofia greca), cioè una sua liberazione, oppure la morte oltre ad
essere la fine della vita la rende definitiva, però finisce la peregrinazione dopo un
passaggio, ma cè anche il problema della morte come conseguenza del peccato
proponendo lassioma che
"la morte non è forse necessariamente parte delluomo,
indipendentemente dal peccato". (Nocke J.F.) .
Si pone, poi, il problema di portata enorme e angosciante di come dovrebbero o
potrebbero comportarsi i credenti per morire cristianamente, perché in ogni caso permane
sempre la paura del dolore e della malattia e di come affrontarli.
Lesempio rimane Gesù morto e risorto. Egli affrontò la morte
preparandosi al tragico evento e preparando i discepoli e informandoli che anchessi
avrebbero sofferto persecuzioni e martirio e spingendoli ad imitarlo anche davanti al
mistero della Sua morte, e cioè provando anche paura, angoscia, abbandono, ma essendo
coscienti che la fede vincerà tutto ciò compresa la stessa morte.
Perciò avere fede significa avere la salvezza eterna e la morte non è un
destino irreversibile, ma da accogliere come "sorella morte", perché dà una
vita nuova e generatrice di un avvenire migliore e senza pene: si rinasce sotto lo sguardo
paterno di Dio.
"Beati quelli ke l sosterrano in pace ka da te, Altissimo, sirano
incoronati.
Laudato si mi Signore per sora nostra morte corporale, da la quale
nullu homo vivente po skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali,
beati quelli ke trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no l
farrà male" (San Francesco).
Certamente come si è accennato allinizio di questo breve saggio, il
credente deve crescere nel dubbio, negli interrogativi, a volte forse nella ribellione
davanti ad alcune morti e sofferenze che non si comprendono, ma proprio tali debolezze e
tragedie sono il fermento della fede.
La stessa unzione degli infermi, lo stesso viatico, accompagnati quando è
possibile dalla penitenza, sono sacramenti necessari per una buona morte e per rinnovare
sul moribondo leffusione delle Spirito Santo, perché Esso da coraggio, fiducia e
consolazione perché lincontro con Gesù Cristo è sempre più vicino ed ogni
persona onesta e buona è nelle mani di Dio.
Ma purtroppo luomo di oggi vuole sfuggire alla morte e la considera un
evento futuribile, quasi che non appartenga alla vita della vita di ciascuno, con un
pericolo, che questa fuga da questo evento inevitabile allontani luomo dalla fede
cristiana, laicizzando la morte e tenendola, però, lontana e forzatamente dimenticata o
da dimenticare, archiviando così la Resurrezione.
Attenzione: Gesù ha paragonato la Risurrezione al roveto ardente e poi spiega:
"Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per Lui".
Dunque Dio crea la vita sia quella terrena, sia quella celeste e si serve degli
uomini perché Dio li ama e vuole che il suo Regno sia il più possibile abitato e
affollato dalle sue creature.
La morte di Gesù ha un valore di redenzione universale perché è
lespressione più grande dellamore e della obbedienza del Figlio al proprio
Padre e perciò Gesù è morto per tutta la umanità senza distinzione di razza, classe,
ed età.
La morte di ogni essere umano che viene condivisa con Cristo si trasforma in un
esodo, un passaggio, una nuova via da percorrere insieme a Lui.
"La Chiesa afferma il Concilio Vaticano II prosegue il suo
pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio (S.Agostino),
annunziando la passione e la morte del Signore fino a che egli venga ( c fr. 1 Cor 11,26
).
Dalla virtù del Signore resuscitato trae la forza per vincere con pazienza e
amore le afflizioni e le difficoltà
.(44)".
Il cristiano in quanto membro attivo della Chiesa non può che essere portatore
di annunzi di speranza, superando, così, il mistero della morte che deve essere
interpretata come segno di partenza e non di arrivo, nella infinita misericordia di Dio.
Dice Gesù: " Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me anche se
muore, vivrà" .
E una affermazione fortissima e perentoria che sfida la fede e a volte la
ragione del credente, ma è anche la sua salvezza.
Non ci sono scorciatoie possibili, né interpretazioni più o meno attendibili:
"Io sono la risurrezione e la vita!" : quale vita se non quella dopo la morte!.
Gesù è molto chiaro e in questa Sua affermazione è anche duro e intransigente
perché la posta in gioco è altissima, perché la scelta è definitiva: tra
lInfinito e il Finito, il tutto condito dallamore e dal perdono.
La vita di ogni uomo è una prova difficile piena di cadute, ma per fortuna
esiste lappello durante lesistenza, perché dopo non cè riparazione o
ripetizione.
Di fronte alla morte il cristiano non può, né deve assumere un atteggiamento
passivo, non deve subire, ma agire, comprendendo che se dopo la morte dovesse esserci il
nulla, tutto ciò sarebbe terribile, vano e vanificato: sarebbe la fine di tutto.
Ma non è così e non può essere tutto così miserevole e senza un collegamento
con lAmore infinito di Dio e questo, infatti, che ci rende immortali e liberi dalla
morte e della sua visione che deve essere sempre beatifica, perché ci ricongiunge con
Colui che ci ha creati e perciò non può che desiderarci.
Il romanziere Michel Faber osserva: " Vuoi chiedermi se sono credente? Mi
piacerebbe di avere fede però non riesco. Lateismo è faticoso e non ci aiuta
quando se ne vanno le persone che amiamo.
Comunque, se è vero che la religione ha causato tante sofferenze, non si può
dimenticare il patrimonio di saggezza che ha dato allumanità".
La morte deve essere un inno alla vita, e la vita deve essere un inno alla
morte: senza di queste non ci sarebbe lumanità e senza di questa non ci sarebbe il
Cielo. |
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Testimonianza
dalla GRECIA |
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IOANNIS VOGIATZIS *, La politica fiscale ed economica della Troika,
in Grecia,
alla prova dei fatti, come percepiti dalla gente, in privato e in piazza |
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LUCIANI: "Dai fatti raccontati, si trarrebbe l'immagine
di un popolo schiavizzato
per motivo del debito, e senza una speranza vicina" - Clicca su GR-EXIT e GRECIA |
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* Imprenditore in Grecia, Studente di Ingegneria
Elettrica in Italia, Università di Bologna |
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Ioannis Vogiatzis
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Cominciando dall' inizio della crisi (2009)
1.- Inizio della crisi. Nel 2009 ci furono
le elezioni politiche. Capo del PASOK (partito socialista era Giorgos Papandreu). Il capo
della destra era Karamanlis.
Karamanlis e Papandreu iniziarono a litigare per il debito pubblico della
Grecia, e non si trovavano mai d accordo.
Le elezioni furono vinte dal Pasok e Giorgos Papandreu, e poi dall' isola del
Kasteloriso dichiarò al popolo greco che il debito era enorme e che lo Stato sarebbe
entrato nel programma del Sistema Monetario Internazionale.
Quindi la troika (Sistema Monetario Internazionale, Unione Europa ,
Banca Centrale Europea) avrebbe prestato alla Grecia dei miliardi e il programma della
troika doveva guidare il paese.
Una squadra di persone che quindi avrebbe dato degli ordini alla Grecia su cosa
cambiare sia dentro il settore pubblico sia dentro il settore privato.
2.- Il debito interno nel 2009. Si
dichiarò allora che il debito interno sia di circa 26 miliardi. Quindi lo stato
automaticamente non era in condizioni di pagare gli stipendi ai dipendenti dello stato, e
neppure le pensioni.
La troika doveva prestare alla Grecia anche dei miliardi di Euro per debiti
verso l'estero.
La troika, nel dare ordini, iniziava dopo discussioni con il governo greco,
che però (all'inizio) licenziava a poco a poco i dipendenti dello Stato.
Il numero dei dipendenti dello Stato era grandissimo (nessuno conosceva il
numero esatto) e il governo cominciò anche a tagliare gli stipendi di tutti, e anche le
pensioni di tutti (furono tagliate 11 volte, durante la crisi).
C'erano anche aziende pubbliche statali (ad es.:le ferrovie) che avevano
dipendenti con elevatissimi stipendi, e tante spese.
La troika diede l'ordine di abbassare gli stipendi delle persone che
lavoravano in quelle aziende, dati i loro legami con il bilancio dello Stato.
Intanto tutto il popolo greco capiva, ormai, tutto quello che succedeva, e che
tutti i governi precedenti avevano sbagliato le proprie scelte, e ha cominciato a cercare
il vero motivo di questo disastro.
Le cose si scoprivano piano piano e tutti imparavano cose strane, come bonus
assurdi per certi dipendenti e anche scandali vari.
3.- Distruzione del settore privato, con
nuove imposte. Fors' anche il sistema aveva fatto alcune cose buone allora (come
taglio stipendi altissimi), ma allo stesso tempo cominciò a fare un errore enorme: ad es.
certi cambiamenti dal lato fiscale iniziarono a distruggere il settore privato.
Presso il pubblico non giravano più tanti soldi e le banche si fermarono nel
prestare dei soldi alla gente. Tanti dipendenti del settore privato iniziarono a perdere
il lavoro, perchè |
le imprese non
avevano ricavi dalle vendite e non potevano neppure pagare le loro spese.
La troika imponeva anche nuove imposte, che la gente faticava a pagare.
Per esempio fu messa una imposta sulla casa di abitazione, applicata alla bolletta
della luce. Quindi la tassa era tanto piu grande quanto la casa era grande.
Se quella casa si trovava in un posto urbanisticamente più alto, es. al
centro della città, la tassa era relativamente più grande.
Una mia opinione è che la troika doveva procedere più lentamente, per gradi.
Si dovevano tagliare stipendi ingiustificati, elevati; si dovevano tagliare poco le
pensioni, e sostenere il settore privato in qualche modo.
Siccome la Grecia è un Paese piccolo e con una dirigenza bella, se si fosse
iniziato il taglio delle spese, fin dalla legislatura precedente (2004), si sarebbe
potuto anche coprire almeno un eventuale vuoto di liquidità delle banche (un vuoto
così grande non c'era mai stato negli ultimi anni) . Non ho mai sentito, negli
ultimi anni, che il vuoto medesimo superato 8 miliardi al mese, quindi 24 miliardi ogni 3
mesi.
E' anche una opinione generale è che se si realizza una crescita produttiva
grande, puoi tollerare una dirigenza del governo un pò sbagliata.
A riguardo debiti bancari, assunti dal popolo prima del 2009, non c'era più la
possibilità di rimborsarli, e le banche entravano in sofferenza.
Una mia opinione è che si doveva mettere un limite ai prestiti bancari, sia pure
in modo eccezionale
4.- Le nuove vicende, a seguito del governi Samaras. Con le nuove
elezioni politiche, arrivò la destra di Samaras, che insieme col nuovo capo del Pasok
Venizelos e Kouvelis (di sinistra) fece il nuovo governo.
Capo del governo divenne Samaras.
Nel frattempo, dopo questi anni di sofferenza, il debito interno era stato
coperto tutto.
Samaras intanto cercava di convincere la gente che entro pochi mesi sarebbe
iniziata la crescita, ma una crescita che non si vedeva da nessuna parte.
Sono della opinione che chi crede nella crescita del +2%, sbaglia e si
sbaglia anche, ora, a dirlo.
Il fatto che il settore privato arrivi a 0%, significa che il +2 sia
probabilmente -5%.
Nel frattempo la gente non ce la faceva a pagare le imposte, e il numero totale del
debito della gente verso lo Stato arriva a essere di 86 miliardi di euro: una cosa mai
vista prima, e la Grecia è l'unico Stato, dove questo succede.
Siccome lo Stato non raccoglieva soldi, fu creato un sistema di rateizzazione in
100 rate mensili per il pagamento delle imposte, grosso modo in 8 anni.
Con queste 100 rate per ogni persona quello che deve dare al mese è poco. Quindi
ce la fa a darlo.
Analogamente è per i debiti che ognuno di noi ha verso le 100 rate. Da quello che
mi ricordo la troika spingeva a diminuire le rate. |
Diminuire il
numero delle rate significava semplicemente che lo Stato raccoglierebbe piu soldi.
La troika spingeva per diminuire le rate, ignorando comunque tutta la gente greca
che non aveva i soldi per pagare. 5.
L'arrivo di Tsipras. Nel 2015 Tsipras vince le elezioni.
Subito il ministro Varoufakis fa le 100 rate anche per i versamenti alla previdenza
sociale.
Ma tutti sanno che i ricchissimi in Grecia non pagano.
Dopo un lungo periodo di mesi di trattative di Tsipras e Varoufakis con gli
europei, visto che né loro né gli Europei facevano un passo indietro, alla fine
accettava un nuovo programma per un prestito di 80 miliardi, di cui pochi di questi
sarebbero stato spesi per la crescita.
Ma prima di fare il passo indietro, Tsipras dichiarò il referendum.
Mario Draghi subito dopo fece il "capital control" e chiuse il
rubinetto della liquidità.
La gente si ritrovò in una grossa difficoltà e alla fine il no al referendum
arrivò al 63% .
Ritengo che Tsipras avrebbe dovuto prevedere e organizzarsi meglio, e trovare
degli alleati.
Senza alleati da solo non poteva cambiare delle cose in Europa, ad es. l'Italia,
cosa che non avvenne.
Quindi Tsipras perse tutto, e accettò 80 miliardi di prestiti e iniziò il
nuovo programma.
6.- Ultimamente, per quanto riguarda
il pagamento delle 100 rate di tasse, è stato aumentato il tasso di interesse.
Negli ultimi mesi, la troika ha elevato la tassazione dal 3% al 5,05% sulle
100 rate, quindi ha elevato il debito intero di ogni persona e quindi è aumentata anche
la rata mensile.
Devo precisare una cosa importante. Per mantenere le 100 rate devi pagare ogni mese
la tassa corrente con il modulo che ti arriva.
Le 100 rate riguardano solo debiti vecchi. Se non paghi la nuova tassa che ti
verrà entro un mese, perdi le rate pagate. Infatti, ultimamente, la gente che non ha da
pagare è tanta, e dunque sono in tanti che hanno perso parte delle 100 rate.
Quelli che hanno perso le rate versate, sono destinati a vedere il loro
debito aumentare ogni mese, visto che viene tassato.
Rimane la tassa sulle case, e quella la devi pagare in 3 rate.
Se un pensionato ha 1200 euro al mese e ha delle case, da qualche parte, es., deve
pagare per esempio 10.000 euro in 3 mesi. Cose assurde insomma.
Conclusioni. Ritengo che
la troika abbia creato un programma facendo elevare il debito in alto, forse per poi farlo
scendere in basso dopo anni, visto la impossibilità che esso sia pagato.
Ma, nel frattempo, ha fatto distruggere uno Stato intero e ha, secondo me,
distrutto a parte della economia e anche la politica greca. |
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Ignazio Visco
Governatore B.d'I.
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DECRETO
LEGGE n. 2015/183
che ha liquidato quattro banche locali...
con rovina dei risparmiatori
fallite nonostante la vigilanza di Bankitalia e CONSOB
COMMENTO: la legislazione
europea è meno buona
di quella italiana degli anni '30. Serve più carattere da B.d'I. |
Giuseppe Vegas
Presidente CONSOB
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DECRETO-LEGGE
22 novembre 2015, n. 183 Disposizioni urgenti per il settore creditizio. (15G00200) (GU
Serie Generale n.273 del 23-11-2015) Entrato in
vigore del provvedimento: 23/11/2015 decreto-legge e da essere convertito in legge entro
60 giorni:
Art. 1 - Costituzione di enti-ponte ai sensi
dell'articolo 42 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180
1. Sono costituite, con effetto dalle ore 00,00 del giorno
della pubblicazione del presente decreto-legge, quattro societa' per azioni, denominate
Nuova Cassa di risparmio di Ferrara S.p.A., Nuova Banca delle Marche S.p.A., Nuova Banca
dell'Etruria e del Lazio S.p.A, Nuova Cassa di risparmio di Chieti S.p.A, (di seguito
"le societa'") tutte con sede in Roma, via Nazionale, 91, aventi per oggetto lo
svolgimento dell'attivita' di ente-ponte ai sensi dell'articolo 42 del
decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, con riguardo rispettivamente alla Cassa di
risparmio di Ferrara S.p.A., alla Banca delle Marche S.p.A., alla Banca popolare
dell'Etruria e del Lazio - Societa' cooperativa e alla Cassa di risparmio di Chieti S.p.A,
in risoluzione, con l'obiettivo di mantenere la continuita' delle funzioni
essenziali precedentemente svolte dalle medesime banche e, quando le condizioni
di mercato sono adeguate, cedere a terzi le partecipazioni al capitale o i diritti, le
attivita' o le passivita' acquistate, in conformita' con le disposizioni del medesimo
decreto legislativo.
2. Alle societa' di cui al comma 1 possono essere
trasferiti azioni, partecipazioni, diritti, nonche' attivita' e passivita' delle banche in
risoluzione di cui al comma 1, ai sensi dell'articolo 43 del decreto legislativo 16
novembre 2015, n. 180.
3. Il capitale sociale della Nuova Cassa di
risparmio di Ferrara S.p.A. e' stabilito in euro 191.000.000 ed e' ripartito in n.
10.000.000 (dieci milioni) di azioni; il capitale sociale della Nuova Banca delle Marche
S.p.A. e' stabilito in euro 1.041.000.000 ed e' ripartito in n. 10.000.000 (dieci milioni)
di azioni; il capitale sociale della Nuova Banca dell'Etruria e del Lazio S.p.A, e'
stabilito in euro 442.000.000 ed e' ripartito in n. 10.000.000 (dieci milioni) di azioni;
il capitale sociale della Nuova Cassa di risparmio della provincia di Chieti S.p.A. e'
stabilito in euro 141.000.000 ed e' ripartito in n. 10.000.000 (dieci milioni) di azioni.
Le azioni sono interamente sottoscritte dal Fondo nazionale di risoluzione; nel
rispetto dell'articolo 42, comma 2, del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, il
capitale di nuova emissione della societa' potra' essere sottoscritto anche da soggetti
diversi dal Fondo nazionale di risoluzione.
4. La Banca d'Italia con proprio provvedimento adotta lo
statuto, nomina i primi componenti degli organi di amministrazione e controllo e ne
determina i compensi. Resta fermo, per la fase successiva alla costituzione, quanto
stabilito dall'articolo 42, comma 3, del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180.
Se gia' adottati al momento di entrata in vigore del presente decreto, tali atti
s'intendono convalidati.
5. La pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente decreto tiene
luogo di tutti gli adempimenti di legge richiesti per la costituzione delle societa'.
Dalla medesima data per le obbligazioni sociali rispondono soltanto le
societa' con il proprio patrimonio.
6. Fermo restando quanto disposto al comma 5, gli adempimenti societari saranno
perfezionati dagli amministratori delle societa' nel piu' breve tempo possibile dall'atto
del loro insediamento.
Art. 2 - Risorse da versare al Fondo nazionale di
risoluzione dopo l'entrata in funzione del Meccanismo di risoluzione unico
1. Dopo l'avvio del Meccanismo di risoluzione unico ai
sensi dell'articolo 99 del regolamento (UE) n. 806/2014, fermi restando gli obblighi di
contribuzione al Fondo di risoluzione unico previsti dagli articoli 70 e 71 del
regolamento (UE) n. 806/2014, le banche aventi sede legale in Italia e le succursali
italiane di banche extracomunitarie, qualora i contributi ordinari e straordinari
gia' versati al Fondo di risoluzione nazionale, al netto dei recuperi derivanti da
operazioni di dismissione poste in essere dal Fondo, non siano sufficienti alla copertura
delle obbligazioni, perdite, costi e altre spese a carico del Fondo di risoluzione
nazionale in relazione alle misure previste dai Provvedimenti di avvio della risoluzione,
versano contribuzioni addizionali al Fondo di risoluzione nazionale nella misura
determinata dalla Banca d'Italia, comunque entro il limite
complessivo, inclusivo delle contribuzioni versate al Fondo di risoluzione unico, previsto
dagli articoli 70 e 71 del regolamento(UE) n. 806/2014.
Solo per l'anno 2016, tale limite complessivo e' incrementato di due volte
l'importo annuale dei contributi determinati in conformita' all'articolo 70 del
regolamento (UE) n. 806/2014 e del regolamento di esecuzione (UE) n. 2015/81. 2. In caso
di inadempimento dell'obbligo di versare al Fondo di risoluzione nazionale le risorse ai
sensi del presente articolo, si applicano le sanzioni previste dall'articolo 96 del
decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, per la violazione degli articoli 82 e 83 del
medesimo decreto legislativo.
Art. 3 - Disposizioni fiscali
1. Nel caso in cui sono adottate azioni di risoluzione,
come definite all'articolo 1, lettera f), del decreto legislativo 16 novembre 2015, n.
180, la trasformazione in credito d'imposta delle attivita' per imposte anticipate
relative ai componenti negativi di cui al comma 55 dell'articolo 2 del decreto-legge 29
dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10,
iscritte nella situazione contabile di riferimento dell'ente sottoposto a risoluzione
decorre dalla data di avvio della risoluzione ed opera sulla base dei dati della medesima
situazione contabile. Con decorrenza dal periodo d'imposta in corso alla data di avvio
della risoluzione non sono deducibili i componenti negativi corrispondenti alle attivita'
per imposte anticipate trasformate in credito d'imposta ai sensi del presente comma. 2. Il
comma 1 si applica a decorrere dall'entrata in vigore del decreto legislativo 16 novembre
2015, n. 180. 3. Al comma 2 dell'articolo 16 del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83,
convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1 della legge 6 agosto 2015, n. 132,
le parole "in corso al 31 dicembre 2015" sono sostituite dalle seguenti:
"successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014". 4. Ai fini delle imposte sui
redditi, i versamenti effettuati dal Fondo di risoluzione all'ente-ponte non si
considerano sopravvenienze attive.
Art. 4 - Entrata in vigore
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso
della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sara'
presentato alle Camere per la conversione in legge. Il presente decreto, munito del
sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della
Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.
Dato a Roma, addi' 22 novembre 2015
MATTARELLA,
Renzi, Presidente del Consiglio dei ministri
Padoan, Ministro dell'economia e delle finanze
Visto, il Guardasigilli: Orlando |
NINO
LUCIANI, Fallimento banche oggi: Così non fece la legge bancaria monarchica del 1936 e
dintorni 1.- Premessa. La
divulgazione, in queste settimane, di pericoli fallimenti bancari è pericolosa
quanto il fallimento vero e propro, sia per il sistema bancario sia per l'ordine
pubblico. Ma il fatto del modo del far fronte al fallimento è responsabilità della UE, e
anche dell'Italia (non di Renzi).
Cominciamo dall'ordine pubblico. E' ancora viva nella nostra memoria la rivolta popolare
in Albania (1997), di fronte alll perdita dei propri soldi (causa insolvenze bancarie), da
parte dei risparmiatori.
Nel caso dell'Italia, il problema vivente non è se ci sia o non ci sia crisi
diffusa di banche, ma se si crede che ci sia, e le molte loro sofferenze (che ci sono
davvero) potrebbero innescare un fuggi fuggi dalle piccole banche. Questo sarebbe già un
fatto insopportabile, abbinato ad altro fatto, vale dire il sistema bancario nel complesso
non ha contante pari alla domanda potenziale di banconote.
2. La impostazione errata della UE. La responsabilià sarebbe, però,
della UE, per come ha impostato il problema della insolvenza delle banche.
Vediamo perchè. Essa è di assumere la banca come quella di una qualsiasi impresa,
per cui in caso di fallimento, il problema è del fallito e di tutti coloro che hanno
avuto legami con l'impresa. Dunque il problema sarà risolto secondo le regole del
fallimento.
E' anche vero che poi, a questa base la UE innesca delle integrazioni, ma se le
può tenere, perchè solo dannose:
a) il Fondo di solidarietà viene caricato sul sistema bancario, vale dire su altre
banche, che non c'entrano niente;
b) l'assicurazionde dei depositanti fino 100.000 è solo un tranquillante,
fondato su rischi con probabilità bassa, per cui è assolutamente assolutamente
insufficiente in caso da crisi da panico.
E che dire del Governo Renzi ? Non voglio dire nulla perchè,
anche se dice parole, è come se non dica nulla, perchè il suo supporter tecnico (B.d'I.)
è nel pallone da anni.
In teoria, basterebbe ispirarsi alla legge bancaria del 1936, solo che adesso il
bilancio statale è talmente impegnato su "altro", che non ha mezzi per
nazionalizzare le banche in fallimento.
3. Cosa si fece nell'Italia del 1929-36 .
Allora non si fece così. Le banche in stato di fallimento furono nazionalizzate (questo
non era aiuto di Stato) e lo Stato subentrò ad esse nei confronti dei risparmiatori.
Si fece, poi, anche una legge
bancaria che:
- all'art. 1 dichiarava: " La raccolta del risparmio fra il pubblico
sotto ogni forma e l'esercizio del credito sono funzioni di interesse pubblico regolate
dalle norme del presente decreto";
- un altro articolo sopprimeva "la banca universale" e portava una ferma
distinziione tra istituto di credito mobiliare (per il mercato a breve) ed istitutii
finanziari (per il mercato a medio-lungo termine.
- un altro articolo dava un peso importante alla riserva obbligatoria in banconote (a
fronte dei depositi) e che poi Einaudi (governatore di B.d'I) rinforzerà alla fine degli
anni 1940, a parte l'obbligo di un consistente patrimonio bancario (comunque sempre
insufficiente in tempi di grandi crisi economiche, su cui tormo più sotto)
Le banche nazionalizzate restarono pubbliche (sia pur anche nella tipologia della
SpA, ma con la partepazione maggioritaria dello Stato) fino al 1993 e dintorni, quando una
famigerata nuova legge bancaria autorizzò la rapina del patrimonio degli italiani, come
regola.
4.- La leggerezza della legge bancaria del 1993.
La legge del 1936 è stata sostituita dal Decreto Leg.vo 385/1993,
su pressione della banca d'Italia. La sua caratteristica è di averci dato la "banca
universale" (non solo in Italia).
La riforma stabilì che "l'attività bancaria" ha
"carattere di impresa" ed "è riservata alle banche"
(art.10), e inoltre ri-creò la banca universale, per:
a) fare operazioni sulla moneta, senza alcuna distinzione tra mercato a breve termine e
mercato a medio-lungo termine;
b) emettere obbligazioni; e partecipare al capitale delle imprese, e
viceversa, sia pur entro determinati limiti (fino al 5% OK di norma, fino al 15% o più
servono speciali autorizzazioni della banca centrale) .
c) avere un "capitale versato" (art. 14, lett. b) "non inferiore a
quello determinato dalla Banca d'Italia" (?).
Questo dispositivo è ripreso dall'art. 53, che chiede alla B.d'I.
disposizioni concernenti "l'adeguatezza patrimoniale" e il "contenimento
del rischio", sia pur differenziatamente da caso a caso;
d) aderire ad un sistema di garanzia di diritto privato nei confronti dei
depositanti, con risorse da essa fornite (art. 96) e (nei casi di liquidazione di banche)
con garanzia accessoria dello Stato estere se la banca in liquidazione è una succursale
di banca estera.
5.- Anche insufficienza grave
della vigilanza della Banca d'Italia. Ho sempre pensato che, di seguito alla
cessazione del potere di fabbricare moneta, la Banca d'Italia vada abolita come
istituzione, e trasformato in una mera dipendenza decentrata della BCE.,
Sulla questione della Vigilanza sulle banche, vorrei riproporre una relazione di Ignazio
Visco (Governatore), in cui egli ammette
candidamente (era alle prime armi) che (relativamente alla grande crisi, dal 2007) che la
banca d'Italia è stata impotente, perchè il bacino bancario era internazionale, troppo
più grande di quello dell'Italia (di competenza).
Ma, dopo i fatti di queste settimane, la insufficienza è stata anzi motivata da
una "faccia tosta" della B.d'I., che ha dichiarato che la B.d'I non può inibire
il collocamento di "obbligazioni subordinate" senza una nuova legge.
Evidentemente, le banche possono continuare a rapinare. Ma su questo dirò nel
prossimo paragrafo.
3.- I buchi neri. Con legge del 1993, la riserva obbligatoria (che
allora viaggiava intorno al 25% dei depositi) diverrà via via più bassa, e dopo
l'ingresso nell'area Euro, diverrà ulteriormente più bassa (la UE vorrà un minimo
dell'1%, che le banche dovranno aumentare, a seconda del cliente depositante, e che oggi
viaggia nell'intorno del 7-10% (secondo miei calcoli, e mi piacerebbe essere smentito).
Questo elemento permette di spiegare le rapine, sopra accennate, e che non
sono solo quelle spudorate relative alla collocazione di "derivati e vari titoli
marci", di cui si dice in questi giorni.
In premessa, si deve chiarire che le banche emettono
"moneta bancaria" (vale dire, assegni bancari o assimilati) in aggiunta alla
moneta legale (banconote della BCE e moneta metallica di Stato). Infatti, dati i
depositi in moneta legale, essi depositi (in seguito alle varie operazioni nel tempo)
divengono globalmente pari alla moneta legale (depositata) moltiplicata per
l'inverso della percentuale della riserva obbligatoria. Es. se la riserva è il 10% dei
depositi in moneta legale (M), il monte depositi tende ad essere: M/(10/100)=m*10, vale
dire 10 volte il deposito iniziale in moneta legale (grosso modo pari al totale delle
banconote in circolazione)
Questo fatto conferisce alle banche di determinare un potere di acquisto immenso
del patrimonio di beni e servizi, e di lucrare una provvigione per ogni operazione .
Ai tempi dei Principi e Re il potere da battere moneta legale dava a loro un potere
immenso di appropiarsi direttamente dei beni e servizi della società civile, che andava
ad aggiungersi al loro potere politico assoluto.
Di fronte agli abusi, la socieà civile riuscì ad imporre la cessazione del potere
di battere moneta, che fu trasferito alla cosiddetta "banca centrale", organo
tecnico, indipendente dalla politica.
Di fronte a questa conquista di civiltà, non si comprende come mai la BCE abbia
svilito il ruolo della riserva obbligatoria, come mezzo efficace per limitare la
fabbricazione di moneta bancaria, e abbia coperto il buco giuridico-tecnico incrementando
l'importanza del patrimonio bancario.
Forse non si è capito che questo patrimonio serve davvero solo se è in moneta
liquida, ma così non è. Anzi, esso è prevalentemente in capitale, che è presunto
liquidabile.
Forse non si considera che i grandi maestri (I. Fisher) hanno chiarito che il
capitale è il valore attuale del reddito; e che, in tempi crisi del sistema economico,
viene meno il reddito, per cui il capitale va in fumo, e quindi addio liquidabilità. |
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Dalla AIGE - Associazione Italiana Gestione dellEnergia*
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IX CONGRESSO NAZIONALE SULL'ENERGIA
Catania 17-18 settebre 2015
Argomento: "ENERGETICA E GESTIONE DELL'ENERGIA"
* Prof. Enrico Lorenzini, Presidente Nazionale, Università di Bologna |
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IX CONGRESSO NAZIONALE AIGE SULL' ENERGIA
1.- Nei giorni 17 e 18 Settembre si è tenuto a Catania, con
ampio risalto sulla stampa locale (LA SICILIA), presso i locali della Cittadella
Universitaria, la nona edizione del Congresso AIGE. Essa raccoglie competenze di alto
profilo tecnico, scientifico, giuridico, industriale e manageriale, con la missione di
promuovere le conoscenze nel campo energetico -gestionale e di divulgarle anche attraverso
l'organizzazione di Congressi e seminari di settore e produzione di documenti e studi di
politica energetica.
Il congresso di quest'anno, oltre ai consueti temi di più spiccata
valenza scientifica (termofluidodinamica, cogenerazione, energetica degli edifici, risorse
rinnovabili, impatto ambientale dei sistemi energetici, etc.) ha incluso anche sessioni
dove sono state trattate problematiche più propriamente politico-gestionali come il
mercato dell'energia e la politica energetica nazionale (da anni la grande assente negli
indirizzi di governo).
E' stata una occasione per fare il punto sia sullo stato della ricerca
scientifica di settore, sia sui tanti nodi ancora irrisolti della politica energetica
nazionale.
L' apertura del Congresso è avvenuta con il Saluto del Rettore Prof. Giacomo
Pignataro e a seguire con il Saluto della Dott.ssa Lo Bello - Vice Presidente Vicario
Della Regione Siciliana, quindi Saluto dell' assessore Bosco di Catania , Saluto dell'Ing.
Colombrita Presidente ANCE Catania, seguito dal Saluto del Presidente di AIGE Prof. Enrico
Lorenzini ; quindi la Lectio Magistralis del Prof. Oronzio Manca -vice- presidente
nazionale AIGE , sul tema: Computational Heat Transfer in Solar Energy Systems and
Thermal Energy Storage.
2.- Nella prolusione il presidente nazionale prof Enrico Lorenzini ha
ricordato dallo Statuto AIGE, L' ART.1 : '' A.I.G.E. è una Associazione costituita da
persone o Enti che si interessano di ricerche in ambito scientifico, tecnologico,
giuridico, economico, nel settore dell' energia, nella visione della politica energetica
da perseguire. Essa si pone l' obiettivo principale di promuovere il processo di
conoscenza e sviluppo della ricerca scientifica, tecnologica, economica e giuridica in
tale settore e di elaborare e fornire documenti e studi di politica energetica?..''.
In sintesi , AIGE fa politica e lo vuole fare molto di piu', perché
viene riconosciuta la necessità che professori-tecnici diano il loro contributo alla
classe politica nazionale.
Obiettivo e' quello di fornire alla classe politica dirigente elementi utili
per anticipare gli scenari del futuro attraverso visioni strategiche, politiche e
tecnologiche, per affrontare la realta' , proprio perche' la tecnica e la scienza fanno
passi da gigante a volte anche improvvisi. Del resto va tenuto conto del dramma del nostro
Paese che ha un tasso di disoccupazione che dal 2009 ad oggi e' cresciuto dal 6,9% ad
oltre il 12% , con punte di oltre il 42% tra i giovani dai 18 ai 24 anni ? .........
Secondo Plutarco: '' i giovani non sono vasi da riempire ,ma fuochi da
accendere '' . Siamo di fronte ad una nuova realtà, che deriva dalla necessità di
rispondere a questi drammi stigmatizzati dai numeri.
Pertanto AIGE deve comprendere e spiegare questa nuova realta',da cui
discende che piu ' che cercare un lavoro, i giovani che escono dal nostro
insegnamento dovranno essere in grado di crearsi un lavoro , facendo scattare nel
loro cervello la scintilla dell' ingegno, dell' osservazione, dell' invenzione , della
fantasia ! Quindi AIGE dovra ' auspicare , propagandare una vera revisione e un
aggiornamento dei percorsi scolastici e universitari , attraverso documenti, conferenze,
dibattiti.
Cio ' non nega l' attivita ' di ricerca , ma la amplia con originalita ' .
Ricordiamoci che molte università ' si muovono realizzando e promuovendo nuove attivita '
imprenditoriali, come spin-off, start-up .
Altro compito di AIGE rimane la redazione di documenti
programmatici--politici da presentare nelle sale della politica. Sempre piu' infine i
nostri Congressi dovranno dare luogo a discussioni approfondite su temi specifici, di
carattere generale, di fatto aggiornamenti completi su tematiche di interesse politico
nazionale.
3.- Tradizionalmente AIGE sviluppa ricerche su tematiche
prettamente tecniche, presentate al Congresso, riconosciute di altissimo livello. Che vi
sia bisogno di un 'pungolo' per la politica energetica italiana , lo testimonia un fatto
grave avvenuto ben poco tempo fa.
Nel 1999 da un ministro di fatto mal guidato in politica
energetica, fu fatta approvare una legge, secondo cui dopo alcuni anni sarebbe stato
"obbligatorio" mettere pannelli fotovoltaici in tutte le nuove abitazioni e
addirittura anche in quelle che avessero dovuto subire una totale ristrutturazione.
Giustissimo cio', purchè ' fosse stato sviluppata, finanziata salvaguardata una
nostra industria nazionale nel settore. In sintesi nessun contributo ecc. nessun progetto
per sviluppare e rendere indipendente la nostra industria del fotovoltaico. Risultato : in
questo modo l'ITALIA divenne sempre maggiormente succube di GERMANIA, USA , incentivando
il loro mercato a proprie spese.
L'energia è un asse portante della società industrializzata,
correlata con la qualità della vita e i suoi consumi crescono con il livello di benessere
delle popolazioni . Agli usi energetici sono però collegati oneri finanziari enormi, il
che impone selezione di tecnologie efficienti, oculata e 'onesta' gestione, incentivazione
del risparmio energetico a tutti i livelli e mirati indirizzi di politica energetica.
Stiamo invece assistendo a una politica nazionale almeno ondivaga, se non
contraddittoria. Si ripete l' esempio all'incentivazione delle rinnovabili elettriche
avvenuta senza il necessario adeguamento delle reti, e soprattutto in assenza di incentivi
a filiere di produzione nazionale di celle fotovoltaiche o pale eoliche, il che ha
significato dare il clamoroso, ricordato, incentivo alle importazioni dall'estero (in
particolare Germania, USA), senza dire della richiesta di innovazione tecnologica
predicata alle nostre industrie di settore, ma senza il necessario sostegno alla
formazione e alla ricerca scientifica.
La stessa certificazione energetica degli edifici, sulla quale il Legislatore
si è espresso a più riprese, fino ai tre recentissimi decreti del giugno 2015, risulta
come un ulteriore fardello burocratico piuttosto che come opportunità di valorizzare
l'immobile attraverso la sua qualità energetica.
4.- Il Congresso ha toccato altri temi, per portare il contributo dei
maggiori esperti italiani al dibattito nazionale. Una apposita Commissione ha selezionato
12 ricerche di alto livello scientifico, che saranno pubblicate sulla rivista
"INTERNATIONAL JOURNAL OF HEAT AND TECHNOLOGY", edita e gestita dall'
Associazione IIETA* .
_________________________
* "At present, the publisher of International Journal of Heat and Technology is
International Information and Engineering Technology Association (IIETA).
IIETA is a non-profit scholarly society based at Edmonton, Alberta,
Canada. It is a self-funded organization dedicated to research, education, advocacy, and
action in the public interest. It exists to provide students and scholars a platform to
promote academic research in respective fields.
It publishes journals in the areas of engineering, information
technology and management, organizes international conferences, symposia and workshops
dedicated to facilitate the exchange of highly peer-reviewed scientific knowledge for our
members and external profession. IIETA provides the very best service in the proofreading,
copy-editing and English language industry to our members.''.
Website address: http://www.iieta.org/Journals/H%26TECH/PUBLISHER
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EDIZIONI
PRECEDENTI |
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La CRUI rileva un taglio di 87 milioni nel 2015, rispetto al 2014,
"e
chiede al Governo unimmediata e decisa inversione di rotta
a partire dal varo di un piano di incremento progressivo del FFO".
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LUCIANI: Direi, però, che
la CRUI non fa nulla da anni per non trovarsi "sola e picchiata" nel rapporto
con il Governo, e nemmeno cerca aiuto nei luoghi a lei naturali, che sono i sindacati
unversitari, a parte che questi sono polverizzati. E qui ha ben ragione Renzi, quando
"sogna" un sindacato unico, ossia una "voce unica" (la Camusso non ha
capito nulla...). Ricordo che il DPR 282/1980 nacque grazie ad
uno stretto colloquio tra governo e sindacati, riuniti nel CNU-Comitato Nazionale
Universitario. E di questo l'ex-Ministro DC, Giancarlo Tesini, ha reso testimonianza in un
recente convegno a Bologna (21.5.2015) |
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Parere CRUI sullo schema del
decreto di riparto del Fondo di Finanziamento Ordinario per l'anno 2015
(Omessi qui i paragrafi irrilevanti. Per una visione del testo completo,
clicca su:https://www.crui.it/HomePage.aspx?ref=2252#)
LAssemblea della CRUI, riunitasi il giorno 7.5.2015, preso atto della nota MIUR del
6.5.2015, esprime, con voto unanime, il seguente parere avente per oggetto lo schema di
decreto di riparto del FFO 2015.
....
La CRUI sottolinea che, dopo la parentesi dello scorso anno, il FFO complessivo
torna di nuovo a diminuire, assestandosi per il 2015 a 6.923.188.595 euro contro
i 7.010.580.532 euro del 2014, con una riduzione di 87,4 milioni di euro
(a parte la concessione pietosa, a difesa del Sud, secondo cui nessun ateneo dovrà
perdere più del 2%, rispetto all'anno prima. NdR).
.......
In termini di finanziamento, il nostro sistema non regge al confronto internazionale. Nel
2009 il FFO rappresentava lo 0,49% del PIL; oggi siamo scesi allo 0,42% contro lo 0,99%
della Francia e lo 0,93% della Germania.
I tagli progressivi, unitamente al blocco del turnover (anche quest'anno pari al 50%),
hanno determinato la perdita di oltre 10.000 docenti e ricercatori e la chiusura ai
giovani e meritevoli ricercatori. Si rammenta che per il settore universitario le
dinamiche salariali sono ferme da 5 anni. Tale grave disagio può essere compreso
e accettato solo se le risorse risparmiate sono messe a disposizione delle giovani
generazioni attraverso un programma nazionale di borse di studio per studenti in
condizioni di disagio economico e di reclutamento di giovani ricercatori.
......
Relativamente allo schema di decreto in parola, in una valutazione complessiva la
CRUI prende atto con favore: della gradualità di
applicazione dei costi standard per studente (passaggio dal 20% della quota
base del 2014 al 25% del 2015, pari a 1,2 miliardi di euro);
dellincremento del 2% della quota competitiva (170 milioni di
euro compensati dalla riduzione della quota base per 175 milioni di euro); con riferimento
a tale quota, anche alla luce della consistenza ormai raggiunta (1,385 miliardi di euro,
il 20% del FFO totale), la CRUI ribadisce lassoluta necessità che la quota
competitiva sia di natura aggiuntiva rispetto alla quota base, come è avvenuto
in Francia e Germania, e non viceversa sostitutiva.
La CRUI, inoltre, sottolinea che i risultati della VQR, utilizzati per
ripartire l85% della quota competitiva, si riferiscono a un periodo (2004-2010)
ormai assai remoto anche rispetto ai cambiamenti intervenuti nel sistema e chiede
che si proceda velocemente all'attuazione della nuova VQR. La CRUI prende atto con favore
dellincremento del peso assegnato alla didattica, di cui sottolinea la
necessità di valutarne anche la qualità e l'efficacia. Rileva, tuttavia, come, la
riduzione rispetto allo scorso anno del parametro di internazionalizzazione
vada contro le linee strategiche ribadite a più riprese dal MIUR, le strategie e gli
investimenti adottati dagli Atenei nel corso dellultimo anno e la coerenza che
richiede la stabilità dei parametri. Il parere della CRUI su questo punto è
negativo. Si chiede per l'internazionalizzazione il ripristino della quota dello scorso
anno o, almeno, il ripristino dellinvestimento in termini assoluti.
La CRUI, in aggiunta a quanto sopra, ribadisce anche l'assoluta necessità di
unapplicazione graduale del modello dei costi standard per studente,
una metodologia molto innovativa, che dipende da numerosi fattori e che impatta così
significativamente sulla composizione del FFO. Per il futuro, unitamente a una riflessione
generale sullalgoritmo sottostante, la CRUI chiede grande attenzione agli effetti
rispetto alla situazione di partenza dei singoli Atenei.
La CRUI ritiene altresì che la messa a regime del modello non è in alcun modo
sostenibile dal sistema universitario senza un incremento del FFO commisurato ai costi
definiti dal modello stesso. Senza un recupero dei tagli le dinamiche dei costi
standard e della quota competitiva non potranno essere ulteriormente adeguate e giungere a
regime. Una sostenibilità che è resa ancor più difficile dalla intrinseca
maggiore variabilità del nuovo modello di ripartizione e che richiede necessariamente una
conoscenza a priori dell'intervallo di variazione del FFO per una programmazione triennale.
Solo così è, infatti, possibile evitare squilibri di difficile gestione da un anno
allaltro e permettere agli Atenei unefficiente programmazione di medio termine
delle risorse.
......
In sintesi, è assolutamente indispensabile un incremento del finanziamento
complessivo che porti il FFO a coprire interamente i costi standard per studente e a
rendere di natura aggiuntiva la quota competitiva.
....
Tutto ciò premesso, nellesprimere complessivamente parere favorevole allo
schema di decreto per le parti di competenza, la CRUI ribadisce fortemente come
ulteriori evoluzioni del nuovo modello di finanziamento siano possibili solo con un FFO
che torni a crescere a partire dal 2016.
A tal fine serve il recupero dal prossimo anno di almeno 100 milioni di euro per
un Piano Giovani Ricercatori e di quanto necessario per il ripristino delle dinamiche
salariali, in particolare per chi è all'inizio della carriera. È paradossale che il sistema universitario,
statale e non statale, che ha visto negli anni affermarsi il
merito, la valutazione e i costi standard, sia
quello a cui il Governo continua a sottrarre risorse." |
NINO LUCIANI, Ma questa CRUI contraddittoria, cosa va cercando ? 1.- CRUI contraddittoria. Il documento della CRUI, di
cui è riportato uno stralcio qui a fianco (e di cui si può avere l'intero cliccando sul
link) si caratterizza per una contraddizione gravissima:
a) da un lato il lamento per i tagli del governo;
b) da altro lato il pieno favore al nuovo metodo di calcolo del fabbisogno applicato dal
MIUR, che da come risultato i tagli stessi. 2+2 fa quattro, non fa 5.
Il metodo, ultimo nato, è il costo standard per studente e come Professore
Ordinario di Analisi dei Sistemi Finanziari, Paleari dovrebbe sapere che non esiste un
costo standard per studente, ma il costo standard di una siringa, di un singolo
bene.
Invece il costo per studente è un valore medio di un bene complesso, quale e' una
università, e poi ogni università è ben diversa da altra università. Ad es., i
costi di Palermo o di Messina sono cosa molto diversa da quelli di Milano o Venezia.
Ben peggiore, poi, è il caso della parte di finanziamento in base al cosidetto
merito. I dati statistici (quelli che ho controllato io qualche anno fa) erano relativi ad
anni precedenti, anche vecchi di 5 anni, e non avevano alcun signicato per l'anno in
corso. Ci sono, poi, indiatori di merito senza alcun significato di efficienza (il numero
degli studenti stranieri)....
2.- Una proposta politica è tale se supportata da
una forza politica. Spiace molto il tono riverente del parere, verso il Miur. Non
c'è neppure la salvaguardia della dignità.
Soprattutto spiace che neppure lontanamente si sia consapevoli che una
proposta politica è tale se supportata dalla propria forza politica.
Cosa fa questa CRUI per movimentare le università italiane, vale dire i
professori, i ricercatori, gli studenti, che proclama di voler difendere ?
Poi, non basta chiedere al Governo. Occorrerebbe andare indicare al Governo
in qual capitolo del bilancio prendere i soldi, in modo che emergano le responsabilità
del Governo.
Ad es., la spesa pubblica è il 55% del PIL e, si aggiunge la spesa delle
imprese pubbliche (classificate dall'ISTAT nel settore privato) si arriva al 65% del PIL.
Dunque, non si direbbe che lo Stato non disponga di soldi. Evidenntemente le priorità
sono altre.
Ad es. la spesa pubblica è cresciuta di botto, del 15% del PIL, dal 1977, quando
entrarono in vigore le Regioni. Ma il criterio era che all'aumento della spesa per le
Regioni, doveva corrispondere un taglio corrispondente della spesa dello Stato in senso
stretto.
E' evidente che le Regioni sono un doppione dello
Stato, sotto molti punti vista. Dunque ...
3.- Per una CRUI che colloquia con i sindacati
plurali, ma con una voce unica. Questa CRUI non ha alcun dialogo, neppure
con le rappresentanze sindacali universitarie. O forse ha ragione RENZI, quando
"sogna un sindacato unico, senza più sigle e sigle" (dichiarazioni a La7,
23.5.2015).
In effetti, il problema è ben altro che una questione da regime autoritario
che, secondo la Camusso piacerebbe a Renzi). Trattasi del fatto che il pluralismo
sindacale (le sigle universitarie sono una trentina) è importante e necessario nella
misura in cui, poi, riesce ad esprimersi con una voce unica davanti alle autorità.
Invece, non è così. Per anni ho visto molte, a turno, confrontarsi intorno allo
stesso tavolo (c'ero anchio) e perfino ad arrivare documenti unitari, ma poi davanti al
ministro le sigle diventano il doppio, e ognuna diceva la propria opinione, che accentuava
cosa diversa, rispetto quella dell'altra sigla.
Bisognerebbe capire che un ministro non ha un compito facile se deve anche prendersi il
carico di mediare tra i sindacati.
Voglio ricordare il DPR 282/1980 nacque grazie ad uno stretto colloquio tra governo
e sindacati, riuniti nel CNU-Comitato Nazionale Universitario. Mi fermo qui. |
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SITUAZIONE
NELL'UNIVERSITA' |
Stefano Paleari, Presidente
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Stefano
Paleari, Presidente della CRUI fa:
LECTIO MAGISTRALIS all'Università di Lecce:
"Il finanziamento pubblico non è più in grado di supportare
la
ricerca e, in taluni casi, nemmeno l'intero sistema universitario." |
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FRATTANTO SI DICE IN GIRO: A) CHE IL GOVERNO PENSA DI METTERE
L'UNIVERSITÀ,
FUORI DALLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE; B) E CHE LA CRUI E CONFINDUSTRIA
ABBIANO FATTO UNA "COMMISSIONE PARITETICA" PER INDICARE COME FARLO...
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LUCIANI, PER UNA
PIENA AUTONOMIA DELL'UNIVERSITA', SEMPRE PUBBLICA,
MA IN REGIME DI "SEPARAZIONE TRA PROPRIETA' E GESTIONE" |
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Nota. La Lectio, pronunciata nel profondo sud
(Università di Lecce) abbraccia l'intera storia, relativamente recente (1936-2015),
dell'università italiana ed è un formidabile strumento di riflessione. Tuttavia, essa
contiene una tesi (a pag. 20) che smonta il castello, e che suona così:
"Il finanziamento pubblico non è più in grado di supportare la ricerca e,
in taluni casi, nemmeno l'intero sistema universitario."
Se le cose stanno così, di cosa si sta parlando? E cosa vuol dire, invece, che
l'Università è strategica per qualunque Paese al mondo, se poi gli Stati non la
finanziano ?
Mancano davvero i soldi, nello Stato italiano, pur vero che esso fa soffrire
da anni il finanziamento dell'università.
Ciò viene smentito dal fatto che lo Stato annega di soldi, ma che destina
altrove. Infatti lo Stato, dispone di un budget pari al 55%
del PIL (e che arriva al 65% se si mettono dentro le imprese pubbliche), di cui (al netto
della sanità, 7%) l'8% destina per tenere in piedi 20 le Regioni, che sono un duplicato
dello Stato.). Vedi 20 parlamenti regionali che fanno 20 volte le stesse cose (es. 20
leggi per regolamentare le caldaie, ...), mentre il parlamento nazionale potrebbe
fare una sola legge, e non solo per le caldaie... . |
CONCLUSIONE: il
trovare di mezzi finanziari aggiuntivi per l'università è un problema di priorità tra
università e altro (partiti, in primis). |
Stefano
Paleari, Presidente della CRUI - Conferenza dei Rettori delle Università Italiana.-
LECTIO MAGISTRALIS all'Università di Lecce, 20.03.2015. Per il testo completo, clicca: CRUI Il
futuro dell'Università:
fra competizione e welfare
SOMMARIO DELLA
LECTIO
1.- L'UNIVERSITÀ ITALIANA TRA PASSATO, PRESENTE E FUTURO
2.- L'UNIVERSITÀ ITALIANA DEI NOSTRI NONNI
3.- L'UNIVERSITÀ ITALIANA REPUBBLICANA.
a) La prima fase;
b) La seconda fase (legge 240/2010);
4.- I CAMBIAMENTI NELL'UNIVERSITÀ ITALIANA NEGLI ULTIMI
ANNI.
5.- LE SCELTE POLITICHE DEGLI ULTIMI ANNI SULL'UNIVERSITÀ.
6- E OGGI, DOVE STIAMO ANDANDO E DOVE VOGLIAMO
ANDARE.
- Premessa: relazione tra università e società
- Le domande di fondo prima di iniziare
- A proposito di modelli altrui: cartolina da berkeley
7.- I PRIMI OBIETTIVI POLITICI
8.- ALCUNE CONSAPEVOLEZZE E CONSEGUENZE INATTESE
9.- LA DIFFERENZIAZIONE: UNIVERSITÀ E RANKING.
10.- CHE COSA STA SUCCEDENDO?
-trend del sistema universitario a livello globale
11.- LA SOSTENIBILITÀ DEI SISTEMI EUROPEI DI HIGHER
EDUCATION
- Trend europei: demografico.
- Trend europei: economico
- Trend europei: mobilità internazionale
12.- LA MINACCIA CHE INCOMBE: LA SOCIETÀ
"DUALE"?
13.- UN DIBATTITO SUI DUE LATI DELLA STESSA MONETA
14.- CONSEGUENZE INATTESE?
15.- QUALI PROPOSTE?
a. Tra diritto allo studio e università, dal 2009 sono stati
tagliati oltre 1.000 milioni di euro. vanno recuperati con precise priorità
b. Investire sui giovani ricercatori: 100 mln di euro il primo
anno e 300 a regime per reclutare il 20% dei migliori dottori di ricerca (2.000 giovani
allanno).
c. Investire sul diritto allo studio: 100 mln di euro il primo
anno fino alla copertura del 100% degli aventi diritto.
d. Semplificare lamministrazione delluniversità
soffocata dalla burocrazia raccogliendo in un testo unico tutto ciò che regola le
attività.
e. Valorizzare la qualità media insieme alle eccellenze: costi
standard e premialitàa regime con risorse aggiuntive;
f. Costruire uno stato giuridico nuovo che premi i migliori e riduca il
precariato dei giovani oggi su livelli patologici
16.- LUNIVERSITÀ E LITALIA DI DOMANI
- Se litalia vuole ritornare a crescere e se vuole
essere un paese migliore ha bisogno di più università: non come numero ma come qualità
di ognuna nella didattica e nella ricerca;
- Anche le università devono fare la loro parte promuovendo il
merito e il buon uso delle risorse, da nord a sud senza eccezioni;
- Non può definirsi né ricco né evoluto un paese che educa e cura
discriminando i suoi cittadini. |
NINO
LUCIANI. Un possibile schema per salvare la autonomia piena e il finanziamento pubblico
della Università: la separazione tra proprietà e gestione. In queste settimane, dentro i sindacati universitari,
si parla del Governo, come intenzionato a mettere l'Università fuori dalla Pubblica
Amministrazione e di una presunta Commissione paritetica CRUI-Confindustria per fare
proposte sul modo di farlo.
Nella Lectio riportata, la CRUI appare in qualche modo rassegnata ad un sostegno
finanziario definitivamente sotto tono, dello Stato all'università, quasi una coerenza
con quanto sopra.
Questo mi pare brutto, soprattutto da parte della CRUI.
A mio avviso, un modo appropriato di affrontare quel pericolo è di interpretare
l'idea della uscita dalla PA, come soluzione approprita dell'annosa autonomia finanziaria
(entrata e spesa) della Università. Quindi l'uscita ci potrebbe essere, ma solo per
migliorarne l'efficienza gestionale e finanziaria della università, ma mai e poi mai
l'università a carico prevalente degli studenti !
Vediamo una sintesi di un possibile progetto, coerente con la natura pubblica della
università .
SEPARAZIONE TRA PROPRIETA' E GESTIONE
1.- La proprietà rimane allo Stato. La produzione e gestione sono un compito dell
Università.
2.- Lo Stato-proprietario controlla i risultati finanziari e teoricamente percepisce un utile
(ZERO, se il bilancio deve essere in pareggio).
Il controllo della Corte dei Conti dovrebbe divenire preventivo e
successivo (oggi è solo successivo).
3.- L'Università, in quanto gestore - produttore
a) produce la didattica e fa la
ricerca;
b) fissa la retta scolastica,
pari al costo standard (sia pur differenziatamente per tipologia di prestazioni
didattiche);
4) Lo Stato quale
utente (in
rappresentanza delle famiglie, che pagano le imposte) paga la retta scolastica;
- e le famiglie
pagano i contributi studenteschi (quota di retta scolastica, eventualmente non coperta
dallo Stato).
Nota. Gli studenti bisognosi e meritevoli (art. 34 Costituzione)
sono a carico totale di apposito fondo del bilancio dello Stato, eventualmente erogato
tramite le Regioni, in modo uniforme sul piano nazionale.
5.- Sistema finanziario. Le fonti di finanziamento
dell'ateneo sono:
- entrate proprie (retta scolastica, contributi studenteschi, contributi
di altri utenti didattici, prezzi privati e prezzi pubblici a fronte del costo di
prestazioni di beni e servizi di strutture produttive dell'Ateneo, affitti di locali di
proprietà dell'Ateneo, dividendi di enti al cui capitale l'Ateneo ha partecipazioni);
- liberalità di terzi privati, con totale esenzione
fiscale;
- trasferimenti dello Stato e di enti locali.
5.1.- Nel caso di medicina (art. 32
della Costituzione), tenuto conto delle deroghe di legge, il prezzo delle visite mediche e
degli esami diagnostici dovrebbe essere coerente con la natura pubblica dell'università
e, in ogni caso, (secondo la tradizione della scienza delle finanze) non superiore al 30%
del costo.
In particolare, tenuto conto che l'imposta personale sul reddito è improntata a
criteri di progressività, non vanno ammessi ticket progressivi per fasce di reddito.
Nel caso delle visite in libera professione, il prezzo non dovrebbe superare di una
determinata percentuale (10% ?) quello delle prestazioni in regime pubblico.
Identico criterio deve valere per gli esami diagnostici in libera
prestazione. |
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LA
CRISI ITALIANA E' MORALE, PRIMA CHE ECONOMICA ? |
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Luciano MOTZ*, LA POLITICA ITALIANA NON MANIFESTA ALCUNCHE'
DI CRISTIANO. AL TEMPO STESSO I CATTOLICI NON HANNO VOCE POLITICA.
* Dirigente di azienda, Trieste |
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Luciano Motz |
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È
singolare che, avendo il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio dei
Ministri cattolici, la politica italiana non manifesti alcunché di cristiano.
D'accordo, il Presidente della Repubblica non ha un ruolo esecutivo ed è in carica
solo da una manciata di giorni, ma il Presidente del Consiglio lo è già da qualche
tempo. Ma come si può chiedere qualcosa di cristiano a chi ha scientemente associato il
proprio partito al gruppo socialista europeo, cosa che neppure il comunista Bersani ha
osato?
Semmai, desta meraviglia che nessuno del pur nutrito gruppo dirigente
cattolico del PD abbia protestato.
Ecco, il dato drammatico è che in Italia, oggi, i cattolici non hanno voce
politica.
Nessuno più si dichiara cristiano e, quando vuole riferirsi alla
matrice culturale cristiana del popolo, sussurra pudicamente e quasi con vergogna il
termine "popolare", associandolo però immediatamente al termine
"liberale". Perciò le cose vanno male, perché satana, il signore di questo
mondo, è un lupo che si cela sotto il vello mansueto dell'agnello.
Così la delinquenza, organizzata o no, è in crescita, la corruzione è
onnipresente, l'immoralità è l'intrattenimento quotidiano anche alla televisione
pubblica, l'economia regredisce, la disoccupazione, specie giovanile, aumenta e l'Italia
sta scivolando verso un declino che può essere irreversibile.
L'uomo da solo, con tutto il suo orgoglio e la sua presunzione, non
può fare nulla di buono. |
Mai l'uomo da solo riuscirà a trascinare l'Italia fuori da questa crisi che prima di
essere economica è morale, senza l'aiuto di Dio. Occorre, quindi, costruire quello che
oggi non c'è: un partito autenticamente cattolico, meglio, cristiano. Non perché i
cristiani siano migliori o più capaci di quelli che non lo sono, ma perché solo essi
possono, in tutta umiltà, abbinare all'azione politica la preghiera. Ma c'è anche un
altro motivo che preme per costituire il partito cristiano: quel 50% e più di elettori
che costantemente disertano le urne. Se volgiamo l'attenzione a loro, possiamo capire,
anche se non esistono dati statistici, che essi sono, per una parte, giovani senza
speranza, che non hanno mai votato in vita loro, e, per un'altra buona parte, cattolici
disgustati degli attuali partiti politici. Gli estremisti, invece, votano comunque, e gli
ultrasinistri hanno trovato in Grillo il loro vate (forse sarebbe più consono dire water,
visto il numero di deretani che sono sempre sulla sua bocca). Questi astenuti
difficilmente torneranno a votare, perché ormai sono avvezzi all'astensione e, anzi, ne
fanno vanto. Per smuoverli occorre una forte scossa, qualcosa di nuovo, di originale. E la
scossa necessaria è un partito totalmente nuovo, cristiano, senza paragoni con quelli
precedenti o esistenti, che nasce spontaneamente dal popolo cristiano, non per accordi di
vertice tra potentati e professionisti della politica.
Un partito dove i giovani possono esprimere il loro impegno ai massimi
livelli e gli anziani valorizzare la loro esperienza. |
Un partito che opera veramente per il bene comune e che non teme di affermare i sacrosanti
principi di tutela della creatura dal concepimento alla morte, della famiglia come
società naturale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, del diritto dei genitori
a educare come vogliono i propri figli.
Renzi dice, sapendo di mentire, che, alle elezioni europee, il 40% degli
italiani lo hanno votato, ma in realtà solo il 22% del corpo elettorale ha votato per il
PD e tale percentuale, alle regionali, è scesa al 17% in Emilia-Romagna e al 13% in
Calabria.
Il nuovo partito cristiano, forte e autorevole, di massa, come si
diceva un tempo, facendo presa anche solo sul 50% degli astenuti può superare largamente
il PD e diventare il partito di maggioranza relativa. È un sogno? Può essere, ma il
sogno di uno solo resta un sogno, però quando viene condiviso da molti diventa realtà.
E, allora, vale veramente la pena di darsi da fare per creare questo partito,
perché l'impegno dei cattolici non può limitarsi a fare volontariato nelle missioni di
qualche ONG o ad assistere gli immigrati in qualche ONLUS, ma deve cancellare l'attuale
miseranda politica, inquinata dal relativismo e affascinata dall'invenzione diabolica dei
"diritti civili", e tornare ad alimentare, invece, quella politica che, come
diceva il beato Paolo VI, è la più alta forma di carità. |
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Nel corso della inaugurazione anno accademico della
GUARDIA DI FINANZA |
Premier Matteo Renzi
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RENZI: "E' finito il tempo dei furbi. Contro l'evasione,
onore-disciplina"
PADOAN: "Lotta all'evasione per ridurre la pressione fiscale"
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LUCIANI: LA GIUSTIFICAZIONE DELLE DIFFERENZE FISCALI DEI VARI
PAESI NEL MONDO sono:
Alta fiscalità in rapporto ad alto intervento dello Stato nella economia e nel sociale.
Bassa fiscalità in rapporto a basso intervento dello Stato nella economia e nel sociale |
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.IL FONDAMENTO
ECONOMICO ED ETICO DELLA EVASIONE FISCALE:
Alta fiscalità in rapporto a basse prestazioni dello Stato nell'economia e nel sociale |
PARLIAMO DELLA EVASIONE FISCALE, CON SINCERITA' e VERITA' |
Ministro Carlo Padoan
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ALCUNE STATISTICHE, DALL'ALTRA PARTE |
(Valori in milioni di euro, a prezzi
correnti) |
2009 |
2013 |
2014 |
ENTRATE FISCALI (imposte dirette
e indirette, contributi sociali) |
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SPESE CORRENTI |
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Fonti: Relazione Gen. B.d'I. 2014,
p. 102, per il 2009; MEF, Nota tecnico-illustrativa alla legge di stabilita', 2014, tab.
3.2-1 |
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Fonte: http://www.mef.gov.it/ministero/ministro.html
Nel corso dell'Anno Accademico della Guardia di
Finanza
- 28 novembre 2014 -
MINISTRO DELL'ECONOMIA Carlo PADOAN
(Stralcio del primo capoverso)
1.- In Italia l'evasione fiscale sottrae all'erario risorse
ingenti. Queste risorse potrebbero essere utilizzare dallo Stato per migliorare
il bilancio pubblico, ridurre la pressione fiscale e perseguire obiettivi
di equità sociale. L'evasione distorce il funzionamento del mercato, pone i contribuenti
onesti in una condizione sfavorevole rispetto agli evasori, impedisce l'allocazione
ottimale delle risorse. L'evasione, infine, è collegata alla corruzione e alle attività
economiche svolte dalla criminalità organizzata.
[ In questa stessa circostanza, il Premier RENZI, parlando a
braccio, a proposito della evasione, avrebbe detto: "E' finito il tempo dei furbi.
Contro l'evasione, onore-disciplina".) (Nella stessa circostanza, il Premier RENZI,
parlando a braccio, a proposito della evasione, avrebbe detto: "E' finito il tempo
dei furbi. Contro l'evasione, onore-disciplina" ].
Nel disegno di legge di Stabilità 2015, attualmente in discussione in Parlamento,
sono contemplati interventi di contrasto all'evasione che consentiranno di recuperare
risorse per circa 3,5 miliardi aggiuntivi rispetto al 2014. Ma accanto alla repressione
dell'evasione e dei comportamenti elusivi è importante migliorare la cooperazione
tra contribuenti e amministrazione fiscale per incentivare l'adempimento spontaneo agli
obblighi tributari [la cosiddetta Tax Compliance].
E' un risultato al quale si può giungere attraverso incentivi
che facciano emergere reddito imponibile, e prassi innovative dell'Amministrazione
finanziaria: la quale incrocerà nuove informazioni disponibili nelle banche dati
dell'Anagrafe tributaria e, a partire dai primi mesi del 2015, segnalerà ai contribuenti
eventuali incongruenze. In questo modo i contribuenti potranno fare le proprie verifiche
ancora prima di presentare la dichiarazione dei redditi.
Anche così intendiamo incentivare il ravvedimento operoso, di cui prevediamo
anche di ampliare i termini, e ridurre le procedure di accertamento.
Ancora nella legge di stabilità, abbiamo esteso ad altri settori il
meccanismo dell'inversione contabile (cosiddetto reverse charge) per ridurre le frodi IVA.
Per contrastare il fenomeno dell'evasione cosiddetta "da
versamento" abbiamo inoltre previsto che all'atto dei pagamenti dalle pubbliche
amministrazioni per le forniture di beni e servizi effettuati, l'IVA venga versata
direttamente al bilancio dello Stato. Una innovazione, infine, che contribuirà a
semplificare il sistema tributario e degli adempimenti richiesti ai contribuenti è
costituito della fatturazione elettronica.
Già operativa nei confronti delle pubbliche amministrazioni dallo
scorso giugno, sarà estesa alla totalità delle pubbliche amministrazioni a decorrere da
marzo 2015.
Con la riforma fiscale interverremo per rivedere le misure di contrasto
all'elusione e all'abuso del diritto, commisurare meglio le sanzioni, penali e
amministrative, alla gravità dei comportamenti, instaurare coi grandi contribuenti forme
di adempimento cooperativo raccomandate dall'OCSE.
2.- Ma conosciamo bene la rilevanza assunta dall'evasione fiscale nella
dimensione internazionale.
Per contrastare efficacemente l'evasione fiscale su scala internazionale le
misure unilaterali non sono sufficienti: dobbiamo mettere in campo risposte coordinate a
livello globale. L'Italia ha svolto un ruolo di primo piano per promuovere nella comunità
internazionale prassi e norme efficaci in questo senso. Al consiglio ECOFIN dello scorso
14 ottobre la Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione Europea ha conseguito
l'accordo politico per la revisione della Direttiva sulla cooperazione amministrativa che
incorpora nella legislazione europea uno standard per lo scambio automatico di
informazioni, con effetti dal primo gennaio 2016 e scambi operativi nel 2017 per tutti gli
Stati Membri. La nuova Direttiva verrà adottata dal
Consiglio ECOFIN il prossimo 9 dicembre. Lo standard adottato nell'Unione europea per lo
scambio automatico di informazioni è stato sviluppato dall'OCSE in collaborazione con un
Gruppo di 5 paesi di cui l'Italia è stata protagonista. Grazie all'iniziativa dell'OCSE e
del Gruppo dei 5, a partire dal 2017 questo standard verrà adottato da più di 90 paesi
nel mondo.
3. - Inoltre si è resa sempre più evidente la necessità di
un'azione congiunta per la modifica dei criteri tradizionali su cui si basa la fiscalità
internazionale. Nel luglio 2013, su impulso del G20, l'OCSE ha pubblicato un Piano
d'azione sull'erosione della base imponibile e lo spostamento dei profitti (cosiddetto
BEPS) che individuava 15 azioni prioritarie in diversi campi d'intervento da attuare entro
la fine del 2015.
Il 16 settembre di quest'anno sono stati presentati i primi risultati
parziali di questo progetto, che già prevedono raccomandazioni concrete. L'Italia ha
giocato un ruolo chiave sui tavoli tecnici dove tali raccomandazioni sono state adottate e
sta promuovendo il completamento delle restanti azioni del progetto entro il 2015. La
riunione dei Capi di Stato e di Governo del G20 a Brisbane di metà novembre ha ribadito
l'impegno a finalizzare le raccomandazioni entro questo termine.
Luigi Einaudi affermava, con riferimento alla lotta all'evasione fiscale, che
"qualunque legge, anche ottima, a nulla gioverà se ad applicarla non sia chiamato un
corpo di funzionari colto [...]".
"Professionalità" e "cultura" rimangono preziosi
strumenti, tra loro complementari, cui la Scuola di Polizia tributaria deve fare ampio
ricorso per formare ufficiali e "finanzieri" reattivi ai cambiamenti, sempre
più aperti al dialogo e al confronto con la società civile, nella consapevolezza che il
rigore morale, la preparazione e il senso dello Stato siano presupposti ineludibili per il
corretto esercizio delle proprie funzioni.
In conclusione voglio esprimere un sentimento di profonda
gratitudine per la silenziosa abnegazione, la professionalità e l'elevatissima
qualificazione con cui, ogni giorno, le donne e gli uomini della Guardia di finanza
riempiono di contenuti e di valori la propria missione. |
Nino
Luciani, Sulla evasione fiscale. Definizione, limiti e buon senso dello Stato, che voglia
contenere il fenomeno. 1.- Premessa. Ripartiamo
dalle memorabili "Considerazioni finali" di Draghi (2010) sulla situazione
dell'Italia nel 2009 alla Assemblea Ordinaria dei Partecipanti della Banca d'Italia,
mentre Berlusconi era al governo.
Draghi giustificò, a modo suo, la "macelleria sociale"
del governo BERLUSCONI- TREMONTI (vale dire il taglio della spesa statale per i servizi
pubblici) in quanto necessario per salvare la credibilità dell'Italia sui mercati, ma
dandone le responsabilità agli evasori fiscali. Draghi
denunciò una mancata IVA per 30 miliardi all'anno e una mancata ICI, a causa di un numero
imprecisato di case non iscritte in catasto.
Draghi disse che: "Levasione fiscale è un freno alla
crescita perché richiede tasse più elevate per chi le paga".
Dunque Draghi rilanciò una vecchia tesi dei sindacati (dato che il lavoro fisso non
evade):"Pagare tutti per pagare meno".
2.- Presupposto per la Tax compliance. Prima di brevi considerazioni su
queste "s-considerazioni" (perchè fondate su uno slogan),
osservo che il conto tornerebbe se lo Stato iscrivesse le entrate recuperate
dall'evasione, in un apposito capitolo di bilancio, in modo da provvedere alla
simultanea riduzione delle aliquote fiscali, via via che il recupero ha luogo.
Ma questo non è avvenuto mai, e lo diviene oggi necessario due volte se
Padoan e Renzi vogliono fondare il recupero della evasione sulla Tax Compliance,
vale dire sul buon sangue tra Stato e contribuente (si vegga a fianco).
Invece, guardando la tabella sopra, vediamo che da quel 2009 al 2013, le imposte
sono aumentate di 54 miliardi di euro ( in gran parte per recupero di evasione). Ma
anzichè fare restituzione fiscale, si è stata aumentata la spesa corrente (e anche il
debito pubblico).
(Nota. Osservo, per inciso, a quanti vogliono aumentare ancor più
la spesa per affrontare la crisi economica, che la spesa pubblica ivi riportata è già al
49,1% del PIL, e che anzi quella "totale" è al 55% del PIL, e si arriva al 65%
se si includono le spese delle imprese pubbliche, inserite nel settore privato, dalla
contabilità nazionale ISTAT. Ma, poi, lo Stato non riesce a spendere in tempo reale, per
cui prevale l'effetto restrittivo sul cittadino. Direi che, dopo aver visto
..., la strada sia, invece, la riduzione delle imposte, puntando sugli investimenti
privati.
3. La "retta via" per abolire l'evasione fiscale.
L'evasione non ha motivo di essere se lo Stato chiede l'imposta motivando con le proprie
prestazioni di servizi ai cittadini. Essa, invece, ha motivo di essere se manca una giusta
motivazione. Questa impostazione discende dalla scienza delle finanze: "le imposte
sono pagamenti obbligatori, in base a capacità contributiva, per fronteggiare il costo
delle prestazioni fondamentali dello Stato (difesa, ordine pubblico, giustizia, ...), dei
servizi pubblici (scuola, sanità, pensione sociale, ...), delle infrastrutture, e per una
parziale redistribuzione del reddito a favore delle grandi povertà, delle disabilità
umane,... (che sono senza colpa).
Ma, poi, constatiamo una spesa alta e ingiustificata dello Stato per motivi ben
diversi da quella per i servizi pubblici, di cui dice Draghi, come:
- per eccesso di finanziamento dei partiti e di retribuzioni dell'alta burocrazia,
sia pure in modo legale (non sempre);
- per mala amministrazione: ci sono molti uffici doppioni dello Stato (vedi 20 Regioni,
con 20 parlamenti, mentre quello nazionale basta e avanza) ;
- per costo eccessivo dei grandi lavori pubblici (causa tangenti sugli appalti,ai
partiti, ecc. ..)...
Domando a un prete (il Cardinale Bagnasco, che grida contro l'immoralità della
evasione) se, in base alla legge naturale o al vangelo ("date a Dio quello che è di
Dio e a Cesare quello che è di Cesare") sono morali i furti dello Stato (si vegga
sopra), anche se fondati su leggi. Vediamo meglio:
a) Il "ladrismo" (evasione fiscale, inclusa) ha da
sempre accompagnato l'uomo (a volte, per il piacere della perversione, a volte per fame e
per sopravvivere, a volte per rivendicare una qualche ragione "santissima").
Pertanto, per conservare il fenomeno in limiti fisiologici, lo Stato dovrebbe
fare la lotta anti-evasione come fatto di routine, senza inutili schiamazzi, ma anche
evitando abusi fiscali, posizionando la pressione su parametri di saggio compromesso tra
le parti sociali (rinvio a più sotto).
Ci sono i casi evidenti in cui l'imposta non è dovuta. Per
Costituzione (art. 53) l'imposta va pagata in base a capacità contributiva, ma in questi
anni la legge ordinaria ha fatto pagare le imposte sui ruderi e case sfitte causa la
crisi. Anche per la IVA ci sono i casi di imposta dovuta legalmente, pur se l'imprenditore
finale non ha incassato nulla.
b) Gli evasori clamorosi vanno picchiati senza misericordia ? Si
direbbe di sì, ... eppure uno Stato meritevole di rispetto dovrebbe fare delle
distinzioni tra casi di fallimento e casi di non fallimento
I suicidi di imprenditori non dovrebbero dire qualcosa ?
Ai tempi di Roma, il debitore veniva portato davanti al giudice e,
se riconosciuto "colpevole", gli venivano dati 30 giorni per pagare. Se, poi,
passavano invano i 30 giorni, il giudice lo dichiarava alla mercè del creditore, che
poteva farlo schiavo o ucciderlo.
Domando: in questo periodo di grave crisi, lo Stato dovrebbe chiedere il
"suo" a costo di distruggere economicamente il debitore, o dovrebbe valutare se
dargli una proroga, il tempo per riprendersi e tornare a fare impresa produttiva ?
c) Conclusione. In Italia la pressione fiscale effettiva
(ossia, in termini di rapporto tra spesa pubblica e PIL) è nell'ordine 55%. Questo
dimostra, già di suo, che nel complesso non c'è una apprezzabile evasione in Italia. Il
55% è, poi, un valore medio di punte che spaziano dal 20% all'80%
- A mio modo di vedere, una pressione fiscale ragionevole dovrebbe stare nei limiti
del 35-40% del PIL. Superare questa cifra, e al tempo stesso dare prove inconfutabili di
sprechi gravi del danaro pubblico, suscita opposizioni crescenti.
L'idea di pagare tutti per pagare meno andrebbe applicata davvero, ma
la cosa comincia dal tagliare la pressione fiscale (in termini di rapporto tra
spesa pubblica/PIL, negli USA essa è il 38%, nonostante le ingenti spese militari).
d) Altro. Voglio, poi, ricordare che (anche per suggerimento
della scienza delle finanze) nella tradizione (pessima) del Ministero delle Finanze, le
aliquote nascono alte, dando per scontato che ci sarà sempre una determinata evasione. Lo
vediamo nel fatto che, se le imposte fossero pagate al 100%, tutte le piccole imprese
dovrebbero scomparire. In questo senso, essa va in qualche modo tollerata, al di là dello
stretto legalismo, se si è scelto deliberatamente di farle alte.
- Sempre per suggerimento della scienza delle finanze, per limitare le reazioni del
contribuente alla fiscalità, si applicano più le imposte indirette che quelle dirette
(perchè queste sono più in evidenza contabile); e si ripartisce il prelievo tra molte
imposte, in modo che se uno evade l'una imposta, ci sia recupero di gettito sull'altra .
In questo senso, non esiste un "evasore totale". Se riesco a
salvarmi dall'IVA del dentista perchè mi fa uno sconto senza fattura, non mi salvo
dall'IRPEF, dal bollo dell'automobile, dall'IVA sulla frutta del supermercato ...
In altri termini, tra quanto detto da Draghi e i fatti, ci passa un oceano. Il Punto vero
è decidere un livello di intervento dello Stato nell'economia, compatibile con le
possibilità di sopportarlo..
d) Altro ancora. I grandi imprenditori di Confindustria
gridano contro l'evasione fiscale per schiacciare le piccole imprese. Sono cose
"notorie".
I piccoli imponibili andrebbero esentati, perchè il costo amministrativo
dell'imposta supera il gettito. |
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Dalla
BCE ancora sostegni all'economia, ma che non bastano |
Mario Draghi
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1) Taglio del tasso d'interesse dallo 0,5% allo 0,25%,
il 7 nov, confermato il 5 dic.
"Un diktat della nuova Banca d'Italia con sede a Francoforte",
secondo il Wirtschafts. Si vegga il Sole-24 ORE, 23 novembre .
2) E nuove procedure per l'erogazione di
liquidita' di emergenza"
per le istituzioni finanziarie", già
decise dalla BCE, il 17 ottobre. |
.
LUCIANI: Sulla possibilità di fare convergere (o differenziare) l'uso della leva
fiscale
per gli stessi obettivi della leva moneraria. Un tema posto a suo tempo da R. Mundell |
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NOTA. La decisione della BCE, del 17 ottobre (si vegga il testo
integrale, sotto) è abbastanza eccezionale, perchè consente alle Banche Centrali
Nazionali di erogare liquidità di emergenza a istituzioni finanziarie in crisi temporanea
di liquidità.. Poi, forse nel dubbio della sua sufficienza, è intervenuto il 7
nov. 2013 l'abbassamento del tasso di interesse di riferimento allo 0,25% (dallo 0,5%
deciso il 2 maggio 2013). E' evidente, al tempo stesso, che quelle
misure vanno bene per l'Italia, ma non per la Germania, come pure è evidente la
solitudine di Draghi, forse più sorretto dalla sua personale riflessione, che dal
consenso collegiale, dentro la BCE. Parrebbe anche evidenre che,
senza l'apporto differenziato della UE nei vari Stati, gli interventi generalizzati della
BCE servono solo ad impedire il peggio, ma non a uscire dalla crisi
economica. Discutiamo la possibilità di un raccordo tra leva monetaria
generalizzata e leva fiscale specifica di singoli Stati, fermi i saldi di bilancio degli
Stati: nel senso che solo un contatto tra le due potrebbe dare la scintilla
che ri-genera la vita dell'economia. |
TESTO
DIFFUSO DALLA BCE il 17 ottobre 2013.
Clicca su: http://www.ecb.europa.eu/mopo/html/index.en.htm
PROCEDURE PER LEROGAZIONE DI LIQUIDITÀ DI EMERGENZA Gli enti creditizi dellarea delleuro possono ricevere
finanziamento dalla banca centrale non soltanto nel quadro delle operazioni di politica
monetaria, ma in via eccezionale anche a titolo di liquidità di emergenza (cosiddetta
ELA- Emergency Liquidity Assistance).
LELA consiste nellerogazione da parte delle banche centrali nazionali
(BCN) dellEurosistema di:
a) moneta di banca centrale;
b) qualsiasi altra tipologia di assistenza che possa comportare un incremento della
moneta di banca centrale a favore di unistituzione finanziaria solvibile o di un
gruppo di istituzioni finanziarie solvibili che si trovino ad affrontare temporanei
problemi di liquidità, senza che tale operazione rientri nel quadro della politica
monetaria unica
La responsabilità dellerogazione di ELA compete alle rispettive BCN. Ciò
significa che qualsiasi costo e rischio derivante dalla concessione di ELA è sopportato
dalle rispettive BCN.
Tuttavia, larticolo 14.4 dello Statuto del Sistema europeo di banche
centrali e della Banca centrale europea (di seguito Statuto del SEBC)
attribuisce al Consiglio direttivo della BCE la competenza di limitare le operazioni di
ELA qualora valuti che interferiscono con gli obiettivi e i compiti dellEurosistema.
Le decisioni al riguardo sono adottate dal Consiglio direttivo a maggioranza dei due terzi
dei votanti.
Per essere in grado di effettuare una valutazione adeguata circa il
sussistere di una simile interferenza, il Consiglio direttivo deve essere informato
tempestivamente in merito a tali operazioni.
Una procedura intesa a questo fine esiste sin dal 1999 e nel tempo è stata
sottoposta a regolare riesame.
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.............
( Per i particolari si rinvia al testo integrale: vedi sopra. NdR).
Sono di seguito enunciati gli aspetti fondamentali della procedura corrente. Di
regola le BCN comunicano alla BCE i dettagli di qualsiasi operazione di ELA al più tardi
entro due giornate lavorative dopo lo svolgimento delloperazione.
Le informazioni trasmesse devono includere quanto meno i seguenti elementi:
1. la controparte che ha beneficiato/beneficerà dellELA
2. la data di valuta e la data di scadenza dellELA che è stata/sarà
erogata.
4. la valuta nella quale lELA è stata/sarà denominata
5. le garanzie reali/personali a fronte delle quali lELA è stata/sarà
conferita, inclusa la valutazione delle attività stanziate in garanzia e
lapplicazione di eventuali scarti e, se del caso, informazioni dettagliate sulle
garanzie personali
6. il tasso di interesse che la controparte è tenuta a corrispondere sullELA
che è stata/sarà erogata
7. la motivazione/le motivazioni alla base della concessione dellELA (ossia
richieste di margini, deflussi di depositi ecc.).
8. la valutazione dellautorità di vigilanza prudenziale, nel breve e medio
termine, circa la posizione di liquidità e la solvibilità dellistituzione
destinataria dellELA, inclusi i criteri in base ai quali si è pervenuti a una
conclusione positiva in merito alla solvibilità
9. ove pertinente, una valutazione circa la dimensione transfrontaliera e/o le
potenziali implicazioni sistemiche della situazione che ha reso/rende necessaria
lerogazione dellELA.
Il Consiglio direttivo può inoltre decidere di richiedere informazioni
aggiuntive alla BCN competente, oppure di ampliare i requisiti di
informazione/segnalazione e/o di renderli più stringenti, in casi specifici, qualora lo
si ritenga necessario.
Nel caso in cui il volume complessivo delle operazioni di ELA previste per
una data istituzione finanziaria o un determinato gruppo di istituzioni finanziarie (su
base consolidata e incluse le succursali estere) superi un livello di 500 milioni di euro,
le rispettive BCN devono informare la BCE il più presto possibile, anteriormente
allerogazione dellassistenza che si intende concedere.
Se invece ci si attende che il volume complessivo delle operazioni di ELA
superi un livello di 2 miliardi di euro, il Consiglio direttivo valuta la possibilità di
un rischio di interferenza con gli obiettivi e i compiti dellEurosistema.
Su richiesta delle rispettive BCN, il Consiglio direttivo può quindi decidere di
fissare un importo e non sollevare obiezioni riguardo alle operazioni di ELA che esse
intendono effettuare al di sotto di questo in un arco di tempo prestabilito di breve
durata.
Le BCN possono altresì richiedere al Consiglio direttivo di non sollevare
obiezioni fino a un determinato importo per operazioni di ELA che intendono effettuare
simultaneamente a favore di diverse banche. In tal caso le BCN forniranno le seguenti
informazioni con almeno due giornate lavorative di anticipo rispetto alla riunione del
Consiglio direttivo nel corso della quale la richiesta sarà considerata:
- tutte le informazioni previamente disponibili sulle singole banche e sugli
elementi di cui ai precedenti punti da 1 a 9;
- una previsione, che copra in linea di principio il periodo fino alla successiva
riunione ordinaria del Consiglio direttivo, riguardo al fabbisogno di finanziamento di
ogni singola banca destinata a ricevere ELA sulla base di due scenari: lo scenario atteso
e uno scenario di stress. Informazioni a posteriori su tutti gli aspetti menzionati ai
precedenti punti da 1 a 9 devono essere fornite su base giornaliera, nella misura in cui
queste non siano state previamente rese note.
Le procedure in oggetto sono intese ad assicurare, nel modo adeguato,
l'assolvimento del ruolo del Consiglio direttivo ai sensi dell'articolo 14.4 dello Statuto
del SEBC in relazione all'erogazione di ELA a favore di singoli enti creditizi. Hanno
carattere vincolante per tutte le BCN e la loro idoneità è soggetta a regolare
riesame."
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Nino
Luciani, Sulla possibilità di far convergere la leva fiscale sugli stessi obiettivi della
leva monetaria 1.-
Ripartendo dalla diagnosi. Sotto il profilo economico, i dati sono che esiste
(meglio esisteva) un sistema industriale abbastanza robusto in Italia, ma che è in via di
distruzione, per mancanza di "domanda effettiva" (vale dire, esiste una domanda,
ma che non può esprimersi per mancanza di potere di acquisto in moneta).
La parola domanda (voglio essere chiaro) vuol dire richiesta di beni di
consumo, da parte delle famiglie; e domanda di beni strumentali e di lavoro, da parte
degli operatori economici.
Per quanto riguarda le famiglie, è un dato che in questi anni (a causa delle
grandi guerre in Iraq e in Afghantistan, e delle grandi speculazioni del settore
bancario), si è determinato una consistente modificazione della distribuzione dei redditi
tra le famiglie dei vari Paesi: quelle povere hanno una relativa alta propensione al
consumo, ma non hanno potere d'acquisto; quelle ricche (una parte è in Italia, ma la gran
parte è presso i Paesi Arabi) hanno relativa alta propensione al risparmio, e che si
innalza oltre la norma in tempi di crisi (vale dire di accresciuta incertezza sul futuro.
Per quanto riguarda gli operatori, essi si regolano in un orizzonte
breve, dunque al momento non sono disposti a investire.
La BCE ce le mette tutta ad invogliare gli investimenti, abbassando il costo del
danaro, ma se le aspettative sono negative, essa è come uno che parla da solo.
Nel sistema economico c'è, però, un grande operatore (lo Stato), che ha un
orizzonte di lungo periodo, e quindi è il solo che avrebbe vocazione a spendere e quindi
a creare domanda effettiva.
Per quanto riguarda l'Italia, il bilancio pubblico è già saturo, e quindi non ha
elasticità di spesa.
Rimangono tre vie:
a) che l'U.E. nel complesso generasse un ammontare sufficiente di spesa pubblica
per opere pubbliche (nel Mezzogiorno ci sarebbe bisogno, e anzi il Trattato di Roma del
1956 prevede in esplicito interventi di riequilibrio nelle aree depresse)
b) che lo Stato generi modifiche nella distribuzione dei redditi: vale dire sgravi
fiscalmente i redditi medio-bassi e recuperi la perdita di gettito, gravandi i redditi
medio-alti. Il governo Letta ci prova, ma a gran fatica (anche perchè la maggioranza è
fatta di forze politiche di destra, notoriamenre un elettorato con reddito medio-alto)
c) La modifica della struttura del sistema fiscale, giacchè ci sono delle
possibilità di usarlo a supporto della politica monetaria, ferma la spesa pubblica (che
è il tabu del momento).
2- Come usare la leva fiscale, in tandem con la leva monetaria. Il rapporto tra
leva fiscale e leva monetaria fu esaminato dl canadese R. Mundell (premio Nobel)
negli anni '60 (rinvio ai mie Scritti Scelti, Rivista Bancaria, 1974, n. 3-4, dove faccio
un lungo commento). Egli si chiese se esiste un "modo appropriato" per riservare
la leva fiscale alla stabilità dei prezzi (all'interno di un Paese), e la leva monetaria
al pareggio della bilancia dei pagamenti internazionali), e questo anche in adesione
all'olande J. Tinbergen che aveva suggerito (per la politica economica) che per ogni
obiettivo ci fosse un rispettivo strumento.
Nel mio studio io obiettai che la leva fiscale non solo effetti sull'economia interna, ma
anche su quella internazionale. Riprendo solo ques'ultimo aspetto, e lo riporto al filo
principale (domanda).
Dentro la domanda, esiste una domanda interna e una domanda estera.
Preso atto che sullo stimolo della domanda interna, abbiamo tutto contro (va
dire la UE si oppone all'aumento della spesa pubblica dello Stato italiano), approndiamo i
motivi per cui (dall'entrata in vigore dell'Euro, 2002) anche il commercio internazionale
dell'Italia è bloccato.
Qui il punto riguarda il livello dei prezzi, in Euro, che (a causa di un
cambio calcolato male da Prodi e da Fazio) è divenuto troppo alto rispetto ai prezzi
esteri.
Preso di nuovo atto che non abbiamo un potere neppure sul cambio, l'unica via
fiscale, con valenza monetaria, è agire sui prezzi interni.
Come ? La via è classificare le imposte in base all'effetto sui prezzi. E
qui troviamo che, di norma (pur non assolutamente) le imposte indirette (IVA, ecc. )
fanno alzare i prezzi, e invece le imposte dirette non fanno alzare i prezzi.
Conclusione. Se vogliamo sbloccare almeno la domanda estera dovremmo
abbassare immediatamente l'IVA e recuperare il calo di gettito con le imposte sui redditi
(medio-alti).
Questo è il contrario di quanto è stato fatto dai nostri governi,
e con la benedizione dell'U.E. .
A quanti, frettolosi, mi osservassero che la legge esclude, dall'IVA, le
esportazioni, osservo che non ne sono escluse le importazioni, che sono il prius per
esportare.
C'è , poi, il fatto che l'IVA va a interessare tutti i prezzi interni, e in
definitiva anche il costo del lavoro, per cui la restituzione dell'IVA (alla esportazione)
è limitata solo a quella formale. NINO LUCIANI
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Dalla AIGE - Associazione Italiana Gestione dellEnergia
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Documento
del Congresso di Arcavacata, 2013
CONTRIBUTO PER UN PIANO ENERGETICO NAZIONALE
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Enrico Lorenzini
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Nota. Il documento, che
viene presentato, rappresenta un riassunto di un ampio studio elaborato da molte decine di
Accademici, studiosi e scienziati del settore energetico. Tale riassunto è stato redatto
da apposita Commissione e approvato unanimemente dalla Assemblea di AIGE (Associazione
Nazionale Gestione della Energia ) durante il VII Congresso Nazionale ad Arcavacata di
Rende del giugno 2013.
Il documento è, in sintesi la offerta in momenti tanto difficili per la
situazione economica italiana - di esperti, veri e liberi, per dare un contributo al mondo
politico affinchè si superino le pressioni delle lobbies varie, e l'ITALIA POSSA
PROCEDERE a scelte ragionate e lungimiranti per il raggiungimento di un reale bene comune.
Prof. Ing. Enrico Lorenzini
IL DOCUMENTO DELL'AIGE
Ai convegni sullenergia i grandi assenti (o presenti solo al
loro stesso saluto) sono i Politici, perché - dicono- sfortunatamente pressati in quel
giorno da improrogabili "impegni istituzionali"
E' esperienza comune che, tra Tecnici e Politici, ci sia un certo scollamento: quante
volte gli studi preparatori, approntati dai Tecnici, a supporto di azioni legislative,
escono irriconoscibili dai tavoli politici.
E le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: testi di legge inefficaci perché
risultato di malcelati compromessi, disposizioni attuative emesse con gravi ritardi o del
tutto assenti, regolamenti lacunosi e confusi che si avvicendano a parziale correzione
l'uno dellaltro, quando non addirittura procedimenti di infrazione, da parte della
Unione Europea per inosservanza o elusione dei dettati comunitari.
In materia di energia poi le conseguenze sono particolarmente gravi. Si pensi, per
esempio, allincentivazione delle rinnovabili elettriche avvenuta senza il necessario
adeguamento delle reti, all'assenza di incentivi a filiere di produzione nazionale di
celle foto-voltaiche o pale coliche che lascia così libero il campo alle importazioni
dall'estero, o la richiesta di innovazione tecnologica, predicata sì alle nostre
industrie energetiche, ma senza si necessario sostegno alla formazione e alta ricerca
scientifica.
Le stesse campagne di informazione/sensibilizzazione del vasto pubblico, per stimolarne
atteggiamenti più responsabili nei confronti del risparmio energetico e del problema
ambientale, rimangono mere dichiarazioni di intenti nei nostri testi di legge, costretti a
rilanciare precetti di provenienza UE.
Molto si potrebbe commentare sul modesto documento SEN (Strategia Energetica Nazionale),
che ripercorre e ratifica puntualmente le azioni in atto, piuttosto che tracciare la
strada del futuro energetico nazionale con indicazione precisa e fondata del modo con cui
affrontare i nodi irrisolti della politica energetica italiana: diversificazione delle
fonti, dipendenza dallestero, mobilità sostenibile, sovracosti dellenergia
rispetto alle altri nazioni UE, incentivi per ricerca e sviluppo, etc...
Molto ancora si potrebbe dire sui privilegio assicurato legalmente a certe tecnologie,
senza che vi sia mai stato un confronto serio o uno studio di tipo finalizzato, per non
parlare dell'inutilità della certificazione energetica degli edifici nelle forme previste
dallattuale legislazione. Questa, tra l'altro viene vista ancora come un ulteriore
fardello burocratico, piuttosto che come opportunità di valorizzare l'immobile attraverso
la sua qualità energetica.
Altro problema da affrontare - segnalato tra gli altri dalla AGCM (Autorità Antistrust )
- è la sospetta ''discriminazione delle reti private per la trasmissione e distribuzione
delle reti elettriche a favore del modello dominante di organizzazione del sistema
elettrico, basato sulla produzione di elettricità dai grandi impianti e sulla
trasmissione e distribuzione dì questa attraverso reti pubbliche".
E comunque resta iI tema della decarbonizzazione delia stessa produzione elettrica su
vasta scala. C'è ancora controversia (in verità non solo in Italia} sulle migliori
tecnologie da adottare. Ma è sicuro che, trattandosi di tecnologie costose e con
investimenti di lungo termine, c'è da puntare sin da subito su quella giusta, se non
vogliamo addirittura rimpiangere l'abbandono del nucleare.
Da ultimo, ma non per importanza, c'è poi l'eterno problema del costo dell'energia: un
recente studio della Federmanager ( Federazione Dirigenti Aziende industriali ) e
dell'AIEE ( Associazione italiana degli Economisti dellEnergia ) postula profonde
trasformazioni per il settore energetico italiano, perché troppo oneroso per il sistema
economico nazionale. L'incidenza della fattura energetica dal 2000 al 2012 è è infatti
salita dal 2,4% al 4,5% del PIL, con ovvie gravi ripercussioni per la competitività del
sistema-paese,
L'energia è un portante delta società industrializzata e un supporto imprescindibile del
benessere. Ad essa lo Stato destina oggi ben 65 Miliardi di euro per importazione di
combustibili ed elettricità: ogni punto percentuale di risparmio, per più oculata
gestione e più mirate strategie energetiche dì breve e medio termine, libererebbe
notevoli risorse, più che mal destinabili ad altri impieghi.
A questa sentita esigenza dì ri-orientamento della politica energetica nazionale può
contribuire l'AIGE, Associazione italiana per la Gestione dell'Energia, che raccoglie
competenze dj alto profilo tecnico, scientifico, giuridico, industriale e manageriale.
La sua missione è la promozione delle conoscenze nel campo energetico-gestionale, anche
attraverso lorganizzazione di Congressi e seminari di settore e la produzione di
documenti e studi di politica energetica.
L'Associazione è aperta ad ogni forma di collaborazione con gli Organi di governo
nazionali e regionali, per una più efficace politica dell'energia, ma anche in vista -
auspicabilmente - della redazione di un1 Piano Energetico Nazionale, che di fatto in
Italia non esiste. |
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°°
Dalla
ACCADEMIA dei LINCEI, 8 marzo 2013 |
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Di nuovo il Govermatore Visco sulla crisi
finanziaria e, in particolare:
"Sulla necessità di separare la tradizionale attività creditizia da quella
svolta in
campo finanziario, che ha recentemente tratto nuovo vigore a livello europeo".
Anche sue parole dure sulla caduta della "integrità morale delle banche".
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COMMENTO. Forse sarebbe stato opportuno non limitarsi a lezioni
erudite, ma invocare a chiare lettere anche riforme per parte bancaria:
1) Invocare il ripristino (anche in Italia, come sta avvenendo in Inghiltterra) della
legge bancaria del 1936;
2) Dire alla BCE che sarebbe normale fare anticipazioni di cassa allo Stato Italiano per
pagare i fornitori dello Stato, considerato che lo Stato Italiano
ha solo problemi di cassa, se è vero che il Governo MONTI ha
pareggiato il bilancio in conto competenza, grazie alla tassazione fuori limite.
3) Dire alla UE che, se non cambia testa (in ordine ai tempi di restituire liquidità al
sistema), l'Italia potrebbe essere costretta a uscire dall' EURO, a parte che chiedere a
Cipro di tassare i depositi bancari è stato non professionale, perchè questo genera
panico nel pubblico e fa fallire le banche. |
Stralcio dal
TESTO ORIGINALE DELL'INTERVENTO
(per il testo completo: clicca su Lincei )
ECONOMIA E FINANZA DOPO LA CRISI
Proponiamo qui lo
stralcio di un nuovo intervento del Governatore, sulle cause e i rimedi alla crisi
finanziaria, dello 8 marzo 2013.
1.- Introduzione. La
crisi finanziaria ... ha fatto emergere una serie di problemi nel funzionamento,
nella regolamentazione e nella supervisione dei mercati finanziari. La stabilità
finanziaria si è riproposta come obiettivo fondamentale della politica economica; le
banche centrali sono chiamate a svolgere un ruolo cruciale. Le conseguenze per la regolamentazione e la
conduzione dellattività di vigilanza su un sistema finanziario, che sarà
probabilmente molto diverso da quello che abbiamo conosciuto negli ultimi venti anni, sono
considerevoli. È inoltre cresciuto lo scetticismo nei confronti del ruolo della finanza
nel sistema economico, in particolare in relazione alla sua distanza
dalleconomia reale, quasi fosse in conflitto con essa.
Nei dieci anni che hanno preceduto la
crisi le dimensioni del sistema finanziario, il suo ruolo e il suo grado di penetrazione
nelleconomia sono notevolmente cresciuti.
La crisi ha solo rallentato questo processo. Nellarea delleuro le
risorse finanziarie raccolte dal settore privato (misurate dalla somma del credito
bancario, dei titoli emessi sul mercato interno e dalla capitalizzazione di mercato) sono
salite dal 160 per cento del PIL nel 1996 al 240 nel 2007, attestandosi al 230 per cento
nel 2011.
Negli Stati Uniti il rapporto è salito dal 230 per cento del 1996 al 330 del
2007, per poi ridursi al 260 per cento nel 2011.
Nel Regno Unito è passato dal 240 al 330 per cento nel 2007, fermandosi al
320 per cento nel 2011. Il valore nozionale totale degli strumenti derivati negoziati a
livello mondiale in forma standardizzata (exchange-traded) in mercati regolamentati e di
quelli strutturati per particolari esigenze e negoziati al di fuori dei mercati
regolamentati (over the counter, OTC) è salito da circa 94.000 miliardi di dollari alla
fine del 1998 a 486.000 alla fine del 2006, per raggiungere i 700.000 miliardi nel giugno
del 2012.
...
Lo sviluppo della finanza, consentendo una maggiore diversificazione del
rischio e rendendo i servizi finanziari accessibili a un maggior numero di paesi e di
imprese, può essere un importante strumento di sviluppo economico.
Ma cè il rischio che la finanza diventi fine a se stessa,
provocando danni tanto maggiori quanto più stretta è linterconnessione del sistema
e quanto più rilevanti sono le potenziali esternalità negative.
La corretta
conduzione dellattività creditizia e finanziaria certamente richiede competenza e
buona fede da parte degli intermediari, ma richiede altresì adeguati regimi di
regolamentazione e di supervisione.
2.- La
(buona) finanza è una forza positiva. La finanza è stata a lungo considerata come
unattività moralmente dubbia.
....
Sullo sfondo di questa sfiducia strutturale,
latteggiamento del pubblico riguardo alla finanza oscilla a seconda delle condizioni
dei sistemi finanziari e dei mutamenti nellumore politico riguardo
allintervento dello Stato nelleconomia.
Fino agli anni Settanta si dava per scontato che i fallimenti del
mercato richiedessero la presenza e lazione di un regolatore che permettesse di
evitare risultati sub-ottimali.
Con la grande inflazione e il forte aumento della disoccupazione degli
anni Settanta lenfasi si spostò, tuttavia, sui fallimenti dello Stato. I governi,
le banche centrali e gli altri regolatori vennero accusati di non essere riusciti a
evitare tali sviluppi. Ciò finì per provocare un mutamento ideologico, un impulso a
ridurre lentità dellintervento dello Stato nelleconomia.
I fallimenti delleconomia regolamentata, il
ritmo del progresso tecnologico e la rapida espansione del commercio internazionale dopo
la fine della guerra fredda alimentarono un lungo processo di deregolamentazione
finanziaria, interrotto soltanto dalla crisi scoppiata nel 2007.
Questa ha a sua volta innescato una tendenza alla ri-regolamentazione,
o a una migliore regolamentazione, tuttora in atto. Il pendolo ancora oscilla, e certo
continuerà a farlo in futuro.
La crisi finanziaria internazionale, e i costi enormi che ha comportato
per lintera società, hanno eroso ulteriormente e profondamente la fiducia nelle
istituzioni finanziarie.
.....
Lintegrità della condotta degli intermediari finanziari è
stata messa in discussione sotto vari aspetti: lonestà, la capacità di
gestire i rischi finanziari e limpegno a curare gli interessi della propria
clientela.
A catturare lattenzione del pubblico sono stati anzitutto i casi
di frode in cui, mediante schemi cosiddetti di Ponzi o altri simili, molte
persone hanno perso i propri risparmi. Gli animi sono stati esacerbati dalla generosità
delle liquidazioni corrisposte ai dirigenti di istituzioni finanziarie in difficoltà
salvate con il denaro dei contribuenti. Gli episodi di dubbia correttezza non hanno
risparmiato alcuni elementi chiave del sistema finanziario, come i rating creditizi e i
tassi di riferimento interbancari, senza contare i casi di presunto coinvolgimento di
istituzioni finanziarie in attività collegate al riciclaggio di denaro sporco o in altri
illeciti comportamenti. Ciò che più conta, la crisi ha mostrato che gli operatori di
mercato non erano in grado di gestire lintrinseca complessità del sistema che loro
stessi avevano contribuito a elaborare negli ultimi due decenni.
Favorita dai progressi nelle tecnologie dellinformazione e della
comunicazione, la cartolarizzazione delle attività delle banche è notevolmente
cresciuta, e con essa lofferta di strumenti finanziari cosiddetti
strutturati (ABS, CDO, ecc.).
Dal tradizionale modello di intermediazione creditizia si è quindi
passati in particolare negli Stati Uniti, ma anche in altri paesi a un
sistema in cui i prestiti concessi venivano rapidamente trasformati in altri prodotti
finanziari garantiti da quegli stessi prestiti, e quindi ceduti sul mercato: il cosiddetto
modello originate-to-distribute (OTD). Con questi sviluppi, allintrinseca
difficoltà di valutare la qualità dei prestiti si è aggiunta quella di comprendere
appieno leffettivo ruolo dei prodotti finanziari strutturati.
I prodotti della finanza strutturata e il modello di intermediazione OTD
possono facilitare la gestione dei rischi. Lofferta di mutui alle famiglie è
favorita dalla possibilità per le banche di coprirsi contro i rischi di tasso associati
allerogazione di tali prestiti; nelle loro strategie di internazionalizzazione le
imprese ricevono un evidente beneficio dalla possibilità di assicurarsi contro i rischi
di cambio; lofferta di prodotti previdenziali su orizzonti molto lunghi può essere
effettuata a costi tanto più contenuti quanto più si riesce a limitare limpatto di
oscillazioni dei valori mobiliari.
Nel modello OTD il rischio di credito non è concentrato nei bilanci
delle banche, ma è ridistribuito su una moltitudine di investitori.
Rendendo negoziabili i prestiti
bancari, tale modello comprime i relativi premi per lilliquidità e ne riduce
pertanto il costo.
È ormai chiaro, tuttavia, che la finanza strutturata e il modello di
intermediazione OTD, unitamente alla mancanza di trasparenza, hanno favorito una eccessiva
assunzione di rischio e comportamenti di tipo opportunistico. Le operazioni sono spesso
avvenute mediante una rete di intermediari finanziari scarsamente regolamentati e
caratterizzati da livelli di indebitamento e unesposizione al rischio
particolarmente elevati.
Lassenza di trasparenza è stata particolarmente grave nella
valutazione degli strumenti di finanza strutturata (nella quale un ruolo cruciale era
occupato dalle agenzie di rating, senza particolari controlli da parte di regolatori
pubblici o organi di informazione), effettuata mediante modelli statistici e spesso
condotta sulla base di dati incompleti e insufficienti. In molti casi la complessità ha
aperto la strada a comportamenti opportunistici, alimentati da un sistema di incentivi
distorto, soprattutto con riferimento agli schemi di remunerazione dei manager.
Lelevata leva finanziaria e la complessità tipiche di questi
strumenti li ha resi utilizzabili per assumere posizioni speculative ad alto rischio. Il
ricorso ad attività inutilmente complesse e opache ha impedito in molti casi la corretta
valutazione del merito di credito; è servito, in altre occasioni, per mascherare
limpatto negativo di operazioni pregresse.
Lutilizzo improprio di tali strumenti da parte delle banche può
anche essere collegato al venir meno delle fonti di reddito legate alla tradizionale
attività creditizia, con la conseguente assunzione di comportamenti volti a nascondere al
mercato e alle autorità di vigilanza il reale obiettivo delle operazioni in strumenti derivati.
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Nino Luciani, Per una nuova legge per la
difesa del risparmio e degli investimenti, che ripristini la funzione bancaria come
orientata alla "utilità pubblica", o (al più) come impresa orientata ad
un "profitto normale".
1.- Premessa. In questo intervento, il Governatore ripete sue posizioni,
già note, sulla importanza di riportare la finanza sulla retta via, e specificamente su
un nuovo modo di impostare la regolamentazione, vale dire farlo in un quadro europeo e,
anzi, meglio se più ampio, e inoltre:
- essere esigente sui vincoli alle banche sulla adeguatezza e composizione dei loro
patrimoni, a tutela dei depositanti;
- e limitare e controllare sistematicamente la loro discrezionalità nel
classificare gli impieghi dei depositi, circa la loro natura di offerta a breve termine o
di medio o lungo termine.
Spiccano anche, nella sua analisi, considerazioni sulla natura
morale delle banche, la cui immoralità massima egli vede nella creazione dei
prodotti derivati, perchè usati per nascondere "perdite" di bilancio.
2.- Sugli aspetti "immorali" dell'azione bancaria. Per una
moralizzazione delle banche, direi che occorre, per parte italiana, mettere mano al
meccanismo bancario che la permette (non basta, ricordare, eruditamente la regola di Volcker
(2008). Noi, in Italia, eravamo su questa strada, fin dal 1936, cosa che pare non constare
al giovane Governatore.
2.1- La legge bancaria del 1993 (D. Leg.vo 385/1993, e che
soppresse la legge del 1936, su proposta dalla Banca d'Italia), ha istituito in Italia la
"banca universale".
Analoga legge (il Glass-Steagall Act del 1933) aveva retto negli Stati
Uniti fino al 1999, quando fu sostituita dal Gramm-Leach-Bliley Act. Esso
aveva gli stessi caratteri di base della legge italiana. La Germania aveva, già, la banca
universale.
La riforma stabilì che "l'attività bancaria" ha "carattere
di impresa" ed "è riservata alle banche" (art.10), e inoltre che
la banca universale:
a) può fare operazioni sulla moneta, senza alcuna distinzione tra mercato a breve
termine e mercato a medio-lungo termine;
b) può emettere obbligazioni; e può partecipare al capitale delle imprese, e
viceversa, sia pur entro determinati limiti (fino al 5% di norma, fino al 15% o più
servono speciali autorizzazioni della banca centrale).
Osservazione. Il fatto che la legge del 1993
configuri l'attività bancaria "con carattere di impresa" ( e dunque
finalizzata al profitto, ipotizzando che la concorrenza tra banche sia il meccanismo a cui
affidare la limitazione degli extra-profitti) è stata una scelta irresponsabile,
che ha permesso alle banche di investire a rischio i depositi dei clienti. Lo vediamo
nelle conclamate sofferenze bancarie, denunciate dal Governatore, e che attualmente ha
messo fuori usato la tradizionale funzione bancaria (deposito e giro), e strozzato le
imprese produttive.
Invece l'art. 1 della legge bancaria del 1936, disponeva:
"La raccolta del risparmio fra il
pubblico sotto ogni forma e l'esercizio del credito sono funzioni di interesse pubblico
regolate dalle norme del presente decreto". Torniamo al Decreto del 1993.
Approfondiamo la irresponsabilità della scelta.
Dal lato offerta, per definizione il mercato di concorrenza si
fonda:
- sulla libertà di entrata e uscita di imprese nel mercato;
- sulla omogeneità del prodotto;
- su un numero relativamente grande di imprese, così che nessuna abbia un potere
di dominanza sul mercato.
Nel campo bancario, non esiste nessuna di queste condizioni. Il
"prodotto monetario" non, infatti, è l'unità di moneta, ma la "operazione
in moneta", ed ogni operazione ha un diverso grado "fondatezza" in termini
di rischio, probabilità, grado di certezza.
Esiste un cartello bancario, che si regge sull'ABI - Associazione Bancaria
Italiana.
Dal lato domanda, poi, la "domanda di moneta"
è rigidissima, perchè essenziale per le operazioni economiche. E' come il sangue per una
persona.
Di conseguenza, non è verosimile che possa esistere un mercato
concorrenziale.
2.2. Dentro i depositi a breve, poi, c'erano ulteriori limiti al
"giro" mediante la imposizione di una "riserva obbligatoria bancaria" (da conservare presso la banca centrale, a un tasso di interesse).
Questo istituto, già presene del 1926, fu potenziato (1947) da Einaudi
(governatore della Banca d'It |
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Audizione
della Banca d'Italia in Parlamento, per la IMU |
Enrico Letta
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RIFORMA del SISTEMA DI ESAZIONE FISCALE
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Secondo la B.d'I., in audizione il 13 giugno 2013, un prossimo passo
per l'equità fiscale dovrebbe essere
la revisione del sistema catastale motivando che, sottostimando le
rendite, "favorisce i contribuenti ricchi". |
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Tuttavia, è un curiosità che la B.d'I., pur rilevando che la revisione del catasto
arriverà tra 5 anni, non chieda la sospensione dell'IMU.
C'è, poi, che l'IMU è sempre maggiore del reddito delle seconde case, e dunque è anche
incostituzionale. |
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Intanto (Decreto del fare, 15.6. 2013) il governo aveva soppresso il compenso di Equitalia
sotto forma di "aggio" (percentuale), sostituito con cifre fisse, sia pure
scaglionate in base ai costi, dopo che la Commissione Finanze del Senato aveva rilevato
uno straordinario attivismo di EQUITALIA
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Nino Luciani, L'IMU o, in generale, una imposta ordinaria
sul patrimonio, possono stare, purchè non incostituzionali e tecnicamente
corrette. Invece, per le seconde case, l'imposta è maggiore della rendita.
Premessa. L'IMU è, di norma. maggiore del reddito dell'immobile, in tutti i casi
in cui non ci sono detrazioni di imposta (vedi prima casa).
Nella precedente edizione (si vegga il servizio, subito seguente) ho mostrato
l'erroneità tecnica del metodo di calcolo del valore dell'immobile: nel senso che la
presunta rendita catastale (che la B.d'I. ritiene sotto i valori di mercato) è ampiamente
recuperata dal fisco maggiorando artificialmente i moltiplicatori: meglio dire, rilevando
tassi di interesse (da usare la attualizzazione della rendita) manifestamente scorretti,
perchè inesistenti.
Ma dopo questa audizione sono portato a riprendere l'argomento e a mostrare evidenti
errori della Banca d'Italia, durante l'audizione: vale la presunta certezza che l'IMU
attuale favorisca i contribuenti ricchi, ma anche l'incoerenza di non raccomandare al
legislatore di sospenderla, tanto quanto necessario (5 anni) per correggere il sistema
catastale..
Da un semplice calcolo, risulta che (tolti i casi in cui siano ammesse detrazioni, come
per la prima casa) l'imposta è sempre maggiore dell'imponibile: e sotto questo aspetto
essa è anche incostituzionale. Ma andiamo per gradi.
Secondo l'art. 53 della Costituzione la tassazione deve avvenire in base a capacità
contributiva, di norma espressa dal reddito (in Italia, il "reddito prodotto").
Nel caso del catasto, si è preso il reddito di lungo periodo (meglio dire: la media di
tre redditi annuali, consecutivi). Questo comporta che, all'atto pratico, in un
determinato anno, il reddito effettivo possa essere maggiore del reddito ipotizzato dal
catasto. Per un rimedio, è nella tradizione della scienza delle finanze raccomandare al
legislatore di tenere basse le aliquote, in modo che non accada mai che l'imposta possa
essere maggiore del reddito. In ogni, non fare mai discriminazioni in sede reale, e questo
accade a maggior ragione se vi sono più enti tassatori (questo è rilevato, dalla B.d'I.,
giustamente).
Ma con il governo MONTI (che non è un professore di scienza delle finanze, ma era
comunque assistito dal Minstero delle Finanze) la regola è stata infranta all'ennesima
potenza, ed è diventato normale cle l'imposta IMU superi l'imponibile.
Vediamo subito. Si abbia una rendita di 5.000 all'anno, di un comune fabbricato di
categoria A.
Per passare al calcolo dell'imposta si dovrà fare:
C = 5.000 * 1,05 * 160 = 840.000 (valore del fabbricato)
T = 840.000 * 0,76% = 6.384 (imposta).
In altri termini, con formula generale, si ha:
T = R * 1.05 * 160 * 0,76% = R* 1,2768.
Come si vede l'imposta è sempre il 27,68%, maggiore della rendita.
In altri termini il contribuente viene richiesto di pagare l'imposta con un reddito che
(in termini fiscali) il fabbricato non produce.
Personalmente conosco anche una situazione in cui il fisco attribuisce una
rendita di 813,42, che sono impossibili da percepire, perchè il fabbricato è in
una posizione molto disturbata dai rumori del traffico, ed è quasi sempre sfitto, per cui
l'IMU (di 1038,57) è sopra le righe, non poco). NL |
GIOVEDÌ 13 GIUGNO 2013 16ª
Seduta (pomeridiana)
Presidenza del Presidente Mauro Maria MARINO.
Legislatura 17ª - 6ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 16 del 13/06/2013
PROCEDURE INFORMATIVE,
SISTEMA CATASTALE
Intervenuti per la Banca d'Italia: Dr. Alessandro Buoncompagni, Dr. Sandro
Momigliano, Dr.ssa Paola Ansuini.
Il dr. MOMIGLIANO sottolinea che la scelta effettuata dal legislatore italiano di affidare
ai comuni una forma di imposizione sulla ricchezza immobiliare e quella di includere nella
base imponibile anche le abitazioni principali trovano un particolare sostegno nella
letteratura sul federalismo fiscale. L'attribuzione al Governo locale della tassazione
della proprietà immobiliare limita il grado di progressività realizzabile con tale
imposizione, ma per quanto riguarda la natura del tributo, il legislatore sembra aver
privilegiato il punto di vista che considera gli immobili come una delle diverse forme in
cui le famiglie possono detenere la propria ricchezza.
Passando ad illustrare le osservazioni in materia di IMU, l'oratore fa presente che
nel 2012, il gettito complessivo dell'IMU è stato pari a 23,7 miliardi, di cui 15,6 di
competenza dei comuni e 8,1 affluiti al bilancio dello Stato. Nel 2011 il gettito
dell'ICI, per intero di competenza dei comuni, era stato pari a 9,8 miliardi.
L'introduzione dell'IMU, come è noto, ha comportato il venir meno dell'imposizione
in ambito IRPEF (comprese le relative addizionali regionali e comunali) dei redditi
fondiari per gli immobili non locati, il cui gettito era stimato, nelle valutazioni
ufficiali in 1,6 miliardi.
Secondo le valutazioni del Ministero dell'Economia e delle finanze il gettito
dell'IMU sull'abitazione principale, di competenza per intero dei Comuni, è stato pari a
4 miliardi, a fronte dei 3,3 del corrispondente regime ICI nel 2007. Una valutazione
approssimativa sembrerebbe segnalare che l'incremento di gettito rispetto al 2007 sarebbe
connesso con la crescita del numero degli immobili sottoposti al prelievo.
Il dr. MOMIGLIANO osserva inoltre che nel confronto con l'ICI prelevata
sull'abitazione principale nel 2007, l'IMU presenta alcuni aspetti di maggiore
progressività. Il prelievo IMU sull'abitazione principale è stato nullo fino a
un valore della rendita catastale pari a circa 260 euro (nel caso fino a una rendita di
circa 220 euro); ed è stato inferiore a quello ICI fino alla rendita catastale di 330
euro.
L'IMU sui cespiti diversi dall'abitazione principale ha fornito un gettito
per i comuni pari a 11,6 miliardi; l'aliquota ordinaria media è stata pari a circa il 9,5
per mille (tre millesimi in più rispetto alla corrispondente aliquota nel 2011 e quasi
due millesimi oltre la misura base).
L'oratore passa poi a un confronto internazionale, osservando che l'analisi
del gettito delle imposte sugli immobili mostra come l'introduzione dell'IMU nel 2012
abbia portato il prelievo italiano complessivo sulla proprietà e sugli occupanti su un
livello in linea con quelli registrati nei principali paesi dell'Unione europea.
Nei paesi della UE la tassazione degli immobili riveste un ruolo di rilievo
per i governi locali, in particolare attraverso imposte ricorrenti; queste ultime sono
pre-senti in 26 dei 27 Stati membri e sono prelevate anche sull'abitazione principale. La
reintroduzione dell'imposta su tale cespite ha quindi allineato il sistema fiscale
italiano a quello degli altri Paesi europei.
Passando ad esaminare alcuni aspetti critici dell'attuale
sistema di tassazione immobiliare, l'oratore si sofferma sulle prospettive di
revisione del catasto, osservando che le differenze nel divario fra la
base imponibile basata sulle rendite catastali e gli effettivi valori di mercato degli
immobili possono generare fenomeni di iniquità sia orizzontale sia verticale.
Va inoltre sottolineato che lo scostamento fra valori di mercato e
valori catastali tende a favorire i contribuenti più ricchi.
L'oratore dà quindi analitico conto di tali osservazioni, e specifica che da
esse discende che una spedita revisione del catasto, che riguardi non solo le
tariffe d'estimo ma anche i principi di classamento, avrebbe quindi effetti positivi anche
sul piano distributivo.
Poiché tuttavia il completamento delle diverse fasi del processo di
revisione potrebbe richiedere tempi abbastanza lunghi, recentemente
stimati nell'ordine di un quinquennio, in attesa che le nuove rendite si rendano
disponibili, suggerisce di individuare meccanismi che attenuino le disparità di
trattamento ingiustificate.
L'oratore si sofferma quindi analiticamente sul sistema delle detrazioni,
sottolineando la circostanza che l'IMU continua a differenziare nettamente l'abitazione
principale dalle altre abitazioni, esentando del tutto, per il tramite della
detrazione, le abitazioni fino a un valore di circa 110-170 mila euro e prevedendo sul
valore eccedente un'aliquota pressoché dimezzata rispetto a quella ordinaria.
Va considerato che alcune famiglie, pur essendo proprietarie di una o più
abitazioni hanno un reddito molto basso. Si può pensare, per tener conto di tale
fattore, di differenziare le franchigie in relazione a indicatori di capacità
contributiva della famiglia; ovvero, in alternativa, a tale differenziazione, si
potrebbe consentire ai contribuenti che si trovano in situazioni documentabili di bisogno
di posporre il pagamento dell'imposta, indebitandosi con il Comune per la parte del
tributo che supera una determinata percentuale del loro reddito, eventualmente dando a
garanzia l'immobile.
Per quanto riguarda invece la tassazione immobiliare del mercato delle locazioni,
dopo aver svolto una serie di osservazioni di carattere generale, si sofferma sulla misura
di incentivazione all'affitto della "cedolare secca" sui redditi da locazione.
L'applicazione di tale imposta sostitutiva, ha ridotto il cuneo fiscale sugli affitti, in
tal modo attenuando la convenienza del ricorso al mercato irregolare e ha allineato la
fiscalità del reddito immobiliare a quella dei rendimenti delle attività finanziarie,
garantendo una maggiore neutralità dell'imposizione.
L'oratore fa presente, tuttavia, che l'opzione per la "cedolare
secca" è stata meno diffusa di quanto atteso: il gettito del 2011 e quello di
preconsuntivo del 2012 ammontano a circa un quarto di quanto previsto inizialmente. A suo
parere, in prospettiva, l'intensificarsi del contrasto ai fenomeni di evasione potrebbe
rafforzare la convenienza della "cedolare secca".
Si sofferma poi analiticamente sulle questioni relative alla tassazione dei
trasferimenti di abitazione dei fabbricati strumentali nonché sulla questione dell'IMU
sugli immobili delle imprese, dando conto dell'aggravio imposto a tale comparto,
suggerendone, in caso di risorse disponibili, un'attenuazione.
Conclude la propria esposizione osservando, in termini di
ripartizione dei poteri di prelievo, che il sovrapporsi di più livelli di governo
sulla stessa base imponibile rappresenta un aspetto problematico per l'efficienza del
sistema tributario italiano e che le interferenze fra la politica tributaria
nazionale e la fiscalità locale rendono il prelievo opaco per il contribuente.
Con riferimento all'IMU, la significativa commistione di responsabilità
nell'assetto in vigore per il 2012 è stata in parte attenuata con la legge di stabilità
2013. Osserva quindi che la riforma della tassazione immobiliare può essere l'occasione
per una ulteriore razionalizzazione dei poteri di prelievo, condotta nello spirito della
separazione delle fonti. |
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Enrico Letta
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IMU - Imposta Municipale sugli Immobili:
debolezze tecniche inammissibili |
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Il Comunicato del Consiglio dei Ministri |
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Luciani: Si può fare, in alternativa, una imposta patrimoniale ordinaria, ma
solo se il Ministero delle Finanze cambia pelle.
In particolare: sulla posizione degli immobili aziendali. |
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Silvio Berlusconi
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COMUNICATO DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO
(Roma, 17 maggio): http://www.governo.it/Governo/ConsiglioMinistri/dettaglio.asp?d=71102)
Imu
" Il governo procederà a una riforma complessiva della disciplina
dellimposizione fiscale sul patrimonio immobiliare che innoverà anche la tassazione
sul reddito dimpresa, prevedendo forme di deducibilità dellImu su capannoni o
fabbricati industriali. Nella nuova disciplina sarà ricompreso anche il tributo comunale
sui rifiuti e sui servizi.
Il governo ha stabilito la sospensione del pagamento della prima rata Imu sulla prima
casa, sulle unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà
indivisa adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari,
nonché alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (Iacp)
o dagli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, aventi le stesse
finalità degli Iacp, i terreni e i fabbricati rurali.
Sono escluse dalla sospensione del versamento le abitazioni di tipo signorile, le ville, i
castelli o i palazzi di pregio storico o artistico. "
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Nino
Luciani, Per una imposta ordinaria sul patrimonio con speciali modulazioni sociali, e con
una speciale ottica per le imprese.
In ogni caso, una netta correzione tecnica dell'IMU, atta ad evitare abissi tra capacità
contributiva effettiva e realtà.1. Premessa.
Non voglio fare la storia dell'IMU, ma denunciare le gravi responsabilità ministeriali in
questa imposta, che hanno finito per renderla odiosa, più di quanto possa meritare (di
suo) ogni imposta aggiuntiva del nostro sistema tributario.
Nella scienza delle finanze l'imposta patrimoniale immobiliare si giustifica per il
pagamento delle opere comunali di urbanizzazione per la costruzione degli edifici
abitativi e produttivi. Per questo, il gettito di questa imposta è stato ritenuto doversi
attribuire ai Comuni, in ragione del fatto che il valore delle aree è collegata alla loro
attività.
In un secondo tempo (e da anni) gli oneri di urbanizzazione sono stati messi
a carico dei costruttori, e quindi è venuta meno la ratio di una imposta specifica.
Nel caso dell'IMU, come allargata dal Governo Monti (e approvata dai tre
partiti sostenitori PD+PDL+UDC), è una imposta generale, e quindi la sua ratio va
sottoposta alla ratio delle imposte generali, cosa che non è per l'IMU.
Ma prima di evidenziare i difetti tecnici dell'IMU, va chiarito un aspetto di
metodo, che viene prima del problema della sua modifica tecnica: trattasi del fatto che
attualmente l'IMU va a coprire un buco di bilancio e, dunque, chi propone di abolirla
acquisendo popolarità, deve assumersi la responsabilità di proporre con quale altra
imposta sostituirla o quale servizio pubblico abolire facendo cadere il buco di bilancio
(con riduzione di spesa pubblica). |
Questa indicazione non c'è stata, e
questo giustifica, più sopra nel titolo, la foto furbesca del "santo"
proponente.
2.- Il retto criterio della tassazione. Il retto criterio di qualunque
imposta è che essa, sia diretta sul reddito, sia essa su altro oggetto, possa essere pagata
con il reddito tassato o con il reddito dell'oggetto tassato (vedi IRAP, vedi
imposta sul patrimonio). Infatti in base a Costituzione (art. 53) l'imposta va commisurata
a capacità contributiva, e il reddito è la migliore espressione della capacità
contributiva.
Ma questo non sempre avviene con l'IMU: vedi case sfitte, vedi ruderi, per cui
viene richiesto di pagare con un reddito che non c'è.
In questi casi l'imposta è odiosa e incostituzionale, e i casi più
inaccettabili sono che il contribuente si trovi a dover "svendere" l'immobile,
per pagare l'imposta.
Sulla opportunità di abolire l'imposta, gli aspetti da considerare sono
molteplici, e ne ricorderò alcuni.
a) L'imponibile è calcolato dal fisco in modo errato. La base
imponibile di ogni immobile si ottiene moltiplicando la rendita
catastale o reddito dominicale, rivalutato del 5% se fabbricato e del
25% se terreno, con il moltiplicatore dato dalla categoria
catastale. I moltiplicatori sono:
160 |
per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A e
nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, con esclusione della categoria catastale A/10; |
140 |
per i fabbricati classificati nel gruppo catastale B e
nelle categorie catastali C/3, C/4 e C/5; |
80 |
per i fabbricati classificati nella categoria catastale
A/10 e D/5; |
60 |
per i fabbricati classificati nel gruppo catastale D (con
esclusione della categoria D/5), tale moltiplicatore sarà elevato a 65 a decorrere dal
1º gennaio 2013; |
55 |
per i fabbricati classificati nella categoria catastale
C/1; |
135 |
per i terreni agricoli (per i coltivatori diretti iscritti
alla previdenza agricola il moltiplicatore è ridotto a 110) |
Nota. Presumendo che la rendita sia
calcolata al netto dell'ammortamento, e dunque che essa sia una rendita perpetua (il fisco
vi si avvicina, come metodo, perchè prende la media dei redditi di tre anni consecutivi),
la formula per il calcolo del valore patrimoniale è:
vale dire: il valore " C" di un capitale è dato dalla rendita "R"
moltiplicata per un "moltiplicatore", pari all'inverso del tasso di interesse
"i" (ossia del tasso di rendimento di un determinato capitale sul mercato), in
pratica pari a 100 diviso per il tasso di interesse (terza espressione matematica).
Si vede che C è direttamente proporzionale a "R"; e inversamente
proporzionale a "i": vale dire C aumenta, aumentando "R" ; e
diminuisce aumentando "i".
Le due grandezze, R ed i , sono entrambe determinate dal fisco, mentre questo
dovrebbe accertare solo la rendita, dato il tasso di interesse rilevato sul mercato. C'è
l'aggravante che il fisco comunica ufficialmente il moltiplicatore, ma non il tasso
di interesse usato per calcolarlo, e questo è indegno di uno Stato che merita rispetto e
fiducia
A riguardo della rendita, c'è un generale consenso secondo
cui essa "sarebbe" sottostimata dal fisco, in quanto (determinata a suo tempo
secondo rilevazioni del valore del mq di superficie) essa non è stata più aggiornata in
base al correre della svalutazione monetaria (a parte quel 5% arbitrario, o altro,... di
anno in anno ...). Di conseguenza, ci sarebbe una sottovalutazione per C.
Osservo che il grande pubblico trascura totalmente che il fisco sottostima
tantissimo il tasso di interesse, per cui ribalta il risultato, dovuto alla
sottostima di R. Infatti, usando la formula, troviamo:
- se il moltiplicatore è 160, il fisco ha usato implicitamente il tasso di interesse
0,63%.
- se il moltiplicatore è 140, il fisco ha usato implicitamente il tasso di interesse
0,71%.
- se il moltiplicatore è 80, il fisco ha usato implicitamente il tasso di interesse
1,25%.
- se il moltiplicatore è 60, il fisco ha usato implicitamente il tasso di interesse
1,67%.
- se il moltiplicatore è 55, il fisco usato implicitamente il tasso di interesse 1,82%.
- se il moltiplicatore è 135, il fisco ha usato implicitamente il tasso di interesse
0,74%.
Chiunque può constatare che questi tassi sono inesistenti nel mercato. Ad
es., per le normali abitazioni (che sono in categoria catastale A), il tasso di tasso di
rendimento è molto maggiore (il tasso di interesse di lungo periodo è nell'intorno del
4%-5%, e non è casuale l'indicazione del 5% dell'art. 1284 del cc.). Dunque è evidente
l'abuso del fisco nel sovrastimare il valore, in contrasto con il codice civile (infatti,
esso usa il tasso di interesse dello 0,63%). In più, può giocare sull'aliquota.
Vediamo un caso pratico che conosco: un appartamentino affittato a Bologna:
rendita catastale 279, al tasso di interesse dello 0,63% (ossia al moltiplicatore
160) è calcolato di valore 46.872, dal fisco.
Rifacciamo i conti, partendo dal vero. L'appartamento ha, in realtà, una
rendita di 3.925 (al netto di spese condominiali e nettezza urbana, e di
ammortamento ), e al tasso di interesse del 4% vale 98.125; al tasso del 5% vale
78.500.
Ma il fisco non si spaventa di questo: prima fissa il gettito, e poi (per
fare tornare il suo conto) applica una aliquota doppia di quella spettante (questo sana il
fatto che la rendita catastale sia bassa), e se questo non basta, abbassa il tasso di
interesse (vale dire aumenta il moltiplicatore arbitrariamente).
3.- Abolire l'IMU e sostituirla con una imposta patrimoniale ordinaria, con opportune
modulazioni su abitazioni e fabbricati produttivi ?
a) In generale. Un teorema di Rodolfo Benini,
statistico ed economista italiano, dice: "A reddito doppio, patrimonio triplo",
vale dire al crescere del reddito, il patrimonio aumenta più che in proporzione.
Il patrimonio immobiliare è ben visibile e non evade facilmente. In questo
senso, una imposta ordinaria sul patrimonio con aliquota proporzionale è progressiva
rispetto al reddito (dunque è anche socialmente equa) e non è facile da evadere, perchè
facile da identificare.
In questa congiuntura c'è anche la necessità di creare domanda effettiva
sul mercato, togliendo danaro a chi ha alta propensione al risparmio (i ricchi) e
spenderlo prontamente per mano pubblica, per sbloccare il sistema produttivo.
C'è però anche chi vede nella cancellazione dell'IMU una via per sbloccare
gli investimenti nell'edilizia. Secondo me, non vede giusto, perchè di fabbricati ce ne
sono già troppi. Eventualmente si potrebbero adeguare gli sgravi fiscali (da IVA) sugli
ammodernamenti del patrimonio.
Direi che l'IMU vada corretta tecnicamente: i patrimoni che non danno
reddito, non vanno tassati, e per fare questo va abolito il sistema catastale attuale.
Possiamo anche sgravare la prima casa, ma in modo collegato con il reddito
complessivo (la discriminazione qualitativa non è razionale, e quindi non andrebbero
ammesse anche le varie compartecipazioni e addizionali, differenziate per Comuni).
Applicherei l'aliquota normale per tutte le abitazioni e lo sgravio sulla prima casa, ma
non per i cittadini con reddito complessivo superiore ad una determinata cifra (
100.000 ?).
Essa andrebbe attribuita totalmente ai Comuni.
Un discorso a parte va fatto per i fabbricati, ad uso strumentale
produttivo. Va ricordato che, ai fini IVA, i beni strumentali sono esenti (ed
anche ai fini IRAP). A questo punto, poichè lo Stato li tassa ai fini IMU, viene ad
emergere che lo Stato spende soldi per amministrare sgravi sui fabbricati e poi spende
soldi per recuperare soldi a carico degli stessi fabbricati. Si decida se sgravare o
gravare. Questo modo mi pare abbastanza censurabile dal lato delle economie dei costi
amministrativi.
Personalmente ritengo che, in tempi di disoccupazione, lo Stato non dovrebbe sgravare
da IVA i beni strumentali, per non creare una discriminazione tra prezzo del capitale
(sgravato) e prezzo del lavoro (gravato). Infatti, il costo del lavoro entra nel valore
aggiunto. Ciò stimola l'automazione.
Naturalmente, se l'ammortamento entra nel valore aggiunto fiscale, si dovrebbe
abbassare l'aliquota media, in quanto la base imponibile verrebbe ad aumentare.
Riterrei anche che l'imposta patrimoniale sui detti fabbricati, dovrebbe avere di
mira il reddito d'impresa (costituito dai profitti e dagli interessi sul capitale).
Il motivo è che le imprese sono reticenti nel dichiarare il reddio d'impresa: in questo
senso, andrebbe tassato il fabbricato per arrivare al reddito d'impresa. Grosso modo il
reddito di impresa è il 30-35% del PIL (si vegga ISTAT, Contabilità nazionale, Tomo I,
Anni 1970-97, p. 293).
Riterrei, però, anche che (in sede di tassazione dei redditi) vada sgravato
il reddito d'impresa reinvestito. Questo sgravio fa bene a tutti perchè incentiva
gli investimenti e incentiva l'impresa a non nascondere il reddito d'impresa. In questo
modo l'aliquota dell'imposta patrimoniale può essere calcolata in modo più mirato.
Io, poi, ho studiato gli effetti dell'imposta sul patrimonio sulla assunzione
del rischio, trovando soluzioni diversificate tra investimenti a relativo alto rischio o a
relativo basso rischio, e in confronto all'imposta sul reddito con o senza
detrazione delle perdite. Si vegga:
http://amsacta.unibo.it/3417/1/scritti_scelti_luciani.pdf, p. 181e ss. . |
|
Dalla
ACCADEMIA dei LINCEI, 8 marzo 2013 |
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Di nuovo il Govermatore Visco
sulla crisi finanziaria e, in particolare:
"Sulla necessità di separare la tradizionale attività creditizia da quella
svolta in
campo finanziario, che ha recentemente tratto nuovo vigore a livello europeo".
Anche sue parole dure sulla caduta della "integrità morale delle banche".
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|
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COMMENTO. Forse sarebbe stato opportuno non limitarsi a lezioni
erudite, ma invocare a chiare lettere anche riforme per parte bancaria:
1) Invocare il ripristino (anche in Italia, come sta avvenendo in Inghiltterra) della
legge bancaria del 1936;
2) Dire alla BCE che sarebbe normale fare anticipazioni di cassa allo Stato Italiano per
pagare i fornitori dello Stato, considerato che lo Stato Italiano
ha solo problemi di cassa, se è vero che il Governo MONTI ha
pareggiato il bilancio in conto competenza, grazie alla tassazione fuori limite.
3) Dire alla UE che, se non cambia testa (in ordine ai tempi di restituire liquidità al
sistema), l'Italia potrebbe essere costretta a uscire dall' EURO, a parte che chiedere a
Cipro di tassare i depositi bancari è stato non professionale, perchè questo genera
panico nel pubblico e fa fallire le banche. |
Stralcio dal
TESTO ORIGINALE DELL'INTERVENTO
(per il testo completo: clicca su Lincei )
ECONOMIA E FINANZA DOPO LA CRISI
Proponiamo qui
lo stralcio di un nuovo intervento del Governatore, sulle cause e i rimedi alla crisi
finanziaria, dello 8 marzo 2013.
1.- Introduzione. La
crisi finanziaria ... ha fatto emergere una serie di problemi nel funzionamento,
nella regolamentazione e nella supervisione dei mercati finanziari. La stabilità
finanziaria si è riproposta come obiettivo fondamentale della politica economica; le
banche centrali sono chiamate a svolgere un ruolo cruciale. Le conseguenze per la regolamentazione e la
conduzione dellattività di vigilanza su un sistema finanziario, che sarà
probabilmente molto diverso da quello che abbiamo conosciuto negli ultimi venti anni, sono
considerevoli. È inoltre cresciuto lo scetticismo nei confronti del ruolo della finanza
nel sistema economico, in particolare in relazione alla sua distanza
dalleconomia reale, quasi fosse in conflitto con essa.
Nei dieci anni che hanno preceduto la
crisi le dimensioni del sistema finanziario, il suo ruolo e il suo grado di penetrazione
nelleconomia sono notevolmente cresciuti.
La crisi ha solo rallentato questo processo. Nellarea delleuro le
risorse finanziarie raccolte dal settore privato (misurate dalla somma del credito
bancario, dei titoli emessi sul mercato interno e dalla capitalizzazione di mercato) sono
salite dal 160 per cento del PIL nel 1996 al 240 nel 2007, attestandosi al 230 per cento
nel 2011.
Negli Stati Uniti il rapporto è salito dal 230 per cento del 1996 al 330 del
2007, per poi ridursi al 260 per cento nel 2011.
Nel Regno Unito è passato dal 240 al 330 per cento nel 2007, fermandosi al
320 per cento nel 2011. Il valore nozionale totale degli strumenti derivati negoziati a
livello mondiale in forma standardizzata (exchange-traded) in mercati regolamentati e di
quelli strutturati per particolari esigenze e negoziati al di fuori dei mercati
regolamentati (over the counter, OTC) è salito da circa 94.000 miliardi di dollari alla
fine del 1998 a 486.000 alla fine del 2006, per raggiungere i 700.000 miliardi nel giugno
del 2012.
...
Lo sviluppo della finanza, consentendo una maggiore diversificazione del
rischio e rendendo i servizi finanziari accessibili a un maggior numero di paesi e di
imprese, può essere un importante strumento di sviluppo economico.
Ma cè il rischio che la finanza diventi fine a se stessa,
provocando danni tanto maggiori quanto più stretta è linterconnessione del sistema
e quanto più rilevanti sono le potenziali esternalità negative.
La
corretta conduzione dellattività creditizia e finanziaria certamente richiede
competenza e buona fede da parte degli intermediari, ma richiede altresì adeguati regimi
di regolamentazione e di supervisione.
2.- La
(buona) finanza è una forza positiva. La finanza è stata a lungo considerata come
unattività moralmente dubbia.
....
Sullo sfondo di questa sfiducia strutturale,
latteggiamento del pubblico riguardo alla finanza oscilla a seconda delle condizioni
dei sistemi finanziari e dei mutamenti nellumore politico riguardo
allintervento dello Stato nelleconomia.
Fino agli anni Settanta si dava per scontato che i fallimenti del
mercato richiedessero la presenza e lazione di un regolatore che permettesse di
evitare risultati sub-ottimali.
Con la grande inflazione e il forte aumento della disoccupazione degli
anni Settanta lenfasi si spostò, tuttavia, sui fallimenti dello Stato. I governi,
le banche centrali e gli altri regolatori vennero accusati di non essere riusciti a
evitare tali sviluppi. Ciò finì per provocare un mutamento ideologico, un impulso a
ridurre lentità dellintervento dello Stato nelleconomia.
I fallimenti delleconomia regolamentata, il
ritmo del progresso tecnologico e la rapida espansione del commercio internazionale dopo
la fine della guerra fredda alimentarono un lungo processo di deregolamentazione
finanziaria, interrotto soltanto dalla crisi scoppiata nel 2007.
Questa ha a sua volta innescato una tendenza alla ri-regolamentazione,
o a una migliore regolamentazione, tuttora in atto. Il pendolo ancora oscilla, e certo
continuerà a farlo in futuro.
La crisi finanziaria internazionale, e i costi enormi che ha comportato
per lintera società, hanno eroso ulteriormente e profondamente la fiducia nelle
istituzioni finanziarie.
.....
Lintegrità della condotta degli intermediari finanziari è
stata messa in discussione sotto vari aspetti: lonestà, la capacità di
gestire i rischi finanziari e limpegno a curare gli interessi della propria
clientela.
A catturare lattenzione del pubblico sono stati anzitutto i casi
di frode in cui, mediante schemi cosiddetti di Ponzi o altri simili, molte
persone hanno perso i propri risparmi. Gli animi sono stati esacerbati dalla generosità
delle liquidazioni corrisposte ai dirigenti di istituzioni finanziarie in difficoltà
salvate con il denaro dei contribuenti. Gli episodi di dubbia correttezza non hanno
risparmiato alcuni elementi chiave del sistema finanziario, come i rating creditizi e i
tassi di riferimento interbancari, senza contare i casi di presunto coinvolgimento di
istituzioni finanziarie in attività collegate al riciclaggio di denaro sporco o in altri
illeciti comportamenti. Ciò che più conta, la crisi ha mostrato che gli operatori di
mercato non erano in grado di gestire lintrinseca complessità del sistema che loro
stessi avevano contribuito a elaborare negli ultimi due decenni.
Favorita dai progressi nelle tecnologie dellinformazione e della
comunicazione, la cartolarizzazione delle attività delle banche è notevolmente
cresciuta, e con essa lofferta di strumenti finanziari cosiddetti
strutturati (ABS, CDO, ecc.).
Dal tradizionale modello di intermediazione creditizia si è quindi
passati in particolare negli Stati Uniti, ma anche in altri paesi a un
sistema in cui i prestiti concessi venivano rapidamente trasformati in altri prodotti
finanziari garantiti da quegli stessi prestiti, e quindi ceduti sul mercato: il cosiddetto
modello originate-to-distribute (OTD). Con questi sviluppi, allintrinseca
difficoltà di valutare la qualità dei prestiti si è aggiunta quella di comprendere
appieno leffettivo ruolo dei prodotti finanziari strutturati.
I prodotti della finanza strutturata e il modello di intermediazione OTD
possono facilitare la gestione dei rischi. Lofferta di mutui alle famiglie è
favorita dalla possibilità per le banche di coprirsi contro i rischi di tasso associati
allerogazione di tali prestiti; nelle loro strategie di internazionalizzazione le
imprese ricevono un evidente beneficio dalla possibilità di assicurarsi contro i rischi
di cambio; lofferta di prodotti previdenziali su orizzonti molto lunghi può essere
effettuata a costi tanto più contenuti quanto più si riesce a limitare limpatto di
oscillazioni dei valori mobiliari.
Nel modello OTD il rischio di credito non è concentrato nei bilanci
delle banche, ma è ridistribuito su una moltitudine di investitori.
Rendendo negoziabili
i prestiti bancari, tale modello comprime i relativi premi per lilliquidità e ne
riduce pertanto il costo.
È ormai chiaro, tuttavia, che la finanza strutturata e il modello di
intermediazione OTD, unitamente alla mancanza di trasparenza, hanno favorito una eccessiva
assunzione di rischio e comportamenti di tipo opportunistico. Le operazioni sono spesso
avvenute mediante una rete di intermediari finanziari scarsamente regolamentati e
caratterizzati da livelli di indebitamento e unesposizione al rischio
particolarmente elevati.
Lassenza di trasparenza è stata particolarmente grave nella
valutazione degli strumenti di finanza strutturata (nella quale un ruolo cruciale era
occupato dalle agenzie di rating, senza particolari controlli da parte di regolatori
pubblici o organi di informazione), effettuata mediante modelli statistici e spesso
condotta sulla base di dati incompleti e insufficienti. In molti casi la complessità ha
aperto la strada a comportamenti opportunistici, alimentati da un sistema di incentivi
distorto, soprattutto con riferimento agli schemi di remunerazione dei manager.
Lelevata leva finanziaria e la complessità tipiche di questi
strumenti li ha resi utilizzabili per assumere posizioni speculative ad alto rischio. Il
ricorso ad attività inutilmente complesse e opache ha impedito in molti casi la corretta
valutazione del merito di credito; è servito, in altre occasioni, per mascherare
limpatto negativo di operazioni pregresse.
Lutilizzo improprio di tali strumenti da parte delle banche può
anche essere collegato al venir meno delle fonti di reddito legate alla tradizionale
attività creditizia, con la conseguente assunzione di comportamenti volti a nascondere al
mercato e alle autorità di vigilanza il reale obiettivo delle operazioni in strumenti derivati.
.... |
Nino Luciani, Per una nuova legge per la difesa del risparmio e degli investimenti, che
ripristini la funzione bancaria come orientata alla "utilità pubblica", o
(al più) come impresa orientata ad un "profitto normale".
1.- Premessa. In questo intervento, il Governatore ripete sue posizioni,
già note, sulla importanza di riportare la finanza sulla retta via, e specificamente su
un nuovo modo di impostare la regolamentazione, vale dire farlo in un quadro europeo e,
anzi, meglio se più ampio, e inoltre:
- essere esigente sui vincoli alle banche sulla adeguatezza e composizione dei loro
patrimoni, a tutela dei depositanti;
- e limitare e controllare sistematicamente la loro discrezionalità nel
classificare gli impieghi dei depositi, circa la loro natura di offerta a breve termine o
di medio o lungo termine.
Spiccano anche, nella sua analisi, considerazioni sulla natura
morale delle banche, la cui immoralità massima egli vede nella creazione dei
prodotti derivati, perchè usati per nascondere "perdite" di bilancio.
2.- Sugli aspetti "immorali" dell'azione bancaria. Per una
moralizzazione delle banche, direi che occorre, per parte italiana, mettere mano al
meccanismo bancario che la permette (non basta, ricordare, eruditamente la regola di Volcker
(2008). Noi, in Italia, eravamo su questa strada, fin dal 1936, cosa che pare non constare
al giovane Governatore.
2.1- La legge bancaria del 1993 (D. Leg.vo 385/1993, e che
soppresse la legge del 1936, su proposta dalla Banca d'Italia), ha istituito in Italia la
"banca universale".
Analoga legge (il Glass-Steagall Act del 1933) aveva retto negli Stati
Uniti fino al 1999, quando fu sostituita dal Gramm-Leach-Bliley Act. Esso
aveva gli stessi caratteri di base della legge italiana. La Germania aveva, già, la banca
universale.
La riforma stabilì che "l'attività bancaria" ha "carattere
di impresa" ed "è riservata alle banche" (art.10), e inoltre che
la banca universale:
a) può fare operazioni sulla moneta, senza alcuna distinzione tra mercato a breve
termine e mercato a medio-lungo termine;
b) può emettere obbligazioni; e può partecipare al capitale delle imprese, e
viceversa, sia pur entro determinati limiti (fino al 5% di norma, fino al 15% o più
servono speciali autorizzazioni della banca centrale).
Osservazione. Il fatto che la legge del 1993
configuri l'attività bancaria "con carattere di impresa" ( e dunque
finalizzata al profitto, ipotizzando che la concorrenza tra banche sia il meccanismo a cui
affidare la limitazione degli extra-profitti) è stata una scelta irresponsabile,
che ha permesso alle banche di investire a rischio i depositi dei clienti. Lo vediamo
nelle conclamate sofferenze bancarie, denunciate dal Governatore, e che attualmente ha
messo fuori usato la tradizionale funzione bancaria (deposito e giro), e strozzato le
imprese produttive.
Invece l'art. 1 della legge bancaria del 1936, disponeva:
"La raccolta del risparmio fra il
pubblico sotto ogni forma e l'esercizio del credito sono funzioni di interesse pubblico
regolate dalle norme del presente decreto". Torniamo al Decreto del 1993.
Approfondiamo la irresponsabilità della scelta.
Dal lato offerta, per definizione il mercato di concorrenza si
fonda:
- sulla libertà di entrata e uscita di imprese nel mercato;
- sulla omogeneità del prodotto;
- su un numero relativamente grande di imprese, così che nessuna abbia un potere
di dominanza sul mercato.
Nel campo bancario, non esiste nessuna di queste condizioni. Il
"prodotto monetario" non, infatti, è l'unità di moneta, ma la "operazione
in moneta", ed ogni operazione ha un diverso grado "fondatezza" in termini
di rischio, probabilità, grado di certezza.
Esiste un cartello bancario, che si regge sull'ABI - Associazione Bancaria
Italiana.
Dal lato domanda, poi, la "domanda di moneta"
è rigidissima, perchè essenziale per le operazioni economiche. E' come il sangue per una
persona.
Di conseguenza, non è verosimile che possa esistere un mercato
concorrenziale.
2.2. Dentro i depositi a breve, poi, c'erano ulteriori limiti al
"giro" mediante la imposizione di una "riserva obbligatoria bancaria" (da conservare presso la banca centrale, a un tasso di interesse).
Questo istituto, già presene del 1926, fu potenziato (1947) da Einaudi
(governatore della Banca d'Italia).
I motivi erano due:
- il primo era che le banche dovevano sempre essere in condizioni di
restituire assolutamente ai depositanti i loro soldi, in qualunque momento;
- il secondo è che attraverso il "giro", le banche creano moneta
bancaria" che va ad aggiungersi alla moneta legale (banconote). Grosso modo la moneta
bancaria è un multiplo della moneta legale, pari all'inverso della percentuale di
riserva, rispetto ai depositi. Ad es., se la percentuale è il 10%, la moneta bancaria
aggiuntiva è 10 volte il deposito in banconote.
2.3. Con la sopravvenienza della BCE ( e la sostituzione della
lira con l'euro) la riserva obbligatoria è molto diminuita, e di conseguenza è molto
aumentata la discrezionalità delle banche nel creare "moneta bancaria" e
quant'altro ("derivati").
Fino ad una trentina di anni fa, la riserva obbligatoria era intorno al 25%
(e dunque quel "multiplo" era 4), poi via via sempre meno, e questo anche grazie
dall'accettazione crescente degli assegni bancari, da parte del pubblico.
Stando alle attuali regole della BCE, la percentuale obbligatoria BCE
è divenuta il 2%, ma nei fatti il 3-4%, (ma anche il 60% nei casi di gravi anomalie del
debitore). Non ho trovato la percentuale "media", nè le riserve totali
conservate dalle banche presso la B.d'I.
Ho provato a calcolata per rapporto tra il totale degli impieghi bancari e il
totale delle banconote in circolazione . Posto che tutta la moneta legale transiti per le
banche, risulterebbe che la moneta bancaria sia oggi, grosso modo, 14 volte le banconote,
e dunque la riserva obbligatoria "totale" sia nell'intorno del 7,1% dei
depositi.
Approfondendo questo punto che si pesa la "integrità morale" delle
banche, presa di mira dal Governatore VISCO, e il discorso comincia riflettendo sul
concetto di convertibilità della moneta cartacea e dei suoi surrogati.
3.- Sulla convertibilità della moneta legale e dei suoi surrogati.
Storicamente, la soppressione della convertibilità della
moneta legale (cartacea), in oro (ad un prefissata parità, garantita dalla banca
centrale), è avvenuta perché (con l'esperienza), ci si era resi conto che (per
accettare) il biglietto non era importante che, dietro, ci fosse l'oro, ma che "si
credesse" che ci fosse l'oro.
Più tardi, poi, ci si rese conto anche che l'oro non era necessario davvero,
perchè noi non mangiamo l'oro (come Creso, che ne morì), ma beni di
consumo comprabili con l'oro o con un suo sostituto (la moneta legale).
Alla fine, si è concluso che, per fare accettare, con potere liberatorio delle
obbligazioni, la moneta legale bastava una "convenzione" (la legge), e stabilire
un limite alla sua fabbricazione.
Ulteriormente più tardi la moneta legale sarà, a sua volta, sostituita
dalla moneta bancaria (assegni), e anche qui (sia pur in misura minore) non era importante
che in deposito ci fosse davvero la moneta legale, ma che si credesse che
ci fosse.
Ultimamente siamo arrivati, senza regole, ai "derivati", che sono
l'equivalente dei "surrogati" della moneta legale in terzo, quarto, quinto grado
e oltre, sia pur transitando per l'associazione (al derivato) di valori reali (azioni,
obbligazioni, beni immobili, in qualche modo liquidabili, ma solo sulla carta). In questo
senso, le probabilità di convertire "derivati" in moneta legale sono divenute
via via più remote, mano mano che un determinato derivato è il derivato di un altro
derivato, creato precedentemente e così di seguito.
Questa creazione di "moneta finta" ad infinitum è la
chiave per capire lo strapotere delle banche sul mondo di oggi, e fonte del loro
arricchimento, giacchè su ogni operazione grava una "commissione" (diciamo, una
tangente), e da cui traggano alimento le retribuzioni smisurate dei dirigenti bancari e
l'accaparramento della ricchezza altrui (si pensi alle numerose sedi di loro proprietà,
nel territorio).
In passato, il potere di appropriarsi di immensi patrimoni era proprio dei
monarchi assoluti, mediante la fabbricazione di carta moneta (o, in precedenza,
riducendo la pezzatura delle monete metalliche). Ma poi questo potere fu tolto,
trasferendolo alle banche centrali, organi tecnici, indipendenti dal potere politico.
Adesso, con la moltiplicazione dei surrogati della moneta legale,
è cambiato il meccanismo, anzi la ruberia "legalizzata" Cè molto aumentata.
4. Basta con le incertezze della UE e della Banca Centrale Europea. La
crisi finanziaria europea dura ormai da anni, mentre gli Stati Uniti (messi peggio di noi,
all'inizio) ne stanno uscendo bene.
La incapacità della UE e della BCE è sotto gli occhi di tutti. Un tempo,
quando c'era l'oro (come moneta) si doveva sottostare al ciclo, perchè l'oro non si
poteva inventare. Ma per la moneta cartacea le cose sono molto diverse.
Di giorno in giorno ci rendiamo conto che l'UE è diventata una
casacca che ci opprime e lo strumento usato è l'EURO.
Vediamo cose inammissibili. Pur dopo che il Governo italiano ha tassato fin
troppo gli italiani (lo vediamo dai suicidi di imprenditori) per pareggiare (giustamente)
il bilancio, dobbiamo constatare la persistenza dei veti UE alla spesa di quanto
prelevato. Questo è inammissibile, se davvero è stata rispettato il vincolo del
pareggio del bilancio.
Non capiamo perchè la BCE non faccia anticipazioni di cassa allo Stato
italiano, se è vero che il bilancio di competena è in pareggio (quasi).
E' stata per noi una meraviglia anche la tentata tassazione dei
depositi bancari a Cipro. Evidentemente la la UE non sa che, di norma, i depositi
bancari sono largamente maggiori della moneta legale presso le banche (ne sono un
multiplo, si vegga sopra) e dunque il solo annuncio genera la corsa dei risparmiatori alle
banche, per riavere il contante, che non c'è a sufficienza, così da determinare il
crollo del sistema bancario, e di quanto ne consegue a domino, negli altri Paesi. NLUCIANINino Luciani, Per una
nuova legge per la difesa del risparmio e degli investimenti, che ripristini la funzione
bancaria come orientata alla "utilità pubblica", o (al più) come impresa
orientata ad un "profitto normale".
1.- Premessa. In questo intervento, il Governatore ripete sue posizioni,
già note, sulla importanza di riportare la finanza sulla retta via, e specificamente su
un nuovo modo di impostare la regolamentazione, vale dire farlo in un quadro europeo e,
anzi, meglio se più ampio, e inoltre:
- essere esigente sui vincoli alle banche sulla adeguatezza e composizione dei loro
patrimoni, a tutela dei depositanti;
- e limitare e controllare sistematicamente la loro discrezionalità nel
classificare gli impieghi dei depositi, circa la loro natura di offerta a breve termine o
di medio o lungo termine.
Spiccano anche, nella sua analisi, considerazioni sulla natura
morale delle banche, la cui immoralità massima egli vede nella creazione dei
prodotti derivati, perchè usati per nascondere "perdite" di bilancio.
2.- Sugli aspetti "immorali" dell'azione bancaria. Per una
moralizzazione delle banche, direi che occorre, per parte italiana, mettere mano al
meccanismo bancario che la permette (non basta, ricordare, eruditamente la regola di Volcker
(2008). Noi, in Italia, eravamo su questa strada, fin dal 1936, cosa che pare non constare
al giovane Governatore.
2.1- La legge bancaria del 1993 (D. Leg.vo 385/1993, e che
soppresse la legge del 1936, su proposta dalla Banca d'Italia), ha istituito in Italia la
"banca universale".
Analoga legge (il Glass-Steagall Act del 1933) aveva retto negli Stati
Uniti fino al 1999, quando fu sostituita dal Gramm-Leach-Bliley Act. Esso
aveva gli stessi caratteri di base della legge italiana. La Germania aveva, già, la banca
universale.
La riforma stabilì che "l'attività bancaria" ha "carattere
di impresa" ed "è riservata alle banche" (art.10), e inoltre che
la banca universale:
a) può fare operazioni sulla moneta, senza alcuna distinzione tra mercato a breve
termine e mercato a medio-lungo termine;
b) può emettere obbligazioni; e può partecipare al capitale delle imprese, e
viceversa, sia pur entro determinati limiti (fino al 5% di norma, fino al 15% o più
servono speciali autorizzazioni della banca centrale).
Osservazione. Il fatto che la legge del 1993
configuri l'attività bancaria "con carattere di impresa" ( e dunque
finalizzata al profitto, ipotizzando che la concorrenza tra banche sia il meccanismo a cui
affidare la limitazione degli extra-profitti) è stata una scelta irresponsabile,
che ha permesso alle banche di investire a rischio i depositi dei clienti. Lo vediamo
nelle conclamate sofferenze bancarie, denunciate dal Governatore, e che attualmente ha
messo fuori usato la tradizionale funzione bancaria (deposito e giro), e strozzato le
imprese produttive.
Invece l'art. 1 della legge bancaria del 1936, disponeva:
"La raccolta del risparmio fra il
pubblico sotto ogni forma e l'esercizio del credito sono funzioni di interesse pubblico
regolate dalle norme del presente decreto". Torniamo al Decreto del 1993.
Approfondiamo la irresponsabilità della scelta.
Dal lato offerta, per definizione il mercato di concorrenza si
fonda:
- sulla libertà di entrata e uscita di imprese nel mercato;
- sulla omogeneità del prodotto;
- su un numero relativamente grande di imprese, così che nessuna abbia un potere
di dominanza sul mercato.
Nel campo bancario, non esiste nessuna di queste condizioni. Il
"prodotto monetario" non, infatti, è l'unità di moneta, ma la "operazione
in moneta", ed ogni operazione ha un diverso grado "fondatezza" in termini
di rischio, probabilità, grado di certezza.
Esiste un cartello bancario, che si regge sull'ABI - Associazione Bancaria
Italiana.
Dal lato domanda, poi, la "domanda di moneta"
è rigidissima, perchè essenziale per le operazioni economiche. E' come il sangue per una
persona.
Di conseguenza, non è verosimile che possa esistere un mercato
concorrenziale.
2.2. Dentro i depositi a breve, poi, c'erano ulteriori limiti al
"giro" mediante la imposizione di una "riserva obbligatoria bancaria" (da conservare presso la banca centrale, a un tasso di interesse).
Questo istituto, già presene del 1926, fu potenziato (1947) da Einaudi
(governatore della Banca d'Italia).
I motivi erano due:
- il primo era che le banche dovevano sempre essere in condizioni di
restituire assolutamente ai depositanti i loro soldi, in qualunque momento;
- il secondo è che attraverso il "giro", le banche creano moneta
bancaria" che va ad aggiungersi alla moneta legale (banconote). Grosso modo la moneta
bancaria è un multiplo della moneta legale, pari all'inverso della percentuale di
riserva, rispetto ai depositi. Ad es., se la percentuale è il 10%, la moneta bancaria
aggiuntiva è 10 volte il deposito in banconote.
2.3. Con la sopravvenienza della BCE ( e la sostituzione della
lira con l'euro) la riserva obbligatoria è molto diminuita, e di conseguenza è molto
aumentata la discrezionalità delle banche nel creare "moneta bancaria" e
quant'altro ("derivati").
Fino ad una trentina di anni fa, la riserva obbligatoria era intorno al 25%
(e dunque quel "multiplo" era 4), poi via via sempre meno, e questo anche grazie
dall'accettazione crescente degli assegni bancari, da parte del pubblico.
Stando alle attuali regole della BCE, la percentuale obbligatoria BCE
è divenuta il 2%, ma nei fatti il 3-4%, (ma anche il 60% nei casi di gravi anomalie del
debitore). Non ho trovato la percentuale "media", nè le riserve totali
conservate dalle banche presso la B.d'I.
Ho provato a calcolata per rapporto tra il totale degli impieghi bancari e il
totale delle banconote in circolazione . Posto che tutta la moneta legale transiti per le
banche, risulterebbe che la moneta bancaria sia oggi, grosso modo, 14 volte le banconote,
e dunque la riserva obbligatoria "totale" sia nell'intorno del 7,1% dei
depositi.
Approfondendo questo punto che si pesa la "integrità morale" delle
banche, presa di mira dal Governatore VISCO, e il discorso comincia riflettendo sul
concetto di convertibilità della moneta cartacea e dei suoi surrogati.
3.- Sulla convertibilità della moneta legale e dei suoi surrogati.
Storicamente, la soppressione della convertibilità della
moneta legale (cartacea), in oro (ad un prefissata parità, garantita dalla banca
centrale), è avvenuta perché (con l'esperienza), ci si era resi conto che (per
accettare) il biglietto non era importante che, dietro, ci fosse l'oro, ma che "si
credesse" che ci fosse l'oro.
Più tardi, poi, ci si rese conto anche che l'oro non era necessario davvero,
perchè noi non mangiamo l'oro (come Creso, che ne morì), ma beni di
consumo comprabili con l'oro o con un suo sostituto (la moneta legale).
Alla fine, si è concluso che, per fare accettare, con potere liberatorio delle
obbligazioni, la moneta legale bastava una "convenzione" (la legge), e stabilire
un limite alla sua fabbricazione.
Ulteriormente più tardi la moneta legale sarà, a sua volta, sostituita
dalla moneta bancaria (assegni), e anche qui (sia pur in misura minore) non era importante
che in deposito ci fosse davvero la moneta legale, ma che si credesse che
ci fosse.
Ultimamente siamo arrivati, senza regole, ai "derivati", che sono
l'equivalente dei "surrogati" della moneta legale in terzo, quarto, quinto grado
e oltre, sia pur transitando per l'associazione (al derivato) di valori reali (azioni,
obbligazioni, beni immobili, in qualche modo liquidabili, ma solo sulla carta). In questo
senso, le probabilità di convertire "derivati" in moneta legale sono divenute
via via più remote, mano mano che un determinato derivato è il derivato di un altro
derivato, creato precedentemente e così di seguito.
Questa creazione di "moneta finta" ad infinitum è la
chiave per capire lo strapotere delle banche sul mondo di oggi, e fonte del loro
arricchimento, giacchè su ogni operazione grava una "commissione" (diciamo, una
tangente), e da cui traggano alimento le retribuzioni smisurate dei dirigenti bancari e
l'accaparramento della ricchezza altrui (si pensi alle numerose sedi di loro proprietà,
nel territorio).
In passato, il potere di appropriarsi di immensi patrimoni era proprio dei
monarchi assoluti, mediante la fabbricazione di carta moneta (o, in precedenza,
riducendo la pezzatura delle monete metalliche). Ma poi questo potere fu tolto,
trasferendolo alle banche centrali, organi tecnici, indipendenti dal potere politico.
Adesso, con la moltiplicazione dei surrogati della moneta legale,
è cambiato il meccanismo, anzi la ruberia "legalizzata" Cè molto aumentata.
4. Basta con le incertezze della UE e della Banca Centrale Europea. La
crisi finanziaria europea dura ormai da anni, mentre gli Stati Uniti (messi peggio di noi,
all'inizio) ne stanno uscendo bene.
La incapacità della UE e della BCE è sotto gli occhi di tutti. Un tempo,
quando c'era l'oro (come moneta) si doveva sottostare al ciclo, perchè l'oro non si
poteva inventare. Ma per la moneta cartacea le cose sono molto diverse.
Di giorno in giorno ci rendiamo conto che l'UE è diventata una
casacca che ci opprime e lo strumento usato è l'EURO.
Vediamo cose inammissibili. Pur dopo che il Governo italiano ha tassato fin
troppo gli italiani (lo vediamo dai suicidi di imprenditori) per pareggiare (giustamente)
il bilancio, dobbiamo constatare la persistenza dei veti UE alla spesa di quanto
prelevato. Questo è inammissibile, se davvero è stata rispettato il vincolo del
pareggio del bilancio.
Non capiamo perchè la BCE non faccia anticipazioni di cassa allo Stato
italiano, se è vero che il bilancio di competena è in pareggio (quasi).
E' stata per noi una meraviglia anche la tentata tassazione dei
depositi bancari a Cipro. Evidentemente la la UE non sa che, di norma, i depositi
bancari sono largamente maggiori della moneta legale presso le banche (ne sono un
multiplo, si vegga sopra) e dunque il solo annuncio genera la corsa dei risparmiatori alle
banche, per riavere il contante, che non c'è a sufficienza, così da determinare il
crollo del sistema bancario, e di quanto ne consegue a domino, negli altri Paesi. NLUCIANI |
(Continua VISCO) Riassumendo, linnovazione
finanziaria può consentire unallocazione più efficiente del rischio di credito, ma
comporta svariati pericoli, alcuni dei quali sono a essa connaturati, mentre altri sono
collegati più in generale alla crescente interdipendenza tra le componenti del sistema
finanziario.
Il processo di consolidamento finanziario in atto e il modello di
intermediazione bancaria OTD hanno dato luogo a una forte interconnessione fra
intermediari e mercati dei capitali, con importanti conseguenze per la stabilità
finanziaria: una maggiore interconnessione migliora infatti la diversificazione dei rischi
e può rendere i mercati più resistenti a shock, ma in caso di problemi favorisce la
diffusione del contagio.
Ma la percezione negativa delle banche e della finanza non deve portare
a una reazione eccessiva e priva di discernimento.
...
È fondamentale per la condivisione e lallocazione dei rischi,
specie per le società e gli individui meno abbienti, poiché lavversione al rischio
diminuisce allaumentare della ricchezza. È fondamentale per trasferire le risorse
nel tempo e rimuovere i vincoli di liquidità che ostacolano lo svolgimento
dellattività economica e la messa a frutto delle idee, per promuovere lo sviluppo,
specie favorendo linnovazione.
In effetti, la storia offre innumerevoli esempi di buone
innovazioni finanziarie. Si pensi alle lettere di cambio introdotte dai
mercanti italiani nel Medioevo: furono probabilmente la prima fattispecie
di moneta fiduciaria e diedero ampio impulso al commercio. Più di recente, si consideri
lo sviluppo del microcredito dagli anni Settanta del secolo scorso,
uninnovazione che ha aumentato linclusione finanziaria, consentendo ai più
poveri di ottenere credito per far fronte a malattie o altri shock temporanei.
Si ricordi, infine, il ruolo svolto, negli ultimi ventanni, dal
venture capital nella promozione di imprese innovative di successo come Apple,
Intel e Google.
Alcuni paesi stanno investendo sempre più nelleducazione
finanziaria del pubblico. Anche questa è importante; contribuisce alla formazione
di un mercato finanziario più inclusivo e consente ai cittadini di comprendere meglio gli
sforzi compiuti dalle autorità per migliorare la vigilanza e la regolamentazione: li
rende meno inclini a sottoscrivere la tesi semplicistica secondo cui la finanza è
inevitabilmente cattiva.
Ma non illudiamoci: come mostrano chiaramente il caso di Bernard Madoff
e altre vicende, non solo statunitensi, lalfabetizzazione finanziaria non è una
panacea (i clienti di Madoff avevano senzaltro conoscenze finanziarie superiori alla
media). Ai fini della tutela dei consumatori di prodotti e servizi finanziari, la
regolamentazione e unefficace vigilanza sono un presidio complementare e non meno
importante di quelli offerti dalleducazione e dallinclusione finanziarie.
La complessità è stata usata, a volte in modo perverso, come
argomento a favore di una sorta di benevolo distacco benign neglect
da parte dei regolatori.
Le grandi istituzioni finanziarie hanno sostenuto con successo che
linnovazione finanziaria era troppo complessa e opaca perché i regolatori potessero
venirne a capo. Per salvaguardare il sistema finanziario internazionale dal rischio
sistemico, così argomentavano, la soluzione migliore era limpegno diretto da parte
dellindustria finanziaria a migliorare i sistemi interni di gestione e controllo dei
rischi. Questa era in estrema sintesi lopinione esposta nel rapporto del Gruppo dei
Trenta pubblicato dopo lo scoppio della crisi in Asia.
Questa tesi veniva spesso accompagnata da un ragionamento del tipo:
voi, regolatori e autorità di vigilanza, sarete sempre indietro rispetto
allinnovazione finanziaria; è meglio che lasciate a noi, istituzioni globali, il
compito di autoregolarci; siamo grandi, sappiamo badare a noi stessi. In fin dei
conti se qualcuno di noi sbaglia, alcuni guadagneranno ciò che altri hanno perso;
perché non dovreste lasciarci liberi di giocare un gioco a somma zero?
I regolatori non avevano di fatto né la possibilità né i giusti incentivi
per acquisire le informazioni necessarie. In primo luogo, le grandi istituzioni
finanziarie operano a livello mondiale e i regolatori nazionali dispongono di poteri
troppo limitati per poterle controllare. Le difficoltà nel coordinare lazione
regolamentare, per la naturale tendenza di ciascuno a preservare la propria particolare
sfera di influenza, non hanno consentito di essere allaltezza delle sfide poste da
una finanza diventata ormai globale. In secondo luogo, si sono a volte determinati casi di
cattura del regolatore, riflesso di condizionamenti politici ed economici non
sufficientemente contrastati.
Accettare lidea che un benevolo distacco fosse
latteggiamento giusto da tenere è stato tuttavia un errore fatale. La crisi
finanziaria globale ha mostrato i limiti dellidea che lautoregolamentazione e
la disciplina di mercato siano sufficienti ad assicurare la stabilità dei sistemi
finanziari.
...
3.- Alla ricerca di un sistema migliore di
regolamentazione e di vigilanza.
Negli ultimi anni la crisi ha
accresciuto la consapevolezza dei vantaggi di un sistema di regolamentazione più
stringente. A livello internazionale, sotto limpulso politico impartito dal G20, il
Financial Stability Board (FSB) e il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria hanno
introdotto importanti modifiche regolamentari volte a ridurre la frequenza delle crisi
finanziarie e ad aumentare la resistenza dei sistemi economici.
Molto è già stato fatto. Sono state significativamente accresciute la
quantità e la qualità della dotazione patrimoniale delle banche, per assicurare che
queste ultime operino su basi sicure e solide.
Sono stati innalzati i requisiti patrimoniali minimi. Con il
miglioramento della qualità del capitale si persegue il fine di mettere le banche
maggiormente in grado di assorbire perdite sia in condizioni di continuità
dimpresa, sia in caso di crisi.
La copertura dei rischi è stata ampliata, in particolare per le
attività di negoziazione, per le cartolarizzazioni e per le esposizioni collegate a
veicoli speciali fuori bilancio o strumenti derivati. A integrazione dei requisiti
patrimoniali commisurati al rischio, verrà introdotto un indice massimo di leva
finanziaria armonizzato sul piano internazionale al fine di evitare un eccessivo ricorso
allindebitamento nel sistema.
Il Comitato di Basilea ha inoltre promosso ladozione di
standard internazionali per la liquidità e la provvista delle banche, volti a promuovere
la loro resistenza a shock di liquidità.
I Governatori delle banche centrali e i responsabili delle Autorità di
vigilanza hanno raggiunto di recente un accordo fondamentale per ladozione di un
valore minimo obbligatorio per il rapporto fra le attività liquide di elevata qualità di
una banca e i suoi deflussi di cassa netti attesi sullorizzonte di un mese in
condizioni di stress (Liquidity Coverage Ratio LCR).
Il valore minimo dellLCR aumenterà gradualmente nei
prossimi anni, così da evitare di pregiudicare la capacità del sistema bancario
internazionale di finanziare la ripresa. Su richiesta del G20, lFSB ha promosso
iniziative volte a rafforzare la regolamentazione del mercato dei derivati
OTC. Lobiettivo è rafforzare le infrastrutture di mercato e minimizzare gli effetti
di contagio e spill-over tra operatori sempre più interdipendenti.
Tali iniziative accrescono la trasparenza del mercato mediante la
standardizzazione delle forme contrattuali, lobbligo di negoziazione su mercati
regolamentati, limpiego di controparti centrali per il regolamento degli scambi, la
segnalazione delle condizioni di negoziazione ad apposite piattaforme informative.
Ulteriori progressi sono però necessari. La regolamentazione del
patrimonio e della liquidità deve accompagnarsi con un miglioramento dei dispositivi
interni di controllo dei rischi e con azioni volte a correggere gli incentivi a
uneccessiva assunzione di rischio.
I membri dei consigli di amministrazione e gli alti dirigenti devono
avere una profonda comprensione della struttura operativa dinsieme e dei rischi
della banca. Le autorità di vigilanza devono poter periodicamente esaminare le politiche
e le prassi di governo societario adottate dagli intermediari. Anche le politiche
di remunerazione vanno riviste, al fine di allineare meglio i compensi ai risultati
reddituali di lungo periodo corretti per il rischio e di evitare gestioni miopi o
inutilmente rischiose. In particolare, la parte variabile dei compensi destinati
alle figure aziendali che influenzano il processo di assunzione dei rischi va corrisposta
sulla base di misure che valutino adeguatamente la performance corretta per il rischio, a
livello sia individuale, sia di unità operativa, sia di impresa; i premi devono essere
legati al conseguimento di risultati stabili, non semplicemente frutto di operazioni
straordinarie; anche le buonuscite dei manager devono basarsi in maniera
chiara ed efficace sui risultati conseguiti, nonché su una più generale valutazione del
loro operato; il compenso deve essere differito per un periodo di tempo sufficiente a
verificare leffettiva buona qualità della gestione.
Il dibattito avviato dalla cosiddetta regola
Volcker sullassetto organizzativo delle banche e sulla necessità di separare
la tradizionale attività creditizia da quella svolta in campo finanziario ha recentemente
tratto nuovo vigore a livello europeo dai rapporti della Commissione Vickers nel Regno
Unito e del Gruppo Liikanen per la Commissione europea.
Sia la regola Volcker, sia i citati rapporti sottolineano la necessità di
ridiscutere i profili dimensionali e di complessità del settore finanziario;
lesperienza della crisi ci dice che non dobbiamo temere di riesaminare in maniera
approfondita meriti e costi di entrambi.
I rapporti delineano possibili linee di intervento. Tutelare i depositi al dettaglio e il denaro dei contribuenti dai
rischi impliciti nelle attività di negoziazione (speculazione, come si diceva
una volta), motivazione alla base di queste proposte, è di cruciale importanza.
Lesperienza della crisi mostra che, sebbene nessun modello di
intermediazione si sia rivelato nettamente migliore o peggiore degli altri, lassetto
organizzativo delle banche incide sulla propensione dei manager a intraprendere attività
eccessivamente rischiose.
Dobbiamo riconoscere che sia lattività creditizia al dettaglio
sia quella di investment banking, anche se sono separate da un punto di vista
organizzativo o istituzionale, vanno adeguatamente regolamentate, evitando di
dare una definizione troppo ampia alle operazioni di investimento volte a sostenere la
liquidità dei mercati (market making).
A
ogni modo, nel mondo globalizzato di oggi è fondamentale garantire che i paesi cooperino
e raggiungano un accordo sullappropriato grado di rigore della regolamentazione
finanziaria. I paesi non dovrebbero competere allentando le regole al fine di attrarre
intermediari finanziari, poiché così facendo generano esternalità negative per gli
altri. Si tratta di una questione assai delicata; non sarà forse mai possibile conseguire
condizioni di perfetta parità concorrenziale, ma dobbiamo essere consapevoli delle
conseguenze di un approccio beggar-thy-neighbour alla regolamentazione.
La transizione verso un sistema uniforme di regole e di supervisione
sul sistema finanziario va accelerata.
Nellarea delleuro, e più in generale nellUnione
europea, il progetto di ununione bancaria è ambizioso, ma va nella giusta
direzione. Sono stati compiuti alcuni progressi nella convergenza verso una serie
di principi contabili condivisi; tuttavia, molto resta da fare.
LInternational Accounting Standards Board e il Financial Accounting
Standards Board statunitense prevedono di compiere passi avanti sulle due questioni
fondamentali ancora aperte, delle riduzioni durevoli di valore dei prestiti, su cui
dovrebbero pronunciarsi entro fine anno, e dei contratti di assicurazione, in merito ai
quali indiranno questanno una consultazione pubblica. In particolare, la necessità
di convergere su un nuovo sistema di accantonamento a riserva (provisioning) basato sulle
perdite attese riveste rilevanza immediata per gli utenti finali e nellottica della
stabilità finanziaria.
Un elemento essenziale per garantire la stabilità sistemica è
il metodo di misurazione delle attività ponderate per il rischio (risk-weighted assets,
RWA), che costituiscono il denominatore dei coefficienti di adeguatezza patrimoniale.
Di recente le misure delle RWA sono state oggetto di crescente attenzione da parte degli
analisti di mercato, delle banche e delle autorità di vigilanza. È stato affermato
credo a ragione che le metodologie di calcolo adottate dai vari istituti,
soprattutto in giurisdizioni diverse, potrebbero non essere comparabili e che esse
dovrebbero meglio riflettere il rischio per evitare in ultima istanza di pregiudicare la
stabilità finanziaria.
Questi problemi sottolineano limportanza delle prassi di
vigilanza ai fini della determinazione dei requisiti patrimoniali delle banche (ad
esempio, la convalida dei modelli interni delle banche per il calcolo delle ponderazioni
di rischio).
Una rigorosa vigilanza microprudenziale è essenziale. Dobbiamo davvero
elaborare un insieme di regole comuni, procedere con determinazione verso la condivisione
delle responsabilità e usare il più possibile il sistema della peer review nella nostra
attività di vigilanza. Le riforme, molto complesse, volte a rafforzare la
regolamentazione del mercato dei derivati stanno prendendo più tempo di
quanto originariamente previsto. Occorre accelerare il passo, superando le difficoltà
dattuazione, nonché le resistenze del settore.
Le autorità devono impegnarsi al massimo per rimuovere le incertezze
che si presentano quando unoperazione ha dimensione transfrontaliera, condizione
ricorrente in un mercato globale, per prevenire arbitraggi regolamentari, nello spirito
degli obiettivi del G20. Sono in corso approfondimenti su altri rilevanti aspetti a
livello internazionale (requisiti patrimoniali a fronte delle esposizioni verso
controparti centrali, margini obbligatori per le operazioni non compensate attraverso
controparti centrali, orientamenti sulla risoluzione delle crisi delle controparti
centrali e accesso delle autorità ai dati dei trade repositories, i sistemi centrali per
la registrazione elettronica delle singole transazioni) e a livello regionale e
nazionale.
Alla fine della prossima settimana entrerà in vigore in Europa un insieme
completo di regole per lattuazione del regolamento EMIR (European Market
Infrastructure Regulation) che va a completare il quadro normativo di riferimento europeo
per il cosiddetto obbligo di compensazione previsto nella Dichiarazione del
G20 del settembre 2009.
In unottica globale, comunque, limpegno regolamentare deve
essere condiviso dal più ampio insieme possibile di giurisdizioni, come ribadito nel
recente incontro del G20 a Mosca.
Ci si attende un impegno significativo anche dagli intermediari.
Lultimo rapporto dellFSB sullattuazione della riforma del mercato dei derivati
OTC stima che alla fine di agosto 2012 circa il 10 per cento dei credit default
swaps in essere e circa il 40 per cento dei prodotti derivati sui tassi
di interesse siano stati regolati mediante sistemi di compensazione gestiti da controparti
centrali.
Queste percentuali dovrebbero crescere rapidamente, lasciando al di
fuori dei mercati regolamentati i soli
derivati volti a soddisfare esigenze di copertura specifiche di una controparte,
che non possono essere soddisfatte da contratti standardizzati e regolati su
infrastrutture di mercato.
Occorrerà altresì evitare che, a fronte di una regolamentazione e di
una vigilanza più stringenti per le banche, le attività e i rischi assimilabili a quelli
bancari migrino verso istituti non regolamentati o scarsamente regolamentati (il
cosiddetto sistema bancario ombra).
Non va dimenticato che la crisi finanziaria ha avuto origine nel mercato
statunitense delle cartolarizzazioni, in larga parte popolato da operatori non o
scarsamente regolamentati.
Se è necessario affrontare i rischi per la stabilità finanziaria che
emergono dallesterno del sistema bancario tradizionale, lapproccio deve essere
di tipo proporzionale, concentrato sulle attività che hanno rilevanza a livello di
sistema, partendo da quelle che sono state fonte di rischio durante la crisi.
LFSB sta attualmente perfezionando linsieme di
raccomandazioni pubblicate lo scorso novembre. Le nuove raccomandazioni si riferiscono,
comunque, ai rischi specificamente emersi durante la crisi: la straordinaria capacità di
innovazione del settore bancario ombra è ben nota. Benché di recente siano state
approvate le nuove norme in materia di istituzioni finanziarie di rilevanza sistemica, la
questione degli istituti troppo grandi per fallire desta ancora grande
preoccupazione, e merita di essere seguita attentamente. Si stanno compiendo progressi
nellelaborazione e nella sperimentazione di una metodologia per
lindividuazione delle compagnie di assicurazione di rilevanza sistemica globale
(G-SII) e nella definizione di opportune linee guida per la supervisione. È inoltre in
corso di elaborazione una metodologia per lindividuazione di tutte le istituzioni
finanziarie non bancarie di rilevanza sistemica globale.
Per quelle bancarie (G-SIFI), lattuazione dello schema concordato
di recente è ancora lungi dallessere completata; bisogna muovere rapidamente in
questa direzione. Occorre tenere conto delle esternalità negative associate al
comportamento delle banche (specie per le grandi società finanziarie interconnesse).
Si è formato un ampio consenso sullidea che le politiche
macroprudenziali volte a preservare la stabilità finanziaria debbano limitare
il rischio sistemico affrontando sia la dimensione trasversale del sistema finanziario,
allo scopo di rafforzare la sua resistenza agli shock, reali o finanziari, sia la sua
dimensione temporale, al fine di contenere laccumulo di rischi nellarco del
ciclo economico o finanziario. Inoltre, considerata la natura complementare della
stabilità macroeconomica e di quella finanziaria, nonché degli strumenti atti al loro
perseguimento, lo scambio di informazioni e il coordinamento fra le autorità
macroprudenziali e monetarie sono di cruciale importanza per contrastare
contemporaneamente i rischi per la stabilità dei prezzi e i rischi sistemici per la
stabilità finanziaria.
Mi sembra di poter dire, però, che la piena comprensione di come si
possa perseguire tale obiettivo con efficacia non è ancora stata raggiunta6. Infine,
anche una volta ultimata lopera di profonda riforma della regolamentazione, sarebbe
sciocco pensare che sia sempre possibile evitare le insolvenze. Queste possono sempre
essere causate da comportamenti imprudenti o da operazioni fraudolente. Occorre prepararsi
a questa evenienza, poiché i costi del sostegno pubblico possono essere molto elevati.
Sulla base di recenti evidenze raccolte dalla Commissione europea, gli interventi di
ricapitalizzazione pubblica in essere a giugno 2012 ammontavano allo 0,1 per cento del PIL
in Francia, all1,8 in Germania, al 2,0 in Spagna, al 4,2 nel Regno Unito, al 4,3 in
Belgio, al 5,3 in Olanda e a oltre il 40 per cento in Irlanda.
Per la Spagna e lIrlanda si tratta delle cifre più alte dal
2008, negli altri paesi i dati sono inferiori ai picchi raggiunti nel 2009.
Per le banche spagnole a luglio è stato autorizzato un programma di
ricapitalizzazione con lutilizzo di fondi europei per un importo pari a 100 miliardi
di euro, 41 dei quali (3,9 per cento del PIL) sono già stati versati. In Italia, anche
includendo il sostegno fornito il mese scorso alla Banca Monte dei Paschi di Siena, le
ricapitalizzazioni pubbliche ammontano allo 0,3 per cento del PIL. Questi dati indicano
che i lavori attualmente in corso sui regimi di risoluzione delle crisi bancarie sono
molto importanti e un rapido progresso è ineludibile. Ciò riveste particolare rilevanza
in Europa, dove presto vedrà la luce il nuovo meccanismo unico di supervisione bancaria. |
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UNIVERSITA'
DI FIRENZE: LECTIO MAGISTRALIS DEL GOVERNATORE B.d'I. VISCO |
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Ignazio
Visco, Ruolo, responsabilità, azioni
della Banca Centrale nella lunga crisi 18-01-2013 *
(Lectio girata per intero, nelle università)
* Lectio magistralis , Università di Firenze - Facoltà di
Economia, Giurisprudenza e Scienze Politiche |
NOTA. In questa importante Lectio, il Governatore ripercorre la "lunga
crisi" attuale, ne illustra le cause in relazione ai cambiamenti nell'economia
globale, si sofferma sulla politica monetarie durante la crisi, e conclude indicando (a
suo dire) i nuovi obiettivi e strategie per la politica monetaria.
In questo servizio, centriamo l'attenzione sulle sue idee per il
futuro.
Nel complesso, la lectio è "veritiera", ma non puntuale, e
questo è un vecchio vezzo della Banca d'Italia ("Si Voi l'ammirazione
dell'amichi, Nun Faje capì Mai Quello Che Dichi", Trilussa). Ad es., perchè una
banca (MPS-Monte dei Paschi di Siena), quasi collassata, va salvata con MONTI BONDS (sul
Tesoro), e non con prestiti della BCE ? La Banca d'Italia darà l'OK all'ultimo miglio di
detti BONDS, pur se il MPS le ha occultato dei documenti ? Posto che una banca non vada
lasciata fallire, per riguardo ai risparmiatori depositanti, perchè salvarla con prestiti
pubblici, anzichè nazionalizzarla a prezzo di fallimento e licenziare tutti gestori e
anche mandarli in galera, in caso di frode fraudolenta (vedi certi derivati) ? NL |
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Stralcio dei
paragrafi 4 e 5
(Per l'intero documento, clicca su: http://www.bancaditalia.it/interventi/integov/2013/18012013/Visco_18012013.pdf)
................
................ 4. Nuovi
obiettivi e strategie per la politica monetaria?
La crisi ha avviato una riflessione sulle strategie di politica monetaria che
in precedenza avevano costituito il cosiddetto "Jackson Hole consensus".
Lidea di poter intervenire solo dopo lo scoppio di una bolla finanziaria, che aveva
ispirato le politiche seguite in risposta alle crisi finanziarie della seconda parte degli
anni novanta e del principio del nuovo secolo, ha mostrato i suoi limiti nella crisi
recente. Strategie caratterizzate da lunghi periodi di condizioni monetarie
accomodanti possono incoraggiare il sistema finanziario ad assumere rischi eccessivi,
gettando le basi per lemergere di nuovi squilibri. Le interconnessioni tra la
stabilità macroeconomica e quella finanziaria si sono rivelate più strette di quanto si
pensasse in precedenza. Anche in un contesto di stabilità macroeconomica possono
svilupparsi squilibri finanziari in grado, se non individuati e arginati tempestivamente,
di svilupparsi e di mettere a repentaglio la crescita economica e la stabilità dei
prezzi.
È emersa la consapevolezza che le economie possono essere
caratterizzate da una molteplicità di equilibri, non necessariamente stabili. I
cambiamenti di regime possono risultare più frequenti, repentini e costosi di quanto si
pensasse in passato. In questo contesto, la banca centrale può utilmente intervenire al
fine di contribuire a orientare le aspettative e i comportamenti degli operatori
privati verso lequilibrio più efficiente. La complementarità tra
stabilità macroeconomica e stabilità finanziaria, e quella tra gli strumenti per
perseguirle, suggerisce che la banca centrale può avere un ruolo nel raggiungimento di
entrambi gli obiettivi..
La politica monetaria influenza variabili quali i prezzi delle
attività finanziarie e lofferta di credito alleconomia il cui
andamento è cruciale per la stabilità sia macroeconomica, sia finanziaria. La
politica "macroprudenziale", incidendo sul comportamento del sistema
finanziario, può a sua volta influenzare il meccanismo di trasmissione della politica
monetaria. Daltronde, la creazione di liquidità da parte della banca centrale non
deve dar luogo allassunzione di rischi eccessivi da parte degli intermediari privati
e a un rilassamento della disciplina di bilancio da parte del settore pubblico. Ne
discende lopportunità di circoscrivere gli obiettivi della banca centrale.
Lassegnazione allautorità monetaria del solo compito di garantire la
stabilità dei prezzi ne è un esempio. Nel definire i confini dellattività
dellautorità monetaria va comunque tenuto presente il rischio che
linstabilità finanziaria possa mettere a repentaglio la stabilità monetaria. È
necessario ampliare e rendere più precise le informazioni utilizzate dalla banca centrale
per valutare i rischi per la stabilità finanziaria e per reagire con misure adeguate,
quali quelle etichettate oggi come "non convenzionali". Lo scambio di
informazioni e il coordinamento tra autorità monetarie e autorità macroprudenziali sono
cruciali per contrastare i rischi per la stabilità dei prezzi e quelli sistemici per la
stabilità finanziaria.
Le misure non convenzionali adottate o annunciate dalla BCE, quali ad
esempio le LTRO (Long Term Refinancing Operation ) e le OMTs (Outright Monetary
Transactions ) sono state essenziali per mantenere la stabilità dei prezzi nel medio
periodo, lobiettivo primario della politica monetaria nellarea delleuro.
Rientrano pienamente nel mandato della BCE. Il successo e la credibilità della sua
politica monetaria sono confermati dal saldo ancoraggio delle aspettative di inflazione
nellarea. Altrettanto complesso è tenere conto delle possibili tensioni tra il
mantenimento della stabilità dei prezzi e il sostegno delloccupazione e della
crescita economica. Sebbene questo trade-off non sia in linea teorica presente
nellequilibrio di lungo periodo di un sistema economico, così non è nella fase di
transizione verso di esso. Inoltre, lequilibrio di lungo periodo può non essere
unico, né stabile. Possono essere interpretati alla luce di queste considerazioni gli
ingenti acquisti di titoli pubblici e di MBS da parte della Riserva Federale (la cui
consistenza nel bilancio, pari a circa 800 miliardi di dollari prima della crisi, è
giunta, allinizio dello scorso gennaio, a circa 2.700) volti a contrastare, mediante
la riduzione dei rendimenti a lungo termine sui titoli pubblici e del costo del credito, i
rischi di isteresi nel mercato del lavoro e le conseguenze che essa potrebbe avere sulla
crescita di lungo periodo.
Analogamente, le recenti modifiche nella comunicazione della Riserva Federale sono volte a
influenzare le aspettative degli agenti sullorientamento futuro della politica
monetaria, con lobiettivo ultimo di favorire il calo della disoccupazione
tollerando, in un contesto di ancoraggio delle attese di inflazione di lungo termine,
deviazioni temporanee delle proiezioni del tasso di inflazione della banca centrale
dallobiettivo di stabilità dei prezzi. La possibilità di sfruttare
leventuale trade-off di breve periodo tra stabilità dei prezzi e sostegno
alloccupazione dipende, tuttavia, dallinformazione a disposizione
dellautorità monetaria. |
NINO
LUCIANI, Breve commento.
In essenziale, Visco, prima dà risalto al lavoro della BCE,
Banca Centrale Europea, per assicurare liquidità al sistema bancario e, in particolare,
per salvare lo Stato italiano dalla bancarotta, preso atto del grave stato di sofferenza
delle banche, e del debito pubblico, pari al 120% del PIL, e poi indica
le terapie.
In particolare egli è impietoso verso gli Stati a lungo imprudenti
(vedi Italia, in particolare il governo precedente), che si sono allonantati, anzichè
avvicinarsi agli obiettivi di Maastricht, per cui il debito pubblico deve essere non più
del 60% del PIL (mentre è al 120% e più). Pertanto, quando è sopravvenuta la crisi
monetaria montale, quel governo ha dovuto soccombere e ritirarsi, pressato dal rischio di
bancarotta dell'Italia
Ma al tempo stesso, nei confronti delle sofferenze bancarie egli è
totalmente asciutto. E questo è un vecchio vezzo della Banca d'Italia ("Si
Voi l'ammirazione dell'amichi, Nun Faje capì Mai Quello Che Dichi", Trilussa).
Ad es., una banca è ladrona (MPS-Monte dei Paschi di Siena) e collassa va salvata con
prestiti (in qualche modo pubblici) o va nazionalizzata ? La Banca di Italia può
giusrificarsi, per inadeguato controllo, solo perchè il MPS ha occultato dei documenti ?
Quanto al futuro, VISCO non va oltre la richiesta di un ruolo
accresciuto della BCE nel controllo e nell'indirizza- mento delle banche e della
osservanza del rispetto di alcuni parametri di patrimonializzazione delle banche, a
garanzia della clientela (vedi Basilea 3).
Questo è abbastanza insopportabile, per alcuni motivi:
a) Il patrimonio di una qualunque azienda (quindi anche delle banche)
vale in base ai profitti che crea. Dunque, in caso di attese negative degli utili, il
patrimonio sparisce, economicamente. In questo senso, il patrimonio (10%
degli impieghi ?) deve essere "liquido" almeno per il 50%
perchè, solo se "liquido", garantisce assolutamente.
Su questo versante, la riflessione si sposta sulla "riserva
obbligatoria" che, stando alle regole della BCE, è poco più che simbolico (lasciamo
stare, poi, il fatto che lovalmente, e da caso a caso possa essere aumentata). Siamo molto
lontani dalle idee di Einaudi, Governatore B.d'I. a quel dì.
Questo aspetto è fondamentale, perchè il parametro della riserva
obbligatoria è la molla per la creazione della "moneta bancaria" (assegni
circolare, assegni bancari ....), che va ad aggiungersi alla "moneta legale", e
che è stato il veicolo dello straordinario arricchimento (diciamo meglio, del furto
sistematico legalizzato delle banche nell'appropriarsi dei beni della società
civile E' quanto facevano un tempo i principi e monarchi assoluti battendo moneta, e da
cui partì la decisione dei Parlamenti di sottrarre, a loro, il potere di battere moneta,
e di trasferirlo alle Banche Centrali);
b) il controllo esterno di tipo generale (quello che Visco, anche
giustamente, vuole fatto dalla BCE nei confronti delle banche - vedi unione monetaria) è
impotente se non effettuato su basi ben definite: in questo caso, sulla distinzione (e
separazione) tra banche commerciali (dedite al deposito e al giro dei depositi a breve), e
istituti finanziari (dediti ai depositi e giro del denaro a medio lungo termine), come gli
Inglesi si avviano a fare;
c) la funzione bancaria va definita come servizio pubblico, non come
orientata al profitto.
Tutto questo, richiede di abolire la legge bancaria del 1993, e il ritorno
(sia pure aggiornato) alla legge del 1936 (abrogata nel 1993). NINO LUCIANI |
Non è comunque possibile sostenere la crescita reale e
loccupazione solo o prevalentemente con interventi di natura monetaria o
finanziaria. Nellinsieme, queste considerazioni spiegano perché quella del
banchiere centrale non è solo (o tanto) una scienza ma anche in buona misura
unarte. Pur senza prescindere dalla necessità di fondarsi su analisi tecniche e
quantitative ampie e approfondite, rilevano intuito, pragmatismo e capacità di
comprendere le determinanti fondamentali delle dinamiche economiche e dei mercati e di
scegliere di volta in volta gli strumenti di intervento più appropriati, con la
consapevolezza che non ci sono analisi e rimedi validi in tutte le stagioni. Per
questa ragione è importante che, pur prevedendo adeguati presidi a garanzia della
correttezza del loro operato, alle banche centrali non vengano "legate le mani".
Lassenza di regole troppo stringenti ha consentito di adottare le misure
necessarie per contrastare la crisi, evitare conseguenze più gravi sullattività
economica e garantire la stabilità dei prezzi. La capacità di adeguare alle circostanze
la dimensione e lo scopo degli interventi di politica monetaria è stata essenziale per
evitare scenari distruttivi e ripristinare la fiducia, il bene essenziale prodotto dalle
banche centrali. Tale flessibilità sarà essenziale anche in futuro per la definizione
delle strategie di uscita dalle misure eccezionali di politica monetaria oggi adottate.
5. Conclusioni.
Luscita dalla crisi nellarea delleuro non potrà derivare
da azioni isolate di singole autorità di politica economica. In particolare, la
politica monetaria non potrà da sola garantire la stabilità finanziaria dellarea
in mancanza di soluzioni, a livello nazionale ed europeo, ai problemi allorigine
della crisi dei debiti sovrani. La fragilità delle finanze pubbliche di alcuni paesi
europei è il risultato di politiche di bilancio a lungo imprudenti, di una colpevole
sottovalutazione delle conseguenze di ampie, protratte perdite di competitività. Nel
2007, a quasi un decennio dallavvio della moneta unica, solo pochi paesi
registravano saldi di bilancio strutturali vicini al pareggio. Sulla base
dei prezzi alla produzione le perdite di competitività registrate tra il 1999 e il 2008
nelle economie più colpite dalla crisi recente vanno dai 7 punti percentuali
dellItalia ai circa 14 dellIrlanda e della Spagna, ai 18 della Grecia, fino ai
22 del Portogallo. Queste perdite sono per la maggior parte il risultato della deludente
performance della produttività nel contesto dei grandi cambiamenti globali sopra
richiamati. Gli accordi raggiunti nel corso dellultimo biennio non hanno introdotto
obiettivi di bilancio più restrittivi di quelli preesistenti; hanno reso cogenti gli
impegni presi in passato.
La nuova governance europea ha accresciuto
lautomatismo sia dei controlli di coerenza tra le politiche e gli obiettivi già
presenti nel Patto di Stabilità e Crescita, sia delle eventuali sanzioni; ha chiesto ai
paesi di fare propri tali obiettivi dandone formale riconoscimento nella legislazione
nazionale. Le critiche secondo cui la cosiddetta regola del debito imporrebbe un
orientamento permanentemente restrittivo alla politica di bilancio sono infondate. La
regola, che prescrive una riduzione media annua del rapporto tra il debito e il prodotto
pari a un ventesimo delleccesso rispetto alla soglia del 60 per cento,
è il riferimento operativo per lapplicazione di una prescrizione già presente nel
Trattato di Maastricht. Essa non impone obiettivi di bilancio più ambiziosi del pareggio
strutturale (ossia al netto degli effetti del ciclo economico e di misure transitorie). Il
soddisfacimento di questultimo vincolo garantisce la sostanziale invarianza del
debito in termini nominali; in tali condizioni, per lItalia, una crescita annua del
PIL nominale lievemente inferiore al 3 per cento sarebbe sufficiente a garantire la
riduzione del rapporto tra debito e prodotto richiesta dalla "nuova" regola.
Poiché tale riduzione viene valutata in media su un triennio, non in ciascun anno, nelle
fasi sfavorevoli del ciclo economico sono possibili disavanzi, da compensare con surplus
nelle fasi favorevoli.
A livello europeo, occorre continuare ad accrescere il coordinamento
delle politiche economiche e strutturali e gli incentivi alle riforme, passare da una
gestione di tipo intergovernativo basata sulla peer review delle politiche
nazionali allelaborazione di vere e proprie politiche comuni. È necessario
proseguire con decisione nel cammino che porta a una piena unione monetaria,
bancaria, di bilancio e, in prospettiva, politica. La BCE ha dimostrato di essere
pronta ad accompagnare questo cammino, continuando a "produrre la fiducia"
necessaria. Le decisioni sin qui prese, in particolare quella relativa alle OMT, hanno
contribuito a dissipare il diffuso pessimismo sullintegrità dellunione
monetaria; hanno rafforzato la capacità della banca centrale di orientare le aspettative
e i comportamenti nei mercati verso un equilibrio coerente con i fondamentali
delleconomia dellarea. Leconomia italiana è ancora in recessione.
Nel quadro macroeconomico presentato nel Bollettino economico della
Banca dItalia pubblicato oggi, il PIL dellItalia sarebbe sceso di poco più
del 2 per cento nel 2012. Nellestate del 2011, prima che la crisi dei debiti sovrani
si estendesse al nostro Paese, si prevedeva una crescita di circa un punto. La differenza
riflette gli effetti diretti delle manovre di risanamento dei conti pubblici, quelli
esercitati sul costo e sulla disponibilità del credito per il settore privato dalla crisi
finanziaria (peraltro arginata dalla politica di bilancio e dalle riforme strutturali), il
rallentamento del commercio internazionale, laumento dellincertezza e il
connesso calo della fiducia. Anche questanno sarà un anno difficile. Stimiamo che
il prodotto possa ridursi in media dell1,0 per cento.
La recessione potrebbe avere fine nella seconda parte del 2013. Ma, al
di là della congiuntura sfavorevole, il nostro paese deve saper trovare le motivazioni e
gli incentivi per affrontare con decisione il problema della crescita. Guadagni di
competitività possono essere solo il risultato di un impegnativo ma imprescindibile
disegno organico di riforma. I suoi punti fondanti sono da tempo oggetto di attenzione:
dalle liberalizzazioni nellaccesso ai mercati al loro migliore funzionamento e al
sostegno dellaccumulazione di capitale umano e fisico, dal miglioramento della
qualità dei servizi pubblici alla riduzione degli ostacoli burocratici, dal contrasto
allevasione fiscale e alla corruzione a una maggiore efficienza della giustizia
civile. La crescita della produttività dipende da un progresso netto in tutte queste
componenti. Lequilibrio dei conti pubblici, che non esclude ricomposizioni nelle
principali poste di bilancio, è la precondizione per il successo: lincertezza delle
condizioni sui mercati finanziari legata alle tensioni sui debiti sovrani riduce la
fiducia, disincentiva linvestimento e linnovazione. |
PER
LA PROMOZIONE E LA VALORIZZAZIONE DELLA LINGUA
LATINA
ISTITUITO DAL PAPA LA "PONTIFICIA ACCADEMIA DI
LATINITA' |
|
,
ENOMINATO PRESIDENTE della
PONTIFICIA ACCADEMIA
IL RETTORE DELL'ATENEO DI BOLOGNA
Papa: "promuovere e valorizzare la
lingua e la cultura latina,
in particolare presso le istituzioni formative cattoliche".
LUCIANI, Notizia
ripresa dalla stampa più con curiosità, che con convinzione.
Ragioni della latinità in Italia. Domande sulla compatibilità delle due cariche. |
|
NOTA. In loco, la nomina è inevitabilmente collegata al modo della nomina, alla
compatibilità, alle contingenze :
- nomina totalmente dall'alto, senza un proponente locale, che ne assuma la
responsabilità pubblica: non il suo Dipartimento, per parte scientifica; non il
Vescovado, per parte ecclesiastica;
- la nomina non risulta comunicata all'Ateneo, così da permettere agli Organi di
verificare la compatibilità delle due cariche di Rettore e di Presidente, ma i
dubbi potrebbero essere sanati dall'interessato facendo chiarezza sulle sue intenzioni:
l'attuale mandato di rettore scade nel 2013, in quanto eletto per 4 anni, oppure si
intende validamente prorogato al 2015, come è scritto nello Statuto ?
Tuttavia, l'ipotesi di incompatibilità si sgonfierebbe se la nomina fosse
puramente onorifica. Si vegga, sotto, lo Statuto dell'Accademia.
- contestazioni (che non si placano) per la gestione non democratica
dell'Ateneo. Ultimi gli studenti del "Sindacato degli Universitari",
che lo accusano di commissionare il "lavoro sporco" (nel senso di
impopolare) a dei Colonnelli (Pro Rettori), anzichè farlo personalmente: come
discriminarli (clicca su: studenti ) nelle decisioni di
competenza studentesca, a favore degli studenti dello Student Office di CL, presunti amici
del Cardinale ( vox populi ). |
Ivano Dionigi e Carlo Caffarra
|
|
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XVII SEDUTA PUBBLICA DELLE PONTIFICIE ACCADEMIE.
PONTIFICIA ACCADEMIA DELLA LATINITA.
Insediamento del Prof. Ivano Dionigi, come Presidente
Roma 21 novembre 2012
Fonte*: OriginaleIntervento
del Prof. Ivano Dionigi
Em.za Rev.ma Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone;
Em.za Rev.ma Cardinale Gianfranco Ravasi Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura
e del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie;
Eminentissimi e Reverendissimi Cardinali;
Eccellentissimi Vescovi;
Signori Ministri e Onorevoli;
Eccellentissimi Signori Ambasciatori;
Signori Presidenti delle Accademie Pontificie;
presenti tutti: a voi il mio indirizzo di saluto e di benvenuto più cordiale
Summo Pontifici laeto animo maximas ago gratias quod me amplissimo honore et nomine
Praesidis nuper conditae Pontificiae Academiae affecit:
(Ringrazio massimamente il Sommo Pontefice per l'altissimo onore per la nomina di
Presidente della Pontificia Accademia testè istituita) :
Litterae Apostolicae motu proprio datae non solum Ecclesiam sed etiam ceteras
institutiones, maxime Universitates Studiorum, sollicitant ad Latinam linguam fovendam,
quae propter ubertatem, perspicuitatem, gravitatem fidei hereditatem,
universalitatem, immutabilitatem colligit, consummat omnibusque populis tradit.
Quin Litterae Apostolicae easdem institutiones hortantur ad recipiendam copiosam ac
multiformem veterum sapientiam nonnumquam Christianae novitati consonam.
Exoptamus igitur ut Latina lingua cultusque magis magisque innotescat et percrebescat,
haec quidem Academia non tantum nobis et proximis, sed etiam multis, immo plurimis
prodesse possit.
Denique, quo planius omnibus dicam, ad Italicum sermonem redeo.
Come interpretare al meglio la costituzione della Pontificia Accademia della
Latinità?Come accordarne idealmente pensiero e finalità al magistero della Costituzione
Apostolica Veterum Sapientia di Giovanni XXIII (1962) e della Fondazione Latinitas
istituita da Paolo VI (1976)?
Più in generale: come contribuire a rendere utile e addirittura necessaria una lingua
morta e la relativa cultura ormai da decenni rimossa, tenendo al contempo lo sguardo
rivolto avanti e indietro, simul ante retroque prospicientes?
LEuropa ha ininterrottamente parlato latino, tra monopolio e primato, fino a tutto
lOttocento e oltre, attraverso le tre sfere e istituzioni principali: Ecclesia,
Imperium, Studium, la Chiesa e la religione, lImpero e la politica, la
cultura e la scienza. Senza dire che le stesse parlate volgari altro non sono che
"dialetti" del latino. Per questo De Maistre poteva ben affermare: "il
latino è il segno dellEuropa".
La cesura è intervenuta in tempi recenti: agli inizi degli anni Sessanta del ventesimo
secolo, quando, dopo la Scienza e la Scuola, anche la Chiesa abbandonò il
"monoteismo" latino.
Infatti, il Concilio Vaticano II decise di rinunciare in parte, nella sacra liturgia, alla
lingua latina, e di adottare le lingue nazionali, memore dellammonimento di Agostino
riecheggiato dallallora Cardinal Montini secondo cui era meglio essere
compresi dai "popoli" che rimproverati dai "professori" (melius est
reprehendant nos grammatici quam non intellegant populi, enarr. in Psalm. 138,
20). Comprensibilmente quella Chiesa che si apriva al popolo di Dio e al mondo
contemporaneo non poteva continuare a celebrare la comunione dei fedeli in una lingua
ormai pressoché sconosciuta.
Eppure, proprio in quegli anni, esattamente il 22 febbraio del 1962, papa Giovanni XXIII
firmava e diffondeva con la Veterum sapientia un accorato elogio sia della sapienza
classica (della quale andava recuperato e quasi carpito quod verum et iustum et nobile
denique pulchrum) sia delle due lingue: il greco e soprattutto il latino,
riconosciuto come loquendi genus pressum, locuples, numerosum, maiestatis plenum et
dignitatis
quod unice et perspicuitati conducit et gravitati ("uno stile
conciso, ricco, armonioso, pieno di maestà e di dignità che come nessun altro giova alla
chiarezza e alla solennità"). Una enciclica ricca di pensiero e di proposte, in
verità non pienamente compresa e valorizzata negli anni seguenti.
Un doppio registro? Una doppia norma? Un messaggio contraddittorio tra Concilio e la
Costituzione Apostolica? Nulla di tutto ciò. Semplicemente, e del tutto coerentemente, si
voleva ricordare ai pastori, al clero, ai futuri sacerdoti come fa ora il motu
proprio di Sua Santità che la conoscenza della lingua latina e della cultura
di Roma costituiscono un patrimonio irrinunciabile, perché in quella lingua e in quella
cultura si ritrovano e si concentrano tre proprietà costitutive della fede:
leredità, luniversalità, limmutabilità. Leredità, perché
quella è stata lingua dei padri; luniversalità, perché attraverso il latino la
Chiesa si è rivolta "cattolicamente" a tutti i popoli; limmutabilità,
perché nella fissità di una lingua morta si custodisce leternità delle cose. Si
aggiunga che alla misteriosità della fede contribuiva non poco la stessa estraneità di
una lingua ormai desueta. Grazie a quelle proprietà, si potrebbe dire che non la Chiesa
ha scelto il latino, ma il latino ha scelto la Chiesa.
Quid nunc? Non possiamo non chiederci oggi: "latino per chi? Latino
perché?"
Per tre buoni motivi.
- Per la tutela della ricchezza culturale: sì, di quelli che siamo
abituati a definire Beni culturali. "Mai lAmerica, - ha ammonito il compianto
Giuseppe Pontiggia -, se Roma fosse sorta nel Texas, si sarebbe comportata come fa la
scuola italiana". Come capire e far capire il nostro unico patrimonio artistico e
culturale senza conoscere la lingua e la cultura dellantichità? Come non capire che
qui è in gioco non solo il destino culturale del Paese, ma anche unopportunità
occupazionale per i giovani?
- Per parlare bene. Ne era convinto anche un pensatore come Aléxis de
Tocqueville, il quale pur schierato dalla parte del sapere scientifico e tecnologico,
riconosceva agli autori greci e latini una cura formale esemplare ("nulla
nelle loro opere appare scritto in fretta o a caso"). E già Platone ammoniva che
parlare male, oltre a essere una cosa brutta in sé, fa male anche allanima. Noi
oggi scontiamo una vera e propria entropia linguistica: una condizione di disordine in cui
le nostre parole, ridotte a vocaboli, smarriscono il loro volto e perdono la loro forza.
Nel periodo del maximum della comunicazione sperimentiamo il minimum della
comprensione. Necessitiamo di ecologia linguistica per comprendere la ricchezza semantica
che comporta il disvelamento delletimologia delle parole. Cè una lingua
neutra oggi, veicolare, una sorta di koiné diafana e asettica che ci fa esclamare
con Sallustio: vera vocabula rerum amisimus ("abbiamo perduto il significato
vero delle parole").
- In terzo luogo, i classici ci aiutano a pensare bene. Se, come
riteneva Nietzsche, alla Scuola si richiede di formare non solo "utili
impiegati" ma "cittadini" interi, allora la frequentazione dei classici e
delle loro lingue simpone sia come fondamento sia come antagonismo rispetto al
presente.
Fondamento. Cè una ricerca ossessiva delle radici e dellidentità che
non piace e che non giova, propria dei sopravvissuti. Penso a certe Sodalitates che
sfidando il ridicolo e nuocendo alla causa pretendono di recuperare anacronisticamente e
sterilmente il latino come lingua viva. No; io sto con Eliot, grande ammiratore della
classicità e in particolare della lingua di Virgilio, il quale amava dire che il latino
è lingua morta, irrimediabilmente morta |
Fonte**: Lettera Apostolica Statuto della Pontificia Accademia
di Latinità
Articolo 1. E istituita la Pontificia Accademia di
Latinità, con sede nello Stato della Città del Vaticano, per la promozione e la
valorizzazione della lingua e della cultura latina. LAccademia è collegata con il
Pontificio Consiglio della Cultura, dal quale dipende.
Articolo 2.
§ 1. Scopi dellAccademia sono:
a) favorire la conoscenza e lo studio della lingua e della letteratura latina, sia
classica sia patristica, medievale ed umanistica, in particolare presso le Istituzioni
formative cattoliche, nelle quali sia i seminaristi che i sacerdoti sono formati ed
istruiti;
b) promuovere nei diversi ambiti luso del latino, sia come lingua scritta, sia
parlata.
§ 2. Per raggiungere detti fini lAccademia si propone di:
a) curare pubblicazioni, incontri, convegni di studio e rappresentazioni artistiche;
b) dare vita e sostenere corsi, seminari ed altre iniziative formative anche in
collegamento con il Pontificio Istituto Superiore di Latinità;
c) educare le giovani generazioni alla conoscenza del latino, anche mediante i moderni
mezzi di comunicazione;
d) organizzare attività espositive, mostre e concorsi;
e) sviluppare altre attività ed iniziative necessarie al raggiungimento dei fini
istituzionali.
Articolo 3.
La Pontificia Accademia di Latinità si compone del Presidente, del Segretario, del
Consiglio Accademico e dei Membri, detti anche Accademici.
Articolo 4
§ 1. Il Presidente dellAccademia è nominato dal Sommo Pontefice, per un
quinquennio. Il Presidente può essere rinnovato per un secondo quinquennio.
§ 2. Spetta al Presidente:
a) rappresentare legalmente lAccademia, anche di fronte a qualsiasi autorità
giudiziaria ed amministrativa, tanto canonica quanto civile;
b) convocare e presiedere il Consiglio Accademico e lAssemblea dei Membri;
c) partecipare, in qualità di Membro, alle riunioni del Consiglio di Coordinamento delle
Accademie pontificie e mantenere i rapporti con il Pontificio Consiglio della Cultura;
d) sovrintendere allattività dellAccademia;
e) provvedere in materia di ordinaria amministrazione, con la collaborazione del
Segretario, e in materia di straordinaria amministrazione, in accordo con il Consiglio
Accademico e con il Pontificio Consiglio della Cultura.
Articolo 5
§ 1. Il Segretario è nominato dal Sommo Pontefice, per un quinquennio. Può essere
rinnovato per un secondo quinquennio.
§ 2. Il Presidente, in caso di assenza o impedimento, delega il Segretario a sostituirlo.
Articolo 6
§ 1. Il Consiglio Accademico è composto dal Presidente, dal Segretario e da cinque
Consiglieri. I Consiglieri sono eletti dallAssemblea degli Accademici, per un
quinquennio, e possono essere rinnovati.
§ 2. Il Consiglio Accademico, che è presieduto dal Presidente dellAccademia,
delibera circa le questioni di maggiore importanza che riguardano lAccademia. Esso
approva lordine del giorno in vista dellAssemblea dei Membri, da tenersi
almeno una volta lanno. Il Consiglio è convocato dal Presidente almeno una volta
lanno e, inoltre, ogni volta che lo richiedano almeno tre Consiglieri.
Articolo 7
Il Presidente, con il parere favorevole del Consiglio, può nominare un Archivista, con
funzioni di bibliotecario, ed un Tesoriere.
Articolo 8
§ 1. LAccademia consta di Membri Ordinari, in numero non superiore a cinquanta,
detti Accademici, studiosi e cultori della lingua e della letteratura latina. Essi sono
nominati dal Segretario di Stato. Raggiunto lottantesimo anno di età, i Membri
Ordinari diventano Emeriti.
§ 2. Gli Accademici Ordinari partecipano allAssemblea dellAccademia convocata
dal Presidente. Gli Accademici Emeriti possono partecipare allAssemblea, senza
diritto di voto.
§ 3. Oltre agli Accademici Ordinari, il Presidente dellAccademia, sentito il
Consiglio, può nominare altri Membri, detti corrispondenti.
Articolo 9
Il patrimonio della estinta Fondazione Latinitas e le sue attività, inclusa la
redazione e pubblicazione della Rivista Latinitas, sono trasferite alla Pontificia
Accademia di Latinità.
Articolo 10
Per quanto non previsto espressamente si fa riferimento alle norme del vigente Codice di
Diritto Canonico ed alle leggi dello Stato della Città del Vaticano. |
Nino
LUCIANI, Il Commento. 1.- Premessa. L'istituzione della
Pontificia Accademia di Latinita', con l'obiettivo del riposizionamento alto della lingua
latina, e' una scelta molto seria e non solo per la Chiesa cattolica. Ma la notizia che ne
e' stata affidata la Presidenza al prof. Dionigi rende la cosa non ben definita, come, per
alcuni di noi (ma col senno di poi) è la sua elezione alla carica di Rettore della
Universita' di Bologna. Per un commento dovremo, pertanto, separare i due eventi.
2.- In cerca di motivazioni per ripescare il Latino. In Italia e nel mondo,
il latino e' stato declassato dalla Chiesa Cattolica, al proprio interno, quando il
Concilio Vaticano II ha voluto le liturgie, a cominciare dalla S. Messa, nella lingua del
Paese locale e dallo Stato Italiano quando il latino e' stato eliminato nella scuola media
di I grado e reso facoltativo in altre scuole.
E si ricorderà che, dentro la Chiesa, i soccorritori estremi del latino furono,
poi, i "Lefebvriani".
Invece, ultimamente in Italia, e' in rimonta il movimento per il recupero
obbligatorio del latino, nelle scuole. Io ho studiato il latino per 8 anni, ed ho tradotto
molti testi latini, cosi' come tanti altri come me. Ma, poi, non avendo occasione di
parlare in latino, l'ho dimenticato e adesso fatico anche a tradurlo.
Ritengo, pero', che il latino sia stato fondamentale nella mia formazione: da un
lato, mi parrebbe fuori luogo riproporre il latino come lingua parlata (e questo anche in
seno alla Chiesa), ma, da altro lato, riterrei il latino molto importante per il
collegamento diretto delle nuove generazioni alle fonti scritte della civilta' romana (e
di quelle ecclesiastiche per i sacerdoti). Ne troviamo una dimostrazione evidente nel
fatto che, dovunque noi giriamo in Italia e nei Paesi che vennero conquistati dai Romani,
ci imbattiamo in testimonianze delle origini della nostra civilta'. La romanita' voleva (e
vuole tuttora) dire sostanzialmente :
- governo centralizzato per la difesa, la sicurezza, la giustizia nel territorio
dell'impero;
- ampia autonomia amministrativa locale (e rispetto delle tradizioni locali);
- mercato comune;
- moneta comune;
- tributo erariale a Roma e liberta' di tributo locale agli enti territoriali
locali;
- lingua comune ufficiale (latino).
La Chiesa di Roma ne è erede, in particolare per :
- la struttura organizzativa: un monarca universale (il papa di Roma), tanti monarchi
locali in successione decrescente (il vescovo nella Diocesi, il Parroco nella Parrocchia),
l'offerta monetaria volontaria;
- la lingua latina.
Non mancano gli organi consultivi, ma con il compito prevalente della comunicazione
esterna.
E' noto il marasma e l'indefinitezza dei Governi, dopo la caduta dell'Impero
Romano, per lunghi secoli, finche':
- qualcosa di unitario europeo potrà ricostruirsi solo verso l'anno 1000 (sara'
dell'800 la incoronazione di Carlo Magno);
- poi di nuovo la frantumazione dell'unita' europea con la nascita degli Stati
Nazionali, e con le micro-statalita' in Italia sopravvissute fino al 1860;
- di nuovo la ripresa delle grandi scelte verso l'unita' europea (e' del 1956, la nascita
del Mercato Comune).
Ricordato brevemente tutto questo, mi pare molto normale l'esigenza
di recuperare la comprensione diretta dei testi scritti (laici e religiosi) nei quali
ritrovare le origini della propria civilta'; e mi pare molto bello che la nuova prima
pietra sia lanciata da un Papa tedesco, cioè proveniente da quella nazione che in Europa
ci ha causato grandi sofferenze senza un costrutto finale stabile.
3.- Torniamo a Dionigi. Il secondo passaggio di queste considerazioni ci fa
imbattere in IVANO DIONIGI, come traghettatore, chiamato dal Papa.
Non vorremmo guastare nulla..., soprattutto se Dionigi vede in questa Presidenza la
realizzazione del suo grande sogno: riportare il latino sul poggio degli Stati Europei, e
con cio' rispondere alle aspettative del Papa. In questo non possiamo che esserne
contenti, per Lui, per il Papa, e per tutti noi Europei.
Ma alcune considerazioni sono ineludibili:
a) Sono compatibili le due cariche di Rettore e di Presidente ? Con la nuova
nomina, Dionigi viene a sommare due cariche. Se la nuova nomina e puramente
onorifica, per il nostro Ateneo il problema della loro compatibilita cade subito.
Un primo chiarimento non puo' che cercarsi in casa ecclesiastica.
Lo Statuto della Accademia (qui riportato a fianco), gia' prevede (per la Presidenza della
Accademia) molte funzioni impegnative e da svolgere di prima persona.
Stando alle dichiarazioni del Card. Ravasi, ci sono grandi aspettative, visto che
il Pontefice vuole riconquistare al latino spazi perduti e che - anche per la sua eta' -
non ha certo molto tempo. Di conseguenza, e' verosimile che il Pontefice si attenda un
grandissimo impegno personale del prof. Dionigi che si potrebbe trovare costretto a
ricorrere ai "colonnelli" anche per l'Accademia, come peraltro previsto dallo
Statuto.
Un secondo chiarimento dovrebbe venire da Unibo. La
nomina non risulta essere stata comunicata all'Ateneo, cosi da permettere agli
Organi Accademici di verificare la compatibilita delle due cariche.
I dubbi potrebbero essere sanati se il Rettore facesse chiarezza sulle sue intenzioni.
Infatti,
nel 2013 scade il mandato rettorale (4 anni), ma, in applicazione di
una facolta' della legge Gelmini, il nuovo Statuto (voluto dal Rettore) ha prorogato di 2
anni il mandato, cioè fino al 2015.
Per memoria, il predecessore F. Roversi Monaco, avvalendosi di
altra legge del momento, prorogo' il mandato in scadenza, suscitando un vespaio generale
nell'Ateneo di Bologna e il prof. Dionigi (allora membro del CdA) censuro' severamente
quel presunto abuso (non io, per motivi che non e' il caso inserirli qui).
Poiche' non è obbligatoria la proroga di due anni, parrebbe logico e
conseguente attendersi una pubblica dichiarazione del Rettore Dionigi sulle sue
intenzioni, e questo servirebbe a far chiarezza anche sulla nomina papale di Presidente
della Pontificia Accademia di Latinita.
b) Lumi dalla comunita accademica ? Per una decisione, non
e irrilevante (per lui) riflettere sulla opinione emersa, in importanti occasioni,
presso la base dellAteneo, e tra queste:
- un referendum consultivo in occasione della |
e fortunatamente morta, cosicché noi possiamo
spartircene leredità; ma uneredità da conquistare, non già un feticcio da
ossequiare ("ciò che hai ereditato dai padri, conquistalo per possederlo",
Goethe).
Qui sta la sfida consegnata alliniziativa e allintelligenza di questa
Accademia: individuare i modi realistici ed efficaci per capitalizzare questa
straordinaria eredità linguistica e culturale.
Cè invece una ricerca delle radici e dellidentità che piace e che giova:
lidentità del lessico fondamentale dellEuropa, la quale come
ricordavamo ha sempre parlato latino; dei lasciti culturali specifici (il
pensiero filosofico, politico, giuridico, ma anche tecnico e scientifico); e soprattutto
delleredità plurale, vale a dire lacquisizione di una forma mentale aperta a
tutte le possibili alternative, perché il mondo classico è abitato non da un pensiero
unico e limitante, bensì dalla pluralità delle concezioni rivali del mondo. I classici,
dunque, come testimoni di identità plurali o - per dirla con Canetti - come "custodi
delle metamorfosi"; dei labirinti delle lingue e culture - ebraica, greca e latina -
che educano al linguaggio della diversità, che alla cultura lineare e impoverente
dellaut aut sostituiscono la cultura dellet et, vale a dire
della memoria e dellinclusione.
Uneredità, questa, che ci rende da un lato più disincantati e più saldi,
dallaltro più ricchi e più aperti di fronte ai nuovi interlocutori che già da
diversi lustri caratterizzano la scena del mondo: la globalizzazione col suo profeta
Internet, e le culture altre rispetto a quelle di Roma, Gerusalemme e Atene.
Ancora: la necessità e la centralità del latino si impongono perché Roma e la sua
lingua sono state per noi il tramite per conoscere Atene e Gerusalemme: "se la
civiltà occidentale è stata sagomata da tre grandi civiltà antiche, la greca, la
latina, lebraica, il tramite linguistico che non è solo formale, perché le
categorie del pensiero e del linguaggio interagiscono è stato il latino:
dallunità politica dellimpero romano a quella religiosa della cristianità
medievale, dallunità culturale dellumanesimo a quella scientifica del mondo
moderno" (Traina). E a ragione Rémi Brague sottotitolava il suo Il futuro
dellOccidente (1998) così: "Nel mondo romano la salvezza
dellEuropa" ("i Romani non hanno fatto che trasmettere [
] hanno
portato la novità stessa. Hanno portato come nuovo ciò che per loro era antico. Hanno
accettato di porsi dopo i Greci, e dopo gli Ebrei").
Ma la forza e la bellezza dei classici la loro gratia e potentia,
direbbe Seneca - sta non solo nellessere fondamento, bensì anche antagonisti del
presente; essi sono non solo nel segno dellidentità, ma anche nel segno
dellalterità. Forti del patrimonio della tradizione (e delle tradizioni), i
classici contrastano coi conformismi del presente e con le mode del momento (modo).
Perché i classici ci interessano? si chiedeva Sanguineti: "i classici ci
interessano perché sono da noi radicalmente diversi. Sono radicalmente esotici [
]
temporalmente come spazialmente". I classici intesi non come contenitori ma
come attori della cultura, come coloro che hanno ancora da essere (Mandelstàm)
valgono come resistenza culturale e antidoto etico per i nostri giorni, segnati
dalla semplificazione e dalla doxa. Una sola riflessione a questo proposito: di
fronte allimperante sincronia e dittatura del presente, proprio la lingua latina ci
può soccorrere nel recupero di un valore primario e costitutivo delluomo: il valore
del tempo. Sì, perché il latino è lingua geneticamente temporale, per eccellenza sub
specie temporis, perché poggia tutta sul verbo; e il verbo "angelo del
movimento che dà spinta alla frase" (Baudelaire) ci disvela la dimensione
diacronica: lesperienza del continuum temporale personale e collettivo. Si
aggiunga che il latino è non solo lingua sintetica perché improntata alla brevitas,
ma anche progettuale: il suo ordo verborum si tende e ci lascia sospesi fino a
quando il prima, il durante e il poi non si ricompongono.Così lingua e
cultura classica acquistano un ruolo inedito di contraltare della modernità. E
voglio aggiungere - da malinteso segno e strumento della conservazione e difesa del
potere possono diventare segno e strumento di cambiamento e difesa dal potere
("Chi abbia letto una sola tragedia greca, una sola invettiva dantesca,
un verso della Ginestra, saprà ascoltare, saprà riconoscere i propri limiti e il
valore altrui ma passivamente obbedire mai", Cacciari).
Ci interroghiamo spesso e maldestramente sullattualità dei classici; loro,
attuali, lo sono: chiediamoci piuttosto ancora con Pontiggia se lo siamo
noi.
Uneredità, quella dei classici, che potrà essere salvaguardata e messa a frutto
solamente se non solo nello Studium, ma anche nellEcclesia come ci viene
richiesto espressamente dal Santo Padre verrà giustamente reintrodotto e impartito
ai futuri sacerdoti linsegnamento della lingua latina; e se, in secondo luogo,
proprio questa Pontificia Accademia costruirà ponti con il sapere delle Università e del
mondo laico, nella consapevolezza che è in gioco un comune destino culturale.
Occorrerà adoperarsi perché ci siano ancora e sempre grammatici in grado di
capire e tramandare i testi classici a favore dei populi. E questa trasmissione,
come ogni scienza, può nascere solo con un forte senso di responsabilità
comunitaria dalla "lampadoforia", e non dalla "tremula fiaccola del
singolo" (Bacone, De sapientia veterum). IVANO DIONIGI |
discussione del nuovo Statuto generale
dellAteneo (98% dei votanti, 3000 circa) che ha censurato il suo progetto di
Statuto).
- proteste di rappresentanze studentesche, che si dicono discriminate, a
seconda che siano a favore del Rettore (i Ciellini) o indipendenti (quelli del Sindacato
degli universitari, clicca su: studenti), e che lo dicono
essersi avvalso di Colonnelli (ossia di Pro Rettori) per il "lavoro sporco" (nel
significato di impopolare), anziche' farlo personalmente.
Ci sono, poi, comportamenti che riteniamo non etici, e prove di scelte
amministrativamente errate, per lequali vorremmo un rimedio da parte di lui stesso. Si
tratta di:
- aver cercato il voto (per la sua elezione a Rettore) in certi ambienti della
sinistra con l'impegno, non mantenuto, di restituire al controllo democratico gli spazi
sottratti dai due predecessori (e di cui lui stesso si lamentava, a parole). Il Rettore ha
invece ristretto ulteriormente detti spazi, controllando il Consiglio di Amministrazione (altri
Atenei, sia pur pochi, l'hanno fatto elettivo, e ultimamente anche Firenze), e
facendo un Senato Accademico debole (espulsi i Presidi, la pietra miliare tradizionale
della democrazia universitaria).
Non ci piace, poi, vederlo maestro nel transitare con disinvoltura, dalle Feste
dell'Unita' alla Cerimonie del Vaticano, passando indenne.
Circa il riordino dell'Ateneo, in base alla legge Gelmini, Egli è andato oltre la
legge nella ristrutturazione dei Dipartimenti, ma facendone un coagulo di diversita', a
volte incomunicabili al loro interno. Nota. Nella tradizione
universitaria, il luogo di incontro delle diversita' scientifica erano le Facolta'
(adesso, ridenominate "Scuole"), in quanto le lauree dovevano configurare per la
armonizzazione interdisciplinare, ai fini della formazione e professionalizzazione dei
giovani.
Invece, il Dipartimento ha finalita' di ricerca scientifica, cosi' che il
migliore Dipartimento e' quello piu' specializzato su un campo, vale dire il piu'
possibile "semplice" (l'opposto di complesso) e analitico, (l'opposto di
sintetico).
In origine, la struttura scientifica era l'Istituto, poi (nel 1980) vi
subentro il Dipartimento con discipline diverse, ma strettamente affini; oppure, se
diverse e non affini, almeno omogenee rispetto ad un obiettivo comune.
Con la legge Gelmini, i Dipartimenti hanno competenze scientifiche e didattiche, e
devono avere almeno 40 persone (ma nella esperienza, i Dipartimenti con 30 persone erano
gia' ritenuti troppo ampi per una agevole governabilita').
Dionigi li ha voluti di almeno 50 persone, e risulta aver incoraggiato, nei fatti,
di portarli a 100 e oltre, finendo per determinare molte contraddizioni (vale dire, far
convivere la "semplicita; necessaria per la ricerca, con la complessita
necessaria per fare i corsi di laurea). Questo, per ragioni di economia di scala, ma
finendo per mettere sotto lo stesso tetto professori e ricercatori di scienze lontane,
determinando gravi tensioni per il riparto delle risorse per la ricerca scientifica (
anche perche' divenute ristrettissime, per via della legge Gelmini).
Dove sta la carenza del Rettore Dionigi ? Nel non essere riuscito in un buon
compromesso tra economia di spesa e validi ordinamenti didattici e scientifici, anzi
nell'averlo fatto imporre da suoi Colonnelli (Pro Rettori).
Stando alle classifiche del Censis, la università di Bologna è prima
in Italia. Ma nelle classifiche internazionali, Bologna era al 176° posto nel mondo nel
2010, al 183° nel 2011, al 194° nel 2012***.
c) Anomalie della nomina Papale. Salta, infine, agli occhi una anomalia,
conistente nel fatto che il Papa abbia nominato un Presidente, sia pur pontificio, senza
attaccarsi ad un proponente locale: non un Dipartimento dell'Unibo, visto che egli e' di
questo Ateneo; non il Vescovado di Bologna, visto che il nominato e' della diocesi di
Bologna. In questo senso, il fumus della mera strumentalizzazione, da parte di gente
locale, si leva nell'aria per sua natura.
L'anomalia non sta nella strumentalizzazione, ma nel fatto che il proponente
locale non si sia dichiarato in pubblico per l'assunzione della relativa
responsabilita . |
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IN
MARGINE AD UN LIBRO RECENTE DI STORIA MEDIEVALE, SU "BOLOGNA E RE RENZO",
FATTO PRIGIONIERO NELLA BATTAGLIA DI FOSSALTA (1249), PRESSO IL
FIUME PANARO |
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Fonte: Francesca Roversi Monaco, Il
Comune di Bologna e Re Enzo.
Costruzione di un mito debole, Bononia University Press, Bologna 2012
"Studio
di Bologna" e "Studio di Napoli"
oggi "Università di Napoli Federico II"
Un aspetto incidentale del Libro
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Questo libro di Francesca Roversi Monaco, dedicato al padre Fabio, è stato
recensito dallo storico Angelo Varni su "Il sole-24 ORE", giornale economico, e
dunque pervenuto a conoscenza degli economisti. In particolare, più che dall'argomento
principale, sono stato attratto da un suo riferimento incidentale ai rapporti tra lo
"Studio" bolognese e la "Università di Napoli", dentro il capitolo
introduttivo, inevitabilmente dedicato al quadro storico complessivo, in cui si è svolta
la vicenda di Bologna e di Re Enzo (vale dire ai rapporti tra papato, impero e Comuni in
quel periodo). La vicenda ebbe origine a Fossalta (1249) con la cattura del figlio di
Federico, poi trattenuto prigioniero a Bologna, sia pur in modo molto civile, e ivi morto
a Bologna nel 1272. Il padre Federico II era morto nel 1250.
La tesi del libro è che il Comune medievale di Bologna, da alcuni
considerato un "mito" per il ruolo di difensore delle libertà
comunali contro il potere accentratore degli imperatori tedeschi (Federico II, nello
specifico, e comunque storicamente dopo il ruolo del Comune di Milano contro Federico
Barbarossa), sarebbe in realtà un "mito debole".
Se ho ben compreso, "debole" non significa "mito
a metà" o qualcosa di simile, ma l'opposto di "mito senza
tempo": e dunque il "mito" esistito, ma durato poco,
perchè i bolognesi (dopo la morte di Federico II) furono presi dai loro intrighi
cittadini, avendo perso di mira le grandi scelte di lungo periodo. In quel tempo
(medievale), una delle "grandi scelte" del Comune di Bologna
(oltre quella di difendere la propria libertà) fu di difendere lo
"Studio" bolognese, contro Federico II, che voleva sopprimerlo e
sostituirlo con la Università di Napoli. Mi trattengo su questo aspetto
incidentale del Libro.
Ivi si narra che ... "nel 1224 Federico fondava lo Studio di Napoli,
vietando ai sudditi di Sicilia di studiare in altre sedi universitario e garantendo al
tempo stesso particolari privilegi agli studenti 'stranieri' che fossero andati a studiare
a Napoli.
"Tale politica di 'accaparramento' di potenziali studenti non dipendeva da
un'ostilità preconcetta verso lo Studio bolognese, ma dalla necessità di agevolare
l'affermarsi della prima università ' di Stato, burocratica, ad usum principis '
lanciandola nell'empireo degli Studia europei." ....
" Nel 1225 Federico promulgo' uno specifico atto di soppressione dello
Studio bolognese, cui si sovrappose il bando imperiale del 1226 contro le città aderenti
alla seconda Lega, dotato di una clausola che stabiliva la rimozione delle Schola e degli
Studia nelle città interessate dal provvedimento. ...
"Il comune di Bologna, però, reagì con forza a difesa del suo Studium,
... emanando ..., uno statuto che, opponendosi specular mente alle disposizioni
imperiali, ne ribaltava punto per punto il significato, con un'azione di notevole impatto
politico e ideologico, poiché un provvedimento comunale si arrogava la facoltà di
rendere nulli una costituzione e un bando imperiale ... ".
Questa vicenda di Federico, "Splendor Mundi", come si legge sulla
sua tomba nella Cattedrale di Palermo, è molto intrigante e interessante.
Si sa che lo Studio bolognese era stato un faro di riferimento europeo per la
legittimazione imperiale di Federico Barbarossa, nonno di Federico II, e sicuramente lo
Studio viveva quale "mito senza tempo" nel cuore di Federico.
Narrano gli storici che egli nel 1220, ventisettenne, scendendo dalla
Germania per recarsi in Italia per prendere possesso del Regno di Sicilia, lasciatogli in
eredità dal padre Enrico VI, sia passato per Bologna, dove si intrattenne tre giorni, tra
l'altro, con i doctores dello Studio che gli fecero una domanda difficilissima di
diritto. Si racconta che Federico abbia risposto brillantemente.
Sono state fatte diverse congetture per capire il motivo di questa sosta.
Verosimilmente (nel 1220) egli aveva già in animo di fondare lo Studio di Napoli,
avvenuto poi nel 1224 e voleva esplorare la possibilità di reclutare doctores dello
Studio bolognese per quello di Napoli .
Il motivo è che egli annetteva alla "alta cultura" un ruolo
fondamentale per elevare l'autorevolezza politica del suo impero e, nello specifico, per
la formazione della burocrazia dell'impero medesimo.
Forse v'era anche dell'altro. Bologna (e Padova) brillavano per indipendenza
di pensiero, mentre Federico voleva che le Università fossero funzionali al suo impero.
Il caso vuole che Bologna (e Padova) erano università private, mentre Napoli sarà
impostata come università pubblica, anzi fu la prima università pubblica in Europa, come
raccontato nel Libro, qui di riferimento..
C'è dell'altro. I doctores di quegli studi avevano varie provenienze
territoriali: vari Paesi e città, vale dire erano internazionali .
E' una strana storia del destino. Noi oggi vediamo le università private
quasi di malocchio, perchè asservite (è, poi, vero ?) ad uso di interessi privati,
precisamente ad uso del capitale privato. E invece vediamo le università pubbliche,
finanziate dallo Stato, come ad uso di utilità pubblica.
In realtà l'università pubblica di Federico era pubblica perchè finanziata
dal Re, come istituzione e perchè destinata a formare la classe dirigente dello Stato
imperiale, ma era privata perchè finalizzata a costruire il potere personale di Federico.
In questo senso, quella distinzione che noi, oggi, facciamo tra istituzioni private e
istituzioni pubbliche è ingannevole, e tutti possono constatare ogni giorno come le
pubbliche istituzioni siano anche strumentalizzate a fini privati (di potere e di
arricchimento) dei politici.
Quale la conclusione ? Non si vuole una conclusione: solo
esser stati edotti di queste "scintille" medievali di alta cultura,
grazie a Federico, "splendor mundi", e del suo altissimo
apprezzamento per lo "Studio" bolognese, al punto di vederlo come un esempio
assolutamente da copiare (a Napoli), per lo splendore del suo Impero.
Fu scintilla anche il fatto che puntò sull'università (a Napoli), quale
università pubblica, per farne il fulcro del lancio del Meridione in Italia. Il
suo intento unificatore dell'Impero avrebbe potuto, invece, avere migliore fortuna (penso,
col senno di poi), se avesse associato (anzichè contrapposto) lo Studio di Napoli allo
"Studio di Bologna" e a quello di Padova, e a tutti i vari fermenti culturali
comunali, di quel tempo..
Infine, volendo forzatamente trarne uno stimolo per un confronto con la Bologna di
oggi, si potrebbe forse dire che sarebbe desiderabile che l'attuale Università di Bologna
fosse internazionale nel senso medievale, vale dire avere professori reclutati da altri
Paesi. Beninteso, qualcosa c'è : è di queste settimane la chiamata di esperti italiani e
stranieri, ma con fondi MIUR: e quando vai a vedere i nomi, trovi che due sono italiani e
il terzo ha un nome straniero, e che la cosa è della solita mosca bianca (
Ingegneria-Architettura ).
L'Università di Bologna è oggi fondamentalmente di formazione locale e
corporativa (ma sempre in prima fila per accoglienza agli studenti), e anche ideologica in
alcune Scuole (Lettere, Scienze politiche). Ma non è così in tutte le università
italiane (es. Roma "La Sapienza", mentalmente aperta più su, almeno una
spanna).
Sarebbe, al tempo stesso, ingeneroso e anche ingiusto, non ricordare
che non è mancato un tentativo importante di sollevare il velo e fare breccia sulle mura:
lo è stato la celebrazione ( fatta dal padre di Francesca, già rettore
dell'Alma Mater ) del nono centenario (1988), con la confluenza a Bologna di gran
parte delle università nel mondo, e con la firma della Magna Charta Universitatum.
Ma il IX centenario è rimasto un fatto di "cronaca", non la
ripartenza di quella "storia" perchè, dai rettori succcessori,
l'internazionalizzazione non è stata percepita e proseguita nel senso corretto:
quello medievale.
Beninteso c'è anche un altro modo di concepirla (ed è quanto avviene
attualmente): quello di cercare l'interscambio culturale e scientifico con le altre
università nel mondo; quello di fare corsi di laurea in comune tra università di
diversi Paesi. Tuttavia, se manca il pre-requisito, quello di avere mentalità aperta, a
cominciare dal cedere, in casa pagando di tasca propria, posti di ricerca e insegnamento a
scienziati di provenienza estera, la strada è più lunga. Questo ci riporta a dare
priorità alla internazionalizzazione nel senso dello "Studio"
medievale. NINO LUCIANI |
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LEGGE
GELMINI E RICERCATORI A TEMPO INDETERMINATO |
Marco Mancini,
Presidente CRUI
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Mentre il Mnistro Profumo, fin dalla
sua nomina, non vede e non sente
il grido di dolore che sale da ogni parte delle università d'Italia
I Ricercatori in visita alla CRUI - Conferenza dei Rettori
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Marco Merafina,
presidente CNRU-Ricercatori
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COMUNICATO
Mercoledi' 26 settembre alle ore 14, presso la sede della CRUI di Piazza
Rondanini a Roma, una delegazione del Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari
incontrera' la Giunta di Presidenza della CRUI per discutere:
- argomenti connessi al piano straordinario di reclutamento;
- proposte alternative alla procedura di abilitazione;
- innalzamento dell'eta' pensionabile dei ricercatori;
- e problematiche connesse al pagamento della didattica, alla luce
della recente sentenza TAR riguardante una ricercatrice dell'universita' del Salento.
Il Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari
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Daniela Memmo
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Comune di Bologna e Università, sotto la statua di
GREGORIO XIV
§
RETTORE chiama i Docenti, e il Sindaco Dr. Virginio Merola,
a
Cerimonia pubblica di Conferimento del titolo di Dottore di Ricerca,
lunedì 18 giugno, ore 18.30 Piazza Maggiore
LETTERA DI UNA
PROFESSORESSA :
"Caro Sindaco eri senza la fascia tricolore" |
Ivano Dionigi
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Bologna,
19 giugno 2012 Illustre Sindaco
di Bologna
Signor Virginio Merola,
Le scrive una docente dell'Alma Mater Studiorum che era presente nel torrido pomeriggio di
ieri alla toccante cerimonia pubblica di conferimento del titolo di dottore di ricerca ai
nostri allievi in Piazza Maggiore.
L'Alma Mater ha reso omaggio alla città, che Lei ha l'onore e l'onere di rappresentare,
con più di quattrocento giovani talenti che, con pazienza e spirito di sacrificio, hanno
atteso ore in tocco e toga, ai limiti della resistenza fisica per l'afa insopportabile, e
che ci hanno fatto commuovere, come genitori e come docenti, nel loro giovanile e pur
rispettoso e composto incedere verso la tribuna allestita davanti alle autorità.
Altrettanta commozione, può starne sicuro, ha stretto i cuori di tutti noi nel vedere i
colleghi nostri rappresentanti guidati dal magnifico rettore in tocco e toga di ermellino
prendere posto sul paco inondato dal sole. Noi del pubblico, docenti e parenti, abbiamo
volentieri fatto il nostro dovere di accompagnatori e, col nostro entusiasmo, costituito
una degna coreografia per una cerimonia che può dirsi certamente riuscita.
Eppure ieri, se per i nostri giovani c'è stata - e ben presente - l'Alma Mater, è
mancata l'Italia. E' mancato il simbolo dell'Italia, che è rappresentato da quella
onorata fascia tricolore che Lei, signor Sindaco, non indossava. Di fronte a pesantissime
toghe tocchi ed ermellini, Lei non ha mostrato ai giovani il richiamo alla loro patria :
il semplice tricolore italiano. A lei spettava questo compito, e solo a Lei.
Superato il primo profondo dispiacere per questa omissione, mi sono chiesta quanto più
vere sarebbero suonate le parole degli intervenuti, di invito ai dottori a non abbandonare
l'Italia e a lavorare per essa, se dell'Italia ci fosse stata l'amata semplice bandiera.
Le scrivo questa lettera aperta per conoscere le ragioni di questa Sua scelta.
E' la seconda volta che la vedo presente in occasioni importanti del nostro Ateneo ed in
ognuna senza fascia, per così dire in incognita. Di fronte alle spoglie mortali di uno
scienziato del diritto vanto del nostro Ateneo mancato di recente, la Sua presenza, così
importante per noi , non è stata riconoscibile ai tanti venuti da ogni parte d'Italia :
Lei, Signor Sindaco, è venuto senza fascia tricolore e nessuno che non fosse di Bologna
l'ha potuta riconoscere ed ha potuto apprezzare la presenza della massima rappresentanza
cittadina ed il dovuto omaggio della Città al Maestro scomparso.
Ieri del pari da ogni parte d'Italia si è cercato il Sindaco - non la singola persona che
transitoriamente ne riveste la carica- e non lo si è trovato.
Ho avuto occasione di girare in ogni dove in Italia, nell'Italia ricca ed in quella dei
diseredati, ma dovunque sia presente chi abbia avuto l'onore di diventare Sindaco, là si
nota quasi con tenerezza che questi vive nella sua città con il tricolore in tasca,
perché indossando quella fascia, umile, semplice, il sindaco ci vuole dire che siamo
protetti dalla nostra patria, che l'Italia non ci abbandona. Può essere che Lei non la
indossi nelle occasioni in cui dialoga con l'Ateneo per modestia. E, se questo è il caso,
Lei sbaglia. Noi accademici siamo cittadini come tutti e come tutti dobbiamo onore e
rispetto al simbolo.
Può darsi che Lei la ritenga una formalità sorpassata e che si senta a disagio ad
indossarla. E Lei sbaglia ancora. Perché, così come il Rettore porta con fatica ed
orgoglio il "suo" tocco, così Lei, Sindaco di una città che ha versato sangue
e vittime per l'Italia, ha il dovere e l'onore di indossare quel tricolore che deve
garrire come una bandiera nel cuore di ogni sindaco d'Italia.
Distintamente,
Daniela Memmo
Professore ordinario Alma Mater Studiorum Università di Bologna |
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UNIVERSITA'
DI BOLOGNA, 24 aprile 2012
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
approva il bilancio consuntivo del 2011
ENTRATE 658.109.011,20 |
-
USCITE 649.049.821,80 |
= SALDO +9.059.189,32 |
Osservazione: rendiconto incompleto,
causa numerose gestioni fuori bilancio |
Ivano Dionigi
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Nota. Il
bilancio del 2011 è proposto praticamente a pareggio. Esso è accompagnato da una
relazione con importanti informazioni, tra cui , sul FFO sui contributi
studenteschi, il personale, anche sotto il profilo della evoluzione pluriennale. Si può
cliccare su: Relazione per un
testo integrale.
Abbiamo visionato i dettagli del bilancio. Sul piano generale, appare
palese la sua incompletezza, in quanto è notorio che l'Ateneo ha numerose
partecipazioni in enti: Fondazione Alma Mater, Ceub, vari Spin Off ..., ma i cui
bilanci non sono allegati, e neppure all'o.d.g. separatamente . Questo porta a
concludere che, nell'Ateneo, ci sono numerose gestioni fuori bilancio, e ciò mette
in dubbio la effettività del saldo consolidato. Soprattutto è gravissima
l'assenza del bilancio della Fondazione Alma Mater, avendo essa una fondamentale
"missione" finanziaria nell'Ateneo.
Sempre nel CdA del 24 aprile sono all' o.d.g. i bilanci di alcune Fondazioni
partecipate dall'Ateneo (Avoni, Castelvetri, Salvioli, Sfameni, Toso Montanari), ma
anch'essi fuori bilancio dell'Ateneo. Essi sono proposti in modo anche abbastanza
superficiale circa la verifica del perseguimento dei loro obiettivi. Es.: per la
Fondazione Castelvetri Il fine istituzionale dichiarato è dare impulso agli studi e alle
ricerche nell'ambiente padano in campo agrario e veterinario", ma poi risulta che gli
impieghi dei fondi sono andati a tutt'altro. I fini istituzionali della Fondazione
Salvioli sono lo studio e nell'applicazione del vaccino antitubercolare e per le ricerche
in campo immunologico specifico ed aspecifico. Lo scopo della Fondazione Sfameni è di
dare impulso agli studi ed alle ricerche sulla genesi, fisiologia, fisiopatologia e
genetica della gravidanza e sull'evoluzione ed anatomia della placenta. Ma anche qui le
spese sono state per altre destinazioni.
Per quanto riguarda le attività commerciali (vedi: le varie prestazioni a
pagamento), le entrate e le spese non sono riportate congiuntamente, ma separatamente come
da sempre tra le entrate generali e le uscire generali, rispettivamente. Sarebbe
importante, almeno dentro la relazione, fare un prospetto unico di queste entrate e
uscite, in modo da capire se queste attività danno un avanzo, a beneficio delle attività
istituzionali dell'Ateneo.
I contributi studenteschi sono aumentati ( da 127.577.977,19 del 2010,
a 131.582.704,80 ). Sulla adeguatezza di questa voce, sarebbe importante, nel darne
notizia, fare confronti con gli Atenei, qui attorno, anche per capire una possibile causa
del continuo calo degli studenti a Bologna.
La Relazione ci dà anche tabelle sulla evoluzione delle spese per il
personale e le entrate dal FFO dal 2002 al 2011.
Spese per il personale -
evoluzione dal 2003 al 2011 |
Entrate dallo State per
il FFO dal 2002 al 2011 - milioni di |
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UNIVERSITA'
DI BOLOGNA, 6 marzo 2012
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
prende atto dello "esito" della valutazione dei DIRIGENTI
Tutti valutati positivamente (meno
uno) dal Direttore Generale,
ma "intoccabili" da parte del CdA |
Nota. La procedura di valutazione
dei dirigenti inizia con la proposta dei dirigenti circa gli obiettivi amministrativi
proposti al CdA, ognuno per il proprio ufficio, . Questo approva (o non approva gli
obiettivi). Poi, in secondo tempo, sulla base della relazione del Direttore
generale, il CdA valuta se gli obiettivi sono stati raggiunti, e infine decide la
conferna o meno del dirigente.
Nei fatti, tuttavia, la valutazione è avvenuta nelle segrete stanze, e
il CdA ha solo preso atto dell'esito, genericamente, senza il punteggio. Difatti, come si
desume dal resoconto sottoriportato, il rettore racconta semplicemente il procedimento di
valutazione, ma non i risultati.
Conclusione: si conferma quanto rilevato anche lo scorso anno: i nostri
dirigenti sono degli "intoccabili", da parte del CdA.
Vedremo cosa farà il prossimo CdA, il primo dopo la riforma dello Statuto, in
applicazione alla legge Gelmini. |
CdA - 6 marzo
2012, ESITO DELLA VERIFICA DI RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI DIRIGENZIALI 2011
Resoconto della
seduta del CdA
Il Rettore dà lettura della seguente relazione presentata dal
Direttore Generale:
"In data 1° febbraio 2011 il Consiglio di Amministrazione ha approvato il Piano
degli obiettivi dirigenziali 2011 che è stato formulato riconducendo gli obiettivi ai
seguenti orientamenti generali :
. adeguamento alle nuove disposizioni normative (didattica, ricerca, organizzazione).
. accompagnamento e supporto alla riorganizzazione dell.Ateneo;
. snellimento delle procedure e dei processi interni;
. potenziamento delle attività volte all.internazionalizzazione;
. implementazione dei sistemi di controllo di gestione;
. incremento del finanziamento da risorse diverse dal Fondo di Finanziamento Ordinario;
. miglioramento del coordinamento organizzativo tra le sedi territoriali;
. attuazione di politiche volte allo sviluppo del personale tecnico amministrativo.
In data 20 settembre 2011 la Direzione ha comunicato al
Consiglio di Amministrazione gli esiti del monitoraggio degli obiettivi in relazione al
1° semestre dell.anno. Le criticità evidenziate dai dirigenti hanno permesso di
affrontare con la massima trasversalità tra Aree alcuni nodi importanti e rimodulare, in
alcuni casi, le attività in corso per portare a termine nel migliore dei modi in termini
di economicità ed efficienza l.obiettivo prefissato tenendo conto del cambiamento in
corso di alcuni elementi di contesto.
In particolare, in considerazione dell.urgenza di presidiare le attività
connesse all.approvazione dello Statuto e delle conseguenti azioni di attuazione sono
stati sospesi tre obiettivi ed è stato introdotto nel Piano un obiettivo specifico
relativo all.attuazione del nuovo Statuto.
Elementi di contesto
La valutazione ha tenuto conto di alcuni fattori:
1. il secondo semestre del 2011 è stato caratterizzato, come già sottolineato, da un
notevole impegno da parte dei Dirigenti finalizzato a porre le basi per l.attuazione del
nuovo Statuto;
2. in data 16 dicembre 2011 è stato firmato il contratto collettivo integrativo per il
personale dirigente per l.anno 2011 (delibera del Consiglio di Amministrazione del
23.12.2011);
3. l.apposito Fondo che finanzia la retribuzione di posizione e di risultato del personale
dirigente (costituito nel rispetto delle disposizioni contrattuali e dei vincoli normativi
ed in particolare in applicazione all.art. 9 comma 2 bis del DL 78/2010 convertito in
Legge 122/2010), pur non partendo dai valori massimi per autonoma scelta dell.Ateneo, è
stato ulteriormente ridotto in applicazione alla citata .manovra estiva..
Valutazione obiettivi 2011
Sulla base del contratto collettivo integrativo per il personale dirigente sopraccitato,
sono quindi previste come per il 2010 quattro fasce di valutazione che consentono una
maggiore differenziazione e riconoscimento dei risultati raggiunti.
livello
range*
valutazione complessiva
retribuzione di risultato
1
> 180
Obiettivi raggiunti in misura eccellente
Fino al 55% della retribuzione di posizione
2
da > 150 a <= 180
Obiettivi raggiunti in misura medio/alta
Fino al 36% della retribuzione di posizione
3
da > 110 a <= 150
Obiettivi raggiunti in misura discreta
Fino al 27% della retribuzione di posizione
4
da > 100 a <= 110
Obiettivi raggiunti in misura sufficiente
Fino al 20% della retribuzione di posizione
-
<= a 100
§Obiettivi non raggiunti
-
La valutazione finale è data dalla somma di obiettivi quantitativi e
aree comportamentali ciascuno in percentuale rispetto al 100%.
Con delibera del Consiglio di Amministrazione del 1° febbraio 2011 è stata
attribuita al Direttore Generale una quota percentuale pari al 15%, nell.ambito della
valutazione complessiva, che consente di tenere conto delle differenze tra i vari
dirigenti in termini di complessità organizzativa e relazionale, continuità e costanza
di impegno nell.attività manageriale, clima organizzativo. Pertanto il risultato
raggiunto dal dirigente, sia nella parte relativa alle aree comportamentali sia nella
parte relativa agli obiettivi quantitativi, è stato riparametrato su 85/100. Il Direttore
ha avuto quindi a disposizione 30 punti (corrispondenti al 15% sulla valutazione
complessiva) da attribuire a ciascun dirigente.
Per quanto attiene all.area delle competenze trasversali, nel 2011 la
valutazione si è incentrata sulle tre aree di capacità manageriali e comportamenti
organizzativi individuati per tutti i dirigenti (cooperazione e lavoro di gruppo,
orientamento ai risultati, consapevolezza sociale) e su altre due aree individuate a
inizio anno per ciascun dirigente, sulla base delle caratteristiche personali di
interpretazione del ruolo e delle esigenze e peculiarità della posizione ricoperta.
Esito della valutazione
Complessivamente sono stati valutati 17 dirigenti:
. Ersilia Barbieri (Area Sanità)
. Andrea Braschi (Area Edilizia e Logistica)
. Giuseppe Conti (Area Ricerca e Trasferimento tecnologico)
. Stefano Corazza (Unità Professionale Grandi Appalti di Lavoro)
. Alice Corradi (Area Finanza e Controllo di Gestione)
. Michela Dalla Vite (Area UniboCultura, promozione e fundraising) fino al 31.8.2011
. Marco Degli Esposti (Area Affari Generali)
. Nicola De Laurentis (Polo scientifico didattico di Ravenna)
. Elisabetta De Toma (Area Didattica e Servizi agli Studenti)
P.S. Nell'elenco non compare uno dei Dirigenti (ne omettiamo il nome)
che avrebbe avuto valutazione negativa. Si deduce indirettamente che i suddetti
dirigenti avrebbero avuto valutazione positiva, pur se non è indicato il punteggio
rispettivo, nè la la specifica motivazione.
|
Piero Spagnolo |
Bologna,
Per segnalazione al Senato Accademico.
Altri casi di "PAM" (titolo di "Professore dell'Alma Mater")
negati" senza motivazione conforme a Delibera del Senato.
Lettera del prof. Catanzaro al Rettore, inviata
p.c. ai membri del Senato Accademico.
Anche Lettera del prof. P. Spagnolo. |
Raimondo Catanzaro
|
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POICHE'
IL DINIEGO E' AVVENUTO IN FORMA E SOSTANZA DIVERSE
RISPETTO ALLA DELIBERA DEL SENATO, PARREBBE ATTO DOVUTO
DEL SENATO CENSURARE IL RETTORE, ANCHE PERCHE' I CASI
DI VIOLAZIONE DELLA DELIBERA RISULTANO NUMEROSI.
Rilevante, poi, è che la legge
Gelmini ha innovato i poteri
del Senato, nei confronti del Rettore, attribuendo ad esso
il potere di proporre mozione di sfiducia al Rettore.
Non è, poi, irrilevante che la nuova figura rischia di
cadere in desuetudine, in quanto è verosimile che un
prof. ordinario non rinuncerà più a parte della propria
carriera, visto che in cambio non sa cosa incontra. |
|
FATTO. La nuova figura dI PAM rischia la soppressione, per
desuetudine, in quanto (a causa del diniego immotivato del Rettore) i potenziali
aventi diritto non hanno più interesse ad aspirare a questo titolo.
Come, infatti, risulta dalla delibera
del Senato, essa prefigura uno scambio atipico (ma, direi, un atto dovuto nel caso dei
professori ordinari) tra:
a) la rinuncia ad uno (o due) anni della propria carriera, per favorire il il
ricambio generazionale per le progressioni di carriera e per il reclutamento dei docenti;
b) e la accettazione di loro presso i locali del dipartimento, il mantenimento
della posta elettronica istituzionale con indicazione della qualifica di Professore
o Ricercatore dellAlma Mater, l'accesso alle risorse bibliografiche on-line e
alla rete wireless Almawi-fi di Ateneo, l'accesso a contratti di insegnamento, a incarichi
di responsabilità istituzionale o gestionale o la partecipazione ad organi e collegi per
i quali la legge preveda la posizione di professore in servizio.
La delibera prevede anche che il SI' sia accompagnato da una positiva
valutazione scientifica del richiedente.
A questo punto, visto il rischio di "sberleffo scientifico"
da parte del Rettore, perchè il diniego del Rettore è "somministrabile" con
"lettera identica" inviata a tutti gli esclusi, parrebbe cosa ovvia che un
docente di questo Ateneo non sia più motivato a rinunciare incondizionatmente a parte
della propria carriera.
Pertanto, il comportanento del Rettore danneggia l'Ateneo, diciamo i
giovani ricercatori in attesa di porre fine al loro stato di precarietà, partecipando ai
concorsi ai posti liberati. Ma vediamo meglio cosa hanno risposto al rettore, alcuni di
loro.
Ultimo ma non ultimo. L'art. 2, lettera e) della legge Gelmini ha
attribuito al Senato il potere di
"proporre al corpo elettorale .... una mozione di sfiducia al rettore non prima che
siano trascorsi due anni dallinizio del suo mandato".
Questo dispositivo è già in vigore, e prescinde dallo Statuto. Esso è
operativo anche per il Senato Accademico attuale. |
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Bologna, 19/12/2011 Al
Magnifico Rettore Università degli Studi di Bologna Via Zamboni 33, 40126 Bologna
Oggetto: domanda di riconoscimento della qualifica di "Professore dell'Alma
Mater"
.
Caro
Rettore Ivano Dionigi,
ho ricevuto in data 16/12/2011 la tua lettera raccomandata, con la quale mi
comunichi ufficialmente che la mia domanda di riconoscimento della qualifica di
"Professore dell'Alma Mater" non è stata accolta.
Le motivazioni da te addotte tolgono non poco spazio ai meriti scientifici da
me acquisiti in oltre 43 anni di carriera accademica e ben documentati dal curriculum
vitae tuttora visionabile nel Portale d'Ateneo.
Nella formulazione iniziale, le Linee Operative 2011 per il riconoscimento di
quella qualifica onorifica ponevano "alti meriti scientifici oppure l'acquisizione di
rilevanti benemerenze accademiche" come unici requisiti utili per l'acquisizione
della qualifica stessa.
La successiva scelta da te fatta, d'intesa con il Senato Accademico, di
procedere ad una attenta valutazione e revisione dei requisiti, tenendo conto anche di
altri elementi di varia natura, al fine di dimensionare e contenere le figure non
"istituzionali", è fortemente punitiva nei confronti di quanti altri, come me,
in possesso di oggettivi meriti scientifici, hanno voluto condividere le dichiarate
intenzioni di questo Ateneo di favorire il ricambio generazionale per le progressioni di
carriera e per il reclutamento dei docenti, sacrificando una parte della propria carriera,
con un costo economico non irrilevante. Un contenimento, pur se rigoroso, di figure
"non istituzionali" è pienamente legittimo ed anche condivisibile qualora il
loro riconoscimento non venga subordinato ad un oneroso ed incondizionato sacrificio da
parte di chi reputa di potervi meritatamente aspirare.
La generosa disponibilità che ha ispirato la mia istanza viene ora liquidata
sic et simpliciter con un tuo apprezzamento formale. Imprescindibili criteri di serietà e
chiarezza imponevano che le regole di questa "partita" fossero ben definite
dall'Ateneo all'inizio e non nel corso (o addirittura al termine) della partita stessa. A
questo punto, come docente di prima fascia in "volontaria" quiescenza a partire
dal 1° gennaio 2012, chiedo di avere a breve un colloquio con te: esigo che il Rettore di
questo Ateneo mi dimostri personalmente di non avermi arrecato un grave danno, morale e
materiale, in modo indebito e surrettizio. Confidando nella tua sensibilità ed in attesa
di un tuo sollecito riscontro, ti porgo cordiali saluti.
Piero Spagnolo* __________________________
* Prof. Piero Spagnolo Dipartimento di Chimica Organica "A. Mangini" Viale
Risorgimento 4, 40136 Bologna |
Budrio, 9 gennaio 2012 Magnifico
Rettore Università di Bologna Chiar.mo Prof. Ivano Dionigi SEDE
Oggetto: risposta alla lettera del 6/12/2011, prot. 52754, avente ad oggetto :
domanda di riconoscimento della qualifica di "Professore dell'Alma Mater"
Magnifico Rettore,
rispondo con qualche ritardo alla lettera in oggetto, nella quale mi
comunichi di non avermi concesso la qualifica di professore dell'Alma Mater.
Spero scuserai il mio ritardo di poco più di un mese, anche in
considerazione del fatto che la mia istanza per ottenere la qualifica risaliva al 17
maggio 2010, e che dunque ho atteso 18 mesi e 20 giorni per ottenere una risposta
negativa. Mi consentirai innanzitutto una nota di stile. Avrei preferito un modo
più diretto di comunicarmi il tuo rifiuto.
Nella tua lettera ciò non viene detto mai apertamente e confesso che sono
rimasto sinceramente ammirato del modo in cui si riesca a dire qualcosa attraverso il non
detto. Ma è questione secondaria, e del resto ciascuno di noi ha un proprio stile e
nessuno può essere criticato per averne uno suo proprio. Vengo alle questioni di
sostanza.
Le motivazioni che porti a sostegno della tua decisione sono
francamente risibili. Con tassi di sostituzione della componente docente che, nella
migliore delle ipotesi, sono al venti o al trenta per cento, l'esigenza di riservare
attrezzature e spazi ai giovani sembra fuori luogo. Considerando l'esperienza dei locali
del mio ex Dipartimento, che frequento ancora in quanto impegnato come presidente di
commissione in un concorso di prima fascia, sarei piuttosto preoccupato delle sembianze da
"Olandese volante" che alcune strutture dipartimentali corrono il rischio di
assumere.
Ma neanche questo è il punto: sarei stato disponibile ad accettare di buon
grado anche una decisione basata su motivazioni risibili. Del resto noi ex docenti
dell'Alma Mater conserviamo tra i nostri privilegi quello (e non altri) di avere un
indirizzo di posta elettronica (come uno studente che sia stato iscritto anche solo per
sei mesi).
E ho scoperto che posso anche aggiornare il mio curriculum e l'elenco delle mie
pubblicazioni, le conferenze tenute e i convegni e seminari cui ho partecipato come
relatore sulla mia pagina web alla quale soltanto io posso accedere in quanto non v'è
alcun link o corrispondenza con il mio nome se lo si digita nel cerca persone dell'ateneo.
Magnifico esempio di incitamento all'onanismo accademico !
Non mi aspettavo dunque nulla di sostanziale, neanche nel caso eventuale di
conferimento della qualifica. Viceversa mi attendevo qualcosa che ha a che fare con il
rispetto delle procedure, delle forme, della parità di trattamento fra docenti. In altri
termini mi aspettavo che venissero tutelati i miei diritti
(Continua) |
soggettivi. I quali non sono (e non erano) quelli di ottenere la qualifica (si
tratta soltanto, come direbbero gli esperti di diritto amministrativo, di un interesse
legittimo o di una legittima aspettativa), bensì quelli di avere una decisione in tempi
ragionevoli e con parità di trattamento.
Sui tempi non mi soffermo ulteriormente avendone già detto prima.
Mi consentirai tuttavia di notare che se ammettessimo come ragionevole un
lasso di tempo di oltre un anno e mezzo per ottenere una risposta ad un'istanza che un
qualunque cittadino presenta ad una pubblica amministrazione, saremmo messi veramente
male, non soltanto come Università di Bologna, ma come paese.
Sulla parità di trattamento non si tratta certamente di comparazioni tra
curricula, peso scientifico, pubblicazioni. Chiunque può cercare su "Google
Scholar" o su "Publish or Perish" gli indici bibliometrici miei e dei miei
colleghi sociologi del medesimo dipartimento, e trarne le debite conseguenze.
Ed è chiaro che il Rettore ha un potere discrezionale nel concedere o
meno la qualifica e può anche valutare, con discernimento, in modo difforme dagli indici
bibliometrici, nell'ambito di una visione più ampia e generale.
Quello che il Rettore non può fare tuttavia, è procedere alle valutazioni e
alle rispettive decisioni senza rispettare l'ordine di presentazione delle domande,
perché ciò costituisce una violazione del principio di parità di trattamento.
Ma viceversa è proprio ciò che è stato fatto, in quanto una collega
del mio dipartimento, che ha fatto domanda un mese dopo la mia (nel giugno del 2010) ha
ottenuto una risposta (nel caso in ispecie positiva) dopo soli (!) 5 mesi (nel novembre
2010). Non contesto né i titoli della collega, né il suo valore scientifico, né mi
dispiace che abbia ottenuto la qualifica.
Ma ritengo gravissima la violazione del principio di parità di trattamento,
in generale e soprattutto nell'ambito di una comunità scientifica e professionale nella
quale certi valori che insegniamo ai nostri studenti devono essere ritenuti sacrosanti.
E ritengo altresì che la violazione di questi principi, che è stata
perpetrata nei miei confronti, costituisca un vulnus al diritto di tutti, soprattutto dopo
che tanto si era sbandierata l'importanza della figura di professore dell'Alma Mater al
momento della sua istituzione.
Colgo infine nella tua lettera un sorta di avvertimento preventivo
concernente i requisiti per la concessione dell'Emeritato.
Se hai timore ch'io possa presentare domanda voglio rassicurarti: non ne ho
alcuna intenzione, e non mi sentirei per nulla gratificato dal far parte di un consesso
accademico che ha proceduto in modo indegno nei miei confronti.
Appena finiti i lavori della commissione concorsuale consegnerò le
chiavi del dipartimento in segreteria, e chiederò agli uffici, che dietro mia domanda mi
hanno reinserito provvisoriamente in rubrica d'Ateneo (con il titolo di professore cessato
dal servizio [sic!]), di essere cancellato dalla rubrica e di cancellare il mio indirizzo
di posta elettronica presso l'Alma Mater.
Con i miei più sinceri auguri di buone fortune a te personalmente e all'Alma
Mater.
Raimondo Catanzaro |
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Bologna. Spunta (a carico del Rettore, per presunto abuso di potere)
un nuovo caso "PAM" (titolo di "Professore dell'Alma Mater"),
dopo il "flop" dei "professori emeriti" a Giurisprudenza
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UN COLLEGA, DOPO LE
DIMISSIONI ANTICIPATE DI DUE ANNI,
AVEVA FATTO REGOLARE DOMANDA DEL TITOLO DI PAM |
FATTO. Un nostro Collega, il prof. P.L.P.,
ordinario di matematica, classe 1943, oltre 40 anni di servizio in varie Facoltà
dell'Ateneo (da molti anni a Ingegneria) aveva presentato domanda (febbraio 2011) di
riconoscimento del titolo onorario di professore dell'Alma Mater (divenuta
"PAM"), di cui è presupposto la cessazione dal servizio, in anticipo di più di
due anni rispetto al pensionamento per limiti di età (prima 70 anni+2, oggi 70 anni, dal
19 gennaio 2011, avendo la legge Gelmini abolito il biennio dopo i 70 anni).
FONTI GIURIDICHE. La delibera
fondamentale del Senato Accademico è del 28 feb. 2010 (di seguito
ripotata).
Segue una delibera del Senato, del 28 giugno 2011, per "rivedere
il criterio di determinazione della durata della qualifica onoraria di "Professore e
Ricercatore dell'Alma Mater" in seguito all'abolizione, prevista dall'art. 25 della
L. 240/2010 (cd. Riforma Gelmini), della possibilità di presentare l'istanza di
permanenza in servizio ai sensi dell'art. 16 del D. Lgs. 503/1992 da parte del personale
docente e ricercatore". Segue infine una delibera del 13 dic. 2011 per
"Individuare il termine di cessazione dal servizio per volontarie dimissioni del
personale docente che presenta la domanda di "Professore dell'Alma Mater".
Come si legge nella delibera fondamentale, per il riconoscimento del titolo
non è sufficiente il requisito della rinuncia all'ultimo biennio di servizio, ma è anche
disposto (si veggano le ultime righe della delibera del 28.2.2010) , relativamente alla
domanda del dimissionario, che : "La valutazione delle
richieste compete al Magnifico Rettore che, sentiti anche i responsabili delle strutture
coinvolte, decide sulla base dell'apprezzamento degli alti meriti scientifici del
richiedente o delle rilevanti benemerenze accademiche acquisite nel corso della carriera".
NEL MERITO, a fronte della "richiesta", il
rettore ha risposto NO (unica risposta del Rettorato). Clicca su Lettera.
Come si può leggere, essa è motivata:
1) dalla difficoltà di dargli (in aggiunta al titolo) attrezzature e
spazi (si tratta di un matematico, e quindi non si direbbe abbisogni di grosse
attrezzature, servendogli poco più di un PC e programmi matematici - NdR);
2) dà una attenzione al fare spazio ai giovani (ma egli occupa una stanzetta, in
locali notoriamente semivuoti);
3) dalla opportunità di stringere sui requisiti per il riconoscimento, in
analogia a quanto fatto per l'Emeritato.
Riportandoci adesso alla delibera del Senato, si trova che il Rettore deve
decidere unicamente per meriti scientifici, dopo aver "sentiti anche i responsabili
delle strutture coinvolte".
Come si ben notare, tornando di nuovo alla lettera del Rettore, in essa non
solo non "consta" il parere delle strutture coinvolte, ma i motivi addotti non
sono pertinenti ai motivi adducibili in base alla delibera del Senato.
Se si potesse sostenere che il Rettore ha motivato il NO con le ragioni
di cui alla delibera del Senato, si potrebbe solo contestargli di avere omesso il parere
dei competenti, pur se rimane una perplessità nel fatto che egli è un latinista, mentre
il richiedente è un matematico.
Tuttavia, le cose non stanno così. Egli ha motivato con ragioni, che
non sono quelle di cui alla delibera del Senato, e quindi con motivazioni inammissibili,
sul piano ufficiale.
Si nota, infine, che la lettera, per il carattere come è espressa,
pare più un fatto personale del rettore, che una comunicazione ufficiale, preparata dagli
Uffici dell'Amministrazione, contro la quale il richiedente possa ricorrere alla
magistratura amministrativa.
Last not not least: non vorrei che si arrivasse, nel nostro
Ateneo, ai tempi delle monarchie assolute, quando i titoli erano distribuiti dal Re per il
controllo del consenso. Non siamo (credo) a questo punto. Ma la strada è quella. N.
LUCIANI |
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Delibera Senato Accademico
23 febbraio 2010
RICONOSCIMENTO DELLA
QUALIFICA DI PROFESSORE DELLALMA MATER
O RICERCATORE DELLALMA MATER
Il Magnifico
Rettore informa i Senatori che il documento che viene sottoposto alla loro attenzione (che
ha registrato lunanime consenso in sede di Giunta nella seduta di ieri) rappresenta,
allesito della approfondita istruttoria svolta, un opportuno bilanciamento delle
istanze volte da un lato ad un equo riconoscimento, allatto del collocamento a
riposo, degli alti meriti scientifici e benemerenze accademiche acquisite dai docenti nel
corso della loro carriera lavorativa e dallaltro ad incentivare il necessario
ricambio generazionale nei ruoli universitari a favore dei più giovani. Chiarita la ratio
dellintervento, che va nella direzione di non disperdere i saperi dei docenti
prossimi al collocamento a riposo, ne illustra i contenuti più qualificanti (per la cui
disamina di merito si fa rinvio al documento che fa parte integrante della presente
delibera).
Si tratta del primo atto promosso dalla Giunta nel contesto di un più
articolato piano di interventi allo studio che riguardano lintero arco della
carriera dei docenti, per valorizzarne competenze ed esperienze e rafforzarne il senso di
appartenenza allistituzione universitaria.
Dopo aver dato lettura della missiva a sua firma con la quale oggi stesso provvederà a
darne notizia a tutto il personale docente e ricercatore, e resi ai Senatori i primi
chiarimenti su alcune parti di testo, comunica che saranno a breve predisposte dai
competenti Uffici le linee guida di carattere tecnico operativo che consentiranno di
definire con puntualità ogni profilo procedurale e di dettaglio.
Il Senato Accademico in forma
unanime, preso atto del favorevole parere espresso dalla Giunta di Ateneo, condividendo lo
spirito della proposta e le sue finalità, approva il documento di seguito trascritto
avente ad oggetto Riconoscimento della qualifica di professore dellalma
mater o ricercatore dellalma mater :
I docenti e ricercatori rappresentano un patrimonio che va riconosciuto e
valorizzato a partire dal loro ingresso fino alluscita dai ruoli e oltre.
In tal senso è importante che lAteneo assuma unesplicita ottica di
valorizzazione delle esperienze e dei risultati del personale docente e ricercatore
durante lintero arco di vita accademica, creando le condizioni che facilitino il
conseguimento degli obiettivi scientifici, culturali e didattici delle persone e offrendo
i giusti riconoscimenti per il lavoro svolto, per il coinvolgimento personale nella vita
universitaria e per limpegno volto a conseguire le finalità dellAteneo.
Il presente atto costituisce un primo intervento di valorizzazione del personale docente e
ricercatore che risponda alla necessità dellAteneo di comporre due diverse
esigenze:
riconoscere lesperienza del personale docente e ricercatore che
si sta avvicinando alla conclusione della carriera e la legittima aspirazione a rimanere
allinterno della comunità accademica per completare i propri progetti di studio e
ricerca;
favorire il ricambio generazionale per le progressioni di carriera e
per il reclutamento dei giovani studiosi.
A tal fine tutti i docenti attualmente in servizio di ruolo, che abbiano maturato il
requisito per il pensionamento di vecchiaia (per gli uomini dai 65 ai 70 anni, per le
donne dai 61 ai 70) e che abbiano proposto istanza di pensionamento, nellanno
precedente alla data di effettiva cessazione dal servizio possono fare richiesta di
riconoscimento della qualifica di Professore
dellAlma Mater o Ricercatore dellAlma Mater. In caso di
accoglimento dellistanza, tale qualifica avrà decorrenza dal giorno successivo alla
data di effettiva cessazione.
[In via transitoria possono fare richiesta di riconoscimento della qualifica anche
i docenti e ricercatori che abbiano presentato istanza di biennio di trattenimento in
servizio, previa rinuncia alla medesima. ] .
I ricercatori possono presentare listanza nellanno
precedente la data di cessazione del servizio. Il riconoscimento della qualifica di
Professore dellAlma Mater o Ricercatore dellAlma Mater
è disposto per il periodo di tempo massimo di permanenza in ruolo comprensivo del biennio
di trattenimento in servizio.
Oltre a mantenere la posta elettronica istituzionale, comparire nel
portale di Ateneo con indicazione della qualifica di Professore o Ricercatore
dellAlma Mater, accedere alle risorse bibliografiche on-line e accedere alla
rete wireless Almawi-fi di Ateneo, il riconoscimento della qualifica comporta la
possibilità di:
- continuare la ricerca scientifica usufruendo di adeguati spazi di lavoro e
della copertura assicurativa per infortuni e responsabilità civile;
- collaborare a titolo gratuito alle attività di didattica e ricerca delle
strutture di riferimento nonché ad altre iniziative in coordinamento con i responsabili
delle strutture stesse.
Resta ferma la possibilità, secondo la normativa in materia, di
accedere a contratti di insegnamento previsti dagli ordinamenti didattici delle Facoltà
e/o a contratti di collaborazione con il Dipartimento. La qualifica non consente,
ovviamente, lassunzione di incarichi di responsabilità istituzionale o gestionale o
la partecipazione ad organi e collegi per i quali la legge preveda la posizione di
professore in servizio.
La valutazione delle richieste
compete al Magnifico Rettore che, sentiti anche i responsabili delle strutture coinvolte,
decide sulla base dellapprezzamento degli alti meriti scientifici del richiedente o delle
rilevanti benemerenze accademiche acquisite nel corso della carriera. |
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