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ALBERTO
ALESSI, "ROMANZO BREVE", 2016
AVE GIULIO
L' Autore dedicò questo Romanzo al
padre Giuseppe, a Giulio Andreotti e a tutti democristiani liberi e onesti.
In generale parlando, per Alessi, la prova migliore dell' ordine è la memoria.
Il modello è quello medesimo di Dante Alighieri (Divina Commedia): un viaggio temporaneo
nell'aldilà, dove Andreotti è appena pervenuto e si dispone al giudizio di DIO .
Il primo impatto di Andreotti sarà con Belzebù, ma solo un incidente di percorso, che
l'abile Andreotti saprà by-passare con esperienza sopraffina.
Il "Presidentissimo" dovrà (come tutti) esssere sottoposto al giudizio di Dio,
ma non subito. Prima dovranno esservi dei giudizi istruttori... Inoltre, gli spetta un
Avvocato difensore. E per l'appunto gli viene comodo l'Avv. Giuseppe Alessi.
Il suo posto sarà in Paradiso, sia pur con la chiusura di un occhio, grazie alla sua
impareggiabile abilità politica, anche in paradisoNOTA. Alberto mi aveva dato questo Romanzo (40 pagine), una diecina di anni
fa, per un Editore, in formato cartaceo, ma (io) senza poter fare nulla. Ho preso
atto, in questi giorni, che l'aveva, poi, dato ad Amazon, che lo vendeva per
28,99, ma pure che oggi esso non è più disponibile. Volendo commemorarlo (dopo
la sua dipartita), ri-pubblico questo "romanzo breve" su "Universitas News.
E' un modo di farlo ri-scoprire, quanto era bravo, intelligente, sensibile e come capiva i
lati della politica. Data questa mia finalità puramente umana e culturale, Amazon e la
famiglia mi permetteranno la pubblicazione, semplicemente. |
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GULIO ANDREOTTI E ALBERTO ALESSI, 2013
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AVE GIULIO
Capitolo I°
E così anche per Giulio Andreotti, losservante cattolico
democristianissimo, doveva sopraggiungere la data di partenza, quella senza ritorno.
Era uscito dalla ribalta, ma non per sempre e la sua memoria
non disseccherà.
Lo stesso ben sapeva che ogni giorno che si vive è un giorno
in meno e non un giorno in più.
Spesso in vita aveva esaminato le sue mani rivolte in su, come
se dovesse recitare il Padre Nostro, dove ogni essere umano ha stampigliate due M :
memento mori, ricordati che devi morire.
Vivi in santità ed onestà ogni tuo momento, perché la tua
candela può spegnersi ad ogni fulminea folata di vento, in ogni istante e senza
preavviso.
E così il Nostro iniziò il nuovo cammino con la solita sua
impassibile espressione con dipinto un enigmatico sorriso sul volto.
Ma il primo incontro, post mortem, fu poco rassicurante,
poiché il Presidentissimo si ritrovò faccia a faccia con linfernale e
sgradevole Belzebù, di desolante bruttura e con la coda biforcuta affetto da un odore
acidulo di zolfo e tanto e tale era il calore che lo circondava che, il più volte premier
italiano, si tolse la giacca e guardò il suo interlocutore a testa alta e con
atteggiamento al contempo forte ed umile,
indulgente e decoroso, insomma adatto alla durissima ma forse non inaspettata circostanza.
Era conscio che se fosse uscito vinto, dopo possibili e serie
contestazioni, lo sarebbe stato per sempre e che lì avrebbe piantato il suo destino a
tempo indeterminato.
Ora bisogna sapere che il Divo Giulio nel suo percorso terreno,
preferì sempre situazioni a tempo determinato, in modo di poterle ricostruire, plasmare e appianare con lucida pazienza ed
illimitata esperienza, nei modi e tempi a lui favorevoli, e del caso e se le convenienze
lo esigevano con le aspettative altrui.
Non per nulla il romanissimo Giulio aveva adottato Roma,
positiva e faccendiera, cupa e superba, come diletta sua patria e lì aveva fissato la sua
dimora.
Larga parte dei romani e non solo romani lo stimò, sì da non
essere secondo a nessuno. Egli fu sempre conscio che essi avrebbero onorato la sua
memoria.
Amò Roma non iure soli, ma iure cordis: non per un comando
della terra natia, ma per una scelta del suo spirito.
Fu un attento assemblatore della sua opulenza e della sua
miseria.
E la comunità romana fu così essenzialmente e talmente sua,
che divenne come lincarnazione di un patronato di assistenza per lo scioglimento di
ogni garbuglio e il disbrigo, anche, di ogni assillante problema cittadino ed individuale.
I suoi beneficiari furono una turba.
Non si comprende e non è dato di conoscere perché
lestensore del broccardo : il potere logora chi non ce lha, fosse
finito laggiù, nel torrido inferno, forse a proposito di questa sua impudente battuta che
nascondeva una concezione divinamente diavolesca della gestione del potere.
Insomma uno dei tanti misteri che circondò nella vita
temporale il Giulio nazionale, tifosissimo della squadra di calcio della Roma.
Il rivoltante
Tentatore rimase di stucco.
Non si aspettava un ospite tanto sicuro di sé, sereno.
Cercava di comprendere se bleffasse perché terrorizzato da un
mortale timore o se fosse un predatore.
Ma il forestiero, inaspettato e non gradito, non mosse un solo
nervo né del suo viso, né del suo corpo, ma domandò a mezza voce mellifluamente, timido
e dimesso: scusi tanto, ma ho una curiosità; quaggiù sono in vacanza permanente
molti comunisti?.
Il Maligno di rimando, sdegnosamente beffardo, iracondo, livido
e propenso ad infierire: tanti, quanti
papi, cardinali parroci e devoti bugiardi:
intende!?.
E poi lei sa bene che i cattolici vengono qui allinferno
e i protestanti vanno in Paradiso.
Lucifero sarà sicuramente di estrema sinistra,
barbugliò dentro di sé lanfitrione Giulio e soggiunse rispettosamente: si
intendo
.., poverini.
Non si potrebbe presentare, chessò, un disegno di legge, un
decretino, una proposta intelligente e clemente per toglierli dallassillante
prospettiva di un non ritorno così ostile e orribile.
In fondo, in fondo si è trattato di innocui peccatucci fatti
per ignoranza e ingenuità, ehm, ehm
.
A tutti si
deve una compassionevole opportunità ; dichiarava tutto ciò traboccante di pietà,
ma con la furberia di un serpente.
Tale proposta la fece con tono così cardinalizio, e così
suadente e toccante, che il sommo gestore dellInferno, sobbalzò dal suo ballatoio
puzzolente di lava incandescente e silenziosamente tra sè e sé e con atteggiamento di
grande disprezzo: questo qui mi vuole fregare e quasi quasi mi fa più paura di
quanta io ne abbia mai avuto di me stesso.
Satana cambiò, allora, tattica e cercò di utilizzare tono,
voce ed atteggiamento uguali a quelli del suo considerato temibile interlocutore.
Rivolse il testone cornuto verso il lato sinistro, si incurvò,
lo squadrò di sbieco e chiese in modo melato: mi scusi, anima bella, ma lei
perché è qui?.
Se non lo sa
lei che è il padrone, mi perdoni tanto, perché dovrei saperlo io che vengo da così
lontano, dalla caput mundi?.
Il viaggio mi creda è stato assai pesante e complicato.
Lanima bella rispose chinando la propria testa verso il
lato destro e guardando lassorto dirimpettaio di sottecchi, si piegò, ma in modo
tale da squadrare dallalto il Generalissimo di tutti i diavoli.
Il Re delle tenebre, combattuto e perplesso, con orrido
sgomento si convinse che poteva essere maturato il momento di essere scalzato dal comando
di quel regno maledetto da un sagace e spigoloso tessitore.
Tenendo particolarmente al suo scranno conquistato con cotanto
e notissimo peccato, lodioso tradimento e la ribellione verso il suo Signore, prese
una decisione che considerò salvifica e così mormorò: ascolti bravuomo,
questo ambiente così spaventoso non è adatto a lei.
Capisce, troppo caldo afoso.
Poca e onesta compagnia e nessuna decente prospettiva.
In questo luogo horribilis il suo mal di testa, del quale ha
sofferto tantissimo, si aggraverà.
Ecco guardi in alto, si diriga lì, vi sono luoghi più
salubri, meno angusti e soffocanti, meno squallore, meno cattivi odori per la sua salute e
il benessere della sua animacc
.
Si fermò, perché temette di offenderlo.
Anche lincollerito Satanasso soffriva ancora di qualche
sensibilità, assunta in un periodo in cui fu angelo.
Ma il bravuomo fece finta di non ascoltare la ultima
espressione, ringraziò e si incamminò lentamente verso la nuova metà convinto , però,
che il despota di tutti i diavoli non avesse tutti i torti.
Dopo pochi passi sorprendentemente tornò indietro.
Quando lindicibilmente ripugnante Lucifero, che già
aveva posto la propria attenzione al governo dei tantissimi orrendi compiti del suo regno,
lo vide, ne fu preoccupatissimo e si allarmò: santi di tutti i maligni che vorrà
ora costui?.
Chiedo venia
ancora gran visir delle tenebre, domandò lillustre viandante con
atteggiamento pietista e guardingo, e con spirito pronto ed occhi furtivi: potrei
osare chiederle una cortesia?.
Ecco in cambio del
suo benevolo suggerimento e rinnovandole la mia gratitudine, vorrei offrirle una ghiotta
opportunità.
Corre voce che nella mia amata nazione, impazzerebbe un comico
assai dotato che appartiene alla razza dei comici genovesi.
Mezzo ruffiano e mezzo commediante, a volte brutale e a volte
tracotante, forse è pericoloso, sicuramente è divertente.
Lo stesso possiederebbe la parola in misura straordinaria: un
dono prezioso che utilizzerebbe furbescamente.
E quando comizia, confermano, con modi violenti lacera i cuori,
scuote lapatia, avvolge, soffoca al contempo con i suoi mille tentacoli.
Sembrerebbe un clown fratesco che con una profluvie di
barzellette incanta il popolo.
Si porrebbe lobiettivo di risvegliare lattenzione
del pubblico attraverso dosi massicce di umorismo, a volte
violentemente macabro, altre esilarante.
I suoi spettacoli sarebbero granguignoleschi.
Spesso anche quando smascella, più che ridere ulula, nitrisce,
ehm, ehm
Lo denigrano come lincarnazione della riduzione al minimo
della intelligenza.
Asseriscono, i suoi presunti delatori, che le sue proposte,
spesso sciocche, nella sua bocca, grazie alla sua mimica, alle sue contorsioni, alla sua
maniera di strizzare gli occhi, diventerebbero quasi verità: insomma insieme un
inesauribile improvvisatore ed uno scaltro volgarizzatore di problemi.
Assicurano che si sia messo
in testa, di diventare un riferimento politico e sono tormentati perché pare temono possa
riuscirvi.
Si interrogano se sarà un politico apprezzato o un buffone
dimenticato.
In tanti lo apprezzano, altrettanti lo detestano, e questi
ultimi auspicano che la Signoria Vostra lo convochi per qualche gaudiosa vacanza, insomma
per riprendere fiato, per una battuta darresto giovevole.
Allungato in queste rocce infuocate, esposto al sole cocente di
questa contrada gioconda ehm, ehm, ehm, tale svago gioverebbe considerevolmente alla sua
salute.
Beh!. Lo meriterebbe dopo tanta ingrata fatica.
Gli italiani?: siamo un popolo di eroi, di santi poeti e navigatori;
costui che simpiccia?
Guardi indagherò.
Sa spesso tra la calunnia e la verità corrono pochi
millimetri.
Poi non sarebbe né il primo, né lultimo rappresentante,
così equipaggiato, del popolo sovrano.
E anche vero che in tempi di diluvio tutti i furbastri
nuotano.
Forse è fuori luogo laggiù, mentre qui, tanto più in giù,
si troverebbe a suo agio.
Bene arrivederci, anzi addio ed ora vada, vada che il tempo è
prezioso per lei.
E atteso con trepidazione da molti suoi ammiratori e
beneficiati .
Il tenebroso Belzebù si nascose in un manto strepitosamente
rosso e scomparve.
Il nostro viaggiatore si avviò.
Il percorso non fu breve.
Alla fine giunse in un luogo umbratile, desolato, dove
incontrò passanti assai malinconici e silenziosi.
Si sprigionava dalle loro bocche un brontolio soffocato
traboccante di accenti angosciosi, di lamenti e sospiri.
In una scritta luminosa vi era incisa la parola: Purgatorio.
Capitolo II°
Che sarà mai questa grigia dimora con questo clima impalpabile e con questa foschia così leggera e
madreperlacea?
Il Presidente di lungo corso, nella sua esistenza terrena,
aveva tenuto in mente due parole:
Inferno e Paradiso, o di qua o di là, ma con qualche variante a volte interessata.
Era notorio che la mediazione era virtù degli uomini
assennati, utilizzabile, però, nella vita del mondo.
Nellaldilà i margini della questione erano strettissimi
e separati da confini chiari ed invalicabili: i cattivi da una parte, i buoni
dallaltra parte.
I primi nel più profondo e tetro buio, gli altri nella luce
più nitida.
La zona bigia, per il cattolicissimo Giulio, non apparteneva
alle anime dei trapassati, ma dei vivi, perché era vero che cercare per essi significava
avere uno scopo, ma era anche vero che poteva non essere obbligatorio raggiungerlo e con
interrogativo di sempre: cur, unde, quo, qua?: donde, dove, per dove,
perché? .
Tale quesito il Senatore non se lo pose mai, perché aveva sempre reputato che luomo non è
fatto per la sconfitta: un uomo può essere distrutto, ma non vinto.
Si aprì un muro cenerognolo, sconfinato e apparve un Angelo
imponente, vigoroso, allegro, di bello aspetto e dallaria rispettabile e con nelle
mani una spada fiammeggiante con una lama azzurrastra che roteava:
Chi è là?, caccade?, caccade?.
Sono Giulio
Andreotti, romano di Roma, un povero pellegrino vissuto fra miseri viandanti, cercò
così pigolando di intenerire lo straordinario interlocutore.
Ah, il conosciutissimo degasperiano doc, sempre al
governo del proprio paese: instancabile, inamovibile, ineguagliabile, inossidabile,
replicò ironicamente con voce stentorea il Custode.
Per carità, per carità piccole vicende a volte sì
significative.
Minimi riconoscimenti, assai graditi, è vero ehm, ehm, ma
visti da quassù tutto muta.
Vi è una essenziale differenza, come tra le stelle e le
stalle .
Il Giulio internazionale inclinò il capo, sbirciando, però,
con gli occhi a fessura e aguzzò ludito utilizzando le sue ragguardevole orecchie
in attesa di una affabile interlocuzione.
Senta mio caro amico, le comunicherò un dato negativo ed
uno positivo.
Il guardiano angelico usò un accento confidenziale, con modi
affabili e premurosi.
Il Purgatorio è traboccante di democratici cristiani:
intere ultime generazioni in esilio.
Abili nel loro operato, ma guai ai padroni di certezze che
spesso fanno rima con nefandezze.
Alcuni di loro furono di stupenda insignificanza, carichi di
una invalidità spirituale che procurò loro di non forgiarsi una personalità.
Insomma smidollati privi di orgoglio e dignità.
Tra di loro ci furono tantissimi transfughi e forse molti
sacrificati.
Quasi sempre amici dei morti e nemici dei vivi.
Eppoi il peccato più esecrabile, il più ignominioso:
labbandono della Democrazia Cristiana, il partito del popolo.
Molti operarono presi dal panico, altri per gretto tornaconto,
altri ancora per pura pusillanimità e i più perché non hanno servito la DC, ma se ne
servirono per la loro dozzinale carriera terrena.
La verità dura è che le loro voci furono ridotte al silenzio.
Essi, però, non sanno che quando le idee sono buone nulla si
perde e nulla s insterilisce.
Oggi ve ne sono addirittura alcuni di seconda generazione che
la dichiarano morta, ma ne utilizzano mercantilmente il simbolo: scudocrociato con la
scritta Libertas.
Dobbiamo fare posto nel Purgatorio, quando Dio vorrà, per
questi infedeli cristianazzi dellera moderna, poichè hanno la responsabilità
morale e politica di averla congelata viva.
Anche per questi ultimi, tribune, gradinate e curve, sono tutte
prenotate.
Per lei non cè spazio neanche allimpiedi.
Vuole un consiglio da un onesto suggeritore?
Punti subito più
in alto e vivrà sereno in superlativa salute.
Così, il più rappresentativo dei democristiani liberi e
forti, obbedì, non negando la propria fiducia ai consigli dellAngelo guardia
portone.
Proseguì lentamente nella direzione indicatagli.
Capitolo III°
Incedendo, rifletteva e
si consolava per le lusinghe e gli onori ricevuti sulla
terra ormai così fuori mano.
Riteneva che gli fossero dovuti per i servizi resi
nellurgere di tanti bisogni dei singoli e dei più.
Il mio sogno fu che lo Stato diventasse la casa di tutto
il popolo.
I miei pensieri andarono oltre limpellente assillo
quotidiano.
Nessuno può negare che promossi
tante sane iniziative di cui parlano anche i sassi.
Confido che qualche storico scriverà che ho coltivato
intuizioni quasi geniali e ho costruito prospettive che hanno delineato strutture
economiche, sociali e culturali, che hanno collocato lItalia oltre i confini
nazionali.
Auspicherei che questo sia il ricordo di aver lasciato a tutti
i miei concittadini italiani e non solamente.
Ora che aveva alzato i tacchi, congedandosi dalla vita terrena
in modo singolare e senza clamori e con un plauso quasi generale in ogni ordine e
categoria sociale e politica, e anche con biasimi che riteneva eccessivi, lo angustiava il
timore che un riscontro celestiale non fosse stato più che lusinghiero.
Aveva percepito che la sua corsa stava per finire e che il
traguardo agognato era ormai prossimo.
Giunse in Paradiso affascinato e assorto per la visione di tale
luogo indicibile per la mente umana.
Da lì uno sguardo attento avrebbe abbracciato tutto
lUniverso circondato da miliardi di
sfumature e di suoni, in una spirale che vibrando si riversava nellaria,
coinvolgendo, così, tutte le anime nella sua luce abbagliante.
Senza dubbio tutto ciò era la risposta ritmata ed elevatissima
dellimmenso amore di Dio. Amore che tutto rinnova e rigenera, verso le proprie
creature e creazioni.
Una compiuta sublime armonia per una concordia senza fine.
Giulio Andreotti fu beato per quello scenario senza eguali, ma
con parsimonia, a suggello del suo temperamento e carattere oculati.
La riservatezza è la virtù dei vincenti.
I perdenti rimangono quasi sempre sbracati.
Aveva scritto, tra i tanti, un libro di successo: Visti
da vicino.
Incontri stimolanti con i potenti del mondo e ne aveva con
argutezza sottolineato i dati caratteriali nascosti.
Ma vedere da vicino Colui che Era quel che Era,
diviso in tre nature divine, di cui una anche umana, costituenti la sua unità e la cui
ricerca sulla loro vera identità aveva fatto scervellare un personaggio come
SantAgostino, un gigante del pensiero cattolico, era un problema di notevole
rilievo.
Tentare, poi, di rifilarGli anche piccole frottole diventava
inattuabile.
Il Senatore a vita eterno, però, qualche spiraglio piccolo,
proprio piccolo, cercava di scovarlo.
Bisognava salvare o no pervicacemente la propria pelle volpina
mai finita in pellicceria? Nellillimitato spazio prospiciente lingresso nel
Paradiso ad attenderlo vi erano San Pietro, tutti gli apostoli ed una messa di santi,
martiri, angeli ed arcangeli e cherubini.
Insomma un parterre di tutto riguardo.
Sono Giulio Andreotti romano di Roma, un povero uomo
vissuto
...
San Pietro lo troncò energicamente, con voce sonora e priva di
affettazione:
qui tutti sappiamo chi sei, chi sei stato, chi sei
diventato.
Il Signore Dio Nostro giudicherà quel che sarai.
In coscienza non sei stato un povero diavolo.
Oh San Pietro, sulla quale pietra Gesù fondò la sua
Chiesa alla quale io appartenni forse immeritevolmente, La prego mi ammaestri
.
Lei che ha preso una cantonata per tre volte ehm, ehm
.
Per Sua buona stella ci fu il gallo rammentatore!
Io ricambierò con gli interessi dovuti in questo luogo di
gloria e santificazione.
San Pietro accusò il fendente, ma immantinente si riconciliò
con se stesso.
Senti fratello Giulio, intanto, qui ci diamo tutti del
tu.
Siamo componenti del glorioso e gaudioso partito del Dio
nostro, Gesù e Spirito Santo: il partito della Trinità.
Lunica corrente è quella dellAmore e lunico
interesse con cui si possono saldare i debiti è quello appartenente alla carità.
Vai fiducioso.
Devi essere te stesso.
Comprendo quanto sia ostico per te afferrare chi sei stato e
chi sei diventato.
Ogni uomo o donna sono e saranno un mistero, tu, è vero,
particolarmente.
Ci fu una sobria e collettiva risata.
San Pietro aveva ripagato laffronto prima ricevuto con
mordace malizia.
Indicò al celebre fratello appena arrivato, un viale che era
di misura incommensurabile e di una luce cerulea indescrivibile.
Il pellegrino si trascinò lentamente, perdendo coscienza dello
spazio e del tempo.
Più si avvicinava tentennante alla visione divina, più
pregando con fervore ripeteva: gaudete in Domino semper.
Gloria e letizia in ogni cuore perché sto per raggiungere il
Signore.
E in un attimo rivisitò le ore liete della sua infanzia e
quelle meno gaie della sua maturità.
Riesaminò le sue azioni pie e quelle meno pietose verso il
prossimo: giudizi temerari, disprezzo, odio, gelosia, desiderio di vendetta, liti, impeti
di collera, imprecazioni, ingiurie, maldicenze, beffe, falsi rapporti, danni ai beni e
alla reputazione.
Cattivi esempi, scandalo, mancanza di rispetto e
dobbedienza, di carità, di zelo e di fedeltà.
Verso se stessi: vanità, rispetto umano, menzogne, pensieri
cattivi, intemperanze, collera, impazienza, vita inutile, pigrizia nelladempiere i
doveri verso il proprio stato.
Aggiunse con devozione: dopo che questa mia pelle sarà
distrutta, senza la mia carne vedrò Dio.
Io lo vedrò, io stesso; i miei occhi lo contempleranno non da
straniero.
Così invocava per non cadere sotto il maglio delle
immisericordie divine, con il salmo: Miserere mihi, Domine, quomiam pauper ed
unicus sum, implorando in tal senso la Sua consolazione.
Giulio Andreotti fece finta di non ricordare che la sua pelle
di volpe era indistruttibile.
Stop, figliolo Giulio, non procedere oltre.
Il Signore e Dio tuo, ti guarda e ti giudica, per rendersi
conto se le tue sofferenze e i tuoi dubbi del momento presente saranno paragonabili alla
gloria futura.
Era la voce del Dio di Mosè, di Abramo, di Giobbe.
Un tono di voce che perforava lanima da parte a parte e
la penetrava nel più profondo, con inesprimibile e incommensurabile forza.
Oh Gesù damor acceso non Ti avessi mai offeso,
dolce cuor del mio Gesù, fa chio tami sempre più.
Il contrito Giulio profferì queste frasi con gagliardia
perché sapeva che il giusto deve essere accetto a Dio, ma doveva anche farsi udire e
soprattutto doveva essere ascoltato.
Nella sua duratura vita terrena aveva imparato che un piede
solo non traccia un sentiero e che la convergenza di idee e di programmi e non sempre di
ideali, era lo sforzo pragmatico che ogni politico di razza era tenuto a realizzare.
Tutto ciò poteva rappresentare la sua possibile grandezza o la
sua possibile debolezza.
Ma tali passaggi, per un cattolico praticante, non dovevano
offendere Gesù Cristo, né violare la sua dottrina.
Vi era un esile margine tra la frontiera del lecito e quella
dellillecito.
Lo Statista italiano era stato spesso vincolato a sfiorare tali
confini, ma si era promesso come obiettivo di conseguire il fine, non sempre accessibile,
del bene dei più.
Nelle vicissitudini terrene era utile e necessario esplorare
tali rinnovabili confluenze, ma nel Paradiso, bisognava inventare una divergente
ideazione.
Dio ne era il Signore Assoluto da sempre.
La Forma delle Forme, lIdea delle Idee, il Pensiero del
Pensiero.
LUnità del Sapere.
Egli si espande nelle opere oneste degli uomini.
Il nostro Giulio maturò una fulminea meditazione .
Anche il Signore, Dio dellUniverso aveva tentato di
conciliare le antitesi.
Non per nulla aveva dettato a Mosè i dieci intrasgredibili
comandamenti.
Aveva, anche invitato sulla terra il proprio Figlio eletto e
prediletto: Gesù.
Il Maestro aveva predicato che ogni creatura umana era
meritevole di essere perdonata settanta volte sette.
Tale magnanima determinazione era un onorevole compromesso per
guadagnare più anime possibili alla Carità Divina.
Una sintesi compiuta tra il dettato intoccabile a non
trasgredire le regole dei comandamenti per essere salvi, e la speranza di
poterlo diventare anche se peccatori impenitenti, ma futuri pentiti grazie al perdono
infinitamente volte elargito.
Urgeva ad ogni costo incontrare Gesù, così filantropo.
Ma lAltissimo prese la parola non dando tempo al novello
conosciuto di presentare la richiesta.
Figliolo caro ho saputo che tu raccontavi qualche
simpatica barzelletta sul mio conto o sui miei officianti ministri.
Puoi raccontarmene qualcuna?
Oggi sono un pochino smemorato
.
Non ne richiamo alla mia mente alcuna.
Lanima scaltra fiutò con rapidità che il Padre Eterno
gli accordava una inaspettata quanto unica opportunità.
E cioè quella di acquistare agli occhi suoi qualche
ragguardevole attenzione e concreta
familiarità.
Dietro il Padre Eterno si infittì e fece capolino una schiera
enorme di curiosi ascoltatori.
Tra di essi, con soddisfacente conforto del Senatore, era anche
presente un gruppo di autorevoli leaders democristiani dal passato di consolidata
formazione cristiana.
Questi ultimi facevano segni di incoraggiamento, come a
fiatargli: dai, dai, amico Giulio ce la puoi fare, come sempre.
Così fidente attaccò.
Un giorno il Creatore passeggiava schiffariato nel
Paradiso.
Schiffariato?, domandarono tutti in coro.
Ecco
., ehm ehm.., insomma annoiato, sfaccendato.
Incontrò Pietro e domando: Pietro che novità ci sono
nellUniverso?
Oh Essere Supremo e Coordinatore potentissimo è tutto in
ordine.
Si accorse che lEssere Supremo si allontanò mestamente
sconfortato.
Pietro, assai impensierito, cercò lo Spirito Santo per
rendersi conto in cosa avesse fatto cilecca.
E lo illuminato e illuminante Spirito Santo così profferì:
Pietro, Pietro sei rimasto un inguaribile ingenuo pescatore.
Non ti sei accorto che il nostro Domine Dio oggi voleva
divertirsi?
E Pietro angosciato: ma allora guidami Ti invoco, Ti
scongiuro.
Lo Spirito Santo tollerante: manda sulla terra un
Arcangelo.
Quei bricconi di uomini per svagarsi hanno inventato uno
scatolone metallico con inseriti alcuni bottoni, premendo i quali si vedono delle immagini
accattivanti.
Pietro avvicinatosi di corsa a Colui che E, annunziò la
buona novella.
Spedì un Arcangelo sulla terra perché procurasse
loscuro macchinario.
Avuto conoscenza della buona novità, lEssere Divino
convocò tutte, ma proprio tutte le felici anime: erano un numero incalcolabile.
Ordinò di spegnere tutte le luci dellUniverso ed invitò
Gesù a sedere sulla sua destra, la Santissima Madre alla sua sinistra e lo Spirito Santo
sopra il suo capo.
Dalla terra giunse trafelatissimo lArcangelo postino e
piazzò lo scatolone dinanzi alla visione di cotanti accreditati astanti.
Pietro, indicibilmente soddisfatto, premette il primo
bottone .
Il Senatore cicalava vaporosamente.
La scena che si presentò fu terribile.
Infatti nel primo canale denominato RAI, si rappresentavano le
afflizioni delluomo.
Un magrissimo contadino, pelle ed ossa, sudato , spingeva una
mucca, anche questa pelle ed ossa e caracollante.
Aravano infiacchiti un campicello arido e pietroso.
Il Re dei cieli schizzò in piedi e scosso pronunziò:
Pietro ma quelli chi sono?
Pietro fu preso dallo sgomento e piagnucolante si rivolse al
figlio Gesù perché quelli apparsi erano a lui sconosciuti.
Gesù lo rincuorò.
Pietro, pasci ancora le mie pecore?
Io sono stato anche uomo e conosco molto bene la dura realtà
terrena.
Acquietati parlerò personalmente con il Padre Mio.
Oh Generatore insieme della materia e della vita, Tu hai
suggellato i Tuoi intenti nel Vecchio Testamento: e tu uomo lavorerai col sudore della
fronte!.
Proprio Io, figliolo prediletto?.
Oh Padre, Padre mio, circa duemila anni or sono.
Il Dio Creatore piccato: ma io scherzavo, scherzavo!.
Pietro piggia immantinente un altro bottone.
Pietro era pietrificato, ma assecondò il suo Capo Eterno in un
baleno.
Mal gliene incolse.
Sul secondo canale denominato RAI, comparvero delle immagini
ancora più sconvolgenti. Una infermeria spoglia, con un personale medico penoso, in un
ambiente inabitabile.
Una donna rinsecchita, sofferente urlava: stava partorendo.
LAltissimo era sbigottito:
Ma sacripante, Pietro, ma ancora quelli chi sono?
Pietro si era trasfigurato in una mummia .
Ebbe però la prontezza di agguantare ancora una volta Gesù
che benevolmente si rivolse al tediato e corrucciato Padre Suo: oh Padre, oh Padre
mio, Tu hai suggellato i tuoi intenti nel Vecchio Testamento: tu donna partorirai con
dolore!
Proprio Io,Io figliolo diletto?
Oh Padre, Padre mio circa duemila anni or sono!.
Ma ho già
detto che scherzavo!
Pietro per lultima volta ti ordino di premere un altro
bottone.
Pietro rincitrullito fece ricorso a tutte le sue esperienze
terrene non disdegnando un possibile miracolo.
Voleva suicidarsi, ma si rese conto che non poteva perché era
in Paradiso luogo della vita eter
Bisognava ancora una volta fare appello allo Spirito Santo.
Così, piano, piano, girando intorno al trono del Padre Suo,
tirò il rivestimento di un biancore argenteo vividissimo dello Spirito Eletto e con un
fil di voce richiese: che faccio? Quali alternative esistono?
Lo Spirito Santo, immedesimato della disperazione di Pietro,
violando le leggi della riservatezza, gli consigliò di spingere il bottone al numero 666.na.
Era il canale del Vaticano, dove, secondo le informazioni dello
Spirito Santo, si rappresentavano immagini spassose.
Lo stesso, poi,
ricordò a Pietro confuso e smarrito, che quel santo giorno il Padre Eterno voleva
divertirsi ad ogni costo.
Pietro ottemperò pieno di fiducia.
Ebbene, continuò a raccontare Giulio Andreotti
fronteggiando i suoi influenti dirimpettai con occhi indagatori e svegli, ebbene,
quel giorno nel canale Vaticano veniva ripreso un salone adornato di quadri ed arazzi di
gran valore e gusto, dove cardinali e vescovi provenienti da ogni parte del mondo,
passeggiando felpatamente, gustavano con lesaltazione di tutti i loro sensi, dolcini
di fattura pregiata, torte sontuose, frutta di ogni qualità.
Le immagini, proiettavano i loro rotondi pancioni e visi
vermigli .
Fu allora che il Padre Eterno si distese con gioiosa e
raggiante calma.
Pietro, Pietro quelli chi sono?
Pietro era imbranato e al contempo imbarazzato e si appigliò
per lennesima volta al figlio Gesù.
Devo proprio documentarlo?
Certamente, certamente, ehm
ehm.
Il nostro improvvisato attore comico non si tirò indietro e
impavido raccontò:
Muore
immaturamente un arbitro di calcio ed arriva in Paradiso dove ad attenderlo cè un
Signore con una solenne barba e baffi bianchi e le sopracciglia attorcigliate.
Larbitro subitamente e con la correttezza tipica dovuta
di chi approda allaldilà, confessa di non essere degno di entrare in Paradiso. |
Pietro, sulla cui pietra è stata fondata la Chiesa, hai
forse dimenticato che il Padre Tuo è Onnipotente, Onnisciente e Onnipresente?
Se non dirai la verità rischi assai, anche di essere buttato
fuori a calci dal Paradiso.
Gli spettatori divini ascoltavano compunti e sorridenti.
Il primo fra tutti gli apostoli, si avvicinò
allAltissimo e nel suo vigilissimo orecchio perché Egli solo udisse, sussurrò: oh Padre, oh Padre mio, questi sono
gli unici che hanno capito che Tu scherzavi.
Malgrado egli avesse parlato sottovoce, le ultime sue
confidenze rimbalzarono in ogni angolo dello sconfinato cielo.
Subito dopo vi fu un silenzio tombale e imbarazzato.
Il Giulio, conosciuto da
tutte le mura romane e non solamente, aveva
puntato tutte le sue carte migliori.
Dopo qualche istante si udì un boato che fece tremare stelle e
pianeti; era limmenso e incontenibile riso del Dio dellAlleanza, assai
divertito e irrefrenabilmente contento.
Il Senatore romano anche questa volta laveva spuntata: ma
che sgobbata!
A generale richiesta lo si interpellò se avesse qualche altra
stuzzicante storiella nel suo carnet.
San Pietro, io quando arbitravo, la mia squadra del
cuore, la Sanbenedettese, ho sempre fatto in modo fraudolento che vincesse.
Il Santo Usciere, suadente: non preoccuparti figliolo,
entra, entra pure.
Ancora larbitro perseverante: ma San Pietro, io
chiedevo anche ai miei colleghi di far vincere la Sanbenedettese, quando erano loro ad
arbitrare le partite.
Lautorevole Portinaio, sempre più insistente: ti
ribadisco, entra, entra figliolo, per te è previsto il Paradiso.
Ma San Pietro, rintuzzò larbitro: io
ho anche venduto le partite per far vincere la Sanbenedettese.
Figliuolo ti decidi o no ad entrare?
Poi io non sono San Pietro ma San Benedetto! Hai afferrato
ora?.
Vi fu unesplosione di entusiastiche acclamazioni,
accompagnate da divertiti e lusinghieri commenti, ma il più sollazzato era San Benedetto.
Le precedenti riserve si erano mutate, grazie all
abilità dellimprovvisato scherzoso giullare in elogi.
Povero me se tutte queste anime sante intonano le mie
lodi.
Il Senatore avvertiva il pericolo di essere flagellato al
cospetto di Dio perché andreottiano e non cristiano e avvertiva ora una ulteriore
esigenza.
Doveva ancor di più distrarre il Dio dIsraele.
Doveva stancarlo, farlo cedere alluggia, per dirottare la
sua Sua potente attenzione il più lontano possibile dalle sue pur urgenti problematiche:
e cioè dal giudizio finale sulle sue opere ed azioni.
Gli venne unidea, impegnare la concentrazione del suo
Eterno Interlocutore, con altra stimolante curiosità, sui Vangeli e sulle possibili
discrasie delle loro asserzioni.
Signori della Corte Celeste e Voi Signore di tutte le
Nazioni e Popoli, posso, nel dovuto rispetto di Voi tutti incomparabili ed illustrissimi e
convinto della Vostra regale indulgenza, esporre qualche mio dubbio, teologico o
religioso?.
LEnte Supremo abbassò il capo dando così il segno del
proprio consenso.
Infatti più che il dovere di procedere per giudicare
lanima devota di romana provenienza, prevalse il desiderio di conoscere questa sua
novella pensata.
Linvestigatore così si espresse, facendo
contrito una profonda riverenza.
Una delle pagine più drammatiche dei Santi Vangeli è
quando Giuseppe, lartigiano vigoroso, e di buona ed onorata famiglia, si accorse che
Maria era incinta: Maria Santissima, purissima, Immacolata.
Il sommo Sopronio Eusebio Gerolamo, inimitabile e inimitato
scrittore, teologo, santo romano, padre e dottore insigne della Chiesa, raffinatissimo
traduttore della Bibbia, dal greco e dallebraico in latino, fidato collaboratore di
Papa Damaso, fustigatore assai ascoltato delle ipocrisie umane, attuò la revisione dei
quattro vangeli in lingua latina, poi del Salterio e di gran parte dellAntico
Testamento.
Rispettoso dellordine delle parole della Sacre Scritture,
fu fedele al broccardo: che anche lordine delle parole è un mistero, cioè
una rivelazione.
San Gerolamo, assentiva con pudore incipricciato.
Il suo Epistolario rimane un capolavoro ineguagliabile
della letteratura latina, è ricco di una teologia inverata nella parola di Dio.
Ventitré lunghi anni, durò la sua immane fatica, improntata
alla ricerca della verità, anche di questo ultimo mistero: quello del concepimento della
Madre di tutte le madri.
Il Vero Dio: erudito il nostro interlocutore eh !?
Gesù: era noto tutto ciò.
Già vagiva sapientemente.
Lanima in pena, benché apparisse supplicante, perseverò
tenacemente: accoglimi Signore secondo la Tua promessa e vivrò; non deludermi
nella mia speranza.
Dunque San Gerolamo doveva conciliare i testi dei Vangeli per i
ricchi, come per i poveri e le sue traduzioni più indovinate le vergava quando tracannava
più del dovuto ehm, ehm.
Il Dio Celeste, stupefatto e con unocchiata piena di
dubbi, sempre rivolto al Figlio prediletto: ma Tu eri a conoscenza di questo
difettuccio del nostro Sopronio Eusebio?.
E il Figlio Gesù: mai saputo.
E, poi, un particolare futile; è la solita scherzosa ed
insidiosa malizia del nostro Giulio.
Non angustiarti
Il Senatore imperterrito: con il Vostro soprannaturale
permesso vorrei riflettere sullinquietante interrogativo che travagliò il qui
presente San Giuseppe sulla maternità della futura compagna e moglie e sul suo tentativo
di escogitare una via duscita da una situazione difficilissima.
Di fronte alla gravidanza di Maria la traduzione di Gerolamo,
riveduta, suona così: Joseph autem vir eius, cum esset iustus et nollet eam
traducere, volut occulte dimettere eam.20 .
Haec autem eo cogitante
..
Ora lespressione haec autem eo cogitante è
un ablativo assoluto con participio presente: in grammatica latina, non solo difficile da
tradurre, ma da interpretare.
Il problema dellinterpretazione si fa ancora più arduo
quando passiamo, insigni ascoltatori, dalla Vulgata Clementina, al testo greco ricostruito
da eccelsi studiosi.
Il Padre eterno era sbigottito ed intensamente turbato, ma al
contempo coinvolto.
Vediamo dove vuole approdare questo briccone
Non vorrei fosse un pallone gonfiato o peggio uno
sballone.
Lestensore conferenziere era gasato.
Allora, il corrispettivo greco del testo recita così: ?a?ta
d? a?t?? ????µ????t?? (entimetentos).
Laltra differenza riguarda la
traduzione del verbo ????µ??µa?[1]:
ponderare, riflettere, rivolgere
lanimo oppure pianificare.
Nel testo latino si evidenzia cogito: escogitare, volgere nella
mente.
Oppure il futuro sposo Giuseppe era
sconvolto e sconcertato.
Stava per assumere determinazioni
dolorosissime.
Ora nella mia piccineria umana, mi sono
posto una domanda.
Se dovessimo accantonare
lintervento divino con il suggerimento angelico, lo affermo con la massima
deferenza, perché Giuseppe, crede a Maria?.
I presenti incrociarono i loro sguardi
titubanti.
Tutti erano ammutoliti, compreso lo
stesso San Giuseppe.
Il Divo Giulio, prontamente: ma
perché accanto al miracolo della rivelazione, ve nè un altro altrettanto potente.
Giuseppe credette a Maria perché
lamava.
Poiché io Ti amo, Ti credo!
Che stupore!!
Innanzi al grave scandalo provato da San
Giuseppe, vi è uno smisurato atto dAmore: così nasce il primo nucleo della
famiglia cristiana.
Il Senatore a vita eterna era spossato,
ma al contempo tonificato.
Che penserà, ora, lEnte
Supremo?.
Il Vero Dio che ogni cosa vede e sa,
così pronunziò: sei stato professorale, direi emozionante , convincente.
Tempus fugit e Noi dobbiamo procedere nella disamina e maturare
il giudizio finale.
I giudici per le indagini preliminari alluopo nominati
saranno
.
Gesù, interrompendo il Padre Suo, gli bisbigliò qualcosa.
Fu suadente, talchè lOnnipotente assentì.
Allora i quattro prescelti sono i Santi della
Misericordia, perchè in questo specifico caso cè tanto bisogno di benignità e
cioè: San Giovanni di Dio, San Camillo De Lellis, San Filippo Neri, San Cromazio di
Aquileia.
Entro tre giorni mi deluciderete sulla personalità di
Andreotti detto il Giulio, sul suo operato, sui suoi pensieri, etc etc.
LAltissimo si allontanò e nel cielo si smorzarono tutte
le luci, solamente le stelle, svegliandosi, fecero capolino illanguidendosi
Il democristiano
per antonomasia rimase solo.
Ebbe la percezione di stare sospeso su un sottile velo
sfilacciato, accompagnato da melodie placide e flautate e si assopì assonnato.
Unaria, pregna di odori profumati, lo inebriava con i
suoi soffi gradevoli.
Fu svegliato da un cicaleccio frutto di una beatificante
agitazione, anche se ordinata.
Signori Santi della Misericordia, avete raggiunto un
verdetto? .
Dio appariva in tutta la Sua bontà e mitezza.
Padre Nostro che sei nei cieli, non abbiamo raggiunto
una unanime risoluzione.
Malgrado tutte le nostre fatiche, non siamo riusciti a
penetrare, a tradurre i pensieri del nostro esaminato: inaccessibili, inviolabili,
inesplorabili.
Come procediamo?.
Il Padre Nostro sia santificato il nome Tuo, si rivolse a Suo
Figlio preferito.
Gesù raccomandò: avrebbe diritto ad una difesa.
Cè nessuno qui in Paradiso pronto a tutelare le
ragioni del qui presente Senatore?.
Io. Padre Nostro venga il regno Tuo.
Chi avanzò era un altro democristiano doc: Giuseppe Alessi.
Era stato avvocato di grido.
Nel suo studio, in una piccola cittadina siciliana, a
Caltanissetta, nel settembre-ottobre del lontano 1943, fu fondata la Democrazia cristiana.
Lo stesso scrisse lo Statuto e ne disegnò il simbolo.
Fu primo Presidente della Regione Siciliana, poi Deputato,
Senatore, Presidente dellIstituto dellEnciclopedia Treccani.
Fu uno dei discepoli più stimati dal prete di Caltagirone, Don
luigi Sturzo, figura straordinaria di sacerdote, sociologo e politico.
Riportano i più edotti delle cronache democristiane, a
suffragio del pungente temperamento del principe del foro che, alla fresca età di quasi
centoquattro anni, venuto a conoscenza che il suo apprezzato compagno di partito compiva
gli anni gli telefonò per congratularsi.
Appena informato che lo stesso aveva maturato novantanni,
la sua esclamazione fu : minchia accussì caruso si ( caruso sta per
giovincello, bambinello, acerbo).
Di Alessi,
lIncantatore, si scrisse: eccolo! Dalla tribuna ti domina.
Egli sa che anche la parola è musica.
E col gesto la concerta e laccompagna.
Tendi lorecchio e ascolta
..
Parla e si ascolta.
E vuole che nulla sfugga: nemmeno quel minuto concetto espresso
sottovoce
.
Se sorride, la parola rimbalza, saccende, risale,
sinsegue, si smorza come un trillo di note
.
Poiché questo geniale incrocio di Svevo e di Normanno sente
che il creato è musica e nel suo fanatismo illuminato vorrebbe che le corde vocali altro
non fossero che canne dorgano . ( I Vice Vicerèdi Gaetano Laterza.ed.
Bonanno Acireale).
Una presentazione assai promettente.
Accetti tu, Giulio Andreotti la difesa di Alessi?.
Ne sono onorato e convinto.
A me la toga, orgoglio della mia fortunata ed apprezzata
vita professionale e grazie alla quale ho avuto grande successo e straordinaria
popolarità.
Si alzò una voce: è stato il primo e resta il
migliore.
Riconoscente mio munifico sostenitore.
Loratore iniziò la propria arringa con grande maestria e
padronanza della parola, asciutto e cristallino.
Lanciò parte della toga dietro le spalle, con la stessa
perizia con la quale i marinai issano le vele.
Padre Nostro sia fatta la volontà Tua come in cielo
così in terra, e Voi anime santificate, depongo ai Vostri piedi un quesito e cioè quello
di tentare di formulare un giudizio spassionato senza un esame diligente e preventivo
sulla complessa personalità del qui presente mio assistito.
Se ciò fosse ritenuto possibile, dovremmo perderci nei ricordi
più reconditi e nelle incertezze più nascoste.
Non è forse questo lesito nel quale, dopo attenta e
profonda disamina, sono pervenuti i Celestiali Giudici per lindagine preliminare?
Non sempre è necessario amare la verità; onesto è, però,
sempre sostenerla.
Io non cercherò di commuovere i Vostri cuori, ma di stimolare
le Vostre menti.
E vi dirò di più: io non sono divorato dallantica
amicizia del qui presente Senatore a vita senza fine, ma dalla insopprimibile
testimonianza di ricercare giustizia per un uomo che ritengo giusto.
Sono assetato, invece, da una convinzione che nella mia
concione il timore di Dio non mi abbandoni mai.
Vorrei proclamare come S. Gerolamo: non rendo la parola
con la parola, ma il senso con il senso.
Eminentissimi e Clementissimi, questuomo in gamba mai si
lagnò degli infiniti affanni quotidiani che potevano, visto la loro vastità e
complessità, piegarlo.
La sua vita familiare, sociale, politica fu improntata ad un
dogmatismo che appariva gelido, ma sempre legata nella fede praticata e non predicata in
Voi, Padre Nostro dacci oggi il nostro pane quotidiano, scaturita da una rara esperienza
di gratitudine di fronte ai valori a volte nobili, a volte miserevoli terreni.
Non si può certamente negare che forse gli interessò
conoscere la gente ma fino ad un certo punto, incatenato come era al suo carattere,
vogliamo definirlo riservato, cauto, circospetto, schivo, che però gli consentiva un
distacco terapeutico dalle afflizioni della intensa vita di ogni giorno.
Non seguì mai un desiderio passionale e nella stessa passione
dellamore raggiunse quel sublime distacco e misurata indifferenza che è patrimonio
degli uomini accorti e che consente loro di ignorare i turbamenti ed evitare le dolorose
aridità che fanno parte del bagaglio dei dubbi di larga parte del genere umano.
Ma perché mi ostino ad insistere su alcuni aspetti del suo
carattere?
Perché egli non visse novantaquattro anni ma duemila anni.
Duemila anni della storia e non della cronaca dellItalia,
dei suoi destini, delle virtù e debolezze della sua gente.
Fu un compendio palpitante, una enciclopedia vivente di tutto
ciò.
E anche in tempi nebbiosi, ebbe la capacità di vedere chiaro,
incarnando in modo pieno e ricco il nuovo realismo del moderno politico.
Gli si addebita che tale realismo fu a volte spietato ed
inquietante.
Lo esigevano le circostanze, perché vi era un bene più alto
da salvaguardare: quello comune.
Perciò fu animato da un frenetico fervore di opere, costruite
per un sogno di pace e progresso.
Lo si vuole incolpare di egocentrismo e di un atteggiamento
tendenzioso?
E innegabile che non entrò mai in conflitto con i dubbi
etici di agostiniana memoria, perché egli ebbe una fedeltà assoluta e intrepida e leale
alla reale visione cristiana della vita ed un abbandono appassionato alla superiore
verità religiosa.
E così, è così!.
Loratore era un ragionatore inesorabile ed abilissimo.
Non fu certamente un mistico, né si arrese alla stupenda
e dolorosa individualità.
Molti gli fanno carico che ebbe una natura introversa e
rigidamente controllata, avara di slanci.
Portò sempre e senza riserva alcuna come stendardo la sua
natura, quella di osservante.
Chi può negare che visse i Comandamenti con una operante e
nascosta forza spirituale, conscio di essere un povero uomo in mezzo a tantissimi altri
poveri uomini?.
La sua natura pacata era semplicemente uno scudo,
indiscutibilmente non quello crociato! Diversamente da tanti suoi colleghi, non ebbe mai
sangue bollente o mente vendicativa, ma non offrì la terza guancia: sarebbe stato
troppo
.
Si confuterà che pronunziare la parola potere
significò nel gergo politico italiano comune: andreottismo.
Per alcuni, il vizio trasformato in buon affare.
Tale vizio, secondo la generalizzata vulgata, incarnerebbe una
certa livida rassegnazione più di quanto si possa pensare, e più orgoglio di quanto si
riesca a capire.
Allora pongo un interrogativo alla Vostra eletta diligenza.
Cosa è il potere?: possibilità?, facoltà?, opportunità?,
autorità?, capacità?, forza?.
Secondo me indica la caratteristica di chi è in grado di fare
qualcosa per qualcuno o contro qualcuno.
Possibilità, facoltà, ma può essere anche esercitare un
dominio, un comando: potere come potenza.
Lavvocato Alessi dibatteva con ammirevole concisione e
con labilità del classico contraddittore.
La sua diagnosi era anche una lezione di alta umanità.
Sulla sua pelle soffrì la differenza, la distanza che
esiste tra percepire il potere e realizzarlo.
Cambiare, cambiare le cose si deve, in tanti lo
auspicano.
Facile ad asserirlo, ma trovare le risorse e poi impiegarle e
distribuirle con equità con limitate possibilità di intervento, dà la visione obiettiva
della questione della impotenza e della decadenza del potere.
In democrazia esiste qualcuno che detiene il potere in grado di
decidere in assoluto, senza ostacoli, qualcosa di importante, equanime, imparziale e
durevole, ma sempre sospeso sullorlo della paralisi per la presenza di veti
incrociati?.
Gli si imputa, a proposito della gestione del potere, di essere
stato un semplificatore.
Il potere accresce la solitudine di chi lo esercita, perché lo
rende più attaccabile e perciò disarmato.
Da questo punto di vista paradossalmente il mio celebre
patrocinato non fu mai vulnerabile.
Il potere che egli esercitò fu semplicemente un servizio reso,
dovuto, perché sapeva che in politica si diventa regali quando si serve e non quando si
è serviti.
Se il suo essere semplificatore significa servire e perciò
essere regali, il mio rinomato protetto, ebbene, fu un semplificatore.
LEnte Supremo annuiva
taciturno, nascostamente convinto per la dotta ed eloquente arringa del difensore che
obiettivamente era stato penetrante.
Lavvocato Alessi galoppava verso la linea darrivo.
Fece sue nella pratica quotidiana le parole di un teatino
sapiente, Padre Gioacchino Ventura:
in politica non bisogna mai entrare
in una novella via, o bisogna con fermezza, con coraggio, tutta percorrerla.
Non bisogna entrarci ed uscirvi; fare un passo innanzi e due
addietro; arrestarsi ad ogni ostacolo, tremare ad ogni resistenza.
In politica ogni fermata è una perdita, ogni incertezza è
pericolosa, ogni contraddizione è funesta.
In questo senso il Senatore Andreotti fu un pioniere.
Il suo zelo non fu mai votato al martirio del ridicolo.
Ed io mi sento di affermare che le azioni di chi muore retto
continuano a vivere, non si annullano mai, anche se non è dato ad alcuno di vedere come
continuano, come si incrociano con le azioni di altri individui.
Si uniscono a queste, si trasformano, si confondono, senza mai
cessare di vivere.
Amore, bellezza ed onore sono le tre virtù dei giusti.
Non spariscono, non vengono inghiottite nei flutti delle opere
umane.
Lamore e la ragione sono una medesima cosa.
Padre Nostro rimetti i nostri debiti, come noi non li
rimettiamo ai nostri debitori.
Il Dio Vero incredulo, frena larringatore:
altolà, altolà!.
Sapiente e venerato Spirito Santo ma la preghiera che abbiamo
tramandato alla umanità non declama: come noi li rimettiamo e non non
li rimettiamo?.
Al nostro protettore avvocato bisognerebbe tenergli la lingua a
freno.
Il tollerante Spirito Santo con sarcastica attenzione:
Padre Illuminato sarà stato un errore di sbaglio.
Un momento di sbadataggine del difensore che nellimpeto
della sua perorazione si è confuso.
Capita, capita
.
Lavvocato Alessi prontamente rianimatosi e conscio della
svista: chiedo indulgenza, absit iniuria verbis, anche se a volte :magis amica
veritas
..
Capita, capita
.
Riprendiamo.
Al mio illustre collega furono contestati uno sguardo
impenetrabile, i suoi silenzi, le sue pause di sospensione o meglio di sorpresa che mai si
erano riscontrati in nessun altro.
Ma egli aveva un pudore nascosto che si traduceva nel suo
desiderio di evitare ambigui contatti, di proteggersi, di non svelarsi subito e di avere
riguardo per le incertezze del suo avvenire, di nascondere il suo passato.
Ebbe la esatta consapevolezza di ciò che produceva socialmente
e in modo originale.
Fu avveduto per la preoccupazione di vedere il proprio pensiero
travisato da un falso amico o di vederlo infelicemente interpretato da un amico fedele.
La nota ritrosia a rispondere ai critici, come la benevolenza
misurata per chi lo elogiava, questi atteggiamenti sono il compendio del suo pudore inteso
nel senso più elevato.
I suoi incidenti giudiziari ?.
Non sono che vaghe e imprecise ombre di fiochi e scomodi
ricordi sepolti in vecchi volumi di un mondo superato.
E poi io ho argomentato sulla sua storia e non sulla sua
cronaca.
La verità è che Giulio Andreotti ha divorato il tempo senza
esserne divorato e tutto questo gli ha procurato invidie, gelosie, maldicenze, livori e
ingiustizie.
Guardatelo, fissatelo e avrete la certezza che nella sua anima
non albergano contorti intrighi, ma splendono
e scattano solidarietà umana mitigata dalla sapienza e delicatezza di sentimenti più
preziosa e ponderata.
Cerchiamo noi povere persone di imparare che sulla terra quelle
verità la cui consistenza persisterà anche in Cielo.
Voi Signor Presidente Padre Eterno non ci indurre in
tentazione, con lapporto dei Consiglieri Giudici dovrete porvi il problema se decidere ratione auctoritatis o auctoritate
rationis.
Dovete in sintesi decidere per il principio di autorità o per
lautorità dei principi della ragione.
Quello che posso affermare con certezza è che il Senatore
Giulio Andreotti si accollò un onere sociale che custodì ammirevolmente e che fu la
legge del suo costume, del suo cuore ed insieme labito suo, il suo intrinseco valore
nella relazione con le comunità..
Lausterità feconda del credente è come una grande
riserva degli spiriti eletti.
Loratore incalzava con logica metallica e polposa e
rigore inespugnabile.
Fu promotore di una politica rigidamente riformista,
basata sulla ragione, ma ragionevolmente condotta.
E vero, fu un superbo irriverente custode delle sue
certezze, ma non le proclamò mai.
Non gli appartennero la contraddizione dei furbi o dei
prepotenti, né lindividualismo gretto, oppure il messianismo più acceso.
In tal senso fu un moderato nellaccezione più nobile del
termine.
La sua opera e la sua parola si determinavano in un accordo
più alto della vita civile e della vita religiosa: in questultima gli interessi
veri delluomo trovano potenziamento e pacificazione.
Non si contano le volte in cui trepidò e sperò.
Se era in ansia, o se sperava nascondeva questi sentimenti
nella fortezza chiamata autocontrollo.
Un giorno, forse, si inquadrerà il qui presente più volte Presidente del Consiglio e Ministro, non
nel tempo che fu suo, ma nel tempo che verrà .
Non fu contro il mondo, né con il mondo, ma visse nel mondo
come protagonista responsabile.
I suoi successi non li questuò, se li guadagnò con le sue
mani.
Un punto sul quale non si può arzigogolare è quello che
consacra che mai barattò le proprie idee per il potere, ma il potere per le proprie idee
: si!
Fu cinico sino alla sfrontatezza?: ma non era che un candido
scetticismo.
Certo, certo delle sue idee si fidò e se fu a volte
canzonatorio, lo fece anche in loro difesa; con queste mai intrallazzò.
Oggi nel Paese chiamato Italia lincertezza delle scelte
è grande e la mancanza di progetti attendibili e di ideali attendibili, rende la
situazione sociale di intollerabile degrado.
Si sente la mancanza di leaders come il democristiano
Andreotti.
Le grandi Nazioni hanno bisogno di grandi uomini.
Di tutto lo si può incolpare, ma mai di avere abbandonato i
suoi giovani o vecchi colonnelli acciaccati o generosi.
Egli non fu mai un civettone in quella selva selvaggia che fu
ed è il teatro della politica italiana.
Non si compromise con ogni sorta di allotrie, rifiutandole di
netto.
Loratore indugiò perché la spossatezza stava per
prevalere.
Fu rinfrancato dallo Spirito Santo.
Egli riprese con più vigoria: lo Statista, definito
tale vox populi, seppe sempre scegliere il calcolo esatto dei tempi, accompagnato dal filo
acuminato della battuta, così ha sempre separato il personaggio dalla persona.
Fu capace di innalzarsi alle più alte vette, ma non sempre fu
capace di rimanervi a lungo.
In conclusione: fu un uomo nel tempo e del suo tempo, attore e
non comparsa.
La sua attualità si riassumerà nella operosa vita terrena.
La sua fortunata carriera politica non è che un minimo
denominatore delle buone azioni distribuite fra i popoli.
Nel tempo il mimo scopre la sua identità.
Egli non fu un mimo.
Ora davanti a Voi Dio di tutte le genti, potrà esclamare:
miserere mei, Deus, secundum magnam misericordiam tuam et secundum multitudine
miserationem tuarum; dele inquietatem meam.
Amplius lava me ah inquietate mea, ed a pecato meo munda.
Il Senatore a vita eterna non ricordava bene questo salmo, ma
compunto, mormorava frasi sconnesse, accodandosi alle parole del suo dotto difensore,
sicuro che non fosse decifrato.
Iddio che ogni cosa sa e vede lo sbirciava con tenerezza e
benevolenza.
Lavvocato Alessi chiuse così la sua invocazione:
Chiedo lassoluzione senza se e ma per Giulio Andreotti per non aver mai commesso
fatti ed azioni contrarie alla buona condotta e perché non ha violato le leggi divine se
non che venialmente.
Il Padre Nostro non ci indurre in tentazione, commentò:
limpetuoso avvocato Alessi ha pronunziato una difesa concisa e penetrante, espressa
con significante naturalezza.
Ma più ponderosamente si è appellato alla elargizione del
Nostro Amore ed alla cura della Nostra Ragione, più che al Nostro perdono: una sfida.
Il rinomato Giulio è stato molto mortificato dalle
vicissitudini umane ed ora è assetato di un massiccio conforto; se questo mancasse, ne
resterebbe assai frustrato e scornato.
E come recita la Sacra Scrittura: Venite a me tutti voi
che lavorate e portate pesanti fardelli e io vi rinfrescherò
Mi sono, perciò, consultato con Gesù e lo Spirito Santo e la
Santa Madre Santissima e gli illustri Giudici Divini.
Dopo breve faccia a faccia, il Nostro giudizio è concorde.
Giulio Andreotti è assolto per sufficienza di prove.
Difeso e difensore si abbracciarono con forza e commossi e
bisogna asserire che la emozione era diffusa in tutto il Paradiso tra le anime salve.
Domine Iddio zittì tutti con risolutezza e si alzò in piedi
sprigionando un mirabile bagliore in tutta la sua maestosità e una beatitudine che
tremolando innaffiava lintero Paradiso, distendendo così nellaria del cielo
una pace sconfinata.
Un attimo, un attimo.
La sufficienza di
prove comporta una penitenza: è il minimo che posso concedere.
Giulio Andreotti dovrà essere negoziatore con Belzebù.
Il Domine Dio ridacchiava ponendo le sue mani sul viso di una
bellezza straordinaria e così nascondendolo.
Ma se non prendo uno svarione mi pare che sulla terra
appellassero anche lui con questo brioso nomignolo.
Riconfermo: il Presidentissimo dovrà essere mediatore per i
casi problematici riguardanti le anime in pena e in bilico, e le cui verità sono
discrepanti.
Dal profondo inferno serpeggiò una voce tonante del Dirigente maximus inferocito.
Questa ulteriore penitenza così pesante è
insopportabile.
No , nooooooo, questa sgarberia il Padre che è lassù non
doveva procurarmela.
Non gli è bastato dileggiarmi spedendomi in questo luogo
diabolico?
Ora mi contrappone un mediatore il più perfido e smaliziato
che ci sia e ci sarà in commercio.
Presenterò immediatamente un circostanziato reclamo!.
Fu tutto vano.
Colui che E fu irremovibile.
Si narra ancora oggi che appena Belzebù intravede lanima
negoziatrice avvicinarsi nelle lande infernali per compiere il proprio dovere, se la
svigni rintanandosi nel più celato e mai scoperto nascondiglio.
Accompagnato dai Santi, Martiri, Angeli e Arcangeli e tutto il
corpo celeste, Giulio Andreotti incedeva
incommensurabilmente conscio del prestigio che gli proveniva per il nuovo incarico
affidatogli dalla Bontà Divina.
Si appressò verso lOnnipotente, accompagnato da un soave canto gregoriano che si
spandeva in modo beatificante.
Ave, ave Giulio, il Signore ha rimesso i tuoi peccati.
La tua fede ti ha salvato.
Era proprio vero: neanche lAltissimo era riuscito a
spedire in pellicceria la pelle della volpe romana.
Forse tutto sommato era meglio vigilare da vicino, come fa un
Padre longanime, un caruso aggrovigliato.
Ma unaltra voce si alzò più in alto di tutto e di
tutti: era quella della Madre di Dio la quale accompagnò la sua mano benedetta a quella
del nuovo figlio Giulio e insieme recitarono:
Lanima mia magnifica il Signore.
Il mio spirito esulta in Dio mio salvatore.
Poiché ha guardato lumiltà della sua serva.
Tutte le generazioni mi chiameranno Beata.
Il potente ha fatto in me cose grandi.
Sì, il suo nome è santo.
Il suo amore di generazione in generazione.
Ricopre coloro che lo temono.
Interviene con la forza del suo braccio
Disperde i superbi nei pensieri del loro cuore.
Abbatte i potenti dai troni.
Innalza gli umili.
Ricolma di beni gli affamati.
Rimanda i ricchi a mani vuote .
Sostiene Israele suo servo ricordandosi del suo amore.
Come aveva promesso ai nostri padri.
Ad Abramo e alla sua discendenza per sempre.
Il Senatore a vita eterna
invocò con voce trasognata e fortificante: Amen.
Se qualcuno un giorno volesse affrontare lavventura di
svelare chi fu ed è Giulio Andreotti dovrebbe sciogliere questa indecifrabile massima:
Incepta perficere, perfecta confirmare (Perfezionare liniziato,
confermare il concluso). |
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Rapporti spesa pubblica (in termini di
% del PIL) nei Paesi della Europa e negli Stati Uniti e in Giapponenel 2017
La Francia ha la maggiore spesa pubblica e l'Italia all'ottavo posto, su
36 paesi presi in considerazione |
Spesa pubblica per la sanità in Italia dal 2000 al 2016
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A Palermo, ARS - Assemblea Regionale Siciliana, 2014 |
Ernesto d'Albergo
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Per l'onore della Scienza delle Finanze italiana nel mondo
e per l'onore della Sicilia.
CONVEGNO IN RICORDO E PRESENTAZIONE
di ERNESTO d'ALBERGO ALLA SICILIA
NELLE PERSONE DEI SUOI DEPUTATI REGIONALI
.
A PALERMO, PALAZZO REALE
IL 31 OTTOBRE 2014, ORE 10,30 NELLA SALA GIALLA
INTERVENTI di NINO LUCIANI
(Università di Bologna),
di DOMENICO DA EMPOLI (Università "La Sapienza" di Roma),
di ANNA LI DONNI (Università di Palermo) |
Per l'opera magna di E. d'Albergo in italiano e in
inglese, e connessa biografia
clicca su: http--amsacta.unibo.it-2571-
|
Nota
biografica
a cura della figlia NELLA.
Nacque nel 1902 a Noto (Siracusa)
da nobile famiglia siciliana.
Fu legatissimo al padre N. H. Salvatore d'Albergo della Cimarra, illustre
avvocato; ed alla madre Nella Scirpa d'Agata.
Morì a Roma nel 1974. Giace a Noto (Siracusa) nella tomba di
famiglia.
Studiò alla Bocconi dove si
laureò nel 1924.
Dopo un periodo di prova negli uffici amministrativi della Banca Nazionale di
Credito, viste le attitudini, ebbe la nomina di responsabile dell'Ufficio Studi della
Direzione Centrale della stessa Banca.
Successivamente, passato alla carriera universitaria, fu per vari
decenni Consulente Economico della Sede Centrale del Credito Italiano.
Nel 1930 conseguì la Libera Docenza e fu Professore Incaricato per la
sua disciplina, nella parte concernente la finanza locale, all'Universìtà del Sacro
Cuore ed all'Università Statale di Milano.
|
. Fu professore ordinario di scienza delle finanze a Ferrara, Siena,
Trieste, Venezia (Cà Foscari), a Bologna, infine a Roma "La Sapienza".
A Bologna (1941-55) fu Preside della Facoltà di Economia e Commercio
dal 1947 al 1952. In quel periodo, essendo andata.
distrutta nel corso della guerra la vecchia sede universitaria, egli fece realizzare la
nuova sede secondo moderni concettì architettonici e urbanistici, sia pur con qualche
riserva quanto al rispetto della tradizionale architettura bolognese. Nel 1956 ebbe
la Cattedra di Scienza delle Finanze alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Universìtà
"La Sapienza" di Roma, ottenendo con soddisfazione, dal governo italiano, la
separazione della Scienza delle Finanze dal Diritto Finanziario.
Insegnò a Roma fino al collocamento fuori ruolo.
Aveva fatto 171 pubblicazioni.
Dal 1945 e fino alla sua
scomparsa, diresse la Rivista Bancaria-Minerva Bancaria.
Fu presidente dell'Associazíone Nazionale Tributaristi Italiani
dal 1952 fino alla sua fine.
Ebbe per quasi un decennio la Presidenza della Confederazione
della Proprietà Edilizia negli anni Cinquanta.
Nel dopoguerra fu eletto Consigliere Comunale a Milano.
Nel 1963 fu riconosciuto "Benemerito delle Pubbliche
Finanze" dal Presidente della Repubblica G. Saragat e, su proposta del Ministro delle
Finanze R. Tremelloni, gli fu |
. conferita la medaglia d'oro.
Fu insignito del titolo di Cavaliere dell'ordine del Santo Sepolcro,
per richiami pertinenti del Vangelo nella scienza delle finanze, per il riparto delle
imposte.
Vinse il Premio Cremisini e nel 1972 l'Accademia Nazionale dei Lincei
gli attribuì il Premio della Fondazione Francesco Saverio Nitti per aver sviluppato per
oltre un quarantennio attività di studio e d'insegnamento nelle discipline fìnanziarie,
con particolare riguardo alla sfera pubblica..Ernesto d'Albergo amò sempre la Sicilia, anche se non furono frequenti i
suoi rientri alla terra d'origine.
Fu legato alla famiglia e alle sue radici familiari, e aveva in
animo di scrivere la storia della sua casata, eccelsa nelle Lettere e nel Diritto.
Rimarchevole un antenato, il Marchese Corradino d'Albergo,
patriota e poeta, che nel primo Ottocento organizzò insieme alla moglie Sofia, dì
origine Sassone, salotti letterari a Palermo. Lo stesso Corradino d'Albergo si
stabilì nel 1852 a Firenze dove fu Presidente dell'Accademia Pontaniana e dove, dopo la
morte, fu sepolto alla Certosa. Ernesto d'Albergo amò profondamente la Toscana che scelse
come sua sede di vacanza e di lavoro costruendovi un villino sulle colline della campagna
fra Lucca e Pisa, dove amava passare numerosi giorni dell'anno.
E.d'A. ebbe come allievi Guglielmo Gola, Nino Luciani, Vincenzo
Russo, Gaetana Trupiano, Caterina La Mesa, Maria Clara Sellari, Marina Ricciardelli. |
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Rapporti spesa pubblica (in termini di
% del PIL) nei Paesi della Europa e negli Stati Uniti e in Giapponenel 2017
La Francia ha la maggiore spesa pubblica e l'Italia all'ottavo posto, su
36 paesi presi in considerazione |
Spesa pubblica per la sanità in Italia dal 2000 al 2016
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Università di Bologna
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In collaborazione
UNIVERSITA' DI BOLOGNA - UNIVERSITY OF CALGARY |
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Scoperto
Rhodococcus aetherivorans,
il batterio trasformato in nano-cristalli
ad alta conduttività di elettricità |
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University of Calgary
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Dal Laboratorio di Microbiologia Generale e
Applicata (Università di Bologna)
e dal Laboratorio di Biochimica Microbica (University of Calgary University):
Come è stato scoperto il batterio "Rhodococcus aetherivorans"
AA.VV., Alessandro Presentato - Elena
Piacenza - Ali Darbandi - Max Anikovskiy - Martina Cappelletti - Davide Zannoni - Raymond
J. Turner,
Assembly, growth and conductive properties of tellurium nanorods produced by
Rhodococcus aetherivorans
Per il testo completo in inglese: Clicca su: https://www.nature.com/articles/s41598-018-22320-x/
ABSTRACT
(NL, traduzione libera dall'inglese) |
Il Tellurito è un ossi-anione* pericoloso
e tossico per gli organismi viventi.
Tuttavia, molti microrganismi possono bioconvertirlo nella forma meno tossica del
tellurio elementare. Qui, Rhodococcus aetherivorans (cellule riposanti non in crescita) ha
mostrato la capacità di produrre nano-particelle a base di tellurio (NP) o nano-asticelle
(NR) attraverso la bioconversione di Tellurito, che dipende dalla concentrazione iniziale
dell'ossi-anione e del tempo di incubazione cellulare.
____________
* L'ossianione è un anione poliatomico che contiene un atomo di ossigeno
legato ad un atomo centrale. ndr |
I Telluriti-nanostrutture inizialmente apparivano
nel citoplasma delle cellule di Rhodococcus come nano particelle sferiche, che, al
crescere del tempo di esposizione, venivano convertite in nano-asticelle. Questa
osservazione ha suggerito l'esistenza di un meccanismo intracellulare di assemblaggio e
crescita di del Tellurito-nanosticella che assomigliava al processo chimico-assistito dal
surfattante per la sintesi di nano-asticelle.
I Telluriti-nanoasticelle prodotti dal ceppo Rhodococcus aetherivorans hanno
mostrato una lunghezza media (> 700 nm) quasi raddoppiata rispetto a quella osservata
in altri studi. |
.
Inoltre, i Rhodococcus aetherivorans biogenici mostravano una normale struttura
monocristallina tipicamente ottenuta per quelli sintetizzati chimicamente. La
caratterizzazione chimico-fisica dei telluriti-nasticelle biogenici riflette la loro
stabilità termodinamica che è probabilmente derivata da biomolecole anfifiliche presenti
nello strato organico che circonda le nanoasticelli. Infine, l'estratto di
tellurito-nanoasticelle biogenico ha mostrato una buona conduttività elettrica. Pertanto,
questi risultati supportano l'idoneità di questo ceppo come biocatalizzatore
eco-compatibile per produrre nano-materiali basati su tellurio di alta qualità,
sfruttabili a scopi tecnologici. |
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IMPACT FACTOR |
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RIDISCUSSO
nel Regno Unito l' IMPACT FACTOR
per la valutazione della ricerca scientifica |
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La
poesia
di Sergio Agrifoglio
INGEGNO
MALTRATTATO
Basta col marchingegno
del mutuo leccantismo;
è solo un meccanismo
che maltratta lingegno,
che esalta la furbizia,
lastuzia, la malizia
dello scambio di nota
per salire di quota.
Mi cita, dunque esisto!
Lo ricambio: lo incisto
lo promuovo impattato
E quel saggio ben fatto?
Scusa, mero distratto.
Il sistema è copiato?
Ed il saggio citato
è solo ben plagiato
(e non virgolettato?)
Dunque, che sia premiato,
ed anzi doppiamente:
certo è più intelligente
chi ricicla il pensato.
E assai male adattato?
Sia due volte elogiato!
Ah, la mafia di Stato!
Ogni caro collega
ne verrà avvantaggiato,
e come un pesce lesso
conciato in bella vita
fa figura lo stesso
anche se surgelato,
così anche il più fesso
sposato alla rivista
dove essere adagiato
dove sarà citato
il suo capolavoro
(testicolo gonfiato
anche perché aiutato
dal tocco dellamico
iperspecializzato)
sarà dunque cooptato
e coperto dalloro.
Sergio Agrifoglio
|
|
FONTE: https://www.roars.it/online/i-research
7 feb 2018
Times Higher Education anticipa oggi che tutti i sette Research Council
del Regno Unito, che finanziano circa 3 miliardi di sterline di ricerca ogni anno, hanno
firmato la Dichiarazione di San Francisco sulla Valutazione della Ricerca (DORA),
invitando la comunità accademica a smettere di usare limpact factor delle riviste
come proxy per la qualità della ricerca. I Research Council britannici si uniscono ai
circa 13.000 studiosi e alle 450 organizzazioni che hanno firmato Dora che, come
ricorderanno i lettori di Roars, è stata promossa dall American Society for Cell
Biology nel 2012 per invitare ricercatori, università, riviste, editori e finanziatori a
migliorare il modo in cui valutano la ricerca. Il professor Stephen Curry, professore di
biologia strutturale allImperial College di Londra, annuncerà i nuovi firmatari
della dichiarazione su Nature dell 8 febbraio.
Tra non molto lItalia, grazie ai ministri che si sono succeduti al MIUR e
grazie soprattutto ad ANVUR, resterà il solo paese occidentale ad applicare massivamente,
per ogni tipo di decisione (abilitazione scientifica, selezione dei commissari di
concorso, collegi di dottorato,
), metriche basate sullimpatto delle riviste o
su surrogati di tali metriche, come le liste di riviste per le aree non bibliometriche.
______________
COMMENTI
Mariam :
Fra dieci anni, quando molti di noi saranno stati ingiustamente bloccati nelle
carriere, si dirà che errore è stato tutto ciò
_________
Marinella Lorinczi :
Beh, ci vuole il morto , o,più duno, per megliorare le condizioni
di una strada, ponte.
____________
Claudio Braccesi:
Laspetto più sconcertante è che tali indicatori siano stati usati. Che
poi qualcuno si accorga che non hanno senso è solo una blanda dimostrazione
dellesistenza del buon senso. Che lItalia sia adagiata sul conformismo più
soffocante e sulla celebrazione della stupidità umana dipende poi solo da noi, dai nostri
Rettori e dai nostri colleghi dirigenti ministeriali.
____________
Gab:
per ogni tipo di decisione (abilitazione scientifica, selezione dei
commissari di concorso, collegi di dottorato,
A dire il vero non mi risulta
che l i.f. sia utilizzato in nessuna delle selezioni di cui sopra
____________
Giuseppe De Nicolao says: 13 febbraio 2018 at 10:54
Negli indicatori ASN dei settori bibliometrici non è effettivamente usato.
Lidea di una categorizzazione dei contenitori è ampiamente presente nei
settori non bibliometrici (riviste di classe A) e, nel caso dellArea 13, si avvale
di indicatori di impatto (SJR (Scimago Journal Indicator) e SNIP (Source Normalized Impact
per Paper)).
LImpact factor (o indicatori similari) è pure usato nella VQR (vedi le cosiddette
cravatte bibliometriche) e, di conseguenza, anche nellaccreditamento dei
collegi di dottorato. Nella sostanza, per quanto riguarda luso dellimpact
factor, Miur e Anvur ne fanno uso e sono lontani dalladeguarsi alle migliori
pratiche internazionali. |
Nino
Luciani, La tradizione italiana attraverso i TAR 1.- Premessa. La Dichiarazione dei "Research
Councils" è un pugno in un occhio, e anche più, sul modo succube come la
legislazione ordinaria italiana ha rinnovato il metodo di individuazione della qualità
della ricerca in Italia (tali, appunto, i riferimenti all'impact factor e alle citazioni
bibliografiche).
Ma anche va reso merito alla magistratura italiana che, memore dei principi della
Costituzione italiana, ha difeso il buon senso comune.
Riporto, a questo proposito, una delle prime sentenze che reagirono all'
"impatto".
Ma rimetto in giro anche una gustosa poesia del prof. Agrifoglio, del 2012.
.
2.- TAR
Campania, Sentenza N. 02502/2012 REG.PROV.COLL. , N. 06368/2010
REG.RIC. depositata il 28/05/2012).
"Circa la censura riferita al cd. impact factor, va osservato
che il citato metodo non è idoneo a rivelare la qualità scientifica delle pubblicazioni,
perché rappresenta un criterio di giudizio sulla qualità complessiva della rivista più
che sulloriginalità scientifica dei singoli articoli che in essa vengono raccolti:
invero, lavori pubblicati su riviste ad alto fattore di impatto possono risultare non
particolarmente originali e condurre ad un giudizio sulla maturità scientifica dei
candidati che non è coincidente con il punteggio ottenuto in sede di impact factor.
In altri termini, un lavoro, solo perché pubblicato su una rivista scientifica molto
diffusa, avrà un elevato impact factor, a prescindere dalla sua qualità
intrinseca. Ne discende, come del resto la giurisprudenza ha già avuto modo di rilevare
(cfr. Consiglio di Stato, Sezione VI, 4 giugno 2010 n.3561; 28 gennaio 2009 n.487; T.A.R.
Lazio, Roma, Sezione III, 6 maggio 2008 n.3706), che l'impact factor rappresenta
soltanto uno dei criteri di valutazione, ma non certo l'unico o il principale al quale la
commissione debba attenersi." |
3.- Andiamo avanti. Ho
poco da difendere dei metodi di selezione della tradizione italiana, poichè anche in
Italia, e a lungo, non sono mancate grandi frustrazioni tra gli aspiranti ad una giusta
valutazione scientifica, quale presupposto per la carriera universitaria.
Un campanello di allarme persistentemente suonato da stampa ignorante era che in
Italia mancasse un efficiente meccanismo di incentivazione alla ricerca, causa carenza di
reclutamento basato sul merito.
Sul piano del grande impianto, questo era una vera stupidità, perchè i
ricercatori e professori erano collocati in fasce incomunicanti, per cui l'accesso dalla
fascia inferiore a quella superiore era possibile solo per concorso. Dunque gli studiosi
delle fasce inferiori erano motivati dallo studio permanente, e solo quelli della fascia
alta rallentavano la ricerca.
Per quanto ne so, le grandi frustrazioni di carriera sono venute da alcune
inadempienze dei governi, massimamente del MIUR, nella puntuale cadenzamento dei concorsi.
Nel caso mio, ricordo che nel 1982-98 furono svolti 3, dei nove concorsi programmati, per
cui ci fu un salto generazione dei candidati e dei commissari giudicanti. Nel caso mio, fu
un vero miracolo se riuscii a passare, ma non senza qualche ritardo.
Un secondo fattore di turbamento fu il sistema di scelta dei commissari che era per
elezione, per cui si determinavano delle "correnti" ai fini di controllo dei
concorsi.
Ripetutamente i SINDACATI avevano proposto che i Commissari fossero sorteggiati,
tra un elenco di aventi determinati requisiti. Ma anche questo non fu mai fatto.
Tutto questo determinò un forte screditamento dei concorsi, finchè alla fine essi
sono stati aboliti, ed è la fase attuale.
4. Fase attuale. Nella
fase attuale c'è una selezione dei candidati, a prescidere dal numero dei posti da
coprire: cosiddette abilitazioni a lista aperta.
Fatto questo, avvengono i reclutamenti locali, all'interno delle liste degli
abilitati. Questi reclutamenti non sono concorsi, ma chiamate che in sostanza privilegiano
i candidati locali.
Questa sviluppo ha indotto di fatto le commissioni di abilitazione a valutare i
candidati come se l'abilitaziobe sia a lista chiusa
Personalmente ritengo che l'abilitazione a lista aperta sia una grande conquista di
civiltà e di giustizia, molto simile alla libera docenza della fine anni '70.
Molro negativo è, invece, a mio giudizio il meccanismo delle chiamate senza
concorso (questo è un regalo di uno dei governi Berlusconi...).
Vorrei che si tornasse al concorso tra abilitati, e che le commissioni siano sorteggiate
tra un elenco di professori ordinari con determinari requisiti.
|
|
.
|
DAVIGO, IL GIUDICE TUTTOFARE.
Lo stesso che ha giudicato "Mani pulite e la DC" |
|
Un recente intervento del Presidente della ANM
sulle cause della corruzione della pubblica amministrazione
LUCIANI: Che ci sia subito la riforma della Magistratura, ma
insieme con la magistratura
(vedi sotto) non contro la magistratura.
*Piercamillo Davigo, Presidente dell'Associazione Nazionale
Magistrati |
|
Fonte: Testo ricostruito dai
resoconti dei giornali dell'11 maggio 2016, non avendo avuto risposta alla domanda, al
Dott. Davigo,di avere il testo integrale. |
Pier
Camilllo Davigo,
"Trasparenza e Anticorruzione
nella P.A.".
Seminario organizzato da Asl di Taranto, Università
degli studi "Aldo Moro" di Bari e da Ordine dei giornalisti della Puglia,10/5/16
Nota. Punti raccolti liberamente, da vari resoconti di giornali
dell'11 maggio 2016
1.- "Non tutti rubano, non lo penso. Ma la corruzione è una
pratica molto diffusa".
"Bisogna trovare la natura di questo fenomeno altamente sofisticato e
soprattutto individuare le cause e i possibili rimedi. Tra i possibili rimedi ci sono
sicuramente la trasparenza e lattività per contenere e prevenire tale
fenomeno".
2.- Serialità della corruzione."La prima caratteristica
comune della corruzione è la serialità. Chi compie il reato di corruzione lo farà di
nuovo, diventando seriale. Chi decide di fare spregio delle regole imbocca spesso una
strada senza ritorno."
"Il secondo aspetto su cui intervenire è il contesto perche non bisogna
tenere conto solo del corrotto e del corruttore, ovvero di chi fa o riceve corruzione
attiva, ma anche di quella passiva; cioè di tutti quelli che ricevono benefici e vantaggi
da quest'azione. E a questa platea bisogna poi aggiungere un nocciolo di intermediati che
a volte sono persone già espulse dalla pubblica amministrazione".
"La repressione serve, ma la legislazione dovrebbe essere più efficace. E
bisognerebbe parlare di corruzioni e non di corruzione, perché ce ne sono di
diversi tipi".
3.- Senso di appartenenza. "Ciò che distingue la pubblica
amministrazione italiana rispetto a quelle europee è la mancanza di senso di
appartenenza. Il dipendente pubblico, in Italia, non è orgoglioso di essere un dipendente
pubblico. Bisogna ricostruire un processo di appartenenza. Se uno occupa un posto perchè
ha vinto un concorso, sarà orgoglioso di se stesso e questo è uno dei migliori metodi
contro la corruzione".
4. Giusta retribuzione. La retribuzione dei dipendenti è
unulteriore motivazione che contribuisce a sviluppare la corruzione che in questa
situazione attecchisce |
più facilmente.
"Non è pensabile fare la concorrenza alle mazzette con lo stipendio, dobbiamo tenere
la gente che lavora nella pubblica amministrazione libera dal bisogno".
"La strada per una prevenzione seria è molto articolata e non sta nelle norme che
sembrano aver trovato la soluzione copiando da altri paesi che hanno realtà diverse. Mi
sembrano ingenue o, comunque, fuori dai canoni normativi le speranze riposte nelle
segnalazioni anonime, meglio investire sulla formazione etica dei funzionari
pubblici".
"Se vediamo che un Ingegnere del pubblico prende poco più di una dattilografa o di
un' impiegala, è chiaro che se ne va dalla pubblica amministrazione".
Ciò che distingue la pubblica amministrazione italiana da quella francese o britannica è
l'orgoglio di appartenenza, che qui manca. Per decenni si è raccontato che i nostri
dipendenti pubblici sono fannulloni o, nella migliore delle ipotesi, inefficienti. Non ci
vuole molto a distruggere l'orgoglio di appartenenza, ma per ricostruirlo ci vogliono
generazioni". 5.- Consulenti. "La pubblica
amministrazione spesso ricorre ai consulenti solo per sapere di cosa ha bisogno. Ma i
consulenti sono persone. E non sto dicendo affatto che rubano. Ma sono persone che nelle
loro attività lavorative e professionali hanno anche rapporti col mondo delle imprese. Ed
è un po difficile che entrino in conflitto con questo mondo. E allora i collaudi
delle opere non facciamoli fare ai consulenti, perché può accadere che non siano così
rigorosi come sarebbe necessario, ma mettiamo gli ingegneri e i tecnici della pubblica
amministrazione nelle condizioni di farli effettivamente".
6.- Contesto. Altro aspetto su cui intervenire è il contesto,
perchè non bisogna tenere conto solo del corrotto e del corruttore, ovvero di chi fa o
riceve corruzione attiva, ma anche di quella passiva, cioè di tutti quelli che ricevono
benefici e vantaggi da questazione. E a questa platea bisogna poi aggiungere un
nocciolo di intermediari che a volte sono persone già espulse dalla pubblica
amministrazione.
"La soluzione è quella di infiltrare qualcuno per scoprire dallinterno i reati
di corruzione. Il sistema viene già utilizzato per investigare sui reati di traffico di
armi e di stupefacenti". |
Nino Luciani, Il Commento 1. Premessa.
Il Dott. Davigo è noto per essere stato giudice (con altri) del processo "Mani
pulite", che ha demolito la Democrazia Cristiana.
Egli è rimasto fin qui "intoccato", perchè vissuto sotto l'ala della
Magistratura, ma in queste settimane (quale neo Presidente della Associazione Nazionale
Magistrati) è stato possibile vederlo e pesarlo. Ma andiamo per gradi.
2.- E vero quanto dice nel famoso seminario di Taranto ?
Nulla da ridire sui suoi argomenti, qui a fianco riportati, anzi sono tutti argomenti che
il comune uomo della strada proferisce molto normalmente e dunque anche lui, ma al di
fuori dal campo professionale giuridico (dunque: "tuttofare" in questo senso).
Peccato che Davigo, magistrato che ha demolito una generazione politica
(dunque, troppo), non si sia domandato perchè soluzioni così ovvie non sono applicate
pienamente, nonostante tutte le riforme, anche di questi anni, della Pubblica
Amministrazione.
Non ho la bacchetta magica che crea oro toccando qualcosa, neppure io, che
studio da anni la scienza delle finanze (dunque, i meccanismi finanziari della PA). Solo
dire che il problema fondamentale è inventare una figura a cui affidare la
responsabilità della efficienza della P.A., per cui tragga un beneficio o un danno
personale dai risultati, quale meccanismo automatico normale.
Nel caso della impresa, questa figura è l'imprenditore. Esiste una figura
simile nella P.A. ? Non c'è, ed è per questo che paga Pantalone, di
norma. Ho provato a inventare un meccanismo "simile" a
quello della impresa, a più livelli (a livello politico, ed a livello amministrativo) in
un mio studio: http://amsacta.unibo.it/3417/1/scritti_scelti_luciani.pdf,
p. 577, ma con la consapevolezza che molto resta da inventare, e forse è possibile fare
grazie all'utilizzo del progresso tecnologico.
3.- Nel merito dei politici. Per quanto riguarda la corruzione
dei politici, ricordo che varie leggi (da alcuni anni) hanno introdotto la separazione
della responsabilità politica dalla responsabilità gestionale e amministrativa, ma senza
tirarne tutte le conseguenze.
Quali conseguenze? Di norma il ministro firma gli atti, sottoposti dai
dirigenti amministrativi.
Ma gli atti sottoposti al ministro sono montagne. E' impossibile vederli
tutti con calma, se non si vuole bloccare il ministero: dunque, il ministro firma anche
possibili illeciti, in fiducia.
In questo meccanismo si annida un virus della corruzione. Precisamente il
dirigente (non necessariamente cattivo) riesce a fare firmare "tutto" al
ministro.
Quali le conseguenze ? Che, in caso di successiva denuncia di irregolarità, il
colpevole legale è il ministro, e dunque il ministro sarà il corrotto ufficiale. Ma le
cose vere sono ben diverse.
Non solo, dopo la firma il ministro diviene anche ricattabile dal dirigente (quello
cattivo).
Davigo apparirebbe non sapere queste cose.
Come risolvere ? Da anni chiedo di rendere obbligatoria, per legge, la
doppia firma: il dirigente firma l'atto assumendo la responsabilità della sua conformità
alla legge e, dopo, firma il ministro assumendone la responsabilità politica.
4.- Torno su Davigo. Il fatto che egli battagli in modo
improprio, su temi non professionali, getta un' ombra sulla qualità della magistratura,
perchè si propone quale "rappresentante" eletto, sia pure pro quota ANM.
Un magistrato non dovrebbe assumere posizioni politiche, perche'
istituzionalmente è una figura "terza" (ma oggi, se è in
pensione, lo può fare). Uno vuole occuparsene, anche in servizio ? OK, ma si dimetta un
anno, prima.
E se venisse eletto in qualche organo politico, può tormare in magistratura ? Sì,
ma non prima di 5 anni dalla cessazione del compito politico.
5.- Non solo questo: anche riformare la magistratura. Il fatto
che Davigo sia Presidente della ANM implica che persone "ibride" come lui ce ne
siano tante nella Magistratura.
Riterrei urgente una riforma della Magistratura. Ma ricordo che nella mia
esperienza personale (sono stati anni magistrato tributario) ho conosciuto e
lavorato con molti magistrati, di cui ho maturato una altissima stima e queste cose non le
so solo io (qualche eccentrico..., ma molto meno che le dita di una mano).
Dunque, si faccia la riforma, ma insieme con i magistrati, non contro la
magistratura, come invece Berlusconi (Gelmini) ha fatto per la università, rovinandola.
Rinvio a subito qui sotto, per le idee di grandi magistrati,
tuttora validissime, pronunciate in occasione di inaugurazioni degli anni giudiziari, e
che pubblicai a suo tempo. |
|
.
Vincenzo Carbone
|
Vincenzo Carbone*, "Le principali cause della
crisi della giustizia"
(Stralcio dalla relazione, Parte III).
* Primo Presidente della Corte di Cassazione |
Vincenzo Carbone, Relazione, Parte III - LE PRINCIPALI CAUSE DELLA CRISI
Sommario: "Le
cause principali della crisi"
1. Le cause esterne: 1.1. L'irrazionale distribuzione delle sedi
giudiziarie; 1.2. Le risorse (scarse) della Giustizia e le rigidità nel loro utilizzo;
1.3. Le modalità di accesso al sistema della Giustizia e l'"abuso del processo; 1.4.
Le ulteriori disfunzioni della domanda di Giustizia (mancanza di filtri equi ed efficaci,
che genera troppi avvocati)
2. Le cause interne: a) uso mediatico della Giustizia, da parte di
Giudici; b) politica di "potere" e "personalismo"; c) "carriere
parallele" da parte di Giudici, fuori ruolo a domanda per un tempo abnorme; d)
mancanza di una cultura dell'organizzazione e dell'efficienzaPremessa. Per affrontare una crisi è sempre necessario,
innanzitutto, individuarne e comprenderne con impietosa lucidità le cause, nella
consapevolezza che la Giustizia, come ogni sistema aperto, è sottoposta, come si è
detto, alla regola della causazione complessa: occorre analizzare tutti i fattori critici
e tenere presenti le loro interazioni, per agire consapevolmente in modo organico ed
evitare gli effetti inattesi e le conseguenze indesiderate, che così spesso si
accompagnano all'azione riformatrice. Per invertire il calo di fiducia non basta
individuare una criticità e aggredirla, ma occorre agire contestualmente sia sulle cause
esterne che su quelle interne al sistema stesso. Per rimuovere, o almeno correggere, le
prime è necessario innanzitutto un impegno del Parlamento e del Governo, che porti ad una
ridefinizione delle politiche. Per rimuovere le seconde è necessario, invece,
innanzitutto uno sforzo di tutti gli operatori, ai diversi livelli.
1 - LE CAUSE "ESTERNE": OFFERTA E DOMANDA DI
GIUSTIZIA
1.1. L'irrazionale distribuzione delle sedi giudiziarie. Una grave causa
di disfunzione è l'irrazionalità della attuale distribuzione delle sedi giudiziarie, che
sfugge ai più elementari principi di buona organizzazione degli uffici pubblici. In
Italia ci sono 165 Tribunali e relative procure, di cui non pochi istituiti con leggi
speciali ad hoc, e 220 sezioni distaccate di Tribunali. Di questi, 93 Tribunali e Procure,
che rappresentano il 56% degli uffici giudiziari, hanno non più di 20 Magistrati, e circa
60 hanno sede in territori che già possono contare sull'esistenza di un Tribunale nella
sede del capoluogo provinciale (abbiamo 19 Tribunali in Sicilia, con 4 Corti d'Appello, e
17 Tribunali in Piemonte; a Sulmona il Tribunale più piccolo ha 1 Presidente e 3
Giudici).
Ciò provoca costi di gestione altissimi e continui rischi di blocco dei
processi negli uffici più piccoli, per l'assenza anche di un sol Giudice. Si comprendono
le forti resistenze e le pressioni locali per mantenere un presidio di Giustizia sul
territorio. In attesa di un riordino organico (sulla base della "dimensione
organizzativa ottimale" degli uffici giudiziari), si potrebbero almeno trasformare
subito, in via transitoria, i circa 60 Tribunali periferici in sezioni distaccate del
Tribunale del capoluogo di Provincia. Ciò consentirebbe di conservare intatta la rete
territoriale, ma di centralizzare in capo al presidente del Tribunale provinciale la
gestione del personale e delle risorse, con ben maggiore efficienza e flessibilità,
rendendo un servizio migliore, anche nelle stesse sedi distaccate. In altri paesi si è
già provveduto sia all'accorpamento dei Tribunali piccoli e medio-piccoli sia alla
ripartizione nel 2007 dei Tribunali grandi come quello di Parigi, suddiviso in quattro
sedi più funzionali ed efficienti in virtù del principio di "une organisation
territoriale rationalisée".
1.2. Le risorse della Giustizia e le rigidità nel
loro utilizzo. Da molte parti si lamenta la scarsità delle risorse. Il problema
esiste, ma non si tratta di quello più grave, (anche in considerazione di quanto accade
negli |
Nino Luciani, Quattro osservazioni in libertà, ma anche un pò di
delusione per l'inadeguatezza della relazione
Questo commento è quello di "uno" (non del campo), che da
anni sente la cantilena della lentezza dei processi, ma che non ha mai guardato dentro,
per capire cosa succede. Ed ecco che, infine, mi sono letto tutta la relazione del
Procuratore Generale, e ne riporto solo la parte che riguarda i rimedi.
CAUSE ESTERNE. In breve sintesi, secondo il relatore, la gran parte dei
mali deriva da carenze strutturali:
1) Troppe sedi, di cui la gran parte di dimensione troppo piccola.
Questo non permette un impiego flessibile dei pochi giudici e cancellieri,(di
questi, ne servirebbero 2 per 1 giudice), ripartendoli all'occorrenza per le varie
esigenze. Una prima soluzione starebbe nel superare la frammentazione, ridefinendo
opportunamene le dimensioni delle varie sedi.
2) Scarsità delle risorse. Per il relatore il problema esiste,,
ma non è quello più grave. Davvero c'è da rimanere perplessi. Non c'è una cifra da cui
risulti quanti sono i giudici e i cancellieri mancanti (risulterebbe che per un giudice,
servono due cancellieri), e nemmeno c'è una cifra da cui risulti la necessità di
Computer e attrezzatire varie. Eppure dai giudici ci sono non poche voci, che lamentano
questo tipo di carenze.
3) Abuso del processo. Ci sono molte cause civili e penali, perchè
poco costose. Il relatore suggerisce un filtro (?), ma poi invoca lumi dalla teoria
delle scelte collettive, ma non va oltre.
Su questo versante, nel campo civile, secondo
detta teoria, una via è richiedere il pagamento anticipato del valore presunto della
causa, e da restituire in caso di vittoria. Tuttavia, poichè il servizio della giustizia
è un bene misto (pubblico e privato, con prevalenza del privato), solo una parte del
costo va addebitato al ricorrente (70% ?), eventualmente differenziando per classi di
redditieri.
Nel campo penale, il relatore tace. Qui è notorio che la
numerosità delle cause deriva dalla obbligatorietà dell'azione penale e dal periodo di
prescrizione dei reati, che incentiva azioni ritardanti i processi. C'è, poi, la
tipologia del processo penale, che è un processo "parlato", ossia in cui la
documentazione esterna conta poco, e dunque facilmente rivoltabile ("confessi, e poi
ritratti; confessi di nuovo, e di nuovo ritratti, e così il tempo passa). Anche qui il
Primo Presidente non si spreca.
A proposito della obbligatorietà dell'azione penale, si potrebbe forse
mettere qualche limite: ad esempio, separare le cause per tipologia di reati, e
sorteggiarne un 50%, per ogni tipologia.
A riguardo della prescrizione, si potrebbe farla decorrere solo dall'inizio del
processo, in modo da responsabilizzare i giudici in modo diretto, ed eventualmente
penalizzarli nella retribuzione, in caso di scatto della prescrizione.
3) Avvocati. Secondo il relatore ci sono troppi avvocati, non sempre
all'altezza del compito. Serve una migliore selezione nei concorsi per l'accesso
all'Ordine.
CAUSE INTERNE. Su queste il relatore è molto superficiale e breve.
1) Carriere parallele. Il Relatore lamenta l'abuso di giudici ("non
pochissimi"), che ottengono facilmente la collocazione "fuori ruolo", per
fare attività di giudici privati, e questo dà luogo a vere e proprie "carriere
parallele" a quelle dei giudici in servizio di ruolo.
Il relatore non propone rimedi. Ci si sarebbe almeno aspettato
che proponesse l'abolizione del fuori ruolo durante la carriera;
2) Mancanza di cultura dell'organizzazione e dell'efficienza da parte dei
Giudici. Il relatore non va oltre questo lamento.
Credo che ci sarebbe un modo di incentivare i giudici ad organizzarsi per
accelerare i processi: ad es. dare una retribuzione variabile al giudice, in base al
numero dei processi. La retribuzione, tuttavia, dovrebbe essere relativamente bassa (per
non incentivare la frettolosità)
P.S. Nella relazione è deplorato l'uso mediatico delle sentenze,
da parte di alcuni giudici, con effetto devastante sul buon nome della giustizia.
Nulla si dice della politicizzazione dei giudici e della separazione
delle carriere. NL |
altri Paesi). In effetti, negli ultimi
anni la spesa per la Giustizia risulta recessiva sia in valore assoluto sia in relazione
alle altre spese pubbliche. L'incidenza delle complessive spese per la Giustizia sul
Bilancio dello Stato oscilla dall' 1,11% del 2005, l'1,22% del 2006 e l'1,15% del 2007,
poi scende all' 1,07% del 2008 e, infine, all' 1,00% del 2009.
L'incidenza sul bilancio dello Stato delle spese di Giustizia (solo spese di
Giustizia, non includendo le spese per la Magistratura onoraria) oscilla, negli ultimi
anni, dallo 0,07 % (del 2005), allo 0,10 % (del 2006), allo 0,08% (del 2007) allo 0,06%
(del 2008 e del 2009).
La spesa per abitante è stata, così, ridotta da 134 euro nel 2008 a 127
euro nel 2009. In valore assoluto, gli stanziamenti per spese di Giustizia, negli anni
2006, 2007, 2008, si sono andati progressivamente riducendo dagli 8,22 miliardi di euro
del 2006, ai 7,26 miliardi del 2008, ai 6,55 miliardi di euro del 2008.
In crescente aumento è poi il costo per il Patrocinio a spese dello Stato
nel processo penale (d.p.r. n. 115 del 2002) I dati statistici disponibili (relativi
all'anno 2007) evidenziano, infatti, un elevato numero di persone interessate (109.330) ed
ammesse (94.041), con un totale di costi pari ad euro 84.916.200 di cui 79.431.890 per
onorari ai difensori.
Altri Paesi hanno scelto la via non degli incrementi "a pioggia",
ma degli investimenti "mirati" per il recupero dell'efficienza: si tratta di un
esempio che merita comunque attenzione.
In Francia, parte degli stanziamenti del bilancio francese per la Giustizia è
stata espressamente preordinata a rendere decisioni giudiziarie più rapidamente ed
efficacemente, a tal fine indicando l'aumento del bilancio dei servizi giudiziari (del
3,8%), la destinazione di 427 milioni d' euro alla reforme de la carte judiciaire, il
reimpiego dei mezzi e lo sviluppo delle nuove tecnologie allo scopo di migliorare
l'efficacité della Giustizia (con un aumento del bilancio per l'informatica del 7,6%).
Ciò che appare più preoccupante è la rigidità e la
burocratizzazione delle forme di utilizzo delle risorse medesime, che spesso non consente
di svolgere le pur minime e necessarie funzioni strumentali, né di premiare il personale
più meritevole. Un sistema privo di una logistica razionale non può che essere
disfunzionale e lo spreco di risorse connesso a questa criticità potrebbe essere
fortemente ridotto con misure organizzative relativamente facili da assumere. Tali misure
richiedono, però, da parte dell'intera collettività e dei suoi rappresentanti, la
consapevolezza che è utile e necessario rinunciare alle "esternalità" che nel
tempo sono state caricate sul sistema Giustizia, con la moltiplicazione di sedi ispirata
da ragioni di campanile o di esigenze degli operatori, piuttosto che dei destinatari del
servizio. Sono necessarie regole più flessibili, anche in considerazione di esigenze non
omogenee degli uffici sul territorio. Va anche stigmatizzato il mancato raccordo tra
l'allocazione del potere di spesa, collegato al Ministero della Giustizia, e quella del
potere di organizzazione, che in parte fa capo al C.S.M: occorrerebbe avviare un dialogo
costruttivo tra entrambe le Istituzioni. 1.3.
Le modalità di accesso al sistema della Giustizia e l'"abuso del processo".
Se l'"offerta di Giustizia", pur con i problemi evidenziati, non è
differente da quella degli altri Paesi, ben diversa è la situazione della "domanda
di Giustizia". La moltiplicazione abnorme dei procedimenti pendenti deriva, in misura
considerevole, dalla mancanza, in Italia, di qualsiasi meccanismo di "filtro"
alla rilevanza e alla qualità delle controversie che possono essere portate dinanzi al
Giudice. La quantità di risorse che ciascun procedimento impegna è indipendente dalla
sua rilevanza, sociale od economica, e l'accesso alla Giustizia si rivela così,
illusorio, perché - come si è evidenziato all'inizio - la stessa facilità di accesso
diventa la causa prima di blocco del sistema. A ciò si aggiunga che la gestione dei
procedimenti è oggi di tipo pulviscolare: la stessa questione viene riproposta infinite
volte, impegnando ogni volta l'intero meccanismo di soluzione della controversia, in modo
che eventuali risposte non omogenee diventino fonti di ulteriori controversie. Si produce,
così, al tempo stesso, uno spreco di risorse e la produzione di orientamenti
contraddittori, che aumentano l'incertezza e diventano ulteriori fattori di
moltiplicazione del contenzioso. Un'ulteriore caratteristica del nostro tempo è il
passaggio dall'abuso del diritto all'abuso del processo, per il raggiungimento di scopi
diversi dalla soluzione della lite o per conseguire vantaggi economici. Si assiste sempre
più spesso, infatti, ad un fenomeno di distorsione nell'utilizzo del processo, non più
come strumento per risolvere una controversia ed accertare la regola applicabile al caso
concreto, ma piuttosto come strumento di dilazione dei tempi nell'adempimento di
obbligazioni e, ancor peggio, di strumento volto ad assicurare utilità del tutto estranee
alla funzione del processo stesso. Se la tutela dell'interesse sostanziale è la ragione
della attribuzione della potestas agendi e ne segna il confine, l'esercizio dell'azione in
forme eccedenti, o devianti, rispetto alla tutela attribuita configura abuso del processo
e lede il principio del giusto processo, inteso come risposta alla domanda della parte.
L'abuso della situazione sostanziale, in quanto attuata nel e tramite il processo si
risolve in abuso dello stesso e viola il precetto dell'art. 111 Cost. . Il principio,
affermato in riferimento al divieto di frazionamento giudiziale di un credito unitario -
derivante dalla regola generale di correttezza e buona fede nei rapporti obbligatori, in
relazione al dovere inderogabile di solidarietà di cui all'art. 2 Cost. - si arricchisce
di un ulteriore profilo di contrarietà allo stesso 111 Cost. dal punto di vista della
ragionevole durata del processo. L'effetto inflattivo, riconducibile alla possibile
moltiplicazione dei giudizi, lede la ragionevole durata per l'evidente antinomia tra la
moltiplicazione dei processi e il contenimento della loro durata. Si realizza così per la
Giustizia, come per altri beni pubblici, il fenomeno dei "free riders": soggetti
che usufruiscono di un bene pubblico, il cui costo è sostenuto da tutta la
collettività - estraendone utilità private ed aggravando, quindi, il costo per gli altri
soggetti. Nel caso di specie, tale costo non deriva soltanto dallo spreco di risorse che
un ricorso distorto allo strumento del processo comporta, ma anche da un ulteriore e forse
più grave effetto: la moltiplicazione di controversie produce, infatti, un intasamento
del sistema, che non solo eroga il servizio ad un costo più alto di quello dovuto, ma
spesso non riesce neanche più ad erogare il servizio in tempi ragionevoli. L'illusione di
un accesso del tutto indiscriminato al servizio Giustizia si traduce, così, in effetti,
in una restrizione del servizio per chi ne ha davvero bisogno e nella distrazione di un
bene pubblico dalla sua vera e propria funzione. Anche per la Giustizia occorrerebbe,
dunque, affrontare, come è stato fatto sulla base della teoria delle scelte collettive
per altri servizi e beni pubblici, il problema delle condizioni per la fruizione del bene
pubblico stesso, conciliando l'ampiezza dell'accesso con misure volte ad evitare un uso
distorto del bene ed un'appropriazione parziale dei vantaggi del servizio.
1.4. Le ulteriori disfunzioni della domanda di
Giustizia. Il dato numerico relativo agli avvocati in Italia risente, invero, di
una rilevante oscillazione ove si raffrontino gli iscritti al Consiglio degli Ordini
Forensi d'Europa, il CCBE (Conseil des Barreaux Européens - Council of Bars and Law
Societies of Europe), con gli iscritti alla Cassa nazionale forense (al 31 dicembre 2007,
gli iscritti al CCBE erano 213.081, a fronte dei 136.750 e 143.976 iscritti alla Cassa
nazionale forense, rispettivamente, alla fine del 2007 e del 2008). L'inagevole
reperimento di un dato univoco, dimostra, peraltro, la necessità di una riforma della
professione forense che non trascuri, tra l'altro, la mera gestione degli elenchi dei
singoli Ordini in diretto collegamento con l'Ordine nazionale, con la Cassa di previdenza
forense e con il CCBE. Muovendo dal dato fornito dalla Cassa nazionale forense, aggiornato
al 31 dicembre 2008, vi sono 143.976 iscritti, di cui 41.931 iscritti all'Albo speciale
degli avvocati cassazionisti, 313 avvocati dell'INPS, 253 avvocati dell'INAIL ed altri
avvocati di enti pubblici), oltre 389 tra avvocati e procuratori dello Stato.
Fa comunque riflettere il dato complessivo, fornito dal CCBE, del numero
degli avvocati italiani comparato al numero degli avvocati europei: solo l'Italia supera
la soglia dei 200.000 avvocati (più del 30% del totale europeo calcolato dal CCBE),
mentre gli altri Paesi si attestano ben al di sotto di questa cifra (la Spagna con
154.953, la Germania con 146.910, il Regno Unito con 139.789, seguite dalla Francia con
solo 47.765 avvocati). Il CCBE rappresenta più di 700.000 avvocati europei attraverso gli
ordini forensi suoi membri, appartenenti a 31 Stati membri e a 10 paesi osservatori.
Il divario aumenta, e di molto, se si considerano gli avvocati patrocinanti
dinanzi alle Corti di suprema istanza: in Italia vi sono 41.921 cassazionisti, ma manca
l'albo nazionale con le condizioni di assunzione che non sia il mero dato anagrafico, in
Francia essi sono solo 95 (Cour de cassation, Annuaire 2008, pag. 149-153) e in Germania,
al 1 agosto 2007, appena 44 (www.Bundesgerichtshof.de).
Significativa l'esperienza tedesca: il numero degli avvocati non è previsto
espressamente, tuttavia sussiste una specifica procedura di selezione per l'abilitazione
al patrocinio dinanzi al Bundesgerichtshof (artt. 164 e segg. della legge federale
sull'avvocatura - Bundesrechtsanwaltsordnung [BRO] approvata il 1 agosto 1959), tramite
una selezione effettuata da un comitato (Wahlausschuss) composto dal Presidente del
Bundesgerichtshof, dai presidenti delle dodici sezioni civili della Corte, da membri del
consiglio federale dell'ordine degli avvocati e dai membri del consiglio dell'ordine degli
avvocati abilitati al patrocinio dinanzi al Bundesgerichtshof. Sulla proposta di
designazione formulata dal suddetto comitato decide il Ministro della Giustizia.
Con recente ordinanza (Bundesverfassungsgericht, Beschluss 27.02.2008, 1 BvR
1295/07) la Corte costituzionale federale ha dichiarato la legittimità costituzionale di
tale disciplina, sottolineando, in particolare, che l'obbligo degli avvocati abilitati di
concentrare la loro attività esclusivamente sui processi in materia civile dinanzi al
Bundesgerichtshof ed il limitato numero degli stessi, garantiscono la loro perfetta
conoscenza della giurisprudenza del Bundesgerichtshof e la loro elevata qualificazione
giuridica e consente loro di esercitare una funzione di garanzia e promozione della
giurisprudenza al più alto livello L'ordinanza riconosce altresì la funzione di filtro
esercitata dagli avvocati abilitati al patrocinio dinanzi al Bundesgerichtshof. Ulteriori
elementi di riflessione provengono dal confronto di questi dati con il numero di
Magistrati e notai, nei quali l'Italia non si discosta di molto dalla media europea: nel
2008, si hanno "soltanto" 4.675 Notai e 8.359 Magistrati (così ripartiti: 6.242
giudicanti e 2.117 requirenti). Come appare dal grafico, su 100.000 abitanti vi sono circa
241 avvocati, 15 giudici e 8 notai.
Nella relazione scritta è documentato, in forma grafica, il tasso di
litigiosità, presso i Tribunali, in rapporto al numero di avvocati e al bacino di utenza
dei Tribunali aggiornati con i dati ISTAT sulla popolazione al 31 dicembre 2007.
I dati si riferiscono ai giudizi di cognizione ordinaria (tav. 1) e al contenzioso
previdenziale (tav. 2); seguono, per i giudizi innanzi al Giudice di pace, la tav. 3 con
riferimento alle opposizioni a sanzioni amministrative e la tav. 4 con riferimento al
risarcimento danni da circolazione stradale.
In un libero mercato di servizi, la moltiplicazione del numero degli
operatori è sempre un dato positivo. Ma nel caso della Giustizia gli avvocati da un lato
offrono un servizio alle parti, dall'altro lo richiedono al sistema pubblico. Occorre,
allora, valutare, anche avvalendosi dell'esperienza degli altri Paesi, fino a quando tale
abbondanza di operatori sia davvero funzionale a dar voce alle giuste pretese dei
cittadini, e quando invece l'assenza di un numero chiuso (come accade per Notai e Giudici)
non comporti, invece, un surplus di domanda di Giustizia, rispondente non più solo, e non
più tanto, alle suddette pretese. Tale surplus ricade a carico del sistema, e potrebbe
costituire una delle cause per le quali le risorse destinate dall'Italia risultano
insufficienti rispetto ad altri Paesi con analoga "offerta" di Giustizia ma con
ben minore, e più "filtrata", "domanda". Nessun intervento di
riorganizzazione della Giustizia appare credibile se si concentra solo sullo stock di
processi esistente e non si fa carico di porre filtri - equi ed efficaci - al flow dei
nuovi accessi.
2 - LE CAUSE "INTERNE".
a) uso mediatico della Giustizia, da parte di Giudici;
La crisi di fiducia nella Giustizia deriva, come si è già detto, anche da
cause interne alla Magistratura. Si tratta di pochi e isolati casi, ma che purtroppo hanno
una rilevanza clamorosa, anche per l'enfasi mediatica che inevitabilmente li circonda.
C'è stato un cambiamento di rotta, ma l'impegno deve essere ampliato, rafforzato e
condiviso da tutti. In più di un caso, si avverte la carenza, o l'insufficienza, di
quello che dovrebbe essere un "costume comune" di tutti i Giudici, che abbia
alla sua base la responsabile condivisione di valori etici e comportamenti istituzionali
da assumere come propri, caratteristici, inviolabili e inscindibilmente connessi alla
stessa funzione giudiziaria. Quello del Giudice è un "mestiere" difficile:
immersi nel mondo, nel "contesto" sociale, per assicurare la Giustizia con
altruismo e con sacrificio, ma senza anelare a fama e potere. In primo luogo, il Giudice
deve evitare "tentazioni mediatiche".
Le Juge ne parle que de son siège: il Giudice comunica all'esterno
il proprio lavoro attraverso la qualità e la tempestività dei provvedimenti che emana,
non grazie alla popolarità delle trasmissioni cui partecipa o delle interviste che
rilascia. Queste esternazioni personali rischiano di costituire, nella maggior parte dei
casi, fonte di equivoci, se non di possibili strumentalizzazioni, perché forniscono a
queste dichiarazioni, non istituzionali, una notorietà maggiore di quella rivolta alle
decisioni del Magistrato, e fanno perdere di vista la finalità propria dell'attività
giudiziaria che è quella di pervenire, con solerzia e tempestività, ad una decisione che
sia - ma che anche appaia - super partes, pronunciata nell'ambito del processo, e non al
di fuori di esso. Certo, come abbiamo già avuto modo di rilevare, con il conforto di
altri autorevoli interventi, oltre a un più rigoroso richiamo dei Giudici ai propri
doveri di riservatezza, occorrerebbe, contestualmente, evitare la realizzazione di veri e
propri "processi mediatici", simulando al di fuori degli uffici giudiziari, e
magari anche con la partecipazione di Magistrati, lo svolgimento di un giudizio mentre è
ancora in corso il processo nelle sedi istituzionali. La Giustizia deve essere
trasparente, ma deve svolgersi nelle sedi proprie, lasciando ai media il doveroso ed
essenziale compito di informare l'opinione pubblica, ma non di sostituirsi alla funzione
giudiziaria.
b) politica di "potere" e "personalismo".
Un'altra disfunzione deriva dal considerare, talvolta, l'esercizio della giurisdizione
alla stregua dell'esercizio di un "potere", con la conseguente distrazione dal
senso del servizio pubblico che sempre deve accompagnarci. Vi sono vari modi in cui tale
disfunzione si realizza, ad esempio: - come esercizio di potere nei confronti delle parti,
che devono alla fine "subire" passivamente le inefficienze o la pigrizia di
alcuni nella conduzione del processo; - come esercizio di potere nei confronti di altri
colleghi, come dimostrano purtroppo casi recenti di scontri, tutti interni alla
Magistratura, ai quali mai avremmo voluto assistere; - come esercizio di potere nei
confronti della società, come avviene nei casi di "auto-indagini" condotte solo
nel perseguimento di una personale ricostruzione accusatoria. A tale grave problematica
corrisponde, però, una duplice e altrettanto grave incapacità del sistema. Da un lato,
un'incapacità degli altri poteri pubblici di migliorare l'esercizio delle proprie
funzioni istituzionali, fino ad arrivare a casi di rottura del principio di legalità, che
inducono lo stesso sistema a spingere i Magistrati ad una impropria funzione di
"supplenza". Dall'altro, un'incapacità di provvedere sollecitamente, in sede
disciplinare, nei confronti del Magistrato che sbaglia, sì da restituire all'indipendenza
della Magistratura il ruolo di valore essenziale di rilievo istituzionale e non di opaco
scudo posto a difesa di privilegi corporativi. Solo così si realizza la migliore garanzia
contro ogni tentazione di assoggettamento della Magistratura ad altri e diversi poteri.
Non mancano, poi, manifestazioni di una sorta di "narcisismo autoreferenziale",
che induce, tra l'altro, all'emanazione di quelle che il compianto collega Borré definiva
"sentenze corsare", le quali si pongono in palese e talvolta immotivato
contrasto con consolidati indirizzi giurisprudenziali. Ciò, da un lato, costringe le
parti - se ancora possibile - ad un ulteriore, defatigante grado di giudizio e,
dall'altro, aumenta l'incertezza e anche il degrado istituzionale.
c) "carriere parallele" da parte di Giudici, fuori ruolo a
domanda per un tempo abnorme. Vi è, poi, il rischio di "carriere
parallele". Ritengo che una permanenza temporanea al servizio delle Istituzioni
pubbliche possa arricchire il bagaglio culturale e professionale del Giudice e costituire
una costruttiva esperienza. Ma il fatto che vi siano colleghi, anche non pochissimi, ai
quali la disciplina vigente - tra le pieghe delle varie regole e nell'assenza di
considerazione dei periodi già trascorsi - consente di restare collocati fuori ruolo per
molti e molti anni, sottraendosi così per buona parte della loro carriera ai fondamentali
compiti istituzionali, rischia di trasformare tale costruttiva esperienza in una sorta di
"carriera parallela", alla quale non dovrebbe accedersi tramite il concorso in
Magistratura.
d) mancanza di una cultura dell'organizzazione e dell'efficienza.
Ma la causa a mio avviso più grave di tutte - poiché è anche la più diffusa, la meno
avvertita, la più giustificata - risiede nella mancanza, nell'ambito della Magistratura,
di una cultura diffusa dell'organizzazione e dell'efficienza, che si affianchi alla
cultura del Diritto. Troppo spesso il Magistrato, ancora oggi, continua intimamente a
ritenere di dover essere solo un bravo giurista, non anche un efficiente dispensatore del
servizio. Il meglio è spesso nemico del bene; il riconoscere Giustizia tardivamente
equivale spesso a non riconoscerla; la realizzazione di sentenze ponderose, dotte e
giuridicamente impeccabili, ma cronicamente tardive, è grave quanto la perpetrazione di
un'ingiustizia.
Come diceva De Nicola "giustizia lenta non è giustizia". La
mancanza di una cultura di direzione dell'ufficio, di imposizione di regole più
efficienti, di prevenzione e sanzione dei ritardi, di informatizzazione del lavoro, ci
induce a considerare come eccezionali i risultati - noti come best practices, anche in s
ede internazionale - ottenuti da alcuni uffici giudiziari grazie ad un'efficace
organizzazione laddove tali risultati dovrebbero costituire, invece, la regola, e cioè la
conseguenza naturale di un'applicazione diffusa, negli uffici giudiziari, del principio di
buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione.
Come per tutte le organizzazioni complesse, occorre accettare sino in fondo
la logica di sistema e di servizio della Giustizia, con la conseguente condivisione ed
implementazione di modelli organizzativi volti ad assicurare la funzionalità e
l'efficienza dell'attività giudiziaria, ed evitare invece il doppio rischio dell'anomia
organizzativa - che consente a ciascuno di sottrarsi a logiche di funzionamento collettivo
per perseguire percorsi individuali - e della burocratizzazione, attenta solo alle
"voci di dentro" della corporazione e non alle esigenze e alle aspettative dei
cittadini e della collettività.VC |
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.
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DOPO CHE LA MAGISTRATURA AVEVA
ANNULLATO, IN OTTOBRE 2016, IL XIX CONGRESSO DELLA DC |
|
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ETTORE BONALBERTI, L'Italia ha bisogno dei cattolici
(ovvero, ciò che bolle nellarea cattolica e popolare). |
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Nota. Lo sgretolamento del PDL sta
alimentando l'aspirazione dei laici cattolici
a ricoprire l'antico ruolo che fu della DC, in unione con altri, al centro. |
Ettore Bonalberti
Ettore Bonalberti |
LUCIANI: La riforma
elettorale di RENZI (congiunta con la riforma costituzionale) potrà essere la porta che
apre....,
se i Cattolici saranno convincenti che il partito riproposto non sarà un partito d'affari
come l'ultima DC, ma un
"partito di servizio al bene comune", come la prima DC di don Sturzo e De
Gasperi .
LA STRADA DI RENZI FA UN PASSO AVANTI PER LA GOVERNABILITA' IN ITALIA.
E' poco, ma grazie a questo primo passo, domani sarà forse
possibile fare il secondo.
(Per il seguito, vedi qui sotto). |
|
Stefano
Rodotà*, La democrazia senza morale.
(testo ripreso da "la Repubblica", ven. 8 aprile 2016) * Già professore ordinario di diritto
civile all'Università di Roma "La Sapienza".
Già candidato alla Presidenza della Repubblica. |
|
|
STEFANO RODOTA',
La democrazia senza morale (stralcio)1.-
Nel marzo di trentasei anni fa Italo Calvino pubblicava su questo giornale un articolo
intitolato "Apologo sull'onestà nel paese dei corrotti". Vale la pena di
rileggerlo (o leggerlo) non solo per coglierne amaramente i tratti di attualità, ma per
chiedersi quale significato possa essere attribuito oggi a parole come "onestà"
e "corruzione". Per cercar di rispondere a questa domanda, bisogna partire:
- dall'articolo 54 della Costituzione,
- passare poi ad un detto di un giudice della Corte Suprema americana;
- e ad un fulminante pensiero di Ennio Flaiano,
per concludere registrando il fatale ritorno dell'accusa di moralismo a chi si
ostina a ricordare che senza una forte moralità civile la stessa democrazia si perde.
2.- Quell'articolo della Costituzione dovrebbe ormai essere letto ogni mattina
negli uffici pubblici e all'inizio delle lezioni nelle scuole (e, perché no?, delle
sedute parlamentari). Comincia stabilendo che "tutti i cittadini hanno il
dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi".
Ma non si ferma a questa affermazione, che potrebbe apparire ovvia. Continua con
una prescrizione assai impegnativa: " i cittadini cui sono affidate funzioni
pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore".
Parola, quest'ultima, che rende immediatamente improponibile la linea
difensiva adottata ormai da anni da un ceto politico che, per sfuggire alle proprie
responsabilità, si rifugia nelle formule "non vi è nulla di penalmente
rilevante", "non è stata violata alcuna norma amministrativa".
Si cancella così la parte più significativa dell'articolo 54, che ha voluto
imporre a chi svolge funzioni pubbliche non solo il rispetto della legalità, ma il più
gravoso dovere di comportarsi con disciplina e onore.
3.- Vi è dunque una categoria di cittadini che deve garantire alla società un
"valore aggiunto", che si manifesta in comportamenti unicamente ispirati
all'interesse generale. Non si chiede loro genericamente di essere virtuosi.
Tocqueville aveva colto questo punto, mettendo in evidenza che l'onore rileva verso
l'esterno, " n'agit qu'en vue du public", mentre "la virtù vive per se
stessa e si accontenta della propria testimonianza".
Ma da anni si è allargata un'area dove i "servitori dello Stato" si
trasformano in servitori di se stessi, né onorati, né virtuosi.
Si è pensato che questo modo d'essere della politica e dell'amministrazione fosse
a costo zero. Si è irriso anzi a chi richiamava quell'articolo e, con qualche arroganza,
si è sottolineato come quella fosse una norma senza sanzione. Una logica che ha portato a
cancellare la responsabilità politica e a ridurre, fin quasi a farla scomparire, la
responsabilità amministrativa. Al posto di disciplina e onore si è insediata
l'impunità, e si ripresenta la concezione "di una classe politica che si sente
intoccabile", come ha opportunamente detto Piero Ignazi. Sì che i rarissimi casi di
dimissioni per violato onore vengono quasi presentati come atti eroici, o l'effetto di una
sopraffazione, mentre sono semplicemente la doverosa certificazione di comportamento
illegittimo.
Questa concezione non è rimasta all'interno della categoria dei cittadini
con funzioni pubbliche, ma ha infettato tutta la società, con un diffusissimo "così
fan tutti" che dà alla corruzione italiana un tratto che la distingue da quelli dei
paesi con cui si fanno i più diretti confronti.
Basta ricordare i parlamentari inglesi che si dimettono per minimi abusi nell'uso
di fondi pubblici: i ministri tedeschi che lasciano l'incarico per aver copiato qualche
pagina nella loro tesi di laurea: il Conseil constitutionnel francese che annulla
l'elezione di Jack Lang per un piccolo sforamento nelle spese elettorali; il
vice-presidente degli Stati Uniti Spiro Agnew si dimette per una evasione fiscale su
contributi elettorali (mentre un ministro italiano ricorre al condono presentandolo come
un lavacro di una conclamata evasione fiscale).
4.- Sono casi noti, e altri potrebbero essere citati, che ci dicono che non siamo
soltanto di fronte ad una ben più profonda etica civile, ma anche alla reazione di un
establishment consapevole della necessità di eliminare tutte le situazioni che possono
fargli perdere la legittimazione popolare.
In Italia si è imboccata la strada opposta con la protervia di una
classe politica che si costruiva una rete di protezione che, nelle sue illusioni, avrebbe
dovuto tenerla al riparo da ogni sanzione. Illusione, appunto, perché è poi venuta la
più pesante delle sanzioni, quella sociale, che si è massicciamente manifestata
nella totale perdita di credibilità davanti ai cittadini, di cui oggi cogliamo
gli effetti devastanti. Non si può impunemente cancellare quella che in Inghilterra è
stata definita come la "constitutional morality ".
3.- In questo clima, ben peggiore di quello degli anni Ottanta, quale
spazio rimane per quella "controsocietà degli onesti" alla quale
speranzosamente si affidava Italo Calvino? Qui vengono a proposito le parole di Louis
Brandeis, giudice della Corte Suprema americana, che nel 1913 scriveva, con espressione
divenuta proverbiale, che "la luce del sole è il miglior disinfettante".
Una affermazione tanto più significativa perché Brandeis è considerato uno dei
padri del concetto di privacy, che tuttavia vedeva anche come strumento grazie al quale le
minoranze possono far circolare informazioni senza censure o indebite limitazioni (vale la
pena di ricordare che fu il primo giudice ebreo della Corte).
L'accesso alla conoscenza, e la trasparenza che ne risulta, non sono soltanto alla
base dell'einaudiano "conoscere per deliberare", ma anche dell'ancor più
attuale "conoscere per controllare", ovunque ritenuto essenziale come fonte di
nuovi equilibri dei poteri, visto che la "democrazia di appropriazione" spinge
verso una concentrazione dei poteri al vertice dello Stato in forme sottratte ai controlli
tradizionali.
Tema attualissimo in Italia, dove si sta cercando di approvare una legge proprio
sull'accesso alle informazioni, per la quale tuttavia v'è da augurarsi che la ministra
per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione voglia rimuovere i troppi limiti
ancora previsti.
Non basta dire che limiti esistono anche in altri paesi, perché lì il contesto è
completamente diverso da quello italiano, che ha bisogno di ben più massicce dosi di
trasparenza proprio nella logica del riequilibrio dei poteri.
E bisogna ricordare la cattiva esperienza della legge 241 del 1990 sull'accesso ai
documenti amministrativi, dove tutte le amministrazioni, Banca d'Italia in testa,
elevarono alte mura per ridurre i poteri dei cittadini. Un rischio che la nuova legge
rischia di accrescere.
4.- Ma davvero può bastare la trasparenza in un paese in cui ogni
giorno le pagine dei giornali squadernano casi di corruzione a tutti livelli e in tutti i
luoghi, con connessioni sempre più inquietanti con la stessa criminalità ?
Soccorre qui l'amara satira di Ennio Flaiano. "Scaltritosi nel furto legale e
burocratico, a tutto riuscirete fuorché ad offenderlo. Lo chiamate ladro, finge di non
sentirvi. Gridate che è un ladro, vi prega di mostrargli le prove. E quando gliele
mostrate: "Ah, dice, ma non sono in triplice copia !". ...... |
Ettore Bonalberti, L'Italia
ha bisogno dei cattolici
1.- Se sul fronte dei frammenti sparsi della vecchia area
popolare e democratico cristiana il processo di ricomposizione sta andando avanti
con molta difficoltà, le cose non vanno meglio su quello del "nuovo che
avanza".
Residui personalismi e presuntuose quanto velleitarie aspirazioni di leadership
nell'area popolare rendono sempre più complicata la strada della formazione di una
Federazione dei Popolari, tappa obbligata per giungere in tempi ragionevolmente maturi
alla formazione del nuovo soggetto politico che, come condiviso a
Rovereto e a Orvieto dovrà essere un soggetto politico laico, democratico, popolare,
liberale, riformista, europeista, trans-nazionale, ispirato ai valori dell'umanesimo
cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE da far tornare ai principi dei
padri ispiratori, alternativo al socialismo trasformista renziano e ai populismi estremi.
2.- Sin qui tutti d'accordo, ma tra i sopravvissuti in
Parlamento, finisce col prevalere il tentativo di costruire una più consistente
unione anche con gli amici "conservatori" di Fitto o di conservare uno splendido
quanto improduttivo isolamento, mentre tra gli ex-CDU, senza più
parlamentari, il pur comprensibile desiderio di non rinunciare al proprio status e ruolo.
Sembra prevalere una difficile combinazione tra l'autonomia rivendicata dagli
amici di IDEA ( Quagliariello) e di Passera ( Italia Unica) e il richiamo della vecchia
foresta berlusconiana che, allo stato degli atti, può portare solamente alla sommatoria
di percentuali di consenso da prefisso telefonico.
Se queste sono le condizioni oggettive nelle quali sembra essersi impantanato il
progetto dell'area popolare, non meno in salita è ciò che è avvenuto e sta accadendo
nell'area più vasta del mondo cattolico con l'annuncio di Adinolfi e Amato del nuovo Partito
della Famiglia.
Dopo la manifestazione del 30 Gennaio scorso del Family Day al Circo Massimo, è
cresciuta l'aspirazione di molti fra coloro che hanno partecipato a quell'evento di
cercare di passare dallo "statu nascenti" di movimento a quella più strutturata
di partito, considerata l'inconsistenza politica dell'attuale frantumata e inefficace rappresentanza
di esponenti cattolici in Parlamento.
3.- Sul DdL Cirinnà, se si eccettuano le coraggiose solitarie
testimonianze dell'indomito Carlo Giovanardi, di Mario Mauro, con il soccorso di alcuni
altri amici di altra cultura politica, come Maurizio Sacconi, Gaetano Quagliariello, Luigi
Compagna e pochi altri, l'area degli ex DC come Formigoni o Lupi, si è divisa tra il
coraggio del NO dell'ex governatore lombardo e la giustificazione a posteriori del
compromesso farlocco della legge approvata avanzata dall'ondivago Lupi, prono nella difesa
del sostegno al governo Renzi e pronto a schierarsi a Milano a fianco degli anti renziani
per il voto di primavera. Troppo poco per una realtà complessa come quella del
vasto e articolato mondo cattolico senza più rappresentanza politica.
4.- Adinolfi e Amato con il loro articolo su La Croce del 3 Marzo, "
L'Italia ha bisogno dei cattolici", hanno lanciato la sfida con l'annuncio
dell'avvenuta formazione del nuovo Partito della Famiglia. Un gesto coraggioso che,
tuttavia, ha determinato immediate perplessità e divisioni all'interno della stessa
organizzazione artefice dei due eventi del Family Day e con lo stesso portavoce leader
Massimo Gandolfini.
Il neurochirurgo bresciano in un'intervista a La Nuova Bussola, nel rilevare
che la decisione del duo romano è avvenuta all'insaputa degli altri componenti del
comitato dirigente del Family Day, ha giustamente osservato come: " i partiti debbano
occuparsi dell'impostazione generale e non affrontare le cose tematicamente".
Siamo, dunque, nella classica situazione di stallo: da un lato il
vecchio che declina diviso dal permanere di residue velleità di sopravvivenza senza
speranza e, dall'altro, il nuovo che avanza con inevitabili fughe a rischio di possibili
divisioni e frustrazioni.
Si dovrebbe ricorre a una celebre indicazione di Papa Giovanni XXIII sul rapporto
vecchi-giovani quando ammoniva i primi ricordando loro che: " il mondo non finisce
con essi" e evidenziava ai secondi che " il mondo non comincia con loro".
5.- Dopo il ventennio della diaspora (1994-2016), la
scomparsa del partito democratico cristiano, la frantumazione residuale
di quel mondo diviso da opportunismi, abbandoni, disinvolte capriole di molti vocati a
sopravvivere:
- da un lato, è forte la necessità di ricostruire un nuovo soggetto
ispirato ai valori dell'umanesimo cristiano interprete sul piano politico degli
orientamenti pastorali della dottrina sociale cristiana;
- dall'altro, c'è la necessità di verificare se e come facilitare il processo di
ricomposizione garantendo l'offerta di "vino nuovo in otri nuovi", ossia
dell'emergere di una nuova classe dirigente.
Due le tappe essenziali di tale verifica:
- le amministrative di primavera, nelle quali ben vengano liste di area
cattolica e popolare come quelle annunciate dal Partito della Famiglia che, ad esempio, ha
saggiamente deciso di scendere in campo a Milano a sostegno del giovane Nicolò Mardegan e
della sua lista NOIxMILANO e a Bologna a fianco del combattivo Mirko De Carli. A Roma
attendiamo lo sviluppo dell' ingarbugliatissima matassa;
- il referendum sulla riforma costituzionale del trio toscano
Renzi- Boschi- Verdini e della legge super truffa dell'Italicum, che rappresenta il
momento più importante e di svolta della politica italiana.
......
Credo saranno queste le cartine di tornasole per accertare se sono mature le
condizioni per dar vita al nuovo soggetto politico, la saldatura tra il vecchio e il nuovo
e il definitivo passaggio dallo statu nascenti al partito. Ettore Bonalberti
Venezia, 6 Marzo 2016
...... |
NINO LUCIANI, La via
meno peggio, anche per la democrazia in Italia è che l'elettore possa scegliere tra due
grandi partiti, come in America; e che la Costituzione configuri i partiti dentro il
settore giuridico pubblico. 1.- Premessa. Ho
partecipato a numerosi convegni (Roma-Domus Pacis, di Tarolli e Bonalberti; Orvieto, di
Giovanardi, Quagliariello, Mario Mauro e Co.; Roma, Hotel Radisson, di Mario
Tassone...)...
Tutti erano arrabbiati contro RENZI, causa la abolizione del Senato, e la nuova
legge elettorale che ammetterà in parlamento solo grandi partiti. L'unica
motivazione apparsa (a parte le presumibili buone intenzioni, ma segrete, degli
arrabbiati, e fatti salvi alcuni in buona fede, ma fuori dal mondo...) era il
timore di perdere il posto in parlamento e i privilegi connessi, o di non potere
continuare a intrallazzare.
Renzi era stigmatizzato quale Presidente "non eletto dal popolo", ma da
un parlamento "esautorato"; anzi paventato come aspirante dittatore, come se
(dopo la riforma) la Repubblica non resti parlamentare (vale dire, la CAMERA non conservi
il potere di dare la fiducia al Governo, revocabile in ogni momento...); e come se il
Presidente della Repubblica non conservi la prerogativa di nominare il Governo e di
controllare la conformità costituzionale degli atti del Governo: cose che non sono.
Ho ascoltato tutto sempre attentamente, per vedere se i nuovi "auto-presunti
esclusi" cercassero di salvare la faccia mediante proposte alternative alle riforme
di Renzi, visto l'urgenza di provvedere all'attuale sfarinamento della democrazia italiana
(tutti possono "impedire di fare").
Assolutamente nessuna proposta.
2.- Veniamo a Rodotà. L'aria di oggi è erede diretta
di quella "di 20 anni fa", che cancellò la DC e il PSI dal parlamento italiano.
Anzi, dice Rodotà, la "aria di oggi", e che attraversa gli attuali
partiti di potere in parlamento, è peggiore.
E', di conseguenza, giustificato che si ponga un problema di fondo:
"quale sia la vera natura dei partiti" in generale, e se la costituzione (art.
49, che li colloca nel settore giuridico privato, anzichè pubblico), sia
appropriata.
Secondo la scuola di public choice (in quanto ramo economico della
scienza delle finanze, che ha avuto premi Nobel come J.Buchanan), l'obiettivo primario dei
politici è essere eletti per trarne dei vantaggi personali. Dunque l'essere eletti (per
fare l'interesse pubblico) è l'obiettivo strumentale (ossia, secondario rispetto
all'interesse personale, che è l'obiettivo primario).
La fattispecie è quella medesima di quella descritta da A. Smith, nei confronti
dell'impresa privata: es. vendere automobili (strumento) per fare un profitto (interesse
personale).
Mi pare ovvio che, nel campo pubblico, siffatta logica sia immorale e vada
riportata nei giusti binari.
Però, non è un problema di fare la predica giusta, come fa Rodotà (e che ha un
suo valore), ma dei meccanismi concreti che obbligano i politici a marciare lungo i binari
giusti (ad es., così come si fa, per un privato monopolista).
Ho studiato a fondo questo problema e ho pubblicato un volumetto (Economia
delle scelte pubbliche di beni e servizi, ed. Franco Angeli, Milano, 1992, p. 72),
che si può trovare in internet (Scritti scelti, p.414. Clicca su: http://amsacta.unibo.it/ .
In breve, come riporta Rodotà, il meccanismo decisionale deve funzionare alla luce
del sole, ma su basi di vera competizione (aggiungerei).
Nel mio volumetto sostengo che la competizione funziona correttamente (meglio dire,
nel modo meno peggio) se il popolo sceglie tra due soli partiti, sia pur partendo dalla
partecipazione iniziale di molti partiti, al concorso, e via via eliminati nella gara,
finchè la scelta è tra due soli.
3.- Torniamo alla DC. A mio modo di vedere, l'aspirazione dei cattolici a
tornare unitariamente (ma non monopolistici) nel parlamento italiano è legittima (come
per chiunque), ma anche necessaria (essendo parte della storia d'Italia), e anche
significativa per le caratteristiche morali della dottina sociale delle Chiesa cattolica,
a cui si ispirano.
Tuttavia, il tutto merita credibilità, se pregiudizialmente viene dichiarato il
ripudio del "partito d'affari", ed invece l'opzione al "partito di servizio
al bene comune" (don Sturzo).
Non basta la dichiarazione. E infatti il codice etico, 1982, di Guido Gonella non
ha salvato la DC. Occorre impegnarsi per applicare i meccanismi giusti.
La riforma costituzionale e la legge elettorale di Renzi vanno in questa direzione.
Avrei preferito una repubblica presidenziale come negli Stati Uniti.
E avrei preferito una legge elettorale che producesse due soli grandi partiti: uno
di maggioranza e uno di minoranza (non tante piccoli partiti di minoranza, nessuno con
potere effettivo di alternativa).
Ma, grazie a questo primo passo, sarà forse possibile fare il secondo.
4.- No alle firme per il referendum.
Continuo a sperare che (nei prossimi tre mesi, a partire dalla
approvazione parlamentare della riforma costituzionale, avvenuta in questi giorni, vale
dire grosso modo entro il 15 luglio p.v.) ci sia il rifiuto a dare le firme necessarie per
chiedere il referendum, vale dire:
- 126 firme di deputati;
- oppure di 64 firme di senatori;
- oppure di 500.000 elettori;
- oppure di 5 consigli regionali.
In tal caso le riforme andrebbero in vigore presto. |
|
.
Primo Ministro
Victor Mikàly Orbàn
|
.UNGHERIA membro della UNIONE EUROPEA
La Costituzione della UNGHERIA
Struttura politica
dello Stato
(Parlamento, Governo)
Per il testo integrale della Costituzione,
clicca su: Ungheria, pag. 3 |
Presidente della Repubblica
Janos Ader
|
|
Nota.
L'Ungheria è una Repubblica parlamentare, il Parlamento ha una sola camera, l'Esecutivo
è ripartito tra il Presidente della Repubblica e il Primo Ministro.
Il Presidente della Repubblica, capo dello Stato e garante della
Costituzione, è eletto dal Parlamento per 5 anni ( mandato rinnovabile una sola volta).
Egli non è penalmente responsabile durante il mandato. Nomina il Primo Ministro e i
Ministri. Ha alcuni poteri rinforzati in confronto a quelli del Presidente della
Repubblica Italiana.
Il Primo Ministro è eletto dal Parlamento, su proposta del Presidente della
Repubblica, definisce la politica del governo, è soggetto al voto di sfiducia del
Parlamento; può emanare decreti su temi non regolati dalla legge o su delega della legge,
ma non contraddicendo la legge.
Il Parlamento ('Assemblea nazionale) ha autonomia organizzativa interna e fa
le leggi. Le modalità di elezione dei suoi membri sono stabilite con legge ordinaria, con
salvaguardia delle etnie. I parlamentari godono di immunità e percepiscono una indennità
ai fini di essere indipendenti.
C'è una Corte Costituzionale. |
|
Costituzione della Repubblica d'Ungheria
(Stralcio della parte relativa alla struttura politica dello Stato) |
Struttura
politica delle Stato
(Parlamento, Governo)
LO STATO
L'Assemblea Nazionale
Articolo 1.
(1) Lorgano supremo della rappresentanza popolare in Ungheria è lAssemblea
Nazionale.
(2) LAssemblea Nazionale
a) emana e modifica la Legge Fondamentale dellUngheria;
b) approva le leggi;
c) approva la Legge sul bilancio centrale dello Stato e la legge attuativa della stessa;
d) ratifica i trattati internazionali per quanto di sua competenza;
e) elegge il Presidente della Repubblica, i membri ed il Presidente della Corte
Costituzionale, il Presidente della Corte Suprema, il Procuratore Generale, il Commissario
dei Diritti Fondamentali e i suoi sostituti, e il Presidente della Corte dei Conti;
f) elegge il Primo Ministro, decide sulla questione di fiducia riguardo al Governo;
g) scioglie il consiglio comunale se in contrasto con la Legge Fondamentale;
h) decide la dichiarazione dello stato di guerra e la sua cessazione;
i) decide in questioni di ordinamento speciale e riguardo alla partecipazione in
operazioni militari; j) esercita lamnistia;
k) esercita ulteriori competenze stabilite dalla Legge Fondamentale e dalla legge.
Articolo 2
(1) I cittadini elettori eleggono i deputati allAssemblea Nazionale sulla base
dell'universalità ed uguaglianza del voto, con voto diretto e segreto, in modo da
garantire lespressione libera della volontà degli elettori, secondo le forme
stabilite per legge organica. (2) La partecipazione al lavoro dellAssemblea
Nazionale delle etnie presenti in Ungheria è stabilita per legge organica. (3)
Lelezione generale dei deputati dellAssemblea Nazionale si tiene nei mesi di
Aprile o Maggio del quarto anno dopo lelezione dellAssemblea Nazionale
precedente salvo lelezione tenuta a causa dello scioglimento o
autoscioglimento dellAssemblea Nazionale.
Articolo 3
(1) Il mandato dellAssemblea Nazionale inizia con la seduta del suo insediamento, e
dura fino alla seduta di insediamento della successiva Assemblea Nazionale. La seduta di
insediamento entro trenta giorni dalla data dellelezione viene
convocata dal Presidente della Repubblica.
(2) LAssemblea Nazionale può dichiarare il proprio scioglimento.
(3) Il Presidente della Repubblica può sciogliere lAssemblea Nazionale
contemporaneamente alla proclamazione delle successive elezioni:
a) nel caso dellesaurimento del mandato del Governo, qualora lAssemblea
Nazionale non elegga Primo Ministro la persona proposta dal Presidente della Repubblica
entro quaranta giorni dal giorno della proposta, oppure
b) qualora lAssemblea Nazionale non approvi la Legge Finanziaria per lanno in
corso entro il 31 Marzo.
(4) Prima dello scioglimento dellAssemblea Nazionale, il Presidente della Repubblica
è obbligato a consultare lopinione del Primo Ministro, del Presidente
dellAssemblea Nazionale e dei capigruppo dei deputati.
(5) Il Presidente della Repubblica può esercitare la prerogativa prevista nel comma (3)
punto a) finché lAssemblea Nazionale non elegga il Primo Ministro. Il Presidente
della Repubblica puó esercitare il diritto del comma 3 punto b) finché lAssemblea
Nazionale non approvi la Legge Finanziaria.
(6) La nuova Assemblea Nazionale deve essere eletta entro novanta giorni dallo
scioglimento della precedente Assemblea Nazionale.
Articolo 4
(1) I deputati allAssemblea Nazionale hanno pari diritti e doveri, svolgono la loro
attività nellinteresse comune e in questo senso non possono prendere ordini da
altri.
(2) Il rappresentante allAssemblea Nazionale gode di immunità e percepisce
indennità volte ad assicurare la sua indipendenza. Una legge organica stabilisce gli
uffici pubblici che non possono essere coperti dal rappresentante allAssemblea
Nazionale e inoltre può stabilire altri casi di incompatibilità.
(3) Il mandato del rappresentante allAssemblea Nazionale cessa
a) con la cessazione del mandato allAssemblea Nazionale;
b) con la sua morte;
c) con la dichiarazione di incompatibilità;
d) con le sue dimissioni;
e) qualora le condizioni per la sua elezione non sussistano più;
f) se per un anno non partecipa al lavoro dellAssemblea Nazionale.
(4) LAssemblea Nazionale decide con maggioranza dei due terzi dei deputati presenti
lassenza delle condizioni necessarie per lelezione del rappresentante
allAssemblea Nazionale, lincompatibilità, la mancata partecipazione al lavoro
dellAssemblea Nazionale per un anno.
(5) Il regolamento dettagliato sullo stato legale e sulle indennità dei deputati
allAssemblea Nazionale è determinato per legge organica.
Articolo 5.
(1) Le sedute dellAssemblea Nazionale sono pubbliche. A richiesta del Governo o di
qualsiasi rappresentante, lAssemblea Nazionale può decidere a maggioranza di due
terzi dei deputati allAssemblea Nazionale di tenere una seduta chiusa.
(2) LAssemblea Nazionale sceglie il Presidente, Vice Presidente e i notai tra i suoi
membri.
(3) LAssemblea Nazionale forma le commissioni permanenti fra i deputati
allAssemblea Nazionale
(4) I deputati allAssemblea Nazionale per armonizzare la loro attività possono
creare gruppi parlamentari secondo le condizioni stabilite dal Regolamento della Casa.
(5) LAssemblea Nazionale può deliberare se alla seduta è presente più della metà
dei deputati allAssemblea Nazionale.
(6) Se la Legge Fondamentale non provvede diversamente, lAssemblea Nazionale
delibera a maggioranza della metà più uno dei deputati presenti allAssemblea
Nazionale. Il Regolamento della Casa può stabilire la delibera di alcune decisioni con
maggioranza qualificata.
(7) LAssemblea Nazionale stabilisce le regole del proprio funzionamento e
lordine delle sue conferenze nel Regolamento della Casa approvato con maggioranza
dei due terzi dei deputati allAssemblea Nazionale presenti. (8) Le disposizioni che
assicurano la regolarità delle sedute dellAssemblea Nazionale sono stabilite per
legge organica.
Articolo 6
(1) Una legge può essere proposta dal Presidente della Repubblica, dal Governo, da una
Commissione Parlamentare oppure da un rappresentante allAssemblea Nazionale.
(2) LAssemblea Nazionale su iniziativa precedente alla chiusura della
votazione del proponente, del Governo o del Presidente dell'Assemblea Nazionale
può inviare la legge approvata alla Corte Costituzionale per lesame della
compatibilità con la Legge Fondamentale. LAssemblea Nazionale decide sulla proposta
dopo la votazione finale. Nel caso di approvazione della proposta, il Presidente
dellAssemblea Nazionale invia immediatamente la legge approvata alla Corte
Costituzionale per lesame della sua compatibilità con la Legge Fondamentale.
(3) Il Presidente dellAssemblea Nazionale firma la legge approvata entro cinque
giorni e la invia al Presidente della Repubblica. Il Presidente della Repubblica firma
entro cinque giorni la legge inviatagli e ne decreta la promulgazione. Se lAssemblea
Nazionale secondo il comma (2) ha sottoposto la legge allesame di compatibilità con
la Legge Fondamentale, il Presidente dellAssemblea Nazionale può firmarla e
inviarla al Presidente della Repubblica solo se la Corte Costituzionale non ha riscontrato
alcuna contraddizione con la Legge Fondamentale.
(4) Se il Presidente della Repubblica ritiene che la legge o alcune disposizioni di essa
contraddicano la Legge Fondamentale e lesame secondo il comma (2) non è stato
svolto, invia la legge alla Corte Costituzionale per lesame di compatibilità con la
Legge Fondamentale.
(5) Se il Presidente della Repubblica è in disaccordo con la legge o con alcune
disposizione di essa e non ha usato la sua prerogativa descritta nel comma (4), può
rinviare la legge con le sue osservazioni al riesame dell'Assemblea Nazionale prima di
firmarla. LAssemblea Nazionale discute di nuovo la legge e decide di nuovo sulla sua
approvazione. Il Presidente della Repubblica può usare questa prerogativa anche se la
Corte Costituzionale non ha riscontrato alcuna contraddizione con la Legge Fondamentale
durante lesame richiesto dellAssemblea Nazionale.
(6) La Corte Costituzionale decide sulla proposta di cui ai commi (2) e (4) con urgenza,
ma al massimo entro trenta giorni. Se la Corte Costituzionale riscontra contraddizione con
la Legge Fondamentale, lAssemblea Nazionale discute nuovamente la legge per
eliminare la contraddizione con la Legge Fondamentale.
(7) Se la Corte Costituzionale non ha riscontrato alcuna contraddizione con la Legge
Fondamentale durante lesame richiesto dal Presidente della Repubblica, il Presidente
della Repubblica firma immediatamente la legge e decreta la sua promulgazione.
(8) Lesame di compatibilità con la Legge Fondamentale della legge discussa
dallAssemblea Nazionale di cui al comma (6) secondo i commi (2) e (4) lesame
può essere richiesto di nuovo alla Corte Costituzionale. La Corte Costituzionale decide
con urgenza sulla proposta rinnovata, ma al massimo entro dieci giorni.
(9) Se la legge rinviata dal Presidente della Repubblica per il suo disaccordo viene
modificata dallAssemblea Nazionale, lesame di compatibilità con la Legge
Fondamentale secondo i commi (2) e (4) può essere richiesta esclusivamente riguardo le
parti corrette oppure con riferimento al fatto che le condizioni del processo legislativo,
stabilite nella Legge Fondamentale, non sono state realizzate. Se la legge viene approvata
dallAssemblea Nazionale con lo stesso testo dopo che il Presidente della Repubblica
lha rinviata per motivi di disaccordo, il Presidente della Repubblica può
richiedere lesame di compatibilità con la Legge Fondamentale riguardo le condizioni
del processo non realizzate, stabilite nella Legge Fondamentale. |
Articolo7
(1) Il rappresentante allAssemblea Nazionale può interrogare il Commissario dei
Diritti Fondamentali, il Presidente della Corte dei Conti, il Procuratore Generale ed il
Presidente della Banca Nazionale Ungherese a proposito di ogni questione di loro
competenza.
(2) Il rappresentante allAssemblea Nazionale può interpellare e interrogare il
Governo e i membri del Governo a proposito di ogni questione di loro competenza.
(3) Lattività esaminatrice delle Commissioni dellAssemblea Nazionale e
lobbligo di presenza personale davanti alle Commissioni sono stabiliti per legge
organica. Referendum popolare
Articolo 8
(1) LAssemblea Nazionale ordina un referendum popolare per iniziativa di almeno
duecentomila cittadini elettori. LAssemblea Nazionale può ordinare un referendum
popolare per iniziativa del Presidente della Repubblica, del Governo o di centomila
elettori. Il risultato di un referendum valido e di successo è vincolante per
lAssemblea Nazionale.
(2) Il soggetto del referendum popolare può essere una questione di competenza
dellAssemblea Nazionale.
(3) Non può essere tenuto un referendum popolare:
a) su questioni riguardanti modifiche della Legge Fondamentale;
b) sui contenuti della Legge Finanziaria, sulla legge attuativa, sulle tasse centrali,
sulle imposte, sui contributi, sulla dogana, sulle condizioni centrali dei tributi locali;
c) sul contenuto delle leggi elettorali per i deputati allAssemblea Nazionale, per i
deputati e sindaci comunali e per i deputati al Parlamento Europeo;
d) sugli obblighi provenienti dai trattati internazionali;
e) sulle questioni riguardanti la formazione di organi gli incarichi a persone di
competenza dellAssemblea Nazionale;
f) sullo scioglimento dellAssemblea Nazionale;
g) sullo scioglimento del corpo rappresentativo;
h) sulla dichiarazione dello stato di guerra, proclamazione dello stato straordinario e
dello stato di emergenza, come dello stato di protezione preventiva e sul suo
prolungamento;
i) sulle questioni riguardanti la partecipazione nelle azioni militari;
j) sulla pratica dell'amnistia.
(4) Il referendum nazionale è valido se più della metà dei cittadini elettori ha
espresso il suo voto valido, e ha successo se la metà degli elettori che hanno espresso
voto valido ha dato la stessa risposta sulla questione posta.
Il Presidente della Repubblica
Articolo 9
(1) Il Capo di Stato dellUngheria è il Presidente della Repubblica, che esprime
lunità della Nazione e vigila sul funzionamento democratico dellorganismo
statale.
(2) Il Presidente della Repubblica è il comandante supremo dellEsercito della
Difesa Ungherese.
(3) Il Presidente della Repubblica
a) rappresenta lUngheria;
b) può partecipare ed intervenire alle sedute dellAssemblea Nazionale;
c) può presentare proposte di legge;
d) può proporre un referendum popolare;
e) determina la data delle elezioni generali dei deputati allAssemblea Nazionale,
dei deputati e sindaci comunali, delle elezioni europarlamentari e dei referendum
popolari;
f) delibera nelle questioni di ordine legislativo speciale;
g) convoca la seduta d'insediamento dellAssemblea Nazionale;
h) può sciogliere lAssemblea Nazionale;
i) può inviare una legge approvata alla Corte Costituzionale per lesame di
compatibilità con la Legge Fondamentale, oppure può rinviarla allAssemblea
Nazionale per riesame;
j) formula la proposta per la persona del Primo Ministro, del Presidente della Corte
Suprema, del Procuratore Generale, del Commissario dei Diritti Fondamentali;
k) nomina i giudici professionali ed il Presidente del Consiglio di Bilancio;
l) conferma nel suo incarico il Presidente dellAccademia Ungherese della Scienza; m)
forma lorgano del suo ufficio.
(4) Il Presidente della Repubblica
a) in base al mandato dellAssemblea Nazionale riconosce il vincolo generale dei
trattati internazionali;
b) delega ed accoglie gli ambasciatori e gli inviati;
c) nomina i ministri, il Presidente e Vicepresidenti della Banca Nazionale Ungherese, il
capo dellorgano regolatore indipendente ed i professori delle università;
d) delega i rettori delle università;
e) nomina e promuove i generali;
f) distribuisce onorificenze, premi e titoli stabiliti dalla legge, approva le
onorificenze ricevute allestero;
g) esercita il diritto di grazia individuale;
h) decide nelle questioni di organizzazione territoriale di sua competenza;
i) decide negli affari riguardanti lacquisizione e perdita della cittadinanza;
j) decide in tutti i casi sottoposti alla sua competenza.
(5) Il Presidente della Repubblica per tutte le pratiche descritte nel comma (4) necessita
di controfirma di un membro del Governo. La legge può stabilire che per la decisione di
competenza del Presidente della Repubblica non sia necessaria controfirma.
(6) Il Presidente della Repubblica nega lesecuzione dei descritti nei punti b)-e)
del comma (4) se le condizioni legislative sono carenti oppure se deduce fondatamente che
possa essere causata confusione nel funzionamento democratico del sistema statale.
(7) Il Presidente della Repubblica rifiuta ladempimento dei contenuti del punto f)
del comma (4) se tale adempimento causa la violazione dellordine di valori della
Legge Fondamentale.
Articolo 10
(1) Il Presidente della Repubblica viene eletto per cinque anni dallAssemblea
Nazionale.
(2) Può essere eletto Presidente della Repubblica qualunque cittadino ungherese che abbia
compiuto il suo trentacinquesimo anno di età.
(3) Il Presidente della Repubblica può essere rieletto solo una volta.
Articolo 11.
(1) Il Presidente della Repubblica deve essere eletto al minimo trenta e al massimo
sessanta giorni prima della fine del mandato del precedente Presidente della Repubblica;
se invece il mandato del precedente finisce anzitempo, entro trenta giorni dopo la fine di
tale mandato. Lelezione del Presidente della Repubblica viene definita dal
Presidente dellAssemblea Nazionale. LAssemblea Nazionale elegge il Presidente
della Repubblica con votazione a scrutinio segreto.
(2) Lelezione del Presidente della Repubblica è preceduta dalla nomina. Per una
valida nomina è necessaria la proposta scritta di un quinto dei deputati
allAssemblea Nazionale. La nomina deve essere presentata al Presidente
dellAssemblea Nazionale prima della dichiarazione dellelezione. Ogni
rappresentante allAssemblea Nazionale può proporre un nominato. La proposta di chi
propone più di un nominato non è valida.
(3) Il Presidente della Repubblica eletto a prima votazione è la persona che ha ottenuto
la maggioranza dei due terzi dei deputati allAssemblea Nazionale.
(4) Se la prima votazione non ha successo, deve essere tenuta una seconda votazione.
Durante la seconda votazione si votano i due nominati che hanno ottenuto più voti nella
prima. Se nella prima votazione si hanno i due nominati più votati con lo stesso numero
di voti, nella seconda si votano i nominati che hanno ottenuto il numero più alto di
voti. Se durante la prima votazione vi è stata parità solo al secondo posto, possono
essere votati i nominati che hanno ottenuto i due numeri più alti di voti. Il Presidente
della Repubblica eletto alla seconda votazione è la persona che, a prescindere del numero
dei votanti, ha ottenuto il maggior numero di voti validi. Se anche la seconda votazione
non ha successo, la nomina si ripete e si tiene una nuova votazione.
(5) La procedura dell'elezione deve essere conclusa nei due giorni successivi.
(6) Il Presidente della Repubblica eletto entra in carica al momento della fine del
mandato del Presidente della Repubblica precedente; nel caso in cui il mandato del
precedente finisca anzitempo, il Presidente della Repubblica eletto entra in carica
nellottavo giorno dopo la proclamazione dellesito della votazione; prima di
entrare nel suo mandato presta giuramento davanti allAssemblea Nazionale.
Articolo 12.
(1) La persona del Presidente della Repubblica è inviolabile.
(2) Lincarico del Presidente della Repubblica è incompatibile con ogni altro
incarico statale, sociale, economico e politico. Il Presidente della Repubblica non può
esercitare altra attività remunerata e non può accettare onorario se non per
lattività sotto la protezione del diritto dautore.
(3) Lincarico del Presidente della Repubblica cessa
a) con la scadenza del suo mandato;
b) con la sua morte;
c) perché impossibilitato allo svolgimento delle sue funzioni per più di novanta giorni;
d) se le condizioni necessarie per la sua elezione non sono più valide;
e) per dichiarazione di incompatibilità;
f) con le sue dimissioni;
g) con la privazione del suo incarico di Presidente della Repubblica.
(4) Le constatazioni che lo stato del Presidente della Repubblica non gli permette di
svolgere i compiti per più di novanta giorni, della mancanza delle condizioni necessarie
per la sua elezione e la dichiarazione di incompatibilità avviene a maggioranza di due
terzi dei deputati presenti allAssemblea Nazionale.
(5) Il regolamento dettagliato sullo stato legale del Presidente della Repubblica e le sue
indennità sono stabilite per legge organica.
Articolo13
(1) Contro il Presidente della Repubblica il processo penale può essere iniziato solo
dopo la fine del suo mandato.
(2) Contro il Presidente della Repubblica che svolgendo il suo incarico viola
volontariamente la Legge Fondamentale oppure una legge, oppure commette volontariamente un
reato, il quinto dei deputati dellAssemblea Nazionale può porre in essere
liniziativa per la privazione dellincarico. |
(3) Per iniziare il processo
di privazione è necessario la maggioranza dei due terzi dei deputati allAssemblea
Nazionale. La votazione è segreta.
(4) Dal momento dellespressione della decisione dellAssemblea Nazionale alla
fine del processo di privazione, il Presidente della Repubblica non può esercitare il suo
incarico.
(5) La conduzione del processo di privazione è di competenza della Corte Costituzionale.
(6) Se la Corte Costituzionale come esito del processo constata la responsabilità legale
del Presidente della Repubblica, può privare il Presidente della Repubblica del suo
mandato. Articolo 14
(1) Nel caso il Presidente della Repubblica fosse impedito temporaneamente, fino a
cessazione dellostacolo, oppure nel caso di cessazione del mandato del Presidente
della Repubblica fino allentrata in carica del nuovo Presidente, i compiti e le
competenze del Presidente della Repubblica vengono esercitati dal Presidente
dellAssemblea Nazionale.
(2) Lindisposizione temporanea del Presidente della Repubblica viene constatata
dallAssemblea Nazionale dopo liniziativa del Presidente della Repubblica, del
Governo oppure di qualsiasi rappresentante allAssemblea Nazionale.
(3) Durante la sostituzione del Presidente della Repubblica, il Presidente
dellAssemblea Nazionale non può esercitare le sue prerogative di rappresentante
allAssemblea Nazionale, e i compiti del Presidente dellAssemblea Nazionale
vengono svolti in sua vece dal Vicepresidente nominato dallAssemblea Nazionale.
Il Governo
Articolo 15
(1) Il Governo è lorgano generale del potere esecutivo, le cui competenze si
estendono su tutto ciò che non è sottoposto alla competenza degli altri organi dalla
Legge Fondamentale o da altre norme giuridiche. Il Governo risponde allAssemblea
Nazionale.
(2) Il Governo è lorgano superiore della pubblica amministrazione, può formare
organi amministrativi secondo quanto stabilito dalla legge.
(3) Svolgendo i suoi compiti, il Governo emana decreti su temi non regolati dalla legge o
in base allautorizzazione della legge.
(4) Il decreto del Governo non può contraddire la legge.
Articolo 16
(1) I membri del Governo sono il Primo Ministro e i ministri.
(2) Il Primo Ministro per decreto nomina uno o più viceministri.
(3) Il Primo Ministro viene eletto dallAssemblea Nazionale su proposta del
Presidente della Repubblica.
(4) Per lelezione del Primo Ministro è necessaria la maggioranza dei voti dei
deputati allAssemblea Nazionale. Il Primo Ministro entra in carica con la sua
elezione.
(5) Il Presidente della Repubblica formula la sua proposta descritta nel comma (3),
a) se lincarico del Primo Ministro finisce con l'insediamento della nuova Assemblea
Nazionale, alla seduta d'insediamento della nuova Assemblea Nazionale;
b) se il mandato del Primo Ministro finisce per le sue dimissioni, morte, dichiarazione di
incompatibilità, mancanza delle condizioni necessarie per la sua elezione, oppure termina
perché lAssemblea Nazionale lo ha sfiduciato; in questo caso la proposta viene
avanzata entro quindici giorni dalla cessazione del mandato del Primo Ministro.
(6) Se la persona proposta come Primo Ministro secondo il comma (5) non viene eletta
dallAssemblea Nazionale, il Presidente della Repubblica presenta una nuova proposta
entro quindici giorni.
(7) I ministri vengono nominati dal Presidente della Repubblica su proposta del Primo
Ministro. Il ministro entra in carica alla data indicata in sede della sua nomina o, nel
caso di mancanza di essa, entra in carica alla sua nomina.
(8) Il Governo si forma con la nomina dei ministri.
(9) I membri del Governo prestano giuramento davanti allAssemblea Nazionale.
Articolo 17
(1) Lelenco dei ministeri è stabilito per legge.
(2) Il Governo può nominare ministri senza portafoglio per lo svolgimento di compiti
definiti.
(3) Lorgano che rappresenta le competenze del Governo sul territorio è
lUfficio del Governo nella capitale e nelle regioni.
(4) Una legge organica può modificare la legge che elenca i ministeri e i decreti di
nomina dei ministri oppure degli organi amministrativi.
(5) Lo stato giuridico dei funzionari del Governo è stabilito per legge.
Articolo 18
(1) La politica generale del Governo viene definita dal Primo Ministro.
(2) Il ministro, nellambito della politica generale del Governo, gestisce
autonomamente i rami dellamministrazione pubblica e gli organi sottoposti, e svolge
i compiti definiti dal Governo o dal Primo Ministro.
(3) Il membro del Governo, in base allautorizzazione ricevuta dal decreto
governativo o dalla legge, svolgendo i suoi compiti, forma decreti autonomamente oppure
daccordo con un altri ministri, che non possono contraddire la legge, i decreti
governativi e i decreti del Presidente della Banca Nazionale.
(4) Il membro del Governo è responsabile per la sua attività allAssemblea
Nazionale e il ministro al Primo Ministro. Il membro del Governo può partecipare ed
intervenire alle sedute dellAssemblea Nazionale. LAssemblea Nazionale ed le
Commissioni dellAssemblea Nazionale possono obbligare i membri del Governo a
presentarsi a una seduta.
(5) Il regolamento dettagliato sullo stato giuridico dei membri del governo, la loro
retribuzione e lordine di sostituzione dei ministri sono stabiliti per legge.
Articolo 19
LAssemblea Nazionale può chiedere informazioni al Governo sulla posizione del
Governo tenuta durante il processo decisionale delle istituzioni dellUnione Europea
basate sulla partecipazione dei governi, e può prendere posizione sugli argomenti in
agenda nel processo decisionale. Il Governo durante il processo decisionale
dellUnione Europea agisce seguendo la posizione dellAssemblea Nazionale.
Articolo 20
(1) Con la cessazione del mandato del Primo Ministro cessa anche il mandato del Governo.
(2) Il mandato del Primo Ministro cessa a) con la formazione della nuova Assemblea
Nazionale eletta;
c) se lAssemblea Nazionale sfiducia il Primo Ministro alla votazione di fiducia
proposta dal Primo Ministro;
d) con la sua dimissione;
e) con la sua morte;
f) con la dichiarazione di incompatibilità;
g) se le condizioni necessarie per la sua elezione non sono più valide.
(3) Lincarico del ministro cessa a) con la cessazione del mandato del Primo
Ministro;
b) con le dimissioni del Ministro; c) con la sua destituzione;
d) con la sua morte.
(4) Sulla mancanza delle condizioni necessarie per lelezione del Primo Ministro e
sulla dichiarazione di incompatibilità decide lAssemblea Nazionale con la
maggioranza dei due terzi dei deputati allAssemblea Nazionale presenti.
Articolo 21
(1) Il quinto dei rappresentati allAssembla Nazionale può proporre la mozione di
sfiducia per iscritto contro il Primo Ministro, con la menzione della persona suggerita
per lufficio del Primo Ministro.
(2) Se lAssemblea Nazionale sostiene la mozione di sfiducia, esprime la sua sfiducia
contro il Primo Ministro e allo stesso tempo elegge Primo Ministro la persona indicata
nella mozione di sfiducia. Per la decisione dellAssemblea Nazionale è necessaria la
maggioranza dei due terzi dei voti dei deputati allAssemblea Nazionale.
(3) Il Primo Ministro può proporre la votazione di fiducia. LAssemblea Nazionale
esprime la sua sfiducia contro il Primo Ministro se alla votazione di sfiducia tenuta su
proposta del Primo Ministro più della metà dei deputati allAssemblea Nazionale non
sostiene il Primo Ministro.
(4) Il Primo Ministro può proporre che la votazione su una proposta del Governo sia allo
stesso tempo una votazione di fiducia. LAssemblea Nazionale esprime la sua sfiducia
contro il Primo Ministro se non sostiene la proposta presentata dal Governo.
(5) LAssemblea Nazionale prende la sua decisione sulla questione di sfiducia o di
fiducia tra i tre e gli otto giorni dalla presentazione dalla mozione di sfiducia oppure
dalla presentazione della proposta del Primo Ministro descritta nei commi (3) e (4).
Articolo 22.
(1) Dalla cessazione del mandato del Governo alla costituzione del nuovo Governo, il
Governo esercita le proprie competenze come governo amministrativo, ma non può ratificare
trattati internazionali, può firmare decreti solo ove previsto dalla legge, in casi
urgentissimi.
(2) Se il mandato del Primo Ministro cessa con le sue dimissioni oppure con la formazione
della nuova Assemblea Nazionale, fino allelezione del nuovo Primo Ministro, il Primo
Ministro esercita le sue competenze come Primo Ministro amministrativo, ma non può fare
proposte per l'esonero di ministri oppure per la nomina di un nuovo ministro, può firmare
decreti solo ove previsto dalla legge, in casi urgentissimi.
(3) Se il mandato del Primo Ministro cessa per la sua morte, per la dichiarazione di
incompatibilità, per la mancanza delle condizioni necessarie alla sua elezione oppure
perché lAssemblea Nazionale lo ha sfiduciato alla votazione di fiducia, fino
allelezione del nuovo Primo Ministro le competenze del Primo Ministro saranno
esercitate con i limiti descritti nel comma (2) dal sostituto del Primo Ministro oppure,
nel caso ci fossero più sostituti del Primo Ministro, dal sostituto del Primo Ministro
nominato al primo posto.
(4) Il ministro, dalla cessazione del mandato del Primo Ministro fino alla nomina del
nuovo Primo Ministro oppure fino allincarico degli altri membri del Governo per lo
svolgimento temporaneo dei compiti, può esercitare le sue competenze come ministro
amministrativo, può firmare decreti solo ove previsto dalla legge, in casi urgentissimi. |
|
.
TURCHIA verso
UNIONE EUROPEA |
.
Bandiera della Turchia
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In
vista dell'allargamento della UE a nuovi Paesi
Caso: TURCHIA
COSA LA UE-Unione Europea CI
MANDA A DIRE
per l'ammissione della TURCHIA alla UE
ARGOMENTI
UE: |
Criteri politici,
criteri economici, legislazione UE. |
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Stato di
avanzamento dei negoziati di adesione. |
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Presidente Tayyip Erdogan
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LUCIANI : OK parlare chiaro, ma quei NO fondati su
giudizi politici circa i gradi di libertà sono non appropriati. Infatti la chiave per la
pace
per sempre, tra Arabi ed Europei, è riconoscere alla Turchia il ruolo storico naturale di
mediazione tra Paesi Arabi e Unione Europea.
La Turchia è Paese democratico ( ivi si vota normalmente) e (dopo Kemal Ataturk) è
islamico con una tradizione di separazione
tra Stato e Religione sicuramente non sopita. Invece, sulla questione curda, la UE
ha ragione, vale dire:senza una soluzione
al diritto di autonomia delle minoranze etniche, la Turchia non avrà forza ed
autorevolezza per mediare tra Arabi ed Europei. |
Il rapporto della Commissione europea sulla Turchia,
parte del pacchetto allargamento 2015
1.- Sintesi. Il rapporto sottolinea che l'UE e la Turchia ha
continuato a rafforzare la cooperazione nei settori di interesse comune, che supportano e
integrano i negoziati di adesione.
Il dialogo politico in materia di politica estera e di sicurezza ha continuato, anche per
quanto riguarda la lotta al terrorismo, tenuto conto dello scenario della Turchia in
collegamento con la coalizione internazionale contro Da'esh.
La cooperazione in materia di visti, mobilità e migrazione è stato perseguita nel quadro
del dialogo sulla liberalizzazione dei visti avviato nel dicembre 2013.
La Turchia ha continuato a fornire aiuti umanitari senza precedenti e il sostegno ai
rifugiati provenienti da Siria e Iraq.
Un piano d'azione congiunto UE -Turchia per i rifugiati e le migrazioni di gestione è
stato accolto favorevolmente dal Consiglio europeo di ottobre.
La Commissione e la Turchia hanno convenuto di intensificare la cooperazione in materia di
energia.
Sviluppare ulteriormente stretti legami economici è stata anche una priorità comune ed
entrambe le parti hanno convenuto di avviare le procedure in vista
dellammodernamento ed estensione dell'Unione doganale.
Buoni progressi sono stati compiuti verso l'apertura del capitolo 17 - politica economica
e monetaria - che sostenere il dialogo economico ad alto livello previsto.
Allo stesso tempo, il rapporto sottolinea un trend complessivamente negativo a
riguardo dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali.
Significative carenze hanno riguardato la magistratura così come la libertà di
espressione e la libertà di riunione.
La Turchia ha mostrato un grave deterioramento della sua situazione di sicurezza.
Il processo di risoluzione della questione curda si è fermato nonostante precedenti
sviluppi positivi sulla questione.
E 'indispensabile che i colloqui di pace riprendano.
Il nuovo governo, dopo le ripetute elezioni del 1 ° novembre, dovrà affrontare queste
priorità urgenti.
Per quanto riguarda i criteri economici, l'economia turca è in una fase avanzata di
economia di mercato di economia di mercato, e come tale va considerata.
La Turchia ha anche un buon livello di preparazione ad acquisire la capacità di far
fronte alle pressioni concorrenziali e alle forze di mercato all'interno dell'UE.
La Turchia ha continuato ad allinearsi con il diritto comunitario acquisito, anche se a un
ritmo più lento, e ha raggiunto un buon livello di preparazione in molte aree.
2.- Criteri politici
Il ritmo delle riforme rallentato lo scorso anno in Turchia, anche a causa delle
elezioni lunghe e la continua divisione politica.
Il 7 giugno elezioni politiche ha visto un record di 84% affluenza del corpo elettorale al
voto e tutti i maggiori partiti politici sono stati rappresentati nel nuovo parlamento.
Tuttavia, un governo non potè essere formato entro la scadenza temporale prevista dalla
Costituzionale, e le elezioni sono state ripetute il 1 ° novembre 2015, ancora con un
tasso molto alto di affluenza dello 85%.
Tutti i principali partiti politici posti hanno nuovamente conquistato seggi in
parlamento, permettendo al partito maggiore di formare un governo di maggioranza.
La sicurezza della ripetizione delle elezioni è stata assicurata, nonostante le
preoccupazioni a causa della situazione in particolare a est e sud-est del paese.
C'è stato una aumentato pressione sui mezzi di informazione che ha dato motivo di grave
preoccupazione.
Tra le carenze del quadro normativo che disciplina le elezioni, la soglia del 10% dei voti
per essere rappresentato in parlamento deve essere discussa in via prioritaria.
La Turchia ha visto un grave deterioramento della sua situazione di sicurezza.
Le autorità hanno lanciato una vasta campagna militare e di sicurezza anti-terrorismo
contro il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), che rimane nella lista delle
organizzazioni terroristiche dell'Unione europea, sia in Turchia e in Iraq.
Il processo di sistemazione della questione curda si è fermato nonostante precedenti
sviluppi positivi sulla questione.
E 'indispensabile che i colloqui di pace riprendano. |
NINO
LUCIANI, Il giudizio della Commissione è inadeguato,
perchè prescinde dal ruolo naturale della Turchia per la mediazione tra Popoli Arabi e
Popoli Europei
1.- Premessa. Mentre a Bruxelles si
continua a elucubrare se ammettere o no la Turchia nella UE, abbiamo tutti assistito alla
"invasione" di migrazioni bibliche di popolazioni del mondo arabo in Europa.
Questa è cosa diversa dalle note invasioni storiche, armate, del mondo arabo in
Europa, e di cui le battaglie più importanti furono Poitiers (777) , la battaglia alle
porte di Vienna .() .. , la battagli di Lepanto (1572).
Questa cosa è, a sua volta, simmetricamente diversa, dalle note (a nostra volta)
invasioni europee del mondo arabo (crociate, colonizzazione del medio oriente e del
nord Africa), e che a loro volta hanno generato grandi insediamenti di popoli coloniali
nei Paesi colonizzatori.
Non va, poi, dimenticato che, nell'azione dei Paesi Europei verso il mondo arabo, i
Paesi Europei hanno fatto distinzioni soprattutto tra Paesi aventi Governi in armonia con
i nostri interessi (avere il petrolio, controllare l'accesso di Suez), raramente per
questioni riguardanti gli interessi dei popoli arabi.
Solo l'invasione dell'IRAQ è stata fondata sullo abbinamento tra
esportazione della democrazia e possibilità di ottenere petrolio, in concorrenza con
quello di altri Paesi Arabi (vale a prezzo calmierato).
E adesso che ci vediamo aggrediti in casa da organizzazioni islamiche, ci
limiteremo a contrattacare a casa loro ?
La guerra tra Roma e Cartagine durè 300 anni, e fu per finire (una prima volta)
quando Annibale arrivò alle porte di Roma (ma che poi finì male per lui, perchè
temporeggiò, dando tempo a Roma di riprendersi); una seconda volta (146 a.C.) con la
distruzione di Cartagine.
Temo che, se non si vorrà, arrivare alla distruzione termo-nucleare di uno dei due
campi (o forse della distruzione di entrambi, perchè dicono gli esperti che quel tipo di
guerra non permette a nessuno di sopravvivere).
2.- Quale via d'uscita. In una prospettiva di pacificazione, credo che la Turchia
sia il mediatore per natura, posto che la via di Kemal Ataturk riprenda fiato.
Il criterio, a mio modo di vedere, è una netta separazione tra Stato e Religione,
così come abbiamo già fatto noi in Europa ( e negli USA), e tuttavia con un criterio
suppletivo: che rinunciamo all'ingerenza politica nei Paesi Arabi.
Lo vediamo tutti che nei Paesi Arabi ci sono
enormi ricchezze naturali, di cui sono appropriate poche famiglie (lasciamo stare se si
tratta di famiglie reali, che con l'uso della forza, tengono soggiocate le popolazioni
locali).
Questo è sempre accaduto storicamente anche da noi, e la cosa si è risolta solo con
l'innalzamento del livello di istruzione dei nostri popoli.
Di questo tenuto conto, è vano pensare di esportare la democrazia con la forza.
Lo abbiamo visto in Iraq, e lo abbiamo visto in Libia, e lo vediamo (ancora solo in parte)
in Tunisia, ma solo perchè la rivoluzione è nata localmente, per maturazione democratica
locale).
Torniamo alla Turchia. Ho visitato la Turchia trent'anni fa. Ho potuto visitare
liberamente le moschee, purchè mi togliessi le scarpe.
Ho contattato e parlato con la popolazione della fascia tra IZMIR e ISTAMBUL. Ho trovato
che i turchi sono buoni e pacifici, grosso modo come i nostri meridionali, anche come
andazzo quotidiano.
Penso anche la Turchia sia afflitta dalla questione curda,
ma per colpa sua e questo nuoce molto alla sua autorevolezza nel mondo.
. I popoli hanno il diritto naturale alla libertà. Per questo si dovrà trovare una via
d'uscita che può essere l'autonomia di governo. Il modello italiano dell'Alto Adige può
essere valutato con interesse per entrambe le parti.
Penso che, per ora, la Turchia non debba entrare in UE, ma
solo perchè deve prima prepararsi a fare da mediatore tra i popoli arabi e l'UE.
Concludo che se, prima, la Turchia non torna alla separazione tra Stato e Religione, e non
trova una soluzione ai Curdi, non avrà la forza e l'autorevolezza per fare da mediatore.
Temo anche che se, per parte propria, la UE insiste per obbligarla ad applicare
localmente gli standard libertari europei, ci saranno solo ritardi nell'allargamento. |
La Turchia è stata
colpita dal più mortale attacco terroristico della sua storia moderna, il 10 ottobre 2014
ad Ankara, togliendo la vita a decine di dimostranti raccolti per una manifestazione per
la pace, promossa dai sindacati e dai rami giovanili dei partiti di opposizione.
E' essenziale che siano condotte indagini, rapide e trasparenti, nei confronti di questi
atti odiosi, che miravano a destabilizzare e danneggiare la democrazia della Turchia.
La Turchia ha continuato a esprimere il proprio impegno per l'adesione all'UE.
Questo impegno è stato, però, bilanciato da legislazione (in materia di Stato di
diritto, libertà di espressione e libertà di riunione) che ha agito contro gli standard
europei.
Il Presidente della Turchia è rimasto impegnato in un vasto raggio di questioni
fondamentali di politica interna ed estera, che ha reso la Turchia come oggetti di
critica, in quanto oltre le prerogative costituzionali.
La Turchia ha una forte amministrazione pubblica, che opera quale amministrazione
orientata alla utenza.
Tuttavia, è debole la spinta verso una riforma più ampia e moderna.
La società civile è rimasta attiva, crescendo di numero e continuando a sentirsi
coinvolta dentro mlte sfere della vita pubblica, ma le restrizioni alla libertà di
riunione hanno continuato ad essere un ostacolo serio.
Nellarea giudiziaria, il sistema della giustizia dell Turchia ha raggiunto un
qualche livello di preparazione.
L'indipendenza della magistratura e il principio della separazione dei poteri è stato
minato dal 2014 e i giudici e i pubblici ministeri sono stati messi sotto forte pressione
politica.
La campagna del governo contro la presunta 'struttura parallela' all'interno dello Stato
è stato attivamente perseguita, a volte invadendo l'indipendenza della magistratura.
Sono necessari notevoli sforzi per ripristinare l'indipendenza del potere giudiziario.
Per quanto riguarda la lotta contro la corruzione, la Turchia ha raggiunto un certo
livello di preparazione per prevenire e combattere la corruzione in modo efficace.
La lotta alla corruzione rimane inadeguata.
La corruzione è percepita come largamente diffusa.
L'influenza indebita dell'esecutivo nelle indagini e il perseguimento dei casi di
corruzione di alto profilo (?) continua a costituire una delle principali
preoccupazioni.
La Turchia ha raggiunto un certo livello di preparazione nella lotta contro la
criminalità organizzata, e ha bisogno di aumentare indagini finanziarie e di migliorare
le statistiche.
L'assenza di una legislazione sulla protezione dei dati è un ostacolo per la cooperazione
ampliata con gli organi dell'Unione europea e gli Stati membri.
Tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali era stata notevolmente migliorata
negli ultimi anni, ma rimangono gravi carenze.
L'applicazione dei diritti derivanti dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo
(CEDU) e della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) non è
ancora pienamente garantita.
Vi è un urgente bisogno di adottare una legge quadro globale sulla lotta alla
discriminazione, in linea con gli standard europei.
La Turchia ha anche bisogno di garantire efficacemente i diritti delle donne, dei bambini,
delle persone lesbiche, dei gay, dei bisessuali, dei transessuali e degli intersessuali
(LGBTI) e assicurare una sufficiente attenzione all'inclusione sociale dei gruppi
vulnerabili, come i Rom.
C'era una significativa ricaduta nei settori della libertà di espressione e la libertà
di riunione.
Legislazione in materia di sicurezza interna contraddice con le misure delineate nel piano
d'azione marzo 2014 sul prevenzione delle violazioni della ECHR mediante la concessione di
ampi poteri discrezionali alle forze dell'ordine, senza un adeguato controllo.
Più di recente, l'escalation di violenza nella parte orientale e sud-est dal luglio ha
sollevato serie preoccupazioni per le violazioni dei diritti umani.
Le misure anti-terrorismo adottate in questo ambito devono essere proporzionate.
La Turchia dovrebbe ampliare la portata, e migliorare il controllo, dell'attuazione del
piano d'azione.
Dopo diversi anni di progressi in materia di libertà di espressione, una seria
regressione è stata notata nel corso degli ultimi due anni, con un qualche livello di
preparazione in questo campo.
Sono di notevole preoccupazione i procedimenti penali in corso e nuovi nei confronti di
giornalisti, scrittori o utenti dei social media, l'intimidazione di giornalisti e media,
nonché le azioni delle autorità che limitano la libertà dei mezzi di comunicazione
Modifiche alla legge relativa ad Internet sono un significativo passo indietro dagli
standard europei.
3. Criteri economici
L'economia turca è in una fase avanzata di economia di mercato, e può essere
considerata funzionante.
Nel periodo in esame, la Turchia ha continuato ad affrontare squilibri esterni ed interni,
con aggiustamenti nelle politiche monetarie e fiscali, nonché con una accelerazione delle
riforme strutturali.
L'ampio disavanzo delle partite correnti (della bilancia dei pagamenti internazionali) ha
continuato a contribuire alla vulnerabilità della economia turca, he a cambiamenti nelle
attuali condizioni monetarie globali e propensione al rischio.
Sul lato interno, l'inflazione ha continuato a funzionare a un tasso relativamente alto,
che è problematico in termini di stabilità macroeconomica, di allocazione delle risorse
e di effetti redistributivi.
Ancora una volta è stato superato l'obiettivo ufficiale, nonostante il taglio dei tassi
di interesse, da parte della banca centrale ha tagliato i tassi di interesse.
Il debito pubblico ha raggiunto un livello sostenibile, ma il saldo strutturale delle
amministrazioni pubbliche è stato significativamente negativo.
Le riforme strutturali hanno bisogno anche di accelerare il miglioramento del
funzionamento dei mercati dei beni, dei servizi e del lavoro.
La Turchia ha un buon livello di preparazione ad acquisire la capacità di far fronte alle
pressioni concorrenziali e alle forze di mercato all'interno dell'UE.
La qualità dell'istruzione e la parità di genere nel campo dell'istruzione ha bisogno di
particolare attenzione.
Gli sforzi sono necessari per garantire la trasparenza degli aiuti di Stato e di rimuovere
i vincoli e le eccezioni in materia di appalti pubblici.
3.- Legislazione UE
La Turchia ha continuato ad allinearsi con il diritto
acquisito comunitario, anche se a un ritmo più lento, e ha raggiunto un buon livello
di preparazione in molte zone.
La Turchia è a buon stato di avanzamento nei settori del diritto societario, dei servizi
finanziari, delle reti trans-europee e della scienza e dela ricerca.
Il paese ha anche raggiunto un buon livello di preparazione nei settori della libera
circolazione delle merci, della legge sulla proprietà intellettuale, della politica
imprenditoriale e industriale, delle unioni doganali, delle relazioni esterne, e del
controllo finanziario.
In materia di giustizia, libertà e sicurezza, la Turchia è rimasta altamente mobilitata
per affrontare le straordinarie sfide di migrazione e asilo.
La Turchia è solo moderatamente preparata in materia di appalti pubblici e di
statistiche.
In tutti i settori, maggiore attenzione deve essere data per far rispettare la normativa,
mentre molti settori richiedono ulteriori progressi significativi per raggiungere
l'allineamento legislativo con il diritto comunitario acquisito.
Nota. Stato di avanzamento dei negoziati di
adesione.
I negoziati di adesione con la Turchia
sono iniziati il 3 ottobre 2005.
In totale, 14 dei 33 capitoli negoziali sono stati aperti, e uno dei capitoli
aperti è stato chiuso provvisoriamente.
Quale risultato del fatto che la Turchia non ha pienamente attuato il Protocollo
Aggiuntivo all'Accordo di associazione, l'UE ha deciso nel dicembre 2006 che otto capitoli
negoziali non potevano essere aperti e che nessun capitolo poteva essere chiuso
provvisoriamente, fino a quando la Turchia rispetterà i propri obblighi. |
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DOPO
LA RECENTE PRONUNCIA DEL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA
CHE HA ANNULLATO IL XIX CONGRESSO DELLA DC storica |
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I VENETI , SU INVITO DEI TRE RESPONSABILI STORICI :
ETTORE BONALBERTI (già membro del Consiglio Nazionale)
e di GIANNI FONTANA (già ministro), LUIGI D'AGRO' (già deputato)
si auto-convocano a Grisignano (VI) l'assemblea degli iscritti del 1992
per organizzare la raccolta delle firme per fare la domanda al Tribunale di Roma
di convocare l'assemblea dei soci, applicando l'art. 20 c. 2 del codice civile. |
Ettore Bonalberti
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L'ASSEMBLEA E'
STATA MOTIVATA DALLA NECESSITA' , PER L'ITALIA, DEL RITORNO
DEI CATTOLICI NELLA POLITICA ITALIANA, DATA LA CRISI ISTITUZIONALE
SENZA TERMINE
IL DISCORSO DI ETTORE BONALBERTI
(Sintesi)
Grisignano 24 ottobre 2015
Amici della Democrazia Cristiana Veneta,
1) Veneti, in queste settimane (8 settembre 2015)
il Tribunale Civile di Roma ha emesso la sentenza definitiva che ha annullato il XIX
congresso della DC storica, del 2012.
Tuttavia, in qualche modo nella sfortuna e nella fortuna, il tribunale
chiarisce anche come si sarebbe dovuto fare per riorganizzare la DC storica in base alla
legge.
Precisamente, dove non arriva lo Statuto, può essere applicato il codice civile.
Da questi elementi, grazie ai lumi di alcuni giuristi della università di
Bologna, un gruppo di amici ha elaborato un percorso di riorganizzazione basato sul codice
civile (art. 20, comma 2), anzichè sullo Statuto, considerata l'urgenza di dare
all'Italia grandi uomini,
che il mondo cattolico ha mostrato di potere dare nella storia, pur tra le proprie
debolezze umane, che non sono mancate.
Nel nostro caso, si tratta di fare domanda al Tribunale di Roma, perchè convochi
direttamente la assemblea dei soci della DC storica.
Non si tratta di fare una nuova causa, ma solo di fare una domanda, e la
responsabilità viene assunta tutta dal tribunale, per cui non ci può essere
nessuna discussione sulla validità della convocazione.
2) Veneti, voi che avete riconfermato la vostra adesione al partito alla
vigilia del XIX Congresso nazionale (10 e 11 Novembre 2012),
dopo che avete fatto trenta (congresso del 2012), facciamo trentuno con la speranza che
sia finalmente la volta buona.
Anche il Congresso fu una assemblea di soci, ma di pochi soci, quelli
"delegati nei congressi provinciali, regionali,..., ma non attivabile in base allo
Statuto perchè fondato sulle "Sezioni locali", che non esistono più.
I soci, invece, esistono ancora ed essendo pochi attualmente, la Assemblea è
facilmente convocabile, mentre un tempo questo non era possibile perchè erano milioni e
non c'era posto che li comprendesse.
Il Veneto nel 2012 diede un forte contributo di partecipazione e oltre duecento
amici scelsero di rinnovare la loro adesione alla DC, essendo già stati iscritti sino al
1992.
3) Al fine di procedere alla richiesta di convocazione dell' assemblea dei soci
dell'associazione non riconosciuta DC, è necessario raccogliere le firme di almeno un
decimo degli iscritti che nel 2012 rinnovarono la adesione al partito.
Ettore Bonalberti - Luigi D' Agro' - Gianni Fontana |
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LA
MAGISTRATURA
ANNULLA IL XIX CONGRESSO DELLA DC STORICA del 2012 |
Il
congresso aveva eletto GIANNI FONTANA a segretario nazionale
e nominato il novo CONSIGLIO NAZIONALE, in applicazione di una sentenza
della Cassazione, del 2010, che aveva dichiarato mai sciolta la DC,
perche l'organo che la sciolse non aveva il potere di farlo.
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IL DISPOSITIVO DELLA SENTENZA n. 17831/2015, RG n. 79518/2012
del Tribunale Civile di Roma, III Sezione Civile:
"Annulla le deliberazioni assunte dal XIX Congresso
Nazionale della Democrazia Cristiana, tenutosi a Roma il 10-11/11/12 e dal Consiglio
Nazionale DC del 6/12/12" |
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Nota. La sentenza era prevista,
perchè preceduta da un'ordinanza nel 2013. Ma proprio in considerazione di questa
conferma, già da alcuni mesi è attivo un "Gruppo di lavoro" per la
convocazione della Assemblea dei Soci in base all'art. 2, c. 2 del codice civile, in luogo
del Congresso. Anche il Congresso è una assemblea di soci, ma di pochi soci, quelli
"delegati nei congressi provinciali, regionali,..., ma non attivabile in base allo
Statuto perchè fondato sulle "Sezioni locali", che non esistono più. I soci,
invece, esistono ancora ed, essendo pochi, la Asssemblea è facilmente convocabile, mentre
un tempo questo non era possibile perchè erano milioni e non c'era posto che li
comprendesse. Circa la sentenza della Corte di Appello (2009), confermata dalla Cassazione
(2010), che aveva rivitalizzato la DC, clicca su: Appello. |
TESTO COMPLETO:
Per avere il testo completo della Sentenza del Tribunale Civile, Roma 4 sett. 2015
clicca su: Sentenza n. 17831
Resoconto sul XIX Congresso Nazionale, Roma,
10-11 nov. 2012 |
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Gianni Fontana
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ELETTO UN NUOVO SEGRETARIO NAZIONALE
On. le Avv. Giovanni Fontana
( con il 95,8% dei voti )
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ANCHE ELETTO IL CONSIGLIO NAZIONALE
Presidente: On.le prof.ssa Ombretta Fumagalli
( eletta con 49 voti su 80 del CN ) |
Ombretta Fumagalli
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NOTA DI SINTESI. Al momento, la DC è ricomparsa "giuridicamente". A
riguardo degli uomini, essa e' quella del 1992, tale e quale in ogni senso (salvo
pochi), ma con l'obiettivo dichiarato di far subentrare presto le nuove generazioni.
E' anche emerso necessario fondare la rappresentanza popolare non più
sulle tessere, ma su indicatori oggettivi di impegno e di merito.
Nel Congresso è prevalso il
"partito delle tessere", secondo il Manuale Cencelli, imposto da alcuni
"notabili", per la composizione del Con- siglio Nazionale, così da determinarne
un impianto zoppo. Infatti, sono risultate rappresentate solo 12 Regioni, su 20 in Italia.
In particolare, poi, tra le 12, a Marche ed Emilia Romagna è stato dato 1 rappresentante
rispettivo, pur se a Campania 20, a Calabria 11, a Sicilia 9.
Sui motivi di tanto "rigore" dei
detti notabili, è ipotizzabile la preoccupazione di controllare future mosse per la
ricerca del Tesoro della DC, scomparso, e di cui qualche "pierino" ha detto ...
dal podio, ma ignorato dal tesoriere ( pur ricomparso dal podio degli intervenuti),
successore diretto di Chitarristi, a suo tempo. |
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FONTANA
: "Speranza per l'Italia e Volontà di ritrovare il cammino dei Padri, che ci hanno
guidato per quasi 50 anni
senza inganno, prima di cedere ad un declino che nessuno di noi immaginava, ma che
è avvenuto per i nostri errori,
per i quali io qui, a nome di tutto questo partito, di tutti voi, chiedo
umilmente e solennemente scusa a tutti gli Italiani". |
Dal XIX Congresso della
Democrazia CristianaRelazione del Segretario Politico On.le Avv. Giovanni Fontana§Roma
11-12 novembre 2012 INSIEME ABBIAMO RICOSTRUITO LITALIA.
. INSIEME RIPRENDIAMO IL CAMMINO.
Gentili amiche e cari amici,
siamo qui, con umiltà ma anche con convinzione, per destinare qualche soldo di cultura,
molta passione e tutto il piccolo o grande patrimonio della nostra non più verde età, a
quanti vorranno vivere insieme con noi questa "impresa possibile":
tornare ad attivare, nel cuore della società italiana, valori di tempi lontani ma non
transeunti, e a testimoniare una più responsabile e lungimirante azione politica per il
Paese.
I IL TEMPO CHE VIVIAMO: DALLA CRISI ALLA
RIPRESA
La crisi che, ormai da oltre quattro anni imperversa con i suoi tremendi
effettifinanziari, economici, sociali, morali ma che già covava da molto tempo, ha
spazzato via, ideologie, valori, tradizioni e culture; compresa quella componente storica
di liberalismo illuminato che, attualizzata con saggezza, avrebbe potuto costituire la
rivincita sulle ideologie che hanno bollato il 900 come un secolo anti-umano. Oggi,
anche in casa nostra, domina invece, un liberalismo molto diverso: è un liberalismo
cieco, un semplice "liberismo" economicistico distorsivo di ogni civile
aspirazione a giustizia e solidarietà.
Penso in concreto allavidità di quel liberismo finanziario deragliato
nellavidità delle banche americane, trasmessasi poi come un contagio a livello
planetario, compreso il nostro Paese. Oggi, negli Usa, esso è rintracciabile bene in
posizioni come quella espressa da Mitt Romney, il quale, nel corso della campagna
elettorale, aveva definito il 47% degli elettori di Obama fatto di parassiti che
pretendono lavoro, casa e sanità.
Per un partito di ispirazione cristiana e di radici popolari, come è la Democrazia
Cristiana, questo parlare dei poveri e dei deboli come parassiti è penoso. In Italia
questi "parassiti", cioè i poveri delle vecchie e nuove povertà, ingrossano le
loro file inglobandovi anche persone dei ceti borghesi che frequentano le mense della
Caritas e condividono con i barboni un dramma che non trova la solidarietà cui avrebbe
diritto anche da parte dello Stato che tale "liberismo" ha ritenuto di sposare.
Questi poveri, in genere, non frequentano gli indignados ma, a noi che li vediamo
con i nostri occhi, imprimono aghi profondi nella coscienza: interpellano il nostro
aver tradito, talvolta, in passato, il popolarismo cristiano e lidea
democratico-cristiana. Ma, soprattutto, ci sollecitano, essi poveri, a non restare
più oltre incerti nel riprendere una iniziativa di forte solidarietà e giustizia, anche
in politica.
Il fatto è che mentre lorizzonte delle possibilità umane si è venuto immensamente
allargando, in questi venti di assenza della Democrazia Cristiana dallo scenario politico,
il pensiero, la cultura, la tradizione, si sono invece venuti ritraendo: uno spazio di
grigiore è oggi sopra di noi, davanti a noi e in mezzo a noi. E noi sembriamo quasi
costretti a rifugiarci nella memoria delle cose positive e dei maestri che abbiamo
conosciuto e frequentato in passato, come a cercare qualcosa e qualcuno, che ci aliti una
rinnovata speranza e ci suggerisca un itinerario su cui riprendere a camminare con lena.
Su questo oggi siamo chiamati a riflettere e a decidere.
Sappiamo che la società ci guarda, mentre riprendiamo nelle mani questo barlume di
speranza e scrutiamo dentro di noi il cosa possiamo fare, il come operare di nuovo con
specificità, competenza, visibile affidabilità. Per noi, questo rinascere, questo,
quasi, re-indossare i pantaloni corti in età non più giovane, è come un secondo
battesimo al quale volontariamente e umilmente ci accostiamo per non essere
ulteriormente in balia della rassegnazione e della disillusione, per non smarrire il filo
di un vecchio cammino che abbiamo già percorso e che ebbe risultati anche grandi per il
nostro Paese: fin dal dramma della guerra e dal regime rovinoso che lha preceduta,
le cui macerie di distruzione e di morte hanno permesso il generarsi del risorgimento
dei nostri Costituenti.
Un risorgimento costruito insieme al popolo, per un credito di libertà e di
giustizia nella democrazia e nella solidarietà sociale, cui abbiamo saputo consegnare
conquiste che avrebbero meritato una più duratura e fertile vita.
Ma, oggi, non vogliamo celebrare gli eroi morti né le conquiste finite: agli eroi che ci
sono stati padri siamo debitori di quanto abbiamo imparato, e lonesto debitore paga
continuando i loro atti testimoniali. Così è stato fatto, sostanzialmente, da De
Gasperi Moro: ci accorti, tuttavia, a questo punto della nostra storia, di quanto
fosse impegnativa quella eredità, e difficile da gestire. Oggi ci sentiamo ancora fragili
nel riprendere in mano tale patrimonio che, in una parola, è il talento di governare
fondata su radici di forte penetrazione popolare, sociale, cristiana, non solo difficili
da estirpare ma anche molto esigenti in termini di coerenza personale: insomma una della
politica aderente alla vita e non della vita aderente alla politica.
Ci sentiamo, nello stesso tempo, decisi. Il concetto di inserire le classi popolari nello
Stato, la moralità dei comportamenti di gestione della cosa pubblica, la fermezza
di una laicità che per noi non significa confusione, né separazione, né equilibrismo,
ma cosciente responsabilità dentro la città delluomo, sono valori che desideriamo
nuovamente testimoniare con forza. Sapendo bene, come sapevano i padri, che la politica è
servizio che usa con competenza il potere per conto di chi ci ha delegato al potere e
della comunità cui il potere appartiene.
Sia ben chiaro, a noi e ai giovani cui parliamo, che non si può essere posseduti dal
potere: niente di umano può possedere luomo, né potere, né denaro, né
cultura, senza che sia rovinoso. Luomo è per laltro uomo, perché chi
possiede la nostra vita è soltanto Dio. Anche il politico deve ricordarlo ogni giorno.
In questa concezione della politica, la mediazione degasperiana e anche quella morotea,
è sempre stata allinsegna di cercare punti di contatto con chi camminava su strade
diverse. E oggi il dialogo, la ricerca di accostarsi allaltro in nome di una sempre
rinnovabile unità costruttiva del Paese, è ancora indispensabile non solo per evitare
guerre ideologiche tra le parti, lostinata condanna dellaltro, ma anche per
affermare un dialogo che non sia galateo di comportamento bensì rispetto profondo della
persona umana che occupa il suo posto nella società.
Bisogna liberarci dalla distruttiva posizione espressa dallaforisma di Sartre
"linferno sono gli altri". Per noi gli altri sono la nostra famiglia e la
nostra comunità solidale, anche quando ne percepiamo limiti ed errori, dai quali del
resto neanche noi siamo immuni. Per noi conta avere davvero nellanima il bene
comune.
Spesso ci si libera dalla propria difficoltà accusando laltro: siamo tutti
innocenti e laltro è il corrotto; non risolviamo i problemi: la colpa è
delleredità lasciataci da chi cera prima di noi. Senonché la dialettica
politica che dà frutti positivi è fatta di dialogo ininterrotto la cui esemplarità non
poggia su un "io" prepotente e sicuro, privo di prossimità con laltro.
In maniera forse un po ingenerosa, e me ne scuso, provo limpressione che
questa situazione di debolezza-incapacità suggerisca, nella situazione politica italiana,
i nomi rappresentativi di Alfano, Bersani e Casini, i quali non trovano la via
duscita per concordare una buona legge elettorale. LABC citato dovrebbe invece
suggerirci un alfabeto della democrazia del dialogo permanente; un dialogo formale e
informale, capace di valorizzare ogni spunto positivo da chiunque dei tre venga
proposto, anzi semplicemente da chiunque venga proposto.
Noi dobbiamo avere soprattutto la prossimità con chi non ha tutori ed è alla
periferia della rappresentanza politica e sociale, come chi abbandonato dalle istituzioni
è soccorso dalla carità ma aspetta di essere soccorso per atto di giustizia creduta e
praticata. La giustizia infatti è un concetto anche pre-cristiano; fu già celebrata
nellantica Grecia e poi esaltata fino allutopia marxista, oltre che espressa e
documentabile nella impostazione sociale della fede cristiana. Per questo noi, critici
verso la teologia della liberazione per i suoi eccessi privi di utilità, siamo
sinceramente impegnati in una autentica politica della liberazione, che può
trovare energie concordanti in mondi di buona volontà che vanno anche oltre
luniverso dei credenti. Una politica della liberazione, soprattutto, nei
confronti dei gruppi sociali meno abbienti e in varia misura emarginati.
In Italia, dopo la cosiddetta "prima repubblica", cè stata una
enfatizzazione di entusiasmo per il sorgere di una "nuova politica" annunciata
come liquidazione del passato e progettazione di un nuovo modello. Un nuovo modello
capace, si diceva appunto, di "liberarci" da pesantezze e inadeguatezze del
passato. In questo tentativo furono coinvolte anche personalità di buona cultura e di
buoni intendimenti penso ad esempio a Melograni, Urbani, e molti altri che
concepirono un cammino di lineare onestà in ottica di rivoluzione liberale, cioè
di liberazione: lo Stato di diritto e lo Stato dei diritti, la legalità, le scelte
selezionate dei candidati alla guida del Paese.
Ma a lungo andare - non molto lungo, a dire il vero il progetto manifestò qualche
prima crepa e poi, con frequenza crescente, crepe e crepacci fino ala caduta
delledificio. Il fenomeno Berlusconi non poteva resistere al peccato di origine del
suo populismo: in realtà una deviazione del concetto di popolo sovrano e partecipante.
E stato un populismo bisognoso di carisma da ubbidire più che da condividere, di
fedeltà di militanti più che di lealtà di compartecipi, di una capacità di
comunicazione politica che accetta di recitare promesse impossibili più che impegni
reali. Ne ricordiamo una fra le molte: Meno tasse per tutti; una promessa
che, così scriteriatamente espressa, tradurrei nellespressione "evasione per
tutti", che ne è leffetto pratico tendenziale;
mentre responsabilità davvero sociale e liberante avrebbe dovuto dire: Tasse eque per
tutti nella trasparenza assoluta, pubblica, permanente, del loro utilizzo. Così,
se dopo "tangentopoli" abbiamo conosciuto la fine della "prima
repubblica", non molto tempo dopo abbiamo dovuto constatare anche il rapido crollo
della seconda.
Sono, a questo proposito, sollecitato a insistere sulla importanza di una memoria storica
positiva e fertile, e penso che in tal senso la relazione Costituzione- |
Silvio Lega:
"No a una
DC, partito".
.
"Sì a DC,
movimento" |
|
Silvio Lega |
|
Membri
|
del Consiglio Nazionale
|
Calabria |
Barbuto Nicola |
Calabria |
Colavolpe
Salvatore |
Calabria |
Cupi Vincenzo |
Calabria |
Donato Angelo |
Calabria |
Nisticò
Giuseppe |
Calabria |
Oliverio
Caterina |
Calabria |
Ripepi Massimo |
Calabria |
Squillace
Francesco |
Calabria |
Straface
Antonio |
Calabria |
Vazzana Carmelo |
Calabria |
Deseptis
Fiorella |
Campania |
Boffa Aldo |
Campania |
Brancaccio
Valeria |
Campania |
Cirino Pomicino
P. |
Campania |
Cuofano
Pasquale |
Campania |
Della Corte
Giovanni |
Campania |
Ferraiuolo
Luigi |
Campania |
Ferraro Roberto |
Campania |
Fiorenza
Nazzareno |
Campania |
Grippo Ugo |
Campania |
Nunziante
Maurizio |
Campania |
Pelosi Daniele |
Campania |
Picano Angelo |
Campania |
Polizio
Stanislao |
Campania |
Ravaglioli
Marco |
Campania |
Rodondini
Vincenzo |
Campania |
Scala Raffaele |
Campania |
Troisi Nicola |
Campania |
Bocchio
Isabella |
Campania |
Lombardo Maria
R. |
Campania |
Mazzitelli
Giovanni |
Emilia |
Duce Alessandro |
Lazio |
Alfano Giulio |
Lazio |
Darida Clelio |
Lazio |
Di Sangiuliano
Giuseppe |
Lazio |
Marinangeli
Alessandro |
Liguria |
Adolfo Vittorio |
Liguria |
Faraguti
Luciano |
Liguria |
Gaggero Gergio |
Liguria |
Tanzi Carla |
Liguria |
Gallina
Gabriella |
Ligurìa |
De Gaetani Gian
Renato |
Lombardia |
Abbiati Achille |
Lombardia |
Baruffi Luigi |
Lombardia |
Cazzaniga
Sergio |
Lombardia |
Cugliari Emilio |
Lombardia |
Donato
Salvatore |
Lombardia |
Fumagalli
Ombretta |
Lombardia |
Generoso
Serafino |
Lombardia |
Ravelli Roberto |
Lombardia |
Galli Anna
Maria |
Lombardia |
Soncina Greta |
Marche |
Morgoni Vinicio |
Piemonte |
Aceto Piero |
Piemonte |
Brustia Adelmo |
Piemonte |
Deorsola Sergio |
Piemonte |
Lega Silvio |
Piemonte |
Mazzucco
Francesco |
Piemonte |
Mussa Fabrizio |
Piemonte |
Sartoris
Riccardo |
Piemonte |
Pavesi Negri
Gabriella |
Puglia |
Cattolico
Antonio |
Puglia |
De Leonardis
Giovanni |
Puglia |
Di Giuseppe
Cosimo |
Puglia |
Donatelli
Francesco |
Puglia |
Fago Antonio |
Puglia |
Lisi Raffaele |
Puglia |
Palermo
Francesco |
Puglia |
Roberto Erminia |
Sicilia |
Alessi Alberto |
Sicilia |
Brancato
Antonino |
Sicilia |
Caponetto
Francesco |
Sicilia |
Cappadonna
Michele |
Sicilia |
De Vito Bruno |
Sicilia |
Grassi Renato |
Sicilia |
Pulvirenti
Antonio |
Sicilia |
Torre Carmelo |
Sicilia |
Di Quattro
Maria G. |
Toscana |
Bindi Marco |
Toscana |
Camaiti Maria
Pia |
Toscana |
Pizzi Piero |
Toscana |
Puja Carmelo |
Veneto |
Bonalberti
Ettore |
Veneto |
Bontorin
Fulgenzio |
Veneto |
Bottin Aldo |
Veneto |
D'Agrò Luigi |
Veneto |
Fregonese
Silvio |
Veneto |
Malvestio Pier
Giovanni |
Veneto |
Milani Luciano |
Veneto |
Zanforlin
Antonio |
Veneto |
Panin Maria
Grazia |
Veneto |
Zanferrari
Gabriella |
Cons.Reg. |
Nucera Giovanni |
Deputato |
Gargani
Giuseppe |
_________
TOTALE |
______________________
94 |
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NINO LUCIANI, Il Commento. 1.- Premessa. Il XIX Congresso
della DC (il XVIII fu il 17 febbraio 1989), celebrato a Roma il 11-12 novembre 2012, ha
mostrato due facce:
a) un Congresso ufficiale, in cui vedevi:
- un Segretario Nazionale (On.le Avv. Giovanni Fontana), 68 anni,
uomo buono, colto, di grande sensibilità, largo di vedute, acuto nel vedere il granello
"significativo", un discorso durato due ore. Mi sono ricordato il livello e gli
svolazzi di Aldo Moro;
- una sala stracolma ( la sala della Confindustria, a Roma, non
meno di 1000 persone, inclusi gli invitati), gente semplice carica di valori, che ha
seguito attentamente il Segretario, lo ha applaudirlo ripetutamente a scena aperta, e
anche interrotto con "parole" di enfatizzazione di singoli concetti.
b) un congresso nelle segrete stanze, dove
veniva contrattata e redatta la lista dei candidati (80) al Consiglio Nazionale. Qui
vedevi un andirivieni continuo di notabili e di chiamati e mettere la firma di
accettazione della candidatura.
Chi erano questi "notabili" ? Erano i notabili dell'ancien
règime, quelli del partito delle tessere. Non ho motivo
togliere un solo capello di stima alle singole persone elette. Ma avendo, alcuni
"notabili", imposto il Manuale Cencelli per le candidature regionali, ne è
uscito un impianto complessivo di Consiglio Nazionale, zoppo per la DC. Su 20 Regioni,
solo 12 hanno ottenuto la rappresentanza. E delle 12, Marche e Emilia Romagna è stato
dato 1 solo rappresentante, rispettivo (anzi quello dell'Emilia non è stato indicato dal
gruppo della E.R., ma dai "notabili").
E' offensivo definire i "notabili" come "partito delle
tessere" ? L'On. Paolo Cirino Pomicino, che ha fortemente condizionato il
Congresso, mi ha chiarito che, pur con qualche ombra, il fondare (sulle tessere) la
rappresentanza del popolo democristiano è il modo più democratico.
Ma chiunque io incontrassi per strada (fuori dal Congresso, e dappertutto in
Italia), e gli raccontavo che è stato applicato il Manuale Cencelli, lo vedevo andare in
escandescenze. Tutti hanno, infatti, ben presenti i fatti che originarono un "declino
inimmaginabile della DC" (parole della Relazione del Segretario), e che si
impose perchè la DC non trovo' la forza di auto-pulirsi.
Al contrario, in Germania, vicende simili (a carico del Cancelliere
Helmut KOHL) furono risolte velocemente: mandato a casa senza complimenti, pur avendo
grandi meriti politici verso la Germania (unificazione) e verso la Unione Europea (Euro).
E infatti la DC tedesca è ancora in parlamento, e oggi al Governo.
Credo che, per l'Italia, l'esempio tedesco vada applicato
rapidamente, senza scusanti.
Approfondiamo questa ricomparsa dei "notabili", dacchè la allora
umiliazione della DC (a prescindere che si tratti di un partito o di altro partito) pare,
ancora nel 2014, uno scotto insufficiente.
Ma, da altra parte, mi è sembrato molto potente e condiviso dal
popolo dei congressisti il comune sentire dei valori, e l'entusiasmo, intorno al
Segretario Fontana.
Questo è un buon viatico per l'ottimismo nel futuro. Il mezzo, per essere
vincente, potrebbe essere di fondare la rappresentanza su cosa diversa dalla
"tessera": su questo torno più avanti.
2.- Distinzione tra una
DC di interessi legati al potere politico e una DC di valori cristiani e laici liberali.
a) Premessa. Il fatto che la DC, come un qualsiasi partito
si possa proporre nel 2014, è fuori discussione, come diritto costituzionalmente
garantito a chiunque.
Ma il punto da affrontare in premessa è altro: chiarire se, mancando
nel parlamento italiano (ed europeo), un partito dei cristiani (cattolici, ortodossi,
protestanti, giudei) e dei laici liberali (cosa diversa da un partito cattolico,
subalterno alla Chiesa Cattolica), venga a mancare in Italia un pezzo di storia, una pietra
miliare.
La stessa domanda mi sono fatto per il PCI (diciamo per i due grandi partiti
del Socialismo italiano), scomparsi nel 1992.
Non ho risposte certe. Ritengo, però, che, dopo il venire meno della DC e
del PCI (e del PSI) nel 1992, in Italia è venuto meno lo Stato, e ci siamo trovati nelle
mani di partiti senza il senso dello Stato, con grave danno per la coesione
sociale intorno alle grandi idee alternative, su cui fondare il governo del Paese.
La via verso l'alternativa tra due grandi partiti nazionali è un
percorso che non inizia da zero e lo vediamo nel fatto che il PD si pone alternativo al
PDL (a parte se l'inserimento dei nostri giovani nella dialettica politica varra'
a riabilitarli o a disintegrarli, rispettivamente. Mi riferisco a Beppe
Grillo, a Matteo Renzi e a tanti altri giovani comparsi di
recente sui mass media).
b - No a una
DC, che produce germi corruttivi, tipici delle dittature. In generale parlando, una dittatura non è forte primariamente
per il potere di polizia o dell'esercito. Ne sappiamo qualcosa, in Italia, senza bisogno
di guardare alla Tunisia, alla Libia, alla Siria. Il potere dittatoriale, dopo il primo
colpo di mano (magari militare), cerca di catturare il consenso sociale con vari privilegi
a "parte della popolazione".
Poi, quando nel seguito, la dittatura fosse contestata, saranno costoro a
sostenerla, per non perdere privilegi.
In questo senso la tessera, legata ai poteri, è il germe corruttivo
della dittatura dentro la società civile.
3.- Una ipotesi che
può spiegare il ritorno del partito delle tessere. La DC non è oggi un partito di potere, per cui è difficile
spiegare questo ritorno del partito delle tessere.
Nelle nuove condizioni, la via, più naturale per creare la nuova
rappresentanza, pur se collegata giuridicamente agli iscritti del 1992, doveva essere di
ripartire la rappresentanza proporzionalmente al lavoro da fare nelle Regioni: ad es., in
proporzione alla popolazione regionale.
Poi, dopo le prime elezioni (con scudo crociato), si potrà anche premiare il
merito dei dirigenti locali, ad es. ripartendo, in parte, i posti sulla base dei voti
riportati nei Consigli Comunali della Regione.
Ma non
è andata così. E allora
perchè tanta "diligenza" di "alcuni" notabili nella ricerca di
"tessere del 1992" ?
Una ipotesi plausibile è collegarla ad una "ombra" vagante nella sala
del Congresso, quasi la "ombra" un morto (ma che "morto" non era,
aveva detto la Cassazione).
L'ombra era un pensiero fisso al "Tesoro della DC", scomparso a suo
tempo, su cui qualche "pierino" ha anche fatto domande dal podio.
Forse qualcuno ha la mappa del luogo del tesoro, come i briganti della "Isola
del Tesoro" , il romanzo di R. L. Stevenson.
Ipoteticamente, potrebbe trattarsi di qualcuno che vuole rintracciare il
Tesoro per mettervi le mani sopra, o di qualcuno (cosa più probabile) che punta a
sciogliere il partito della DC, e crearvi un successore , come si fa per le moderne
società di capitali (far sparire i debiti, e ricominciare da capo).
Perchè
il Tesoriere, che è successore diretto di Chitarristi, non ha fatto chiarezza su questo
"Tesoro" ? La
domanda è ineludibile, prima o poi. |
democrazia-partecipazione-rappresentanza-solidarietà
sia l"impresa impossibile" che siamo chiamati a far diventare possibile.
Dimenticata la Costituzione, inquinata la democrazia, tra populismo e nuove forme di
ribellione politica e di protesta antipolitica, traballante limpalcatura delle
istituzioni dove la corruzione e la malversazione sembra assurta a prassi quotidiana
accettata, la rappresentanza pare impigliata in una rete che non pesca qualità adeguate
ad affrontare il dramma della crisi che stiamo vivendo.
Il mondo ci guarda, lEuropa ci osserva ed anche lanti-europeismo cresce,
mentre strisciano venature di neo-nazionalismo: in un paese dellAbruzzo sono stati
multati coloro che cantavano "Bella ciao"; in altri paesi di diverse regioni
sono state aperte strade intitolate a vecchi gerarchi fascisti; ci sono monumenti della
rimembranza e sacrari di "eroi" della guerra in Etiopia; e altro e peggio. Segnali
che ci pare non possano essere tollerati ma, prima ancora di essere combattuti, vanno
profondamente analizzati.
E stato detto per paradosso che oggi, se qualcuno si sognasse di fare unOpa
sullItalia, lasta andrebbe forse deserta: eppure lItalia è
tuttaltro che da rottamare; la ricchezza privata assomma almeno a ottomila
miliardi, il made in Italy è vivo e richiesto ampiamente, il turismo richiama
ancora un flusso ininterrotto di visitatori, le riserve auree sono solide, il reticolo
delle piccole imprese è tuttora quasi unico al mondo, molte nuove microimprese sorgono
anzi per iniziativa di giovani, e testimoni di vita esemplare circolano fra noi, li
vediamo nel nostro quotidiano muoverci tra le strade e i luoghi di lavoro.
Questa è la riserva sana del Paese reale: e allora le due Italie, quella dei poveri, dei
disoccupati, dei precari, dellAlcoa e dellIlva, e quella che, dallaltro
lato, rappresenta la parte non toccata dalla crisi ma pensosa del futuro e desiderosa di
assumersene la responsabilità, chiedono insieme una politica di nuova adeguatezza
testimonial, per una speranza di più lunga gittata.
La Democrazia Cristiana sceglie di farsi carico di questa speranza non già seminando al
vento promesse che non si possono fare, ma affidandosi con onestà e fattività a nuove
generazioni e ad antichi valori, come chi passa un simbolico testimone degli anni
gloriosi della ricostruzione e dei partiti politici che seppero camminare con passo
sicuro e adeguato alla gravità dei problemi da affrontare.
Se questo è il quadro che ci è dato vivere, quale è la nostra specifica
responsabilità? Il nostro compito è quello di riaprire lo spazio della speranza e
della concretezza operosa per una testimonianza di impegno politico che riprenda i
valori della nostra storia popolare e democratico-cristiana e sappia liberarli a una nuova
luce e a una nuova capacità realizzativa. II - PERCHE DC
Una volta finita, anche malinconicamente, lesperienza della Democrazia Cristiana
storica, avevamo sperato che la memoria collettiva del Paese avrebbe conservato i grandi meriti
del partito di De Gasperi e Moro e compreso gli errori di percorso della sua ultima
fase. Avevamo sperato che da quella grandiosa e umiliante esperienza, il Paese, i suoi
cittadini di buona volontà, avrebbero imparato molto. E avrebbero imparato anche dalle
esperienze degli altri partiti che si andavano consumando come il nostro, dopo quasi mezzo
secolo di vita repubblicana grande ma anche, spiritualmente, ormai prosciugata nelle anime
delle classi dirigenti.
In modo più specifico, avevamo sperato che sulle ceneri del nostro lavoro avrebbero
potuto sorgere due grandi partiti moderni, uno di centrosinistra ed uno di centrodestra, uno
di spinta progressista e uno di moderazione liberale, capaci di ereditare il lato
migliore di quella storia e di darci la fase adulta e compiuta dellItalia: un Paese
solido e serenamente capace di governare la propria crescita nella partecipazione e nella
solidarietà.
Avevamo sbagliato questa previsione. In effetti, senza far torto alla presumibile buona
volontà di tanti singoli, ci sentiamo di dire che le nostre attese sono state
totalmente deluse.
Non è nato un partito democratico di centrosinistra capace di
amalgamare il grande messaggio popolare e solidale della DC con laltrettanto
importante anelito di giustizia distributiva dello storico Partito Comunista: due anime
che mai si sono fuse nella armonica capacità di generare un partito di alta cultura
sociale riformatrice. Lassismo nellimpegno di rinnovamento del pensiero,
sottovalutazione dei fattori di complessità emergenti sulla fine del secolo appena
trascorso, preoccupazioni contingenti di equilibri fra gruppi, fretta di successi
elettorali contro avversari aggressivi e sicuri di sé
Forse qualcosa di tutto
questo ha giocato un ruolo nefasto: e ha generato la prima delusione per le speranze di
una responsabile democrazia dellalternanza.
Sul versante del centrodestra le cose sono andate anche peggio: insieme alla
mancata maturazione di una classe dirigente degna di questo nome, si è realizzato lo
sfacelo educativo e morale di una politica ridotta a messaggio di marketing
delleffimero in ogni sua manifestazione. Le poche persone di sincero pensiero
elaborante le abbiamo viste progressivamente lasciate ai margini dei luoghi decisori; la
leadership carismatica labbiamo vista ridotta a una inquinante commistione di
aziendalismo privatistico con libertinismo diseducativo; la linea programmatica sottomessa
a una dominanza economica che si è rivelata esasperatamente finanziaria e speculativa. Ed
è stata la seconda delusione.
Infine il centro. Nella zona che sul piano ideale avrebbe avuto le condizioni più
adatte a preservare anche una quota decisiva del messaggio storico della Democrazia
Cristiana, si è palesato il protagonismo di un partito che di fatto non è mai riuscito
ad aggregare né tradurre in politica organica alcun pensiero. Un improduttivo
oligarchismo che non ha mai respirato lossigeno impegnativo ma anche corroborante di
una partecipazione davvero popolare. Ed è stata la fine di una ulteriore speranza.
Tacciamo, da ultimo, di quanti, piccolissimi gruppi che non è appropriato chiamare
formazioni politiche, hanno cercato di insinuarsi, anche con buona volontà almeno
iniziale, in questo gioco ormai senza radici e senza prospettive, e del tutto più grande
delle loro possibilità. La idea di una "Italia dei valori" è diventata un dipietrismo
che oggi palesa anche nelle aule giudiziarie la confusione deleteria fra partito di
cittadini e gruppo personale; un grillismo che anela lodevolmente a far emergere
con forza la voce di chi dallestrema periferia dellelettorato reclama il suo
diritto a essere ascoltato, ma finisce in una protesta amebica incapace di tradursi in
risposta collettiva e nazionale ai problemi collettivi e nazionali; una sparpagliata ex sinistra
estrema, che a merito della sua annosa agitazione può vantare soltanto il risultato
di aver fatto cadere un governo Prodi che pure testimoniava uno sforzo sincero di
ricollegare la politica con il sentimento della gente; i resti di una gruppuscolare
destra riottosa che avendo trovato spazio risibile nella effettiva determinazione
degli orientamenti politici del Paese si è trovata a dialogare - contraddizione finale e
quasi irridente - con il leghismo separatista; il quale a sua volta non ha tardato a
testimoniare la miseria morale che ne attanagliava le intenzioni e i comportamenti, anche
negli uomini che avevano fatto consistere lunica loro bravura nel rimproverare agli
avversari i medesimi comportamenti.
Le sorprese più recenti sono Montezemolo, Riccardi, Bonanni e tante personalità della
società civile che hanno elaborato il loro manifesto: non un partito, non un movimento:
un mondo di proposte politiche, una realtà dopo tante delusioni, una specie di gruppo di
pressione fattosi coscienza critica del potere: un patto per una nuova politica. Più che
notabili, uomini di rango: non pensiamo che abbiano qualche piccola venatura di
popolarismo.
Il risultato è che non cè classe dirigente, oggi, nel nostro Paese, non cè
un pensiero espresso dalla politica sul suo futuro, non cè una cultura di gestione
e non cè una consapevolezza valoriale. Fino al punto che si è dovuto ricorrere
allespediente, legittimo e onesto ma tremendamente allarmante, di un governo
tecnico incaricato del puro e semplice ritorno a una normalità minima che di fatto è
solo la normalità della gestione formale del bilancio dello Stato. Questo è infatti in
sostanza il governo Monti, nonostante la buona volontà di diversi suoi esponenti e
nonostante la indiscussa competenza e correttezza dello stesso Presidente del Consiglio,
il quale, in un quadro così difficile, è riuscito comunque a restituire al mondo una
immagine più credibile e affidabile del nostro Paese.
Ed è per un atto di consapevolezza piena, e di buona volontà responsabilizzatrice di
fronte a tanto scempio e a tanta ombra sul futuro, che noi oggi siamo qui, a pensare in
termini di ripresa dellazione della Democrazia Cristiana per lItalia.
Oggi, siamo convinti che lItalia abbia più che mai necessità di "democrazia
cristiana": con la lettera minuscola e, insieme, con la lettera maiuscola.
Con la lettera minuscola, come sostantivo e aggettivo, nel senso che questo nostro Paese
ha bisogno di riconquistare democrazia vera e partecipata: solo così la politica può
giustificare il suo potere, le sue contese.
Attorno al ludibrio della vigente legge elettorale si è ridotta infatti quasi a zero la
pratica della democrazia e della relativa motivazione degli animi nella scelta della
classe dirigente; e ha bisogno di cristianesimo ispiratore, vissuto con coerenza per il
bene della "città delluomo" che ci è affidata: di cristianesimo come
lievito di valori che torni a fermentare una società in cui la centralità non sia
più quella della finanza che domina leconomia e delleconomia che domina
limpresa costringendola a non essere una comunità di lavoro per inseguire un
concetto di business eretto a mostro totemico contro la dignità della persona sancita
dalla Costituzione ma anche dal semplice diritto naturale.
Neanche il diritto naturale può infatti concepire il licenziamento collettivo di migliaia
di persone attraverso una e-mail spedita da migliaia di chilometri per effetto di una
notizia battuta in un nanosecondo sulla diminuzione di valore della quotazione di
unimpresa, in un mercato finanziario distante a sua volta migliaia di chilometri.
Questa "efficienza capitalistica" reputiamo, senza mezzi termini, sia figlia del
Male, Uno strumento di peccato, come recita la "Populorum progressio",
radicalmente incompatibile con la nostra visione di umanesimo e di personalismo, che
allabbrivio del ventunesimo secolo, riproclamiamo, entrambi, come permanentemente
nostri; e che sono la semplice, grande ed impegnativa eredità lasciataci dalla Dottrina
Sociale della Chiesa e dallidea democratico-cristiana.
Entrambe ci hanno lasciato ben diverso insegnamento: dalla Rerum Novarum alle
successive encicliche sociali, da monsignor Ketteler ad Antonio Rosmini, dalla Scuola di
Friburgo al Codice di Camaldoli, dal Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa alla Caritas
in Veritate, questo insegnamento ci parla costantemente e puntualmente della liceità
del mercato ma anche del suo necessario ancoraggio a finalità morali, di diritto
indiscutibile a condividere i frutti dellimpresa fra tutti, di salario di dignità
per ogni famiglia, di illiceità della pura rendita e della pura speculazione
Ebbene, cè necessità che più democrazia cristiana, con questa lettera minuscola,
trovi al suo servizio, con forza, lucidità, sincerità morale, capacità tecnica,
accortezza politica, una rinnovata Democrazia Cristiana con la lettera maiuscola:
cè necessità che una grande associazione di cittadini "liberi e forti"
torni a generare una politica alta secondo la "nostra" Costituzione;
"nostra" perché ispirata proprio dal pensiero democratico cristiano, da De
Gasperi e Dossetti, da Gonella e La Pira, da Fanfani, Moro e Lazzati, e di nuovo indietro,
nei principi di riferimento, fino a Sturzo e Grandi e Miglioli e altri. E la faccia
diventare politica di rinnovamento potente e di rinfrancata solidarietà, di centralità
del lavoro e della impresa come comunità di lavoro, di processi formativi capaci di
rinforzare valori di libertà e di solidarietà fattiva: insomma, di comunità solerte e
rasserenante per tutti.
LItalia è infatti una comunità, innanzitutto; non una società per
azioni ad azionisti dispari, bensì una comunità di cittadini e persone che
hanno uguale dignità, servite da istituzioni fatte da tutti e da tutti partecipate, con
una economia al servizio di tutti e da tutti realizzata. E con le giovani generazioni come
primo tesoro da far crescere secondo responsabilità e autorealizzazione.
III - UN PROGETTO DI VALORI
Non temiamo la sfida perché, più tipicamente di ogni altro partito, la Democrazia
Cristiana possiede nella sua ispirazione valoriale una visione adatta a questo obiettivo
totale: totale nella sua pregnanza interna ed anche nella sua potenzialità diffusiva
oltre il nostro Paese, nella più vasta comunità costituita dallEuropa, dal
Mediterraneo, da un mondo che si è fatto sempre più villaggio comune; ricordo, fra
laltro, che di "internazionale dei democratici cristiani", con questo
spirito diffusivo e pregnante, si parlava già fin dai primi del 900 fra i cattolici
che, prima ancora che germogliassero il Partito Popolare Italiano e la Confederazione
Bianca del Lavoro costituivano i primi nuclei democratico-cristiani.
Ponte mediterraneo e crocevia planetaria, lItalia può tornare a essere, non solo
nei traffici economici, un Paese al quale il mondo può guardare come a una sua casa
simbolica di riepilogo collaborativo e di sintesi valoriale. Se la sede romana della
Chiesa cattolica rappresenta questo valore dal punto di vista religioso, la Roma
precristiana e lItalia universalistica di Dante e del Rinascimento possono
rappresentarlo dal punto di vista della unità tendenziale degli aneliti di realizzazione
umana complessiva; e il grande messaggio che da Rosmini passa a Sturzo, a De Gasperi, a La
Pira, a Moro, può rappresentarlo per il cammino di una città terrena che sappia
condividere il benessere, frutto della fatica comune, fra tutti gli uomini in questo
ventunesimo secolo ultraveloce e ultracomplesso.
Essere custodi attivi di questo patrimonio esige daltro lato che la forma e la
concreta gestione quotidiana del Paese, e la stessa modalità di essere e di operare come
partito, abbiano connotati di qualità alta.
I capisaldi di una tale politica ci sembrano almeno cinque:
La nostra Costituzione repubblicana, carta di principi e di valori da salvaguardare
con fedeltà, non chiusi aprioristicamente a ogni eventuale possibilità di affinamento,
ma lontani da quella frenesia inconsulta che ha portato a rivedere negli anni recenti il
suo Titolo V, con una superficialità che testimonia, accanto a intenzioni illusorie, la
inadeguatezza di una classe politica incapace di cogliere la grandezza dei padri
costituenti e di custodirla migliorandola: anche attraverso una nuova fase costituente
che, riteniamo necessaria per adeguare la sua seconda parte ai profondi cambiamenti
intervenuti sul piani istituzionale europeo e nazionale.
Uno Stato snello e partecipato, efficiente sul piano nazionale, arricchito da
autonomie territoriali in chiave di sussidiarietà e non di dissociazione
pseudofederalista; garantito da un intercontrollo democratico senza retoriche di
autonomismo fine a se stesso, spesso corrotto non meno di quanto esso stesso abbia
rimproverato allo Stato centrale; e, quasi sempre, colpevolmente incapace di utilizzare
persino le cospicue risorse economiche messe a sua disposizione dallEuropa.
La valorizzazione permanente e dinamica dellimmenso patrimonio culturale e
ambientale affidatole dai padri e dalla Provvidenza: almeno la metà dei beni
culturali di cui lumanità dispone è incredibilmente concentrata nel nostro Paese,
e questo solo fatto costituisce per noi "una missione nella missione" e quasi
una vocazione profetica.
Una cura gelosa della culla in cui nascono e si formano le nuove generazioni, cioè la
famiglia, attraverso la dedizione di uno Stato solerte nel favorirne solidità e
serenità, soprattutto con gli strumenti propri della sua missione formativa,
dellattivo supporto alle generazioni che declinano, affinché tale fisiologico
crepuscolo non diventi mai emarginazione né accantoni il tesoro della esperienza che si
trasmette; uno Stato che sappia garantire la sicurezza di un lavoro dignitoso per tutte le
persone che raggiungono letà adulta e si apprestano ad assumere, della famiglia, la
responsabilità più diretta.
Il governo sagace di una economia che ha oggettivamente potenzialità enormi, e che
anche nella presente crisi conferma di possedere nella creatività dei singoli e nel
tessuto della piccola e media impresa la sua linfa più vitale.
Con quali linee di orientamento pensiamo sia articolabile un simile
progetto?
Non parlo volentieri di riforme, e non perché la cultura democristiana sia aliena
dallidea di farne o perché non ne abbia realizzate le più coraggiose nella
storia del nostro paese portano la firma della Democrazia Cristiana, a partire dalla
grande riforma agraria di Antonio Segni poco dopo la nascita della repubblica ma
perché, a un certo punto della dialettica politica, il riformismo ha cominciato a vivere
quasi fosse un fine in se stesso: ma né il riformismo né le riforme sono un fine; essi
sono un mezzo, attraverso il quale la nostra quotidiana analisi della coerenza fra
"progetto paese" e realizzazioni concrete viene verificata e coerentemente
attuata; facciamo le riforme se servono e in quanto servono, ma non le adoriamo come
idoli, e le sottoponiamo costantemente a verifica perché restino effettivamente al
servizio dei valori che le ispirano.
Preferiamo parlare piuttosto di "gestione evolutiva" trasparente e
condivisa, capace cioè di governare dinamicamente le esigenze di miglioramento
permanente delle cose, senza rinviare ai tempi spesso deresponsabilizzanti di maturazione
delle "riforme": queste, quando davvero occorrono, devono essere consapevoli,
ponderate, impegnative di coerente attuazione, e non mito autoreferenziale.
Questo è il compito della politica disegnato dalla Costituzione italiana. E tale è, come
la Costituzione lo regola, anche lo strumento dei partiti politici, mezzo
privilegiato attraverso cui i cittadini partecipano al farsi del dibattito, alla
determinazione delle scelte, alla formazione della classe dirigente, e insomma alla
gestione del paese. Non temiamo, anzi decisamente vogliamo, un partito giuridicamente
riconosciuto, persona giuridica e perciò sottoposto a controllo pubblico nella sua
trasparenza di gestione.
In realtà i partiti politici operanti oggi hanno, via via, ignorato questo spirito
costituzionale per accentuare invece elementi crescenti di chiusura oligarchica, ben poco
democratica e partecipativa. Le ombre della corruzione e del clientelismo, quasi i partiti
stessi e i loro uomini fossero appunto fini e non mezzi, hanno realizzato, da ultimo, quel
nefasto distacco dei cittadini dalla politica che oggi enfatizza la sua gravità
attraverso una legge elettorale che chiude del tutto i partiti dentro se stessi quali
forme autoreferenziali di gestione del potere.
Con quale metodo pensiamo dunque di lavorare?
Innanzitutto con quello della partecipazione vera e diffusa. Pare espressione
scontata e banale, questa della partecipazione, ma essa viene in realtà ogni giorno
pronunciata e ogni giorno di nuovo tradita. Così come la partecipazione di tutti i
cittadini consente di costruire una logica di armonizzazioni progressive nel cammino di
crescita della società complessiva, analogamente la partecipazione di tutti i soci consente
al partito di essere punto di traduzione affidabile della domanda e delle attese del
paese.
I punti di partenza per noi sono certi: la Costituzione, la cittadinanza, la persona.
Essi meritano di essere confermati ma anche approfonditi in tutta la loro portata
potenziale: tanto più che nellItalia del ventunesimo secolo ci sono i cittadini e
cè, con loro, anche un numero crescente di persone in attesa di cittadinanza.
Persone provenienti dalle più diverse nazioni del mondo, o loro figli, che non
costituiscono più casi isolati ma un fatto sociale ormai strutturale: anchessi
diventano parte della nostra comunità, lo diventano in senso oggettivo: chiedono spazio
che non può essere loro negato se crediamo in una società di ispirazione cristiana. Il
problema è di fare in modo che lo spazio sia equo e i diritti, come i doveri, reciproci.
A questa condizione non si può negare lordinata e trasparente osmosi demografica,
non solo perché essa caratterizza da sempre i processi di sviluppo di ogni società
storica, ma perché la stessa grandezza della nostra civiltà italiana è germogliata e si
è sviluppata dal multiforme, secolare apporto di tali risorse.
IV IL FONDAMENTO DEL LAVORO, LA DIGNITA DELLIMPRESA, LA
SOLIDARIETA DELLECONOMIA
Subito dopo la cittadinanza, è il lavoro a costituire prioritario fondamento della
repubblica. Tale lo definisce la carta costituzionale, e si riferisce al lavoro in
tutte le sue forme, dipendente o autonomo o imprenditoriale che sia, manuale o
intellettuale.
Non sono invece fondamento della repubblica la rendita, né lattività
speculativa. Siamo qui in un campo che, fin dal medioevo, la Chiesa ha
chiarissimamente presente. La pura rendita e la pura speculazione sono un male, sono
illecite moralmente, e per noi questo principio comporta conseguenze coerenti sul piano
delle politiche attive, anche di redistribuzione reddituale e, ad esempio, di carico
fiscale.
La ricchezza nazionale resta essenzialmente frutto del lavoro e il lavoro, diritto e
dovere delluomo, è, per la Democrazia Cristiana, oggetto privilegiato di ogni
politica economica. Per tale motivo un punto caratterizzante il nostro "progetto per
lItalia" non può non essere costituito dalla revisione dellistituto
del collocamento, che ci pare da trasformare in istituto
dellaccompagnamento attivo nel lavoro.
Né vuol dire, questo, che il mercato del lavoro debba essere governato dal solo
collocamento pubblico; tuttaltro: esso si accompagna liberamente al movimento
spontaneo della domanda e della offerta che sul mercato si confrontano: il collocamento
pubblico opera invece, attivamente, su richiesta dei singoli lavoratori che vogliano
ricorrervi. Il fatto è che non cè dignità della persona se non viene attuato
per essa il diritto a un lavoro riconosciuto, remunerato e produttivo. Questo è il
concetto, ed è lobiettivo, da tenere sempre presente.
Vi è un ulteriore profilo di giustizia distributiva, e alla fine anche di efficienza
economica, che non ci sembra più possibile trascurare. Una visione distorta del libero
mercato, storicamente prevalente in tutto il mondo, riguarda la totale inesistenza di limiti
alle più atroci disparità reddituali generate allinterno delle stesse imprese.
Prevalgono anche in Italia, sia pure in dimensioni complessivamente meno abnormi,
parametri esasperati fino alliniquità, e assolutamente ingiustificabili da tutti i
punti di vista, compresa una reale efficienza economica di lungo andare delle imprese
medesime e del sistema.
Noi non assumeremo come nostro programma lidea, che pure ci viene da uno dei massimi
maestri di economia dellimpresa efficiente e a un tempo equa, e cioè Adriano
Olivetti, laddove affermava che tra lui, massimo vertice della sua azienda, e
lultimo dei suoi operai, il divario di reddito equo reputava essere da uno
a cinque. Lo corresse quel gran liberale, non certo democristiano, che era Valletta,
allora amministratore delegato della Fiat e grandissimo innovatore della vita aziendale,
affermando a sua volta che troppo stretta gli sembrava tale forbice e proponeva per essa
un raddoppio, cioè che fosse portata da uno a dieci.
Noi non assumeremo neanche questo parametro: ma se nel mondo assistiamo a rapporti
inconcepibili, persino di uno a quattrocento e oltre, e in Italia non mancano forbici di
uno a cinquanta e oltre, ci sentiamo in mezzo a una situazione alla lunga insostenibile,
per la quale assumiamo un duplice chiaro riferimento: da un lato il principio che i
parametri retributivi siano parte di una politica trasparente e perciò siano noti
pubblicamente; dallaltro che venga, con gradualità ma con inizio immediato,
stabilito un primo limite: ad esempio, che non possa essere superata la forbice di uno
a venticinque.
Siamo certi che passo dopo passo, anno dopo anno, ci sarà tempo e soprattutto ci saranno
condizioni di serenità per calibrare con il consenso sociale più ampio la misura equa,
senza mai far pensare che puntiamo a logiche di egualitarismo puro e semplice. Sottolineo
che anche questa è la Dottrina Sociale della Chiesa, prima di essere la linea
programmatica della Democrazia Cristiana. Sottolineo che anche questo è il cammino che
costruisce quella economia sociale e civile di mercato che, della suddetta
dottrina, è parte centrale.
Sottolineo che stiamo parlando di reddito personale, non di reddito
dimpresa, sul quale andranno invece considerate con intelligente accortezza le
dimensioni legate alle esigenze di espansione e innovazione più proprie della impresa
stessa, che del resto sono benedette per tutti: lavoratori ed azionisti, persone e
comunità. In particolare attraverso una riduzione dellattuale pressione tributaria
per abbattere il cuneo fiscale e stimolare ricerca e investimenti.
La Democrazia Cristiana è comunque contraria, nello stesso tempo e per lo stesso spirito,
anche a forme di garanzia del reddito che siano scisse da una corrispondente
responsabilità di lavoro produttivo. Non cassa integrazione, dunque, e neanche gli
istituti innovativi definiti in tal senso dalla recente "riforma Fornero", ma
piuttosto lavori utili in logica sostanzialmente e modernamente keynesiana,
intendendo per lavori utili gli investimenti in tutto ciò che possa essere bene comune
effettivo.
Nulla dunque ha da vedere, tutto questo approccio, con forme di assistenzialismo,
verso le quali nutriamo sostanziali dubbi tutte le volte che esse vogliano supplire a una
politica di giusta reciprocità fra cittadino e comunità. La dignità del lavoro,
espressione di una sostanziale parità nella cittadinanza responsabile, potrà in tal modo
accompagnarsi anche con una sostanziale parità di condizione fiscale e previdenziale
senza distinzioni fra categorie: come senza distinzioni ci pare debba essere, in linea di
tendenza, il diritto ad accedere a tutto il campo del lavoro, compreso quello delle libere
professioni, attraverso meccanismi semplificati e trasparenti rispetto a prassi ancora
piuttosto chiuse e per alcuni aspetti vetuste.
Certo è comunque limpresa che, per la consistenza oggettiva della sua dimensione
produttrice di ricchezza complessiva, resta il soggetto centrale per la elaborazione di
una attiva politica del lavoro. Inestimabile valore di una economia dinamica e
progrediente, limpresa deve essere, in questo senso, non solo protetta ma
sostenuta e incentivata nel suo naturale impulso di sviluppo. Punto cardine di una tale
politica ci sembra lo snellimento della burocrazia relativa alle autorizzazioni e ai
controlli.
Se questo è il lato normativo-burocratico della vita dimpresa, sul versante
economico ve nè uno non meno pregnante: limpresa si sostiene e cresce con il
duplice strumento dellautoinvestimento e del credito bancario, come è noto. Anche
sulla politica creditizia finalizzata allo sviluppo dimpresa vi è un particolare
elemento centrale nella cultura democratico-cristiana, che mentre non può, secondo noi,
essere trascurato: è quello costituito dalla idea del risparmio collettivo (dei
lavoratori ma anche degli utenti).
Come è evidente dalle riflessioni che stiamo dipanando, non possiamo nascondere il nostro
interesse privilegiato per la diffusione di politiche favorevoli ai modelli di partecipazione
dei lavoratori nellimpresa, conformemente alla costante tradizione, ancora una
volta, della Dottrina Sociale della Chiesa, ma anche a tantissime esperienze consolidate
nei paesi più avanzati dEuropa, e al dettato dellarticolo 46 della nostra
Costituzione.
A tale riconoscimento del fattore lavoro fa riscontro il dovere ugualmente stringente
del lavoratore, di adempiere con senso di responsabilità il proprio ruolo produttivo. Ed
è evidente, in questo quadro, come anche lesperienza sindacale costituisca un
valore imprescindibile delle politiche del lavoro, quando naturalmente si tratti di sindacalismo
libero e pluralistico, come quello realizzatosi tipicamente nella esperienza della
Cisl italiana e ormai caratteristico di tutto il nostro sindacalismo confederale.
E questa dinamica che consente alla legge stessa di farsi carico con maggiore
competenza di quella garanzia di reddito vitale di dignità per ogni cittadino e per
ogni famiglia, che è da sempre nelle nostre aspirazioni. Non si tratta di una
richiesta avulsa dalle condizioni concrete della ricchezza prodotta dal Paese: nessun
paese può infatti distribuire più ricchezza di quella che produce. Si tratta invece di
unazione costantemente attenta a calibrare il triplice contestuale strumento
della politica occupazionale, della forbice massima fra redditi di lavoro, della
partecipazione dei lavoratori nellimpresa.
Vissuta con tale orizzonte, leconomia complessiva è veramente "amministrazione
della casa comune" finalizzata al "bene comune": che del resto può
assumere diversificate gerarchie in funzione della natura di ogni singolo bene e di ogni
singola persona. Vi sono ad esempio dei beni la cui natura appare anche al buon senso
come collettiva o pubblica e perciò dotata di una legittima aspettativa di fruizione
sostanzialmente paritaria da parte dei cittadini: tali sono ad esempio lacqua,
lambiente, la sicurezza. Tali beni sono essenziali e primari per la qualità della
vita e per essi la presenza della mano pubblica, sia essa quella dello Stato o quella
degli enti intermedi, non può non essere diversa da quella riservata a tutti gli altri
beni, lasciati allautoregolazione semplice del mercato.
Questa parola, chiara e ferma, ci è doverosa per il ristabilimento di una visione che è
stata resa ambigua e infine controproducente da una tendenza superficiale di questi lunghi
venti anni e oltre, favorevole a una semplicistica linea di privatizzazioni, condotta
con indiscriminatezza pari a quella che a suo tempo aveva presieduto agli eccessi opposti
delle statalizzazioni, o regionalizzazioni, o municipalizzazioni.
Il concetto che dobbiamo piuttosto avere sempre presente è quello della distinzione
chiara fra privatizzazione e liberalizzazione: quando si tratta di beni primari
liberalizzare è tendenzialmente un bene, privatizzare è tendenzialmente un male. La
liberalizzazione salvaguarda e stimola anche lintervento privato, la semplice
privatizzazione può tendere a generare monopoli a fini di lucro, tanto più negativi
quanto più riguardino beni appunto essenziali e primari per la dignità della persona.
V - ISTITUZIONI: LO STATO SNELLO PER LA PARTECIPAZIONE SOCIALE
Nelle polemiche interminabili che hanno accompagnato questo tipo di dibattiti
sullassetto delleconomia nazionale negli anni a noi vicini, si è tornati
anche a chiamare in causa, più latamente, una "pesantezza dello Stato"
che non sarebbe in grado di gestire con efficacia altro ruolo che non sia quello di
asettico controllore delle regole che pone, e in nulla o quasi nulla dovrebbe riguardarlo
il merito della regolazione sociale.
Storicamente cè stata, in effetti, in alcuni comparti del sistema economico
italiano, una parte di pesantezza che non era ulteriormente tollerabile perché fonte di
aggravio di costi e contemporaneamente di danno allefficienza.
Oggi è però essenzialmente sul piano burocratico che il concetto di "Stato
snello" compia passi coraggiosi. E infatti valutazione condivisa senza
incertezze che il nostro apparato-Stato abbia raggiunto una dimensione elefantiaca fonte a
un tempo di sprechi e di inefficienze in alcuni casi intollerabili.
La ragione profonda che presiede a queste considerazioni è semplicemente, ancora una
volta, quella che concepisce lo Stato come la organizzazione con la missione di servire
la persona e la comunità ai fini della loro crescente autorealizzazione (art. 2 della
Costituzione). Ed è questa chiave interpretativa che illumina anche le politiche
relative alle articolazioni intermedie non territoriali attraverso le quali si svolge la
vita sociale. Per questo che la Dc tutela la costituzione e la partecipazione dei
cittadini a forme associative e imprenditive nel campo del lavoro come nei campi della
cultura, dei servizi, delle iniziative di cittadinanza, delle tutele dei diritti, e così
via: con lobiettivo di realizzare quel vivace reticolo di vita sociale che possa
andare a coprire la più vasta area possibile della domanda di servizi avanzata dai
cittadini in questi settori. È nella cultura personalistica e comunitaria, connaturata
con la storia del nostro partito, lincoraggiamento attivo di quel "terzo
settore", che può costituire la grande "infrastruttura sociale" nella
quale possono trovare risposta meno burocratica e più densa di motivazioni e calore umano
le domande e i bisogni meno considerati e protetti dalle istituzioni.
Un approccio solidaristico che si esplicita anche in senso geopolitico, con lEuropa
che resta un riferimento che ci aiuta a tenere largo ed aperto lorizzonte, ed anche
un forte laboratorio di buone pratiche. UnEuropa che oggi pone la necessità di un
ritorno allo spirito dei suoi padri fondatori, affinché sia di nuovo, innanzitutto, un
ideale di fraternità con leconomia che segue: questo pensavano infatti De
Gasperi, Adenauer, Schumann, Monnet, Spaak e gli altri fondatori.
Un approccio globale e solidaristico lEuropa deve rivolgere anche verso il Mediterraneo.
Il mare delle tre religioni monoteiste, civiltà antiche che, intersecandosi, e non
ignorandosi, hanno dato al mondo gran parte della civiltà che oggi lo unisce. È presente
in me la suggestione indimenticabile dei "Dialoghi dei Mediterraneo" nella
Firenze, "nuova Gerusalemme", del Sindaco Santo, che chiamava il nostro mare
Lago di Tiberiade.
Questo approccio globale e solidaristico va perseguito e testimoniato, infine, per la
ricerca della pace e dellunità di tutto il pianeta. Messaggio che da Isaia
fino alla Pacem in Terris e alla Caritas in Veritate, il Popolo di Dio
vive come il traguardo finale della settimana storica delluomo che segue la
settimana biblica della Creazione.
VI PASSATO, PRESENTE, FUTURO: IL POPOLARISMO CHE VIVE.
Le considerazioni svolte sollecitano la politica i partiti ad una tensione morale e
culturale superiore a quella attuale, e che possa alimentare anche le loro modalità
interne di organizzazione e di democrazia partecipativa.
Anche il problema del finanziamento dei partiti si pone ormai con evidente urgenza morale.
Nacque nel cuore degli anni 1970 con lobiettivo dichiarato di consentire ai partiti
di "non essere costretti a farsi corrompere", come si disse allora.
Lintenzione era buona ma lesito non fu felice ed è venuto peggiorando nel
tempo.
Non è forse saggio tornare al puro e semplice sistema di "nessun
finanziamento"; lo dico chiaramente "non vogliamo i soldi dello Stato". Noi
preferiamo un sistema che, escludendo qualsiasi esborso di denaro pubblico, assicuri una
normativa semplice, trasparente e facilitata, attraverso la quale ogni cittadino possa
liberamente partecipare al finanziamento del partito nel cui programma si riconosce. A tal
riguardo mi sembra del tutto condivisibile la proposta di legge di iniziativa popolare
promossa dal professor Pellegrino Capaldo.
A fronte dei molti profeti che frettolosamente diagnosticano la fine del partito politico,
a me sembra che esso rimanga lo strumento meno imperfetto, lìunico ancora in grado
di consentire lesercizio della moderna democrazia rappresentativa.
Non va confuso il partito ideologico che guidava le masse della società industriale, con
le nuove forme partito capaci di interpretare e dare rappresentanza alla società
post-moderna nel mondo delle tecnologie informatiche fattosi uno.
Nessuno di noi pensa di rifare quella Democrazia Cristiana, quelle sezioni, quei comitati,
quelle commissioni, quella pletora organizzativa.
La prima delle nostre scommesse è costruire un partito nuovo adeguato alla
società del ventunesimo secolo.
Mi sembra che la evoluzione da mettere in campo abbia, tra le altre, le seguenti
caratteristiche:
.
- a. Un forte snellimento statutario, che infonda trasparenza ed efficacia
allesperienza associativa democratica dei soci, accorciando vertiginosamente la
distanza tradizionale fra vertice e base.
- b. Una quota maggiore di "democrazia diretta", nel senso di un
incremento di peso decisionale degli iscritti, anche attraverso lutilizzo delle
tecnologie telematiche nel determinare la scelta dei singoli dirigenti del partito a tutti
i livelli.
- c. Una mediazione ricca fra il valore fondante della sovranità associativa e la
necessità di un coinvolgimento più pregnante dei mondi esterni che si riconoscono nella
visione e negli ideali democratico-cristiani. Più peso agli iscritti e più peso ai
simpatizzanti, insomma.
d. Una grande rigorosità nellapplicazione della certezza giuridica interna,
con una magistratura di garanzia a sua volta semplificata e velocizzata.
- e. Unattività di formazione permanente per tutti i livelli del partito:
siamo anzi, su questo tema, a buon punto nella formulazione preparatoria di ipotesi che
tengono conto delle esperienze migliori maturate in questi venti anni nel mondo della
formazione politica e sociale.
- f. Infine, una diffusione capillare, sul territorio, di una rete di Circoli Culturali
di Iniziativa Politica: non come luoghi di tessere da contare, ma come luoghi di
aperta elaborazione, di formazione, di competenze e proposte e impegno sui problemi del
territorio.
- g. Riteniamo utile affiancare al partito una fondazione col compito di approfondita e
elaborata ricerca sui temi programmatici e sulle strategie della missione del partito
CONCLUSIONI
Cari amici, questo è, oggi, il mio contributo che, attraverso il dibattito di questi due
giorni e dei giorni che seguiranno, è aperto ad ogni positiva integrazione, correzione,
arricchimento.
Noi siamo qui con il proposito di realizzare insieme il passaggio da una storia antica
ricca di successi ma anche dolorosamente responsabile di errori, verso un futuro che deve
essere altrettanto ricco di successi e meno esposto agli errori. Mi permetto di
aggiungere che rappresento una generazione il cui compito precipuo è, oggi, quello
di fornire buon esempio e buoni consigli, trasmettere esperienza sana e forte, per far
avanzare sul proscenio delle responsabilità sociali, compresa la guida del partito, le
generazioni nuove.
Non è questione di anagrafe: vecchi e giovani hanno dato in tempi e modi diversi esempi
eroici ed esempi deleteri. E invece questione di anima e di effettiva pratica della
democrazia interna. E questa che provvede allimmancabile ricambio fisiologico
della classe dirigente. Una sola condizione occorre, che non sempre abbiamo onorato in
passato: una democrazia interna che vorrei definire, fanciullescamente, semplice e
rocciosa per la sua credibilità. Insieme allimpegno quotidiano della nostra
formazione permanente.
Nessuno deve mai violare la santità delle urne nelle quali i nostri iscritti sono
chiamati a scegliere in coscienza le persone cui affidare la guida del cammino. Con
semplicità e sapienza. Non abbiamo bisogno di altro. Forse, in questo momento, il Paese
non ha bisogno di altro." |
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Il PAPA , i "CATTOLICI IN POLITICA"
e il "dono dello SPIRITO SANTO" |
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"SERVE UN PARTITO SOLO DEI CATTOLICI ? " - "UN CATTOLICO DEVE FARE POLITICA ?" |
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- La Domanda di un giovane al papa:
"Siamo impegnati nel volontariato, nellassociazionismo e nella politica. Come
mantenere vivo il rapporto tra la fede in Gesù Cristo e la responsabilità ad agire
sempre per la costruzione di una società più giusta e solidale? - La Risposta
del papa: a) "La Chiesa ... riceve il dono dello Spirito Santo... .Non è un partito politico";
b) "Si sente: Noi
dobbiamo fondare un partito cattolico !. "Quella non è la strada". Un
partito solo dei cattolici non serve e non avrà capacità convocatorie,
perché farà quello per cui non è stato chiamato;
b) "Ma, un cattolico può fare politica?" - "Deve
!" - "Ma un cattolico può immischiarsi in politica?" - "Deve!"
;
c) "Paolo VI ... ha detto che la politica è una delle forme più
alte della carità, perché cerca il bene comune". |
LUCIANI: " Per un laico cattolico, quanto e' vincolante il
parere del papa, in materia temporale ?
e quale è la differenza tra il fare politica "senza un partito" e il fare
politica "con un partito" ?
Queste domande aggiuntive sono su un piano diverso da quella se
"serve
un partito SOLO DEI CATTOLICI ", che è un concetto contraddittorio. |
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RIPORTATO
DA LAVVENIRE, 1 MAGGIO 2015 (Stralcio)
Un incontro tra amici. Con un dialogo appassionato,
con domande e risposte a 360 gradi. È quello che si è tenuto oggi (30.4.2015), in Aula
Paolo VI, tra Papa Francesco e i membri della Comunità di vita cristiana (CVX) - Lega
Missionaria Studenti dItalia. Circa 5.000 persone. Di seguito le domande di alcuni
partecipanti e le risposte a braccio del Papa. In fondo il testo del discorso scritto che
Francesco però non ha letto.
::::::
Gianni: Santo Padre, io sono Gianni, vengono dalla CVX dell'Aquila. Siamo
impegnati da oltre 30 anni nel volontariato, nell'associazionismo e nella politica.
Allora, nel nostro impegno nella vita sociale vorremmo che ognuno - specialmente chi è
più giovane tra noi - comprenda che oltre al bene privato, troppo spesso prevalente,
esiste un interesse generale che appartiene alla comunità intera.
Santo Padre, quale discernimento può venirci dalla spiritualità ignaziana
per aiutarci a mantenere vivo il rapporto tra la fede in Gesù Cristo e la responsabilità
ad agire sempre per la costruzione di una società più giusta e solidale? Grazie.
Papa Francesco: Credo che questa domanda che tu hai fatto la
risponderebbe molto meglio di me padre Bartolomeo Sorge - non so se è qui: no, non l'ho
visto
Lui è stato uno bravo, eh? Lui è un gesuita che ha aperto la strada in
questo campo della politica. Ma, si sente: "Noi dobbiamo fondare un partito
cattolico!": quella non è la strada.
La Chiesa è la comunità dei cristiani che adora il Padre, va sulla strada del Figlio
e riceve il dono dello Spirito Santo. Non è un partito politico. "No, non diciamo
partito, ma
un partito solo dei cattolici": non serve e non
avrà capacità convocatorie, perché farà quello per cui non è stato chiamato.
"Ma, un cattolico può fare politica?" - "Deve!" - "Ma un
cattolico può immischiarsi in politica?" - "Deve!".
Il Beato Paolo VI, se non sbaglio, ha detto che la politica è una delle forme più
alte della carità, perché cerca il bene comune. "Ma, Padre, fare politica non è
facile, perché in questo mondo corrotto
e alla fine tu non puoi andare avanti
": cosa vuoi dirmi, che fare politica è un po' martiriale? Sì. Eh sì: è una
sorta di martirio. Ma è un martirio quotidiano: cercare il bene comune senza lasciarti
corrompere. Cercare il bene comune pensando le strade più utili per quello, i mezzi più
utili. Cercare il bene comune lavorando nelle piccole cose, piccoline, da poco
ma
si fa.
Fare politica è importante: la piccola politica e la grande politica. Ma, nella Chiesa
ci sono tanti cattolici che hanno fatto una politica non sporca, buona; anche, che hanno
aiutato alla pace nei Paesi. Ma pensate ai cattolici qui, in Italia, del dopoguerra -
alcuni: pensate a De Gasperi; pensate alla Francia: Schumann, che ha la causa di
beatificazione
Si può diventare santo facendo politica. E non voglio
nominare più: valgono due esempi, di quelli che vogliono andare avanti nel bene comune.
Fare politica è martiriale: davvero un lavoro martiriale, perché bisogna andare tutto
il giorno con quell'ideale, tutti i giorni, con quell'ideale di costruire il bene comune.
E anche portare la croce di tanti fallimenti, e anche portare la croce di tanti peccati.
Perché, nel mondo è difficile fare il bene in mezzo alla società senza sporcarsi un
poco le mani o il cuore: ma per questo vai a chiedere perdono, chiedi perdono e continua a
farlo. Ma che questo non ti scoraggi. "No, Padre, io non faccio politica perché non
voglio peccare" - "Ma non fai il bene! Vai avanti, chiedi al Signore che ti
aiuti a non peccare, ma se ti sporchi le mani, chiedi perdono e continui avanti!". Ma
fare, fare
E proprio lottare per una società più giusta e solidale.
Qual è la soluzione che oggi ci offre, questo mondo globalizzato, per la politica?
Semplice: al centro, il denaro. Non l'uomo e la donna: no. Il denaro. Il dio denaro.
Questo al centro. Poi, tutti al servizio del dio denaro. Ma per questo, quello che non
serve al dio denaro si scarta. E quello che ci offre oggi il mondo globalizzato è la
cultura dello scarto: quello che non serve, si scarta.
Si scartano i bambini perché non si fanno bambini o perché si uccidono i bambini
prima di nascere; si scartano gli anziani, perché
ma, gli anziani non servono: ma
adesso che manca il lavoro vanno a trovare i nonni perché la pensione ci aiuti, no? Ma
servono congiunturalmente, no? Ma si scartano, si abbandonano gli anziani. E adesso, il
lavoro si deve diminuire perché il dio denaro non può fare tutto, e si scartano i
giovani: qui, in Italia, giovani dai 25 anni in giù - non voglio sbagliare, correggimi,
eh? - il 40-41% è senza lavoro. Si scarta
Ma questo è il cammino della
distruzione.
Io cattolico guardo dal balcone? Non si può guardare dal balcone! Immischiati lì! Dà
il meglio: se il Signore ti chiama a quella vocazione, va lì, fai politica: ti farà
soffrire, forse ti farà peccare, ma il Signore è con te. Chiedi perdono e vai avanti. Ma
non lasciamo che questa cultura dello scarto ci scarti tutti! Anche scarta il Creato, ché
il Creato ogni giorno viene distrutto di più. Non dimenticare quello del Beato Paolo VI:
la politica è una delle forme più alte della carità.
|
NINO LUCIANI, Caro papa, penso addirittura che un partito "solo dei cattolici"
sia contraddittorio sul piano logico. Al tempo stesso, rivendico una autonomia dei laici
cristiani in politica, ma secondo le regole della scienza politica ...
1.- Premessa. In premessa al mio commento, ricordo che nella visione
cristiana della vita (e non solo cristiana), l'uomo è una "unità" di spirito e
di corpo, creata da Dio, Padre comune di tutti gli uomini e di tutti gli altri esseri
viventi. Il laico cristiano si ispira ai valori spirituali e materiali, meritevoli presso
il Creatore.
In questa visione divengono priorità la comunione con il Creatore e la
carità verso il prossimo; ed e' normale che gli individui che sono "primi nella
scala sociale" storicamente esistente, possano essere, invece ultimi nella
"scala sociale cristiana".
Rientra nelle priorità il contributo alla "creazione" e al suo
miglioramento mediante la ricerca scientifica e l'applicazione dei relativi risultati alle
condizioni di vita dell'uomo e alla organizzazione della società civile.
In una determinata "associazione" con obiettivi ordinati rispetto
al Creatore, possono ben coesistere cristiani di diverso orientamento
politico-economico-sociale, perché la relativa problematica esula da quella associazione.
Un partito e', invece, una associazione con obiettivi pubblici ordinati rispetto
alla società civile, circa la sua organizzazione, le priorità dei bisogni materiali,
determinati diritti (ad. es., diritto di proprietà privata, diritto del lavoro, diritto
di impresa, determinate alleanze militari sul piano internazionale... ).
In questo senso ha ben ragione il papa quando non vede bene un partito
"solo di cattolici", perche' essi non potrebbero convivere per obiettivi
politici non condivisi. Esso, al più, sarebbe una "associazione confessionale"
(con i voti di chi ?), per prendere ordini dal papa, ma che neppure il papa vuole.
2.- Ma il papa dice anche che il laico cattolico "deve" fare
politica". Il problema che si pone, subito di seguito, è se un laico
cattolico "debba" fare politica senza un partito o dentro un partito (sia pure
non di soli cattolici).
a) Senza un partito ? La Costituzione italiana definisce i partiti
come strumenti "per concorrere con metodo democratico a determinare la politica
nazionale". Il presupposto è che in democrazia le decisioni si prendono contandosi,
e si prende la decisione che ha la maggioranza assoluta dei voti. E chi pretendesse che
sia presa la decisione dei votanti in minoranza sarebbe un rivoluzionario, pur se avesse
le idee migliori in assoluto. Ma il caso del papa non è questo (salvo in casi molto
speciali).
Ne deriva che un laico cattolico che pensasse di fare politica senza un
partito sarebbe destinato ad essere una "vox clamans in deserto", senza
risultati immediati. Questa non è la strada per fare politica.
d) Dentro un partito ? Un partito è necessario fare
politica che prende decisione, ma va tenuto conto che l'agire frazionatamente in più
partiti, pur avendo le stesse idee politiche, è come agire senza un partito.
Nella storia del progresso scientifico-filosofico è notoria la distinzione
(di Carlo Marx) tra il "socialismo utopistico" e "socialismo
scientifico". Il primo è proprio dei movimenti che chiedono le riforme sociali in
modo spontaneo e individuale, ma che non vanno oltre il ruolo di "vox clamans in
deserto". Questo è il caso dei cattolici che operano senza un partito o frazionati
tra più partiti pur avendo le stesse idee politiche.
Il secondo è proprio dei movimenti che coalizzano i richiedenti in
modo da sostenere validamente le riforme con una sola voce; e anche di quelli che sono
frazionati tra più partiti.
c) Quanto grande dovrà essere un partito di laici cattolici
per poter fare proposte comuni con valore politico ? Non c'è una risposta univoca. Direi
però che il criterio sia di realizzare la maggiore unità possibile su obiettivi politici
comuni di cattolici e non cattolici, ben altro che un partito monopolizzante "solo
dei cattolici".
3.- Dovremo riorganizzare la DC ? La DC fu un partito di cattolici e
laici importante per la rinascita economica dell'Italia, dopo il fascismo, e che fu unito
finchè ebbe un medesimo programma, di tipo centrista, aperto al sociale; e che si divise
quando ebbe due programmi: uno liberale e uno socialista (tale è il senso del lacerante
dualismo interno a favore o contro il cosiddetto "compromesso storico con il PCI).
Quale DC in futuro ? Oggi si pensa ad una DC con un rinnovato codice etico, e
che includa i punti in comune con i "non cristiani" (come l'inclusione dei
valori liberali propri del sistema politico fondato sulla alternanza tra i grandi partiti
(si vegga in USA, in Francia
), e ancorato ai grandi ideali universali delle Nazioni
Unite (ONU), in continuità nella storia d'Italia, nel parlamento italiano.
Nella settimana sociale dei cattolici di Bologna (2004), Tettamanzi
(cardinale di Milano) appellò al ritorno dei cattolici in politica, ma non nella forma
della DC, quale partito unico dei cattolici. E, successivamente, fu echeggiata via via la
formula di Ruini (cardinale, segretario di Stato Vaticano) in favore di apporti personali,
dentro molteplici partiti (di ogni tipo), in cui un cattolico si trovasse a militare.
Oggi diviene inopportuno, da parte dei laici, persistere nel silenzio solo
per motivi di rispetto al papa, e si faccia chiarezza.
Questa esigenza è resa stringente da una sentenza della Corte di
Cassazione (dic. 2010) che ha dichiarato che la DC non è stata mai sciolta, perchè
l'organo che la dichiarò sciolta non aveva il potere di farlo, e consente ancora a un
gruppo di volenterosi di cercare di ottenere dalla magistratura la riorganizzazione della
DC.
4.- Sui poteri della gerarchia in materia temporale. Qui il primo
punto è mettere la carte in tavola sulla autorevolezza riispettiva dei laici e del papa
in materia temporale (anche perché il papa ha evocato il "dono dello Spirito
Santo..." alla Chiesa).
Secondo il gesuita Padre Diez Alegria
(che ho avuto come professore, a suo tempo, alla Pontificia Università Gregoriana),
si deve distinguere:
a) un magistero infallibile del papa, in speciali materie di fede;
b) un magistero praticamente infallibile dei vescovi, come
collegio, in materia di fede;
c) un magistero ordinario non infallibile in materia sociale (p.
6). Secondo l'illustre gesuita, "fra un fedele e un non credente nel campo temporale
non c'è una differenza essenziale"... "la gerarchia non ha nessun potere
diretto o indiretto (inteso come l'intendevano i teologi del secolo VI) in materia
temporale, ma ha come unico compito l'insegnamento autorevole della legge naturale"
(p. 12).
Io ritengo libera la espressione del papa in generale. Ho un dubbio circa il
fondamento del suo collegamento esclusivo allo Spirito Santo, in materia temporale. I
laici non hanno lo stesso dono (sia pure solo in campo temporale) ?
Voglio, infine, rammaricare che la CEI-Conferenza Episcopale Italiana sia spesso
costretta a sostituire i laici, finendo per svolgere un ruolo improprio per mancanza di
competenze. NINO LUCIANI |
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A Palermo, ARS - Assemblea Regionale Siciliana |
Ernesto d'Albergo
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Per l'onore della Scienza delle Finanze italiana nel mondo
e per l'onore della Sicilia.
CONVEGNO IN RICORDO E PRESENTAZIONE
di ERNESTO d'ALBERGO ALLA SICILIA,
NELLE PERSONE DEI SUOI DEPUTATI REGIONALI
.
A PALERMO, PALAZZO REALE
IL 31 OTTOBRE 2014, ORE 10,30 NELLA SALA GIALLA
In occasione della pubblicazione
dell'opera magna, in inglese e in italiano
nella biblioteca digitale dell'Università di Bologna.
Clicca su: http--amsacta.unibo.it-2571- |
BREVE PRESENTAZIONE
Nota biografica
a cura della figlia NELLA.
Nacque nel 1902 a Noto
(Siracusa) da nobile famiglia siciliana.
Fu legatissimo al padre N. H. Salvatore d'Albergo della Cimarra,
illustre avvocato; ed alla madre Nella Scirpa d'Agata.
Morì a Roma nel 1974. Giace a Noto (Siracusa) nella tomba di
famiglia.
Studiò alla Bocconi dove
si laureò nel 1924.
Dopo un periodo di prova negli uffici amministrativi della Banca
Nazionale di Credito, viste le attitudini, ebbe la nomina di responsabile dell'Ufficio
Studi della Direzione Centrale della stessa Banca.
Successivamente, passato alla carriera universitaria, fu per
vari decenni Consulente Economico della Sede Centrale del Credito Italiano.
Nel 1930 conseguì la Libera Docenza e fu Professore Incaricato per
la sua disciplina, nella parte concernente la finanza locale, all'Universìtà del Sacro
Cuore ed all'Università Statale di Milano.
Fu professore ordinario di scienza delle finanze a Ferrara,
Siena, Trieste, Venezia (Cà Foscari), a Bologna, infine a Roma "La Sapienza".
A Bologna (1941-55) fu Preside della Facoltà di Economia e Commercio
dal 1947 |
. al 1952. In quel periodo, essendo andata.
distrutta nel corso della guerra la vecchia sede universitaria, egli fece realizzare la
nuova sede secondo moderni concettì architettonici e urbanistici, sia pur con qualche
riserva quanto al rispetto della tradizionale architettura bolognese. Nel 1956 ebbe
la Cattedra di Scienza delle Finanze alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Universìtà
"La Sapienza" di Roma, ottenendo con soddisfazione, dal governo italiano, la
separazione della Scienza delle Finanze dal Diritto Finanziario.
Insegnò a Roma fino al collocamento fuori ruolo.
Aveva fatto 171 pubblicazioni.
Dal 1945 e fino alla sua
scomparsa, diresse la Rivista Bancaria-Minerva Bancaria.
Fu presidente dell'Associazíone Nazionale Tributaristi
Italiani dal 1952 fino alla sua fine.
Ebbe per quasi un decennio la Presidenza della Confederazione
della Proprietà Edilizia negli anni Cinquanta.
Nel dopoguerra fu eletto Consigliere Comunale a Milano.
Nel 1963 fu riconosciuto "Benemerito delle Pubbliche
Finanze" dal Presidente della Repubblica G. Saragat e, su proposta del Ministro delle
Finanze R. Tremelloni, gli fu conferita la medaglia d'oro.
Fu insignito del titolo di Cavaliere dell'ordine del Santo Sepolcro,
per richiami |
. pertinenti del Vangelo nella scienza delle finanze, per il
riparto delle imposte.
Vinse il Premio Cremisini e nel 1972 l'Accademia Nazionale dei Lincei
gli attribuì il Premio della Fondazione Francesco Saverio Nitti per aver sviluppato per
oltre un quarantennio attività di studio e d'insegnamento nelle discipline fìnanziarie,
con particolare riguardo alla sfera pubblica..Ernesto d'Albergo amò sempre la
Sicilia, anche se non furono frequenti i suoi rientri alla terra d'origine.
Fu legato alla famiglia e alle sue radici familiari, e aveva in
animo di scrivere la storia della sua casata, eccelsa nelle Lettere e nel Diritto.
Rimarchevole un antenato, il Marchese Corradino d'Albergo,
patriota e poeta, che nel primo Ottocento organizzò insieme alla moglie Sofia, dì
origine Sassone, salotti letterari a Palermo. Lo stesso Corradino d'Albergo si
stabilì nel 1852 a Firenze dove fu Presidente dell'Accademia Pontaniana e dove, dopo la
morte, fu sepolto alla Certosa. Ernesto d'Albergo amò profondamente la Toscana che scelse
come sua sede di vacanza e di lavoro costruendovi un villino sulle colline della campagna
fra Lucca e Pisa, dove amava passare numerosi giorni dell'anno.
E.d'A. ebbe come allievi Guglielmo Gola, Nino Luciani,
Vincenzo Russo, Gaetana Trupiano, Caterina La Mesa, Maria Clara Sellari, Marina
Ricciardelli. |
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In margine alle elezioni europee |
Alberto Alessi
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Alberto Alessi, Cronaca di una elezione
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SIC TRANSIT
GLORIA MUNDI
La campagna elettorale europea si è chiusa. ma rimane l'amaro in bocca perchè
mai campagna elettorale è stata di così basso tono e di toni. L'errore di tanti leaders
è stato quello di volere imitare, in parte, Grillo, ammansatore non compassionevole di
altrui ambizioni e cielo negativo, agitatore non di idee ma di provocazioni, a volte
incivili e volgarissime. Bisognerebbe ragionevolmente che i morti seppelliscano i morti e,
probabilmente "oportet ut scandala eveniant" (e cioè che i partiti democratici
abbiano una scossa fortissima), poichè Grillo, sovrano sine pietate di 5 Stelle, tutto
vuole distruggere e spesso nelle sue elucubrazioni, mirabilmente gridate, pettina l'aria,
cosa che piace a tanti elettori delusi, arrabbiati che si aggrappano anche alle ortiche
per disperazione e per rivalsa. La verità è che la distruzione di grandi partiti in
Italia, è stata e rimane una grande tragedia nazionale, perché è rimasto un vuoto
incolmabile di idee, programmi e uomini e |
. soprattutto
la ipoteca positiva ideologica, che legava eletto ed elettore, partiti e aderenti, è
stata archiviata.
Oggi la ipoteca ideologica di gran parte dei partiti è di non avere ideologia e di non
avere più ideali e valori e chi li attua. Meno male che ci sono i corsi e ricorsi storici
(di Giambattista Vico) e che la speranza è più forte, a volte, anche più dell'amore e
di altri sentimenti meno lodevoli. Ed è appunto la speranza che ha indotto gli elettori a
dare largo consenso al PD di Renzi. I Cinque Stelle tornano ad essere cinque stelline ed
è stata punita l'arroganza spocchiosa di Grillo, che riempie le piazze perché lo
spettacolo, quello satirico e ludico, piace agli italiani, ma piacciono molto meno le sue
minacce turbinanti. Ma anche il Centro Destra ha bisogno di una pausa, possibilmente non
lunga, di riflessione soprattutto il Nuovo Centro Destra, recepito dagli elettori come
formazione nata vecchia e a torto o a ragione forza "utilizzatrice di ultima
istanza" del potere, per allargare il proprio |
. consenso
e non del consenso per amministrare il potere.
Gli Europei ed i loro governanti sono responsabili del loro destino, se in Europa non ci
sarà un nuovo Rinascimento, sulla Europa non nascerà una nuova alba, ma un laconico
tramonto. Alcuni successi dei partiti e movimenti di ispirazione radicale, antieuropei,
antieuro, di estrema destra o sinistra in qualche nazione, sono un segnale forte non solo
di disagio sociale, ma sono la piattaforma solida di una forte convinzione ideologica e
cioè la certezza che il sistema Europa risente degli acciacchi della vecchiaia. Al PPE ed
al PSE, ed alle formazioni partitiche di solide radici democratiche, ma di minore
rappresentanza, alle loro classi dirigenti, si presenta l'arduo compito di rivisitare le
norme e il programma per costruire un Europa "umana e metafisica" dove l'uomo
ritorni a essere al centro dell'interesse e delle iniziative legislative, economiche,
culturali e sociali, insomma un Europa nuova per un uomo nuovo. |
|
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Tra RENZI e GRILLO
chi sarà il vincitore ?
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Vinti e vincitori
Se RENZI e GRILLO fossero cavalieri del "tempo che
fu", si sfiderebbero con le spade sguainate, sino all'ultimo respiro. Renzi definisce
Grillo una specie di profeta delle sventure che tutto distrugge e nulla edifica, e cioè
uccide la speranza del futuro !
Grillo definisce Renzi l' "ebetino" e cioè un leader
che ha dei limiti caratteriali, e di comprensione e di apprendimento ?
A me pare che Renzi dia un giudizio politico su Grillo e
non approfondisce i dati caratteriali e fisici e intellettuali di Grillo: li ignora.
Grillo, invece, vuole colpire il suo interlocutore cercando di ferirlo mortalmente al
cuore, ritenendolo limitato |
ed inadatto al delicato compito al quale Renzi è chiamato:
Presidente del Consiglio. Dal punto di vista della
correttezza "istituzionale" dibattimentale, Renzi è obitettivamente più
corretto do Grillo. Parliamo naturalmente della forma ed anche della sostanza della nota
controversia. Grillo vuole catturare l'attenzione dell'interlocutore elettore con la
battiìutaccia , con lo scherno, con il paradosso, con l'insulto verso gli avversari
politici, volendo intenzionalmente risvegliare in loro i sentimenti più forti, compreso
l'odio, il disprezzo, il dispetti avverso coloro che, secondo il vangelo grillino hanno
rovinato e depauperato il |
nostro Paese, cioè quasi tutti gli altri attori politici.
Renzi, invece, vuole sorvegliare sentimenti buonisti e in primis la speranza, poi la fede,
la certezza che l'operato del suo governo è l'anticamera di un nuovo Rinascimento del
nostro Paese, anche se a volte "spes contra spem".
Oggi, questa è la trama del nuovo dramma o commedia, che viene
rappresentata nel palcoscenico del teatro della politica italiana. Ogni altro attore, se
pure credibile, viene oscurato dalla azione dei due protagonisti armati, sino ai denti.
Vedremo chi cadrà per primo. |
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.CRUI - CONFERENZA DEI RETTORI |
Paleari Stefano
Presidente CRUI
|
DICIOTTO PROPOSTE PER UNA NUOVA
UNIVERSITÀ.
(Per l'originale, clicca: CRUI )
Sommario degli
argomenti:
Autonomia. Competitività.
Finanziamento. Semplificazione. |
Nota. E' nostro dovere convergere per gli obiettivi dei Rettori, e
quindi girare in originale i documenti della CRUI.
Forse è anche nostro dovere segnalare alla CRUI che occorre superare il pietismo
verso il Miur, circa i finanzianenti statali, in quanto la modalità del finanziamento
determina la sostanza del potere decisionale, ma al tempo stesso non si pretendere
che il finanziatore pubblico paghi, senza seguire la destinazione del proprio denaro
Tuttavia, se è vero che, per Costituzione (art.33 ), " le università hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi",
l'autonomia non può essere solo organizzativa, ma deve potere svolgersi anche su altri
aspetti: in primisi, dotarsi di entrate proprie.
Il "darsi entrate proprie" non significa solo
un modo di rapportarsi con privati, ma anche con lo Stato. E siccome c'è già una legge
(la legge 240/2010) che adeguatamente interpretata, potrebbe aprire la via e che invece,
se non adeguatamente interpretata, è destinata al cestino.
Precisamente la seguente interpretazione, pur logica, rischia l'assurdità:
"lo Stato finanzia le università in base al costo standard per studente, come
calcolato dallo Stato". Il Miur è un vecchio scarpone, e se facesse questo calcolo
rovinerebbe del tutto le università.
Propongo la seguente interpretazione: "Ogni università calcola il
proprio costo standard per studente" (come farebbe qualunque scuola privata).
A quel punto, lo Stato (se vuole inviare studenti) paga la retta o quota
della retta, in base a trattativa tra CRUI e Miur. E' implicito che lo Stato sia tenuto ad
assumere le proprie responsabilità politiche verso i cittadini e quindi non arretri
rispetto al FFO attuale, soprattutto in una fase iniziale, come quella odierna, in
cui paga in termini reali la metà di quanto pagava nel 2001 (prima dell'Euro).
In questo schema, rimane scoperto il problema degli studenti bisognosi
e meritevoli (art. 34 Costituzione).
Questo è un problema dello Stato, non delle università. Ma va da che questo
aspetto non ne fa parte. In questo senso, il rapporto ipotizzato bilaterale, solo per
semplificazione, dovrà essere allargati agli studenti.
CRUI-
Conferenza dei Rettori, Verso una nuova Università
Autonomia. Competitività. Finanziamento. Semplificazione. Le 18 proposte
della CRUI
Premessa
Il Legislatore e i Ministeri competenti hanno introdotto negli ultimi anni molte
norme che, con lobiettivo di rendere operativa la legge di Riforma 240/2010 e
contestualmente di gestire la riduzione dei finanziamenti, hanno finito per ledere
pesantemente lautonomia costituzionalmente sancita delle Università da ogni punto
di vista: nel reclutamento, nellofferta formativa, nella gestione
dellattività di ricerca, nella capacità degli Atenei di rispondere alla sfida
delle competitività a livello internazionale. Ciò, indipendentemente dalle condizioni
specifiche di contesto e di bilancio delle singole Università.
Laccresciuta competizione nellHigher Education, in particolare a livello
internazionale, la maggiore mobilità degli studenti, la necessità di rendere
lEuropa sempre più unarea di libera circolazione per i giovani e per i
ricercatori confliggono con gli attuali assetti della nostra Università e le rendono
assai difficile competere, gravata comè da vincoli crescenti e risorse decrescenti.
Lanno che sta per iniziare si delinea per lItalia ancora come difficile sotto
il profilo economico e sociale. Il nostro Paese non può più trascurare le sue
Università, proprio nel momento di avvio del programma Horizon 2020 e alla vigilia del
rinnovo del Parlamento europeo che precede il semestre di Presidenza italiana.
I sistemi di conoscenza, di cui le Università rappresentano una parte importante, sono
essenziali per il rilancio economico, per la creazione di uno spazio europeo della ricerca
e per dare una prospettiva ai giovani. Nessun aggiustamento contabile e nessuna legge
elettorale possono supplire alla mancanza di una politica verso i giovani e verso i
sistemi educativi.
La Conferenza dei Rettori delle Università Italiane intende al riguardo svolgere un ruolo
propositivo, affinché tanto il Parlamento quanto i Ministeri competenti possano
considerare nuovi interventi capaci di ridare competitività al sistema in un quadro di
sostenibilità. Le proposte che seguono, molte a costo zero e le altre a
finanziamento vincolato, riguardano quattro aree che riteniamo strategiche a tal fine:
autonomia, competitività, finanziamento e semplificazione.
Alcune prime proposte concrete della Conferenza dei Rettori delle Università
italiane
Autonomia
1) Promuovere lautonomia responsabile, da intendersi come
maggiore flessibilità anche in relazione a condizioni di sostenibilità economico
finanziaria degli Atenei, sia assolute che relative, in relazione ai miglioramenti
effettuati. Nello specifico:
a. Nelle politiche di reclutamento: i vincoli alla composizione del
corpo docente devono limitarsi al rapporto tra professori e ricercatori, questo al fine di
garantire ai giovani un accesso al sistema;
b. Nelle modalità di spesa: i vincoli ai vari capitoli di spesa non
hanno ragion dessere per gli Atenei che devono competere a livello internazionale e
hanno come unico effetto quello di impedire ogni progettualità e di limitare
lattività di promozione delle Università.
2) Promuovere la circolazione dei docenti e dei ricercatori allinterno
dei diversi Atenei nazionali mediante mobilità temporanea degli stessi anche
finalizzata alla realizzazione di progetti congiunti in campo didattico; si chiede una
sorta di portabilità che renda le previsioni della legge 240/2010 (art. 6, c.
11, art. 7, c. 3 e c. 5) davvero capaci di incentivare la collaborazione fra Atenei, di
sopperire a carenze contestuali e ad esuberi in alcune aree disciplinari, di motivare i
docenti e i ricercatori
3) Possibilità di reclutare per un periodo limitato e con logiche flessibili
ricercatori e professori stranieri, per lo scambio temporaneo di docenti e
relativo inserimento nell'organico ai fini della sostenibilità dellofferta
formativa e dellaccreditamento (Ava)
Competitività
1) Ringiovanire il corpo docente e ricercatore, la cui età media è oggi
cresciuta a 51 anni (per i ricercatori 45 anni!) mediante un piano
quinquennale per i giovani ricercatori che preveda lingresso di 2.000 ricercatori
ogni anno, selezionati secondo le migliori pratiche internazionali. Si
propone quindi un Piano Giovani Talenti mirato a offrire un posto di
ricercatore a tempo determinato ai migliori dottori di ricerca stabiliti ogni
anno da apposito concorso nazionale. Tale piano può essere cofinanziato dalle Università
o da risorse esterne al momento delle relative chiamate e sempre su fondi certi.
2) Premiare i giovani laureati favorendo il loro inserimento professionale
prevedendo un credito di imposta da utilizzare allinizio della carriera
lavorativa e per un certo numero di anni al fine di ridurre il relativo cuneo fiscale.
3) Prevedere il riconoscimento del titolo di Dottore di ricerca
allinterno della pubblica amministrazione e promuovere la sua valorizzazione nelle
imprese.
4) Redigere uno schema tipo di double Appointment
finalizzato a regolare le possibilità di collaborazione per attività scientifica e
didattica con Atenei stranieri e che comportano il coinvolgimento di personale docente e
ricercatore delle Università italiane.
5) Incentivare i giovani studiosi che svolgono attività di ricerca nel
nostro Paese, dotati di PhD e che vengono assunti da Università, Centri di
Ricerca, Imprese, mediante lapprovazione di una legge simile a quella olandese in
materia di High skills workers (The Dutch 30% Ruling for Expats) che riduce
per un periodo di tempo il relativo cuneo fiscale.
Finanziamento
1) Rendere effettivo il diritto allo studio per tutti gli
studenti meritevoli e privi di mezzi. Il Paese corre il rischio di una desertificazione
dei processi di formazione quando, invece, il suo rilancio si fonda proprio su di essi
2) Interrompere la caduta del fondo di finanziamento ordinario (FFO),
riportarlo nel triennio 2015-2017 di nuovo sui valori del 2009 e renderlo noto entro il
primo trimestre di ogni anno.
3) Fare in modo che la parte premiale del fondo di finanziamento ordinario
sia incrementale, di premio effettivo per gli Atenei meritevoli. Non è
accettabile che chi va bene subisce meno tagli.
4) Pervenire a logiche stabili di finanziamento mediante
ladozione di un nuovo modello
5) Far ripartire ledilizia universitaria, azzerata dal 2001,
insieme a un forte snellimento delle procedure per la realizzazione, la riqualificazione e
la messa in sicurezza degli edifici prevedendo un piano straordinario per i prossimi 5
anni
6) Attivare canali di finanziamento che si nutrano della detraibilità delle
rette universitarie in un quadro che tenga conto delle diverse condizioni di
contesto territoriali
Semplificazione normativa e gestionale
1) Elaborare Linee Guida condivise e omogenee per l'applicazione della
contabilità economico patrimoniale al fine di rendere chiari e confrontabili i
bilanci degli Atenei fino a una loro certificazione
2) Semplificare drasticamente gli adempimenti relativi alle
procedure concorsuali e alle prossime, nuove tornate di abilitazione scientifica nazionale
3) Semplificare le procedure relative all'approvvigionamento di beni e
servizi specialistici per attività di ricerca (ad esempio, anche rilassando il
ricorso al controllo preventivo della Corte dei Conti) e al ricorso di contratti di
collaborazione per i progetti di ricerca, anche con l'inclusione di altre tipologie (ad
esempio, contratti di somministrazione lavoro) e la soluzione di alcune problematiche (ad
esempio, assistenza sanitaria per assegnisti di ricerca e assimilati), mutuando in ciò le
esperienze positive di altri Paesi
4) Condividere un quadro regolatorio nuovo e chiaro per gli Atenei con corsi
di Medicina sgravando le Università di oneri impropri. |
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Ateneo di Bologna: Linee Guida per la didattica e le relative
retribuzioni |
|
SENATO Accademico TORNA SULLE LINEE GUIDA PER LA
PROGRAMMAZIONE DIDATTICA E LE RETRIBUZIONE DEI DOCENTI
Nello specifico
interviene sui potenziali conflitti di interesse
tra l'Ateneo e le imprese create da docenti al suo interno (SPIN OFF)
. |
LINEE DINDIRIZZO PER LA PROGRAMMAZIONE DIDATTICA DELLANNO ACCADEMICO 2014/2015
SOMMARIO
|
1. COMPITO DIDATTICO
a) Definizione dei compiti didattici dei docenti
b) Definizione dei compiti didattici dei ricercatori
c) Compiti didattici degli assegnisti di ricerca
d) Compiti didattici del personale tecnico-amministrativo
e) definizione di "attività didattica frontale", "attività equivalente
alla didattica frontale" e "attività
didattica integrativa"
f) Modalità di assolvimento dei compiti didattici frontali dei docenti di ruolo
g) Il ruolo dei Direttori di dipartimento e dei Presidenti e Vicepresidenti della scuola
2. IL PROCESSO DELLA PROGRAMMAZIONE DIDATTICA
Attori coinvolti e rispettive competenze
Fasi della programmazione
Prima fase
Seconda fase
Terza fase. |
3. RETRIBUZIONE DEGLI AFFIDAMENTI DIDATTICI
- "professori a tempo pieno
- "professori a tempo definito
- "ricercatori a tempo determinato
- "ricercatori a tempo indeterminato
4. CONTRATTI PER LA DIDATTICA
Tabella dei compensi
Tipo di attività Valore minimo (/ora), Valore massimo (/ora)
Valore massimo (/ora) residenti allestero
Professori cessati dal servizio per raggiunti limiti detà.
5. INTEGRAZIONE SPIN OFF
1. Disciplina del conflitto dinteresse tra le Strutture di Ateneo e le società
spin off
2. Incompatibilità e conflitto dinteressi per il personale dellAteneo che
partecipa
alle società spin off
3. Albo informatico delle società spin off, e disciplina transitoria |
Nota. Nel settembre 2012 furono approvate dagli Organi
Accademici le "Linee guida strategiche e policy operativa in tema di promozione della
nuova imprenditorialità e Spin-off", che, anche alla luce delle nuove normative (in
particolare Legge 240/2010, cd. Gelmini), definiscono i concetti di Spin-off partecipate e
di Spin-off accreditate dAteneo, individuano i requisiti necessari affinché imprese
possano essere considerate società "Spin-off accreditate dellAteneo" e
delineano le policy operative per la costituzione e laccreditamento di imprese
Spin-off.
Le società Spin-off sono imprese, che nascono su iniziativa di personale di
ricerca dellAteneo (strutturato e non) e basano il proprio business su beni e
servizi innovativi ideati e sviluppati, valorizzando i risultati delle attività di
ricerca svolte in Ateneo.
Le società Spin-off ( a parte la moralità pubblica di attività privata in
luogo pubblico, con utilizzo di strumentazioni pubbliche, sia pur transitoriamente nel
tempo - N.d.R.) sono proposte all'Ateneo come promettenti un potenziale valore
aggiunto per lAteneo (con quali garanzie, non si sa - N.d.R.) in termini di
valorizzazione delle conoscenze dellAteneo, di sbocco professionale per laureati e
personale dAteneo, di convergenza e com |
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Ateneo di Bologna: Linee Guida per la didattica e le relative
retribuzioni |
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SENATO Accademico TORNA SULLE LINEE GUIDA PER LA
PROGRAMMAZIONE DIDATTICA E LE RETRIBUZIONE DEI DOCENTI
Nello specifico
interviene sui potenziali conflitti di interesse
tra l'Ateneo e le imprese create da docenti al suo interno (SPIN OFF)
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LINEE DINDIRIZZO PER LA PROGRAMMAZIONE DIDATTICA DELLANNO ACCADEMICO 2014/2015
SOMMARIO
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1. COMPITO DIDATTICO
a) Definizione dei compiti didattici dei docenti
b) Definizione dei compiti didattici dei ricercatori
c) Compiti didattici degli assegnisti di ricerca
d) Compiti didattici del personale tecnico-amministrativo
e) definizione di "attività didattica frontale", "attività equivalente
alla didattica frontale" e "attività
didattica integrativa"
f) Modalità di assolvimento dei compiti didattici frontali dei docenti di ruolo
g) Il ruolo dei Direttori di dipartimento e dei Presidenti e Vicepresidenti della scuola
2. IL PROCESSO DELLA PROGRAMMAZIONE DIDATTICA
Attori coinvolti e rispettive competenze
Fasi della programmazione
Prima fase
Seconda fase
Terza fase. |
3. RETRIBUZIONE DEGLI AFFIDAMENTI DIDATTICI
- "professori a tempo pieno
- "professori a tempo definito
- "ricercatori a tempo determinato
- "ricercatori a tempo indeterminato
4. CONTRATTI PER LA DIDATTICA
Tabella dei compensi
Tipo di attività Valore minimo (/ora), Valore massimo (/ora)
Valore massimo (/ora) residenti allestero
Professori cessati dal servizio per raggiunti limiti detà.
5. INTEGRAZIONE SPIN OFF
1. Disciplina del conflitto dinteresse tra le Strutture di Ateneo e le società
spin off
2. Incompatibilità e conflitto dinteressi per il personale dellAteneo che
partecipa
alle società spin off
3. Albo informatico delle società spin off, e disciplina transitoria |
Nota. Nel settembre 2012 furono approvate dagli Organi
Accademici le "Linee guida strategiche e policy operativa in tema di promozione della
nuova imprenditorialità e Spin-off", che, anche alla luce delle nuove normative (in
particolare Legge 240/2010, cd. Gelmini), definiscono i concetti di Spin-off partecipate e
di Spin-off accreditate dAteneo, individuano i requisiti necessari affinché imprese
possano essere considerate società "Spin-off accreditate dellAteneo" e
delineano le policy operative per la costituzione e laccreditamento di imprese
Spin-off.
Le società Spin-off sono imprese, che nascono su iniziativa di personale di
ricerca dellAteneo (strutturato e non) e basano il proprio business su beni e
servizi innovativi ideati e sviluppati, valorizzando i risultati delle attività di
ricerca svolte in Ateneo.
Le società Spin-off ( a parte la moralità pubblica di attività privata in
luogo pubblico, con utilizzo di strumentazioni pubbliche, sia pur transitoriamente nel
tempo - N.d.R.) sono proposte all'Ateneo come promettenti un potenziale valore
aggiunto per lAteneo (con quali garanzie, non si sa - N.d.R.) in termini di
valorizzazione delle conoscenze dellAteneo, di sbocco professionale per laureati e
personale dAteneo, di convergenza e complementarietà rispetto alle attività di
didattica e ricerca, di contributo concreto allo sviluppo economico territoriale.
A marzo 2013 è stato approvato il nuovo regolamento sugli incarichi
extra-istituzionali dAteneo, che prevede tra laltro, in applicazione a quanto
previsto nella Legge 240/2010 (cd. Gelmini), alcune regolamentazioni relative
allassunzione di cariche direttive e gestionali in società Spin-off accreditate.
Da tempo sono stati segnalati potenziali situazioni di conflitti di interesse
nei rapporti tra Università e Spin-off accreditate dAteneo. Per questo, nel
confermare le linee guida, l'Ateneo ha ritenuto opportuno integrare il regolamento in
materia di Spin off .
Su questa base i riferimenti ufficiali venogono ad essere i seguenti due
testi, che è possibile vedere cliccandovi sopra, rispettivamente:
- LINEE
DINDIRIZZO PER LA PROGRAMMAZIONE DIDATTICA DELLANNO ACCADEMICO 2014/2015,
settembre 2012;
- INTEGRAZIONE
DELLE LINEE GUIDA per SPIN-OFF DELL'ATENEO DI BOLOGNA, 17 settembre 2013.
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°°
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Ateneo di Bologna: Pubblicità dei verbali del Consiglio di
Amministrazione
e del Senato Accademico, e degli altri Organi collegiali |
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Regolamento in materia di pubblicita' delle deliberazioni
degli organi accademici - ai sensi dell'articolo 3 comma 2 lettera b)
dello statuto di ateneo. D. R. n. 1035/2012 del 5.9.2012
Per il testo integrale clicca su: Regolamento
Luciani: Lettera al
Presidente Letta, per indignazione ...
. |
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p.c.
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-AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
- AL MINISTRO DELLA UNIVERSITA'
- ALLA STAMPA |
Oggetto: sulle deviazioni dell'Ateneo di Bologna dalla
corretta e trasparente comunicazione pubblica della propria attività istituzionale, più
rilevante
Caro Presidente,
leggo dal suo discorso programmatico alla Camera dei Deputati del 29 aprile 2013 il
seguente passo: "autorevolezza del potere che non ha più come in
passato il monopolio delle informazioni, ma deve avere il profilo e le competenze per
discernere il vero dal falso nel flusso enorme di informazioni presenti nella rete;
l'autorevolezza di chi non si accontenta della verosimiglianza e del sentito dire, ma
sceglie sempre e solo la verità ed ha il coraggio e la pazienza di raccontarla ai
cittadini, anche se dolorosa o brutale".
Ebbene, come conseguenza della legge Gelmini (n. 240/2010), lo Statuto
dell'Ateneo è stato adeguato, e anche il Regolamento sulla pubblicità della attività
degli Organi. La legge prevede la partecipazione di tre "membri esterni" nel
CdA. Si direbbe che, conseguenzialmente, la legge riconosca al grande pubblico il
diritto-dovere di seguire le grandi scelte degli Atenei.
In alcuni di essi (vedi Torino) è previsto addirittura la possibilità di
ascoltare in diretta il dibattito degli Organi.
A Bologna, era tradizione che i verbali fossero depositati (cartacei) presso
le 4 maggiori biblioteche, e chiunque li potesse vedere..
Ma da settembre 2012 non è più così. In base all'art.5 del Regolamento, i
verbali sono accessibili solo a chi ha una particolare password.
Sono indignato che l'Ateneo di Bologna si ritrovi molto simile
all'Unione Sovietica, sotto questo aspetto.
Mi attendo una sua chiarificazione.
Mi attendo anche il punto di vista dei mezzi di informazione, a cui questa
lettera viene pure inviata
Cordialmente. NINO LUCIANI |
Stralcio dal Regolamento:Articolo 1 (Finalità e principi)
1. Il presente regolamento, ai sensi dellArt 3 comma 2 lettera b) dello Statuto di
Ateneo, disciplina le modalità mediante le quali lAteneo garantisce adeguata
pubblicità delle deliberazioni assunte dagli Organi Accademici e degli atti che
compongono i relativi riferimenti.
........
Articolo 2 (Ambito di applicazione)
1. Sono pubblicati gli atti adottati dal Senato Accademico e dal Consiglio di
Amministrazione, dalla Consulta del Personale Tecnico Amministrativo, dalla Consulta dei
Sostenitori, dal Consiglio degli Studenti e dal Consiglio di coordinamento dei Campus.
......
Articolo 3 (Oggetto della pubblicazione)
1. Sono consultabili in un formato atto a garantire la piena accessibilità alle
informazioni, suddivisi per singoli Organi e raccolti in ordine cronologico, in base alla
data della seduta:
........
Articolo 5 (Modalità della pubblicazione)
1. La pubblicazione avviene mediante le tecnologie più idonee, utilizzando la rete
Intranet di Ateneo.
Laccesso è consentito a tutti i titolari di credenziali istituzionali abilitati
allaccesso alla medesima rete.
......
Articolo 5 (Modalità della pubblicazione)
1. La pubblicazione avviene mediante le tecnologie più idonee, utilizzando la rete
Intranet di Ateneo.
Laccesso è consentito a tutti i titolari di credenziali istituzionali abilitati
allaccesso alla medesima rete.
(Nota della Redazione: Non solo la visione è impedita al grande pubblico
esterno, ma anche alla generalità degli interni, in quanto solo alcuni hanno la password
dentro INTRANET) |
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Dopo la crisi dello scorso anno
VERSO UN NUOVO REGOLAMENTO
per lo "EMERITATO" |
Nota. L'istituto dell' emeritato
era entrato in crisi, lo scorso anno, in seguito al fatto che, a Giurisprudenza, erano
state bocciate candidature eccellenti.
Il fattore scatenante era stato il peso dei ricercatori,
nelle votazioni.
Il ricorso al TAR sosteneva che per l'emeritato alla I
Fascia, dovesse valere solo il voto dei professori di I Fascia.
Il Rettorato sta cercando di resuscitare il morto (si vegga
sotto).
NO COMMENT sulle proposte del Rettorato, considerato che, ai fini delle
abilitazioni scientifiche nazionali, è già in vigore la imprescindibilità dei requisiti
oggettivi, come presupposto per passare all'esame di merito (circa i contenuti
scientifici). Invece, per il nuovo Regolamento si rimane alla genericità ante-deluviana,
e anche il quorum è abbastanza vuoto (il riferimento e' ai "partecipanti" alla
riunione, non "ai membri di diritto"). Basta qualche minaccia a non andare in
Consiglio ... |
Seduta: 19.03.2013 -
Senato Accademico.
REGOLAMENTO PER LA PROPOSTA DI RICONOSCIMENTO DEL TITOLO DI PROFESSORE
EMERITO.
Fatto. L' Ateneo aveva disciplinato le
modalità con cui i Dipartimenti proponevano al Ministero dell'Istruzione, Università e
Ricerca il conferimento del titolo onorario di Professore Emerito attraverso le Linee
Guida, approvate dal Senato Accademico in data 28 Giugno 2011.
Esse avevano individuato i requisiti oggettivi e soggettivi necessari per
proporre la candidatura di un docente all' emeritato, ne stabilivano la
verifica da parte di un.apposita Commissione e fissavano le regole per la composizione e
la votazione della proposta da parte del Consiglio di Dipartimento; si stabiliva in
particolare che il Consiglio di Dipartimento, convocato nella composizione ristretta
limitata ai professori e ricercatori, dovesse approvare la proposta a maggioranza
dei due terzi degli aventi diritto con votazione a scrutinio segreto.
Ma, a decorrere dall'entrata in vigore delle citate Linee
Guida, si è determinata una situazione di impasse, in cui il Rettore non
ha potuto proporre il riconoscimento del titolo di Professore Emerito per nessun candidato
a causa del mancato raggiungimento del quorum costitutivo necessario per procedere alla
votazione oppure del mancato raggiungimento del quorum deliberativo in seno agli organi
collegiali competenti. Alcune Facoltà hanno autonomamente sospeso le procedure volte a
definire le candidature all'emeritato, ritenendo opportuno rinviare la delibera ai nuovi
Consigli di Dipartimento.
La accresciuta consistenza numerica di molti
Dipartimenti non ha, poi, permesso di superare le difficoltà emerse nei Consigli di
Facoltà e di raggiungere le soglie numeriche richieste dalle Linee Guida.
Inoltre, le Linee Guida sono state oggetto di un
contenzioso innanzi al TAR Emilia Romagna.
Ne è emersa la opportunità di procedere alla loro riforma al termine della
fase giudiziaria di primo grado ed alla luce dei contenuti della sentenza TAR.
Nel frattempo, per evitare pregiudizi ai candidati, il
Senato Accademico aveva approvato la sospensione del termine di decadenza delle
candidature, corrispondente a due anni a partire dalla cessazione dal servizio, per i
docenti cessati dal servizio a decorrere dal 13 Luglio 2009.
In queste condizioni, nella seduta del 19 marzo 2013, il Rettore
ha proposto la abrogazione delle citate Linee Guida e la introduzione di un nuovo
Regolamento.
Per quanto riguarda il numero delle firme a sostegno della
candidatura, la proposta è:
- che essa sia sostenuta dal 15% dei professori di I fascia appartenenti alla
medesima Area scientifico disciplinare di elezione del Senato Accademico;
- il numero della coorte è individuata al momento della presentazione della
proposta.
- E' necessario sostenere la candidatura attraverso la presentazione di tre
lettere sottoscritte da professori di prima fascia di altri Atenei italiani o stranieri.
In merito alle regole di funzionamento dell'organo deliberante,
il Consiglio di Dipartimento sarebbe validamente costituito, se in presenza della
maggioranza assoluta dei professori e ricercatori a tempo indeterminato e determinato,
dedotti gli assenti giustificati: ogni singola proposta è approvata con il voto palese
favorevole di almeno due terzi dei partecipanti.
- che sia istituito un Comitato di Garanzia, composto dal Rettore e da cinque
membri nominati, che rimangono in carica per tre anni.
Il Comitato dovrebbe valutare la proposta di candidatura approvata dal
Dipartimento e, dopo aver eventualmente acquisito pareri da esponenti della comunità
scientifica del candidato, l'approverebbe a maggioranza di due terzi dei componenti.
Una seconda modalità di proposta dell'emeritato potrebbe essere che
essa possa avvenire a iniziativa del Rettore. In presenza dei requisiti oggettivi e
soggettivi individuati nel regolamento, nonché di particolari meriti o servizi resi a
favore dell'Ateneo, il Rettore proporrebbe la candidatura al Comitato di Garanzia e,
qualora sia approvata con la maggioranza di due terzi dei componenti, la trasmetterebbe al
Senato Accademico.
Innfine il Senato, nella composizione limitata alla
rappresentanza dei docenti, deliberebbe l'.accoglimento della proposta a maggioranza
assoluta dei partecipanti.
In via transitoria, le proposte di candidatura già
avanzate e non accolte dai Consigli di Facoltà o di Dipartimento in base ai criteri
definiti nelle Linee Guida abrogate, dovrebbero potere essere ripresentate fino al 31
Ottobre 2013.
NULLA CI RISULTA CIRCA LA VOTAZIONE DEL SENATO SULLA PROPOSTA, PERCHE' I
VERBALI SONO SECRETATI. |
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Accademia Nazionale dei Lincei
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PREMIATO
PROF. MAURO FABRIZIO, DOCENTE DI FISICA MATEMATICA
DELL'UNIVERSITA' DI BOLOGNA
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** Un risultato scientifico
particolarmente importante, ottenuto in un recente lavoro del 2008, riguarda lo studio di
un modello matematico in grado di ben descrivere, utilizzando l'equazione di
Ginzburg-Landau, la transizione acqua-ghiaccio e soprattutto liquido-vapore. Infatti per
questo ultimo caso il modello è in grado di spiegare i risultati sperimentali del
diagramma liquido-vapore di Andrews e correggere così il comportamento anomalo presente
nel classico modello di van der Waals, che fino ad ora veniva "risolto" con un
procedimento euristico proposto da Maxwell.
. |
|
Nota. Per una visione delle pubblicazioni di M.
Fabrizio, clicca su: CV.pdf |
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|
Nino Luciani, SCRITTI SCELTI
di Economia e di Scienza delle finanze,
. |
Qui sotto, l'elenco degli
Scritti. Per una visione del volume, clicca su: http://amsacta.unibo.it/3417/ |
|
|
Edizione digitalizzata dellUniversità di Bologna:
Elenco degli SCRITTI SCELTI, Bologna, Università, 12 giugno 2012
(List of SELECTED WRITINGS, Bologna University, June 12, 2012)
1971, |
Intorno alle
proposizioni Fisheriane sul concetto di reddito. Il capitale e il reddito: luno,
alternativo allaltro e viceversa. (Around
Fisherian propositions on the concept of income. The capital and income: the one
alternative to the other and vice versa), Giuffrè, Milano 1971,
pp. 122 (textbook) . |
pag.
5 |
1973, |
"Pressione fiscale internazionale e sua interpretazione. Studio degli
effetti comparati del fattore fiscale di genesi interna ed estera, sulla crescita del PIL,
in termini di moltiplicatore di mercato aperto. ("International fiscal burden and its interpretation. A comparative study of the
effects of fiscal factor from domestic and foreign origin, on the growth of GDP, in terms
of multiplier open market), Rome, Ministero delle Finanze,
Tributi 1973, pp. 36. |
pag.
126 |
1975, |
"Effetti delle imposte sull'offerta individuale di lavoro . Rimozione dellimposta sul reddito." ("The
effects of taxes on individual work supply. Removal of income tax." , Rome, Ministero delle Finanze, Tributi 1975, pp. 21. |
pag. 161
|
1978, |
"Scelta dell'investimento in rapporto al rischio e imposte sul reddito e
sul patrimonio". ("Selection of
investments in relation to risk and taxes on income and on capital"), Rome, Rivista di Politica Economica 1978, pp. 57. |
pag. 181
|
1984, |
"Problemi
di efficienza della spesa pubblica locale. Il calcolo della dimensione ottimale dei
Comuni, in teoria pura". ("Problems
of efficiency of local public expenditure. Calculation of the
optimal space, in pure theory). Rome, Rivista della Guardia di
Finanza 1984, pp. 39. |
pag. 238 |
1985, |
"Condizioni
per la parità del gettito delle imposte diretta e indiretta e applicabilità del teorema
di Pantaloni-Barone alla politica finanziaria". ("Conditions for the equality of the revenue from direct and indirect taxes and
applicability of the "Pantaleoni-Barone Theorem" to the financial policy"). Rome, Tributi 1985, pp. 11. |
pag. 269 |
1987, |
"Efficacia
della manovra dei prezzi pubblici nel controllo dell'inflazione da costi". Studio
sulla base di un modello di equilibrio generale ". ("Effectiveness of the
adjustment of public prices in controlling inflation from costs. A study based on a
general equilibrium model"). Rome, Rivista di Politica Economica 1987, pp. 42. |
pag. 288 |
1990, |
"Ritiro
e innovazione degli impianti industriali: calcolo di convenienza, anche considerando
l'imposta sui profitti. Nuovo metodo per limpostazione del calcolo di
convenienza". ("Retirement and innovation of industrial plants: evaluation of
convenience, considering the tax on profits, too. New method for setting
the calculation of convenience), Rome, Rivista di Impiantistica
Italiana, 1990, pp. 8. |
pag. 330 |
1992, |
"Economia
delle scelte pubbliche di beni e servizi. Teoria pura fondata sullindividualismo
metodologico". (Economics of public
choices of goods and services. Pure theory founded on individualism methodological) , Franco Angeli, Milano 1992, pp. 142 (textbook). |
pag. 346 |
1992, |
"Il
"rate of return" nella valutazione e scelta degli investimenti". Metodologia per il corretto calcolo e uso del TIR ". ("The"
rate of return" in the valuation and choice of investments. Methodology for the
proper calculation and use of the TIR), Rome, revew
"Economia, società istituzioni", LUISS, Rome, 1992, pp. 21. Anche pubblicato in revew "Impiantistica italiana", Editoriale PEG
S.p.A, Milano, 1992, pp. 21. |
pag. 469 |
1993, |
"I
problemi della transizione dell'Italia dallo Stato al mercato", Comunicazione al
Forum di Saint Vincent, ". ("The
problems of the transition of Italy from the "State" to the "Market". Communication to Forum of Saint Vincent "), "1993, Dove va l'economia
italiana", di Jader Iacobelli, ed. Saggi Tascabili Laterza. |
pag. 492 |
1997, |
"Federalismo
fiscale concorrenziale per l'Italia: Regioni o Comuni? Come accordare il potere fiscale di
molteplici enti territoriali con la "unica" tasca del contribuente ". ("Competition in fiscal federalism in Italy: Regions
or Municipalities ? How to tune the taxing power of multiple local authorities with
the"unique "pocket of the taxpayer), in revew TRIBUTI,
n. 7, 1997, Ministero delle Finanze, pp. 13. Discussed at the SIEP
meeting of 1997. Anche pubblicato in review "La Finanza Locale", maggio 1997,
Maggioli Editore, Rimini. |
pag. 499 |
1998, |
"Comunicazione
interattiva, scelte pubbliche, stampa elitaria e democrazia diretta". ("Interactive communication, public choice, print elitist and direct
democracy), Scientific Communication at Session 5.B: "Constitutional Rules of Direct
Democracy" of the international meeting "Constitutional Issues in Modern
Democracies", University of Messina, Sept. 25-27, 1997. Published in revew
"Economia, Società Istituzioni", LUISS, Rome 1998, pp. 42. |
pag. 535 |
2002, |
"Nuovo
meccanismo per l'efficienza della Pubblica Amministrazione. Dato un budget, il Dirigente
è remunerato in base al saldo di bilancio, associatamene al controllo esterno sulla
effettività dei servizi pubblici". ("New
mechanism to promote the efficiency of Public Administration. Given a budget, the manager
is remunerated at the balance, in combination with external control on the effectiveness
of public services). Communication at the
Meeting "Politica Fiscale, flessibilità dei mercati e crescita, SIEP, Pavia 2000.
Pubblicato in revew "Economia, Società Istituzioni", LUISS, Rome 2002, pp. 27. |
pag. 577 |
2002, |
"Nuovo
metodo di misurazione del progresso tecnologico, e applicazioni per l'Italia. Anche
applicazione allI.V.A. per incentivare il progresso "utilizzatore di
lavoro". "Approfondimenti ai settori produttivi, di
Manuel Boarini. ("A new method of measurement technological
progress, and applications for Italy. Too application VAT to stimulate progress "user
job". "Further to the productive sectors, by M. Boarini),
rev. "Economia, società istituzioni", ed. LUISS, Roma
2002, pp. 28 e rev. "Economia, Società e Istituzioni, ed. LUISS, Roma 2005. |
pag. 600 |
2003, |
Ernesto
d'Albergo, la Scienza delle Finanze e il problema di una "regola sicura" di
decisione collettiva, a supporto del "Secondo teorema dell'economia del
benessere". (Ernesto d'Albergo, the
Science of Finance and the problem of a "safe rule" decision for the
collectivity, to support the "Second Welfare Theorem".),
rev. "Economia, società istituzioni", ed. LUISS, Roma
2003, pp. 22. |
pag. 668 |
2005 |
ECONOMIA
GENERALE, Libro. Argomenti: Economia di mercato e dellimpresa, Economia pubblica e
Politica economica, Economia internazionale, Metodologia per la valutazione e scelta degli
investimenti, tenuto conto dellimposta sul reddito (Texbook, GENERAL ECONOMY. Topics: Market economy and enterprise, Public Economics and Economic Policy,
International Economics, Evaluation and selection of investments taking into account
income tax), Franco Angeli, Milano 2005. pp. 520.
Nota. Disponibile solo in Biblioteche, oppure in Libreria
perchè coperto dai diritti dellEditore. |
2009, |
"Il
"2° criterio paretiano", d'Albergo e la scienza delle finanze" (The
"2d pareto's criterion", d'Albergo and the Science of public finance), 2009,
Saggio annesso al Libro di Ernesto d'Albergo, Economia della finanza pubblica, 2009.
Edizione digitalizzata a cura di Nino Luciani.
Nota. Disponibile in: http://amsacta.cib.unibo.it/archive/00002571/, Documento
PDF , pp. 408-446. |
2012 |
"Da Attilio da Empoli ad Ernesto dAlbergo. La teoria degli
"sgravi fiscali" nelle visioni di "equilibrio generale" e di
"macroeconomia"??. "Anche
un nuovo caso di moltiplicatore del reddito, pari alla "unità" (come nel
"teorema di Haavelmo") in ipotesi di sgravio da imposta indiretta, bilanciato da
aggravio di imposta diretta, senza variare la spesa pubblica". (From Attilio da Empoli to Ernesto d'Albergo. The theory of "tax
reductions" in the visions of "general equilibrium" and
"macroeconomics". "And a new case of income multiplier, equal to the
"units" (as in "Haavelmo theorem") in the event of remission of
indirect taxes, balanced by a direct tax burden, without changing the public
expenditure", in: ATTILIO DA EMPOLI (1904-1948), Uno studioso partecipe del suo
tempo, a cura di M. Di Matteo e E. Longobardi, Convegno di Bari 2004, Franco Angeli,
Milano 2012, p. 179. |
Pag. 689 |
|
A
Bologna, in piazza Maggiore, sotto la statua di Gregorio XIV, il grande papa dello
"Studio Petroniano" |
.
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Bologna, Rettore presenta la nuova "squadra dei ProRettori"
al nuovo Consiglio di Amministrazione
( peraltro già insediato, senza che il verbale
di nomina sia approvato dal Senato )
Soluzioni interlocutorie per le Deleghe ai Dirigenti
e responsabilizzazione "precaria" dei ProRettori.
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COMMENTO di NINO LUCIANI |
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- Emilio Ferrari (prorettore Vicario),
- Guido Sarchielli (prorettore per le sedi della Romagna),
- Gianluca Fiorentini (prorettore alla didattica),
- Dario Braga (prorettore alla ricerca),
- Roberto Nicoletti (prorettore agli studenti),
- Carla Salvaterra (prorettore alle relazioni internazionali),
- Patrizia Tullini (prorettore al personale),
- Sandro Sandri (prorettore al bilancio). |
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La delibera del CdA sulle Deleghe ai Dirigenti Amministrativi
(29 maggio 2012)
Nel corso della riunione, è stato
riferito che la realizzazione del nuovo assetto degli Organi di governo dell'Ateneo
e delle relazioni con l'amministrazione, previsto dal nuovo Statuto, determina la
necessità di un ripensamento complessivo anche delle deleghe.
C'è, poi, la circostanza che per alcune deleghe è cambiato anche l'organo
delegante (il Direttore Generale, in luogo degli Organi Accademici).
Il nuovo Statuto dispone, sul piano generale, che le deleghe sono
conferite con delibera approvata a maggioranza assoluta dei componenti, nel caso di organi
collegiali, per oggetti definiti o materie determinate, anche corrispondenti a settori
organici. Inoltre, le deleghe sono conferite per un periodo di tempo determinato comunque
non eccedente la durata in carica dell'organo delegante.
In vista del riassetto, è emersa, al tempo stesso, l'esigenza
di assumere decisioni transitorie per la attribuzione di deleghe ai Dirigenti
dell'amministrazione generale' per assicurare la continuità operativa nelle attività
dell'Amministrazione.
In conclusione il CdA ha deciso la riconferma di una parte delle
deleghe già esistenti, per quanto compatibili e per un arco temporale limitato dalla
ridefinizione complessiva degli ambiti di delega, o di specifiche linee di indirizzo da
parte degli Organi Accademici e del Direttore Generale e comunque non oltre il 31
luglio 2012. |
Nino Luciani, Modo precario
della nuova SQUADRA
e proposta per la "retta via" (Deleghe ai ProRettori)
Da anni è stata notata una qualche
prevaricazione (peraltro legittima) della Amministrazione, sui professori, sia pur
(quest'ultimi) nella loro veste di membri di Organi Accademici collegiali o monocratici.
Questo ha danneggiato l'efficienza dell'Ateneo, in quanto i burocrati,
pur preziosi per la conoscenza delle leggi e dei meccanismi burocratici, sanno poco del
funzionaento della "vera università" (quella che fa gli insegnamenti, gli
esami, la ricerca).
Una soluzione, su cui pareva ci fosse ampio consenso nella base
accademica (emerso nei dibattiti elettorali del rettore), era che la Amministrazione fosse
suddivisa in un determinato numero di settori, sul modello del Governo nazionale o degli
enti locali (dove per ogni settore c'è un apposito ministero o assessorato, ad es.
dell'Agricoltura, del Turismo, ecc.), a capo dei quali fosse messo un ProRettore.
Dalla presentazione della SQUADRA, fatta dal rettore,
"sembrerebbe" che sia così (ad es., Fiorentini ha il compito della didattica,
Salvaterra ha il compito delle relazioni internazionali ....).
Ma non è così . Sono compiti attribuiti alla persona, dal rettore, e sui
quali i ProRettori riferiscono al rettore, come suoi fiduciari, il quale decide, infine.
Non è questa la "retta via". Il rettore dovrebbe riservarsi le
funzioni di indirizzo e controllo; e ai Pro-Rettori dare "delega" con potere di
firma e di rapporto diretto con un proprio settore di competenza.
In questo modo il rettore viene sgravato dagli infiniti gravami
amministrativi di un Ateneo così grande come il nostro (e che lo riducono, di fatto, a
mero firmaiolo, senza potere controllare niente nei fatti, con rischi penali ... ecc.).
Al tempo stesso i Pro Rettori sono responsabilizzati, ed hanno una propria
dignità, e l'Amministrazione ne riceve sicuramente un vantaggio in termini di luce.
Questo adempimento è divenuto fondamentale, in seguito alla legge Gelmini,
in quanto i Presidi sono stati espulsi dal Senato. Essi erano tradizionalmente gli
interlocutori dell'Amministrazione, ed è polvere il peso che i direttori di dipartimento
hanno oggi nel Senato (al posto dei Presidi). N. LUCIANI |
|
|
.
|
BOLOGNA, UNIVERSITA' NOMINA CONSIGLIO DI
AMMINISTRAZIONE
RIFORMATO EX-LEGE GELMINI
Il rettore "vince ma
non convince"
( meglio dire: al più, sarà portavoce dei
Dirigenti Amministrativi ).
Nominato il candidato della Consulta del Personale tecnico e amministrativo.
. |
Fiducia
che Becket, fatto arcivescovo di Canterbury perchè "amico del re", si conservi
"servo di Dio" |
|
Membri, totale 11 (durata 3 anni, salvo 2
per gli studenti, rinnovabile una volta): |
|
- Rettore: Ivano
Dionigi, Prof. Ordinario di Letteratura Latina; Dipartimento di Filologia
Classica e Italianistica;
- Rappresentanti degli studenti, 2: Davide Pianori, Josephine
Lattari;
- Membri interni 5: Andrea Battistini (Professore Ord.
di Letteratura italiana, già Direttore del Dipartimento di Italianistica,
dell'Osservatorio della Ricerca
e del Collegio Superiore), Corrado Benassi
(Professore Ord. di Economia politica e Preside della Facoltà di Economia sede di
Rimini),
Giovanni Corazza (Professore Ord. di
Telecomunicazioni e Direttore del Dipartimento di Elettronica, Informatica e
Sistemistica), Loris Giorgini
(Ricercatore Prof. in Chimica industriale, già membro del
precedente Consiglio di Amministrazione), Marina Timoteo (Professore Ord.
di Diritto privato
comparato, vice Preside della Facoltà di Giurisprudenza e
Co-direttrice dell'Istituto Confucio).
- Membri esterni, 3: Isabella Seragnoli (Presidente di
Coesia SpA), Pier Giuseppe Dolcini (avvocato, Presidente della Fondazione
Cassa di Risparmio
di Forlì), Massimo Mantovani (Avvocato,
Direttore Affari legali dell'Eni SpA e Membro del Consiglio di Amministrazione di Snam
Rete Gas SpA).NOTA: Vedi sotto, per il Senato Accademico |
|
|
INTERSINDACALE UNIVERSITARIA DI BOLOGNA
CISL Universita CNU Comitato Naz.le Universitario
CoNPAss Coordinamento Naz.le Proff. Associati BO "Docenti
Preoccupati" FLC CGIL Universita di Bologna SUN Universitas News
UIL Ricerca Universita AFAM
Sede, via Giacomo 20, Universita di Bologna - Tel. 347 9470152
COMUNICATO del 12
maggio 2012
Il processo di designazione
dei nuovi Consiglieri di Amministrazione,
ovvero come il Rettore Dionigi sta regolando i conti con l'Intersindacale
L' 8 maggio scorso il Comitato di selezione nominato dal Senato
Accademico, al fine di vagliare le candidature alla carica di consigliere
d'amministrazione, ha concluso i suoi lavori; e ai Senatori e' stata consegnata la rosa
dei candidati che hanno superato il vaglio del Comitato stesso: - 28 i candidati interni e
15 i selezionati; - -ben 31 candidati esterni e 9 i selezionati. In entrambi i casi i
candidati erano esattamente il triplo degli eleggibili. Mercoledì 16, a tappe forzate, il
Senato si riunira' per votare.
Una prima considerazione riguarda la bassissima trasparenza di
tutta la procedura: l'elenco dei candidati non e' pubblico, come del resto non e' pubblico
l'elenco di chi ha superato la selezione. Nel sito intranet di Ateneo non vi e' alcuna
traccia di queste operazioni; vaghissimi i criteri che risulterebbero adottati, piu'
adatti forse ad una giustificazione ex post delle scelte fatte, che a render conto
pubblicamente di come si scelgono i futuri amministratori di una prestigiosissima
Istituzione pubblica.
Una seconda considerazione rileva che, caso vuole, nessun
candidato, che abbia espresso pubblicamente posizioni critiche verso lo Statuto approvato
dagli organi accademici nel luglio del 2011, ha superato la selezione. Tutti inadeguati
alla carica ?
Anche per il Senato non era andata molto meglio: che i senatori
siano stati eletti non assicura infatti di per se' il funzionamento di una democrazia
rappresentativa, tanto piu' che la loro elezione e' avvenuta in un contesto che ha visto
diffusamente coincidere ill numero dei seggi esprimibili per area con il numero dei
candidati stessi.
Tutta l'operazione di rinnovo degli organi accademici sembra dunque
concludersi all'insegna del "compattare i ranghi" e dell'affinita' stretta tra
gli eletti negli organi ed il Rettore, assieme al gruppo dirigente a lui vicino.
Questo non ci stupisce, visto lo scontro aperto all'epoca del
referendum sullo statuto, e vista la sordita' a recepire il bisogno di democrazia che
questo rappresentava. Un governo dei "tecnici e dei migliori" anche per
l'Universita' di Bologna? Ce lo auguriamo vivamente, malgrado tutto.
E, responsabilmente, continueremo a giudicare dalle scelte che sapra'
fare." |
Il commento sul Consiglio
Gianni Porzi, Riflessione sulla costituzione
del nuovo Consiglio di Amministrazione
Ritengo che tale vicenda, tuttaltro che esaltante
perché non fa onore alle tradizioni democratiche dellAteneo e della città di
Bologna, meriti una riflessione. Il prof. Capano, in un corsivo del
tutto condivisibile, apparso sul Corriere di Bologna del 17 maggio u.s., afferma :
Ancor più dellesito, fa riflettere il modo in cui si è arrivati alle
nomine (io aggiungerei che anche lesito |
Gianni Porzi
|
lascia qualche perplessità); poi continua Spiace
che il nuovo Senato di UniBo abbia abdicato alla responsabilità di essere lautonomo
rappresentante di tutto lAteneo, accettando un ruolo subalterno e finendo così per
ratificare (e non scegliere) la cinquina del Rettore quasi allunanimità. Più
che dispiacere direi che la cosa è deprimente/sconcertante perché non fa onore
allAlma Mater; tuttavia, chi come me ha fatto parte di entrambi gli Organi
Accademici (per ben 9 anni), non si meraviglia affatto : è infatti normale che gli OO.AA.
ratifichino con maggioranze larghe (a volte quasi bulgare) ciò che è stato deciso
altrove. Comunque, certe situazioni, quale quella che si è
verificata in questi giorni, non piovono allimprovviso dal cielo, ma sono la
conseguenza a cascata di fatti accaduti in precedenza. Andiamo quindi per ordine e
partiamo dal 2009, anno in cui venne eletto lattuale Rettore.
A mio avviso, ma non solo mio, lAteneo non fece la
scelta pensando alla politica universitaria, ma piuttosto ad un altro tipo di
politica, cioè la politica partitica ed oggi le conseguenze di questa opzione
tipicamente ideologica sono evidenti. Alla fine del 2010 arriva
poi la Legge Gelmini che, tra le varie novità, non tutte condivisibili, impone che i
Consigli di Amministrazione degli Atenei siano costituiti da personalità italiane o
straniere in possesso di comprovata competenza in campo gestionale ovvero di
unesperienza professionale di alto livello con una necessaria attenzione alla
qualificazione scientifica culturale, requisiti che non vengono invece richiesti ai
Rettori che presiedono il CdA (probabilmente lallora Ministro Gelmini non voleva
inimicarsi la CRUI !). A fine luglio 2011, il S.A. varò il
nuovo Statuto, dopo il parere favorevole del CdA, con 6 voti contrari (il sottoscritto, il
Dr. Bigi, la Dott.ssa Maltoni, il Dr. Pontieri, la Signora Zago e il Sig. Lopriore) e
18 favorevoli. E questo è il passaggio i cui effetti, a mio avviso negativi, sono sotto
gli occhi di tutti. Infatti, lo Statuto non prevedeva leleggibilità, quantomeno dei
membri interni, come da me suggerito (opzione che fu invece adottata dal Politecnico di
Torino e dalle Università di Genova, Pisa, Firenze, Palermo, Trieste e Parma), ma la
nomina dei Consiglieri sulla base di una rosa di candidati scelti da un Comitato di
selezione nominato, sostanzialmente, dal Rettore. In conclusione, il precedente Senato
nomina il Comitato di selezione proposto dal Rettore, il nuovo Senato
ratifica la scelta dei Consiglieri fatta sempre dal Rettore.
Da ciò risulta evidente che i vari passaggi altro non sono che
la logica conseguenza di ciò che è avvenuto nello step precedente. Vorrei tuttavia
essere molto chiaro e onesto : la responsabilità di quanto accaduto nel nostro Ateneo è
degli Organi Accademici che nelle varie occasioni hanno rinunciato a quel ruolo
decisionale, di grande responsabilità morale/politica, che compete loro e accettato un
ruolo subalterno finendo così per ratificare le scelte/decisioni del Rettore. Se gli
Organi Accademici non hanno il coraggio di assumere decisioni in piena autonomia e
subiscono passivamente quelle prese da altri, ebbene, evidentemente possono essere
tagliati anche da un grissino (come dice una nota pubblicità).
Ora, lascio ai lettori stabilire se nellAteneo bolognese
vige la democrazia, la trasparenza delle procedure, oppure una, a mio avviso preoccupante,
gestione verticistica del potere, cioè una sorta di monarchia con un Consiglio della
Corona che decide le sorti dellAteneo. Una cosa comunque è registrabile e cioè che
gli anticorpi a un tale sistema stanno crescendo di giorno in giorno. |
|
Nuovo Senato Accademico, membri 35,
di cui docenti eletti 25
DOCENTI ELETTI:
- Direttori di Dipartimento, 11: Carlo Boschetti, Mirko Degli Esposti,
Pier Paolo Gatta, Giuseppina La Face, Davide Pettener, Rosella Rettaroli, Enrico
Sangiorgi,
Giuseppe Sassatelli, Francesco Ubertini, Francesco Zerbetto, Marco
Zoli;
- Professori di I fascia, 6: Carlotta Berti Ceroni, Claudio Ciavatta,
Carla Faralli, Fiorella Giusberti, Loretta Gregorini, Maria Carla Re;
- Professori di II fascia, 4: Marco Antonio Bazzocchi, Luciano
Bononi, Cesare Faldini, Eugenia Rossi Di Schio;
- Ricercatori, 4: Renato Brandimarti, Uberto Pagotto, Monica
Turci, Cristian Vaccari.
__________________________________________
Per memoria, a titolo di presentazione generica del Senato, in relazione ai
compiti che dovrà svolgere dopo la riforma ex-lege Gelmini:
Indice di valutazione dellattività di ricerca dei
docenti eletti, secondo lOsservatorio della ricerca dellAteneo.
Direttori di Dipartimento eletti: |
Professori di I fascia eletti |
Professori di II fascia eletti : |
Ricercatori eletti : |
- 4
sono classificati in A;
- 3
sono classificati in B;
- 2
sono classificati in C;
- 1
è classificato in D;
- 1
non valutato. |
- 1 solo
classificato in A;
- 3 sono
classificati in B;
- 2 sono
classificati in C |
- 1 è
classificato in A;
- 1 è
classificato in B;
- 1
è classificato in C;
-
1 non valutato |
- 2 sono
classificati in A;
- 1 è
classificato in C;
- 1
non è classificato |
Risultati complessivi:
Classificati in A, il 50%
dei Ricercatori eletti, il
36% dei Direttori eletti; il
25% dei Prof. di II fascia eletti;
il 17% dei Prof. di I fascia. eletti. |
Università di Bologna. In soffitta le vecchie Facoltà,
LA DIDATTICA SARÀ RIPARTITA TRA 11 SCUOLE:
.
|
.
Immagine dello "Studio" medievale |
|
- Scuola di Agraria e Veterinaria;
- Scuola di Economia, Management e Statistica;
- Scuola di Biotecnologie, Farmacia e Discipline Motorie;
- Scuola di Giurisprudenza;
- Scuola di Ingegneria e Architettura;
- Scuola di Lettere e Conservazione dei Beni Culturali;
- Scuola di Lingue, Interpretariato e Traduzione;
- Scuola di Medicina e Chirurgia;
- Scuola di Psicologia e Formazione;
- Scuola di Scienze;
- Scuola di Scienze Politiche ( o Scienze Politiche e Sociologiche) |
|
Le nuove Scuole
(già Facolta')
Il Consiglio di Amministrazione (3 aprile 2012) ha ripartito la didattica tra 11
Scuole (che sostituiranno le vecchie Facoltà, abolite) e deciso i criteri di affererenza
dei Dipartimenti alle Scuole stesse.
(Anche approvate le classi di laurea. Per vederle, clicca su Classi).
Le Scuole sono le seguenti:
- Scuola di Agraria e Veterinaria;
- Scuola di Economia, Management e Statistica;
- Scuola di Biotecnologie, Farmacia e Discipline Motorie;
- Scuola di Giurisprudenza;
- Scuola di Ingegneria e Architettura;
- Scuola di Lettere e Conservazione dei Beni Culturali;
- Scuola di Lingue, Interpretariato e Traduzione;
- Scuola di Medicina e Chirurgia;
- Scuola di Psicologia e Formazione;
- Scuola di Scienze;
- Scuola di Scienze Politiche (o Scienze Politiche e Sociologiche).
L'art. 19 co. 4 dello statuto prevede che all'interno delle scuole siano
costituite vicepresidenze nelle sedi territoriali caratterizzate dalla presenza di un
numero rilevante di docenti e studenti.
Nelle sedi della Romagna è stata confermata la presenza di una vicepresidenza
delle scuole, in corrispondenza delle precedenti sedi istituzionali delle presidenze di
facoltà, procedendo ad accorpamenti laddove le facoltà presenti in una sede confluiscano
nella stessa scuola e di istituire ulteriori vicepresidenze in quelle sedi in cui sono
attivati corsi di studio di competenza dei dipartimenti afferenti alla scuola a cui sono
iscritti complessivamente almeno 1000 studenti e abbiano sede di servizio almeno 25
docenti inquadrati nei dipartimenti afferenti alla scuola.
Sulla base di tale criterio sono state istituite:
- presso la sede di Bologna una vicepresidenza per ciascuna
delle scuole di cui sopra con l'eccezione della scuola di Agraria e Veterinaria per cui
sono previste due vicepresidenze, una nel comune di Bologna e l'altra nel comune di Ozzano
dell'Emilia;
- presso la sede di Cesena una vicepresidenza per ciascuna delle
seguenti scuole: Ingegneria e Architettura; Psicologia e Formazione;
- presso la sede di Forlì una vicepresidenza per ciascuna delle
seguenti scuole: Economia, Management e Statistica; Lingue, Interpretariato e Traduzione;
[Scienze Politiche o Scienze Politiche e Sociologiche];
- presso la sede di Ravenna una vicepresidenza per la scuola di
Lettere e Conservazione dei Beni Culturali;
- presso la sede di Rimini una vicepresidenza per ciascuna delle
seguenti scuole: Economia, Management e Statistica; Biotecnologie, Farmacia e Discipline
Motorie.
I criteri per l'afferenza dei Dipartimenti alle Scuole
hanno luogo in relazione alla consistenza, alla rilevanza e all'affinità disciplinare
delle attività formative garantite dai Dipartimenti.
Il criterio di consistenza delle attività formative
garantite dai dipartimenti alle scuole è soddisfatto quando un dipartimento conferisce
almeno il 4% dei crediti formativi offerti da una scuola. Tali crediti
sono calcolati sulle attività formative dei corsi di laurea di I e II ciclo che prevedono
lo svolgimento di attività didattica frontale e l'attribuzione di crediti, così come
rilevato dal data base della programmazione didattica d'ateneo (a.a. 2011-12).
Il criterio di rilevanza delle attività formative garantite dai
dipartimenti alle scuole è soddisfatto quando un dipartimento conferisce il maggior
numero dei crediti formativi, calcolati come sopra, ad almeno un corso di laurea di I o II
livello nelle classi dei corsi di laurea di pertinenza di una scuola.
Il criterio di affinità disciplinare delle attività
formative garantite dai dipartimenti è soddisfatto quando i settori
scientifico-disciplinari dei docenti e ricercatori appartenenti a un dipartimento sono
presenti tra quelli degli insegnamenti di base o caratterizzanti di almeno una delle
classi dei corsi di laurea di pertinenza di una scuola.
Un dipartimento afferisce a una scuola se soddisfa il criterio di
affinità disciplinare e almeno uno tra i criteri di consistenza e di rilevanza delle
attività formative garantite alla scuola stessa. |
Gianni Porzi, Il commento
(da: INTERVENTO in CdA) Innanzi tutto devo rilevare che è
stato messo all'o.d.g. un tema così importante qual'é la costituzione delle Scuole,
senza un incontro preliminare dedicato all'approfondimento del problema in tutti i suoi
aspetti, per registrare le varie ipotesi e per conoscere anche le possibili criticità, al
fine di poter poi assumere una decisione consapevole, avendo cioè acquisito la piena
conoscenza del problema.
La complessità del problema è dimostrata anche dal fatto che il pro-Rettore
Fiorentini, durante l'illustrazione della pratica, ha affermato che è stato un lavoro
difficile e molto impegnativo.
A mio avviso sarebbe stata molto utile una riunione della Assemblea Congiunta
(CdA e Senato) dove potevano essere registrate le varie proposte e che avrebbe consentito,
dopo un ampio dibattito, di raggiungere una soluzione il più possibile meditata e
condivisa.
Per quanto riguarda il n° di Scuole, la scelta di 11, che ritengo eccessive,
non credo risponda allo spirito della Legge.
A mio avviso, la Scuola doveva rappresentare un qualcosa di innovativo
(almeno per il nostro Paese) che superasse la logica delle attuali Facoltà, affidando ai
Dipartimenti tutta la responsabilità dell'attività didattica.
Ritengo che andassero il più possibile evitate sovrapposizioni con le attuali
Facoltà.
La scelta delle 11 Scuole non credo risponda all'esigenza di una
razionalizzazione dell'attuale situazione, come auspicato dalla Lg.240.
Non si capisce inoltre la logica dell'aver fissato al 4% la soglia dei crediti
formativi come consistenza minima delle attività formative perché un Dipartimento possa
partecipare ad una Scuola.
Perché proprio il 4% e non il 5% o addirittura il 10%?
Ha senso che una Scuola sia costituita da due soli Dipartimenti, uno dei quali con
peso sostanzialmente irrilevante?
Con una soglia bassa e un numero elevato di Scuole potrebbe inoltre verificarsi che
un Dipartimento (specialmente nel caso di quelli che comprendono s.s.d. di
"servizio") possa afferire a più Scuole, cosa che non credo vada nella
direzione della semplificazione.
Per quanto concerne le due opzioni proposte per la denominazione della
undicesima Scuola in elenco, accolgo con piacere la notizia data dal Rettore che il
problema è stato risolto.
Colgo tuttavia l'occasione per mettere in evidenza che la diatriba tra le due
denominazioni era chiaramente conseguenza dell'elevato n° di Scuole. GP |
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CONTENZIOSO SUGLI STATUTI:
MIUR CHIAMA IN GIUDIZIO, AL TAR, IL POLITECNICO
DI TORINO
Idem, probabilmente, per Genova e Parma |
Francesco Profumo
già Rettore
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Contestata la legittimità della decisione
del Politecnico, laddove esso insiste per la elettività
del CdA - Consiglio di Amministrazione
Il ProRettore Gilli, successore
pro-tempore di Profumo:
"Difenderemo questa
posizione con fermezza,
fiduciosi nel Giudice Amministrativo" |
Marco Gilli
ProRettore
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NOTA. Gli scenari
che si aprono per Torino e, potenzialmente, per tutta l'universita' italiana 1.- In premessa, si ricorda che non solo Torino Politecnico, ma anche Genova
e Parma, hanno deliberato di volere un CdA elettivo, non designato, ritenendo cio' essere
conforme alla legge Gelmini.
Questa, all'art. 2, lett. i stabilisce, "per la composizione del consiglio di
amministrazione", ... "una rappresentanza elettiva degli studenti; designazione
o scelta degli altri componenti,... tra candidature individuate ... tra personalita'
italiane o straniere in possesso di comprovata competenza in campo gestionale ovvero di
un'esperienza professionale di alto livello con una necessaria attenzione alla
qualificazione scientifica culturale".
Secondo il Miur, ''designazione o scelta'' e' diverso da ''elezione'', ma secondo
alcuni giuristi l'aggiunta di "o scelta" e' un ripensamento del legislatore che
offre, in subordine, la possibilita' della elezione: nel senso che anche la elezione e'
una scelta.
Sempre, secondo il Miur, posto che il CdA vada designato, esso va configurato come
distinto da ogni altro Organo. Pertanto, esso non puo' essere neppure l'emanazione di un
altro organo (il Senato), e dunque dev'essere nominato da almeno due organi.
2. Quale linea di difesa Torino potrebbe adottare, al Tar ?
Torino potrebbe scegliere tra due linee difensive:
a) potrebbe sostenere di avere correttamente applicato la legge, perche' ''eleggere''
vuole dire anche ''scegliere'', non importa se mediante votaziono o mediante designazione.
L'importante e' che i candidati abbiano le competenze professionali di legge per fare bene
il loro compito;
b) potrebbe, invece:
- sostenere che lo Statuto degli Atenei puo' disporre nei limiti della legge ordinaria e
che questa, essendo una legge ordinaria, (a sua volta) puo' disporre nei limiti della
legge costituzionale, secondo cui (art. 33) '' le ... universita' ... hanno il diritto di
darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato'';
- e sostenere cha le legge Gelmini ha violato la Costituzione, laddove non ha rispettato
l'autonomia universitaria, in materia di ordinamento e, dunque, chiedere al TAR che, prima
di decidere, ponga la questione di costituzionalita' alla Corte Costituzionale.
La prima linea e' molto rischiosa e forse perdente.
La seconda linea, ma che postula che il TAR ritenga fondata la questione di
costituzionalita', viene ad aprire per l'universita' italiana una stagione nuova: la
speranza che la Corte la liberi ora e per sempre dal guinzaglio dei politici, in materia
di autonomia di ordinamento.
3.- Cosa dire per provare la incostituzionalita' della legge Gelmini ? Gli elementi
costitutivi del dispositivo di legge contestato sono, a mio avviso, tre:
a) le competenze del CdA;
b) i requisiti dei candidati, ai fini della nomina;
c) il decisone delle nomine.
A mio avviso, i primi due punti possono rientrare nei limiti, di possibile competenza
della legge ordinaria, senza violare l'autonomia universitaria su questioni essenziali di
ordinamento.
Invece, il potere di decidere chi fa la scelta (elezione, designazione ...) e' invece
essenziale perche' l'autonomia sussista o sia annullata.
Dunque, la incostituzionalita' della legge ordinaria mi parrebbe ineccepibile, sul punto
c). Nino Luciani |
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Il nuovo ministro prof. Francesco
Profumo
audito dalla Commissione Cultura della Camera
(10 gennaio 2012) |
Francesco Profumo,
ministro università
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Documento Programmatico del Ministro
contenente le sue linee di azione
per la Ricerca e lUniversità
( Testo integrale relativo alle Parti I e II )
Primo commento: accento sul rifinanziamento della ricerca
e dell'università,
per dare sostanza alla riforma ex-lege 240/2010, in via di completamento |
Linee di azione - Sintesi
Il presente Documento Programmatico contiene le linee di
azione del Ministero dellIstruzione, dellUniversità e della Ricerca (di
seguito anche MIUR).
Il Documento, che premette brevemente quelle che sono le caratteristiche del
Ministero dal punto di vista organizzativo, si articola nellesposizione di:
interventi programmati per implementare la ricerca scientifica e tecnologica (Parte
I: Ricerca); piano di azioni ed obiettivi per la riforma del sistema universitario (Parte
II: Università); priorità strategiche nonché ambiti prioritari di intervento in materia
di istruzione (Parte III) (omessa in questo servizio - NdR).
PREMESSA
Nel panorama delle amministrazioni centrali e periferiche
in cui si articola lorganizzazione statale, il MIUR si contraddistingue per alcune
peculiarità specifiche tra le quali, in particolare: la complessità istituzionale,
dal punto di vista della rete di relazioni con altri enti, limponenza
dellorganizzazione, che si sviluppa sia a livello centrale che periferico [3
dipartimenti, 12 direzioni generali centrali, 18 direzioni generali regionali; un organico
di 8.462 unità di personale amministrativo, con personale in servizio pari a circa 5.235
unità]; lesiguità dei fondi in settori di rilievo in cui è chiamato ad
operare; il carattere strategico delle prestazioni e dei servizi resi
(istruzione, formazione universitaria e ricerca) non solo dal punto di vista sociale ma
anche quale fattore di competitività del Paese nonché oggetto di specifici impegni
assunti in sede europea. In allegato, si illustrano elementi esplicativi sullo stato
attuale dellorganizzazione ministeriale, evidenziando criticità ed individuando
specifici interventi strutturali (All. 1: Ministero).
PARTE I - RICERCA-
1. Laccesso ai fondi europei e la competizione
internazionale sulla ricerca
LItalia soffre di una ridotta capacità di
accesso e sfruttamento dei fondi messi a disposizione dallUnione Europea per la
Ricerca. Sul VII Programma Quadro, a fronte di un contributo totale dellItalia al
finanziamento del programma pari circa al 14%, lo sfruttamento degli stessi è stato solo
pari all8% circa. Sul fronte delle politiche di coesione, le percentuali di utilizzo
dei fondi strutturali vedono lItalia al penultimo posto, davanti alla Romania, con
situazioni particolarmente critiche nelle Regioni della convergenza.
A fronte di questa situazione, il Ministero è impegnato in
una robusta azione di recupero della competitività del sistema della ricerca italiana nel
contesto internazionale, con particolare riferimento agli indirizzi di priorità
espressi dalla Commissione Europea attraverso la strategia Horizon 2020. Lobiettivo
perseguito è quello di aumentare la competitività dei ricercatori e delle imprese
italiane nellaccesso alle varie tipologie di fondi messi a disposizione dalla
Commissione Europea nonché di favorire lintegrazione tra tali fondi e capitali
privati. Il Ministero intende anche promuovere specifici programmi e progetti di
cooperazione bilaterale con paesi terzi di particolare interesse sotto il profilo
dellattività scientifica, tecnologica e dellinnovazione.
A questo scopo il Ministero è impegnato nello sviluppo di
un insieme integrato di azioni che compongono una strategia complessiva di crescita
prevalentemente basata sul miglior utilizzo delle risorse europee. Tale strategia muove
dal rafforzamento delle capacità tecnologiche delle imprese, delle università e degli
enti di ricerca su alcuni temi specifici, si sviluppa attraverso la realizzazioni delle
condizioni di crescita per le giovani imprese innovative, si completa con la
capitalizzazione del valore sul territorio e con la creazione di infrastrutture
intangibili e si chiude attraverso il sostegno alla domanda di prodotti e servizi
innovativi e la creazione di nuovi mercati per linnovazione, anche attraverso la
committenza pubblica pre-commerciale.
Nella tabella seguente sono riportate le specifiche azioni
in essere e quelle in fase di avvio.
AZIONI IN ESSERE |
|
|
|
Azione |
Destinatari |
Area Geografica |
Risorse |
Ricerca FAR |
Imprese, Università, EPR |
Centro Nord + Sud no
convergenza |
700 ML |
PON azioni integrate |
Imprese, Università, PA,
EPR |
Convergenza |
400 ML |
Distretti Tecnologici 1 |
Imprese, Università, EPR |
Convergenza |
514 ML |
Distretti Tecnologici 2 |
Imprese, Università, EPR |
Centro Nord + Sud no
convergenza |
375 ML |
Fondo infrastrutture |
Università e centri di ricerca |
Convergenza |
650 ML |
Fondo High Tech |
Imprese |
Convergenza |
80 ML |
Totale parziale |
|
|
2.719 ML |
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AZIONI DA AVVIARE |
|
|
|
Azione |
Destinatari |
Area
Geografica |
Risorse |
Incentivi
al Venture Capital x Spin Off ricerca |
Imprese,
Università, Enti di Ricerca |
Centro Nord
|
100 ML |
Zone
Franche dInnovazione |
Imprese,
Università, PA, Enti |
Convergenza |
20 ML |
Procurement
precommerciale |
PA e
Imprese |
Tutte |
2 ML |
Firb
Giovani |
Ricercatori |
Tutte |
58 ML |
PRIN |
Ricercatori |
Tutte |
173 ML |
Poli di
eccellenza |
Università |
Convergenza |
150 ML |
Totale parziale |
|
|
503 ML |
TOTALE GENERALE |
|
|
3.222
ML |
2. Un progetto strategico per il Paese
Tale sistema di interventi, infine, è coordinato e
finalizzato attraverso lindividuazione di un obiettivo strategico, le città
intelligenti (Smart Cities), che assume il ruolo di punto focale per lorganizzazione
e il coordinamento degli sforzi di tutti gli attori che partecipano al processo. Le grandi
sfide sociali rappresentano non solo problemi da affrontare, ma anche grandi opportunità
di rilancio e di crescita per alcuni importanti settori della nostra industria e del
sistema della ricerca e della formazione. Lazione integrata proposta dal Ministero
è finalizzata a realizzare politiche duali, capaci contestualmente di migliorare la vita
dei cittadini e di avviare processi di sviluppo economico. Da un lato, quindi,
lazione si ispira alla volontà di affrontare problemi di grande rilevanza sociale,
quali la riduzione delle emissioni attraverso le tecnologie pulite, le infrastrutture
intelligenti per la mobilità, la realizzazione di modelli urbani e di abitazione più
sostenibili, una sanità più efficiente, un welfare equo e tecnologico per la
società che invecchia e per le persone in condizioni di disagio. Dallaltro, la
stessa si ispira alla volontà di capitalizzare gli sforzi necessari al miglioramento
della vita dei cittadini attraverso laumento delle capacità tecnologiche, della
competitività e del potenziale di crescita delle imprese italiane. Al fine di realizzare
tale disegno, concentrando gli sforzi sui settori e sulle applicazioni più rilevanti, il
Governo intende utilizzare la piattaforma ideale della Smart City e la visione di
sviluppo ad essa sottesa come punto focale per il coordinamento delle azioni di governo
orientate allo sviluppo, nonché come metafora narrativa del percorso lungo il quale
lazione di governo intende coinvolgere cittadini, imprese, ricercatori ed
amministrazioni. La piattaforma progettuale di Smart City è una collezione di
problemi di scala urbana e metropolitana da affrontare e di idee per risolverli, un
insieme di tecnologie, applicazioni, modelli di inclusione, regole di relazione tra
sistema pubblico e privato, nuova strumentazione finanziaria, innovazione nella pubblica
amministrazione, procedure di procurement, azioni di semplificazione e
trasparenza, regolamentazione, su cui la pubblica amministrazione sappia formulare
promesse credibili nel medio periodo.
PARTE II - UNIVERSITA'
Il sistema universitario (All. 2: Università) vive un momento di grande
trasformazione, sia in ragione della particolare situazione di finanza pubblica sia in
ragione dellavvio del profondo processo di riassetto che segue lentrata in
vigore della riforma.
1. Il percorso riformatore in atto
Il sistema universitario e della ricerca è chiamato nel
corso del 2012 a consolidare e completare il percorso riformatore che, tenendo conto del
quadro delineato dalla legge 240/2010, si esplica in un articolato piano di azioni e
obiettivi.
a) Ringiovanimento delle università e revisione del sistema di
reclutamento. Con lobiettivo di rendere più flessibile e competitivo il
sistema della ricerca, il reclutamento dei ricercatori è strutturato in modo da prevedere
un ingresso con contratti a tempo determinato al termine dei quali è prevista
lassunzione nei ruoli della docenza a seguito del conseguimento
dellabilitazione nazionale.
b) Riforma dei dottorati di ricerca. Si tratta di un altro
tassello fondamentale finalizzato alla formazione di ricercatori in grado di operare a
stretto contatto con il sistema della ricerca universitaria e il sistema delle imprese con
una prospettiva di forte internazionalizzazione dei percorsi di terzo livello attraverso
laccreditamento di corsi di dottorato con elevati livelli qualitativi e nel rispetto
di rigorosi requisiti dimensionali.
c) Valutazione e accreditamento degli atenei e dei corsi. La
valutazione, vista come strumento di costante monitoraggio delle politiche realizzate,
vede nel percorso di accreditamento degli atenei e dei corsi di studio il primo elemento
per assicurare agli studenti e alle famiglie di poter frequentare percorsi formativi e
sedi universitarie di qualità certificata.
d) Diritto allo studio e Sistema integrato di politiche a sostegno
degli studenti
Il diritto allo studio declinato come intervento di equità a sostegno dei
percorsi di mobilità sociale necessari affinché si affermino i principi del merito e
dello sviluppo della conoscenza nella società. Ciò attraverso: un portale nazionale di
informazione ed iscrizione alluniversità; limpostazione su base sperimentale
di modalità valutative di accesso a tutti i corsi di laurea; lofferta di test di
accesso per le facoltà a numero chiuso su base almeno interregionale; la correlazione del
sistema di valutazione e accreditamento a specifici interventi di diritto allo studio,
utilizzando anche il Fondo per il merito; lampliamento della possibilità di accesso
ai corsi italiani di studenti stranieri; lavvio della Fondazione per il merito cui
è affidato il compito di convogliare risorse pubbliche e private da destinare a
interventi per borse di studio e per prestiti donore; la realizzazione e la
ristrutturazione degli edifici destinati ad ospitare gli studenti sia in termini di
residenzialità, sia di spazio destinati allo svolgimento delle attività di didattica e
di ricerca.
e) Revisione del sistema di finanziamento delle Università.
Il principale obiettivo è quello di far conoscere per tempo agli
atenei i criteri di assegnazione delle risorse, lentità dei finanziamenti e
tempestivamente la dimensione delle rispettive assegnazioni in modo da metterli in
condizioni di poter programmare con un orizzonte temporale pluriennale le proprie
attività. Il sistema universitario può contare su tre distinte linee di finanziamento
statale: le risorse a copertura delle spese correnti, i fondi infrastrutturali e i fondi
per la ricerca. Tali risorse non includono il cofinanziamento da parte di soggetti
privati.
Risorse a copertura di spese correnti |
Fondi infrastrutturali |
Fondi per la Ricerca |
FFO - Fondo di Finanziamento Ordinario |
FONDO EDILIZIA e INFRASTRUTTURE |
PRIN 2010-11 |
PROGRAMMAZIONE TRIENNALE |
FONDO L.338/2000 |
FIRB "Futuro in ricerca" 2012 |
ECONOMIE DA TURN OVER |
COLLEGI E RESIDENZE |
PON 2 - DISTRETTI E LABORATORI |
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PIANO NAZIONALE PER IL SUD |
PON A3 - RAFFORZAMENTO STRUTTURALE |
RINEGOZIAZIONE CONTRATTI E MUTUI |
CASSA DEPOSITI E PRESTITI |
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PON 1 - RICERCA INDUSTRIALE |
DISTRETTI CENTRO NORD |
DOTTORATO DI RICERCA |
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7.500
ML |
1.700 ML |
3.300 ML |
P.S. . Nei prossimi giorni si potrà disporre del resosconto stenografico della
Commissione Cultura |
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