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Dall' ABI - ASSOCIAZIONE BANCARIA ITALIANA, ASSEMBLEA DEGLI
ASSOCIATI
In margine alla Relazione del già-Presidente dell'ABI e del MPS, Giuseppe MUSSARI .
Roma, 11 luglio 2012 |
DE |
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Mario Monti |
Rivendicato che le "banche italiane sono
vittime della crisi" finanziaria"
e chiesto "non regole di favore, ma un terreno di gioco livellato".
LUCIANI: Presente il Presidente del Consiglio MONTI,
che glielo lascia dire ...
IN CASO DI FALLIMENTO, SI' ALLA
NAZIONALIZZAZIONE DELLE BANCHE,
DA PARTE DELLA UE . NO A SOCCORSI DELLA BCE
ALLE BANCHE .
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Giuseppe Mussari |
Presente anche il
Governatore della Banca d'Italia VISCO che, senza peli sulla lingua, ha chiarito che ci
dovrà essere:
- il "perfezionamento e adeguamento delle regole di Basilea III, allo attuale
contesto finanziario ed economico" ( si tratta del vincolo alla capitalizzazione
delle banche, nel quadro di una visione della banca-impresa, che però è un vincolo del
nulla, se in assenza di vincoli stringenti alle banche, circa l'impiego dei depositi a
breve termine);
- "un sistema di supervisione bancaria unitario" come un sistema
europeo unico;
- e che ci dovranno essere fondi e meccanismi europei per la garanzia dei
depositanti.
Mi è sembrata debole, invece, l'idea dello "spezzamento del circolo
vizioso tra la crisi dei debiti sovrani e le condizioni delle banche", senza invocare
la possibile surrogazione degli Stati, da parte dell'UE, nel nazionalizzare le banche
sotto default (rinvio al mio commento, qui sotto).
Per una visione dell'intero intervento, clicca su: ABI-Intervento-Visco. |
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I paragrafi - chiave della Relazione del Presidente ABI
"Il peggioramento delle condizioni del ciclo e la doppia recessione
di cui siamo stati vittime hanno fortemente accresciuto le sofferenze
bancarie. Quelle lorde hanno raggiunto nello scorso mese di maggio i 111 miliardi
(circa 15 miliardi in più su base annua). In rapporto agli impieghi pesano ora per il
5,6%, con un picco pari al 10,5% per quanto riguarda gli impieghi alle famiglie
produttrici."
:::::::
"Sicuramente portiamo alcune responsabilità, ma nello stesso tempo
è giusto ribadire con chiarezza che le banche italiane sono vittime di questa
crisi, e che al determinarsi della stessa non hanno in alcun modo contribuito. Le
imprese bancarie non chiedono regole di favore, ma un terreno di gioco livellato,
basato sulle giuste regole di stabilità, di trasparenza e di concorrenza, senza vincoli
amministrativi, obblighi a prestare servizi gratuiti per sussidiare inefficienze di altri
settori." |
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La relazione del
Presidente
Estratto, ripreso dal sito web dell'ABI
"Signori Rappresentanti degli Associati, Autorità,
Rappresentanti delle Istituzioni, della politica e delleconomia, Signore e Signori,
rivolgo il mio saluto e ringraziamento a quanti hanno voluto accettare il nostro invito ad
assistere alla cinquantaduesima edizione dellAssemblea dell'Associazione Bancaria
Italiana.
Un particolare e cordiale benvenuto va al Presidente del Consiglio e Ministro
delleconomia, Prof. Mario Monti, e al Governatore della Banca dItalia, Dottor
Ignazio Visco.
Vorrei rivolgere loro un caloroso e anticipato ringraziamento per le considerazioni
e le analisi che ci offriranno ...".
" ... Nelle settimane che hanno preceduto e seguito il
vertice di Bruxelles del 28 e 29 giugno, sono state espresse autorevoli opinioni che
vedono nel Presidente Monti e nellazione del suo Governo un elemento di ritrovato
equilibrio, per lEuropa e per lItalia, su cui far leva per uscire insieme
dalla crisi: le imprese bancarie italiane le condividono pienamente. Così
come condividono quanto disse il Presidente dellAcri Guzzetti al XXII Congresso di
Palermo, nel ringraziare il Presidente Monti per aver restituito allItalia il ruolo
che le è proprio in Europa e nel mondo.
Questo Governo non è mai stato tenero con le imprese
bancarie, tanto che in ogni decreto legge abbiamo ritrovato misure nei nostri confronti
certamente criticabili e che non trovano corrispondenze nel quadro normativo europeo, da
ultimo laccentramento ex abrupto delle tesorerie scolastiche.
Ciò nonostante rinnoviamo allEsecutivo il nostro pieno e convinto
sostegno, sottolineando come i compiti che lo attendono e che attendono il Paese siano
così impegnativi da rendere necessario il leale sostegno di tutti. Il sistema economico
mondiale, lEuropa, e al suo interno lItalia, sono affetti da una patologia
grave che, anche se con intensità differenziata, ha la capacità di produrre esiti
nefasti per tutti.
Se non fossero contrastate con efficace prontezza, le conseguenze negative di
una tale patologia non si limiterebbero alla sfera economica ma metterebbero a dura prova
la coesione sociale e le forme democratiche degli Stati dellUnione. Democrazia,
infatti, oltre che regole è equilibrio economico e sociale; sarebbe un tragico errore
immaginare che lequilibrio democratico sia dato per sempre.
Come ogni equilibrio è dinamico e ogni sua componente è necessaria al suo
mantenimento, la coesione sociale tanto quanto la stabilità dei conti pubblici. Occorre
quindi perseguire allunisono stabilità, crescita ed equità.
Si tratta di una sfida del tutto inedita, che impone lassunzione di
nuove responsabilità alle parti sociali che dovranno saper coniugare, ancor di più che
in passato, linteresse dei rappresentati con linteresse generale del Paese.
Evitare ogni tentazione di scaricare sulle generazioni a venire la soluzione
dei problemi attuali è un obiettivo prioritario rispetto al quale tutti dobbiamo sentirci
impegnati. La storia di questi anni ci insegna che il rinvio dei problemi, il loro
occultamento attraverso la spesa pubblica, non fa che radicalizzarne i rischi e quindi il
peso sociale degli stessi ...".
Per il Testo integrale:
Clicca su: ABI - Presidente |
NINO LUCIANI, Circa il
"vittimismo" ...., non c'è limite al pudore.
Circa il "terreno livellato" ..., la legge bancaria del 1993, creando la
"banca universale", ha già tolto ogni limite al movimento delle banche.
1.- Vittimismo. I mercati sono a conoscenza che, nel caso
dell'Italia, più che dal debito pubblico, i timori di bancarotta per lo Stato vengono
dalle grandi banche italiane, per i loro legami internazionali. Precisamente dal fatto
che, qualora "fallisse" una delle nostre grandi banche (o anche si diffondesse
il timore del fallimento di una sola di loro), lo Stato sarebbe impotente a soccorrerle,
avendo già una situazione delicata di suo. Inoltre, lo Stato non ha più il potere
monetario.
Quale sia l'entità dei timori è dimostrato dai saliscendi
(veramente notevoli) delle quotazioni di borsa, dei titoli bancari in questi mesi, a
seconda delle aspettative di soccorso, da parte della BCE.
Alle origini delle sofferenze bancarie, peraltro ammesse
velocemente dal Presidente ABI, sta l'eccesso di impieghi a rischio, dopo che varie leggi
nazionali (la nostra è del 1993) hanno creato la "banca universale" (tolto, per
le banche, ogni vincolo temporale all'impiego dei depositi dei risparmatori, e affidata la
garanzia di solvibilità alla entità dei patrimoni bancari).
La grande "euforia" bancaria di questi anni c'è stata,
probabilmente in seguito al bisogno (e anzi a chiusura degli occhi) degli Stati, di
finanziamenti delle grandi guerre di questo decennio (IRAQ, AFGHANISTAN, IMPEGNI in
LIBANO...). Rientrano nella euforia anche fatti collaterali come l'aspettativa di lucri
fatti mediante il finanziamento dei mutui edilizi, senza alcuna prudenza (soprattutto
negli USA).
Tuttavia, il fatto che le banche fossero divenute "banche
universali" non le esonerava dall'osservanza ("volontaria") della
distinzione tra impieghi a breve termine e impieghi a medio-lungo termine, a seconda del
disporre di depositi a breve e depositi a medio-lungo termine, rispettivamente. La legge
del 1993 ha fatto come quei padri di famiglia che danno la "chiave" di casa ai
figli, come se siano presto adulti: Ma non è così.
Il Presidente ABI non ha spiegato cosa sono le
"responsabilità" bancarie, a cui faceva riferimento; anzi ha chiesto terreno
livellato, come se esista un ulteriore possibilità di livellamento, sotto pelle.
Per capite la tirata di orecchi di Visco (mi riferisco al suo invito
alla capitalizzazione), forse il Presidente ABI voleva una sanatoria delle sofferenze
bancarie, da parte della BCE.2.- La debolezza del Presidente Monti. Risulta
che, al vittimismo del Presidente ABI, Monti non abbia reagito, ma anzi abbia deviato
l'attenzione dei presenti verso le origini remote (anche cose molto discutibili:
vedi concertazione" ), che giustificano l'attuale percorso di guerra
finanziaria dell'Italia.
.A mio modo di vedere, questo è stato come un
tirarsi fuori, in qualche modo. Beninteso, negli anni '80, molti rapporti tra sindacati e
industria sono stati regolati spostando sul cittadino comune il peso degli accordi.
Tuttavia è importante distinguere i casi in cui lo Stato faceva debiti per
consolidare lo Stato sociale (scuola, sanità, pensione sociale), uniformemente nel Paese,
dai casi in cui lo Stato si caricava di oneri impropri, conseguenza di avere invaso la
proprietà di imprese produttive, quali i disavanzi di bilancio e debiti (che si
aggiungevano al debito per fini istituzionale); e colludeva con l'Industria per il
finanziamento illecito dei partiti.
Qui sta il punto che non permette di fare di tutta l'erba un fascio, e
dunque va seguita positivamente la sparata di Monti: nel senso che va ripenstata la
struttura economica dello Stato.
Di questra anomalia italiana ci siamo resi conto all'indomani della
caduta del socialismo reale dell'URSS, vale dire già dal 1988, in quanto l'Italia ne
aveva le medesime criticità, sia pur in rapporto al diverso grado di statizzazione (60%,
in luogo del 95% dell'URSS).
Ma torniamo alle banche.
3.- Il possibile ruolo dell'UE, in caso di fallimenti di banche.
La crisi attuale è stata riconosciuta molto simile a quella degli anni '30. In quella
fase il fallimento delle banche fu risolto con numerose nazionalizzazioni di banche (e con
nuove norme bancarie...).
Riprendendo il concetto iniziale, l'Italia non è oggi in condizioni di
nazionalizzare le banche fallite (e subentarre ad esse, nel rapporto fiduciario con i
risparmiatori) per due motivi:
- a causa della sua situazione debitoria oggi (non allora, in cui il rapporto
debito/PIL era 30%);
- perchè lo Stato italiano non ha più il potere monetario, soprattutto non ha
più la Banca d'Italia, come prestatore di ultima istanza.
Tuttavia, come sono vere queste cose, è anche vero che il potere monetario
non è svanito, ma passato all'UE.
Conclusione: sarebbe semplicemente atto dovuto che l'UE si sostituisca agli
Stati nel rapporto con le banche e precisamente:
a) in caso di fallimento di banche, l'UE si appresti a nazionalizzarle (la
forma dovrebbe essere quella della "raccomandazione agli Stati" di provvedere
alla nazionalizzazione, che poi girerebbe il tutto alla UE );
b) attribuisca un possibile ruolo alla BCE nel supportare l'opearazione;
c) sia previsto che, a successiva situazione normalizzata (tra 5 anni),l'UE
restituisca alla proprietà privata le banche "europeizzate", e alla BCE le
eventuali anticipazioni finanziarie.
Sono, invece, molto contrario a che la BCE salvi le banche con colpi di
spugna o regalie. NINO LUCIANI |
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LEGGE ELETTORALE E RIFORMA COSTITUZIONALE DELLA GOVERNANCE
IN ITALIA
Due questioni da risolvere insieme |
CONFERENZA NAZIONALE
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LEGGE ELETTORALE:
STATO DI ATTUAZIONE DELLA RIFORMA IN ITALIA |
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A Bologna,
viale Risorgimento 2
sabato 1 dicembre 2007, ore 10,30
Facoltà di Ingegneria, Aula Magna al 2° piano
APERTA AI DOCENTI E CITTADINI
Saluto del Preside Prof. Pier Paolo DIOTALLEVI |
Relatori: |
-
Prof. Giovanni GUZZETTA, Presidente Nazionale del Comitato per i Referendum elettorali,
Ordinario di diritto costituzionale allUniversità di Roma "Tor Vergata"; |
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-
Prof. Luigi MELICA, Ordinario di diritto costituzionale allUniversità di Lecce; |
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-
Prof. Andrea MORRONE, Ordinario di diritto costituzionale allUniversità di Bologna; |
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-
Prof. Sergio BELARDINELLI, Ordinario di sociologia allUniversità di Bologna. |
Governo: |
Dr.
Paolo NACCARATO, SottoSegretario di Stato al Ministero per i Rapporti con il Parlamento e
le Riforme istituzionali, Delegato per la legge elettorale. |
Invitato: |
Mons.
Dott. Oreste LEONARDI, Delegato Episcopale per i rapporti con le realtà temporali |
Moderatore:
Dr. Nuccio FAVA, Presidente della Sezione Italiana dellAssociazione dei Giornalisti
Europei |
BREVE INTRODUZIONE AL TEMA
Una legge elettorale proporzionale, in una REPUBBLICA
SEMI-PRESIDENZIALE ?
For a proportional electoral bill, but in a "HALF-PRESIDENTIAL" REPUBLIC ?
1.- La conferenza vuole verificare lo stato di attuazione delle
riforma elettorale in Italia. Ma sia consentito chiedere che venga esaminata anche la proposta del
Comitato per la riforma elettorale, promosso dal nostro Centro studi nel marzo 2007, e
ricevuto dal Governo il 1 giugno 2007. Esso pone preliminarmente il problema della
attualità dell'attuale quadro costituzionale, in cui collocare la nuova legge.
In premessa, ricordo che stiamo assistendo allo scioglimento di Forza Italia
(FI) per volontà del suo fondatore.
Questo fatto crea oggettivamente il problema di riempire un nuovo
"vuoto al centro" (dopo quello formatosi in Italia nel 1992-94 per la scomparsa
"politica della Demcrazia Cristiana e del Partito Socialista Italiano). Ciò rende
storicamente essenziale una nuova legge elettorale per regolarne il riempimento, in
aggiunta alla importanza che essa già ha per sanare il defìcit di governabilità
scaturito dalle elezioni del 2006.
2.- Le varie proposte di legge elettorale da destra e da sinistra, evocate in relazione al
deficit di governabilità dal 2006, ragionano allinterno dellattuale
costituzione di "repubblica parlamentare", in cui il governo vive se ha la
fiducia delle camere.
Ma questo scenario si scontra con la impraticabilità storica, in Italia, di
creare un "bipolarismo elettorale" che sia anche un "bipolarismo
programmatico omogeneo", in cui i cittadini scelgono la "maggioranza" già
al momento delle elezioni. Questo è dovuto all'eccesso di diversità
regionali dal Nord al Sud, alle diverse storie delle popolazioni dItalia
(lunità nazionale ha solo 150 anni) e, forse, della impreveggenza dei politici.
Ma è anche vero che lItalia del dopo guerra è cresciuta culturalmente. Ci sono,
poi, dei forti movimenti sindacali nazionali e ci sono le Regioni
già ben consolidate. Sono baluardi determinanti, in caso di pericolo per la
democrazia politica. Pertanto, per garantire "governi di legislatura", una
soluzione sensata è una repubblica "semi-presidenziale".
Cè, poi, la circostanza che la legge vigente vuole, già nelle
elezioni, che sia indicato il candidato Premier. Ma, poiché la Costituzione richiede la
successiva fiducia del Parlamento, si crea una contraddizione, per cui può cadere di
nuovo il Governo. Questa fase dovrebbe essere chiusa adeguando la Costituzione alla
maturità della coscienza popolare e alla legge.
Se si facesse una opzione in senso "semi-presidenziale, i problemi di un accordo
sulla legge elettorale sarebbero molto
facilitati. Per il riempimento del nuovo "vuoto al centro", ma anche per la
ricostruzione dellunità di "tutto il centro", si potrebbe fare una legge
proporzionale, aperta "ai piccoli partiti, anche perché il risveglio della politica
nasce dal basso.
3.- La proposta del Comitato per la riforma elettorale è la seguente:
a) una repubblica "semi-presidenziale" e
precisamente lelezione diretta del Capo del Governo, bilanciata
da relativi maggiori poteri di garanzia costituzionale al Capo dello Stato (si veda la proposta). Inoltre il potere di sciogliere le Camere dovrebbe rimanere
prerogativa del Capo dello Stato.
b) una legge elettorale proporzionale con una
soglia di sbarramento relativamente bassa, labolizione della raccolta delle firme,
la possibilità di "una" preferenza alle candidature, il finanziamento dei soli
Gruppi parlamentari che, dopo le elezioni, si vanno a formare in parlamento con un numero
di componenti non minore del 10% della camera di appartenenza.4.-
Rispetto a questi obiettivi, i REFERENDUM vanno sostenuti perché, solo se si rompe la
cordata di quelli che sostengono la legge elettorale attuale, ci potrà essere spazio per
discutere in parlamento le varie proposte di riforma. NINO LUCIANI |
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1. The aim of the conference is a check of the state of accomplishment of the
electoral reform in Italy. In the hope that the proposal (see proposta ) of the Committee for the Electoral Reform, carefully prepared by our Study
Center in March 2007, and received by the Government on June 1st, 2007, be considered and
examined. This proposal is for a preliminary examination of the
constitutional frame, in which to place the electoral bill.
As a preliminary remark, I remind that We are now watching the end of Forza
Italia (FI) for open will of its founder.
Such event as a matter of fact generates the problem of filling the new
center vacuum (after the center vacuum produced in Italy during
1992-1994 as a consequence of the political disappearance of the Democrazia Cristiana and
the Partito Socialista Italiano). That vacuum center makes historically
essential a new electoral bill to adjust such filling. Further, the electoral bill is
relevant to heal the lack of governance consequent to the 2006 elections.
*
2.- All the electoral bill proposals, designed to alleviate the lack of governance started
in 2006, hold in the presence of the present constitution of parliamentary
republic, where the Government rules only if it is trusted by the two Chambers.
Such a landscape in Italy is against the historical impracticability to
realize an electoral bipolarism which be also an homogeneous
programmatic bipolarism, where the voters choose the majority at the
moment of the elections. This is due to the excess of the regional differences between
North and South, of the different histories of Italian populations (national unity is only
150 years old) and maybe of the lack of foresight of the politicians.
But it is also true that after the World
War II Italy has grown culturally . Further, there are strong national trade unions and
well consolidated Regions. These are relevant bulwarks in the case of danger for the
political democracy. Therefore, to get legislature long governments a judicious solution
for Italy is a half-presidential republic.
It also happens that the law in force dictates that the Premier candidate be
indicated at the moment of the elections. But the Italian Constitution requires the
subsequent confidence of the Parliament, and this fact creates a danger which may lead to
the fall of the Government. This stage should be closed by conforming the Chart to the
maturity of the popular consciousness and the Law.
The problems connected with an agreement on the Electoral Bill would be greatly alleviated
if an option in the semi-presidential direction would be taken. A proportional bill, open
to the small parties (because the revival of the politics is born of the base), would
allow the filling of the new center vacuum and also the rebuilding of the
unity of the all center.
3.- The proposal of the Committee for the Electoral Reform is:
a) a half-presidential republic, in detail
the direct election of the Premier, balanced by corresponding greater power of
constitutional warranty to the State Chief (see the proposta). The power to dissolve the Parliament should remain a
prerogative of the State Chief.
b) a proportional Electoral Bill with
a relatively low barrage, suppression of the signatures collection, the possibility of a
"one" choice between the candidates, financial support supplied only to the
Parliaments Groups that after the elections consist of at least 10% of the Chamber
to which they belong.
4. In view of these goals the REFERENDUMS organized by prof. GUZZETTA an SEGNI should be
supported, because (even if with some risk) only if the trust of those who support the
present electoral bill is dissolved there will be the possibility to discuss the proposals
for its reform in the Parliament. NINO LUCIANI |
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Comitato per la
riforma elettorale
Sede in Bologna, via Titta Ruffo 7 Tel. 347 9470152
E mail: nino.luciani@alice.it
Anno 2004
Membri del
Comitato: Prof. NINO LUCIANI (Centro Studi l'Impegno
Politico dei Cattolici) Avv. UGO SCURO (MILLE. Movimento per l 'Italia Libera nella
Libera Europa) Dott. FRANCESCO TASSONE (Movimento meridionale Calabria)
Dott. PAOLO MAJOLINO (Cattolici per l'Italia) -- RAFFAELE LO IODICE (Movimento Meridionale
Puglia) Dott. ANGELO SANDRI (Democrazia Cristiana) -- Prof. MASSIMO GRISOLIA
(Democrazia Italiana) -- Dott. ERMINDO CORAZZA (Rinnovamento Popolare) Dott.
DOMENICO IANNANTUONI (Partito per il Sud) Dott. PIERO PIROVANO (Solidarietà)
Dott. ROBERTO GENTILI (Forza Roma) -- Arch. MASSIMO BONECHI (Società Ambiente
Qualità) Dott. FULVIO LORENZETTI (Movimento Alternativa per l'Italia) Dott.
GAETANO TROPEANO (Movimento Democratici "Liberi e Forti" -- Avv GIOVANNI
VISCONTI (Partito della Terra) Dott. ANTONIO SABELLA (Italia Moderata) Dott.
FRANCO REMONDINO (PPE-Italia) Dott. ALBERTO DE MAIO (Movimento per il Centro Unito)
On. Prof. PUBLIO FIORI (Rifondazione Democristiana) -- Cav. Dott. ANTONIO MORETTI
(Coerenza Democratica)
Presidente del Comitato
Per la Riforma Elettorale - Prof. NINO LUCIANI |
Proposta di nuova legge COSTITUZIONALE PER LA
RIFORMA DELLA GOVERNACE |
Il COMITATO promotore della nuova
elettorale, costituito a Bologna il 27 marzo 2007, aperto a nuove adesioni al Comitato e
disponibile al confronto con le altre forze, ha approvato una proposta di legge
elettorale. Questa proposta vuole:
1) l'elezione diretta del Presidente del Consiglio, con modifica della
Costituzione. Il motivo è eliminare la contraddizione attuale tra la volontà degli
elettori di scegliere direttamente il Presidente del Consiglio (la legge vigente dispone
che sia indicato il candidato Premier) e la vecchia Costituzione che ancora richiede la
successiva fiducia al Governo, da parte del Parlamento, cosicché subito dopo le elezioni
può cadere il Governo, in contrasto con la sovranità popolare espressa.
2) la proporzionalità, con sbarramento del 2%, per l'elezione dei
membri del Parlamento. Il motivo è ricostruire il "centro moderato e
interclassita" nello schieramento politico italiano, dopo il vuoto che si è formato
dal 1992-94, in seguito alla caduta della DC e del PSI.MOTIVAZIONI
La proposta vuole chiudere la fase di transizione dalla
prima alla seconda Repubblica. Precisamente:
a) vuole eliminare la contraddizione attuale tra la volontà degli elettori
di scegliere direttamente il Presidente del Consiglio (la legge vigente dispone che sia
indicato il candidato Premier) e la Costituzione che ancora richiede la successiva fiducia
al Governo, da parte del Parlamento, cosicché subito dopo le elezioni può cadere il
Governo. E capitato a Berlusconi nel gennaio 1995, a Prodi nel 1998, e adesso sta
avvenendo di nuovo a Prodi, pur avendo una maggioranza, sia pur risicata. Questa fase
dovrebbe essere chiusa adeguando la Costituzione alla maturità della coscienza popolare;
b) vuole colmare al centro dello schieramento politico italiano, il vuoto che
si è formato dal 1992-94, in seguito alla caduta della DC e del PSI, i partiti che
tradizionalmente svolgevano la mediazione inter-classista. Oggi i partiti di centro,
riemersi nel frattempo, sono caduti in ostaggio dentro due, rispettive, grandi coalizioni
"bipolari" di appartenenza.
IL TESTO DELLA
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
(da approvare con modifiche costituzionali e con legge ordinaria)
1.- ELEZIONE DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
a) Il Presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale diretto, tra
i candidati che hanno ottenuto la nomina a candidato nelle elezioni primarie. Qualora
nessun candidato ottenga la maggioranza assoluta, si passa al ballottaggio tra i due più
votati. Non è eleggibile chi abbia già svolto due mandati consecutivi. Il Premier nomina
e revoca i Ministri, che sono insediati, subordinatamente alla fiducia delle Camere.
b) L'art. 90, comma 2 della Costituzione si applica anche al Presidente del
Consiglio.
c) Elezioni primarie. Tre mesi prima delle
elezioni del Presidente del Consiglio, sono fatte, in base a disposizioni di legge, le
elezioni primarie per scegliere i candidati a Premier. Le
candidature possono essere presentare, con un rispettivo programma, da partiti e
associazioni annotate all'Ufficio del Pubblico Registro
c) Ottiene la nomina a candidato, per ogni rispettivo partito o associazione, chi abbia
ottenuto il maggior numero di voti, purchè il rispettivo partito o associazione abbia
ottenuto più del 10% dei voti degli elettori di almeno 5 Regioni.
2.- NUOVI DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Le leggi e gli atti del Governo, aventi forza di legge,
possono essere rinviati preventivamente alla Corte Costituzionale, per il parere di
costituzionalità, dal Capo dello Stato di propria iniziativa o su richiesta di 1/3 di una
delle Camere o di 5 Consigli Regionali. In caso di parere negativo non ha luogo la
promulgazione.
3.- ELEZIONE DEL PARLAMENTO
a) Il parlamento è eletto a suffragio universale con
riparto dei seggi, tra i partiti, proporzionalmente a voti ottenuti, al netto di uno
sbarramento del 2% dei voti elettorali sia per il partito che si presenti da solo, sia per
la coalizione.
b) La partecipazione dei partiti alle elezioni non richiede firme di
presentazione.
c) Il diritto di voto include la possibilità di esprimere una
preferenza
d) Rimborso delle spese elettorali dei partiti . I partiti hanno diritto al
rimborso delle spese elettorali, proporzionalmente ai voti riportati. Nel caso di partiti
federati presentatisi in unica lista o in coalizione, il partito che esca dalla
federazione o dalla coalizione perde il diritto al rimborso fin dall'origine.
Bologna 27 marzo 2007 |
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LEGGE GELMINI: "ULTIMO MIGLIO"
ANCORA LONTANO
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1)
la Corte dei Conti non ha tuttora apposto il visto e registrato il regolamento
sull'abilitazione scientifica, in esame da mesi;
2) Il Consiglio di Stato non ha ancora dato il parere favorevole al regolamento sui criteri e parametri di giudizio per la
valutazione dei candidati e commissari nelle abilitazioni scientifiche;
3) Non è stata ancora trovata la relativa copertura finanziaria, a parte che
il FFO ha avuto solo 300 milioni aggiuntivi per il 2011, rispetto ai totali
7 miliardi del 2010.
(Per notizia, il FFO fu di 6,2 miliardi nel 2002, in cui ci fu, causa
inflazione per euro, il raddoppio dei prezzi, e dunque il FFO del 2011 dovrebbe essere
12,4 miliardi per essere come nel 2002). |
Francesco Profumo,
ministro università
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Completare lo "ultimo
miglio" ?
La domanda è motivata dal fatto
che c'è un
nuovo ministro che viene dall'università
e dunque, da conoscitore diretto delle cose,
sarebbe quasi d'obbligo riconsiderare
i tre punti (vedi sopra), per la loro crucialità.
MOTIVI ? |
Marco Mancini,
presidente CRUI
|
a) l'abilitazione scientifica nazionale, non seguìta da concorsi (perchè aboliti dalla
legge Gelmini) potrebbe ampliare gli spazi a concorsopoli;
b) la centralizzazione del finanziamento, con ripartizione in base a
indicatori burocratici di "efficienza", potrebbe portare il sistema
universitario fuori dal mondo, come ben si è visto nei sistemi a pianificazone
centralizzata;
c) alcuni dati statistici evidenziano già i danni, creati dalle scelte del
governo Berlusconi. |
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FONTE: CRUI,
http://www.crui.it/HomePage.aspx?ref=2036Le
tematiche più urgenti
sottoposte dalla CRUI al nuovo Ministro F. Profumo.
Tematiche normative:
Accelerare sullapprovazione degli statuti per portare a
compimento il processo di riforma e mettere di nuovo gli Atenei in grado di lavorare
efficacemente
Individuare modelli di gestione dellofferta formativa nella fase di
passaggio segnata dal DM 17/2010, resa ancor più complicata dalla compresenza di un
ordinamento in gestione (basato sulle Facoltà) e uno in proclamazione (basato sulle nuove
strutture stabilite dalla L.240/2010)
Avviare il prima possibile le nuove abilitazioni. Ciò per dare soddisfazione
ai numerosi giovani docenti in attesa ormai da anni di una collocazione
Stabilire un ruolo consultivo della CRUI sui decreti attuativi, di vitale
importanza per adeguare la L.240 alle esigenze pratiche della gestione degli Atenei
Tematiche finanziarie:
Puntare a una programmazione pluriennale dei trasferimenti dello Stato.
Stabilendo soglie di guardia al di sotto delle quali non è più possibile scendere.
Lappuntamento annuale con la Legge di Stabilità e con tutte le incertezze in merito
a tagli e rifinanziamenti distoglie per mesi le Università dalle attività
che, in serenità, dovrebbero svolgere per la comunità
Assegnare tempestivamente lFFO agli inizi dellanno. Sapere su
quale cifra poter contare è indispensabile per la programmazione delle attività
accademiche. Si è ormai allassurdo per il quale la cifra assegnata viene resa nota
quando undici dodicesimi della stessa sono già stati spesi
Ripensare il modello di finanziamento. Tenendo conto di variabili sociali,
territoriali e meritocratiche. Utilizzando le elaborazioni dellANVUR ma facendo
affidamento su indicatori flessibili che tengano conto dellestrema diversità del
nostro Paese
Rilanciare il Diritto allo Studio e con esso ledilizia residenziale. I
meccanismi di finanziamento vanno rivisti per dare certezza agli studenti, soprattutto
quelli capaci e meritevoli che provengono da situazioni disagiate
Cercare una soluzione allannosa questione delle Facoltà di Medicina. Le
Università, attraverso la CRUI, chiedono la costituzione di un organismo tecnico in cui
essere ascoltate, al pari del Sistema Sanitario Nazionale e dei vari sistemi sanitari
regionali. Il loro apporto alla pianificazione gestionale di Facoltà di Medicina e
Policlinici Universitari potrebbe contribuire a risolvere problemi da lungo tempo
irrisolti. |
Nino Luciani, Motivi per non perdere ulteriore tempo verso
un "ultimo miglio-chimera"
1.- Dove andremo in seguito all'abolizione del
concorsi ? Le vicende dei concorsi "deviati", del tempo che fu, hanno
creato grande turbamento nell'opinione pubblica. Ma sia chiaro che il peccato originale
era nella burocrazia ministeriale o nelle leggi che avevano fatto le regole concorsuali.
a) perchè il peccato originale nella burocrazia ministeriale ? Per
il 1980-98 il DPR 382/80 aveva previsto 9 concorsi ("uno" ogni due anni). Ne
furono fatti 3. Questo fatto determinò l'emarginazione di una intera generazione di
professori associati, i quali gridarono allo scandalo, ma anche determinarono il
decadimento del buon nome dei concorsi universitari. L'emarginazione fu dovuta al fatto
che, causa ritardo, la gran parte dei professori ordinari del tempo era andata in
pensione, cosicchè (per fare le commissioni di concorso) era subentrata una nuova
generazione di prof. ordinari, i quali convennero tacitamente di privilegiare i loro
allievi per i posti a concorso. Chi aveva passaro il turno, andava consideto perduto.
Qualcosa del genere si va ora ripresentando nel rapporto tra ricercatori vecchi (quelli a
tempo indeterminato) e nuovi (quelli a tempo determinato), per lo stesso motivo. Dai tempi
della Moratti, i concorsi vanno molto a rilento;
b) perchè anche nelle leggi sui concorsi. La legge 210/1998 sbloccò i
concorsi affidandone la gestione alle Universià, ma anche stabilì modalità di fare le
commssioni, praticamente su misura delle università locali (ossia con membri votati, su
indicazione dei capi corporazione nazionale dei settori). Da qui, concorsopoli ebbe uno
straordinario impulso, basato sul voto di scambio, nel fare le commissioni.
La legge Gelimini ha portato il sorteggio per fare le commissioni, ma solo per il
conferimento dell'abilitazione scientifica nazionali. Invece, niente concorsi per
assegnare i posti. Le università chiameranno dentro la lista degli abilitati.
Commento: prevedo che concorsopoli aumenterà all'ennesima potenza.
2.- La centralizzazione ulteriore del sistema
finanziario potrebbe portare l'università fuori dal mondo. Penso
che lattuale centralizzazione della gestione del sistema finanziario potrebbe
portare l'università fuori dal mondo, per la inadeguatezza dei cosiddetti indicatori di
efficienza delle università. Per chi ha studiato i sistemi a pianificazione
centralizzata, sa che le cose potrebbero essere ben diverse nei fatti.
Tutti i sistemi a pianificazione centralizzata devono inventarsi dei
parametri di efficienza, non potendo regolarsi sui prezzi (come fanno le imprese che
operano sul mercato) e non potrebbe essere altrimenti. Ma, poi, sono davvero, parametri
che determinano comportamenti virtuosi ? Ad es., il classico riferimento al numero dei
laureati nei tempi programmati ed alla media elevata dei voti dello studente può essere
un indicatore di efficienza del "passato", ma il finanziamento in base a questi
indicatori potrebbe non produrre la "efficienza per il futuro", in quanto le
università sono stimolate a |
promuovere tutti gli studenti, per ottenere più
danari dal Miur. C'è, poi, il fatto che molti di quegli indicatori sono costruiti con
dati statistici vecchi, anche di anni, e che anche la relativa la gestione amministrativa,
troppo particolareggiata, finisce di essere molto costosa, già di suo. E cè anche
che il finanziamento centralizzato è tardivo. Siamo alla fine del 2011, e solo da qualche
settimana, le Università sono venute a conoscenza del FFO 2011. Direi che dobbiamo
abbandonare questo sistema, e decentrare con un adeguato criterio di responsabilizzazione,
fermo il finanziamento statale come idea di base.
3. Riprendere la Legge Ruberti, e adeguarla ai tempi.
Quale quadro di riferimento, riprenderei la legge Ruberti del 1889, sul via
allautonomia, e la adatterei su alcuni punti:.
a) Per la didattica, la via maestra è finanziare le università
in base al costo standard per studente. Ciò determinerà in automatico un premio delle
migliori e una pena per le peggiori. Es.: chi spende meno dello standard, tratterrà
l'eccedenza. Poi, va da sè che in prima attuazione si potrebbe ancora garantire il
pareggio del bilancio, a carico dello Stato, anche alle meno virtuose..., per dare tempo
alladattamento.
Occorre, poi, introdurre una flessibilità nella determinazione dei
contributi studenteschi, già oggi gestiti contra legem nella metà degli Atenei (superato
il 20% del FFO). Ma questa flessibilità si puo' fare solo previo un accordo con gli
studenti, per la protezione dei "bisognosi e meritevoli" (art. 34 della
Costituzione), creando un fondo apposito presso il Miur, ed eventualmente con delega di
gestione alle Regioni.
In ogni caso, per la generalità degli studenti, i contributi
studenteschi dovrebbero potere essere aumentati dalle universita' in base alle esigenze di
bilancio, tuttavia senza potere mai superare un tetto che garantisca una protezione
pubblica generale al diritto allo studio. Ad es., i contributi studenteschi non dovrebbero
mai superare il 30% della spesa corrente totale.
b) Per la ricerca, potrebbe andar bene il finanziamento in base
alla statistica ponderata delle pubblicazioni (come, in parte, si sta facendo), ma con una
flessibilità (ai giovani, va dato credito).
4.- Alcuni dati statistici. La più grande
(ir)responsabilità del Governo Berlusconi, verso l'Università, è aver cercato di
"riformarla" in una discontinuità, anche rispetto alle cose positive del
passato, non tenendo conto che il "sapere" è un fatto di accumulazione, che va
preservato e consegnato alla successive generazioni.
La discontinuità più rilevante, a cui mi riferisco è quella tra maestri e
allievi, per mancato turnover. Mancando questo anello, grandi scuole sono andate
definitivamente perdute, e i giovani dispersi (la meglio gioventù d'Italia).
Le statistiche, raccolte qui sotto, mostrano, poi, che nel periodo 2008-2011
sono venuti a mancare quasi 6.597 docenti di ruolo, di cui ben 3.748 prod. ordinari.
Per giustificare il taglio dei professori, il governo ha infamato
l'università, enfatizzando la corruzione nei concorsi e la "dilapidazione" del
denaro pubblico ad opera dei prof. ( si vegga il resoconto dell'Aula del Senato del
29 luglio 2010).
Circa gli sprechi finanziari, se guardiamo ai dati statistici di bilancio
(Fonte: Tesoro), troviamo che il FFO - Fondo statale per il finanziamento delle
Università) era 6,2 miliardi nel 2002, ed è 7,4 miliardi nel 2011. Se teniamo conto che
nel 2001-2002 c'è stata la grande inflazione (causa euro) che ha raddoppiato i prezzi,
deduciamo che il FFO (per essere almeno come nel 2002 in termini reali) dovrebbe essere
12,4 miliardi. Come si può capire, i professori sono, oggi, diventati poveri, per cui
anzi si pone un problema di rifinanziamento dell'università, se non si vuole proseguirne
la demolizione.
Altri dati rivelano, poi, che invece sale il precariato: aumentano i
ricercatori a tempo determinato. Compare una cifra rilevante per gli assegnisti del 2011
(non ho trovato le cifre degli anni precedenti). E compare una cifra molto alta per i
professori a contratto per insegnamenti ufficiali.
In conclusione parrebbe doversi dedurre che il carico didattico è risultato
incomprimibile, dato il numero degli studenti, e che si è provveduto con personale non
"garantito".
Last but not least. La sospensione dei concorsi va prospettando una nuova
conflittualità tra i docenti: quelli più anziani rischiano di essere scavalcati da
quelli giovani, come già nel 1980-98, a causa dall'uscita di scena della vecchia
generazione di professori ordinari per stare in commissione giudicatrice di concorso. Nino
Luciani |
|
Università
Statali |
2008 |
|
2010 |
2011 |
|
|
|
|
|
Prof. Ordinari |
18227 |
|
|
14479 |
Prof. Associati |
17549 |
|
|
15807 |
Ricercatori TI e ass. ord |
24492 |
|
|
23385 |
Totale docenti |
60268 |
|
|
53671 |
|
|
|
|
|
Ricercatori TD |
307 |
|
|
840 |
|
|
|
|
|
Assegnisti |
|
|
|
11986 |
Professori a contratto |
34546 |
|
32341 |
|
Fonte: Cineca |
|
|
|
|
UNIVERSITA' - FFO Fondo statale di Finanziamento Ordinario,
in milioni di Euro, a prezzi correnti
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
FFO |
5.784 |
6.158 |
6.189 |
6.225 |
6.545 |
6.983 |
6.935 |
6.957 |
7.352 |
7.496 |
7.166 |
7.466 |
|
Fonti: ISTAT, Annuario statistico italiano, anni da
2002 a 2008
Miur, Ufficio di statistica, http://statistica.miur.it/
Le cifre del FFO per il
2008, 2009, 2010 tengono conto del fondo straordinario di 550 milioni di cui alla legge
finanziaria 2008, e
(per il 2010) della integrazione di 400 milioni, di cui alla legge finanziaria 2010.
Queste cifre
mancano nei documenti
del Miur.
La cifra del 2011 è
costruita aggiungendo, alla cifra del 2010, i 300 milioni di euro, di cui alla legge
98/2011. |
|
Decreto-legge n. 78 del 2010 (retribuzione ricercatori confermati
e Legge Gelmini 240/2010 , stato di costruzione dei decreti attuativiDPR |
MariaStella Gelmini
|
ADU, ANDU,
CISL-Università, CNRU, CNU, CoNPAss, FLC-CGIL,
RETE29Aprile, SNALS-Docenti, SUN, UGL-Università, UIL-RUA
APPELLO alla MINISTRA:
"NON BLOCCATE LA RETRIBUZIONE DEI RICERCATORI
E PROF. ASSOCIATI AL MOMENTO DELLA CONFERMA IN RUOLO"
Sotto: notizie sullo stato di fattura dei decreti
attuativi della legge Gelmini |
APPELLO
1) La questione della conferma dei ricercatori, degli
associati e degli ordinari confermati nel 2010 e successivamente.
I docenti universitari (ricercatori, professori associati o
professori ordinari) alla presa di servizio devono affrontare un periodo di prova di tre
anni. Al termine di tale periodo, una Commissione nazionale verifica la congruità del
lavoro svolto; all'esito positivo del giudizio consegue la conferma nel ruolo e la
corresponsione dello stipendio pieno.
Il 9 giugno 2011, in risposta ad una interpellanza dellon. prof. Vassallo, il
Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Luca Bellotti ha escluso
lapplicabilità del blocco delle retribuzioni previsto per i dipendenti pubblici
(articolo 9, comma 21, del decreto-legge n. 78 del 2010) ai passaggi dei ricercatori e
professori associati da non confermati a confermati e dei professori straordinari a
ordinari.
In particolare il Sottosegretario ha affermato: "non trattandosi, pertanto, di
progressioni di carriera, non trova applicazione, alle suddette conferme in ruolo, la
disposizione di cui all'articolo 9, comma 21, del decreto-legge n. 78 del 2010 con
conseguente efficacia delle stesse sia ai fini giuridici sia ai fini economici con
attribuzione del relativo adeguamento stipendiale".
Si chiede con forza ai Rettori che non lhanno ancora fatto di rispettare
quanto previsto dal DPR 382/1980 e di riconoscere, quindi, ai confermati quanto loro
dovuto per legge, evitando così, tra l'altro, ricorsi amministrativi onerosi anche per
l'Amministrazione.
Si richiede altresì al Governo di vigilare affinché sia
assicurata leffettiva e corretta applicazione della legge, al fine di evitare il
comportamento illegittimo di quei Rettori che pensano di ridurre gli effetti dei tagli
'rifacendosi' sui alcuni colleghi, negando loro diritti acquisiti e spettanti.
2) La questione dei ricercatori neoassunti
Come è noto, fino ad ora, i ricercatori neo assunti percepiscono nel primo anno
uno stipendio ridotto di circa il 20%. LEsecutivo, per non lasciare i ricercatori
neo assunti con lo stipendio ridotto (circa 1200 euro) per tutta la durata del blocco
(fino al 2014), sta preparando un provvedimento per anticipare al primo anno la
corresponsione dello stipendio "pieno". Purtroppo, nell'attuale versione del
provvedimento, non viene esplicitamente chiarito che ciò varrà anche per coloro che sono
stati assunti nel 2010.
Per evitare una mostruosità giudica e un grave danno-beffa per
gli interessati, si chiede al Governo - e anche al Parlamento in sede di espressione dei
pareri sui decreti attuativi della Legge 240/10 - di riformulare opportunamente la norma.
7 novembre 2011 |
Stato dei Decreti e Regolamenti attuativi della Legge
Gelmini n. 240/2010, al 31 ott. 2011.
(Elaborazione dati CNE e Il Sole-24 ORE, Fonte: http://www.universitaericerca.it/ ) |
Regolamento abilitazione scientifica nazionale, inviato il 5 ott.
a Corte dei Conti, per registrazione.
NOTA. Pur se ancora non si ha il testo ufficiale, esso non dovrebbe essere molto diverso
da quello a suo tempo
inviato alle Camere, per il parere di conformità alla legge, che abbiamo pubblicato, qui
sotto. Clicca su: DPR |
MariaStella Gelmini
|
Il Decreto Ministeriale
sui settori concorsuali,
incluso l' ALLEGATO A (settori
concorsuali)
NOTA. Rimane, invece, ancora in viaggio il
Decreto
con i criteri per la valutazione dei Commissari,
inviato al Consiglio di Stato per il parere di legittimità |
NOTA. Il Decreto con i criteri per la valutazione dei
Commissari è, forse, il più difficile da fare. Non era mai successo che un concorso
universitario richiedesse, preventivamente, un esame per i professori ordinari, per essere
commissari.
Ne deriva che il primo ostacolo è che i proff. ordinari accettino una nuova
mentalità.
Personalmente, penso che il Miur si esponga a mulini al vento, perchè (in
questo primo passaggio) il prof. non è sollecitato da un interesse personale preciso a
stare in commissione: trattasi di distribuire una "abilitazione" non legata ad
un posto da attribuire a qualcuno, e per di più espondosi ad un giudizio negativo
dell'ANVUR, e ad una fatica immensa, con una remunerazione poco più che simbolica.
C'è dell'altro, i macro-settori concorsuali sono talmente ampi, che
non si vede come sarà garantita una abilitazione specialistica, come oggi si richiede per
il progresso scientifico. E' questo sarà un ulteriore deterrente per i
prof. a candidarsi, in quanto essi (in termini di probabilità) dovrebbero dare una
abilitazione a qualcosa, che non posseggono.
Forse il legislatore aveva, a suo tempo, mangiato la foglia, tant'è che
dopo avere ottemperato a tutti gli "oremus" per il merito, voluti dalla GELMINI,
ha aggiunto laconicamente: "Nell'ipotesi in cui il numero dei professori inseriti
nella lista di cui al comma 2 è inferiore a otto, si provvede all'integrazione della
stessa mediante l'inserimento degli altri professori afferenti al macrosettore
concorsuale". Qui la verifica sui requisiti non è menzionata, in esplicito. Nino
Luciani |
Decreto Ministeriale
29 luglio 2011 n. 336, Determinazione dei settori concorsuali,
raggruppati in macrosettori concorsuali, di cui all'articolo 15, Legge 30 dicembre
2010, n. 240
Articolo 1 -
1. I settori concorsuali, raggruppati in macrosettori concorsuali, di cui
all'articolo 15 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, sono determinati come risulta
nell'allegato A (elenco dei macrosettori e settori concorsuali e delle corrispondenze tra
i settori concorsuali e i settori scientifico-disciplinari di cui al D.M. 4 ottobre 2000)
e nell'allegato B (declaratorie dei settori concorsuali). 2. In prima applicazione, ai
fini di cui agli articoli 18, 22, 23 e 24 della stessa legge, i settori concorsuali sono
articolati nei settori scientifico-disciplinari indicati nel medesimo allegato A. I
predetti allegati costituiscono parte integrante del presente decreto.
Articolo 2
1. Per i settori concorsuali per i quali è prevista, ai sensi dell'allegato A al
presente decreto, la corrispondenza univoca con uno dei settori scientifico-disciplinari
di cui al D.M. 4 ottobre 2000, il Rettore provvede all'inquadramento dei professori di I e
II fascia e dei ricercatori nei settori concorsuali con appositi decreti ricognitivi. 2.
Per i settori concorsuali per i quali la corrispondenza non è univoca, l'inquadramento è
disposto a domanda dell'interessato da presentare al Rettore, tramite apposita procedura
informatizzata messa a disposizione dal Ministero, entro 30 giorni dalla data di
pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale. In caso di mancata
presentazione della predetta domanda entro i termini previsti, il Rettore dispone
l'inquadramento, sentito il Dipartimento di afferenza dell'interessato. Tutti i decreti di
inquadramento devono, comunque, essere adottati entro 60 giorni dalla di data
pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale.
Articolo 3
A decorrere dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta
Ufficiale i passaggi da un settore concorsuale ad un altro, ovvero da un settore
scientifico-disciplinare ad un altro possono essere disposti solo successivamente ai
provvedimenti di reinquadramento di cui all'articolo 2. La richiesta di passaggio da un
settore concorsuale ad un altro deve essere corredata da quella di passaggio ad un settore
scientifico-disciplinare ricompreso nel settore concorsuale nel quale si richiede di
essere inquadrati. I relativi provvedimenti sono adottati con decreto rettorale, previa
acquisizione del parere del C.U.N., motivando l'eventuale difformità. Il parere è reso
da parte del C.U.N. entro 45 giorno dal ricevimento della richiesta.
Articolo 4
Il Ministero verifica con cadenza biennale la consistenza numerica a regime dei
settori concorsuali e dei settori scientifico disciplinari in relazione a quanto previsto
dall'articolo 15, comma 2, della Legge 30 dicembre 2010, n. 240. Tale verifica è
effettuata almeno sessanta giorni prima dell'indizione delle procedure per il
conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale di cui all'articolo 16 della stessa
legge.
Articolo 5
In prima applicazione, entro dodici mesi dalla data di pubblicazione del presente
decreto, il Ministero verifica l'adeguatezza dei settori concorsuali e dei settori
scientifico disciplinari di cui all'allegato A e, sentito il C.U.N., provvede, ove
necessario, ad avviare le procedure per la loro rideterminazione ai sensi di quanto
previsto dall'articolo 15, comma 2, della Legge 30 dicembre 2010, n. 240. Tale verifica
viene ripetuta con cadenza almeno biennale.
Roma, 29 luglio 2011 .
f.to IL MINISTRO Mariastella Gelmini
SEGUE L'ALLEGATO A:
Elenco dei settori concorsuali e dei settori scientifici, ricompresi nei primi.
CLICCA SU: macro-settori
concorsuali. |
|
.
Schema di DPR recante Regolamento per l'abilitazione
scientifica nazionale
per l'accesso al ruolo dei professori universitari, a norma dell'art. 16 Legge 240/2010.
AGGIORNAMENTO
Risulta da notizie, non ufficiali, che lo Schema è stato ultimamente firmato dal Miur e trasmesso
al Presidente della Repubblica, per la firma definitiva.
Dopo questo passaggio, posto che tutto vada liscio, ci saranno i normali
tempi tecnici (controllo della Corte dei Conti e pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale).
Si parla di un paio di mesi, per il traguardo finale.
Questo Regolamento è molto atteso, e anzi è vitale per la ripresa di un qualche
respiro dell'università.
Ma forse ci saranno altre prove da superare. Temo, infatti, che esso non potrà
funzionare e quindi che l'università resterà collocata in un limbo infinito, con danni
irreparabili, per mancato turnover (carenza di insegnamenti validi, e perdita di
patrimonio scientifico).
Il motivo è che, per l'abilitazione, la legge vuole non solo un esame per
gli aspiranti, ma anche per i professori da mettere in Commissione. Nino
Luciani |
|
MariaStella Gelmini
|
Il Senato (il 13 luglio 2011) e la Camera (il 14 luglio 2011) hanno dato
parere favorevole allo Schema di Regolamento. Qui sono pubblicati i due pareri
NOTA. I due pareri sono obbligatori,
ma non vincolanti. Essi sono stati favorevoli, ma con consigli e osservazioni di un
qualche peso.
C'è, inoltre, la circostanza che i due pareri del Consiglio di Stato
non sono stati pienamente favorevoli.
Tenuto conto dei due eventi, non è da escludere che il Presidente Napolitano
faccia scricchiolare qualche cardine, e non apra la porta al Regolamento automaticamente.
|
Per comodità degli interessati, si riprende una premessa della Commissione
istruzione e precisamente che:
- la legge n. 240 del 2010, nel procedere al riordino dell'ordinamento universitario, ha
previsto come requisito necessario per l'accesso alla prima e alla seconda fascia dei
professori l'istituto dell'abilitazione scientifica nazionale, regolandone i contenuti
all'articolo 16;
- in particolare, l'articolo 16 ha disposto l'istituzione di una commissione per
ciascuno dei settori concorsuali, introdotti dall'articolo 15 della legge n. 240 del 2010;
- la durata di ogni commissione è stabilita in due anni ed il numero dei
commissari componenti è pari a cinque. Di questi, quattro sono scelti all'interno di una
lista composta dai professori ordinari del settore concorsuale di riferimento, che abbiano
fatto domanda, ed uno è scelto tramite sorteggio all'interno di una lista, predisposta
dall'ANVUR, di almeno quattro studiosi o esperti in servizio presso università di un
Paese aderente all'OCSE;
- annualmente viene indetto il bando per il conseguimento dell'abilitazione per
ciascun settore concorsuale, in maniera distinta per la prima e la seconda fascia dei
professori universitari. Il decreto di indizione è adottato dal competente Direttore
generale del MIUR nel mese di ottobre di ogni anno;
- il termine per la presentazione delle domande non può superare trenta giorni
dalla data di pubblicazione del decreto sul sito del Ministero. Le domande - complete
della documentazione di cui alla lettera a) del comma 3 dell'articolo 16 della legge n.
240 del 2010 - devono essere presentate per via telematica;
- la commissione è tenuta a concludere i suoi lavori entro cinque mesi dalla data
di scadenza del termine per la presentazione delle domande. Essa delibera l'abilitazione
scientifica del candidato (la cui validità è di quattro anni dal conseguimento), se sono
favorevoli almeno quattro commissari su cinque, e può acquisire pareri scritti pro
veritate sull'attività scientifica dei candidati da parte di esperti revisori in possesso
di caratteristiche simili a quelle dei commissari;
- dal novembre 2008 non sono stati più tenuti bandi di concorso per professori di
prima e seconda fascia e che quindi nelle università italiane vi è una comprensibile,
fortissima aspettativa per una rapida entrata in funzione delle nuove modalità di
reclutamento dei professori universitari previste dalla legge n. 240 del 2010, basate
sulla abilitazione scientifica nazionale;
- nel contesto del sistema definito dall'articolo 16 della legge n. 240 del 2010
per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale, si prevede l'istituzione di
una commissione per ciascuno dei settori concorsuali, di cui all'articolo 15 della stessa
legge n. 240;
- a tutt'oggi il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ha
ancora emanato il decreto di natura non regolamentare di definizione dei settori
concorsuali, che avrebbe dovuto essere emanato entro sessanta giorni dalla data di entrata
in vigore della legge n. 240 (29 gennaio 2011); peraltro la bozza di questo decreto è
stata già approntata dal MIUR e su di essa il CUN ha espresso il 10 marzo scorso il
proprio parere (favorevole);
- in base alle anticipazioni raccolte nel corso delle audizioni effettuate al
Senato il numero dei settori concorsuali dovrebbe essere intorno a 180, pari cioè a poco
meno della metà dei settori scientifico-disciplinari (che sono 370);
il MIUR non ha ancora emanato il decreto previsto dall'articolo 16, comma 3,
lettera a), della legge n. 240 del 2010, riguardante la definizione di criteri e
parametri, differenziati per funzioni ed area disciplinare, con cui le commissioni
dovranno esprimere il motivato giudizio relativo ai candidati all'abilitazione
scientifica.
Senato - 7ª Commissione permanente - Resoconto
sommario n. 314 del 13/07/2011 PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE
SULL'ATTO DEL GOVERNO N. 372
La Commissione, esaminato, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23
agosto 1988, n. 400, e dell'articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, lo schema di
decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento per il conferimento
dell'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso al ruolo dei professori
universitari,
......
.....
esprime parere favorevole, con le seguenti condizioni:
a) all'articolo 1 si ritiene necessario introdurre la definizione di "area
disciplinare", richiamata all'articolo 4, comma 1. Qualora il Ministero confermasse
l'intenzione di modificare i commi 1 e 2 del medesimo articolo 4 conformemente a quanto
indicato nell'allegato 3-b citato nelle premesse, occorrerebbe poi inserire all'articolo 1
anche la definizione di "CEPR-Comitato esperti per la politica della ricerca";
b) in merito al comma 4 dell'articolo 3, con riferimento agli effetti del mancato
conseguimento dell'abilitazione, si ritiene che la corretta interpretazione dell'articolo
16, comma 3, lettera m), della legge n. 240 del 2010 non consenta di concludere che il
mancato conseguimento dell'abilitazione preclude la partecipazione a tutte le procedure di
abilitazione indette nel biennio successivo per la medesima fascia oppure per la fascia
superiore; conforme alla ratio della citata disposizione legislativa è invece la
disposizione del comma 4 dell'articolo 3 dello schema di decreto modificato, riportato al
citato allegato 3-b. Tale modifica risulta perciò indispensabile.
c) circa il comma 5 dell'articolo 3, si giudica corretto il testo contenuto nello
schema di decreto originario.
Si esprime invece parere contrario sulle modifiche prefigurate a tale
riguardo nello schema riportato nell'allegato 3-b, con riferimento al divieto fatto ai
commissari di divulgare titoli e pubblicazioni presentate dai candidati. Tale divieto
generale finirebbe infatti per sottrarre al controllo diffuso tutta l'attività della
commissione e soprattutto le scelte da essa compiute. Non è accettabile che la
personalità e la preparazione scientifica dei candidati debbano essere circondate da una
sorta di riservatezza. Per salvaguardare eventuali esigenze di copyright è opportuno
operare una distinzione: devono essere divulgabili tutti i dati normalmente inseriti in un
curriculum, quali i titoli conseguiti e i titoli delle pubblicazioni (anche se soggette a
copyright).
Non divulgabili dovrebbero essere unicamente i testi delle pubblicazioni soggette a
copyright, che il candidato all'abilitazione dovrebbe precisare con chiarezza. In questo
modo verrebbero salvaguardati sia gli essenziali principi di trasparenza dell'attività
della commissione, sia gli obblighi di copyright assunti dai candidati;
d) con riferimento all'articolo 6, si ritiene che il comma 8, prevedendo la
possibilità che all'interno di una commissione di abilitazione sia presente un secondo
commissario facente parte della stessa università, contravvenga a quanto previsto
dall'articolo 16, comma 3, lettera g), della legge n. 240 del 2010. Si sollecita perciò
la soppressione di tale previsione, conformemente a quanto indicato nell'allegato 3-b;
e) si osserva che il comma 9 dell'articolo 6 prevede la presenza in ciascuna
commissione di almeno un componente per ciascun settore scientifico-disciplinare
(ricompreso nel settore concorsuale) al quale afferiscono almeno trenta professori
ordinari: tale circostanza potrebbe però non essere assicurata nel caso in cui il numero
dei settori scientifico-disciplinari che si trovino nella predetta condizione fosse
superiore a quello dei commissari da sorteggiare ai sensi del comma 2 dello stesso
articolo 6 (quattro), con conseguente necessità di ricorrere ad un'ulteriore procedura di
sorteggio, come previsto dal successivo articolo 7, comma 2. Pertanto, appare necessaria
la modifica - al predetto comma 9 dell'articolo 6 - prefigurata nell'allegato 3-b, con la
quale si aggiunge l'inciso: "per quanto possibile";
f) va altresì confermata la modifica recata nell'allegato 3-b al comma 11
dell'articolo 6, che nell'originaria formulazione porterebbe alla conseguenza - non
accettabile - che gli studenti possano essere esaminati da un docente che non ha tenuto il
corso;
g) per quanto riguarda il comma 8 dell'articolo 7, si ritiene che il principio a
cui occorre attenersi per la partecipazione alle commissioni di abilitazione non è quello
della permanenza in servizio dei commissari per tutta la durata dell'attività della
commissione, ma è quello in base al quale la qualifica di professore ordinario debba
sussistere al momento in cui si procede alla nomina, sia per i commissari italiani che per
il commissario straniero. In tal senso va perciò riscritto il predetto comma 8;
h) si ritiene necessario aggiungere, in fine dell'articolo 8, un comma relativo
alle modalità di presentazione pubblica del giudizio della commissione;
i) in merito all'articolo 9, non risulta che la norma transitoria di cui al comma 2
sia sostenuta da apposita disposizione nella legge n. 240 del 2010; data la ragionevolezza
di tale previsione si richiede una urgente integrazione legislativa (continua); |
Camera - Commissione cultura 14
luglio 2011-07-16 PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE
La VII Commissione (Cultura, scienza ed istruzione), esaminato lo schema di
decreto legislativo recante il regolamento per il conferimento dell'abilitazione
scientifica nazionale per l'accesso al ruolo dei professori universitari, a norma
dell'articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240;
.....
....
esprime PARERE FAVOREVOLE con le seguenti condizioni:
1. con riguardo all'articolo 3, comma 2, venga definito in maniera univoca già nel
regolamento il termine di trenta giorni per la presentazione delle domande, facendo,
inoltre, riferimento, quale dies a quo, esclusivamente alla data di pubblicazione del
decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana;
2. con riguardo all'articolo 4, nella definizione dei criteri e dei parametri
differenziati per funzioni e per area disciplinare si tenga presente la specificità delle
aree, di modo che i parametri anche quantitativi indicati non inficino la natura
eminentemente qualitativa propria di ogni valutazione efficiente;
3. con riguardo all'articolo 6, si preveda un primo sorteggio nell'ambito del
macrosettore, volto a integrare la lista dei professori del settore concorsuale fino a
raggiungere il numero di 8, e che il sorteggio dei commissari si effettui nell'ambito
della lista così integrata; 4. con riguardo all'articolo 6, comma 5, venga previsto che
anche l'accertamento della qualificazione degli aspiranti commissari provenienti da atenei
italiani sia effettuata dall'ANVUR;
5. con riguardo all'articolo 6, comma 11, va confermata la previsione di esenzione
solo parziale dalla attività didattica, a domanda, per i commissari in servizio presso
atenei italiani, dovendo comunque essere assicurato lo svolgimento delle sessioni di
esame;
6. con riguardo all'articolo 7, comma 1, lettera b), venga soppressa la previsione
secondo cui, in caso di omonimia, l'ordine di priorità è definito sulla base della data
di nascita;
7. con riguardo alla formazione di ciascuna commissione, si preveda il sorteggio
anche di membri supplenti, per il caso di dimissioni o di impossibilità a seguire i
lavori da parte dei membri effettivi;
8. con riguardo all'articolo 8, ove è previsto che le commissioni sono tenute a
concludere i propri lavori entro 5 mesi dalla data di scadenza del termine per la
presentazione delle domande dei candidati, venga rispettato il dettato dell'articolo 16,
comma 3, lett. e), della legge n. 240 del 2010, che dispone che i 5 mesi decorrono
dall'indizione della procedura;
9. si precisi, con riguardo all'articolo 8, comma 3, che i pareri pro-veritate
possono essere richiesti solo dalla maggioranza della Commissione;
10. si abroghi il comma 5 dell'articolo 1 della legge n. 230 del 2005, che aveva
conferito una delega al Governo nella stessa materia, da esercitare entro 6 mesi dalla
data della sua entrata in vigore;
11. si proceda alla necessaria garanzia, ai sensi dell'articolo 16, comma 3,
lettera e), della legge n. 240 del 2010, della pubblicità degli atti e dei giudizi
espressi dalle commissioni, al fine di assicurare la massima trasparenza dei lavori delle
commissioni; e con le seguenti osservazioni:
a) con riguardo all'articolo 3, comma 5, si valuti l'opportunità di
prevedere che titoli e pubblicazioni scientifiche, editi prima della data di entrata in
vigore del decreto, possano essere presentati al Ministero per via cartacea ovvero per via
telematica, e di prevedere che possano essere presentate esclusivamente per via telematica
soltanto le pubblicazioni aventi data posteriore all'entrata in vigore del decreto;
b) all'articolo 6, comma 9, si valuti l'opportunità di sostituire le
parole "La formazione della lista di cui al comma 2" con le parole "Il
sorteggio nell'ambito dei componenti della lista di cui al comma 2", nonché
l'opportunità di spostare il comma in questione nell'ambito dell'articolo 7, dedicato
alle operazioni di sorteggio;
c) all'articolo 8, comma 1, terzo periodo, si valuti l'opportunità di
sopprimere le parole "per almeno sette giorni prima della successiva riunione della
commissione";
d) con riguardo all'articolo 9, comma 2, si valuti l'opportunità di
specificare che, ai fini delle procedure di formazione delle commissioni, resta fermo
quanto previsto dall'articolo 1, comma 12, della legge 4 novembre 2005, n. 230, includendo
tra i soggetti in possesso di idoneità anche coloro i quali, ai sensi di tale legge,
abbiano prestato servizio in qualità di professori ordinari di ruolo;
e) si valuti l'opportunità di prevedere una rigorosa applicazione della
disciplina in materia di incompatibilità e conflitto di interessi tra commissari e
candidati a normativa vigente, in quanto applicabile;
f) si valuti l'opportunità di attivare al più presto l'Anagrafe dei
professori e dei ricercatori, affinché possa essere utilizzata in sede di valutazione per
il conferimento dell'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso al ruolo dei
professori universitari. (FINE DEL PARERE) |
j) ai commi 2 e 3 dell'articolo 9,
si richiede di precisare i termini temporali di validità delle deroghe disposte. La
Commissione esprime altresì le seguenti osservazioni:
1) nel preambolo, appare opportuna l'espunzione del riferimento ai pareri della
CRUI e del CUN, poiché tali pareri non sono previsti nella procedura per l'approvazione
ed emanazione del regolamento in esame;
2) con riferimento all'articolo 2, che definisce l'oggetto del regolamento, se ne
ritiene opportuno il mantenimento per finalità sistematiche e di chiarezza
interpretativa;
3) con riferimento al decreto del Ministro per la definizione dei criteri e
parametri per la valutazione dei candidati, di cui al comma 1 dell'articolo 4 - che dà
attuazione all'articolo 16, comma 3, lettera a), della legge n. 240 del 2010 - si ritiene
che la sua natura (non regolamentare, come dichiarato nella relazione illustrativa, o
invece regolamentare, come ritenuto dal Consiglio di Stato), dipenda dal contenuto del
decreto stesso. Il punto merita la massima attenzione, per le ovvie implicazioni in
possibili controversie. Comunque sia, si postula la tempestiva emanazione di questo
decreto, poiché da esso dipende l'intero processo di istituzione dell'abilitazione
scientifica nazionale, di cui è ben nota l'urgenza;
4) particolare delicatezza rivestono le modalità di accertamento della
qualificazione degli aspiranti commissari, di cui allo stesso comma 1 dell'articolo 4; la
legge n. 240 del 2010 prescrive all'articolo 16, comma 3, lettera h), che i professori di
prima fascia che aspirano ad essere inseriti nella commissione di abilitazione di un dato
settore concorsuale: a) appartengano allo stesso settore concorsuale; b) abbiano
presentato domanda per essere inclusi nella commissione; c) abbiano reso pubblico per via
telematica il proprio curriculum, evidenziando le attività svolte nell'ultimo
quinquennio; d) siano in possesso di un curriculum coerente con i criteri e parametri di
cui al decreto ministeriale citato all'osservazione di cui al punto 3); e) siano stati
valutati positivamente dalla propria università in merito all'attività didattica,
all'attività di servizio agli studenti e all'attività di ricerca, secondo quanto
previsto dall'articolo 6, comma 7, della legge n. 240 del 2010. L'accertamento della
sussistenza delle condizioni a), b), c) ed e) può certamente essere effettuata dagli
uffici del Ministero, in quanto si tratta di mere verifiche di documenti; invece, per
quanto riguarda la condizione d) è difficile in questa sede esprimere un parere, non
essendo noti i contenuti del citato decreto ministeriale. In dipendenza di questi
contenuti potrà darsi che la sussistenza della condizione d)sia accertabile da parte
degli uffici del Ministero, oppure, al contrario, che sia per essa necessaria una
valutazione da parte di organi collegiali ad hoc. In questo caso, dato che il citato
decreto ministeriale distinguerà criteri e parametri per area disciplinare, una soluzione
sarebbe quella di costituire 14 organi collegiali ad hoc, con competenza ciascuno in
un'area disciplinare. Per la composizione di tali organi collegiali, se ritenuti
necessari, il MIUR potrà riferirsi, ad esempio, ai panel di area disciplinare predisposti
dall'ANVUR, eventualmente integrati mediante i professori ordinari del CUN. Peraltro, i
professori ordinari che si candidano presentano tutte le garanzie appartenendo al settore
concorsuale della commissione ed essendo stati valutati positivamente dalla propria
università in ordine all'attività didattica, all'attività di servizio agli studenti e
all'attività di ricerca. Su questo punto una modifica legislativa della legge n. 240 del
2010 potrebbe essere opportuna;
5) per quanto riguarda il comma 3 dell'articolo 8, si ritiene debbano essere
specificate con maggior dettaglio le disposizioni in ordine all'acquisizione ed agli
effetti dei pareri pro veritate; le commissioni dovrebbero assolutamente evitare di
esternalizzare, con la richiesta di questi pareri, il proprio mandato decisionale (così
come il giudice non rinuncia al proprio compito quando si avvale di periti). Su questo
punto va tenuto presente che oltre la metà dei 370 settori scientifico-disciplinari ha un
numero di ordinari inferiore a trenta. Per questi settori quindi non è garantita alcuna
presenza nelle commissioni di esame per l'abilitazione. E' perciò presumibile che il
ricorso ai pareri pro veritate sarà necessariamente assai frequente;
6) si ritiene opportuno integrare le disposizioni di cui al comma 6 dell'articolo 8
con la previsione di sanzioni e/o revoca di mandato nel caso di colpevole mancata
conclusione dei lavori della commissione entro i tempi previsti; appare infine superflua
la disposizione di cui al comma 4 dell'articolo 9, poiché una norma di analogo contenuto
è già prevista dall'articolo 29, comma 12, della legge n. 240 del 2010. Si condivide
perciò la soppressione recata nell'allegato 3-b. |
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|
Notizie sull'avanzamento del Regolamento per
l'abilitazione scientifica nazionale
|
MariaStella Gelmini
|
Il Consiglio
di Stato ha inviato al Miur
un secondo parere sul Regolamento, ma
questa volta, favorevole (?) al nuovo schema.
Di sicuro si sa solo che il Miur ha inviato il Regolamento al
DAGL della Presidenza del Consiglio per l'inoltro alle
Camere, per il parere di conformità alla delega. |
Nota.
Il Consiglio dei Ministri, già il 21 gennaio 2011, aveva predisposto lo Schema di
Regolamento per l'abilitazione scientifica nazionale, attuativo dellart. 16, co. 2,
l. 30 dicembre 2010, n. 240, il quale dispone:
Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, con uno o più regolamenti emanati ai sensi dellart. 17, comma
2,della legge. 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro, di concerto con il
Ministro dellEconomia e delle Finanze e con il Ministro della Pubblica
Amministrazione e linnovazione, sono disciplinate le modalità di espletamento delle
procedure finalizzate al conseguimento dellabilitazione in conformità dei criteri
di cui al comma 3.
Precisamente, il regolamento disciplina labilitazione
scientifica nazionale per laccesso alla prima e seconda fascia dei professori
universitari, che costituisce requisito per la partecipazione ai procedimenti di chiamata
di cui agli artt. 18 e 24, commi 5 e 6, legge n. 240 del 2010, di diretta competenza delle
Università.
Il regolamento si compone di 9 articoli.
Allo stato il Regolamento non è stato varato, per contrasti del Miur
col Consiglio di Stato, che lo aveva ritenuto esorbitante la legge delega (precisamente,
contro la legge vigente). Di conseguenza il Miur ha mandato un nuovo testo.
Risulta che questo nuovo testo abbia avuti il parere favorevole del
Consiglio di Stato. Ma non è finita. Esso dovrà passare per le Camere, per la verifica
definitica della sua conformità alla legge delega.
Un chiarimento: il decorso dei tre mesi, senza che l regolamento sia stato
varato, non ha prodotto la caduta automatica delle delega specifica, in quanto (con i
soliti "imbrogli" dei giuristi, di manzoniana memoria), il termine si intendeva
"ordinatorio", non "perentorio" (trattandosi di un regolamento,
in luogo di un decreto legislativo, rispettivamente).
Dunque, nel complesso, siamo a buon punto. Ci rimane da dire che se ognuno
di noi dovesse vivere, non di pane, ma di burocrazua sarebbe già morto. Nino Luciani |
|
.
Notizie di ritardi sui Decreti attuativi, del Governo,
della legge di riforma 240/2010 |
MariaStella Gelmini
|
Interrogazione
dell'On. Ferdinando LATTERI *
al Ministro dell'Università M. GELMINI e Risposta
* F. Lattieri, Prof.
Ordinario di chirurgia all'Università di Catania,
Deputato iscritto al Gruppo misto "MPA-SUD". |
Ferdinando Latteri
|
Nota.
Il 1° maggio scade il termine utile (art. 76 Costituzione), entro il quale va fatto
il regolamento dell'abilitazione scientifica nazionale, pena la decadenza della delega.
(Per altri decreti, si vegga sotto: Latteri).
Questo regolamento è, in qualche modo, il primo, essenziale,
passaggio per rimettere in piedi il turnover (a parte, se l'Università sarà rifinanziata
dal Governo), e dunque per salvare in extremis il sistema universitario,
messo in sfacelo da questo Governo. Basti pensare che il rallentamento (e blocchi vari)
del turnover ha impedito ai "maestri", prossimi alla pensione, di tramandare
agli allievi (che via via sarebbero dovuti subentrare) il patrimonio scientifico
accumulato negli anni (meglio dire nei secoli) e quindi parte di esso andrà perduto per
sempre. Da non trascurare, poi, che una parte dei giovani (precari) ha cominiciato a
lasciare l'università per cercare altri lavori. Questi giovani, che sono la "meglio
gioventù" italiana, sono andati perduti per sempre per l'università.
Ma torniamo al regolamento dell'abilitazione. Su
questo la ministra non ha detto nulla. Il Consiglio di Stato ha sospeso il parere e
chiesto chiarimenti al Governo, ritenendolo viziato da gravi motivi di
incostituzionalità.
Per vedere il testo clicca su: parere. Pare che il Miur
abbia già dato risposta correttiva, nel frattempo. Poi, ottenuto il via del Consiglio di
Stato, il regolamento dovrà andare alle Camere per il parere di conformità alla legge
delega.
Non ci sono parole per commentare tanta leggerezza (meglio dire
"incompetenza" ) ministeriale, a parte che la Ministra è avvocato di diritto
amministrativo e dunque qualcosa dovrebbe sapere. Nino Luciani |
Ferdinando LATTERI
INTERROGAZIONE E REPLICA
(13 aprile 2011)"Premesso che ... :
- il 29 gennaio 2011 è entrata in vigore la legge di riforma universitaria n. 240 del
2010 (ma approvata dal Senato il 20 dic. 2010, NdR),... ;
- ... la piena attuazione della riforma deve attendere l'approvazione di circa 42
provvedimenti normativi di attuazione tra decreti legislativi, decreti
ministeriali ed interministeriali e regolamenti;
- in particolare, il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di dodici
mesi dalla data di entrata in vigore della riforma, uno o più decreti
legislativi finalizzati a riformare il sistema universitario per il raggiungimento dei
seguenti obiettivi:
a) valorizzazione della qualità e dell'efficienza delle università, attuata con
l'introduzione di meccanismi premiali nella distribuzione delle risorse pubbliche;
b) revisione della disciplina concernente la contabilità;
c) introduzione di un sistema di valutazione ex post delle politiche di
reclutamento degli atenei,
d) revisione della legislazione di principio in materia di diritto allo studio con
definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (lep) erogate dalle università
statali. Di questi il Consiglio dei ministri ha approvato finora solo il
regolamento per la nuova abilitazione scientifica nazionale (ma esso non può
andare in Gazzetta Ufficiale, perchè manca il parere del Consiglio di Stato e il parere
di conformità delle camere, N.d.R.);
- intanto, in tutti gli atenei italiani è in corso, non senza difficoltà e
resistenze, il processo di adeguamento degli statuti alle nuove disposizioni legislative,
processo che la legge prevede debba esaurirsi entro il mese di luglio 2011;
- la mancata approvazione dei suddetti decreti di attuazione rischia di
innescare una serie di disfunzioni che riguardano molteplici aspetti della vita accademica
e di produrre un blocco delle attività universitarie anche, e soprattutto, per l'assenza
di linee-guida da seguire.
Chiedo (N.d.R.) in che tempi il Ministro
interrogato ritenga verrà esaurito l'iter di approvazione dei numerosi decreti previsti
dalla legge, la cui ritardata attuazione si trasformerebbe, per le università italiane,
in un ostacolo al funzionamento anche delle attività ordinarie (12 aprile 2011).
REPLICA
.......
Alcuni termini di attuazione sono già scaduti o stanno per scadere. Provo ad
elencarne qualcuno. Sono già trascorsi i quarantacinque giorni previsti per il
decreto di finanziamento della premialità per gli scatti di carriera. Sono già
trascorsi i sessanta giorni previsti per la definizione dei nuovi settori
dalla quale dipendono sia gli adempimenti concorsuali che l'organizzazione dipartimentale
oltre che l'intero quadro delle relazioni tra scienza e prescrizioni accademiche. Sono
già trascorsi i sessanta giorni previsti dall'istituzione del comitato di
valutazione dei progetti di ricerca anche di area medica e stanno per trascorrere
i novanta giorni previsti per 'emanazione dei regolamenti di abilitazione. Non è stato
ancora emanato il decreto di accreditamento dei dottorati di ricerca con grave danno per
l'avvio dei nuovi cicli di dottorato. Non si conosce ancora la posizione interpretativa
sul sistema delle aggregazioni dipartimentali e sul rispetto dell'indirizzo derivante
dall'articolo 1 della legge riguardante la migliore combinazione possibile tra didattica e
ricerca nella riorganizzazione dell'università." |
MariaStella Gelmini
Nota. La risposta, qui sotto riportata, è stata tagliata nei i
punti di enfasi del discorso, che non hanno a che fare con la risposta. Per il testo
completo, clicca (p. 60) su: http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/stenografici/sed463/SINTERO.pdf
RISPOSTA
...
"L'approvazione della riforma è avvenuta il 23 dicembre ed è entrata
in vigore il 29 gennaio 2011, quindi meno di tre mesi fa.
Da parte nostra vi è la massima disponibilità ad adempiere a tutti i
provvedimenti previsti per favorire e completare l'attuazione della riforma entro sei mesi
dall'entrata in vigore (quindi dal 29 gennaio 2011).
Perché questa fretta? Perché la riforma dell'università, ...., ha
apportato modifiche per quanto riguarda:
- il reclutamento del personale (quindi con la volontà di garantire
trasparenza e merito nel reclutamento dei ricercatori e dei professori),
- l'introduzione di una maggiore responsabilità legata all'autonomia per
quanto riguarda la gestione,
- il sistema di valutazione (perché anche in materia la riforma innova
notevolmente). Ebbene questi cambiamenti, queste
innovazioni andranno evidentemente verificati nella loro efficacia concreta, ma riteniamo
che siano modifiche importanti urgenti, quindi devono poter essere attuate il prima
possibile. Quindi noi pensiamo - entro sei mesi dall'entrata in vigore - di poter
completare la definizione dei provvedimenti attuativi.
In particolare, ho già firmato alcuni provvedimenti. Mi riferisco:
- al provvedimento riguardante l'importo minimo degli assegni di ricerca,
- la definizione dei criteri di attivazione delle convenzioni per le
attività di didattica e di ricerca dei professori e dei ricercatori,
- i criteri per la mobilità interregionale dei professori di corsi e sedi
soppresse,
- la definizione dei settori concorsuali, della corrispondenza per la chiamata di
studiosi impegnati all'estero,
- il trattamento economico del direttore generale.
Sono altresì definiti gli schemi di due decreti legislativi, nonostante
il termine fosse di 12 mesi dall'entrata in vigore (ma sono già stati sostanzialmente
definiti), da sottoporre al Consiglio dei ministri e riguardano la contabilità
economico-patrimoniale dell'università e i presupposti per la dichiarazione di dissesto
finanziario delle università stesse. Tutti gli altri provvedimenti sono in fase di
lavorazione e, tra questi, cinque sono in fase di ultimazione.
Per soli quattro provvedimenti vi è una sospensione legata alla
necessità dell'entrata in vigore dell'ANVUR e quindi al parere che la suddetta agenzia
deve esprimere ma riteniamo di poter rispettare i tempi e, quindi, entro sei mesi, di
poter attuare la riforma dell'università." |
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Numero 01180/2011 e data 22/03/2011 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato Sezione Consultiva per gli Atti Normativi
Adunanza di Sezione del 25 febbraio 2011
NUMERO AFFARE 00670/2011
OGGETTO: Ministero dell'istruzione dell'universita' e della ricerca. Schema di
regolamento relativo alla disciplina delle modalità di espletamento delle procedure
finalizzate al conseguimento dellabilitazione scientifica nazionale per
laccesso al ruolo dei professori universitari.
LA SEZIONE
Vista la relazione n. 158/1.4.4/2011/U.R. del 1° febbraio 2011, trasmessa con nota
U.R./157/1.4.4/2011 avente pari data, con la quale il Ministero dellIstruzione,
dellUniversità e della Ricerca chiede il parere del Consiglio di Stato
sullaffare in oggetto.
Esaminati gli atti ed udito il relatore ed estensore, Consigliere Damiano Nocilla;
Premesso:
Riferisce
lAmministrazione che lo schema di regolamento in oggetto è attuativo dellart.
16, co. 2, l. 30 dicembre 2010, n. 240, il quale dispone: Entro novanta giorni dalla
data di entrata in vigore della presente legge, con uno o più regolamenti emanati ai
sensi dellart. 17, comma 2,della legge. 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del
Ministro, di concerto con il Ministro dellEconomia e delle Finanze e con il Ministro
della Pubblica Amministrazione e linnovazione, sono disciplinate le modalità di
espletamento delle procedure finalizzate al conseguimento dellabilitazione in
conformità dei criteri di cui al comma 3.
Il regolamento disciplina labilitazione scientifica nazionale per laccesso
alla prima e seconda fascia dei professori universitari, che costituisce requisito per la
partecipazione ai procedimenti di chiamata di cui agli artt. 18 e 24, commi 5 e 6, legge
n. 240 del 2010, di diretta competenza delle Università.
Il regolamento si compone di 9 articoli.
Lart. 1 contiene le definizioni maggiormente rilevanti.
Lart. 2 precisa quanto già disposto dalla legge al suddetto art. 16, e riguarda le
procedure per il conseguimento dellabilitazione, definita come la qualificazione
scientifica necessaria per laccesso alla prima e alla seconda fascia dei professori
universitari.
Lart. 3 disciplina i tempi e le modalità di indizione delle procedure per il
conseguimento dellabilitazione, prevedendo che le stesse siano indette con cadenza
annuale per ciascun settore concorsuale, e distintamente per la prima e la seconda fascia
dei professori universitari, nel mese di ottobre. Larticolo precisa che la durata
dellabilitazione è di quattro anni, mentre si prevede che il mancato conseguimento
della stessa preclude la partecipazione a tutte le procedure di abilitazione indette nel
biennio successivo per la medesima fascia oppure per la fascia superiore.
Lart. 4 è dedicato alla definizione dei criteri e dei parametri di valutazione che
saranno adottati dalle commissioni nazionali per la valutazione dei candidati nelle
diverse procedure di abilitazione, definizione rimessa, come previsto dalla legge di
riforma (art. 16, comma 3, lett. a) e b) ), ad un apposito decreto del Ministro, il quale
potrà altresì prevedere un numero massimo, anche differenziato per fascia e per area
disciplinare, e comunque non inferiore a dodici, di pubblicazioni scientifiche da
presentare ai fini del conseguimento dellabilitazione.
Il medesimo articolo prevede una verifica quinquennale delladeguatezza e della
congruità dei criteri in parola, sulla base dei pareri espressi dal CUN e
dallANVUR, e leventuale revisione degli stessi, anche in considerazione della
valutazione delle politiche di reclutamento previste dallart. 5, comma 5, della
legge di riforma.
Lart. 5 disciplina le sedi delle procedure di abilitazione.
Gli artt. 6 e 7 sono dedicati alla formazione delle commissioni, il cui procedimento è
avviato con apposito decreto direttoriale, ogni due anni, nel mese di maggio. Le
commissioni infatti avranno una durata biennale.
Lart. 6 disciplina nel dettaglio le modalità di presentazione delle candidature da
parte degli aspiranti commissari nazionali.
Per quanto riguarda il commissario in servizio allestero, che, come detto, è
sorteggiato allinterno di una lista predisposta dallANVUR, lart. 6
precisa che sarà questultima Agenzia a dover far rispettare le condizioni di
incompatibilità (i commissari non possono far parte contemporaneamente di più di una
commissione e, per tre anni dalla conclusione del mandato, di commissioni per il
conferimento dellabilitazione relativa a qualunque settore concorsuale), le tabelle
di corrispondenza definite a livello ministeriale, sentito il CUN, nonché il rispetto dei
criteri di qualificazione scientifica.
Larticolo 6, inoltre, prevede alcune diposizioni riguardanti tutti i commissari.
Lart. 7 è dedicato, specificatamente, alle operazioni di sorteggio, che devono
avvenire tramite procedure informatizzate preventivamente validate da un apposito Comitato
tecnico composto da non più di cinque membri e nominato con decreto del Ministro. La
disposizione prevista dal comma 2 intende assicurare il rispetto del vincolo legislativo
ripreso dallart. 6, comma 9, del regolamento (presenza, in ciascuna commissione, di
almeno un componente per ciascun settore scientifico-disciplinare, ricompreso nel settore
concorsuale, al quale afferiscono almeno trenta professori ordinari). Il comma 8 prevede
che, nellipotesi in cui un commissario cessi dal servizio durante lo svolgimento
dellincarico, sia dichiarato decaduto con decreto del competente Direttore Generale,
dovendosi procedere, pertanto, ad applicare la disciplina sulla sostituzione dei
commissari.
Lart. 8 è dedicato ai lavori di ciascuna commissione. Si prevede che, una volta
insediatasi presso lUniversità in cui si espletano le procedure di abilitazione, la
Commissione elegga tra i propri componenti il presidente ed il segretario. Nella prima
riunione la commissione definirà altresì le modalità organizzative per
lespletamento delle procedure di abilitazione, distinte per fascia.
Espletati tali adempimenti, ciascuna Commissione accede per via telematica, mediante
appositi codici di accesso forniti a ciascun commissario dal Ministero, alla lista delle
domande, allelenco dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche nonché alla
relativa documentazione, presentati dai candidati.
Nel corso dei suoi lavori ciascuna Commissione può avvalersi della facoltà, prevista
dallart. 16, comma 3, lettera i), della legge.
Ciascuna Commissione, deliberando a maggioranza dei quattro quinti dei propri componenti,
attribuisce labilitazione con motivato giudizio espresso sulla base di criteri e
parametri definiti con il decreto ministeriale di cui allart. 4, comma 1, e fondato
sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche presentati da
ciascun candidato, previa sintetica descrizione del contributo individuale alle attività
di ricerca e sviluppo svolte. La Commissione deve avvalersi di strumenti telematici di
lavoro collegiale; inoltre devono essere redatti i verbali contenenti tutti gli atti e, in
particolare, i giudizi individuali e collegiali espressi su ciascun candidato, e la
relazione riassuntiva dei lavori svolti. Entro 15 giorni dalla conclusione dei lavori, i
verbali redatti e sottoscritti dalla Commissione sono trasmessi tramite procedura
informatizzata al Ministero.
Le Commissioni sono comunque tenute a concludere i propri lavori entro cinque mesi dalla
data di scadenza del termine per la presentazione delle domande dei candidati. In
conclusione, lart. 8 consente che i giudizi individuali espressi dal commissario in
servizio allestero ed i menzionati pareri pro veritate possono essere resi anche in
una lingua comunitaria diversa dallitaliano.
Lultimo articolo del regolamento, lart. 9, prevede alcune disposizioni
transitorie, particolarmente importanti per la prima applicazione del testo normativo:
anzitutto, termini diversi per lavvio delle procedure; indi una deroga ai requisiti
per la candidatura a componente delle Commissioni, consentendosi lassenza della
positiva valutazione di cui allart. 16, comma 3, lett. h); la composizione della
Commissione secondo le modalità previste per i commissari nazionali per lipotesi in
cui lANVUR non abbia provveduto in tempo utile a formare la lista. Infine si
ribadisce labrogazione, già prevista dalla legge di riforma, del decreto
legislativo 6 aprile 2006, n. 164.
Considerato:
In via preliminare la Sezione rileva che agli atti del fascicolo manca il concerto del
Ministro della Pubblica Amministrazione e linnovazione, e che il concerto del
Ministro dellEconomia e delle Finanze non può essere costituito dalla nota
dellUfficio del Coordinamento legislativo del Ministero, con cui ci si limita a
trasmettere il nulla-osta allulteriore corso del provvedimento della Ragioneria
generale dello Stato. Del resto come più volte sottolineato dalla Sezione
il concerto non può essere sostituito dalla mera approvazione della proposta in Consiglio
dei Ministri.
Inoltre il preambolo fa riferimento ai pareri del CRUI e del CUN, pareri che non sembrano
essere stati previsti nelle procedure per lapprovazione e lemanazione del
regolamento in oggetto. Tuttavia sembra opportuno che lAmministrazione faccia
pervenire copia dei due suddetti pareri.
Sulla disciplina in esame e sulle singole disposizioni, la Sezione formula i rilievi che
seguono.
Lart. 2 risulta superfluo in quanto si limita a definire loggetto del
regolamento, sul quale si chiede il parere, oggetto che si trova già compiutamente
delineato nelle disposizioni dei commi 1 e 2 dellart. 16 della l. n. 240 del 2010.
Non sembra appagante la formulazione del co. 4 dellart. 3, che si propone di attuare
quanto disposto dallart. 16, co. 3 lett. m), l. n. 240 del 2010. Questultimo
prevede la preclusione, in caso di mancato conseguimento dellabilitazione, a
partecipare alle procedure indette nel biennio successivo per lattribuzione della
stessa o per lattribuzione dellabilitazione alla funzione superiore.
Tale dizione non sembra autorizzare ad estendere la preclusione, come delineata dal
suddetto co. 4, a tutte le procedure di abilitazione, anche se riguardanti un
diverso settore concorsuale. Ben può accadere infatti che un candidato risulti
soccombente in una procedura di abilitazione in quanto la sua pur apprezzabile produzione
scientifica risulti estranea (o non perfettamente attinente) al settore concorsuale per il
quale si è presentato. Non sembra dunque conforme allinteresse pubblico escludere
candidati dal partecipare ad altra e diversa procedura di abilitazione rispetto alla quale
la produzione scientifica risulti congruente ed apprezzabile.
Su tale questione, dovrà altresì il Ministero valutare lipotesi che, nel corso del
biennio di preclusione, sopravvenga nuova produzione scientifica tale da superare la
precedente valutazione non favorevole.
Quanto, poi, al co. 5 del medesimo articolo, occorrerebbe specificare che luso
dellinformatica si limita alla presentazione delle domande e del mero elenco dei
titoli, in quanto la trasmissione per via informatica dei titoli stessi può diventare
troppo onerosa e richiedere tempi di confezione e lettura più lunghi di quelli richiesti
allorchè i titoli vengono trasmessi in formato cartaceo, non trattandosi, nel caso di
specie, di mere certificazioni, sibbene di opere a stampa spesso assai voluminose.
Quanto allart. 4 deve rilevarsi che se, da un lato, è vero che lart. 16, co.
3 lett. a), dispone che criteri e parametri, sulla base dei quali deve essere espresso il
motivato giudizio delle Commissioni sui singoli candidati allabilitazione, siano
definiti con decreto del Ministro, è altrettanto vero che: a) tale decreto
non può essere definito, come fa la relazione di accompagnamento alla bozza di
regolamento in esame (questultimo, per altro, correttamente nulla dice in proposito)
come atto avente natura non regolamentare; b) la definizione di tali criteri e
parametri, in quanto differenziati per funzione ed area disciplinare, costituisce
espressione di discrezionalità tecnica, che non può prescindere dal fatto che in quel
procedimento intervengano specifici organi di consulenza tecnica in grado di esprimersi
sui singoli settori concorsuali come, ad es., il CUN; c) vi è unincongruenza tra il
fatto che il decreto, avente validità quinquennale, sia adottato ed eventualmente
corretto ad opera del solo Ministro, mentre la verifica quinquennale di adeguatezza e
congruità dei criteri e parametri debba avvenire sentiti il CUN e lANVUR, quando
cioè gli effetti di un decreto (in ipotesi) inadeguato si saranno ormai ampiamente
dispiegati.
Sullart. 5 va osservato: a) che appare poco chiara lattribuzione al solo
Ministro del potere di formare lelenco delle Università aventi strutture idonee,
senza una predeterminazione di criteri cui dover attenersi (salvo la proposta del CRUI);
b) che lultimo periodo del comma 1 appare incoerente con quanto dispone il co. 1
dellart. 3, che sembra prevedere indizioni distinte per settore concorsuale e per
fascia, onde ciascuna indizione dovrebbe indicare la sede universitaria prescelta, mentre
la disposizione parla di inclusione dellelenco delle sedi nel decreto di cui al co.
1 dellart. 3; c) che nulla viene detto sulle procedure di sorteggio per la scelta
della sede per ciascun settore concorsuale; d) che la scelta della sede, sempre
nellambito di un elenco di Università aventi strutture idonee, potrebbe essere
lasciata alla Commissione, visto che ragioni di economicità e speditezza potrebbero
indurre ad evitare la scelta a priori di una sede, che potrebbe costringere, poi, i
commissari a defatiganti spostamenti; e) tra le forme di pubblicità, che dovrebbe curare
lUniversità, vi sono anche quelle riguardanti atti, che precedono addirittura la
scelta ministeriale della sede.
Allart. 6, co. 4, il regolamento in oggetto interpreta lespressione della l.
n. 240 del 2010, allart. 16, co. 3 lett. h), che condiziona linserimento nella
lista dei professori sorteggiandi per la formazione delle Commissioni per
labilitazione al possesso di un curriculum coerente con i criteri e i
parametri, di cui alla lett. a)
.[si tratta dei criteri e parametri differenziati per
funzione e area disciplinare, definiti con decreto del Ministro per la formazione di un
determinato giudizio per labilitazione dei candidati] riferiti alla fascia e al
settore di appartenenza, come se dicesse Gli aspiranti commissari devono
rispettare criteri e parametri di qualificazione scientifica, stabiliti dal decreto di cui
allart. 4, co. 1, coerenti con quelli richiesti, ai sensi del medesimo decreto, ai
candidati allabilitazione per la prima fascia nel settore concorsuale per il quale
è stata presentata domanda. A parte il rilievo che nulla si dice in ordine al
controllo di tale coerenza (salvo demandare la definizione ad un decreto che si
pretenderebbe non avere natura regolamentare), va rilevato come la disposizione confermi
la sostanziale necessità di correttivi allart. 4. Infatti la conseguenza sarebbe
che il Decreto ministeriale previsto in quella disposizione non soltanto potrebbe essere
determinante per quanto attiene alla valutazione degli abilitandi, ma finirebbe per
influire in modo assai pesante sulle formazione della lista, dalla quale trarre per
estrazione coloro che diverranno Commissari. Quanto tutto ciò sia compatibile con i
princìpi di cui allart. 33 Cost., andrebbe valutato con estrema attenzione.
In ordine al co. 7 va osservato che la disposizione nulla dice sul possesso da parte del
membro straniero della Commissione dei medesimi requisiti di operosità e di conformità
ai parametri previsti dal co. 4 del medesimo art. 6, e che non sono fissate garanzie
finalizzate a che la scelta dei professori stranieri sorteggiandi da parte
dellANVUR, la cui composizione non assicura al proprio interno la presenza di
competenze proprie almeno di tutti i macrosettori concorsuali, sia ispirata da criteri
esclusivamente tecnico professionali; e ciò è tanto più vero, ove si consideri che
come risulta anche con chiarezza dal successivo comma 9 intento generale
della legge n. 240 e del regolamento in esame è quello di assicurare la formazione di
Commissioni i cui componenti abbiano competenza specifica nel settore disciplinare.
La previsione del primo periodo del co. 8 contrasta con il principio di cui alla lett. g)
del co. 3 dellart. 16 della legge n. 240 del 2010. Analogamente al co. 9 andrebbe
aggiunto, dopo la parola assicurare lespressione per quanto
possibile, altrimenti si determinerebbe un contrasto con la disposizione del co. 2,
u. p., dellart. 7.
Sul co. 11 va sottolineato come la sua formulazione porta alla conseguenza che gli
studenti sarebbero esaminati dal docente che non ha tenuto il corso.
Per quanto riguarda lart. 7, co. 1, lett. b), va specificato se nella collocazione
preceda il più giovane detà o non piuttosto il più anziano (il numero
dordine attribuito assume importanza ai fini del sorteggio), mentre lultimo
periodo del co. 2 va meglio coordinato con il co. 9 dellart. 6, come testè
sottolineato a proposito di questultima disposizione. Quanto, poi, al principio, di
cui allultimo periodo del comma 5, sembra opportuno considerare se sia possibile
applicare la salvezza degli atti a quegli atti che sono espressione del giudizio
tecnico-discrezionale individuale del componente della Commissione, che sia stato
sostituito: si consideri il caso di un giudizio individuale positivo di un candidato, che
non sia affatto condiviso dal commissario subentrante, oppure dellattribuzione
dellidoneità ad un candidato per nulla condivisa dal commissario subentrante, che
sia però chiamato a firmare il relativo verbale.
Infine relativamente al comma 8 la Sezione osserva che la legge n. 240 non sembra
stabilire il requisito della permanenza in servizio dei commissari per la partecipazione
alle Commissioni di abilitazione, sulla base del più generale principio che la qualifica
di professore ordinario è requisito per la nomina e deve sussistere al momento in cui si
procede a questultima. Del resto non si comprende perché la sussistenza di tale
requisito non debba essere verificata anche per il componente straniero, per il quale tale
verifica comporterebbe problemi di non facile soluzione e soprattutto una diffusa
conflittualità basata sullinterpretazione e comparazione di ordinamenti spesso
difficilmente assimilabili tra loro.
Quanto stabilito dal co. 2, secondo periodo, dellart. 8 non sembra in armonia con il
principio di trasparenza dei lavori della Commissione. Del resto, sembra essere diritto di
ciascun partecipe allesame di abilitazione conoscere chi siano e quali titoli
vantino gli altri candidati oppure il tenore dei pareri pro-veritate espressi sulla
propria attività scientifica e didattica. A questultimo proposito sarebbe opportuno
che tali pareri pro-veritate entrassero a far parte dei verbali della Commissione di cui
al comma 7. Inoltre andrebbero specificate con maggior dettaglio (modalità e forma della
proposta, maggioranza per la deliberazione, eventuali espressioni di dissenso dal parere
etc.) le disposizioni in ordine allacquisizione ed agli effetti dei pareri
pro-veritate.
Infine, per quanto attiene allart. 9, ci si deve domandare se leccezione
prevista, in prima applicazione, al co. 2 valga anche per la conformità dei curricula
degli aspiranti commissari ai criteri e parametri fissati dal decreto ministeriale di cui
allart. 4. Superflua appare la disposizione di cui al co. 4, essendo la stessa già
contenuta nellart. 29, co. 12, della l. n. 240 del 2010.
Su tutte le questioni poste con il presente parere vorrà lAmministrazione fornire
gli opportuni chiarimenti.
P.Q.M.
Riservata ogni pronuncia, sospende lespressione del
parere in attesa che lAmministrazione proceda agli adempimenti di cui in
motivazione. |
In attesa Decreto attuativo del Governo per abilitazione
scientifica nazionale
**** |
|
L'Ateneo di Bologna riconosce la funzione docente simbolica
ai Ricercatori a tempo indeterminato
e attribuisce, in aggiunta alla
retribuzione ordinaria,
un compenso annuo di 1.200 per ogni insegnamento |
NOTA. La legge Gelmini, essendo una legge di
"Delega al Governo", avrà effetti solo dopo un lungo elenco di Decreti
attuativi del governo. Di questi, il primo dovrà essere quello attuativo della
abilitazione scientifica nazionale, presupposto essenziale per lo sblocco dei concorsi.
Ma sono passati già tre mesi (la legge è stata approvata il 20 dic.
2010 e ancora non si vede il più urgente dei Decreti, quello sulla abilitazione.
Risulta che il Governo abbia approvato uno schema di regolamento,
adesso al vaglio del Consiglio di Stato, e che di settimana in settimana si dice che sta
per tornare al Governo, per il varo.
Intanto, nelle università la situazione è drammatica, e si cerca in
qualche modo di fare qualcosa.
Guadagna, così il ruolo di notizia, la decisione dell'Università di
Bologna di riconoscere ai Ricercatori a tempo indeterminato, la funzione docente
"simbolica", sotto forma di pagamento di un compenso annuo lordo di 1200,
sono meno di 100 netti mensili.
Il suo rilievo sta nel fatto che la notizia si trova collegata al
fatto che, da un anno, vede il rifiuto dei Ricercatori di fare insegnamenti, sia perchè
non dovuti in base allo stato giuridico, sia perchè non retribuiti, sia perchè a loro
non è riconosciuta dalla legge la funzione docente.
La situazione, che ne è conseguita, è stata di carenza della
didattica negli Atenei. E, dunque, questa decisione va nel segno di ricostiture il buon
funzionamento dell'Ateneo Bologna.
Al tempo stesso sarebbe errato sopravvalutarlo e, soprattutto sarebbe
errato dimenticare la situazione gravissima degli Atenei in Italia.
Da ogni dove giunge la notizia della "disperazione" in cui i
ricercatori si trovano a lavorare: mancanza di attrezzature, mancanza di materiale
intermedio, mancanza di carta per stampare i risultati della ricerca.
C'è, poi, la "disperazione" dei ricercatori "non
strutturati": non sapere cosa sarà di loro tra qualche mese.
E c'è la disperazione dei professori ordinari e associati, che stanno per
andare in quiescenza senza avere un successore, a cui affidare la continuità delle
scuole. Per mancanza di successori in continuo, un patrimonio scientifico incalcolabile,
accumulato nella successione delle generazioni, andrà perduto per sempre.
Perchè i governi non si accorgono del danno che stanno arrecando
all'Italia ?
Dove vanno i soldi non dati all'università. Forse in Iraq, forse in
Afghanistan, forse in lavori pubblici (al ponte di Messina , al Mosè di Venezia, peraltro
molto necessario) ?
Tremonti o Berlusconi dovrebbero avere la serietà di dire dove vanno
i soldi. Che vadano da qualche parte (e quindi non sia una questione di mancanza di soldi)
siamo sicuri perchè, guardando il bilancio dello Stato, si trova che di anno in anno la
spesa totale non scende. E anche quest'anno non è scesa.
|
Riprendiamo
da un COMUNICATO di UniboMagazine
Ricercatori a tempo indeterminato. LUniversità di
Bologna ha stanziato, attingendo dal proprio fondo di riserva 2011, quasi 1,5 milioni di
euro per retribuire lattività didattica dei ricercatori a tempo indeterminato entro
le 60 ore. Sulla base di una stima effettuata, questo provvedimento - approvato questa
mattina dal Consiglio di amministrazione - coinvolgerà circa 1230 ricercatori a tempo
indeterminato, che riceveranno un compenso massimo di 1200 euro lordi per ogni
insegnamento.
"Un importante risultato commenta il prorettore alla Ricerca Dario
Braga - che dimostra la correttezza dellidea del tavolo tecnico del
Rettore e dei Prorettori con i ricercatori. Il ruolo docente dei ricercatori a tempo
indeterminato viene così riconosciuto, affermando il principio che linsegnamento
non deve essere volontariato, ma un compito istituzionale riconosciuto e
retribuito. I ricercatori a tempo indeterminato, ora in ruolo ad esaurimento, sono infatti
tenuti comunque a svolgere un massimo di 350 ore allanno di didattica
integrativa".
Il Consiglio di Amministrazione ha inoltre modificato il regolamento per i
ricercatori a tempo determinato e gli assegnisti di ricerca.
Regolamento per i ricercatori a tempo determinato. La legge
240/10 prevede che i ricercatori siano assunti a tempo determinato secondo due modalità
distinte: ricercatori junior (che la 240/10 identifica come di "tipo a") per i
quali è previsto un contratto triennale rinnovabile una sola volta e per un massimo di
due anni e ricercatori senior (di "tipo b") per i quali è previsto un contratto
di tre anni non rinnovabile in percorso di "tenure track". Questultimo
percorso richiede una copertura finanziaria e la possibilità di assunzione diretta nel
ruolo di associato, in caso di superamento dellidoneità nazionale. Stesso diritto
è dato, per i prossimi sei anni, agli attuali ricercatori a tempo indeterminato. I
ricercatori senior saranno tenuto a svolgere un corso di insegnamento di 60 ore
nellambito delle 350 ore di attività didattica prevista dalla 240/10.
Regolamento per gli assegni di ricerca. La legge 240/10
richiede di modificare il regolamento per l'attribuzione degli assegni di ricerca, per i
quali sono previste modalità di accesso e durata diversa dalla normativa precedente. Il
nuovo regolamento di Ateneo è improntato alla massima flessibilità consentita dalla
normativa, prevedendo sia il regime del rinnovo sia quello della proroga (molto utile per
coprire eventuali "gap" tra un contratto di assegno di ricerca ed eventuali
posizioni di ricercatore), e prevedendo requisiti di accesso, modalità di selezione,
fonti di finanziamento sia su bilancio d'Ateneo sia su fondi esterni, e corrispettivi
salariali in funzione delle esigenze dei dipartimenti e dei centri di ricerca
interdipartimentali. |
Legge Gelmini in controluce. Anche confronto
con il DPR 382/80 e pensieri per l'avvenire
|
Gianni Porzi*, Sulla legge 240/2010
* Università di Bologna |
Gianni Porzi
|
Una riflessione sulla Riforma Universitaria
Ho sentito definire la
Riforma Universitaria, recentemente varata, epocale, ovviamente in senso
positivo. Non sono daccordo perché, volendo usare tale aggettivo, questo è, a mio
avviso, più appropriato per la Legge di Riforma dellUniversità del 1980, cioè il
DPR 382, che ritengo avesse tutti i caratteri dellinnovazione e che, con alcuni
ritocchi, al testo originale, sarebbe ancora oggi valida.
Quella Legge fu varata con grande difficoltà per la
resistenza di un gruppo di parlamentari attaccati al passato e che, pur essendo stati
sconfitti in quelloccasione, negli anni successivi, con interventi legislativi
mirati, riuscirono a snaturare alcuni aspetti importanti e innovativi della
382.
Ai più giovani vorrei ricordare che a tale Legge mise mano il
Sen. Prof. Spadolini, profondo conoscitore del mondo universitario, uomo di notevole
cultura, politico di alto profilo e, cosa molto importante, persona che aveva un profondo
senso delle Istituzioni e della democrazia.
Purtroppo, Politici di tale spessore sono sempre più rari. Nonostante
la recente Legge contenga, senza dubbio, spunti interessanti e apprezzabili, non ritengo
tuttavia che possa essere definita epocale se non altro perché in alcuni
aspetti mi richiama alla mente lUniversità ante 1980.
Infatti, per quanto riguarda ad esempio il Personale Docente, i prof. di II fascia sono
abbastanza simili agli Assistenti ordinari con incarico di insegnamento e i Ricercatori a
tempo determinato assomigliano ai Borsisti dellepoca.
E anche lidoneità nazionale a Professore è analoga alla Libera
docenza (soppressa dalla 382). Prima di entrare nel merito di alcuni aspetti
della Legge che non condivido, vorrei stigmatizzare lazione martellante dei media
volta a mettere in cattiva luce il mondo universitario quasi a voler giustificare la
necessità di una riforma. E a fronte di ciò, sconcertante è stato il silenzio della
CRUI che ha dimostrato così di condividere il progetto di riforma. E vero che vi è
stata una proliferazione dei Corsi di Laurea, a volte indiscriminata, dovuta forse più a
interessi di bottega che a seri motivi culturali o a reali esigenze degli
studenti e/o del mondo del lavoro: è stato indubbiamente un esempio di cattivo uso
dellautonomia.
Tuttavia, a coloro che hanno criticato (raramente in modo obiettivo e
spesso strumentalmente) lattuale sistema universitario va ricordato che se si
considera la produzione scientifica in rapporto al numero di Professori e Ricercatori,
lItalia si pone al 4° posto in Europa. Le citazioni dei lavori scientifici degli
italiani sulle principali riviste internazionali sono più numerose rispetto, ad esempio,
ai colleghi francesi sebbene il numero di Professori e di Ricercatori italiani è
inferiore alla media OCSE, come pure lentità dei finanziamenti statali in rapporto
al PIL.
E vero che il distacco da certi Atenei Inglesi e Americani è notevole,
ma è anche vero che questi dispongono di maggiori risorse e si avvantaggiano anche del
fatto che in campo scientifico la lingua ufficiale è linglese. Non è quindi
corretto affermare che le nostre Università hanno piazzamenti deludenti in tutte le
classifiche internazionali perché sono invece ben posizionate quando, ad esempio, il
parametro di valutazione prevalente è la qualità della ricerca, a dimostrazione che in
campo scientifico lUniversità italiana ha una buona reputazione.
Siamo invece piazzati male sul fronte dei servizi agli studenti (residenze
universitarie, strutture per la didattica e per lo studio, corsi serali per studenti
lavoratori,
) e ciò a causa anche dei modesti investimenti nel diritto allo studio.
Quindi, non tutto il nostro sistema universitario è da buttare, come qualcuno ha voluto,
strumentalmente, far credere agli Italiani attraverso frequenti interventi sui media.
Alcuni aspetti, non secondari, della Legge che riguardano le risorse, il
corpo docente e la governance ritengo meritino unattenta riflessione.
- Risorse. E vero che non tutti gli Atenei impegnano le
risorse disponibili in modo oculato, cioè nel doveroso rispetto del principio di
economicità. Premesso che ciò va decisamente condannato, tanto più perché il
Paese sta attraversando un momento difficile che dovrebbe quindi imporre una maggiore
attenzione nellimpiego del denaro pubblico (unefficace razionalizzazione della
spesa), non ritengo tuttavia possibile che si possa fare una buona Legge di riforma,
qualsiasi essa sia, a costo zero. Pertanto, se non vi erano le risorse
adeguate si potevano attendere tempi migliori, salvo si sia voluto varare a tutti i costi
un provvedimento per una mera questione di prestigio, per legare il proprio nome ad una
Legge.
- Governance. Non vè dubbio che la Legge avrà come
effetto immediato quello di accrescere eccessivamente il potere, già notevole, dei
Rettori. Infatti, il mandato unico della durata di 6 anni farà sì che il Rettore, non
più sottoposto ad una verifica elettorale, potrà governare senza dover rendere conto del
proprio operato ai Colleghi (come invece sarebbe con un mandato triennale rinnovabile una
sola volta).
Nel nuovo CdA, che di fatto avrà un potere decisionale assoluto, in quanto
il Senato accademico potrà solo formulare proposte, sarà presieduto dal Rettore e
potranno farne parte anche membri esterni (sostanzialmente scelti dal Rettore) che, non è
da escludere, potrebbero essere portatori di interessi esterni allAteneo. Pertanto,
eliminando una significativa rappresentanza di Docenti eletti dai Colleghi, di fatto
vengono calpestati quei principi di governance partecipata, garanzia di una
pluralità di voci, e si instaura invece una sorta di governo oligarchico.
- Non è inoltre accettabile che il controllato, cioè lAteneo,
nomini e siano a libro paga i controllori, cioè i componenti del Collegio dei revisori
dei conti e del Nucleo di valutazione.
Tali organismi dovrebbero essere nominati e remunerati direttamente dal
Ministero al quale poi dovrebbero rispondere.
- Corpo docente. Nei prossimi anni, anche a causa di precedenti
provvedimenti legislativi, ritengo si assisterà ad un diffuso malcontento e ad una
progressiva demotivazione da parte di settori del Personale docente. Per realizzare
infatti una struttura piramidale del corpo docente (cioè una base numericamente ampia di
Ricercatori, e un vertice ristretto a pochi prof. di I fascia, con una zona intermedia
costituita dai prof. di II fascia), gli Atenei saranno costretti ad aumentare il n° di
Ricercatori, a mantenere pressoché costante quello dei prof. di II fascia e a diminuire i
prof. di I fascia, con il risultato che la carriera dei Ricercatori e dei prof. di II
fascia sarà bloccata per molti anni, alla luce anche del calo di risorse a disposizione
degli Atenei.
Si tenga presente che attualmente la struttura è di tipo cilindrico, la
382 infatti prevedeva a regime 30.000 Prof. di ruolo (50% di I fascia e 50% di
II fascia) e 15.000 Ricercatori. Un tale processo di riorganizzazione dellassetto
della Docenza causerà, inevitabilmente, un forte malcontento sia tra i Ricercatori che
tra i prof. di II fascia che si tradurrà verosimilmente in un calo dellimpegno
nellattività scientifica (per dedicarsi a tempo pieno alla ricerca scientifica non
basta la passione, le persone hanno bisogno anche di prospettive concrete di avanzamento
di carriera, quindi economiche) e, chi potrà (in particolare laureati in
economia-commercio, in giurisprudenza, in ingegneria, in medicina,
.) prenderà in
seria considerazione lattività professionale privata con conseguente calo
dellimpegno allUniversità, oppure cercherà migliori opportunità
allestero. Ciò non è coerente con quanto si sente spesso affermare che occorre
bloccare la fuga dei cervelli allestero. I provvedimenti finora presi non ritengo
vadano in tale direzione perché per trattenere i migliori occorre dare concrete
opportunità di carriera.
- Altra criticità è relativa al fatto che gli attuali Ricercatori a tempo
indeterminato corrono il serio rischio di trovarsi relegati in una sorta di riserva
indiana : la mancanza di prospettive di carriera provoca inesorabilmente una progressiva
demotivazione.
- Infine, contrariamente al DPR 382 che poneva una certa attenzione a non
concentrare tutto il potere in mano a pochi, i prof. di II fascia sono stati esclusi anche
dalle Commissione di concorso per Ricercatore, con il risultato che i tutti i concorsi
saranno gestiti dai soli prof. di I fascia, cioè da una ristretta casta.
Ritengo sia un errore emarginare una componente del corpo docente perché ciò non
contribuirà certo allinstaurarsi di un clima più sereno e quindi positivo per
affrontare e risolvere i problemi dellUniversità.
E mia opinione che lartefice principale di tale riforma sia stata
uneminenza grigia (ereditata dallex Ministro Mussi, adatta quindi per tutte le
stagioni) che ha colto loccasione per guadagnarsi sul campo i
galloni per un eventuale incarico più prestigioso. Gianni
Porzi |
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RIFORMA UNIVERSITARIA
IL TESTO INTEGRALE DELLA LEGGE
240/2010
(entrata in vigore il 19 gennaio 2011 - GU 14 gennaio 2011) |
Legge 30 dicembre
2010, n. 240
"Norme in materia di organizzazione
delle università, di personale accademico e reclutamento, nonche' delega al Governo per
incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario"
TITOLO I
ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA UNIVERSITARIO
Art. 1.
(Principi ispiratori della riforma)
1. Le università sono sede primaria di libera ricerca e di libera formazione
nell'ambito dei rispettivi ordinamenti e sono luogo di apprendimento ed elaborazione
critica delle conoscenze; operano, combinando in modo organico ricerca e didattica, per il
progresso culturale, civile ed economico della Repubblica.
2. In attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 33 e al titolo V della
parte II della Costituzione, ciascuna università opera ispirandosi a principi di
autonomia e di responsabilità. Sulla base di accordi di programma con il Ministero
dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di seguito denominato «Ministero», le
università che hanno conseguito la stabilità e sostenibilità del bilancio, nonche'
risultati di elevato livello nel campo della didattica e della ricerca, possono
sperimentare propri modelli funzionali e organizzativi, ivi comprese modalità di
composizione e costituzione degli organi di governo e forme sostenibili di organizzazione
della didattica e della ricerca su base policentrica, diverse da quelle indicate nell'
articolo 2. Il Ministero, con decreto di natura non regolamentare, definisce i criteri per
l'ammissione alla sperimentazione e le modalità di verifica periodica dei risultati
conseguiti.
3. Il Ministero, nel rispetto delle competenze delle regioni, provvede a
valorizzare il merito, a rimuovere gli ostacoli all'istruzione universitaria e a garantire
l'effettiva realizzazione del diritto allo studio. A tal fine, pone in essere specifici
interventi per gli studenti capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, che intendano
iscriversi al sistema universitario della Repubblica per portare a termine il loro
percorso formativo.
4. Il Ministero, nel rispetto della libertà di insegnamento e dell'autonomia
delle università, indica obiettivi e indirizzi strategici per il sistema e le sue
componenti e, tramite l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della
ricerca (ANVUR) per quanto di sua competenza, ne verifica e valuta i risultati secondo
criteri di qualità, trasparenza e promozione del merito, anche sulla base delle migliori
esperienze diffuse a livello internazionale, garantendo una distribuzione delle risorse
pubbliche coerente con gli obiettivi, gli indirizzi e le attività svolte da ciascun
ateneo, nel rispetto del principio della coesione nazionale, nonche' con la valutazione
dei risultati conseguiti.
5. La distribuzione delle risorse pubbliche deve essere garantita in maniera
coerente con gli obiettivi e gli indirizzi strategici per il sistema e le sue componenti,
definiti ai sensi del comma 4.
6. Sono possibili accordi di programma tra le singole università o aggregazioni
delle stesse e il Ministero al fine di favorire la competitività delle università,
migliorandone la qualità dei risultati, tenuto conto degli indicatori di contesto
relativi alle condizioni di sviluppo regionale.
Art. 2.
(Organi e articolazione interna delle università)
1. Le università statali, nel quadro del complessivo processo di riordino della
pubblica amministrazione, provvedono, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, a modificare i propri statuti in materia di organizzazione e di organi di
governo dell'ateneo, nel rispetto dei principi di autonomia di cui all'articolo 33 della
Costituzione, ai sensi dell'articolo 6 della legge 9 maggio 1989, n. 168, secondo principi
di semplificazione, efficienza, efficacia, trasparenza dell'attività amministrativa e
accessibilità delle informazioni relative all'ateneo, con l'osservanza dei seguenti
principi e criteri direttivi:
a) previsione dei seguenti organi:
1) rettore;
2) senato accademico;
3) consiglio di amministrazione;
4) collegio dei revisori dei conti;
5) nucleo di valutazione;
6) direttore generale;
b) attribuzione al rettore della rappresentanza legale
dell'università e delle funzioni di indirizzo, di iniziativa e di coordinamento delle
attività scientifiche e didattiche; della responsabilità del perseguimento delle
finalità dell'università secondo criteri di qualità e nel rispetto dei principi di
efficacia, efficienza, trasparenza e promozione del merito; della funzione di proposta del
documento di programmazione triennale di ateneo, di cui all'articolo 1-ter del
decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo
2005, n. 43, anche tenuto conto delle proposte e dei pareri del senato accademico, nonche'
della funzione di proposta del bilancio di previsione annuale e triennale e del conto
consuntivo; della funzione di proposta del direttore generale ai sensi della lettera n)
del presente comma, nonche' di iniziativa dei procedimenti disciplinari, secondo le
modalità previste dall'articolo 10; di ogni altra funzione non espressamente attribuita
ad altri organi dallo statuto;
c) determinazione delle modalità di elezione del rettore tra
i professori ordinari in servizio presso le università italiane. Qualora risulti eletto
un professore appartenente ad altro ateneo, l'elezione si configura anche come chiamata e
concomitante trasferimento nell'organico dei professori della nuova sede, comportando
altresì lo spostamento della quota di finanziamento ordinario relativa alla somma degli
oneri stipendiali in godimento presso la sede di provenienza del professore stesso. Il
posto che si rende in tal modo vacante può essere coperto solo in attuazione delle
disposizioni vigenti in materia di assunzioni;
d) durata della carica di rettore per un unico mandato di sei
anni, non rinnovabile;
e) attribuzione al senato accademico della competenza a formulare proposte e
pareri obbligatori in materia di didattica, di ricerca e di servizi agli studenti, anche
con riferimento al documento di programmazione triennale di ateneo, di cui
allarticolo 1-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con
modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, nonché di attivazione, modifica o
soppressione di corsi, sedi, dipartimenti, strutture di cui al comma 2, lettera c); ad
approvare il regolamento di ateneo; ad approvare, previo parere favorevole del consiglio
di amministrazione, i regolamenti, compresi quelli di competenza dei dipartimenti e delle
strutture di cui al comma 2, lettera c), in materia di didattica e di ricerca, nonché il
codice etico di cui al comma 4; a svolgere funzioni di coordinamento e di raccordo con i
dipartimenti e con le strutture di cui al comma 2, lettera c); a proporre al corpo
elettorale con maggioranza di almeno due terzi dei suoi componenti una mozione di sfiducia
al rettore non prima che siano trascorsi due anni dallinizio del suo mandato; ad
esprimere parere obbligatorio sul bilancio di previsione annuale e triennale e sul conto
consuntivo delluniversità;
f) costituzione del senato accademico su base
elettiva, in un numero di membri proporzionato alle dimensioni dell'ateneo e non superiore
a trentacinque unità, compresi il rettore e una rappresentanza elettiva degli studenti;
composizione per almeno due terzi con docenti di ruolo, almeno un terzo dei quali
direttori di dipartimento, eletti in modo da rispettare le diverse aree
scientifico-disciplinari dell'ateneo;
g) durata in carica del senato accademico per un massimo di
quattro anni e rinnovabilità del mandato per una sola volta;
h) attribuzione al consiglio di amministrazione delle funzioni
di indirizzo strategico, di approvazione della programmazione finanziaria annuale e
triennale e del personale, nonche' di vigilanza sulla sostenibilità finanziaria delle
attività; della competenza a deliberare, previo parere del senato accademico,
l'attivazione o soppressione di corsi e sedi; della competenza ad adottare il regolamento
di amministrazione e contabilità, nonche', su proposta del rettore e previo parere del
senato accademico per gli aspetti di sua competenza, ad approvare il bilancio di
previsione annuale e triennale, il conto consuntivo e il documento di programmazione
triennale di cui alla lettera b) del presente comma; del dovere di trasmettere al
Ministero e al Ministero dell'economia e delle finanze sia il bilancio di previsione
annuale e triennale sia il conto consuntivo; della competenza a conferire l'incarico di
direttore generale di cui alla lettera a), numero 6), del presente comma; della
competenza disciplinare relativamente ai professori e ricercatori universitari, ai sensi
dell'articolo 10; della competenza ad approvare la proposta di chiamata da parte del
dipartimento, ai sensi dell'articolo 18, comma 1, lettera e), e dell'articolo 24,
comma 2, lettera d);
i) composizione del consiglio di amministrazione nel numero massimo
di undici componenti, inclusi il rettore, componente di diritto, ed una rappresentanza
elettiva degli studenti; designazione o scelta degli altri componenti, secondo modalità
previste dallo statuto, tra candidature individuate, anche mediante avvisi pubblici, tra
personalità italiane o straniere in possesso di comprovata competenza in campo gestionale
ovvero di un'esperienza professionale di alto livello con una necessaria attenzione alla
qualificazione scientifica culturale; non appartenenza ai ruoli dell'ateneo, a decorrere
dai tre anni precedenti alla designazione e per tutta la durata dell'incarico, di un
numero di consiglieri non inferiore a tre nel caso in cui il consiglio di amministrazione
sia composto da undici membri e non inferiore a due nel caso in cui il consiglio di
amministrazione sia composto da un numero di membri inferiore a undici; previsione che fra
i membri non appartenenti al ruolo dell'ateneo non siano computati i rappresentanti degli
studenti iscritti all'ateneo medesimo; previsione che il presidente del consiglio di
amministrazione sia il rettore o uno dei predetti consiglieri esterni ai ruoli
dell'ateneo, eletto dal consiglio stesso; possibilità di prevedere il rinnovo non
contestuale dei diversi membri del consiglio di amministrazione al fine di garantire un
rinnovo graduale dell'intero consiglio;
l) previsione, nella nomina dei componenti il consiglio di
amministrazione, del rispetto, da parte di ciascuna componente, del principio
costituzionale delle pari opportunità tra uomini e donne nell'accesso agli uffici
pubblici;
m) durata in carica del consiglio di amministrazione
per un massimo di quattro anni; durata quadriennale del mandato fatta eccezione
per quello dei rappresentanti degli studenti, di durata biennale; rinnovabilità del
mandato per una sola volta;
n) sostituzione della figura del direttore amministrativo con la
figura del direttore generale, da scegliere tra personalità di elevata qualificazione
professionale e comprovata esperienza pluriennale con funzioni dirigenziali; conferimento
da parte del consiglio di amministrazione, su proposta del rettore, sentito il parere del
senato accademico, dell'incarico di direttore generale, regolato con contratto di lavoro a
tempo determinato di diritto privato di durata non superiore a quattro anni rinnovabile;
determinazione del trattamento economico spettante al direttore generale in conformità a
criteri e parametri fissati con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e
della ricerca, di seguito denominato «Ministro», di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze; previsione del collocamento in aspettativa senza assegni
per tutta la durata del contratto in caso di conferimento dell'incarico a dipendente
pubblico;
o) attribuzione al direttore generale, sulla base degli
indirizzi forniti dal consiglio di amministrazione, della complessiva gestione e
organizzazione dei servizi, delle risorse strumentali e del personale
tecnico-amministrativo dell'ateneo, nonche' dei compiti, in quanto compatibili, di cui
all'articolo 16 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165; partecipazione del
direttore generale, senza diritto di voto, alle sedute del consiglio di amministrazione;
p) composizione del collegio dei revisori dei conti in numero
di tre componenti effettivi e due supplenti, di cui un membro effettivo, con funzioni di
presidente, scelto tra i magistrati amministrativi e contabili e gli avvocati dello Stato;
uno effettivo e uno supplente, designati dal Ministero dell'economia e delle finanze; uno
effettivo e uno supplente scelti dal Ministero tra dirigenti e funzionari del Ministero
stesso; nomina dei componenti con decreto rettorale; durata del mandato per un massimo di
quattro anni; rinnovabilità dell'incarico per una sola volta e divieto di conferimento
dello stesso a personale dipendente della medesima università; iscrizione di almeno due
componenti al Registro dei revisori contabili;
q) composizione del nucleo di valutazione, ai sensi della
legge 19 ottobre 1999, n. 370, con soggetti di elevata qualificazione professionale in
prevalenza esterni all' ateneo, il cui curriculum e' reso pubblico nel sito internet
dell'università; il coordinatore può essere individuato tra i professori di ruolo
dell'ateneo;
r) attribuzione al nucleo di valutazione della funzione di
verifica della qualità e dell'efficacia dell'offerta didattica, anche sulla base degli
indicatori individuati dalle commissioni paritetiche docenti-studenti, di cui al comma 2,
lettera g), del presente articolo, nonche' della funzione di verifica
dell'attività di ricerca svolta dai dipartimenti e della congruità del curriculum
scientifico o professionale dei titolari dei contratti di insegnamento di cui all'articolo
23, comma 1, e attribuzione, in raccordo con l'attività dell'ANVUR, delle funzioni di cui
all'articolo 14 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, relative alle procedure
di valutazione delle strutture e del personale, al fine di promuovere nelle università,
in piena autonomia e con modalità organizzative proprie, il merito e il miglioramento
della performance organizzativa e individuale;
s) divieto per i componenti del senato accademico e del
consiglio di amministrazione di ricoprire altre cariche accademiche, fatta eccezione per
il rettore limitatamente al senato accademico e al consiglio di amministrazione e, per i
direttori di dipartimento, limitatamente allo stesso senato, qualora risultino eletti a
farne parte; di essere componente di altri organi dell'università salvo che del consiglio
di dipartimento; di ricoprire il ruolo di direttore o presidente delle scuole di
specializzazione o di fare parte del consiglio di amministrazione delle scuole di
specializzazione; di rivestire alcun incarico di natura politica per la durata del mandato
e di ricoprire la carica di rettore o far parte del consiglio di amministrazione, del
senato accademico, del nucleo di valutazione o del collegio dei revisori dei conti di
altre università italiane statali, non statali o telematiche; di svolgere funzioni
inerenti alla programmazione, al finanziamento e alla valutazione delle attività
universitarie nel Ministero e nell'ANVUR; decadenza per i componenti del senato accademico
e del consiglio di amministrazione che non partecipino con continuità alle sedute
dell'organo di appartenenza.
2. Per le medesime finalità ed entro lo stesso termine di cui al comma 1, le
università statali modificano, altresì, i propri statuti in tema di articolazione
interna, con l'osservanza dei seguenti vincoli e criteri direttivi:
a) semplificazione dell'articolazione interna, con contestuale
attribuzione al dipartimento delle funzioni finalizzate allo svolgimento della ricerca
scientifica, delle attività didattiche e formative, nonche' delle attività rivolte
all'esterno ad esse correlate o accessorie;
b) riorganizzazione dei dipartimenti assicurando che a
ciascuno di essi afferisca un numero di professori, ricercatori di ruolo e ricercatori a
tempo determinato non inferiore a trentacinque, ovvero quaranta
nelle università con un numero di professori, ricercatori di ruolo e a tempo determinato
superiore a mille unità, afferenti a settori scientifico-disciplinari omogenei;
c) previsione della facoltà di istituire tra più
dipartimenti, raggruppati in relazione a criteri di affinità disciplinare, strutture
di raccordo, comunque denominate, con funzioni di coordinamento e
razionalizzazione delle attività didattiche, compresa la proposta di attivazione
o soppressione di corsi di studio, e di gestione dei servizi comuni; previsione che, ove
alle funzioni didattiche e di ricerca si affianchino funzioni assistenziali nell'ambito
delle disposizioni statali in materia, le strutture assumano i compiti conseguenti secondo
le modalità e nei limiti concertati con la regione di ubicazione, garantendo
l'inscindibilità delle funzioni assistenziali dei docenti di materie cliniche da quelle
di insegnamento e di ricerca;
d) previsione della proporzionalità del numero complessivo
delle strutture di cui alla lettera c) alle dimensioni dell'ateneo, anche in
relazione alla tipologia scientifico-disciplinare dell'ateneo stesso, fermo restando che
il numero delle stesse non può comunque essere superiore a dodici;
e) previsione della possibilità, per le università con un
organico di professori, di ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato
inferiore a cinquecento unità, di darsi un'articolazione organizzativa interna
semplificata alla quale vengono attribuite unitariamente le funzioni di cui alle lettere a)
e c);
f) istituzione di un organo deliberante delle
strutture di cui alla lettera c), ove esistenti, composto dai direttori dei
dipartimenti in esse raggruppati, da una rappresentanza elettiva degli studenti, nonche',
in misura complessivamente non superiore al 10 per cento dei componenti dei consigli dei
dipartimenti stessi, da docenti scelti, con modalità definite dagli statuti, tra i
componenti delle giunte dei dipartimenti, ovvero tra i coordinatori di corsi di studio o
di dottorato ovvero tra i responsabili delle attività assistenziali di competenza della
struttura, ove previste;
attribuzione delle funzioni di presidente dell'organo ad un professore ordinario afferente
alla struttura eletto dall'organo stesso ovvero nominato secondo modalità determinate
dallo statuto;
durata triennale della carica e rinnovabilità della stessa per una sola volta. La
partecipazione all'organo di cui alla presente lettera non dà luogo alla corresponsione
di compensi, emolumenti, indennità o rimborsi spese;
g) istituzione in ciascun dipartimento, ovvero in ciascuna
delle strutture di cui alle lettere c) ovvero e), senza maggiori oneri a
carico della finanza pubblica, di una commissione paritetica docenti-studenti, competente
a svolgere attività di monitoraggio dell'offerta formativa e della qualità della
didattica nonche' dell'attività di servizio agli studenti da parte dei professori e dei
ricercatori; ad individuare indicatori per la valutazione dei risultati delle stesse; a
formulare pareri sull'attivazione e la soppressione di corsi di studio. La partecipazione
alla commissione paritetica di cui alla presente lettera non dà luogo alla corresponsione
di compensi, emolumenti, indennità o rimborsi spese;
h) garanzia di una rappresentanza elettiva degli studenti
negli organi di cui al comma 1, lettere f), i) e q), nonche'
alle lettere f) e g) del presente comma, in conformità a quanto
previsto dall'articolo 6, comma 1, del decreto-legge 21 aprile 1995, n. 120, convertito,
con modificazioni, dalla legge 21 giugno 1995, n. 236;
attribuzione dell'elettorato passivo agli iscritti per la prima volta e non oltre il primo
anno fuori corso ai corsi di laurea, laurea magistrale e dottorato di ricerca
dell'università; durata biennale di ogni mandato e rinnovabilità per una sola volta;
i) introduzione di misure a tutela della rappresentanza studentesca,
compresa la possibilità di accesso, nel rispetto della vigente normativa, ai dati
necessari per l'esplicazione dei compiti ad essa attribuiti;
l) rafforzamento dell'internazionalizzazione anche attraverso una
maggiore mobilità dei docenti e degli studenti, programmi integrati di studio, iniziative
di cooperazione interuniversitaria per attività di studio e di ricerca e l'attivazione,
nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione
vigente, di insegnamenti, di corsi di studio e di forme di selezione svolti in lingua
straniera;
m) introduzione di sanzioni da irrogare in caso di violazioni
del codice etico.
3. Gli istituti di istruzione universitaria a ordinamento speciale adottano,
senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, proprie modalità di organizzazione,
nel rispetto dei principi di semplificazione, efficienza, efficacia, trasparenza
dell'attività amministrativa e accessibilità delle informazioni relative all'ateneo di
cui al comma 1 del presente articolo, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 6, comma
9, della legge 9 maggio 1989, n. 168.
4. Le università che ne fossero prive adottano entro centottanta giorni dalla
data di entrata in vigore della presente legge un codice etico della comunità
universitaria formata dal personale docente e ricercatore, dal personale
tecnico-amministrativo e dagli studenti dell'ateneo. Il codice etico determina i valori
fondamentali della comunità universitaria, promuove il riconoscimento e il rispetto dei
diritti individuali, nonche' l'accettazione di doveri e responsabilità nei confronti
dell'istituzione di appartenenza, detta le regole di condotta nell'ambito della comunità.
Le norme sono volte ad evitare ogni forma di discriminazione e di abuso, nonche' a
regolare i casi di conflitto di interessi o di proprietà intellettuale. Sulle violazioni
del codice etico, qualora non ricadano sotto la competenza del collegio di disciplina,
decide, su proposta del rettore, il senato accademico.
5. In prima applicazione, lo statuto contenente le modifiche statutarie di cui
ai commi 1 e 2 e' predisposto da apposito organo istituito con decreto rettorale senza
nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e composto da quindici componenti, tra i
quali il rettore con funzioni di presidente, due rappresentanti degli studenti, sei
designati dal senato accademico e sei dal consiglio di amministrazione. La partecipazione
all'organo di cui al presente comma non dà luogo alla corresponsione di compensi,
emolumenti, indennità o rimborsi spese. Ad eccezione del rettore e dei rappresentanti
degli studenti, i componenti non possono essere membri del senato accademico e del
consiglio di amministrazione. Lo statuto contenente le modifiche statutarie e' adottato
con delibera del senato accademico, previo parere favorevole del consiglio di
amministrazione.
6. In caso di mancato rispetto del termine di cui al comma 1, il Ministero
assegna all'università un termine di tre mesi per adottare le modifiche statutarie;
decorso inutilmente tale termine, il Ministro costituisce, senza nuovi o maggiori oneri
per la finanza pubblica, una commissione composta da tre membri, compreso il presidente,
in possesso di adeguata professionalità, con il compito di predisporre le necessarie
modifiche statutarie.
7. Lo statuto, adottato ai sensi dei commi 5 e 6 del presente articolo, e'
trasmesso al Ministero che esercita il controllo previsto all'articolo 6 della legge 9
maggio 1989, n. 168, entro centoventi giorni dalla ricezione dello stesso.
8. In relazione a quanto previsto dai commi 1 e 2, entro trenta giorni dalla
data di pubblicazione dei nuovi statuti nella Gazzetta Ufficiale, i
competenti organi universitari avviano le procedure per la costituzione dei nuovi organi
statutari.
9. Gli organi collegiali delle università decadono al momento della
costituzione di quelli previsti dal nuovo statuto.
Gli organi il cui mandato scade entro il termine di cui al comma 1
restano in carica fino alla costituzione degli stessi ai sensi del nuovo statuto. Il
mandato dei rettori in carica al momento dell'adozione dello statuto di cui ai commi 5 e 6
e' prorogato fino al termine dell'anno accademico successivo.
Sono comunque fatte salve le scadenze dei mandati in corso previste alla
data dell'elezione dei rettori eletti, o in carica, se successive al predetto anno
accademico. Il mandato dei rettori i quali, alla data di entrata in vigore della presente
legge, sono stati eletti ovvero stanno espletando il primo mandato e' prorogato di due
anni e non e' rinnovabile. Tale proroga assorbe quella di cui al terzo periodo del
presente comma.
10. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni sui limiti del mandato
o delle cariche di cui al comma 1, lettere d), g) e m), sono
considerati anche i periodi già espletati nell'ateneo alla data di entrata in vigore dei
nuovi statuti.
11. L'elettorato passivo per le cariche accademiche e' riservato ai docenti che
assicurano un numero di anni di servizio almeno pari alla durata del mandato prima della
data di collocamento a riposo.
12. Il rispetto dei principi di semplificazione, razionale dimensionamento delle
strutture, efficienza ed efficacia di cui al presente articolo rientra tra i criteri di
valutazione delle università valevoli ai fini dell'allocazione delle risorse, secondo
criteri e parametri definiti con decreto del Ministro, su proposta dell'ANVUR.
13. A decorrere dalla data di entrata in vigore delle modifiche statutarie,
adottate dall'ateneo ai sensi del presente articolo, perdono efficacia nei confronti dello
stesso le seguenti disposizioni:
a) l'articolo 16, comma 4, lettere b) ed f),
della legge 9 maggio 1989, n. 168;
b) l'articolo 17, comma 110, della legge 15 maggio 1997, n.
127.
Art. 3.
(Federazione e fusione di atenei e razionalizzazione dell'offerta formativa)
1. Al fine di migliorare la qualità, l'efficienza e l'efficacia dell'attività
didattica, di ricerca e gestionale, di razionalizzare la distribuzione delle sedi
universitarie e di ottimizzare l'utilizzazione delle strutture e delle risorse,
nell'ambito dei principi ispiratori della presente riforma di cui all'articolo 1, due o
più università possono federarsi, anche limitatamente ad alcuni settori di attività o
strutture, ovvero fondersi.
2. La federazione può avere luogo, altresì, tra università ed enti o
istituzioni operanti nei settori della ricerca e dell'alta formazione, ivi compresi gli
istituti tecnici superiori di cui al capo II del decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 25 gennaio 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 86 dell'11
aprile 2008, nonche' all'articolo 2, comma 4, del regolamento di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87, e all'articolo 2, comma 4, del
regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 88, sulla
base di progetti coerenti ed omogenei con le caratteristiche e le specificità dei
partecipanti.
3. La federazione ovvero la fusione ha luogo sulla base di un progetto
contenente, in forma analitica, le motivazioni, gli obiettivi, le compatibilità
finanziarie e logistiche, le proposte di riallocazione dell'organico e delle strutture in
coerenza con gli obiettivi di cui al comma 1. Nel caso di federazione, il progetto deve
prevedere le modalità di governance della federazione, l'iter di approvazione di
tali modalità, nonche' le regole per l'accesso alle strutture di governance, da
riservare comunque a componenti delle strutture di governance delle istituzioni
che si federano. I fondi risultanti dai risparmi prodotti dalla realizzazione della
federazione o fusione degli atenei possono restare nella disponibilità degli atenei che
li hanno prodotti, purche' indicati nel progetto e approvati, ai sensi del comma 4, dal
Ministero.
4. Il progetto di cui al comma 3, deliberato dai competenti organi di ciascuna
delle istituzioni interessate, e' sottoposto per l'approvazione all'esame del Ministero,
che si esprime entro tre mesi, previa valutazione dell'ANVUR e dei rispettivi comitati
regionali di coordinamento di cui all'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 27 gennaio 1998, n. 25.
5. In attuazione dei procedimenti di federazione o di fusione di cui al presente
articolo, il progetto di cui al comma 3 dispone, altresì, in merito a eventuali procedure
di mobilità dei professori e dei ricercatori, nonche' del personale
tecnico-amministrativo. In particolare, per i professori e i ricercatori, l'eventuale
trasferimento avviene previo espletamento di apposite procedure di mobilità ad istanza
degli interessati. In caso di esito negativo delle predette procedure, il Ministro può
provvedere, con proprio decreto, al trasferimento del personale interessato disponendo,
altresì, in ordine alla concessione agli interessati di incentivi finanziari a carico del
fondo di finanziamento ordinario, sentito il Ministero dell'economia e delle finanze.
6. Le disposizioni di cui al comma 5 si applicano anche a seguito dei processi
di revisione e razionalizzazione dell'offerta formativa e della conseguente disattivazione
dei corsi di studio universitari, delle facoltà e delle sedi universitarie decentrate, ai
sensi dell'articolo 1-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito,
con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43.
TITOLO II
NORME E DELEGA LEGISLATIVA IN
MATERIA DI QUALITà ED EFFICIENZA
DEL SISTEMA UNIVERSITARIO
Art. 4.
(Fondo per il merito)
1. E' istituito presso il Ministero un fondo speciale, di seguito denominato
«fondo», finalizzato a promuovere l'eccellenza e il merito fra gli studenti dei corsi di
laurea e laurea magistrale individuati, per gli iscritti al primo anno per la prima volta,
mediante prove nazionali standard e, per gli iscritti agli anni successivi,
mediante criteri nazionali standard di valutazione. Il fondo e' destinato a:
a) erogare premi di studio, estesi anche alle esperienze di
formazione da realizzare presso università e centri di ricerca di Paesi esteri;
b) fornire buoni studio, che prevedano una quota, determinata in
relazione ai risultati accademici conseguiti, da restituire a partire dal termine degli
studi, secondo tempi parametrati al reddito percepito. Nei limiti delle risorse
disponibili sul fondo, sono esclusi dall'obbligo della restituzione gli studenti che hanno
conseguito il titolo di laurea ovvero di laurea specialistica o magistrale con il massimo
dei voti ed entro i termini di durata normale del corso;
c) garantire finanziamenti erogati per le finalità di cui al
presente comma.
2. Gli interventi previsti al comma 1 sono cumulabili con le borse di studio
assegnate ai sensi dell'articolo 8 della legge 2 dicembre 1991, n. 390.
3. Il Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,
sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, con propri decreti di natura non regolamentare disciplina
i criteri e le modalità di attuazione del presente articolo ed in particolare:
a) i criteri di accesso alle prove nazionali standard
e i criteri nazionali standard di valutazione di cui al comma 1;
b) i criteri e le modalità di attribuzione dei premi e dei
buoni, nonche' le modalità di accesso ai finanziamenti garantiti;
c) i criteri e le modalità di restituzione della quota di cui
al comma 1, lettera b), prevedendo una graduazione della stessa in base al
reddito percepito nell'attività lavorativa;
d) le caratteristiche, l'ammontare dei premi e dei buoni e i
criteri e le modalità per la loro eventuale differenziazione;
e) l'ammontare massimo garantito per ciascuno studente per
ciascun anno, anche in ragione delle diverse tipologie di studenti;
f) i requisiti di merito che gli studenti devono rispettare
nel corso degli studi per mantenere il diritto a premi, buoni e finanziamenti garantiti;
g) le modalità di utilizzo di premi, buoni e finanziamenti
garantiti;
h) le caratteristiche dei finanziamenti, prevedendo un
contributo a carico degli istituti concedenti pari all'1 per cento delle somme erogate e
allo 0,1 per cento delle rate rimborsate;
i) i criteri e le modalità di utilizzo del fondo e la ripartizione
delle risorse del fondo stesso tra le destinazioni di cui al comma 1;
l) la predisposizione di idonee iniziative di divulgazione e
informazione, nonche' di assistenza a studenti e università in merito alle modalità di
accesso agli interventi di cui al presente articolo;
m) le modalità di monitoraggio, con idonei strumenti
informatici, della concessione dei premi, dei buoni e dei finanziamenti, del rimborso
degli stessi, nonche' dell'esposizione del fondo;
n) le modalità di selezione con procedura competitiva dell'istituto
o degli istituti finanziari fornitori delle provviste finanziarie;
o) la previsione, nell'ambito della programmazione degli
accessi alle borse di studio, di riservare la quota del 10 per cento agli studenti
iscritti nelle università della regione in cui risultano residenti.
4. L'ammissione, a seguito del relativo bando di concorso, presso i collegi
universitari legalmente riconosciuti e presso i collegi di cui all'articolo 1, comma 603,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296, costituisce un titolo valutabile per i candidati, ai
fini della predisposizione delle graduatorie per la concessione dei contributi di cui al
comma 3.
5. Il coordinamento operativo della somministrazione delle prove nazionali, da
effettuare secondo i migliori standard tecnologici e di sicurezza, e' svolto dal
Ministero, secondo modalità individuate con decreto di natura non regolamentare del
Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, che disciplina
altresì il contributo massimo richiesto agli studenti per la partecipazione alle prove,
con l'esenzione per gli studenti privi di mezzi, nonche' le modalità di predisposizione e
svolgimento delle stesse.
6. Gli oneri di gestione e le spese di funzionamento degli interventi relativi
al fondo sono a carico delle risorse finanziarie del fondo stesso.
7. Il Ministero dell'economia e delle finanze, con propri decreti, determina,
secondo criteri di mercato, il corrispettivo per la garanzia dello Stato, da imputare ai
finanziamenti erogati. I corrispettivi asserviti all'esercizio della garanzia dello Stato
sono depositati su apposito conto aperto presso la Tesoreria statale.
8. Il fondo, gestito dal Ministero di concerto con il Ministero dell'economia e
delle finanze, e' alimentato con:
a) versamenti effettuati a titolo spontaneo e solidale da
privati, società, enti e fondazioni, anche vincolati, nel rispetto delle finalità del
fondo, a specifici usi;
b) trasferimenti pubblici, previsti da specifiche
disposizioni, limitatamente agli interventi di cui al comma 1, lettera a);
c) i corrispettivi di cui al comma 7, da utilizzare in via
esclusiva per le finalità di cui al comma 1, lettera c);
d) i contributi di cui al comma 3, lettera h), e al
comma 5, da utilizzare per le finalità di cui al comma 6.
9. Il Ministero, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze,
promuove, anche con apposite convenzioni, il concorso dei privati e disciplina con proprio
decreto di natura non regolamentare le modalità con cui i soggetti donatori possono
partecipare allo sviluppo del fondo, anche costituendo, senza nuovi o maggiori oneri per
la finanza pubblica, un comitato consultivo formato da rappresentanti dei Ministeri, dei
donatori e degli studenti, questi ultimi designati dal Consiglio nazionale degli studenti
universitari (CNSU) tra i propri componenti.
10. All'articolo 10, comma 1, lettera l-quater), del testo unico delle
imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.
917, dopo le parole: «articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388,» sono
inserite le seguenti: «del Fondo per il merito degli studenti universitari».
Art. 5.
(Delega in materia di interventi per la qualità e l'efficienza del sistema
universitario)
1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro il termine di
dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti
legislativi finalizzati a riformare il sistema universitario per il raggiungimento dei
seguenti obiettivi:
a) valorizzazione della qualità e dell'efficienza delle
università e conseguente introduzione di meccanismi premiali nella distribuzione delle
risorse pubbliche sulla base di criteri definiti ex ante, anche mediante
previsione di un sistema di accreditamento periodico delle università; valorizzazione dei
collegi universitari legalmente riconosciuti, ivi compresi i collegi storici, mediante la
previsione di una apposita disciplina per il riconoscimento e l'accreditamento degli
stessi anche ai fini della concessione del finanziamento statale; valorizzazione della
figura dei ricercatori;
realizzazione di opportunità uniformi, su tutto il territorio nazionale, di accesso e
scelta dei percorsi formativi;
b) revisione della disciplina concernente la contabilità, al
fine di garantirne coerenza con la programmazione triennale di ateneo, maggiore
trasparenza ed omogeneità, e di consentire l'individuazione della esatta condizione
patrimoniale dell'ateneo e dell'andamento complessivo della gestione; previsione di
meccanismi di commissariamento in caso di dissesto finanziario degli atenei;
c) introduzione, sentita l'ANVUR, di un sistema di valutazione
ex post delle politiche di reclutamento degli atenei, sulla base di criteri
definiti ex ante;
d) revisione, in attuazione del titolo V della parte II della
Costituzione, della normativa di principio in materia di diritto allo studio, al fine di
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano l'accesso all'istruzione
superiore, e contestuale definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP)
erogate dalle università statali.
2. L'attuazione del comma 1, lettere a), b) e c), ad
eccezione di quanto previsto al comma 3, lettera g), e al comma 4, lettera l),
non deve determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Gli eventuali
maggiori oneri derivanti dall'attuazione del comma 1, lettera d), dovranno essere
quantificati e coperti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009,
n. 196.
3. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, lettera a), del
presente articolo, il Governo si attiene ai principi di riordino di cui all'articolo 20
della legge 15 marzo 1997, n. 59, e ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) introduzione di un sistema di accreditamento delle sedi e
dei corsi di studio universitari di cui all'articolo 3 del regolamento di cui al decreto
del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270,
fondato sull'utilizzazione di specifici indicatori definiti ex ante dall'ANVUR
per la verifica del possesso da parte degli atenei di idonei requisiti didattici,
strutturali, organizzativi, di qualificazione dei docenti e delle attività di ricerca,
nonche' di sostenibilità economico-finanziaria;
b) introduzione di un sistema di valutazione periodica basato su
criteri e indicatori stabiliti ex ante, da parte dell'ANVUR, dell'efficienza e
dei risultati conseguiti nell'ambito della didattica e della ricerca dalle singole
università e dalle loro articolazioni interne;
c) potenziamento del sistema di autovalutazione della qualità
e dell'efficacia delle proprie attività da parte delle università, anche avvalendosi dei
propri nuclei di valutazione e dei contributi provenienti dalle commissioni paritetiche di
cui all'articolo 2, comma 2, lettera g);
d) definizione del sistema di valutazione e di assicurazione della
qualità degli atenei in coerenza con quanto concordato a livello europeo, in particolare
secondo le linee guida adottate dai Ministri dell'istruzione superiore dei Paesi aderenti
all'Area europea dell'istruzione superiore;
e) previsione di meccanismi volti a garantire incentivi
correlati al conseguimento dei risultati di cui alla lettera b), nell'ambito
delle risorse disponibili del fondo di finanziamento ordinario delle università allo
scopo annualmente predeterminate;
f) previsione per i collegi universitari legalmente riconosciuti,
quali strutture a carattere residenziale, di rilevanza nazionale, di elevata
qualificazione culturale, che assicurano agli studenti servizi educativi, di orientamento
e di integrazione dell'offerta formativa degli atenei, di requisiti e di standard
minimi a carattere istituzionale, logistico e funzionale necessari per il riconoscimento
da parte del Ministero e successivo accreditamento riservato ai collegi legalmente
riconosciuti da almeno cinque anni; rinvio ad apposito decreto ministeriale della
disciplina delle procedure di iscrizione, delle modalità di verifica della permanenza
delle condizioni richieste, nonche' delle modalità di accesso ai finanziamenti statali
riservati ai collegi accreditati;
g) revisione del trattamento economico dei ricercatori non
confermati a tempo indeterminato, nel primo anno di attività, nel rispetto del limite di
spesa di cui all'articolo 29, comma 22, primo periodo.
4. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, lettera b), il
Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) introduzione di un sistema di contabilità
economico-patrimoniale e analitica, del bilancio unico e del bilancio consolidato di
ateneo sulla base di principi contabili e schemi di bilancio stabiliti e aggiornati dal
Ministero, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la
Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), garantendo, al fine del
consolidamento e del monitoraggio dei conti delle amministrazioni pubbliche, la
predisposizione di un bilancio preventivo e di un rendiconto in contabilità finanziaria,
in conformità alla disciplina adottata ai sensi dell'articolo 2, comma 2, della legge 31
dicembre 2009, n. 196;
b) adozione di un piano economico-finanziario triennale al
fine di garantire la sostenibilità di tutte le attività dell'ateneo;
c) previsione che gli effetti delle misure di cui alla
presente legge trovano adeguata compensazione nei piani previsti alla lettera d);
comunicazione al Ministero dell'economia e delle finanze, con cadenza annuale, dei
risultati della programmazione triennale riferiti al sistema universitario nel suo
complesso, ai fini del monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica;
d) predisposizione di un piano triennale diretto a
riequilibrare, entro intervalli di percentuali definiti dal Ministero, e secondo criteri
di piena sostenibilità finanziaria, i rapporti di consistenza del personale docente,
ricercatore e tecnico-amministrativo, ed il numero dei professori e ricercatori di cui
all'articolo 1, comma 9, della legge 4 novembre 2005, n. 230, e successive modificazioni;
previsione che la mancata adozione, parziale o totale, del predetto piano comporti la non
erogazione delle quote di finanziamento ordinario relative alle unità di personale che
eccedono i limiti previsti;
e) determinazione di un limite massimo all'incidenza
complessiva delle spese per l'indebitamento e delle spese per il personale di ruolo e a
tempo determinato, inclusi gli oneri per la contrattazione integrativa, sulle entrate
complessive dell'ateneo, al netto di quelle a destinazione vincolata;
f) introduzione del costo standard unitario
di formazione per studente in corso, calcolato secondo indici commisurati alle diverse
tipologie dei corsi di studio e ai differenti contesti economici, territoriali e
infrastrutturali in cui opera l'università, cui collegare l'attribuzione all'università
di una percentuale della parte di fondo di finanziamento ordinario non assegnata ai sensi
dell'articolo 2 del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni,
dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1;
individuazione degli indici da utilizzare per la quantificazione del costo standard
unitario di formazione per studente in corso, sentita l'ANVUR;
g) previsione della declaratoria di dissesto finanziario
nell'ipotesi in cui l'università non possa garantire l'assolvimento delle proprie
funzioni indispensabili ovvero non possa fare fronte ai debiti liquidi ed esigibili nei
confronti dei terzi;
h) disciplina delle conseguenze del dissesto finanziario con
previsione dell'inoltro da parte del Ministero di preventiva diffida e sollecitazione a
predispone, entro un termine non superiore a centottanta giorni, un piano di rientro da
sottoporre all'approvazione del Ministero, di concerto con il Ministero dell'economia e
delle finanze, e da attuare nel limite massimo di un quinquennio; previsione delle
modalità di controllo periodico dell'attuazione del predetto piano;
i) previsione, per i casi di mancata predisposizione, mancata
approvazione ovvero omessa o incompleta attuazione del piano, del commissariamento
dell'ateneo e disciplina delle modalità di assunzione da parte del Governo, su proposta
del Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, della delibera di
commissaria-mento e di nomina di uno o più commissari, ad esclusione del rettore, con il
compito di provvedere alla predisposizione ovvero all'attuazione del piano di rientro
finanziario;
l) previsione di un apposito fondo di rotazione, distinto ed
aggiuntivo rispetto alle risorse destinate al fondo di finanziamento ordinario per le
università, a garanzia del riequilibrio finanziario degli atenei;
m) previsione che gli eventuali maggiori oneri derivanti
dall'attuazione della lettera l) del presente comma siano quantificati e coperti,
ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
5. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, lettera c), il
Governo si attiene al principio e criterio direttivo dell'attribuzione di una quota non
superiore al 10 per cento del fondo di funzionamento ordinario correlata a meccanismi di
valutazione delle politiche di reclutamento degli atenei, elaborati da parte dell'ANVUR e
fondati su: la produzione scientifica dei professori e dei ricercatori successiva alla
loro presa di servizio ovvero al passaggio a diverso ruolo o fascia nell'ateneo; la
percentuale di ricercatori a tempo determinato in servizio che non hanno trascorso
l'intero percorso di dottorato e di post-dottorato, o, nel caso delle facoltà di
medicina e chirurgia, di scuola di specializzazione, nella medesima università; la
percentuale dei professori reclutati da altri atenei; la percentuale dei professori e
ricercatori in servizio responsabili scientifici di progetti di ricerca internazionali e
comunitari; il grado di internazionalizzazione del corpo docente.
6. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, lettera d), il
Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) definire i LEP, anche con riferimento ai requisiti di merito ed
economici, tali da assicurare gli strumenti ed i servizi, quali borse di studio,
trasporti, assistenza sanitaria, ristorazione, accesso alla cultura, alloggi, già
disponibili a legislazione vigente, per il conseguimento del pieno successo formativo
degli studenti dell'istruzione superiore e rimuovere gli ostacoli di ordine economico,
sociale e personale che limitano l'accesso ed il conseguimento dei più alti gradi di
istruzione superiore agli studenti capaci e meritevoli, ma privi di mezzi;
b) garantire agli studenti la più ampia libertà di scelta in
relazione alla fruizione dei servizi per il diritto allo studio universitario;
c) definire i criteri per l'attribuzione alle regioni e alle
province autonome di Trento e di Bolzano del Fondo integrativo per la concessione di
prestiti d'onore e di borse di studio, di cui all'articolo 16, comma 4, della legge 2
dicembre 1991, n. 390;
d) favorire il raccordo tra le regioni e le province autonome
di Trento e di Bolzano, le università e le diverse istituzioni che concorrono al successo
formativo degli studenti al fine di potenziare la gamma dei servizi e degli interventi
posti in essere dalle predette istituzioni, nell'ambito della propria autonomia
statutaria;
e) prevedere la stipula di specifici accordi con le regioni e
le province autonome di Trento e di Bolzano, per la sperimentazione di nuovi modelli nella
gestione e nell'erogazione degli interventi;
f) definire le tipologie di strutture residenziali destinate agli
studenti universitari e le caratteristiche peculiari delle stesse.
7. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati, su
proposta del Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il
Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, e, con riferimento alle
disposizioni di cui al comma 6, di concerto con il Ministro della gioventù, previa intesa
con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, e sono trasmessi alle Camere per l'espressione del parere delle
Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, le quali si
esprimono entro sessanta giorni dalla data di trasmissione; decorso tale termine, i
decreti sono adottati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l'espressione
del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine di
cui al comma 1, o successivamente, quest'ultimo termine e' prorogato di sessanta giorni.
8. In attuazione di quanto stabilito dall'articolo 17, comma 2, della legge 31
dicembre 2009, n. 196, in considerazione della complessità della materia trattata dai
decreti legislativi di cui al comma 1 del presente articolo, nell'impossibilità di
procedere alla determinazione degli effetti finanziari dagli stessi derivanti, la loro
quantificazione e' effettuata al momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi. I
decreti legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo
successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le
occorrenti risorse finanziarie. A ciascuno schema di decreto legislativo e' allegata una
relazione tecnica, predisposta ai sensi dell'articolo 17, comma 5, della citata legge n.
196 del 2009, che dà conto della neutralità finanziaria del medesimo decreto ovvero dei
nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura.
9. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dei
decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può adottare eventuali disposizioni
integrative e correttive, con le medesime modalità e nel rispetto dei medesimi principi e
criteri direttivi.
Art. 6.
(Stato giuridico dei professori e dei ricercatori di ruolo)
1. Il regime di impegno dei professori e dei ricercatori e' a tempo pieno o a
tempo definito. Ai fini della rendicontazione dei progetti di ricerca, la quantificazione
figurativa delle attività annue di ricerca, di studio e di insegnamento, con i connessi
compiti preparatori, di verifica e organizzativi, e' pari a 1.500 ore annue per i
professori e i ricercatori a tempo pieno e a 750 ore per i professori e i ricercatori a
tempo definito.
2. I professori svolgono attività di ricerca e di aggiornamento scientifico e,
sulla base di criteri e modalità stabiliti con regolamento di ateneo, sono tenuti a
riservare annualmente a compiti didattici e di servizio agli studenti, inclusi
l'orientamento e il tutorato, nonche' ad attività di verifica dell'apprendimento, non
meno di 350 ore in regime di tempo pieno e non meno di 250 ore in regime di tempo
definito.
3. I ricercatori di ruolo svolgono attività di ricerca e di aggiornamento
scientifico e, sulla base di criteri e modalità stabiliti con regolamento di ateneo, sono
tenuti a riservare annualmente a compiti di didattica integrativa e di servizio agli
studenti, inclusi l'orientamento e il tutorato, nonche' ad attività di verifica
dell'apprendimento, fino ad un massimo di 350 ore in regime di tempo pieno e fino ad un
massimo di 200 ore in regime di tempo definito.
4. Ai ricercatori a tempo indeterminato, agli assistenti del ruolo ad
esaurimento e ai tecnici laureati di cui all'articolo 50 del decreto del Presidente della
Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, che hanno svolto tre anni di insegnamento ai sensi
dell'articolo 12 della legge 19 novembre 1990, n. 341, e successive modificazioni, nonche'
ai professori incaricati stabilizzati sono affidati, con il loro consenso e fermo restando
il rispettivo inquadramento e trattamento giuridico ed economico, corsi e moduli
curriculari compatibilmente con la programmazione didattica definita dai competenti organi
accademici nonche' compiti di tutorato e di didattica integrativa. Ad essi e' attribuito
il titolo di professore aggregato per l'anno accademico in cui essi svolgono tali corsi e
moduli. Il titolo e' conservato altresì nei periodi di congedo straordinario per motivi
di studio di cui il ricercatore usufruisce nell'anno successivo a quello in cui ha svolto
tali corsi e moduli. Ciascuna università, nei limiti delle disponibilità di bilancio e
sulla base di criteri e modalità stabiliti con proprio regolamento, determina la
retribuzione aggiuntiva dei ricercatori di ruolo ai quali, con il loro consenso, sono
affidati moduli o corsi curriculari.
5. All'articolo 1, comma 11, della legge 4 novembre 2005, n. 230, le parole:
«per il periodo di durata degli stessi corsi e moduli» sono sostituite dalle seguenti:
«per l'anno accademico in cui essi svolgono tali corsi e moduli. Il titolo e' conservato
altresì nei periodi di congedo straordinario per motivi di studio di cui il ricercatore
usufruisce nell'anno successivo a quello in cui ha svolto tali corsi e moduli».
6. L'opzione per l'uno o l'altro regime di cui al comma 1 e' esercitata su
domanda dell'interessato all'atto della presa di servizio ovvero, nel caso di passaggio
dall'uno all'altro regime, con domanda da presentare al rettore almeno sei mesi prima
dell'inizio dell'anno accademico dal quale far decorrere l'opzione e comporta l'obbligo di
mantenere il regime prescelto per almeno un anno accademico.
7. Le modalità per l'autocertificazione e la verifica dell'effettivo
svolgimento della attività didattica e di servizio agli studenti dei professori e dei
ricercatori sono definite con regolamento di ateneo, che prevede altresì la
differenziazione dei compiti didattici in relazione alle diverse aree
scientifico-disciplinari e alla tipologia di insegnamento, nonche' in relazione
all'assunzione da parte del docente di specifici incarichi di responsabilità gestionale o
di ricerca. Fatta salva la competenza esclusiva delle università a valutare positivamente
o negativamente le attività dei singoli docenti e ricercatori, l'ANVUR stabilisce criteri
oggettivi di verifica dei risultati dell'attività di ricerca ai fini del comma 8.
8. In caso di valutazione negativa ai sensi del comma 7, i professori e i
ricercatori sono esclusi dalle commissioni di abilitazione, selezione e progressione di
carriera del personale accademico, nonche' dagli organi di valutazione dei progetti di
ricerca.
9. La posizione di professore e ricercatore e' incompatibile con l'esercizio del
commercio e dell'industria fatta salva la possibilità di costituire società con
caratteristiche di spin off o di start up universitari, ai sensi degli
articoli 2 e 3 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, anche assumendo in tale
ambito responsabilità formali, nei limiti temporali e secondo la disciplina in materia
dell'ateneo di appartenenza, nel rispetto dei criteri definiti con regolamento adottato
con decreto del Ministro ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988,
n. 400. L'esercizio di attività libero-professionale e' incompatibile con il regime di
tempo pieno. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 13, 14 e 15 del decreto del
Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, fatto salvo quanto stabilito dalle
convenzioni adottate ai sensi del comma 13 del presente articolo.
10. I professori e i ricercatori a tempo pieno, fatto salvo il rispetto dei loro
obblighi istituzionali, possono svolgere liberamente, anche con retribuzione, attività di
valutazione e di referaggio, lezioni e seminari di carattere occasionale, attività di
collaborazione scientifica e di consulenza, attività di comunicazione e divulgazione
scientifica e culturale, nonche' attività pubblicistiche ed editoriali. I professori e i
ricercatori a tempo pieno possono altresì svolgere, previa autorizzazione del rettore,
funzioni didattiche e di ricerca, nonche' compiti istituzionali e gestionali senza vincolo
di subordinazione presso enti pubblici e privati senza scopo di lucro, purche' non si
determinino situazioni di conflitto di interesse con l'università di appartenenza, a
condizione comunque che l'attività non rappresenti detrimento delle attività didattiche,
scientifiche e gestionali loro affidate dall'università di appartenenza.
11. I professori e i ricercatori a tempo pieno possono svolgere attività
didattica e di ricerca anche presso un altro ateneo, sulla base di una convenzione tra i
due atenei finalizzata al conseguimento di obiettivi di comune interesse. La convenzione
stabilisce altresì, con l'accordo dell'interessato, le modalità di ripartizione tra i
due atenei dell'impegno annuo dell'interessato, dei relativi oneri stipendiali e delle
modalità di valutazione di cui al comma 7. Per un periodo complessivamente non superiore
a cinque anni l'impegno può essere totalmente svolto presso il secondo ateneo, che
provvede alla corresponsione degli oneri stipendiali. In tal caso, l'interessato esercita
il diritto di elettorato attivo e passivo presso il secondo ateneo. Ai fini della
valutazione delle attività di ricerca e delle politiche di reclutamento degli atenei,
l'apporto dell'interessato e' ripartito in proporzione alla durata e alla quantità
dell'impegno in ciascuno di essi. Con decreto del Ministro, da emanare entro centoventi
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i criteri per
l'attivazione delle convenzioni.
12. I professori e i ricercatori a tempo definito possono svolgere attività
libero-professionali e di lavoro autonomo anche continuative, purche' non determinino
situazioni di conflitto di interesse rispetto all'ateneo di appartenenza. La condizione di
professore a tempo definito e' incompatibile con l'esercizio di cariche accademiche. Gli
statuti di ateneo disciplinano il regime della predetta incompatibilità. Possono altresì
svolgere attività didattica e di ricerca presso università o enti di ricerca esteri,
previa autorizzazione del rettore che valuta la compatibilità con l'adempimento degli
obblighi istituzionali. In tal caso, ai fini della valutazione delle attività di ricerca
e delle politiche di reclutamento degli atenei, l'apporto dell'interessato e' considerato
in proporzione alla durata e alla quantità dell'impegno reso nell'ateneo di appartenenza.
13. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, il Ministero, di concerto con il Ministero della salute, d'intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, sentita la Conferenza dei presidi delle facoltà di medicina e chirurgia riguardo
alle strutture cliniche e di ricerca traslazionale necessarie per la formazione nei corsi
di laurea di area sanitaria di cui alla direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 7 settembre 2005, predispone lo schema-tipo delle convenzioni al quale
devono attenersi le università e le regioni per regolare i rapporti in materia di
attività sanitarie svolte per conto del Servizio sanitario nazionale.
14. I professori e i ricercatori sono tenuti a presentare una relazione
triennale sul complesso delle attività didattiche, di ricerca e gestionali svolte,
unitamente alla richiesta di attribuzione dello scatto stipendiale di cui agli articoli 36
e 38 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, fermo restando
quanto previsto in materia dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. La valutazione del complessivo impegno
didattico, di ricerca e gestionale ai fini dell'attribuzione degli scatti triennali di cui
all'articolo 8 e' di competenza delle singole università secondo quanto stabilito nei
regolamenti di ateneo. In caso di valutazione negativa, la richiesta di attribuzione dello
scatto può essere reiterata dopo che sia trascorso almeno un anno accademico.
Nell'ipotesi di mancata attribuzione dello scatto, la somma corrispondente e' conferita al
Fondo di ateneo per la premialità dei professori e dei ricercatori di cui all'articolo 9.
Art. 7.
(Norme in materia di mobilità dei professori e dei ricercatori)
1. I professori e i ricercatori universitari possono, a domanda, essere
collocati per un periodo massimo di cinque anni, anche consecutivi, in aspettativa senza
assegni per lo svolgimento di attività presso soggetti e organismi, pubblici o privati,
anche operanti in sede internazionale, i quali provvedono anche al relativo trattamento
economico e previdenziale.
2. Il collocamento in aspettativa di cui al comma 1 e' disposto dal rettore,
sentite le strutture di afferenza del docente, e ad esso si applicano le disposizioni di
cui all'articolo 13, commi quarto, quinto e sesto, del decreto del Presidente della
Repubblica 11 luglio 1980, n. 382. E' ammessa la ricongiunzione dei periodi contributivi a
domanda dell'interessato, ai sensi della legge 7 febbraio 1979, n. 29. Quando l'incarico
e' espletato presso organismi operanti in sede internazionale, la ricongiunzione dei
periodi contributivi e' a carico dell'interessato, salvo che l'ordinamento
dell'amministrazione di destinazione non disponga altrimenti.
3. Al fine di incentivare la mobilità interuniversitaria del personale
accademico, ai professori e ai ricercatori che prendono servizio presso atenei aventi sede
in altra regione rispetto a quella della sede di provenienza, o nella stessa regione se
previsto da un accordo di programma approvato dal Ministero ovvero, a seguito delle
procedure di cui all'articolo 3, in una sede diversa da quella di appartenenza, possono
essere attribuiti incentivi finanziari, a carico del fondo di finanziamento ordinario.
L'incentivazione della mobilità universitaria e' altresì favorita dalla possibilità che
il trasferimento di professori e ricercatori possa avvenire attraverso lo scambio
contestuale di docenti in possesso della stessa qualifica tra due sedi universitarie
consenzienti.
4. In caso di cambiamento di sede, i professori, i ricercatori di ruolo e i
ricercatori a tempo determinato responsabili di progetti di ricerca finanziati da soggetti
diversi dall'università di appartenenza conservano la titolarità dei progetti e dei
relativi finanziamenti, ove scientificamente possibile e con l'accordo del committente di
ricerca.
5. Con decreto del Ministro sono stabiliti criteri e modalità per favorire,
senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la mobilità interregionale dei
professori universitari che hanno prestato servizio presso corsi di laurea o sedi
soppresse a seguito di procedure di razionalizzazione dell'offerta didattica.
Art. 8.
(Revisione del trattamento economico dei professori e dei ricercatori universitari)
1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il
Governo, tenendo conto anche delle disposizioni recate in materia dal decreto-legge 31
maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122,
adotta un regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.
400, per la revisione della disciplina del trattamento economico dei professori e dei
ricercatori universitari già in servizio e di quelli vincitori di concorsi indetti fino
alla data di entrata in vigore della presente legge, come determinato dagli articoli 36,
38 e 39 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, secondo le
seguenti norme regolatrici:
a) trasformazione della progressione biennale per classi e
scatti di stipendio in progressione triennale;
b) invarianza complessiva della progressione;
c) decorrenza della trasformazione dal primo scatto successivo
a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.
2. E' abrogato il comma 3 dell'articolo 3-ter del decreto-legge 10
novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1.
3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il
Governo adotta un regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto
1988, n. 400, per la rimodulazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,
della progressione economica e dei relativi importi, anche su base premiale, per i
professori e i ricercatori assunti ai sensi della presente legge, secondo le seguenti
norme regolatrici:
a) abolizione del periodo di straordinariato e di conferma
rispettivamente per i professori di prima fascia e per i professori di seconda fascia;
b) eliminazione delle procedure di ricostruzione di carriera e
conseguente rivalutazione del trattamento iniziale;
c) possibilità, per i professori e i ricercatori nominati
secondo il regime previgente, di optare per il regime di cui al presente comma.
4. I regolamenti di cui al presente articolo sono adottati su proposta del
Ministro, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze.
Art. 9.
(Fondo per la premialità)
1. E' istituito un Fondo di ateneo per la premialità di professori e
ricercatori tenuto conto di quanto previsto dall'articolo 1, comma 16, della legge 4
novembre 2005, n. 230, cui affluiscono le risorse di cui all'articolo 6, comma 14, ultimo
periodo, della presente legge. Ulteriori somme possono essere attribuite a ciascuna
università con decreto del Ministro, in proporzione alla valutazione dei risultati
raggiunti effettuata dall'ANVUR. Il Fondo può essere integrato dai singoli atenei anche
con una quota dei proventi delle attività conto terzi ovvero con finanziamenti pubblici o
privati. In tal caso, le università possono prevedere, con appositi regolamenti, compensi
aggiuntivi per il personale docente e tecnico amministrativo che contribuisce
all'acquisizione di commesse conto terzi ovvero di finanziamenti privati, nei limiti delle
risorse del Fondo non derivanti da finanziamenti pubblici.
Art. 10.
(Competenza disciplinare)
1. Presso ogni università e' istituito un collegio di disciplina, composto
esclusivamente da professori universitari in regime di tempo pieno e da ricercatori a
tempo indeterminato in regime di tempo pieno, secondo modalità definite dallo statuto,
competente a svolgere la fase istruttoria dei procedimenti disciplinari e ad esprimere in
merito parere conclusivo. Il collegio opera secondo il principio del giudizio fra pari,
nel rispetto del contraddittorio. La partecipazione al collegio di disciplina non dà
luogo alla corresponsione di compensi, emolumenti, indennità o rimborsi spese.
2. L'avvio del procedimento disciplinare spetta al rettore che, per ogni fatto
che possa dar luogo all'irrogazione di una sanzione più grave della censura tra quelle
previste dall'articolo 87 del testo unico delle leggi sull'istruzione superiore di cui al
regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592, entro trenta giorni dal momento della conoscenza
dei fatti, trasmette gli atti al collegio di disciplina, formulando motivata proposta.
3. Il collegio di disciplina, uditi il rettore ovvero un suo delegato, nonche'
il professore o il ricercatore sottoposto ad azione disciplinare, eventualmente assistito
da un difensore di fiducia, entro trenta giorni esprime parere sulla proposta avanzata dal
rettore sia in relazione alla rilevanza dei fatti sul piano disciplinare sia in relazione
al tipo di sanzione da irrogare e trasmette gli atti al consiglio di amministrazione per
l'assunzione delle conseguenti deliberazioni. Il procedimento davanti al collegio resta
disciplinato dalla normativa vigente.
4. Entro trenta giorni dalla ricezione del parere, il consiglio di
amministrazione, senza la rappresentanza degli studenti, infligge la sanzione ovvero
dispone l'archiviazione del procedimento, conformemente al parere vincolante espresso dal
collegio di disciplina.
5. Il procedimento si estingue ove la decisione di cui al comma 4 non intervenga
nel termine di centottanta giorni dalla data di trasmissione degli atti al consiglio di
amministrazione. Il termine e' sospeso fino alla ricostituzione del collegio di disciplina
ovvero del consiglio di amministrazione nel caso in cui siano in corso le operazioni
preordinate alla formazione dello stesso che ne impediscono il regolare funzionamento. Il
termine e' altresì sospeso, per non più di due volte e per un periodo non superiore a
sessanta giorni in relazione a ciascuna sospensione, ove il collegio ritenga di dover
acquisire ulteriori atti o documenti per motivi istruttori. Il rettore e' tenuto a dare
esecuzione alle richieste istruttorie avanzate dal collegio.
6. E' abrogato l'articolo 3 della legge 16 gennaio 2006, n. 18.
Art. 11.
(Interventi perequativi per le università statali)
1. A decorrere dal 2011, allo scopo di accelerare il processo di riequilibrio
delle università statali e tenuto conto della primaria esigenza di assicurare la
copertura delle spese fisse di personale di ruolo entro i limiti della normativa vigente,
una quota pari almeno all'1,5 per cento del fondo di finanziamento ordinario e delle
eventuali assegnazioni destinate al funzionamento del sistema universitario e' destinata
ad essere ripartita tra le università che, sulla base delle differenze percentuali del
valore del fondo di finanziamento ordinario consolidato del 2010, presentino una
situazione di sottofinanziamento superiore al 5 per cento rispetto al modello per la
ripartizione teorica del fondo di finanziamento ordinario elaborato dai competenti
organismi di valutazione del sistema universitario. L'intervento perequativo viene ridotto
proporzionalmente laddove la situazione di sottofinanziamento derivi dall'applicazione
delle misure di valutazione della qualità di cui all'articolo 5 della presente legge e
all'articolo 2 del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni,
dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1. Il calcolo degli squilibri finanziari dei singoli atenei
può tenere conto delle specificità delle università sede di facoltà di medicina e
chirurgia collegate ad aziende ospedaliere nate da ex policlinici a gestione diretta,
escludendo ogni intervento per il ripiano di eventuali disavanzi previsto dall'articolo 5,
comma 4, lettere g), h), i), l) e m), della
presente legge.
2. Il Ministro provvede con proprio decreto alla ripartizione della percentuale
di cui al comma 1.
Art. 12.
(Università non statali legalmente riconosciute)
1. Al fine di incentivare la correlazione tra la distribuzione delle risorse
statali e il conseguimento di risultati di particolare rilievo nel campo della didattica e
della ricerca, una quota non superiore al 20 per cento dell'ammontare complessivo dei
contributi di cui alla legge 29 luglio 1991, n. 243, relativi alle università non statali
legalmente riconosciute, con progressivi incrementi negli anni successivi, e' ripartita
sulla base di criteri, determinati con decreto del Ministro, sentita l'ANVUR, tenuto conto
degli indicatori definiti ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 10 novembre
2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1.
2. Gli incrementi di cui al comma 1 sono disposti annualmente, con decreto del
Ministro, in misura compresa tra il 2 per cento e il 4 per cento dell'ammontare
complessivo dei contributi relativi alle università non statali, determinata tenendo
conto delle risorse complessivamente disponibili e dei risultati conseguiti nel
miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza nell'utilizzo delle risorse.
3. Le previsioni di cui al presente articolo non si applicano alle università
telematiche ad eccezione di quelle, individuate con decreto del Ministro, sentita l'ANVUR
e, nelle more della sua costituzione, con il parere del Comitato nazionale per la
valutazione del sistema universitario (CNVSU), che rispettino i criteri di cui al comma 1.
Art. 13.
(Misure per la qualità del sistema universitario)
1. All'articolo 2 del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con
modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, lettera c), e' aggiunto, in fine, il
seguente periodo: «Ai fini di cui alla presente lettera, sono presi in considerazione i
parametri relativi all'incidenza del costo del personale sulle risorse complessivamente
disponibili, nonche' il numero e l'entità dei progetti di ricerca di rilievo nazionale ed
internazionale assegnati all'ateneo»;
b) dopo il comma 1, e' inserito il seguente:
«1-bis. Gli incrementi di cui al
comma 1 sono disposti annualmente, con decreto del Ministro dell'istruzione,
dell'università e della ricerca, in misura compresa tra lo 0,5 per cento e il 2 per cento
del fondo di finanziamento ordinario di cui all'articolo 5 della legge 24 dicembre 1993,
n. 537, determinata tenendo conto delle risorse complessivamente disponibili e dei
risultati conseguiti nel miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza nell'utilizzo
delle risorse».
Art. 14.
(Disciplina di riconoscimento dei crediti)
1. All'articolo 2, comma 147, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, la parola:
«sessanta» e' sostituita dalla seguente: «dodici» e sono aggiunti, in fine, i seguenti
periodi: «Il riconoscimento deve essere effettuato esclusivamente sulla base delle
competenze dimostrate da ciascuno studente. Sono escluse forme di riconoscimento
attribuite collettivamente. Le università possono riconoscere quali crediti formativi,
entro il medesimo limite, il conseguimento da parte dello studente di medaglia olimpica o
paralimpica ovvero del titolo di campione mondiale assoluto, campione europeo assoluto o
campione italiano assoluto nelle discipline riconosciute dal Comitato olimpico nazionale
italiano o dal Comitato italiano paralimpico».
2. Con decreto del Ministro, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della
legge 23 agosto 1988, n. 400, sentiti i Ministri competenti, sono definite le modalità
attuative e le eventuali deroghe debitamente motivate alle disposizioni di cui al comma 1,
anche con riferimento al limite massimo di crediti riconoscibili in relazione alle
attività formative svolte nei cicli di studio presso gli istituti di formazione della
pubblica amministrazione, nonche' alle altre conoscenze e abilità maturate in attività
formative di livello post-secondario, alla cui progettazione e realizzazione l'università
abbia concorso.
3. Con il medesimo decreto di cui al comma 2 sono definiti i criteri per il
riconoscimento dei crediti acquisiti dallo studente a conclusione dei percorsi realizzati
dagli istituti tecnici superiori di cui al capo II del decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri 25 gennaio 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 86
dell'11 aprile 2008, definiti ai sensi dell'articolo 69, comma 1, della legge 17 maggio
1999, n. 144, nell'ambito dei progetti attuati con le università attraverso le
federazioni di cui all'articolo 3 della presente legge.
TITOLO III
NORME IN MATERIA DI PERSONALE
ACCADEMICO E RIORDINO DELLA
DISCIPLINA CONCERNENTE
IL RECLUTAMENTO
Art. 15.
(Settori concorsuali e settori scientifico-disciplinari)
1. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il
Ministro, con proprio decreto di natura non regolamentare, sentito il Consiglio
universitario nazionale (CUN), definisce, secondo criteri di affinità, i settori
concorsuali in relazione ai quali si svolgono le procedure per il conseguimento
dell'abilitazione di cui all'articolo 16. I settori concorsuali sono raggruppati in
macrosettori concorsuali. Ciascun settore concorsuale può essere articolato in settori
scientifico-disciplinari, che sono utilizzati esclusivamente per quanto previsto agli
articoli 18, 22, 23 e 24 della presente legge, nonche' per la definizione degli
ordinamenti didattici di cui all'articolo 17, commi 95 e seguenti, della legge 15 maggio
1997, n. 127.
2. Ai settori concorsuali afferiscono, in sede di prima applicazione, almeno
cinquanta professori di prima fascia e, a regime, almeno trenta professori di prima
fascia.
3. Con il decreto di cui al comma 1 sono definite le modalità di revisione dei
settori concorsuali e dei relativi settori scientifico-disciplinari con cadenza almeno
quinquennale.
Art. 16.
(Istituzione dell'abilitazione scientifica nazionale)
1. E' istituita l'abilitazione scientifica nazionale, di seguito denominata
«abilitazione». L'abilitazione ha durata quadriennale e richiede requisiti distinti per
le funzioni di professore di prima e di seconda fascia. L'abilitazione attesta la
qualificazione scientifica che costituisce requisito necessario per l'accesso alla prima e
alla seconda fascia dei professori.
2. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,
con uno o più regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23
agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e
delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, sono
disciplinate le modalità di espletamento delle procedure finalizzate al conseguimento
dell'abilitazione, in conformità ai criteri di cui al comma 3.
3. I regolamenti di cui al comma 2 prevedono:
a) l'attribuzione dell'abilitazione con motivato giudizio fondato
sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche, previa
sintetica descrizione del contributo individuale alle attività di ricerca e sviluppo
svolte, ed espresso sulla base di criteri e parametri differenziati per funzioni e per
area disciplinare, definiti con decreto del Ministro;
b) la possibilità che il decreto di cui alla lettera a)
prescriva un numero massimo di pubblicazioni che ciascun candidato può presentare ai fini
del conseguimento dell'abilitazione, anche differenziato per fascia e per area
disciplinare e in ogni caso non inferiore a dodici;
c) meccanismi di verifica quinquennale dell'adeguatezza e
congruità dei criteri e parametri di cui alla lettera a) e di revisione o
adeguamento degli stessi con apposito decreto ministeriale;
d) l'indizione obbligatoria, con frequenza annuale
inderogabile, delle procedure per il conseguimento dell'abilitazione;
e) i termini e le modalità di espletamento delle procedure di
abilitazione, distinte per settori concorsuali, e l'individuazione di modalità, anche
informatiche, idonee a consentire la conclusione delle stesse entro cinque mesi
dall'indizione; la garanzia della pubblicità degli atti e dei giudizi espressi dalle
commissioni giudicatrici;
f) l'istituzione per ciascun settore concorsuale, senza nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica ed a carico delle disponibilità di
bilancio degli atenei, di un'unica commissione nazionale di durata biennale per le
procedure di abilitazione alle funzioni di professore di prima e di seconda fascia,
mediante sorteggio di quattro commissari all'interno di una lista di professori ordinari
costituita ai sensi della lettera h) e sorteggio di un commissario all'interno di
una lista, curata dall'ANVUR, di studiosi e di esperti di pari livello in servizio presso
università di un Paese aderente all'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo
economico (OCSE). La partecipazione alla commissione nazionale di cui alla presente
lettera non dà luogo alla corresponsione di compensi, emolumenti ed indennità;
g) il divieto che della commissione di cui alla lettera f)
faccia parte più di un commissario della stessa università; la possibilità che i
commissari in servizio presso atenei italiani siano, a richiesta, parzialmente esentati
dalla ordinaria attività didattica, nell'ambito della programmazione didattica e senza
oneri aggiuntivi per la finanza pubblica; la corresponsione ai commissari in servizio
all'estero di un compenso determinato con decreto non regolamentare del Ministro, di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
h) l'effettuazione del sorteggio di cui alla lettera f)
all'interno di liste, una per ciascun settore concorsuale e contenente i nominativi dei
professori ordinari appartenenti allo stesso che hanno presentato domanda per esservi
inclusi, corredata della documentazione concernente la propria attività scientifica
complessiva, con particolare riferimento all'ultimo quinquennio;
l'inclusione nelle liste dei soli professori positivamente valutati ai sensi dell'articolo
6, comma 7, ed in possesso di un curriculum, reso pubblico per via telematica,
coerente con i criteri e i parametri di cui alla lettera a) del presente comma,
riferiti alla fascia e al settore di appartenenza;
i) il sorteggio di cui alla lettera h) assicura che della
commissione faccia parte almeno un commissario per ciascun settore
scientifico-disciplinare, ricompreso nel settore concorsuale, al quale afferiscano almeno
trenta professori ordinari; la commissione può acquisire pareri scritti pro veritate
sull'attività scientifica dei candidati da parte di esperti revisori in possesso delle
caratteristiche di cui alla lettera h); i pareri sono pubblici ed allegati agli
atti della procedura;
l) il divieto per i commissari di far parte contemporaneamente
di più di una commissione di abilitazione e, per tre anni dalla conclusione del mandato,
di commissioni per il conferimento dell'abilitazione relativa a qualunque settore
concorsuale;
m) la preclusione, in caso di mancato conseguimento
dell'abilitazione, a partecipare alle procedure indette nel biennio successivo per
l'attribuzione della stessa o per l'attribuzione dell'abilitazione alla funzione
superiore;
n) la valutazione dell'abilitazione come titolo preferenziale
per l'attribuzione dei contratti di insegnamento di cui all'articolo 23, comma 2;
o) lo svolgimento delle procedure per il conseguimento
dell'abilitazione presso università dotate di idonee strutture e l'individuazione delle
procedure per la scelta delle stesse; le università prescelte assicurano le strutture e
il supporto di segreteria nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie
disponibili e sostengono gli oneri relativi al funzionamento di ciascuna commissione; di
tale onere si tiene conto nella ripartizione del fondo di finanziamento ordinario.
4. Il conseguimento dell'abilitazione scientifica non costituisce titolo di
idoneità ne' dà alcun diritto relativamente al reclutamento in ruolo o alla promozione
presso un'università al di fuori delle procedure previste dall'articolo 18.
Art. 17.
(Equipollenze)
1. I diplomi delle scuole dirette a fini speciali istituite ai sensi del decreto
del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, riconosciuti al termine di un corso
di durata triennale, e i diplomi universitari istituiti ai sensi della legge 19 novembre
1990, n. 341, purche' della medesima durata, sono equipollenti alle lauree di cui
all'articolo 3, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del
Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n.
509.
2. Ai diplomati di cui al comma 1 compete la qualifica accademica di «dottore»
prevista per i laureati di cui all'articolo 13, comma 7, del decreto del Ministro
dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270.
3. Ai diplomi delle scuole dirette a fini speciali, istituite ai sensi del
citato decreto del Presidente della Repubblica n. 162 del 1982, e ai diplomi universitari
istituiti ai sensi della citata legge n. 341 del 1990, di durata inferiore a tre anni, si
applicano le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 3, del citato regolamento di cui
al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica n. 509
del 1999.
4. Con decreto del Ministro, da emanare entro centoventi giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge, e' identificata l'attuale classe di appartenenza
del titolo di laurea a cui fanno riferimento i diplomi universitari rilasciati dalle
scuole dirette a fini speciali e i diplomi universitari dell'ordinamento previgente.
Art. 18.
(Chiamata dei professori)
1. Le università, con proprio regolamento adottato ai sensi della legge 9
maggio 1989, n. 168, disciplinano, nel rispetto del codice etico, la chiamata dei
professori di prima e di seconda fascia nel rispetto dei principi enunciati dalla Carta
europea dei ricercatori, di cui alla raccomandazione della Commissione delle Comunità
europee n. 251 dell'11 marzo 2005, e specificamente dei seguenti criteri:
a) pubblicità del procedimento di chiamata sul sito dell'ateneo e
su quelli del Ministero e dell'Unione europea; specificazione del settore concorsuale e di
un eventuale profilo esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori
scientifico-disciplinari;
informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i doveri e sul relativo
trattamento economico e previdenziale;
b) ammissione al procedimento, fatto salvo quanto previsto
dall'articolo 29, comma 8, di studiosi in possesso dell'abilitazione per il settore
concorsuale e per le funzioni oggetto del procedimento, ovvero per funzioni superiori
purche' non già titolari delle medesime funzioni superiori. Ai procedimenti per la
chiamata di professori di prima e di seconda fascia possono partecipare altresì i
professori, rispettivamente, di prima e di seconda fascia già in servizio alla data di
entrata in vigore della presente legge, nonche' gli studiosi stabilmente impegnati
all'estero in attività di ricerca o insegnamento a livello universitario in posizioni di
livello pari a quelle oggetto del bando, sulla base di tabelle di corrispondenza,
aggiornate ogni tre anni, definite dal Ministro, sentito il CUN. In ogni caso, ai
procedimenti per la chiamata, di cui al presente articolo, non possono partecipare coloro
che abbiano un grado di parentela o di affinità, fino al quarto grado compreso, con un
professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata ovvero
con il rettore, il direttore generale o un componente del consiglio di amministrazione
dell'ateneo;
c) applicazione dei criteri di cui alla lettera b),
ultimo periodo, in relazione al conferimento degli assegni di ricerca di cui all'articolo
22 e alla stipulazione dei contratti di cui all'articolo 24 e di contratti a qualsiasi
titolo erogati dall'ateneo;
d) valutazione delle pubblicazioni scientifiche, del curriculum
e dell'attività didattica degli studiosi di cui alla lettera b). Le università
possono stabilire il numero massimo delle pubblicazioni in conformità a quanto prescritto
dal decreto di cui all'articolo 16, comma 3, lettera b), e accertare, oltre alla
qualificazione scientifica dell'aspirante, anche le competenze linguistiche necessarie in
relazione al profilo plurilingue dell'ateneo ovvero alle esigenze didattiche dei corsi di
studio in lingua estera;
e) formulazione della proposta di chiamata da parte del
dipartimento con voto favorevole della maggioranza assoluta dei professori di prima fascia
per la chiamata di professori di prima fascia, e dei professori di prima e di seconda
fascia per la chiamata dei professori di seconda fascia, e approvazione della stessa con
delibera del consiglio di amministrazione.
2. Nell'ambito delle disponibilità di bilancio di ciascun ateneo i procedimenti
per la chiamata dei professori di prima e di seconda fascia di cui al comma 1, nonche' per
l'attribuzione dei contratti di cui all'articolo 24, di ciascun ateneo statale sono
effettuati sulla base della programmazione triennale di cui all'articolo 1, comma 105,
della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e di cui all'articolo 1-ter del
decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo
2005, n. 43, nonche' delle disposizioni di cui all'articolo 5, comma 4, lettera d),
della presente legge. La programmazione assicura la sostenibilità nel tempo degli oneri
stipendiali, compresi i maggiori oneri derivanti dall'attribuzione degli scatti
stipendiali, dagli incrementi annuali e dalla dinamica di progressione di carriera del
personale. La programmazione assicura altresì la copertura finanziaria degli oneri
derivanti da quanto previsto dall'articolo 24, comma 5.
3. Gli oneri derivanti dalla chiamata di professori di cui al comma 1 e
dall'attribuzione dei contratti di cui all'articolo 24 possono essere a carico totale di
altri soggetti pubblici e di soggetti privati, previa stipula di convenzioni di durata
almeno quindicennale per i professori e i ricercatori titolari del secondo contratto di
cui all'articolo 24, comma 5, ovvero di durata almeno pari a quella del contratto per i
ricercatori.
4. Ciascuna università statale, nell'ambito della programmazione triennale,
vincola le risorse corrispondenti ad almeno un quinto dei posti disponibili di professore
di ruolo alla chiamata di coloro che nell'ultimo triennio non hanno prestato servizio, o
non sono stati titolari di assegni di ricerca ovvero iscritti a corsi universitari
nell'università stessa.
5. La partecipazione ai gruppi e ai progetti di ricerca delle università,
qualunque ne sia l'ente finanziatore, e lo svolgimento delle attività di ricerca presso
le università sono riservati esclusivamente:
a) ai professori e ai ricercatori universitari, anche a tempo
determinato;
b) ai titolari degli assegni di ricerca di cui all'articolo
22;
c) agli studenti dei corsi di dottorato di ricerca, nonche' a
studenti di corsi di laurea magistrale nell'ambito di specifiche attività formative;
d) ai professori a contratto di cui all'articolo 23;
e) al personale tecnico-amministrativo in servizio a tempo
indeterminato presso le università purche' in possesso di specifiche competenze nel campo
della ricerca;
f) ai dipendenti di altre amministrazioni pubbliche, di enti
pubblici o privati, di imprese, ovvero a titolari di borse di studio o di ricerca banditi
da tali amministrazioni, enti o imprese, purche' sulla base di specifiche convenzioni e
senza oneri finanziari per l'università ad eccezione dei costi diretti relativi allo
svolgimento dell'attività di ricerca e degli eventuali costi assicurativi.
6. Alla partecipazione ai progetti di ricerca finanziati dall'Unione europea o
da altre istituzioni straniere, internazionali o sovranazionali, e allo svolgimento delle
relative attività si applicano le norme previste dai relativi bandi.
Art. 19.
(Disposizioni in materia di dottorato di ricerca)
1. All'articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) il comma 2 e' sostituito dal seguente:
«2. I corsi di dottorato di ricerca sono
istituiti, previo accreditamento da parte del Ministro dell'istruzione, dell'università e
della ricerca, su conforme parere dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema
universitario e della ricerca (ANVUR), dalle università, dagli istituti di istruzione
universitaria ad ordinamento speciale e da qualificate istituzioni italiane di formazione
e ricerca avanzate. I corsi possono essere altresì istituiti da consorzi tra università
o tra università ed enti di ricerca pubblici e privati di alta qualificazione, fermo
restando in tal caso il rilascio del relativo titolo accademico da parte delle istituzioni
universitarie. Le modalità di accreditamento delle sedi e dei corsi di dottorato, quale
condizione necessaria ai fini dell'istituzione e dell'attivazione dei corsi, e le
condizioni di eventuale revoca dell'accreditamento, nonche' le modalità di individuazione
delle qualificate istituzioni italiane di formazione e ricerca di cui al primo periodo,
sono disciplinate con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della
ricerca, su proposta dell'ANVUR. Il medesimo decreto definisce altresì i criteri e i
parametri sulla base dei quali i soggetti accreditati disciplinano, con proprio
regolamento, l'istituzione dei corsi di dottorato, le modalità di accesso e di
conseguimento del titolo, gli obiettivi formativi e il relativo programma di studi, la
durata, il contributo per l'accesso e la frequenza, il numero, le modalità di
conferimento e l'importo delle borse di studio di cui al comma 5, nonche' le convenzioni
di cui al comma 4»;
b) al comma 5, lettera c):
1) le parole: «comunque non inferiore alla
metà dei dottorandi» sono soppresse;
2) dopo le parole: «borse di studio da
assegnare» sono inserite le seguenti: «e dei contratti di apprendistato di cui
all'articolo 50 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive
modificazioni, da stipulare»;
c) dopo il comma 6 e' inserito il seguente:
«6-bis. E' consentita la frequenza
congiunta del corso di specializzazione medica e del corso di dottorato di ricerca. In
caso di frequenza congiunta, la durata del corso di dottorato e' ridotta ad un minimo di
due anni»;
d) e' aggiunto, in fine, il seguente comma:
«8-bis. Il titolo di dottore di
ricerca e' abbreviato con le diciture: "Dott. Ric." ovvero "Ph. D."».
2. La disposizione di cui al numero 1) della lettera b) del comma 1 del
presente articolo acquista efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore del
decreto del Ministro di cui al comma 2 dell'articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210,
come sostituito dalla lettera a) del medesimo comma 1 del presente articolo.
3. All'articolo 2, primo comma, della legge 13 agosto 1984, n. 476, e successive
modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo periodo, dopo le parole: «e' collocato a domanda» sono
inserite le seguenti: «, compatibilmente con le esigenze dell'amministrazione,»;
b) sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Non hanno diritto
al congedo straordinario, con o senza assegni, i pubblici dipendenti che abbiano già
conseguito il titolo di dottore di ricerca, ne' i pubblici dipendenti che siano stati
iscritti a corsi di dottorato per almeno un anno accademico, beneficiando di detto
congedo. I congedi straordinari e i connessi benefici in godimento alla data di entrata in
vigore della presente disposizione sono mantenuti».
Art. 20.
(Valutazione tra pari per la selezione dei progetti di ricerca)
1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare, di
concerto con il Ministro e con il Ministro della salute, entro sessanta giorni dalla data
di entrata in vigore della presente legge, si provvede, a valere sulle risorse
finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, per un periodo
sperimentale di tre anni ad applicare il principio della tecnica di valutazione tra pari,
svolta da comitati composti per almeno un terzo da studiosi operanti all'estero, ai fini
della selezione di tutti i progetti di ricerca, finanziati a carico delle risorse di cui
all'autorizzazione di spesa recata dall'articolo 12 del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502, e successive modificazioni, e a carico del Fondo per gli investimenti nella
ricerca scientifica e tecnologica, di cui all'articolo 1, comma 870, della legge 27
dicembre 2006, n. 296, ferma restando la possibilità di una disciplina particolare in
relazione al Fondo per le agevolazioni alla ricerca, di cui all'articolo 5 del decreto
legislativo 27 luglio 1999, n. 297. Restano ferme le norme di cui all'articolo 1, commi
814 e 815, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, e
all'articolo 2, commi 313, 314 e 315, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Sono altresì
fatti salvi, nel rispetto, ove possibile, del principio della tecnica di valutazione tra
pari, i vincoli già previsti di destinazione di quote dei suddetti stanziamenti in favore
di determinati settori, ambiti di soggetti o finalità.
2. All'articolo 2, comma 313, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, dopo le
parole: «italiana o straniera,» sono inserite le seguenti: «in maggioranza».
Art. 21.
(Comitato nazionale dei garanti per la ricerca)
1. Al fine di promuovere la qualità della ricerca e assicurare il buon
funzionamento delle procedure di valutazione tra pari previste dall'articolo 20, e'
istituito il Comitato nazionale dei garanti per la ricerca (CNGR). Il CNGR e' composto da
sette studiosi, italiani o stranieri, di elevata qualificazione scientifica
internazionale, appartenenti a una pluralità di aree disciplinari, tra i quali almeno due
donne e due uomini, nominati dal Ministro, il quale sceglie in un elenco composto da non
meno di dieci e non più di quindici persone definito da un comitato di selezione. Il
comitato di selezione, istituito con decreto del Ministro, e' composto da cinque membri di
alta qualificazione, designati, uno ciascuno, dal Ministro, dal presidente del Consiglio
direttivo dell'ANVUR, dal vice presidente del Comitato di esperti per la politica della
ricerca (CEPR), dal presidente dell'European Research Council, dal presidente
dell'European Science Foundation.
2. Il CNGR indica criteri generali per le attività di valutazione dei
risultati, tenendo in massima considerazione le raccomandazioni approvate da organismi
internazionali cui l'Italia aderisce in virtù di convenzioni e trattati; nomina gli
studiosi che fanno parte dei comitati di selezione di cui al comma 1 dell'articolo 20 e
coordina le attività dei comitati suddetti; subentra alla commissione di cui all'articolo
3, comma 1, del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 26
marzo 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 173 del 26 luglio 2004, nonche' alla
commissione di garanzia prevista per i programmi di ricerca di interesse nazionale. Le
predette commissioni sono soppresse dalla data in cui sono nominati i componenti del CNGR.
Con specifici accordi di programma dotati di adeguata copertura degli oneri da essi
derivanti, il CNGR può provvedere all'espletamento delle procedure di selezione dei
progetti o programmi di ricerca attivati da enti pubblici o privati. Nell'esercizio delle
sue funzioni, il CNGR si avvale delle risorse umane, strumentali e finanziarie del
Ministero relative alle attività contemplate dal presente comma.
3. La spesa per il funzionamento del CNGR e per i compensi relativi alle
procedure di selezione e valutazione dei progetti di ricerca e' compresa nell'ambito dei
fondi riguardanti il finanziamento dei progetti o programmi di ricerca, per un importo
massimo non superiore al 3 per cento dei predetti fondi, senza nuovi o maggiori oneri per
la finanza pubblica. Il decreto del Ministro che nomina i componenti del CNGR determina le
indennità spettanti ai suoi componenti.
4. Il CNGR definisce le proprie regole di organizzazione e funzionamento ed
elegge al proprio interno il presidente, a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti.
I dipendenti pubblici possono essere collocati in aspettativa per la durata del mandato. I
componenti del CNGR restano in carica per un triennio e non possono essere nuovamente
nominati prima che siano trascorsi almeno cinque anni. Essi cessano automaticamente dalla
carica al compimento del settantesimo anno di età. Se uno dei componenti cessa dalla
carica prima della scadenza del proprio mandato, il componente che viene nominato in
sostituzione resta in carica per la durata residua del mandato. Il predetto componente e'
scelto dal Ministro nello stesso elenco di cui al secondo periodo del comma 1.
5. In sede di prima applicazione, mediante sorteggio, sono individuati due
componenti del CNGR che durano in carica due anni e tre componenti che durano in carica
tre anni. Il CNGR predispone rapporti specifici sull'attività svolta e una relazione
annuale in materia di valutazione della ricerca, che trasmette al Ministro, il quale cura
la pubblicazione e la diffusione dei rapporti e delle relazioni del CNGR.
Art. 22.
(Assegni di ricerca)
1. Le università, le istituzioni e gli enti pubblici di ricerca e
sperimentazione, l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo
economico sostenibile (ENEA) e l'Agenzia spaziale italiana (ASI), nonche' le istituzioni
il cui diploma di perfezionamento scientifico e' stato riconosciuto equipollente al titolo
di dottore di ricerca ai sensi dell'articolo 74, quarto comma, del decreto del Presidente
della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, nell'ambito delle relative disponibilità di
bilancio, possono conferire assegni per lo svolgimento di attività di ricerca. I bandi,
resi pubblici anche per via telematica sui siti dell'ateneo, ente o istituzione, del
Ministero e dell'Unione europea, contengono informazioni dettagliate sulle specifiche
funzioni, sui diritti e i doveri relativi alla posizione e sul trattamento economico e
previdenziale spettante.
2. Possono essere destinatari degli assegni studiosi in possesso di curriculum
scientifico professionale idoneo allo svolgimento di attività di ricerca, con esclusione
del personale di ruolo dei soggetti di cui al comma 1. I medesimi soggetti possono
stabilire che il dottorato di ricerca o titolo equivalente conseguito all'estero ovvero,
per i settori interessati, il titolo di specializzazione di area medica corredato di una
adeguata produzione scientifica, costituiscono requisito obbligatorio per l'ammissione al
bando; in assenza di tale disposizione, i suddetti titoli costituiscono titolo
preferenziale ai fini dell'attribuzione degli assegni.
3. Gli assegni possono avere una durata compresa tra uno e tre anni, sono
rinnovabili e non cumulabili con borse di studio a qualsiasi titolo conferite, ad
eccezione di quelle concesse da istituzioni nazionali o straniere utili ad integrare, con
soggiorni all'estero, l'attività di ricerca dei titolari. La durata complessiva dei
rapporti instaurati ai sensi del presente articolo, compresi gli eventuali rinnovi, non
può comunque essere superiore a quattro anni, ad esclusione del periodo in cui l'assegno
e' stato fruito in coincidenza con il dottorato di ricerca, nel limite massimo della
durata legale del relativo corso. La titolarità dell'assegno non e' compatibile con la
partecipazione a corsi di laurea, laurea specialistica o magistrale, dottorato di ricerca
con borsa o specializzazione medica, in Italia o all'estero, e comporta il collocamento in
aspettativa senza assegni per il dipendente in servizio presso amministrazioni pubbliche.
4. I soggetti di cui al comma 1 disciplinano le modalità di conferimento degli
assegni con apposito regolamento, prevedendo la possibilità di attribuire gli stessi
mediante le seguenti procedure:
a) pubblicazione di un unico bando relativo alle aree
scientifiche di interesse del soggetto che intende conferire assegni per attività di
ricerca, seguito dalla presentazione direttamente dai candidati dei progetti di ricerca,
corredati dei titoli e delle pubblicazioni e valutati da parte di un'unica commissione,
che può avvalersi, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, di esperti
revisori di elevata qualificazione italiani o stranieri esterni al soggetto medesimo e che
formula, sulla base dei punteggi attribuiti, una graduatoria per ciascuna delle aree
interessate;
b) pubblicazione di bandi relativi a specifici programmi di
ricerca dotati di propri finanziamenti, secondo procedure stabilite dal soggetto che
intende conferire assegni per attività di ricerca.
5. I soggetti di cui al comma 1, con proprio regolamento, possono riservare una
quota di assegni di ricerca a studiosi italiani o stranieri che hanno conseguito il
dottorato di ricerca, o titolo equivalente, all'estero ovvero a studiosi stranieri che
hanno conseguito il dottorato di ricerca in Italia.
6. A decorrere dall'anno 2011, agli assegni di cui al presente articolo si
applicano, in materia fiscale, le disposizioni di cui all'articolo 4 della legge 13 agosto
1984, n. 476, nonche', in materia previdenziale, quelle di cui all'articolo 2, commi 26 e
seguenti, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e successive modificazioni, in materia di
astensione obbligatoria per maternità, le disposizioni di cui al decreto del Ministro del
lavoro e della previdenza sociale 12 luglio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
n. 247 del 23 ottobre 2007, e, in materia di congedo per malattia, l'articolo 1, comma
788, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni. Nel periodo di
astensione obbligatoria per maternità, l'indennità corrisposta dall'INPS ai sensi
dell'articolo 5 del citato decreto 12 luglio 2007 e' integrata dall'università fino a
concorrenza dell'intero importo dell'assegno di ricerca.
7. L'importo degli assegni di cui al presente articolo e' determinato dal
soggetto che intende conferire gli assegni medesimi, sulla base di un importo minimo
stabilito con decreto del Ministro.
8. Gli assegni non danno luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli dei
soggetti di cui al comma 1.
9. La durata complessiva dei rapporti instaurati con i titolari degli assegni di
cui al presente articolo e dei contratti di cui all'articolo 24, intercorsi anche con
atenei diversi, statali, non statali o telematici, nonche' con gli enti di cui al comma 1
del presente articolo, con il medesimo soggetto, non può in ogni caso superare i dodici
anni, anche non continuativi. Ai fini della durata dei predetti rapporti non rilevano i
periodi trascorsi in aspettativa per maternità o per motivi di salute secondo la
normativa vigente.
Art. 23.
(Contratti per attività di insegnamento)
1. Le università, anche sulla base di specifiche convenzioni con gli enti
pubblici e le istituzioni di ricerca di cui all'articolo 8 del regolamento di cui al
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 dicembre 1993, n. 593, possono
stipulare contratti della durata di un anno accademico e rinnovabili annualmente per un
periodo massimo di cinque anni, a titolo gratuito o oneroso, per attività di insegnamento
al fine di avvalersi della collaborazione di esperti di alta qualificazione in possesso di
un significativo curriculum scientifico o professionale, che siano dipendenti da
altre amministrazioni, enti o imprese, ovvero titolari di pensione, ovvero lavoratori
autonomi in possesso di un reddito annuo non inferiore a 40.000 euro lordi. I predetti
contratti sono stipulati dal rettore, su proposta dei competenti organi accademici. I
contratti a titolo gratuito possono essere stipulati esclusivamente con soggetti in
possesso di un reddito da lavoro autonomo o dipendente, fermi restando i requisiti
richiesti. I contratti a titolo gratuito, ad eccezione di quelli stipulati nell'ambito di
convenzioni con enti pubblici, non possono superare, nell'anno accademico, il 5 per cento
dell'organico dei professori e ricercatori di ruolo in servizio presso l'ateneo.
2. Fermo restando l'affidamento a titolo oneroso o gratuito di incarichi di
insegnamento al personale docente e ricercatore universitario, le università possono,
altresì, stipulare contratti a titolo oneroso, nell'ambito delle proprie disponibilità
di bilancio, per fare fronte a specifiche esigenze didattiche, anche integrative, con
soggetti in possesso di adeguati requisiti scientifici e professionali. Il possesso del
titolo di dottore di ricerca, della specializzazione medica, dell'abilitazione, ovvero di
titoli equivalenti conseguiti all'estero, costituisce titolo preferenziale ai fini
dell'attribuzione dei predetti contratti. I contratti sono attribuiti previo espletamento
di procedure disciplinate con regolamenti di ateneo, nel rispetto del codice etico, che
assicurino la valutazione comparativa dei candidati e la pubblicità degli atti. Il
trattamento economico spettante ai titolari dei predetti contratti e' determinato, entro
tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro,
di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
3. Al fine di favorire l'internazionalizzazione, le università possono
attribuire, nell' ambito delle proprie disponibilità di bilancio o utilizzando fondi
donati ad hoc da privati, imprese o fondazioni, insegnamenti a contratto a
docenti, studiosi o professionisti stranieri di chiara fama. Il trattamento economico e'
stabilito dal consiglio di amministrazione sulla base di un adeguato confronto con
incarichi simili attribuiti da altre università europee. La proposta dell'incarico e'
formulata al consiglio di amministrazione dal rettore, previo parere del senato accademico
e pubblicizzazione del curriculum del candidato nel sito internet
dell'università.
4. La stipulazione di contratti per attività di insegnamento ai sensi del
presente articolo non dà luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli universitari.
Art. 24.
(Ricercatori a tempo determinato)
1. Nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione, al fine di
svolgere attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli
studenti, le università possono stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo
determinato. Il contratto stabilisce, sulla base dei regolamenti di ateneo, le modalità
di svolgimento delle attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli
studenti nonche' delle attività di ricerca.
2. I destinatari sono scelti mediante procedure pubbliche di selezione
disciplinate dalle università con regolamento ai sensi della legge 9 maggio 1989, n. 168,
nel rispetto dei principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori, di cui alla
raccomandazione della Commissione delle Comunità europee n. 251 dell'11 marzo 2005, e
specificamente dei seguenti criteri:
a) pubblicità dei bandi sul sito dell'aieneo e su quelli del
Ministero e dell'Unione europea; specificazione del settore concorsuale e di un eventuale
profilo esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari;
informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i doveri e sul relativo
trattamento economico e previdenziale; previsione di modalità di trasmissione telematica
delle candidature nonche', per quanto possibile, dei titoli e delle pubblicazioni;
b) ammissione alle procedure dei possessori del titolo di dottore di
ricerca o titolo equivalente, ovvero, per i settori interessati, del diploma di
specializzazione medica, nonche' di eventuali ulteriori requisiti definiti nel regolamento
di ateneo, con esclusione dei soggetti già assunti a tempo indeterminato come professori
universitari di prima o di seconda fascia o come ricercatori, ancorche' cessati dal
servizio;
c) valutazione preliminare dei candidati, con motivato
giudizio analitico sui titoli, sul curriculum e sulla produzione scientifica, ivi
compresa la tesi di dottorato, secondo criteri e parametri, riconosciuti anche in ambito
internazionale, individuati con decreto del Ministro, sentiti l'ANVUR e il CUN; a seguito
della valutazione preliminare, ammissione dei candidati comparativamente più meritevoli,
in misura compresa tra il 10 e il 20 per cento del numero degli stessi e comunque non
inferiore a sei unità, alla discussione pubblica con la commissione dei titoli e della
produzione scientifica; i candidati sono tutti ammessi alla discussione qualora il loro
numero sia pari o inferiore a sei; attribuzione di un punteggio ai titoli e a ciascuna
delle pubblicazioni presentate dai candidati ammessi alla discussione, a seguito della
stessa;
possibilità di prevedere un numero massimo, comunque non inferiore a dodici, delle
pubblicazioni che ciascun candidato può presentare. Sono esclusi esami scritti e orali,
ad eccezione di una prova orale volta ad accertare l'adeguata conoscenza di una lingua
straniera; l'ateneo può specificare nel bando la lingua straniera di cui e' richiesta la
conoscenza in relazione al profilo plurilingue dell'ateneo stesso ovvero alle esigenze
didattiche dei corsi di studio in lingua estera; la prova orale avviene contestualmente
alla discussione dei titoli e delle pubblicazioni. Nelle more dell'emanazione del decreto
di cui al primo periodo, si applicano i parametri e criteri di cui al decreto del Ministro
adottato in attuazione dell'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 10 novembre 2008, n.
180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1;
d) formulazione della proposta di chiamata da parte del dipartimento
con voto favorevole della maggioranza assoluta dei professori di prima e di seconda fascia
e approvazione della stessa con delibera del consiglio di amministrazione.
3. I contratti hanno le seguenti tipologie:
a) contratti di durata triennale prorogabili per soli due
anni, per una sola volta, previa positiva valutazione delle attività didattiche e di
ricerca svolte, effettuata sulla base di modalità, criteri e parametri definiti con
decreto del Ministro; i predetti contratti possono essere stipulati con il medesimo
soggetto anche in sedi diverse;
b) contratti triennali non rinnovabili, riservati a candidati
che hanno usufruito dei contratti di cui alla lettera a), ovvero, per almeno tre
anni anche non consecutivi, di assegni di ricerca ai sensi dell'articolo 51, comma 6,
della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, o di borse post-dottorato
ai sensi dell'articolo 4 della legge 30 novembre 1989, n. 398, ovvero di analoghi
contratti, assegni o borse in atenei stranieri.
4. I contratti di cui al comma 3, lettera a), possono prevedere il
regime di tempo pieno o di tempo definito. I contratti di cui al comma 3, lettera b),
sono stipulati esclusivamente con regime di tempo pieno. L'impegno annuo complessivo per
lo svolgimento delle attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli
studenti e' pari a 350 ore per il regime di tempo pieno e a 200 ore per il regime di tempo
definito.
5. Nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione, nel terzo anno
di contratto di cui al comma 3, lettera b), l'università valuta il titolare del
contratto stesso, che abbia conseguito l'abilitazione scientifica di cui all'articolo 16,
ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato, ai sensi dell'articolo 18, comma
1, lettera e). In caso di esito positivo della valutazione, il titolare del
contratto, alla scadenza dello stesso, e' inquadrato nel ruolo dei professori associati.
La valutazione si svolge in conformità agli standard qualitativi riconosciuti a
livello internazionale individuati con apposito regolamento di ateneo nell'ambito dei
criteri fissati con decreto del Ministro. La programmazione di cui all'articolo 18, comma
2, assicura la disponibilità delle risorse necessarie in caso di esito positivo della
procedura di valutazione. Alla procedura e' data pubblicità sul sito dell'ateneo.
6. Nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione, fermo restando
quanto previsto dall'articolo 18, comma 2, dalla data di entrata in vigore della presente
legge e fino al 31 dicembre del sesto anno successivo, la procedura di cui al comma 5 può
essere utilizzata per la chiamata nel ruolo di professore di prima e seconda fascia di
professori di seconda fascia e ricercatori a tempo indeterminato in servizio
nell'università medesima, che abbiano conseguito l'abilitazione scientifica di cui
all'articolo 16. A tal fine le università possono utilizzare fino alla metà delle
risorse equivalenti a quelle necessarie per coprire i posti disponibili di professore di
ruolo. A decorrere dal settimo anno l'università può utilizzare le risorse
corrispondenti fino alla metà dei posti disponibili di professore di ruolo per le
chiamate di cui al comma 5.
7. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 22, comma 9.
8. Il trattamento economico spettante ai destinatari dei contratti di cui al
comma 3, lettera a), e' pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore
confermato a seconda del regime di impegno. Per i titolari dei contratti di cui al comma
3, lettera b), il trattamento annuo lordo onnicomprensivo e' pari al trattamento
iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo pieno elevato fino a un massimo del
30 per cento.
9. I contratti di cui al presente articolo non danno luogo a diritti in ordine
all'accesso ai ruoli. L'espletamento del contratto di cui al comma 3, lettere a)
e b), costituisce titolo preferenziale nei concorsi per l'accesso alle pubbliche
amministrazioni.
Art. 25.
(Collocamento a riposo dei professori e dei ricercatori)
1. L'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, non si
applica a professori e ricercatori universitari. I provvedimenti adottati dalle
università ai sensi della predetta norma decadono alla data di entrata in vigore della
presente legge, ad eccezione di quelli che hanno già iniziato a produrre i loro effetti.
Art. 26.
(Disciplina dei lettori di scambio)
1. In esecuzione di accordi culturali internazionali che prevedono l'utilizzo
reciproco di lettori, le università possono conferire a studiosi stranieri in possesso di
qualificata e comprovata professionalità incarichi annuali rinnovabili per lo svolgimento
di attività finalizzate alla diffusione della lingua e della cultura del Paese di origine
e alla cooperazione internazionale.
2. Gli incarichi di cui al comma 1 sono conferiti con decreto rettorale, previa
delibera degli organi accademici competenti. Con decreto del Ministro, di concerto con il
Ministro degli affari esteri e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono
definite le modalità per il conferimento degli incarichi, ivi compreso il trattamento
economico a carico degli accordi di cui al comma 1.
3. L'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 14 gennaio 2004, n. 2, convertito,
con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2004, n. 63, si interpreta nel senso che, in
esecuzione della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee 26 giugno 2001,
nella causa C-212/99, ai collaboratori esperti linguistici, assunti dalle università
interessate quali lettori di madrelingua straniera, il trattamento economico
corrispondente a quello del ricercatore confermato a tempo definito, in misura
proporzionata all'impegno orario effettivamente assolto, deve essere attribuito con
effetto dalla data di prima assunzione quali lettori di madrelingua straniera a norma
dell'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, sino
alla data di instaurazione del nuovo rapporto quali collaboratori esperti linguistici, a
norma dell'articolo 4 del decreto-legge 21 aprile 1995, n. 120, convertito, con
modificazioni, dalla legge 21 giugno 1995, n. 236. A decorrere da quest'ultima data, a
tutela dei diritti maturati nel rapporto di lavoro precedente, i collaboratori esperti
linguistici hanno diritto a conservare, quale trattamento retributivo individuale,
l'importo corrispondente alla differenza tra l'ultima retribuzione percepita come lettori
di madrelingua straniera, computata secondo i criteri dettati dal citato decreto-legge n.
2 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 63 del 2004, e, ove inferiore,
la retribuzione complessiva loro spettante secondo le previsioni della contrattazione
collettiva di comparto e decentrata applicabile a norma del decreto-legge 21 aprile 1995,
n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 1995, n. 236. Sono estinti i
giudizi in materia, in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.
Art. 27.
(Anagrafe degli studenti)
1. All'articolo 1-bis, comma 1, alinea, del decreto-legge 9 maggio
2003, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 luglio 2003, n. 170, le
parole: «, in particolare,» sono soppresse.
Art. 28.
(Istituzione di un Fondo per la formazione e l'aggiornamento della dirigenza presso il
Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca)
1. Al fine di contribuire alla formazione e all'aggiornamento dei funzionari
pubblici, con particolare attenzione al personale degli enti locali in vista delle nuove
responsabilità connesse all'applicazione del federalismo fiscale, e' istituito presso il
Ministero il Fondo per la formazione e l'aggiornamento della dirigenza. A valere su detto
Fondo, il Ministro può concedere contributi per il finanziamento di iniziative di studio,
ricerca e formazione sviluppate da università pubbliche in collaborazione con le regioni
e gli enti locali.
2. Possono accedere alle risorse del Fondo università pubbliche, private,
fondazioni tra università ed enti locali, anche appositamente costituite, nell'ambito
delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, per le
finalità di cui al presente articolo, in numero massimo di due sul territorio nazionale,
di cui una avente sede nelle aree delle regioni dell'obiettivo 1 di cui al regolamento
(CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999.
3. Con decreto del Ministero, da emanare entro centoventi giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i criteri e le modalità di
attuazione delle presenti disposizioni e sono altresì individuati i soggetti destinatari.
4. Per le finalità del presente articolo e' autorizzata la spesa di 2 milioni
di euro annui a decorrere dall'anno 2012 e fino all'anno 2017.
5. All'onere derivante dalle disposizioni di cui al presente articolo si
provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di
politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004,
n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
6. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare, con
propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 29.
(Norme transitorie e finali)
1. Fermo restando quanto previsto dal comma 2 del presente articolo, a decorrere
dalla data di entrata in vigore della presente legge, per la copertura dei posti di
professore ordinario e associato, di ricercatore e di assegnista di ricerca, le
università possono avviare esclusivamente le procedure previste dal presente titolo.
2. Le università continuano ad avvalersi delle disposizioni vigenti alla data
di entrata in vigore della presente legge in materia di assunzione in servizio, fino alla
adozione dei regolamenti di cui all'articolo 18, comma 1.
3. All'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180,
convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1, dopo il quinto periodo e'
inserito il seguente: «Si procede altresì direttamente al sorteggio nell'ipotesi in cui
il numero dei professori ordinari appartenenti al settore scientifico disciplinare oggetto
del bando e' inferiore a quattro».
4. Coloro che hanno conseguito l'idoneità per i ruoli di professore associato e
ordinario possono comunque essere destinatari di chiamata ai sensi della legge 3 luglio
1998, n. 210, fino al termine del periodo di durata dell'idoneità stessa previsto
dall'articolo 1, comma 6, della legge 4 novembre 2005, n. 230. In tale ipotesi e nel caso
di idoneità conseguita all'esito delle procedure di valutazione comparativa, bandite ai
sensi dell'articolo 12, comma 2, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito,
con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, e successive modificazioni, e
dell'articolo 4-bis, comma 16, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97,
convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, nei novanta giorni
successivi alla deliberazione, da parte dell'università che ha indetto il bando, di voler
effettuare la chiamata, devono seguire il decreto di nomina e la presa di servizio
dell'idoneo, in mancanza dei quali quest'ultimo può essere chiamato da altre università,
ferma restando per l'università che ha indetto il bando la possibilità di ripetere la
chiamata.
5. I contratti di cui all'articolo 24, comma 3, lettera b), possono
essere stipulati, con le modalità previste dal medesimo articolo, anche con coloro che
hanno usufruito per almeno tre anni dei contratti stipulati ai sensi dell'articolo 1,
comma 14, della citata legge n. 230 del 2005.
6. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, il Ministro, con decreto adottato di concerto con il Ministro della salute,
provvede alla rideterminazione del numero dei posti disponibili nei corsi di laurea in
medicina e chirurgia e alla loro distribuzione su base regionale anche al fine di
riequilibrare l'offerta formativa in relazione al fabbisogno di personale medico del
bacino territoriale di riferimento.
7. All'articolo 1, comma 9, della legge 4 novembre 2005, n. 230, e successive
modificazioni, al primo periodo, dopo la parola: «universitarie» sono inserite le
seguenti: «o di ricerca» e dopo le parole: «proposta la chiamata» sono aggiunte le
seguenti: «, ovvero di studiosi che siano risultati vincitori nell'ambito di specifici
programmi di ricerca di alta qualificazione, identificati con decreto del Ministro
dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentiti l'Agenzia nazionale di
valutazione del sistema universitario e della ricerca e il Consiglio universitario
nazionale, finanziati dall'Unione europea o dal Ministero dell'istruzione,
dell'università e della ricerca»; il secondo periodo e' soppresso; al quarto periodo, le
parole: «A tal fine» sono sostituite dalle seguenti: «A tali fini».
8. Ai fini dei procedimenti di chiamata dei professori di cui all'articolo 18
della presente legge l'idoneità conseguita ai sensi della legge 3 luglio 1998, n. 210, e'
equiparata all'abilitazione limitatamente al periodo di durata della stessa di cui
all'articolo 2, comma 1, lettera g), della medesima legge, nonche' all'articolo
1, comma 6, della legge 4 novembre 2005, n. 230, e successive modificazioni.
9. A valere sulle risorse previste dalla legge di stabilità per il 2011 per il
fondo per il finanziamento ordinario delle università, e' riservata una quota non
superiore a 13 milioni di euro per l'anno 2011, 93 milioni di euro per l'anno 2012 e 173
milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2013, per la chiamata di professori di seconda
fascia, secondo le procedure di cui agli articoli 18 e 24, comma 6, della presente legge.
L'utilizzo delle predette risorse e' disposto con decreto del Ministro, adottato di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere conforme delle
Commissioni parlamentari competenti.
10. La disciplina dei trasferimenti di cui all'articolo 3 della legge 3 luglio
1998, n. 210, si applica esclusivamente ai ricercatori a tempo indeterminato.
11. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono
abrogati:
a) l'articolo 14, quinto comma, della legge 18 marzo 1958, n.
311;
b) l'articolo 4 della legge 30 novembre 1989, n. 398;
c) l'articolo 1, commi 8, 10, 11 e 14, della legge 4 novembre
2005, n. 230;
d) l'articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n.
449.
12. A decorrere dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di cui
all'articolo 16, comma 2, della presente legge, e' abrogato il decreto legislativo 6
aprile 2006, n. 164.
13. Fino all'anno 2015 la laurea magistrale o equivalente, unitamente ad un curriculum
scientifico professionale idoneo allo svolgimento di attività di ricerca, e' titolo
valido per la partecipazione alle procedure pubbliche di selezione relative ai contratti
di cui all'articolo 24.
14. Fino alla definizione dei criteri di cui all'articolo 5, comma 1, lettera c),
e dei criteri e indicatori di cui al comma 3, lettera b), del medesimo articolo,
continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti in materia.
15. All'articolo 6, comma 12, quarto periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010,
n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, dopo le parole:
«compiti ispettivi» sono aggiunte le seguenti: «e a quella effettuata dalle università
e dagli enti di ricerca con risorse derivanti da finanziamenti dell'Unione europea ovvero
di soggetti privati».
16. All'articolo 2, comma 140, lettera b), del decreto-legge 3 ottobre
2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, dopo le
parole: «e le relative indennità» sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «,
prevedendo che, ferma restando l'applicazione delle disposizioni vigenti in materia di
collocamento a riposo, la carica di presidente o di componente dell'organo direttivo può
essere ricoperta fino al compimento del settantesimo anno di età».
17. Nella prima tornata delle procedure di abilitazione di cui all'articolo 16,
qualora l'ANVUR non abbia provveduto in tempo utile a formulare la lista di studiosi ed
esperti in servizio all'estero di cui al citato articolo 16, comma 3, lettera f),
in relazione a uno specifico settore concorsuale, la commissione nazionale, relativamente
a tale settore, e' integralmente composta ai sensi della lettera h) del medesimo
comma 3.
18. All'articolo 66, comma 13, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive
modificazioni, il secondo periodo e' sostituito dal seguente: «Ciascuna università
destina tale somma per una quota non inferiore al 50 per cento all'assunzione di
ricercatori e per una quota non superiore al 20 per cento all'assunzione di professori
ordinari».
19. In attuazione di quanto disposto dagli articoli 6, comma 14, e 8 della
presente legge, e fermo restando quanto previsto dall'articolo 9, comma 21, del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio
2010, n. 122, e' autorizzata la spesa di 18 milioni di euro per l'anno 2011 e di 50
milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013. Con decreto del Ministro, adottato di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze entro quarantacinque giorni dalla
data di entrata in vigore della presente legge, sono indicati criteri e modalità per
l'attuazione del presente comma con riferimento alla ripartizione delle risorse tra gli
atenei e alla selezione dei destinatari dell'intervento secondo criteri di merito
accademico e scientifico. Al relativo onere si provvede, quanto a 18 milioni di euro per
l'anno 2011, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui
all'articolo 17, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 245, e quanto a 50 milioni di euro
per ciascuno degli anni 2012 e 2013, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni,
per l'anno 2012, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente, iscritto, ai
fini del bilancio triennale 2010-2012, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e
speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze per l'anno 2010, allo scopo parzialmente utilizzando
l'accantonamento relativo al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti,
le occorrenti variazioni di bilancio.
20. Agli studiosi impegnati all'estero che abbiano svolto per chiamata diretta
autorizzata dal Ministero nell'ambito del programma di rientro dei cervelli un periodo di
ricerca e di docenza nelle università italiane, il servizio prestato e' riconosciuto per
i due terzi ai fini della carriera e per intero, a domanda e con onere a carico del
richiedente, ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza. Al relativo onere, pari a
euro 340.000 annui a decorrere dall'anno 2011, si provvede mediante corrispondente
riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 1, della legge 19
ottobre 1999, n. 370.
21. Con decreto del Ministro, da emanare entro centottanta giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge, previo parere del CUN e del Consiglio nazionale
per l'alta formazione artistica e musicale (CNAM), sono disciplinate le modalità
organizzative per consentire agli studenti la contemporanea iscrizione a corsi di studio
universitari e a corsi di studi presso i conservatori di musica, gli istituti musicali
pareggiati e l'Accademia nazionale di danza.
22. All'onere derivante dall'applicazione dell'articolo 5, comma 3, lettera g),
si provvede nel limite massimo di 11 milioni di euro per l'anno 2011 mediante
corrispondente riduzione per il medesimo anno dell'autorizzazione di spesa di cui
all'articolo 5, comma 1, della legge 19 ottobre 1999, n. 370. All'onere derivante
dall'articolo 22, comma 6, valutato in 3,5 milioni di euro annui, a decorrere dall'anno
2011, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui
all'articolo 5, comma 1, della medesima legge n. 370 del 1999. Il Ministro dell'economia e
delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di
bilancio. Dall'attuazione delle rimanenti disposizioni della presente legge non devono
derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica |
|
|
Proponiamo
qui di seguito:
a) i riferimenti per trovare il fascicolo della riforma, trasmesso dalla Commissione
istruzione alla
Presidenza del Senato;
b) una traccia del Sen. Prof. G. Valditara, che spiega le novità introdotte dalla
Commissione,
rispetto al testo originario del Governo.
In questo testo il Sen. rivendica il merito personale
di aver proposto la "chiamata diretta" per i Ricercatori a tempo indeterminato.
Segue un nostro commento, in cui gli contestiamo che la cosa avrebbe un senso se, anche,
avesse proposto la "progressione retributiva unica" per le tre fasce.A riguardo del punto a), clicca su:
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Ddlcomm&leg=16&id=483560
Per trovare, poi, il Disegno di Legge Delega, dopo l'apertura della videata,
colonna di sinistra, CLICCA su:"DISEGNO DI LEGGE Articolato (Testo a fronte)". |
Giuseppe Valditara, Importanti modifiche rispetto al progetto governativo
(Testo ripreso da "il Sole-24 ORE", 21.5.2010)
Governance. La riforma dell'università approvata in
commissione al Senato presenta importanti modifiche rispetto al progetto governativo, pur
rispettandone lo spirito originario.
È bene sottolineare le linee portanti del disegno di legge anche alla luce
degli emendamenti approvati durante un dibattito parlamentare ricco di stimoli.
L'aspetto più innovativo del testo è quello di disegnare un assetto di governo
degli atenei che finalmente distingue in modo netto le competenze dei rispettivi organi,
favorendo responsabilizzazione delle scelte, minore autoreferenzialità e più rapidità
nelle decisioni. Il tutto s'inserisce in un quadro che fa della valutazione delle singole
università il pilastro del nuovo sistema.
Oggi cda e senato accademico svolgono funzioni che si sovrappongono, non incidono
su alcuni temi decisivi della vita universitaria e rischiano di essere condizionati da
istanze corporative. La riforma ma attribuisce invece al cda importanti compiti in via
esclusiva: l'approvazione del piano triennale di sviluppo, la decisione d'istituire nuove
sedi o nuovi corsi, l'ultima parola sull'assunzione del personale docente.
Nel testo governativo mancava un altro aspetto importante: la responsabilità dei
provvedimenti disciplinari, fino al licenziamento, che fino ad oggi competeva a un organo
nazionale di rappresentanza elettiva delle categorie, il Cun. Un emendamento approvato in
commissione attribuisce al cda la competenza su tutti i provvedimenti disciplinari.
Il cda sarà composto per circa la metà da soggetti esterni, ai ruoli
dell'università. Tutti i membri del cda, a parte la rappresentanza studentesca,
dovrebbero caratterizzarsi per particolare competenza ed esperienza ? Il rettore sarà
invece eletto da tutta l'accademia per rappresentare l'unità della istituzione.
Davanti a questo spostamento di competenze in capo al cda, e al rettore, che ne
ispira la linea, al senato devono spettare funzioni di stimolo e di controllo, che sono
state meglio precisate e rafforzate rispetto a quanto previsto dal testo governativo. È
stata fra l'altro introdotta in commissione la possibilità di proporre la sfiducia del
rettore, con maggioranza di almeno i 3/4 dei componenti i senato accademico. Si è anche
garantito un collegamento fra i dipartimenti e senato accademico per assicurare un più
funzionale ascolto delle istanze didattiche e di ricerca.
Stato giuridico. Un altro passaggio importante del disegno di
legge riguarda lo stato giuridico del personale docente. Riprendendo emendamento
introdotto al Senato ne legge 1/2009, gli scatti stipendiali saranno commisurati ai
risultati raggiunti. Un emendamento parlamentare va oltre questa misura e istituisce un
fondo per la premialità, al fine di rendere possibili contratti integrativi con cui
retribuire maggiormente chi si distingua nella didattica o nella ricerca.
Nel testo del Ddl vi era l'obbligo di un certo numero di ore di ricerca e di
studio, le famose 1.500 ore complessive. Negli emendamenti approvati in Senato si rende
possibile aumentare l'obbligo didattico (da 350 ore l'anno ad "almeno" 350 ore
l'anno), si prevede l'obbligatorietà della certificazione dell'effettivo svolgimento
delle ore di didattica, si ritiene invece che la ricerca debba essere valutata sui
risultati, non in base al numero di ore dedicate.
Reclutamento. Cambia radicalmente il meccanismo attuale di
reclutamento. Ci sarà un'abilitazione nazionale e poi un reclutamento locale con
valutazione comparativa. Le procedure previste nel Ddl erano eccessivamente burocratiche e
prescrittive: sono state semplificate radicalmente valorizzando l'autonomia delle singole
università.
Infine il Ddl governativo rende definitiva una norma già contenuta nella
riforma Moratti: i ricercatori d'ora in noi saranno solo a contratto.
Occorreva peraltro garantire agli attuali ricercatori a tempo
indeterminato, che abbiano conseguito l'idoneità ad associato, le stesse
opportunità d'assunzione in servizio, che la legge riservava invece ai soli, futuri,
ricercatori a contratto. Ciò è stato fatto con un apposito emendamento che
estende anche a loro la chiamata diretta. |
Nino Luciani, Per i ricercatori a tempo
indeterminato, la "chiamata diretta" è una scatola vuota, se disgiunta da una
"progressione retributiva unica", in luogo delle tre progressioni retributive
(oggi, una per ogni fascia di docenza). Vediamo perchè ...
a) Un giudizio sommario sul progetto originario. Personalmente
rigetto a pié pari lo "spirito originario del progetto governativo", perchè è
a "costo zero" e, anzi, fa un passo indietro nella valutazione e nella
meritocrazia, sia perchè privilegia il precariato (rispetto ai concorsi pubblici) sia
perchè aumenta il potere corporativo locale, per le assunzioni, in confronto alla
vituperata legge 210/1998.
Di buono c'è l'abilitazione a lista aperta che, pur se non dà
l'eccellenza, evita alla università di cadere nella melma, con le assunzioni per
contratto, senza alcuna garanzia di qualità. Questa novità, direi che da sola vale la
riforma.
b) Ricercatori a tempo indeterminato. Voglio dare "a Cesare, quel che
è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio", ma con le dovute osservazioni.
L'emendamento Valditara che (almeno) equipara i Ricercatori a tempo
indeterminato a quelli a tempo determinato parrebbe una prova di sensibilità , diciamo,
salomonica: vale dire, trattare allo stesso modo tutti coloro che si trovano nelle stesse
condizioni. Si direbbe dare il minimo, al di sotto del quale non si poteva scendere, ma
che non c'era nel testo originario.
Ma, se poi (da "professori universitari", quali siamo - e
non da Ministri e sottosegretari della "Università"), guardiamo un po' dentro
le cose, vediamo che il conto non torna.
Infatti, in base all'art.35, c. 9 e successivi "in
sede di primo inquadramento e successivamente nelle ipotesi di passaggio di qualifica di
carriera, o da una ad altra fascia, al personale con stipendio superiore a quello iniziale
di inquadramento o rispettivamente di accesso a posizione superiore, sono attribuiti nella
nuova posizione stipendiale tanti scatti del 2,50 per cento necessari ad assicurare uno
stipendio di importo pari o immediatamente superiore a quello in godimento."
In altri termini, uno che, da ricercatore viene promosso ad associato, sarà
collocato nel livello stipendiale iniziale della fascia di arrivo, e che è più bassa di
quella di provenienza, nel caso dei ricercatori anziani). Perchè la retribuzione non
cali, gli sarà fatto un credito (sotto forma di assegno ad personam), ma rimarrà in quel
livello per tanti anni, quanti necessari per recuperare una anzianità con una
retribuzione uguale a quella di ingresso (compreso l'assegno ad personam). E dunque per
10-15 anni rimarrà in quel livello, senza mai vedere aumentare la retribuzione.
In altri termini, i Ricercatori anziani sono danneggiati dalla promozione.
c) Facciamo tornare il conto. Questa anomalia (che colpisce le tre fasce
dei docenti) è dovuto al fatto che le tre fasce hanno tre progressioni retributive. E,
dunque, per la giustizia e perchè il merito abbia un senso, occorrerebbe fare una
progressione retributiva unica, pur se suddivisa in tre fasce. In questo modo il
ricercatore promosso ad associato, sarebbe inquadrato come associato con una retribuzione
di livello immediatamente superiore a quello di provenienza, per poi continuare a salire
in base a produttività (come "dice", ma non fa, il DDL Gelmini).
d) A quale livello scientifico stanno i nostri Ricercatori a tempo
indeterminato ? A quelli (che ho sentito al Miur), che screditano i nostri
ricercatori, dicendo che, se a 50 anni, non hanno ancora vinto un concorso, un motivo ci
sarà ..., rispondo che sono in mala fede. Lo sanno per primi che i concorsi sono stati
pochi e non sono avvenuti con regolarità, a partire dal 1980, e fino al 1998, finchè chi
aveva passato il turno ( a suo tempo) è stato accantonato, a favore dei giovani.
E comunque, per una idea, sulle vicende del sistema universitario italiano,
pubblico a parte uno studio di due docenti (italiani) dell'Università di Manchester, e il
pensiero di nostro valente "ricercatore" sulla riforma Gelmini, apparso
recentemente su . Nino Luciani |
Ovviamente, per dare
concrete opportunità d'assunzione ai giovani, è indispensabile che non venga prorogata
la norma che limita, fino al 31 dicembre 2011, l'utilizzo dei fondi derivanti dal turn
over.
Il Ddl predispone un quadro normativo organico che dovrebbe favorire il
rilancio del nostro sistema universitario. Probabilmente si potrebbe aggiungere un comma
ulteriore che consenta di sperimentare non solo forme di governance innovative, ma anche
più flessibili modelli d'organizzazione del lavoro del personale docente, consentendo per
esempio la modifica dell'impegno didattico in relazione all'assunzione di particolari
compiti di ricerca.
Una volta approvata la riforma, il governo dovrà tuttavia tener fede alla promessa di
più adeguate risorse: la difficoltà del momento non può penalizzare un ' settore
strategico per il futuro dei paese. Giuseppe Valditara |
|
GLI
EMENDAMENTI APPROVATI DALLA COMMISSIONE
in sede referente (nostra ricostruzione)
NOTA. In queste
settimane la Commissione istruzione ha lavorato intensamente. Dei 15 articoli del DDL, ne
ha terminati 8 ( e, in parte, anche 9,10,11, 12). Qui di seguito, essi sono riportati, uno
per uno. Nella colonna di sinistra c'è il testo originale, nella colonna di destra, c'è
il testo definitivo, in seguito all'emendamento.
Direi che, pur se le modifiche ci sono, la sostanza politica rimane quella
originaria.
In breve, il governo vuole mettere un limite alla spesa universitaria, attraverso un
maggiore controllo finanziario centrale, fino a prevedere il commissariamento della
gestione locale (con la sola eccezione di mantenere il Rettore, anche in caso di
commissariamento.
Rimangono gli esterni (27%) nel Consiglio di Amministrazione e il Senato diviene
elettivo (in pratica vengono buttati fuori i Presidi, oggi membri di diritto, e che sono
l'essenza della democrazia universitaria). Il precariato è istituzionalizzato come un
modo di fare "economie" (alla stessa stregua che nelle imprese private). E'
bloccato il turnover e questo lede il diritto alla carriera per i meritevoli.
Per la copertura dei posti, rimane l'abilitazione a lista aperta con
commissioni sorteggiate (cosa che io approvo) e il concorso locale con commissioni
nominate localmente (ossia nè votate, nè sorteggiate), cosa che è una vera calamità
perchè ciò equivale alla istituzionalizzazione del localismo.
Sono introdotti verifiche certosine di produttività, ma senza dare una
"lira" aggiuntiva ai meritevoli. |
DDL (Senato 1905) del Governo su Governance Università, Diritto allo studio e
Reclutamento dei Professori
|
MS. Gelmini
|
Chiuse la discussione generale (3 marzo)
e la presentazione degli emendamenti ( 9 marzo)
ELENCO DEGLI
EMENDAMENTI PROPOSTI
(non ancora presentati emendamenti per gli artt. 9
e successivi, riguardanti lo stato giuridico)
Nel frattempo i Ricercatori entrano in agitazione ... e appellano agli altri Docenti per
la lotta in comune, per l'Università (vedi Documento, sotto) |
Marco Merafina
|
|
1.- Nota.
Diciamo ai Colleghi che, al momento, è impossibile dire se ci sarà vera riforma oppure
una soluzione "gattopardesca", anzi "involutiva" (quella del testo
proposto dal Governo). Il riferimento è ai concorsi locali (aumenta il localismo) e al
sistema finanziario (cala l'autonomia finanziaria). Il chiarimento sulle probabilità di
veri progressi in meglio verrà solo dopo gli emendamenti, che:
- in primis dovrebbero separare le cose "non volute, ma dichiarate come volute"
da quelle "volute, ma messe tra le righe".
Vanno precluse possibili "deviazioni", più tardi, quando ci
saranno i Decreti Delegati di "interpretazione della legge";
- e successivamente dovrebbero fare le scelte, anche alla luce delle pregresse audizioni
del mondo universitario.
Auspicabile anche una verifica in corso d'opera, tra il Presidente Possa e i
Sindacati, subito dopo l'approvazione del DDL in sede referente, prima del riesame in sede
deliberante.
2.- Segni di lotta dai Ricercatori. I Ricercatori hanno
proclamato lo stato di agitazione (si vegga il Documento, qui sotto,
colonna di destra), in quanto una prima lettura degli emendamenti non permette di capire
bene... .
I Ricercatori sono 1/3 dei docenti di Ruolo
(Ricercatori+Associati+Ordinari). Insegnano pur non essendo obbligati dalla legge vigente.
Dunque, hanno la forza sufficiente per opporsi ad un Governo che aumenta i problemi
dell'Università.
3.- Appello per decidere uno sciopero di protesta. Vista
l'aria che tira, facciamo appello a tutte le Organizzazioni Sindacali per una
riunione circa la proclamazione di uno sciopero di almeno una settimana.
Adesso o mai più. NL |
CNRU -
Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari
PROCLAMA
stato di agitazione dei Ricercatori Universitari
Il Coordinamento Nazionale Ricercatori
Universitari:
1) preso atto dei contenuti del DDL Gelmini, che "dimentica":
- di finanziare la riforma stessa, accentuando le difficoltà degli Atenei a
predisporre una normale programmazione del personale in sede di bilancio, oltre alla
difficoltà di assicurare un corretto svolgimento delle proprie funzioni istituzionali;
- di considerare alcune norme transitorie indispensabili che dovrebbero riguardare
gli attuali Ricercatori Universitari, cancellando così definitivamente ogni prospettiva
di soluzione al problema dello Stato Giuridico dei Ricercatori Universitari, attesa ormai
da trent'anni;
- di assicurare una gestione democratica degli atenei attraverso la partecipazione di
tutte componenti universitarie negli organi di governo;
- di escludere i Ricercatori Universitari con più di 40 anni di contributi dal
licenziamento-prepensionamento coatto, malgrado gli Ordini del giorno
bypartisan in tal senso approvati nei due rami del Parlamento;
2) considerati inoltre i contenuti degli emendamenti presentati dal
relatore della legge che tra l'altro:
- obbligano all'attività didattica i Ricercatori Universitari senza alcun riconoscimento
del loro stato giuridico;
- trasformano gli scatti di Professori e Ricercatori Universitari da biennali a triennali
con obbligo di domanda per l'ottenimento degli stessi, senza possibilità di opzione per
il nuovo regime e senza una reale trasformazione della carriera universitaria;
PROCLAMA
lo stato di agitazione dei Ricercatori Universitari
e, estendendo le iniziative già in atto in numerose
sedi,
invita i Ricercatori di tutti gli atenei a riservarsi di non accettare incarichi
per affidamento e supplenza per il prossimo anno accademico, sviluppando inoltre forme di
lotta immediate che comprendano anche la sospensione dell'attività didattica, con la sola
esclusione dei Ricercatori Universitari minacciati dal licenziamento che
nell'esercizio dell'attività didattica hanno elemento di difesa giudiziaria;
chiede inoltre ai docenti delle altre fasce di partecipare a tale forma di protesta
non accettando ulteriori incarichi di docenza al di fuori di quelli istituzionali.
Il Direttivo del CNRU |
|
Il DDL del Governo su Governance Università,
Diritto allo studio
e Reclutamento dei Professori Universitari approda in SENATO col numero S 1905 |
La Relazione del Sen. Prof. Giuseppe VALDITARA
Il 9 dicembre 2009 la Commissione
Istruzione ha iniziato l'esame del DDL.
Il sen. G. Valditara, prof. Ordinario di Diritto Romano all'Università di
Torino, ha fatto la relazione introduttiva, tra l'altro, con molta autonomia critica.
In vista delle audizioni del mondo universitario, da parte della
Commissione Istruzione, ognuno di noi (anche dall'estero), potrebbe
inviare idee migliorative direttamente alla Segreteria della Commissione (e-mail:
COMM07A@senato.it ).
Chi vuole può inviarne una copia a UNIVERSITAS News,
per la pubblicazione
(e-mail: nino.luciani@alice.it
). Per i link ai disegni di legge originali, vedi subito sotto. |
|
Giuseppe
Valditara |
|
Commissione
"ISTRUZIONE PUBBLICA, BENI CULTURALI"
Riunione di MERCOLEDÌ 9 DICEMBRE 2009
Argomenti:
- (1905)
DDL del Governo: Norme in materia di organizzazione delle Università, di
personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità
e l'efficienza del sistema universitario;
- (591)
GIAMBRONE ed altri. - Modifica dell'articolo 17, comma 96, della
legge 15 maggio 1997, n. 127, in materia di disciplina dei professori a contratto;
- (874)
POLI BORTONE. - Disposizioni a favore dei professori universitari
incaricati ;
- (970)
COMPAGNA ed altri. - Disciplina dei docenti universitari fuori ruolo
;
- (1387)
VALDITARA ed altri. - Delega al Governo per la riforma della
governance di ateneo ed il riordino del reclutamento dei professori universitari di prima
e seconda fascia e dei ricercatori ;
- (1579)
Mariapia GARAVAGLIA ed altri. - Interventi per il rilancio e
la riorganizzazione delle università.
RESOCONTO SOMMARIO N. 152
Riferisce alla Commissione il relatore VALDITARA (PdL), il quale
osserva anzitutto come l'esame in Parlamento dei disegni di legge in titolo dovrebbe
essere l'occasione per una presa d'atto, da parte della classe politica, della centralità
della ricerca e dell'istruzione superiore per lo sviluppo del Paese, nonostante ciò non
rientri nella tradizione politica e culturale italiana, atteso che gli ultimi 40 anni di
storia repubblicana non vanno esattamente in questo senso.
Del resto, prosegue, l'università è tanto più importante in quanto, se negli
anni Settanta il 70 per cento delle innovazioni passava attraverso le imprese, oggi oltre
il 50 per cento si realizza all'interno delle università e dei centri pubblici di
ricerca.
A titolo esemplificativo, egli rammenta che lo stesso presidente Obama
ha recentemente avuto modo di sottolineare che il primato americano è dovuto al fatto che
gli Usa hanno sempre concepito la ricerca come una priorità, dedicandole più di ogni
altro Paese attenzione e investimenti, tanto che le università statunitensi sono al
vertice di tutte le classifiche internazionali. Non diversamente, il primato tedesco tra
la fine dell'Ottocento e la seconda guerra mondiale non fu dovuto solo alle materie prime,
le quali sono presenti anche in molti Paesi in via di sviluppo i quali soffrono tuttavia
di drammatici problemi di crescita. La forza del sistema produttivo tedesco ha avuto
invece uno strumento eccezionale innanzitutto nelle università. Quanto alla Cina, il dato
qualificante non sta nella competitività delle condizioni produttive, che nell'arco di
alcuni anni è destinata a diminuire, bensì nella moltiplicazione di sedi universitarie
che, per capacità di innovazione e qualità, sfidano ormai i migliori atenei occidentali.
Al fine di comprendere quale tipo di riforma serva al nostro Paese, egli
invita dunque a partire innanzitutto da una valutazione dei risultati prodotti dal sistema
attuale.
L'Italia è quarta per produzione scientifica tra tutti i Paesi europei,
rapporto che è relativamente proporzionato al numero dei professori e dei ricercatori. La
Germania ha invero una produzione scientifica doppia, ma ha anche un numero quasi doppio
di ricercatori e professori. L'Italia è quindi più produttiva della Spagna, mentre la
Francia e la Gran Bretagna ottengono risultati migliori, anche in termini relativi.
Risultati ancora migliori ottengono però Svezia, Olanda e Svizzera, se non si considera
il numero assoluto di pubblicazioni, bensì il rapporto fra numero delle pubblicazioni e
numero di ricercatori.
Andando a verificare l'impatto scientifico, che rappresenta
indubbiamente il dato più importante, si riscontra peraltro non solo che l'Italia è ben
oltre la media, ma anche che le citazioni dei lavori dei nostri ricercatori sulle
principali riviste scientifiche sono più numerose rispetto a quelle dei ricercatori
francesi. Né corrisponde al vero che in tutti i ranking internazionali le nostre
università ottengano piazzamenti deludenti: esse sono senz'altro penalizzate dallo
Shangai e dal Times, ma sono ben quotate secondo il Leiden e il Taiwan. Ciò accade
perché il Taiwan e il Leiden sono basati innanzitutto sulla qualità della ricerca,
mentre lo Shangai e il Times prendono in considerazione indicatori in cui l'Italia è
realmente agli ultimi posti, quali l'internazionalizzazione di studenti e docenti, nonché
il rapporto fra professori e studenti. Del resto, anche l'allegato III al Documento di
programmazione economico-finanziaria del luglio scorso conferma che il numero di
professori e ricercatori italiani è inferiore alla media Ocse. Proprio dal Times e dallo
Shangai risulta confermato tuttavia che le università italiane hanno un impact factor
superiore a quello della Francia e una reputazione della comunità scientifica superiore a
quella degli atenei tedeschi, che hanno peraltro punte di assoluta eccellenza assenti in
Italia. Senz'altro notevole è invece la differenza rispetto ai modelli americano e
inglese, che scontano però anche, a proprio favore, il veicolo linguistico.
Piuttosto, l'Italia risulta ben al di sotto della media internazionale
quanto a capacità di realizzare promozione sociale, a causa dei modesti investimenti in
diritto allo studio e della inadeguatezza delle strutture per la didattica.
Il disegno di legge del Governo n. 1905 riprende dunque in modo
complessivamente coerente buona parte delle misure già introdotte con successo nei
sistemi universitari dei principali Paesi Ocse.
Ad iniziare dal Regno Unito di Margaret Thatcher, e poi negli ultimi
dieci anni in molti altri Paesi europei, all'estero vi è stata infatti una
modernizzazione dei sistemi universitari alla luce di due principi ormai ben consolidati:
autonomia e responsabilità. Tra i meccanismi introdotti, il relatore sottolinea la
centralità della valutazione dei risultati delle unità di ricerca e di didattica, ossia
dei dipartimenti; l'attribuzione delle risorse alle singole università con criteri di
premialità meritocratica; l'adozione di strumenti contrattuali per incentivare i docenti
ed i ricercatori più meritevoli; la semplificazione della governance con il
contestuale rafforzamento dei poteri del vertice esecutivo; il miglioramento dei processi
decisionali, con il superamento di eccessiva collegialità, consociativismo e
autoreferenzialità; una minor rigidità in ingresso della carriera universitaria.
Dopo aver riferito che, per omogeneità di materia, al disegno di legge
n. 1905 sono abbinati anche i disegni di legge nn. 1387 e 1579, rispettivamente a prima
firma sua e della senatrice Mariapia Garavaglia, che hanno impianto e contenuto simili a
quello governativo, nonché il n. 591 del senatore Giambrone sui professori a contratto,
il n. 874 della senatrice Poli Bortone sui professori universitari incaricati, e il n. 970
del senatore Compagna sui fuori ruolo, egli passa ad illustrare analiticamente i
punti qualificanti della proposta governativa, anticipando che segnalerà le parti che
ritiene debbano formare oggetto di modifica, mentre sulle restanti è implicito il suo
giudizio positivo.
Con riferimento all'articolo 1, secondo il quale il sistema
universitario ha il compito di combinare in modo organico ricerca e didattica per il
progresso culturale, civile, economico della Repubblica, osserva che sarebbe forse
opportuno un riferimento agli studenti come destinatari di una formazione di qualità,
attesa la centralità della persona oltre che della comunità statale. Inoltre, pur
convenendo che le università sono sedi di libera formazione, suggerisce di aggiungere
"nellambito dei propri ordinamenti"; infine, reputa necessario precisare
che esse sono strumento anche di elaborazione di conoscenza, non solo di circolazione.
Passando al comma 2, che individua in autonomia e responsabilità i principi cardine della
riforma, giudica opportuno esplicitare che la sperimentazione ivi prevista di diversi
modelli organizzativi si può estendere anche al reclutamento del personale e allo stesso
stato giuridico.
Dopo aver accennato al contenuto dei restanti commi dell'articolo 1, il
relatore si sofferma sullarticolo 2, che definisce gli organi di ateneo (rettore,
consiglio di amministrazione, senato accademico, collegio dei revisori dei conti, nucleo
di valutazione), precisando che le università statali hanno sei mesi per adeguare i
propri statuti a tali disposizioni.
La lettera a) del comma 2 specifica le attribuzioni del rettore,
mentre la lettera b) ne prevede le modalità di elezione. Al riguardo, ritiene
peraltro che eccessive precisazioni non siano coerenti con il sistema elettivo, salvo che
non si intenda restringere l'eleggibilità ad un numero limitato di soggetti, secondo un
modello a suo avviso difficilmente attuabile. Giudica altresì eccessivamente burocratica
e centralista la procedura di nomina del rettore con decreto del Presidente della
Repubblica.
La lettera c) fissa in otto anni la durata massima in carica del
rettore (sei nel caso di mandato unico).
La lettera d) individua i compiti del senato accademico. In
proposito, il relatore rileva che a tale organo è attribuito un ruolo troppo marginale.
Suggerisce pertanto che esso possa concorrere alla approvazione del conto consuntivo,
nonché esprimere un parere necessario, ancorché non vincolante, non solo sul documento
di programmazione strategica, ma anche sul bilancio di previsione.
Con riguardo alla costituzione di tale organo, disciplinata alla lettera
e), egli lamenta la mancanza di una rappresentanza di secondo grado. Reputa invece
opportuno consentire una rappresentanza dei responsabili delle unità organizzative
(dipartimenti e facoltà), onde non determinarne la delegittimazione. Deplora altresì
l'assenza di raccordo con le strutture di base.
Dopo aver dato conto della lettera f), relativa alle funzioni del
consiglio di amministrazione, il relatore illustra la lettera g), che ne disciplina
la composizione. In proposito, ribadisce che la fissazione di numerosi vincoli contrasta
con il carattere elettivo dell'organo e sollecita la previsione anche di una
rappresentanza dei docenti, sul modello dei principali Paesi Ocse. E' inoltre disposto,
prosegue il relatore, che almeno il 40 per cento dei consiglieri di amministrazione non
appartenga ai ruoli delluniversità quanto meno da tre anni. Al riguardo, precisa
peraltro che già attualmente molte università prevedono nei loro statuti membri esterni,
i quali tuttavia raramente partecipano alle sedute, creando spesso problemi di numero
legale. Giudica dunque i membri esterni una opportunità importante purché rappresentino
finanziatori o particolari competenze esterne; altrimenti, sottolinea, rischiano di essere
solo portatori di microinteressi non funzionali alle esigenze di sviluppo
dell'università. In ogni caso, condivide che la scelta dei componenti esterni sia
lasciata ai singoli atenei, abbandonando una impostazione originaria che prevedeva la
indicazione esplicita di rappresentanze istituzionali esterne. Quanto al presidente, la
medesima lettera g) stabilisce che esso sia eletto tra i componenti del consiglio
di amministrazione e quindi possa non coincidere con il rettore. In proposito, osserva che
un presidente interno ma diverso dal rettore rischia di rappresentare un antagonista di
quest'ultimo, soprattutto se espressione della minoranza sconfitta, con il rischio di una
paralisi gestionale. Il presidente diverso dal rettore ha invece senso, a suo giudizio, se
è esterno e rappresenta investitori o particolari competenze. Suggerisce peraltro di
lasciare le università libere di stabilire se il presidente possa essere diverso dal
rettore ovvero se debba coincidere con esso, sottolineando comunque come
l'incompatibilità fra presidente del consiglio di amministrazione e rettore possa
bloccare lattività dellateneo. Anche in questo caso, giudica peraltro
eccessivamente burocratiche le modalità di nomina con decreto del Presidente della
Repubblica.
Il relatore dà poi conto della lettera h) sulla durata in carica
dei consiglieri di amministrazione, della lettera i) sulla figura del direttore
generale, che sostituisce quella del direttore amministrativo, nonché della lettera l)
sui compiti del predetto direttore generale.
Passando alla lettera m), sulla composizione del collegio dei
revisori dei conti, egli dissente dall'attribuzione alle università del compito di
indicare un membro effettivo ed uno supplente tra dirigenti e funzionari del Ministero.
Atteso che anche un altro membro del collegio è designato dalle università, gli atenei
finirebbero infatti per potersi scegliere la maggioranza nel collegio, indebolendo la sua
funzione di controllo terzo, e per di più avrebbero un indebito potere contrattuale nei
confronti dei dirigenti ministeriali. Suggerisce quindi che due revisori siano nominati
direttamente dal Ministero.
Dopo aver riferito sulle lettere n) ed o), relative ai
nuclei di valutazione, egli pone poi l'accento sul divieto per i componenti il senato e il
consiglio di amministrazione di ricoprire altre cariche accademiche ad eccezione del
rettore, sancito dalla lettera p). A tale riguardo, giudica inopportuno il divieto
per il senato, sollecitando invece al suo interno una rappresentanza dei dipartimenti o
delle facoltà. Quanto al divieto di ricoprire incarichi politici e cariche istituzionali
in altre università, propone di specificare che il divieto si applica alle università
italiane, atteso che sarebbe un arricchimento se un membro del consiglio di
amministrazione o del senato, o il rettore medesimo, rivestissero cariche in università
straniere.
La lettera q) impone infine l'attuazione dei principi di
trasparenza dell'attività amministrativa e di accessibilità delle informazioni relative
allateneo, già fissato, in modo cogente e concreto, con un emendamento approvato in
Senato al decreto-legge n. 180 del 2008.
Passando al comma 3, che assegna agli atenei un termine di sei mesi per
modificare anche lorganizzazione interna, il relatore registra l'eccentricità
dell'estensione di tale obbligo alle università non statali, giustamente non contemplate
dallarticolo 2, comma 2, e che quindi dovrebbero essere escluse anche in questo
caso.Nell'illustrare analiticamente l'articolazione interna prevista, egli consiglia
peraltro una semplificazione in ordine al rapporto fra facoltà e numero di professori e
ricercatori, sancito alla lettera d), ipotizzando un numero massimo di 12 facoltà
per ateneo. Registra altresì un errore terminologico alla lettera e), laddove
richiama le funzioni di cui alle lettere a), b) e c), mentre la
lettera b) non attiene allo svolgimento di funzioni. A proposito dellorgano
deliberante delle facoltà, la cui istituzione è contemplata alla lettera f), pone
in luce che se la facoltà non ha solo funzioni di coordinamento, ma anche poteri
sostanziali, sarebbe opportuno che detti organi deliberanti tenessero conto della
rilevanza dei singoli dipartimenti. Quanto alla istituzione in ciascun dipartimento di una
commissione paritetica docenti-studenti volta ad assicurare la qualità della didattica,
di cui alla lettera g), egli la giudica inutile laddove esistano le facoltà, che
già svolgono siffatta funzione con la partecipazione di rappresentanze studentesche.
Reputa inoltre superfluo ripetere, alla lettera h), la rappresentanza elettiva
degli studenti negli organi già citati. Inoltre, rileva che la lettera l) del
comma 2, a cui si fa rinvio fra quelle che prevedono organi in cui devono essere
rappresentati gli studenti, è relativa invece alla figura del direttore generale.
Dopo aver dato conto del comma 4, che eccettua gli istituti a
ordinamento speciale dall'osservanza di alcune disposizioni, il relatore si sofferma sul
comma 5, che impone agli atenei l'adozione di un codice etico, sottolineando che sarebbe
più appropriato prevedere un codice deontologico.
In ordine al comma 6, secondo cui in sede di prima applicazione lo
statuto modificato viene adottato con delibere del senato accademico e del consiglio di
amministrazione, paventa le possibili contrapposizioni paralizzanti fra i due organi e
suggerisce di attribuire la competenza ad un unico organo, tanto più che allo stato essi
sono espressione di analoghe rappresentanze.
Nell'accennare brevemente ai commi 7, 8, 9 e 10, egli registra poi che,
ai sensi del comma 11, ai fini della rieleggibilità dei rettori, del senato accademico e
del consiglio di amministrazione, si computa il periodo già maturato. Stigmatizza
tuttavia che per il senato non era prevista una non rieleggibilità.
Illustra indi l'articolo 3, sulla federazione e fusione di atenei.
Passando all'articolo 4, che istituisce il Fondo per il merito,
consiglia di limitare i premi di studio ai non abbienti, modulando magari le soglie di
accesso in modo da favorire davvero i capaci e meritevoli ancorché privi di mezzi.
Paventa altresì che la garanzia dello Stato per i prestiti donore possa non essere
coperta. Quanto alle modalità di alimentazione del Fondo, reputa inadeguata la previsione
come una mera eventualità del finanziamento pubblico. In questo modo, il Fondo rischia
infatti di non entrare immediatamente in funzione o comunque di essere avviato senza
adeguati finanziamenti. Considera poi paradossale che fra le risorse destinate ad
alimentare il Fondo vi siano i contributi degli studenti. Riconosce peraltro che, se fosse
previsto un trasferimento pubblico obbligatorio, la norma sarebbe priva di copertura
finanziaria.
Con riguardo all'articolo 5, che delega il Governo ad introdurre misure
per favorire la qualità e l'efficienza del sistema universitario, reputa non corretto che
nella delega rientri la valutazione dei risultati conseguiti dai singoli docenti poiché
essa è di competenza dei singoli atenei; anche il decreto istitutivo dellAgenzia
nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), ricorda,
limita le sue attribuzioni alla valutazione delle istituzioni universitarie. In ordine ai
principi e criteri direttivi fissati dal comma 2 con riferimento all'introduzione di
meccanismi premiali, auspica inoltre una riformulazione della lettera b) atteso che
il termine "efficienza" presuppone a suo avviso una specificazione. Invita
altresì a valutare anche la qualità, oltre allefficienza, e lamenta che il
potenziamento del sistema di autovalutazione di cui alla lettera c) non si articoli
in corrispondenti criteri direttivi.
Quanto ai principi e criteri direttivi per la revisione della
contabilità, di cui al comma 3, ed in particolare alla lettera d), che impone un
programma triennale di riequilibrio della consistenza del personale docente, ricercatore e
tecnico-amministrativo, pone in luce che, se in molte sedi quest'ultimo appare
senzaltro sovrabbondante, la dotazione di personale docente e ricercatore è
inferiore alla media Ocse e risulta dunque inadeguata sul lungo periodo.
Il comma 4 reca poi, prosegue il relatore, principi e criteri direttivi
per l'esercizio della delega relativa allo stato giuridico dei docenti e ricercatori.
Talvolta tuttavia gli obiettivi sono a suo avviso confusi con i principi e criteri
direttivi, mentre anche per la delicatezza della materia sarebbe bene definire nella legge
i contenuti essenziali, lasciando poi ad una fonte successiva la loro semplice attuazione.
In particolare, egli si sofferma sulla lettera c), che fissa sia per i docenti a
tempo pieno che per quelli a tempo definito un eguale impegno complessivo pari a 1.500
ore. Ciò appare al relatore come suscettibile di impugnazione per irragionevolezza.
E evidente del resto, prosegue, che, corrispondendo limpegno per chi è a
tempo definito a circa otto ore al giorno per cinque giorni la settimana, non si riserva
alcuno spazio alle attività libero-professionali, presupposto stesso del collocamento a
tempo definito. Le 1.500 ore comprendono poi non solo le attività didattiche, ma anche
quelle di ricerca. Giudica tuttavia impossibile una quantificazione seria di queste
ultime, risultando del tutto fantasiosi o comunque arbitrari criteri basati sulle
pubblicazioni. Anche all'estero, mentre la didattica è quantificata in molti Paesi Ocse,
non vi è Paese al mondo che quantifichi le ore dedicate alla ricerca. In questo campo,
ciò che conta sono i risultati ed è questo loggetto della valutazione che in
alcuni Paesi viene effettuata. Nelle 1.500 ore sono poi compresi anche i compiti
preparatori e di verifica connessi allinsegnamento, nonché il tempo destinato allo
studio personale, ma è evidente ancora una volta l'arbitrarietà della definizione
lasciata inevitabilmente ad una autocertificazione soggettiva. Risulta infine a suo avviso
oscura la previsione di una "quantificazione dellimpegno complessivo", che
lascerebbe intendere una specificazione oraria ulteriore delle varie attività elencate.
Più in generale, il relatore ritiene che il limite di 1.500 ore
introdurrebbe una disparità di trattamento economico rispetto ai docenti di scuola
secondaria, che potrebbe essere foriera di ricorsi. A fronte invero di uno stipendio di
insegnante che corrisponde allincirca a quello di un ricercatore ovvero di un
associato a inizio carriera, si richiederebbe infatti per ricercatori e professori
universitari un impegno orario pari a quasi due volte e mezzo. La norma, ribadisce,
rischia dunque di risultare incostituzionale per irragionevolezza. Va osservato infine
che, nella bozza iniziale del disegno di legge, limpegno di 1.500 ore era
qualificato come "figurativo", essendo collegato alla rendicontazione dei
progetti di ricerca cofinanziati. Se si vuole mantenere il suddetto impegno orario,
sarebbe quindi quanto meno auspicabile il ripristino della definizione originaria. Giudica
invece corretta la quantificazione in 350 ore e 250 ore dellimpegno didattico
rispettivamente per il tempo pieno e definito.
Quanto alla lettera d), relativa alla disciplina delle attività
di verifica dello svolgimento dei compiti didattici, osserva che si tratta di un obiettivo
e non di un criterio direttivo. Giudica comunque senzaltro auspicabile
l'introduzione di forme di controllo da parte delle singole università
sulleffettivo svolgimento delle lezioni e dellattività di ricevimento e di
assistenza agli studenti. Lamenta tuttavia che essa non sia accompagnata dalla previsione
di idonee misure sanzionatorie per le ipotesi di inottemperanza da parte del singolo
docente. Per stroncare forme di inaccettabile mal costume, propone al contrario che, nel
caso di mancata osservanza dei doveri didattici, e in assenza di una idonea
giustificazione, siano applicate adeguate sanzioni di natura patrimoniale, fino al
licenziamento per le fattispecie più gravi. Senza il richiamo a sanzioni, la previsione
di forme articolate di controllo sembra infatti a suo avviso una tipica "grida
manzoniana" destinata allesterno più che allinterno dellaccademia.
Non condivide invece l'eventuale introduzione di un badge di entrata e di uscita
nell'ateneo, che finirebbe per svilire la professionalità del docente e del ricercatore
fondata sulla autonomia della ricerca, attribuendogli un ruolo di tipo impiegatizio. Né
va dimenticato che mancherebbero strutture adeguate per fronteggiare una presenza fissa di
tutti i docenti nei dipartimenti.
In merito alla verifica dellimpegno scientifico, reputa di tutta
evidenza che essa debba essere riservata alle singole università, che hanno interesse a
stimolarlo atteso che una parte dei finanziamenti è legata alla qualità della produzione
scientifica. Anche in questo caso la valutazione dovrebbe incentrarsi a suo avviso più
sulla qualità che sulla quantità della produzione medesima. Daltro canto, osserva,
se non fosse la singola università a valutare limpegno scientifico di ciascun
docente, si richiederebbe allANVUR uno sforzo insostenibile, dovendo essa valutare
ogni anno 70.000 persone avvalendosi di un personale assai limitato e con pochi fondi.
Già nelle scorse legislature si era del resto affermato in modo bipartisan il
principio che l'Agenzia deve valutare le istituzioni accademiche, a iniziare dai
dipartimenti, e non le singole persone. Inoltre, qualora la valutazione fosse fatta al di
fuori delle singole università, ci sarebbe il rischio di un rallentamento burocratico
notevole, con ritardi nella liquidazione degli scatti.
Per altro verso, linserimento nelle commissioni di abilitazione,
di selezione e promozione, di esame di Stato, nonché negli organi di valutazione di
progetti di ricerca, sancito alla lettera d) per i soli professori e ricercatori
con valutazione positiva, non può essere il risultato di una valutazione fatta dalle
singole università, ma deve essere conseguenza di una credibilità scientifica conseguita
dal singolo professore o ricercatore e attestata in modo oggettivo, senza possibilità di
discriminazioni. E il giudizio della comunità scientifica, non di un singolo
valutatore, che deve decidere della adeguatezza scientifica di un possibile commissario di
concorso.
La successiva lettera e) demanda al decreto delegato
l'individuazione dei casi di incompatibilità e la definizione dei criteri generali per
l'assunzione di incarichi anche retribuiti di studio, di insegnamento, di ricerca, di
consulenza. E' evidente, prosegue il relatore, l'illegittimità della disposizione, che
rinvia la determinazione di criteri generali. Al riguardo, egli ritiene che debba essere
la singola università a stabilire un regime di incompatibilità a seconda delle proprie
convenienze, e non in via generale, ma differenziando allinterno di contratti
integrativi individuali, e comunque per aree disciplinari, come avviene nei sistemi
universitari più avanzati. Sarà poi il docente a scegliere se accettare o meno le
condizioni contrattuali offerte, ovvero decidere di cambiare sede.
Con riguardo all'obbligo di una relazione triennale sul complesso delle
attività didattiche, di ricerca e gestionali svolte, ai fini fra l'altro della
attribuzione dello scatto stipendiale, di cui alla lettera f), egli condivide il
principio, anche se reputa che debbano essere le singole università, nellambito
della loro autonomia e responsabilità, a fissare i criteri di valutazione della
complessiva attività svolta, eventualmente differenziando, a seconda delle esigenze
locali, il valore da riferirsi alla ricerca piuttosto che alla didattica ovvero
all'impegno gestionale.
In ordine alla revisione del trattamento economico dei professori e dei
ricercatori già in servizio e di quelli vincitori dei concorsi indetti fino alla data di
entrata in vigore della legge, e in particolare alla trasformazione degli scatti da
biennali a triennali, disposta dalla lettera i), pur essendo prevista un'invarianza
del complessivo trattamento retributivo, egli stigmatizza la perdita economica per docenti
e ricercatori legata al ritardo della prestazione, i cui effetti sono ben evidenziati
dalla tabella allegata alla relazione tecnica. Per evitare una forma di risparmio a danno
del personale docente, che tra laltro non è contrattualizzato e dunque non gode di
periodici rinnovi retributivi, auspica quindi che i risparmi derivanti dalla mancata
concessione degli scatti vadano ad incrementare un apposito fondo universitario per la
incentivazione.
Il relatore suggerisce altresì di introdurre alla lettera i) la
previsione di misure incentivanti integrative, sul modello di quanto avviene nei Paesi
anglosassoni in cui la retribuzione dei docenti è fissata per contratto, venendo
commisurata ai risultati conseguiti e allinteresse dellateneo nei confronti
dei singoli docenti. In proposito, rammenta che una misura di questo tipo era già
prevista allarticolo 1, comma 16, della legge n. 230 del 2005, ma necessita di un
fondo ad hoc, che la renda praticabile.
Il comma 5 riprende infine un emendamento già presentato in altra sede,
che favorisce fra laltro la sperimentazione da parte delle regioni di nuovi modelli
di gestione ed erogazione degli interventi in materia di diritto allo studio. Invita
tuttavia a non cadere nel pregiudizio demagogico secondo cui il semplice ingresso nella
istituzione formativa è necessariamente per tutti una garanzia di successo, che oltre
tutto appare in contrasto con i principi della Costituzione.
Il relatore accenna poi all'articolo 6, che opportunamente ridimensiona
i crediti che possono essere riconosciuti agli studenti per attività professionali, e
all'articolo 7, che dispone una revisione dei settori scientifico-disciplinari sulla base
del criterio dell'afferenza di almeno 50 professori ordinari.
Larticolo 8, prosegue, istituisce l'abilitazione nazionale di
durata quadriennale per le funzioni di professore ordinario ed associato. In proposito,
evidenzia tuttavia che la distinzione fra le due fasce non può essere per funzioni, dal
momento che esse sono analoghe. Invita quindi a fare riferimento alla legge n. 382 del
1980, ovvero a specificare la differenza dei requisiti (idoneità per la seconda fascia;
piena maturità scientifica per la prima fascia).
Con riferimento al contenuto dei regolamenti con cui entro novanta
giorni saranno definite le modalità di espletamento delle procedure concorsuali, il
relatore propone che l'attribuzione della abilitazione sia fondata non solo sulla
valutazione analitica di titoli e pubblicazioni scientifiche, ma anche su una adeguata
verifica delle capacità didattiche. Quanto poi alla commissione, ribadisce che essa
dovrebbe essere costituita sulla base di una lista formata da candidati che abbiano
pubblicazioni scientifiche accettate su riviste internazionalmente accreditate o edite in
collane universitarie. Ritiene altresì che un'unica commissione che dura in carica due
anni ed è competente per le abilitazioni di prima e seconda fascia rischia di concentrare
in sé troppo potere. Sull'attribuzione di un titolo preferenziale nei contratti di
insegnamento a coloro che siano in possesso della abilitazione, consiglia di estendere
tale preferenza anche a chi è già in servizio.
Passando all'articolo 9, che disciplina le procedure di reclutamento,
auspica anzitutto che la legittimazione a partecipare ai bandi di cui alla lettera b)
sia articolata diversamente, atteso che il successivo articolo 15, comma 3, rimedia ad una
palese dimenticanza prevedendo la possibilità di partecipare alle suddette procedure
anche per i professori attualmente in servizio. Alla lettera c), lamenta che non
sia disciplinata lipotesi in cui non sia stata costituita la facoltà e suggerisce
di sostituire il riferimento alla facoltà con quello al dipartimento. In ordine alla
previsione di una lezione pubblica, di cui alla lettera d), osserva che sarebbe
più opportuno che la valutazione della idoneità didattica fosse svolta al momento
dell'abilitazione. Giudica inoltre estremamente complessa e farraginosa la procedura per
la proposta di chiamata, prefigurata dalla lettera d). Nel dichiarare di non
comprendere per quale motivo debbano intervenire nella chiamata i soggetti che compongono
lorgano deliberante della facoltà, reputa fuori sistema che alle chiamate degli
ordinari partecipino anche i professori di seconda fascia e che alle chiamate di
professori e ricercatori partecipino rappresentanti degli studenti. Sollecita quindi una
decisione assunta dalla maggioranza assoluta dei componenti il dipartimento, su proposta
dei professori del settore scientifico-disciplinare e con delibera finale del consiglio di
amministrazione. Le università potrebbero poi stabilire forme di consultazione della
comunità scientifica sull'adeguatezza dei candidati proposti.
Più in generale, egli ritiene che questa procedura rischi di
penalizzare la assunzione dei docenti più giovani e neo abilitati ponendoli in
competizione con docenti già in servizio sulla base di una valutazione comparativa dei
titoli. Invita quindi a distinguere le procedure di assunzione in servizio da quelle di
trasferimento. In questo ultimo caso, sarebbe più idonea la chiamata diretta, che avrebbe
il vantaggio di evitare il rischio di ricorsi paralizzanti. Chiede altresì chiarimenti
sulla scelta di prevedere, al comma 5, la chiamata diretta per studiosi impegnati
allestero o per ricercatori a contratto e non per professori già in servizio presso
altre università italiane. Fra laltro, per ragioni di spesa, le università hanno
maggiore convenienza ad assumere neo abilitati che a chiamare per trasferimento. Dunque,
la chiamata per trasferimento avverrebbe solo per situazioni di particolare rilievo e
favorirebbe la mobilità fra sedi. Né va dimenticato che, essendo i commissari
normalmente già presenti nel dipartimento, il loro giudizio verrebbe comunque
considerato. In questo caso, auspica peraltro un limite percentuale alle chiamate per
trasferimento.
Con riferimento infine al comma 5, avanza l'ipotesi di sopprimere la
chiamata per chiara fama, sussistendo già la figura del professore a contratto, tanto
più che in passato essa ha dato luogo a trattamenti di favore non adeguatamente
giustificati.
Dopo aver dato conto dell'articolo 10, sugli assegni di ricerca, il
relatore riferisce quindi sull'articolo 11, in base al quale le università possono
stipulare contratti per attività di insegnamento con esperti di alta qualificazione in
possesso di un significativo curriculum scientifico o professionale. In proposito,
egli ritiene che la palese inadeguatezza del curriculum potrebbe dar luogo
all'annullamento del contratto su istanza di un componente il nucleo di valutazione, onde
evitare che l'affidamento di incarichi a soggetti sprovvisti di idoneo curriculum
risulti priva di sanzioni. Manifesta peraltro perplessità sul successivo comma 2, di cui
dichiara di non comprendere appieno la differenza rispetto al comma 1, se non che la
seconda ipotesi contrattuale sembrerebbe riferita ad ambiti didattici più specifici.
Invita quindi ad unificare le due ipotesi.
Larticolo 12, prosegue il relatore, porta avanti il disegno
avviato a suo tempo dalla legge n. 230 del 2005, con riguardo alla eliminazione delle
figure di ricercatore a tempo indeterminato, da sostituirsi con ricercatori titolari di
contratti a tempo determinato. I compiti attribuiti a questa nuova figura di ricercatore
sono di ricerca (non quantificata) e di didattica (fissata in un ammontare di 350 ore
annue). Al riguardo, egli valuta troppo complicata la possibilità di stipulare nuovi
contratti con altre università. A suo avviso, una volta fissato il periodo massimo di
dieci anni per la durata di rapporti a tempo determinato, dovrebbe essere semplicemente
consentito di partecipare a procedure di selezione per il tempo mancante al raggiungimento
del decennio.
In merito al trattamento economico dei ricercatori, il relatore esprime
compiacimento per il tentativo di rendere più competitiva la retribuzione di inizio
carriera, che attualmente è in assoluto la più bassa fra i principali Paesi europei,
pari a circa il 60 per cento di quella di un ricercatore tedesco. Tale scelta,
quantificata in 11 milioni di euro, è per il momento coperta con corrispondente riduzione
per gli anni 2010 e 2011 dellautorizzazione di spesa di cui allarticolo 5,
comma 1, della legge 19 ottobre 1999, n. 370. Ritiene tuttavia che a regime occorrerà
prevedere un incremento corrispondente del FFO onde evitare che ad una maggiore
retribuzione corrisponda un minor numero di ricercatori assunti in servizio, ancorché a
tempo determinato.
Quanto alla procedura di selezione nazionale dei vincitori, disciplinata
al comma 9, egli la valuta troppo burocratica e potenzialmente poco trasparente, in quanto
presuppone una commissione composta da "eminenti studiosi" designati dal
Ministro su proposta dellANVUR, che si avvalgono a loro volta, per la valutazione
dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche e dei programmi di ricerca, di esperti
revisori di elevata qualificazione scientifica, fra laltro senza oneri per la
finanza pubblica. Egli auspica invece la formazione di commissioni composte, per ogni
settore scientifico-disciplinare, estraendo a sorte tre valutatori allinterno di
liste di professori ordinari e associati che abbiano continuità di pubblicazioni
scientifiche negli ultimi cinque anni. Inoltre, invita a non prescindere da una
valutazione delle abilità didattiche e della preparazione complessiva del candidato,
atteso che il ricercatore a tempo determinato potrebbe essere destinatario di chiamata
diretta su un posto da associato.
Il relatore accenna altresì all'articolo 13, secondo cui la concessione
della opzione per la permanenza in servizio per un ulteriore biennio è subordinata alla
sussistenza di adeguate risorse finanziarie nel bilancio dellateneo, e all'articolo
14, sullo svolgimento di attività finalizzate alla diffusione della lingua e della
cultura di Paesi stranieri.
Illustrando infine le norme transitorie e finali recate dall'articolo
15, il relatore si sofferma in particolare sul comma 1, secondo cui, a far data dalla
entrata in vigore della legge, per la copertura di posti da professore ovvero da
ricercatore o assegnista di ricerca, le università possono avviare esclusivamente le
nuove procedure di concorso. Non va tuttavia dimenticato che esse presuppongono le
modifiche statutarie e ladozione di appositi regolamenti, il che rischia di tradursi
in un blocco delle chiamate per almeno un anno. Per evitare tale conseguenza nefasta,
sarebbe dunque opportuno far data dalla entrata in vigore dei regolamenti di cui
allarticolo 9, comma 2, e comunque non prima del termine delle procedure di modifica
statutaria.
Avviandosi alla conclusione, egli precisa che le osservazioni svolte
riguardano elementi particolari del disegno di legge, non già i suoi elementi
strutturali. Non intaccano quindi il giudizio senz'altro positivo sulla sua complessiva
adeguatezza.
D'altro canto, sottolinea, il provvedimento riprende, talvolta quasi
alla lettera, passaggi già contenuti nella proposta presentata a febbraio dalla
maggioranza e pure in quella depositata a giugno dall'opposizione. Le soluzioni
prospettate ricalcano inoltre, nelle loro linee generali, quanto contenuto nel programma
elettorale del Pdl, che per molti aspetti non era distante da quello del Pd. E
piuttosto auspicabile, per consentire alla riforma di esplicare i suoi effetti positivi,
che i tagli previsti per il 2010 a danno dell'università vengano drasticamente ridotti:
questo è il vero ostacolo che si deve superare.
Nel dichiararsi assolutamente aperto alla discussione, anticipa fin
d'ora che intende riservare una seria attenzione alle proposte che verranno avanzate, non
solo dalla maggioranza, ma anche dalla opposizione e dalle parti sociali, per arrivare ad
un testo che, nel rispetto delle linee portanti qui delineate, sia il più possibile
condiviso. In particolare, assicura che non si lascerà condizionare dalle eventuali
pressioni di organi di stampa, né di coloro che non siano espressione della sovranità
popolare. Ritiene infatti che spetti al Parlamento esprimersi sulla proposta del Governo e
manifestare la sua volontà definitiva.
Il seguito dell'esame congiunto è rinviato.
La seduta termina alle ore 16,15. |
Senato n. 1905 - DDL su Governance Università e
Reclutamento dei Professori Universitari
approvato dal Consiglio dei Ministri il 28 ottobre 2009, e che va alle Camere |
Enrico Decleva
|
VERSIONE
DEFINITIVA
accompagnata da due commenti:
a) uno del Presidente della CRUI, prof. Enrico DECLEVA;
b) uno del prof. Giorgio ISRAEL, Presidente della Comm.ne per il rinnovamento della
formazione dei docenti, nominata dalla GELMININota.
Per un nostro parere sul DDL, clicca su: Disegno di legge |
Giorgio Israel
|
|
( Ripreso da: http://www.crui.it/ , 28/10/09)Enrico Decleva, DICHIARAZIONE
A seguito dellapprovazione, in data odierna, da parte
del Consiglio dei Ministri del Disegno di legge sullUniversità presentato dal
Ministro Gelmini, il Presidente della CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università
italiane), prof. Enrico Decleva, ha rilasciato la seguente dichiarazione:
La proposta di legge del Ministro
Gelmini approvata oggi dal Consiglio dei Ministri, per l'ampiezza del suo impianto e la
valenza riformatrice degli interventi previsti, rappresenta un'occasione fondamentale e
per molti versi irripetibile per chi ha davvero a cuore il recupero e il rilancio
dell'università italiana.
Rispetto ad alcune soluzioni potranno
essere opportuni ulteriori approfondimenti. Ma è essenziale che, a questo punto, anche
nel nostro Paese si siano determinate le condizioni per affrontare in un'ottica coerente e
di ampio raggio urgenze e criticità altrove superate da tempo.
E' ora necessario che il confronto
parlamentare si sviluppi concentrandosi sul merito delle varie questioni. Così come è
indispensabile, e per più aspetti pregiudiziale, che all'avvio del processo riformatore,
e a garanzia della sua credibilità, corrisponda una disponibilità adeguata di risorse. A
partire da quanto sarà garantito al finanziamento degli atenei per il 2010. |
n.1905, Senato - Disegno di legge in
materia di organizzazione e qualità del sistema universitario, di personale accademico e
di diritto allo studio - Versione definitiva
AVVERTENZA. Il testo qui riportato si limita al Sommario
Titolo I - Organizzazione del sistema
universitario
Articolo 1 - Principi ispiratori della riforma
Articolo 2 -Organi e articolazione interna delle università
Articolo 3 -Federazione e fusione di atenei e razionalizzazione dellofferta
formativa.
Titolo II - Norme e delega legislativa in materia di qualità ed efficienza del
sistema universitario
Articolo 4 -Fondo per il merito
Articolo 5 -Delega legislativa in materia di interventi per la qualità e
lefficienza del sistema universitario
Articolo 6 -Riconoscimento dei crediti universitari.
Titolo III - Norme in materia di personale accademico e riordino della
disciplina concernente il reclutamento
Articolo 7 - Revisione dei settori scientifico-disciplinari
Articolo 8 -Istituzione dell'abilitazione scientifica nazionale
Articolo 9 -Reclutamento e progressione di carriera del personale accademico
Articolo 10 -Assegni di ricerca
Articolo 11 -Contratti per attività di insegnamento
Articolo 12 -Ricercatori a tempo determinato
Articolo 13 -Collocamento a riposo dei professori e dei ricercatori
Articolo 14 -Disciplina dei lettori di scambio
Articolo 15 - Norme transitorie e finali
|
(Segnalato dall'USPUR.
Ripreso da: "http://www.loccidentale.it/",
3/11/09) Giorgio Israel, Questo ddl va emendato su alcuni punti importanti, ma che sarebbe
irresponsabile silurare
1. Il
disegno di legge per luniversità presentato dal ministro Mariastella Gelmini ha
già ricevuto una doppia bordata di attacchi. Il fuoco a tribordo è allinsegna
dellaccusa: statalismo. A babordo laccusa è: aziendalismo. Vien voglia di
dire che due accuse tanto simmetriche si elidono e quindi che il ministro ha
azzeccato la giusta misura. E in parte è così, ma non del tutto. Sono propenso
a dire che laccusa più ingiusta è quella di tribordo che si è condita anche di
paragoni alquanto azzardati: cè chi, a proposito del fondo nazionale di merito per
gli studenti ha evocato i littoriali mussoliniani
Non esageriamo, ragazzi.
Daltra parte, è vero che una certa dose di centralismo e di regole stringenti sono
stati introdotti. Ma quando lautonomia viene intesa male e peggio usata, dando luogo
a deviazioni aberranti, che altro si può fare? Concederne altra? In altri termini,
seguire la prassi del cattivo medico che, di fronte allinsuccesso della terapia,
invece di correggerla raddoppia la dose?
2. Il ddl non sopprime
lautonomia, ma stringe i bulloni laddove essa aveva prodotto
risultati catastrofici. Daltra parte, il nostro è un sistema statale, e lo
stato deve intervenire quando landazzo degenera. Oppure qualcuno pensa che una delle
prime potenze industriali si possa permettere di chiudere il sistema universitario statale
e aspettare che sorga spontaneamente un sistema universitario privato? Casomai e vi
tornerò tra poco vi sarebbero ancora altri bulloni da stringere, soprattutto in
tema di reclutamento, sebbene questa sia la parte migliore del ddl. Il quale va apprezzato
per aver introdotto una fondamentale novità: la tenure track nel
reclutamento, ovvero un periodo di prova prima dellassunzione |
(continua
Israel) stabile, invece di andare alla disastrosa formazione di un terzo
livello di docenza, secondo le richieste di alcuni sindacati, il che avrebbe fatto
dellItalia unanomalia mondiale. La progressione della carriera è
correttamente congegnata. La struttura generale della governance è
semplificata, efficiente e abbastanza convincente.
3. Laccusa di statalismo mi
pare quindi fuori luogo. Il criterio ispiratore del ddl è soprattutto quello del merito:
se ogni volta che si introducono criteri meritocratici si grida allo statalismo
e si reclama più autonomia, allora vuol dire che in realtà si vuole la
deresponsabilizzazione.
4. Inoltre, non si tiene conto di un
fatto importante. Le gravi discontinuità nel reclutamento e il fatto che il sistema
finora adottato è servito soprattutto alla progressione di carriera interna, hanno
prodotto un gap generazionale impressionante che lascia semivuota la fascia di
docenza attorno ai cinquantanni di età. Mentre sta iniziando un processo di
pensionamento che avrà caratteristiche sempre più vertiginose, il gap porta
in primo piano una fascia di docenti quarantenni che lo dico a costo di sollevare
un vespaio non sono adeguati a sostenere il sistema. Difatti, si tratta troppo
spesso di persone che non hanno conosciuto altro che luniversità degradata delle
migliaia di corsi di laurea e dei 150.000 corsi sminuzzati, con il sistema barocco dei
crediti in cui si contano le ore o le pagine per credito, in cui la vita del docente è
assorbita da innumerevoli incombenze burocratiche. Questa è luniversità che hanno
conosciuto, e non unaltra, a meno che non siano stati in certi paesi esteri.
5. Pertanto, in assenza di
regole precise che si accompagnino sperabilmente a un alleggerimento del
sistema e a una diminuzione dei corsi con necessari accorpamenti, il rischio è quello che
si vada a una struttura sempre più autorefenziale, burocratica, poco sensibile ai
contenuti e assorbita ossessivamente dagli adempimenti che molti giovani docenti sono
stati abituati a credere siano la sostanza dellattività universitaria. È molto
male che non vi sia trasmissione di conoscenze ed esperienze in una istituzione culturale.
Ma questa è la realtà cui bisogna far fronte, e farvi fronte lasciando il sistema alla
cattiva autonomia di cui ha goduto finora significa assestargli il colpo finale.
6. Da questo punto di vista penso
che il difetto principale del ddl consista nel fatto che la lista nazionale di idoneità
sia aperta. Mi rendo perfettamente conto che questo modello così come
funziona, e bene, in Francia prevede la lista aperta. Ma è facile prevedere che,
con una così lunga lista di ricercatori in attesa di passare a una fascia di docenza e di
associati in attesa di diventare ordinari, la prima lista nazionale includerà tutti. Non
credo che questo sia pessimismo. Credo che sia semplice realismo. Pertanto, per evitare
lennesimo ope legis, accompagnato da assunzioni locali che sarebbero ancor
più localistiche dei concorsi attuali, sarebbe bene che, per un
periodo transitorio, la lista fosse a numero programmato e che, poi, dopo il primo ciclo
di sei anni previsto per la tenure track, a regime diventi aperta.
7. Veniamo ora allaccusa
di aziendalismo, che è soprattutto avanzata da gran parte dellopposizione
e dei sindacati. A me pare molto esagerata, soprattutto se si confronta questo
ddl con le prime versioni circolate. Tuttavia, qualche punto può essere
aggiustato. Il potere del Senato accademico appare troppo evanescente,
sebbene sia apprezzabile che il corpo docente sia responsabile degli aspetti
didattico-scientifici. Si può anche rivedere la struttura del Consiglio di
amministrazione per evitare rischi di una gestione simile alle ASL. E vero
che i compiti dei due organismi sono distinti, ma una certa evanescenza dei poteri del
Senato accademico potrebbe concentrarne troppo nel Consiglio di amministrazione e fare del
Direttore generale il vero dominus delluniversità.
8. In generale, colpisce un certo
silenzio sul fronte della ricerca. E qui laccusa di aziendalismo potrebbe aver
maggiore fondamento, in quanto una università prevalentemente dedita alla didattica
in un paese privo di strutture di ricerca superiore e di alte scuole
condurrebbe a una dequalificazione e corrisponderebbe a una propensione alquanto
ottusa di parte del mondo imprenditoriale italiano, ma soprattutto di quello che si occupa
attivamente di dire alluniversità cosa deve fare e che appare interessato
prevalentemente a una struttura didattica fortemente dipendente dalle esigenze produttive.
9. Quindi, il ruolo delluniversità rispetto alla ricerca
deve risaltare in modo più chiaro e deve essere difeso lo spazio e il ruolo
della ricerca di base, senza cui tutto il sistema della ricerca è destinato al
deperimento.
10. Infine, unosservazione che
non ha a che fare né con il tema dellaziendalismo né con quello dello statalismo,
bensì con quello della demagogia. Si elimini lassurda pariteticità tra
studenti e docenti in molti organi universitari e il potere eccessivo dato agli
studenti nella valutazione dei docenti. Sia chiaro: la valutazione ci deve essere, e
severa. Ma la valutazione si fa tra competenti, anche per quanto riguarda la didattica. Si
ricordi un principio elementare: la via maestra per un docente al fine di farsi
valutare bene è promuovere tutti. Il docente rigoroso, soprattutto
nellattuale rilassamento etico, è valutato male e destinato a una brutta fine.
Perciò, se si conferisce questo enorme potere agli studenti, il risultato sarà un
abbassamento di livello della preparazione. Certo: vi sarà anche una diminuzione
dellabbandono scolastico e molti più laureati in tempo. Già nel passato altri
ministri hanno pensato bene di finanziare di più le università che miglioravano i
parametri di abbandono e di laurea in tempo, e poi hanno proclamato ai quattro
venti che la situazione era migliorata
. Speriamo davvero che questa prassi
poco intelligente venga definitivamente abbandonata.
11. Concludendo, questo ddl è
un documento organico e coraggioso, che va emendato su alcuni punti importanti, ma che
sarebbe assolutamente irresponsabile silurare e combattere a oltranza, invece di
assumerlo come unoccasione per far riprendere alluniversità un cammino
virtuoso. |
|
Commissioni di concorso: il MIUR indice le votazioni dei
sorteggiabili
per la I Sessione 2008. (A gennaio 2010, l'indizione per la II Sessione 2008)
|
MariaStella Gelmini
|
Preoccupazioni per i concorsi "tartaruga"
Lettera di sollecito, al Ministro,
del prof. Antonino LIBERATORE
Il Decreto del Miur per indire le votazioni
dei sorteggiabili dal 9 al 16 dic. 2009
Preoccupazioni pese per il futuro, evidenziate dalla serie
storica dei docenti universitari di ruolo classificati per eta' (Tab.1 ) |
Antonino Liberatore
|
NOTA. Dato il freno del Governo nelle assunzioni di
docenti, si riporta qui una lettera (che interpreta tutti noi) del prof. Liberatore e una
tabella, piuttosto rara (aggiornata al 31 dic. 2008), che descrive il numero dei docenti
di ruolo, classificati per età. Da essa si deduce che presto saremo senza professori, e
mancando un graduale ricambio, molta conoscenza scientifica andrà distrutta.
Questo è il risultato dell'azione di un lungo elenco di ministri, molto
incompetenti (anche, se ben intenzionati ...) .
Avevamo preavvisata la Ministra che la sua via meritocratica avrebbe fatto
guai, a causa delle difficoltà di applicazione di regole innovative troppo complicate. Il
sorteggio dei Commissari di concorso è la miglior soluzione (diciamo la meno peggio) per
far vincere il merito. Ma deve trattarsi di sorteggio puro. Invece il voler ulteriormente
migliorare, facendo precedere delle elezioni, innesca un meccanismo infinito che annulla
totalmente il merito.
Questa stessa modalità era stata già sperimentata nel 1980-98. Infatti, per
gli ordinari, l'art. 3 della L. n. 31/1979, disponeva il sorteggio, tra un numero di
votati doppio del numero dei commissari. Invece, per gli associati, l'art. 44 del DPR
382/80 disponeva (prima) il sorteggio di un numero di candidati commissari triplo del
bisogno, e poi si votava.
Ci fu, per questo, un enorme rallentamento della macchina concorsuale:
infatti, nel 1980-98 furono svolti solo 3 dei 9 concorsi programmati dal DPR 382.
Il risultato fu il massacro di una intera generazione di professori associati
perchè (causa ritardo), al momento dei concorsi, la gran parte dei loro Maestri era
morta, ed era subentrata una nuova generazione di Commissari (dal 1998, sarà abolito il
sorteggio e saranno tutti eletti) che privilegeranno i loro giovani allievi.
E' forse presto dire che sta accadendo la stessa cosa ... , ma la strada è quella.
|
Tab. 1- Docenti universitari
di ruolo
classificati per ordine di età, al 31/12/2008 |
Anno di nascita |
Ordinari |
Assoc. |
Ricerc. |
Totale |
1933 |
5 |
|
|
5 |
1934 |
64 |
|
|
64 |
1935 |
192 |
|
|
192 |
1936 |
248 |
4 |
|
252 |
1937 |
420 |
34 |
|
454 |
1938 |
542 |
65 |
|
607 |
1939 |
668 |
201 |
5 |
874 |
1940 |
767 |
304 |
1 |
1.072 |
1941 |
766 |
304 |
9 |
1.079 |
1942 |
800 |
406 |
84 |
1.290 |
1943 |
847 |
387 |
118 |
1.352 |
1944 |
787 |
438 |
153 |
1.378 |
1945 |
752 |
476 |
214 |
1.442 |
1946 |
1.049 |
682 |
387 |
2.118 |
1947 |
1.100 |
710 |
501 |
2.311 |
1948 |
1.051 |
685 |
521 |
2.257 |
1949 |
957 |
659 |
588 |
2.204 |
1950 |
807 |
651 |
568 |
2.026 |
1951 |
658 |
551 |
560 |
1.769 |
1952 |
590 |
524 |
543 |
1.657 |
1953 |
521 |
473 |
498 |
1.492 |
1954 |
505 |
484 |
486 |
1.475 |
1955 |
498 |
515 |
443 |
1.456 |
1956 |
545 |
589 |
505 |
1.639 |
1957 |
489 |
621 |
540 |
1.650 |
1958 |
498 |
659 |
604 |
1.761 |
1959 |
419 |
669 |
641 |
1.729 |
1960 |
422 |
738 |
620 |
1.780 |
1961 |
373 |
745 |
709 |
1.827 |
1962 |
321 |
777 |
693 |
1.791 |
1963 |
282 |
765 |
808 |
1.855 |
1964 |
250 |
730 |
935 |
1.915 |
1965 |
226 |
673 |
1.054 |
1.953 |
1966 |
171 |
613 |
1.065 |
1.849 |
1967 |
111 |
512 |
1.136 |
1.759 |
1968 |
93 |
415 |
1.191 |
1.699 |
1969 |
61 |
364 |
1.138 |
1.563 |
1970 |
33 |
259 |
1.165 |
1.457 |
1971 |
18 |
237 |
1.105 |
1.360 |
1972 |
11 |
131 |
1.209 |
1.351 |
1973 |
9 |
89 |
1.171 |
1.269 |
1974 |
2 |
65 |
1.022 |
1.089 |
1975 |
|
29 |
900 |
929 |
1976 |
1 |
15 |
621 |
637 |
1977 |
|
4 |
490 |
494 |
1978 |
|
3 |
315 |
318 |
1979 |
|
|
162 |
162 |
1980 |
|
1 |
61 |
62 |
1981 |
|
|
33 |
33 |
1982 |
|
|
9 |
9 |
1983 |
|
|
2 |
2 |
Totale |
18.929 |
18.256 |
25.583 |
62.768 |
Fonte: Elaborazioni MIUR - Ufficio
di Statistica (università e Ricerca) su BD MIUR |
|
La lettera del prof. Antonino
Liberatore
Signor Ministro,
a supporto delle legittime aspirazioni alla progressione di carriera del
personale che opera meritevolmente nella ricerca e nella didattica universitaria,
lUSPUR (Unione Sindacale dei Professori Universitari di Ruolo) sollecita la
costituzione delle commissioni giudicatrici per le procedure di valutazione comparativa.
In proposito, visto il D.M. 27-03-2009 sulle modalità di svolgimento
delle elezioni per la costituzione delle commissioni giudicatrici di valutazione
comparativa per il reclutamento dei professori e dei ricercatori universitari,
lUSPUR sollecita sia il provvedimento direttoriale che deve stabilire, tra
laltro, la data delle elezioni dei commissari (art. 6 del D.M. 27-06-2009) sia
lemanazione del D.M. che deve individuare i parametri al fine della valutazione dei
titoli e delle pubblicazioni per le procedure di valutazione comparativa a posti di
ricercatore, D.M. che doveva essere emanato 30 giorni dopo la conversione in legge del
D.L. 10-11-2008 n.180 (art. 1, comma 7) avvenuta con la legge 09-01-2009 n. 9.
Ci auguriamo che Ella, signor Ministro, voglia soddisfare il diritto di
vedere concluse in un tempo accettabile queste pratiche che hanno a che fare con i
progetti di vita accademica dei professori e dei ricercatori universitari.
Firenze, 23 Giugno 2009
Antonino Liberatore |
La lettera del MIUR, del che indice le votazioni,
in attesa (poi) del sorteggio (stralcio)
FONTE: http://www.miur.it/0006Menu_C/0012Docume/0015Atti_M/7965Elezio_cf2.htm
OGGETTO: Elezioni delle commissioni giudicatrici
per le procedure di valutazione comparativa per posti professore di I° e II° fascia e di
ricercatore universitario - Indizione della I° sessione 2008 ai sensi dell'art. 1, del
decreto legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito con modificazioni dalla legge 9 gennaio
2009, n. 1 e del DM 27 marzo 2009, n. 139.
"E' indetta la I° sessione 2008 per la costituzione delle
Commissioni giudicatrici per le procedure di valutazione comparativa secondo le
disposizioni previste dalle norme citate in oggetto. Alla predetta sessione afferiranno le
procedure di valutazione comparativa per posti di ricercatore universitario, co-finanziate
e non co-finanziate dal Ministero, bandite entro il 30 giugno 2008 e le procedure di
valutazione comparativa per posti di professore universitario di I° e II° fascia,
bandite entro la medesima data e adottate nel rispetto dei limiti stabiliti dall'art. 51,
comma 4, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, dall'art. 1, comma 105, della legge 30
dicembre 2004, n. 311, e dalla legge indicata in oggetto".
..
(Nota della redazione. Sono esclusi dalle votazione: il settore MED/48 per i concorsi a
posti di professore ordinario e associato e i settori MED/47 e MED/48 per i concorsi a
posti di ricercatore. Inoltre, i settori L-ANT/10, L-LIN/20, L-OR/17 e MED/45, per i
concorsi a posti di professore ordinario e associato, e i settori L-ANT/10 e MED/45, per i
concorsi a posti di ricercatore, perchè composti da un numero di professori ordinari
titolari di elettorato attivo eccessivamente esiguo (meno di tre), per cui non sussistono
le condizioni per poter avviare per i predetti settori il relativo procedimento
elettorale.)
.......
" Le votazioni per la formazione delle liste da cui attingere per effettuare il
sorteggio attraverso cui verranno formate le Commissioni, nel caso di ricorrenza delle
condizioni previste dall'art.1, commi 4 e 5, della legge indicata in oggetto e dall'art.
2, commi 2 e 4, del DM 139/2009, si terranno a partire da mercoledì 9 dicembre fino a
mercoledì 16 dicembre 2009"
..
!Il giorno 17 dicembre 2009, alle ore 09.00, avrà inizio lo scrutinio cui faranno seguito
le operazioni di sorteggio delle Commissioni Giudicatrici.
..
"Si rende infine noto che saranno avviate tempestivamente, entro la fine di gennaio
2010, le procedure per l'indizione della II° sessione 2008". |
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INTERSINDACALE UNIVERSITARIA DI
BOLOGNA
CISL Università CNU Comitato Naz.le Universitario CoNPAss
Coordinamento Naz.le Proff. Associati BO "Docenti Preoccupati" FLC
CGIL Università di Bologna SUN Universitas News UIL Ricerca Università
AFAM Sede, via Giacomo 20, Università di Bologna
COMUNICATO SULLA DELIBERA FINALE
DELL'ATENEO DI BOLOGNA
SULLO STATUTO, DOPO I RILIEVI DEL MIUR
Nella giornata del 7 dicembre 2011 il Consiglio di
Amministrazione e il Senato Accademico si sono pronunciati sulla proposta avanzata dal
Rettore in merito allaccoglimento o meno dei numerosi rilievi avanzati dal Miur al
testo approvato a luglio. Alcuni di questi rilievi riprendevano le osservazioni che questa
Intersindacale aveva inviato al Ministero. In particolare: - l'illegittimita' di demandare
a Regolamenti alcune scelte essenziali che andrebbero invece definite all'interno dello
Statuto. Si evidenziava, in questo campo, la gravissima anomalia di demandare ad un
Regolamento la modifica dello Statuto, con possibilita' di vanificare ad usum principis
alcuni elementi che la legge vuole salvaguardati nella presente stesura dello Statuto; -
l'illegittimita', nell'elezione del SA, di annullare la scheda qualora le due preferenze
esprimibili non siano una di genere maschile, una femminile: il principio della parita' di
genere può e deve essere garantito tramite il meccanismo di formazione delle liste e non
certo tramite l'annullamento della volonta' dell'elettore, - forti perplessita' in merito
alla decisione di inibire l'accesso agli organi accademici a chi abbia ricoperto cariche
sindacali nell'anno precedente alla nomina. Una norma punitiva e di dubbia
costituzionalita'.
Per contro altre osservazioni del Ministero hanno un segno
regressivo, quali il velato suggerimento di eliminazione della Consulta del personale
tecnico-amministrativo (il cui accoglimento avrebbe fatto venir meno l'unica possibilita'
da parte del personale TA di indicare un candidato al CdA) e la richiesta di eliminare la
rappresentanza del personale tecnico e amministrativo dai Consigli delle Scuole/Facolta'.
Il Consiglio di Amministrazione e il Senato Accademico hanno
approvato le proposte del Rettore, respingendo la gran parte delle osservazioni del Miur.
Registriamo con soddisfazione leliminazione della norma di inibizione
dellaccesso agli organi accademici a chi abbia ricoperto incarichi sindacali
nellultimo anno. Ma a nostro giudizio non e' stata colta loccasione, in un
nuovo scenario politico, per ripensare alcune scelte, migliorando la trasparenza, la
democrazia nellAteneo e la più ampia condivisione, che fin qui e' mancata.
Si conclude il processo di approvazione del nuovo statuto
dellUniversita' di Bologna. Non possiamo che ribadire quanto già scrivemmo alla
fine di luglio in occasione della sua approvazione. Le scelte politiche contenute nello
statuto sono state il frutto della decisione di una minoranza ristretta, mentre la gran
parte della comunita' accademica non vi si riconosce, lo abbiamo dimostrato con la
consultazione referendaria autogestita di fine giugno.
In particolare, lorgano principale dellAteneo, il
Consiglio di Amministrazione, sara' designato in modo verticistico e non eletto, e non
sara' revocabile nemmeno dalla massima espressione della comunita', il Senato accademico.
Tali scelte autoritarie e non condivise sono state giustificate con
un mistificatorio riferimento allefficienza e allindipendenza; al contrario
noi riteniamo che solo la partecipazione e la collegialita' possano garantire quella
qualita' del lavoro, dei servizi, della ricerca e della didattica che e' piu' che mai
necessaria in questa fase.
La responsabilita' dellavvio di questo processo
distruttivo risiede ovviamente nel Governo nazionale, ma anche nelle incertezze delle
allora opposizioni, mentre la convinta attuazione della legge, in modo persino
peggiorativa rispetto al dettato originario, rimane a carico del Rettore e degli Organi
Accademici.
Bologna 8 dicembre
Nota. In data 28 nov. 2011 il MIUR ha
restituito, con osservazioni, il progetto di riforma dello Statuto Generale dell'Univ. di
Bologna. A loro volta, l'Intersindacale aveva inviato al Miur proprie
"Osservazioni giuridiche, anche a seguito di propri Rferendum sulla legittimità
democratica dello Statuto. Qui di seguito è pubblicato il testo integrale del Miur.
|
Per il testo integrale della Lettera del Miur con i rilievi sullo Statuto:
CLICCA su: Statuto-rilievi Miur |
|
|
Bologna, In attesa del responso del MIUR (entro il 26 nov. 2011) per il nuovo
Statuto
|
Per i Dipartimenti
Rettore Dionigi anticipa la riforma
|
Ivano Dionigi, rettore
|
|
Le
principali novità, in sintesi:
|
1) Istituiti 33 "nuovi"
dipartimenti, in luogo dei 72 attuali
2) I docenti di ruolo sono 2950 (erano 3.392 nel 2001)
3) La composizione media di un dipartimento è di 89 membri |
Breve nota. Il DPR 382/80 aveva
istituito i dipartimenti, con autonomia amministrativa, come forma di decentramento
all'interno degli Atenei.
Prima c'erano gli Istituti, che si occupavano della ricerca, ma
amministrativamente tutto affluiva al centro del rettorato, dove si verificavano
intasamenti delle pratiche e lunghe attese.
Con la legge Gelmini un dipartimento deve avere almeno 40 docenti di ruolo. Lo
Statuto eleva a 50 il minimo, ma come si vede dalla tabella sottostante, si è andati
molto più su. Nel 1980 la decisione fu di decentrare per abbassare i costi; adesso si
centralizza, ma ancora per abbassare i costi.
A cosa servono gli Uffici del Rettorato, se non dare utili indicazioni
tecniche ai professori, circa le soglie o i range standard ?
Chi ha pratica di amministrazione del dipartimento, sa che un dipartimento
di 30 membri è già su una soglia complicata da gestire. La Gelmini ne vuole almeno 40,
ma Dionigi va molto più in pratica. E' più realista del re.
Questo non vuol dire che caleranno i costi. Al contrario essi aumenteranno a causa
delle diseconomie di scala. Tutto sarà più lento, e il tempo costa. |
|
DENOMINAZIONE DEI DIPARTIMENTI
|
NUMERO DOCENTI DI RUOLO |
1 |
Dipartimento: ARCHITETTURA E PIANIFICAZIONE TERRITORIALE |
47 |
2 |
Dipartimento: CHIMICA "CIAMICIAN" |
77 |
3 |
Dipartimento: DELLE ARTI VISIVE, PERFORMATIVE E MEDIALI - |
49 |
4 |
Dipartimento: FARMACIA E BIOTECNOLOGIE |
121 |
5 |
Dipartimento: FILOLOGIA CLASSICA E ITALIANISTICA |
68 |
6 |
Dipartimento: FILOSOFIA E DISCIPLINE DELLA COMUNICAZIONE |
60 |
7 |
Dipartimento: FISICA E ASTRONOMIA |
126 |
8 |
Dipartimento: INFORMATICA: SCIENZA E INGEGNERIA |
74 |
9 |
Dipartimento: INGEGNERIA CIVILE, AMBIENTALE E DEI MATERIALI |
105 |
10 |
Dipartimento: INGEGNERIA DELL'ENERGIA ELETTRICA E DELL'INFORMAZIONE G. MARCONI -
DEI |
109 |
11 |
Dipartimento: INGEGNERIA INDUSTRIALE |
87 |
12 |
Dipartimento: LINGUE E LETTERATURE STRANIERE MODERNE |
65 |
13 |
Dipartimento: MATEMATICA |
106 |
14 |
Dipartimento: MEDICINA SPECIALISTICA, DIAGNOSTICA E |
157 |
15 |
Dipartimento: PSICOLOGIA |
70 |
16 |
Dipartimento: SCIENZE AGRARIE |
89 |
17 |
Dipartimento: SCIENZE AZIENDALI |
94 |
18 |
Dipartimento: SCIENZE BIOLOGICHE, GEOLOGICHE E AMBIENTALI |
82 |
19 |
Dipartimento: SCIENZE BIOMEDICHE E NEUROMOTORIE |
126 |
20 |
Dipartimento: SCIENZE DELL'EDUCAZIONE "GIOVANNI MARIA |
73 |
21 |
Dipartimento: SCIENZE E TECNOLOGIE AGRO-ALIMENTARI |
73 |
22 |
Dipartimento: SCIENZE E TECNOLOGIE DELLA CHIMICA INDUSTRIALE |
68 |
23 |
Dipartimento: SCIENZE ECONOMICHE |
99 |
24 |
Dipartimento: SCIENZE GIURIDICHE "A. CICU" |
160 |
25 |
Dipartimento: SCIENZE MEDICHE E CHIRURGICHE |
166 |
26 |
Dipartimento: SCIENZE MEDICHE VETERINARIE |
104 |
27 |
Dipartimento: SCIENZE PER LA QUALITA' DELLA VITA |
43 |
28 |
Dipartimento: SCIENZE POLITICHE E SOCIALI |
93 |
29 |
Dipartimento: SCIENZE STATISTICHE "PAOLO FORTUNATI" |
69 |
30 |
Dipartimento: SOCIOLOGIA E DIRITTO |
67 |
31 |
Dipartimento: STORIA, ARCHEOLOGIA, GEOGRAFIA E ANTROPOLOGIA |
127 |
32 |
Dipartimento: STORIE E METODI PER LA CONSERVAZIONE DEI BENI |
43 |
33 |
Dipartimento: STUDI INTERDISCIPLINARI SU TRADUZIONE, LINGUE |
52 |
|
Totale
docenti di ruolo |
2950 |
|
|
Bologna.
La Intersindacale Universitaria locale
ha inviato al Ministero proprie "osservazioni giuridiche",
a tutela dell'Università |
.
|
L'Università aveva inviato, a fine luglio, il nuovo
Statuto al MIUR, che ha tempo
"entro novembre 2011" per approvarlo
TESTO ORIGINALE DELLE "OSSERVAZIONI"
|
Ivano Dionigi, rettore
|
|
Le
principali illegittimità (tra le 11 segnalate):
1) L'inquadramento della Romagna è
"fuori legge", soprattutto finanziariamente;
2) Violata la autonomia del Consiglio di Amministrazione, rispetto al Rettore;
3) Indefinito il sistema elettorale dei membri del Senato (perchè rinviato
ad un futuro Regolamento);
4) Indefinite le "5 aree elettorali del Senato", in luogo delle
"6" attuali.
5) Parziale nei confronti degli studenti;
6) Ambiguo verso le "quote rosa" .
. |
LE
OSSERVAZIONI GIURIDICHE
-Allon. Sig. Ministro del
Ministero dellIstruzione, Università, Ricerca
Oggetto: Osservazioni
"giuridiche" avverso le proposte di nuovo Statuto dellUniversità Alma
Mater Studiorum Università di Bologna, approvate dagli OO.AA. in data 27 luglio
2011
I sottoscritti, ai fini delle presenti osservazioni
tutti domiciliati in Bologna, via S. Giacomo, n. 20, presso SEDE Sindacati Universitari,
Università di Bologna, sono rappresentanti delle seguenti Associazioni, costituenti
lINTERSINDACALE della UNIVERSITÀ DI BOLOGNA:
- CISL UNIVERSITÀ (MAURIZIO TURCHI)
- CNU COMITATO NAZIONALE UNIVERSITARIO (ANNA MARIA DI
PIETRA)
- CONPASS COORDINAMENTO NAZ.LE PROFESSORI ASSOCIATI
BO (MAURIZIO MATTEUZZI)
- DOCENTI PREOCCUPATI (SERGIO BRASINI)
- FLC CGIL UNIVERSITÀ DI BOLOGNA (SANDRA SOSTER)
- SUN UNIVERSITAS NEWS (NINO LUCIANI)
- UIL RICERCA UNIVERSITÀ AFAM (RAFFAELE PILEGGI)
nellinteresse delle quali
richiedono lintervento durgenza dellon. Sig. Ministro, quale Autorità
di vigilanza, affinché egli voglia a sua volta richiedere ai competenti OO.AA.
dellAlma Mater Studiorum Università di Bologna le seguenti modifiche alla
proposta di nuovo Statuto dellAteneo approvata in data 27 luglio 2011.
Ad avviso dei sottoscritti si è infatti
di fronte ad un atto statutario per certi versi illegittimo, per altri versi inopportuno,
per altri versi al contempo illegittimo ed inopportuno.
In via generale
Va opportunamente ricordato che fin
dallinizio del procedimento di modifica e di approvazione del nuovo Statuto i
sottoscritti hanno chiesto che nel procedimento di formazione dellatto e poi di
approvazione venissero rispettati i generali principi di legge sul procedimento
amministrativo, in particolare quelli relativi a chiarezza e trasparenza, a rispetto del
principio del contraddittorio nei confronti di quanti operano nellAteneo bolognese
ma non fanno parte degli OO.AA., di congruità dei termini assegnati per intervenire ed
interloquire una volta conosciute le proposte di modifica (anche nel loro farsi); nonché
quelli di motivazione delle scelte amministrative specie allorquando esse risultavano
palesemente e fin dallinizio in violazione del principio di democraticità e
palesemente tali da sovvertire il disegno legislativo circa il nuovo assetto da darsi agli
Organi di governo degli atenei italiani, ciò che con termine corrente si designa quale governance.
Ogni iniziativa dei sottoscritti
non ha trovato alcuna attenzione (il tutto per di più senza che fosse portata motivazione
alcuna al riguardo), e di queste richieste si allega copia a far parte integrante del
presente atto.
|
LA LETTERA
DI ACCOMPAGNAMENTO
-Allon. Sig. Ministro del
Ministero dellIstruzione, Università, Ricerca
Signor Ministro,
le ricorrenti Organizzazioni si ritengono direttamente e gravemente danneggiate
dall'adozione del nuovo Statuto approvato dagli OA e trasmesso a questo Ministero, per i
seguenti motivi, che enunciamo in questa lettera, e che sono illustrati sotto
laspetto giuridico nel Documento allegato:
1) Lo Statuto è illogico e incompleto. Esso basa tutti i meccanismi elettorali su
di una entità né definita né precisata, e cioè quella di "area scientifica".
Si noti bene che il concetto di "area" non è definito nel testo dello Statuto,
né nella legge 240 a cui esso risponde. Non si dice mai né cosa siano, né quali siano
le aree. Pertanto lo Statuto stesso risulta illogico e incompleto, ed a fortiori
inapplicabile;
2) Lo Statuto demanda diverse scelte essenziali ai regolamenti, ponendo gli stessi
sullo stesso piano dello Statuto stesso, e di fatto sottraendo quindi le decisioni
essenziali agli Organi previsti dalla Legge, demandandoli invece ad Organi e/o persone
diversi da quelli propri, ciò che è contro ogni principio di giurisprudenza, ed
esplicitamente contraddice il dettato della 240/10. Pertanto lo Statuto è illegittimo.
3) Lo Statuto prevede precise discriminazioni all'accesso agli Organi, inibendone
l'appartenenza in particolare per il CdA e per la Consulta del personale tecnico
amministrativo a chi abbia ricoperto cariche politiche o sindacali nell'anno precedente la
nomina. Si ritiene che questo limite relativo alle cariche politiche e sindacali sia
meramente lesivo dei diritti costituzionali, valevoli per tutti i cittadini. Esso inoltre
prefigura un atteggiamento fortemente antisindacale. Pertanto lo Statuto è
incostituzionale.
Per tutte queste ragioni, le scriventi Organizzazioni si ritengono
direttamente ed inequivocabilmente danneggiate dalla denegata eventualità che lo Statuto
in oggetto venisse accolto in questa forma dal Ministero, e perciò a Lei si rivolgono
perché non si producano danni maggiori ed ulteriori. Aggiungiamo che le scriventi
Organizzazioni hanno ampiamente provato con una consultazione autogestita all'interno dei
lavoratori dell'Ateneo, assai partecipata (2300 voti validi circa), che oltre il 90% del
personale è assolutamente contraria alle decisioni che lo Statuto ha poi assunto, in
totale dispregio delle volontà così decisamente ed inequivocabilmente manifestate.
Bologna 23 settembre 2011
F.to: INTERSINDACALE UNIVERSITARIA DI BOLOGNA
- CISL UNIVERSITÀ (MAURIZIO TURCHI)
- CNU COMITATO NAZIONALE UNIVERSITARIO (ANNA MARIA DI PIETRA)
- CONPASS COORDINAMENTO NAZ.LE PROFESSORI ASSOCIATI BO (MAURIZIO MATTEUZZI)
- DOCENTI PREOCCUPATI (SERGIO BRASINI)
- FLC CGIL UNIVERSITÀ DI BOLOGNA (SANDRA SOSTER)
- SUN UNIVERSITAS NEWS (NINO LUCIANI)
- UIL RICERCA UNIVERSITÀ AFAM (RAFFAELE PILEGGI) |
Si segnala
fin da ora, in quanto è evidente la palese illegittimità commessa, che le notizie sulle
proposte di modifica nonché il testo delle proposte medesime sono stati resi disponibili
solo con grande ritardo rispetto al termine ultimo di approvazione e, forse anche per
questo, sono stati concessi agli interessati termini brevissimi per intervenire, termini
certamente non congrui specie allorquando gli interessati sono Associazioni come le
sottoscritte, nelle quali la formazione della volontà richiede la consultazione con gli
associati e il confronto con le altre associazioni.
Più precisamente e valga il vero:
la Commissione ad hoc è stata insediata alla
fine di marzo 2010;
per due volte furono promessi dal Rettore al
Consiglio di Amministrazione (si noti: non alle sottoscritte Associazioni) incontri con la
Commissione per un confronto che, durante la costruzione dello Statuto, sarebbe stato
sicuramente molto utile: ma queste promesse non vennero mantenute;
dopo oltre un anno di silenzio, il 17 maggio
2011 fu annunciata la fine dei lavori della Commissione e la bozza di Statuto resa nota
solo al Personale dellAteneo. Fino a quel momento nulla trapelò perché il Rettore
aveva deciso di "secretare" i lavori della Commissione anche agli Organi
Accademici.
A sanare queste illegittimità,
non è stata certamente sufficiente laudizione concessa alle sottoscritte
associazioni in data 31 marzo 2011, in quanto nelloccasione è stato, dal Rettore,
presentato un testo largamente incompleto, con promessa di un seguito, per cui non era
possibile una conoscenza almeno di massima delle proposte, con leffetto che il
principio del contraddittorio è stato del tutto violato.
Da ciò un ulteriore vizio di
palese illegittimità, che qui si denuncia.
A causa di questo illegittimo
comportamento i sottoscritti si sono trovati costretti a sottoporre alla comunità
dellAteneo un vero e proprio referendum, che con tutte le garanzie del caso
(in particolare per quanto riguarda laccertamento della titolarità del diritto di
voto) si è svolto nei giorni 28, 29, 30 giugno 2011.
Il referendum, che ha
riguardato le proposte della speciale Commissione per lo Statuto nominata dagli OO.AA. e
rese note in data 17 maggio 2011, proponeva i seguenti quattro quesiti:
1.- Volete che i membri di tutti
gli organi collegiali, compreso il Consiglio di Amministrazione, (a parte quelli
determinati di diritto in base alla Legge), siano eletti democraticamente, garantendo la
rappresentanza paritetica di genere e di fascia per la componente di ricercatori e docenti
e la rappresentanza del personale tecnico e amm.vo ?
2.- Volete che i Direttori di
Dipartimento, i Presidi/Presidenti delle Scuole/Facoltà, e i Coordinatori dei Campus
siano democraticamente eletti e non designati dal Rettore?
3.- Volete che il Senato abbia il
diritto di revocare la fiducia ai membri del Consiglio di Amministrazione da esso
designati?
4.- Volete che nellelezione del Rettore
sia garantita una più adeguata pesatura del voto del personale tecnico e amministrativo?
Il referendum ha avuto il
seguente esito:
- n.ro 2.299 partecipanti (di cui 43 voti telematici
non validi e annullati), che hanno espresso il proprio voto su un totale di circa 6710
aventi diritto (somma dei PO + PA + RIC + TA + Assegnisti, aventi diritto al voto) così
specificati:
- Primo quesito: n.ro 2162 (pari al 95,83% dei
votanti) risposte "SI" al quesito; n.ro 94 risposte "NO" al
quesito;
- Secondo quesito: n.ro 2205 (pari al 97,74
dei votanti) risposte "SI" al quesito; n.ro 50 risposte "NO" al
quesito;
- Terzo quesito: n.ro 2128 (pari al 94,33 dei
votanti) risposte "SI" al quesito; n.ro 128 risposte "NO" al
quesito;
- Quarto quesito n.ro 1863 (pari al 82,58% dei
votanti) risposte "SI" al quesito; n.ro 393 risposte "NO" al
quesito.
Nonostante una così ampia
partecipazione al referendum e un risultato così chiaro e significativo contro le
proposte della speciale Commissione per lo Statuto, con totale indifferenza gli OO.AA.
hanno proseguito per la strada imboccata fino a giungere alla conclusione del procedimento
ed approvare in data 27 luglio 2011 le proposte di modifica dello Statuto ora soggette al
controllo e allapprovazione dellon. sig. Ministro, proposte delle quali i
sottoscritti chiedono il rigetto in toto.
Sempre in via generale
Nella intera e non encomiabile
vicenda ha giocato un ruolo di primo piano la volontà del Rettore in carica, prof. Ivano
Dionigi, volontà alla quale si sono adeguati gli OO.AA. del tutto incuranti anche delle
voci di dissenso espresse da alcuni dei componenti: pochi ma certamente di tutto rilievo
visto che tra di essi vi è anche il prof. Gianni Porzi, consigliere di amministrazione
designato dallon. sig. Ministro (Intervento al CdA, Università di Bologna, 27
luglio 2011. Si vegga: Allegato D).
Il risultato che ne è scaturito è
quello di uno Statuto in cui il generale principio del bilanciamento dei poteri
e dunque della democraticità della governance di Ateneo voluta dalla legge
di riforma universitaria è stato stravolto a tutto favore del Rettore, e cioè di
un organo monocratico che con il nuovo Statuto sarebbe in grado di influenzare fortemente
la composizione degli altri OO.AA. (in particolare quella del Consiglio di
Amministrazione) che invece dovrebbero costituirne il naturale organo di checks and
balances, di controllo e contrappeso.
Di tutto questo si dirà
dettagliatamente più oltre a proposito delle scelte circa le modalità per la
composizione del Consiglio di Amministrazione (scelte che ulteriormente accentrano nel
Rettore il potere di governare autocraticamente lAteneo), ma fin da ora si vuole
sottolineare quanto assurdo sia il risultato: nel solo ma lungo mandato che la legge
consente al Rettore e che le proposte di Statuto bolognesi hanno assunto nella massima
estensione (6 anni) il Rettore diviene in grado di portare lAteneo ove meglio egli
preferisce senza risponderne al Corpo elettorale, né agli Organi che da quel Corpo
promanano e che per lappunto, nella volontà del legislatore, dovrebbero controllare
e controbilanciare il potere monocratico di un Rettore il quale, non potendo contare in
una rielezione, può essere portato ad esercitare le proprie funzioni in modo autoritario
e personalistico.
È, questo, uno dei principali vizi di
legittimità e di opportunità che inficia le proposte di Statuto, sottoposte ora
allapprovazione dellon. sig. Ministro.
Nei particolari
1. Bologna, ateneo con più sedi
nella Regione Emilia Romagna. Lo Statuto, con gli art. 1 e 23, c. 1 , definisce
lUniversità di Bologna "un Ateneo multicampus con più sedi, in varie
città della regione Emilia Romagna (Bologna, Cesena, Forli, Ravenna, Rimini). Le
sedi decentrate sono dotate di "autonomia gestionale, organizzativa e regolamentare".
Lart. 23, c. 4, stabilisce poi che
lAteneo assegna alle sedi decentrate le "risorse necessarie al loro
funzionamento", e inoltre che le sedi decentrate "possono reperire
autonomamente risorse esterne."
La previsione di un modello
organizzativo del tutto difforme da quelli consentiti dalla legge di riforma è
palesemente illegittima.
E vero che questa tipologia è
quella attuale dellAteneo di Bologna che, come è noto, si è sviluppato negli anni
per "gemmazione" e che, per lo più, ha trovato nella normativa interna
dellateneo una disciplina solo dopo che nel tempo si erano consolidate prassi: ma è
altrettanto vero che questa tipologia organizzativa non rientra né nel modello
dellUniversità unica nata per "fusione", né in quello
dellUniversità unica nata per "federazione" previsti
dallart. 3 della legge 240.
E pur vero che la legge medesima,
con lart. 1, comma 2, apre ad una terza tipologia organizzativa, per " le
Università che hanno conseguito la stabilità e la sostenibilità del bilancio, nonché
risultati di elevato livello nel campo della didattica e della ricerca", vale
dire la possibilità di "sperimentare propri modelli funzionali e
organizzativi, ivi comprese modalità di composizione e costituzione degli organi di
governo e forme sostenibili di organizzazione della didattica e della ricerca su base
policentrica, diverse da quelle tipiche" (art. 2 della legge).
Ma questa tipologia è sottoposta ai
criteri ministeriali "per lammissione alla sperimentazione e le modalità di
verifica periodica dei risultati conseguiti".
Nel caso di Bologna, le proposte di Statuto fanno fin
da ora riferimento a questa terza ipotesi, il che tuttavia è illegittimo in questa fase
tra laltro perché non sono ancora stati fissati i criteri ministeriali.
Non solo: nello Statuto è omessa la indicazione
delle risorse, associatamente ai principi del pareggio del bilancio, di cui lAteneo
possa disporre per raggiungere i propri obiettivi. Questa omissione rende anche
impossibile ogni necessaria valutazione delle condizioni di "stabilità e la
sostenibilità del bilancio", che sono il presupposto per richiedere
lapplicabilità di forme di autonomia organizzativa specifiche e diverse dalle due
consentite in via generale.
Tra laltro questa omissione è
anche grave in se stessa, perché fa mancare il presupposto per valutare la capacità
finanziaria di far fronte agli impegni.
Rimangono da vagliare le prime due
ipotesi. Precisamente, poichè mancano le condizioni per applicare la terza via, quella
praticabile non può che essere quella federativa o quella tipica tradizionale:
a) se lAteneo si intende un ateneo
federato, allora ogni sede dovrebbe avere entrate rispettive, amministrate in autonomia e
con bilancio proprio, e conferire risorse al "bilancio centrale" per i bisogni
comuni a tutte. Questa
ipotesi non ricorre assolutamente;
b) se lAteneo va inteso come un
ateneo unitario, le sedi decentrate sono da ritenere articolazioni dellateneo
unitario, secondo la tipologia tradizionale. In tale ipotesi, lassegnazione delle
risorse alle proprie strutture dovrebbe aver luogo con regole uguali per tutte. In questo
senso le forme di autonomia finanziaria delle sedi, previste dallo Statuto, non sono
legittimamente ammissibili, e specificamente non lo è quella di reperire risorse esterne,
qualora esse non siano ricondotte al bilancio unico dellAteneo.
2. LUniversità di Bologna, con una sede in
Argentina. Stranamente le proposte di nuovo Statuto, con lart. 34, attribuiscono
allAteneo il potere di costituire sedi allestero, ma omettono la indicazione
della sola sede estera attualmente esistente, quella in Argentina e precisamente a Buenos
Aires che esiste dal 1998.
Si ritiene che questa omissione
costituisca un fatto grave, sia per se stessa, sia perchè sottrae la sede di Buenos Aires
alla rendicontazione dovuta all'Ateneo da ognuna delle sedi estere.
3) Consiglio di Amministrazione
Lart. 7 , c. 5 stabilisce che il Senato
nomina "5 membri "interni" e "3 membri esterni", rispettivamente,
"sulla base di una rosa di candidati, almeno doppia rispetto al numero dei membri da
designare", e che le due rose siano proposte al Senato da un "Comitato di
Selezione" composto da 5 membri, di cui 3 nominati dal Rettore, e che decide a
maggioranza di 4/5 dei membri.
Inoltre il comma medesimo, quarto paragrafo,
stabilisce che dentro la rosa dei "membri esterni", il Rettore, la Consulta del
personale TA e la Consulta dei Sostenitori (intendi: finanziatori) propongono un
rispettivo candidato al Senato.
Nel sistema di checks and balances
previsto dalla legge 240 per la governance degli Atenei il Consiglio di
Amministrazione è certamente il più rilevante organo di controllo e di contrappeso, e
per ciò stesso deve essere autonomo dallEsecutivo (vale dire, dal Rettore e dai
Pro-Rettori).
La procedura di composizione del CdA che
le proposte vogliono introdurre non soltanto è finalizzata a garantire il controllo del
Rettore sul CdA, ma pone in essere una situazione di palese ed illegittimo conflitto di
interessi. Cio è conseguente al fatto che il Senato "deve" fare una
scelta solo tra nominativi scelti da un Comitato di Selezione nel quale il Rettore è
maggioritario, sia pur col limite che le decisioni sono valide se prese con maggioranza
qualificata, ma subito dopo mitigato dalla riserva, in ogni caso, al Rettore di proporre
un proprio candidato. Infatti, la forza propositiva eccessiva del Rettore rimane, perchè, anche se
mitigata dal quorum di 4/5 per la validita della delibera del Comitato, questa
mitigazione viene poi rivista dalla suddetta deroga per gli "esterni", tutta a
favore del potere del Rettore, della Consulta del personale e della Consulta dei
Sostenitori.
In particolare questa deroga appare
illegittima per lulteriore motivo che gli "esterni" sono praticamente
indistinguibili dagli "interni", se degli "interni"
dellUniversità (tale è il Rettore, e tali sono i membri della Consulta del
personale TA) possono indicare (al Senato) dei propri prescelti. In altri termini, questa
commistione di identità costituisce di per sé un conflitto di interessi.
Lo stesso è per la Consulta dei
Sostenitori "finanziatori", poiché il finanziatore è un portatore di interessi
propri, potenzialmente in conflitto con lautonomia dellUniversità. Lesperienza
negativa della antica legge comunale e provinciale non va dimenticata: anche in essa il
ruolo del cittadino elettore per censo (e cioè in quanto contribuente e dunque
principalmente preoccupato che la spesa pubblica non aumentasse e lo gravasse della
richiesta di ulteriori finanziamenti) costituì una esperienza negativa in quanto
subordinava ad interessi privati lamministrazione della cosa pubblica, in
particolare per la erogazione dei servizi.
4) Senato e sua autonomia deliberativa.
Conseguentemente al detto art. 7, c. 5, lettera c),
il Senato "deve" scegliere i membri del CdA" , solo" dentro una lista,
rigidamente fabbricata da "maggioranze esterne" al Senato (vale dire, da membri
dei Comitati di Selezione suddetti, controllati largamente dal Rettore).
Tutto questo limite non solo è lesivo del
potere di scelta autonoma del Senato, ma finisce per ulteriormente rafforzare il potere
accentrato nel Rettore, con ulteriore violazione di legge in relazione al più volte
richiamato sistema di checks and balances sul quale nella legge 240 si impernia il
rapporto tra gli OO.AA. .
5) Elezione dei membri del Senato con norma
regolamentare. Lart. 6, c. 6 delle proposte stabilisce che le modalità di
elezione del Senato siano demandate ad un Regolamento, senza però indicare princìpi e
criteri direttivi per lesercizio del potere regolamentare.
Questo rinvio senza limiti è illegittimo.
Infatti, si tratterebbe di regolamento con valore
statutario, ma che verrà approvato senza il procedimento e la forma statutari, e quindi
senza le garanzie di correttezza, trasparenza, ecc. proprie dello Statuto, in una materia
determinante per il corretto funzionamento dell'organo.
6) Modifiche future dello Statuto con regolamento.
Lart. 6, comma 3 lettera h) dispone che lo Statuto, approvato nelle forme previste
dalla legge, possa essere modificato in base ad un regolamento, anche qui senza indicare
princìpi e criteri direttivi.
Vale perciò quanto appena rilevato: è
illegittimo che lo Statuto possa essere modificato con un regolamento, avente il
valore di legge o statutario, ma senza alcuna garanzia statutaria quanto a forma e
procedimento.
7) Consiglio studentesco. Lart. 42, c.
5, lettera c, stabilisce che il Consiglio studentesco possa "designare la
rappresentanza degli studenti nel Consiglio di Dipartimento, chiamati a votare il
Direttore del dipartimento".
Si ritiene illegittimo che questo possa avere luogo
senza un quorum "adeguato", che tuteli la minoranza del Consiglio Studentesco.
8) Omissione della indicazione delle aree
scientifico-disciplinari. Lart. 6, c. 6, lettera c) e d) stabilisce,
indirettamente, che lAteneo sia ripartito in 5 aree scientifico disciplinari.
Nello Statuto vigente, dette aree sono 6.
Mutando il numero delle aree, rispetto alla
situazione preesistente, si stabilisce indirettamente che ne muti anche la composizione
interna.
Ne deriva una palese illegittimità poiché viene
disposta la elezione dei membri delle aree, ma senza potervi dare applicazione, anche
perchè la relativa delimitazione non è rinviata ad altra norma, a meno che non si tratti
ancora del rinvio ad un regolamento di cui allultimo paragrafo dellart. 6, c.
6.
9) Quote rosa. Lart. 6., c. 6, ultimo
paragrafo stabilisce che "gli elettori possono esprimere nella scheda elettorale uno
o due voti di preferenza" , e "se due" una di esse dovrà necessariamente
riguardare una candidata di genere femminile e laltra di genere maschile, pena
lannullamento della seconda preferenza".
Si ritiene che questo sia illegittimo perchè lesivo
del principio della pari opportunità. Infatti, se i votanti indicano una sola preferenza,
il risultato potrebbe essere lassenza totale di uno dei due generi.
10) Elettorato passivo limitato. Lart. 7
c. 5 stabilisce che i membri del CdA non possono ricoprire nè aver ricoperto cariche
politiche o sindacali nellanno precedente la nomina.
Lo stesso (per lart. 12, c. 5) è per la
composizione della Consulta del personale tecnico e amministrativo.
Si ritiene che questo limite relativo
alle cariche politiche e sindacali sia meramente lesivo dei diritti costituzionali,
valevoli per tutti i cittadini, non avendo esse alcuna rilevanza per portare interessi
economico-professionali.
Si osserva, inoltre, che il predetto limite,
essendo indicato subito di seguito alla lettera d), parrebbe valere solo per i membri
esterni, e non per gli interni, nè per gli studenti. Se questa interpretazione è
corretta, si ritiene che l'eccezione sia costituzionalmente illegittima. In ogni caso, si
ritiene opportuno che il dubbio vada sanato in esplicito.
Questo problema è sollevato in
particolare per il fatto che, nell'Ateneo, sono in essere delle Associazioni studentesche
che prestano servizi agli studenti, valendosi di risorse dell'Ateneo e che normalmente
organizzano la partecipazione degli studenti alle cariche elettive studentesche
universitarie, fino a riuscire a far eleggere candidati propri in CdA. Cio' considerato si
ritiene illegittimo non estendere il divieto di elettorato passivo agli studenti che sono
iscritti in dette associazioni.
Bologna 23 settembre 2011
F.to:INTERSINDACALE UNIVERSITARIA DI BOLOGNA:
- CISL UNIVERSITÀ (MAURIZIO TURCHI)
- CNU COMITATO NAZIONALE UNIVERSITARIO (ANNA MARIA DI PIETRA)
- CONPASS COORDINAMENTO NAZ.LE PROFESSORI ASSOCIATI BO (MAURIZIO MATTEUZZI)
- DOCENTI PREOCCUPATI (SERGIO BRASINI)
- FLC CGIL UNIVERSITÀ DI BOLOGNA (SANDRA SOSTER)
- SUN UNIVERSITAS NEWS (NINO LUCIANI)
- UIL RICERCA UNIVERSITÀ AFAM (RAFFAELE PILEGGI) |
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Prof. Gianni Porzi
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Ateneo di Bologna: Consiglio di Amministrazione, 6-7 giugno.
Verso il traguardo l'approvazione del nuovo statuto
Nelle riunioni preliminari si sono delineate posizioni contrarie
al progetto, ma in un quadro di prevalente assuefazione al rettore
Gli interventi dei
Consiglieri PORZI* e MALTONI** |
* Rappresentante del Governo |
**Rappresentante del personale TA |
|
Dr.ssa Alessandra Malltoni
|
|
Nota della redazione. Le
due riunioni del CdA hanno evidenziato un dualismo tra il pensiero generale
"esterno" presunto, e il pensiero "interno" che appare (meglio dire,
non appare..., lo spiego dopo) nel Cda e nel Senato.
All'esterno, si presume ci sia un ampio consenso sui concetti fondamentali
della democrazia, pur se questo consenso rimane sotto la cenere, salvo per quanto
constatato nell'assemblea generale del 23 maggio.
Del resto in un ente pubblico quale è l'ateneo, la democraticità dei
procedimenti, delle scelte conseguenti (insomma del modo di stesso di essere) deve essere
dato per presupposto, e forse è per questo che poi, nell'agire concreto, si ha poca cura
di questo principio fondamentale.
Negli Organi, e' stato confermato l'appiattimento dei più sull'Esecutivo,
anche in questa occasione così determinante per le sorti dell'Ateneo. La ragione di fondo
di questo appiattimento rimane la estrema polverizzazione (e forse anche la impreparazione
sui temi costituzionali) dei Consiglieri. Ognuno rappresenta se stesso e la sua isola con
la quale ha anche perso il contatto, fin dal giorno successivo a quello delle elezioni.
La domanda inevitabile è: "ma questo rettore, che dovrebbe aver
sofferto come noi per anni (dentro gli organi) la sopraffazione dei rettori suoi
predecessori, e che si era proposto per una battaglia di risveglio dei valori democratici
costituzionali nell'ateneo, perchè non vuole più "distinguersi" da i suoi
predecessori ?
La risposta più semplice è che chi comanda (pur se gli viene fatto
credere di comandare - l'Ateneo è tradizionalmente dominato da donne) non è il rettore.
Nei fatti, hanno sempre comandato i Dirigenti della Amministrazione, in rapporto diretto
con i Presidi, sia pur in modo disarmonico (da parte di questi). Ciò, in qualche modo, ha
prodotto del buono, ma anche molte insufficienze sotto il profilo dell'interesse generale.
Ma nel nuovo statuto, i presidi vengono estromessi dal Senato, che diviene
elettivo.
Se (come penso) sara' riprodotto il sistema elettivo del CdA attuale (non
quello del nuovo statuto), ci sara' di nuovo una grande frammentazione, e pertanto il
potere burocratico sara' assoluto sui professori, senza piu' la bussola dei presidi.
I Direttori di Dipartimento, come subentranti ai Presidi, non saranno capaci
di surrogarli, perche' solo con poteri ditattici "intermedi" (quelli
"finali" li hanno le scuole/facoltà) e perchè troppo numerosi e, tra loro,
meno armonici dei Presidi.
Per questo, per un rettore, l'essere attorniato da un "parlamento"
indipendente (CdA e Senato), e' essenziale per il buon governo.
Dionigi non si ribella come tutti noi, sottovalutando (penso) che un
rettore, da solo, non e' niente e nessuno, di fronte ai poteri forti della
'Amministrazione, e di più considerando la vastità dei problemi di un grande ateneo,
come il nostro.
E' il caso di dire: "muoviamoci tutti per liberare il
Rettore dall'Amministrazione" ?
Nino Luciani |
Gianni Porzi, Intervento sulla bozza di Statuto nel
CdA del 6/6/2011
Come è mio solito, sarò
diretto e non ricorrerò quindi a inutili rigiri di parole. La mia posizione sulla bozza
di Statuto proposta è nettamente critica, in particolare sulla Parte II. Cercherò, nel
minor tempo possibile, di motivare questa mia opinione.
Come ha giustamente
osservato un amico e Collega giurista, molto stimato, non solo da me e non solo come
Docente, tutte le Leggi succedutesi nel tempo e riguardanti lUniversità sono state
attente a salvare un dato di fatto fondamentale e cioè che lUniversità è una communitas nella quale vige il principio della democraticità
delle scelte e della rappresentatività di coloro che vi operano. Un esempio su tutti
ritengo sia stato il DPR 382 al quale mise mano il Sen. Prof.
Spadolini, che conosceva bene il mondo universitario, uomo di grande cultura, politico di
alto profilo e che aveva un profondo senso delle Istituzioni e della Democrazia.
Pertanto, il criterio
della democraticità deve essere assunto a elemento fondante della Istituzione e
quindi del suo Statuto. Ma nella bozza presentataci tale pietra fondante, sulla
quale costruire uno Statuto rispettoso dei principi di democraticità, è
sostanzialmente assente. Infatti, il Rettore non é più il primus inter pares, quindi lunico momento di
scelta democratica sarà quello della sua elezione. Il governo dellAteneo (sia nella
composizione che nelle modalità di costituzione degli Organi) subirebbe una drastica
spinta verticistica che andrebbe ben al di là di quanto previsto dalla stessa Lg 240.
Verrebbero così limitati fortemente, per non dire azzerati, i pochi spazi di democrazia e
non sarebbe neppure previsto un bilanciamento tra i poteri degli Organi. I margini di
manovra lasciati dalla Lg 240 non sono stati utilizzati per una sana iniezione di
democrazia, ma al contrario per accrescere il potere centrale.
Il sistema centralistico
proposto nella bozza, e che non ha nulla a che vedere con la democrazia, discende
dallaver immedesimato il Rettore nellIstituzione stessa.
Le nomine e le designazioni
in capo al Rettore sono non solo numerose, ma anche determinanti. Basti pensare al
meccanismo per la formazione del CdA, organo fondamentale a livello decisionale, la cui
composizione è de facto determinata dal Rettore per ben 8 membri su 11. Infatti,
lart. 6 della bozza prevede che il S.A. nomini i membri del CdA tra una rosa di
candidati individuata da un Comitato di Selezione costituito da 5 membri, dei quali 3
scelti dal Rettore stesso (che si assicura così la maggioranza nel Comitato) e 2 dal
Senato (che, in realtà, risulterebbero anch'essi scelti dal Rettore in quanto non ho mai
visto un Organo Accademico non accettare candidati proposti dal Rettore). Mi sembra un
classico esempio di finta democrazia che lascia pensare che la ratio del sistema proposto per la scelta dei
membri del CdA sia semplicemente quella di assicurarsene il controllo. Altrimenti,
lorgano poteva essere eletto direttamente dalla comunità accademica, o quantomeno
dal Senato Accademico, purché a scrutinio segreto e su una rosa proposta da
un Comitato veramente terzo.
In tempi in cui, grazie
allinformatica, si parla di democrazia diretta, non è comprensibile,
né accettabile, e direi anacronistico, un accentramento verticistico senza peraltro alcun
contrappeso, senza cioè un controbilanciamento del potere. Marco Aurelio, nei Pensieri,
esortava se stesso a non cesarizzarsi, a non
impregnarsi con la porpora, perché ciò può accadere.
E vero che laccentramento
del potere rende più veloce |
Alessandra Maltoni,
Intervento sulla
bozza di Statuto nel CdA del 6/6/2011 Magnifico Rettore,
sono anch'io dell'opinione che la bozza di Statuto che ci è stata presentata sia
carente di Democrazia. Lo dico sulla base della doverosa premessa che, affermando ciò,
non intendo affatto esprimere il sentimento (ovvero il timore) di una probabile deriva
"antidemocratica" da parte del nostro attuale Rettore. Intendo piuttosto
sottolineare un giudizio politico sulla scelta ipotizzata dal nuovo Statuto, che prospetta
un indirizzo (innovativo) di governo dell'Ateneo, d'ora in avanti basato sul potere di
nomina, non revocabile.
A tal proposito prendo a riferimento il documento dell'Intersindacale di Bologna
redatto dopo l'Assemblea di Ateneo del 23 maggio scorso, che il Magnifico Rettore ha già
ricevuto e che contiene proposte emendative molto importanti. Formulo l'auspicio che
queste proposte possano essere riprese e fatte proprie dal CdA nell'evolversi della
discussione. Per maggiore chiarezza parto da due concetti esemplificativi:
1. Innanzitutto l'Elettività' del CdA, paletto imprescindibile per ogni
comunità, sia essa accademica o di differente natura. Nessuna esigenza di
"tipicità" di funzioni, di snellezza e/o di velocità decisionale può portare
a derogare da questo principio irrinunciabile. Per nessun motivo si deve allontanare la
Base, viva e protagonista, dalle sue Rappresentanze!
2. Il secondo aspetto, che va inevitabilmente collegato al primo, è la
fiducia/sfiducia che dovrebbe sempre legare Senato Accademico e Direttore Generale (al di
là delle eventuali clausole previste dal suo contratto). Ebbene tale questione
attualmente non è affrontata nel nuovo Statuto.
Ricordo che la Nostra Democrazia Parlamentare (della quale tutti siamo
orgogliosi) è nata proprio nel momento in cui è stato restituito alla Comunità (cioè
alla Base) il potere di eleggere i suoi rappresentanti, sottoponendo questi ultimi al
controllo democratico collegato al vincolo di mandato. Questo parallelismo vale per ogni
comunità, sia essa di Popolo, generalmente inteso, sia essa di altro genere.
Per questi motivi AUSPICO vivamente che gli emendamenti appena richiamati siano
accolti e recepiti nel Nuovo Statuto che ci accingiamo a "varare".
Concludo con una considerazione che riguarda più direttamente la Componente
Tecnico/ Amministrativa che qui rappresento. Mi riferisco alla cosiddetta "Consulta
del Personale T/A" che, così com'è ora concepita, non rappresenta un organismo
valido ed effettivamente utile al Personale. Essa, senza la potestà di fornire pareri
obbligatori e vincolanti per il CdA (e quindi dotata di un ruolo meramente
"consultivo"), diviene un organismo pletorico e ornamentale, che non dà alcun
contributo sostanziale alle scelte strategiche dell'Ateneo.
Sappiamo tutti che quando si vuol dare ad un organismo solo la
"parvenza" di un ruolo, lo si caratterizza con la possibilità di esprimere
pareri facoltativi e mai decisivi. Ancora una volta dunque, per il Personale
Tecnico/Amministrativo, esserci o non esserci sarebbe la stessa identica cosa!!! .
ALESSANDRA MALTONI |
il momento
decisionale, ma è accettabile rinunciare al principio di rappresentatività democratica
per la rapidità nelledecisioni?
Al Monarca, per quanto illuminato possa essere,
preferisco, senza dubbio, la democrazia repubblicana, anche se è impegnativa e a volte
faticosa.
Lunico Organo
costituito su base elettiva è il Senato Accademico perché lo impone la Legge. Va
tuttavia ricordato che il Senato formula solo proposte e pareri, ma non ha alcun potere
decisionale essendo questo in capo al CdA.
Riprova che tutto il
modello organizzativo proposto non è democratico, si ha nellistituzione di nuovi
organismi con il solo potere consultivo (denominati infatti ausiliari) che non
possono quindi incidere nelle scelte che verranno fatte dal vertice. Devo ritenere che chi
ha redatto la bozza ha un qualche deficit di
democraticità e gli oltre 60 anni di democrazia nel nostro Paese sono serviti a ben poco,
purtroppo. Ciò che ci viene proposto non è il frutto di una partecipazione democratica
al processo di elaborazione perché si è voluto disegnare un sistema di potere
centralistico e verticistico. Ritengo sia il primo effetto dellart. 2, comma d)
della Lg 240 che ha introdotto il mandato unico di 6 anni per i Rettori che, non essendo
più sottoposti ad una verifica elettorale, potranno governare senza dover rendere conto
del proprio operato agli elettori.
E che dire sulle sedi della
Romagna? Lunico disegno organizzativo che intravedo è quello di ridurre
significativamente lautonomia sostanziale di tali sedi e accentrare sempre più
i momenti decisionali, invece di decentrare. Appare chiaro il
disegno di sottrarre agli attuali Presidenti di Polo eletti (che verranno
declassati a Coordinatori non eletti, ma designati dal Rettore), e quindi ai
Consigli attualmente eletti e alla Dirigenza di sede, quei compiti importanti descritti
nellart.26 dello Statuto vigente e trasferirli al pro-Rettore per le Sedi
decentrate. Ritengo tutto ciò inopportuno in quanto si determinerebbe un indebolimento
della struttura Multicampus non solo a livello territoriale, ma anche Ministeriale, col
risultato di vanificare anni e anni di lavoro i cui risultati nessuno può negare. Non va
dimenticato che il Multicampus è uno dei punti di forza dellAlma Mater sul quale
poter far leva per realizzare un Accordo di Programma ai sensi dellart.1 della
Lg.240.
Si parla di Scuole o Facoltà, i cui Presidenti peraltro sono
anchessi designati dal Rettore, e non si fa cenno a quante saranno né come verranno
raggruppati i Dipartimenti il cui numero non è ancora noto. Spero che il tutto non ci
venga comunicato in zona Cesarini. Nella bozza, inoltre, non si dice se il
Direttore verrà eletto o designato dal Rettore: non credo sia un lapsus, penso piuttosto si tratti di
unambiguità non casuale.
Se si accetta, come ritengo
si debba accettare, il principio di rappresentatività democratica, nel poco tempo
rimasto a disposizione per approvare lo Statuto non ritengo sia possibile apportare alla
bozza le necessarie modifiche per realizzare una governance
compiutamente democratica perché limpianto stesso sul quale si articola è privo di
quei principi elementari e fondamentali della democrazia rappresentativa.
Chi avesse un po di
pazienza, legga lo Statuto di Roma La Sapienza (emanato il 4/8/10); si potrà rendere
conto di come sia una governance con un
tasso minimale di democrazia: membri eletti in entrambi gli Organi e il
Direttore di Dipartimento eletto tra i Professori di ruolo, senza distinzione di fascia di
appartenenza.
Concludo con unamara constatazione: si assiste frequentemente ad
esercitazioni orali sul concetto di democrazia e come essa debba essere
realizzata, in particolare quella che si definisce come E-democracy e che sembra
essere la nuova frontiera (si pensi al
dibattito sulla proposta del Premier inglese David Cameron di sottoporre le leggi
alla consultazione preventiva degli elettori attraverso le moderne tecnologie
informatiche), ma raramente queste dotte discettazioni vengono poi messe in pratica, come
dimostra la bozza di Statuto proposta. GIANNI PORZI |
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Notizie da Venezia Cà Foscari (855 docenti) :
il primo statuto messo in pista (in Italia) |
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Testo originale del nuovo Statuto Generale di Ateneo
(Testo
approvato dalla Commissione per le modifiche dello Statuto nominata ai sensi
dellart. 2 comma 5 L. 240/2010) |
Carrari Carlo, Rettore
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STATUTO DELL'UNIVERSITA' CA' FOSCARI VENEZIA
INDICETITOLO I - PRINCIPI FONDAMENTALI
Art. 1 - Natura e ruolo dell'Università
Art. 2 - Missione dell'Università
Art. 3 - Principi relativi all'azione dell'Università
Art. 4 - Corsi e titoli
Art. 5 - Internazionalizzazione
Art. 6 - Federazioni e Fusioni
Art. 7 - Partecipazione dell'Università a organismi pubblici e privati
TITOLO II - ORGANIZZAZIONE DELL'UNIVERSITÀ
Capo I - Organi e Strutture
Art. 8 - Organi dell'Università
Art. 9 - Strutture dell'Università
Capo II - Organi di governo
Sezione I - Rettore
Art. 10 - Funzioni del Rettore
Art. 11 - Elezione del Rettore
Art. 12 - Prorettori e delegati
Sezione- II Senato Accademico
Art. 13 - Funzioni del Senato Accademico
Art. 14 - Composizione del Senato Accademico
Sezione III - Consiglio di Amministrazione
Art. 15 - Funzioni del Consiglio di Amministrazione
Art. 16 - Composizione del Consiglio di Amministrazione
Capo III - Organi di controllo, consultivi e di garanzia Sezione
I - Organi di controllo
Art. 17 - Nucleo di Valutazione
Art. 18 - Collegio dei Revisori dei conti
Art. 19 - Collegio di Disciplina
Sezione II - Organi consultivi e di garanzia
Art. 20 - Assemblea dei Rappresentanti degli Studenti
Art. 21 - Consulta dei Dottorandi
Art. 22 - Difensore degli Studenti
Art. 23 - Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione
del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni
Capo IV- Organi di gestione e strutture amministrative
Art. 24 - Caratteri dell'Amministrazione
Art. 25 - Direttore Generale
Art. 26 - Funzioni dirigenziali
Art. 27- Centri di erogazione di servizi
TITOLO III - ORGANIZZAZIONE DELLE STRUTTURE DI DIDATTICA E DI RICERCA
Capo I - Dipartimenti e Scuole Interdipartimentali
Art. 28 - Caratteristiche e funzioni dei Dipartimenti
Art. 29 - Modalità di costituzione dei Dipartimenti
Art. 30 - Articolazione interna dei Dipartimenti
Art. 31 - Consiglio di Dipartimento Art. 32 - Direttore di Dipartimento
Art. 33 - Giunta di Dipartimento
Art. 34 - Comitato per la ricerca
Art. 35 - Comitato per la didattica
Art. 36 - Segretario generale di Dipartimento
Art. 37 - Scuole interdipartimentali
Art. 38 - Collegi didattici
Art. 39 - Commissioni didattiche paritetiche docenti-studenti
Capo II - Altre strutture di didattica e di ricerca
Art. 40 - Corsi e scuole di Dottorato
Art. 41 - Scuole di Ateneo
Art. 42 - Scuole di Specializzazione
Art. 43 - Centri di Ricerca Interateneo
TITOLO IV - NORME COMUNI
Capo I - Organi Collegiali
Art. 44 - Funzionamento degli organi collegiali
Art. 45 - Rinnovo delle rappresentanze negli organi collegiali
Art. 46 - Decadenza e incompatibilità
Art. 47 - Indennità di carica
Capo II - Attività Normativa
Art. 48 - Tipi di Regolamento
Art. 49 - Contenuto dei Regolamenti di Ateneo
Art. 50 - Formazione dei Regolamenti
Art. 51 - Pareri - Scadenza termini
Art. 52 - Pubblicazione dello Statuto e dei Regolamenti Art. 53 - Modifiche dello
Statuto
Art. 54 - Codice etico
Art. 55 - Carta degli Impegni per la Sostenibilità
TITOLO V - DISPOSIZIONI FINALI E NORME TRANSITORIE
Art. 56 - Interpretazioni
Art. 57 - Elezione dei nuovi Organi di governo dell'Ateneo Art. 58 - Proroghe e
limiti al rinnovo dei mandati
Art. 59 - Regolamenti |
Maurizio Matteuzzi*, Una breve sintesi dei lavori, nel panorama delle Università
* Professore Associato di
Filosofia e Teoria dei Linguaggi |
Maurizio Matteuzzi
|
1.- Per quanto riguarda l'avanzamento dei lavori, non è certo facile fare un
quadro di una situazione così variegata e complessa. Sinteticamente, proviamo a mettere
in evidenza i punti che suscitano maggiori problematicità e divergenze. E' chiaro che il
riferimento in molti casi è all'orientamento che emerge al momento, anche se la
situazione è in itinere, e dunque passibile di evoluzioni in altre direzioni.
2.- Un punto che sicuramente suscita dibattito è la composizione
dell'elettorato attivo per la nomina del MR. Le questioni sul tappeto riguardano i RTI
(Ricercatori a tempo indeterinato), i RTD (Ricercatori a tempo deterinato), e i TA
(tecnico-amministrativi). In alcuni atenei, l'elettorato attivo spettava già ai RTI, su
base paritetica, una testa un voto. E' il caso ad esempio di Bologna. In altri atenei ciò
non era previsto, ad esempio alla Federico II e alla SUN.
La scelta di Ca' Foscari, unico caso già definitivo,
come detto, è stata la concessione dell'elettorato attivo paritetico a tutti i
ricercatori, anche ai nuovi a tempo definito. Altri atenei intendono distinguere i due
casi; altri ancora si stanno orientando verso la distinzione, all'interno della nuova
figura dei RTD, rispetto alla quale ovviamente mancano precedenti, tra le figure di
"tipo A" e quelle di "tipo B". Si argomenta infatti che mentre queste
seconde abbiano in qualche modo titolo ad esprimersi, appartenendo in qualche misura ad un
processo di validazione comunque "interno" (hanno diritto ad un giudizio
idoneativo), così non sarebbe per le prime, che dunque andrebbero escluse. Questo è un
orientamento attualmente in discussione a Palermo.
3.- Per quanto riguarda i TA, nella maggior parte dei casi essi
esprimevano già un voto pesato. Ca' Foscari stabilisce la quota nel 25%. In altri atenei,
la via seguita sembra essere invece quella dei così detti "grandi elettori",
con un meccanismo in due fasi, nella prima della quale i TA eleggono coloro che poi
voteranno per il MR in modo paritetico ai docenti, cioè una testa un voto. E' chiaro che
sulla questione vi è grande difformità di orientamento, in primis per la ragione che il
rapporto numerico docenti/TA è molto diverso nelle varie realtà.
4.- Altro punto caldo, anzi, probabilmente il più caldo, è
costituito naturalmente dalla composizione e dalle modalità di designazione del Consiglio
di Amministrazione, che nella nuova organizzazione appare in tutti i sensi il luogo
decisionale più alto.
Da un lato da più parti si richiede di determinare elettivamente i
membri interni. Più pareri giuridici del tutto convergenti hanno chiarito che questa
forma di determinazione non contrasta con il dettato legislativo, essendo una forma
ammissibile di designazione. Tale orientamento sta emergendo ad esempio a Trieste, la cui
commissione prevede un CdA di 11 membri: il MR, 2 studenti, 4 membri interni eletti, e 4
membri esterni designati dal Senato.
In contrapposizione, altri propongono che la determinazione dei membri
anche di estrazione accademica avvenga su designazione del Senato Accademico. In qualche
modo viene proposta l'analogia con quanto avviene in una società di capitale: il Senato
sarebbe l'analogo dell'assemblea dei soci, che nomina appunto un CdA. Il punto allora
diviene quello della possibilità, da parte del Senato, non solo di nominare, ma anche di
revocare il CdA. Questo renderebbe l'analogia completa.
Qualcuno ha sostenuto che tale capacità di revoca già
esisterebbe, essendo nel nuovo assetto sfiduciabile il MR. Tale tesi non pare tuttavia ben
fondata, per diverse ragioni, in primis che il cambiamento del MR non ha nella nuova
situazione diretta influenza sul CdA, tanto è vero che essi hanno durata temporale
differente. L'ipotesi di una designazione da parte del Senato, ma con potere di revoca, è
seriamente presa in considerazione, attualmente, ad esempio da Palermo.
Una soluzione mista sta invece emergendo a Salerno, dove il CdA
ipotizzato attualmente sarebbe costituito da due soli membri esterni, con i docenti
eletti, e gli altri membri designati dal Senato entro una rosa proposta dal MR. Il quadro
ovviamente si complica considerando altre variabili, come le rappresentanze dei TA e degli
attuali assegnisti, fugure peraltro destinate in breve tempo a scomparire, via via
sostituite dai nuovi RTD. Alcuni atenei propongono una più ampia rappresentanza dei TA
nel Senato, e una totale esclusione dal CdA; è il caso, ad esempio, di nuovo di Palermo.
5.- Altre ipotesi ancora di determinazione dei membri sono
quelle miste, o in due fasi, per cercare di bilanciare da una lato la rappresentatività,
fondandola su criteri elettivi, e la competenza, che dovrebbe essere garantita dalla
designazione diretta. Si pensa allora a designazioni finali da parte di Senato o MR, a
seconda degli atenei, ma entro una rosa di eletti. Ma c'è anche chi non esclude il
processo inverso.
6.- Come si vede emerge un quadro estremamente variegato e complesso,
ed è facilmente prevedibile che tale variabilità resterà anche nelle soluzioni finali.
Con l'aggiunta di un ulteriore elemento di complessità, quello delle aggregazioni o
federazioni in atto, che ingenerano ulteriori problemi di rappresentatività. E' il caso
ad esempio della federazione delle università campane, o di quelle del Veneto, o della
Toscana, o del Salento; processi in alcuni casi già avviati, in altri in corso di vaglio.
Maurizio Matteuzzi |
TITOLO I - PRINCIPI FONDAMENTALI Art. 1 - Natura
e ruolo dell'Università 1. L'Università Ca' Foscari Venezia, di seguito denominata
"Università", è un'istituzione pubblica che è sede primaria di libera ricerca
scientifica e istruzione superiore. Ha personalità giuridica e piena capacità di diritto
pubblico e privato. 2. L'Università afferma il proprio carattere laico, pluralista e
libero da ogni condizionamento ideologico, confessionale, politico o economico. 3.
L'Università riconosce la propria appartenenza allo Spazio Europeo dell'Istruzione
Superiore e ne fa propri principi e strumenti. 4. A norma della Costituzione, e nei limiti
fissati dalla legge, l'Università gode di autonomia statutaria, regolamentare,
scientifica, didattica, organizzativa, finanziaria e contabile. 5. L'Università ha sede a
Venezia e può istituire sedi e succursali in Italia e all'Estero, nei limiti di quanto
previsto dalla normativa vigente.
Art. 2 - Missione dell'Università 1. Nel perseguimento dell'eccellenza nei
diversi campi di studio, l'Università promuove, garantisce e coordina la libera attività
di ricerca dei docenti, fornendo i necessari strumenti e attivando gli opportuni
incentivi. 2. Concorre, attraverso la pubblicità dei risultati scientifici conseguiti e
il libero confronto delle idee, allo sviluppo civile, culturale e scientifico della
comunità locale, nazionale e internazionale. 3. Favorisce il progresso tecnologico e la
trasmissione delle conoscenze contribuendo a progettare e costruire le competenze
scientifiche e professionali rispondenti alle esigenze dello sviluppo della società. 4.
Persegue la qualità più elevata dell'istruzione e la formazione della persona,
garantisce il diritto degli studenti a un sapere aperto e critico e a una preparazione
adeguata al loro inserimento sociale e professionale, organizzando anche, a tale scopo,
periodi di studio all'estero. 5. Valorizza le professionalità e le competenze presenti al
suo interno. 6. Promuove l'accesso ai più alti gradi di studio e il loro completamento
per i capaci e meritevoli anche se privi di mezzi, contribuendo a rimuovere ogni ostacolo
a una effettiva uguaglianza di opportunità. 7. Cura l'orientamento per l'iscrizione agli
studi universitari, organizza le attività di tutorato e quelle destinate a favorire
l'inserimento dei laureati nel mondo del lavoro. 8. Promuove attività culturali, sportive
e ricreative per gli studenti e il personale e sostiene le attività formative autogestite
dagli studenti. 9. Promuove la residenzialità degli studenti e del personale, in armonia
con la peculiarità del contesto urbano veneziano. 10. Sul piano internazionale
l'Università persegue tutte le forme di collaborazione atte a favorire la conoscenza e
l'arricchimento reciproco fra le culture, la circolazione del sapere e lo scambio di
studenti e di personale. 11. Favorisce i rapporti con le istituzioni pubbliche e private,
con le imprese e le altre forze produttive, partecipando attivamente alla definizione
delle politiche che riguardano lo sviluppo della ricerca e del territorio e promuovendo
l'inserimento dei propri studenti nella sociètà e nel mondo del lavoro. 12. Promuove le
relazioni con i propri ex studenti (alumni) per creare un'ampia comunità Cafoscarina che
favorisca la crescita dell'Ateneo e la valorizzazione del suo nome in tutto il mondo e che
ne rafforzi i legami con l'Università.
Art. 3 - Principi relativi all'azione dell'Università 1. L'Università
garantisce pari opportunità nella ricerca, nello studio e nel lavoro. 2. L'Università si
dota di un 'Codice etico', di un 'Codice di condotta per la prevenzione e la lotta contro
il fenomeno del mobbing" e di un 'Codice di condotta contro le molestie sessuali',
volti a evitare al suo interno ogni forma di discriminazione, diretta ed indiretta,
relativa al genere, all'età, all'orientamento sessuale, all'origine etnica, alla
disabilità, alla religione e alla lingua, ogni tipo di conflitti di interessi e qualsiasi
forma di nepotismo e favoritismo, per la prevenzione delle molestie sessuali e morali
(mobbing) per la tutela della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori, delle
studentesse e degli studenti. 3. L'Università si dota di una Carta degli Impegni per la
Sostenibilità in cui definisce le regole e gli obiettivi volti a minimizzare il proprio
impatto sull'ambiente e sulle risorse naturali, ad aumentare la coesione sociale e a
ridurre le disuguaglianze al suo interno, a favorire la crescita culturale e il progresso
economico sostenibile del territorio. 4. Assume come valore fondamentale il benessere sui
luoghi di studio e di lavoro e predispone strategie di prevenzione per migliorare la
sicurezza e la qualità complessiva delle sue attività. 5. Favorisce, attraverso i propri
organi consultivi e di proposta, la partecipazione di tutte le sue componenti. 6 Adegua la
propria offerta didattica all'evoluzione della ricerca e della società e si impegna ad
arricchire il proprio patrimonio culturale e scientifico adoperandosi per accrescere le
risorse disponibili. 7. Attiva tutti i livelli di formazione universitaria previsti dallo
Statuto, assicurando la corretta utilizzazione delle strutture e il loro sviluppo
programmato. L'ordinamento degli studi è disciplinato dal Regolamento didattico di
Ateneo. 8. Le attività didattiche, comprese le attività tutoriali, sono organizzate in
funzione del soddisfacimento delle esigenze di apprendimento e di formazione dello
studente. 9. L'Università adotta la valutazione, anche ad opera di esperti esterni, come
sistema per misurare il valore scientifico e la qualità dell'attività didattica e di
ricerca, nonché l'efficacia e l'efficienza dell'attività di servizio delle proprie
strutture e il raggiungimento degli obiettivi strategici fissati, per le rispettive
competenze, dal Senato Accademico e dal Consiglio di Amministrazione. 10. L'Università
elabora, dandone la massima diffusione e pubblicità, indicatori atti a assicurare un
utilizzo efficace dei fondi che essa destina alla ricerca e alla didattica, a quantificare
l'impiego delle risorse da parte delle proprie strutture organizzative, a valutare il
grado della loro utilizzazione e a valutare e verificare la congruenza tra obiettivi
prefissati e risultati realizzati. Il sistema di valutazione delle diverse attività
istituzionali è applicato, per l'assegnazione di risorse umane e finanziarie, alle
strutture organizzative della ricerca e della didattica nonché alle strutture
amministrative e tecniche. 11. Riconosce le rappresentanze sindacali dei dipendenti, che
partecipano all'organizzazione del lavoro nelle forme stabilite dalla legge e dalla
contrattazione collettiva nazionale. Si impegna a realizzare un sistema di relazioni
sindacali improntato alla trasparenza dei comportamenti delle parti e alla reciproca
collaborazione. 12. L'Università cura e incentiva l'aggiornamento professionale e la
formazione continua del proprio personale tecnico e amministrativo, anche organizzando
specifici corsi, e assicurandone una collocazione funzionale che, nel rispetto delle
normative vigenti, riconosca le professionalità specifiche e ne valorizzi l'apporto. 13.
Assicura la trasparenza degli atti e il diritto di accesso ai documenti amministrativi.
14. Cura che i diritti di titolarità o contitolarità della proprietà intellettuale e
industriale e dei diritti connessi si concilino con il principio della pubblicità dei
risultati della ricerca scientifica.
Art. 4 - Corsi e titoli 1. L'Università conferisce i seguenti titoli: a) Laurea
(L); b) Laurea Magistrale (LM); c) Diploma di Specializzazione (DS); d) Dottorato di
Ricerca (DR); e) Master Universitario di I e II livello (MU). 2. L'Università può
rilasciare attestati relativi alle altre attività di formazione alle quali essa
partecipa.
Art. 5 - Internazionalizzazione 1. L'Università favorisce la dimensione
internazionale delle attività di ricerca e di formazione anche attraverso la mobilità di
tutte le sue componenti, i contatti e gli accordi con istituzioni accademiche o di alto
profilo culturale di tutto il mondo, l'adesione a network e consorzi, lo scambio di
conoscenze scientifiche e di esperienze formative, il reclutamento di studenti,
ricercatori in formazione, ricercatori e docenti provenienti da altri Stati. 2.
L'Università riconosce il valore della mobilità come strumento di rafforzamento delle
conoscenze scientifiche e di sviluppo professionale in tutte le fasi della carriera del
personale. A tale scopo favorisce e promuove la mobilità nazionale, internazionale e
interdisciplinare, nonché quella fra il settore pubblico e privato. 3. L'Università
assume e promuove la caratterizzazione internazionale dei propri programmi di ricerca e
formativi, anche attraverso l'attivazione di corsi di studio in collaborazione con Atenei
di altri Paesi per il conseguimento di titoli congiunti o multipli, la revisione dei
curricula formativi e l'impiego diffuso di lingue diverse dall'italiano. Adotta strumenti
tecnologici adeguati al fine di favorire la diffusione internazionale delle proprie
attività formative. 4. L'Università cura la semplificazione di tutte le procedure
amministrative, allo scopo di favorire l'accesso alle proprie attività di ricerca e
formazione da parte di persone e istituzioni di altri Stati.
Art. 6 - Federazioni e Fusioni 1. Ai sensi di quanto previsto dalla normativa
vigente l'Università, anche limitatamente ad alcuni settori o strutture, può federarsi
ovvero fondersi con altri Atenei. La Federazione può avere luogo altresì tra
l'Università ed Enti o Istituzioni operanti nei settori della ricerca e dell'alta
formazione, ivi compresi gli istituti tecnici superiori.
Art. 7 - Partecipazione dell'Università a organismi pubblici e privati 1.
L'Università può partecipare a enti, società, fondazioni, consorzi o altre forme
associative di diritto pubblico o privato per lo svolgimento di attività strumentali alla
propria attività di ricerca e di didattica o comunque funzionali al perseguimento dei
propri fini istituzionali. Promuove, inoltre, la collaborazione con persone giuridiche
create secondo norme di diritto pubblico, con particolare attenzione ai Comuni, alle
Province e alle Regioni, che perseguano finalità di interesse strategico per l'Ateneo. 2.
Le partecipazioni sono deliberate dal Consiglio di Amministrazione, sentito il Senato
Accademico su quelle di rilievo strategico. Esse sono comunque subordinate ai seguenti
presupposti: a) disponibilità di risorse finanziarie e organizzative sufficienti; b)
destinazione della quota degli eventuali utili da attribuire all'Ateneo per finalità
istituzionali, scientifiche e didattiche; c) espressa previsione di patti parasociali a
salvaguardia dell'Università in occasione di eventuali aumenti di capitale della persona
giuridica partecipata; d) limitazione del concorso dell'Ateneo, qualora si dovessero
ripianare eventuali perdite, alla quota di partecipazione; e) diritto di recedere nel caso
in cui l'oggetto della persona giuridica partecipata venga modificato. 3. La
partecipazione dell'Università può essere costituita dal comodato di beni, mezzi o
strutture nel rispetto dei principi enunciati nel comma 2 del presente articolo, con oneri
a carico del comodatario. 4. La licenza dell'uso del marchio, per finalità non
istituzionali, fatto salvo il prestigio dell'Ateneo, è autorizzata dal Rettore. 5. La
rappresentanza dell'Università in seno agli organi amministrativi, tecnico-scientifici e
didattici degli Enti costituiti ai sensi del presente articolo può essere data anche a
docenti dell'Ateneo prescindendo dal loro regime di impegno didattico. In ogni caso, tale
rappresentanza è disposta con apposito decreto del Rettore. 6. È cura del Direttore
Generale tenere un elenco aggiornato di tutti gli organismi pubblici e privati cui
l'Università partecipa, così come dei rappresentanti da essa designati, e di renderne
possibile la consultazione a chiunque ne abbia interesse. 7. Il recesso dell'Ateneo dagli
organismi privati e pubblici ai quali partecipa avviene, su proposta del Rettore, con
delibera del Consiglio di Amministrazione.
TITOLO II - ORGANIZZAZIONE DELL'UNIVERSITÀ
Capo I - Organi e Strutture
Art. 8 - Organi dell'Università 1. L'Università opera come un sistema
complesso e integrato in tutte le sue componenti, e riflette al suo interno la distinzione
fra attività di indirizzo, di controllo e attività di gestione. 2. All'attività di
indirizzo sono preposti i seguenti Organi di governo: a) il Senato Accademico; b) il
Consiglio di Amministrazione; c) il Rettore. 3. Gli Organi di governo dell'Università
sono assistiti da organi di controllo, che sono: a) il Nucleo di Valutazione, per
l'attività scientifica, didattica e amministrativa; b) il Collegio dei Revisori dei
Conti, per la gestione finanziaria, contabile e patrimoniale. 4. Sull'operato degli organi
di governo e delle strutture di gestione vigilano il Difensore degli Studenti e il
Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di
chi lavora e contro le discriminazioni per le materie di competenza. 5. L'Organo cui è
affidata l'attività di gestione è il Direttore Generale, assistito dai dirigenti, che
rispondono dei relativi risultati, nonché dagli altri responsabili delle strutture
dell'Università.
Art. 9 - Strutture dell'Università 1. Sono strutture dell'Università: a)
l'Amministrazione; b) i Dipartimenti; c) le Scuole interdipartimentali; d) i Centri
interdipartimentali per la ricerca; e) i Centri di erogazione di servizi; f) le Scuole di
Ateneo; g) le Scuole di Specializzazione. 2. L'Università si avvale della Fondazione
Università Ca' Foscari Venezia per svolgere un'attività strumentale di sostegno alle
proprie attività di ricerca e didattica, con particolare riferimento alle iniziative che
abbiano un taglio interdisciplinare e/o internazionale. 3. L'Università agisce in
collaborazione con le altre Università, promuovendo iniziative comuni nel campo della
ricerca e della didattica, volte al raggiungimento di risultati di eccellenza nei singoli
ambiti di attività, attraverso l'istituzione di Corsi di studio, di Master o di Dottorati
interateneo e mediante la promozione o l'adesione a Centri Interuniversitari o ad altre
strutture di tipo federativo. 4. Le strutture amministrative dell'Università sono
organizzate in modo da assicurare l'economicità, la speditezza e la rispondenza al
pubblico interesse dell'azione amministrativa, nonché l'individuazione delle competenze e
delle connesse responsabilità. 5. L'Università persegue i propri fini didattici,
scientifici e organizzativi anche attraverso convenzioni e forme associative, quali
associazioni, consorzi, società e fondazioni, con altri soggetti pubblici e privati,
italiani e stranieri per attività in Italia e all'estero.
Capo II - Organi di governo
Sezione I Rettore
Art. 10 - Funzioni del Rettore 1. Il Rettore rappresenta l'Università e ha la
responsabilità del perseguimento delle finalità dell'Ateneo secondo criteri di qualità
e nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza, trasparenza e promozione del merito.
È organo di governo dell'Ateneo, assicura l'unitarietà degli indirizzi espressi dal
Senato Accademico e dal Consiglio di Amministrazione e ne promuove e coordina
l'attuazione. 2. In particolare il Rettore: a) ha la rappresentanza legale dell'Ateneo; b)
convoca e presiede il Senato Accademico e il Consiglio di Amministrazione e assicura
l'esecuzione delle rispettive delibere; c) propone al Senato Accademico i nomi dei
componenti del Consiglio di Amministrazione e del Presidente del Collegio dei Revisori dei
conti; d) propone al Consiglio di Amministrazione il nome della persona cui conferire
l'incarico di Direttore Generale; e) emana i provvedimenti di nomina delle cariche
istituzionali; f) propone il documento di programmazione strategica triennale di Ateneo al
Consiglio di Amministrazione, tenendo conto delle proposte e del parere del Senato
Accademico e del Nucleo di Valutazione; g) presenta al Consiglio di Amministrazione per
l'approvazione il bilancio di previsione e il conto consuntivo; h) garantisce il diritto
degli studenti ad una formazione adeguata e la trasparenza degli atti amministrativi; i)
stipula convenzioni e accordi in materia didattica, scientifica e culturale; l) emana lo
Statuto e i Regolamenti, nonché le loro modifiche; m) stipula i contratti per attività
di insegnamento; n) vigila sul buon andamento della ricerca e della didattica, esercitando
funzioni di indirizzo, iniziativa e coordinamento, così come sull'efficienza e la
correttezza dell'azione amministrativa, garantendo trasparenza e promozione del merito; o)
esercita il potere di annullamento per ragioni di legittimità su tutti gli atti degli
organi e delle strutture dell'Università; p) avvia i procedimenti disciplinari nei
confronti dei docenti, trasmettendo gli atti al Collegio di Disciplina e formulando una
motivata proposta in merito. Avvia i provvedimenti in caso di violazione del Codice etico
e propone al Senato Accademico la sanzione, qualora la materia non ricada fra le
competenze del Collegio di Disciplina; q) utilizza nella propria azione di indirizzo e
controllo le risultanze del lavoro del Nucleo di Valutazione; r) esercita ogni altra
attribuzione che gli sia demandata dall'ordinamento generale universitario, dallo Statuto
e dai Regolamenti di Ateneo, o che non sia espressamente attribuita ad altri organi dallo
Statuto; s) convoca almeno una volta l'anno un'assemblea di Ateneo alla quale presentare
il piano di sviluppo dell'Università. 3. In caso di necessità e urgenza il Rettore può
adottare provvedimenti di competenza del Senato Accademico e del Consiglio di
Amministrazione sottoponendoli a ratifica nella seduta immediatamente successiva. 4. Il
Rettore può optare all'inizio dell'anno accademico per una riduzione o esenzione
dell'impegno didattico, dandone comunicazione al Senato Accademico.
Art. 11 - Elezione del Rettore 1. Il Rettore è eletto fra i professori ordinari
in servizio presso le università italiane che abbiano optato o optino per il tempo pieno.
Dura in carica sei anni e non è rieleggibile. 2. L'elettorato attivo spetta: a) a tutti i
professori straordinari, ordinari, associati e ai ricercatori, anche a tempo determinato;
b) ai membri dell'Assemblea dei Rappresentanti degli Studenti; c) ai rappresentanti del
personale tecnico e amministrativo e dei collaboratori ed esperti linguistici nel Senato
Accademico e nel Consiglio di Amministrazione; d) al personale tecnico e amministrativo e
ai collaboratori ed esperti linguistici, con l'esclusione dei rappresentanti menzionati
alla lett. c) del presente comma, in misura pari al 25% dei docenti elettori, secondo le
modalità stabilite dal Regolamento Generale di Ateneo. 3. Il Decano indice le elezioni
dopo il centottantesimo giorno antecedente la scadenza del mandato e ne fissa lo
svolgimento non prima di quaranta giorni dalla indizione e non oltre il 30 luglio. In caso
di anticipata cessazione dalla carica, il Decano indice le elezioni entro trenta giorni
dalla cessazione e ne fissa lo svolgimento non prima di quaranta e non oltre sessanta
giorni dalla indizione. In tal caso le funzioni del Rettore, limitatamente all'ordinaria
amministrazione, sono esercitate dal Prorettore vicario. 4. Il Rettore, nella prima
votazione, è eletto a maggioranza assoluta degli aventi diritto. Nella seconda e terza
votazione a maggioranza assoluta dei votanti. In caso di mancata elezione si procede al
ballottaggio fra i due candidati che nella terza votazione abbiano riportato il maggior
numero di voti. In caso di parità risulta eletto il candidato con maggiore anzianità di
ruolo o, in caso di ulteriore parità, il candidato con maggiore anzianità anagrafica. 5.
Il Rettore è proclamato eletto dal Decano dell'Università ed è nominato dal Ministro
dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca. Al Rettore spetta una indennità di
carica determinata, su proposta del Senato Accademico, dal Consiglio di Amministrazione.
6. In caso di assenza o di impedimento del Decano, l'elezione è indetta dal professore
ordinario che lo segue in ordine di anzianità, che provvede anche alla proclamazione. 7.
Il Rettore entra in carica il primo ottobre dell'anno in cui è stato eletto. Nel caso di
anticipata cessazione dalla carica del precedente Rettore, il Rettore eletto entra in
carica all'atto della proclamazione e vi rimane per i successivi sei anni.
Art. 12 - Prorettori e delegati 1. Il Rettore nomina tra i professori di ruolo
di prima fascia dell'Università a tempo indeterminato un Prorettore vicario. Questi
adotta, in caso di assenza o impedimento del Rettore, i provvedimenti di ordinaria
amministrazione. 2. Il Prorettore vicario esercita inoltre le funzioni che gli sono
delegate dal Rettore; partecipa, senza diritto di voto, alle adunanze del Consiglio di
Amministrazione e del Senato Accademico. 3. Il Prorettore vicario può optare all'inizio
dell'anno accademico per una riduzione dell'impegno didattico, dandone comunicazione al
Rettore e al Direttore del Dipartimento di appartenenza. 4. La carica di Prorettore
vicario è incompatibile con ogni altra carica istituzionale dell'Università e degli Enti
strumentali della stessa. 5. Nell'esercizio delle sue funzioni, il Rettore può avvalersi
di Prorettori e Delegati da lui scelti tra i docenti dell'Università e nominati con
proprio decreto, nel quale sono precisati i compiti e gli ambiti di competenza. Prorettori
e Delegati rispondono direttamente al Rettore del loro operato. Su argomenti relativi agli
ambiti di competenza, i Prorettori e i Delegati, su proposta del Rettore, possono far
parte delle commissioni istruttorie degli organi dell'Università e possono essere
invitati alle sedute del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione. I
Prorettori possono avere delega alla firma degli atti relativi agli ambiti di rispettiva
competenza. 6. I Prorettori possono optare all'inizio dell'anno accademico per una
riduzione dell'impegno didattico, dandone comunicazione al Rettore e al Direttore del
Dipartimento di appartenenza.
Sezione II Senato Accademico
Art. 13 - Funzioni del Senato Accademico 1. Il Senato Accademico è organo di
governo dell'Ateneo. Esso contribuisce a elaborare le strategie dell'Ateneo; approva,
previo parere favorevole del Consiglio di Amministrazione, lo Statuto e il Regolamento
Generale di Ateneo; approva i Regolamenti di sua competenza ai sensi dell'art. 49;
esercita una funzione di programmazione, coordinamento e controllo delle attività
dell'Ateneo nel campo della ricerca e della didattica. 2. In particolare il Senato
Accademico: a) formula proposte ed esprime un parere obbligatorio sui piani pluriennali di
sviluppo dell'Ateneo, ivi compreso il documento di programmazione strategica triennale,
che il Rettore presenta al Consiglio di Amministrazione, indicando le priorità nella
destinazione delle risorse e i criteri di ripartizione delle medesime, in relazione agli
obiettivi della ricerca e della didattica; b) esprime parere obbligatorio sul bilancio di
previsione e sul conto consuntivo dell'Ateneo; c) formula proposte e pareri obbligatori in
materia di didattica, di ricerca e di servizi agli studenti; d) delibera, previo parere
favorevole del Consiglio di Amministrazione, le modifiche allo Statuto e al Regolamento
Generale di Ateneo, delibera le modifiche ai Regolamenti di sua competenza ai sensi
dell'art. 49; approva il Codice etico, previo parere favorevole del Consiglio di
Amministrazione; e) esprime parere obbligatorio sui Regolamenti di competenza del
Consiglio di Amministrazione nei casi previsti dall'art. 49; f) esprime parere
obbligatorio sui criteri generali di determinazione delle tasse e dei contributi degli
studenti e su ogni altra misura intesa a garantire il diritto allo studio; g) esprime
parere obbligatorio sull'istituzione, attivazione, modifica e disattivazione di Corsi,
Sedi, Dipartimenti, Scuole e altre strutture didattiche e di ricerca, anche
interuniversitarie, deliberate dal Consiglio di Amministrazione; h) propone al Consiglio
di Amministrazione la destinazione dei posti del personale docente sulla base delle
proposte deliberate dai Consigli di Dipartimento e del parere del Nucleo di Valutazione;
i) propone al Consiglio di Amministrazione la destinazione delle risorse in ordine alla
formazione dell'organico di Ateneo del personale tecnico e amministrativo; l) svolge
funzioni di coordinamento e di raccordo fra i Dipartimenti, le Scuole e le altre strutture
dell'Università e ne dirime gli eventuali conflitti; m) designa, su proposta del Rettore,
gli esperti esterni chiamati a fare parte del Consiglio di Amministrazione, il Presidente
del Collegio dei Revisori dei conti e i componenti del Collegio di Disciplina; n)
determina gli Organi e le strutture ai cui titolari o componenti può essere assegnata
un'indennità di carica, ivi compresi l'indennità di carica del Rettore e gli emolumenti
dei componenti del Consiglio di Amministrazione, e ne propone l'ammontare a quest'ultimo;
o) esprime pareri sui programmi edilizi dell'Ateneo, in vista delle delibere del Consiglio
di Amministrazione; p) commina le sanzioni in caso di violazione del Codice etico, su
proposta del Rettore e qualora la materia non ricada fra le competenze del Collegio di
Disciplina; q) esprime pareri su tutte le altre materie a esso sottoposte dal Rettore. 3.
Il Senato Accademico può proporre al corpo elettorale, con una maggioranza di almeno due
terzi dei suoi componenti, una mozione di sfiducia nei confronti del Rettore, non prima
che siano trascorsi due anni dall'inizio del suo mandato. Il Decano indice le votazioni
dopo trenta giorni dall'approvazione della mozione di sfiducia da parte del Senato
Accademico e ne fissa lo svolgimento non prima di quaranta giorni e non oltre sessanta
giorni dalla indizione. Gli aventi diritto al voto sono determinati ai sensi dell'art. 11,
comma 2, dello Statuto. La mozione di sfiducia nei confronti del Rettore è approvata dal
corpo elettorale con il voto favorevole della maggioranza assoluta degli aventi diritto.
La procedura di voto si svolge secondo le modalità stabilite dal Regolamento Generale di
Ateneo. Nel caso in cui il corpo elettorale approvi la mozione di sfiducia nei confronti
del Rettore, quest'ultimo cessa dalla carica all'atto della proclamazione del risultato
delle votazioni da parte del Decano. 4. In caso di anticipata cessazione del Rettore e
durante il periodo di reggenza del Prorettore vicario, il Senato Accademico opera in
regime di ordinaria amministrazione.
Art. 14 - Composizione del Senato Accademico 1. Fanno parte del Senato
Accademico: a) il Rettore; b) dodici docenti di ruolo, eletti dai docenti dell'Ateneo in
modo da rispettare le diverse aree scientifico-disciplinari presenti nell'Ateneo, di cui
almeno quattro Direttori di Dipartimento; se uno dei Direttori termina il proprio mandato
prima della scadenza del Senato, viene sostituito dal primo dei direttori non eletti; c)
tre rappresentanti del personale tecnico e amministrativo e dei collaboratori ed esperti
linguistici eletti dall'insieme del personale tecnico e amministrativo e dei collaboratori
ed esperti linguistici; d) tre rappresentanti degli studenti eletti dagli studenti
iscritti ai Corsi di Laurea, Laurea Magistrale e Dottorato di ricerca dell'Università. 2.
Le modalità elettorali per l'elezione del Senato Accademico sono stabilite dal
Regolamento Generale di Ateneo. 3. Le rappresentanze di cui alle lett. c) e d) del comma 1
del presente articolo partecipano a tutte le discussioni e hanno diritto di voto sulle
materie di cui all'art. 13, ad eccezione di quelle di cui alla lett. h) del comma 2
dell'art. 13 e di quelle implicanti valutazione sull'attività scientifica dei singoli
docenti o delle strutture. 4. Partecipano alle riunioni del Senato, senza diritto di voto,
il Prorettore vicario, il Direttore Generale e il Coordinatore del Nucleo di Valutazione.
5. Il Senato Accademico è presieduto dal Rettore. Le funzioni di segretario sono svolte
dal Direttore Generale o da persona da lui delegata. 6. Il Senato Accademico è convocato
dal Rettore ogni qualvolta questi lo ritenga opportuno o quando ne faccia motivata
richiesta almeno un terzo dei membri. Il Senato Accademico è comunque convocato almeno
una volta ogni tre mesi. 7. Il Senato Accademico dura in carica tre anni accademici, ad
eccezione dei rappresentanti degli studenti il cui mandato dura due anni accademici. Tutti
i suoi componenti sono immediatamente rinnovabili per una sola volta.
Sezione III Consiglio di Amministrazione
Art. 15 - Funzioni del Consiglio di Amministrazione 1. Il Consiglio di
Amministrazione è organo di governo dell'Ateneo. Esso svolge le funzioni di indirizzo
strategico e di controllo dell'attività amministrativa, finanziaria e patrimoniale
dell'Ateneo. 2. Il Consiglio di Amministrazione esprime parere obbligatorio sullo Statuto
e sul Regolamento Generale di Ateneo, sul Codice etico e sulle relative modifiche, nonché
esprime il proprio parere sui Regolamenti di cui all'art. 49 nei termini ivi previsti. 3.
Il Consiglio di Amministrazione delibera su: a) il bilancio di previsione e il conto
consuntivo, su proposta del Rettore e tenuto conto del parere del Senato Accademico per le
parti di sua competenza, e le variazioni al bilancio di previsione; il bilancio di
previsione e il conto consuntivo vanno trasmessi al Ministero dell'Istruzione,
dell'Università e della Ricerca e al Ministero dell'Economia e delle Finanze; b) i
Regolamenti di sua competenza ai sensi dell'art. 49 e le relative modifiche; c) i
programmi edilizi dell'Ateneo, sentito il Senato Accademico; d) i provvedimenti relativi
alle tasse e ai contributi a carico degli studenti, sentiti il Senato Accademico e
l'Assemblea dei Rappresentanti degli Studenti; e) la programmazione finanziaria annuale e
triennale; f) la programmazione annuale e triennale del personale, tenuto conto delle
priorità e dei criteri stabiliti dal Senato Accademico; g) le proposte di chiamata dei
docenti; h) le convenzioni di particolare rilievo per l'Ateneo, sentito il Senato
Accademico; i) la copertura finanziaria delle iniziative e attività approvate dal Senato
Accademico; in caso di delibera non positiva, l'argomento viene sottoposto per il riesame
al Senato Accademico; l) l'attivazione, la modifica e la disattivazione di Corsi, Sedi,
Dipartimenti, Scuole e altre strutture didattiche, di ricerca, anche interuniversitarie,
acquisito il parere obbligatorio del Senato Accademico; m) l'attivazione, la modifica e la
disattivazione di strutture e centri di servizio, anche interuniversitari; n) i progetti e
le modalità di attivazione delle federazioni e fusioni previsti dall'art. 3 L. 240/2010,
previo parere obbligatorio del Senato Accademico; o) tutti gli atti che rientrano nelle
competenze attribuitegli dalla legge, dallo Statuto e dai Regolamenti di Ateneo. 4. Il
Consiglio di Amministrazione delibera, in assenza dei rappresentanti degli studenti, in
materia di sanzioni disciplinari sui docenti, secondo quanto disposto dal successivo art.
19. 5. Il Consiglio di Amministrazione approva i piani pluriennali di sviluppo
dell'Ateneo, ivi compreso il documento di programmazione strategica triennale, sentite le
proposte e il parere obbligatorio del Senato Accademico in ordine alle priorità nella
destinazione e nella ripartizione delle risorse in relazione agli obiettivi della ricerca
e della didattica. 6. Il Consiglio di Amministrazione inoltre: a) conferisce e revoca
l'incarico di Direttore Generale; b) designa i membri del Nucleo di Valutazione; c)
approva le convenzioni e i contratti che comportino oneri o entrate per l'Università che
superino una soglia determinata dal medesimo Consiglio di Amministrazione; d) delibera, su
proposta del Senato Accademico, l'ammontare dell'indennità di carica del Rettore e di
quelle dei soggetti di cui alla lett. n) del comma 2 dell'art.13. 7. Il Consiglio di
Amministrazione è presieduto dal Rettore. Le funzioni di segretario sono svolte dal
Direttore Generale o da persona da lui delegata. 8. In caso di anticipata cessazione del
Rettore e durante il periodo di reggenza del Prorettore vicario, il Consiglio di
Amministrazione opera in regime di ordinaria amministrazione.
Art. 16 - Composizione del Consiglio di Amministrazione 1. Il Consiglio di
Amministrazione è composto da: a) il Rettore; b) da quattro a sei membri esterni
designati dal Senato Accademico su proposta del Rettore, che ne dispone la nomina con
proprio decreto; c) un rappresentante dei docenti, anche esterno all'Ateneo; d) un
rappresentante del personale tecnico e amministrativo e dei collaboratori ed esperti
linguistici, anche esterno all'Ateneo; e) due rappresentanti eletti degli studenti,
iscritti ai Corsi di Laurea, Laurea Magistrale e Dottorato di ricerca dell'Università.
Partecipano alle riunioni, senza diritto di voto, il Prorettore vicario e il Direttore
Generale. Le modalità con cui sono scelti i rappresentanti dei docenti, del personale
tecnico e amministrativo e dei Collaboratori ed Esperti linguistici, nonché degli
studenti, sono stabilite dal Regolamento Generale di Ateneo. 2. I membri esterni del
Consiglio di Amministrazione non possono appartenere ai ruoli dell'Ateneo a decorrere dai
tre anni precedenti alla designazione e per tutta la durata dell'incarico; non possono
inoltre essere studenti dell'Università Ca' Foscari Venezia. 3. Tutti i componenti, ad
eccezione dei rappresentanti degli studenti, devono essere scelti fra: a) persone che
abbiano maturato la loro esperienza professionale attraverso l'esercizio di attività di
amministrazione, direzione o controllo presso società ed enti del settore pubblico o
privato, ovvero che abbiano svolto funzioni dirigenziali in amministrazioni pubbliche o
private, e che siano inoltre rappresentative di realtà economiche, istituzionali,
culturali e produttive del territorio; b) personalità di alto e riconosciuto livello
scientifico sul piano internazionale. La scelta dei componenti il Consiglio di
Amministrazione avviene nel rispetto del principio costituzionale delle pari opportunità
tra uomini e donne nell'accesso agli uffici pubblici. 4. Il Consiglio di Amministrazione
dura in carica tre anni accademici, ad eccezione dei rappresentanti degli studenti il cui
mandato è biennale, e i suoi componenti sono immediatamente rinnovabili per una sola
volta. 5. Il Consiglio di Amministrazione è convocato in via ordinaria dal Rettore almeno
una volta ogni tre mesi. Può essere convocato in qualsiasi momento dal Rettore, o quando
ne facciano richiesta almeno un terzo dei componenti.
Capo III - Organi di controllo, consultivi e di garanzia
Sezione I Organi di controllo
Art. 17 - Nucleo di Valutazione 1. Al Nucleo di Valutazione è attribuita la
funzione di verifica della qualità e dell'efficacia dell'offerta didattica, anche sulla
base degli indicatori individuati dalle commissioni paritetiche docenti-studenti, nonché
la funzione di verifica dell'attività di ricerca svolta dai Dipartimenti e della
congruità del curriculum scientifico o professionale dei titolari dei contratti di
insegnamento di cui all'art. 23 comma 1 L. 30 dicembre 2010, n. 240. Al Nucleo sono
altresì attribuite, in raccordo con l'attività dell'A.N.V.U.R., le funzioni previste
dall'art. 14 D. Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, relative alle procedure di valutazione delle
strutture e del personale, al fine di promuovere nelle università, in piena autonomia e
con modalità organizzative proprie, il merito e il miglioramento della performance
organizzativa e individuale. 2. Il Nucleo di Valutazione di Ateneo svolge tutte le
funzioni assegnategli dalla legge, dal presente Statuto e dai Regolamenti di Ateneo,
operando in conformità alle disposizioni ivi contenute. 3. Il Nucleo di Valutazione di
Ateneo è designato dal Consiglio di Amministrazione, sentito il Senato Accademico, ed è
nominato dal Rettore con proprio decreto. È composto da cinque a sette membri, incluso un
rappresentante degli studenti. I componenti, ad eccezione del rappresentante degli
studenti, devono essere di elevata qualificazione professionale e in prevalenza esterni
all'Ateneo, tenendo conto delle diverse aree scientifico-disciplinari presenti
nell'Ateneo; il loro curriculum è reso pubblico nel sito internet dell'Università. Il
Nucleo risponde al Rettore, dura in carica per tre anni, salvo quanto previsto all'art.
45, e i suoi componenti sono immediatamente rinnovabili per una sola volta. Il numero dei
componenti, le modalità della loro individuazione e il funzionamento dell'organo sono
disciplinati dal Regolamento Generale di Ateneo. Il coordinatore del Nucleo è individuato
dal Rettore con il decreto di nomina dell'organo. 4. L'Università assicura al Nucleo
l'autonomia operativa, il diritto di accesso ai dati e alle informazioni necessari,
nonché la pubblicità e la diffusione degli atti, nel rispetto della normativa a tutela
della riservatezza.
Art. 18 - Collegio dei Revisori dei conti 1. Il controllo sulla gestione
amministrativo-contabile, finanziaria e patrimoniale è demandato ad un Collegio dei
Revisori dei conti. 2. Il Collegio è composto da: a) un membro effettivo, con funzioni di
Presidente, designato dal Senato Accademico, su proposta del Rettore, tra i magistrati
amministrativi e contabili e gli avvocati dello Stato; b) un membro effettivo e uno
supplente, designati dal Ministero dell'Economia e delle Finanze; c) un membro effettivo e
uno supplente, scelti dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca tra
dirigenti e funzionari del Ministero stesso. Almeno due componenti del Collegio devono
essere iscritti al Registro dei revisori contabili. 3. I componenti del Collegio dei
Revisori dei conti sono nominati con decreto rettorale, durano in carica tre anni e
possono essere rinnovati per una sola volta. L'incarico di componente del Collegio non
può essere conferito a dipendenti dell'Università. 4. I compiti e le modalità di
funzionamento del Collegio sono stabiliti dal Regolamento per l'amministrazione, la
finanza e la contabilità.
Art. 19 - Collegio di Disciplina 1. Il controllo disciplinare sui docenti è
affidato a un Collegio di Disciplina, composto da un professore ordinario, un professore
associato confermato e un ricercatore confermato, tutti in regime di tempo pieno, nonché
da due professori ordinari supplenti, nominati dal Senato Accademico per un triennio
accademico, immediatamente rinnovabile per una sola volta. 2. Il Collegio opera secondo il
principio del giudizio fra pari, nel rispetto del contraddittorio. 3. Il Collegio svolge
la fase istruttoria dei procedimenti disciplinari, avviati dal Rettore secondo quanto
disposto dall'art. 10, comma 2, lett. p) e, uditi il Rettore o un suo delegato nonché il
docente sottoposto ad azione disciplinare, eventualmente assistito da un difensore di
fiducia, esprime in merito un parere conclusivo entro trenta giorni dall'avvio del
procedimento, trasmettendolo al Consiglio di Amministrazione. 4. Il Consiglio di
Amministrazione, senza la rappresentanza degli studenti, entro trenta giorni dalla
ricezione del parere del Collegio di Disciplina infligge la sanzione ovvero dispone
l'archiviazione del procedimento, conformemente al parere vincolante ricevuto. 5. Il
procedimento si estingue ove la decisione di cui al comma precedente non intervenga entro
180 giorni dalla data di trasmissione degli atti al Consiglio di Amministrazione.
Sezione II Organi consultivi e di garanzia
Art. 20 - Assemblea dei Rappresentanti degli Studenti 1. L'Assemblea dei
Rappresentanti degli Studenti è Organo collegiale di rappresentanza degli studenti
iscritti ai Corsi di Laurea e di Laurea Magistrale; ha funzioni propositive ed è organo
consultivo del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione. 2. L'Assemblea dei
Rappresentanti degli Studenti è composta dai rappresentanti degli studenti in Senato
Accademico, in Consiglio di Amministrazione, nei Consigli di Dipartimento e nelle Giunte
delle Scuole interdipartimentali. 3. L'Assemblea dei Rappresentanti degli Studenti: a)
designa il Difensore degli Studenti; b) designa il rappresentante degli studenti nel
Nucleo di Valutazione; c) designa i rappresentanti degli studenti nel Comitato per lo
Sport Universitario; d) adotta, in conformità ai Regolamenti di Ateneo, il proprio
Regolamento interno; e) esprime parere su: I) per le parti di competenza, il Regolamento
Generale di Ateneo, il Codice etico e la Carta degli Impegni per la Sostenibilità; II) il
Regolamento delle attività formative autogestite dagli studenti e il Regolamento
didattico di Ateneo; III) la determinazione di contributi e tasse a carico degli studenti;
IV) gli interventi di attuazione del diritto allo studio; V) le modalità di
collaborazione degli studenti alle attività di servizio. 4. L'Assemblea dei
Rappresentanti degli Studenti elabora proposte su tutte le materie di interesse degli
studenti; in particolare è chiamata a formularle sulle materie di cui alla lettera e) del
comma 3 del presente articolo; svolge ogni altra funzione ad essa assegnata
dall'ordinamento universitario, dal presente Statuto e dai Regolamenti. 5. L'Assemblea dei
Rappresentanti degli Studenti elegge, tra i rappresentanti in Senato Accademico e in
Consiglio di Amministrazione, il Presidente dell'Assemblea, che dura in carica un biennio
accademico. 6. Il funzionamento dell'Assemblea e le modalità di elezione dei componenti
sono stabiliti dal Regolamento Generale di Ateneo. 7. Ai componenti dell'Assemblea è
garantita la possibilità di accesso, nel rispetto della vigente normativa, ai dati
necessari per l'esplicazione dei propri compiti istituzionali.
Art. 21 - Consulta dei Dottorandi 1. La Consulta dei Dottorandi è organo
collegiale di rappresentanza dei Dottorandi; ha funzioni propositive ed è organo
consultivo del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione. 2. La Consulta dei
Dottorandi è composta dai rappresentanti dei dottorandi eletti nel Senato Accademico, nel
Consiglio di Amministrazione, nei Consigli di Dipartimento, nei Consigli della/e Scuola/e
di Dottorato e nei Collegi dei docenti dei Dottorati di ricerca. 3. La Consulta dei
Dottorandi: a) adotta, in conformità ai Regolamenti di Ateneo, il proprio Regolamento
interno; b) esprime parere su: I) per le parti di competenza, il Regolamento Generale di
Ateneo, il Codice etico e la Carta degli Impegni per la Sostenibilità; II) proposte di
modifica dell'assetto organizzativo delle Scuole di Dottorato e dei Dottorati di ricerca.
4. La Consulta dei Dottorandi elabora proposte su tutte le materie di interesse dei
dottorandi; in particolare è chiamata a formularle sulle materie di cui alla lett. b) del
comma 3 del presente articolo; svolge ogni altra funzione ad essa assegnata
dall'ordinamento universitario, dal presente Statuto e dai Regolamenti. 5. La Consulta dei
Dottorandi elegge tra i suoi componenti il Presidente, che dura in carica un biennio
accademico. 6. Il funzionamento della Consulta e le modalità di elezione dei componenti
sono stabiliti dal Regolamento Generale di Ateneo. 7. Ai componenti della Consulta è
garantita la possibilità di accesso, nel rispetto della vigente normativa, ai dati
necessari per l'esplicazione dei propri compiti istituzionali.
Art. 22 - Difensore degli Studenti 1. È istituito il Difensore degli Studenti
dell'Ateneo. 2. Il Difensore è nominato dal Rettore su designazione dell'Assemblea dei
Rappresentanti degli Studenti, sentito il Senato Accademico, tra persone di comprovata
competenza professionale per un periodo di due anni accademici, rinnovabile immediatamente
per una sola volta. Il Consiglio di Amministrazione fissa i suoi emolumenti. 3. Il
Difensore degli Studenti è a disposizione di questi per assisterli nell'esercizio dei
loro diritti e per ricevere eventuali reclami o doglianze. Il Difensore ha diritto di
compiere accertamenti e riferisce al Rettore, che in relazione al caso concreto adotta gli
atti di competenza. Gli studenti che si rivolgono al Difensore hanno diritto, a loro
richiesta, all'anonimato e i loro nomi, come qualsiasi altro elemento idoneo ad
identificarli, sono esclusi dal diritto di accesso ai documenti amministrativi.
Art. 23 - Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione
del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni 1. Il Comitato unico di garanzia
per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le
discriminazioni promuove iniziative per l'attuazione delle pari opportunità e la
valorizzazione della differenza tra uomo e donna ai sensi della vigente legislazione
italiana e comunitaria, vigila sul rispetto del principio di non discriminazione di genere
e orientamento sessuale e assicura sostegno alle vittime di violazioni e sopraffazioni. Il
Comitato vigila altresì che non siano intraprese azioni di vessazione (mobbing)
all'interno dell'Università. 2. La composizione del Comitato è stabilita dal Regolamento
Generale di Ateneo. 3. Le funzioni del Comitato previste dal comma 1, sono integrate con
quelle previste dalla legislazione vigente in materia, adeguando altresì - ove prescritto
dalla legge - la denominazione dell'organo.
Capo IV- Organi di gestione e strutture amministrative
Art. 24 - Caratteri dell'Amministrazione 1. L'Università conforma
l'organizzazione e le attività delle proprie strutture alle esigenze generali di
efficienza, efficacia, trasparenza e semplificazione. 2. L'Università, nell'ambito della
propria autonomia, adotta con delibera del Consiglio di Amministrazione il piano di
organizzazione dei servizi necessario al perseguimento dei fini istituzionali.
Art. 25 - Direttore Generale 1. Il Direttore Generale è l'organo responsabile,
sulla base degli indirizzi forniti dal Consiglio di Amministrazione, della complessiva
gestione e organizzazione dei servizi, delle risorse strumentali e del personale tecnico e
amministrativo dell'Ateneo, nonché dei compiti previsti dalla normativa vigente in
materia di dirigenza nella Pubblica Amministrazione. Il Direttore Generale, inoltre: a)
cura l'attuazione dei programmi e degli obiettivi affidandone la gestione ai dirigenti; b)
partecipa agli organi di governo dell'Ateneo secondo le norme del presente Statuto; c)
verifica e controlla l'attività dei dirigenti ed esercita il potere sostitutivo in caso
di inerzia degli stessi; d) stipula i contratti dell'Università e sottoscrive le
convenzioni necessarie alla gestione; e) adotta gli atti che impegnano la spesa. 2. Il
Direttore Generale presenta annualmente al Consiglio di Amministrazione, al Senato
Accademico e al Nucleo di Valutazione una relazione sull'attività svolta, a cui sono
allegate le relazioni dei singoli responsabili dei servizi e delle strutture anche
decentrate. 3. L'incarico di Direttore Generale è attribuito dal Consiglio di
Amministrazione, su proposta del Rettore, sentito il parere del Senato Accademico, a
persona dotata di elevata qualificazione professionale e comprovata esperienza pluriennale
con funzioni dirigenziali individuato con selezione pubblica. L'incarico è a tempo
determinato, ha durata non superiore ai quattro anni ed è rinnovabile. 4. Il Direttore
Generale designa tra i Dirigenti dell'Ateneo chi lo sostituisce in caso di assenza o
impedimento.
Art. 26 - Funzioni dirigenziali 1. Secondo quanto previsto dalla normativa sulla
dirigenza statale, i dirigenti e i titolari di incarico di livello dirigenziale attuano,
per la parte di rispettiva competenza e secondo le direttive del Direttore Generale, i
programmi deliberati dagli organi accademici. Dispongono a tale scopo dei mezzi e del
personale ad essi attribuiti ed esercitano autonomi poteri di spesa per le attività,
secondo i limiti ad essi assegnati dal Direttore Generale. Essi provvedono alla
valutazione del personale assegnato nel rispetto del principio del merito e rispondono dei
risultati conseguiti in termini di efficienza nell'impiego delle risorse e di efficacia
nella gestione, in relazione agli obiettivi prefissati e ai comportamenti organizzativi
attivati, riferendone periodicamente, anche con proposte e pareri, al Direttore Generale.
2. Il Direttore Generale, in carenza di personale e per comprovate e oggettive esigenze di
servizio, può attribuire incarichi di livello dirigenziale a tempo determinato a soggetti
anche non di qualifica dirigenziale, di particolare e comprovata qualificazione
professionale e nel rispetto della disciplina vigente. 3. Gli atti di competenza dei
dirigenti possono essere soggetti ad avocazione da parte del Direttore Generale per
particolari motivi di necessità ed urgenza, specificatamente indicati nel provvedimento
di avocazione.
Art. 27- Centri di erogazione di servizi 1. I Centri di erogazione di servizi
forniscono servizi fondamentali o integrativi dell'attività didattica e di ricerca quali,
in particolare, i servizi librari, informatici, telematici, linguistici, tecnici,
statistici, di stampa ed editoriali. 2. Ai Centri di erogazione di servizi può essere
attribuita autonomia finanziaria e amministrativa nei limiti e secondo le modalità di cui
al Regolamento per l'amministrazione, la finanza e la contabilità. 3. Le modalità di
istituzione, organizzazione e funzionamento dei Centri di erogazione di servizi sono
disciplinate dal Regolamento Generale di Ateneo.
TITOLO III - ORGANIZZAZIONE DELLE STRUTTURE DI DIDATTICA E DI RICERCA
Capo I - Dipartimenti e Scuole Interdipartimentali
Art. 28 - Caratteristiche e funzioni dei Dipartimenti 1. I Dipartimenti
costituiscono la struttura fondamentale in cui si articola l'Ateneo per svolgere i suoi
compiti nell'ambito della ricerca e della didattica. 2. I Dipartimenti organizzano e
gestiscono: a) le attività di ricerca dei diversi settori scientifico-disciplinari che
confluiscono al loro interno; b) le attività didattiche dei corsi di Laurea e Laurea
Magistrale e delle Scuole di Specializzazione, nonché, assieme alle altre strutture
dell'Università eventualmente costituite a tale scopo, i Master Universitari, i Corsi di
Perfezionamento e i Corsi di Dottorato di ricerca. 3. I Dipartimenti hanno autonomia
finanziaria e amministrativa nelle forme e nei limiti previsti dai Regolamenti di Ateneo.
Hanno altresì autonomia regolamentare per le materie di propria competenza e per la
propria organizzazione, nei limiti previsti dal presente Statuto. 4. Ai Dipartimenti
afferiscono, previa richiesta approvata dal Consiglio di Dipartimento e dal Senato
Accademico, tutti i professori e i ricercatori. Ai Dipartimenti viene inoltre assegnato il
personale tecnico e amministrativo necessario per il suo funzionamento. 5. Fanno infine
riferimento ai Dipartimenti gli assegnisti e i professori a contratto, le cui ricerche o i
cui insegnamenti siano riferibili a settori scientifico-disciplinari pertinenti o affini
ai Dipartimenti stessi, nonché i cultori della materia e i Visiting Professors (Visiting
Researchers) i cui titoli siano stati attribuiti tramite delibera del Dipartimento. 6. I
Dipartimenti sottopongono al Senato Accademico le richieste di posti di ruolo docente,
nell'ambito del piano complessivo di sviluppo della ricerca e della didattica formulato al
loro interno. Essi deliberano inoltre sulle proposte di chiamata dei docenti nei settori
scientifico-disciplinari di loro competenza. 7. I Dipartimenti disciplinano il loro
funzionamento mediante l'adozione di apposito Regolamento, che deve essere approvato dal
Senato Accademico a maggioranza assoluta dei componenti, previo parere obbligatorio del
Consiglio di Amministrazione.
Art. 29 - Modalità di costituzione dei Dipartimenti 1. L'istituzione di un
Dipartimento è deliberata dal Consiglio di Amministrazione, previo parere obbligatorio
del Senato Accademico, sulla base di un dettagliato progetto scientifico e didattico
presentato da un gruppo di docenti. Successivamente, il Consiglio di Amministrazione ne
delibera l'attivazione, previo parere obbligatorio del Senato Accademico, tenendo conto
della situazione logistica e strumentale della nuova struttura, nonché delle risorse
finanziarie e del personale tecnico e amministrativo necessari per il suo funzionamento.
2. Il numero di docenti necessari per presentare la proposta di istituzione e poi per
l'attivazione di un Dipartimento non può essere inferiore a 45. Qualora il numero dei
docenti di un Dipartimento scenda al di sotto del limite definito dalla legge, il Senato
Accademico ne propone la disattivazione al Consiglio di Amministrazione.
Art. 30 - Articolazione interna dei Dipartimenti 1. Sono organi del Dipartimento
il Direttore, la Giunta, il Consiglio e una Commissione didattica paritetica
docenti-studenti. 2. I Dipartimenti, sulla base del proprio Regolamento, possono essere
articolati al loro interno in Centri, Sezioni, Laboratori, istituiti con il voto
favorevole della maggioranza dei componenti del Consiglio di Dipartimento, qualora la
complessità delle aree culturali e scientifiche presenti in un singolo Dipartimento lo
renda opportuno. Sempre con il voto favorevole della maggioranza dei componenti il
Consiglio di Dipartimento può deliberarne la disattivazione. 3. Il Regolamento del
Dipartimento può prevedere inoltre i seguenti organi: un Comitato per la ricerca, per il
coordinamento delle attività di ricerca; dei Collegi didattici e/o un Comitato per la
didattica per il coordinamento delle attività didattiche, inclusi i Corsi di Dottorato.
4. Il Regolamento del Dipartimento può altresì prevedere l'istituzione di un Consiglio
scientifico, formato da docenti esterni all'Ateneo, anche stranieri, per la valutazione
delle proprie attività di ricerca.
Art. 31 - Consiglio di Dipartimento 1. Il Consiglio di Dipartimento è organo di
programmazione e di gestione del Dipartimento. In particolare il Consiglio: a) detta i
criteri generali per l'utilizzazione dei fondi assegnati al Dipartimento; b) detta i
criteri per l'impiego delle risorse e degli spazi assegnati al Dipartimento; c) approva,
su proposta del Direttore, il bilancio di previsione e il conto consuntivo; d) approva, in
conformità ai Regolamenti di Ateneo, il Regolamento di Dipartimento e il Regolamento
delle Scuole interdipartimentali e dei corsi di Dottorato, ove attivati; e) delibera sulle
proposte di posti di ruolo docente da sottoporre al Senato Accademico; f) delibera sulle
proposte di chiamata dei docenti; g) approva il piano dell'offerta formativa ad esso
sottoposto dal Comitato per la didattica, o ancora da una Scuola interdipartimentale o
interateneo, qualora il Dipartimento stesso abbia concorso alla sua attivazione; h)
delibera sulla attribuzione di responsabilità didattiche ai docenti del Dipartimento e
sulla copertura di tutti gli insegnamenti attivati; i) vigila in generale sul buon
andamento e sulla qualità delle attività didattiche e di ricerca; l) approva le
relazioni triennali sull'attività scientifica e didattica dei docenti; m) esprime un
parere sui congedi per ragioni di studio o di ricerca scientifica; n) promuove
l'internazionalizzazione dell'offerta formativa e della ricerca; o) approva i Programmi di
ricerca interdipartimentali sulla base di un accordo reciproco tra i Dipartimenti
interessati. p) trasmette annualmente al Rettore e al Senato Accademico una relazione
sull'attività svolta dal Dipartimento in materia di ricerca e di didattica. 2. Fanno
parte del Consiglio di Dipartimento: a) il Direttore, b) i professori e i ricercatori
afferenti al Dipartimento; c) rappresentanti del personale tecnico e amministrativo
assegnato al Dipartimento, in numero non inferiore a due; d) rappresentanti degli studenti
iscritti ai Corsi di Laurea, Laurea Magistrale, Corsi di specializzazione e al Dottorato
di ricerca, afferenti al Dipartimento, in numero non inferiore a tre e non superiore a
sei, individuati sulla base di quanto previsto dal Regolamento Generale di Ateneo; e) il
Segretario generale, che partecipa alle sedute con funzioni consultive e di
verbalizzazione; f) un rappresentante rispettivamente dei docenti a contratto, degli
assegnisti di ricerca e dei cultori della materia, senza diritto di voto e individuati
sulla base di quanto previsto dal Regolamento Generale di Ateneo. 3. In tutte le questioni
riguardanti le funzioni e l'attività del personale docente, e in particolare per le
questioni relative alle lettere e), f), h), l), m) del comma 1 del presente articolo, il
Consiglio di Dipartimento delibera nella composizione limitata ai soli docenti,
appartenenti alla fascia corrispondente e a quella superiore. Le altre modalità di
funzionamento del Consiglio di Dipartimento sono disciplinate dal Regolamento di
Dipartimento, nei limiti previsti dallo Statuto. 4. Il Consiglio di Dipartimento è
convocato dal Direttore. Viene in ogni caso convocato una volta ogni tre mesi o su
richiesta di almeno due terzi dei suoi membri. 5. I verbali del Consiglio di Dipartimento
portano la firma congiunta del Direttore e del Segretario generale.
Art. 32 - Direttore di Dipartimento 1. II Direttore rappresenta il Dipartimento.
Convoca e presiede il Consiglio e la Giunta, cura l'esecuzione delle rispettive delibere e
svolge tutte le funzioni non espressamente attribuite al Consiglio di Dipartimento. 2. Il
Direttore è eletto dal Consiglio di Dipartimento fra i professori ordinari a tempo pieno
e indeterminato, a maggioranza assoluta degli aventi diritto nella prima votazione e a
maggioranza assoluta dei votanti nelle votazioni successive, salva, in questa seconda
fase, la partecipazione al voto di almeno un terzo degli aventi diritto. La convocazione
del Consiglio deve contenere l'indicazione del luogo, della data e dell'ora di svolgimento
di almeno quattro votazioni che potranno tenersi nello stesso giorno o in giorni diversi.
3. Nel caso di accertata indisponibilità dei professori di prima fascia, alla carica di
Direttore può essere eletto un professore di seconda fascia confermato a tempo pieno
afferente al Dipartimento. 4. Il Direttore è nominato con decreto del Rettore, dura in
carica tre anni accademici ed è immediatamente rinnovabile una sola volta. 5. Il
Direttore può optare all'inizio dell'anno accademico per una riduzione dell'impegno
didattico, dandone comunicazione al Rettore. 6. Il Direttore designa tra i professori
ordinari o associati a tempo pieno e indeterminato del Dipartimento un Vicedirettore, che
lo sostituisce in caso di assenza o impedimento. Il Vicedirettore è nominato con decreto
del Rettore. 7. Il Direttore esercita il potere di avocazione sugli atti del Segretario
generale di Dipartimento solo per particolari motivi di necessità ed urgenza,
specificatamente indicati nel provvedimento, che viene tempestivamente portato a
conoscenza del Consiglio di Dipartimento. 8. In caso di necessità e urgenza il Direttore
può adottare provvedimenti di competenza del Consiglio di Dipartimento, sollecitandone la
ratifica nella seduta immediatamente successiva. 9. La carica di Direttore è
incompatibile con quella di Rettore, di Prorettore, di Delegato, di Coordinatore di
Collegio didattico, di Direttore di Scuola di Specializzazione, di Direttore di Scuola
interdipartimentale e di Direttore di Scuola di Dottorato; essa è incompatibile inoltre
con le cariche istituzionali del Sistema delle Biblioteche di Ateneo.
Art. 33 - Giunta di Dipartimento 1. La Giunta coadiuva il Direttore
nell'espletamento delle sue funzioni, svolge le funzioni eventualmente assegnatele dai
Regolamenti di Ateneo e quelle che il Consiglio di Dipartimento ritenga di doverle
delegare. 2. Fanno parte di diritto della Giunta il Direttore, che la convoca e la
presiede, il Vicedirettore, i delegati del Direttore che presiedono il Comitato per la
ricerca e il Comitato per la didattica, ove costituiti, ed un numero di docenti stabilito
nel Regolamento del Dipartimento. 3. Il Consiglio può delegare alla Giunta specifiche
funzioni, secondo le modalità e nei limiti determinati dal Regolamento di Dipartimento.
4. La Giunta è convocata e presieduta dal Direttore. Alla Giunta partecipa il Segretario
generale di Dipartimento, con funzioni consultive e di verbalizzazione. 5. La Giunta dura
in carica tre anni accademici e decade comunque con il Direttore.
Art. 34 - Comitato per la ricerca 1. Il Comitato per la ricerca, ove costituito,
svolge attività di coordinamento e promozione delle attività di ricerca, delle attività
per conto terzi e di fund raising del Dipartimento, ed esercita le funzioni eventualmente
assegnategli dal Consiglio. 2. Il Comitato è convocato e presieduto dal Direttore o da un
suo delegato ed è composto dai coordinatori dei Centri, Sezioni o Laboratori, ove
costituiti, e/o da un numero di docenti stabilito dal regolamento del Dipartimento. Questi
ultimi sono eletti dal Consiglio di Dipartimento a maggioranza assoluta. Al Comitato
partecipa, se ne viene fatta richiesta dal Direttore, anche il Segretario generale di
Dipartimento o un suo delegato con funzioni di verbalizzazione. 3. Il Comitato dura in
carica tre anni accademici.
Art. 35 - Comitato per la didattica 1. Il Comitato per la didattica, ove
costituito, coordina tutti i Corsi di studio attivati all'interno di un Dipartimento:
Corsi di Laurea e Laurea magistrale, Master universitari e Scuole di specializzazione e
Corsi di Dottorato. 2. Il Comitato per la didattica è presieduto dal Direttore di
Dipartimento o da un suo Delegato ed è formato dai Coordinatori dei Collegi dei vari
Corsi di studio attivati all'interno del Dipartimento. 3. Il Comitato per la didattica
coadiuva il Direttore nelle sue funzioni relative alla didattica e coordina l'attività
dei Collegi Didattici dei Corsi di Studio attivati all'interno del Dipartimento. 4. Il
Comitato per la didattica è l'organo di programmazione e coordinamento dell'attività
didattica del Dipartimento: a) propone al Dipartimento il piano dell'offerta formativa.
Esso è approvato dal Consiglio di Dipartimento, che contestualmente assegna le
responsabilità didattiche ai docenti afferenti al Dipartimento stesso; b) coordina le
attività didattiche programmate dai Collegi dei Corsi di studio, dei Master Universitari,
delle Scuole di Specializzazione e dei Corsi di Dottorato; c) organizza attività
culturali, formative e di orientamento rivolte agli studenti promuovendone
l'internazionalizzazione. 5. I Corsi di Studio attivati nei Dipartimenti possono
utilizzare la totalità dell'offerta formativa di Ca' Foscari per coprire tutti i CFU
necessari, dopo che i Dipartimenti ai quali fanno capo gli insegnamenti richiesti abbiano
espresso parere favorevole, in seguito ad una verifica di fattibilità con i docenti
titolari degli insegnamenti e con i Comitati per la didattica e le Scuole
interdipartimentali coinvolti o, qualora questi non esistessero, con i Collegi didattici.
6. Nel caso in cui i Corsi di Studio richiedano insegnamenti attivati ad hoc a docenti di
altri Dipartimenti, è necessario acquisire preliminarmente il consenso del docente
interessato e l'autorizzazione del Dipartimento di afferenza. L'assenso dei Dipartimenti
di afferenza è necessario anche nel caso in cui, per il raggiungimento dei requisiti
minimi qualitativi, i Corsi di Studio debbano ricorrere a docenti di altri Dipartimenti.
7. La decisione finale sulla acquisizione dei settori scientifico-disciplinari necessari
al raggiungimento dei requisiti quantitativi e qualitativi dei Corsi di Studio attivati
dai Dipartimenti spetta in ogni caso al Senato Accademico, sentito il Nucleo di
Valutazione.
Art. 36 - Segretario generale di Dipartimento 1. L'attività amministrativa, di
coordinamento e di direzione del personale tecnico e amministrativo è svolta dal
Segretario generale di Dipartimento, il cui incarico a tempo determinato è conferito,
all'interno del personale dell'Ateneo, dal Direttore Generale, sentito il Direttore del
Dipartimento, con atto scritto e può essere rinnovato con le medesime formalità. 2. Il
Direttore Generale, sentito il Direttore e il Segretario generale di Dipartimento, può
conferire con atto scritto l'incarico di Vicesegretario generale di Dipartimento,
all'interno del personale del Dipartimento stesso. 3. Il Segretario generale di
Dipartimento assicura l'esecuzione delle delibere assunte dagli organi del Dipartimento e
inoltre: a) assiste il Direttore del Dipartimento per le attività volte al migliore
funzionamento della struttura; b) coordina le attività gestionali, amministrative e
contabili, i servizi alla ricerca e alla didattica, le attività di comunicazione e fund
raising, assumendo la responsabilità dei conseguenti atti, nei limiti di quanto ad esso
imputabile; c) coordina e valuta le attività del personale tecnico e amministrativo
afferente al Dipartimento, cui è gerarchicamente sovraordinato, sentendo, nel caso di
personale tecnico e amministrativo di area scientifica, anche il parere del Direttore di
Dipartimento; d) partecipa anche con funzioni di segretario alle riunioni del Consiglio di
Dipartimento e della Giunta di Dipartimento, redige e firma congiuntamente con il
Direttore di Dipartimento il verbale, in conformità alle norme e ai Regolamenti di
Ateneo. 4. L'incarico di Segretario generale di Dipartimento può essere revocato dal
Direttore Generale, sentito il Direttore di Dipartimento, prima della scadenza con atto
scritto e motivato, in relazione ad intervenuti mutamenti organizzativi o in conseguenza
di specifico accertamento di risultati negativi.
Art. 37 - Scuole interdipartimentali 1. Per il coordinamento delle attività
didattiche di uno o più Corsi di studio interdipartimentali di rilievo strategico per
l'Ateneo, i Dipartimenti possono proporre di istituire e attivare apposite Scuole
interdipartimentali, le quali devono essere costituite da almeno due Dipartimenti. 2. Sono
organi della Scuola: a) il Direttore; b) i Collegi didattici dei singoli Corsi di Studio e
i Collegi docenti dei Corsi di dottorato, dei Master Universitari e delle Scuole di
specializzazione, ove presenti; c) una Giunta, convocata e presieduta dal Direttore della
Scuola, formata dai Direttori dei Dipartimenti che attivano la Scuola o dai loro delegati,
dai coordinatori dei Collegi presenti nella Scuola e da una rappresentanza degli studenti,
eletti secondo le modalità previste dal Regolamento Generale di Ateneo; d) una
Commissione paritetica docenti-studenti. 3. L'istituzione e l'attivazione delle Scuole
interdipartimentali sono proposte dai Consigli dei Dipartimenti coinvolti, a maggioranza
assoluta dei componenti. L'istituzione e l'attivazione e/o la partecipazione ad una Scuola
interdipartimentale impegna i Dipartimenti coinvolti a fornire le risorse necessarie alla
realizzazione dei prodotti formativi previsti nel progetto della Scuola stessa.
L'istituzione e l'attivazione delle Scuole interdipartimentali sono deliberate dal
Consiglio di Amministrazione, previo parere obbligatorio del Senato Accademico. 4.
L'elezione dei Coordinatori dei Collegi che fanno parte delle Scuole interdipartimentali e
l'elezione dei componenti dei Collegi dei Corsi di studio sono disciplinate dal
Regolamento Generale di Ateneo. 5. Il Direttore di una Scuola interdipartimentale è
eletto dalla Giunta della Scuola, tra i professori di ruolo di prima fascia a tempo pieno
afferenti ai Dipartimenti costituenti la Scuola, con l'esclusione dei Direttori, con la
maggioranza assoluta dei votanti nella prima votazione. In caso di mancata elezione si
procede al ballottaggio tra i due candidati che abbiano riportato il maggior numero di
voti. In caso di parità risulta eletto il candidato con maggiore anzianità di ruolo o,
in caso di ulteriore parità, il candidato con maggiore anzianità anagrafica. 6. Il
Direttore di una Scuola interdipartimentale è nominato con decreto del Rettore, dura in
carica tre anni accademici ed è immediatamente rinnovabile una sola volta. 7. La Giunta
della Scuola, acquisito il parere dei Consigli dei Dipartimenti costituenti la Scuola,
sottopone il Regolamento della Scuola all'approvazione del Senato Accademico, previo
parere favorevole del Consiglio di Amministrazione. 8. Le Scuole interdipartimentali
propongono ai Dipartimenti costituenti le singole Scuole, il piano dell'offerta formativa,
che è approvato dai singoli Consigli di Dipartimento, che contestualmente assegnano le
relative responsabilità didattiche ai docenti afferenti ai propri Dipartimenti. 9. Le
Scuole coordinano le attività didattiche programmate dai Collegi didattici dei Corsi di
studio, dei Master Universitari, delle Scuole di Specializzazione e organizzano attività
culturali, formative e di orientamento rivolte agli studenti, con particolare attenzione
all'internazionalizzazione. 10. I Corsi di studio attivati dalle Scuole
interdipartimentali possono utilizzare la totalità dell'offerta formativa di Ca' Foscari
per coprire tutti i CFU necessari, ovvero richiedere insegnamenti attivati ad hoc a
docenti di altri Dipartimenti rispetto a quelli costituenti le singole Scuole, seguendo in
entrambi i casi le stesse modalità previste all'art. 35, commi 5 e 6, per i Comitati per
la didattica. Si devono seguire le stesse modalità anche per il raggiungimento dei
requisiti minimi quantitativi e qualitativi, nel caso in cui i Corsi di studio attivati
dalle Scuole interdipartimentali abbiano bisogno di utilizzare docenti di altri
Dipartimenti rispetto a quelli costituenti la Scuola. 11. La decisione finale sulla
acquisizione dei settori scientifico-disciplinari necessari al raggiungimento dei
requisiti quantitativi e qualitativi dei Corsi di studio attivati dalle Scuole spetta in
ogni caso al Senato Accademico, sentito il Nucleo di Valutazione. 12. Dopo tre anni dalla
propria adesione i singoli Dipartimenti possono decidere di recedere da una Scuola, con
una delibera assunta dal Consiglio di Dipartimento a maggioranza assoluta dei componenti.
13. La disattivazione delle Scuole interdipartimentali è proposta dai Consigli dei
Dipartimenti coinvolti a maggioranza assoluta dei componenti in ciascun Dipartimento e con
la maggioranza dei Dipartimenti costituenti la Scuola. Sulla proposta di disattivazione
delibera il Consiglio di Amministrazione, previo parere obbligatorio del Senato
Accademico. La Scuola viene comunque disattivata qualora venga meno il requisito minimo
della partecipazione di almeno due Dipartimenti.
Art. 38 - Collegi didattici 1. I Collegi didattici organizzano l'attività di un
singolo Corso di studio o di più Corsi di studio, anche di classi diverse purché
omogenee dal punto di vista scientifico-culturale. 2. I Collegi didattici possono essere
istituiti autonomamente all'interno dei Dipartimenti o di una Scuola interdipartimentale.
3. I Collegi didattici sono nominati dai Consigli di Dipartimento interessati secondo le
modalità previste dal Regolamento Didattico di Ateneo. Essi sono formati da un minimo di
cinque a un massimo di nove docenti, uno dei quali ha funzione di Coordinatore. Il
Coordinatore deve essere un professore di prima o di seconda fascia, nominato dal
Consiglio di Dipartimento e fa parte del Comitato per la Didattica del Dipartimento o
della Giunta della Scuola, ove costituita. 4. I Collegi didattici e i loro Coordinatori
durano in carica tre anni accademici.
Art. 39 - Commissioni didattiche paritetiche docenti-studenti 1. Le Commissioni
didattiche paritetiche docenti-studenti costituiscono un osservatorio permanente delle
attività didattiche e del funzionamento dell'orientamento, del tutorato e del placement.
Svolgono attività di monitoraggio dell'offerta formativa e della qualità della didattica
nonché dell'attività di servizio agli studenti da parte dei docenti. Individuano
indicatori per la valutazione dei risultati dell'offerta formativa, della qualità della
didattica e dell'attività di servizio agli studenti e li propongono al Nucleo di
Valutazione. Formulano pareri sull'attivazione e soppressione di Corsi di studio. 2. Le
Commissioni sono composte da una rappresentanza paritetica di quattro docenti, designati
dal Consiglio di Dipartimento o dalla Giunta della Scuola interdipartimentale, e quattro
studenti iscritti ai diversi Corsi di studio attivati da un Dipartimento o coordinati da
una Scuola interdipartimentale, eletti secondo le modalità stabilite dal Regolamento
Generale di Ateneo. Il Consiglio o la Giunta nominano Presidente della Commissione uno dei
docenti da loro designati.
Capo II - Altre strutture di didattica e di ricerca
Art. 40 - Corsi e scuole di Dottorato 1. I Corsi sono istituiti e attivati su
proposta dei Dipartimenti e con delibera del Consiglio di Amministrazione, previo parere
obbligatorio del Senato Accademico, con lo scopo di assicurare alta formazione alla
ricerca e per fornire quindi, a livello internazionale, le competenze necessarie per
esercitare attività di ricerca e attività professionali di alta qualificazione. 2. I
Corsi di dottorato possono essere gestiti all'interno dei Dipartimenti o delle Scuole di
Dottorato, se attivate, anche a livello interateneo, nazionale e internazionale, o della
Scuola Dottorale di Ateneo se attivata. 3. L'Università può istituire una Scuola
Dottorale di Ateneo per il coordinamento delle attività dei Corsi di dottorato. 4. Per
ogni altra norma volta a regolarne la struttura e il funzionamento, si fa riferimento
all'apposito Regolamento dei Dottorati di ricerca di Ca' Foscari.
Art. 41 - Scuole di Ateneo 1. L'Università può istituire e attivare delle
Scuole di Ateneo per il coordinamento di attività didattiche diverse da quelle dei Corsi
di Laurea e di Laurea Magistrale. 2. Le Scuole di Ateneo possono essere rivolte a
coordinare i Corsi di dottorato di ricerca, Master Universitari, altre attività legate
alla formazione permanente o i corsi estivi.
Art. 42 - Scuole di Specializzazione 1. Le Scuole di Specializzazione sono
strutture didattiche anche interateneo che curano lo svolgimento e l'organizzazione di
attività didattiche finalizzate alla formazione di specialisti in settori professionali
determinati. 2. Le Scuole di Specializzazione sono istituite e attivate con delibera del
Consiglio di Amministrazione, previo parere obbligatorio del Senato Accademico, su
proposta di uno o più Dipartimenti, anche di altri atenei. 3. Sono organi delle Scuole di
Specializzazione: a) il Consiglio della Scuola; b) il Direttore. 4. Il Consiglio della
Scuola è composto da non meno di tre professori di ruolo dell'Ateneo e da un Direttore,
eletti dal Consiglio o dai Consigli di Dipartimento coinvolti, secondo le modalità
stabilite dal Regolamento Generale di Ateneo. 5. Il Direttore è nominato con decreto del
Rettore e presiede il Consiglio e sovrintende alle attività didattiche della Scuola; dura
in carica tre anni accademici ed è immediatamente rinnovabile una sola volta.
Art. 43 - Centri di Ricerca Interateneo 1. Centri di Ricerca Interateneo possono
essere costituiti tra uno o più Dipartimenti dell'Università Ca' Foscari Venezia con uno
o più Dipartimenti di altre università per lo svolgimento di attività di ricerca sulla
base di progetti a durata pluriennale. 2. L'istituzione e l'attivazione dei Centri di
Ricerca Interateneo, proposta dai Dipartimenti interessati, è approvata dal Consiglio di
Amministrazione, previo parere obbligatorio del Senato Accademico. 3. La delibera
costitutiva indica le strutture organizzative, il personale afferente, le risorse
assicurate dai Dipartimenti promotori e quelle complessivamente da reperire per il
funzionamento del Centro. La medesima delibera fissa le norme di funzionamento
amministrativo e contabile, la durata e le condizioni per il rinnovo.
TITOLO IV - NORME COMUNI
Capo I - Organi Collegiali
Art. 44 - Funzionamento degli organi collegiali 1. Per la validità delle
adunanze degli Organi collegiali è necessario che intervenga almeno la maggioranza
assoluta degli aventi diritto, salvo il caso in cui, per determinati argomenti, sia
diversamente disposto. Nel computo per determinare la maggioranza non si tiene conto di
quelli che abbiano giustificato la loro assenza o che debbano comunque ritenersi
giustificati. 2. Le delibere degli organi collegiali sono prese a maggioranza assoluta dei
presenti, salvo che, per determinati argomenti, sia diversamente disposto dallo Statuto e
dalla normativa vigente; in caso di parità prevale il voto del presidente. 3. Le delibere
degli organi collegiali sono immediatamente esecutive. Il processo verbale viene approvato
di regola nella seduta successiva, salvo che non vi si provveda seduta stante. 4. Il voto
di un organo collegiale contrario a una proposta del suo Presidente non comporta le
dimissioni dello stesso. 5. Fatto salvo quanto previsto per il Rettore ai sensi del
precedente art. 13 comma 3, il presidente di un organo collegiale cessa dalla carica in
caso di approvazione di una mozione di sfiducia approvata con voto palese dalla
maggioranza assoluta dei componenti. La mozione di sfiducia deve essere motivata e
sottoscritta da almeno tre quarti dei componenti, e viene messa in discussione non oltre
trenta giorni dalla sua presentazione. Se la mozione viene approvata, il Decano
dell'organo convoca entro trenta giorni le elezioni per la nomina del nuovo presidente. 6.
Il Segretario degli organi collegiali cura la tenuta del verbale delle sedute e può
essere coadiuvato da personale tecnico e amministrativo di livello adeguato.
Art. 45 - Rinnovo delle rappresentanze negli organi collegiali 1. I docenti e il
personale tecnico e amministrativo designati o eletti negli Organi collegiali previsti
dallo Statuto restano in carica tre anni accademici. 2. Le rappresentanze degli studenti
negli organi collegiali previsti dallo Statuto sono rinnovate ogni due anni accademici e
il relativo mandato è rinnovabile consecutivamente una sola volta. 3. I componenti
designati o eletti negli Organi collegiali di Ateneo e delle singole strutture possono
essere rinnovati consecutivamente per una sola volta. 4. La mancata designazione di uno o
più componenti, se minoritaria, non pregiudica la validità della composizione degli
Organi. 5. I titolari di cariche e i membri degli Organi collegiali continuano a rimanere
in carica per l'ordinaria amministrazione anche dopo la scadenza del proprio mandato, fino
alla loro sostituzione.
Art. 46 - Decadenza e incompatibilità 1. L'assenza del titolare di una carica,
salvo giustificato motivo, determina la decadenza dalla carica stessa, qualora si
protragga per un periodo continuativo superiore a tre mesi per gli organi monocratici e
per tre sedute consecutive per gli organi collegiali. 2. La condizione di professore a
tempo definito è incompatibile con l'esercizio di tutte le cariche accademiche previste
dallo Statuto e comporta la decadenza dalle stesse nel caso in cui siano già ricoperte al
ricorrere della suddetta condizione. 3. I componenti del Senato Accademico e del Consiglio
di Amministrazione non possono: a) ricoprire altre cariche accademiche, fatta eccezione
per il Rettore limitatamente al Senato Accademico e al Consiglio di Amministrazione e, per
i Direttori di Dipartimento, limitatamente allo stesso Senato, qualora risultino eletti a
farne parte; b) essere componenti di altri organi dell'Università salvo che del Consiglio
di Dipartimento, dell'Assemblea dei Rappresentanti degli Studenti e della Consulta dei
Dottorandi; c) ricoprire il ruolo di Direttore o Presidente delle Scuole di
Specializzazione o di far parte del Consiglio di Amministrazione delle Scuole di
Specializzazione; d) rivestire alcun incarico di natura politica per la durata del mandato
e di ricoprire la carica di Rettore o far parte del Consiglio di Amministrazione, del
Senato Accademico, del Nucleo di Valutazione o del Collegio dei Revisori dei conti di
altre università italiane statali, non statali o telematiche; e) svolgere funzioni
inerenti alla programmazione, al finanziamento e alla valutazione delle attività
universitarie nel Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca e nell'ANVUR;
f) ricoprire cariche esecutive in organizzazioni sindacali o di categoria, ovvero in
organizzazioni con cui l'Università intrattiene rapporti di natura commerciale. 4.
L'elettorato passivo per le cariche accademiche è riservato ai docenti che assicurano un
numero di anni di servizio almeno pari alla durata del mandato. 5. L'elettorato passivo
delle rappresentanze studentesche nel Senato Accademico, nel Consiglio di Amministrazione,
nel Nucleo di Valutazione, nei Consigli e nelle Commissioni paritetiche docenti-studenti
dei Dipartimenti, è attribuito agli studenti iscritti per la prima volta e non oltre il
primo anno fuori corso ai corsi di laurea, laurea magistrale e dottorato di ricerca
dell'Università.
Art. 47 - Indennità di carica 1. I titolari di più cariche, per le quali sia
prevista la corresponsione di indennità, sono tenuti ad optare per una sola di esse. 2.
L'assenza del titolare di una carica, protratta per un periodo continuativo superiore a
tre mesi, determina la sospensione della relativa indennità e l'assegnazione della stessa
al vicario, ove esista, fino al rientro in servizio del titolare.
Capo II - Attività Normativa
Art. 48 - Tipi di Regolamento 1. Sono Regolamenti di Ateneo: a) il Regolamento
Generale di Ateneo; b) il Regolamento Didattico di Ateneo; c) il Regolamento dei Dottorati
di ricerca; d) il Regolamento dei Corsi di Master Universitario; e) il Regolamento per
l'amministrazione, la finanza e la contabilità; f) il Regolamento delle attività
formative autogestite dagli studenti; g) il Regolamento di attuazione delle norme sul
procedimento amministrativo e sul diritto di accesso ai documenti amministrativi; h) il
Regolamento per la gestione, la tenuta e la tutela dei documenti amministrativi; i) il
Regolamento del Sistema delle Biblioteche di Ateneo; j) il Regolamento per
l'individuazione di criteri e modalità per lo svolgimento di attività di ricerca,
didattica, orientamento e tutorato da parte di professori e ricercatori; k) il Regolamento
per l'individuazione di criteri e modalità per la determinazione della retribuzione
aggiuntiva dei ricercatori ai quali sono affidati moduli o corsi; l) il Regolamento per
l'individuazione di modalità per l'autocertificazione e la verifica dell'effettivo
svolgimento dell'attività didattica e di servizio agli studenti e differenziazione dei
compiti didattici in relazione alle diverse aree scientifico-disciplinari; m) il
Regolamento sull'incompatibilità della posizione di docente con l'esercizio del commercio
e dell'industria; criteri e disciplina per la costituzione di spin-off e start-up
universitari; n) il Regolamento per la definizione di criteri e modalità per la
valutazione dell'impegno dei docenti ai fini dell'attribuzione degli scatti triennali; o)
il Regolamento per la previsione di compensi aggiuntivi per il personale docente e tecnico
amministrativo che contribuisce all'acquisizione di commesse conto terzi ovvero di
finanziamenti privati; p) il Regolamento per la disciplina della chiamata dei professori
di prima e di seconda fascia, nel rispetto del Codice etico e dei principi enunciati dalla
Carta Europea dei Ricercatori; q) il Regolamento per la disciplina delle modalità di
conferimento degli assegni di ricerca; r) il Regolamento per la disciplina delle procedure
per l'attribuzione di contratti di insegnamento; s) il Regolamento per la disciplina delle
procedure pubbliche per la selezione di ricercatori a tempo determinato; t) il Regolamento
per l'individuazione, nell'ambito dei criteri fissati con decreto del Ministero
dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, degli standard qualitativi riconosciuti
a livello internazionale da utilizzare per la valutazione ai fini della chiamata in ruolo
del titolare di contratto che abbia conseguito l'abilitazione scientifica ai sensi
dell'art. 16 L. 240/2010; u) il Regolamento per i visiting professor e i visiting
researcher; v) il Regolamento per i cultori della materia; w) i Regolamenti di
organizzazione delle strutture amministrative di Ateneo; x) ogni altro Regolamento che
disciplini materie di interesse dell'Università.
Art. 49 - Contenuto dei Regolamenti di Ateneo 1. Il Regolamento Generale di
Ateneo disciplina l'organizzazione e il funzionamento dell'Università nel suo complesso e
le modalità di elezione degli organi di governo e delle rappresentanze negli organi
collegiali previsti dallo Statuto; è deliberato dal Senato Accademico a maggioranza
assoluta dei componenti, previo parere favorevole del Consiglio di Amministrazione. 2. Il
Regolamento Didattico di Ateneo disciplina l'ordinamento degli studi di tutti i corsi per
i quali l'Università rilascia titoli universitari e di tutte le attività formative
previste dallo Statuto. Fissa i criteri generali per la formazione dei regolamenti delle
strutture didattiche. È deliberato dal Senato Accademico a maggioranza assoluta dei
componenti, previo parere favorevole del Consiglio di Amministrazione. 3. Il Regolamento
delle Scuole dei Dottorati di ricerca e il Regolamento dei corsi di Master Universitario
sono approvati dal Senato Accademico a maggioranza assoluta dei componenti, previo parere
favorevole del Consiglio di Amministrazione. 4. Il Regolamento per l'amministrazione, la
finanza e la contabilità disciplina i criteri di gestione, le relative procedure
amministrative e finanziarie e le connesse responsabilità, in modo da assicurare la
rapidità e l'efficienza dell'erogazione della spesa e il rispetto dell'equilibrio di
bilancio; disciplina altresì l'amministrazione del patrimonio, le forme di controllo
interno sull'efficienza e sui risultati di gestione complessiva tanto dell'Università,
quanto dei singoli centri di spesa. Il Regolamento è deliberato a maggioranza assoluta
dei componenti dal Consiglio di Amministrazione. 5. Il Regolamento delle attività
formative autogestite dagli studenti è deliberato dal Senato Accademico a maggioranza
assoluta dei componenti, previo parere obbligatorio dell'Assemblea dei Rappresentanti
degli Studenti. 6. Il Regolamento di attuazione delle norme sul procedimento
amministrativo e sul diritto di accesso ai documenti amministrativi stabilisce le
modalità di espletamento del procedimento amministrativo e le modalità di esercizio del
diritto di accesso ai documenti amministrativi; è deliberato dal Consiglio di
Amministrazione a maggioranza assoluta dei componenti. 7. Il Regolamento per la gestione,
la tenuta e la tutela dei documenti amministrativi è approvato dal Consiglio di
Amministrazione a maggioranza assoluta dei componenti. 8. Il Regolamento del Sistema delle
Biblioteche di Ateneo è approvato dal Consiglio di Amministrazione a maggioranza assoluta
dei componenti. 9. Tutti gli altri Regolamenti di Ateneo in materia di didattica e ricerca
sono approvati dal Senato Accademico a maggioranza assoluta dei componenti, previo parere
favorevole del Consiglio di Amministrazione. 10. L'approvazione dei Regolamenti di cui
alle lettere j), l), q) dell'art. 48 del presente Statuto spetta al Senato Accademico, a
maggioranza assoluta dei componenti, previo parere favorevole del Consiglio di
Amministrazione. 11. L'approvazione dei Regolamenti di cui alle lettere k), m), n), o),
p), r), s), t) dell'art. 48 del presente Statuto spetta al Consiglio di Amministrazione, a
maggioranza assoluta dei componenti, previo parere obbligatorio del Senato Accademico. 12.
I Regolamenti di organizzazione delle strutture amministrative di Ateneo di cui alla
lettera w) dell'art. 48 sono approvati dal Consiglio di Amministrazione a maggioranza
assoluta dei componenti. 13. L'approvazione di ogni altro Regolamento spetta al Senato
Accademico e/o al Consiglio di Amministrazione, a maggioranza assoluta dei componenti, a
seconda degli ambiti di rispettiva competenza.
Art. 50 - Formazione dei Regolamenti 1. L'iniziativa per la formazione e la
modifica dei Regolamenti spetta al Rettore, al Direttore Generale o ad almeno un terzo dei
componenti dell'organo consiliare cui compete l'approvazione o il parere sugli stessi. 2.
I Regolamenti sono emanati con Decreto del Rettore e, salvo ragioni di urgenza, o di
differimento, entrano in vigore il settimo giorno successivo alla loro pubblicazione.
Art. 51 - Pareri - Scadenza termini 1. I pareri sui Regolamenti di Ateneo
richiesti a organi o strutture vanno espressi entro trenta giorni dal ricevimento del
testo, trascorsi i quali si procede comunque alla delibera definitiva.
Art. 52 - Pubblicazione dello Statuto e dei Regolamenti 1. L'Università
provvede a pubblicare lo Statuto e i Regolamenti nel proprio sito web.
Art. 53 - Modifiche dello Statuto 1. L'iniziativa di modifica dello Statuto
spetta al Rettore o ad almeno un terzo dei componenti del Senato Accademico o del
Consiglio di Amministrazione. 2. Le modifiche dello Statuto sono deliberate, previo parere
favorevole del Consiglio di Amministrazione, dal Senato Accademico con il voto favorevole
della maggioranza assoluta dei componenti. 3. La delibera di modifica dello Statuto entra
in vigore il quindicesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale.
Art. 54 - Codice etico 1. Il Codice etico dei docenti, degli studenti e del
personale tecnico e amministrativo e dei collaboratori ed esperti linguistici determina i
valori fondamentali della comunità universitaria, promuove il riconoscimento e il
rispetto dei diritti individuali, nonché l'accettazione di doveri e responsabilità nei
confronti dell'istituzione di appartenenza, e definisce le regole di condotta nell'ambito
della comunità. Le norme in esso contenute sono volte ad evitare ogni forma di
discriminazione e di abuso, nonché a regolare i casi di conflitto di interessi o di
proprietà intellettuale. 2. È deliberato dal Senato Accademico con il voto favorevole
della maggioranza dei componenti, previo parere favorevole del Consiglio di
Amministrazione. 3. L'accertamento di violazioni del codice etico, fatte salve le
prerogative e le competenze connesse ai procedimenti disciplinari, porta all'irrogazione
di sanzioni che vanno, nel rispetto del principio della gradualità, dal rimprovero
scritto (nel caso di infrazione di minore rilievo) alla sospensione per un biennio degli
scatti di carriera. Comporta inoltre, nel caso di recidiva o infrazione grave,
l'impossibilità di ricoprire incarichi istituzionali. 4. Nel rispetto del principio del
contradditorio, l'accertamento della violazione e la decisione in merito all'irrogazione
della sanzione spetta al Senato Accademico, su proposta del Rettore. 5. Le procedure di
cui ai commi 3 e 4 del presente articolo e i rapporti tra procedimento disciplinare e
violazione del Codice etico sono definiti all'interno del Codice etico.
Art. 55 - Carta degli Impegni per la Sostenibilità 1. La Carta degli Impegni
per la Sostenibilità definisce gli obiettivi volti a minimizzare l'impatto
dell'Università sull'ambiente e sulle risorse naturali, ad aumentare la coesione sociale
e a ridurre le disuguaglianze al suo interno, a favorire la crescita culturale e il
progresso economico sostenibile del territorio. 2. È deliberata dal Consiglio di
Amministrazione, previo parere del Senato Accademico.
TITOLO V - DISPOSIZIONI FINALI E NORME TRANSITORIE
Art. 56 - Interpretazioni 1. Nello Statuto: a) per professori, s'intendono i
professori straordinari, ordinari ed associati e i professori a tempo determinato; b) per
docenti, s'intendono i professori straordinari, ordinari, associati e i professori a tempo
determinato ed i ricercatori, a tempo indeterminato e a tempo determinato; c) per
ricercatori, s'intendono anche gli assistenti universitari del ruolo ad esaurimento; d)
per studenti, s'intendono gli iscritti ai Corsi di Laurea, di Laurea Magistrale, delle
Scuole di Specializzazione, di Dottorato di ricerca, di Master, Scuole estive, Scuole
interateneo nell'Università Ca' Foscari Venezia; e) con l'espressione "personale
tecnico e amministrativo", s'intende tutto il personale dipendente non docente
dell'Università, compresi i collaboratori ed esperti linguistici, di ogni area funzionale
e categoria, compresa quella dirigenziale; f) con l'espressione "personale",
s'intende il personale docente, il personale tecnico e amministrativo e i collaboratori ed
esperti linguistici; g) con l'espressione "CFU" si intendono i Crediti Formativi
Universitari. 2. Nello Statuto, con l'espressione "è immediatamente rinnovabile per
una sola volta", usata per le cariche triennali elettive o soggette a designazione,
si intende che la durata della carica non può superare i sei anni su nove anni.
Art. 57 - Elezione dei nuovi Organi di governo dell'Ateneo 1. Il Senato
Accademico, composto sulla base del nuovo Statuto, deve insediarsi entro centoventi giorni
dalla pubblicazione del nuovo Statuto sulla Gazzetta Ufficiale. 2. Il Consiglio di
Amministrazione, composto sulla base del nuovo Statuto, deve insediarsi entro sessanta
giorni dall'insediamento del nuovo Senato Accademico.
Art. 58 - Proroghe e limiti al rinnovo dei mandati 1. I Presidi e i Consigli di
Facoltà, nonché gli altri Organi statutari previsti dal vecchio Statuto e non previsti
nel nuovo rimangono in carica fino a delibera di decadenza adottata dal Consiglio di
Amministrazione. 2. I componenti del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione
rimangono in carica fino all'insediamento dei nuovi organi di governo e, se stanno
ricoprendo il secondo mandato consecutivo, non sono immediatamente rinnovabili. 3. I
componenti del Nucleo di Valutazione e del Collegio dei Revisori dei conti rimangono in
carica fino all'insediamento dei nuovi componenti dei due Organi, che saranno designati
dai competenti Organi di governo di nuova composizione nella prima seduta utile e, se
stanno ricoprendo il secondo mandato consecutivo, non sono immediatamente rinnovabili. 4.
Il mandato del Rettore in carica all'entrata in vigore del presente Statuto è prorogato
di due anni accademici oltre la scadenza del mandato triennale. 5. Il mandato dei
Direttori di Dipartimento in carica all'entrata in vigore del presente Statuto termina in
coincidenza con la fine del mandato del nuovo Senato Accademico. Ai fini del computo del
limite di mandato (sei anni su nove) non si tiene conto del prolungamento, rispetto alla
durata triennale, previsto dal primo periodo del presente comma.
Art. 59 - Regolamenti 1. Entro dodici mesi dalla pubblicazione del nuovo Statuto
sulla Gazzetta Ufficiale, tutti i Regolamenti di Ateneo devono essere modificati sulla
base delle nuove normative. In caso contrario si applicano in quanto compatibili. |
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Bologna, Riforma dello Statuto dell'Università, in applicazione della
Legge Gelmini
Conferenza convocata dal Rettore, svolta il 17
feb 2011 |
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Il rettore esordisce con un' ammonizione messianica:
"L'università vive nel mondo,
ma non è di questo mondo",
e dopo egli la interpreta:
"vale dire, vive tra i privati, ma è pubblica".
Documento
ufficiale pubblicato il 15 marzo 2011 |
Ivano Dionigi, rettore
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Ma, poi, ... tra il pubblico si capisce solo la metà
del discorso, complice il microfono. Nè è fornito un proprio testo scritto e neppure
alcunchè che anticipi le conclusioni della "Commissione rettorale
per la riforma".
Conclusione: si trova confermata la politica e il metodo di questo Rettore:
"Se vôi l'ammirazione de l'amichi, nun
faje capì mai quello che dichi" (Trilussa)
Le conclusioni della
Commissione arriveranno il 15 marzo, ossia un mese dopo (clicca: Documento Commissione). Queste le
prime annotazioni:
1) Esse consistono in un ventaglio di riordino dei dipartimenti e delle
scuole/facoltà.
Nel documento c'è assenza totale di elementi relativi
alla nuova Governance. Questo significa che (circa il riordino dei
dipartmenti e scuole) l'attuale assetto di potere vuole fare trovare il fatto compiuto al
nuovo assetto di Governance, e ciò tradisce la legge di riforma che, anche se non piace,
va applicata fedelmente (prima la Governance, e dopo le decisioni sul riordino dei
dipartimenti e delle facoltà...);
2) Il Documento della Commissione prospetta il riordino dei dipartimenti e
scuole/facoltà come rimpasto dei centri decisionali locali esistenti. I membri dei
Dipartimenti dovranno essere almeno 50 docenti di ruolo, le scuole/facoltà potranno
essere 5-7, oppure 10-12 (?)....
Ciò tradisce di nuovo la legge, perchè la riduzione del numero dei
dipartimenti non porta necessariamente una economia dei costi. Esistono sia le economie di
scala sia le diseconomie di scala. Es.: l'eccesso di centralizzazione può portare molti
costi di trasporto e molte perdite di tempo per andare e tornare dal centro.
Per stare alla legge, che vuole una economia dìi costi, la priorità va
data all'anagrafe degli insegnamenti. Il motivo è che il numero delle scuole/facoltà
viene dopo al numero delle lauree, e queste vengono dopo il numero degli insegnamenti.
Infatti i costi sono generati dal numero degli insegnamenti, non da quello delle lauree.
Le diverse lauree sono, il più delle volte, un diverso modo di mettere insieme gli
insegnamenti. Con lo stesso tipo di mattoni, posso fare case molto diverse. |
Qui sotto sono riportati alcuni interventi, di
cui abbiamo ottenuto il testo scritto.
Essi sono al buio del documento della Commissione, perchè venuto dopo.
.
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Marianna Sica, Studentessa |
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" Il laboratorio di autoriforma sta cercando da tempo,
relazionandosi ai vari soggetti dell'università, di pensare la costruzione di un
cambiamento dell'università, che ..."
(continua)
|
Prof. Luigi Guerra, Preside
|
" Appartengo al numero
di coloro che si ritengono offesi come cittadini e come docenti dalla miopia culturale e
normativa ...."
(continua) |
Prof.Giuseppe Sassatelli, già Preside
|
"Condivido in primo luogo l'intenzione di partire da una idea
progettuale "alta" e di respiro, che vada ben al di là della semplice
riorganizzazione ..."
(continua) |
Maurizio Matteuzzi,
prof. Associato
.
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" Ieri abbiamo letto su tutti i giornali che Berlusconi non
è "preoccupato". E' stato un conforto, ora siamo più certi di essere dalla
parte giusta ..."
(continua) ... |
Sergio Brasini,
Prof. Ordinario
.
|
"Magnifico Rettore, cari Colleghi, eccomi qua a rappresentare pubblicamente
linverno del nostro scontento.Prendo la parola.."
(continua) ... |
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Dott.ssa Alessandra Maltoni, Personale tecnico e amm.vo
. |
"Magnifico Rettore, Cari Colleghi,
per il personale tecnico amministrativo non è certo facile inserirsi nel
percorso..."
(continua) ... |
CdA, Sig.ra Antonella Zago, Personale tecnico e amm.vo
.
|
"Non posso che condividere le richieste che altri hanno avanzato
sulla rappresentanza del personale dentro la commissione e ..."
(continua) ... |
Breve rapporto e sintesi della Conferenza,
per gli assenti delle varie università italiane |
1.-
Il pessimo microfono ha permesso di capire solo la metà delle cose dette dal
Rettore, e non suffragate dalla diffusione di un testo scritto (neppure successivamente,
pur essendone stato richiesto). La cosa, peraltro, è in linea con la politica di
questo rettore, a cui si addice un aforisma di TRILUSSA: "Se vôi l'ammirazione
de l'amichi, nun faje capì mai quello che dichi". E infatti, fin dai tempi della sua
elezione, non ha reso dichiarazioni programmatiche.
Questo criterio non è parso andare bene neppure per gli "amici" che
l'hanno votato, poichè nella Conferenza egli è risultato ampiamente scavalcato a
sinistra.
C'è dell'altro. Nei fatti, è risultato più realista del re. Ricordo tre fatti:
1) Da un anno egli ha nominato una Commissione per la riforma
dello Statuto componendola, senza passaggi elettivi dal basso, di 10 prof. ordinari, 2
studenti, 2 amministrativi (no prof. associati, no
Ricercatori).
2) Lo scorso anno, in un incontro voluto dai sindacati e associazioni
universitarie, a precisa domanda, aveva risposto che la riforma Gelmini, "pur se va
migliorata", premia la "meritocrazia", e la "meritocrazia fa rima con
democrazia" (?) ;
2.- In compenso il vuoto propositivo del rettore è stato riempito dai
numerosi interventi (l'Aula di Santa Lucia era stracolma, posti a sedere, 1000), centrati
sulla richiesta di precisi requisiti che il nuovo Statuto "dovrà avere", quali
democrazia, trasparenza, imparzialità, e tutela dell'identità storica dell'Ateneo, e
specificamente :
- eleggibilità e rappresentatività degli organi, anche con interpretazioni
estensive della legge, laddove questa lascia campo aperto, ad es. istituire un Consiglio
elettivo del personale tecnico e amministrativo, con parere obbligatorio, non vincolante,
per il CdA, in materia organizzativa; e un analogo Consiglio elettivo studentesco, che
oggi già c'è nel vecchio Statuto, ma senza parere obbligatorio nelle materie di più
diretto interesse studentesco;
- salvaguardia della tipicità della tradizione scientifica e didattica dell'Ateneo di
Bologna (vale dire, sì a riduzione del numero delle strutture scientifico-didattiche, ma
non seppellimento delle caratteristiche storiche qualificanti dell'Ateneo);
- diritto effettivo allo studio (vale dire chiari istituti a salvaguardia e
riconoscimento della possibilità di verifica degli studenti, circa l'offerta didattica; e
validi servizi esterni a supporto della sua frubilità),
3.- il rettore non ha commentato degli
argomenti sottoposti, anzi trinceratosi dietro l'addurre di essere lì per ascoltare,
ma non senza ammonire che "se entro il 15 luglio 2011 lo Statuto non sarà pronto,
l'Ateneo rischia il commissariamento".
4.- Poi, in seguito alla turbolenza verbale
degli studenti (ma anche di professori ordinari) , a tutto decisi, fuorchè a "essere
presi i giro", egli ha opposto che risponde non a loro, ma a quelli che
l'hanno eletto, cosa che gli ha suscitato un boomerang psicologico essendo stato, il prof.
Delbono, tra i suoi elettori, e avendo anzi (i due) avevano celebrato il matrimonio
Comune-Ateneo a Santa Lucia, solo 2 anni fa.
5.- Ciò ha finito per irritare
ulteriormente gli studenti, che gli hanno opposto : "Se la paura del rettore è il
commissariamento dell'università da parte del ministero, noi diciamo che la mancanza,
oggi, di risposte da parte del rettore determinerà un commissariamento da parte degli
studenti", ed a cui è seguita una irruzione di gruppo, con tanto di striscione in
opposizione alla Conferenza "mediatica" del Rettore.
|
1
Intervento personale Sergio Brasini, Professore
Ordinario di Statistica
Magnifico Rettore, cari Colleghi,
eccomi qua a rappresentare pubblicamente linverno del nostro scontento.
Prendo la parola come componente del gruppo dei Docenti Preoccupati e già conoscete la
nostra posizione di totale rigetto della cosiddetta contro-riforma Gelmini. Mi inserisco
nella discussione per segnalarvi laspetto che più mi preoccupa sul modello di
Università pubblica che ci attende negli anni a venire. Grazie al combinato disposto di
provvedimenti quali la Legge 133/2008, la Legge 240, i D.M. 17 e 50/2010 e, buon ultimo,
il cosiddetto Decreto mille proroghe, lesito finale più che prevedibile
sarà la chiusura di numerose Università, il ridimensionamento drastico di altre,
lulteriore riduzione dei fondi destinati alla ricerca, allinnovazione e al
diritto allo studio. Proprio con riferimento a questultimo aspetto, penso che i
provvedimenti citati mettano a rischio di tenuta uno dei più importanti elementi di
perequazione sociale presenti nella nostra Costituzione. Per la prima volta dopo 40 anni,
ad essere in pericolo è un pilastro democratico della nostra Società, cioè lidea
stessa di una Università aperta a tutti e tesa a favorire percorsi di ascesa sociale.
Due semplici numeri ci aiutano a capire qual è la posta in gioco: a metà degli anni
60 gli studenti universitari in Italia erano 400.000, oggi sfiorano i due milioni.
Da statistico non mi è difficile proiettare nel tempo le tendenze in atto per quanto
riguarda la consistenza e la composizione per età e per fasce del personale docente degli
Atenei, soprattutto alla luce dei futuri pensionamenti, del blocco del turn-over e della
prevista ulteriore riduzione dei fondi a disposizione del sistema universitario pubblico.
Perciò vi posso segnalare, con un livello di fiducia prossimo alla pratica
certezza, che in assenza di una drastica inversione di tendenza (al momento neppure
lontanamente immaginabile) tra qualche anno le Università pubbliche italiane saranno in
grado di servire e sostenere una popolazione studentesca non superiore alle
500.000 unità in base ai requisiti necessari di docenza. Una vera tragedia!
Senza una Università pubblica davvero aperta a tutti, i figli delle classi sociali più
disagiate, anche se capaci e meritevoli, torneranno in larga parte ad esserne esclusi. Chi
vorrà studiare decentemente, ma anche insegnare o fare ricerca, si dovrà rivolgere ai
privati, pagando, indebitandosi o gravando sulle famiglie di origine. Una prospettiva che
potrebbe fare gola a molti: dopo quello della salute, il mercato della formazione si
candida a diventare il nuovo grande affare dei nostri anni.
Il modello al quale tenderà a conformarsi lItalia è verosimilmente quello
dellUniversità americana (ovviamente finanziamenti esclusi!), intesa come sistema
nel suo complesso: dove oggi coesistono trenta o quaranta Atenei di grande livello e
alcune migliaia di City College o di State University che sono
perdonatemi il cinismo qualcosa a metà strada tra il riformatorio e la scuola di
avviamento professionale. Un sistema fondato su debiti e prestiti donore, che ormai
le stesse banche americane sono restie a concedere.
Un altro dei miei motivi di forte preoccupazione, dopo lapprovazione della Legge
240, è quello di una possibile crescita a dismisura della sfera di influenza dei Rettori.
Allo stesso modo mi preoccupa molto il tema della nuova composizione dei Consigli di
Amministrazione, investiti di un potere decisionale assoluto. In questi Consigli
siederanno membri esterni sostanzialmente scelti dai Rettori, che potrebbero essere
portatori di interessi altrettanto esterni agli Atenei. Se dai Consigli saranno eliminate
le rappresentanze elettive di personale docente, ricercatori e tecnici-amministrativi,
verranno meno quei principi di governance partecipata che hanno finora garantito
lesistenza di una pluralità di voci ed evitato linstaurarsi al governo degli
Atenei di una sorta di oligarchia tecnocratica.
Per tutti i motivi che ho ricordato sono profondamente convinto che in questa fase
straordinaria per la vita dellUniversità pubblica sia più che mai necessario un
nuovo patto fondativo tra tutte le componenti del nostro Ateneo (docenti, ricercatori,
personale tecnico-amministrativo, precari e studenti). Vorrei che lAteneo di
Bologna, per la sua storica autorevolezza, morale prima ancora che scientifica e
didattica, si dotasse di uno Statuto che fosse un vero modello di democrazia
partecipativa. In modo da costituire una guida ed un punto di riferimento per tutti gli
Atenei italiani. Sfruttando pienamente, se necessario, lampia autonomia progettuale
che la Legge riserva agli Atenei virtuosi, eccellenti e policentrici. Il documento
dellIntersindacale presentato oggi dal collega Leonardo Altieri contiene indicazioni
secondo me molto importanti in questa direzione.
Per concludere il mio intervento, esprimo un appello affinché tutti coloro che hanno idee
e contributi utili non solo debbano essere ascoltati, ma possano incidere in maniera
concreta sul processo di costruzione di un nuovo Statuto davvero democratico portandovi
allinterno le loro legittime istanze. Il dialogo tra tutte le nostre componenti per
nessun motivo deve interrompersi: se non adesso quando? Magnifico Rettore, la democrazia e
la trasparenza non sono concetti vuoti da predicare solo a parole; vanno invece praticati
quotidianamente, con azioni coerenti e conseguenti, proprie quelle che sono clamorosamente
mancate nel nostro Ateneo nei 324 giorni che sono trascorsi dal 30 marzo 2010 ad oggi. Le
scelte che faremo nei prossimi mesi avranno ricadute sui decenni a venire. Non possiamo
permetterci passi falsi, se sono in gioco il futuro professionale di migliaia di colleghi
(docenti e non docenti) e la libertà di accesso allistruzione superiore delle nuove
generazioni.
La difesa dellUniversità pubblica significa, in
definitiva, difesa di unidea del bene comune, di risorse non divisibili ma
condivisibili. Permettetemi una metafora finale: solo se rimarremo tutti uniti potremo
continuare a crescere assieme. Nessuno si salverà da solo. Lalternativa che ci
aspetta, parafrasando il noto politologo Maurizio Viroli, è quella tra la libertà
dei servi in un futuro regno di solitudini e la libertà dei cittadini
in una futura casa comune: scegliere non dovrebbe essere poi così difficile !
(Ritorna) |
2 Intervento
personale Guerra Luigi, Professore Ordinario di
Didattica e Pedagogia speciale
Preside della Facoltà di Scienze della Formazione
Appartengo al numero di coloro che si ritengono offesi come cittadini e
come docenti dalla miopia culturale e normativa dellattuale riforma universitaria,
solo parzialmente definibile Gelmini viste le complicità accademiche
trasversali che ne hanno accompagnato la promulgazione. Continuando quindi ad oppormi ad
essa con ogni strumento, ritengo comunque necessario partecipare al dibattito sullo
Statuto per portare un contributo a chi cerchi di evitare che le interpretazioni locali
della Legge aggiungano danni ulteriori a quellenorme patrimonio collettivo che è
rappresentato dallUniversità pubblica.
Allinterno della ridefinizione statutaria
dellAteneo, uno dei problemi di maggiore rilevanza è quello della riprogettazione
dei Dipartimenti e delle Facoltà. Come è noto la Legge prevede la chiusura delle
attuali Facoltà e dei Dipartimenti e lapertura di nuovi Dipartimenti (strutture di
primo livello, responsabili della didattica e della ricerca) ed, opzionalmente, di nuove
Scuole (strutture di secondo livello) che raggruppino più Dipartimenti, con compiti
largamente da definire. Su questo specifico argomento propongo le seguenti riflessioni:
- In un Ateneo grande come quello di Bologna le
Scuole non sono unopzione, ma una necessità inderogabile. Non prevederle
significherebbe costruire una situazione nella quale diverse decine di Dipartimenti
(40/50?) si rapporterebbero di fatto senza mediazioni con il Consiglio
dAmministrazione (il ruolo del Senato appare largamente svuotato dalla Legge)
presentando in parallelo le loro proposte/richieste di progettazione culturale e
finanziaria. Questo significherebbe avviare una devastante guerra tra poveri destinata a
consegnare ogni potere reale di controllo e di sviluppo dellAteneo al Consiglio
dAmministrazione. Inoltre, i Corsi di Studio sono in grandissima parte per loro
natura interdipartimentali e non si vede come possano essere consegnati alla piena
responsabilità di singoli Dipartimenti.
- Se le Scuole nascono come federazioni di
Dipartimenti, ne costituiscono il luogo di interrelazione e di progettazione congiunta ed
offrono ad essi ed ai Corsi di Studio, che dai Dipartimenti stessi dipendono, servizi
integrati per la didattica (presidio didattico, internazionalizzazione, organizzazione
tirocini
) e per la ricerca (progettazione della partecipazione a grandi ricerche
nazionali ed internazionali, servizi di amministrazione complessa, fornitura di grandi
apparecchiature, organizzazione di Research Units interdipartimentali
) nasce il
problema della relazione interna tra Scuola e Dipartimenti: come non sottodimensionare il
ruolo di ciascuna delle due strutture?
- Un troppo ridotto numero di Scuole le porterebbe
di fatto ad essere strutture soltanto tecnico-logistiche (politicamente irrilevanti)
rimandando i singoli Dipartimenti ad una interlocuzione diretta con il Consiglio
dAmministrazione. Un maggior numero di Scuole (entro le 12 previste come massimo di
Legge per lAteneo) le porterebbe invece ad essere luoghi reali di discussione e di
progettazione, di scelta e di gestione: ad essere entità culturali maggiormente
identitarie e riconoscibili a livello nazionale ed internazionale. E questa a mio
avviso la soluzione del tutto preferibile. Meglio elaborare congiuntamente richieste e
progetti tra Dipartimenti allinterno di una Scuola, con tutte le contraddizioni che
comunque questo comporta, che giocarsi separatamente come singolo Dipartimento il rapporto
con il Governo centrale dellAteneo.
(Ritorna)
|
3- Per il personale tecnico e amminstrativo Alessandra MALTONI, Laureata
1.- Magnifico Rettore, Cari Colleghi,
per il personale tecnico amministrativo non è certo facile inserirsi nel percorso di una
riforma del sistema universitario avviata sulla base di un intento governativo, a dir
poco, difficoltoso e contestato. Non e facile, innanzitutto perchè subiamo da
troppo tempo la mancanza di una vera progettazione per il nostro intero comparto.
Scontiamo poi ripetutamente la difficoltà di non essere valorizzati per quello che
sappiamo veramente fare. Ci troviamo troppo spesso in ingorghi istituzionali
in cui, a fatica, proviamo a rappresentare un ruolo da protagonisti.
Questo tracciato organizzativo non ha garantito sin qui al personale una
serena attuazione dei propri compiti, nè una concreta spendibilità delle proprie
capacità. Sono spesso mancati i contesti chiari e gli stessi carichi di lavoro hanno
sempre sofferto per un sistema approssimativo e farraginoso. Tutto
ciò non agevola il momento di riflessione e non favorisce il contributo che vorremmo
comunque portare in un momento così difficile per la storia dellUniversità
Pubblica Italiana;
Le nostre difficoltà adesso, tuttavia, crescono, se si prova a tradurre
la fattibilità del tracciato di organizzazione del lavoro, già persistentemente
lacunoso, in unorbita complessa ed insidiosa come la ridefinizione dellintero sistema universitario. E pure,
già il sistema legislativo e le scelte mediatiche intraprese dai recenti governi hanno
privato di spazi le nostre esigenze, anzi, hanno fatto si che spesso venissimo
fraintesi, bollati dietro qualifiche, offensive e
gratuite.
Con un taglio alle risorse e ai diritti, il nostro settore - il pubblico
impiego - quel pubblico impiego anacronisticamente definito
privatizzato - ha visto assottigliare i propri diritti, con leggi poco
discusse e con provvedimenti amministrativi unilaterali e sempre restrittivi.
Questo procedere, nei fatti, ha avvilito le nostre prospettive e mortificato
le nostre esperienze, riducendo le certezze di ciascuno, sia quelle economiche che quelle
giuridiche;
Con un sistema legislativo che non ha saputo armonizzare, e che non ha saputo tenere unite
le istituzioni e le sue componenti lavorative,
ci accingiamo ora, dunque, a riscrivere lo Statuto di questo Ateneo;
2.- Molto egià stato detto nel dibattito precedente. Aggiungo solamente alcuni
principi:
Noi tecnici amministrativi ci attendiamo regole chiare, linee
guida ben definite e soprattutto contestuali alle progettazioni dinsieme.
Chiediamo quindi che siano scritti con chiarezza, nella successiva fase che ci attende
(quella di attuazione regolamentare), anche i criteri, delle nostre, di
riorganizzazioni, senza che si releghi la nostra componente ad un
perimetro fatto di indifferenza, di sottovalutazione dei problemi e di
compressione dei ruoli.
Non vogliamo particolari concessioni: Chiediamo soltanto che i nostri
diritti siano reinterpretati con paletti certi ed incontrovertibili.
Se avremo un quadro chiaro e preciso, faremo tranquillamente a meno
anche dei suggerimenti psicologici ! !
Un percorso che abbia regole oggettive e che non lasci spazio ad
interpretazioni discrezionali, che non
emargini le realtà individuali e di categoria, saprà evitare i conflitti e ridurrà i
potenziali disagi;
3.- In questa fase ci aspettiamo poi, anche e soprattutto, il rispetto della
partecipazione democratica nel ripensare il governo dellAteneo. Quindi:
1. vorremmo vedere finalmente riconosciuta la reale partecipazione alla
elezione del Rettore, in quanto siamo parte attiva di questa comunità e vogliamo
esserne, anche Noi, protagonisti nellindividualizzazione della sua massima Autorità
istituzionale;
2. Riteniamo poi che la democrazia sarà reale se saprà garantire anche la nostra
presenza negli organi, limitando nel contempo i discutibili ingressi di privati,
estranei allAteneo;
Avrei tanto da dilungarmi per esporre il mio punto di vista su una delega
legislativa di cui non condivido nè i principi ispiratori, nè la
forza innovatrice, ma preferisco privilegiare la sinteticità;
4.- Concludo quindi, esprimendo soprattutto la mia Solidarietà agli
Studenti che lottano da soli per difendere il
loro Futuro, spesso inascoltati;
Se vogliamo davvero che la Libertà di insegnamento,
lEguaglianza sostanziale, il Diritto allo Studio non diventino solo dettati
formali, ma continuino ad essere i Valori imprescindibili scritti dalla Nostra
Costituzione, abbiamo il dovere, in ogni sede ed in ogni occasione, di valorizzarne
sempre la portata e la coerenza ! !
(Ritorna) |
4 - Intervento per i "docenti preoccupati". Maurizio Matteuzzi, Professore Associato di Filosofia
e Teoria dei Linguaggi
Ieri abbiamo letto su tutti i giornali che Berlusconi non
è "preoccupato". E' stato un conforto, ora siamo più certi di essere dalla
parte giusta (il confronto era col rettore Dionigi, "apparentemente" anch'egli
"non preoccupato" dalle proteste dilaganti e ampie, in Santa Lucia, la sala
piena, 1000 persone - NdR).
Nei limiti del tempo massimo imposto dal Rettore (tre minuti), voglio offrire
all'assemblea un quadro comparativo della composizione delle Commissioni rettorali di
alcuni Atenei, incaricate di predisporre un progetto di riforma dello Statuto generale di
Ateneo. Rilsulta che la posizione di Bologna è estrema, rispetto a tutte le
altre.
Composizione della Commissione
rettorale incaricata di fare il progetto di nuovo Statuto
|
Professori
Ordinari |
Professori
Associati |
Ricercatori
Universitari |
Università Ca' Foscari, Venezia |
4 |
3 |
1 |
Università della Calabria |
7 |
2 |
2 |
Università Statale di Milano |
7 |
2 |
2 |
Università del Piemonte Orientale |
7 |
3 |
1 |
Politecnico di Milano |
6 |
3 |
2 |
Università di Lecce |
7 |
1 |
1 |
Università del Sannio |
4 |
4 |
2 |
Università di Catania |
4 |
4 |
3 |
Università di Salerno |
9 |
1 |
1 |
Università di Parma |
6 |
2 |
2 |
Università di Udine |
5 |
2 |
2 |
Università di Sassari |
6 |
2 |
2 |
Università di Palermo |
3 |
3 |
3 |
Università di Roma "La
Sapienza" |
3 |
3 |
3 |
Università di Bologna* |
10 |
0 |
0 |
* Da aggiungere 2 studenti e 2 tecnico amministrativi |
Ora potrei leggere una seconda volta l'elenco esplicitando
quanti siano stati i casi di designazione e quanti quelli di scelta basata su elezioni o
indicazione di organi democratici.
Ci si lamenta spesso che, per un meccanismo noto ai più come
"porcellum", abbiamo dei parlamentari DESIGNATI e non eletti;
"porcellum" - ta en tê fonê tôn en tê psichê pathemáton symbola dice il
Filosofo - o nomina sunt consequentia rerum - dice il Giurista; la massima stima ai
colleghi DESIGNATI in commissione; nessuno ci costringeva, ma anche noi siamo messi così.
Magnum gaudio dico vobis: habemus porcellum dice il Porporato.
Ora potrei leggere una terza volta l'elenco evidenziando le date di
insediamento; salvo un caso, tutte posteriori al 29 gennaio, data di entrata in vigore
della 240/10. Bologna: 30 marzo 2010.
L'Alma Mater è arrivata prima, come nel 1088.
Fu vera gloria? Si chiede il Poeta. Magari, non lo sarà per sempre. E' pur
vero che de futuris contingentibus non est determinata veritas, come dice lo Scienziato;
ma prendiamo una data a caso, per esempio, il 6 aprile; chissà dopo ...
Ecco, io credo che questo esasperato furore nell'obbedienza al governo del
bunga-bunga non ci faccia onore.
Speriamo che la commissione lavori, meglio, abbia lavorato e lavori, in modo
sublime, glielo auguriamo e ce lo auguriamo di tutto cuore; ma, certo, si poteva
cominciare meglio.
(Ritorna) |
5. Intervento personale Giuseppe
Sassatelli, Professore Ordinario di Archeologia
già Preside di Lettere e Filosofia, già Candidato Rettore
1.- Condivido in primo luogo l'intenzione di partire da una idea
progettuale "alta" e di respiro che vada ben al di là della semplice
riorganizzazione dell'esistente. Non farlo significherebbe sprecare un'occasione
importante per la nostra Università che a quasi 20 dal suo primo Statuto ha bisogno di
rinnovarsi profondamente anche perché da allora sono cambiate moltissime cose. Vorrei
fare alcune riflessioni nella direzione di innovare il nostro assetto, prima di tutto sul
piano organizzativi e poi anche su quello culturale.
2.- Sul piano organizzativo e relativamente ai Dipartimenti non è solo una questione di
dimensione e di numeri (40 previsti dalla legge e 50 indicati dalle Linee Guida). Ma è
una questione di ruoli e di funzioni che cambiano radicalmente.
Credo sia necessario ribadire con chiarezza che la
caratteristica fondamentale dei Dipartimenti è quella di articolazioni alle quali deve
far capo la ricerca. E' vero che la legge prevede per i Dipartimenti una funzione aggiunta
relativa alla didattica, ma questa non deve andare a scapito della loro specificità sul
piano della ricerca.
Tale principio comporta un inevitabile conseguenza, prevista dalla legge e
contenuta anche nelle Linee Guida del nostro Ateneo. I Dipartimenti devono caratterizzarsi
per una relativa omogeneità dei settori scientifico-disciplinari che ad essi fanno
riferimento (legge) e per una chiara congruità culturale e scientifica (Linee Guida).
Si tratta di un principio assolutamente imprescindibile che da un lato non
deve essere interpretato in modo troppo rigido, ma dall'altro deve garantire che nei
processi di aggregazione si tenga conto di tale congruità sulla base di almeno tre
elementi:
- i metodi e le tradizioni di studio delle diverse discipline;
- i fini della ricerca nei diversi ambiti disciplinari;
- la ricaduta della ricerca sul piano didattico e formativo.
Se davvero teniamo conto di questi elementari parametri non credo sia
difficile definire cosa si intende per congruità culturale e scientifica. Oltre ad avere
una certa omogeneità sul piano culturale i Dipartimenti debbono essere anche
sufficientemente ampi e articolati per misurarsi con la didattica (la nuova funzione
prevista dalla legge).
3.- Credo sia importante inoltre definire fin da ora e con la massima precisione le
modalità da adottare nei processi aggregativi conciliando la libertà di afferenza di
ogni singolo docente (sancita dalla legge oltre che da un principio assolutamente
inderogabile) con la necessità di un imprescindibile riordino istituzionale che elimini
il più possibile sovrapposizioni e mescolanze.
Senza entrare nel dettaglio dei meccanismi credo sia importante
ribadire fin da ora il principio che ogni Dipartimento sarà il punto di riferimento unico
o comunque prevalente per i settori disciplinari che ad esso fanno riferimento e che
ciascun docente sarà libero di afferire altrove ma dovrà farlo consapevole del fatto che
in quel Dipartimento e solo in quello si prenderanno le decisioni che riguardano quel
determinato settore scientifico-disciplinare.
4.- Una grande attenzione dovrà essere dedicata alle eventuali "Sezioni" che
possono essere un utilissimo strumento per salvaguardare specificità culturali
all'interno e visibilità scientifica all'esterno (specie nel caso di aggregazioni ampie),
ma non devono essere un modo per riproporre autonomie improprie, separazioni rischiose e
conflittualità eccessive all'interno dei singoli dipartimenti. E se previste devono
comunque essere ben regolamentate sulla base di parametri chiari e definiti.
5.- Relativamente al rapporto tra ricerca e didattica vanno studiati
meccanismi appositi e differenziati per garantire un intreccio virtuoso e non penalizzante
tra questi due aspetti.
Un legame tra ricerca e didattica è relativamente facile per la lauree
magistrali, ben caratterizzate e selettive sul piano scientifico; mentre è più complesso
per le lauree triennali, più "generaliste" e trasversali. In assenza di
meccanismi differenziati per questo intreccio tra didattica e ricerca si rischia di
penalizzare e di omologare le specificità della ricerca.
E a questo proposito, anche se la legge le considera facoltative, credo
sia assolutamente necessario prevedere strutture di II livello (Scuole o Facoltà) con
funzioni di coordinamento e anche di riequilibrio interno nell'ambito dell'Ateneo.
E a questo riguardo io credo che il numero delle Scuole debba essere il più
ridotto possibile: l'ipotesi di poche Scuole (una delle ipotesi in campo) mi sembra
largamente condivisibile perché poche scuole assicurerebbe un coordinamento maggiore,
più coerente e con forti economie di scala (si pensi solo alla docenza); sarebbero più
innovative e consentirebbero di armonizzare meglio le esigenze della didattica e quelle
della ricerca con la necessaria salvaguardia delle specificità di quest'ultima nei vari
settori, scongiurando quella omologazione che è un pericolo assolutamente da evitare.
6.- Sul piano culturale, infine, sono assolutamente convinto che vada sfruttata questa
occasione non solo per riorganizzare e adattare alla nuova normativo l'esistente (il
"vecchio"), ma anche per proporre qualcosa di nuovo considerando attentamente
quello che in Ateneo non c'è e che potrebbe (o dovrebbe) avere spazio sia sul piano
didattico che su quello scientifico.
E sotto questo aspetto penso in particolare alla Romagna per la
quale solo una forte differenziazione e specificità culturale può portare a solide
articolazioni decentrate superando i doppioni più o meno mascherati che possono
costituire una debolezza per il decentramento.
Molto è stato fatto; ma credo che qualcosa si possa ancora fare.
Le modifiche di Statuto, assolutamente necessarie sul piano
istituzionale possono essere infatti una buona occasione anche per rivisitare i nostri
assetti culturali, modificando, integrando, e aggiungendo (o magari anche eliminando, se
necessario) qualcosa a quanto ora è presente.
(Ritorna) |
6.-
Intervento per il "Laboratorio di autoriforma" Marianna SICA, Studentessa
1.- Il laboratorio di autoriforma sta cercando da tempo, relazionandosi ai vari soggetti
dell'università, di pensare la costruzione di un cambiamento dell'università, che
riteniamo necessario, in un modo partecipato e vivo.
E dal movimento dell'Onda che gli studenti hanno espresso
la loro voglia di protagonismo nella trasformazione dell'università. Ponendoci sempre con
un'attitudine propositiva e mai solo distruttiva, posto il nostro netto no alle proposte
di riforma arrivate dal ministero, i nostri punti qualificanti sono sempre stati:
- l'autogestione del percorso formativo;
- l'autoformazione come pratica di condivisione di saperi dentro
l'università tra docenti. ricercatori e studenti;
- ricerca libera e indipendente:
- un welfare adeguato all'essere studenti oggi, che è
direttamente essere anche lavoratori;
- e un no netto al lavoro gratuito dentro l'università, che
coinvolge studenti e ricercatori con stage e tirocini gratuiti e assegnazione di
insegnamenti a titolo gratuito.
Crediamo che in un momento di crisi economica di questo tipo sia
inaccettabile che la nostra vita di precari e di sfruttati inizi e prosegua dentro
l'istituzione universitaria.
2.- Il movimento studentesco ha espresso una forza incredibile in questo autunno e ha
posto a tutto il paese il problema di un'intera generazione senza futuro, questione che
(pensiamo) tutti i soggetti che hanno un ruolo nella nostra società non possano più far
finta di non vedere e sulla quale debbano prendere delle posizioni.
Per noi una posizione dalla quale non si può tornare indietro è il
rifiuto della legge Gelmini, che per quanto riguarda gli studenti significa prima di tutto
un taglio netto e inaccettabile delle borse di studio, attacco vero e proprio alla
libertà di scegliere del proprio futuro.
Mentre nel resto d'Europa le tasse universitarie sono molto più basse
(anche se vediamo il caso dell'Inghilterra che ci dice che la questione dell'accesso
all'università è una questione centrale dentro la crisi attuale) e gli ammortizzatori
sociali riescono ancora a mantenere una rete di salvezza per gli studenti e i precari, il
nostro paese si distingue per le altissime tasse universitarie e la mancanza di ogni
ammortizzatore sugli affitti, sulle borse di studio ecc.
Se a questo aggiungiamo la mancanza di prospettive, una volta usciti
dall'università, allora capiamo tutti che per noi 1'unica prospettiva di vita
soddisfacente si può disegnare fuori dai confini di questo paese.
E sono i nostri professori che per primi ci dicono di andarcene.
3.- Però noi non intendiamo subire passivamente quello che ci sta accadendo, non
intendiamo scappare.
Vogliamo invece continuare a parlare, a lottare, a cercare con tutte le
nostre forze di far capire che qua c'è in ballo tutto il nostro futuro e che non è
possibile che il rettore Dionigi continui a prenderci in giro, ponendosi pubblicamente
come attento alle istanze dei ricercatori e dei docenti e costruendo momenti come questo,
e allo stesso tempo continuando a stare attivamente dentro alla CRUI, complice e
promotrice prima della riforma Gelmini.
Non accettiamo le forme autoritarie che il rettore ha usato nel
tentativo di spengere il movimento, ricattando i ricercatori quando questi hanno
dichiarato la loro indisponibilità all'insegnamento, dunque dimostrando di avere una idea
di democrazia molto simile a quella dei referendum/ricatto di Marchionne.
4.- E anche oggi noi pensiamo che questo incontro pubblico sia solo una vetrina mediatica
per il rettore, dal quale vorremmo invece delle risposte vere alle questioni che studenti,
ricercatori e docenti. e i tecnici amministrativi stanno ponendo.
Pensiamo che sia tempo di prendere delle posizioni nette, perché
qua non ne va solo del futuro delle carriere di qualcuno o dell'università di Bologna,
qua c'è in gioco qualcosa di molto più grande.
5.- Non consideriamo democratico questo incontro perchè sappiamo che la road map per
l'approvazione dello statuto è già stata disegnata. La commissione statuto istituita con
modalità autoritarie deve essere sciolta, condizione irrinunciabile per poter iniziare a
discutere in maniera vera di riforma dell'università.
Vogliamo delle risposte alle nostre proposte che tendono a costruire
dalle nostre vite un'università diversa. Siamo convinti che l'università come è oggi,
fatta di rapporti di subordinazione, di ricerca ingabbiata. di saperi dequalificati, di
lavoro nero, non l'università che vogliamo.
6.- Noi studenti chiediamo di avviare un vero percorso di autoriforma, di democrazia vera
e partecipata, che per noi non significa poter votare un referendum ma poter decidere in
modo collettivo della nostra vita. Un percorso di autoriforma che coinvolga tutti coloro
che in questi mesi e in questi anni hanno preso parola sulla riforma e che hanno espresso
delle richieste ben precise:
-libertà nel percorso formativo e nella ricerca;
-autoformazione, che significa condivisione e creazione di saperi
in modo partecipato e condiviso tra studenti, ricercatori, docenti;
- servizi necessari
alla vita degli studenti (affitti, borse di studio, mense, biblioteche);
- un investimento reale
nella cultura e nella formazione.....
7.- Delle risposte da parte dell'istituzione sono necessarie e non più rimandabili !
Se la paura del rettore è il commissariamento dell'università da
parte del ministero, noi diciamo che oggi, la mancanza di risposte da parte del rettore
determinerà un commissariamento da parte degli studenti.
(Ritorna) |
7 Per il personale tecnico e amminstrativo Antonella ZAGO, Collaboratore Amministrativo, Dipartimentro di
Istologia
1.- Non posso che condividere le richieste che altri hanno avanzato
sulla rappresentanza del personale dentro la commissione e nei nuovi organi accademici ma
oggi qui il problema che si pone è ben altro. Essere presenti e rappresentanti per fare
che cosa ?
Il Rettore ha detto che il nuovo ordinamento sarà nuovo.
Ma il nuovo è già arrivato e già è stato deciso da pochi.
In questo ateneo si parla di riforma statutaria almeno dal 2006 e ancora oggi
nessuno di noi ha capito quale sarà l'università nuova che vogliamo.
Ancora oggi il rettore si presenta in questa assemblea (che di democratico
non ha nulla) con delle domande malgrado abbia dichiarato alla stampa che a luglio avremo
il nuovo statuto.
Il rettore sostiene che è l'inizio di un confronto serrato. In realtà il
confronto non c'è mai stato e gli incontri che seguiranno si svolgeranno nei Dipartimenti
e nelle Facoltà.
E gli studenti saranno presenti? Io credo di no !
Nel frattempo, considerando solo l'ultimo anno, gli organi accademici hanno
preso decisioni importanti che hanno già modificato alla radice la natura di università
pubblica dell'ateneo di Bologna.
Nel documento di previsione di bilancio 2011 si dice chiaramente che docenti
e ricercatori dovranno procacciarsi da soli i fondi di ricerca mettendosi, magari piegati
in due, sul mercato; gli accordi di co-marketing vedono già attive le sponsorizzazioni; i
poli tecnologici vedono l'aumento smisurato della precarizzazione di ricercatori e
tecnici.
Quando arriveremo ad avere il nuovo Statuto, l'Università sarà già di
fatto cambiata al di là delle regole fissate appunto sulla carta.
2.- Sul fronte del personale tecnico amministrativo mi risulta che la richiesta di
incontro avanzata dal comitato precari tecnici amministrativi nel luglio del 2010, e più
volte rinnovata nei mesi successivi, non abbia trovato nessuna risposta, il rettore ha
bellamente evitato di confrontarsi; dei 12 precari dell'azienda agraria parchi e
giardini che da anni manutentano il verde dell'ateneo, malgrado il rettore abbai
negato con forza qualsiasi tipo di esternalizzazione, ne sono stati assunti due a tempo
indeterminato e due a tempo determinato. Gli altri sono a casa. Chi farà il lavoro di
manutenzione del verde? Le cooperative dietro le quali si cela un meccanismo di
sfruttamento esagerato e un aumento di spesa per l'ateneo. Il personale tecnico
amministrativo di ruolo ha perso più di 200 euro annui con la firma del contratto
integrativo 2010 e lo stesso contratto è stato fir mato solo dalla CGIL, Camera del
Lavoro, nemmeno gli RSU, delegati eletti direttamente dai lavoratori hanno firmato tale
accordo. Questa non è democrazia, non c'è democrazia in tutto ciò!
3.- Martedì scorso è stata approvata la delibera con cui la Fondazione Alma Mater, tanto
discussa nel passato, diventerà Fondazione Universitaria e quindi un ente privato di
supporto all'ateneo. Quali servizi, che ora sono interni, verranno tra qualche anno
gestiti dalla Fondazione e quale personale passerà in gestione alla stessa fondazione
nessuno ce lo spiega.
4.- L'intelligenza delle persone presenti in platea viene offesa dal suo voler apparire
democratico e deciso a salvaguardare l'università pubblica perché in gran parte, pur non
avendo ricevuto tutte le informazioni sulle scelte fondamentali che hanno già snaturato
la nostra università, colgono comunque la distanza tra i loro problemi quotidiani e le
sue belle parole di oggi.
5.- Cancelli tutti i provvedimenti che hanno già fortemente modificato la natura di
università pubblica del nostro ateneo e crei davvero le condizioni per un confronto
serrato. Solo a partire da queste premesse potremmo considerare sinceri i suoi discorsi
sulla democrazia. Oggi dell'università pubblica di Bologna è rimasta solo la cornice, il
contenuto è già di fatto in linea con la riforma Gelmini !
(Ritorna) |
Ateneo, Consiglio di Amministrazione
Il prof. Gianni Porzi :
- sulla lettera dei "Docenti
preoccupati", al Rettore
- sul discusso referendum, relativo al contratto integrativo
del personale TA, 2010 |
Gianni Porzi
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G. Porzi: "Ai Docenti Preoccupati"
Non posso che condividere, in linea di principio, le preoccupazioni
manifestate nella lettera dai Docenti Preoccupati, che rappresentano una chiara denuncia
di scarsa attenzione a quei principi di democrazia che vengono spesso sbandierati ma non
sempre rispettati.
Ciò premesso, vorrei però far presente e sottolineare che il 30 marzo
dello scorso anno la Congiunta (Assemblea di CdA e Senato, riuniti, NdR) deliberò la
composizione della Commissione istruttoria per la revisione dello Statuto, come proposta
dal Rettore, con il solo voto di astensione del sottoscritto. Quindi, si
dichiararono a favore anche i tre professori di II° fascia e i tre Ricercatori che
siedono in CdA.
A mio avviso, se la Commissione proposta dal Rettore,
per di più nella composizione prevista dalla Legge di riforma Gelmini (all'epoca non
ancora in vigore), non fosse stata avallata dal voto della Congiunta, la richiesta dei
"Docenti preoccupati" avrebbe avuto una sua logica giustificazione.
Ma ora, chiedere l'azzeramento della Commissione
istruttoria per formarne un'altra che preveda la presenza anche di professori di II fascia
e di Ricercatori, ritengo sia improponibile perchè la Commissione contestata non è un
semplice gruppo di Colleghi che ha lavorato su incarico del solo Rettore, ma è una
Commissione investita ufficialmente dalla Congiunta, essendo stata legittimata da un voto
plebiscitario, con l'incarico di elaborare un nuovo Statuto sulla base di precise linee
guida.
Il Rettore, in sostanza, ha abilmente fatto in modo che la
Commissione avesse una veste ufficiale e non fosse solo la sua Commissione da lui
insediata, come fece legittimamente l'ex Rettore Calzolari che nominò motu proprio la
Commissione per la revisione dello Statuto (presieduta dal prof. Pombeni).
La cosa sorprendente è che solo ora alcuni si
accorgono di come stanno realmente le cose.
Piuttosto, se c'è stata un'anomalia molto rilevante è che la
Commissione, per coerenza alla modalità di insediamento, avrebbe dovuto riferire lo stato
di avanzamento dei lavori alla Congiunta che l'ha nominata e investita dell'incarico, cosa
che invece non è mai avvenuta, nonostante più volte sia stata avanzata la richiesta al
Rettore.
Gianni Porzi*
* Università di Bologna |
Sul referendum farsa di fine anno
2010
INTERVISTA AL PROF. PORZI
Domanda
:
sulla stampa locale è stata riportata la notizia, con una certa enfasi,
dellapprovazione da parte del CdA del contratto integrativo del Personale T.A.
relativo al 2010 che però mi risulta non fosse stato siglato da alcuni sindacati.
Risposta : sì, il CdA nella seduta straordinaria del
28/12/2010 ha approvato il Contratto; il comunicato stampa riportato dalle cronache locali
ha però tralasciato alcune precisazioni affatto irrilevanti. Infatti, il Contratto in
questione è stato sottoscritto da un solo sindacato, cioè la CGIL, mentre CISL, UIL e
RdB non lo hanno siglato sia perché non lo condividevano dal punto di vista sostanziale,
sia per il modo in cui è stata condotta la trattativa la quale, pur riguardando il 2010,
inspiegabilmente iniziò solo alla fine di ottobre dello stesso anno.
D. : ma come è stata possibile una cosa del genere ?
R. : come purtroppo a volte accade, il CdA non è stato
messo nella condizione di poter dare un proprio contributo allipotesi di contratto,
proponendo cioè eventuali modifiche, in quanto la scadenza del 31/12 non lo permetteva.
La presentazione di pratiche in zona Cesarini (modalità che sembrerebbe far
parte del DNA dellAlma Mater) non consente lo svilupparsi di un dibattito dal quale
possano uscire proposte tese a individuare la migliore soluzione possibile. I Consiglieri
si trovano sostanzialmente di fronte al fatto compiuto e quindi senza
possibili alternative se non quella del respingimento della pratica che però a volte può
causare danni per il mancato rispetto delle scadenze.
D. : ma in questo modo il CdA viene meno ad una sua
funzione importante, cioè quella propositiva.
R. : infatti è proprio così, il CdA viene relegato ad
Organo per la ratifica di decisioni assunte altrove (modus operandi che per la
verità viene da lontano) e quindi viene svilito quel ruolo propositivo che, oltre a
quello decisionale, per legge dovrebbe qualificarne lazione.
D. : dal punto di vista finanziario, a quanto ammonta il
trattamento accessorio per il Personale T.A.?
R. : il trattamento accessorio per il Personale T.A.
ammonta per il 2010 a 8,443 Ml (inclusi gli oneri a carico dellEnte), contro gli
8,333 Ml del 2009, con un incremento dell1,3%.
D. : ti sono note le ragioni per le quali i tre
Sindacati non hanno siglato lipotesi di Contratto ?
R. : da contatti telefonici avuti con alcuni esponenti, mi
risulta che oltre al dissenso sulla sostanza del contratto, vi erano anche perplessità
sullattendibilità della consultazione dei lavoratori in quanto : a) su richiesta
della CGIL lamministrazione, che era parte in causa, avrebbe messo a disposizione,
con sorprendente rapidità, quanto necessario per effettuare la consultazione per via
telematica; b) il lavoratore poteva partecipare alla consultazione utilizzando solo le
proprie credenziali e quindi alcuni hanno sollevato perplessità sulla garanzia
dellanonimato e della segretezza del voto; c) la consultazione ha avuto luogo nel
periodo delle festività natalizie (dal 23 al 27) quando un non trascurabile numero di
persone era in ferie.
D. : ma quale è stato il risultato di tale
consultazione ?
R. : 823 favorevoli e 74 contrari. Ma voler poi
giustificare il tutto con il risultato della consultazione ritengo sia opinabile dal
momento che i votanti rappresentano appena il 32% degli aventi diritto. In democrazia non
si può sorvolare un così grande numero di non partecipanti alla votazione.
D. : pertanto qualè stato il tuo atteggiamento in
CdA?
R. : per le ragioni esposte non ho ritenuto, in piena
coscienza, di poter votare a favore della ratifica del Contratto ed ho scelto pertanto di
astenermi. Se è stata o meno una scelta politica oculata quella di non fare il massimo
per raggiungere una sintesi condivisa almeno dalla maggioranza sindacale, penso lo si
vedrà presto. Vorrei concludere con unamara constatazione : si assiste
frequentemente ad esercitazioni orali sul concetto di democrazia e come essa
debba essere realizzata, in particolare quella che si definisce come E-democracy e
che pare essere la nuova frontiera (valga la discussione in corso in Gran Bretagna
sulla proposta del Premier David Cameron di sottoporre le leggi alla consultazione
preventiva degli elettori utilizzando sistemi elettronici), ma raramente, purtroppo,
queste dotte discettazioni vengono poi trasferite nella pratica di tutti i giorni. E
proprio vero che tra il dire e il fare cè di mezzo il mare. |
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Da: |
- "I Docenti Preoccupati"
- "Il coordinamento nazionale dei Professori associati (ConPass)
- " La rete 29 Aprile |
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A:: |
- Magnifico Rettore dell'Università di Bologna
- Senato Accademico
- Consiglio di Amministrazione |
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PETIZIONE
RELATIVA ALLA COMMISSIONE ISTRUTTORIA
PER LA REVISIONE DELLO STATUTO
Il 30 marzo 2010, nella riunione in seduta congiunta
di Senato Accademico e Consiglio di Amministrazione, ha preso il via ufficialmente la
procedura individuata dalla Giunta dellAteneo di Bologna per la revisione del
proprio Statuto. Nelloccasione sono state infatti approvate le linee guida alle
quali avrebbero dovuto attenersi i lavori di una Commissione istruttoria votata in quella
sede.
La composizione della Commissione, formata da 15 membri, era la seguente:
Ivano Dionigi (Rettore e Presidente della Commissione);
Giuseppe Caia (Professore ordinario, Dipartimento di Scienze Giuridiche);
Paolo Pombeni (Professore ordinario, Dipartimento di Politica, Istituzioni,
Storia);
Giliberto Capano (Professore ordinario, Dipartimento di Scienza Politica);
Giovanni Dore (Professore ordinario, Dipartimento di Matematica);
Aldo Bertazzoli (Professore ordinario, Dipartimento di Economia e
Ingegneria Agrarie);
Guido Avanzolini (Professore ordinario, Dipartimento di Elettronica, Informatica,
Sistemistica);
Marco Zoli (Professore ordinario, Dipartimento di Medicina Interna,
dellInvecchiamento e Malattie Nefrologiche);
Angelo Varni (Professore ordinario, Dipartimento di Discipline Storiche,
Antropologiche e Geografiche);
Rosella Rettaroli (Professore ordinario, Dipartimento di Scienze Statistiche);
Davide Pianori (studente);
Alberto Aitini (studente);
Giovanni Longo (EP - area amministrativa - gestionale, ADOC Settore
Personale Docente);
Donatella Alvisi (Cat. EP - area amministrativa - gestionale, Facoltà di Lettere e
Filosofia);
Cristina Balboni (Direttore generale della Formazione della regione Emilia
Romagna).
Non fanno dunque parte della Commissione né Ricercatori né Professori associati.
La Commissione istruttoria ha operato in questi mesi circondata dal più fitto
riserbo sulla sua attività. Nessuna bozza di documento è finora stata proposta alla
pubblica attenzione. Nessuna comunicazione, formale o informale, è stata restituita dal
Magnifico Rettore alla comunità accademica sullo svolgimento e sulla tempistica dei
lavori, fatta eccezione per la sintetica risposta fornita ad uninterpellanza di un
Consigliere di Amministrazione nel mese di novembre 2010. Nessuna audizione (e/o momento
di ulteriore riflessione a livello di Ateneo) è al momento stata resa nota. Pare di
capire che, nellattesa dellapprovazione del DDL Gelmini da parte del
Parlamento, la Commissione abbia preferito di fatto attendere lo sviluppo degli eventi.
Il 30 dicembre 2010 il Capo dello Stato ha firmato, in vista della sua
promulgazione, la Legge 1905 di riordino del sistema universitario. Essa è stata
pubblicata sulla GU in data 14 Gennaio 2011. Una delle conseguenze più visibili della
Legge è che tutto il potere decisionale allinterno degli Atenei sarà fortemente
concentrato in poche mani, e in ogni caso solo in quelle dei Professori ordinari. Con la
riforma solo questi ultimi infatti potranno far parte degli organi decisionali degli
Atenei e delle Commissioni per labilitazione scientifica nazionale; tutte le altre
componenti del corpo accademico (Ricercatori a tempo determinato e Professori associati)
resteranno senza alcun reale potere decisionale e anche la loro autonomia di ricerca
potrebbe subire forti contraccolpi, con conseguenze negative sulla qualità della
didattica e della ricerca negli Atenei.
Unoperazione complessa e importante come la revisione dello Statuto
dellUniversità di Bologna, così rilevante anche per la leadership che Bologna ha
sul piano nazionale, presuppone necessariamente a nostro avviso la
partecipazione di tutte le energie presenti nellAteneo. Il risultato al quale
approderà il processo in atto avrà rilevanza nazionale; non si tratta quindi di una
partita soltanto bolognese o emiliano romagnola: la riforma dello Statuto di
Bologna traccerà inevitabilmente il solco lungo il quale si muoveranno molte altre
Università.
Da pochi giorni il Tavolo dei Ricercatori dellAteneo di Bologna ha fatto
propria (inviando una lettera ufficiale al Magnifico Rettore) la richiesta
dellassemblea dei Ricercatori di poter partecipare con due suoi rappresentanti ai
lavori della Commissione istruttoria per la revisione dello Statuto. Nel loro messaggio i
Ricercatori sottolineano [
] che solo in questo modo potremo effettivamente
interpretare pienamente quellunanime sentimento che ci ha animato finora, e che
colpevolmente è stato da alcuni interpretato come una lotta per il mantenimento dello
status quo: ovvero mettere lUniversità pubblica italiana in condizione di dare il
meglio di sé. Siamo fermamente convinti che lUniversità, in virtù del suo ruolo
sociale di libera produzione e trasmissione del sapere, sia il contesto ideale in cui si
possa riuscire lì dove il legislatore riteniamo abbia fallito: ovvero nellavviare
una nuova fase - quanto mai necessaria per lUniversità italiana - informata da
principi di sostanziale partecipazione, di condivisione, di trasparenza e di
corresponsabilità, fase che riesce difficile immaginare senza il contributo, anche
propositivo, dei Ricercatori.
Il gruppo dei Docenti Preoccupati di questo Ateneo è profondamente convinto del
fatto che, in questa fase così delicata e importante della vita dellUniversità
italiana, tutte le categorie di personale accademico (docente e non) debbano poter
contribuire e partecipare attivamente alla definizione del nuovo Statuto. Va sottolineato
daltronde che analoghe istanze vengono presentate congiuntamente in queste ore in
tutti gli Atenei italiani dalla Rete 29 aprile e dal Coordinamento nazionale dei
Professori associati. Consapevoli che la Legge di riordino colpisce particolarmente il
ruolo e le legittime aspirazioni dei Ricercatori e dei Professori associati, chiediamo
pertanto lazzeramento dellattuale Commissione istruttoria per la revisione
statutaria e la sua contestuale ridefinizione in termini di rigorosa rappresentatività
per fasce. A questo proposito richiediamo che:
- i 12 componenti da designare da parte degli organi istituzionali siano
identificati sulla base di elezioni a suffragio universale da parte di tutti i Professori,
i Ricercatori e il personale tecnico e amministrativo dellAteneo;
- il voto avvenga a collegio elettorale attivo e passivo distinto per categorie e
sia realizzato attraverso lespressione di una singola preferenza per ciascun
elettore;
- il risultato della consultazione elettorale sia vincolante per il Consiglio di
Amministrazione e per il Senato Accademico, che si dovranno impegnare a designare i membri
maggiormente votati, rispettando altresì la pari rappresentanza tra le fasce e la
presenza del personale tecnico e amministrativo.
Poiché il nuovo Statuto dovrà preservare al massimo gli spazi di democrazia
allinterno dellAteneo, questa è lunica soluzione che può tutelare
davvero gli interessi di tutto il corpo accademico !
Bologna, 17 Gennaio 2011 |
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Ateneo di Bologna: su proposta Rettore, CdA approva il Contratto
integrativo 2010 con il Personale Tecnico e Amministrativo
REFERENDUM LOCALE: Votanti il 28%
Ma
solo con la FLC - CGIL ... perplessità sul Rettore ...
(Sotto, il testo dell'accordo) |
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Domande ineludibili, dopo i fatti della FIAT
1.- Il fatto. Il 28 dicembre 2010, il CdA ha approvato il
Contratto integrativo 2010 con il Personale Tecnico e Amministrativo, con voto quasi
unanime, a parte qualche perplessità nel corso della discussione. Non per questioni di
merito, ma soprattutto per il fatto che il contratto era stato firmato solo dalla
FLC-CGIL, e non da Cisl Università, UIL - RUA, Rdb Cub e alcuni Componenti RSU.
La collocazione al 28 dic., a chiusura dell'anno, in periodo
festivo-prefestivo, è già da se stesso un segnale non positivo che un argomento così
importante per le relazioni con il personale sia stato trattato e deliberato all'ultimo
balzo e in questo clima. L'ipotesi di contratto, è stato relazionato in CdA, " è
stata sottoposta dall'Organizzazione sindacale FLC CGIL ad una consultazione dei
lavoratori che si è conclusa con esito favorevole."
2. Nel merito (toccheremo più avanti la questione della
validità del referendum), pesava sullo sfondo, la legge Brunetta per due motivi:
a) determinati compensi accessori non potranno più essere dati
"gratis" al personale, ma "legati alla produttività" (da misurare con
vari parametri e valutazioni di determinati organi amministrativi). Questa problematica,
però, riguarderà il 2011, ma è psicologicamente già presente, anche perchè andrà a
toccare il funzionamento di determinati uffici;
b) alcuni di quei compensi si potevano, in qualche modo, salvaguardare per
il 2010 e forse anche per il futuro, se approvati entro il 2010.
In soldoni (e detto molto in breve), trattavasi soprattutto di
500.000 circa, ripetutamente per 4 anni (vale dire 156,00, mediamente a
testa), a cui la FLC-CGIL era particolarmente sensibile, e del riconoscimento della
Posizioni Economiche Organizzative (P.E.O.), vale dire degli "scatti di anzianità, a
cui era invece sensibile la CISL, in quanto portabili nel futuro.
Con l'accordo è passata l'una, ma non l'altra.
C'erano i limiti di contratto nazionale o di legge, in particolare:
che è non consentito di destinare, a decorrere dall'anno 2009, al trattamento accessorio
importi superiori a quelli previsti dal Fondo per il trattamento accessorio relativo
all'anno 2004 ridotto del 10%, come certificati dagli organi di controllo, incrementati
degli eventuali importi fissi previsti dai CC.CC.NN.LL. , che non risultino confluiti
negli stessi. Pur con questi vincoli, era possibile solo l'erogazione di alcuni istituti
del trattamento accessorio per l'anno 2010, in virtù di quanto disposto dall'art. 2,
comma 1 del CCIL anno 2009.
Il tutto è stato fatto all'ultimo balzo e, naturalmente, nei limiti delle
difficoltà del bilancio dell'Ateneo, e quindi briciole insignificanti, per cui era
preferibile puntare (secondo alcuni, perchè briciole perpetuabili ...) sulle PEO, ma a
cui la governance dellAteneo era contraria.
3.- Sulla separatezza dell'accordo, con il Rettore come
"parte". Il funzionamento degli accordi collettivi è sempre stato
materia assai rovente e tuttavia la moderna organizzazione del lavoro li rende una
necessità.
Nel caso di specie, pesa soprattutto il problema di dare attuazione al
principio-cardine della considerazione del merito e attraverso di ciò raggiungere quel
miglioramento della efficienza della Pubblica Amministrazione che tutti auspichiamo,
legando trattamento accessorio a produttività (legge Brunetta).
Rispetto a questo problema ( pur se è un problema del 2011), le
briciole del 2010 svaniscono. E queste stesse briciole svaniscono doppiamente rispetto
alla possibilità (se adeguatamente sostenuta sindacalmente) di ottenere le PEO, o
qualcosa del genere, vale dire perpetuabile.
Sul piano formale, il referendum risulta essere stato
partecipato in periodo festivo-prefestivo da 900 lavoratori, pari solo al 28%
(a Mirafiori, 94%) degli aventi diritto. Beninteso, in via eccezionale,
si può anche ammettere che l'iniziativa dell'ipotesi di accordo possa partire da una
"minoranza". Invece, la firma definitiva dell'accordo non dovrebbe aver luogo,
se esso non è approvato da Referendum, al quale partecipi almeno il 50%+1 degli aventi
diritto. Solo così il referendum è assolutamente limpido.
C'è una aggravante: il Referendun ha funzionato via e-mail, con l'apporto
diretto dell'Ateneo, e dunque con l'apporto organizzativo di "una" delle parti.
Quanto accaduto non lascia estraneo il Rettore, sia
perché egli è "una delle parti" ( ma dovrebbe essere parte imparziale), sia
perché egli ha in qualche misura anche una responsabilità morale ed educativa pubblica,
nel senso che l'unità sindacale costituisce un valore etico e sociale
unanimemente riconosciuto, e quindi c'era un ben valido motivo per negare la
firma.
Per giunta, questo fatto a Bologna viene a collocarsi in coincidenza
con un fatto identico a Torino, molto stigmatizzato in Italia, di quella
parte sindacale che, invece, nell'Ateneo di Bologna fa il contrario.
La rottura dell'unità sindacale non è sicuramente un buon viatico
neppure per le riforme che l'Ateneo deve affrontare per il 2011, che sono il
problema veramente nodale e fondamentale: vale dire di guadagnare di più perchè si
produce di più, e quindi si è ben guadagnato.
Direi anche che, per il Rettore, il fatto della sua provenienza
politica avrebbe dovuto metterlo in guardia doppiamente sulla opportunità o meno di
accordo separato con un sindacato in qualche modo parte della stessa area politica. Anche
Becket fu fatto Arcivescovo di Canterbury perchè amico del Re ma, una volta divenuto
Arcivescovo, fu solo servo di Dio, a costo del martirio.
Oggi poi, che con la riforma universitaria Gelmini (che era già stata
approvata, il 28 dic. 2010, data della delibera del CdA), i Rettori in carica non sono
più rieleggibili, neppure si poneva questo problema che (senza velleità di paragoni)
negli USA, Paese certamente democratico, chiamano di "offuscamento dovuto ai
problemi della rielezione".
Certamente il Rettore, che ha una esperienza politica di un certo
rilievo, ed i suoi consiglieri, avranno valutato i pro e i contro, ed avranno avuto seri
motivi per scegliere come hanno scelto.
Del resto, e come si è detto, hanno avuto il consenso quasi unanime
del Consiglio di Amministrazione (il che, però, non è certo un indicatore di validità
delle scelte, visto che il Consiglio approva quasi sempre e quasi tutto ciò che ad esso
viene sottoposto) e questo la dice lunga sulla validità della scelta innovativa della
Riforma Gelmini sulla composizione e le competenze del Consiglio.
Da ultimo: all'epoca del confronto elettorale,
durante il primo incontro pubblico organizzato dal cosiddetto Gruppo dei Trenta, l'allora
candidato prof. Dionigi fu tra quelli (tutti i candidati) che si impegnarono affinché
l'Eletto si adoperasse per ricostruire quel senso di appartenenza e di
identificazione nell'Ateneo che durante il rettorato Calzolari si era del tutto
eroso. Si può ritenere l'azione del Rettore aver giovato a questo senso di appartenenza,
visto che egli ha portato in CdA una scelta portata avanti solo da una parte del mondo
sindacale e condivisa solo dal 28% degli interessati ? N.L.
* Ateneo di Bologna, Contratto integrativo
2010 con il personale tecnico e amministrativo |
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Mercoledì 27
ottobre a Rimini, Palazzo Ruffi, ore 10.00 - 13.30
Organizzato dal Prof. Giorgio Cantelli Forti, Presidente del Polo
Convegno
: "La Ricerca Universitaria per Rimini"
|
Giorgio Cantelli Forti
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Il Convegno vuole fare un rapporto sullattività di ricerca del Polo Didattico e
Scientifico di Rimini dal 2007 al 2009.
Esso nasce in un momento di grande
trasformazione dellUniversità italiana, momento che è¨ accompagnato da forti
tensioni interne al sistema universitario e da unimmagine esterna non sempre
positiva.
In questo contesto è in generale importante
che un Ateneo prestigioso come lAlma Mater comunichi con chiarezza al mondo esterno
il proprio impegno nella ricerca scientifica.
Da questa esigenza è nata lidea di
illustrare lattività scientifica dei docenti incardinati presso il Polo di Rimini
in una mappa completa, di semplice lettura anche per i non-addetti ai lavori.Il
Direttivo Nazionale. |
Giorgio Cantelli
Forti
- nominato Presidente della Giunta del Collegio dei
Farmacologi Universitari
- nominato, con Decreto del Miur, Garante PRIN - Progetti di Ricerca
Nazionale, Area 05, Scienze Biologiche |
|
Al Convegno sono attesi:
- Luciano Chicchi - Presidente Uni.Rimini
- Maurizio Sobrero - Presidente Commissione Ricerca
- Dario Braga - Pro-rettore alla ricerca
Le relazioni saranno tenute da:
- Salvatore Torrisi - Referente macro area Scienze Sociali
- Mirella Falconi - Referente macro area Scienze Naturali
- Antonella Mascio - Referente macro area Scienze Umanistiche
- Giampaolo Proni - Referente macro area Multidisciplinare.
I lavori saranno conclusi dagli interventi
di:
- Stefano Vitali - Presidente Provincia di Rimini
- Alberto Ravaioli - Sindaco di Rimini
- Ivano Dionigi - Magnifico Rettore
e dalla Benedizione di Mons. Francesco Lambiasi, Vescovo di Rimini
Infine avrà luogo la cerimonia* del taglio dei
nastri dei Laboratori di Ricerca, Palazzo Ruffi
e Laboratori di Ricerca, Piazza Malatesta. |
* La scorsa settimana ha avuto luogo anche l'inaugurazione dello
Studentato (mensa, sala convegni, 90 posti letto, di cui
alcuni con angolo cottura) nell'ex-Palace Hotel,
completamente ristrutturato.. |
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Dal CNRU - Comitato Nazionale Ricercatori Universitari
|
Assemblea nazionale a Roma per fare il punto della situazione
sulla decisioni di
maggio di non assumere incarichi di insegnamento per l'anno accademico 2010-11.
VENERDI 24 S
ETTEMBRE 2010, ORE 13,
presso laula La Ginestra a Chimica, dentro la citta universitaria.
Anche appello al Capo dello Stato contro la discriminazione,
a danno del Ricercatori, relativa al prepensionamento
Clicca su: http://appelloalpresidente.blogspot.com
Appello del Foglio UNIVERSITAS News a sostenere
i Ricercatori, quale passaggio obbligato per sostenere l'università
italiana
Anche appello del CNU di Bologna e della FLC CGIL di Bologna a sostegno dei
Ricercatori.
Il Direttivo Nazionale
a tutti i Ricercatori in Italia
(stralcio dai comunicati del 31 agosto e del 15 settembre 2010)
Il momento è quello decisivo e non possiamo mollare proprio ora.
......
La protesta dei ricercatori non nasce contro il DDL Gelmini. Il DDL al massimo la
catalizza. La protesta nasce prima e non si fonda sullopposizione allattuale
governo e Ministro, ma sulla richiesta di uno stato giuridico che superi la attuali e
passate contraddizioni riguardanti le attività svolte e da svolgere. In questo quadro si
inscrive anche la cosiddetta valutazione e la non disponibilità di
sufficienti sbocchi concorsuali.
Agganciare la protesta dei ricercatori unicamente allattuale DDL non
permette di comprendere appieno il disagio profondo della categoria dei ricercatori, ma
soprattutto la mette in balia dellumore della contingenza. È innegabile che parte
dei ricercatori abbia trovato nella lotta contro il DDL una sua forte
legittimazione, o meglio, un forte spirito di antagonismo, ma non era da parte di molti di
noi la motivazione principale. Soprattutto non lo è mai stata per il CNRU.
......
Moltissimi di noi si sono apertamente schierati in quella direzione a seguito
di unassemblea a LAquila in cui era presente anche il Rettore e in cui si
formulò tale idea, prima che cominciasse la lotta al DDL.
Ma, daltra parte, il sistema universitario ha qualcosa che deve essere
modificato e, allo stato attuale delle cose, tale sistema ha messo nellangolo i
ricercatori. Anche in questo senso si è scritto più volte e preso ampiamente posizione.
Spesso in tali scritti non si riscontra affatto il nome del
Ministro o il DDL in questione, proprio perché non è una questione contingente quella
che deve essere affrontata e non dipende semplicemente dai favori o dagli umori di questo
o quello schieramento politico.
Ripetiamo, i ricercatori possono anche aver aderito alla lotta
contro il DDL, ma il loro problema è a prescindere.
....
La motivazione era ed è il disagio dei ricercatori allinterno di un sistema
che non funziona, che non li appaga e che viene ulteriormente messo a dura prova con il
DDL. Se così non fosse, la protesta rischierebbe di rimanere impantanata sulle incertezze
del quadro politico attuale, sulla speranza di uneventuale termine anticipato della
legislatura che di conseguenza bloccherebbe definitivamente liter parlamentare del
DDL.
....
E perciò lattenzione dovrà rimanere alta a prescindere perché
il DDL deve essere il mezzo e non il fine per risolvere il problema. Se infatti
luniversità fosse finanziata, il DDL fosse |
Ivano Dionigi
|
Segnale di sfondamento
dei Ricercatori a Bologna ?
|
Evidenti difficoltà di far partire l'attività didattica
inducono il Rettore, il Senato Accademico e i Presidi a invitare i Ricercatori a tornare
sulle loro posizioni
(Per notizia: L'Ateneo è stato tra i duri nel
pre-pensionare proff. Associati e Ordinari,
troppo costosi rispetto ai Ricercatori)
La Lettera ai Ricercatori
"Cari colleghi,
pur nella consapevolezza del grave disagio e delle difficoltà che i ricercatori stanno
attraversando, sono a chiedervi - in conformità alla deliberazione unanime del Senato
Accademico di quest'oggi - di confermare o meno la vostra disponibilità a garantire
l'avvio delle attività didattiche che rappresentano un dovere dell'Ateneo nei confronti
degli studenti e delle famiglie le quali, al pari nostro, stanno fronteggiando momenti di
profonda crisi economica e sociale.
Vi chiedo pertanto di restituirmi, debitamente compilata e sottoscritta, la dichiarazione
allegata alla presente, entro le ore 13:00 di venerdì 17 settembre. In caso di
impossibilità da parte vostra a far pervenire la suddetta dichiarazione entro la data
sopra definita, una vostra comunicazione via mail potrà comunque far fede, in attesa
dell'invio del documento ufficiale.
In assenza della dichiarazione allegata entro il termine indicato, ovvero in caso di
dichiarazioni di indisponibilità a svolgere l'attività didattica, la Facoltà dovrà
individuare modalità alternative di copertura degli insegnamenti, al fine di assicurare
l'avvio delle lezioni.
Il Senato Accademico ha peraltro confermato in data odierna gli impegni già assunti nella
riunione del 20 luglio, e in particolare: l'organizzazione di una giornata di riflessione
e discussione pubblica, nei primi giorni dell'Anno Accademico, nelle diverse Facoltà e
sedi, sui temi della ricerca e dello status dei ricercatori universitari; l'impegno ad
attribuire la massima priorità alla programmazione di posti da Associato, compatibilmente
con i vincoli del bilancio 2011.
Vi ringrazio fin d'ora per la comprensione e per la collaborazione che
vorrete accordarmi e Vi saluto molto cordialmente."
Segue FIRMA |
corretto come molti di noi auspicano ma
continuasse a mancare una soluzione allo stato giuridico dei ricercatori, saremmo
comunque soddisfatti? Difficilmente. Ed è per questo che il CNRU mantiene alta
lattenzione soprattutto su questo problema e non perché non ritenga tutto il resto
altrettanto importante. Alimentare questo equivoco significherebbe volere il male dei
ricercatori.
Una protesta per definizione tende a stressare il sistema cercando di
metterne in risalto le contraddizioni. La contraddizione che mette in risalto la protesta
dei ricercatori sembra evidente e spiega la mancanza di una vera partecipazione delle
altre componenti universitarie. È lampante il fatto che senza applicare una sorta di
ingiustizia il sistema non è in grado di funzionare, nemmeno ai minimi
accettabili.
Questo significa che la protesta è giusta proprio perché mostra
quel limite del sistema, appalesando proprio come in modo assurdo e nel
silenzio dei più esso si sia andato a configurare negli ultimi decenni, indipendentemente
dal colore del governo e dal nome del ministro.
....
Una volta che i ricercatori avessero deciso di riaccettare i carichi
didattici cosa succederebbe? Che una simile decisione diventerebbe vincolante, dal punto
di vista legale, per il prossimo anno accademico e per un anno si continuerà a discutere
di nulla esattamente come finora successo. Si chiede un impegno
legale a fronte di un nulla da offrire, se non un generico istinto
materno da stimolare. Non è mai facile la strada a cui si chiede di accedere gratis.
È altresì evidente che lideale sarebbe stato, e
continua ad esserlo, che le altre categorie universitarie si rendessero finalmente
disponibili a utilizzare lunità dei ricercatori (ancora presente) e spingessero
anchessi nella direzione che mostri a tutti come il sistema non funziona, come basta
stressarlo un poco per farlo crollare: non certo quella di scegliere la strada di
affannarsi a mettere lennesima toppa al sistema traballante, come stanno facendo
alcuni presidi. Qualunque sia il risultato della toppa, i problemi non cambieranno e non
si risolveranno da soli. Saranno solo procrastinati per lennesima volta, a tutto
danno dei ricercatori.
.....
CNRU |
|
LETTERA di "Universitas News" AL
PRESIDENTE BERLUSCONI
all'indirizzo: Centromessaggi@Governo.It
A CUI IL PRESIDENTE NON HA DATO RISPOSTA |
SUN - Universitas News
www.universitas.bo.it
Prof. Nino Luciani
Ordinario di Scienza delle Finanze, Universita' di Bologna
347 9470152
Al Presidente del Consiglio On. Dr. Silvio
Berlusconi
p.c. : Al Presidente della Commissione Istruzione del Senato Sen. Ing. Dott. Guido Possa
Oggetto: Riforma Gelmini - Disegno di Legge "Senato 1905"
Sig. Presidente,
il DDL in oggetto ha terminato l'iter, in sede referente, presso la
Commissione Istruzione del Senato.
La Commissione ha fatto, credo, tutto cio' che poteva fare ..., compatibilmente con la
volonta' del Governo.
Nelle precedenti settimane, i sindacati universitari avevano fornito le loro
proposte emendative. Io stesso avevo organizzato, all'universita' di Bologna (12 febbraio
2010) una conferenza nazionale, a cui avevano partecipato i due Presidenti delle
Commissioni Istruzione e Cultura del Senato e della Camera (G. Possa e V. Aprea) , e del
Sen. G. Quagliariello, alcuni parlamentari delle commissioni medesime, il Presidente della
CRUI (Decleva). Ne trova un resoconto in: http://www.universitas.bo.it/Conferenza.htm#RISULTATI
.
Sta di fatto, che il testo approvato in sede referente (e che andra' presto
in aula) conserva alcuni difetti gravissimi, per cui non ne uscira' una riforma
migliorativa dell'esistente. E questo mi dispiace, mentre rimangono vive le attese
fiduciose del mondo universitario, anche emerse nel corso della recente settimana di
mobilitazione nazionale sul DDL (17-22 maggio 2010).
Andiamo per punti, in essenziale:
1) Governance. Le soluzioni, adottate nel DDL, sono strumentali al
vincolo del "costo zero". In questo senso, riterrei di soprassedere a proposte
emendative della Governance. Il punto, su cui vorrei richiamare la sua attenzione e' il
"costo zero", a cui la Governance e' funzionale..
A mio modo di vedere, nulla questio sul "costo zero" per lo Stato,
se questa e' la direttiva politica del suo Governo. Mi appare, invece, incomprensibile che
il suo Governo impedisca anche alle universita' di fissare liberamente le tasse
studentesche per pareggiare il bilancio.
Va, tuttavia, ricordato che questo impedimento e' legato al fatto che le
universita' devono fare agevolazioni per studenti bisognosi e meritevoli (art. 34
costituzione). Riguardo a questo, io le proporrei di sollevare le universita' da questo
compito, e di affidarlo, invece, direttamente al MIUR, su un fondo, salvo dare delega di
gestione alle Regioni.
In questo senso, vale dire sgravando le universita' dal vincolo di fare
"socialita' ", si potrebbe permettere a loro di rifinanziarsi direttamente sul
mercato.
2) La meritocrazia e la valutazione, di cui viene detto essere vanto
del DDL, e' largamente una "invenzione" senza fondamento. I motivi sono due:
a) Per l'art. 97 della Costituzione, la valutazione e la meritocrazia, anche
durante la carriera, vanno attuate con concorso pubblico (l'opposto del precariato).
Invece, il DDL si fonda sullo "impact factor", vale dire sul numero delle
pubblicazioni, classificate per collocazione editoriale. Sarebbe come scegliere un vino
guardando alla bottiglia, senza assaggiarlo. Un contadino ("scarpe grosse, cervello
fino",) non farebbe mai in questo modo. Lo "impact factor" va bene, ma solo
come indizio;
b) Il DDL vuole la abilitazione nazionale (con commissioni sorteggiate) e, poi, i
concorsi locali (e questa e' cosa buona, per la celerita' delle procedure). Ma per il
concorso locale vuole le commissioni scelte dal Rettore tra i professori del dipartimento.
Questo peggiorerebbe molto il difetto del localismo di cui alla legge 210/1998, in quanto
i dipartimenti sono molto corporativi. Il sorteggio (nel settore scientifico nazionale)
anche per il concorso locale e' la soluzione imprescindibile.
3) La riforma GELMINI non prevede "norme transitorie" per i
Ricercatori a tempo indeterminato, pur abolendone il ruolo in anticipo rispetto a quanto
previsto (2013). Questo non e' giusto, tenuto conto del peso che essi (il 41% dei docenti
di ruolo) portano da anni per la didattica e la ricerca, senza possibilita' di carriera,
per i vari blocchi dei concorsi, in passato. Penso sia nell'interesse dell'universita'
introdurre "norme transitorie" per il passaggio dei Ricercatori alla II Fascia,
sia pur col rispetto di determinate condizioni di merito, come gia' fu fatto per gli
assistenti ordinari nel 1980.
Signor Presidente, ho fiducia in Lei.
Mi metto a Sua disposizione per ogni utile chiarimento e contributo, che
volesse richiedermi.
Il
Direttore: Nino Luciani
Bologna, 26 maggio 2010 |
Ivano Dionigi
|
RIFORMA DELLO STATUTO
L'assemblea congiunta di CdA e Senato
nomina una Commissione, 30 marzo 2010 |
|
|
I componenti della Commissione
Giuseppe Caia, Paolo Pombeni, Giliberto Capano,
Giovanni Dore, Aldo Bertazzoli,
Guido Avanzolini, Marco Zoli, Angelo Varni, Rosella Rettaroli, Davide Pianori (studente),
Alberto Aitini (studente), Giovanni Longo, Donatella Alvisi, Cristina Balboni.
Obiettivi affidati alla
Commissione
La nomina è stata accompagnata dai seguenti obiettivi,
da raggiungere con la riforma statutaria:
1. ribadire e rafforzare lautonomia per quanto attiene la scelta degli
obiettivi strategici e delle modalità di autogoverno;
2. assumere una più esplicita responsabilità sociale rispetto ai processi di
ricerca ed elaborazione di nuove conoscenze, di formazione delle nuove generazioni,
nonché di trasferimento di saperi e competenze anche a beneficio del tessuto sociale ed
economico;
3. individuare con chiarezza il ruolo degli Organi di Governo dellAteneo
rispondendo allesigenza condivisa di ridefinirne le funzioni, semplificare e
migliorare la loro capacità di programmazione e di decisione rispetto agli obiettivi
strategici;
4. definire nuovi modelli organizzativi che, in un contesto di scarsità di
risorse, consentano di affrontare con successo la crescente competizione tra atenei a
livello nazionale e internazionale;
5. superare la tradizionale separazione organizzativa tra didattica e ricerca
che limita le potenzialità dei singoli e delle strutture in entrambi gli ambiti,
impedendo di raggiungere i livelli qualitativi perseguibili;
6. rivedere il sistema delle relazioni istituzionali tra organi centrali e
strutture decentrate definendo nuovi equilibri tra lesigenza di verticalizzare i
processi decisionali per recuperare efficienza e di coinvolgere adeguatamente le strutture
decentrate che devono esercitare la propria autonomia in modo responsabile;
7. affinare il sistema multicampus attraverso un assetto istituzionale che renda
possibile una programmazione unitaria a livello di Ateneo delle attività di didattica e
soprattutto di ricerca;
8. incentivare il senso di partecipazione al perseguimento dei fini comuni anche
mediante una maggiore collegialità degli Organi delle strutture decentrate. |
Nino Luciani, Riforma o controriforma ? Per chi, come me e come i Colleghi del "Gruppo dei 30" (in
risposta a precisa sollecitazione pubblica del Rettore Calzolari), avevamo predisposto una
bozza di riforma, a supporto della (allora) Commissione nominata dal precedente Rettore,
può parere una vera contraddizione la domanda: "Riforma o controriforma ?"
I motivi mi sembrano perfino ovvii:
1) Un Rettore che vuole andare avanti costruttivamente deve essere
trasparente, in modo da essere coadiuvato dalla Comunità scientifica, per quello che può
fare.
Reclamerei, dunque, che il Rettore coinvolga la Comunità per questa riforma
necessaria e tanto attesa.
Confido che il prof. P. Pombeni, col quale il Gruppo dei 30 ha condiviso
ripetuti incontri di Ateneo sulla riforma; anzi, Lui (che subì la beffa, ... che
sappiamo) sicuramente sarà solidale con questa invocazione di partecipazione allargata
alla costruzione del progetto.
2) Ma c'è dell'altro ..., e tenendone conto, subentrano
perplessità di altro tipo.
a) E' in piena azione l'iter parlamentare per la riforma della Governance;
b) Le dichiarazioni, rese negli Organi, dal Rettore andrebbero nel senso che Egli
si propone di anticipare la sostanza del progetto governativo, senza attenderne i
possibili tempi lunghi.
c) il progetto Governativo è sostenuto solo da Confindustria ed avversato
radicalmente da tutti i Sindacati Universitari, fino ad avere già proclamato una
settimana di agitazione dal 17 al 22 maggio 2010.
I motivi della avversione sono che il DDL del Governo è ritenuto:
- contro l'autonomia universitaria;
- contro il diritto allo studio;
- contro il premio del merito dei docenti, anzi un moltiplicatore del precariato.
d) Il Rettore ha presenziato alla conferenza nazionale di Bologna del 12 febbraio,
in cui c'è stato il confronto tra Sindacati e Presidenti delle Commissioni Istruzione e
Cultura di Camera e Senato.
Dunque il Rettore è bene al correne della stato del contrasto.
Torno all'inizio: questo Rettore è per una riforma o per una
controriforma ? NL |
|
Quali strategie per il futuro dell'Ateneo |
P.Paolo Diotallevi
|
Idee dalla Facoltà di Ingegneria
per la riforma didattica
Due lettere del Preside (2008 e
2009),
da noi ripescate dal cassetto
|
Ivano Dionigi
|
Nello scorso anno il nuovo Preside, alle
prese con difficoltà a coprire gli insegnamenti, ha lanciato nuove idee, con due
rispettive lettere, alla Facoltà. Esse, tuttavia, sono rimaste soffocate perchè in rotta
di collisione con l'indirizzo del rettore CALZOLARI, allora in carica, e del suo braccio
destro ProRettore MASETTI, già Preside a Ingegneria.
Considerato che il nuovo Rettore DIONIGI ha annunciato che, in Ateneo, i
suoi ProRettori stanno lavorando alla riforma, ci è sembrato utile ripescare dal cassetto
le due lettere.
Facciamo precedere alcuni dati dell'Ateneo, da cui partire per nuove idee.
Si nota un numero abnorme di insegnamenti, in rapporto al numero delle lauree, a loro
volta già eccessivo.
Anche il numero dei professori a contratto e di professori esterni appare
abnorme rispetto al numero dei professori di ruolo (ordinari, associati, ricercatori), con
evidenti dubbi sulla garanzia della qualità degli insegnamenti. |
Università di Bologna - Dati statistici
complessivi |
anno |
2000 |
2001 |
2002 |
2006 |
2008 |
2009 |
Numero
Insegnamenti |
14.124 |
23.651 |
30.875 |
25.946 |
23.970 |
17.867 |
Corsi di laurea |
- |
- |
- |
- |
79 |
78 |
Corsi di laurea |
- |
- |
- |
- |
75 |
85 |
Professori di ruolo (Ord. -
Ass. - Ric.) |
- |
- |
- |
3.278 |
- |
3.102 |
Professori a contratto |
- |
- |
- |
2.525 |
- |
6.055 |
Docenti esterni |
- |
- |
- |
933 |
- |
893 |
|
|
La prima lettera
(ottobre 2008)
Nota. Nella prima lettera, l'idea portante è "ridurre il numero delle
lauree al numero delle classi di laurea" previste per l'ingegneria" e "al
loro interno, fare spazio adeguato singoli indirizzi" .
"1.- Il nostro compito. L''Università italiana,
unitamente a tante altre istituzioni nazionali, sta vivendo un momento di grave incertezza
derivante sia da situazioni contingenti, quale ad esempio le difficoltà economiche, sia
dall'emergere di carenze strutturali e funzionali. Il nostro compito deve essere quello di
osservare e valutare in maniera critica ed attenta i diversi aspetti che hanno condotto
l'Università a questo livello di criticità, non potendo e non dovendo noi, operando
dall'interno, ritenere che tutte le responsabilità ricadano esclusivamente su altri
lasciandoci come puri osservatori e soggetti passivi di una realtà non da noi voluta e
realizzata.
Preso atto di oggettive inefficienze e di reali mal funzionamenti,
quali ad esempio la proliferazione dei corsi di studio, del numero degli insegnamenti,
della molteplicità delle sedi e della loro diffusione territoriale - spesso non
supportata né da caratteri storici, né da adeguate attrezzature didattiche - è nostra
responsabilità proporre e sostenere vie alternative di più largo e incisivo respiro. Si
aggiungano i ventilati tagli alle risorse sia in termini finanziari, sia in termini di
risorse umane dei quali anche a breve termine si risentiranno i nefasti effetti sul
sistema formativo universitario, sulla conseguente qualità della ricerca e quindi sulla
diffusione della conoscenza.
A fronte di queste prospettive dobbiamo agire, per quanto ci compete come
docenti universitari, e, nel nostro ambito, all'interno della Facoltà per assicurare ai
giovani e a coloro che si affacceranno in un prossimo futuro agli studi universitari un
percorso formativo effettivamente calibrato sulle loro esigenze e sulle reali necessità
della società che vedrà fra qualche anno questi studenti inseriti nel mondo lavorativo e
professionale sulla base della formazione che noi abbiamo il compito e il dovere di
preparare ed offrire loro.
2.- Dal DM 270, uno stimolo a sperimentare nuovi percorsi. Le
recenti modificazioni del percorso degli studi universitari hanno rappresentato un momento
di riorganizzazione del quadro formativo del quale forse non siamo stati buoni interpreti,
non cogliendo tutte le implicite modifiche e gli espliciti suggerimenti che venivano
formulati, rinchiudendoci in un più semplice attaccamento alle preesistenti situazioni,
piuttosto che provare a sperimentare nuovi e più efficienti percorsi.
La prima trasformazione attuata con il DM 509/99 ha portato
all'interno dell'Università il percorso denominato "3+2" spezzando, in due
successivi momenti, una formazione che sempre più si è rivelata, in tanti ambiti, non
completa ed insufficiente se arrestata al primo passo. Non a caso si è potuto riscontrare
che la maggior parte degli studenti che hanno intrapreso il percorso universitario
dell'ingegneria non si sono arrestati al primo livello di laurea (laurea triennale secondo
il DM 509/99), ma hanno proseguito nel potenziamento e nel completamento della loro
formazione nel successivo passo della laurea specialistica.
La successiva normativa varata con il DM 270/2004 ha avuto fra i suoi
obiettivi, ricompattando fra loro insegnamenti che erano stati eccessivamente frammentati,
quello di ridurre il numero degli insegnamenti stessi e degli esami per ogni studente,
garantendo così una maggiore unitarietà nella trasmissione del sapere. Nella stessa
norma si legge un altro obiettivo: quello di dare alla formazione universitaria una
struttura tale che, partendo da una ampia base comune, viene orientata, nei livelli
superiori della formazione, verso attività e competenze sempre più specifiche e
finalizzate, come peraltro appare naturale se per un momento riflettiamo sulle modalità
di apprendimento nell'approfondire le conoscenze. Forse questo aspetto è stato,
anche recentemente, trascurato.
Si aggiunga inoltre la prospettiva reale di una riduzione, non compensata in
termini di docenti, delle risorse umane verso la quale ci si sta inevitabilmente muovendo
e l'opportuna individuazione di requisiti formali e sostanziali per poter svolgere con
qualità e competenza l'esercizio dell'insegnamento.
3.- I "requisiti minimi" non vanno osservati solo sotto
l'aspetto numerico. I requisiti minimi richiesti dal DM 270/2004, esaminati sotto
il puro aspetto numerico, richiedono per ogni corso di studio la disponibilità media di
circa l'80% degli insegnamenti coperti da docenti di ruolo, ovvero studiosi cha abbiano di
fatto dimostrato, mediante i concorsi tramite i quali sono stati vagliati, di essere non
solo capaci ma anche più che capaci nella ricerca, premessa indispensabile per una buona
scuola di formazione culturale e professionale. Dunque occorre sfruttare al massimo queste
capacità per dare agli studenti il meglio nella formazione.
Ad oggi la Facoltà di Ingegneria ha formulato un proprio piano formativo,
peraltro ancora in fase di completa definizione secondo le direttive vigenti contenute nel
DM 270/2004, che comprende undici lauree (di primo livello) appartenenti a quattro diverse
classi, 11 lauree specialistiche (in corso di definitiva trasformazione in lauree
magistrali per le quali già sono stati approvati dalla Facoltà gli ordinamenti), due
lauree magistrali (di cui una a titolo congiunto con altre sedi europee) ed altre sei
iniziative (di cui una di primo livello) delle quali alcune hanno il principale obiettivo
della internazionalizzazione. Completano il quadro una laurea a ciclo unico (di cinque
anni) per la quale è dato il riconoscimento della comunità europea.
Il quadro è ampio, molto articolato perché articolate e plurime sono
le competenze che afferiscono all'area ingegneristica, e comunque l'insieme rientra
ampiamente oggi negli steccati posti dai requisiti minimi formali.
Con questo assetto si rischia tuttavia di fornire agli studenti un quadro
disarticolato della proposta formativa, non completamente chiaro e comunque tale da
congelare ogni ulteriore ipotesi di progettazione futura nei percorsi finalizzati, andando
verso la saturazione dei requisiti minimi sia per eccedenza nella frammentazione
dell'offerta, sia per le sofferenze future in termini di docenti in previsione dei futuri
pensionamenti.
4.- Per il riordino basato su un limitato numero di lauree.
Ribadendo la necessità di un riordino, la cui definizione è fortemente stimolata e
suggerita dalle future riduzioni delle risorse, in ottemperanza al criterio formativo di
partire da basi comuni sempre più allargate per dirigersi, nei livelli superiori di
laurea, verso indirizzate finalizzazioni della formazione, seguendo altresì l'implicito
suggerimento delle vigenti disposizioni in termini di classe, si ritiene necessario
sottoporre all'attenzione della Facoltà un assetto formativo basato su un limitato numero
di lauree alle quali potrà essere collegata, in cascata, una più puntuale offerta
formativa nelle lauree magistrali.
L'ipotesi sulla quale si invita la Facoltà a discutere e riflettere è
quella di ridurre il numero delle lauree ad esempio al numero delle classi
previste per l'ingegneria (L7, L8, L9 e L23) all'interno delle quali potranno poi trovare
spazio adeguato singoli indirizzi.
Con questo criterio si dovrebbero raggruppare fra loro i corsi di studio
afferenti alla classe dell'ingegneria industriale (L9), alla classe dell'ingegneria civile
e ambientale (L7), alla classe dell'ingegneria dell'informazione (L8) e alla classe delle
scienze e tecniche dell'edilizia (L23).
Si possono così ottenere numerosi vantaggi sia dal punto di vista culturale
- certamente l'aspetto primario - sia dal punto di vista dell'organizzazione degli studi e
dei servizi della Facoltà.
L'unitarietà culturale, sancita dal raggruppamento dei corsi di
studi in classi, può trovare la sua migliore manifestazione nell'individuazione di
materie di base comuni alla classe con qualità e quantità formative identiche per i
diversi indirizzi appartenenti al corso afferenti a quella classe. |
La seconda lettera
(aprile 2009)
Nota. Nella seconda lettera
l'idea portante è che più che la vera riforma, più che alla riduzione del numero delle
lauree, deve puntare alla riduzione del numero degli insegnamenti, mediante: a)
l'accorpamento degli insegnamenti; b) discipline comuni, al primo anno.
" 1.- L'attuazione della riforma universitaria secondo il D.M.
270 costituisce un momento ed una occasione di rilevante importanza al fine di programmare
un riordino dell'intera offerta didattica, dei corsi di studio, dei piani didattici e
degli insegnamenti.
L'attuale prospettiva della didattica non è certamente favorevole per
la Facoltà di Ingegneria in ragione della rilevante riduzione del corpo docente che si
andrà a verificare nei prossimi anni, sia per la naturale riduzione della disponibilità
di docenti a seguito del loro pensionamento, sia per la eliminazione, da parte del Senato
Accademico, dei due anni di fuori ruolo per coloro che, dal 2009, raggiungeranno i limiti
di età previsti.
Il quadro della numerosità del corpo docente nei prossimi tre anni vedrà
una riduzione di più di quaranta unità, mentre nulla di certo è possibile dire sulla
effettiva presa di servizio per i vincitori di concorso che attualmente sono banditi. In
questa prospettiva di medio termine la Facoltà di Ingegneria non può rimanere
indifferente alla possibile situazione di difficoltà che a breve si andrà ad evidenziare
per la copertura degli insegnamenti.
D'altra parte non è possibile pensare di supplire a questa prospettiva di
riduzione del numero di docenti incardinati nella Facoltà con contratti a persone
provenienti dal mondo esterno, sia esso professionale o industriale: anche i fondi per la
didattica sono in via di riduzione.
L'uscita dal circuito della docenza produce inoltre anche un grave
pregiudizio sulla qualità della didattica. Sono infatti i professori che da lungo tempo
si sono occupati di didattica, oltre che di ricerca, a dover lasciare scoperti gli
insegnamenti.
Si andrà a perdere il contributo importante di persone di riferimento
per la didattica e per la valenza scientifica e umana, privando così gli studenti del
contatto con uomini e docenti eccellenti.
2.- Oltre a queste considerazioni che fanno
prevalentemente riferimento a dati qualitativi e ad una sostenibilità dell'offerta
didattica, ritengo doveroso rimarcare che attualmente, senza considerare le nuove
iniziative di cui si dirà in seguito, la Facoltà di Ingegneria vede oggi attivi n. 11
corsi di Laurea e n. 13 corsi di Laurea Magistrale (o Laurea Specialistica) di cui uno a
ciclo unico di cinque anni.
Contemporaneamente sono previsti in Facoltà circa 850 insegnamenti
(ottocentocinquanta). Sono dunque attivi 62 anni di corso ed, ipotizzando anche che siano
tutti diversi fra loro, la Facoltà raggiunge l'offerta di un numero medio di insegnamenti
pari a circa 14 insegnamenti per anno di corso.
Se valutiamo il numero degli esami previsti (e consideriamo questi
come insegnamenti) e conteggiamo 20 esami per le lauree triennali, 12 esami per le lauree
specialistiche o magistrali e 29 esami per la laurea a ciclo unico, otteniamo che il
numero medio di esami per anno è pari a 6,34.
Dunque in Facoltà, anche ammettendo che per ogni corso di studio gli esami
siano indipendenti l'uno dall'altro, abbiamo una offerta didattica che vale circa 2,2
volte quella strettamente necessaria; questo rapporto tende poi ad aumentare notevolmente
se si considera che molti esami riguardano insegnamenti comuni a più corsi di studio.
Questi numeri ovviamente non vogliono essere esaustivi del problema e
non lo descrivono neanche completamente, tuttavia rappresentano un primo quadro, seppure
approssimato e grezzo, in grado di darci gli ordini di grandezza, così importanti per noi
ingegneri, utili per renderci conto della offerta didattica estremamente ampia che è
proposta dalla Facoltà.
Sorge anche il dubbio che gli studenti possano riuscire ad
orientarsi facilmente in questo quadro di così ampia numerosità di insegnamenti: questa
maggiore offerta conoscitiva forse può essere interpretata anche come fonte di confusione
e di difficoltà nell'orientamento; una "Babele didattica" (espressione forse
esagerata) sulla quale credo dobbiamo prontamente riflettere e prendere qualche iniziativa
di razionalizzazione.
3.- D'altra parte, come ben noto, la Facoltà ha deliberato un riordino
dei corsi di studio sia per le lauree, sia per le lauree magistrali proponendo una offerta
più ampia, dettata da esigenze di migliore caratterizzazione della offerta formativa, in
linea con le nuove tendenze della società e del mercato del lavoro, e nell'intento di
formare studenti sempre più preparati, competenti e competitivi per la società nella
quale, al termine dei loro studi, andranno ad operare.
La nuova offerta è stata ragionata e dettata dal desiderio di essere in
linea con le necessità del mercato del lavoro, intendendo formare ingegneri dei quali la
richiesta del mercato è assodata. I numeri precedentemente esposti sono dunque destinati
ad accrescersi esaltandosi anche gli aspetti negativi.
4.- A fronte dunque dell'attuale costante riduzione delle risorse
sia umane, sia di mezzi strumentali, a fronte della forse pletorica offerta di
insegnamenti e del desiderio di sostenere nuove iniziative culturalmente valide ritengo
che la Facoltà, ed i corsi di studio che ad essa afferiscono, debbano rivedere l'intera
organizzazione della didattica ed i piani didattici dei singoli corsi con questi obiettivi
principali:
- rivisitazione degli insegnamenti previsti nel piano didattico con la riduzione
del numero degli insegnamenti a scelta degli studenti;
- rivisitazione del numero dei curricula inseriti all'interno dei corsi di studio
delle lauree e delle lauree magistrali al fine di ridurre il numero degli insegnamenti;
- valutazione dell'ipotesi di accorpamento di corsi di studio appartenenti alla
stessa classe;
- riorganizzazione dei corsi di base comuni a tutti i corsi di studio al fine di
rendere l'offerta formativa più organica, trasversale a più corsi e comunque omogenea
nell'ambito della stessa classe (con questa azione si aiutano anche gli studenti a meglio
orientarsi nel primo anno di studio senza il rischio di perdere tempo in corsi ed esami
che potrebbero rimanere a loro debito nel caso di cambio di corso di studio);
- considerazione della mutuazione di insegnamenti da altri corsi di studio al fine
di ridurre, come necessario, il numero degli insegnamenti.
Ritengo sia estremamente importante che la Facoltà prospetti l'insieme di
queste modifiche in tempi brevi sia per la necessità che ci investe già dal novembre
2009, sia per poter dare evidenza in Ateneo di un atteggiamento "virtuoso" ed
anticipatore di ciò che, con altri mezzi meno gradevoli e meno meditati, inevitabilmente
l'Ateneo ci costringerà ad attuare.
5.- Mi rivolgo pertanto a Voi, Presidenti dei
Consigli di Corso di studio ed alla Commissione per la Didattica della Facoltà, per
sollecitarvi a questa riflessione e chiedervi proposte per l'attuazione di questi
obiettivi, prima che altri ce lo impongano o le necessità della Facoltà lo richieda in
modo drastico. La valutazione che si può e si deve fare non è solo di tipo numerico, con
riferimento ad esempio all'evidenziare i circa 850 (ottocentocinquanta) insegnamenti
presenti in Facoltà; non è solo il numero che conta (che peraltro sembra già grande),
ma la qualità e l'efficienza della didattica.
Con particolare riferimento alle lauree ritengo che la formazione non
possa essere scomposta in un numero elevato di "mille rivoli" che forse non
confluiscono in un unico fiume di sapere.
Attendo entro breve tempo proposte dirette secondo quanto sopra
esposto; preannuncio che comunque dopo il periodo di sospensione della didattica per il
periodo della Pasqua, sarà mia cura convocare riunioni nelle quali dovrà essere data
risposta a questi importanti temi. L'obiettivo è quello di rendere più forte, efficace
ed efficiente l'offerta didattica che sempre è stata qualitativamente sostenuta e
qualificata: da quei modelli non vorremmo allontanarci per le attuali contingenze.
Certo della Vostra piena collaborazione porgo un cordiale saluto.
Il Preside prof. ing. Pier Paolo Diotallevi |
(Continua:
prima lettera) La differenziazione nella formazione può avvenire comunque
secondo gli indirizzi aventi specifiche e caratterizzanti denominazioni atte ad
individuare l'ambito di competenza cui il corso prevalentemente si rivolge.
5.- Per una formazione di base solida e comune a tutti i laureati di
Ingegneria. E' altresì da considerare il fatto che chi si fregerà in futuro del
titolo di "Ingegnere" avrà una formazione di base solida e in gran parte comune
a tutti i laureati dello stesso ambito, contribuendo a creare un'identità comune nei
laureati. Gli studenti potranno avere di fronte gli stessi percorsi, oggi frazionati in
tanti corsi di studio, consapevoli cha la loro laurea sarà in grado di conferire loro
tutte quelle competenze e conoscenze necessarie e fondamentali per entrare nel mondo del
lavoro (senza particolari specificità non previste a questo livello di laurea e non
sufficientemente credibili per questo livello di laurea) o proseguire, sicuri della
propria formazione, in una laurea magistrale che li orienterà maggiormente negli ambiti
disciplinari preferiti.
L'accorpamento dei corsi diverrebbe così stabile e non soggetto alle
fluttuazioni annuali conseguenti alla numerosità degli iscritti agli attuali corsi di
studio così fortemente frammentati.
La Facoltà potrà meglio organizzare le proprie risorse sia in
termini di docenti e ricercatori, sia in termini di spazi e risorse economiche per rendere
più agevole il percorso agli studenti. Questi accorpamenti, per i quali si sta avviando
una simulazione, potranno forse comportare la necessità di sdoppiamento e anche di
triplicazione di alcuni insegnamenti, ma hanno comunque l'innegabile vantaggio di liberare
risorse che potranno essere utilmente e proficuamente riversate sulle lauree magistrali,
ovvero sulla totalità degli studenti.
6.- In ritardo riorganizzativo, ma possiamo recuperare. L'ipotesi
di riorganizzazione degli studi qui proposta doveva forse essere presa in considerazione
fin da quando si è messo mano al riordino della formazione secondo il DM 270; non
possiamo però rinunciare a priori a valutare questa possibilità e a questa opzione che
ora ci viene offerta solo perché, non colta in precedenza, la Facoltà ha intrapreso una
via diversa.
Dobbiamo imporci una riflessione adeguata in questo senso. Qualora si
intendesse conservare lo stato attuale della formazione dovremmo dimostrare che l'ipotesi
qui suggerita e proposta è peggiorativa della situazione attuale. Dovremmo dimostrare che
il contenuto formativo di questa proposta - proposta che la Facoltà ritengo abbia il
dovere di formulare, elaborare, discutere ed eventualmente fare propria - non può essere
attuato o risulta peggiorativo rispetto all'attuale situazione. Dovremmo dimostrare che i
percorsi formativi sarebbero migliori se si continuasse a procedere "in linea
retta" fra lauree e lauree magistrali. Dovremmo dimostrare che è meglio limitare la
formazione data dalle lauree magistrali a favore delle lauree di primo livello. Dovremmo
dimostrare che la nostra visione della formazione che siamo in grado presentare ai nostri
studenti, rimanendo limitata agli attuali assetti e priva di possibili sviluppi futuri,
sia formulata nell'interesse degli studi e degli studenti e non di singoli docenti o di
gruppi desiderosi soltanto di affermare il proprio ambito.
7.- Conclusioni. Pertanto propongo alla Facoltà una discussione
su questi argomenti nelle opportune sedi quali i Consigli di Corso di studio, la
Commissione per la didattica e il Consiglio di Facoltà, ben consapevole che i tempi di
attuazione di un tale cambiamento non potranno essere immediati; ma sarebbe già un buon
successo iniziare una attenta e approfondita discussione considerando che ai sensi del DM
270 abbiamo ancora qualche anno per raggiungere una formulazione definitiva dell'assetto
egli studi.
Sono certo della Vostra piena collaborazione nell'interesse degli studenti, della
Facoltà e della formazione.
Il Preside prof. ing. Pier Paolo Diotallevi |
|
Dal "vecchio" (ma ancora giovane) al "nuovo" Direttore
amministrativo
|
Fabro Ines
già Direttore Amm.vo
|
Ringraziamento alla Dr.ssa Ines FABBRO
Anche Lettera aperta del prof. G. Barbiroli alla Dr.ssa Ines
Fabbro
e
Considerazioni del prof. G. Porzi sul passaggio al nuovo Direttore |
Per parte del nostro Foglio
desideriamo ringraziare la Dr.ssa Ines Fabbro per il servizio (tutta un vita) reso, in
piena dedizione, all'Alma Mater e a tutti noi: docenti, tecnici, amministrativi.
Pur avendo criticato la gestione della Dr.ssa Fabbro, questo
ringraziamento non è solo un atto dovuto. Siamo stati sempre consapevoli che la
Dottoressa ha dovuto affrontare (non avendo più a monte un Governo centrale che paga a
pié di lista) problemi difficili, anche impari perchè non sorretta da chi, invece, di
parte docente, ha svolto in modo inadeguato il suo compito, forse perchè non all'altezza
del proprio ruolo, o forse perchè non sorretto da buona salute (anzi in pessima salute, e
a lungo).
Ben altra gratificazione la Dottoressa aveva avuto nel periodo in cui
aveva svolto quel compito, sotto la guida di un "fuori classe", nome con cui Lei
stessa chiamò Fabio Roversi Monaco, in chiusura del mandato rettorale a Santa Lucia il 31
ottobre 2001, e di cui aveva dichiarato voler "requisire" la toga, per
conservarla nelle mura del Rettorato.
Ma ormai il tempo è passato, ed è stato opportuno dare un
taglio a tutto, e ricominciare da capo con persone nuove.
Poi la storia renderà giustizia a tutti, nel bene e nel male.
E, c'è, poi, che "chi lascia eredità di affetti, avrà
gioia successivamente" (parole di U. Foscolo, qui tradotte in positivo).
Se questo avverrà, lo potrà verificare Lei, per
prima. Nino Luciani |
|
Giancarlo Barbiroli*, Lettera alla Dr..ssa
Ines Fabbro |
Lettera aperta, inviata anche a tutti i Docenti |
* Ordinario di merceologia, Già Preside della
Facoltà di Economia, Univ. di Bologna
Pregiatissima e Gentilissima Dottoressa Fabbro,
il suo messaggio di saluto del 30 Settembre mi dà lo spunto per
alcune considerazioni sull'azione che ciascuno svolge in una Università importante (o che
dovrebbe esserlo) come la nostra, e quindi sui criteri di gestione.
Sono sempre più convinto che, operando in un contesto così complesso e
articolato (ma pubblico, non dobbiamo dimenticarlo), se le decisioni e le scelte non sono
prese su basi razionali e oggettive, i risultati ottenuti non potranno che essere, o non,
corrispondenti agli sforzi (e alle spese), oppure addirittura opposti a quelli che si
dovrebbero ottenere per conseguire gli obiettivi propri (qualificazione e potenziamento
della ricerca e della didattica).
Non sto affermando niente di diverso da quanto ho proposto alla fine di
marzo: è indispensabile "rifondare "l'Università su criteri razionali,
verificabili e verificati, come quelli che conducono l'azione degli Atenei Europei ed
extra Europei.
Purtroppo il confronto mi dà e mi darà sempre più ragione, perchè noi
siamo lontani anni luce da questa loro condizione rigorosa. Nei numerosi incontri avuti in
Aprile e Maggio (durante il dibattito per le elezioni del nuovo rettore - N.D.R.) ho
purtroppo riscontrato che tante realtà sono " a metà del guado", creando forti
tensioni e preoccupazioni.
Chi opera al loro interno considera che ciò dipenda dal fatto che le scelte non
siano state effettuate con razionalità, quasi con una "navigazione a vista". E
da queste condizioni difficili non si sa come uscire, creando ulteriori tensioni e
preoccupazioni. Anche gli squilibri di risorse tra aree diverse, e tra aree scientifiche e
attività di supporto creano irritazione e preoccupazione.
Questa nostra realtà è ben nota negli Atenei internazionali rinomati che
contano, e viene considerata "un grande gap istituzionale", tanto che, anzichè
noi essere "fuori classifica" come Ateneo più vecchio del mondo e per le tante
eccellenze scientifiche (c'è stato anche, il 9° Centenario di mezzo, e non è stato
poco!!), veniamo collocati verso il 180° posto.
Altre spiegazioni diverse ? Verrò considerato pessimista, ma, al di là
degli opportunismi o delle ipocrisie, da anni a Bologna e dintorni è diffusa questa
convinzione.
Lei potrà obiettare: ma questa esigenza di rifondare l'Università su basi
razionali non ha avuto successo numerico nelle elezioni rettorali, in maggio scorso.
Lei sa la ragione: "le culture prevalenti" conducono in altre
direzioni, però con un chiaro trend in discesa.
Pazienza, così è se vi pare !
Chissà che in un "rigurgito tardivo di autocoscienza e
responsabilità" non mi si darà ragione, anche se per manifestarlo occorre un totale
e diffuso "anticonformismo", che non vedo da tempo, nè all'orizzonte.
Con tanti auguri per le sue attività future.G. Barbiroli |
Gianno Porzi*, Il Dottor Colpani, nuovo Direttore
Amministrativo
* Membro del CdA |
Gianni Porzi
|
Forse è opportuno spendere qualche parola sulla complicata
vicenda della nomina del nuovo Direttore Amministrativo del nostro Ateneo.
Nella seduta del CdA del 10 novembre 2009 il Dr. Colpani, proposto dal MR, è
stato nominato D.A.
La delibera è stata assunta allunanimità non solo sulla base
del curriculum del Dr. Colpani, ma anche come atto di fiducia nei confronti del MR che in
questo ultimo periodo si è fortemente impegnato nella ricerca di una persona competente e
dinamica allaltezza dellincarico importante, quanto gravoso, che dovrà
ricoprire a partire dall1/1/20010.
Al Dr. Colpani, che mi auguro farà il massimo per ridare al nostro
Ateneo quel prestigio che merita, vanno i più sinceri auguri di buon lavoro
Si conclude così un lungo e travagliato iter iniziato più di un anno
fa quando cioè il CdA decise, su proposta del Rettore (nonché del Direttore
Amministrativo), una procedura di selezione, per individuare il nuovo D.A., assurda quanto
inutile, tantè che si concluse con un nulla di fatto.
Ritengo valga la pena ricordare alcuni passaggi importanti di tale vicenda.
Più di un anno fa il CdA autorizzò il Rettore ad emanare il bando per lincarico di
D.A., precisandone il profilo.
Nella seduta del CdA del 17/3/2009 il Rettore, senza peraltro
aver preventivamente informato i Consiglieri affinché potessero prendere una decisione
consapevole e in piena coscienza (motivo per il quale il sottoscritto rifiutò di
partecipare alla deliberazione abbandonando la seduta), propose, e il CdA approvò a
maggioranza, la composizione della Commissione di esperti (da lui stesso presieduta) che
avrebbe dovuto valutare i candidati.
Inoltre veniva precisato che, al termine delliter
istruttorio della Commissione, il nominativo da sottoporre allapprovazione del CdA
sarebbe stato proposto dal Rettore in carica dopo aver "consultato" il Rettore
neo eletto.
Poiché il significato di "consultare" è quello di
"sollecitare un consiglio, un parere", che non è quindi vincolante, il Rettore
in carica aveva solo lobbligo di sentire il "parere del Rettore neo
eletto"; un parere non ritengo costituisca un vincolo, come invece si è tentato di
farlo apparire.
Al bando risposero ben 47 candidati che la Commissione valutò attraverso
colloqui riservati solo a coloro che avevano superato una prima selezione basata
sullesame dei curricula.
A conclusione della selezione operata dalla Commissione, il CdA era,
ovviamente, in attesa di conoscere sia la rosa di candidati (quattro) ritenuti dalla
Commissione idonei a ricoprire lincarico di D.A., sia il nominativo del candidato
proposto dal Rettore in carica, "sentito il parere" del Rettore neo eletto.
In modo del tutto inaspettato, quanto incomprensibile, nella seduta
del CdA del 24/7/09 il Rettore comunicò che il prof. Dionigi (Rettore neo eletto) aveva
dichiarato di "non avere elementi sufficienti per discutere della rosa dei quattro
autorevoli candidati selezionati dalla Commissione" e quindi il Rettore in carica
dichiarò di non |
essere in grado di proporre un candidato per
lapprovazione da parte del CdA.
In modo altrettanto sorprendente, il Rettore propose al CdA di
prendere atto della dichiarazione del prof. Dionigi e di rinviare quindi la nomina del
Direttore Amministrativo a dopo linsediamento del nuovo Rettore affidando dal 1
ottobre, e fino al momento del conferimento dellincarico, la funzione ad un
Dirigente dellAteneo.
Nonostante la posizione contraria assunta dal sottoscritto (e non
solo), in quanto ritenevo che la procedura doveva essere correttamente conclusa con una
proposta del Rettore, il CdA deliberò a maggioranza di rinviare la designazione del nuovo
Direttore Amministrativo ad un momento successivo allinsediamento del nuovo Rettore.
Ritengo che linterruzione della procedura di nomina del
nuovo D.A. non sia stata una decisione corretta perché :
- allodg della seduta del 24/7 era prevista la "nomina del D.A." e quindi
il Rettore in carica doveva proporre al CdA uno o più candidati della rosa selezionati
dalla Commissione procedendo poi alla votazione;
- lazione del CdA non può essere subordinata al parere di chi, pur essendo stato
eletto, non è ancora in carica.
In tal modo nella seduta del 24/7 il CdA, che è lorgano deputato a
deliberare il conferimento dellincarico di D.A., non è stato messo in condizione di
poter prendere una decisione su un argomento previsto dallodg.
Infine ritengo non sia da escludere che nel non aver concluso
liter di nomina del D.A. possa configurarsi un danno erariale dal momento che la
procedura di selezione dei candidati, che non ha portato ad alcun risultato, ha comportato
tuttavia un impegno economico per lAteneo (non va dimenticato infatti che tre Membri
della Commissione venivano da fuori Bologna). Gianni Porzi (Rappresentante del
Governo nel CdA) |
|
BOLOGNA. Il problema della nomina del nuovo direttore amministrativo.
Falla nel sistema di potere del rettore
Calzolari, che in questi anni
ha fatto le pentole , ma (questa volta) senza il coperchio. |
Fabro Ines
Direttore Amm.vo
in uscita
|
Il
Rettore-entrante aveva opposto (a Calzolari) di "NON AVERE
ELEMENTI SUFFICIENTI PER DISCUTERE DELLA ROSA
DI 4 AUTOREVOLI CANDIDATI, PRESELEZIONATI DALLA
COMMISSIONE"
Ma è evidente che si tratta di una "risposta-non risposta",
che sta per : "Non è affar mio fare atti prima della presa di servizio"
Interim, al momento, alla Dr.ssa Giovanna F. Falsetti
VERSO UN "UOMO NUOVO" (come Direttore
Amm.vo),
sulla testa del Consiglio di Amministrazione ? |
Ivano Dionigi
Rettore in entrata
|
Nino Luciani, "Attesa di vedere se il RETTORE ENTRANTE è "continuo" o
"discontinuo",
rispetto a Calzolari "
1.- Traditore o novello Becket ? Risulta che,
nella riunione del 24 luglio 2009, il CdA aveva bloccato il procedimento per la
nomina del nuovo Direttore Ammiistrativo. Il motivo è che il Rettore-entrante (che
"vox Populi, vox Dei" aveva indicato come particolarmente desiderato da
Calzolari perchè presunto "continuo" alla sua politica), avrebbe opposto
di "non avere elementi sufficienti per discutere della rosa di 4
autorevoli candidati, preselezionati dalla commissione".
Dunque:
- " ELEMENTI INSUFFICIENTI" sul dr. Bruno Quarta, pur se apprezzato da
Calzolari su "Il Sole-24 ORE mentre era in corso la selezione e pur se Dirigente che
Dionigi, da Membro della Commissione Ricerca scientifica, ha incontrato ripetutamente;
- " ELEMENTI INSUFFICIENTI" sulla Dr.ssa Francesca Bitetti, pur se con
tre titoli a prova di bomba: Direttore Amministrativo di "Cà Foscari" e, prima,
di Urbino; e, prima ancora, Dirigente dell'ufficio Controllo di gestione dell'Ateneo di
Bologna, dove si era distinta per la ferrea mano e il senso delle istituzioni. In quel
periodo Dionigi era stato Consigliere di Amministrazione per 6 anni.
Siamo stati di fronte al classico "tradimento"
dell'elettorato, a cui siamo usi in Italia, subito dopo le elezioni?
O siamo stati di fronte al rinsavimento di Becket che, nominato Arcivescovo
di Canterbury perchè "amico del Re", poi la sua coscienza gli ricorda che ...
un "Vescovo è servo di Dio, prima che del Re" ?
E c'è una terza possibilità: che il Rettore-entrante
abbia così ragionato con i suoi consiglieri: "Io non sono ancora in carica. Non è
affare mio, giuridicamente, compiere atti prima della presa di servizio". (E' vox
populi che in questo periodo egli abbia quasi completato la formazione della propria
squadra). Dunque quella risposta va presa come una "risposta-non
risposta", un modo per dare tempo al tempo.
Questa terza interpretazione delle sue parole mi sembra quella corretta e,
se così è, è stata anche una decisione di buon valore politico, pur se
il problema di fare il coperchio alla pentola di Calzolari&Co. sarà solo rinviato al
primo giorno della presa servizio.
2.- E Calzolari ? La Commissione era stata costituita, in evidente
conflitto di interesse tra Rettore e Ateneo. Infatti, pur essendo attese le elezioni di un
nuovo rettore, quello in scadenza si era autoprosto per la presidenza della Commissione
(e, proposto gli altri 4 membri), e ciò era divenuto definitivo perchè non contestato
presso il TAR.
Però non c'era una assoluta necessità di nominare un nuovo Direttore
Amministrativo alla scadenza. Anzi spesso, nella Pubblica Amministrazione (e specie quando
c'è un avvicendamento nelle cariche elettive), i nuovi contratti sono fatti dopo la
scadenza, con proroga di quelli in essere.
Pensare male è peccato, ma ci si prende quasi di sicuro se si pensa
che il "potere in essere" (quelli eletti negli Organi lo scorso anno, e che
rimarranno ancora a lungo) abbia tentato di rimanere in sella. Già ... perchè il
Direttore amministrativo è la pedina fondamentale a cui attaccarsi per esautorare un
rettore..., condizioni permettendo.
Penso che il Rettore ne fosse cosciente, e non volendo eccedere (perchè,
come Bruto, egli è un uomo onesto) aveva subordinato la quadratura del cerchio alla
scelta finale, da parte del successore-eletto. Ma è evidente (soprattutto col senno di
poi) l'estrema debolezza politica di questa decisione: quella di
subordinare la sua applicazione ad "uno", estraneo alla decisione stessa, anche
se la sua mancata adesione sarebbe irrilevante, se fosse davvero necessario e urgente
provvedere per la Pubblica Amministrazione. Ma questa urgenza non c'è.
Non se ne penta Calzolari: la logicità e la coerenza in politica sono rare
in questo Paese, e nulla di buono si può costruire, se non si parte da esse.
3.- Le possibilità per il Rettore-entrante. Quanto ipotizzato vale per
adesso, ma non più dal 1 nov. 2009 , quando il nuovo Rettore prenderà servizio, e si
ritroverà comunque sul tavolo le conclusioni della Commissione, anche perchè 4
candidati, (per di più "non classificati", tra cui scegliere), sono tanti,
e solo l'eccesso di personalismo può spiegare il rifiuto di tutti |
CdA
del 15 sett. 2009
G. Porzi*, Per la mancata nomina
del Direttore Amministrativo, è
ipotizzabile il reato di danno
erariale, a carico del CdA
* Rappresentante del Governo in CdA |
Gianni Porzi
|
All'Università di Bologna si è venuta a
creare una situazione grave per quanto concerne la procedura di nomina del nuovo Direttore
Amministrativo, la cui attività è fondamentale per il governo dell'Ateneo.
Dopo la decisione assunta dal CdA il 24 luglio u.s., su proposta dal Rettore
Calzolari, di sospendere la procedura di nomina del Direttore Amministrativo (che dovrebbe
prendere servizio dall'1/10/09) ritengo che si sia configurata una irregolarità dal punto
di vista procedurale e un danno dal punto di vista sia organizzativo-gestionale
dell'Ateneo che economico. Infatti, il 30/9/2008, il CdA autorizzò il Rettore ad emanare
il bando per l'incarico di Direttore Amministrativo e il 17/3/2009, il CdA deliberò a
maggioranza la composizione della Commissione, proposta dal Rettore e da lui stesso
presieduta, che avrebbe dovuto valutare i candidati.
Inoltre, veniva stabilito che al termine dell'iter istruttorio ad
opera della Commissione, il nominativo da sottoporre all'approvazione del CdA sarebbe
stato proposto dal Rettore in carica dopo aver "consultato" il Rettore neo
eletto al fine di garantire quel necessario rapporto fiduciario tra Rettore e Direttore
Amministrativo.
Al bando risposero 47 candidati e la Commissione concluse i lavori ai
primi di luglio individuando quattro candidati idonei a ricoprire l'incarico di Direttore
Amministrativo. Ciò nonostante il Rettore nella seduta del CdA del 24 luglio, in cui
riferì al CdA quanto dichiarato dal Rettore neo eletto, prof. Ivano Dionigi, (cioè di
"non avere elementi sufficienti per discutere della rosa dei quattro
candidati selezionati dalla Commissione"), comunicò di non essere in grado
di proporre un candidato da sottoporre all'approvazione del CdA interrompendo così la
procedura di nomina iniziata lo scorso anno con l'emanazione del bando di selezione.
Pertanto, la nomina del nuovo Direttore Amministrativo è stata
rinviata a dopo l'insediamento del nuovo Rettore (che avrà luogo l'1 novembre p.v.), il
quale potrebbe non condividere la procedura messa in atto per la selezione e quindi le
conclusioni della Commissione.
In tal caso, ritengo si possa configurare un danno erariale poiché la procedura di
selezione ha comportato un impegno economico per l'Ateneo.
A tutto ciò si aggiunge un fatto grave, cioè la
delegittimazione del CdA che in tutta la procedura ha avuto un ruolo marginale quando
invece è il solo organo competente a deliberare l'attribuzione di incarichi dirigenziali.
Sostanzialmente, il Rettore in carica ha subordinato l'azione
del CdA alla non decisione del Rettore neo eletto (non ancora peraltro subentrato nella
carica) bloccando così la procedura di nomina del nuovo Direttore Amministrativo, carica
che dovrà pertanto essere affidata pro tempore ad un Dirigente dell'Ateneo poiché
l'attuale Direttore cesserà dall'incarico il 30 set p.v. .
A mio avviso il Rettore, sentito quanto dichiarato
dal prof. Dionigi (come previsto dalla delibera del CdA del 30/9/2008), avrebbe
dovuto proporre Lui stesso al CdA il nome di un candidato per l'incarico di Direttore
Amministrativo, essendo l'organo deputato a deliberare la nomina.
Quindi, non avendolo fatto, ritengo che il Rettore sia venuto meno ad
un suo dovere.
Nella seduta del CdA del 15 settembre, su proposta del Rettore
che ha consultato il neo eletto Rettore, è stato affidato l'incarico di Direttore
amministrativo per il bimestre ottobre-novembre alla Dott.ssa Falsetti che già ricopriva
il ruolo di vice Direttore. Resta inspiegabile perché il nuovo Rettore non abbia ritenuto
opportuno estendere l'incarico fino al 31 dicembre, cioè a bilancio preventivo approvato.
Comunque, questa è stata la sua indicazione che il CdA ha rispettato.
Alla Dott.ssa Falsetti vanno i più sentiti rallegramenti ed i
migliori auguri di buon lavoro. Gianni Porzi |
|
loro
sulla base dell'affermazione: "non ho elementi sufficienti ...".
Non vale nulla il giudizio di una regolare Commissione ? Qualche autorità
di controllo potrebbe chiedere spiegazioni sulla delibera (di luglio), del CdA, di non
procedere; e "qualcuno dei 4" potrebbe fare ricorso al TAR. In questi casi, la
partita si ingarbuglierebbe enormemente.
Nelle more di queste due eventualità, Dionigi potrebbe
provare a chiudere gli occhi e nominare d'urgenza un direttore amministrativo di suo pieno
gradimento, salvo ratifica del CdA. Questo è l'unico blitz possibile e,
pur se con qualche rischio, è una soluzione ragionevole, in quanto si
potrebbe sostenere che giuridicamente solo a lui spetta la scelta del suo primo
collaboratore, a parte che la cosa è, forse, anche vitale per il successo del suo
mandato.
Soprattutto serve un Direttore consapevole che i problemi del
bilancio e quelli didattici (e conseguentemente quelli amministrativi) vanno fatti
marciare insieme, non in modo sfasato come ha fatto la (psicologa e politica) Fabbro. Fu
la strada che portò il Rettore in piazza, a gridare la crisi del bilancio,
magari facendo credere che il colpevole fosse il Governo ! (Ahimè, potremo perdonare
questa cosa ?)
Vediamo perchè Dionigi potrebbe nominarsi il direttore.
a) Il Rettore può compiere atti, propri del CdA, in caso di "necessità e
indifferibile urgenza", salvo ratifica nella seduta successiva (art. 34, lettera i,
dello Statuto).
L'urgenza c'è, se è vero che il 1 nov. 2009 sarà senza il Direttore (a
parte l'essere una urgenza creata dallo stesso Dionigi, mediante una "non
decisione", che gli apre la via a giovarsene per esercitare "in spolitario"
una scelta determinante e costosa). Ma c'è un'altra via di uscita, se si prescinde da
ripensamenti di Calzolari e del CdA ?
b) Nell'attuale Statuto, la nomina del Direttore Amm.vo NON SEMBRA più
materia esclusiva del CdA. Infatti, l'art. 44 dello Statuto, dispone che "Le funzioni
di dirigente sono attribuite dal Consiglio di Amministrazione, su proposta del Direttore
Amministrativo". Il possibile scorporo del
Direttore Amministrativo, dai "dirigenti nominati dal CdA", è avvenuto con la
modifica del precedente art. 44 (in vigore fino al 24/5/99), che disponeva: " Le
funzioni di dirigente sono attribuite dal Consiglio di Amministrazione".
Abbiamo parlato di "possibile scorporo", perchè l'interpretazione
potrebbe anche essere un'altra: prima il cda nomina il direttore, poi su proposta di esso
nomina gli altri dirigenti (la "squadra" del direttore amministrativo", che
per legge ha il diritto/dovere di amministrare senza subire ingerenze dagli organi
elettivi, cui spetta il "governo")
Naturalmente si può anche sostenere che, attualmente, la scelta
può essere fatta in autonomia dal Rettore,
salvo ratifica di routine del CdA. Altri Atenei procedono in questo modo.
4.- Conclusioni. Da quanto avverrà avremo la
prova del 9, circa la effettiva volontà di Ivano Dionigi di essere "continuo" o
"discontinuo", e fors'anche circa la volontà di trovarsi (ex-post) votato alla
unanimità, sia pure fuori sacco. NL |
|
Carla Faralli
|
Ateneo di Bologna - Tasse studentesche 2009-10
L'Ateneo di nuovo in tensione per
forzare, contra legem,
i contributi studenteschi, per stare all'altra legge che vieta
di sforare il 90% del FFO per le spese di personale
|
Gianni Porzi
|
Questo fatto (comune alla metà degli Atenei, ma zitto zitto il
Ministro Tremonti)
mostra che sono maturi i tempi per la liberalizzazione dei contributi
studenteschi,
e per una legge sul diritto allo studio, che carichi
sullo Stato il relativo finanziamento |
Leggiamo
nel mini-rapporto di Carla Faralli ai Colleghi della sua Mailing List:
"A parte
l'incremento dell'1,5% pari al tasso di inflazione programmata ai sensi del D.M. 27/2/09,
le
principali novità riguardano: |
|
- la
riformulazione delle fasce sulla base non soltanto dei requisiti di reddito ma anche di
merito;
- l'attribuzione agli studenti particolarmente meritevoli (media del 28),
indipendentemente dal reddito, di uno sgravio del contributo pari al 10%;
- eliminazione della riduzione del contributo del 15% per tutti i fuori corso;
- diminuzione dall'80 al 60% del contributo previsto per il percorso lungo." CF |
|
Proviamo a guardare più a fondo ... il mini-rapporto |
|
a) l'aumento non è recupero di inflazione di
cui al DM 27.2.09 (vedi sotto), invece relativo solo alla "tassa minima";
b) l'Amministrazione non ha segnalato lo sforamento della quota del FFO (vedi
CONSUNTIVI e D.P.R. 25.7.97, n. 306)
c) altra anomalia ci fu qualche mese fa, con il divenuto famoso "tesoretto" (vedi sotto l'articolo di G.
Porzi);
c) non emergono elementi di confronto con gli Atenei, qui intorno, ai quali
Bologna cede non pochi studenti, da anni. |
|
CONSUNTIVI (a
prezzi correnti) - I contributi studenteschi collegati col FFO - Fondo di Finanziamento
statale Ordinario
CHIAVE |
|
2006 |
2007 |
2008 |
2009
previsioni |
F.E.1.01+
F.E.1.02 |
Contributi
studenteschi (escluso post laurea) |
97.701.476,47 |
97.635.669,97 |
102.538.885,83* |
106.310.893,64 |
F.E.1.05.01 |
FFO-Fondo
statale per funzionamento ordinario |
389.335.072,00
|
389.071.741,00 |
402.427.423,00
|
388.076.069,70
|
|
Rapporto Contributi studenteschi/FFO |
25,09%
|
25,09%
|
25,50%*
|
27,4%
|
|
* Al netto del presunto "tesoretto" ( 24.341.368,60
), incassato, a dicembre 2008, di rate del 2009. |
Nino Luciani, A parte le
"curiosità" locali, nel by-passare le spinosità della legge, penso che il
finanziamento del diritto allo studio dovrebbe diventare un compito dello Stato, con borse
di studio e bonus-università, direttamente elargite agli studenti.
1.- Lo Stato, con le leggi dello scorso anno, ha punito le
università che sforavano, per spese di personale, il 90% del FFO. Ma poi ... tuttora
fingeva di non vedere le università che, per "non sforare" detto 90%, sforavano
il 20% del FFO, per i contributi studenteschi. Più sotto è riportata la legge relativa.
C'è una aggravante: lo Stato vuole che le università, in applicazione del diritto
allo studio, applichino favoriscano gli studenti "bisognosi e meritevoli", ma
gravando il minor gettito su tutti gli altri studenti.
Lo Stato si decida: se le università sono aziende (come di fatto le
tratta), il finanziamento del diritto allo studio è un poblema statale.
Non è buona regola che le università, alle prese col pareggio dei
bilanci, debbano applicare regole "sociali". La più odiosa, nel nostro caso, è
che le università siano obbligate ad abbassare il monte contributi studenteschi, se lo
Stato abbassa il FFO, vero essendo che il primo deve stare al secondo, non superando il
tetto del 20%.
E', invece, buona regola che gli interventi "sociali", a favore di
date categorie di cittadini siano finanziati dallo Stato col gettito fiscale sulla
collettività intera, in base a capacità contributiva, non su specifici gruppi di
cittadini (gli "altri" studenti, nel nostro caso).
2.- A mio parere, lo Stato dovrebbe liberalizzare i contributi studenteschi (sia pur
con un tetto, che secondo la tradizione della scienza delle finanze dovrebbe essere il 30%
della spesa corrente).
Al tempo stesso dovrebbe assumere su se stesso, direttamente, l'applicazione del
diritto allo studio, e che potrebbe essere:
1) borse di studio ai bisognosi e meritevoli;
b) bonus-università, ai singoli studenti, liberi di spenderli, per la laurea triennale,
nelle università, al loro scelta;
c) quote aggiuntive del FFO, a tempo determinato (10 anni ?) per le università regionali
delle aree depresse.In questo modo si eviterebbe di congestionare le università già
mature, a danno dei residenti, e si limiterebbero i costi di trasporto e residenza
degli studenti delle aree depresse per recarsi in quelle mature. NL |
Gianni Porzi*, Ancora sul "tesoretto"
relativo al consuntivo 2008, perchè questione di metodo .... * Rappresentante del Governo in Consiglio di Amministrazione
A proposito delle osservazioni del Collega Luciani, su
Universitas", relative al Bilancio consuntivo
2008, ho colto tra le righe una sorta di "appunto" ai membri del CdA che non
avrebbero individuato alcune criticità nel conto consuntivo. Ed è su questo che vorrei
fare alcune precisazioni, dal momento che il tanto sbandierato "tesoretto" è
ormai chiaro a tutti che è quasi interamente dovuto ad un anticipo di cassa, cioè al
fatto che un consistente numero di studenti ha optato per il versamento della quota
annuale di contribuzione in un'unica rata, entro la scadenza prevista per la prima rata,
potendo così usufruire dello sconto di 31 Euro sul contributo totale.
Ciò che invece vorrei mettere in evidenza è la difficoltà da parte
dei membri del CdA a valutare attentamente il bilancio consuntivo (faccio notare che si
tratta di oltre 240 pagine, tabelle incluse) per il poco tempo a disposizione. Infatti,
gli Uffici, a fronte delle richieste ricevute da alcuni Consiglieri di poter disporre del
conto consuntivo con un congruo anticipo, solo mercoledì 29 aprile alle ore 8,43 hanno
comunicato via e-mail che il materiale era disponibile on line.
Se si tiene presente che venerdì 1 maggio era festivo e che il CdA ha avuto
luogo martedì 5 maggio, è evidente che il tempo a disposizione per un'attenta lettura e
valutazione è stato alquanto limitato, considerando anche il fatto che ben pochi
Consiglieri sono esperti in materia e quindi devono ricorrere a Colleghi competenti se
vogliono espletare al meglio il proprio compito.
Vorrei inoltre sottolineare che :
a) il Collegio dei Revisori dei Conti (la cui relazione ci è stata
consegnata la mattina stessa del 5 maggio) si era riunito il 24 aprile per l'esame del
bilancio consuntivo;
b) il bilancio inviato ai Revisori dei conti è definitivo e non può quindi
essere modificato;
c) il Senato Accademico aveva esaminato tale pratica il 28 aprile. Pertanto,
non si capisce perché all'Organo che deve approvare (e non esprimere un semplice parere
come la Giunta e il Senato) il conto consuntivo non sia stata data la possibilità di
prendere visione del materiale con un congruo anticipo, ad esempio almeno il giorno stesso
in cui fu trasmesso al Collegio revisori dei conti, cioè il 24 aprile.
Ritengo un tale comportamento inaccettabile e infatti sia io
che il prof. Bruno Barbiroli lo abbiamo stigmatizzato ed abbiamo invitato con fermezza gli
Uffici e i Vertici dell'Ateneo a che ciò non abbia più a ripetersi. Gianni
Porzi |
|
Decreto Ministeriale 27
febbraio 2009 Aggiornamento dell'importo della Tassa minima di iscrizione universitaria per l'a.a. 2009/10
--------------------------------------------------------------------------------
DECRETA:
Art. 1
L'importo della tassa minima di iscrizione alle Università, determinato
per l'anno accademico 2008/2009 in 181,44 (centottantuno/44), è aumentato dell'1,5
per cento in relazione al Tasso di inflazione programmato per il 2009, ed è pertanto
determinato per l'anno accademico 2009/2010 in 184,16 ( centottantaquattro/16).
Roma, 27 febbraio 2009 IL MINISTRO |
Decreto del Presidente della
Repubblica 25 luglio 1997, n. 306 - Regolamento recante disciplina in materia di Contributi
Universitari Articolo 1 (Definizioni)
1. Ai sensi del presente regolamento si intendono:
a) per studenti, gli iscritti ai corsi universitari attivati per il rilascio dei
titoli di cui alla legge 19 novembre 1990, n. 341, articoli 1, lettere a) b) c) e 7;
b) per università o ateneo, le università e gli istituti di istruzione
universitaria o di grado universitario statali;
c) per Ministero, il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e
tecnologica;
d) per contribuzione per studente, la somma dell'importo della tassa di iscrizione
e dei contributi universitari di cui all'articolo 2 per singolo studente;
e) per contribuzione studentesca, l'ammontare complessivo della contribuzione a
carico degli studenti di ogni università comprensiva, ai sensi e per gli effetti di cui
all'art. 20, comma 8, lettera c), legge 15 marzo 1997, n. 59, del gettito della tassa di
iscrizione e dei contributi universitari, calcolato per il complesso degli studenti
dell'ateneo, come accertato nel bilancio consuntivo del medesimo.
Articolo 2 (Contribuzione studentesca)
1. Gli studenti contribuiscono alla copertura del costo dei servizi offerti
dalle università mediante il pagamento, a favore delle medesime, dei contributi
universitari e della tassa di iscrizione di Lire 300.000, di cui all'articolo 5, comma 14,
della legge 24 dicembre 1993, n. 537, importo rideterminato e soggetto, a partire
dall'anno accademico 1995-96, a rivalutazione annuale per effetto, rispettivamente,
dell'articolo 3, comma 19 , lettera b), ultimo periodo, della legge 28 dicembre 1995, n.
549 e dell'articolo 5, comma 19, della predetta legge n. 537.
2. I contributi universitari sono determinati autonomamente dalle università in
relazione ad obiettivi di adeguamento della didattica e dei servizi per gli studenti,
nonchè sulla base della specificità del percorso formativo
Articolo 3 (Criteri per la determinazione dei contributi universitari
per i corsi di diploma e di laurea)
1. Le università graduano l'importo dei contributi universitari per i corsi di
diploma e di laurea secondo criteri di equità e solidarietà, in relazione alle
condizioni economiche dell'iscritto, utilizzando metodologie adeguate a garantire
un'effettiva progressività, anche allo scopo di tutelare gli studenti di più disagiata
condizione economica, valutata secondo quanto previsto dai commi 2 e 3.
2. La valutazione della condizione economica degli iscritti ai corsi di cui al
comma 1 è effettuata sulla base della natura e dell'ammontare del reddito e del
patrimonio, nonché dell'ampiezza del nucleo familiare.
3. Ai fini della graduazione di cui al comma 1 e della relativa valutazione
delle condizioni economiche degli iscritti, le disposizioni di cui al decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, emanato ai sensi dell'articolo 4, legge 2 dicembre
1991, n. 390, in ordine alla determinazione di un nucleo familiare convenzionale e di
appositi indicatori delle condizioni economiche e patrimoniali, sono vincolanti per le
Università dall'anno accademico 1998-1999.
4. Gli esoneri totali e parziali dalle tasse e dai contributi di cui al presente
articolo, disposti dalle università, sono disciplinati dal decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri di cui al comma 3.
Articolo 4 (Contributi universitari per le scuole di specializzazione)
1. Le università determinano autonomamente i contributi universitari per le scuole
di specializzazione.
2. Le università determinano autonomamente la disciplina degli esoneri totali e
parziali dal pagamento della tassa di iscrizione e dei contributi universitari di cui al
presente articolo, con particolare attenzione per i capaci e meritevoli privi di mezzi, in
possesso dei requisiti per l'accesso alle borse di studio concesse dalle regioni ai sensi
del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'articolo 4, legge 2
dicembre 1991, n. 390. 3. Il gettito della tassa di iscrizione e dei contributi
universitari per i corsi di studio di cui al comma 1, attivati dalle università, non è
preso in considerazione ai fini della determinazione della contribuzione studentesca in
ordine alle disposizioni di cui all'articolo 5.
Articolo 5 (Limiti della contribuzione studentesca)
1. ... La contribuzione studentesca non può eccedere il 20 per cento dell'importo
del finanziamento ordinario annuale dello Stato, a valere sul fondo di cui all'articolo 5,
comma 1, lettera a) e comma 3, della legge 24 dicembre 1993, n. 537.
2. Per le università per le quali nell'esercizio finanziario 1996 la
contribuzione studentesca abbia ecceduto il valore percentuale determinato ai sensi del
comma 1, il predetto valore non può superare negli anni 1997 e 1998 quello determinatosi
nel medesimo esercizio 1996.
3. Per le università per le quali nell'esercizio finanziario 1996 la
contribuzione studentesca risulti inferiore al valore percentuale determinato ai sensi del
comma 1, il predetto valore può essere incrementato esclusivamente con gradualità.
4. Le università comunicano annualmente al Ministero, entro il 31 maggio, il
gettito della contribuzione studentesca accertato nel bilancio consuntivo dell'anno
precedente, il numero di studenti esonerati totalmente o parzialmente dalla tassa di
iscrizione e dai contributi universitari nell'anno accademico in corso, la distribuzione
degli studenti per classi d'importo nel predetto anno, gli eventuali scostamenti
verificatisi con riferimento ai valori percentuali di cui ai commi 1 e 2, nonchè le
misure conseguentemente adottate per il rispetto dei limiti di cui ai predetti commi. |
Tab. 1
CONSUNTIVO 2008
a prezzi correnti |
2006 |
2007
Previsioni assestate
al 15 nov. 2007 |
2007
Consuntivo |
2008 |
Entrate totali |
779.623.560,47 |
895.856.892,53 |
757.980.938,99 |
874.547.310,36 |
Spese totali |
799.389.905,07 |
980.627.831,70 |
759.561.547,03 |
850.205.941,76 |
Saldo |
-19.766.344,60 |
-84.770.939,17 |
-1.580.608,04 |
+24.341.368,60 |
BREVE NOTA
Il "tesoretto" e la
contropartita in termini di perdita di studenti
Da notare che, al 31 dic.2'008, i residui attivi (soldi
attesi, ma non entrati) erano più di quelli passivi
(soldi impegnati, ma non spesi) e, dunque, in termini di cassa (ossia di certezza), il
tesoretto non c'era
Per uscire da queste sabbie mobili, serve la
"discontinuità" senza compromessi
Rientra, poi, nelle questioni sul bilancio il problema dell'unità delle
Università italiane (ossia
della CRUI) nel rapporto col Governo, unità che Calzolari ha frantumato con la
creazione di AQUIS
Il Consiglio di Amministrazione ha approvato
(5 maggio 2009), senza modifiche, il testo sottoposto dalla Amministrazione. Come è
noto, si tratta di un bilancio di competenza
Il bilancio ha un saldo attivo di 24.341.368,60. In una nota dell'Ateneo,
secondo il Rettore Calzolari questo saldo è il "effetto di qualità del lavoro,
prudenza nella gestione e contribuzione studentesca".
Tuttavia, inserendo le cifre del 2008 in un arco triennale (si vegga la tab. 1, che
va dal 2006 al 2008 incluso), prevale l'attrazione sulla crisi drammatica del 2007,
in cui il rettore andò in piazza a denunciare il pericolo di bancarotta e portato i libri
in tribunale. Si pensa che il "tesoretto" valga a cancellare il ricordo di tanto
sbando ? Nella tab. 1 è anche riportata la situazione relativa al primo assestamento, a
metà novembre, e il successivo consuntivo, che attesta la virata.
Contesto a questo bilancio due fatti:
a) che il "tesoretto" sia stato pagato con un arretramento rispetto
ad obiettivi essenziali dell'Ateneo, e comunque non necessario (tale pagamento), perchè
ciò che si chiede ad una buona amministrazione pubblica è semplicemente il
pareggio;
b) che la nuova situazione contabile sia un mero
maquillage di cifre, senza alcun collegamento con le riforme strutturali della didattica,
che sole possono far migliorare durevolmente la situazione contabile.
Dunque, pur se il 2008 ci vede in qualche modo fuori da pericoli
imminenti, di insolvenza (a parte, che ci sarebbe da guardare ai RESIDUI del bilancio, su
cui torno alla fine), resto anche convinto che solo la discontinuità del prossimo rettore
(direttore amministrativo, incluso) possa fare sperare in qualcosa che rilanci
l'Ateneo durevolmente. Ma al contrario, la preoccupazione della nota rettorale, fatta
rimbalzare ad arte su "la Repubblica" è quella di smentire il candidato più
critico e discontinuo (Cantelli Forti), che ha invece ragioni da vendere nella sua critica
radicale alla amministrazione Calzolari - Fabbro.
S'intende, poi, che per le difficoltà del bilancio, occorrerà anche che
Bologna concorra alla riunificazione delle Università italiane, nel rapporto col Governo,
ma che Calzolari ha frantumato creando AQUIS. Ma andiamo per gradi, e guardiamo dentro al
bilancio.
1. - Le tasse universitarie (o contribuzioni studentesche) sono aumentate
di 29 milioni circa, e questo significa che il tesoretto viene tutto da questo
aumento. Se, poi, dividiamo la cifra per il numero degli studenti (vedi tab. 2), troviamo
che in media ogni studente ha speso 1.014 nel 2006, 1.062 nel 2007 e
1.475 nel 2008. E se ci ricordiamo che durante la gestione
Calzolari-Fabbro (2001-2009) gli studenti sono calati di 18.000 unità, allora capiamo
l'apporto (pro-quota) di questo "tesoretto" a distruggere l'Ateneo: sì,
perchè se continuiamo a perdere studenti, rimarranno solo le mura. Quanto meno, nel
fissare le tasse degli studenti, occorrerebbe tener conto di cosa fanno gli Atenei attorno
a Bologna.
2.- FFO - Fondo di Finanziamento Ordinario. Esso è aumentato di
13 milioni. Dunque esso era sufficiente per il pareggio sostanziale.
3.- Ricerca. Dalla tab. 2, si vede un crollo ben grande del finanziamento
della ricerca. Il Miur ha avuto la sua parte principale di responsabilità e ce ne
lamentiamo. Ma c'è anche un calo di quello dell'Ateneo. E allora, perchè mai un avanzo
di amministrazione ? E come mai, giornalmente il vertice dell'Ateneo si riempie la bocca
esaltando la sua azione a favore della ricerca ?
Si noti anche la cifra risibile del finanziamento privato. Si parli col mondo delle
imprese, e si sentirà solo dire della estrema difficoltà di colloquiare con il
Rettorato, considerato un ambiente fuori orbita, per i tempi tecnici troppo lunghi di
approvazione di un potenziale accordo, e per l'incapacità di capire l'importanza dei
progetti. E questo giudizio è stato espresso anche dai presidenti degli enti finanziatori
della università della Romagna.
Sempre la tab. 1 evidenza cose che andavano giustificate nella nota del
rettorato: troppi interessi attivi ! Questi evidenziano ritardi nei pagamenti ai
fornitori di beni e servizi, e dunque oneri ricaricati indirettamente sull'Ateneo, in
quanto un fornitori fanno fatture caricate, che scontano i ritardi.
4. Dubbi sulla cifra dei titoli pubblici venduti per 50
milioni . Questa cifra è controbilanciata da identica cifra in uscita, e questo
vuol dire che sono titoli acquistati nel 2008. Tuttavia alla voce "rendite di titoli
pubblici" l'entrata è 0,00 (si vegga la voce F.E.1.17.03). Mi sembrerebbe evidente
la mancanza dei relativi interessi. Ad es. se compro una obbligazione 100 è perchè mi
aspetto di avere indietro 105, alla scadenza. Servirebbe una spiegazione del dove sono
finiti.
4.- Romagna. La cifra a carico di Bologna è ripresa ad
aumentare nel 2008. Questa è cosa buona. Ma della Romagna dirà meglio un servizio a
parte. Clicca su RESOCONTO.
5.- Personale docente. Si vede dalla tabella 5 che la
situazione retributiva è stagnante, come da anni, pur se il potere d'acquisto della
moneta è molto calato.
Potrebbe avere senso ridurre il numero dei docenti, per aumentare la
retribuzione variabile dei docenti ? Questa questione andrebbe esaminata alla luce
della ristrutturazione della didattica, cosa di cui neppure lontanamente ci si preoccupa
in ateneo.
Altrettanto: ha senso negare il biennio, dopo i 70 anni, se poi (per
legge) non si può assumere "tanto, quanto uscito" per fare fronte alla
necessità di docenti ?
Professori a contratto. La cifra per assunzioni pro-tempore,
di docenti esterni, ammonta 3.967.190,61. Ha senso questa spesa, per un ateneo che
ha 3.300 docenti di ruolo ?.
6.- Personale tecnico e amministrativo. Anche queste sono
stagnanti le relative retribuzioni andrebbero esaminate alla luce dell'effettivo
fabbisogno di personale. Ma anche queste cose sembrano lontane anni luce dal bilancio:
eppure sono la stessa cosa, perchè il bilancio è la conseguenza di una corretta
impostazione delle problematiche del primo tipo.
7.- Ultimo, ma non ultimo: le spese per collaborazioni esterne sono
diminuite di quasi il 50%: Questa è cosa buona.
RESIDUI. Come detto all'inizio, il
bilancio de quo è di "competenza", ossia spese impegnate (ma non effettuate
interamente) o entrate attese (ma non entrate realmente). Per questo motivo, il
bilancio di competenza è accompagnato dal bilancio dei residui. Ebbene i residui attivi
sono stati 185.832.231, 89) e i residui passivi sono stati
120.019.703,93. Pertanto, in termini di cassa (ossia di soldi "veri",
direbbe la Marcegaglia), l'Ateneo, al 31 dic. 2008, aveva pendenti crediti netti di
esercizio per 65.812.527,96. Dunque, in termini di cassa, il tesoretto
non c'era. N.L. |
TABELLA 2 - ALCUNI
PARTICOLARI SULLE ENTRATE |
CHIAVE |
|
2006 |
2007
Previsioni assestate al 15 nov. 2007 |
2007
Consuntivo |
2008 |
|
|
|
|
|
|
F.E.1.01+ F.E.1.02 |
Contributi
studenteschi (escluso post laurea) |
97.701.476,47
(pro-capite:
1.014,31;
studenti 96.323) |
104.774.816,59
|
97.635.669,97
(pro-capite:
1.062;
studenti 91.888 |
126.880.254,43
(pro-capite:
1.475,27;
studenti 86.005) |
F.E.1.05.01 |
FFO-Fondo
statale per funzionamento ordinario |
389.335.072,00
|
380.917.567,00
|
389.071.741,00 |
402.427.423,00
|
F.E.1.13.02+
F.E.1.16.04 |
Finanziamento
privato della ricerca (ex- art. 66 DPR 382/80) |
906.660,84
|
850.000,00
|
1.365.959,51
|
1.548.544,29
|
F.E.1.17.02 |
Interessi attivi su depositi |
756.844,47
|
1.501.224,00
|
2.194.357,04 |
3.955.687,08
|
F.E.1.17.03 |
Rendite
titoli pubblici |
0,00 |
0,00 |
0,00 |
0,00 |
F.E.3.26.01 |
vendita di
titoli pubblici |
0,00 |
0,00 |
9.999.871,58 |
49.998.767,39** |
Questa entrata, dovuta alla vendita
di titoli pubblici (Buoni del Tesoro ?) è controbilanciata da uguale cifra, in uscita,
dovuta all'acquisto di titoli del debito pubblico. |
|
Tabella 3 - Finanziamento della
ricerca |
|
|
ANNI |
2006 |
2007
Previsioni assestate al 15 nov. 2007 |
2007
Consuntivo |
2008 |
F.S.2.22 |
Finanziata da
MIUR |
15.793.235,91 |
28.989.283,74 |
17.049.227,03 |
19.124.857,55 |
F.S.2.23 |
Ricerca
finanziata da Ateneo |
4.096.222,22 |
11.245.784,06 |
4.537.306,32 |
3.414.671,00 |
F.S.2.26 |
Finanziata da
altri enti pubblici |
234.844,78 |
158.686,95 |
162.538,49 |
117.473,26 |
F.S.2.27 |
Finanziata da
privati |
109.819,86 |
158.686,95 |
141.582,49 |
69.000,00 |
|
TOTALE
RICERCA |
20.234.122,77 |
40.552.441,70 |
21.890.654,33 |
22.726.001,81 |
Tabella 4 - Romagna - Finanziamenti
per la didattica |
|
ANNI |
2006 |
2007
Previsioni assestate al 15 nov.07 |
2007
Consuntivo |
2008 |
F.S.1.19.16 |
Polo
di Cesena |
6.192.690,22 |
3.494.390,11 |
3.508.560,83 |
4.683.711,88 |
F.S.1.19.17 |
Polo
di Forlì |
6.007.017,14 |
3.817.184,12 |
3.847.068,39 |
5.543.369,23 |
F.S.1.19.18 |
Polo
di Ravenna |
3.046.504,86 |
2.022.345,09 |
2.033.954,99 |
2.596.799,66 |
F.S.1.19.19 |
Polo
di Rimini |
3.790.863,43 |
2.512.446,20 |
2.512.446,20 |
3.187.556,06 |
|
Totale |
19.037.075,65 |
11.846.365,52 |
11.902.030,41 |
16.011.436,83 |
|
Tabella 5 - Personale docente |
|
ANNI |
2006 |
2007
Previsioni assestate al 15 nov. 2007 |
2007
Consuntivo |
2008 |
F.S.1.03.01 |
Retribuzione
professori |
181.255.788,97
|
186.936.986,71 |
186.517.392,38 |
189.339.709,67 |
F.S.1.03.02 |
Retribuzione
ricercatorI |
57.414.697,90 |
61.267.985,48 |
60.970.031,63 |
63.501.676,04 |
F.S.1.03.03 |
Supplenze |
3.772.431,92
|
3.520.925,48 |
3.197.825,37 |
2.885.282,83 |
F.S.1.03.05 |
Compensi
accessori e indennità di carica Professori e Ricercatori |
1.813.628,17
|
1.103.931,81 |
1.100.427,44 |
1.256.889,11 |
F.S.1.06.01 |
Professori a
contratto finanziati da Ateneo |
3.983.869,73
|
3.800.522,33 |
3.857.872,29 |
3.967.190,61 |
F.S.1.06.02 |
Professori a
contratto finanziati da altri |
905.884,17 |
658.162,11 |
557.541,35 |
860.744,53 |
|
Totale |
249.146.300,86 |
257.288.513,92 |
256.201.090,46 |
261.811.492,79 |
* Il tasso di inflazione ISTAT, dal
2001 al 2006, è stato 12%. Si direbbe che c'è stato un mero adeguamento monetario |
Tabella 6 - Personale tecnico e amministrativo - retribuzioni |
|
ANNI |
2006 |
2007
Previsioni assestate al 15 nov. 2007 |
2007
Consuntivo |
2008 |
F.S.1.04, F.S.1.05
F.S.1.07 |
TOTALE |
108.842.495,14
|
115.734.278,9 |
107.514.955,68 |
113.505.231,14 |
|
ANNI |
2006 |
2007
Previsioni assestate al 15 nov. 2007 |
2007
Consuntivo |
2008 |
F.S.1.02.13 |
Spese per collaborazioni
esterne |
2.618.278,20 |
2.360.396,59 |
2.062.155,69 |
1.302.696,02 |
|
Mentre
il Senato Accademico approva il 29 apr. le nuove
lauree, con interpretazione minimale del DM 270 |
Pier Paolo Diotallevi,
Preside Ing. Bologna
|
INGEGNERIA:
Dall'Ordinamento didattico alle Elezioni del Rettore
|
Lettera del Preside di Ingegneria per vere modifiche
dei corsi di laurea, pena l'impossibilità di reggere l'attuale offerta formativa, per il
calo della forza docente. |
Questo orientamento finisce per lambire il Rettorato (in periodo di
elezioni per
nuovo rettore), perchè è in aperta collisione con le linee del Predecessore
Masetti, oggi ProRettore alla Didattica e Formazione, e Consigliere di
Amministrazione, e dunque destinato a conservare la stessa posizione di ProRettore, se
sarà eletto Rettore un Candidato in continuità con la linea dello attuale rettore.
Se Ingegneria piange, le altre Facoltà non ridono. |
Guido Masetti
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Secondo il Preside, le cose da fare subito sarebbero:
a) l'accorpamento degli insegnamenti;
b) fare discipline comuni, al primo anno, rispettivamente per le tre aree tradizionali
(industriale, civile, informatica) e per quella edile di Ravenna. |
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La cosa non può destare meraviglia, d'altra parte. E', infatti,
solo del 18 feb. 2009 l'audizione, in Senato, del Direttore Gen. del Miur, Dr. A. Masia,
secondo cui il Governo punta:
1) "alla perdita di docenza del 20% nei prossimi
tre anni";
2) "alla conseguente riduzione del 30% degli insegnamenti, e quella dei corsi
di studio" (e ciò non esclude lauree "nuove", purchè siano tolte delle
lauree "vecchie" - n.d.r.) |
LA LETTERA DEL PRESIDE
9 aprile 2009
- Ai Presidenti dei Consigli di Corso di Studio
- Al Presidente
della Commissione per la Didattica
e p. c. - Ai Docenti e Ricercatori della Facoltà di Ingegneria
Oggetto: Riflessioni e iniziative per la didattica nella Facoltà di Ingegneria
a) L'attuazione della riforma universitaria secondo il D.M.
270 costituisce un momento ed una occasione di rilevante importanza al fine di programmare
un riordino dell'intera offerta didattica, dei corsi di studio, dei piani didattici e
degli insegnamenti.
L'attuale prospettiva della didattica non è certamente favorevole per
la Facoltà di Ingegneria in ragione della rilevante riduzione del corpo docente che si
andrà a verificare nei prossimi anni, sia per la naturale riduzione della disponibilità
di docenti a seguito del loro pensionamento, sia per la eliminazione, da parte del Senato
Accademico, dei due anni di fuori ruolo per coloro che, dal 2009, raggiungeranno i limiti
di età previsti.
Il quadro della numerosità del corpo docente nei prossimi tre anni vedrà
una riduzione di più di quaranta unità, mentre nulla di certo è possibile dire sulla
effettiva presa di servizio per i vincitori di concorso che attualmente sono banditi. In
questa prospettiva di medio termine la Facoltà di Ingegneria non può rimanere
indifferente alla possibile situazione di difficoltà che a breve si andrà ad evidenziare
per la copertura degli insegnamenti.
D'altra parte non è possibile pensare di supplire a questa prospettiva di
riduzione del numero di docenti incardinati nella Facoltà con contratti a persone
provenienti dal mondo esterno, sia esso professionale o industriale: anche i fondi per la
didattica sono in via di riduzione.
L'uscita dal circuito della docenza produce inoltre anche un grave
pregiudizio sulla qualità della didattica. Sono infatti i professori che da lungo tempo
si sono occupati di didattica, oltre che di ricerca, a dover lasciare scoperti gli
insegnamenti.
Si andrà a perdere il contributo importante di persone di riferimento
per la didattica e per la valenza scientifica e umana, privando così gli studenti del
contatto con uomini e docenti eccellenti.
b) Oltre a queste considerazioni che fanno prevalentemente
riferimento a dati qualitativi e ad una sostenibilità dell'offerta didattica, ritengo
doveroso rimarcare che attualmente, senza considerare le nuove iniziative di cui si dirà
in seguito, la Facoltà di Ingegneria vede oggi attivi n. 11 corsi di Laurea e n. 13 corsi
di Laurea Magistrale (o Laurea Specialistica) di cui uno a ciclo unico di cinque anni.
Contemporaneamente sono previsti in Facoltà circa 850 insegnamenti
(ottocentocinquanta). Sono dunque attivi 62 anni di corso ed, ipotizzando anche che siano
tutti diversi fra loro, la Facoltà raggiunge l'offerta di un numero medio di insegnamenti
pari a circa 14 insegnamenti per anno di corso.
Se valutiamo il numero degli esami previsti (e consideriamo questi
come insegnamenti) e conteggiamo 20 esami per le lauree triennali, 12 esami per le lauree
specialistiche o magistrali e 29 esami per la laurea a ciclo unico, otteniamo che il
numero medio di esami per anno è pari a 6,34.
Dunque in Facoltà, anche ammettendo che per ogni corso di studio gli esami
siano indipendenti l'uno dall'altro, abbiamo una offerta didattica che vale circa 2,2
volte quella strettamente necessaria; questo rapporto tende poi ad aumentare notevolmente
se si considera che molti esami riguardano insegnamenti comuni a più corsi di studio.
Questi numeri ovviamente non vogliono essere esaustivi del problema e
non lo descrivono neanche completamente, tuttavia rappresentano un primo quadro, seppure
approssimato e grezzo, in grado di darci gli ordini di grandezza, così importanti per noi
ingegneri, utili per renderci conto della offerta didattica estremamente ampia che è
proposta dalla Facoltà.
Sorge anche il dubbio che gli studenti possano riuscire ad
orientarsi facilmente in questo quadro di così ampia numerosità di insegnamenti: questa
maggiore offerta conoscitiva forse può essere interpretata anche come fonte di confusione
e di difficoltà nell'orientamento; una "Babele didattica" (espressione forse
esagerata) sulla quale credo dobbiamo prontamente riflettere e prendere qualche iniziativa
di razionalizzazione.
c) D'altra parte, come ben noto, la Facoltà ha deliberato un riordino dei corsi
di studio sia per le lauree, sia per le lauree magistrali proponendo una offerta più
ampia, dettata da esigenze di migliore caratterizzazione della offerta formativa, in linea
con le nuove tendenze della società e del mercato del lavoro, e nell'intento di formare
studenti sempre più preparati, competenti e competitivi per la società nella quale, al
termine dei loro studi, andranno ad operare.
La nuova offerta è stata ragionata e dettata dal desiderio di essere in
linea con le necessità del mercato del lavoro, intendendo formare ingegneri dei quali la
richiesta del mercato è assodata. I numeri precedentemente esposti sono dunque destinati
ad accrescersi esaltandosi anche gli aspetti negativi.
d) A fronte dunque dell'attuale costante riduzione delle risorse sia
umane, sia di mezzi strumentali, a fronte della forse pletorica offerta di insegnamenti e
del desiderio di sostenere nuove iniziative culturalmente valide ritengo che la Facoltà,
ed i corsi di studio che ad essa afferiscono, debbano rivedere l'intera organizzazione
della didattica ed i piani didattici dei singoli corsi con questi obiettivi principali:
- rivisitazione degli insegnamenti previsti nel piano didattico con la riduzione
del numero degli insegnamenti a scelta degli studenti;
- rivisitazione del numero dei curricula inseriti all'interno dei corsi di studio
delle lauree e delle lauree magistrali al fine di ridurre il numero degli insegnamenti;
- valutazione dell'ipotesi di accorpamento di corsi di studio appartenenti alla
stessa classe;
- riorganizzazione dei corsi di base comuni a tutti i corsi di studio al fine di
rendere l'offerta formativa più organica, trasversale a più corsi e comunque omogenea
nell'ambito della stessa classe (con questa azione si aiutano anche gli studenti a meglio
orientarsi nel primo anno di studio senza il rischio di perdere tempo in corsi ed esami
che potrebbero rimanere a loro debito nel caso di cambio di corso di studio);
- considerazione della mutuazione di insegnamenti da altri corsi di studio al fine
di ridurre, come necessario, il numero degli insegnamenti.
Ritengo sia estremamente importante che la Facoltà prospetti
l'insieme di queste modifiche in tempi brevi sia per la necessità che ci investe già dal
novembre 2009, sia per poter dare evidenza in Ateneo di un atteggiamento
"virtuoso" ed anticipatore di ciò che, con altri mezzi meno gradevoli e meno
meditati, inevitabilmente l'Ateneo ci costringerà ad attuare
e) Mi rivolgo pertanto a Voi, Presidenti dei Consigli di Corso di
studio ed alla Commissione per la Didattica della Facoltà, per sollecitarvi a questa
riflessione e chiedervi proposte per l'attuazione di questi obiettivi, prima che altri ce
lo impongano o le necessità della Facoltà lo richieda in modo drastico. La valutazione
che si può e si deve fare non è solo di tipo numerico, con riferimento ad esempio
all'evidenziare i circa 850 (ottocentocinquanta) insegnamenti presenti in Facoltà; non è
solo il numero che conta (che peraltro sembra già grande), ma la qualità e l'efficienza
della didattica.
Con particolare riferimento alle lauree ritengo che la formazione non
possa essere scomposta in un numero elevato di "mille rivoli" che forse non
confluiscono in un unico fiume di sapere.
Attendo entro breve tempo proposte dirette secondo quanto sopra
esposto; preannuncio che comunque dopo il periodo di sospensione della didattica per il
periodo della Pasqua, sarà mia cura convocare riunioni nelle quali dovrà essere data
risposta a questi importanti temi. L'obiettivo è quello di rendere più forte, efficace
ed efficiente l'offerta didattica che sempre è stata qualitativamente sostenuta e
qualificata: da quei modelli non vorremmo allontanarci per le attuali contingenze.
Certo della Vostra piena collaborazione porgo un cordiale saluto.
Il Preside prof. ing. Pier Paolo Diotallevi |
Senato,
seduta del 29 aprile 2009. Nota del prof. Maurizio Spurio Attivazione
corsi di Laurea. Le complesse procedure previste dal Ministero per l'attivazione
annuale dell'offerta formativa impongono l'adozione di delibere in tempo utile per
verificare il possesso dei requisiti necessari.
La delibera verte su: n.201 corsi di studio DM270/04 (di cui 85 lauree, 110 LM e 6 LM a
ciclo unico).
Si specifica inoltre che dei suddetti corsi:
- 172 corsi risultano già attivati nell'a.a. 2008/09 ex DM 270/04;
- 22 derivano da trasformazione (ex corsi di studio già attivati come 509/99);
- 5 sono di nuova attivazione.
- 2 LM ciclo unico in Giurisprudenza, già attivate per tutti gli anni di corso.
Si ricorda che il SA il 25/03/09 ha già approvato l'attivazione per l'a.a. 2009/10 di 23
corsi di studio ex DM 509/99 (ultimo anno possibile) e di 1 laurea quadriennale ex L.
341/90.
Il totale delle richieste di attivazione è dunque 225, contro i 223 dello scorso anno
accademico.
Il SA era a conoscenza del parere della commissione didattica (CD) e di quello
(vincolante) del nucleo di valutazione. In particolare, era necessario che fossero
rispettati dei requisiti minimi di numerosità di studenti (fissati dal MIUR, e di vincoli
più restrittivi fissati dall'ateneo) e di requisiti minimi di docenza per ogni corso di
studio.
In conclusione dopo una estesa discussione:
- sono stati attivati tutti i corsi che non presentavano criticità di alcun tipo, e che
avevano ricevuto parere favorevole della CD e del Nucleo di valutazione.
- dei nuovi corsi proposti, sono stati approvato i 4 che hanno ricevuto parere favorevole
da CD e Nucleo, mentre non è stato approvato un corso della classe LM26, che aveva
ricevuto parere negativo da entrambi.
- su 3 corsi che non avevano i requisiti minimi di numerosità previsti dal MIUR, non sono
stati attivati i 2 che avevano ricevuto parere negativo dal nucleo, mentre per il corso di
Tecnologie per la Conservazione e Restauro è stato dato parere positivo, anche in
previsione di una ristrutturazione della classe di laurea previsto per il prossimo anno (e
che prevede una laurea a ciclo unico).
- su 3 corsi che non avevano i requisiti minimi di numerosità previsti dall'Ateneo, 2
avevano avuto parere negativo da CD e Nucleo.
Tuttavia, poiché si tratta di due LM di Ravenna coinvolte nella classe che dovrà essere
"ristrutturata" (coinvolte quindi nella nuova classe a ciclo unico), il SA
chiede al nucleo, limitatamente al prossimo a.a., di rivedere il parere e di poterli
attivare.
Il SA fornisce parere positivo alla LM di Scienze per l'Ambiente, in accordo con le
indicazioni del Nucleo.
- Su 6 corsi di laurea (1 di Agraria, 1 di Conservazione, 2 di Lettere, e di Scienze) su
cui il Nucleo lamenta difetti sui requisiti di docenza, il SA esprime parere favorevole,
vincolandolo al fatto che siano soddisfatte le richieste del Nucleo. Altre pratiche
trattate:
- Il Sa approva le modifiche dei regolamenti dei corsi di studio e le proposte di
regolamento per i corsi di nuova attivazione per a.a. 2009/10 delle seguenti Facoltà:
Agraria, Ingegneria, Psicologia, Scienze Matematiche Naturali e Fisiche, Scienze Motorie e
Giurisprudenza;
- Il SA approva la stipula della convenzione per il sostegno della Laurea Magistrale in
Giurisprudenza e alla laurea di primo livello in Giurista d'Impresa e delle pubbliche
amministrazioni;
- Il SA esprime parere favorevole al rinnovo della carica del Prof G.P.Brizzi quale
Direttore del Centro denominato "Archivio storico";
- Il SA delega il MR per la nomina dei componenti del Centro denominato "Archivio
storico";
- Il SA approva il testo dell'accorso attuativo locale tra Alma Mater e l'Azienda AUSL di
Bologna in attuazione del protocollo d'intesa sulla formazione specialistica dei laureati
in medicina e chirurgia sottoscritto tra regione e le Università dell'Emilia-Romagna;
- Il SA approva il protocollo d'intesa sulla cooperazione scientifica, tecnologica e
didattica tra UniBO ed Istituto scientifico romagnolo per lo studio e la cura dei tumori
(IRST);
- Il SA nomina il Prof C. Zannoni quale rappresentante dell'UniBO nel consiglio direttivo
del consorzio Interuniversitario nazionale per la scienza e tecnologia dei materiali
(INSTM), che dovrà relazionare annualmente sull'attività del consorzio. - Il SA approva
la nomina dello studente Sig. Alessandro Navacchia come rappresentante degli studenti nel
comitato direttivo del sistema Bibliotecario di Ateneo-SBA. Maurizio Spurio |
Lauree:
a MINISTRA il Preside DIOTALLEVI , di
Ingegneria, risponde: SI' |
Sì alla
rivoluzione didattica a Ingegneria: 4 lauree, in luogo di 12
"Riduciamo il numero delle lauree al numero delle classi previste per
l'ingegneria".
"A loro interno, potranno poi trovare spazio adeguato singoli indirizzi." |
Pier Paolo Diotallevi,
Preside Ing. Bologna
|
|
Il
documento inviato dal nuovo Preside alla Facoltà
"ALCUNE CONSIDERAZIONI SULL'ATTUAZIONE,
NELLA FACOLTA' DI INGEGNERIA, DEL DM 270"
"Preso atto ...della proliferazione dei
corsi di studio, del numero degli insegnamenti,
della molteplicità delle sedi e della loro diffusione territoriale -
spesso non supportata
né da caratteri storici, né da adeguate attrezzature didattiche - è
nostra responsabilità
proporre e sostenere vie alternative di più largo e incisivo
respiro." PPD |
1.- Il nostro compito.
L''Università italiana, unitamente a tante altre istituzioni nazionali, sta vivendo un
momento di grave incertezza derivante sia da situazioni contingenti, quale ad esempio le
difficoltà economiche, sia dall'emergere di carenze strutturali e funzionali. Il nostro
compito deve essere quello di osservare e valutare in maniera critica ed attenta i diversi
aspetti che hanno condotto l'Università a questo livello di criticità, non potendo e non
dovendo noi, operando dall'interno, ritenere che tutte le responsabilità ricadano
esclusivamente su altri lasciandoci come puri osservatori e soggetti passivi di una
realtà non da noi voluta e realizzata.
Preso atto di oggettive inefficienze e di reali mal funzionamenti,
quali ad esempio la proliferazione dei corsi di studio, del numero degli insegnamenti,
della molteplicità delle sedi e della loro diffusione territoriale - spesso non
supportata né da caratteri storici, né da adeguate attrezzature didattiche - è nostra
responsabilità proporre e sostenere vie alternative di più largo e incisivo respiro. Si
aggiungano i ventilati tagli alle risorse sia in termini finanziari, sia in termini di
risorse umane dei quali anche a breve termine si risentiranno i nefasti effetti sul
sistema formativo universitario, sulla conseguente qualità della ricerca e quindi sulla
diffusione della conoscenza.
A fronte di queste prospettive dobbiamo agire, per quanto ci compete come
docenti universitari, e, nel nostro ambito, all'interno della Facoltà per assicurare ai
giovani e a coloro che si affacceranno in un prossimo futuro agli studi universitari un
percorso formativo effettivamente calibrato sulle loro esigenze e sulle reali necessità
della società che vedrà fra qualche anno questi studenti inseriti nel mondo lavorativo e
professionale sulla base della formazione che noi abbiamo il compito e il dovere di
preparare ed offrire loro.
2.- Dal DM 270, uno stimolo a sperimentare nuovi percorsi. Le
recenti modificazioni del percorso degli studi universitari hanno rappresentato un momento
di riorganizzazione del quadro formativo del quale forse non siamo stati buoni interpreti,
non cogliendo tutte le implicite modifiche e gli espliciti suggerimenti che venivano
formulati, rinchiudendoci in un più semplice attaccamento alle preesistenti situazioni,
piuttosto che provare a sperimentare nuovi e più efficienti percorsi.
La prima trasformazione attuata con il DM 509/99 ha portato
all'interno dell'Università il percorso denominato "3+2" spezzando, in due
successivi momenti, una formazione che sempre più si è rivelata, in tanti ambiti, non
completa ed insufficiente se arrestata al primo passo. Non a caso si è potuto riscontrare
che la maggior parte degli studenti che hanno intrapreso il percorso universitario
dell'ingegneria non si sono arrestati al primo livello di laurea (laurea triennale secondo
il DM 509/99), ma hanno proseguito nel potenziamento e nel completamento della loro
formazione nel successivo passo della laurea specialistica.
La successiva normativa varata con il DM 270/2004 ha avuto fra i suoi
obiettivi, ricompattando fra loro insegnamenti che erano stati eccessivamente frammentati,
quello di ridurre il numero degli insegnamenti stessi e degli esami per ogni studente,
garantendo così una maggiore unitarietà nella trasmissione del sapere. Nella stessa
norma si legge un altro obiettivo: quello di dare alla formazione universitaria una
struttura tale che, partendo da una ampia base comune, viene orientata, nei livelli
superiori della formazione, verso attività e competenze sempre più specifiche e
finalizzate, come peraltro appare naturale se per un momento riflettiamo sulle modalità
di apprendimento nell'approfondire le conoscenze. Forse questo aspetto è stato,
anche recentemente, trascurato.
Si aggiunga inoltre la prospettiva reale di una riduzione, non compensata in
termini di docenti, delle risorse umane verso la quale ci si sta inevitabilmente muovendo
e l'opportuna individuazione di requisiti formali e sostanziali per poter svolgere con
qualità e competenza l'esercizio dell'insegnamento.
3.- I "requisiti minimi" non vanno osservati solo sotto
l'aspetto numerico. I requisiti minimi richiesti dal DM 270/2004, esaminati sotto
il puro aspetto numerico, richiedono per ogni corso di studio la disponibilità media di
circa l'80% degli insegnamenti coperti da docenti di ruolo, ovvero studiosi cha abbiano di
fatto dimostrato, mediante i concorsi tramite i quali sono stati vagliati, di essere non
solo capaci ma anche più che capaci nella ricerca, premessa indispensabile per una buona
scuola di formazione culturale e professionale. Dunque occorre sfruttare al massimo queste
capacità per dare agli studenti il meglio nella formazione.
Ad oggi la Facoltà di Ingegneria ha formulato un proprio piano formativo,
peraltro ancora in fase di completa definizione secondo le direttive vigenti contenute nel
DM 270/2004, che comprende undici lauree (di primo livello) appartenenti a quattro diverse
classi, 11 lauree specialistiche (in corso di definitiva trasformazione in lauree
magistrali per le quali già sono stati approvati dalla Facoltà gli ordinamenti), due
lauree magistrali (di cui una a titolo congiunto con altre sedi europee) ed altre sei
iniziative (di cui una di primo livello) delle quali alcune hanno il principale obiettivo
della internazionalizzazione. Completano il quadro una laurea a ciclo unico (di cinque
anni) per la quale è dato il riconoscimento della comunità europea.
Il quadro è ampio, molto articolato perché articolate e plurime sono
le competenze che afferiscono all'area ingegneristica, e comunque l'insieme rientra
ampiamente oggi negli steccati posti dai requisiti minimi formali.
Con questo assetto si rischia tuttavia di fornire agli studenti un quadro
disarticolato della proposta formativa, non completamente chiaro e comunque tale da
congelare ogni ulteriore ipotesi di progettazione futura nei percorsi finalizzati, andando
verso la saturazione dei requisiti minimi sia per eccedenza nella frammentazione
dell'offerta, sia per le sofferenze future in termini di docenti in previsione dei futuri
pensionamenti.
4.- Per il riordino basato su un limitato numero di lauree.
Ribadendo la necessità di un riordino, la cui definizione è fortemente stimolata e
suggerita dalle future riduzioni delle risorse, in ottemperanza al criterio formativo di
partire da basi comuni sempre più allargate per dirigersi, nei livelli superiori di
laurea, verso indirizzate finalizzazioni della formazione, seguendo altresì l'implicito
suggerimento delle vigenti disposizioni in termini di classe, si ritiene necessario
sottoporre all'attenzione della Facoltà un assetto formativo basato su un limitato numero
di lauree alle quali potrà essere collegata, in cascata, una più puntuale offerta
formativa nelle lauree magistrali.
L'ipotesi sulla quale si invita la Facoltà a discutere e riflettere è
quella di ridurre il numero delle lauree ad esempio al numero delle classi
previste per l'ingegneria (L7, L8, L9 e L23) all'interno delle quali potranno poi trovare
spazio adeguato singoli indirizzi.
Con questo criterio si dovrebbero raggruppare fra loro i corsi di studio
afferenti alla classe dell'ingegneria industriale (L9), alla classe dell'ingegneria civile
e ambientale (L7), alla classe dell'ingegneria dell'informazione (L8) e alla classe delle
scienze e tecniche dell'edilizia (L23).
Si possono così ottenere numerosi vantaggi sia dal punto di vista culturale
- certamente l'aspetto primario - sia dal punto di vista dell'organizzazione degli studi e
dei servizi della Facoltà.
L'unitarietà culturale, sancita dal raggruppamento dei corsi di
studi in classi, può trovare la sua migliore manifestazione nell'individuazione di
materie di base comuni alla classe con qualità e quantità formative identiche per i
diversi indirizzi appartenenti al corso afferenti a quella classe. La differenziazione
nella formazione può avvenire comunque secondo gli indirizzi aventi specifiche e
caratterizzanti denominazioni atte ad individuare l'ambito di competenza cui il corso
prevalentemente si rivolge.
5.- Per una formazione di base solida e comune a tutti i laureati di
Ingegneria. E' altresì da considerare il fatto che chi si fregerà in futuro del
titolo di "Ingegnere" avrà una formazione di base solida e in gran parte comune
a tutti i laureati dello stesso ambito, contribuendo a creare un'identità comune nei
laureati. Gli studenti potranno avere di fronte gli stessi percorsi, oggi frazionati in
tanti corsi di studio, consapevoli cha la loro laurea sarà in grado di conferire loro
tutte quelle competenze e conoscenze necessarie e fondamentali per entrare nel mondo del
lavoro (senza particolari specificità non previste a questo livello di laurea e non
sufficientemente credibili per questo livello di laurea) o proseguire, sicuri della
propria formazione, in una laurea magistrale che li orienterà maggiormente negli ambiti
disciplinari preferiti.
L'accorpamento dei corsi diverrebbe così stabile e non soggetto alle
fluttuazioni annuali conseguenti alla numerosità degli iscritti agli attuali corsi di
studio così fortemente frammentati.
La Facoltà potrà meglio organizzare le proprie risorse sia in
termini di docenti e ricercatori, sia in termini di spazi e risorse economiche per rendere
più agevole il percorso agli studenti. Questi accorpamenti, per i quali si sta avviando
una simulazione, potranno forse comportare la necessità di sdoppiamento e anche di
triplicazione di alcuni insegnamenti, ma hanno comunque l'innegabile vantaggio di liberare
risorse che potranno essere utilmente e proficuamente riversate sulle lauree magistrali,
ovvero sulla totalità degli studenti.
6.- In ritardo riorganizzativo, ma possiamo recuperare. L'ipotesi
di riorganizzazione degli studi qui proposta doveva forse essere presa in considerazione
fin da quando si è messo mano al riordino della formazione secondo il DM 270; non
possiamo però rinunciare a priori a valutare questa possibilità e a questa opzione che
ora ci viene offerta solo perché, non colta in precedenza, la Facoltà ha intrapreso una
via diversa.
Dobbiamo imporci una riflessione adeguata in questo senso. Qualora si
intendesse conservare lo stato attuale della formazione dovremmo dimostrare che l'ipotesi
qui suggerita e proposta è peggiorativa della situazione attuale. Dovremmo dimostrare che
il contenuto formativo di questa proposta - proposta che la Facoltà ritengo abbia il
dovere di formulare, elaborare, discutere ed eventualmente fare propria - non può essere
attuato o risulta peggiorativo rispetto all'attuale situazione. Dovremmo dimostrare che i
percorsi formativi sarebbero migliori se si continuasse a procedere "in linea
retta" fra lauree e lauree magistrali. Dovremmo dimostrare che è meglio limitare la
formazione data dalle lauree magistrali a favore delle lauree di primo livello. Dovremmo
dimostrare che la nostra visione della formazione che siamo in grado presentare ai nostri
studenti, rimanendo limitata agli attuali assetti e priva di possibili sviluppi futuri,
sia formulata nell'interesse degli studi e degli studenti e non di singoli docenti o di
gruppi desiderosi soltanto di affermare il proprio ambito.
7.- Conclusioni. Pertanto propongo alla Facoltà
una discussione su questi argomenti nelle opportune sedi quali i Consigli di Corso di
studio, la Commissione per la didattica e il Consiglio di Facoltà, ben consapevole che i
tempi di attuazione di un tale cambiamento non potranno essere immediati; ma sarebbe già
un buon successo iniziare una attenta e approfondita discussione considerando che ai sensi
del DM 270 abbiamo ancora qualche anno per raggiungere una formulazione definitiva
dell'assetto egli studi.
Sono certo della Vostra piena collaborazione nell'interesse degli studenti, della
Facoltà e della formazione.
Bologna ottobre 2008.
Il Preside prof. ing. Pier Paolo Diotallevi |
Romagne: secessione, federazione, o integrazione "multicampus"
con Bologna ? |
Giuseppe Farneti
|
G. Farneti, Prospettive dell'insediamento universitario di
Forlì-Cesena
Considerazioni sul testamento del Sen. Melandri*
(Stralcio dalla Relazione, alla fine del mandato per la Facoltà di
Economia di Forlì, nel 2006)
Oggi solo
Forlì-Cesena parrebbe avere i requisiti di didattica e di ricerca,
propri di una università che possa sopravvivere alle attese forbici del Governo.
* Rapporto dei Poli di Cesena e Forlì,
Commissione Consiliare di Forlì, 24 gennaio 2006
|
|
Nota. Nel
2008 abbiamo pubblicato un articolo del prof. Piero Gallina, Presidente di Se.ri.nar, un
vero allarme circa la situazione finanziaria della sede di Forlì e Cesena (clicca su
Università di Romagna ).
Quel testo lasciava, tuttavia, scoperto un interrogativo fondamentale: i Romagnoli come
pensano il loro futuro, sotto il profilo organizzativo e strutturale ? Precisamente:
vogliono la "secessione, la federazione con Bologna, l'integrazione con Bologna
?"
Senza una risposta chiara, ogni rapporto tra la Romagna e Bologna non può che
fondarsi sulla ambiguità, e nessun problema finanziario potrà essere risolto bene, fino
in fondo.
In attesa di una chiarificazione, e che sarebbe opportuna nel corso del dibattito
per la elezione del Rettore, la ri-proposizione del testamento del Sen. Melandri vuole
essere una prima indicazione, eventualmente da aggiornare.
Al termine di questo stralcio, viene riprodotto il sommario completo degli
argomenti della Relazione Farneti. NdR |
Giuseppe Farneti, Riflessioni sul periodo di presidenza 2000-2006, §
12
Alcune considerazioni riconducibili allultima intervista del Sen. Melandri.
a) Il Sen. Leonardo Melandri, qualche mese prima di
scomparire volle redigere un documento di racconto dellavvio e delle prospettive
future dellinsediamento universitario romagnolo.
Si tratta di una sorta di testamento professionale, che lui scrisse a
futura memoria, perché chi vorrà, potrà sapere come è andata
, così mi
disse in uno degli ultimi incontri. Tra le Sue ampie riflessioni mi limito a riprenderne
alcune. Ma tutti dovrebbero leggerle.
Viene inizialmente osservato che lo sviluppo dellinsediamento romagnolo
è stato abbastanza casuale, il prodotto di forze e volontà diverse. Il risultato è
stato soddisfacente, ma non privo di decisioni fortemente irrazionali, di volta in volta
attribuite ai diversi protagonisti. In questambito la Facoltà di Economia,
superando diverse difficoltà, ha delineato la sua missione e la sua strategia, ma soffre
di un quadro ancora opaco di strategia globale dellAteneo per quanto concerne la
Romagna e la governance complessiva.
L'Ateneo persegue lidea del multicampus. Il sen. Leonardo
Melandri, per contro, parla di fallimento del multicampus. Noi
pensavamo, in quella che poi si è rivelata come una ingenuità, che lAlma Mater
fosse interessata, se non propensa, per il suo altissimo prestigio e la sua forza, a
tentare un esperimento di riconsiderazione di se stessa, nel quadro della nuova realtà
che si era determinata con il decentramento.
avevamo sottovalutato la forza e i
condizionamenti della struttura e della mentalità tradizionali, che non rinunciano mai
volentieri a competenze, attribuzioni, funzioni proprie per trasferirle ad altri
(pp. 50-51). Il Sen. Leonardo Melandri era anche consapevole del fatto che non tutte
le risorse date da Roma a Bologna per il decentramento finivano in Romagna (p. 53),
individuando un problema che presenta poi la sua continuazione per quanto concerne il
finanziamento delle strutture in Romagna.
La realtà vede dunque il modello multicampus come obiettivo, ma i comportamenti
non realizzarlo. Serve un adeguamento, forse, dello Statuto di Ateneo, ma sicuramente
simpone una pratica di autonomia, particolarmente nella ricerca, che è ancora poco
realizzata.
In questo quadro, si può ritenere, il decentramento va concretamente perseguito,
risolvendo la pratica del divide et impera (p.53). Le risorse vanno ripensate,
lorganizzazione dovrebbe vedere un crescente impegno dei poli (guardando
allesperienza positiva del polo di Forlì).
b) Soprattutto, la ricerca va
resa autonoma. Questo è il nodo cruciale. Il sen. Leonardo Melandri vi insiste.
Ritengo che costituisca la cartina di tornasole di qualsiasi buon proposito. O saremo in
grado di percorrere questa strada, o dovremo limitarci a un decentramento della sola
didattica e veramente dovremo parlare di rifiuto del multicampus: ma non avremo risolto i
nostri problemi, né come Università di Bologna, né come Romagna.
Al riguardo vi é il nodo cruciale relativo al modo di essere dei
Dipartimenti. Ebbene, come si dirà, il problema si può risolvere, valorizzando il Polo,
nella sua natura di struttura scientifico-didattica e nelle sue esperienze e capacità
organizzative e rispettando la Romagna e lobiettivo di rafforzare la ricerca
dellintero Ateneo, nellambito di regole trasparenti.
Il Sen. Leonardo Melandri osserva come la Fondazione sopperisca alle carenze
strutturali. E vero. Ma è giusto che ricercatori e assegni di ricerca siano
finanziati in sostituzione dellAlma Mater e non per favorire insediamenti che, in
quanto giovani, hanno bisogno di maggiori attenzioni?
Alla Fondazione siamo tutti grati, così come a Serinar, ma dobbiamo
promuovere un processo che veda valorizzata la ricerca in tutti i suoi aspetti e che
consenta di superare limpressione di luogo dove, con criteri talora soggettivi, si
distribuiscono risorse.
c) Servono nuove regole e
nuove pratiche decisionali. Va considerato che i poli hanno contemporaneamente un ruolo
didattico, pienamente sviluppato e uno scientifico, ancora da esprimere. Si deve
richiamare lattenzione sul fatto che le differenze per quanto concerne la ricerca e
la vita dei Dipartimenti fra Bologna e la Romagna, sono notevoli.
Ad esempio:
1. Gli studi dei docenti in Romagna sono collocati
nelle Facoltà e non nei Dipartimenti co-me a Bologna;
2. I contributi studenteschi che a Bologna finanziano
le Facoltà e tramite queste i Dipartimenti, in Romagna servono per finanziare i Poli, che
in buona misura li destinano poi al-le Facoltà per le loro spese di funzionamento, ma
mantenendone la gestione contabile;
3. Il budget della Facoltà riconosciuto
dallAteneo costituisce per la Romagna lunica fonte di finanziamento per
lattività didattica (contratti);
4. Tutta lattività didattica in Romagna è
svolta dalle Facoltà, che devono pertanto gestire tutti gli spazi necessari, senza alcun
contributo da parte dei Dipartimenti, come si verifica invece a Bologna.
d) Partendo dalla considerazione di queste differenze simpone
una specifica disciplina della ricerca in Romagna, che assecondi il modello multicampus,
dando inoltre un contributo allesigenza di affermare nellAlma Mater una più
qualificata attività di ricerca, oggi in parte resa opaca da processi decisionali non
sempre pienamente trasparenti e da una complessiva organizzazione che è in parte da
ripensare, come infatti si sta verificando.
Va considerato inoltre che il ruolo principale dei Dipartimenti, laddove non siano
presenti consistenti strutture di ricerca, è quello di allocare le risorse, sia di
persone sia finanziarie e poi di amministrarle. La ricerca pertanto non richiede, per noi,
la vici-nanza fisica e lutilizzazione di laboratori, conseguendone che la funzione
amministrativa nei Dipar-timenti è assorbente di ogni altro aspetto.
E possibile al riguardo, come si è iniziato a fare in una riunione che
nellautunno dellanno scorso ha visto insieme il Rettore, con i Presidenti dei
Poli, il Pro-rettore e i presidi della Romagna, pensare che:
- I Poli, come realtà
scientifiche, dovrebbero essere realizzati, almeno a livello sperimentale;
- Il loro ottimo risultato sotto il
profilo della gestione delle risorse che fanno capo alle Facoltà (che decidono, ma non
hanno autonomia contabile), può fare pensare a un loro coinvolgi-mento nella gestione
contabile delle attività di ricerca in Romagna;
- I docenti incardinati in Romagna
potrebbero dunque (forse anche senza modifiche dello Statuto dellAteneo), secondo
regole e comportamenti da definirsi, organizzarsi in aggregazioni sostitutive degli
attuali Dipartimenti, opzionalmente rispetto ai Dipartimenti di Bologna, ge-stendo
pertanto in Romagna le risorse della ricerca ad essi attribuite, ma avendo sempre i Poli
come centri di contabilità.
E una possibilità, intorno alla quale lavorare. Il punto, per me
chiaro, come lo era per il Sen. Leonardo Melandri, come lo è per coloro che vogliono una
Alma Mater sempre più grande e insediamenti universitari in Romagna sempre più efficaci,
è tutto nella necessità di affiancare la ricerca con la didattica: entrambe definiscono
un inse-diamento universitario. Entrambe si influenzano a vicenda.
I docenti, in Italia, svolgono entrambi i ruoli. Secondo la mia opinione, ne
consegue che un docente non è interessato allo sviluppo della propria Facoltà, non cerca
riscontri sul territorio, se la sua carriera è di fatto collegata ad altri riferi-menti
accademici. I docenti sono sempre legati a scuole, correnti di pensiero che, se si pongono
fuori della Facoltà, ne riducono il ruolo a luogo funzionale al proprio percorso
accademico, richiamati (soprattutto se di particolare valore), o diversamente indirizzati,
appena necessario.
Il Sen. Leonardo Melandri circa questi aspetti, connessi allattività
di ricerca, a p.57, osserva: Queste sono largamente penalizzate con la mancata
istituzione di almeno alcuni importanti Dipartimenti, senza i quali anche ciò che di
valido si svolge in Romagna rimane attestato su Bologna, mantenendosi alla sede centrale
il punto di riferimento, anche finanziario e di svolgimento del lavoro, per tutte le
attività impostate e da impostare.
Ciò porta anche alla conseguenza che i Docenti e Ricercatori continuano
inevitabilmente a considerare Bologna come la loro sede di lavoro, accrescendo quel senso
di precarietà che sembra talora assumere la presenza del personale docente nelle nostre
sedi didattiche.
e) Un altro aspetto che al Sen. Leonardo Melandri
era assolutamente chiaro era quello relativo al rapporto fra Facoltà e territorio. Ho
già fatto riferimento ai significativi risultati del Cresem (Centro di ricerche economico
manageriali), anchessi da assumere a modello, se si pensa di riflettere
su come impostare le iniziative di un in-sediamento universitario che voglia essere
propositivo e comunque interagire, verso e con il territo-rio. In effetti
questultimo fondamentale aspetto dellattività di una Facoltà e specialmente
di una Facoltà di Economia (soprattutto quando i suoi percorsi si rivolgono ai
soggetti-aziende, di ogni tipologia, per aiutarli nel governo delle loro attività), è
sempre stato per me, insieme alla qualità della didattica e della ricerca, un punto di
costante riferimento.
Per realizzarlo al meglio serviva una cabina di regia con il territorio, che
era stata individuata nel Cresem, come era emerso anche da alcune riunioni che
precedettero la costituzione del Cresem in Spa.
Daltra parte va menzionato che subito dopo la mia elezione a Preside,
sei anni addietro, elezione avvenuta di fatto allunanimità e su richiesta dei
Colleghi, inviai una lettera ai rappresentanti dellIstituzioni proprio per esprimere
questa mia naturale propensione alla collaborazione.
Il progetto però non è riuscito, nonostante le mie attenzioni,
poiché la collaborazione del territorio, sempre fattiva sugli aspetti materiali, non ha
saputo spingersi sino a delineare una richiesta di didattica e di ricerca che fosse
congeniale alle proprie esigenze di sviluppo, che comportasse un confronto continuo e di
tipo strutturale con le diverse realtà, anche associative, specialmente quelle relative
alla ricerca e alla formazione.
Vi sono state comunque eccezioni in positivo. Ad esempio da parte della
professione contabile e da parte della provincia di Forlì-Cesena.
Va poi considerato il grande contributo della Fondazione, già menzionato,
quantitativamente di enorme importanza, ma non ancora incardinato in una logica espressa e
negoziata di in-terazione con il territorio, così come la collaborazione assicurata dal
Direttore di Confindustria Forlì-Cesena.
Circa il Cresem è stato dunque osservato che Certamente, la Fondazione
della Cassa di Risparmio di Forlì, rendendosi conto della importanza di favorire
lalta formazione e la ricerca nelle nostre sedi, ha erogato rilevanti risorse ai
nostri Corsi universitari, per progetti di alta formazione e di ricerca.
Ma si può essere soddisfatti di questo? Cè la necessità della
continuità e dellinterconnessione, oltre che della continuativa verifica, tra
territorio e programmi universitari; e a questo scopo non può certo dare una risposta
sufficiente il Comitato tecnico-scientifico, costituito dalla Fondazione stessa.
Poteva esercitare una funzione importante, in questo quadro, il Cresem
costituito in Società autonoma presso la Facoltà di E-conomia, con la partecipazione
maggioritaria della stessa Fondazione e della Associazione degli Industriali, oltre che di
Ser.in.ar., del Comune e dellUniversità. Ma non mi pare che siamo su questa
lunghezza donda. (pp. 58-59). Il Sen. Leonardo Melandri osserva poi da
una parte, la ancora fragile e precaria situazione dei nostri insediamenti universitari
, dallaltra, la scarsa chiarezza propositiva del mondo delle imprese.
Credo che al riguardo la riflessione di tutti debba proseguire.
Conclusioni. ....
La speranza è che, grazie allimpegno dei docenti e delle istituzioni, e nonostante
lautonomia non si sia ancora pienamente affermata, tale indirizzo
possa proseguire. Al centro di questo quadro di riferimento, vi è il
modello che ho cercato di delineare, la cui validità va ben oltre i confini
della nostra Facoltà.
Forlì, ottobre 2006
Sommario Premessa 2 La Facoltà sino all'a.a. 1999/2000 2 Lo sviluppo
della Facoltà: l'aspetto quantitativo 4 Lo sviluppo della Facoltà: l'aspetto qualitativo
8 Considerazioni preliminari 8 Il modello: la sua struttura 9 Il modello: gli altri valori
10 Specificità della nostra eccellenza, in quanto riconducibili ai contenuti del piano
triennale dell'Ateneo 2007/2009 10 L'internazionalizzazione 11 Il rapporto con il
territorio 11 Alcune considerazioni (e opportunità) riconducibili all'ultima intervista
del Sen. Melandri 12 Cosa fare nel prossimo futuro? 15 Conclusioni 17
Tavole allegate
1. Docenti
incardinati nel tempo, per area e per SSD, con la specificazione dellindicatore di
fab-bisogno
2. Studenti
immatricolati e iscritti nel tempo
3. Personale
amministrativo nel tempo
4. Requisiti
minimi di docenza per lanno accademico 2006/2007
5. Andamento
delle immatricolazioni del CLEGA, distinto per curriculum |
Andre Segrè
|
Il PROGRAMMA DI SEGRE', Recensione di N.
Luciani
Perchè non enunciare la propria squadra, già in aprile,
vale dire prima delle elezioni ?
Frattanto il Rettore uscente ha incassato (26 gen) un brutto
colpo: convocata la riunione
CONGIUNTA di CdA e SENATO per allargare il corpo elettorale, si è visto respinto:
"Avevi tutto il tempo ...., ma le regole non si
cambiano sotto elezioni ! "
Anche scaduti il 30 gennaio il termine delle domande
per la selezione del nuovo Direttore Amministrativo |
Andrea Segrè,
PROGRAMMA DI MANDATO RETTORALE: L'URGENZA DEL FUTURO UN NUOVO PROGETTO PER UNA NUOVA ALMA
MATER , feb. 2009
In questa settimana il Preside di Agraria ha distribuito capillarmente
in Ateneo un libretto cartaceo, in cui illustra il suo programma di rilancio della nostra
università, contando sul placet degli elettori. Lo stesso testo è, poi, visibile in
Internet, sul sito di lui: http://www.andreasegre.it/
(Scarica programma pdf ).
L'iniziativa di Segrè si distingue per l'eccezionale dote
comunicativa, chiarezza dei propositi e grafica, così da catturare facilmente anche un
occhio distratto. E' evidente anche il notevole impegno finanziario, per la stampa.
Nel merito, il testo è ripartito in argomenti, facilmente rintracciabili con
un link. Per nulla togliergli, dal lato del contenuto e del metodo espositivo, riporto qui
il copia-incolla del frontespizio. Per chi si aspettasse da me un qualche giudizio critico
sul programma, sono un può restio. Ma, poi, perchè dovrei lanciare il sasso e tirare
indietro la mano ? |
A. Segrè,
PROGRAMMA DI MANDATO RETTORALE: L'URGENZA DEL FUTURO UN NUOVO PROGETTO PER UNA NUOVA ALMA
MATER
| Fare comunità. LAlma Mater
è il nostro posto |
| Guardare avanti. Con consapevolezza e responsabilità per costruire il futuro |
| Lo statuto del rinnovamento. La
nuova governance: partecipazione, trasparenza e sussidiarietà |
| Didattica e ricerca. Rinnovare la
missione, qualificare l'azione |
| Il motore della ricerca. Aumentare
la potenza, migliorare l'affidabilità |
| Internazionalizzazione e accoglienza. La
giusta dimensione dell'Alma Mater |
| Il motore della didattica. Diminuire
i giri, migliorare il rendimento |
| La strategia di sviluppo.
Collegare gli obiettivi alle risorse |
| Studenti al centro. Diritti e
doveri, strutture e servizi |
| La ricerca dei talenti. Il futuro
della nostra comunità |
| La Medicina dell'Alma Mater. Un
patrimonio per l'Università, una risorsa per la società |
| Un multicampus tra Bologna e la Romagna.
Federalismo e reciprocità |
| L'Alma Mater è la nostra casa.
Riorganizzare gli spazi per lavorare meglio e in sicurezza |
| Sosteniamo il futuro. Spegniamo la
luce, accendiamo la ricerca |
| Diventare UniversitAttiva. Un
comunità che vive nella comunità |
| Un'altra Alma Mater è possibile.
La sostenibilità economico-finanziaria del progetto |
| L'Alma Mater del nostro futuro.
L'Università che vogliamo, insieme la faremo |
|
Ci sono aspetti che mi sembrano
innovativi per la presa di coscienza dell'importanza strategica di alcuni obiettivi e del
modo di raggiungerli. Notevole, a questo proposito, è il suo schema di governance, in cui
compare in primo piano la "squadra", più che il Rettore.
Mi piace anche la chiarezza con cui proclama la natura
pubblica dell'Università, in Italia (e questo non va contro le libertà di fare
altro, se c'è chi lo vuole).
Altri aspetti bene impostati sono quelli del riordino delle lauree, e della
riorganizzaziobe della ricerca. Mi pare, invece, eccessiva l'importanza attribuita al
sapere impostare le domande. Qui occorrerebbe una vera e propria svolta, in modo da
interessare il settore privato al finanziamento dell'Ateneo. Ad es., i tempi tecnici
dell'Ateneo sono troppo lenti, per le imprese.
L'idea del multicampus in Romagna, secondo me, non è il meglio
nè per Bologna nè per la Romagna, e sarebbe utile dichiarare che non si considererebbe
scandalo se, prima o poi, la Romagna chiedesse la secessione.
Altri aspetti da riprendere e meglio precisare sono quelli relativi allo
stato giuridico e al reclutamento dei giovani. Qui il programma mi pare un pò troppo
sguarnito. I problemi del precariato non si risolvono con
cioccolatini. Servono risorse finanziarie vere, e serve vincere un corporativmo
strutturato, capillare, che è ancora nel sangue della ex-medievale Alma Mater.
Ritorno sulla "governance". Spero tantissimo che il
"giovane" e "valoroso" Segrè sia consapevole che toccare sul serio la
questione della Governance è toccare fili elettrici. La Burocrazia è molto potente
e non mollerà facilmente.
Egli vuole riportare i professori a condurre la politica universitaria (compito,
dalla prina ora di Calzolari, avocato a sè dalla Burocrazia). Così vuole la legge
esistente, vale dire spetta:a) ai professori a decidere la politica universitaria;
b) alla Burocrazia la sua attuazione. |
Ma come dicevo, riformare la governance in quel
senso, vuole dire toccare fili elettrici e, dunque, per divenire credibile, occorrerà rassicurare
l'elettore che dispone di un équipe con le spalle quadrate.
Perchè no ? Perchè non enunciare la propria squadra, già in
aprile, prima delle elezioni ? N. Luciani |
|
ATENEO
DI BOLOGNA: Finanziamento privato della ricerca |
Pier Ugo Calzolari
|
Bilancio
di previsione 2009: le entrate ancora calanti, da Contratti
e convenzioni per la ricerca in conto terzi, ex-art. 66 DPR 382/80
Considerazioni su una possibile compensazione dagli Spin Off dell'Ateneo ex- D.Lgs 297/1999, purchè
non sopravvengano conflitti di interesse tra Spin Off e Ateneo (si vegga lo art. 6, circa
la responsabilità della vigilanza del Preside e del Direttore del Dipartimento).
Sul Decreto Rettorale in materia di Contratti ex-art. 66, clicca su Regolamento
Sul Decreto Rettorale, relativo agli Spin Off, clicca su: Alma Mater |
Il
Dirigente della "Area della Dicerca" Bruno QUARTA potrebbe raccontarci
circa le sue azioni per scoperchiare questa pentola, in tanti anni ? |
TABELLA - Previsioni in , a prezzi correnti - FONTE: Bilanci ripresi da
www.unibo.it |
Chiave |
Bilancio |
2006* Previsione assestata a ottobre |
2007* Previsione assestata a ottobre |
2008* Previsione assestata a dic. |
2009 Previsione |
F.E.1.13.02+
F.E.1.16.04
(F.E.1.3.1.02+
F.E.2.2.1.16,
dal 2008, 2009) |
Fondo 20% (ex- art. 66 DPR 382/80), del Finanziamento privato
della ricerca * |
906.660,84
|
850.000
|
820.000
|
830.000
|
* Questo significa che il finanziamento atteso dai
Dipartimenti è previsto nell'ordine di 4.150.000, per il 2009 |
Il finanziamento privato della ricerca universitaria assume un interesse
strategico, quale entrata sostitutiva del finanziamento statale, via via sempre più
calante in questi anni. E questo anche se non sono mancate leggi statali, miranti ad
incentivare il finanziamento privato medesimo (per le erogazioni liberali, si veda:TUIR,
art. 10, comma 1, lettera 1-quater; art. 100, comma 2, lettera c). Ma gli effetti non
sono, tuttora, risultati significativi.
Invece, un campo potenzialmente di interesse è il finanziamento privato in
cambio di una contropartita, domandata dalle imprese. Per quanto ricordo ci sono state due
leggi, che hanno smosso qualcosa, ma molto meno di quanto di sarebbe potuto ottenere, se
applicate in modo intelligente: uno è il DPR 382/80, art. 66, l'altro è il Decreto
Legislativo 297/1999, da cui nell'Ateneo di Bologna sono venuti gli Spin Off (imprese
commerciali, in forma di società di capitali, a partecipazione dell'Ateneo, dei
Professori e Ricercatori, personale tecnico-amministrativo, borsisti, studenti, ...). Ma
andiamo per gradi.
1.- Contratti ex-art. 66. Il bilancio di previsione 2009 conferma
la modestia di questa entrata in bilancio, o per meglio dire il suo declino da anni, ma a
partire da somme non trascurabili in passato.
Il motivo di questo declino sta nel fatto che i ricercatori hanno dovuto
abbandonare la ricerca di contratti con le imprese, a causa del fatto che
l'Amministrazione Centrale applicava (ed applica) una dura tangente sui proventi (che può
avvicinarsi al 30%, e questo per un complicato meccanismo che colpisce sia l'utile che il
costo dei progetti). Questa tassa, aggiunta all'imposta sul reddito e agli oneri
previdenziali, lascia poco più del 10% al ricercatore).
Questo effetto perverso è stato più volte segnalato al Rettore, che però
ha trovato un muro nel direttore amm.vo. Nè abbiamo mai potuto capire se il Dirigente
della Area della Ricerca se ne sia occupato. Fatto sta che un primo rimedio è stato
trovato direttamente dai professori con contratti diretti con le imprese, sia pur sotto di
studi professionali, e quant'altro. Questo, finchè la legge n. 370/1999,
art. 4, c. 5, delegificò la materia, ossia la "rimise alla autonoma determinazione
degli Atenei". Nel caso di Bologna ci fu il ripristino della
tangente con Decreto Rettorale del 2001.
2.- Spin Off. Essi sono stati istituiti a Bologna con
Decreto Rettorale (2002), in applicazione del D.Lgs 297/1999: "Riordino della
disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e
tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilita' dei ricercatori".
Lo Spin Off è una società di capitali, che ha come possibili soci i
professori e lo stesso Ateneo, con lo scopo di fare ricerca ed attività professionali
connesse, in forma imprenditoriale autonoma, dentro e fuori l'università. La legge
(art.4) sostiene gli Spin Off con:
a) i contributi a fondo perduto;
b) il credito agevolato;
c) i contributi in conto interessi;
d) i crediti di imposta ai sensi dell'articolo 5 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, con
le integrazioni di cui al comma 2;
e) la prestazione di garanzie;
f) gli atti di cui all'articolo 2, commi da 203 a 207, della legge 23 dicembre 1996, n.
662, in conformita' alle delibere del Comitato interministeriale per la programmazione
economica (CIPE);
g) il bonus fiscale, ai sensi dell'articolo 7, commi 1 e 4, del decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 123.
Sappiamo dell'esistenza di Spin Off a
Bologna(clicca su SPIN OFF per trovare
l'elenco). Ma null'altro sappiamo oltre alla ragione sociale e agli scopi, pur se l'Ateneo
ne è socio (10% del capitale). Qualche loro traccia dovrebbe esserci nel bilancio
dell'Ateneo sotto forma di "utili" o "perdite" pro-quota capitale
partecipato.
Il Decreto Rettorale contiene varie limitazioni ai soci-professori, affinchè
non nasca conflitto di interesse tra le due posizioni da loro occupate (quello di
professore che deve svolgere i compiti istituzionali, e quella di socio-imprenditore che
svolgi i compiti dello Spin Off). In particolare è fatto divieto di fare ricerca ai sensi
dell'art. 66 del DPR 382/80.
E' tuttavia evidente che questa limitazione è contra legem, anzi è un vero
e proprio abuso di potere dell'Amministrazione centrale che non può con un atto
amministrativo (tale è un Decreto rettorale) proteggere il percepimento della
tangente di cui sopra, trattandosi di utili con apporto dello Stati (mi riferisco ai
contributi statali, ... ecc. - di cui al D.Lgs 297/1999). D'altra parte, la distinzione
tra ricerca dello Spin Off e ricerca ex-art. 66 non nasce etichettata con qualche marchio,
per cui esse sono indistinguibili.
3.- Tuttavia, mi pare anche evidente che il passaggio dai contratti
ex-art. 66 (per attività istituzionali) agli Spin Off (per attività
imprenditoriali), sia stato un passo eccessivo, sotto il profilo dei casi di conflitto di
interesse, e che può configurare una responsabilità per gli Organi responsabizzati per
il controllo (Presidi e i Direttori di Dipartimento). Vediamo alcune evidenze.
1) Posizione del socio
Amministratore Delegato o Presidente. Mi sembra evidente che,
qualora il bilancio dello Spin Off divenga di ammontare rilevante, il professore o
ricercatore a tempo pieno entra inevitabilmente in conflitto di interesse con
lAteneo, e questo a causa del tempo da dedicare allAmministrazione.
2) Questo avviene se anche il numero dei soggetti del
Dipartimento coinvolti nellattività dello Spin Off sia rilevante: nel senso che
lattività istituzionale del Dipartimento viene ad essere compressa da quella
concorrente dello Spin Off.
3) Se il numero è rilevante, viene anche crearsi una posizione di
dominanza dello Spin Off nel Dipartimento: nel senso che lo Spin Off potrebbe indirizzare
il voto (dei propri nembri) all'interno del Consiglio del Dipartimento, fino a a ledere il
principio di democrazia negli Organi Collegiali del Dipartimento;
4) il tempo dedicato dai soci dello Spin Off all'attività
dello Spin Off, che non devessere di quantità tale da far venir meno i doveri
istituzionali per linsegnamento e la ricerca. Pur se le cose vanno verificate da
caso a caso, tuttavia, il caso di bilanci importanti degli Spin Off è per se stesso un
indizio da non sottovalutare;
5) E' Illegale conservare la sede operativa presso il
Dipartimento, dopo i 6 anni dalla costituzione dello Spin Off.
6) Lo Spin Off , che non versi le imposte sul reddito, è in
posizione illegale. N. Luciani |
SPIN OFF (Imprese commerciali in forma di SpA o di Srl)
dell'Università di Bologna
ALMA AUTOMOTIVE S.r.l.
Dipartimento Ingegneria costruzioni meccaniche, nucleari., aeronautiche e di metall.
(DIEM).
Attività principali: sviluppo e la commercializzazione di procedure
software e di strumentazione orientate al controllo, alla progettazione, alla
sperimentazione, allo sviluppo ed alla messa a punto di sistemi energetici, motopropulsori
a combustione interna, macchine a fluido e relativi componenti.
Sede: c/o DIEM - Sezione Macchine Viale del Risorgimento 2 40136 Bologna
ARCA Tecnologie S.r.l.
Dipartimento Elettronica Informatica e Sistemistica - DEIS
Attività principali: Progettazione e ingegnerizzazione di sistemi di
automazione industriale e di controllo Automotive. Sviluppo di sistemi di simulazione e
prototipazione rapida, progettazione e ingegnerizzazione di schede elettroniche, di
software di interfaccia, di software applicativo. Svolgimento di campagne di prove
sperimentali. Trasferimento tecnologico alle aziende e relativa formazione specialistica.
Sviluppo e commercializzazione di strumenti software di supporto alla progettazione.
Sede: c/o Dipartimento Elettronica Informatica e Sistemistica - DEIS
Viale Pepoli, 3/2 Bologna
ARS Analytical Research System S.r.l.
Dipartimento: Chimica "G. Ciamician"
Attività principali: sviluppo, produzione e commercializzazione di
strumenti e servizi per l'analisi chimica
Sede: Via Ercolani 3 Bologna
ECONAG s.r.l.
Dipartimento Scienze Statistiche Dipartimento di Scienze Aziendali
Attività principali: Servizi statistici, informatici e di valutazione
alle imprese e agli enti locali
Sede: Via Zamboni, 18 - Bologna
ELCOS S.r.l.
Dipartimento Ingegneria Chimica, Mineraria e delle Tecnologie Ambientali
Dipartimento. Ingegneria Chimica, Mineraria e delle Tecnologie Ambientali
Attività principali: realizzazione di un nuovo sistema di certificazione
internazionale delle rocce ornamentali attraverso l'analisi di immagini Sede: DICMA Viale
Risorgimento 2 Bologna
ERGO S.r.l.
Dipartimento Economia e Ingegneria Agrarie
Attività principali: analisi e valutazioni socio economiche inerenti il
territorio rurale.
Sede: Alma Cube via Fanin 48 Bologna
HEALTH Ricerca e Sviluppo S.r.l.
Dipartimento: Medicina Clinica e Biotecnologia applicata "D. Campanacci"
Attività principali: sviluppo di programmi di ricerca in ambito
nazionale ed internazionale, sviluppo di progetti di ricerca cooperativi tra pubblico e
privato
Sede: Via Galliera 22 Bologna
IDEA S.r.l.
Dipartimento Elettronica, Informatica e Sistemistica (DEIS)
Attività principali: dispositivi elettronici
Sede Operativa: Viale Pepoli 3/2 Bologna
MEC S.r.l.
Dipartimento Elettronica Informatica e Sistemistica - DEIS
Attività principali: Progettazione di microcircuiti e microsistemi
elettronici a microonde da realizzare su chip per radiocollegamenti terrestri e spaziali.
Caratterizzazione e modellizzazione di componenti attivi e passivi per circuiti integrati
monolitici a microonde. Realizzazione e commercializzazione di micromoduli a microonde.
Sede: C/o DEIS Viale Pepoli, 3/2 Bologna
PROGEA s.r.l.
Dipartimento Scienze della terra e geologico-ambientali
Attività principali: Produzione di sistemi di supporto decisionale,
hardware, software, servizi di formazione ed attività di diffusione nei settori della
Meteorologia, Idrologia, Climatologia, Gestione sostenibile delle risorse ambientali,
Protezione dell'ambiente e del territorio, Protezione Civile, Previsione di piena in tempo
reale
Sede Operativa: Via Don Bedetti, 20 - 40129 Bologna
TECHIMP s.r.l.
Dipartimento Ingegneria Elettrica
Attività principali: Realizzazione (progetto, ingegnerizzazione) di
apparecchiature per misure di grandezze elettriche; ottimizzazione di processi
tecnologici, controllo di qualità e diagnostica del processo; automazione industriale.
Sede Operativa: LIMAT (laboratorio presso il DIE) Viale Risorgimento 2
Bologna
T.IN.V.AL. S.r.l
Dipartimento Protezione e Valorizzazione agroalimentare (DIPROVAL)
Attività principale: fornire strumenti e professionalità per un
razionale utilizzo di tecnologie e innovazione, di certificazione e tracciabilità,
nonché per la realizzazione dei servizi di marketing necessari alla valorizzazione delle
produzioni agroalimentari
Sede: Villa Levi Via F.lli Rosselli, 107 42100 Reggio Emilia
VET SPIN S.r.l.
Dipartimento Sanità pubblica veterinaria e Patologia animale
Attività principali: Ricerca e formazione rivolta all'industria
farmaceutica veterinaria ed enti pubblici e privati.
Sede: c/o Dipartimento Sanità pubblica veterinaria e Patologia animale
Via Tolara di Sopra, 50 Ozzano dell'Emilia (Bo) |
|
ALMA MATER STUDIORUM UNIVERSITA DI BOLOGNA
D.R. n° 180 del 06 /06/02
|
IL RETTORE
VISTO il d.lgs 297/99 ( "Riordino della
disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e
tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilita' dei ricercatori")
che disciplina lattività di ricerca scientifica e tecnologica estendendo il campo
dazione delle Università ad interventi volti alla creazione di "spin
off", con lintento di favorire loccupazione giovanile ed incentivare il
trasferimento tecnologico;
VISTI l'art. 2, comma 1 lett. e), n°1, del
d.lgs 297/99 e l'art. 11, comma 5, del relativo decreto attuativo D.M. 593/00, che
demandano alle Università l'adozione di regolamenti disciplinanti il collocamento in
aspettativa, ovvero il mantenimento in servizio o nel corso di studio, la tutela della
proprietà intellettuale e che definiscono le limitazioni volte a prevenire i conflitti di
interesse con le società costituite o da costituire, in cui siano impegnati professori e
ricercatori universitari;
VISTO lo Statuto di autonomia dell'Università
di Bologna, Parte IV, Capo II, in particolare gli artt. 50 e seguenti;
TENUTO CONTO
dell'art. 53 del d.lgs 165/2001, che disciplina il conferimento e le autorizzazioni allo
svolgimento di incarichi retribuiti da parte dei dipendenti delle pubbliche
amministrazioni;
TENUTO CONTO che, per la migliore
riuscita delliniziativa imprenditoriale, del trasferimento tecnologico, e per il
conseguimento degli obiettivi programmatici, è interesse dellUniversità che il
personale docente, ricercatore e tecnico amministrativo possa prestare la propria
attività a favore dello spin off, purché nel pieno rispetto dei loro compiti primari nei
confronti dellUniversità;
VISTE le delibere del Senato Accademico del 6
maggio 2002 e del Consiglio di Amministrazione del 21 maggio 2002;
VISTO l'art. 12 dello Statuto Generale di
Ateneo che disciplina la procedura di approvazione dei Regolamenti di Ateneo;
QUANT'ALTRO VISTO E CONSIDERATO
DECRETA:
è emanato con efficacia immediata il seguente
REGOLAMENTO PER LA COSTITUZIONE DI SPIN OFF DELL'UNIVERSITA' DI
BOLOGNA E LA PARTECIPAZIONE DEL PERSONALE UNIVERSITARIO ALLE ATTIVITA' DELLO STESSO
ARTICOLO 1
PRINCIPI GENERALI
I) L' Alma Mater Studiorum Università di Bologna, di seguito indicata come
"Università", in conformità ai principi generali di cui alla Parte IV, Capo
II, del proprio Statuto di autonomia, favorisce la costituzione di società per azioni o
società a responsabilità limitata aventi come scopo lutilizzazione
imprenditoriale, in contesti innovativi, dei risultati della ricerca e lo sviluppo di
nuovi prodotti e servizi.
II) Vengono definiti spin-off dell' "Università" esclusivamente quelle
società per azioni o a responsabilità limitata alle quali l"Università"
partecipa in qualità di socio.
III) Le modalità di costituzione, la disciplina dei rapporti con
l"Università" e il regime delle autorizzazioni del relativo personale
sono disciplinati dalle disposizioni di cui all'art. 2 e seguenti.
ARTICOLO 2
SOCI PROPONENTI E ALTRI PARTECIPANTI
I) La costituzione di uno spin off dell"Università" può essere
proposta esclusivamente dall'"Università", ovvero da uno o più docenti e/o
ricercatori, ovvero da dipendenti dell'"Università" appartenenti al ruolo del
personale tecnico amministrativo.
II) Oltre ai soci proponenti, possono partecipare al capitale sociale dello spin
off i titolari di assegni di ricerca, di borse di studio post-laurea e post-dottorato, di
borse di studio universitarie o di altre borse di studio destinate alla permanenza di
giovani ricercatori presso le strutture di ricerca; gli studenti dei corsi di studio, i
laureandi, gli allievi dei corsi di specializzazione e di dottorato; i laureati, gli
specializzati e i dottori di ricerca nonché ogni altra persona fisica e/o giuridica,
società, ente e/o soggetto, italiano o straniero, diverso da quelli qui espressamente
indicati.
ARTICOLO 3
PARTECIPAZIONE DELLUNIVERSITA
I) La partecipazione dell"Università" nello spin off, che
potrà derivare anche esclusivamente da conferimenti di beni in natura, non potrà
superare il 10% del capitale sociale, salvo che il Consiglio di Amministrazione
dellUniversità non disponga diversamente, sentito il Comitato per la valorizzazione
dei risultati della ricerca e del trasferimento tecnologico (di seguito indicato come
"Comitato Smart"), ricorrendo particolari motivi di convenienza o opportunità.
II) Tale partecipazione non potrà essere ridotta se non per volontà
dell"Università" e dovrà assicurare alla stessa adeguate garanzie in
caso di trasferimento delle azioni o quote, nonché la presenza di propri delegati negli
organi dello spin off. A tal fine lo statuto dello spin off dovrà prevedere, tra
laltro, che:
a) in caso di trasferimento a qualunque titolo delle azioni o quote, spetti ai soci
dello spin off, tra cui l"Università", un diritto di prelazione da
esercitarsi in proporzione alla partecipazione detenuta;
b) la partecipazione dell"Università" nello spin off, pur
attribuendo il diritto di voto in assemblea ordinaria e straordinaria, sia postergata
nella partecipazione alle perdite rispetto a tutte le altre partecipazioni sociali;
c) la società sia amministrata da un consiglio di amministrazione di almeno tre
membri e la nomina alle cariche sociali avvenga in modo da assicurare
all"Università" la possibilità di nomina di almeno un componente del
consiglio di amministrazione e di un sindaco, se sia nominato il collegio sindacale.
III) I soci dello spin off dovranno inoltre sottoscrivere con
l"Università" adeguati patti parasociali, di durata non inferiore a 10
anni o comunque della durata massima consentita dalla legge, se inferiore, i quali
prevedano che:
a) per il caso di operazioni sul capitale a seguito di perdite, i soci diversi
dall"Università" debbano fare fronte, nelle dovute proporzioni, ai
ripianamenti delle perdite e agli eventuali aumenti di capitale anche per la parte
necessaria a mantenere invariata la percentuale di partecipazione
dell"Università";
b) la remunerazione per lattività a qualunque titolo prestata dal socio a
favore della società non possa in nessun caso eccedere quanto praticato usualmente sul
mercato in situazioni analoghe, né possa costituire strumento per lattribuzione
al socio di vantaggi, diretti o indiretti, derivanti dal controllo della società o
comunque strumento di discriminazione o di pregiudizio nei confronti degli altri soci;
c) i soci non possano deliberare aumenti di capitale dello spin off o la modifica
di previsioni statutarie a salvaguardia della partecipazione dell'"Università"
senza il preventivo consenso della stessa.
IV) Detti patti parasociali prevederanno, altresì, una opzione di vendita della
partecipazione dell"Università" nello spin off, esercitabile dalla stessa
allo scadere dei patti parasociali o, in caso di mutamento della compagine sociale, nei
confronti degli altri soci, ad un prezzo comunque non inferiore al valore nominale della
partecipazione. L'importo sarà determinato da un esperto indipendente al momento
dellesercizio dellopzione, tenendo conto del valore di mercato a tale data
dello spin off.
ARTICOLO 4
AUTORIZZAZIONE ALLUTILIZZO DEL LOGO
I) Agli spin-off dell"Università" è concesso lutilizzo
gratuito del logo dellUniversità di Bologna sulla base di un apposito contratto di
licenza che dovrà essere sottoscritto con l"Università" contestualmente
alla stipula dellatto costitutivo della società.
II) Il contratto di licenza prevederà, tra laltro, che lo spin off
garantisca e tenga manlevata e indenne l"Università" da qualsivoglia
responsabilità derivante dallutilizzo del logo, nonché le condizioni di anticipata
risoluzione o revoca della autorizzazione allutilizzo dello stesso.
III) Qualora l'"Università" cessi di essere socia dello spin off,
questultimo dovrà interrompere con effetto immediato qualsivoglia utilizzo del
logo.
ARTICOLO 5
PERMANENZA ALL'INTERNO DELLE STRUTTURE DELL'UNIVERSITA'
I) La permanenza degli spin off allinterno delle strutture dipartimentali
dell"Università" non potrà eccedere i 3 anni. Detto periodo potrà
essere prorogato una sola volta, a condizioni da definirsi, dal Consiglio di
Amministrazione dell"Università" su proposta del Comitato Smart e sentito
il Consiglio di Dipartimento, ricorrendo particolari ragioni di convenienza o
opportunità.
II) I rapporti tra l'"Università" e lo spin off saranno regolati da
apposita convenzione che disciplinerà l'utilizzo di spazi, attrezzature e personale,
nonché gli impegni di trasferimento tecnologico.
ARTICOLO 6
PARTECIPAZIONE DEL PERSONALE ALLE ATTIVITA' DELLO SPIN OFF
I) La partecipazione dei soci proponenti allattività dello spin-off
costituisce per l"Università" garanzia per la buona riuscita
delliniziativa, per il raggiungimento degli obiettivi prefissati e per la
salvaguardia della partecipazione stessa dell"Università". Pertanto, il
personale docente e/o ricercatore che proponga lattivazione di uno spin-off, deve
partecipare al capitale dello spin off e deve impegnarsi a non cedere per un periodo
minimo di tre anni dalla costituzione dello spin off la propria partecipazione in esso.
II) Il personale docente e/o ricercatore a tempo pieno proponente
lattivazione di uno spin-off ottiene lautorizzazione, con diritto al
mantenimento in servizio, allo svolgimento di attività retribuita a favore dello spin off
automaticamente per ciascun anno per effetto del rilascio dellautorizzazione di cui
al successivo articolo 8 .
III) Il docente e/o ricercatore socio a tempo pieno che abbia conseguito
lautorizzazione di cui al precedente comma e quello a tempo definito, possono essere
nominati componenti del consiglio di amministrazione dello spin off e possono prestare a
favore dello stesso la propria attività retribuita, purché non di lavoro subordinato, a
condizione che lo svolgimento di detta attività non si ponga in contrasto con il
regolare e diligente svolgimento delle proprie funzioni didattiche e di ricerca. Il
Preside della Facoltà di appartenenza del docente e/o ricercatore socio e il Direttore
del Dipartimento di afferenza vigilano sul rispetto di quanto qui previsto. Qualora venga
meno, per qualsivoglia motivo, la compatibilità tra lo svolgimento di detta attività a
favore dello spin off e le funzioni didattiche e di ricerca, su semplice richiesta
dell"Università", il docente e/o ricercatore socio, a meno che non chieda
di essere collocato in aspettativa senza assegni, deve immediatamente cessare lo
svolgimento dellattività a favore dello spin off, salvo in ogni caso il diritto di
conservare la propria partecipazione sociale.
IV) Per il periodo di permanenza degli spin off allinterno delle strutture
dipartimentali dell"Università", il docente e/o ricercatore socio può
assumere la carica di amministratore delegato o presidente della società previa delibera
del Senato accademico, tenuto conto della compatibilità, nel caso specifico, della
funzione di amministratore delegato o presidente con il regolare e diligente svolgimento
delle funzioni didattiche e di ricerca.
V) E fatto espresso divieto allo spin off, e al personale docente e/o
ricercatore che partecipa allo stesso, di svolgere attività in concorrenza con quella di
consulenza e ricerca per conto terzi di cui allart. 66 del D.P.R. 11.7.1980 n. 382
svolta dal dipartimento in favore di enti pubblici o privati.
VI) Il personale docente e/o ricercatore a tempo pieno che, successivamente alla
costituzione di uno spin off, intenda partecipare alla compagine sociale svolgendo
attività retribuita a favore dello stesso, deve chiedere agli organi competenti
l'autorizzazione secondo le procedure di cui al successivo art. 8. Il rilascio di tale
autorizzazione consente di estendere al nuovo socio le disposizioni di cui ai commi
precedenti del presente articolo.
VII) Il personale tecnico-amministrativo può svolgere a favore dello spin off
attività non retribuita o attività retribuita purché meramente occasionale, al di fuori
dellorario di lavoro e previa autorizzazione del dirigente del personale, sentito il
Direttore della Struttura relativamente alla compatibilità dello svolgimento di attività
in favore dello spin off con quelle proprie della funzione istituzionale.
Il personale tecnico amministrativo può essere, altresì, nominato componente del
consiglio di amministrazione dello spin off su designazione
dell"Università" ovvero a seguito di nomina assembleare, purché ciò
risulti compatibile con lesatto e puntuale svolgimento delle sue mansioni a favore
dell"Università", secondo quanto verificato, di anno in anno, dal
responsabile della struttura di appartenenza.
VIII) I titolari di assegni di ricerca ed i dottorandi di ricerca possono svolgere
a favore dello spin off attività retribuita o non, previo parere del tutor, su
autorizzazione rispettivamente del Consiglio di Dipartimento e del Collegio dei Docenti
del Dottorato.
Gli allievi dei corsi di specializzazione medica possono svolgere a favore dello spin off
attività retribuita o non, purché l'attività prestata non sia in qualunque modo
riconducibile all'ambito sanitario ed al di fuori dellorario di lavoro.
IX) Il personale docente e ricercatore a tempo pieno, il personale tecnico
amministrativo che partecipi a qualunque titolo allo spin off deve comunicare
all"Università", al termine di ciascun esercizio sociale, i dividendi, i
compensi e le remunerazioni a qualunque titolo percepiti dallo spin off. La
remunerazione per lattività a qualunque titolo prestata dal socio a favore della
società non può in nessun caso eccedere quanto praticato usualmente sul mercato in
situazioni analoghe, né deve costituire strumento per lattribuzione al socio di
vantaggi, diretti o indiretti, derivanti dal controllo della società o comunque strumento
di discriminazione o di pregiudizio nei confronti degli altri soci.
X) L"Università" provvede alla verifica del rispetto di quanto
previsto nel presente articolo, anche mediante richiesta di informazioni scritte allo spin
off. Lo spin off è tenuto a fornire le informazioni richieste entro 30 giorni dal
ricevimento della richiesta.
ARTICOLO 7
PROPRIETA INTELLETTUALE
I) La proprietà intellettuale dei risultati della ricerca svolta dallo spin off è
della nuova società. Spetta, tuttavia a favore dell"Università" licenza
gratuita e perpetua, senza diritto di sublicenza.
ARTICOLO 8
PROCEDURA DI COSTITUZIONE DELLO SPIN OFF
I) Il progetto per l'attivazione dello spin off è sottoposto al Consiglio di
Amministrazione dellAteneo e al Senato Accademico che, su parere del Comitato Smart,
sentito il Consiglio di Dipartimento che ospiterà la nuova iniziativa e del Dipartimento
di afferenza dei proponenti, dovranno autorizzare, ciascuno per quanto di rispettiva
competenza, la costituzione dello stesso indicando la quota di capitale che risulterà
sottoscritta dall"Università".
II) Prima dellinizio dellattività la nuova società è iscritta
allAlbo degli spin-off tenuto dall"Università".
III) Il Consiglio di Amministrazione dell"Università" designa,
altresì, il componente del consiglio di amministrazione dello spin off riservato alla
nomina dell"Università". Tale rappresentante deve riferire al Comitato
Smart almeno una volta allanno sullattività dello spin-off.
ARTICOLO 9
SPIN OFF ACCADEMICI
I) Le società, al capitale delle quali l"Università" non
partecipa, costituite o comunque partecipate dal personale docente o ricercatore, pur non
essendo disciplinate dal presente regolamento, dovranno rispettare le seguenti
disposizioni:
a) obbligo per il personale docente o ricercatore a tempo pieno che intenda prestare la
sua opera a favore di tale società di richiedere, per ciascun anno,
all'"Università" lautorizzazione al mantenimento in servizio o nel corso
di studio, sotto il vincolo del diligente svolgimento dell'attività didattica e di
ricerca;
b) obbligo per il personale docente o ricercatore di richiedere di volta in volta
l'autorizzazione a percepire compensi dallo spin off accademico, per l'attività svolta,
secondo quanto previsto dal regolamento di Ateneo sul conferimento di incarichi a docenti
e ricercatori a tempo pieno;
c) obbligo per il personale tecnico amministrativo di richiedere di volta in volta
lautorizzazione al dirigente del personale, sentito il Direttore della struttura
relativamente alla compatibilità dello svolgimento di attività a favore dello spin off
con quelle proprie della funzione istituzionale, a svolgere attività ed a
percepire compensi dallo spin off accademico secondo la disciplina di cui all'art. 6 comma
7.
d) obbligo per il docente / ricercatore a tempo definito del rispetto del regolare
e diligente svolgimento delle attività didattiche e di ricerca.
II) E fatto in ogni caso divieto al personale docente o ricercatore di
partecipare o prestare la propria attività a favore di società che svolgano attività in
concorrenza con quella di consulenza e ricerca per conto terzi di cui allart. 66
della legge 11.7.1980 n. 382 che il dipartimento di appartenenza svolga con enti pubblici
o privati.
Qualora venga meno, per qualsivoglia motivo, la compatibilità tra lo svolgimento di
detta attività a favore dello spin off e le funzioni didattiche e di ricerca, su semplice
richiesta dell"Università", il docente e/o ricercatore socio, a meno che
non chieda di essere collocato in aspettativa senza assegni, deve immediatamente cessare
lo svolgimento dellattività a favore dello spin off, salvo in ogni caso il diritto
di conservare la propria partecipazione sociale.
ARTICOLO 10
ENTRATA IN VIGORE E REGIME TRANSITORIO
Agli spin off già costituiti all'atto dell'entrata in vigore del presente regolamento
e ai quali partecipi l'Università, è riconosciuta la qualifica di spin off
dell'"Università" e ad essi si applicano le disposizioni del presente
regolamento dal momento della sua entrata in vigore. Essi devono adeguare i propri statuti
e patti parasociali a quanto qui previsto nel termine di sei mesi dall'entrata in vigore
del presente regolamento. Ove ciò non sia possibile , il Comitato Smart potrà proporre,
d'intesa con gli interessati, soluzioni ad hoc.
|
Riceviamo dalla Prof.ssa Lilla CRISAFULLI, membro uscente del CdA, ricanditata |
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Ateneo di Bologna: presentate al Consiglio
"Linee guida del Bilancio di previsione 2009"
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Lilla Crisafulli
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LUCIANI: il documento, che pubblichiamo integralmente, ci prepara a capire cosa ci aspetta
nel 2009, in seguito alle decisioni finanziarie definitive del Governo, che ci auguriamo
siano ricondotte ad una sana ragionevolezza, per garantire agli studenti il diritto allo
studio, e alla scienza la continuità della ricerca.
Non ricordo di aver mai visto un documento così ragionato.
Mi duole, invece, rilevare che il documento taccia su DATI essenziali per capire da
dove si parte: quale è il saldo del bilancio assestato (che di regola va fatto in
ottobre), e quale la situazione di CASSA. E mi duole che la previsione di calo degli
studenti sia considerata come ipotesi realistica, perchè nulla è in cantiere in Ateneo
per contrastarla (eppure durante il mandato di questo Rettore, il calo totale è stato
vicino ai 20.000, quanto basta (in qualunque azienda normale) per presentare le dimissioni
subito (Lui, il suo Direttore amministrativo, e anche il Pro-rettore alla didattica).
Sarebbe anche potenzialmente importante conoscere:
1) Se si intravede qualche possibilità di ripresa del finanziamento privato della
ricerca, all'Ateneo, anche di seguito alle recenti disposizioni legislative di sgravi
fiscali.
Ma questo rilievo non è fatto alla Ragioneria, bensì al Responsabile della
ricerca, a parte che da tempo già avrebbe dovuto procurare entrate per la ricerca,
eliminando "privilegi" nell'Ateneo, che ostacolano questa forma di
finanziamento.
Esempi: a) l'ateneo trattiene una trattenuta (meglio dire tangente) esosa sui
proventi della ricerca, per conto terzi;
b) i cosiddetti "spin-off", imprese "agevolate" dall'Ateneo al
proprio interno, ci risulta siano divenuti (almeno alcuni) il bypass dei contratti di
ricerca per conto terzi, vale dire il modo (dei ricercatori) per ricevere finanziamenti
privati allo scopo di scansare la tangente (per, magari, pagarne un'altra, meno pesante,
di cui al punto a).
2) Se sono prevedibili ricadute sul bilancio di medio-termine, come conseguenza del
fatto che l'Ateneo (in relazione ai rilievi dello Stato sulla proliferazione delle sedi)
vuole affrontare il problema del finanziamento della Romagna (responsabilizzando lo Stato,
non fuggendo), della cui drammatica situazione abbiamo saputo, dai suoi dirigenti
amministrativi;
3) Altra domanda che gira: è vero che le donazioni finanziarie all'Ateneo vanno a
destinazione, solo dopo aver subito una trattenuta, a favore del personale
dell'Amministrazione centrale ? NL |
Fonte: Ateneo. LINEE GUIDA PER IL BILANCIO DI PREVISIONE per il 2009
Finalità: Definire,
secondo le previsioni regolamentari, le linee programmatiche per la gestione finanziaria
dellUniversità, in attuazione degli obiettivi strategici 2007 2009, degli
interventi per il riequilibrio finanziario e delle risorse stimabili, tenendo conto dei
vincoli di finanza pubblica.
Premessa
I principali elementi conoscitivi e finanziari per lelaborazione delle linee
guida al bilancio di previsione 2009 sono stati esaminati dalla Giunta dAteneo (21
luglio 2008) Primi elementi conoscitivi e finanziari per lelaborazione delle
linee guida al bilancio 2009.
Il Magnifico Rettore ha presentato le principali scelte della manovra di finanza pubblica
di giugno ai responsabili didattici, scientifici e di servizio dellAteneo (23 luglio
2008).
Riferimenti normativi di Ateneo
Revisione annuale Piano Strategico di Ateneo 2007-2009
La Giunta di Ateneo (16 giugno 2008), il
Consiglio dAmministrazione (8 luglio 2008) e il Senato Accademico (15 luglio 2008)
hanno approvato la revisione annuale del Piano Strategico 2008 e i giudizi di priorità
formulati per le linee dazione.
Tutte le linee di azione, in quanto inserite nel Piano Strategico, sono prioritarie per la
realizzazione degli obiettivi strategici di Ateneo; tuttavia sono state individuate le
priorità giudicate essenziali per la realizzazione di tali obiettivi, identificandole
come priorità 1 per differenziarle da tutte le altre (contraddistinte come
priorità 2).
Per le linee di azione a priorità 1 gli Organi Accademici hanno confermato
lopportunità di presidiarne la realizzazione, assumendo limpegno di:
- mantenere
almeno immutate le assegnazioni di risorse finanziarie e umane per le linee di azione
avviate nei tempi programmati per le quali non si ravvisano situazioni di criticità
(valutazione verde);
- convogliare
eventuali risorse umane e/o finanziarie disponibili per la Programmazione Strategica sulle
linee di azione che presentano ritardi rispetto ai tempi originariamente programmati o
altre criticità (valutazione gialla o rossa), per renderne possibile la realizzazione o
il completamento.
Il Senato Accademico ha raccomandato che
l'argomento fosse riportato all'attenzione del Consiglio di Amministrazione con proposte
finalizzate allindividuazione di possibili soluzioni per legare il piano strategico
a elementi di valutazione finanziaria.
In allegato è disponibile il documento di revisione annuale del Piano Strategico di
Ateneo 2007-2009 (Allegato 1).
Documento del gruppo di lavoro sugli interventi di riequilibrio finanziario
Consiglio di Amministrazione del 20 giugno 2007
Il documento ha approfondito il quadro informativo sullevoluzione pluriennale
delle principali componenti del bilancio ed ha indicato diverse misure per riequilibrare i
saldi di bilancio nel triennio 2007-2009 e nel medio
- lungo periodo (2007-2016).
Si ricorda che le principali misure per il riequilibrio finanziario si articolano in:
- gestione
integrata della liquidità
- finanziamento
in conto capitale della manutenzione straordinaria
- revisione
del piano edilizio
- cessioni
immobiliari
- prelievo
straordinario
- incentivi
al prepensionamento.
Le misure elaborate per il recupero di efficienza e lincremento delle entrate
prevedono:
- recupero
di efficienza nella gestione dei programmi edilizi
- recuperi
di efficienza nelle partecipazioni
- integrazione
organizzativo-gestionale nelle strutture didattico-scientifiche
- recuperi
di efficienza nei sistemi informativi
- recuperi
di efficienza nelle strutture di servizio
- recuperi
di efficienza nella didattica
- incentivazione
delle attività su commissione.
Il Direttore Amministrativo segnala che il documento è stato stilato nel 2007 e quindi
potrebbe essere aggiornato alla luce delle misure già attuate, riformulato o integrato
con eventuali ulteriori misure aggiuntive.
Stima delle entrate
I criteri generali utilizzati per la stima delle entrate sono stati i seguenti:
- Fondo di
Finanziamento Ordinario: la previsione complessiva di 381,49 milioni di euro, risulta
composta dalla quota consolidabile 2008 pari a 365,9 milioni di euro e da 15,52 milioni di
euro relativi alla copertura dei maggiori oneri per il personale e per i rinnovi
contrattuali (Ministeriale 977 del 1° luglio 2008).
La
stima è stata fatta considerando i seguenti elementi:
* la quota
prevista nel bilancio dello Stato per il 2009 per il Fondo sarà ridotta rispetto allo
stanziamento del 2008 (63,5 milioni secondo il D.L. 112 del 25 giugno 2008 convertito con la
Legge 133 del 6 agosto; nel disegno di legge della finanziaria 2009 tabella C cap.
1694 - il confronto tra lo stanziamento 2008 e la previsione 2009 evidenzia una riduzione
di 134,12 milioni di euro);
* lassegnazione
provvisoria 2008 dellAteneo di Bologna è ad oggi pari a 396,8 milioni di euro;
- Fondo per
la programmazione triennale: la quota prevista di 2,99 milioni di euro, ridotta rispetto
ai 4,3 milioni di euro ricevuti nel 2008, considera la riduzione dello stanziamento
globale previsto nel bilancio dello Stato (comprensivo delle quote destinate alle
Università non statali) e ipotizza una percentuale di assegnazione sul totale uguale a
quella del 2008 (4,7%);
- Contribuzioni
studentesche: la stima di massima di circa 100 milioni di euro complessivi ha tenuto conto
dellapplicazione dei nuovi importi delle singole contribuzioni per la.a.
2008/2009 (delibera del Consiglio di Amministrazione del 10 giugno 2008) e della prevista diminuzione
del numero degli iscritti (stimata al -8% complessivo), distribuita in modo non
uniforme tra le diverse Facoltà, i diversi corsi di studio e le diverse sedi
territoriali.
Indicativamente,
come per gli esercizi precedenti, si prevede di destinare una quota pari a 2,34 milioni di
euro alla copertura dei contratti a tempo determinato (2,12 ml di euro) e alle
collaborazioni coordinate e continuative (0,22 ml di euro).
Unulteriore
quota di massima di circa 1,5 milioni di euro dovrà essere destinata a progetti
riguardanti servizi per gli studenti, che dovranno essere elaborati dalle Commissioni
Didattiche di Facoltà previo parere del Consiglio Studentesco, come deliberato dal
Consiglio di Amministrazione del 10 giugno 2008, in sede di definizione dellimporto
delle contribuzioni studentesche per la.a. 2008/2009.
La delibera prevede:
Il Consiglio di Amministrazione delibera: (omissis) .... la destinazione
dellintero importo derivante dalla differenza tra il 6% ed il 3,3% (pari al 2,7%) a
progetti, da elaborarsi a cura delle Commissioni Didattiche di Facoltà, volti a dare
impulso ai servizi offerti agli studenti, con indicazione di priorità per quelli
rispondenti allesigenza di garanzia di servizi didattici primari ed essenziali. Su
tali progetti verrà acquisito il parere del Consiglio Studentesco.
Infine una quota stimata in circa 0,4 milioni di euro dovrà essere destinata alle
Facoltà che hanno attivato corsi di laurea internazionali che rilasciano titoli doppi o
congiunti, corsi di laurea Erasmus Mundus (delibera del Consiglio di Amministrazione del 8
luglio 2008);
- Alienazione
di beni patrimoniali: sono in corso le procedure per lalienazione di Villa
Guidalotti, in attesa dellautorizzazione del Ministero dei Beni Culturali per un
valore di 1,84 milioni di euro e del Podere Casino a Granarolo, per il quale oltre
allautorizzazione si attende anche la variante PRG dal Comune per un valore previsto
di 1,05 milioni di euro. Il Direttore Amministrativo segnala che gli Organi Accademici
dovranno probabilmente valutare in corso di esercizio la possibilità di alienazione di
Villa Levi situata a Coviolo (Reggio Emilia), per un valore stimato di 7,7
milioni di euro (stima dellAgenzia del Territorio del dicembre 2007).
- Mutui:
limporto iniziale previsto per il 2008 è stato incrementato di 4,5 milioni di euro
per un contributo allASL per la costruzione del Padiglione G dellOspedale
Bellaria;
- Interessi
attivi: la quota stimata di 1 milione di euro in netta diminuzione rispetto ai 2,83
accertati nel 2008 deriva dal previsto rientro in tesoreria unica delle disponibilità
statali assegnate allAteneo (art. 77-quater, decreto legge 112/2008, convertito
dalla legge 133/2008) che opera a partire dal 1 gennaio 2009 e farà confluire i
trasferimenti ministeriali in un conto infruttifero presso la Banca dItalia. Gli
interessi maturati nel consuntivo 2005, ultimo anno prima dell'uscita dalla Tesoreria
Unica, ammontavano a circa 285 mila euro; è tuttavia prevedibile un periodo di
transizione che consentirà la maturazione di ulteriori interessi;
- Altre
entrate: per tutte le altre voci di entrata è stato considerato come riferimento
limporto accertato nel 2007 oppure al 13 ottobre 2008 se di importo superiore.
I risultati delle stime sono rappresentati in modo analitico nei prospetti allegati.
Stima delle spese
I criteri generali utilizzati per la stima delle spese sono stati i seguenti:
- dotazione
per la didattica: importo deliberato dal Consiglio di Amministrazione del 27 maggio 2008,
che costituisce un impegno verso le Facoltà;
- borse di
dottorato di ricerca: è stato previsto un incremento complessivo di spesa in relazione
allaumento dellimporto lordo annuo di ogni borsa, disposto dal D.M. 18 giugno
2008 e di quanto deliberato dal Consiglio di Amministrazione del 22 luglio 2008 in merito
al XXIV ciclo a.a. 2008/2009. La delibera prevede:
Il Consiglio di Amministrazione dispone che (omissis) ... siano individuate
(in sede di previsione di bilancio per il prossimo esercizio) idonee modalità per
assicurare, sotto il profilo finanziario, che anche per lanno 2009 si possa
confermare il numero di 289 borse da ripartire alle Scuole di Dottorato;
- indennità
di funzione e gettoni di presenza: limporto previsto rappresenta la spesa del 2007
ridotta del 30% come disposto dallart. 61 comma 1 del D.L. 112/08;
- personale
docente, ricercatore e tecnico amministrativo: la stima è approssimativa in quanto gli
uffici non dispongono ancora dei dati relativi al turnover e non ci sono certezze
normative sullabolizione del periodo fuori ruolo.
La stima per docenti e ricercatori tiene conto:
- dellaumento
stipendiale 2009 nella misura del tasso di inflazione programmato pari all1,5%;
- delle
probabili assunzioni 2008 derivanti dalle prime 3 tornate 2008 e precedenti (sono invece
esclusi i punti di budget resi disponibili e non utilizzati dalle Facoltà nonché quelli
derivanti dal 25% delle cessazioni 2006/07 e non sono state imputate assunzioni sul 2009);
- delle
cessazioni per raggiunti limiti di età sia per il 2008 che per il 2009 considerando
vigente labolizione del periodo fuori ruolo;
- delle
cessazioni per motivi diversi dai limiti detà stimate in 67 unità per il 2009.
La stima per il personale tecnico amministrativo, in cui non sono compresi i dirigenti di
ruolo, tiene conto:
- dellaumento
stipendiale 2009 nella misura del tasso di inflazione programmato pari all1,5%;
- del
personale in servizio a settembre 2008 integrato con le 60 assunzioni derivanti dal nuovo
protocollo di stabilizzazione (non considera ulteriori possibili assunzioni relative
allultimo trimestre 2008 e allanno 2009);
- delle
cessazioni per raggiunti limiti di età.
Inoltre è stata prevista per la decentrata una quota di 8,29 milioni di euro pari
allimporto certificato dai Revisori per il 2004 incrementato di 0,44 mila euro per
gli incrementi fissi previsti dal CCNL quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico
2006-2007, sottoscritto il 16 ottobre 2008, ridotto del 10% per effetto di quanto disposto
dallart. 67 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 convertito dalla legge 6 agosto 2008,
n.133.
In forza della manovra di giugno, sono stimabili restituzioni al bilancio dello Stato in
2,19 milioni di euro, di cui 0,92 milioni di euro relativi alla decurtazione del 10%
dellimporto 2004 per la decentrata (art. 67, comma 6), 0,78 milioni di euro a titolo
di differimento della progressione triennale (art. 69, comma 5) e 0,49 milioni di euro
relativi alla riduzione di spesa per organi collegiali e altri organismi (art. 61, commi 1
e 17).
Non sono stati ancora stimati i versamenti relativi allart. 61, commi 5-6 (riduzioni
di spesa per relazioni pubbliche, mostre, di rappresentanza e sponsorizzazioni), comma 8
(quota di retribuzione accessoria per progettazione di opere pubbliche) e allart. 46
bis (revisione dei distacchi, delle aspettative e dei permessi sindacali).
Infine, per quanto riguarda le spese di funzionamento, si segnala che per gli affitti e le
imposte e tasse si è considerato un incremento del 3,3% sullo stanziamento iniziale 2008,
pari al tasso di inflazione stimato per il 2009 (si tratta di una stima di massima, che
dovrà essere verificata in corso danno).
Per le utenze la stima di massima di 20,69 milioni di euro considera laumento dei
costi della materia prima e lincremento di circa 22 mila metri quadrati degli spazi
occupati dallAteneo.
Per tutte le altre voci si è assunto come vincolo di riferimento lo stanziamento iniziale
assegnato nel 2008 o quanto già disposto relativamente al 2009 dal Consiglio di
Amministrazione.
Gli elementi di politica finanziaria sono descritti nella relazione tecnica allegata.
I risultati delle stime sono rappresentati in modo analitico nei prospetti allegati.
La presentazione allegata prefigura la compatibilità finanziaria per il prossimo
esercizio finanziario attraverso linee guida per le entrate, le spese, il sostegno degli
investimenti e il pareggio di bilancio.
Proposta
Per recuperare la differenza tra entrate e spese stimata pari a 34,42 milioni di euro
e raggiungere quindi il pareggio nel bilancio di previsione, si propongono i seguenti
interventi:
- riconduzione
delle previsioni di spesa alle assegnazioni 2008, ridotte in via tendenziale del 10% (ad
eccezione delle spese per il personale, per le utenze, per le borse di dottorato di
ricerca e degli stanziamenti già deliberati per il 2009 dal Consiglio di Amministrazione
come ad esempio la dotazione di Facoltà per la didattica);
- riduzione
della previsione di spesa di 2,3 ml di euro per le borse di dottorato di ricerca,
garantendone la copertura con il riporto nel 2009 della prenotazione 2008 relativa ai
progetti PRIN 2008, a fronte della mancata emissione del bando 2008;
- riduzione
di 0,5 ml di euro della previsione del fondo di riserva;
- utilizzo
dellavanzo libero presunto 21,02 ml di euro, stimabile dal consuntivo 2008.
Si propone di prevedere un collegamento tra Piano Strategico e bilancio di previsione 2009
utilizzando la programmazione delle strutture (ad esempio per lAmministrazione
Centrale e i Poli gli obiettivi dirigenziali): molti degli obiettivi delle strutture sono
riconducibili alle linee di azione del Piano Strategico ed è quindi possibile pervenire
ad una quantificazione delle risorse finanziarie necessarie alla loro realizzazione.
Il nuovo applicativo Alma budget per la predisposizione del Bilancio di
Previsione 2009 contempla la possibilità di associare le richieste di spesa al Piano
Strategico e di indicare lobiettivo della struttura.
Le risorse finanziarie potranno essere correlate a obiettivi riconducibili alle linee di
azione del Piano Strategico, costituendo un elemento a supporto della formulazione del
Bilancio di Previsione 2009.
A completamento di tale informativa e nel caso di obiettivi non collegati al Piano
Strategico relativi ad attività istituzionali e gestionali di tipo continuativo la
valutazione di priorità della programmazione potrebbe avvenire in base alla coerenza
degli stessi rispetto al Documento sugli interventi di riequilibrio finanziario (Consiglio
di Amministrazione del 20 giugno 2007) e più
in generale in funzione del loro contributo al contenimento della spesa/aumento dei
finanziamenti, al miglioramento dellefficienza nellutilizzo delle risorse,
alla razionalizzazione, semplificazione e aggregazione delle attività e delle strutture.
Anche in questo caso lapplicativo Alma budget dispone di apposito campo
descrittivo in cui il responsabile della struttura potrà evidenziare la concorrenza
dellobiettivo di Ateneo al raggiungimento di tali finalità.
Si propone pertanto di procedere alle eventuali rimodulazioni rese necessarie dalla
riduzione del 10% dellassegnazione rispetto alla previsione iniziale 2008 in
funzione delle priorità sopra descritte.
La Giunta di Ateneo nella seduta del 20 ottobre 2008:
preso
atto della relazione dellUfficio in merito alle linee programmatiche per la gestione
finanziaria dellUniversità, in attuazione degli obiettivi strategici 2007-2009,
degli interventi per il riequilibrio finanziario e delle risorse stimabili;
- preso
atto della documentazione allegata di cui ai punti 1, 2, 3, 4;
- preso
atto che il tema in esame sarà nuovamente sottoposto alla Giunta di Ateneo, anche a
seguito dellespressione di parere da parte della Commissione Bilancio e
Programmazione;
ha apportato alcune modifiche alla rappresentazione dei dati, che sono già state recepite
nei documenti allegati.
La Commissione Bilancio e Programmazione nella seduta del 21 ottobre 2008
ha espresso apprezzamento per la chiarezza del documento, organizzato in macroaree
Ricerca, Didattica e Servizi agli studenti, Multicampus e Organizzazione -
che permettono agli Organi Accademici, fermo restando lequilibrio di bilancio, di
effettuare scelte politiche alternative e di differenziare, allinterno di ciascuna
macroarea, la riduzione del 10% delle spese.
La Commissione ha confermato di assumere le misure previste dal documento sul riequilibrio
finanziario e gli obiettivi strategici come principali parametri di riferimento per
programmare una significativa riduzione della spesa anche in chiave di efficienza,
efficacia e promozione della qualità al fine di garantire, in presenza di nuovi bisogni,
il contenimento complessivo per macroarea.
La Commissione ha suggerito di esplicitare la connessione tra gli effetti
dellattuazione delle misure di riequilibrio e le poste di bilancio, in termini di
minori spese e di maggiori entrate, in particolare di quelle dirette a promuovere la
valorizzazione delle attività e dei risultati rispetto allassegnazione di risorse
incrementali.
La Commissione ha proposto di procedere, attraverso percorsi e tempi definiti, alle
aggregazioni delle strutture di servizio, nelle diverse sedi territoriali, di verificare e
rinegoziare i rapporti con le strutture partecipate dallAteneo, di valutare le
proposte di bilancio rispetto ai benefici finanziari attesi secondo le stime pluriennali
del documento per gli interventi di riequilibrio finanziario.
Il Collegio dei Direttori di Dipartimento
nella seduta del 30 ottobre 2008 a conclusione del dibattito:
- ha
lamentato la ristrettezza dei tempi - come per altro e purtroppo è già avvenuto anche in
passato - coi quali si è dovuto procedere all'esame del documento proposto; ed ha
lamentato altresì la mancanza di un piano triennale di "Linee Guida" che
avrebbe consentito una visione più completa e più realistica dei problemi di bilancio e
una conseguente programmazione più responsabile;
- ha
chiesto un chiarimento rispetto alla dizione "non sono state previste assunzioni nel
2009" (slide n. 10; a questo proposito si chiede altresì un chiarimento circa la
validità della durata delle idoneità);
- ha
proposto infine:
1. che il taglio
alla voce Ricerca venga contenuto nella misura del 5% (e non del 10%), come segnale di
attenzione nei confronti di un settore particolarmente qualificante, nei confronti del
quale l'Ateneo ha indirizzato diverse scelte strategiche (si pensi solo alle Peer Review);
2. che - in
considerazione del blocco dei concorsi - all'interno dei fondi per la Ricerca siano
previste borse di studio e/o posti di Ricercatore a tempo determinato;
3. che il
capitolo relativo all'acquisizione delle risorse bibliotecarie elettroniche di
interesse interdisciplinare venga potenziato affinché le relative spese non gravino
prevalentemente sui Dipartimenti."
Il materiale è stato inviato al Comitato di
Coordinamento dei Poli della Romagna (28 ottobre 2008) e alle Rappresentanze Sindacali
Unitarie (30 ottobre 2008). |
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Ateneo di Bologna: avviato il procedimento per la
nomina di un nuovo Direttore Amministrativo.
Il Rettore, che scade l'anno prossimo, oltre a selezionare la Commissione, ne
farà parte come membro interno. Inoltre potrà concorrervi anche il personale interno.
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LUCIANI: un pastrocchio ..., ma approvato dal Consiglio di Amministrazione. Nella
chiesa cattolica il Vescovo viene sempre da fuori Diocesi, e questo è il solo
modo di garantire discontinuità.
La cosa è vitale per Bologna, dopo la crisi del bilancio dello scorso
anno a cui il Rettore non è estraneo, per le passate scelte in campo didattico e per
il crollo degli studenti.
Per questo non va bene, doppiamente, che il Rettore uscente stia in
Commissione per la selezione. |
L'attuale Direttore scade a dicembre del 2009. Il nuovo Direttore verrebbe nominato il 1
ottobre per la durata di 5 anni, con l'intesa che il "Fuori Ruolo" di 2 mesi
(per così dire) al Direttore attuale dovrebbe permettere una adeguata trasmissione delle
competenze e conoscenze a quello nuovo. Questo mi sembra criterio saggio.
La Commissione di selezione sarà "di pertinenza del Rettore, il
quale si avvarrà di esperti nazionali e, se del caso, internazionali. E' inoltre
importante prevedere, dice la delibera, la partecipazione del Rettore
stesso, nella funzione di membro interno."
Al riguardo, il Consiglio di Amministrazione è stato investito più volte
sulla questione del rinnovo, e mai si è capito il perchè di tanta tribolazione. Un
aspetto che rileva è l'idea di permettere anche al personale interno di concorrere per la
nomina.
Se è consentita una opinione personale, la chiesa cattolica è emblematica
per l'efficienza delle nomine: e qui il Vescovo viene sempre da fuori Diocesi. E' quanto
serve per un salto di discontinuità anche nel nostro Ateneo, anzi è
assolutamente necessario. E qui la mente corre alla "crisi del bilancio" dello
scorso anno, legato ad una straordinaria mala amministrazione, consistente nel fatto che,
a suo tempo, non sono stati opposti tempestivamente i limiti di bilancio all'eccesso di
lauree, di insegnamenti e di personale esterno a contratto. Il bilancio tocca
l'amministrazione, la didattica tocca il Rettore.
Per questo, che il Rettore uscente stia in Commissione non va bene. Per
me, può anche essere lui a scegliere il Direttore (diciamo pure, senza attendere il
successore), purchè tra una terna proposta da una Commissione "terza". Di
"membri interni" ne abbiamo già avuti abbastanza nelle
commissioni di concorso per professore universitario. NL |
Delibera del CdA del
30 09 2008 (verbale non ancora approvato).
AVVICENDAMENTO DEL DIRETTORE AMMINISTRATIVO. PROPOSTA
DEFINITIVA DEL JOB PROFILE
Il Presidente-Rettore ricorda a tutti i consiglieri
la configurazione del profilo da ricercare per il nuovo Direttore Amministrativo emersa
dal dibattito avvenuto nella seduta del 16 settembre scorso. Per precisione richiama il
riepilogo formulato al termine della discussione, opportunamente elaborato per
l'inserimento nel bando.
Innanzitutto nel bando dovrà essere richiamato il fatto che il
Direttore Amministrativo è una figura i cui compiti sono definiti sia dallo Statuto, sia
da norme di legge o di contratto, sia dal Piano Strategico di Ateneo.
Al fine di illustrare ai possibili candidati, sia pure in via generale, le
principali responsabilità e prerogative della posizione, si fa riferimento alla seguente
sintesi:
- generale attività di indirizzo, direzione e controllo per il personale T.A. ;
- attuazione dei piani, programmi e direttive generali definiti dagli OO.AA., con
particolare riferimento al Piano Strategico di Ateneo, al quale dovranno conformarsi, per
le parti di competenza, gli obiettivi annuali dirigenziali opportunamente integrati;
- collaborazione per l.individuazione delle risorse umane, finanziarie e
materiali da assegnare agli uffici e ai servizi di Ateneo;
- consulenza di tipo tecnico-amministrativo alle strutture didattiche,
scientifiche e di servizio ed espressione di pareri agli Organi Accademici circa
l'assegnazione di risorse alle stesse strutture;
- formulazione di proposte ed espressione di pareri al Consiglio di
Amministrazione circa l'attribuzione e la revoca di funzioni dirigenziali o assimilate
nonché circa le strategie gestionali coerenti con il rispetto delle norme e con i piani
di sviluppo dell.Ente;
- indirizzo, coordinamento e controllo dell'attività dei dirigenti degli
uffici e dei servizi centrali anche con potere sostitutivo in caso di inerzia di questi;
- adozione degli atti relativi all'organizzazione degli uffici e dei servizi
centrali nel rispetto delle strategie gestionali e degli obiettivi fissati dagli OOAA;
- collaborazione con i dirigenti delle strutture didattiche (Presidi e
Presidenti di Scuole) scientifiche (Direttori di Dipartimento e di Centri di Ricerca) e di
servizio (Direttori accademici e non) per una gestione ottimale delle risorse umane,
promuovendo una costante azione di coordinamento;
- esercizio della potestà disciplinare sul personale tecnico-amministrativo;
- adozione degli atti e dei provvedimenti amministrativi di competenza.
L'assunzione delle responsabilità derivanti dall'insieme delle norme e dei
Contratti Collettivi di Lavoro comporta che la persona da ricercare abbia competenze e
capacità riassumibili come segue:
COMPETENZE
- esperienza nella gestione di organizzazioni complesse e nella gestione e
soluzione dei conflitti, con particolare riferimento alla capacità di cogliere a tale
proposito le peculiarità di un'organizzazione che produce conoscenza;
- conoscenza approfondita del contesto europeo dell'Higher Education con
particolare riferimento all'ambito del knowledge transfer (cosìddetta terza missione.);
- conoscenza dei sistemi informativi;
- competenze relative alla gestione dei contratti;
- competenze relative alla gestione della contabilità;
- competenze relative alla gestione degli appalti;
- ottima conoscenza dei sistemi di finanziamento delle università ivi
comprese le forme di fund-raising;
- competenza in materia di contratti di lavoro e di relazioni sindacali;
- piena expertise sulla legislazione del settore.
CAPACITA
- visione d'insieme:
- autorevolezza e leadership;
- negoziazione e partnership;
- propensione all'innovazione;
- capacità di promuovere processi di gestione del cambiamento;
- capacità di gestione delle risorse umane e sviluppo del personale;
- capacità di lavoro di gruppo;
- capacità di problem solving;
- gestione dello stress.
E' indispensabile altresì una buona conoscenza della lingua inglese e
un'anzianità in ruoli apicali di almeno 10 anni.
Per quanto concerne la tempistica del bando, è emerso nella seduta scorsa
che, per tener conto delle precedenti decisioni in ordine alla concertazione tra il
Rettore in carica e il Rettore eletto, è opportuno adottare il seguente calendario:
- emanazione dell'avviso di selezione entro il mese di novembre 2008. Propone
che la pubblicazione avvenga integralmente sul Portale dell'Ateneo con inserzione di
trafiletto su Il Sole 24 Ore, Il Corriere della Sera, La Repubblica, The Economist, per
informare i Dirigenti che lavorano nelle istituzioni internazionali;
- selezione entro il mese di aprile/maggio 2009 con individuazione di una
rosa di candidati;
- consultazione con il Rettore che entrerà in carica dal 1 novembre 2009,
non appena possibile;
- presentazione della proposta in Consiglio di Amministrazione entro il mese
di luglio 2009;
- data di decorrenza dell'incarico dal 1 ottobre 2009.
Per quanto concerne la nomina della Commissione di selezione, essa è di
pertinenza del Rettore il quale si avvarrà di esperti nazionali e, se del caso,
internazionali. E' inoltre importante prevedere la partecipazione del Rettore
stesso, nella funzione di membro interno. |
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Ateneo
di Bologna: SENATO ACCADEMICO
Dato il "via" a numerosi
corsi di laurea in base al D.M. 270.
Il Convegno di Andrea Cammelli
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DUBBI SULLA EFFICACIA ECONOMICA DELLA SUA APPLICAZIONE
perchè non c'è nessun collegamento col "PIANO STRATEGICO"
(e che finisce per essere qualcosa che continua a girare a vanvera).
A mio avviso,
sotto il profilo dei costi che andranno a bilancio, l'Amministrazione avrebbe dovuto
fornire al Senato, ai fini dell'approvazione degli insegnamenti:
1) l'indicazione del numero prevedibile di esami per materia
(così da ammettere quelli rientranti in un determinato intervallo, da un minimo a un
massimo;
2) l'indicazione se l'insegnamento sarà coperto con docenti di ruolo o
per contratto;
3) la giustificazione delle materie frammentate, ossia con numero di
ore inferiore alla norma (60 ore).
Il caso di Ingegneria di Bologna
In attuazione della riforma delle
lauree, di cui al DM 270, il Senato ha approvato, per il 2008/09, i corsi di laurea
delle seguenti Facoltà : Agraria, Architettura, Economia di Forlì, Economia di Rimini,
Farmacia, Ingegneria, Seconda Facoltà di Ingegneria, Medicina Veterinaria, Psicologia,
Scienze MM.FF.NN., Scienze Politiche, Scienze Politiche "R. Ruffilli", Scienze
Statistiche, Scuola Superiore di lingue moderne per interpreti e traduttori.
E' diffusa l'opinione che l'attuazione della riforma sia stata approvata
senza la necessaria riflessione, sotto il profilo economico e finanziario. Questo rilievo
si collega alla crisi del bilancio dello scorso anno, e dunque alla impreparazione
dell'Amministrazione dell'Ateneo, nel fare un vero piano strategico, che indichi i
parametri (non indicazioni morali di comportamento) di riferimento comune, perchè le
nuove scelte didattiche siano coerenti col quadro globale degli obiettivi e vincoli di
bilancio, nel rispetto dell'autonomia delle Facoltà.
Già si è rilevato in precedente nota che, in attuazione della precedente
riforma, gli insegnamenti erano passati, nell'Ateneo di Bologna nel complesso, da n.
14.124 nel 2000 (vecchio ordinamento) a n. 25.946 nel 2006 (nuovo ordinamento DM
509/1999). Questo aveva determinato il raddoppio dell'assunzione di docenti (professori a
contratto 3500 circa, oltre a quelli di ruolo, di numero grosso modo uguale), e del
fabbisogno di aule, ma anche la dequalificazione delle lauree (insegnamenti con conoscenze
un pò di tutto, ma poco in profondità, ed aggravio inutile di esami per gli studenti).
Per quanto riguarda la nuova riforma, il DM 270 vuole 20 esami in totale per
corso di laurea. Ma ahimè, non dice "esami" tout court, ma "esami o
verifiche", e questo ha aperto uno spazio a nuove smagliature (es. a verifiche
composte di più "esami").
Al momento non disponiamo di un quadro globale dell'Ateneo, ma solo della
Facoltà di Ingegneria. Qui il numero delle lauree rimarrà, grosso modo, come prima.
Invece, per quanto riguarda il numero degli insegnamenti (al netto dei
Laboratori), si passerà da 1054 (del DM 509) a 795 del DM 270. Ma rimangono troppi. In un
recente Consiglio di Facoltà c'è stata una severa denuncia
Questo è una modifica economica importante, sotto il profilo dei prevedibili
costi (ossia per la necessità di docenti e di aule). Mancano, invece, elementi importanti
per capire a fondo come andrà a finire sul bilancio. Qualche elemento ?
a) un insegnamento andrebbe attuato in base al numero degli studenti
iscritti: non meno di x (ad eccezione delle lauree di rilevanza strategica nazionale, come
la laurea di ingegneria elettrica), ma non superiore a y. In questo secondo caso sarebbe
necessario lo sdoppiamento;
b) l'insegnamento andrebbe coperto, in linea di principio, con un
professore di ruolo. Se non è possibile, la cosa va segnalata;
c) il vincolo dei 20 esami per laurea triennale (e dei 12 per laurea
magistrale) è un invito giuridico e morale all'accorpamento degli insegnamenti. Nella
Facoltà di Ingegneria rimarranno 176 insegnamenti con 30 ore (e anche meno), in luogo
delle ore 60 o più (che è la norma). Penso che la cosa dovrebbe essere motivata al
Senato. NL |
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IL CONVEGNO DI ANDREA
CAMMELLI
(29 maggio 2008 all'Università di Modena)
"La riforma permanente fra realtà e
percezioni"
(stralcio delle conclusioni*)
La stampa nazionale ha dato rilievo
a questo convegno che è un consuntivo relativo al passato ordinamento ex-DM 509, ma l'ha
fatto in modo da fare intendere che il nuovo DM 270 sarà la stessa cosa, e dunque motivo
per invocare il ritorno alle lauree di 4 e 5 anni. Ad es.:
- il Corriere della Sera, 9 giugno 2008, titolava sul convegno di A. Cammelli
del 29 maggio: "Laurea breve bocciata: ora serve la riforma",
"appello al ministro: è un liceo".
- A. Monti su "Il Sole-24ORE" del 9.6.08 titolava "Una riforma
ambigua" (il 270) che ignora gli studenti", e dentro l'articolo: "così gli
studenti saranno costretti a seguire gli stessi insegnamenti (del 509), anche se
formalmente non conteggiati o nascosti in esami plurimi". NL |
Andrea Cammelli,
Caratteristiche e performance dei laureati 2007
"Revisioni, modifiche in corso dopera, riforme delle riforme,
aggiornamenti e correzioni di rotta proseguono alacremente nel cantiere sempre aperto
delle riforme universitarie. Questa attività impegna la parte più sensibile e
interessata del mondo universitario, delle imprese e della società civile, mentre nel
Paese prevale lindifferenza o il disorientamento dei cittadini che, spesso, ne hanno
sentore solo per sentito dire. Dopo gli squilibri dovuti, fra laltro,
allaccelerazione impressa al processo riformatore fin dal suo avvio, quando nel 1999
la Dichiarazione di Bologna aveva ipotizzato un arco di tempo decennale per
laffermarsi dello Spazio Europeo dellIstruzione Superiore , aggiustamenti e
migliorie non sono mancati, assieme a qualche ripensamento e ad alcuni ritorni al passato.
In questo contesto è comprensibile come ogni tentativo di seria verifica "misurando
il misurabile e rendendo misurabile ciò che non lo è", come sosteneva Galileo
Galilei, diventi arduo, spesso frustrante, e finisca per confermare in chi ne diffida che
"ciò che veramente conta non può essere contato" , rafforzando così in
tanti la convinzione del primato assoluto della discrezionalità.
..
..
Alcune considerazioni conclusive
E stata analizzata, inizialmente, la qualità del capitale umano
complessivamente formatosi nelle università nel 2007, indipendentemente dalle sue diverse
componenti (laureati del vecchio ordinamento, di primo livello, specialistici,
specialistici a ciclo unico). Il quadro dinsieme mostra consistenti miglioramenti
(in parte attesi, come la riduzione delletà alla laurea, per esempio)
nellintervallo 2001-2007 ed anche fra i due anni più recenti.
Successivamente lattenzione è stata concentrata sulla popolazione in
via di stabilizzazione (quella dei laureati di primo livello che abbiamo definito
"puri"), la sola che consente valutazioni in grado di accertare lo stato
davanzamento reale della Riforma. La presentazione dei risultati ha tenuto conto di
un duplice punto di riferimento: quello delle caratteristiche e delle performance dei
laureati allavvio della riforma ed il confronto con quelle analoghe dellanno
passato. Il raffronto fra 2001 e 2007 mostra risultati di gran lunga migliorativi di
quelli del bilancio complessivo esaminati poco sopra. Il raffronto con lanno
precedente comera previsto, dato il processo di stabilizzazione della |
popolazione osservata è
contrassegnato, invece, dal ridimensionamento di quei valori che pure rimangono attestati
su livelli complessivamente confortanti.
Il Rapporto contiene ulteriori approfondimenti sui laureati specialistici e su quelli a
ciclo unico, così come su altri aspetti importanti degli studi universitari, ai quali si
rinvia.
In merito ai laureati di primo livello "puri" sembrano opportune
alcune sottolineature. La tendenziale crescita delletà alla laurea era, nel
contesto di stabilizzazione di cui si è detto, prevedibile. In ogni caso il suo
incremento fra il 2006 e il 2007 è stato piuttosto contenuto (da 24,2 a 24,5 anni), e
letà alla laurea si mantiene ben lontana dai 28 anni che hanno caratterizzato a
lungo i laureati italiani fino alla vigilia della riforma. A questo si aggiunga la
tendenza a crescere delletà allimmatricolazione.
La regolarità negli studi, la capacità cioè di completare il percorso formativo nei
tempi previsti dagli ordinamenti, seppure ridottasi rispetto a quella registrata
lanno precedente (erano risultati regolari 49,2 laureati su cento), continua a
riguardare quasi il 45 per cento dei neo-laureati: un valore ben superiore al 9-10 per
cento che caratterizzava il complesso dei laureati negli anni immediatamente precedenti
lavvio della riforma.
La frequenza alle lezioni rimane su valori elevati (molto più elevati di quanto
registrato fra i laureati pre-riforma): 70 laureati "puri" su cento hanno
dichiarato di avere frequentato regolarmente più del 75 per cento degli insegnamenti
previsti.
È evidente che il positivo affacciarsi alluniversità di giovani e di adulti
provenienti da fasce di popolazione meno favorite, associato ad unassidua frequenza
alle lezioni, sottolineano lurgenza di provvedere con il potenziamento di servizi di
Diritto allo Studio adeguati alla nuova domanda di formazione, a cominciare da una
politica per gli alloggi. Lapprofondimento effettuato sulle condizioni di vita e di
studio dei giovani laureati è al riguardo eloquente.
Lo studio allestero mostra per il secondo anno consecutivo timidi segni di ripresa
(anche se risulta assai più praticato fra i laureati specialistici), ma la flessione
avvenuta con lavvio della riforma rischia di escludere da questa importante
esperienza fasce consistenti di giovani, particolarmente fra quelli che provengono da
ambienti familiari meno favoriti.
Tirocini e stage riconosciuti dal corso di studi, moltiplicatisi nel passaggio fra il
vecchio e il nuovo ordinamento, lievitano ulteriormente ed entrano nellesperienza
formativa di 61 laureati su cento (tre punti percentuali più dellanno passato).
Questo testimonia limpegno delle università e la collaborazione con il mondo del
lavoro. Stage e tirocini sono stati oggetto di una approfondita verifica di qualità che
ha condotto a risultati complessivamente confortanti. Non va dimenticato che
allesperienza di tirocinio/stage si associa già un più elevato tasso di
occupazione (7 punti percentuali in più fra chi ha svolto uno stage durante gli studi
rispetto a chi non vanta unesperienza analoga, secondo lultima indagine
AlmaLaurea).
La valutazione ampiamente positiva dellesperienza universitaria portata a termine
permane su valori elevati nellopinione dei laureati. Si dichiarano decisamente
soddisfatti del corso di studio concluso 35 laureati su cento (ed altri 52 esprimono una
soddisfazione più moderata). Lapprezzamento per i docenti, seppure in aumento,
registra valutazioni più critiche. Un quinto dei laureati è rimasto decisamente
soddisfatto ed altri 65 su cento lo sono in misura più contenuta. La piena sostenibilità
del carico di studio degli insegnamenti è confermata dal 30 per cento dei laureati; per
altri 57 la sostenibilità è comunque riconosciuta, seppure non pienamente.
In questo quadro complessivamente incoraggiante resta linterrogativo sulla
compiutezza dellimpianto riformatore e sulla capacità di piena valorizzazione del
capitale umano fornito dalle università da parte del sistema paese. Linterrogativo
nasce dallampiezza della domanda di ulteriore formazione manifestata non solo
dall80 per cento dei laureati "puri" di primo livello (65 per cento,
cinque punti meno dellanno precedente, verso la laurea specialistica) e dal 74 per
cento dei laureati specialistici a ciclo unico, ma anche dal 43 per cento dei laureati
magistrali. Si tratta di un dato sul quale riflettere anche per scongiurare il rischio che
si affermi un sistema caratterizzato da unulteriore dilatazione dei tempi di
formazione per raggiungere le mète e gli obiettivi formativi più ambìti e più
competitivi che resterebbero così, in assenza di una diversa politica del diritto allo
studio, alla portata dei soli che possono permetterselo.
Alcuni osservatori hanno sostenuto che la riforma non viene apprezzata dal mercato e che
si assiste al drastico peggioramento non solo delle prospettive di occupazione dei
laureati di primo livello rispetto a quelli del vecchio ordinamento, ma che per i primi
peggiorano perfino la stabilità, la retribuzione e la qualità del lavoro. Il precedente
Rapporto AlmaLaurea ha dimostrato chiaramente linfondatezza di queste tesi,
evidenziando che quei risultati sono dovuti alla prosecuzione degli studi, verso la laurea
specialistica, di una quota rilevante di laureati di primo livello. Una parte dei quali
tenta di raggiungere lobiettivo, magari per la necessità di mantenersi agli studi,
coniugando studio e lavoro; unattività lavorativa che così specificata è
ovviamente meno stabile, meno retribuita, di minore qualità. Anzi a parità di
condizioni, come sè visto, i laureati triennali guadagnano di più."Fonte: http://www.almalaurea.it/info/convegni/modena2008/,
Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea |
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Marco Merafina
Coordinatore
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NUOVE PRESE DI POSIZIONE
PER LEVARE IL TAPPO DELLA LEGGE GELMINI SULL'UNIVERSITA
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Luciano Modica
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Dal CNRU
Comitato Nazionale Ricercatori Universitari
COMUNICATO
CONSIDERATO che la legge di Legge di Stabilita' (del 13 dicembre 2010, n. 220, all'Art.1
comma 24) ha approvato un piano straordinario per la chiamata di professori di seconda
fascia per ciascuno degli anni 2011-2016 a incremento del F.F.O. delle universita' e che
tali fondi di reclutamento straordinario sono determinati in deroga al turn-over, al
vincolo della distribuzione dei punti organico nelle diverse percentuali e al vincolo del
90% del rapporto AF/FFO;
- CONSIDERATO che lo stanziamento di questi fondi ha rappresentato l'unica risposta del
Governo alla mobilitazione di tutti i Ricercatori durante i giorni dell'approvazione della
Riforma che, occorre ricordarlo, fu approvata soprattutto perche' prevedeva lo
stanziamento dei fondi per il piano di reclutamento straordinario e per gli scatti
meritocratici;
- VISTO che il decreto per l'utilizzo delle risorse destinate al piano straordinario per
la chiamata di professori di seconda fascia a oggi (12.12.2011) non e' ancora stato
approvato;
- CONSIDERATO che i concorsi per la II fascia sono fermi dal 2008;
- VISTO che al 12.12.2011 non e' ancora stato approvato il decreto per le abilitazioni e
che questa carenza di fatto impedisce un pieno utilizzo delle risorse destinate al piano
straordinario,
il Coordinamento Nazionale dei Ricercatori Universitari (CNRU)
CHIEDE
- che l'utilizzo delle risorse destinate al piano straordinario sia traslato di un anno,
vale a dire che siano spendibili a partire dal 2012 e fino al 2017, ovvero che la quota
spendibile per l'anno 2011 sia destinata solo agli idonei esterni di procedure per la
progressione a professore di II fascia, considerato che i concorsi della I e II sessione
2008 dovrebbero essere stati banditi con copertura finanziaria e nel rispetto delle
normative previgenti in termini di punti organico e turnover;
- che sia chiarito che, poiche' tale finanziamento e' integrativo alla quota di F.F.O.
destinata agli atenei, non deve essere utilizzato per la copertura delle chiamate previste
nella programmazione ordinaria;
- che il finanziamento straordinario sia utilizzabile da parte degli atenei solo dopo aver
utilizzato le risorse ordinarie individuate in fase di programmazione e definizione dei
punti organico per la II fascia;
- che, nel caso di utilizzo per la chiamata di Ricercatori interni all'ateneo, le risorse
risparmiate riconfluiscano nello stesso fondo straordinario e siano utilizzabili secondo
gli stessi vincoli;
- che l'utilizzo dell'assegnazione straordinaria sia vincolato a una programmazione
triennale degli organici che coinvolga tutte le componenti di ciascun ateneo e che sia
incentrata sulle esigenze di didattica e di ricerca. |
Importante
LETTERA APERTA
di LUCIANO MODICA
(già Presidente della CRUI, già SottoSegretario al MIUR)
al Ministro Profumo
"L'UNIVERSITA' DIMENTICATA "
Caro Ministro Profumo,
luniversità italiana vive da dieci anni una situazione sempre più
difficile.
Lei ne è una figura autorevole e non cè quindi bisogno di
illustrarle i dati oggettivi che sono reperibili in qualunque analisi internazionale
indipendente: una cronica carenza di finanziamenti, soprattutto per le infrastrutture e
per la ricerca; un carico contributivo sulle famiglie degli studenti tra i maggiori in
Europa; un drastico ridimensionamento numerico del personale docente e tecnico.
Sono tutti fattori che hanno indebolito lazione e la capacità
innovativa degli atenei italiani. Ma ancor più li ha indeboliti il furioso attacco
mediatico alla credibilità del sistema che, anche se giustamente motivato da gravi
episodi di malcostume da estirpare con decisione, ha finito col travolgere la fiducia
nellintera università.
Questa fiducia deve essere assolutamente ristabilita. E il primo
obiettivo politico di un Ministro che non si voglia trasformare nello spietato accusatore
dello stesso sistema che governa.
E un obiettivo per il quale ci sono tutti i presupposti.
Infatti la ricerca universitaria italiana dà ancora oggi risultati eccellenti su scala
internazionale, soprattutto se rapportati allesiguità dei finanziamenti e del
numero di ricercatori.
La formazione degli studenti, pur in presenza di problemi infrastrutturali e
organizzativi, è di ottimo livello se comparata con gli standard europei.
Il ruolo culturale, economico e sociale di ciascun ateneo nel suo
territorio è in costante crescita e permette di recuperare importanti spazi di sviluppo.
La dedizione al lavoro del personale universitario è, salvo eccezioni,
ammirevole nonostante che cominci a diffondersi scoramento.
Si tratta di un patrimonio nazionale che va difeso e
rafforzato, non svilito e disperso. Non cè del resto alcuna speranza di sviluppo
duraturo per un Paese che non ama la sua università.
E giusto che le chieda sempre i massimi risultati e la massima
trasparenza, ma anche che ne riconosca il ruolo cruciale. Servono dunque chiare
discontinuità rispetto al recente passato.
In questo momento di crisi non sarà facile reperire risorse
finanziarie che compensino i pesanti tagli già subiti o addirittura riportino il
finanziamento a crescere gradualmente verso le medie europee. I segnali di inversione di
rotta, forse limitati in termini finanziari, devono però essere forti in termini
politici.
Si ridia innanzitutto più autonomia e meno burocrazia agli
atenei e contemporaneamente si punti ad una valutazione stringente della qualità dei
risultati ottenuti, senza sconti e senza ritardi. La si smetta con lesasperato
centralismo dirigistico, col delirio dei prerequisiti numerici, con la confusione dei
ruoli negli organi di governo e di controllo del sistema.
|
Le leggi potranno essere
modificate o abrogate nei loro aspetti meno condivisibili ma intanto vanno applicate in
forma non occhiuta né burocratica, attenti a incentivare le innovazioni e le pratiche
più efficaci per un miglioramento continuo, piuttosto che il cieco rispetto delle norme.
La ricerca universitaria va rivalutata perché costituisce
lossatura e la parte maggiore del sistema ricerca del Paese, oltre che il
presupposto per una formazione avanzata di buona qualità. Si privilegi la curiosità
innovativa e lavanzamento della conoscenza, in ogni campo. Si sostengano i progetti
di ricerca di interesse nazionale il cui finanziamento è sceso ai minimi storici, per
giunta in uno stato di perenne incertezza su tempi e regole, ma si riveda il meccanismo di
assegnazione dei finanziamenti con luso di metodologie e competenze internazionali
per eliminare i conflitti di interesse. Non si dimentichino le dotazioni infrastrutturali
universitarie, il cui capitolo sul bilancio statale è stato chiuso nel 2002 e mai più
riaperto.
Sono ormai al lumicino tanto che spesso le condizioni
logistiche di lavoro sono da terzo mondo e la strumentazione scientifica obsolescente.
Sulla didattica il Ministero, anche in vista della valutazione e
dellaccreditamento, monitori e indirizzi senza imposizioni burocratiche il passaggio
dalle facoltà ai dipartimenti per evitare che nei corsi di studio si indeboliscano la
progettazione culturale, soprattutto negli aspetti multidisciplinari, e
lorganizzazione.
Un altro settore in cui lItalia è paurosamente indietro è il
welfare studentesco, in particolare per il sostegno agli studenti capaci e meritevoli
provenienti da famiglie non abbienti.
Ne risultano ostacolate sia la mobilità sociale che quella
geografica, mentre diminuiscono gli immatricolati e non aumentano come dovrebbero le
percentuali di laureati sulla popolazione attiva. Occorre innanzitutto garantire i servizi
del diritto allo studio a tutti coloro che rientrano nei requisiti di reddito e merito per
le famiglie prive di mezzi.
Ma occorre intervenire, con prestazioni graduate rispetto alle
necessità, anche nei confronti di studenti meritevoli provenienti da famiglie con mezzi
ridotti. Non si dimentichi poi che tutti gli studenti hanno diritto ad avere gli strumenti
e le opportunità per una soddisfacente crescita personale, culturale e professionale, per
una rapida conquista dellindipendenza, per una compiuta cittadinanza attiva.
Occorre infine riaprire e regolarizzare sia il reclutamento di giovani
ricercatori e professori di talento, sia le progressioni di carriera per coloro che lo
meritano. Il sistema è bloccato da anni, la sua fluida regolarità è un miraggio.
Con le ultime leggi i giovani hanno visto aumentare sempre più
letà dingresso nei ruoli universitari. Così molti hanno rinunciato a questa
carriera o hanno accettato offerte di lavoro allestero. Si sciolgano almeno le
incertezze delle nuove procedure concorsuali, semplificandole e accelerandole sia per i
professori che per i ricercatori a tempo determinato, lasciando la funzione meritocratica
alla valutazione ex post piuttosto che a intricate regole ex ante. Sono punti su cui è
possibile registrare concordia e consenso ampi. Auguri di buon lavoro! Luciano
Modica |
Fonte: Europa, 9 dicembre
2011 |
Bologna, " Laboratorio Urbano * "
di Paola Bonora, Raffaella Lamberti, Cesare Minghini, Walter
Vitali, Ivana Calvi, Chiara Sebastiani, Vando Borghi,
Lorenza Maluccelli, Giuseppe Scandurra, Piergiorgio Rocchi, Sergio Bonora, Marzia Vaccari,
Giorgia Boldrini, Mauro Felicori, Maurizio Sobrero, Andrea Margelli,
Leonardo Setti, Silvia Zamboni, Cristina Brasili, Silvano Bertini, Daniele Dieci |
Maurizio Sobrero
|
DOCUMENTO SULL'UNIVERSITA'
di Maurizio Sobrero * e Walter Vitali **
Illustrato dal Prof.
Sobrero, all'Archiginnasio,
Bologna, venerdì 4 novembre 2011.
Presenti: il Rettore Ivano Dionigi e il Sindaco
Virginio Merola.
Presidenza di Raffaella Lamberti |
Walter Vitali |
* M. Sobrero, Membro della Giunta, Univ. di
Bologna |
** W.Vitali, Senatore del Partito Democratico |
M. Sobrero - W. Vitali, Documento
sull'università
Sommario: 1 . Il rapporto tra città, università e innovazione
nella società della conoscenza - 2. Università. Il lungo iter parlamentare - 3. Le
politiche per l'innovazione - 4. Uno sguardo oltre confine - 5. Alcune proposte.STRALCIO.
Per il testo intero, clicca su:Laboratorio Urrbano
LE PRPOSTE. Le università, la ricerca e l'innovazione
devono essere considerate al pari dell'occupazione, del welfare e dei trasporti, ossia
problemi che interessano le città e la cittadinanza nel loro insieme, non solo questioni
per addetti ai lavori. Le vicende finanziarie e legislative che le riguardano sono un
problema di tutti, poiché da esse dipende la nostra capacità di uscire dalla crisi. Le
comunità cittadine non possono rimanere indifferenti se viene sprecato un patrimonio di
saperi e di opportunità che appartiene a tutta la comunità. Dalle città deve venire
pertanto un forte impulso ad una politica nazionale in materia, superando l'estraneità e
la sostanziale indifferenza delle comunità cittadine per questi temi. E' un compito che
spetta agli amministratori locali e regionali, ai rappresentanti della società
organizzata, ma anche ai mezzi di informazione e alle espressioni diffuse della
cittadinanza attiva. Tutto questo è ancor più vero in una situazione di drammatica crisi
finanziaria come quella che stiamo vivendo.
E' significativo che, mentre si discute di deficit, di debito, di
infrastrutture, di semplificazione per le imprese e di pensioni, non si parli invece di
università e di ricerca. Non lo fa il governo, ma non lo fanno nemmeno le opposizioni e
le parti sociali. Non se ne parla nemmeno in relazione alle politiche per la crescita e lo
sviluppo economico, quando invece ne sarebbero i fattori trainanti fondamentali. I nostri
giovani hanno davanti a loro un futuro peggiore di quello dei loro genitori, e questo
alimenta la protesta mondiale nei confronti di un'economia sempre più prigioniera della
finanza. In Italia il tasso di disoccupazione giovanile tra i 18 e i 29 anni sfiora il
30%. L'ingresso nel mercato del lavoro avviene tardi, soprattutto in forme precarie e con
salari di ingresso bassi, costringendo i giovani a stare a lungo con la famiglia di
origine.
Tutto questo costituisce un fattore formidabile di depressione della
crescita e dello sviluppo. L'investimento in università, ricerca e innovazione è il
contributo maggiore che( si possa dare al futuro delle nuove generazioni.
Chi sente di avere una responsabilità di qualunque tipo verso la comunità
alla quale appartiene non può dimenticarselo, perché non rimane più molto tempo: o
tentiamo ora di riagganciare il treno dello sviluppo, che si sta visibilmente allontanando
da noi, oppure sarà troppo tardi. Siamo consapevoli che le proposte che avanziamo
rappresentano una scelta forte di priorità che la politica nazionale finora non ha avuto
né la capacità né il coraggio di compiere. Ma stiamo vivendo insieme all'Europa un
momento di grande difficoltà, ed è in momenti come questi che un paese può trovare le
energie per risorgere. |
N. Luciani, Breve nota introduttiva
1.- Il Documento è stato illustrato dal prof. Maurizio Sobrero, ma senza
potere arrivare alle "proposte". Qui le riprendiamo. Esso :
- dopo un atto di fede nell'Università
(perchè dà, "alla umanità, sviluppo culturale, scientifico e tecnico");
- e aver illustrato otto " indiscutibili
criticità" (e altro) dell'università italiana, consistenti in :
un numero di laureati inferiore rispetto a quanto accade in altri
paesi comparabili con il nostro;
un costo complessivo tutt'altro che contenuto in rapporto ai
risultati;
servizi per i docenti e gli studenti generalmente peggiori; forti
disparità territoriali nonostante la permanenza del valore legale del titolo di studio;
inefficienze marcate ed iniquità nei processi di reclutamento del personale
docente e ricercatore;
scarsa chiarezza su responsabilità e meriti;
forti inefficienze gestionalì chiaramente visibili da numerosi casi di
sostanziale dissesto finanziario;
una proliferazione di particolarismi e localismi privi di un reale
radicamento con gli sbocchi professionali offerti;
- conclude con 8 proposte risolutive
(vedi a fianco).
2.- Nel documento si rileva che tutte le università italiane sono
molto indietro nella graduatoria mondiale ma che Bologna è quella relativamente più su.
Direi che la diagnosi è grosso modo quella del PD fino al momento
dell'approvazione della legge Gelmini in Senato (28 luglio 2010), tutto d'amore con la
diagnosi e terapia del Governo ( fino al ribaltone di posizione del PD alla Camera, sulla
spinta di alcuni valorosi: Vassallo, Ghizzoni, ...). Direi anche che le proposte hanno
poco a che fare con la diagnosi ( grosso modo, etichette riprese da qua e là, senza
filtro critico). Ad es.:
- quelle statistiche internazionali sono fondate su dati statistici eterogenei (pur
se portanti le stesse denominazioni nei vari Paesi ), e quindi largamente meri esercizi
matematici .
- Vogliamo anche dare il tempo alle aree disagiate di far crescere, anche presso di
loro, delle università valide, di cui hanno vitale bisogno ? Ma qui è una
questione di risorse finanziarie, non di qualità dei professori. Infatti
la differenza qualitativa di un professore del Nord non può essere gran che diversa da
quella di uno del Sud, perchè le selezioni sono state controllate da Associazioni
nazionali di professori dei settori disciplinari.
- quella distinzione tra università virtuose e non virtuose (da premiare le une e
punire le altre) è fondata su parametri fatti con statistiche, a volte vecchie di 5 anni
.
- quei dati sul numero dei professori e degli studenti non portano a ritenere
eccessivo il numero dei professori in Italia. Infatti, da essi si trae che c'è 1
professore ogni 55 studenti; e (aggiungendo i ricercatori) 1 docente ogni 31 studenti. La
media OCSE (2007) era 1 professore ogni 15,8 studenti (OCSE, Education at a glance).
Ma andiamo alle proposte. Sono valide autonomamente, perchè sorette da un
"comune sentire". NL |
Le nostre proposte si rivolgono a interlocutori
istituzionali diversi, a seconda del loro ambito, e possono far parte di un pacchetto che
le città si impegnano a praticare nel proprio contesto urbano e territoriale e a
sottoporre a Governo e Parlamento, anche in vista dei prossimi provvedimenti da assumere
in materia economica. Esse riguardano: 1. la necessità
di puntare sulla formazione del capitale umano. La società della conoscenza e
dell'innovazione non nasce per caso, ma dall'intelligenza e dal sapere delle persone.
Investire in istruzione significa creare le basi per poter ottenere dei frutti collettivi
da queste intelligenze e da questi saperi. Ciò passa certamente attraverso investimenti
nel corpo insegnante e nelle infrastrutture, ma anche attraverso il sostegno costante ai
capaci e meritevoli, così come previsto dall'articolo 34 della Costituzione. Per
realizzare politiche per l'università e l'innovazione, dunque, è necessario smettere di
pensare solo alla ricerca e allo sfruttamento commerciale come monadi splendidamente
isolate dal contesto e reintepretare in chiave moderna il concetto di sviluppo e di
welfare basato sul sapere e l'innovazione;
2. il finanziamento di nuovi campus universitari in dieci
atenei di qualità, per consentire loro di collocarsi ai primi posti nelle classifiche
internazionali. Secondo alcune stime attendibili, se la revisione della spesa delle
amministrazioni dello Stato (spending review) che è stata inserita nella legge di
conversione del decreto di agosto, la n. 148 del 2011, fosse compiuta seriamente, in tempi
relativamente brevi si potrebbero produrre risparmi ricorrenti pari a 5-10 miliardi di
euro l'anno. Basti pensare che la spesa per beni e servizi dei ministeri è aumentata del
18% dal 2008 al 2010. Altre stime valutano in circa 5 miliardi l'anno, da destinare alla
riduzione del debito, il possibile ricavato di un piano efficace di dismissioni
patrimoniali. C'è quindi la possibilità, se si assume questa priorità nella politica
nazionale, di destinare 1 miliardo di euro all'anno una tantum nel quinquennio 2012-2016,
la metà di quello che ha stanziato la Francia, al finanziamento di nuovi campus
universitari in dieci atenei di qualità che presentino progetti valutati da una
commissione formata da esperti di fama internazionale. Per accedere a tale finanziamento
di 500 milioni di euro per ognuno dei dieci atenei, i progetti devono riguardare lo
sviluppo dell'edilizia destinata alla didattica, l'adeguamento delle strutture per la
ricerca e il trasferimento tecnologico verso le imprese (Parchi tecnologici, tecnopoli,
incubatori per le start-up), l'incremento della dotazione di alloggi per studenti, docenti
e ricercatori, la realizzazione di strutture destinate alle attività culturali,
ricreative e sportive. Gli atenei richiedenti devono necessariamente corrispondere a
parametri di qualità certificati dall'ANVUR, l'Agenzia nazionale di valutazione del
sistema universitario e della ricerca, e devono proporsi l'aggregazione di più
università della stessa regione. I nuovi comparti di sviluppo universitario avrebbero
effetti benefici sulle città nel loro complesso, creando nuovi poli di attrattività
internazionale, di circolazione di idee e di persone destinate ad arricchire la vitalità
della comunità urbana in ogni campo;
3. la stabilità del FFO per il funzionamento ordinario delle
università, con un incremento programmato nel decennio 2012-2021 sia per avvicinare la
spesa italiana alla media OCSE, sia per far fronte ai costi dei nuovi campus. Nello stesso
arco temporale, la quota distribuita agli atenei in base alla spesa storica deve
progressivamente esaurirsi e tutto l'FFO deve essere distribuito in base agli indicatori
di qualità della didattica e della ricerca;
4. l'incremento programmato nel decennio 2012-2021 del fondo da
ripartire tra le regioni per la concessione dei prestiti d'onore e l'erogazione delle
borse di studio per studenti, elevando dal 20% al 25% la quota massima delle loro
contribuzioni, con il vincolo di assegnare almeno il 50% dei maggiori introiti ai servizi
per gli studenti e alle borse di studio per i meritevoli;
5. la considerazione delle persone e delle comunità
universitarie come potenziale inespresso per lo sviluppo delle città. Nelle università
non ci sono solo le comunità studentesche che consumano e delle quali si continua a
vedere prevalentemente il contributo economico al territorio. Gli atenei sono datori di
lavoro sia per il personale docente e ricercatore, sia per quello tecnico e
amministrativo, a cui vanno aggiunti i titolari delle diverse tipologie di contratto di
lavoro a tempo determinato, come gli assegnisti e i borsisti di ricerca e, con la legge
del 2010, i ricercatori stessi. Queste comunità esprimono una domanda tipica delle
popolazioni giovanili (momenti di aggregazione culturale, luoghi e occasioni di incontro,
servizi ricreativi e sportivi) e di altre classi di età, in modo particolare per quanto
riguarda i servizi per l'infanzia e per la scuola, insieme a tutte le forme di sostegno
per le donne che lavorano. In una prospettiva di crescente mobilità studentesca e di
internazionalizzazione delle università, i docenti e i ricercatori che vi si recano
temporaneamente hanno le stesse esigenze del personale qualificato di cui le imprese hanno
bisogno. Ma le università possono anche essere un integratore di servizi culturali
avanzati unico nel loro genere. Ciò vale per i loro sistemi museali e bibliotecari al
servizio della didattica delle scuole cittadine, per il loro ruolo nei piani di marketing
territoriale, per l'apertura alla cittadinanza delle loro attività attraverso specifiche
iniziative formative e per il contributo che studenti e docenti possono dare alla
vitalità della scena culturale delle rispettive città;
6. la realizzazione di programmi urbanistici per lo sviluppo
delle università, con i relativi servizi per gli studenti e il personale. In tutte le
città vanno promosse verifiche sullo stato di attuazione dei programmi di edilizia
universitaria, anche al fine di predisporre i progetti per i dieci campus di livello
europeo e mondiale. A Bologna, per esempio, il primo Protocollo di intesa tra università
e città è stato sottoscritto nel 1994 ed è stato successivamente aggiornato nel 1999 e
nel 2001. Le intese prevedono, fra l'altro, la realizzazione di nuovi comparti urbanistici
destinati all'università con residenze e servizi, ma non sono stati ancora realizzati,
nonostante il lungo tempo trascorso, a causa della mancanza dei finanziamenti statali. Al
momento il costo previsto degli investimenti nel loro complesso è di 250-300 milioni di
euro, posta una necessaria verifica circa l'adeguatezza delle previsioni in relazione a
un'università che deve raggiungere nuovi traguardi internazionali nei prossimi decenni ed
essere collocata nel contesto metropolitano e regionale, considerando anche tutte le
problematiche relative al pendolarismo e ai trasporti. Per quanto riguarda il mercato
delle abitazioni in affitto, va innanzitutto promossa una disciplina legislativa che
faccia emergere il nero ed incoraggi il ricorso a regolari contratti. Deve essere
incentivata la realizzazione di studentati e residenze per studenti e docenti, totalmente
o parzialmente sussidiate, attraverso interventi di social housing congiunti tra pubblico
e privato, forme di quasi mercato legate a progetti promossi da cooperative e sostegno
strutturale a progetti specifici direttamente gestiti dalle università. Si tratta di un
ambito particolarmente adatto a sperimentare forme evolute di partenariato tra pubblico e
privato, utilizzando anche l'evoluzione in questa direzione degli indirizzi dell'Unione
europea;
7. la valorizzazione della componente giovanile rappresentata
dalla comunità studentesca, in modo particolare per quanto riguarda gli studenti
stranieri. C'è una tendenza alla internazionalizzazione delle università che va
incentivata, certamente per quanto riguarda i docenti e i ricercatori, ma ancor di più
per la popolazione studentesca. L'impatto sociale del programma Erasmus in Europa è ormai
un dato consolidato, soprattutto per le università che si sono mosse meglio in questo
senso, anche grazie ad un tessuto urbano fornito di oggettive capacità attrattive. La
novità sostanziale con la quale è necessario confrontarsi riguarda lo spazio
dell'istruzione extra europeo. In molti casi, grazie a operazioni lungimiranti, esistono
già realtà di collegamento con i paesi di nuovo sviluppo ed in particolare con la Cina,
ma vi sono spazi molto ampi di azione per rivolgersi anche ad altre aree come India e Sud
America, avendo grande attenzione per i paesi africani. La valorizzazione della presenza
nel contesto urbano di giovani studenti stranieri rappresenta l'occasione per
internazionalizzare le nostre città e per consolidare le politiche volte all'inclusione e
alla interazione tra comunità che provengono da culture e paesi diversi;
8. la creazione di una figura istituzionale nel governo che sia
focalizzata sulle politiche per l'innovazione, con il compito specifico di indirizzare e
coordinare le competenze ora frammentate. E' la prima cosa se vogliamo fare davvero
qualcosa e non continuare solo a parlare dell'importanza di questi temi. Prima di un
qualunque intervento tecnico è necessario un forte segnale politico. Nell'attuale
caratterizzazione istituzionale ciò può essere realizzato o attraverso un poco
realistico spacchettamento" delle competenze in materia tra i vari ministeri
interessati ed una riattribuzione, con relative risorse, ad un ministero ad hoc, oppure da
un presidio istituzionale incardinato nella Presidenza del Consiglio, con specifici
obblighi di coordinamento interministeriale in materia, che condizioni l'effettivo
utilizzo delle risorse allocate;
9. l'affermazione del principio secondo il quale le risorse
investite nel sostegno dell'offerta sono sprecate, se non si interviene anche sulla
domanda di ricerca e innnovazione. Anche ragionando a risorse costanti, e considerare le
risorse aggiuntive che pure sarebbero necessarie, è concretamente possibile lavorare
attraverso riforme a costo zero che intervengano sulla concorrenza, sul mercato del lavoro
dei ricercatori, affinché competenza e merito siano preferiti a privilegi e stabilità,
sul coordinamento con le politiche europee e ancor più con quelle regionali, per esempio
per un più efficace utilizzo dei fondi strutturali;
10. la riconsiderazione del ruolo della domanda pubblica in
innovazione e ricerca con particolare riferimento ai nuovi investimenti. Essa è
ritualmente percepita come fonte di sprechi, inefficienze e corruzione, mentre in realtà,
come si può ben vedere dai documenti di indirizzo dei piani di investimento in ricerca e
innovazione dall'Europa, agli USA, alla Cina, è un elemento trainante per lo sviluppo dei
mercati per le nuove tecnologie. Si pensi a casi concreti come quello della sanità, che
non significa solo acquisto di farmaci, ma di un vastissimo insieme di beni ad alto
contenuto tecnologico (es. apparecchiature, strumenti, protesi, prodotti biomedicali,
etc.). Oppure al caso dei trasporti, dove la componente di investimento pubblico rimane di
gran lunga prevalente, senza tralasciare l'adozione di ICT, di cui si parla già da tempo.
Qui un forte sostegno agli strumenti più evoluti del Public Procurement, come ad esempio
il dialogo competitivo, già previsti sul piano normativo dalle direttive europee sugli
appalti pubblici, può rappresentare una modalità concreta di intervento su regole
fondamentali senza necessità di copertura finanziaria;
11. il riconoscimento del ruolo insostituibile dello Stato in
economia nel campo dei beni pubblici, poiché alcuni di questi sono fondamentali per lo
sviluppo di innovazione. Il tema degli investimenti in grande infrastrutture abilitanti è
reso più complesso dalle attuali condizioni della finanza pubblica, ma non è meno
rilevante in un momento di stagnazione con prospettive di crescita contenute anche nel
medio termine. Questo è un campo spinoso anche sul versante del dibattito politico,
poiché prevede un'inversione di tendenza rispetto al ruolo del pubblico in beni che sono
stati profondamente cambiati dal processo di privatizzazione. L'accesa discussione sul
possibile scorporo della rete da Telecom Italia è indicativa in tal senso, e l'apparente
soddisfazione dei privati rispetto alla promessa di stanziamento recente di fondi per la
banda larga, già messa in discussione, è un chiaro segnale dell'impossibilità di
attivare investimenti concreti e significativi su queste infrastrutture se si esclude un
diretto impegno del pubblico. Senza investimenti pubblici non ci sarebbe Internet. Senza
la nazionalizzazione delle società elettriche degli anni '60 non avremmo una rete come
quella attuale, e lo stesso vale per le ferrovie. Senza intervento dello Stato non sarebbe
iniziata la scoperta dello spazio e non avremmo beneficiato di una serie lunghissima di
innovazioni, che si sono direttamente tradotte in applicazioni concrete a cui facciamo
riferimento quotidianamente .
Se vogliamo che parole come NGN, Smart Grid e simili non restino sigle
anonime, bisogna avere il coraggio di orientare la spesa pubblica non solo su ponti e
strade, ma anche sulla riorganizzazione delle infrastrutture abilitanti, inclusi gli
assetti proprietari. |
|
* Fonte:
http://www.laboratoriourbano.info/chi-siamo/ |
IL RETTORE DIONIGI alla FESTA dell'UNITA'
Bologna 16 settembre 2011
|
Foto ripresa dal Carlino |
"Rettore
barricadero" ? (Corriere di Bologna, p. 7, 17 set )
1.- Il 15 settembre u.s. aveva avuto luogo in S. Lucia
(Aula Magna, 900 posti) la cerimonia di commemorazione della Magna Charta Universitatum,
con l'adesione di ulteriori 23 università di vari Paesi. Era evidente che Bologna fruiva
del buon nome, sparso nel mondo, frutto del lavoro di secoli. E'
noto che la Magna Charta proclama i valori universali della cultura, della ricerca, e
specificamente della libertà di ricerca.
Ma l'Aula era coperta solo per 1/3, tra cui le delegazioni che avevano
accompagnato i rispettivi Rettori.
Questo mi è sembrato un fatto anomalo, perchè è tradizione
che l'Aula si riempia in seguito alle chiamate del Rettore.
2.- Davanti all'entrata principale, c'era un picchetto, altrettanto anomalo,
che distribuiva un volantino, in cui gli veniva contestato di predicare bene, ma di
razzolare male, e precisamente:
a) di predicare bene, nel senso che aveva dichiarato : "[La
Magna Charta] e' l'occasione per riscoprire la nostra funzione sociale, per riaffermare il
principio dell'autonomia, quella legislazione interiore dell'intelletto e della cultura
che ci contraddistingue. Abbiamo bisogno di un ritorno all'autonomia, non puo' essere che
ogni anno veniamo massacrati da riforme e circolari. Fateci vivere, poi esaminateci e
nella valutazione si mantenga fede ai patti: risorse premio a chi se le merita. [
]
Speriamo che si fermi la politica dei tagli, perché la crescita si fa solo con la
cultura, la formazione e la ricerca. I veri temi del Paese sono due: lotta all'evasione e
prospettive per i giovani";
b) di razzolare male, nel senso che, solo qualche mese fa (luglio)
aveva varato uno statuto anti-libertario, in aperto conflitto con la Intersindacale
Universitaria locale, e perfino in conflitto con un referendum, a larga partecipazione:
anzi aveva applicato la legge GELMINI, di riforma universitaria, molto oltre la severità
di Governance richiesta dalla legge .
3.- Ulteriormente chiarendo, Dionigi era venuto a trovarsi in conflitto con
la sua base elettorale, notoriamente di sinistra.
Ecco una importante spiegazione di quelle assenze a S.Lucia,
anzi veramente tante, per cui essi sono, probabilmente, il segno di una disaffezione più
generale dei professori.
Dionigi preoccupato ? Il giorno dopo (16 set.), la TV locale ci ha
mostrato un Dionigi alle Festa dell'Unità (vale dire, a quella festa molto popolare, che
proviene dalla storia del Partito Comunista).
In quella stessa circostanza, riferisce la stampa locale,
Dionigi aveva rincarato la dose contro il Governo: "Ai giovani lasciamo solo
debiti".
4.- Ci viene un dubbio: Dionigi ha avviato una nuova fase politica
nell'Ateneo, quella per il recupero della propria base elettorale ?
Se l'obiettivo è recuperare spazi di libertà scientifica per l'Atenei,
penso che la strada della Festa dell'Unità sia la meno convincente.
I partiti, di qualunque corrente, hanno sempre cercato di catturare la
cultura, per trarne benefici in termini di consenso elettorale. E dunque, mettersi sotto
l'ala di un partito, non è sicuramente un modo di difendere la libertà di ricerca e di
insegnamento.
Di sicuro, questo vale anche per il suo elettorato universitario di
sinistra. Se così non fosse, perchè questo elettorato avrebbe sostenuto con tantta forza
il referendum dei sindacati e delle assoziazioni universitarie ?
Direi proprio che una Università, a maggior ragione una Università-simbolo
nella storia e nel mondo, non si deve confondere con un partito, e neppure alimentare il
dubbio di fumo in tal senso. Nino Luciani |
CONTRIBUTI STUDENTESCHI, SOPRA IL 20% DEL FFO
TAR condanna l'Ateneo di Chieti
|
Nota. La questione del FFO delle Università si intreccia con la determinazione
dei contributi studenteschi: nel senso che, per legge, il loro
ammontare non può superare il 20% del FFO - Fondo statale per il Finanziamento Ordinario.
Ma in questi anni, a causa del calare del FFO (soprattutto in termini
di potere d'acquisto della moneta) è venuto sopraggiungere una strozzatura del bilancio
delle università: quello di dovere abbassare i contributi, per effetto della riduzione
del FFO. L'adempimento era contro natura per le università, e infattu la metà ha
abbondantemente superato il limite.
Tra queste si direbbe ci sia stata anche Bologna, giacchè è pendente
un ricorso al TAR dell'Emilia Romagna, contro il superamento del limite.
Nel caso di Chieti, si è venuto a sapere di un analogo ricorso, il
cui esito (il 20.3.2011) è stato a favore degli studenti.
La conseguenza è che l'università dovra' restituire agli studenti il mal
tolto. Qui sotto riportiamo la relativa sentenza. |
N. 00217/2011
REG.PROV.COLL.
N. 00599/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 599 del 2007, proposto da:
Domenico Tucci, quale presidente dellassociazione "360 gradi", Enzo Di
Marzo, Stefania Cianfrone e Antonella Golinelli, rappresentati e difesi dall'avv. Fabrizio
Rulli, con domicilio eletto presso il suo studio, in Pescara, viale D'Annunzio 24;
contro
LUniversita' degli Studi di Chieti "G.D'Annunzio",
rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato de L'Aquila, domiciliata
per legge in L'Aquila, via Portici S.Berardino;
per l'annullamento
della deliberazione del Consiglio di amministrazione dellUniversità degli Studi di
data 27 luglio 2007 contenente il Manifesto generale degli studi per il 2007 - 2008
recante tra laltro la determinazione degli importi dei contributi universitari posti
a carico degli studenti;
della delibera del Senato accademico di data 16 luglio 2007.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dellUniversita' degli Studi di Chieti
"G. D'Annunzio";
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 marzo 2011 il presidente Umberto Zuballi e
uditi l'avv. Rulli Fabrizio per i ricorrenti e l'avv. distrettuale dello Stato Pardi
Domenico per l'Amministrazione resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I ricorrenti sono studenti iscritti allUniversità mentre lassociazione che
ricorre ha come scopo statutario quello di tutelare i diritti degli studenti.
A sostegno illustrano i seguenti motivi di ricorso:
1. Violazione dellart. 32 comma D dello Statuto dellUniversità, in quanto non
è stato assunto il parere obbligatorio del Senato degli Studenti.
2 Violazione art 5 comma 1 del dPR 306 del 1997, recante il regolamento sui contributi
universitari. La contribuzione studentesca non può superare il 20 % del finanziamento
ordinario statale, mentre nel caso il limite risulta superato per giungere al 22,78 %.
Resiste in giudizio lAvvocatura dello Stato che a confutazione del ricorso deposita
una relazione dellamministrazione. Osserva in particolare come mancherebbe in capo
agli studenti la legittimazione attiva, né era necessario acquisire il parere del Senato
degli studenti.
Infine, nel corso della pubblica udienza del 10 marzo 2011 la causa è stata trattenuta in
decisione.
DIRITTO
Oggetto del presente ricorso sono la deliberazione del Consiglio di amministrazione
dellUniversità degli Studi di data 27 luglio 2007 contenente il Manifesto generale
degli studi per il 2007 - 2008 recante tra laltro la determinazione degli importi
dei contributi universitari posti a carico degli studenti e la pregressa delibera del
Senato accademico di data 16 luglio 2007.
Gli studenti e lassociazione che si occupa di tutelare in vario modo gli studenti
stessi appaiono legittimati al ricorso, in quanto latto impugnato lede gli interessi
economici degli allievi universitari e il loro diritto alla partecipazione alla
determinazione delle rette.
Va subito evidenziato che il ricorso risulta fondato.
Invero, la stessa amministrazione ammette che il Senato degli studenti non è stato
sentito sulla questione; orbene, lart 32 dello Statuto prevede che il Senato degli
studenti deve obbligatoriamente esprimere il proprio parere sulla contribuzione da porre a
carico degli studenti, con un parere obbligatorio ma non vincolante. Ovviamente il parere
assume comunque rilevanza, anche se potrebbe essere disatteso, perché con la sua forza
persuasiva in grado di influenzare la successiva determinazione.
Quanto alla seconda censura, lamministrazione afferma che lunico dato certo è
quello consuntivo, su cui calcolare la percentuale massima.
Orbene, proprio dal bilancio consuntivo emerge che il finanziamento assegnato risulta
per il 2007 pari a euro 82.370.817, per cui la percentuale a carico degli studenti risulta
superiore al limite massimo del 20 %.
Il ricorso va quindi accolto e i provvedimenti gravati vanno annullati.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione
Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie
come da motivazione.
Condanna lUniversità al pagamento a favore dei ricorrenti delle spese e onorari di
giudizio, che liquida in complessivi euro 3.000 (tre mila), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 10 marzo 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente, Estensore
Michele Eliantonio, Consigliere
Dino Nazzaro, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 31/03/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.) |
Ateneo di Bologna: una vecchia questione sulla firma degli Atti amministrativi
|
Rettore "firma facile (?)" ... di atto illegittimo.
Disparità di trattamento verso i professori PAM.
Se si è trattato di svista, riemerge la necessità della
controfirma del
dirigente amm.vo del settore, che garantisca la legittimità dell'atto.
|
Ivano Dionigi
|
|
Nota. 1.- Risulta che, il 27.12.2010, il rettore ha emanato, un atto che
riconosceva la qualifica di "professore onorario dell'Alma Mater" ad un Collega
il quale non era in possesso del requisito previsto per legge: dunque, se così fosse
latto sarebbe illegittimo e il Rettore dovrebbe annullarlo dufficio.
Vediamo la fattispecie. Per delibera del Senato Accademico, il
requisito per ottenere la qualifica di professore onorario dellalma
Mater è la rinuncia del Professore al diritto al biennio, dopo i 70 anni, ex-art.16
del D. Lgs. 503/92.
Va ricordato che la legge 133/2008, art. 72, ha subordinato il diritto al
biennio al fatto che l'università accetti le domande per necessità didattiche.
Poichè questo professore non aveva fatto domanda per il biennio (e
addirittura aveva chiesto il titolo senza aver, prima, fatto domanda per il biennio
aggiuntivo), e dunque l'università non gli aveva riconosciuto il diritto di restare, egli
non era in condizioni di rinunciare ad un diritto non acquisito, e dunque mancava il
presupposto per l'attribuzione, da parte del Rettore, del diritto a fregiarsi del titolo
di professore onorario dell'Alma Mater.
Se così è, si sarebbe fatto felice solo "qualcuno", in quanto
l'Ateneo non ha usato lo stesso trattamento a quanti avevano fatto domanda per il biennio,
ed anzi era stato loro risposto: "no grazie, non abbiamo bisogno", ex-art. 72,
c. 7.
Sta, poi, di fatto che quel diritto ai 2 anni aggiuntivi sarà cassato
definitivamente dalla legge Gelmini 29 gennaio 240/2011, perchè l'art. 25 dispone che
" Larticolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, non si applica
a professori e ricercatori universitari. I provvedimenti adottati dalle università ai
sensi della predetta norma decadono alla data di entrata in vigore della presente legge,
ad eccezione di quelli che hanno già iniziato a produrre i loro effetti". Nel caso
de quo, gli effetti (vale dire il decorso del biennio aggiuntivo) sarebbero decorsi dal
prossimo 1 nov. 2013 (perchè nato nel 1943).
2.- Il rilievo al Rettore (che ha firmato l'atto, forse
inavvedutamente) è meritevole di marcatura, perchè è riconducibile ad
una fattispecie generale, che affligge molti Colleghi (Presidi, Direttori di
Dipartimento,...): quella di dover firmare (per mancanza di tempo, quasi per forza
maggiore) montagne di atti, senza poterli visionare il tempo che serve.
In generale, il firmare montagne di atti senza vedere bene .... può
arrecare conseguenze pesanti (ne sa qualcosa il Dipartimento di Scienze Economiche), e
perfino le manette nei casi più gravi.
La riforma dello Statuto, in corso nell'Ateneo, è una occasione per correggere
l'anomalia, sulla base del principio, già nelle leggi, della separazione tra politica e
amministrazione: Il problema può essere risolto decidendo che il Rettore (il Preside, il
Direttore del Dipartimento) firmino gli atti per parte politica, mentre i Responsabili
amministrativi li firmino preventivamente assumendo la responsabilità della loro
legittimità. Vale dire gli atti vanno al Rettore, solo dopo che il Dirigente amm.vo li ha
firmati, assumendone la responsabilità circa la conformità alla legge. NINO LUCIANI |
|
Ateneo di Bologna: "Fondazione ALMA MATER"
verso un nuovo assetto
|
Francesco Vella
Presidente Fondazione
|
Per diversificare
fonti finanziarie dell'Ateneo
CdA dice "SÌ"
alla trasformazione della Fondazione ALMA MATER" in una
fondazione universitaria di diritto privato, ex-DPR 254/2001
Sotto è riportato uno stralcio del DPR
Silenzio del Rettore su " ALMA MATER
Srl " |
Ivano Dionigi
|
Le grandi linee
approvate dal CdA
La FAM dovrà acquisire lo status di
fondazione universitaria, di diritto speciale, ai sensi del D.P.R. 254/2001*.
Questo permette alla Fondazione di acquisire la personalità giuridica e
conseguentemente la responsabilità patrimoniale nei limiti del capitale conferito .
Le fondazioni universitarie si configurano come strumenti
operativi degli Atenei di riferimento, ai quali spetta definire le linee guida
dell'attività di tali fondazioni, approvare il piano pluriennale delle attività delle
stesse e verificare l'attuazione delle suddette linee guida.
A fronte dello speciale collegamento con l'ente di riferimento, le
fondazioni universitarie, sono legittimate a svolgere per essi attività di
collaborazione, consulenza, assistenza, servizio, supporto e promozione.
L'attuale Fondazione Alma Mater è, invece, un ente
regolato dal codice civile, ma istituito da un ente di diritto pubblico, e cioè
dall'Ateneo. Insomma essa è un vero monstrum giuridico, perchè sfugge ai controlli
tipici degli enti di diritto pubblico e a quelli di contabilità pubblica.
Lo si è utilizzato come una sorta di organismo di missione dell'Ateneo
caratterizzato da autonomia nella definizione delle attività volte al perseguimento delle
finalità statutarie della FAM medesima.
Tra le linee di azione ora proposte, le più attese sono :
- il ruolo di service della Fondazione tra il mondo universitario e il
territorio (e particolarmente tra aziende e università) per alta formazione, progetti
speciali, consulenza e ricerca, servizi, fund raising e merchandising;
- superare la problematica di sovrapposizioni tra i ruoli di FAM e di altri
attori istituzionali, che ha caratterizzato il primo periodo di attività della Fondazione
e che il nuovo assetto direttivo e gestionale intende risolvere, definendo con chiarezza
competenze e ambiti di intervento;
- promozione e sostegno alla ricerca e al trasferimento della conoscenza,
privilegiando quei settori di riferimento che non risultano già coperti da altre realtà
istituzionali cui l'Ateneo partecipa;
- l'attività di FAM quale gestore di sovvenzioni globali, con riferimento
ai finanziamenti erogati dal Fondo Sociale Europeo e al previsto rinnovo del consorzio
Spinner per il prossimo triennio.
_______________________________________________
* STRALCIO dal "DPR 254/2001. Regolamento recante criteri e
modalita' per la costituzione di fondazioni universitarie di diritto privato, a norma
dell'articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388".
Art. 1- Personalita' giuridica delle fondazioni e
finalita'
1..... le universita' statali,... al fine di realizzare l'acquisizione di
beni e servizi alle migliori condizioni di mercato, nonche' per lo svolgimento delle
attivita' strumentali e di supporto alla didattica e alla ricerca, possono costituire,
singolarmente o in forma associata, fondazioni di diritto privato disciplinate, per quanto
non espressamente previsto dal presente regolamento, dal codice civile e dalle relative
disposizioni di attuazione.
....
3. Il riconoscimento della personalita' giuridica e' concesso ai sensi
dell'articolo 1 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10
febbraio 2000, n. 361.
4. Le fondazioni sono persone giuridiche private senza fini di lucro ed operano
esclusivamente nell'interesse degli enti di riferimento.
5. Gli enti di riferimento esercitano nei confronti della fondazione le funzioni di
indirizzo e di riscontro sull'effettiva coerenza dell'attivita' delle fondazioni con
l'interesse degli enti medesimi.
6. Le fondazioni perseguono i propri scopi con tutte le modalita' consentite dalla
loro natura giuridica ed operano nel rispetto di principi di economicita' della gestione.
Non e' ammessa sotto qualsiasi forma la distribuzione di utili. Eventuali proventi,
rendite o altri utili derivanti dallo svolgimento delle attivita' previste dagli statuti
sono utilizzati interamente per perseguire gli scopi della fondazione.
Art. 2.- Tipologie di attivita' attribuibili alle
fondazioni
1. Le fondazioni possono svolgere, a favore e per conto degli enti di
riferimento, una o piu' delle seguenti tipologie di attivita',secondo quanto previsto dai
rispettivi statuti:
a) l'acquisizione di beni e servizi alle migliori condizioni di mercato;
b) lo svolgimento di attivita' strumentali e di supporto della didattica e della
ricerca scientifica e tecnologica, con specifico riguardo:
1) alla promozione e sostegno finanziario alle attivita' didattiche, formative e di
ricerca;
2) alla promozione e allo svolgimento di attivita' integrative e sussidiarie alla
didattica ed alla ricerca;
3) alla realizzazione di servizi e di iniziative diretti a favorire le condizioni
di studio;
4) alla promozione e supporto delle attivita' di cooperazione scientifica e
culturale degli enti di riferimento con istituzioni nazionali ed internazionali;
5) alla realizzazione e gestione, nell'ambito della programmazione degli enti di
riferimento, di strutture di edilizia universitaria e di altre strutture di servizio
strumentali e di supporto all'attivita' istituzionale degli enti di riferimento;
6) alla promozione e attuazione di iniziative a sostegno del trasferimento dei
risultati della ricerca, della creazione di nuove imprenditorialita' originate dalla
ricerca ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera b), n. 1), del decreto legislativo 27
luglio 1999, n. 297, della valorizzazione economica dei risultati delle ricerche, anche
attraverso la tutela brevettale;
7) al supporto all'organizzazione di stages e di altre attivita' formative, nonche'
ad iniziative di formazione a distanza. |
N.
Luciani, Sarà vera gloria ?
1.- Premessa. Della Fondazione e di quella anomalia, da essa generata, che
si chiama "Alma Mater Srl", già abbiamo fatto un servizio, a cui rinviamo
(Clicca su "inchiesta").
Ricordo anche che nel secondo incontro elettorale dei candidati a rettore
(aprile 2009), si era discussa la opportunità di diversificare le fonti di
finanziamento della nostra università, attraverso una rinnovata ricerca del dialogo con
gli enti pubblici e privati della regione.
Con questa mira, si era fatto riferimento alla Fondazione Alma Mater, come
strumento di reperimento di finanziamenti, in un rinnovato rapporto con gli enti pubblici
e il mondo delle imprese.
Precisamente, il prof. Giulio Ghetti, aveva proposto di
trasformare la Fondazione attuale in una Fondazione di diritto universitario.
2.- Sfiducia di due consiglieri di amministrazione.
Va preso atto con soddisfazione di questo passo del rettore Dionigi,
ma non va sottovalutata la sfiducia di due consiglieri di amministrazione: "Cosa mai
può far pensare che le cose cambieranno, come saldo di bilancio, rispetto alla vecchia
Fondazione ? ".
I punti focali vertono:
a) sul peso, nella attività della nuova Fondazione,
che potrà avere una diversa modulazione degli obiettivi, e qui domina su tutti le ricerca
di un diverso rapporto tra l'Università e il territorio;
b) chi soni i soggetti che saranno disponibili a
condividere i rischi del nuovo percorso.
Sul punto a), è una buona partenza la dichiarata
consapevolezza, del Presidente Vella, della centralità di nuovi rapporti
tra università e territorio.
a1- Tuttavia,
la situazione che ereditiamo è quella di un inesistente rapporto tra imprese e
università, derivante dalla sclerosità dell'Ateneo. Es.: per perfezionare un contratto
di ricerca, i tempi sono di solito mesi, e un'azienda ha bisogno di decisioni in tempo
reale. Occorrerà tempo (e fatti) per modificare i
comportamenti e recuperare stima;
a2- Sul versante dei "contratti di ricerca per
conto terzi", c'è una consuetudine sfocata, altrettanto consolidata, di rapporti
diretti tra docenti e imprese, intermediati dai dipartimenti, soprattutto tecnologici.
Questi rapporti non hanno mai superato una certa soglia, perchè distorti
da comportamenti "mafiosi" dell'ateneo.
Trattasi di una trattenuta, sull' "utile" del contratto, variabile
dal 21% al 40% (dipende dalla % di utile, rispetto al finanziamento), a favore del
personale della amministrazione centrale. A causa di questa trattenuta (che
si aggiunge alle imposte sul redditi e ai contributi previdenziali), i ricercatori sono
disincentivati a cercare contratti
La trattenura era motivata, a suo tempo, dalle prestazioni
dell'amministrazione centrale (per perfezionare i contratti) per conto degli Istituti. Ma
poi, in seguito al DPR 382/80, gli istituti furono sostituiti dai Dipartimenti, dotati di
autonomia amministrativa. Dunque cadeva la ragione della trattenuta, e che essendo stata
mantenuta è divenuta un "pizzo" mafioso. Sulla storia e la modalità di calcolo
della trattenura, clicca su: finanziamento
privato.
Della conoscenza di questa anomalia e della volontà di abbatterla,
nulla risulta nel "riferimento" al CdA.
Sul punto b), viene naturale
domandarsi chi potranno essere i soci privati e pubblici dell'Ateneo, nella nuova
Fondazione.
Se questa dovrà accollarsi i debiti di quella precedente, i vecchi soci
potrebbero rifiutarsi di diventare nuovi soci (per tanti motivi, che si possono
immaginare: eccesso di onerosità ereditata, l'essere stati by-passati quando venivano
assunti impegni di spesa; perchè non ne condivide i nuovi obiettivi).
L'Ateneo dove troverà i quattrini ? In passato le spese delle
università venivano finanziate, a piè di lista, dallo Stato, e invece oggi la situazione
è molto cambiata, dopo la legge Gelmini. Gli "altri" soci, ci staranno ancora
con un Ateneo, che finanziariamente non è quello di prima ?
3. "Altri modi" di sostegno, dello Stato,
agli Atenei ?
In compenso, ci sono alcune leggi (completamente ignorate nel
"riferimento" al CdA) che incentivano i finanziamenti privati allle università.
Ricordo:
- la legge finanziaria n. 296 del 2006, art. 280, che ha disposto un credito
di imposta del "15% dei costi di ricerca e sviluppo riferiti a contratti (di privati
- n.d.r:) stipulati con università ...";
- il TUIR, art. 10, lettera l-quater, che indica, tra gli oneri deducibili
ai fini fiscali , "le erogazioni liberali in denaro effettuate a favore di
universita', fondazioni universitarie di cui all'articolo 59, comma 3, della legge 23
dicembre 2000, n. 388, del Fondo per il merito degli studenti universitari,....
". ai bisogni finanziari degli Atenei.
Su queste leggi (e, sperabilmente, su nuove, più generose e
intelligenti verso il futuro dell'Italia) la Fondazione potrebbe fare un pensiero.
4. Sulle sovrapposizioni di competenze tra università e fondazione ?
Nel "riferimento" per il CdA, v'è un accenno esplicito alla opportunità
di evitare dette sovrapposizioni. Ma di cosa si tratta, nulla è stato detto.
Master. Personalmente considero sovrapposizioni di competenze
i "master", gestiti dalla Fondazione, e che potrebbero essere gestiti
direttamente dall'Università.
Essi, non solo portano comunque, in qualche modo, a duplicazioni di uffici (delle
due istituzioni) per le stesse cose, ma anche sono fonte di corruzione, nel senso che le
discipline dei master finiscono per essere affidate a "persone" del potere, e
dunque per generare consenso e voti a quelli del potere. Ciò è fattore deviante la
corretta gestione della didattica.
Perchè, poi, per gli "incaricati" non sono stati richiesti
i prescritti "nulla osta" delle Facoltà ? (Vedi inchiesta del nuovo Rettore).
Spin Off. Ci sono gli "Spin Off", attività private svolte dentro i
Dipartimenti. Essi sono stati istituiti a Bologna con Decreto Rettorale (2002), in
applicazione del D.Lgs 297/1999. Poco ne sappiamo, oltre alla ragione sociale e agli
scopi, pur se l'Ateneo ne è socio (10% del capitale). Non ho mai trovato traccia nel
bilancio dell'Ateneo sotto forma di "utili" o "perdite" pro-quota
capitale partecipato.
Questa materia andrebbe riconsiderata dalla nuova Fondazione, per
verificarne la coerenza degli "spin off" con i fini istituzionali dell'Ateneo.
Alma mater Srl". Resterà una "Alma mater
Srl", con la finalità di svuotare i poteri della Fondazione, e generare rapporti
economici al di fuori del controllo istituzionale?
Anche di questa si tace nel "riferimento". Nino Luciani |
2. Per il perseguimento delle finalita' di cui al comma 1 le
fondazioni possono, fra l'altro:
a) promuovere la raccolta di fondi privati e pubblici e la richiesta di contributi
pubblici e privati locali, nazionali, europei e internazionali da destinare agli scopi
della fondazione;
b) stipulare contratti, convenzioni, accordi o intese con soggetti pubblici o
privati;
c) amministrare e gestire i beni di cui abbiano la proprieta' o il possesso,
nonche' le strutture universitarie delle quali le sia stata affidata la gestione;
d) sostenere lo svolgimento di attivita' di formazione, ricerca e trasferimento
tecnologico, anche attraverso la gestione operativa di strutture scientifiche e/o
tecnologiche degli enti di riferimento;
e) promuovere la costituzione o partecipare a consorzi, associazioni o fondazioni
che condividono le medesime finalita', nonche' a strutture di ricerca, alta formazione e
trasferimento tecnologico in Italia e all'estero, ivi comprese societa' di capitali
strumentali a dette strutture. Nel caso di partecipazione a tali societa' di capitali la
partecipazione non puo' superare il cinquanta per cento dell'intero capitale sociale;
f) promuovere e partecipare ad iniziative congiunte con altri istituti nazionali,
stranieri, con amministrazioni ed organismi internazionali e, in genere, con operatori
economico e sociali, pubblici o privati;
g) promuovere seminari, conferenze e convegni anche con altre istituzioni e
organizzazioni nazionali ed internazionali o partecipare ad analoghe iniziative promosse
da altri soggetti.
3. Le fondazioni agevolano la partecipazione alla propria attivita' di enti e
amministrazioni pubbliche e di soggetti privati, sviluppando ed incrementando la
necessaria rete di relazioni nazionali ed internazionali funzionali al raggiungimento dei
propri fini
........
Art. 4. - Patrimonio
1. Il patrimonio della fondazione e' costituito:
a) dalla dotazione iniziale in beni mobili e/o immobili conferita dai fondatori
all'atto della costituzione;
b) dai beni mobili ed immobili che perverranno alla fondazione a qualsiasi titolo,
nonche' da contributi, donazioni e lasciti di persone fisiche e giuridiche pubbliche e
private, la cui accettazione sia deliberata, previo gradimento degli enti di riferimento,
dal consiglio di amministrazione della fondazione e che il consiglio stesso decida di
imputare a patrimonio;
c) dai proventi delle attivita' proprie che il consiglio di amministrazione
deliberi di destinare ad incremento del patrimonio;
d) dagli utili, derivanti dalle contribuzioni di cui all'articolo 6, che il
consiglio di amministrazione decida di imputare a patrimonio;
e) dai fondi di riserva costituiti con eventuali avanzi di gestione.
Art. 5. - Fondi di gestione
1. Per l'adempimento dei propri compiti le fondazioni dispongono:
a) di ogni eventuale provento, contributo, donazione o lascito destinato
all'attuazione degli scopi statutari e non espressamente destinato all'incremento del
patrimonio;
b) dei redditi provenienti dalla gestione del patrimonio;
c) dei corrispettivi per le prestazioni di cui all'articolo 12, comma 3.
Art. 6. - Partecipazioni ed adesioni
1. Partecipano alla costituzione della fondazione, oltre agli enti di riferimento,
gli enti e le amministrazioni pubbliche e i soggetti privati individuati dagli enti di
riferimento medesimi che abbiano accettato di contribuire, nella misura indicata nello
statuto, al fondo di dotazione iniziale e al fondo di gestione della fondazione mediante
contributi in denaro, in attivita' o in beni materiali e immateriali. Tali soggetti
assumono la qualifica di "Fondatori".
2. Assumono la qualifica di "Partecipanti istituzionali" alla fondazione,
previo gradimento della stessa e dell'ente di riferimento, enti ed amministrazioni
pubbliche e soggetti privati che condividendo le finalita' della fondazione,
contribuiscono alla realizzazione dei suoi scopi mediante contributi in denaro annuali o
pluriennali, in attivita' o beni materiali e immateriali, in misura non inferiore a quella
all'uopo stabilita annualmente dal consiglio di amministrazione della fondazione.
3. Assumono la qualifica di "Partecipanti" enti ed amministrazioni
pubbliche e soggetti privati che contribuiscono in via non continuativa agli scopi della
fondazione con mezzi e risorse in misura non inferiore a quella all'uopo stabilita dal
consiglio di amministrazione della fondazione.
Seguono artt.da 7 a 15 per statuto. |
|
In seguito ad una recente sentenza del "Tribunale
dell'UE"
sull'uso delle lingue tedesca, inglese e francese nell'Unione
|
|
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Per
una discussione sempre rinviata
sull'uso della lingua inglese nel dibattito scientifico
"Solo Inglese" ?
oppure
" Italiano e inglese" ? |
|
1.- Premessa. Il problema qui sottoposto ai Colleghi riguarda
l'uso della lingua inglese nel dibattito scientifico e nei congressi internazionali, e che
è una cosa diversa dal fatto qui raccontato, ma solo in parte.
L'occasione scatenante, per così dire, viene da una recente sentenza (3 feb. 2011
) del Tribunale della Unione Europea (Sesta Sezione) che annullava un bando di concorso
dell'UE, in seguito a ricorso del Governo Italiano contro un bando di concorso della
Commissione europea, pubblicato in tedesco, inglese e francese.
Secondo il Governo italiano la restrizione della pubblicazione alle sole tre lingue
è discriminatoria nei confronti dei cittadini europei che parlano le altre 20 lingue
ufficiali, in quanto non hanno la pari opportunità di venire a conoscenza dei posti a
concorso.
Per notizia, i precedenti ricorsi analoghi del Governo italiano erano stati
respinti.2.- Perchè l'inglese nel dibattito scientifico ? Mi sembra utile
chiarire subito che l'uso di una lingua di largo uso internazionale è una necessità per
la conoscenza dei risultati delle ricerche locali, e anche per la verifica, in area ampia
internazionale, della validità delle scoperte scientifiche locali, e anche per la loro
diffusione, perchè chiunque ne possa trarre beneficio.
In questo senso, il problema qui posto non è quello della adeguatezza
dell'inglese, ai suddetti fini, ma un'altra cosa: quello del danno che deriva agli
scienziati dei singoli Paesi, se l'inglese è usato con criteri monopolistici,
soppiantando tutte le altre lingue.
3.- Veniamo al danno. Ho potuto constatare, nei congressi internazionali di
economia pubblica, che l'uso esclusivo dell'inglese crea (nel dibattito) una supremazia
intellettuale dei colleghi di madre lingua inglese, rispetto agli altri (a conoscenza
dell'inglese).
Diciamo anche che l'inglese, parlato da un austriaco o da un cinese, è
difficilissimo da capire e seguire nei dettagli. Ci sono altre considerazioni:
a) Chiunque di noi pensa direttamente nella madre lingua, e di conseguenza la
parlata in inglese è in qualche modo distorsiva rispetto ad una parlata corretta in
inglese, a causa di una certa sintassi delle proposizioni,... e cosi' via.
b) Alla lunga, questo monopolio crea una vera a propria colonizzazione dei Paesi di
lingua inglese, nei confronti degli altri, e finanche la distruzione delle scuole
scientifiche locali.
Il meccaniso della colonizzazione scientifica consiste nel fatto che i nostri
giovani, appena possono, scappano negli Stati Uniti, in Inghilterra ... (a causa
dell'inglese, da imparare) e del fatto che ivi la ricerca e' meglio remunerata, che in
patria.
Ne deriva che i nostri giovani trascurano di conoscere in profondità la tradizione
scientifica italiana, e invece imparano quella dei Paesi dove vanno a fare studio. Accade
di constatare che vecchi e noti teoremi della scuola italiana sono proposti da nostri
giovani, rientrati in patria, come novità dei Paesi di temporanea emigrazione.
Ma un tempo non era così. Negli anni '60 (1960-70) gli americani venivano in
Italia, per approfondire la conoscenza della scuola italiana di sienza delle finanze (è
il caso del Premio Nobel, James Buchanan). Ma adesso queste cose sono divenute
impensabili. Questo è un danno per tutti, anche sul piano internazionale.
4. Quale rimedio ? Sarebbe bene affrontare il problema, innanzitutto, già a livello
internazionale. A mio parere, il rimedio dovrebbe essere l'obbligatorietà del
multi-linguismo, sia pure in limiti ragionevoli. Ad esempio, si potrebbe cominciare con
l'ammettere che chiunque possa parlare in madre lingue, ma ci sia la traduzione simultanea
in alcune altre lingue più diffuse: vale dire, oltre l'inglese (sempre), le principali
lingue europee, il cinese, altre ...., parlate dai partecipanti (di cui si ha la
conoscenza preventiva).
Purtroppo anche questa via non è la più semplice, perchè il traduttore
dovrebbe essere anche studioso del campo scientifico.
5. No al provincialimo a oltranza. Ci sono, poi, anche degli eccessi,
ad es., in certi dipartimenti delle singole universita', la comunicazione dei vari
seminari, avviene in lingua inglese, mentre poi (di fatto) il seminario si svolgera'
in italiano. A mio parere, chi non è orgoglioso della propria lingua anche in apparernza,
si comporta in modo snobbistico. Nino Luciani |
|
|
Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) 2010
.
|
LA CIFRA TOTALE DEGLI
ATENEI IN ITALIA (in milioni di ) |
Anno |
2008 (consuntivo) |
2009
(consuntivo) |
2010
(previsione assestata) |
FFO |
6.801,5 |
6.946,1 |
6.256,385 |
Fondo annuale straordinario art. 2, c. 428 L.F. 2008 |
550,0 |
550,0 |
550,00 |
Incremento dotazione finanziaria FFO, L.F. 2009 |
|
|
400,00 |
Totale |
7.351,5 |
7.496,1 |
7.216,40 |
Nota. Si chiarisce:
- che la cifra di 6.256,385 contiene 50,0 milioni
in più, rispetto alla previsione di bilancio ( 6.216,385) perchè
aumentata della rivalutazione delle borse di dottorato;
- che la cifra di 550,00 non figura nel suddetto Decreto
di ripartizione, perchè furono già stati ripartiti con decreto
interministeriale (MIUR - MEF) del 25 ottobre 2010. |
L' INTERVISTA AL CONSIGLIERE DI AMMINISTRZIONE
Premessa. Il 14 dicembre 2010 il CdA ha varato il Bilancio preventivo 2011 sul quale ho
voluto raccogliere le valutazioni del prof. Porzi (Rappresentante del Governo) che mi ha
esternato la propria soddisfazione per il fatto che il Fondo di Finanziamento Ordinario
(FFO) del 2010 non ha subito quella drastica diminuzione da molti pronosticata. Infatti,
secondo Porzi, la diminuzione sul nazionale è nell'ordine del 3,7% rispetto al 2009, e
per quanto riguarda Bologna non è escludere che possa ricevere la stessa quota del 2009,
quale Ateneo "virtuoso".
D. : quali
sono i punti sui quali hai posto laccento in occasione del dibattito sul bilancio?
R. : innanzi tutto ciò che
desta una certa preoccupazione per quanto riguarda le entrate è che lincidenza del
finanziamento statale sulle entrate complessive è in progressivo aumento, essendo passata
dal 53% del 2009 al 61%, mettendo in evidenza una decrescente capacità dellAteneo a
reperire risorse al di fuori dellFFO. Ciò rappresenta sicuramente una criticità.
D. : per
quanto concerne invece le voci di spesa?
R. : è stato previsto uno
stanziamento di 2 Ml di Euro per "misure volte ad agevolare i diritti fondamentali
delle Persone e delle famiglie". E certamente una scelta condivisibile, ma ciò
che ritenevo fosse necessario era indicare da subito, per evitare poi interpretazioni
strumentali, i criteri in base ai quali ripartire tale somma, suggerimento che non è
stato però recepito. Altra scelta condivisibile è laver messo in bilancio 4 Ml di
Euro (pari a circa l1% dellFFO) per il turn-over del Personale. Ma, visti i
numerosi pensionamenti, ho chiesto se non era possibile mettere a disposizione una risorsa
più consistente, tale cioè da consentire la chiamata di tutti gli idonei. Ovviamente,
nel rispetto della Legge Bassanini che impone il limite del 90% al rapporto tra le spese
degli Assegni fissi (cioè gli stipendi del Personale a tempo indeterminato) e lFFO.
Su questo tema ho solo avuto lassicurazione dal Magnifico Rettore che è sua
intenzione far sì che tutti gli idonei vengano chiamati entro i prossimi tre anni.
D. : e
per quanto riguarda gli studenti?
R. : un dato che desta
perplessità è lo sforamento di 8 punti percentuali del rapporto tra lammontare
della contribuzione studentesca e lFFO, rapporto che è previsto al 28% contro il
20% di Legge, come peraltro ha evidenziato anche il Presidente del Collegio dei Revisori.
Ho fatto notare che, a fronte di un incremento delle entrate contributive (sono previsti
+3,1 Ml rispetto al 2010), sorprendentemente, limpegno per gli "interventi a
favore degli studenti" è ben al di sotto (-17,7%) del bilancio assestato al 25/10 ed
ancor più rispetto alle previsioni iniziali 2010. Ho fatto presente che si dovrebbero
invece prevedere risorse maggiori perché lo studente va attirato non solo offrendo una
didattica di alto livello, ma anche attraverso interventi mirati, quali i posti-alloggio,
le anticipazioni di cassa per lerogazione tempestiva delle borse di studio erogate
tardivamente dallAzienda regionale, le facilities per punti-studio e punti-stesura
tesi, ma su questo terreno, inspiegabilmente, non mi hanno seguito neanche i diretti
interessati, gli studenti.
D. : e
per quanto riguarda ledilizia che è un capitolo di spesa molto importante ?
R. : purtroppo,
limpegno finanziario per ledilizia fa riferimento solo a interventi di
risanamento, di manutenzione, di messa a norma, etc., ma nulla è previsto per interventi
relativi a nuovi insediamenti. Ho quindi fatto notare che questi meriterebbero invece
maggiore attenzione in quanto servono a dare impulso a Facoltà attualmente in sofferenza
di adeguate strutture.
D. : nel
complesso mi sembra di capire che ritieni sia stato fatto un buon bilancio preventivo
R. : ho votato a favore
perché, tutto sommato, è un bilancio accettabile, anche se vi sono situazioni non
condivisibili, come ad esempio il fatto che lavanzo di 25 Ml, utilizzati per il
pareggio, è prevalentemente dovuto alle maggiori entrate statali (+9 Ml), alle maggiori
contribuzioni studentesche (+8 Ml) e solo 8 Ml alle economie di spesa. Mi sarei atteso una
maggiore incidenza di questultima voce, occorre tagliare le spese superflue nel
rispetto del più volte citato principio di economicità. A tale proposito, ad esempio,
non ritengo sia percepito come un messaggio positivo il non aver operato tagli a spese
quali "manutenzione ed esercizio automezzi", "locazione e noleggio
attrezzature e mezzi di trasporto", oltre allaver prevista una spesa di 20.000
Euro per "mezzi di trasporto". |
Università di Bologna: caso DELBONO tornato di
attualità,
dopo il patteggiamento e una lettera ai cittadini
*** |
Ivano Dionigi |
In margine alla Lettera ai cittadini di Bologna
UNA DOMANDA AL RETTORE
|
1.- Sulla vicenda del
prof. Flavio Delbono, il Rettore Dionigi risulta aver sempre taciuto nel senso che
ha evitato di prendere ogni posizione, anche a fronte di eminenti giuristi (ci riferiamo
al prof. Franco Carinci) che lo richiamavano al dovere di iniziare un procedimento
disciplinare. Di tutto questo in passato ci siamo interessati.
La vicenda ritorna ora di attualità a seguito del patteggiamento con il quale il prof.
Delbono ha chiuso una prima tranche dellinchiesta in cui è coinvolto. La stampa
locale ne ha dato ampia notizia, riportando anche la lunga lettera del prof. DELBONO ai
Bolognesi. Nella cronaca di Bologna de Il Resto del Carlino di sabato 4 dicembre il
giornalista Gilberto Dondi, dando notizia del patteggiamento, scrive: salvo
complicazioni da parte dellAlma Mater, salverà la cattedra dellex sindaco ora
tornato alluniversità. Sottolinea, poi, che rimangono aperti altri due filoni
di indagine, e cioè la richiesta di rinvio a giudizio per il bonus e il terzo
filone dinchiesta, il più delicato e temuto, quello sulla corruzione.
Nellarticolo si dà anche notizia che il Commissario al Comune dr.ssa Cancellieri ha
giustificato il fatto che il Comune non si è costituito parte civile perché quelle
sono scelte politiche.
2.- A proposito della lunga "lettera" del prof. Delbono ai
Bolognesi (pubblicata da la Repubblica il 3 nov. u.s.), forse sarebbe stato utile che, in
luogo di una nuova autodifesa, essa fosse la dichiarazione pubblica di un pentimento per
aver recato danno al Comune, alla Regione, e anche all'Università di Bologna, e inoltre
l'esplicito desiderio di voler pagare quanto possibile "pagare" in termini di
sacrificio personale. Caso mai, si poteva aggiungere la preghiera, ai cittadini e alla
universita', di tenere conto delle eventuali cose buone e del sacrificio personale, per
anni, al loro servizio.
Fatto questo, forse per i cittadini il caso era chiuso, anche perche'
e' notorio che, in complesso, il servizio al grande pubblico da' un saldo negativo alle
persone che l'hanno prestato. Sia chiaro che l'averlo ricordato non significa che uno
possa o debba farsi giustizia da se'.
Non commento, nello specifico, le parole dell'ex Sindaco.
Per altro verso, rimane per noi una perplessita' il silenzio a
oltranza del Rettore dell'Universita e di piu', da questo momento, perche' il
patteggiamento del reato e della pena sembra dover giuridicamente salvare Delbono dalla
interdizione dai pubblici uffici.
Nel patteggiamento rientra anche il risarcimento del danno anche
allimmagine, che il prof. Delbono ha effettuato a favore della Regione.
LUniversità non era costituita parte civile (anche questa è stata
una scelta politica, come quella del Comune ?), e dunque se ne deve dedurre che, secondo
il Rettore, essa non ha ravvisato di aver subito alcun danno etico e morale, insomma un
danno alla propria immagine.
3.- Preservare l'università da ulteriore danno, come conseguenza della
conservazione di Delbono nell'insegnamento, si direbbe che, da parte del Rettore, è
essenziale .
E se i due filoni dellinchiesta ancora aperti si chiudessero
negativamente per il prof. Delbono, che farà il Rettore ? e che figura avrà fatto ?
Sia chiaro che con questa considerazione non si richiede l'esclusione
di Belbono dallo insegnamento, ma che sia vagliata la sua posizione alla luce del
"Codice etico".
Non si puo' accettare, al tempo stesso, che il codice etico rimanga sotto
una coltre di polvere, oppure si rimanga in attesa di non so cosa.
Il Codice etico è stato adottato dal nostro Ateneo qualche anno fa e
l'allora Rettore Calzolari si fece gran vanto. Non solo, esso è previsto anche dal DdL
Gelmini .
Restiamo in attesa della decisione del Magnifico Rettore o anche di
quanti occupano posti negli organi collegiali di Ateneo. Nino Luciani |
Mentre l'Ateneo di Bologna annaspa nel sostituire i Ricercatori, in astensione dagli
insegnamenti a causa del mancato riconoscimento giuridico della funzione docente,
i professori chiedono lumi al Rettore sul modo come intende risolvere il problema
|
Marina Marini
|
M. MARINI, A PROPOSITO DELL'IPOTESI DI AFFIDARE A PROFESSORI A CONTRATTO
I CORSI CHE I RICERCATORI SI RIFIUTANO DI TENERE PER PROTESTA
NEI CONFRONTI DEL TRATTAMENTO LORO RISERVATO NELLA "LEGGE GELMINI"
|
Si è ventilata da
parte di molti Presidi (e, se non sbaglio, anche del Rettore) la possibilità di ricorrere
a personale a contratto per "far partire comunque" i corsi che i ricercatori in
protesta hanno lasciato vacanti.
Sono doverose a questo proposito alcune considerazioni.
1.- . In primo luogo, la situazione creata dalla protesta dei ricercatori
sarebbe stata prevedibile. È stato quanto meno incauto affidare al volontariato (perché
di vero volontariato si tratta) una percentuale altissima di corsi (in alcune lauree
triennali fino ai due terzi del totale).
Ai ricercatori è stato fatto credere che gli incarichi, soprattutto
se "stabilizzati", avrebbero costituito un titolo preferenziale per
l'avanzamento di carriera.
Erano promesse fatte in cattiva fede, perché l'auspicata sanatoria non
sarebbe stata comunque nelle facoltà di Presidenti di Corso di Laurea e Presidi. Erano
promesse che distoglievano i ricercatori dalla ricerca e fornivano una manovalanza
sottocosto alla didattica pletorica di corsi e corsettini sorti spesso per consentire a
qualche docente di crearsi dei piccoli potentati e a qualche settore disciplinare
sovrabbondante di giustificare la sua sovrabbondanza.
Naturalmente alcuni ricercatori non cercavano che una buona scusa per
giustificare la loro scarsa produttività scientifica, ma i più, pur sapendo che le
promesse erano aleatorie, non ha osato rischiare di perdere una possibile occasione:
troppe volte all'università si erano viste "sanatorie" e leggine "ad
hoc".
E allora, anno dopo anno, uno, due, tre corsi, gratuiti sì, ma tenuti
con passione e professionalità, e per questo gratificanti. E ora una legge che è una
doccia fredda su tali aleatorie prospettive e, anzi, li bacchetta se la produttività
scientifica non è stata "eccellente".
2.- In secondo luogo, la situazione creata dalla protesta dei ricercatori, almeno
in alcune facoltà, non è giunta inattesa.
I ricercatori avevano fatto, in tempo utile, una domanda di incarico
"sub condicione". Ma Presidi e Presidenti di Corso di Laurea hanno preferito
credere che avrebbe prevalso l'abituale docilità dei ricercatori, il loro desiderio di
non creare problemi ai colleghi e agli studenti, la passione e l'orgoglio di insegnare.
Hanno sottovaluatato la portata devastante che il "decreto Gelmini" avrebbe
avuto su di loro.
Presidi e Presidenti di Corso di Laurea non avrebbero dovuto favorire
la moltiplicazione di corsi privi di titolare e comunque, in vista della protesta
annunciata, avrebbero dovuto e potuto riorganizzare per tempo la didattica (accorpamenti
di alcuni corsi, chiusura di altri).
Del resto, il decreto Gelmini si pone proprio l'obiettivo della
riorganizzazione degli Atenei per favorirne una gestione meno dispendiosa.
Allora, perché non cominciare proprio dai corsi non coperti da
titolari? Ma la proposta di ricorrere a personale a contratto è ancora peggio, per
l'Università, del blocco della didattica. Affidare incarichi di insegnamento a
persone non qualificate significa, da parte delle stesse istituzioni universitarie,
svalutare la figura del docente universitario.
Se passa l'idea che chiunque possa insegnare all'università, non ci
saranno più argini di decenza e si potrebbe anche configurare un'inadempienza nei
confronti degli studenti, che pagano le tasse per avere un insegnamento da parte di
docenti universitari e hanno il diritto di non ritrovarsi in cattedra, seppure in via
provvisoria, insegnanti di scuola precari, medici ospedalieri, figure emergenti da un
indefinito sottobosco di disoccupati...
Chi avrà conferito tali incarichi sarà privato automaticamente di
ogni autorevolezza nel momento in cui dovrà scegliere il vincitore di un concorso o
chiamarlo in facoltà. Purtroppo non mancano alcuni precedenti.
Alcuni Corsi di Laurea in Romagna sono stati aperti senza valutare se
ci fosse la possibilità di coprire alcuni importanti corsi di base, cedendo alla spinta
degli Enti Patrocinatori e al desiderio di alcuni docenti di scalare un dubbio cursus
honorum.
Non dovrebbe insospettire il fatto che massaie e saltimbanchi si
offrano come docenti gratuiti? Potrebbero in qualche caso esservi soluzioni alternative
alla chiusura dei corsi da una parte e alla stipula di contratti con personale esterno
dall'altra.
Soluzioni che non ledono i diritti dei ricercatori:
- innanzitutto verificare che i docenti di prima e di seconda
fascia dei settori interessati, che hanno il dovere di fare didattica, siano impegnati
appieno (e avrebbero dovuto già esserlo, invece di cedere i loro compiti ai ricercatori);
- in secondo luogo, impiegare, su base volontaria e gratuita, i
docenti mandati incautamente in pensione anzitempo senza che si verificasse che i loro
corsi fossero coperti.
E poi una considerazione economica. Abbiamo subito sanguinosi tagli
alle risorse dei dipartimenti, alle borse di dottorato, ai fondi per la ricerca...
Da dove si prenderebbero i soldi per i contratti? Perché, se tali
risorse erano disponibili, non sono state date ai ricercatori per pagare il loro impegno
didattico "extra"? Possiamo garantire una levata di scudi da parte di tutti, in
primis i Direttori di Dipartimento, se per pagare i professori a contratto si dovessero
coartrare ulteriormente i fondi già tagliati o se si "trovassero" delle risorse
finanziarie precedentemente occultate o, infine, si realizzassero dei risparmi inopinati,
i cui ricavi si dovrebbero devolvere ad altri scopi. Infine, non è passato per la mente a
nessuno che, conferendo incarichi a personale esterno, si alimenta ulteriormente il
precariato e si creano ulteriori illusioni e aspettative?
Vogliano proseguire e, anzi, peggiorare, nella strada del
comportamento incauto? Marina Marini |
Ateneo di Bologna: "Fondazione ALMA MATER" e "ALMA MATER
Srl"
|
Ivano Dionigi
|
Le conclusioni di una inchiesta del Rettore
sulla Fondazione:
"NULLA DI IRREGOLARE"
MA, PRIMA, IL RETTORE AVEVA
RINNOVATO TOTALMENTE I VERTICI DEI DUE ENTI.
E AFFIORA UN CONFLITTO D'INTERESSI DELL'AUDITOR
LUCIANI: Insoddisfazione per poca trasparenza delle linee di azione di questo
Rettore
circa la Fondazione, nonostante gli impegni presi in campagna elettorale.
Anche perplessità sul suo silenzio sulla Società di diritto privato a "socio
unico". |
N. Luciani, Sulla Fondazione e
l'Alma Mater Srl: finanziarie dell'Ateneo o enti inutili ? 1.-
Anteprima. Nel secondo incontro preelettorale dei candidati a rettore
(aprile 2009), organizzato dal "Gruppo dei trenta", in considerazione della
restrizione del finanziamento statale alle università, si era discussa la
opportunità di diversificare le fonti di finanziamento della nostra università,
attraverso una rinnovata ricerca del dialogo con gli enti pubblici e privati della
regione.
Con questa mira, si era discusso della Fondazione Alma Mater, per farne lo strumento di
reperimento di finanziamenti in un rinnovato rapporto con gli enti pubblici e il mondo
delle imprese. Dionigi aveva detto parole favorevoli. Inoltre, era stato
proposto (Giulio Ghetti, durante il dibattito e riprendendo una sua precedente proposta di
quando era membro della Giunta d'Ateneo) di trasformare la Fondazione attuale in una
Fondazione di diritto pubblico universitario.
Già da allora, poi, circolava la notizia di accuse di presunte
irregolarità amministrative alla Fondazione, da parte di alcuni Consiglieri di
Amministrazione. Ed era emersa una novità (veramente vecchia di qualche anno, ma
trascurata) : la esistenza di Alma Mater S.r.l., una società di diritto privato, in
affiancamento alla Fondazione "socio unico".
In particolare, a proposito della Srl veniva lamentato che l'uso di
"scatole cinesi" avesse condotto alla "assoluta mancanza di controllo delle
risorse o ancora di più alla mancata valutazione costi/benefici", mentre
"quando si parla di denaro pubblico tutto deve'essere trasparente" (A. Zago).
Si perverrà, poi, alla elezione del candidato Ivano Dionigi, a Rettore, ed al
rinnovato esplodere di nuove accuse alla Fondazione, in CdA, per cui il nuovo Rettore
aveva ravvisato gli estremi per ordinare una inchiesta sulla stessa. Arriviamo al
luglio u.s. in cui il Rettore ha comunicato i risultati dell'inchiesta.
Non è finita.
2.- Risultati dell'inchiesta. Il Rettore ha detto: "da
parte degli Enti finanziatori è stato effettuato un controllo amministrativo/contabile di
I° livello di tipo analitico che ha coinvolto tutti i costi oggetto di rendiconto. E'
stato effettuato un controllo documentale di tutti i giustificativi di spesa e un
riscontro degli stessi con la contabilità generale ed analitica della Fondazione. Al
controllo di I° livello è poi seguita una verifica di II° livello condotta da soggetti
indipendenti dagli Enti finanziatori sia per verificare l'operato del controllo di I°
livello per quanto concerne la correttezza dei documenti amministrativi/contabili, sia le
procedure di gestione utilizzate. Inoltre, per quanto concerne gli incarichi affidati da
FAM, nella relazione dell'Auditor Dr. Umberto Melloni non è stato ravvisato alcun profilo
di illegittimità."
Sempre a detta del Rettore, eventuali dubbi circa l'esistenza di irregolarità, riguardano
dei Docenti dellAteneo che hanno percepito compensi per attività
extra-istituzionali senza chiederne la preventiva autorizzazione all'Ateneo. Infatti, in
base al Regolamento sullautorizzazione degli incarichi extraistituzionali del
personale docente e ricercatore a tempo pieno (D.R. 379 del 5.10.98), tale Personale prima
di assumere incarichi extraistituzionali deve richiedere lautorizzazione alla
Facoltà di appartenenza.
Infine, per quanto concerne gli incarichi affidati da FAM, nella relazione
dell'Auditor Dr. Umberto Melloni non è stato ravvisato alcun profilo di
illegittimità."
Tutto bene ? Possiamo solo constatare che Dionigi, già a
febbraio, aveva rinnovato totalmente il CdA della Fondazione, e lo stesso ha fatto
successivamente per la Alma Mater Srl, alla scadenza dei mandati rispettivi.
E possiamo anche constatare che l'Auditor Dr. Umberto Melloni era e
lo e' tuttora, ad un tempo, revisore della Fondazione e membro del collegio
sindacale della Alma Srl, e dunque in conflitto di interessi, perchè controllore e
controllato.
3.- Sull posizione finanziaria della Fondazione e della Società "Alma
Mater".
a) Fondazione. Il bilancio consuntivo, 2008 ( presentato nel 2009) dà
una perdita di esercizio di 267.322, per differenza tra Ricavi
7.024.378, e Costi 7.198.789 e imposte di 92.911.
La Fondazione ha un patrimonio netto di 4.185.052, e debiti di
4.418.085.
Dal bilancio, si trae che fa attività di: "alta formazione",
proventi 2.436.548 , di cui 1.349.317 per la gestione dei master;
progetti del fondo sociale europeo, proventi 3.116.576; consulenze e ricerche,
proventi 1.166.561; attività di Fundraising e Merchandising, proventi (
269.716).
Tra le voci, il maggior ricavo viene dai master. Ma la relativa attività di
incasso non è un vero e proprio un servizio meritevole di essere pagato, e quindi la
trattenuta sugli incassi si configura più come una "tangente" (diciamo
una tassa) a carico dei corsi di master, che un corrispettivo dovuto ( tutti master hanno
propri segretari che provvedono agli adempimenti amministrativi).
Risulta dalle dichiarazioni del rettore Calzolari (Verbale del
CdA dell'Ateneo, 24.7.09) che "il CdA, al momento di affidare alla
Fondazione la gestione dei master, stabilì che, dei proventi delle iscrizioni, venisse
attribuita all'Ateneo il 10%, di cui il 7,5% trattenuto dalla Fondazione". La cifra
in bilancio per la gestione dei master è ( 1.349.317).
Tuttavia, nel bilancio consuntivo 2008 dell'Ateneo l'entrata per "quota
di iscrizione master" è 4.383.499,30, e l'uscita (non è indicato a
favore di chi) è 4.060.998,96. Il 7,5% di 4.383.499,30 è
328.762,45, che è ben diversa da quella segnata nel bilancio della Fondazione (ossia
1.349.317). Constato solo queste "presunte" diversità, ma non sono in
condizioni di affermare che ci sono delle effettive difformità, rispetto alle decisioni
del CdA dell'Ateneo.
Fondazione Alma Mater , Perdita di esercizio (Dal
conto economico, p. 33) |
2005 |
2006 |
2007 |
2008 |
-367.848 |
-141.023 |
- 58.728 |
-267.322 |
b) Società Alma Mater Srl. Il bilancio consuntivo 2008 ( presentato nel
2009) dà un utile di 70, per differenza tra Ricavi 1.146.934, e Costi
1.152.425 e imposte di 3.575.
La voce di spesa più grossa ( 1.020.695) è per per servizi
commissionati in esterno (Costi per progetti, costi ricerca commerciale, costi
per servizi commerciali), tra cui si evidenziano "viaggi alberghi",
"prestazioni professionali servizi commerciali", consulenze legali e
tributarie", "servizi amministrativi", "buoni pasto",
"consulenze lavoro", "compenso collaboratori".
Da segnalare che, tra i proventi, ci sono quelli (determinanti ai fini del
pareggio, 343.717) derivanti dalla gestione di Villa Pallavicini (che è di
proprietà dell'università). Dunque, è come se il pareggio sia avvenuto a carico della
Università.
Il patrimonio netto dalla SrL è di 55.559. I debiti sono di
573.760.Società Alma Mater S.r.l, Utile di esercizio (Dal
conto economico , p. 4) |
|
|
2007 |
2008 |
|
|
- 2.651,00 |
70,00 |
Questi dati pongono alcune domande: "chi ripiana i debiti accumulati ? Si
giustificano spese di 1.020.695 Euro a fronte di ricavi di 1.146.934 ? Si giustifica un
debito della Srl più di 10 volte il valore del patrimonio? Che senso ha tenere in piedi
la FAM e la Srl, se con debiti notevoli ? Sono la conseguenza di fatti strutturali o di
una cattiva gestione ?
4.- Storia della Fondazione e della Società Alma mater S.r.l.
a) Fondazione. Essa è stata costituita il 21.12.1996 per operare, senza
scopo di lucro, quale di struttura di collegamento tra l'Ateneo e l'intera società (si
vegga la sintesi delle attività, più sopra). La fondazione è una normale fondazione di
diritto civile, e cioè tra quelle regolate dal codice civile.
I soci fondatori furono la Fondazione della Cassa di Risparmio di Bologna e
l'Università di Bologna. Attualmente l'Assemblea dei soci risulterebbe costituita da
"18 organizzazioni", ma i cui nomi non è stato possibile reperire nè dal sito
internet della Fondazione, nè dalla Camera di Commercio di Bologna.
. Il primo presidente è stato Filippi Piera. Seguono Walter Tega, Francesco Vella
(attualmente in carica).
Il Consiglio di Amministrazione è composto da 15-16 membri ed è presieduto dal
Rettore.
Per Statuto (art.14, Statuto) gli eventuali avanzi sono reimpiegati per attività
della Fondazione, o per incremento del patrimonio.
b) Società "Alma Mater S.r.l" . Questa società di
diritto privato viene costituita dalla Fondazione il 24.07.2002 (mentre è Rettore
P.U. Calzolari). Ne è "socio unico" la Fondazione. Essa, per delibera del detto
Consiglio ( 24.6.2002) "è finalizzata alla gestione delle attività a carattere
commerciale della Fondazione". Questa finalità è inserita nello Statuto della Srl
con interpretazione estensiva: "compiere qualsiasi operazioni commerciale,
industriale, mobiliare ed immobiliare necessaria o utile per il conseguimento dell'oggetto
sociale, nonchè l'attività finanziaria strettamente collegata o strumentale rispetto al
conseguimento dell'oggetto sociale" e "ricorrere a qualsiasi forma di
finanziamento con istituti di credito". Per Statuto (art. 24) gli utili sono
destinati secondo la delibera dell'Assemblea.
Essendo la Fondazione lo "unico socio", il
Presidente della Fondazione è anche il Presidente di Alma Mater (W. Tega, nel 2008). Il
primo presidente è stato Filippi Piera. Seguono Walter Tega e Francesco Vella (attuale).
Il Consiglio di Amministrazione, nominato dal Presidente della Fondazione, è
composto da 3 a 7 membri.
NOTA. Da atti della Srl del 1998, risulta che i membri del
Consiglio di Amministrazione erano: P.U. Calzolari (Presidente) , W.TEga, G.
Cappiello, A. Grandi, G. Masetti. Tra essi, P.U. Calzolari, W. Tega, G. Cappiello erano
anche membri del Consiglio di Amministrazione della Fondazione.
Questa società ha assunto tutta una serie di partecipazioni in
numerose società ed organismi ( Associazione Collegio di Cina, CNA
Innovazione, Consorzio Alma Cube, Consorzio I Tech Off , Consorzio Isfod, Consorzio Noi
Con, Consorzio Profingest, Consorzio Scholè, Consorzio Sinapsi, Consorzio Spinner,
Consorzio So.Lig Ergo S.r.l., Idea S.r.l. , Unimatica S.p.a. ), in ognuno
di essi facendosi rappresentare da propri designati (per lo più membri dei consiglio
della Fondazione e/o della s.r.l., con relativi compensi), così creando una serie di
partecipazioni "a grappolo", le quali presentano notevoli problemi di controllo
da parte di chi le ha costituite o vi partecipa , in mancanza di un bilancio consolidato
di tutte le società nel loro insieme. E notorio infatti che quasi sempre le
società a grappolo finiscono per accumulare perdite che poi verranno
scaricate sui soci inconsapevoli.
5.- Conclusioni. Per la Fondazione, la
situazione sopra descritta depone molto negativamente sulle possibilità di reperire
finanziamenti esterni per l'Ateneo, e quindi per l'urgenza di una sua riforma, nel senso
di farla divenire non soltanto una fondazione universitaria vera e propria, ma una
"casa di vetro" per trasparenza, e una fonte di entrate (e non un costo) per
l'Ateneo.
La voce più interessante, è l'attività di "Fund raising"
(raccolta fondi). Essa, prevista già in origine dallo Statuto, ha dato introiti minimali.
In effetti, perchè essa funzioni, dovrebbe essere collegata alla detraibilità fiscale
degli eventuali finanziamenti privati.
Questa possibilità, oggi sopravvenuta nella legge, sia pur con limiti,
protrebbe essere una via nuova per farvi affidamento, ma occorre anche rassicurare i
donatori, circa la destinazione dei loro fondi.
Ciò ripropone quanto detto in campagna elettorale: essere necessario
modificare la Fondazione da ente di diritto civile in ente di diritto
speciale, in modo da far subentrare gli opportuni controlli di legge sulla
gestione e sulla destinazione dei fondi.
I controlli non fanno paura a chi non ha nulla da nascondere.
C'è, poi, la questione della Alma Mater Srl. La
costituzione di una società di diritto privato, per sostituire la Fondazione in alcune
delle sue attività, si può solo capire come modo di sottrarre i dirigenti della
Fondazione alle regole degli "enti morali", nel prendere decisioni. Questo
fatto, per cui la Fondazione abdica alle sue funzioni, e le affida a pochi (3-4 membri),
parrebbe non meritevole di apprezzamento.
Un secondo profilo, che potrebbe in qualche modo giustificarne la
costituzione, riguarda i limiti alla responsabilità patrimoniale. Infatti, una normale
Srl risponde nei limiti del capitale sociale.
Invece in una Srl a "unico socio", se esso è una
persona giuridica, il socio risponde illimitatamente (art. 2497 c.c.) . Dunque il
comportamento della Srl , sottoposta a poco controllo, potrebbe creare anche problemi
finanziari alla Fondazione (che risponde nei limiti del proprio capitale). Nino Luciani |
|
Ateneo di Bologna: nuove inquietudini dal caso Delbono, dopo la notizia
"giornalistica" di rinvio a giudizio, accompagnata da intervista sul Corriere
|
Dopo la riammissione del prof. Delbono all'insegnamento, più
che il "pieno rispetto delle prescrizioni normative
vigenti"
da una verifica sul procedimento risulta
che è valso un procedimento "improprio", e
in condizioni di conflitto di interessi ideologici |
Gianluca Fiorentini |
N. Luciani, Verifica
sul procedimento, dopo che Delbono è stato riammesso all'insegnamento...
1.- Tuttora il Rettore non ha motivato alla Comunità scientifica le
ragioni per cui non ha applicato il Codice Etico e il Codice di comportamento dell'Ateneo,
nei confronti del prof. Delbono.
L'occasione sarebbe stata quella di pubblicare i "puntuali
chiarimenti" forniti al Senato ill 23 marzo
2010, ma non scritti sul verbale, per dimostrare la osservanza, di lui, della
normativa vigente.
Il problema, adesso, (al di là della presunta
"colpevolezza" di Delbono) è il fatto che il Rettore abbia riassunto su di sè
ogni valutazione, dopo aver sentiti i pareri di "autorevoli giuslavorisiti
ed amministrativisti".
Il Rettore non è un "ras". Anche lui è soggetto alle
regole. Egli può e deve sentire chi vuole, ma non esautorare gli organi collegiali,
previsti dall'ordinamento universitario. E se essi sentenzieranno che non v'è colpa,
tanto meglio. E' solo rispettando le regole che il rettore colloquia correttamente e
democraticamente con la "propria" Comunità scientifica.
Va pur dato atto che Egli, come noi, conosce le cose in questione solo
dai giornali, vale dire non da atti di notifica della autorità giudiziaria. Ma, come una
indagine di polizia può muovere anche da una semplice telefonata anonima, davvero egli
può continuare a non vedere e a non sentire il turbamento della opinione pubblica, senza
fare dubitare della sua neutralità verso la parte politica di sua comune provenienza ?
2.- Vi sono, poi, dei fatti che dimostrano essere stato applicato un
procedimento "improprio", per cui la Comunità scientifica è venuta a
trovarsi nella impossibilità di dare indicazioni dirette sul caso.
Come regola, la procedura per l'ammissione all'insegnamento e per il
conferimento di incarichi di insegnamenti spetta al Consiglio di Facoltà che decide,
sulla proposta del Preside. Nel caso nostro il Preside è il prof. Gianluca Fiorentini
(già membro del Comitato Elettorale di Delbono, per le elezioni a Sindaco di Bologna), ed
attualmente anche ProRettore alla Didattica.
Per pratica invalsa, in questi anni, alcuni Consigli di Facoltà
hanno delegato il Consiglio di Presidenza (un organo ristretto) per le decisioni su varie
materie, in quanto divenuti troppo pletorici, e quindi poco efficienti.
E', inoltre, previsto dall'ordinamento che il Preside possa agire
d'urgenza, salvo ratifica del Consiglio di Facoltà o del Consiglio di Presidenza.
Nel caso de quo la procedura è stata:
a) In data 22 febbraio 2010 il Preside ha fatto, d'urgenza, un decreto di conferimento di insegnamento
a Delbono;
b) In data 23 febbraio, il Preside ha portato il decreto per la
ratifica, al Consiglio di Presidenza,
(composto da G. Fiorentini, R. Orsi, G. Tassinari, A. Stefanelli, E. Bajo, D. Spelta, M.
Chiuselli, D. Foschi, J. Lattari), che ha approvato alla unanimità dei presenti (8/9, in
quanto uno, non il Preside, era assente).
c) In data 24 febbraio, il Preside ha dato comunicazione delle decisioni al
Consiglio di Facoltà.
d) In data 23 marzo la decisione è stata sottoposta al Senato.
1) Sull'urgenza. Il Preside ha motivato l'urgenza col fatto che,
poichè il prof. Massimo Motta non è rientrato in servizio entro il 1 febbraio 2010, egli
ha dovuto coprire l'insegnamento urgentemente (dati i tempi stretti di programmazione
didattica) col solo professore nella Facoltà, nel settore, a meno che si volesse
provvedere con supplenza retribuita ad un esterno.
Il presupposto dell'urgenza è contraddetto da circostanze oggettive.
Infatti, il Consiglio di Presidenza era convocato per il giorno successivo, a quello
dell'avvenuto Decreto del Preside. Dunque è verosimile che il ritardo di un giorno non
avrebbe pregiudicato nulla.
E siccome, a sua volta, il Consiglio di Facoltà era convocato per l'indomani
della seduta del Consiglio di Presidenza, e poichè si trattava di un caso veramente
difficile e speciale, il senso delle istituzioni avrebbe suggerito di portar la
discussione e approvazione in Consiglio di Facoltà, titolare primario della decisione.
2) Una procedura da "centralismo democratico". La
modalità della decisione ricorda, paro paro, il centralismo democratico di sovietica
memoria. Ivi si partiva dall'assioma che il popolo prendesse direttamente le decisioni, e
infatti "tutto" era sottoposto alla ratifica popolare, ma:
- prima, la decisione veniva presa dal Segretario generale del PCUS (uno che
faceva maggioranza da solo), poi portata in un Esecutivo di "4 gatti";
- poi al Comitato Centrale, dove i "4 gatti" erano
maggioritari;
- poi al parlamento, dove i membri del Comitato centrale erano maggioritari
(per definizione), e così di seguito, fino al popolo (e guai se qualcuno si fosse
permesso...di chiedere qualche chiarimento).
3) Anche un conflitto d'interessi. Poichè
le delibere del Consiglio sono sottoposte, di routine, al controllo degli uffici
dell'Ateneo, e poichè a capo degli uffici didattici c'è Fiorentini, in questo caso nella
veste dil Pro-Rettore, ecco anche profilarsi il fatto che Fiorentini (Preside, e già
membro del Comitato Elettorale di Delbono) è controllato da Fiorentini, ProRettore alla
didattica, in una evidente posizione di conflitto di interessi ideologici. Questo
conflitto si rileva dal verbale del Senato (vedi sotto).
4) Anche esautorazione del Senato. Dal verbale si deduce che il
Rettore, Presidente del Senato, non ha chiesto al Senato di "approvare",
ma di "prendere atto", e il Senato ha preso atto "in
forma unanime". La marcatura della unanimità di questa
"presa d'atto" è inutile, salvo per l'essere un autogoal, perchè rivela che
Fiorentini (presente) ha votato a favore di se stesso. Invece, per evitare conflitto
d'interessi ideologici, egli doveva uscire dall'aula durante la votazione, e farlo
verbalizzare.
Riprendiamo il filo iniziale: Massimo Motta
che fine ha fatto? Risulta dagli atti che egli, professore straordinario
dell'Ateneo di Bologna (tra l'altro, giovane e super-titolato) sia cessato dal servizio, a
gennaio, nell'Unversità di Bologna, per dimissioni e successivo trasferimento in altra
università. E' stata una perdita veramente notevole per l''Alma Mater, ma a cui è
seguito nulla più che il silenzio. No comment. N. Luciani
|
|
Verbale della delibera
del Consiglio di Presidenza della Facoltà |
Consiglio di Presidenza
- 23 febbraio 2010 |
2.1 Ratifica Decreto attribuzione insegnamento di
Economia dei mercati. II preside propone la
ratifica del consiglio per il proprio decreto prot. 193, III.8, emanato il 22 febbraio
2010 con il quale, stante l'urgenza, ha provveduto a conferire a
Flavio Delbono l'insegnamento di Economia dei mercati - risultato scoperto a seguito della
cessazione in servizio per volontarie dimissioni di Massimo Motta - per il corso di laurea
in Economia e diritto, a.a. 2009/2010, per 9 cfu e complessive 60 ore.
II preside illustra le motivazioni che hanno portato al provvedimento
di attribuzione dell'incarico a Flavio Delbono che, sottolinea, rappresenta un atto dovuto
conseguente al verificarsi di una serie di presupposti di fatto e di diritto che passa
rapidamente ad illustrare.
Innanzitutto chiarisce che con le dimissioni rese da Massimo
Motta - che avrebbe dovuto rientrare in servizio il 1 febbraio al termine del congedo per
motivo di studio - si doveva ovviare in tempi rapidi, a causa dell'approssimarsi
dell'inizio delle lezioni, al problema della mancata copertura nel settore
SECS-P/01dell'insegnamento di Economia dei mercati, di cui Massimo Motta era il
responsabile.
Riferisce quindi che in casi come questi le linee di indirizzo
della programmazione didattica (deliberate dal Senato Accademico) richiedono di verificare
se all'interno del settore dell'insegnamento scoperto o eventualmente in settori affini
non vi sia una disponibilità di docenza non utilizzata, consentendo, solo in caso
negativo, alla facoltà, che assegna l'incarico, di nc supplenze retribuite.
Ricorda che proprio nel mese di febbraio si dimetteva dalla
carica di sindaco Flavio Delbono che si trovava in aspettativa obbligatoria proprio in
virtù della carica rivestita di sindaco e che venendo meno questa condizione era un atto
dovuto per la facoltà reintegrarlo nel ruolo di professore ordinario, previo naturalmente
suo assenso, come in effetti è avvenuto con la sua presa di servizio del 18 febbraio
2010. A quel punto era d'obbligo, tenuto conto delle linee di indirizzo della
programmazione didattica summenzionate, prendere in considerazione la disponibilità di
docenza di Flavio Delbono per coprire l'insegnamento di Economia dei mercati, considerato
che oltre ad essere professore di ruolo nel settore di tale insegnamento scoperto, era
anche in debito di docenza, avendo zero ore di insegnamento in attivo, rientrando pertanto
all'interno del suo debito istituzionale.
Diversamente, ricorrere ad una supplenza retribuita avrebbe
rappresentato un costo immotivato da far sostenere alla facoltà. Stante pertanto
l'urgenza il preside riferisce che ha provveduto ad emanare il decreto per l'attribuzione
dell'incarico, decreto che ora viene sottoposto alla ratifica del consiglio.
II consiglio di presidenza all'unanimità approva. |
Verbale del Consiglio di Facolta' di
Economia, 24 febbraio 2010
1.1. Cessazione dall'ufficio di professore straordinario i Massimo Motta
Il preside comunica che dal 1/2/2010 Massimo Motta è cessato dal servizio per volontarie
dimissioni.
Il consiglio di facoltà prende atto.
1.2. Presa di servizio di Flavio Delbono
Il preside comunica che il 18/02/2010 è rientrato in servìzio dall'aspettativa Flavio
Delbono, ordinario nel ssd SECS-/P01, "Economia politica".
Il consiglio di facoltà prende atto. |
Verbale della delibera
del Senato |
Riunione S.A del 23/3/2010 |
COMUNICAZIONE DEL MAGNIFICO RETTORE IN MERITO ALLA RIPRESA
DELL'ATTIVITA' ACCADEMICA DA PARTE DEL PROF. FLAVIO DELBONO.
Il Magnifico Rettore, anche a seguito di notizie divulgate a mezzo
stampa, ravvisa l'esigenza di fornire a questo Senato puntuali chiarimenti in merito alle
circostanze e motivazioni che hanno indotto, di recente, l'Amministrazione a reintegrare
il Prof. Flavio Delbono nei ruoli della docenza universitaria. La vicenda, per la
sua delicatezza e rilevanza, è stata gestita - assicura - nel pieno rispetto delle
prescrizioni normative vigenti, avvalendosi anche del parere di autorevoli giuslavorisiti
ed amministrativisti.
Il Prof. Fiorentini interviene, nella propria qualità
di Preside della Facoltà di Economia, al fine di precisare che, nei fatti, si è trattato
di un reintegro in ruolo, presso la Facoltà di appartenenza, di per sé conseguente, come
atto dovuto, alla cessazione del periodo di aspettativa per motivi politici, a suo tempo
riconosciuto al Prof. Delbono; in tal senso le dimissioni dalla carica di Sindaco
intervenute in data 17 febbraio scorso hanno implicato l'effetto di porre termine al
citato periodo di aspettativa, con reintegro nei ruoli universitari dal giorno successivo.
Aggiunge che, a seguito della cessazione dai ruoli (dal 31 gennaio
scorso) del Prof. Massimo Motta, al quale era stato in precedenza affidato l'insegnamento
di Economia dei Mercati del Corso di Laurea in Economia e Diritto, la Facoltà, verificato
che il Prof. Delbono era l'unico docente privo di ore di didattica e che non vi erano
ulteriori disponibilità di docenza, gli ha conferito detto insegnamento in quanto
coerente con il Settore disciplinare di inquadramento. Tale atto di conferimento si pone
pertanto in piena coerenza e sintonia con le linee di indirizzo di programmazione
didattica deliberate da questo Ateneo.
Il Senato Accademico, in forma unanime, prende atto. |
|
Ancora in evidenza,
dall'edizione precedente |
Ateneo
di Bologna: una questione di separazione tra "politica"
e "università", che la "giustizia universitaria" deve
risolvere |
Ivano Dionigi |
Il caso DELBONO finisce per lambire il Rettorato... ,
per cui quasi quasi il Rettore sarebbe tenuto a dare
una spiegazione alla Comunità scientifica, visto che
non l'ha data a CdA e Senato
|
Gianluca Fiorentini |
Il
motivo è che le omissioni finiscono per essere associate, pur se con fantasia, a
eccessivi precedenti legami con Delbono, di persone apicali del Rettorato. Il caso
più "in" è quello di Gianluca Fiorentini, che fu membro del Comitato Elettorale di Delbono, pur
essendo Preside già allora, ed attualmente è ProRettore. |
Nino Luciani, Mi
spiego meglio ...
I fatti oggettivi rilevanti, a
carico del Rettore, sono:
1) Per un verso il Rettore ha applicato il Regolamento dell'Ateneo, che ne
colloca l'insegnamento al II ciclo, e questo (di fatto) ha sottratto Delbono all'ira degli
studenti;
2) Per un altro verso, egli non ha applicato il Codice Etico e il Codice di
comportamento che l'Ateneo si è dati nella propria autonomia e che sanzionano ogni
comportamento di, anche possibile, mobbing, sia all'interno che all'esterno dell'Ateneo,
compiuti da personale dell'Alma Mater, e questo ha sottratto Delbono alla "giustizia
universitaria";
3) Per un terzo verso egli non ha applicato la legge Brunetta che impone
l'obbligatorietà del procedimento disciplinare anche indipendentemente dal processo
penale (e questo ha sottratto Delbono alla "giustizia amministrativa statale").
Riprendo, in proposito, dalla cronaca di Bologna di un quotidiano
nazionale, l'opinione di un illustre Docente dell'Ateneo (si vegga a fianco).
Potrei quasi dire che, personalmente, se l'ex-Sindaco di Bologna, e
nostro Professore, chiedesse perdono alla Comunità scientifica per i fatti da lui stesso
ammessi, e riportati dalla stampa, e si dichiarasse pentito, per me il caso sarebbe
chiuso.
E' , però, un fatto, che le sue dimissioni da Sindaco hanno sconvolto
la vita locale, per cui l'etica della società civile richiede anche una
"riparazione" nei modi di legge.
Queste dimissioni hanno anche, in qualche modo, sconvolto l'Università, in
quanto non si è persa la memoria del fatto che egli era stato invitato
dal Rettore, a Santa Lucia, in occasione della inaugurazione dell'Anno Accademico, e con
tanto ardore da fargli pronunciare un discorso pubblico e finanche la proclamazione di un matrimonio
tra Comune di Bologna e Università.
Non solo, ma al momento delle elezioni del nuovo Rettore, Delbono
aveva votato e dichiarato pubblicamente di avere votato per Dionigi.
Non solo questo: ben due Presidi, di allora e tuttora, fecero parte del suo
Comitato elettorale.
Beninteso, anche i professori hanno le loro idee politiche ed hanno diritto
di manifestarle. Ma non è ammesso dall'etica universitaria mescolare l'Istituzione con i
partiti politici.
Di grazia, come faremo a difendere la libertà di insegnamento e di
ricerca, se portiamo in testa il "cappellino del partito", insieme al
"tocco accademico" ?
E se, poi, capita che uno di quei Presidi diventa anche ProRettore alla
Didattica, proprio quello che decide personalmente, circa la riammissione di Delbono
all'insegnamento, allora non ci sto più.
Ho già detto, più sopra, che sarei personalmente disposto metterci una
pietra sopra, se Delbono avesse dichiarato un pubblico pentimento. Ma voglio anche
precisare che non mi sento vicino nè a quelli che, sui giornali, hanno invocato una
"riflessione" prima di ammetterlo in servizio, nè a quelli che invocano la
"canea", parola usata dal Rettore, in quanto solo dopo una "condanna della
magistratura", sarebbe giustificata l'esclusione, e fino ad allora sarebbe da
presumersi l'innocenza.
Trovo ipocrita quest'ultima tesi, se è vero (e ciò risulterebbe) che
Delbono ha già fatto delle pubbliche ammissioni.
Per me, le cose sono molto più semplici. Come c'è una "giustizia
sportiva", che tutela lo sport in tempi brevi, in attesa dei tempi lunghi
della giustizia statale, così esiste una "giustizia universitaria"
per tutelare, altrettanto in tempi brevi, l'università. Difatti ci sono un Codice
etico ed un Codice di comportamento che l'AlmaMater si è dati
nella propria autonomia.
Il Rettore non vuole dare inizio ai relativi procedimenti
disciplinari, quasi che ciò rientrasse in una sua autonoma valutazione e conseguente
discrezionalità ? Sappia che se ne assume la responsabilità sotto ogni diverso
profilo, giudiziale e non, e che la cosa non rimane dentro il Rettorato, come è
stato dimostrato da tante lettere di cittadini bolognesi ai giornali locali e alla cronaca
di Bologna di quotidiani nazionali.
Il Rettore Dionigi dovrebbe spiegarne i motivi alla Comunità
scientifica che ha l'ha eletto, e che dunque se, a sua volta, non procedesse come per
legge e secondo quanto impongono i Due codici, mantenendo un silenzio inspiegabile,
incorrerebbe, a sua volta, in una rispettiva responsabilità. Nino Luciani
|
|
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Comitato
|
In margine al Discorso del Rettore, in
Inaugurazione dell'anno accademico
Gianni Porzi*, L'ATENEO NEL
2010
Anche notizie dal CdA: Rapporto di A.
Zago e F. Lopriore
* Rappresentante del Governo nel CdA
dell'Università di Bologna |
CdA, Rapporto di Antonella ZAGO
e F. LOPRIORE
Notizie |
1.- Sul Dr. G. Colpani, neo
Direttore Amm.vo, sul Delegato al Personale e
sul discusso bando...
2.- Sulla Azienda Agraria |
1. - Dr. Giuseppe Colpani, Cda del 19 gennaio
a) Il dott. Colpani, nuovo direttore amministrativo dell'ateneo, ha presentato il suo
programma di lavoro definendo come prioritaria la riorganizzazione dell'amministrazione
nel senso di un forte snellimento con riduzione anche del numero di dirigenti. Si è
soffermato inoltre sulla valutazione degli stessi sostenendo che, se molto è stato fatto
nel passato, oggi comunque si deve intervenire per semplificare gli indicatori della
valutazione e definire in modo più chiaro e semplice la filiera delle responsabilità.
Anche i comportamenti del dirigente, e non solo quindi il risultato raggiunto, risulta per
il direttore amministrativo un elemento importante. Sul fronte risorse è necessario,
secondo Colpani, un controllo di gestione che porti ad una migliore verifica dei flussi.
Il rapporto con il personale tecnico amministrativo invece dovrebbe essere improntato
alla fine della contrapposizione tra personale docente e personale tecnico amministrativo
in quanto quest'ultimo, pur non essendo sempre impegnato direttamente nella didattica e
nella ricerca, svolge comunque un ruolo determinante nell'attività generale e per questo
deve essere considerato una risorsa importante.
Crediamo che con la sua essenzialità, chiarezza e soprattutto precisione, il dottor
Colpani si sia soffermato su punti sui quali anche noi da tempo abbiamo chiesto di
intervenire. Ad oggi ovviamente non possiamo esprimere una fiducia incondizionata in
quanto purtroppo l'esperienza passata ci ha dimostrato ancora una volta che sono i fatti a
fare la differenza e non le parole. Ci sentiamo comunque di esprimere il nostro
apprezzamento auspicando di poter presto verificare che finalmente nel nostro ateneo alle
belle parole e alle buone intenzione possano seguire anche delle
buone azioni.
b) La delega al Personale e il discusso bando ... .Un momento
importante che segnerà davvero una svolta oppure una piena continuità con il passato - e
la nostra piena delusione -, sarà la nomina del delegato al personale che ancora non
c'è. Abbiamo già chiesto formalmente, e più volte, al Rettore di non riconfermare il
professor Gatta. Non abbiamo bisogno di una così forte continuità con quella politica
ingiustamente persecutoria per il personale tecnico amministrativo che ha portato ad
umiliazioni gratuite per il personale e diseconomie on indifferenti per l'ateneo. Solo un
nuovo delegato al personale potrebbe ad oggi convincerci che davvero questo Rettore e il
direttore amministrativo hanno intenzione di cambiare davvero rotta!
Il tanto discusso bando per l'assunzione di un esterno al DSAW
(Direzione e Sviluppo delle Attività Web) è stata ancora una volta affrontata in
consiglio di amministrazione. Dopo le interrogazioni del professor Porzi e l'integrazione
di Zago nel merito di tale selezione, il Rettore ha deciso di sospendere la procedura di
selezione. Tale scelta si fonda però non sul fatto che il rettore abbia scelto di non
coprire più il posto, come qualcuno ultimamente ha comunicato al personale tecnico
amministrativo, ma da un problema di interpretazione normativa sulla quale non c'è stata
chiarezza fino a qualche giorno fa. Le tante interrogazioni che a partire dal 29 settembre
2009 sono state presentate da Zago, Lopriore e Porzi, dove i tre consiglieri sostenevano
che l'Università è sottoposta al controllo preventivo della Corte dei Conti hanno visto
le risposte, reiterate fino al 15 Gennaio 2010, della dottoressa Fabbro prima e del
dottor |
Gianni
Porzi, L'Ateneo nel 2010
1.- Negli ultimi tempi ho sentito spesso dichiarazioni di grande
preoccupazione per il destino dell'Istruzione in Italia, e dell'Università in
particolare, a causa dei tagli annunciati nella Finanziaria 2009 che dovevano ammontare a
678 Ml, cioè il 10% dei 6.826 Ml stanziati nel 2009.
Grida d'allarme da più parti (alcuni strumentali) perché con i tagli
all'Istruzione veniva minacciata la Cultura del nostro Paese il cui futuro veniva
frequentemente dipinto a tinte fosche. Nessuno però che abbia ricordato che fino al 2009,
incluso, i finanziamenti statali erogati alle Università italiane sono stati in costante
crescita.
Il Rettore, in occasione dell'inaugurazione dell'Anno Accademico 2009-10, ha
espresso forti preoccupazioni per i pesanti tagli del fondo finanziamento ordinario che
potrebbero arrivare nel 2011. Era infatti già a conoscenza che, grazie al grande impegno
profuso dal Ministro Gelmini nel reperire maggiori risorse finanziarie per l'Università e
anche alle entrate derivanti dallo scudo fiscale, la Finanziaria 2010 ci aveva riservato
la gradita sorpresa di un taglio nettamente inferiore ai 678 Ml previsti, e cioè di 278
Ml (pari al 4% del finanziamento erogato nel 2009).
Tenendo poi presente che verranno stanziati anche 40 Ml per nuovi posti di
Ricercatore (circa 800), il taglio risulta ulteriormente ridimensionato.
Il nostro Ateneo, presumibilmente subirà una diminuzione del finanziamento
ordinario di 15-16 Ml (cioè, 385 Ml contro i 400 Ml ricevuti nel 2009), calo che non
creerà particolari problemi per il bilancio del 2010.
E' ovvio che i tagli non sono graditi da parte di chi deve subirli, ma è cosa poco
piacevole anche per chi è costretto a farli. Dico costretto perché è a tutti nota la
crisi economica che ha colpito il nostro Paese, e non solo; inoltre, il 2009 è stato,
purtroppo, anche un anno funestato da calamità naturali molto gravi sotto tutti gli
aspetti.
Non può essere tuttavia ignorato che nel nostro Ateneo vi sono spese non tutte
essenziali che vanno quindi eliminate senza esitazioni e ritengo sia questa l'occasione
per gestire con rigore le risorse disponibili e per mettere ordine nei conti operando una
riqualificazione e una razionalizzazione della spesa.
Non vorrei essere pessimista, ma probabilmente il periodo della costante crescita
dei finanziamenti statali é finito e quindi chi ha responsabilità nel governo
dell'Ateneo dovrà utilizzare tutte le risorse (umane e finanziarie) in modo più oculato
attenendosi al "principio di economicità" al quale l'Ateneo non ritengo si sia
sempre ispirato (anche in tempi recenti, nonostante la crisi economica fosse già alle
porte. Testimonianza ne è il numero eccessivo di Corsi, di Docenti esterni, di Dirigenti
e di contratti con personale esterno non sempre essenziali (finiti anche recentemente
sulla stampa locale).
Mi auguro che i nuovi Vertici dell'Ateneo, coadiuvati da Organi Accademici consapevoli
della grande responsabilità morale e giuridica della quale sono investiti, riescano in
questo compito impegnativo. Occorrerà, da parte di tutti coloro che hanno responsabilità
di governo e in particolare del Rettore, molta determinazione e polso ben saldo per tenere
la barra dritta verso l'obiettivo di interesse comune, anche per la Città di Bologna, e
cioè quello di riportare l'Alma Mater ad occupare livelli più consoni al suo prestigioso
passato. Anche perché ciò consentirà all'Ateneo di ricevere "risorse
aggiuntive" grazie ai criteri di valutazione del Ministero in base ai quali agli
Atenei migliori andrà quella "quota premiale" pari al 7% del finanziamento
ordinario totale. Gianni Porzi |
Menna poi, che sostenevano il contrario! Finalmente, seppur con ritardo,
è stata fatta un po' di chiarezza e come avete visto è arrivata una nuova circolare, la
terza in 5 mesi, che sostiene appunto che tali contratti debbano essere inviati alla Corte
dei Conti.
Nel frattempo, la selezione è già avvenuta, ma la stipula
del contratto di cui tanto si è discusso è stata sospesa in attesa dell'esito
del controllo della Corte dei Conti e non ritirata definitivamente".
A proposito di bandi di selezioni di professionalità di questo tipo
come anche di quella che verrà bandita per l'ufficio stampa (vedi interventi completi sul
sito) Lopriore ha evidenzito che molto spesso il personale interno, seppur in possesso dei
requisiti professionali del caso e pur avanzando la propria disponibilità non riescono ad
accedere a tali posizioni semplicemente perchè il direttore o responsabile di struttura
non concede il nulla osta. Ha chiesto che tale problema venga immediatamente risolto
concedendo così al personale interno la possibilità di esprimere la propria
professionalità con un conseguente risparmio anche per l'amministrazione.
In questa vicenda un plauso di merito va dato anche a coloro che ci segnalarono
l'erronea interpretazione della direzione amministrativa e che convintamente condividemmo.
Ci riferiamo ai diversi colleghi che, a dispetto delle loro capacità e delle loro
responsabilità, non "superano" mai le progressioni da EP"!! Chissà
com'è? AZ, FL
2. - Sul personale tecnico-amministrativo e l'Azienda Agraria (CdA del 15 Dicembre 2009)
2.1.- Personale. Due sono state le richieste rivolte al Rettore da
Antonella Zago e Francesco Lopriore, rappresentanti del personale tecnico amministrativo
in Consiglio di Amministrazione:
a) un semplice impegno scritto a trovare risorse per il personale tecnico amministrativo
che ha visto ridursi il fondo integrativo di 1 milione di euro nel solo 2009;
b) e una garanzia di lavoro per i dipendenti dell'azienda agraria che da molti anni
vivono una situazione di drammatica precarietà: se si ammalano sono letteralmente espulsi
e se piove non sono pagati.
Ci aspettavamo un segnale di apertura nei confronti del personale ma questo non solo
non è avvenuto ma le motivazioni addotte dal rettore sono davvero preoccupanti. Non
sono certo di poter fare quanto mi chiedete. Se il rettore uscente decideva da solo
e snobbava spesso il Consiglio di Amministrazione, il nuovo rettore sembra non aver chiaro
il suo ruolo: proporre al Consiglio la sua politica del personale e intervenire
prendendosi le responsabilità in caso di carenza dei dirigenti!
Se sulle risorse la questione verrà da noi riproposta con la speranza che la decisione
finale vada nel senso di un riconoscimento dello sforzo notevole che al personale
amministrativo verrà chiesto nel 2010 data la riorganizzazione dell'intero ateneo sulla
base della riforma Gelmini, più grave è la posizione di incertezza del Rettore sulla
questione degli operai agricoli.
2.2. Azienda Agraria. La nostra richiesta infatti era semplice: in
attesa di entrare nel merito della riorganizzazione della Azienda Agraria, garantire i
contratti a tutti gli operai agricoli che da anni ci lavorano in attesa di definire le
mosse future facendogli così passare un Natale sereno. Il rettore ha garantito il rinnovo
del direttore gestionale un esterno pagato più di 5 mila euro al mese per tre
giornate lavorative a settimana - ma non si è impegnato invece sugli operai. Il direttore
gestionale ha un contratto di prestatore d'opera e secondo il rettore è l'unico che può
intervenire e decidere in autonomia sui contratti da rinnovare.
Ecco cosa ci sconvolge! Come può essere che un esterno che gestisce una struttura
dell'ateneo di Bologna possa decidere in autonomia il fabbisogno?
Sembra che il rettore non abbia chiaro il suo ruolo: la definizione della politica del
personale compete al Consiglio di Amministrazione e nemmeno un direttore di dipartimento
può autonomamente decidere chi e come assumere se non in pochissimi casi in cui le
attività sono legate a dei progetti. All'Azienda Agraria invece il personale lavora con
contratti che scadono ogni anno e svolge mansioni di ordinaria amministrazione. Un esempio
è la manutenzione dei parchi e dei giardini dell'ateneo, funzione svolta appunto dalla
sezione parchi e giardini della stessa azienda. I giardini non sono diminuiti ma sembra
che ci siano dei dubbi sull'apertura di alcuni contratti di lavoro per gennaio 2010.
Qualcuno perderà il posto? Chiedevamo una rassicurazione in tal senso: perchè far
passare un Natale sulla graticola ad alcuni lavoratori?
Avevamo posto la questione al rettore al momento del suo insediamento e il
fatto che ancora oggi non ci sia stata risposta è grave. Comprendiamo che il timore del
Rettore può essere dato anche dalle mancanze che i dirigenti del personale hanno
dimostrato in questi ultimi anni nello svolgere il loro lavoro. Questi ultimi, e
soprattutto l'attuale, infatti, avrebbero dovuto intervenire molto prima con una
definizione giuridica della situazione e con un aggiustamento definitivo della questione.
Invece se ne sono disinteressati e hanno lasciato fare al direttore esterno.
D'altronde non ci sono sanzioni! O meglio dei lavoratori sembra che a nessuno
gliene importi! Dal nuovo rettore però ci aspettavamo idee chiare e scelte radicali.
Soprattutto quando si tratta di garantire semplicemente un Natale sereno a
lavoratori che da tempo hanno garantito i servizi all'ateneo! Costa veramente poco! Le
condizioni per intervenire ci sono tutte: l'azienda è una articolazione dell'università
e non una azienda privata, esiste una latitanza nel dare risposte certe e risolutive da
parte dell'attuale dirigente del personale e non esiste un progetto di riorganizzazione o
di tagli del personale definiti dal Consiglio di Amministrazione! Il rettore secondo noi
ha quindi il potere di intervenire!
Ad oggi i rapporti con i lavoratori non possono che peggiorare!
AZ, FL |
|
|
Diffuso da AFORUM l'andamento delle immatricolazioni
degli studenti per il 2009-10
Risultato confortante nel complesso: +
3% |
ALMA MATER STUDIORUM -
UNIVERSITA' DI BOLOGNA
Nota. Unicamente per chiarezza, si fa notare che le
variazioni percentuali riguardano i dati di ottobre 2009
rispetto ai dati di ottobre 2008. Il fatto di aver riportato i dati di dicembre 2008
indica solo che, probabilmente,
i dati di ottobre 2009 saranno rivisti al rialzo, a fine anno.
Immatricolazioni degli studenti |
27ott.2008
(a) |
31dic. 2008
(b) |
27ott.2009
(c) |
Variazione % (c/a) |
TOTALE ATENEO "Alma Mater" |
16493 |
|
17002 |
+3,09% |
|
|
|
|
|
Sede Di Bologna |
11815 |
14100 |
12113 |
+2,52% |
Facolta' Di Agraria |
215 |
251 |
302 |
+40,47% |
Facolta' Di Chimica Industriale |
105 |
111 |
79 |
-24,76% |
Facolta' Di Economia |
946 |
1130 |
980 |
+3,59% |
Facolta' Di Farmacia |
585 |
632 |
811 |
+38,63% |
Facolta' Di Giurisprudenza |
934 |
1019 |
1162 |
+24,41% |
Facolta' Di Ingegneria |
1775 |
2072 |
1715 |
-3,38% |
Facolta' Di Lettere E Filosofia |
2364 |
3049 |
2175 |
-7,99% |
Facolta' Di Lingue E Letterature Straniere |
825 |
912 |
842 |
+2,06% |
Facolta' Di Medicina E Chirurgia |
717 |
760 |
694 |
-3,21% |
Facolta' Di Medicina Veterinaria |
135 |
170 |
116 |
-14,07% |
Facolta' Di Psicologia |
15 |
51 |
13 |
-13,33% |
Facolta' Di Scienze Della Formazione |
909 |
1063 |
807 |
-11,22% |
Facolta' Di Scienze Mat. Fisiche E Naturali |
1187 |
1472 |
1129 |
-4,89% |
Facolta' Di Scienze Motorie |
217 |
286 |
189 |
-12,90% |
Facolta' Di Scienze Politiche 966 |
893 |
|
749 |
-16,13% |
Facolta' Di Scienze Statistiche |
137 |
229 |
133 |
-2,92% |
|
|
|
|
|
Sede Di Cesena |
899 |
1187 |
924 |
+2,78% |
Facolta' Di Agraria |
109 |
123 |
105 |
-3,67% |
Facolta' Di Architettura |
136 |
138 |
117 |
-13,97% |
Facolta' Di Medicina Veterinaria |
33 |
37 |
46 |
+39,39% |
Facolta' Di Psicologia |
349 |
548 |
340 |
-2,58% |
Facolta' Di Scienze Mat. Fisiche E Naturali |
86 |
110 |
69 |
-19,77% |
Seconda Facolta Di Ingegneria |
186 |
231 |
247 |
+32,80% |
|
|
|
|
|
Sede Di Forli |
1648 |
1965 |
1598 |
-3,03% |
Facolta' Di Economia - Sede Di Forli' |
608 |
741 |
529 |
-12,99% |
Facolta' Di Scienze Politiche "Roberto
Ruffilli" (Con Sede A Forli') |
673 |
764 |
675 |
+0,30% |
Scuola Superiore Di Lingue Moderne P.I.ET. |
210 |
272 |
199 |
-5,24% |
Seconda Fac. Di Ingegneria -Sede A Cesena |
157 |
188 |
195 |
+24,20% |
|
|
|
|
|
Sede Di Ravenna |
753 |
919 |
839 |
+11,42% |
Facolta' Di Chimica Industriale |
14 |
15 |
29 |
+107,14% |
Facolta' Di Conservazione Dei Beni Culturali |
201 |
313 |
187 |
-6,97% |
Facolta' Di Giurisprudenza |
210 |
231 |
241 |
+14,76% |
Facolta' Di Ingegneria |
94 |
113 |
181 |
+92,55% |
Facolta' Di Medicina E Chirurgia |
142 |
143 |
141 |
-0,70% |
Facolta' Di Scienze Mat. Fisiche E Naturali |
92 |
104 |
60 |
-34,78% |
|
|
|
|
|
Sede Di Rimini |
1378 |
1572 |
1528 |
+10,89% |
Facolta' Di Chimica Industriale |
33 |
35 |
30 |
-9,09% |
Facolta' Di Economia - Sede Di Rimini |
460 |
546 |
501 |
+8,91% |
Facolta' Di Farmacia |
190 |
201 |
242 |
+27,37% |
Facolta' Di Lettere E Filosofia |
205 |
257 |
235 |
+14,63% |
Facolta' Di Medicina E Chirurgia |
212 |
212 |
193 |
-8,96% |
Facolta' Di Scienze Della Formazione |
128 |
157 |
180 |
+40,63% |
Facolta' Di Scienze Motorie |
101 |
102 |
90 |
-10,89% |
Facolta' Di Scienze Statistiche |
49 |
62 |
57 |
+16,33% |
Totale Ateneo |
16493 |
19743 |
17002 |
+3,09% |
|
Fonte. Elaborazioni su dati AFORM dell'Ateneo di Bologna |
|
Il Decreto Direttoriale
del Dr. Antonello Masia
8 luglio 2009 prot. n. 82/2009 |
FONDI ALLE UNIVERSITA' per totali
63.578.634,00
(di cui 3.707.923,00 per Bologna. Fonte: http://www.miur.it/0006Menu_C/0012Docume/0015Atti_M/7895Progra_cf2.htm)
per la programmazione delle stesse in base a indicatori di
merito (D.M. Mussi n.506/ 2007)
(Fonte:http://programmazione-triennale.cineca.it/report/home_indicatori.php)
Nell'estate il Governo ha distribuito alle università
statali e non statali, ed istituti ad ordinamento speciale una quota del FFO per il 2009
(legge finanziaria 2009, tabella C e modifiche) per la programmazione e valutazione delle
università in base a indicatori di merito. Questi erano stati inventati dal Ministro
Fabio MUSSI nel 2007. Sono riportati qui sotto, perchè chiunque constati che si tratta di
meri dati statistici, che non hanno nulla a che fare con la promozione della
"meritocrazia", quella "cosa" inventata dai Cinesi per salvare il
sistema comunista, dopo la rivolta di piazza Tien An Men, 1989.
Quella "cosa", inventata da chi "crede" (come Mussi) in
quel sistema, si può capire. Ma oggi c'è un Ministro "liberale"...
E' anche colpevole presunzione credere che, da Roma, si possa regolare le
Università locali, anche nelle piccole cose. |
Indicatori (o parametri) di merito del Decreto Ministeriale 18 ottobre 2007 prot.
n. 506/2007, usati dal D.D. (vedi sopra) per la valutazione (ex post) dei risultati
dell'attuazione dei programmi delle Università.
NOTA. Gli Indicatori sono costruiti attingendo a dati statistici degli anni 2004,
2005, 2006, 2007, 2008. La loro esposizione, qui sotto, è in parte riscritta da noi per
una facile lettura e comprensione.
A) Indicatori dell' OFFERTA FORMATIVA
A.1*. - Rapporto tra Numero (di corsi di laurea e di laurea magistrale in possesso
dei requisiti qualificanti attivati)
e Numero (di corsi di laurea e di laurea magistrale complessivamente attivati)
- A.2* .- Rapporto tra Numero (di immatricolati ai corsi di laurea magistrale, che hanno
conseguito la laurea in un altro Ateneo in un numero di anni non superiore alla durata
normale delle stessa, aumentata di un anno) e Numero (di immatricolati totali ai corsi di
laurea magistrale)
- A.3 - Rapporto tra Numero (di docenti di ruolo appartenenti a SSD di base e
caratterizzanti i corsi di laurea e di laurea magistrale attivati) e Numero (di corsi di
laurea e di laurea magistrale attivati)
B) RICERCA SCIENTIFICA
- B.1*.- Rapporto tra Numero (di professori di ruolo e di ricercatori di ruolo che hanno
avuto giudizio positivo su PRIN, FAR e FIRB) e Numero (di professori di ruolo e di
ricercatori di ruolo appartenenti allAteneo)
- B.2.- Rapporto tra Numero (di borse di studio a concorso per il dottorato di ricerca) e
Numero (di corsi di dottorato di ricerca attivati)
- B.3 .- Rapporto tra Numero (di borse di studio a concorso per il dottorato di ricerca
finanziate dallesterno) e Numero (di borse di studio a concorso per il dottorato di
ricerca)
- B.4 - Rapporto tra Uscite (di bilancio per la
ricerca scientifica) e Numero (di professori di ruolo e di ricercatori - di ruolo, ovvero
di cui allart. 1, comma 14, della legge n. 230/2005- ).
- B.5. - Rapporto tra Entrate (di bilancio per la ricerca scientifica
provenienti da entità esterne allAteneo) ed Entrate (di bilancio
complessive per la ricerca scientifica).
C) SERVIZI A FAVORE DEGLI STUDENTI
- C.1.- Rapporto tra Numero (di studenti che abbiano acquisito almeno 50 CFU
nella.a. t-1, iscritti al secondo anno dello stesso corso di studio nellanno
t) e Numero (di studenti immatricolati nellanno t-1)
- C.2 .- Rapporto tra Numero (di studenti iscritti che hanno avviato uno stage) e
Numero (di studenti iscritti nellAteneo)
- C.3* .- Rapporto tra Numero (di laureati, che hanno svolto uno stage post-laurea (in
Italia o allestero) entro un anno dal conseguimento del titolo e Numero (di
laureati)
- C.4* .- Rapporto tra Numero (di laureati dellanno t che hanno trovato lavoro entro un
anno dal conseguimento del titolo) e Numero (di laureati dello stesso anno)
- C.5* .- Rapporto tra Numero (di CFU acquisiti in apprendimento permanente) e Numero (di
CFU acquisiti nei corsi di studio nello stesso anno)
D) PROGRAMMI DI INTERNAZIONALIZZAZIONE
- D.1 .- Rapporto tra Numero (di studenti iscritti, che hanno partecipato a programmi di
mobilità internazionale) e Numero (di studenti iscritti nello stesso anno)
- D.2 .- Rapporto tra Numero (di studenti stranieri iscritti ai corsi di laurea
magistrale) e Numero (di studenti iscritti ai corsi di laurea magistrale)
- B.3 .- Rapporto tra Numero (di studenti stranieri iscritti ai corsi di dottorato) e
Numero (di studenti iscritti ai corsi di dottorato)
- B.4 .- Rapporto tra Entrate (di bilancio acquisite mediante
contratti/convenzioni con agenzie e enti, esteri e internazionali) ed Entrate di
bilancio (complessive, al netto di quelle in conto capitale e per partite di
giro)
E) DATI RELATIVI AL PERSONALE, IVI COMPRESO IL RICORSO ALLA MOBILITA'
- E.1 .- Rapporto tra Costo (del personale di ruolo e non) ed
Entrate (di bilancio complessive, al netto di quelle in conto capitale e per
partite di giro)
- E.2 .- Rapporto tra Punti organico (utilizzati per lassunzione di
professori ordinari e associati dallAteneo, precedentemente non appartenenti allo
stesso Ateneo) e Punti organico (complessivamente utilizzati
dallAteneo)
- E.3.- Rapporto tra Punti organico (destinati a Facoltà con rapporto
studenti/docenti di ruolo superiore alla mediana nazionale) e Punti organico
(complessivamente destinati per il personale dellAteneo
- E.4 - Rapporto tra Punti organico (utilizzati per lassunzione di
ricercatori) e Punti organico (utilizzati complessivamente.)
* Indicatore non calcolato, perché i dati sono parzialmente disponibili o
totalmente indisponibili. |
Nino Luciani,
Indicatori di risultato ?
E se, invece, si ripartisse dalla legge Ruberti del 1989, pur se da adeguare ai tempi ?1.- Dubbi sull'efficacia degli indicatori. Pur ipotizzando a-priori,
come adeguati, questi indicatori, viene istintivo domandarsi se essi sono idonei a
promuovere il "buongoverno".
a1) Per l'indicatore A.1, la risposta può essere SI', ma va fatta
una distinzione da caso a caso. In una università nascente, in un'area depressa, è
necessaria una tolleranza per un determinato numero di anni, finchè essa prenda piede.
Inoltre, dal punto di vista del bilancio pubblico, c'è anche il costo del
trasporto (se le sedi sono molte nel territorio, i costi di trasporto pubblico sono bassi;
se le sedi sono poche, i costi di trasporto sono alti).
a2) Questo indicatore non è modificabile dai comportamenti di un
Ateneo;
.....
.....
c1) Questo indicatore può valere per promuovere comportamenti virtuosi,
ma anche il contrario (es.: promuovere tutti gli studenti, anche i non meritevoli, per
ottenere maggiori finanziamenti).
....
....
2.- Altro tipo di osservazioni. I dati statistici utilizzati per
costruire gli indicatori, a volte sono relativi a vari anni addietro, a volte sono
incompleti, altre volte non esistono. Purtroppo questo è il destino delle strutture
pubbliche: serve incentivare il merito, ma i meccanismi premiali non possono funzionare.
E' permesso ricordare che l'Unione Sovietica è crollata largamente per la
difficoltà di guidare le strutture produttive in base a criteri economici ? E' permesso
ricordare che la ritrovata "meritocrazia cinese" è fondata sul "socialismo
di mercato, vale dire facendo regolare le imprese pubbliche con i prezzi di mercato ?
Nelle strutture pubbliche gli indicatori statistici vanno utilizzati come
"ultima spiaggia", quando non cè nessun indicatore di merito, a cui
attaccarsi per incentivare risultati virtuosi. E questo è il caso (più frequente) della
Pubblica Amministrazione, i cui servizi sono ad utilità "totalmente
indivisibile".
Invece, nel caso dell'università, è possibile applicare il
criterio del beneficio (tipico del mercato), perché linsegnamento universitario ha
una utilità "parzialmente divisibile". In questo senso è possibile applicare
il criterio del beneficio: vale dire un prezzo (pro quota "parte divisibile") ai
richiedenti il servizio e, invece, il finanziamento statale, per la restante parte
"indivisibile" ( ossia a "utilità pubblica").
Ma, occorre farlo cum grano salis, perchè c'è di mezzo il diritto
allo studio. Vediamo poi.
4.- Legge Ruberti n. 168/1987, art. 7. Direi che questa
legge abbia dato l'autonomia finanziaria, salvaguardando (sia pur in parte) il criterio
del beneficio. Più tardi, non sarà più così. Vediamo:
a) L'art. 7 disponeva che le entrate delle università siano
"trasferimenti dello Stato" e "contributi obbligatori nei limiti
della normativa vigente".
Per trovare questi limiti occorre risalire alla legge
1551/1951 (una curiosità: fu firmata da A. De Gasperi).
b) La Legge 1551/1951 dispone:
1. - il contributo statale alle università (art. 1), da ripartire (si noti bene)
"tenendo presenti principalmente il numero delle facoltà e degli studenti, il tipo
delle facoltà, lo stato delle attrezzature scientifiche, le necessità dell'assistenza
agli studenti."
2. - le tasse, sopratasse, contributi, diritti di segreteria degli studenti, fissate
dalla legge;
3. - che il CdA delle Università possa istituire:
- un contributo integrativo unico studentesco per 3 anni (art. 8);
- speciali contributi studenteschi per biblioteche e per ogni istituto scientifico,
destinati a spese di laboratorio, di esercitazioni e di riscaldamento (art. 11);
- contributi fino alla misura di lire 1000 per ciascuno studente in corso e fuori
corso, per le attività assistenziali e sportive delle organizzazioni rappresentative
studentesche;
- un contributo suppletivo (pari al 30% della tassa annuale di iscrizione) per gli
gli studenti appartenenti a famiglie che dispongano di un reddito complessivo annuo
superiore a tre milioni di lire.
5.- Legge 537/1993. Dopo Ruberti, come novità viene
istituito il FFO, "nel quale sono comprese una quota base (da ripartirsi tra le
università in misura proporzionale alla somma dei trasferimenti statali e delle spese
sostenute direttamente dallo Stato per ciascuna università nell'esercizio 1993), e una quota
di riequilibrio, da ripartirsi sulla base di criteri relativi a standard dei
costi di produzione per studente e agli obiettivi di qualificazione della ricerca, tenuto
conto delle dimensioni e condizioni ambientali e strutturali".
La genericità della legge fu eccessiva. Inizierà da qui l'arbitrio dei vari
governi, e la graduale deresponsabilizzazione sia del Governo sia delle Università e di
conseguenza saranno necessari nuovi correttivi con legge 306. |
6.- La successiva Legge 306/1997 dispone:
- art. 2. "I contributi universitari sono determinati autonomamente dalle
università in relazione ad obiettivi di adeguamento della didattica e dei servizi per gli
studenti, nonchè sulla base della specificità del percorso formativo";
- purchè (art.3) "secondo criteri di equità e
solidarietà" e comunque (art. 5) "la contribuzione studentesca non può
eccedere il 20% del finanziamento ordinario annuale dello Stato".
Segue la legge 449/1997, con limite anche dal lato spesa:
(art. 5) "Le spese fisse e obbligatorie per il personale di ruolo delle università
statali non possono eccedere il 90 per cento del fondo per il finanziamento
ordinario";
e seguirà tutto il resto ...., più tardi, finchè si arriverà alla
meritocrazia cinese attuale, da cui abbiamo preso le mosse in questo commento.
5.- Conclusione: la retta via finanziaria. Direi che sia da
reintrodurre la legge Ruberti, salvo adeguamenti al tempo.
Precisamente andrebbe separata lamministrazione locale (da far regolare con
criteri aziendali), dal diritto allo studio (da caricare sullo Stato, che lo gestisce in
modo diretto). Di conseguenza:
1) le università delibererebbero liberamente i contributi studenteschi, fermo
rigorosamente il pareggio del bilancio;
2) il FFO andrebbe ripartito tra le università in base al numero degli studenti,
moltiplicato il costo standard per studente.
Metterei il solo vincolo che il numero degli studenti per insegnamento non
possa superare un determinato numero (es. 60 studenti per le materie umanistiche; 30 per
le materie associate a prove di laboratorio);
4) lo Stato dovrebbe erogare direttamente borse di studio o bonus università,
differenziatamente per studente in base al merito e al bisogno. Nino Luciani
P.S.- Quanto sopra riguarda solo la parte finanziaria. Le grandi regole per il controllo
di qualità del processo e del prodotto (didattica, concorsi,
) dovrebbero restare
prerogative centralizzate |
|
Disegno di legge quadro (informale
del Miur) in materia di organi di governo, organizzazione e qualità del sistema
universitario, riordino del reclutamento dei professori e dei ricercatori universitari e
delega sul diritto allo studio |
|
TESTO ORIGINALE
|
|
EMENDAMENTI proposti dal prof. Nino Luciani, ord. di Scienza
delle Finanze nellUniversità di Bologna, già membro del Consiglio di
Amministrazione e del Senato Accademico Integrato dell'Univ. di Bologna. |
TITOLO I |
Nuovo testo, risultante,
dopo gli emendamenti |
ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA UNIVERSITARIO |
|
Articolo 1 |
|
|
|
Autonomia e responsabilità delle
università |
|
1. Le università sono sede della libera
formazione e della trasmissione critica dei saperi, coniugano in modo organico ricerca e
didattica avanzata e continuata e operano per il progresso culturale, civile ed economico
della Repubblica. |
1. Le università sono sede della libera
formazione e della trasmissione critica dei saperi, coniugano in modo organico ricerca e
didattica avanzata e continuata e operano per il progresso culturale, civile ed economico
della Repubblica. |
2. In attuazione dell'articolo 33 della
Costituzione ciascuna università opera ispirandosi a princípi di autonomia e di
responsabilità. |
2. In attuazione dell'articolo 33 della
Costituzione ciascuna università opera ispirandosi a princípi di autonomia e di
responsabilità. |
|
Lo Stato finanzia la gestione corrente
delle Università in base a piani decennali, nei quali sono concordate le prestazioni,
richieste, di ricerca e di didattica a favore dello Stato e, per esso, agli studenti. |
|
Lapplicazione dei criteri, di cui
ai commi precedenti, è subordinata allaccreditamento delle Università medesime
presso lo Stato. |
|
Laccreditamento avviene sulla base
della verifica dei requisiti tecnici standard delle Università circa la dimensione, in
termini di numero di studenti, e di organico del personale docente, tecnico e
amministrativo. |
|
Fermo quanto previsto dall'art. 3 e,
tenuto conto della legge vigente (sui Megatanei
), le università con un
numero di studenti superiore a 40.000 dovranno essere frazionate. |
|
Le Facoltà con un numero di studenti
superiore a 7.000 devono essere frazionate. |
|
Sono ammesse temporaneamente università
con un numero di studenti inferiore ad un determinato standard, se esse sono
riconosciuto dallo Stati come università regionali, e comunque per una durata non
superiore ad un determinato tempo (20 anni ?) |
|
Il finanziamento statale in conto
corrente delle Università avviene in rapporto al numero degli studenti differenziamente
tra università umanistiche e università scientifiche, e tuttavia previa verifica dei
requisiti tecnici dei corsi di studio, i cui insegnamenti non potranno avere,
singolarmente, un numero di studenti superiore ad un determinato minimo e massimo, e
differenziatamente tra insegnamenti tecnici ed insegnamenti umanistici, e con ulteriori
eccezioni relative agli insegnamenti di importanza strategica nazionale.
Sono abrogate le norme vigenti sul riparto del FFO in base a parametri multipli
differenziati. |
|
Le Università operano sulla base di
programmi annuali e decennali. |
|
Esse sono tenute al pareggio del
bilancio. Sono abrogate le norme che pongono limiti alla discrezionalità di spesa delle
università, ad eccezione di quelle relative ai finanziamenti statali e destinazione
vincolata. |
|
Le Università sono dotate di
finanziamenti costituiti: |
|
- dal finanziamento statale in conto
corrente, proporzionato al numero degli studenti; |
|
- da prestiti statali di medio-lungo
termine, in relazione a investimenti. In ogni caso lammontare dei prestiti non può
superare una somma tale per cui la somma degli interessi superi il 25% del finanziamento
statale della gestione corrente; |
|
- dai contributi studenteschi,
determinati liberamente, e comunque col vincolo che essi non superino il 30% della spesa
corrente, tenuto conto delle norme sul diritto allo studio, di cui al comma 3; |
|
- da altre entrate provenienti da
privati e da enti pubblici a titolo di liberalità o controprestazioni di servizi
(insegnamenti, ricerca scientifica, altri servizi). |
3. Al fine di rimuovere le barriere di
accesso allistruzione universitaria degli studenti meritevoli e privi di mezzi il
Ministero dellistruzione delluniversità e della ricerca, di seguito
denominato "Ministero", attua e monitora specifici programmi per la concreta
realizzazione del diritto allo studio. |
3. Al fine di rimuovere le barriere di
accesso allistruzione universitaria degli studenti meritevoli e privi di mezzi il
Ministero dellistruzione delluniversità e della ricerca, di seguito
denominato "Ministero", attua e monitora specifici programmi per la concreta
realizzazione del diritto allo studio.
Lo Stato finanzia il diritto allo studio con rapporto diretto con gli studenti,
tenuto conto del bisogno e del merito.
Il finanziamento avviene sotto forma di borse di studio e di buoni università
spendibili per le iscrizioni ai corsi di laurea triennale e magistrale, presso le
università da loro scelte liberamente.
Sono abrogate le norme sul diritto allo studio di competenza delle università. |
|
|
4. Il Ministero fissa obiettivi e indirizzi
strategici per il sistema universitario e le sue componenti e ne verifica e valuta i
risultati secondo criteri di qualità, trasparenza e promozione del merito, anche in
riferimento alle migliori pratiche diffuse a livello internazionale, garantendo una
distribuzione delle risorse pubbliche coerente rispetto agli indirizzi e ai risultati. |
4. Il Ministero, una volta fissa
fissati, ai sensi del comma 2, gli obiettivi e indirizzi strategici per il
sistema universitario e le sue componenti e ne verifica e valuta i risultati secondo
criteri di qualità, trasparenza e promozione del merito, anche in riferimento alle
migliori pratiche diffuse a livello internazionale, garantendo una distribuzione delle
risorse pubbliche coerente rispetto agli indirizzi e ai risultati. |
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Articolo 2 |
Articolo 2 |
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Organi di governo delle università |
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1. Le università statali, nel quadro del
complessivo processo di riordino della pubblica amministrazione, provvedono entro sei mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge a modificare i propri statuti ai
sensi dellarticolo 6 della legge 3 maggio 1989, n. 168, secondo principi di
semplificazione, efficienza ed efficacia, con losservanza dei seguenti
vincoli e criteri direttivi: |
1. Le università statali, nel quadro del
complessivo processo di riordino della pubblica amministrazione, provvedono entro sei mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge a modificare i propri statuti ai
sensi dellarticolo 6 della legge 3 maggio 1989, n. 168, secondo principi di
semplificazione, efficienza ed efficacia, con losservanza dei seguenti
vincoli e criteri direttivi: |
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a) adozione di un codice etico anche al
fine di individuare le situazioni di incompatibilità e di conflitto di interesse e
predisporre opportune misure per eliminarle; |
a) adozione di un codice etico anche al
fine di individuare le situazioni di incompatibilità e di conflitto di interesse e
predisporre opportune misure per eliminarle; |
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b) attribuzione al rettore della
rappresentanza legale delluniversità e delle funzioni di indirizzo, di iniziativa,
di coordinamento; della responsabilità primaria nellattuazione di tutte le
attività istituzionali dellateneo e delle delibere del consiglio di amministrazione
secondo criteri di qualità e nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza,
trasparenza e meritocrazia; del compito di proporre e dare attuazione al documento di
programmazione strategica triennale di ateneo di cui allarticolo 1-ter del decreto
legge del 31 gennaio 2005, n. 7, convertito con modificazioni nella legge n. 43 del 2005 e
successive modificazioni e del bilancio di previsione annuale; di tutte le funzioni non
espressamente attribuite ad altri organi; |
b1) attribuzione al rettore della
rappresentanza legale delluniversità e delle funzioni di indirizzo, di iniziativa,
di coordinamento; della responsabilità primaria nellattuazione di tutte le
attività istituzionali dellateneo e delle delibere del consiglio di amministrazione
secondo criteri di qualità e nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza,
trasparenza e meritocrazia; del compito di proporre e dare attuazione al documento di
programmazione strategica triennale di ateneo di cui allarticolo 1-ter del decreto
legge del 31 gennaio 2005, n. 7, convertito con modificazioni nella legge n. 43 del 2005 e
successive modificazioni e del bilancio di previsione annuale; di tutte le funzioni non
espressamente attribuite ad altri organi; |
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b2) E ammesso il voto di sfiducia
al Rettore, da parte del Senato o del Consiglio di Amministrazione, in caso di
inadempienza esecutiva delle delibere per oltre 3 mesi dalla delibera, o di inottemperanze
gravi allo statuto, o di indignità morale. |
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Il voto avviene in base a mozione
sottoscritta da almeno un terzo dei componenti. |
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b2) Nelle università con più di 10.000
studenti, è istituita obbligatoriamente una Giunta di Pro-Rettori, scelti dal Rettore tra
persone competenti, anche esterne alluniversità, con delega per determinati settori
amministrativi, in rapporto a corrispondenti dirigenti dellAmministrazione. |
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c) determinazione delle modalità di
elezione con voto ponderato del rettore tra i professori ordinari in servizio presso
qualunque università italiana, o di livello equipollente in una università straniera, in
possesso di comprovata competenza ed esperienza di gestione, anche a livello
internazionale, nel settore universitario, della ricerca o delle istituzioni culturali; |
c1) determinazione delle modalità
di elezione con voto ponderato del rettore tra i professori ordinari in servizio presso
qualunque università italiana, o di livello equipollente in una università straniera, in
possesso di comprovata competenza ed esperienza di gestione, anche a livello
internazionale, nel settore universitario, della ricerca o delle istituzioni culturali; |
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sono candidabili a Rettore i professori
ordinari, anche di altro ateneo, che ottengono la designazione, con voto a maggioranza, di
almeno tre facoltà locali; |
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c2) le elezioni avvengono in tre turni: |
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- è eletto al primo turno chi consegue
la maggioranza assoluta degli aventi diritto |
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- al secondo turno si vota tra i primi
tre più votati; |
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- al terzo turno avviene il ballottaggio
tra i primi due; |
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c3) lelettorato attivo è
attribuito ai Ricercatori a tempo indeterminato, ai professori di ruolo, agli studenti
eletti come rappresentanti degli studenti nei consigli di facoltà, al personale tecnico e
amministrativo per una quota del 10% del numero totale dei professori e ricercatori a
tempo indeterminato. |
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d) durata della carica di rettore per non
più di due mandati ed un massimo di otto anni, ovvero sei anni nel caso di mandato unico
non rinnovabile; |
d) durata della carica di rettore per non
più di due mandati ed un massimo di otto anni, ovvero sei anni nel caso di mandato unico
non rinnovabile; |
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e) attribuzione al senato accademico,
costituito per almeno due terzi da docenti di ruolo delluniversità, e comunque da
un numero di membri proporzionato alle dimensioni dellateneo non superiore a 35
unità, compresi il rettore e una rappresentanza degli studenti, della competenza a
formulare indirizzi e pareri in materia di didattica e di ricerca, ad approvare i
regolamenti ad esse relativi previo parere favorevole del consiglio di amministrazione e a
svolgere funzioni di coordinamento e di raccordo con i dipartimenti e con le scuole di cui
alla lettera n); |
e) attribuzione al senato accademico,
costituito per almeno due terzi da docenti di ruolo
delluniversità, e comunque da un numero di membri proporzionato alle dimensioni
dellateneo non superiore a 35 unità, più compresi il rettore e
il Presidente del Consiglio Studentesco, di cui al comma h2 una
rappresentanza del gli studenti, della competenza a formulare indirizzi e pareri
in materia di didattica e di ricerca, ad approvare i regolamenti ad esse relativi previo
parere favorevole del consiglio di amministrazione e a svolgere funzioni di coordinamento
e di raccordo con i dipartimenti e con le scuole di cui alla lettera n); |
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i professori di ruolo sono eletti dal
corpo docente, metà tra i presidi e metà tra i direttori di dipartimento in carica o
già in carica, sulla base di liste concorrenti. In ogni lista dovrà esserci almeno un
candidato afferente ad una delle aree scientifiche dellAteneo, come indicate nello
Statuto. |
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Sono eletti i candidati delle prime due
liste, per ordine di voti riportati. |
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E ammesso un solo voto di
preferenza. |
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Il Senato è presieduto dal rettore. |
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I membri del Senato hanno accesso agli
atti amministrativi, in relazione alloggetto delle delibere. |
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Gli ordini del giorno sono inviati
almeno 7 giorni prima delle riunioni, escluso il giorno di invio e il giorno della
riunione. |
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Di norma gli atti sono istruiti da
Commissioni, composte pariteticamente da membri del Senato e del Consiglio di
Amministrazione, prima di essere proposti per la delibera del Senato e del Consiglio di
Amministrazione.. |
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Allo scopo di impedire il voto di
scambio, la delibera relativa ai corsi di studio o alla istituzione di Facoltà e
Dipartimenti, deve aver luogo separatamente per corso di studio, pena la loro nullità. |
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f) attribuzione al consiglio di
amministrazione delle funzioni di indirizzo strategico, di approvazione della
programmazione finanziaria e contabile, di vigilanza sulla sostenibilità finanziaria
delle attività istituzionali e di controllo; della competenza a nominare, su proposta del
rettore, il personale docente e tecnico-amministrativo, ad attivare corsi e sedi, ad
adottare il regolamento di amministrazione e contabilità, a deliberare il conto
consuntivo e, su proposta del rettore e previo parere del senato accademico per gli
aspetti di competenza, il documento di programmazione strategica di cui alla lettera b); |
f) attribuzione al consiglio di
amministrazione delle funzioni di indirizzo strategico, di approvazione della
programmazione economica, finanziaria e contabile, di vigilanza sulla
sostenibilità finanziaria delle attività istituzionali e di controllo; della competenza
a nominare, su proposta del rettore, il personale docente e tecnico-amministrativo, ad
attivare corsi e sedi, ad adottare il regolamento di amministrazione e contabilità, a
deliberare il conto consuntivo e, su proposta del rettore e previo parere del senato
accademico per gli aspetti di competenza, il documento di programmazione strategica di cui
alla lettera b); |
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g) composizione del consiglio di
amministrazione nel numero massimo di undici componenti, compresi il rettore membro di
diritto ed una rappresentanza degli studenti; previsione che i restanti componenti siano
designati o prescelti secondo modalità previste dallo statuto, anche a seguito di avvisi
pubblici, tra personalità italiane o straniere in possesso di comprovate competenze in
campo gestionale e di unesperienza professionale di alto livello; previsione della
non appartenenza di almeno il 40 per cento dei consiglieri ai ruoli dellateneo a
decorrere dai tre anni precedenti alla designazione, per tutta la durata
dellincarico e nei tre anni successivi; previsione che il presidente del consiglio
di amministrazione sia eletto dal consiglio a maggioranza qualificata di due terzi degli
aventi diritto; |
g) composizione del consiglio di
amministrazione nel numero massimo di undici 32 componenti, più
compresi il rettore membro di diritto ed una rappresentanza degli
studenti; previsione che il Presidente del Consiglio di
Amministrazione, sia eletto dal Consiglio, tra i propri membri, persone diverse dal
Rettore
|
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previsione che una parte dei
restanti componenti siano designati o prescelti secondo modalità previste dallo statuto,
anche a seguito di avvisi pubblici, tra personalità italiane o straniere in possesso di
comprovate competenze in campo gestionale e di unesperienza professionale di alto
livello; |
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previsione che detti restanti componenti
siano designati dagli enti finanziatori dellUniversità, con elezioni in collegio
unico; |
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previsione della non appartenenza
di non più del 70% almeno il 40 per cento dei consiglieri ai ruoli
dellateneo a decorrere dai tre anni precedenti alla designazione, per tutta la
durata dellincarico e nei tre anni successivi; previsione che il presidente del
consiglio di amministrazione sia eletto dal consiglio a maggioranza qualificata di due
terzi degli aventi diritto; |
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I membri interni, sono eletti per liste
concorrenti, separatamente per aree di competenza tecnica. Sono eletti i candidati, con
più preferenze, della prima lista, per ordine di voti riportati. |
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E ammesso un solo voto di
preferenza. |
|
I membri del Consiglio hanno accesso
agli atti amministrativi, in relazione alloggetto delle delibere. |
|
Gli ordini del giorno sono inviati
almeno 7 giorni prima delle riunioni, escluso il giorno di invio e il giorno della
riunione. |
|
Di norma gli atti sono istruiti da
Commissioni, prima di essere proposti per la delibera del Consiglio. |
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h) durata in carica del consiglio di
amministrazione per un massimo di quattro anni e rinnovabilità del mandato per una sola
volta; |
h1) durata in carica del consiglio di
amministrazione per un massimo di quattro anni e rinnovabilità del mandato per una sola
volta; |
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h2) E' istituito il Consiglio
studentesco, composta da due studenti per ognuna delle Facoltà.
L'elezione avviene, con unica lista di candidati proposti da almeno 5 presentatori, in
ogni Facoltà. E' ammesso un solo voto di preferenza. Sono eletti i primi due più votati.
Il CS esprime parere obbligatorio, ma non vincolante, sugli argomenti di rilevanza
didattica di maggior rilevanza, prederminato dal Senato, e sui contributi studenteschi; |
i) divieto per i componenti del consiglio
di amministrazione, fatta eccezione per il rettore e limitatamente al senato accademico,
di ricoprire altre cariche accademiche; di essere componente di altri organi
delluniversità salvo che del consiglio di dipartimento; di rivestire alcun incarico
di natura politica per la durata del mandato e ricoprire la carica di rettore o far parte
del consiglio di amministrazione o del senato accademico di altre università statali o
non statali; previsione di una clausola di decadenza per i consiglieri che non partecipano
con la dovuta continuità alle sedute del consiglio; |
i) divieto per i componenti del consiglio
di amministrazione, fatta eccezione per il rettore e limitatamente al senato accademico,
di ricoprire altre cariche accademiche; di essere componente di altri organi
delluniversità salvo che del consiglio di dipartimento; di rivestire alcun incarico
di natura politica per la durata del mandato e ricoprire la carica di rettore o far parte
del consiglio di amministrazione o del senato accademico di altre università statali o
non statali; previsione di una clausola di decadenza per i consiglieri che non partecipano
con la dovuta continuità alle sedute del consiglio; |
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|
j) sostituzione della figura del direttore
amministrativo con la figura del direttore generale, da scegliere tra personalità di
elevata qualificazione professionale ed esperienza in campo organizzativo e gestionale,
titolare di incarico conferito dal consiglio damministrazione su proposta del
rettore e regolato con contratto di lavoro a tempo determinato di durata non superiore a
quattro anni; determinazione del trattamento economico spettante al direttore generale in
conformità ai parametri fissati dal Ministro dellistruzione, delluniversità
e della ricerca, di seguito denominato "Ministro", di concerto con il Ministro
delleconomia e delle finanze; previsione, in caso di conferimento dellincarico
a dipendente pubblico non appartenente al ruolo dellateneo, del collocamento in
aspettativa del medesimo senza assegni per tutta la durata del contratto; attribuzione al
direttore generale della gestione e dellorganizzazione complessiva dei servizi e del
personale tecnico-amministrativo dellateneo; prevision |
j1) sostituzione della figura del
direttore amministrativo con la figura del direttore generale, da scegliere tra
personalità di elevata qualificazione professionale ed esperienza in campo organizzativo
e gestionale, titolare di incarico conferito dal consiglio damministrazione su
proposta del rettore e regolato con contratto di lavoro a tempo determinato di durata non
superiore a quattro anni; determinazione del trattamento economico spettante al direttore
generale in conformità ai parametri fissati dal Ministro dellistruzione,
delluniversità e della ricerca, di seguito denominato "Ministro", di
concerto con il Ministro delleconomia e delle finanze; previsione, in caso di
conferimento dellincarico a dipendente pubblico non appartenente al ruolo
dellateneo, del collocamento in aspettativa del medesimo senza assegni per tutta la
durata del contratto; attribuzione al direttore generale della gestione e
dellorganizzazione complessiva dei servizi e del personale tecnico-amministrativo
dellateneo; previsio |
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j2) Gli atti sottoposti, per la firma,
al Rettore e ai Pro-Rettori, se istituiti, portano la firma preventiva del dirigente di
competenza dellAmministrazione, che ne assume la responsabilità personale circa la
loro conformità alle leggi, allo statuto e alle norme amministrative dellAteneo. |
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Analoga disposizione si applica nelle
altre strutture di inferiore livello. |
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J3) In seguito alla elezione del Rettore
i dirigenti amministrativi decadono. Il nuovo Rettore decide entro 3 mesi dalla elezione,
circa la loro conferma |
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k) composizione del collegio dei revisori
dei conti in numero di cinque membri di cui tre effettivi e due supplenti, di cui un
membro effettivo, con funzioni di presidente, scelto dalluniversità tra dirigenti e
funzionari Ministro delleconomia e delle finanze ed uno effettivo e uno supplente
tra i dirigenti del Ministero; rinnovabilità del loro mandato per una sola volta;
previsione che lincarico di revisore non può essere ricoperto da personale
dipendente della medesima università; |
k) composizione del collegio dei revisori
dei conti in numero di cinque membri di cui tre effettivi e due supplenti, di cui un
membro effettivo, con funzioni di presidente, scelto dalluniversità tra dirigenti e
funzionari Ministro delleconomia e delle finanze ed uno effettivo e uno supplente
tra i dirigenti del Ministero; rinnovabilità del loro mandato per una sola volta;
previsione che lincarico di revisore non può essere ricoperto da personale
dipendente della medesima università; |
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l) composizione del nucleo di valutazione
con numero di componenti in prevalenza esterni allateneo; attribuzione al nucleo di
valutazione del compito di verificare la qualità e l'efficacia dellofferta
didattica tenuto anche conto degli indicatori individuati dalle commissioni paritetiche
docenti-studenti, anche ai fini delle procedure di accreditamento di cui allarticolo
7; |
l) composizione del nucleo di valutazione
con numero di componenti in prevalenza esterni allateneo; attribuzione al nucleo di
valutazione del compito di verificare la qualità e l'efficacia dellofferta
didattica tenuto anche conto degli indicatori individuati dalle commissioni paritetiche
docenti-studenti, anche ai fini delle procedure di accreditamento di cui allarticolo
7; |
|
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m) riorganizzazione e semplificazione della
articolazione interna degli atenei, con contestuale attribuzione al dipartimento delle
responsabilità e delle funzioni finalizzate allo svolgimento della ricerca scientifica,
delle attività didattiche e formative a tutti i livelli nonché delle attività rivolte
allesterno ad esse correlate o accessorie; |
m) riorganizzazione e
semplificazione della articolazione interna degli atenei, con contestuale attribuzione al
dipartimento delle responsabilità e delle funzioni finalizzate allo svolgimento della
ricerca scientifica, delle attività didattiche e formative a tutti i livelli nonché
delle attività rivolte allesterno ad esse correlate o accessorie; |
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n) facoltà di istituire tra un congruo
numero di dipartimenti, raggruppati in relazione a criteri di affinità o
complementarietà disciplinare, ampie strutture di raccordo e supervisione denominate
"scuole" che svolgono compiti di supervisione e razionalizzazione delle
attività e dei servizi comuni, promuovono lattivazione dei corsi di studio e ne
coordinano il funzionamento e coordinano le proposte in materia di personale docente
formulate dai dipartimenti in coerenza con la programmazione strategica di cui alla
lettera b); il numero complessivo di tali strutture è proporzionato alle dimensioni
dellateneo e in ogni caso non superiore a otto ovvero dodici nel caso di università
con oltre tremila professori e ricercatori di ruolo a tempo indeterminato; |
n) facoltà di istituire tra un
congruo numero di dipartimenti, raggruppati in relazione a criteri di affinità o
complementarietà disciplinare, ampie strutture di raccordo e supervisione denominate
"scuole" che svolgono compiti di supervisione e razionalizzazione delle
attività e dei servizi comuni, promuovono lattivazione dei corsi di studio e ne
coordinano il funzionamento e coordinano le proposte in materia di personale docente
formulate dai dipartimenti in coerenza con la programmazione strategica di cui alla
lettera b); il numero complessivo di tali strutture è proporzionato alle dimensioni
dellateneo e in ogni caso non superiore a otto ovvero dodici nel caso di università
con oltre tremila professori e ricercatori di ruolo a tempo indeterminato; |
|
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o) afferenza dei corsi di laurea e laurea
magistrale, anche ai fini della gestione amministrativa e contabile, al dipartimento i cui
docenti svolgono la maggior parte degli insegnamenti di base e caratterizzanti del corso,
garantendo in ogni caso a tutti i docenti afferenti al corso di prendere parte alle
deliberazioni ad esso relative; afferenza alle scuole dei corsi a prevalente carattere
interdisciplinare; |
o) afferenza dei corsi di laurea e
laurea magistrale, anche ai fini della gestione amministrativa e contabile, al
dipartimento i cui docenti svolgono la maggior parte degli insegnamenti di base e
caratterizzanti del corso, garantendo in ogni caso a tutti i docenti afferenti al corso di
prendere parte alle deliberazioni ad esso relative; afferenza alle scuole dei corsi a
prevalente carattere interdisciplinare; |
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p) individuazione dellorgano
deliberante delle scuole, ove istituite, in un collegio composto dai direttori dei
dipartimenti in esse raggruppati, da una rappresentanza dei coordinatori dei corsi di
studio e di dottorato che vi afferiscono e da una rappresentanza degli studenti;
attribuzione delle funzioni di presidente del collegio ad un professore ordinario
afferente alla struttura eletto dal collegio stesso ovvero nominato secondo modalità
determinate dallo statuto; previsione della durata triennale della carica, della
rinnovabilità della stessa per una sola volta e incompatibilità dellincarico di
presidente di scuola con le funzioni di presidente di scuola, direttore di dipartimento e
coordinatore di corso di studio o di dottorato; |
p) individuazione dellorgano
deliberante delle scuole, ove istituite, in un collegio composto dai direttori dei
dipartimenti in esse raggruppati, da una rappresentanza dei coordinatori dei corsi di
studio e di dottorato che vi afferiscono e da una rappresentanza degli studenti;
attribuzione delle funzioni di presidente del collegio ad un professore ordinario
afferente alla struttura eletto dal collegio stesso ovvero nominato secondo modalità
determinate dallo statuto; previsione della durata triennale della carica, della
rinnovabilità della stessa per una sola volta e incompatibilità dellincarico di
presidente di scuola con le funzioni di presidente di scuola, direttore di dipartimento e
coordinatore di corso di studio o di dottorato; |
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q) facoltà, per le università con un
organico di professori e ricercatori a tempo indeterminato inferiore a cinquecento unità,
di individuare una articolazione organizzativa interna semplificata cui attribuire
unitariamente le funzioni di cui alle lettere n), o) e p); |
q) facoltà, per le università con
un organico di professori e ricercatori a tempo indeterminato inferiore a cinquecento
unità, di individuare una articolazione organizzativa interna semplificata cui attribuire
unitariamente le funzioni di cui alle lettere n), o) e p); |
|
|
r) previsione dell'istituzione in ciascun
dipartimento di una commissione paritetica docentistudenti per lassicurazione della
qualità della didattica, con la competenza ad esprimere il proprio parere
sullattivazione di nuovi corsi di studio, svolgere attività di monitoraggio
dellofferta formativa e contribuire alla valutazione dei risultati della stessa; |
r) previsione dell'istituzione in ciascuna
Facoltà dipartimento di una commissione paritetica docenti studenti
per lassicurazione della qualità della didattica, con la competenza ad esprimere il
proprio parere sullattivazione di nuovi corsi di studio, svolgere attività di
monitoraggio dellofferta formativa e contribuire alla valutazione dei risultati
della stessa; |
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|
s) previsione di principi a tutela della
rappresentanza studentesca, ivi inclusa la possibilità di accesso, nel rispetto della
vigente normativa, ai dati necessari per lesplicazione dei compiti ad essa
attribuiti; previsione della facoltà di attivare organi di coordinamento delle
rappresentanze studentesche; |
s) previsione di principi a tutela della
rappresentanza studentesca, ivi inclusa la possibilità di accesso, nel rispetto della
vigente normativa, ai dati necessari per lesplicazione dei compiti ad essa
attribuiti; previsione della facoltà di attivare organi di coordinamento delle
rappresentanze studentesche; |
|
|
t) previsione che le ulteriori modifiche
dello statuto siano adottate con le procedure di cui al comma 3. |
t) previsione che le ulteriori modifiche
dello statuto siano adottate con le procedure di cui al comma 3. |
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|
2. Gli istituti di istruzione universitaria
a ordinamento speciale adottano proprie modalità di organizzazione fatto salvo quanto
previsto alle lettere a), b), c), d), f), g), h), i), j), k), l), e s). |
2. Gli istituti di istruzione universitaria
a ordinamento speciale adottano proprie modalità di organizzazione fatto salvo quanto
previsto alle lettere a), b), c), d), f), g), h), i), j), k), l), e s). |
|
|
3. Il testo contenente le modifiche
statutarie di cui ai commi 1 e 2 è predisposto da apposito organo composto da non più di
15 membri, incluso il rettore con funzioni di presidente, designati pariteticamente dal
senato accademico e dal consiglio di amministrazione, inclusa una rappresentanza degli
studenti, e adottato con delibera del senato accademico e del consiglio di
amministrazione, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. |
3. Il testo contenente le modifiche
statutarie di cui ai commi 1 e 2 è predisposto da apposito organo composto da non più di
15 membri, incluso il rettore con funzioni di presidente, designati pariteticamente dal
senato accademico e dal consiglio di amministrazione, inclusa una rappresentanza degli
studenti, e adottato con delibera del senato accademico e del consiglio di
amministrazione, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. |
|
|
4. In caso di mancato rispetto del termine
di cui al comma 1 il Ministero assegna alluniversità interessata un congruo termine
per adottare le modifiche statutarie; decorso inutilmente tale termine, il Ministro
costituisce una commissione composta da presidente e due membri in possesso di adeguate
competenze professionali, con il compito di predisporre le opportune modifiche statutarie
da sottoporre alla successiva approvazione ministeriale ai sensi dellarticolo 6
della legge n. 168 del 1989. Ai componenti della commissione spetta esclusivamente il
rimborso delle spese di missione con onere a carico dellapposito capitolo dello
stato di previsione del Ministero. |
4. In caso di mancato rispetto del termine
di cui al comma 1 il Ministero assegna alluniversità interessata un congruo termine
per adottare le modifiche statutarie; decorso inutilmente tale termine, il Ministro
costituisce una commissione composta da presidente e due membri in possesso di adeguate
competenze professionali, con il compito di predisporre le opportune modifiche statutarie
da sottoporre alla successiva approvazione ministeriale ai sensi dellarticolo 6
della legge n. 168 del 1989. Ai componenti della commissione spetta esclusivamente il
rimborso delle spese di missione con onere a carico dellapposito capitolo dello
stato di previsione del Ministero. |
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|
5. Al fine di sviluppare un organico ed
efficiente sistema nazionale di dottorati di ricerca improntati alla valorizzazione della
qualità e del merito secondo criteri di un ottimale utilizzo delle risorse e
delladesione alle migliori pratiche internazionali, entro 120 giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro, adottato ai sensi
dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 sono definiti, nel rispetto
dei principi di cui allarticolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210, i principi ed i
criteri per listituzione e la disciplina dei corsi di dottorato di ricerca e delle
relative scuole. |
5. Al fine di sviluppare un organico ed
efficiente sistema nazionale di dottorati di ricerca improntati alla valorizzazione della
qualità e del merito secondo criteri di un ottimale utilizzo delle risorse e
delladesione alle migliori pratiche internazionali, entro 120 giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro, adottato ai sensi
dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 sono definiti, nel rispetto
dei principi di cui allarticolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210, i principi ed i
criteri per listituzione e la disciplina dei corsi di dottorato di ricerca e delle
relative scuole. |
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|
6. Entro 120 giorni dallentrata un
vigore della presente legge le università, fatto salvo quanto previsto alla lettera q)
del comma 1, provvedono a riorganizzare i dipartimenti assicurando che a ciascun
dipartimento afferisca un numero di professori e ricercatori a tempo indeterminato non
inferiore a 30, ovvero 40 nelle università con un organico di professori e ricercatori a
tempo indeterminato superiore a mille unità, e di ricercatori di cui allarticolo 1,
comma 14 della legge 4 novembre 2005, n. 230, afferenti a settori scientifico-disciplinari
omogenei. |
6. Entro 120 giorni dallentrata un
vigore della presente legge le università, fatto salvo quanto previsto alla lettera q)
del comma 1, provvedono a riorganizzare i dipartimenti assicurando che a ciascun
dipartimento afferisca un numero di professori e ricercatori a tempo indeterminato non
inferiore a 30, ovvero 40 nelle università con un organico di professori e ricercatori a
tempo indeterminato superiore a mille unità, e di ricercatori di cui allarticolo 1,
comma 14 della legge 4 novembre 2005, n. 230, afferenti a settori scientifico-disciplinari
omogenei. |
|
|
7. Il rispetto dei principi di
semplificazione, efficienza ed efficacia di cui al comma 1 rientra tra i criteri di
valutazione delle università valevoli ai fini dellallocazione delle risorse
statali. |
7. Il rispetto dei principi di
semplificazione, efficienza ed efficacia di cui al comma 1 rientra tra i criteri di
valutazione delle università valevoli ai fini dellallocazione delle risorse
statali. |
|
Allo scopo di impedire il voto di
scambio, le delibere degli organi collegiali di ogni livello, relative alla istituzione di
insegnamenti e corsi di studio devono aver luogo con votazione separata per ognuno di
essi, pena la loro nullità. |
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Articolo 3 |
Articolo 3 |
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Fusione e aggregazione federativa degli
atenei |
Fusione e aggregazione federativa degli
atenei |
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1. Al fine di migliorare la qualità,
lefficienza e lefficacia dellattività didattica, di ricerca e
gestionale e di ottimizzare lutilizzazione delle strutture e delle risorse due o
più università possono fondersi, ovvero aggregarsi, anche limitatamente ad alcuni
settori di attività, in strutture federative sulla base di un progetto contenente, in
forma analitica, le motivazioni, gli obiettivi e lindicazione della procedura da
seguire per ladozione dello statuto della struttura federativa e le modifiche da
apportare ai rispettivi statuti in conformità a principi di semplificazione, trasparenza
ed efficienza. Il progetto dà conto altresì della compatibilità finanziaria della
fusione ovvero dellaggregazione. |
1. Al fine di migliorare la qualità,
lefficienza e lefficacia dellattività didattica, di ricerca e
gestionale e di ottimizzare lutilizzazione delle strutture e delle risorse due o
più università possono fondersi, ovvero aggregarsi, anche limitatamente ad alcuni
settori di attività, in strutture federative sulla base di un progetto contenente, in
forma analitica, le motivazioni, gli obiettivi e lindicazione della procedura da
seguire per ladozione dello statuto della struttura federativa e le modifiche da
apportare ai rispettivi statuti in conformità a principi di semplificazione, trasparenza
ed efficienza. Il progetto dà conto altresì della compatibilità finanziaria della
fusione ovvero dellaggregazione. |
|
La forma federativa si intende relativa
alla amministrazione, non alla struttura didattica dellAteneo che, invece, va
impostata unitariamente. |
|
|
2. Il progetto di cui al comma 1,
approvato, su proposta del rettore, dal consiglio di amministrazione di ognuno degli
atenei interessati, sentito il rispettivo senato accademico, è sottoposto allesame
del Ministero, il quale, acquisito il parere dellAgenzia nazionale per la
valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), emana il decreto di fusione
ovvero di aggregazione federativa, che dispone altresì in merito ai trasferimenti
finanziari e di personale. |
2. Il progetto di cui al comma 1,
approvato, su proposta del rettore, dal consiglio di amministrazione di ognuno degli
atenei interessati, sentito il rispettivo senato accademico, è sottoposto allesame
del Ministero, il quale, acquisito il parere dellAgenzia nazionale per la
valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), emana il decreto di fusione
ovvero di aggregazione federativa, che dispone altresì in merito ai trasferimenti
finanziari e di personale. |
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Sempre più insistenti le voci che
"parti politiche" premerebbero su Calzolari in favore di Ivano DIONIGI
rettore. Come è tradizione di questo sito, da sempre riteniamo che i partiti politici e
le varie "chiese"
devono rimanere fuori dall'università. L'art. 33 della Costituzione lo obbliga. Gli
elettori hanno questo diritto
e si ricordino che, in termini di forza elettorale, il favore di un
rettore in scadenza vale "meno di zero". |
Giorgio Cantelli Forti
|
Proseguiamo la
rassegna dei programmi dei Candidati
Giorgio CANTELLI FORTI
versus
Ivano DIONIGI |
Ivano Dionigi
|
Nino Luciani, Un breve identikit dei due
Giorgio Cantelli Forti
( 65 anni) è discontinuo rispetto all'attuale gestione dell'ateneo (l'abbiamo visto
nelle battaglie in Consiglio di Amministrazione). Farmacologo e tossicologo. Ha esperienza
di preside (Farmacia), è presidente del Polo di Rimini, e ha anche navigato in ambienti
europei. E' uomo dal piglio manageriale e con le spalle grosse per
affrontare problemi importanti e difficili.
Punta al ripristino della legalità nel governo dell'ateneo.
In primo luogo, perchè sia dei professori la guida della
politica universitaria, e dei Dirigenti amministrativi la sua attuazione. In questo senso
è per lui prioritara la riforma dello Statuto, in senso democratico: con un rettore
"primus inter pares" e una squadra omogenea e con competenze
ben definite e ci sia, sull'Esecutivo, il controllo democratico del Consiglio di Amm.ne e
del Senato, mancato finora.
In secondo luogo, perchè siano applicate fedelmente le
leggi, in quanto il rispetto delle leggi è l'imprinting educativo, con cui i giovani
devono uscire dall'università.
In punti qualificanti del suo programma (da lui proposto in
ordine di priorità) sono: 1. - La governance
di un Ateneo policentrico .2.- Personale Docente e Ricercatore 3.- Gli Studenti e la
didattica .4.- La ricerca .5.-Personale Tecnico e Amministrativo .6.-
Internazionalizzazione .7.- Risorse e bilancio. 8. - Edilizia. 9. - Proposta di una nuova
organizzazione dei servizi dell'ateneo. 10.- Università e città: rinnovare un rapporto.
Ha manifestato prudenza nell'abolire di colpo il biennio (dopo i 70
anni), senza prima aver verificato la possibilità della sostituzione con nuove
assunzioni.
La priorità data alla riforma dello statuto rivela la sua
consapevolezza che l'Ateneo è maturo per una governance democratica, che metta fine
all'epoca dei Rettori con i "pieni poteri". Del resto la rivolta contro Fabio
Roversi Monaco, sul finire del suo mandato, (ben lungi dall'oscurarne l'immensa opera) fu
semplicemente la domanda della Comunità scientifica di partecipare alla sua gestione e di
controllarlo. Per questo (all'ultimo) sono stato fra quelli che, pur avendolo
avversato lungamente per i metodi, gli avevano votato la proroga, pensandolo deciso a
modificare lo Statuto. Ma non andò così, perchè il successivo CdA era risultato
controllato dai rivoltosi. Alla fine del mandato, lo statuto di Roversi risulterà
in qualche modo sfasato rispetto ai tempi, e c'era l'aggravante che egli stava per
consegnare al successore una macchina (lo statuto) di forza superiore alla
"patente" in suo possesso (e che, anzi, si era impegnato a modificare, ma poi
... senza mantenere l'impegno, finendo per mandare in bestia Paolo Pombeni..., il cui
progetto chiuse in un cassetto). |
Ivano Dionigi (
62 anni) è continuo all'attuale rettore. Non ha esperienza di preside. Latinista.
Inizia la sua carriera politica in modo organico nel PCI e poi nel PDS (ma questo
non va letto per forza come una cosa negativa), ed è membro del Comitato scientifico
dell'Istituto Gramsci.
Nonostante la lunga presenza negli Organi (Consiglio di Amm.ne e Senato,
Direttore del Collegio dei Direttori di Dipartimento), appare più uomo di interessi
culturali e filosofici, che uomo con capacità operativa di amministratore della cosa
pubblica.
Ha partecipato alla casta che portò al potere Calzolari, in
opposizione a Fabio Roversi Monaco, ma con un affondo eccessivo (da cui mi distaccai alla
fine del suo mandato), volto ad oscurare d'emblé la figura storica del grande Rettore.
I punti qualificanti del programma (da lui proposto in ordine
alfabetivo) sono: 1.- Amministrazione ". 2.- Didattica e Formazione " .3.-
Dottorato di Ricerca ". 4.- Edilizia ". 5.- Facoltà Medica " .6.-
Internazionalizzazione ". 7.- Multicampus " .8.- Programmazione ruoli "
.9.- Questione studentesca ". 10.- Ricerca e Trasferimento tecnologico .11.- Risorse
". 12.- Statuto ".
Nel suo programma, la priorità è l'Amministrazione,
mentre la riforma dello Statuto è "davvero" al dodicesimo
posto (l'ultimo), pur se sotto il velo dell'alfabeto.
Il fatto che l'Amministrazione sia al primo posto non è, per se stesso, un
punto di demerito, se non fosse che in questi anni abbiamo troppo sofferto di dittatura
della burocrazia.
E' coerente, con questa priorità, il fatto che la riforma dello Statuto sia il
dodicesimo dei suoi pensieri. E siccome un uomo normale non può reggere da solo il peso
di un ateneo grande come quello di Bologna, ecco spiegato perchè la Amministrazione
occupa il primo posto nel suo programma. Se ne trae l'immagine di un
promesso rettore, all'insegna gattopardesca che "tutto cambi perchè nulla
cambi".
Ma, fino al ''700, non facendo nulla, tutto sarebbe rimasto come prima. Non
così nel 2000, e lo vediamo da Calzolari che, non avendo fatto nulla, ci lascia un ateneo
con 20.000 studenti in meno.
E adesso, dandosi egli da fare per garantire continuità alla sua linea e al
suo gruppo, finirà per non farsi neppure ringraziare, un atto che formalmente sarebbe
dovuto a chiunque ha lavorato dando quello che ha potuto. |
|
I
PROGRAMMI DEI DUE CANDIDATI
Per una visione dei programmi in
originale, si vegga:
|
Elezioni del Rettore - Notizie sui candidati
|
Il prof.
Giuseppe Sassatelli, archeologo, già Preside:
apertamente "discontinuo", analitico, metodico, testardo
quanto serve |
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Dalla Facoltà di Lettere e Filosofia, abbiamo ripescato
una vecchia Delega al Preside SASSATELLI perchè
ne rappresentasse i problemi al candidato rettore di allora
Si direbbe che, adesso, la Delega impegni Lui oggettivamente, quale
candidato a rettore
Qui sotto: il DOCUMENTO di delega approvato
all'unanimità dal Consiglio di Facoltà - 15 feb 2005
Sotto, anche la lettera di Lui al corpo accademico dell'
Ateneo per comunicare la propria candidatura a Rettore
|
Giuseppe Sassatelli
|
I punti del Documento della Facoltà di LF
1. La ricerca
2. La didattica
3. Gli spazi
4. Gli Organici.
5. Il governo dell'Ateneo
6. Ulteriori Riflessioni:
a) I Dipartimenti
b) L'Ateneo e la sua organizzazione
c) Il rapporto tra gli Organi di Ateneo
d) I rapporti con le sedi decentrate
della Romagna1. La ricerca.
Molti segnali, specie in questi ultimi tempi anche sull'onda di una discutibile
politica nazionale, vanno nella direzione di un progressivo ridimensionamento del ruolo e
dell'importanza della ricerca che si svolge all'interno della nostra Facoltà e della
nostra area. Alla ricerca di ambito umanistico non viene di fatto riconosciuta pari
dignità rispetto a quella delle altre aree dell'Ateneo e di conseguenza essa non viene
adeguatamente sostenuta sul piano finanziario e delle attrezzature, con la conseguente
difficoltà di mantenere i livelli di eccellenza che essa ha raggiunto in molti settori e
che le sono ampiamente riconosciuti, anche sul piano internazionale. Occorre trovare
meccanismi attraverso i quali la nostra ricerca, le sue strutture organizzative
(Dipartimenti, Dottorati, Assegni ecc.), i suoi laboratori (Biblioteche in primo luogo, ma
anche altre strutture laboratoriali di alta qualità), i suoi canali di finanziamento
(progetti pluriennali, medie attrezzature, 60% e 40%, ed altro) non vengano continuamente
messi in discussione e di fatto penalizzati. Fatte salve le peculiarità e le diversità
delle singole aree e dei relativi costi, è necessario che si riconosca alla nostra
ricerca il ruolo e il peso che essa effettivamente ha e un adeguato sostegno economico
attraverso parametri certi e trasparenti che si basino, per tutti, solo ed esclusivamente
sulla qualità dei risultati conseguiti e sul numero dei ricercatori impegnati, rivedendo
gli attuali criteri di distribuzione delle risorse.
2. La didattica. Il numero molto alto degli studenti (sia nelle Lauree
Triennali che nelle nuove Lauree Specialistiche le quali, attivate solo quest'anno, hanno
già superato 700 iscritti), i numerosi Corsi di Studio e la loro complessa articolazione
interna richiedono investimenti sempre maggiori. Occorre garantire da un lato condizioni
quanto meno decorose e, ancora una volta, di pari dignità a tutti i nostri studenti
(Aule, Biblioteche, Laboratori ecc.) e dall'altro una formazione di alto profilo. E per
farlo servono impegni precisi sul piano delle risorse, degli spazi e della docenza. Il
sostegno diretto alla didattica (contratti, tutorati, e altri necessari strumenti di
supporto) deve essere rapportato al numero degli studenti, evitando disparità che non
hanno ragione di essere visto che almeno per i servizi di base della didattica non
dovrebbe esistere lo studente "pesato", così come lo intende oggi il Ministero,
e il numero alto degli studenti deve essere preso nella giusta considerazione, senza
contare il fatto che a termini di legge già ora diversi Corsi di Studio della nostra
Facoltà dovrebbero essere sdoppiati. Bisogna evitare che la pluralità dei Corsi a cui i
Docenti sono chiamati, il numero molto alto dei frequentanti e quindi degli esami e delle
tesi provochino un pericoloso snaturamento della funzione docente sbilanciandola
eccessivamente sulla didattica con grave danno per la ricerca.
3. Gli spazi. La esigenze delle didattica (e anche quelle della
ricerca, ad essa strettamente collegata, specie per quanto riguarda le Lauree
Specialistiche) richiedono un consistente aumento degli spazi con particolare riguardo
alle aule, anche di piccole dimensioni, e ai laboratori in funzione soprattutto delle
Specialistiche. Occorre predisporre un piano immediato per l'emergenza che è alle porte e
un piano di più larga previsionalità che predefinisca la disponibilità di spazi che,
nell'ambito dell'attuale centro storico e del plesso di via Zamboni, si rendano via via
disponibili in modo da costituire un vero "Polo Didattico" della Facoltà che
consenta tra l'altro un maggiore coordinamento delle diverse attività.
4. Gli Organici. Nelle ultime tornate la distribuzione di nuove
risorse di personale docente e ricercatore si è basata soprattutto sulla necessità di
dotare tutte le Facoltà, specie quelle della Romagna, dei numeri minimi di docenza
previsti dalla legge per ogni Corso di Studio senza mai prendere in considerazione il
fatto che il problema si potrebbe risolvere anche razionalizzando e diminuendo il numero
dei Corsi di Studio attivati. Questo parametro non può più essere mantenuto e in questa
operazione si deve invece tenere conto sempre di più dei numeri e in particolare del
rapporto docenti-studenti che all'interno della nostra Facoltà è di quasi 1:60 se si
considerano anche i ricercatori, e di oltre 1:80 se si considerano solo le due fasce
docenti (associati e ordinari), un rapporto altissimo che, assieme ad Economia e a
Giurisprudenza, ci pone ai livelli più sfavorevoli di tutto l'Ateneo e che non ci
consente di erogare una didattica di alta qualità. In considerazione del fatto che ci
sono Facoltà a numero chiuso e ci sono settori disciplinari che vanno comunque
salvaguardati anche prescindendo dal numero degli studenti, tale parametro non potrà
essere generalizzato. Si ritiene legittimo tuttavia ribadire che almeno il 70% dei posti
nuovi e di quelli riequilibrio deve essere distribuito sulla base di questo criterio
rapportato ai singoli Corsi di Laurea. E inoltre per garantire il livello raggiunto con
alcuni docenti di grande prestigio nazionale e internazionale, andati fuori ruolo o in
pensione di recente, la Facoltà ritiene indispensabile un provvedimento mirato
dell'Ateneo che consenta di predisporre alcune chiamate esterne e di alto profilo.
5. Il governo dell'Ateneo e la "rappresentanza" della
Facoltà. La Facoltà ritiene infine che all'interno degli Organi e delle cariche di
governo dell'Ateneo debba esserci una sua significativa rappresentanza, qualificata sia
per capacità che per competenza, e soprattutto proporzionata al peso quantitativo e
qualitativo che la Facoltà oggettivamente detiene (quasi un quinto degli studenti
dell'Ateneo e circa un settimo del personale docente e ricercatore) in modo da potere dare
il suo contributo al governo dell'ateneo, con particolare riguardo ai punti sopra esposti,
offrendo competenze e disponibilità che, proprio in quanto largamente rappresentative
della Facoltà e condivise, siano ad essa sempre e comunque strettamente correlate.
6. Ulteriori Riflessioni
a) I Dipartimenti. Per una Università che deve fondarsi su un
intreccio profondo tra ricerca e didattica, intreccio particolarmente importante
nell'organizzazione nel funzionamento delle Lauree Specialistiche, è essenziale
riconoscere ai Dipartimenti un peso che corrisponda all'importanza del loro ruolo e delle
loro funzioni nella vita e nella gestione della Facoltà (cosa che del resto già avviene)
oltre che dell'Ateneo riconoscendo al Collegio dei Direttori meccanismi di partecipazione
maggiore e più diretta al governo dell'Ateneo e dotando i Dipartimenti di risorse
adeguate quanto meno alle molte funzioni che esplicano.
b) L'Ateneo e la sua organizzazione. La complessità sempre maggiore
della struttura dell'Ateneo si è tradotta in un progressivo appesantimento del suo
apparato organizzativo con ricadute pesanti anche sulla Facoltà e sui Dipartimenti i
quali devono attenersi a procedure lunghe e complesse per l' esercizio delle loro
funzioni. Occorre introdurre criteri e meccanismi di funzionamento che semplifichino
radicalmente le procedure attuali allo scopo di ottenere in tempi rapidi una maggiore
flessibilità ed una maggiore efficienza di tutto l'assetto organizzativo anche per
evitare che docenti, personale tecnico-amministrativo e studenti, sempre più oberati da
incombenze e da complicazioni gestionali, allentino il loro impegno e la loro
disponibilità a collaborare.
c) Il rapporto tra gli Organi di Ateneo. Uno degli aspetti più
evidenti delle complicazioni gestionali indicati al punto precedente è la scarsa
chiarezza sulle prerogative e sulle funzioni dei diversi Organi di Ateneo (Senato
Accademico, Consiglio di Amministrazione e Commissioni di Ateneo) e in particolare della
Giunta di Ateneo della quale spesso non sono ben chiari i compiti e i ruoli. Ciò comporta
inevitabilmente non solo inutili sovrapposizioni, ma anche contraddizioni o addirittura
contrapposizioni nelle decisioni da prendere con un inevitabile appesantimento delle
procedure che rischia in taluni casi di paralizzare o di rallentare fortemente la macchina
organizzativa. Occorre una riflessione approfondita sulla composizione e sulle funzioni di
questi Organi con particolare riguardo da un lato al ruolo delle Commissioni e dall'altro
alla composizione e ai poteri della Giunta. d) I rapporti con le sedi decentrate
della Romagna. Il decentramento in Romagna riguarda la Facoltà sia direttamente
(due Corsi di Laurea ha sede a Rimini) che indirettamente cioè sul piano più generale
dei rapporti tra Bologna e la Romagna che hanno comunque ricadute sulle strutture
didattiche e scientifiche radicate a Bologna come le nostre. Va superata la sterile
contrapposizione tra Bologna e la Romagna affrontando da un lato il problema di una seria
programmazione di tipo culturale che individui i settori e le aree da potenziare in
Romagna evitando duplicazioni inutili e concorrenziali; e cercando dall'altro risorse
specifiche per il decentramento in Romagna in modo da alleggerire la pressione sulle
risorse generali di Ateno. Il rapporto tra Bologna e la Romagna richiede una riflessione
anche sul piano statutario per meglio calibrare il ruolo e lo spazio operativo dei Poli e
delle loro articolazioni al fine di garantire una migliore programmazione di Ateneo e un
più corretto rapporto con gli Enti locali. |
LA LETTERA del giugno 2008 -
Alle colleghe e ai colleghi dell'Università di Bologna
Carissime colleghe e carissimi colleghi,
desidero comunicarvi che ho deciso di porre la mia candidatura alla
elezione del Rettore per il quadriennio 2009-2013.
1.- La elezione del Rettore non è più una questione di Facoltà o di aree,
ma è un problema di persone, di esperienza, di consapevolezza dei
problemi e di formulazione di idee, in modo del tutto trasversale rispetto alla
collocazione accademica e disciplinare di ciascuno di noi.
E allora:
- sulla base della mia esperienza personale, prima come Direttore di
Dipartimento e poi come Preside di Facoltà, con 12 anni di presenza in Senato
Accademico (6 anni come rappresentante d'area-Direttore di Dipartimento e 6 anni come
Preside);
- considerando le sollecitazioni che mi sono giunte da più parti,
particolarmente significative perchè trasversali e variegate,
- ho preso la decisione di candidarmi.
Non sono in grado ora come ora di proporvi un programma definito
e articolato perché questo dovrà scaturire da più stretti colloqui che nei prossimi
mesi spero di avere con molti di voi e dai quali trarrò gli elementi per costruire un
progetto di governo.
Mi pare tuttavia indispensabile rendervi partecipi di alcune
considerazioni preliminari sulla nostra Università, su quanto ci attende nei prossimi
anni e soprattutto sui problemi che il nuovo Rettore dovrà affrontare.
2.- Questo è un momento che pare drammatico per l'Università
italiana.
Capisco che questa asserzione non giovi a chi cerca consenso (e forse
anche per questo se ne è parlato poco); ma non credo sia saggio ignorare i problemi che
vanno invece conosciuti e analizzati per individuarne le soluzioni più adeguate.
Dai recenti provvedimenti del Governo, come le pesanti e progressive
decurtazioni del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO), le gravi limitazioni al turn-over
dei prossimi anni, la possibilità di trasformare le Università in Fondazioni, o anche
l'allungamento su base triennale degli scatti stipendiali, disgiunto da qualsiasi proposta
di introdurre virtuosi meccanismi di controllo e di premiazione selettiva,
si deduce chiaramente che si è ormai radicata a livello governativo
una linea, purtroppo comune a tutte le forze politiche, di scarsissima considerazione
dell'Università pubblica la quale dovrà 'rassegnarsi' nei prossimi anni ad avere sempre
minori finanziamenti governativi e a cercare inevitabilmente nuove forme di sostegno
economico, tutte da inventare e da costruire.
3.- A questi si devono aggiungere i problemi interni del
nostro bilancio, forse enfatizzati in questi ultimi anni, ma di certo non
trascurabili se si tiene conto del fatto che i semplici aumenti stipendiali vanno ad
erodere le capacità di investimento su strutture e personale.
Se saremo costretti a sacrifici dovremo farlo però all'interno di
progetti complessivi e di lunga durata, evitando quei repentini cambiamenti di rotta che
in questi ultimi anni ci hanno impedito una programmazione consapevole.
Noi docenti dobbiamo essere rassicurati sul recupero pieno della
nostra funzione e del nostro ruolo alleggerendoci dalle molte incombenze istituzionali e
organizzative e consentendoci di guadagnare tempo per la ricerca e per lo studio, nella
convinzione che ciò consentirà alla nostra Università di mantenere o di guadagnare
posizioni nelle classifiche internazionali all'interno delle quali già ora gode di
importanti riconoscimenti.
4.- Il futuro Rettore dovrà conoscere bene sia i meccanismi della
ricerca (Dipartimenti) che quelli della didattica (Facoltà) perché nessuno, in
una Università di grande tradizione come la nostra, potrà mai pensare seriamente di
separare questi due fondamentali aspetti della struttura universitaria che si alimentano e
si arricchiscono reciprocamente.
La nostra Università è molto invecchiata e la necessità di aprire
ai giovani non deve limitarsi solo al reclutamento dei ricercatori, che pure va sostenuto,
ma deve riguardare anche l'immissione dei più bravi tra questi nella docenza con la
possibilità quindi di assumere funzioni direttive e di responsabilità.
5.- L'Università è diventata una machina molto grande e
complessa, tale da richiedere, per un governo efficace, strumenti e meccanismi
assolutamente innovativi per evitare che la 'complessità', di fatto una
ricchezza, si trasformi in complicazione. E in questa necessaria rivisitazione
dell'apparato amministrativo sarà necessaria una distinzione tra chi ha la
responsabilità politica di prendere le decisioni e chi ha il compito di definire
meccanismi e procedure per metterle in pratica con rapidità ed efficacia.
Le procedure troppo complesse vanno eliminate quando dipendono da noi;
vanno combattute nelle sedi opportune quando dipendono dal governo centrale.
L'apparato amministrativo deve tornare al servizio delle decisioni
'politiche', deve essere semplificato e deve essere in piena sintonia con gli organi
dell'Ateneo.
6.- L'Università deve intrecciare un corretto
rapporto con la città (Bologna) non solo per la necessità di trovare soluzioni
rapide e condivise ai problemi degli studenti e della loro accoglienza, superando le
attuali forme speculative su questa presenza, ma anche perché l'Università deve trovare
nuove capacità e nuovi modi per mettere in campo, nelle città e nei loro territori
(Bologna e Romagna), le sue eccellenze nella innovazione e nella ricerca e le sue
capacità di entrare nel mercato delle cultura e dei servizi.
Va superata per Bologna l'attuale contrapposizione tra due corpi
separati i cui unici punto di contatto sembrano essere la speculazione sugli alloggi e il
degrado ambientale di certe aree delle città e della zona universitaria.
Nei suoi rapporti con le città e con il mondo esterno l'Università
deve riaffermare e difendere i valori della sua autonomia, anche e soprattutto dalla
"politica", centrale e locale, nella consapevolezza che qualsiasi tangenza,
attuale o passata, possa in qualche modo offuscare questo importante valore.
Ciò è particolarmente evidente per la Facoltà di Medicina e
Chirurgia i cui rapporti con la Regione e con il Servizio Sanitario Nazionale devono
riguadagnare posizioni sul piano dell'autonomia e del reciproco riconoscimento di ruoli e
funzioni, al di sopra e al di fuori di qualsiasi pressione e sconfinamento.
La Facoltà di Medicina è una Facoltà 'speciale' proprio per
queste sue caratteristiche; ma è comunque una Facoltà dell'Ateneo e come tale le deve
essere garantito il diritto a programmare e decidere la sua ricerca e la sua didattica,
senza isolamenti e autarchie, ma anche senza pressioni troppo pesanti e ingiustificate.
7.- Alla Romagna, realtà consolidata del nostro
decentramento con soluzioni che potrebbero essere utilmente adottate anche nella sede
bolognese, va dedicato uno sforzo definitivo per conseguire l'obiettivo di un
vero 'campus', dove le singole sedi siano in grado di interagire pariteticamente tra loro
e con la sede storica.
Tale sforzo dovrebbe concretizzarsi prevalentemente:
- nella trasformazione o nell'accorpamento in Facoltà di quei Corsi
di Laurea che hanno la 'Facoltà madre' a Bologna;
- oltre che nel radicamento della ricerca attraverso
l'istituzione di nuovi Dipartimenti per i settori di ricerca nuovi o la costituzione di
sedi o sezioni di Dipartimento (o anche forme meno strutturate e più flessibili di
ricerca come ad esempio 'Dipartimenti tematici') per evitare sia inutili duplicazioni di
strutture che 'insiemi' scientificamente eterogenei che finirebbero con il sovrapporsi
alle Facoltà.
Ciò consentirà una effettiva pariteticità tra sede bolognese e sedi
romagnole il cui attuale assetto organizzativo va comunque sostenuto anche per favorire
quest'ultimo passaggio.
8.- Il recentissimo documento della Commissione per la
revisione dello Statuto può costituire un importante passo verso quelle riforme
che sono sempre più urgenti.
Il mutamento degli assetti di governo dove la semplificazione e
l'efficacia dei processi decisionali non devono essere disgiunti dalla trasparenza e da
una buona rappresentatività;
e il cambiamento del meccanismo per l'elezione del Rettore con un
turno unico che senza sminuire il peso del voto eviterebbe 'contrattazioni' non sempre
virtuose tra candidati,
sono due ottimi punti di partenza per quel cambiamento che non
possiamo più rinviare.
Se la volontà politica espressa da molti è sincera e convinta non ci
dovrebbero essere ostacoli per procedere rapidamente e in tempo utile con quella revisione
della Statuto che tra l'altro sarebbe opportuno venisse fatta da chi, Organi e Rettore,
avendo governato in questi anni, conoscono bene difetti e carenze del nostro Ateneo.
9.- La complessità delle situazioni e la gravità dei problemi,
locali e nazionali, impongono una svolta radicale e fortemente innovativa, un giro di boa
che reimposti struttura e organizzazione della nostra Università.
Ed è su questo che vorrei si concentrasse il dibattito della prossima
campagna elettorale partendo dalla conoscenza reale dei molti problemi da risolvere, dalla
proposta di metodi appropriati per risolverli e di cose da fare, dalla individuazione di
persone capaci e dalla elaborazione di un progetto che non può derivare da una meccanica
giustapposizione di ogni singola aspettativa, ma deve ispirarsi ad un disegno complessivo
e di condivisa utilità generale.
Ed è proprio sulle idee e sulle cose, non sulle promesse, sia di
cariche sia di soluzioni demagogiche, che va cercato e ottenuto il consenso.
E' una sfida difficile e complessa alla quale dedicherò il mio
tempo nei prossimi mesi nella convinzione di potere dare un contributo a questo nostro
Ateneo che merita un futuro degno del suo passato.
Lavorerò insieme con voi alla stesura di una programma dettagliato
che naturalmente vi invierò appena terminato. Già da ora sono a disposizione per
incontri, contatti e scambi di idee, naturalmente anche via e-mail dove mi potrete
raggiungere con facilità. Molti cari saluti. GS |
Il Consiglio delega il Preside a illustrare e discutere questi punti con i Presidi
delle altre Facoltà dell'area umanistica e di altre aree vicine, con l'obiettivo di
coinvolgerle nell'analisi e nelle proposte in modo tale che esse possano essere fatte
proprie auspicabilmente da tutta l'area umanistica (e anche da un'area più vasta) e come
tali essere presentate al Rettore in carica, oltre che ad altri eventuali candidati. Il
Consiglio delega infine il Preside a sottoporre prima di tutto al Rettore in carica, che
ha reso noto la sua intenzione di ricandidarsi, e anche agli altri eventuali candidati
tutti i punti sopra esposti, richiedendo per ciascuno di essi una chiara ed esplicita
presa di posizione sulla base della quale i colleghi della Facoltà discuteranno e
valuteranno il comportamento da tenere nelle prossime elezioni. Bologna 15
feb 2005 |
|
Piero Tosi
|
Sullo STATO DEI RAPPORTI TRA GOVERNO e UNIVERSITA'
e domande sulla CRUI, a partire da quella di Piero TOSI |
Riferimenti :
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- Audizione del Presidente della CRUI
De Cleva al Senato
- Lettera di AQUIS al
MINISTRO GELMINI MariaStella
- Lettera del Senato Acc. Univ. di
Bologna al MIN. GELMINI MariaStella
- Notizie del Prof. Piero TOSI |
|
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1.- La CRUI e lo strappo tra governi e università. La difficoltà
in cui si trovano le università italiane, nasce:
a) dalla loro impossibilità ad auto-riformarsi per mancanza di una
"guida comune" (si pensi al "sistema dei prezzi", come "guida
comune" della economia di mercato);
b) dalla carenza di progettualità dei governi, via via
succedutisi (quelli a cui spetterebbe di fornire i punti di comune riferimento, come
"guida comune"), più che dal calante supporto finanziario statale. Questo
ha generato, ormai da anni, uno strappo tra le due istituzioni.
Alla carenza di progettualità dei governi, la CRUI di alcuni anni fa
aveva cercato rimedi con importanti iniziative, volti a aiutare la parte politica, ma non
disgiunta dal "muso duro" quando la parte politica si rivelava "un sordo
che non vuol sentire". Il ricordo delle minacciate "dimissioni dei
Rettori", dall'allora Presidente della CRUI Piero Tosi, è ancora vivo in noi. E che
dire dei congressi oceanici all'Auditorium di Roma, al Foro Italico ?
Già..., ma dov'è finito Piero Tosi ? Su questo riprenderemo il filo,
più sotto.
Non è che la CRUI sia sparita del tutto. Se allunghiamo l'occhio al Senato,
vi troviamo una Audizione di tutto rispetto, alla Commissione Istruzione,
nelle scorse settimane. Ma questa Audizione, se fatta da noi, finirebbe lì. Non
è, invece, così, se fatta dalla CRUI, che ha anche il dovere dell'azione. Da
anni, ormai, c'è la totale assenza di una strategia che unisca le forze e le idee, in
collegamento con gli studenti e con l'opinione pubblica italiana, per aver udienza dal
Governo.
Come si spiega il vuoto della CRUI ? E quale la via per il suo risveglio ?
2.- Come si spiega il vuoto attuale della CRUI. L'indizio più ovvio ci
viene dalla sua situazione interna. Oggi la CRUI ha un socio di maggioranza (AQUIS) , che
scrive direttamente delle lettere al Ministro, e dentro AQUIS c'è, a sua volta, un socio
privilegiato (l'Università di Bologna) che, a sua volta scrive direttamente al Ministro.
La caratteristica politica di queste lettere non è la descrizione della
situazione generale dell'università, nel bene e nel male, ma la invocazione della
valutazione delle università afferenti, da parte del Ministro, quasi una lettera
"pietosa" per commuovere il Ministro, così da permettere a loro di dimostrare
di aver meriti e dunque il ri-finanziamento. Non vogliamo discutere del fondamento di
questi meriti, perchè l'indagine
conoscitiva del Senato, voluta del Sen. Prof. Valditara, basta e avanza per un
giudizio.
3.- E quale la via per il risveglio della CRUI ?
Mettiamoci in testa che, da sempre, i politici gradiscono le proposte dirette del settore
di competenza (meno grane ...), purchè portate concordemente. Si intende, poi, che,
poichè ci sarà qualche settore concorrente (perchè anch'esso finanziato dallo Stato),
dovrà essere compito del governo indicare il quadro di riferimento, all'interno del quale
l'università possa muoversi (es., i requisiti di accreditamento delle università, il
numero minimo delle sedi nel territorio, l'organico dei docenti...). Ma se il
Governo è incapace di fare la sua parte (cosa che è, oggi), si può procedere basandosi
su più ipotesi ed, eventualmente, il Governo si pronuncerà in un secondo momento.
Per parte CRUI, nel 2005 essa già svolgeva un ruolo di interlocuzione
propositiva: da un lato, con il Governo e con il Parlamento; e, da altro lato, con le
Comunità accademiche in tutte le loro articolazioni ed espressioni.
Era stata lanciata l'idea di una Costituente per
luniversità, per affrontare problemi irrisolti, sciogliere nodi antichi e
difficili, proporre una nuova governance, adeguata ai tempi, rivedere la composizione e le
funzioni degli Organi, ristrutturare lo stato giuridico dei docenti, i concorsi e gli
avanzamenti di carriera, ispirandosi allEuropa.
Tutto questo è sparito. Anzi, come sopra accennato, la CRUI appare,
oggi, divisa di fatto in tronconi che addirittura si combattono. Questo, di sicuro, darà
solo delusioni agli studenti e alla società civile. L''abbiamo visto, al tempo della
Moratti, quando abbiamo letto di "raggiri", denunciati troppo tardi da un
sindacato universitario, che aveva creduto che la trattativa privata (con la
Moratti) premiasse i "solisti".
Ma rimane il dovere dell'azione. E allora la via è il rilancio
dell'idea della Costituente per l'università, e dell'unità.
4.- Notizie del Prof. Piero Tosi. Il ricordo della
"forza" della Crui, in quegli anni, mi ha fatto ripensare a lui. Perchè è
caduto dall'altare alla polvere ? Sapevo che era incorso in guai giudiziari, poi superati,
e sapevo, dalla stampa, che qualcos'altro era riemerso recentemente. Forse altri, oltre a
me, si è fatto la stessa domanda su Piero Tosi e sulla CRUI.
Davvero, quella vicenda mi ha sconcertato. Da un lato avevo piena fiducia
nella Magistratura ( e l'ho tuttora); da altro lato avevo constatato personalmente, nelle
varie riunioni alla CRUI, la "montagna", quale lui era per correttezza,
sensibilità, intelligenza, capacità politica e organizzativa. Dunque, veniva ad
evidenziarsi un grande contrasto tra le due situazioni (quella della sospensione dalle
funzioni, da parte della magistratura, e quella derivante dalla stima accumulata in lui).
Ricordo che, nel 2005 si cominciò a leggere di un suo potenziale
utilizzo in ruoli di Governo. Che sia stata questa l'origine delle denunce
"private", che poi hanno fatto muovere la magistratura ? Non si può non
considerare che egli riassumeva in se, molto visibilmente, la forza politica di
rappresentante della CRUI, un organismo stimato e temuto. Ho accennato sopra ai congressi
oceanici all'Auditorium di Roma, che sicuramente erano una "promessa" importante
per l'avvenire della libertà scientifica in Italia.
Risulta che, allinizio del 2006, Piero Tosi fu raggiunto da "avvisi di
garanzia", sulla base di indagini condotte dal capo della Procura di Siena fin
dal 2002, ma tenute silenti fino ad allora. Tutto si basava su una costruzione a castello,
che vedeva alla base presunte facilitazioni in un concorso di ricercatore in Oculistica
avute dal di lui figlio, per vincerlo. Si diceva che avrebbe favorito il suo direttore, e
premiato il direttore amministrativo dell'università di Siena, per aver
sconsigliato a presentarsi al concorso un altro candidato e così via.
Risulta che il castello franò, perché il concorso è stato riconosciuto
assolutamente regolare, che la Commissione è stata riconosciuta di aver giudicato al
meglio, e che il direttore della Clinica era esente da qualsiasi addebito.
Risulta anche, dai giornali di questi ultimi mesi, che luniversità di Siena
sia nellocchio del ciclone per un dissesto finanziario; e risulta che, dalla
fine di aprile, debba rispondere di problemi di natura prevalentemente amministrativa
inerenti non ai problemi dell'università, ma ancora alle questioni sollevate all'inizio
del 2006.
Per memoria, in quegli anni luniversità di Siena fu valutata più volte la
prima in Italia e in più indagini (Censis, Comitato nazionale di valutazione, Campus,
ecc.).
Audizione del prof. DE CLEVA
Senato, Commissione istruzione
29.1.2009
"Egli pone in luce la svolta determinatasi nel 1994 nel momento in cui si è avviato
il superamento della preesistente fase di disordine attraverso la distribuzione di risorse
sulla base di parametri di carattere più generale. Evidenzia infatti che, nel periodo
precedente, si erano creati squilibri nell'assegnazione dei fondi, per eliminare i quali
occorreva elaborare criteri certi, anche al fine di incentivare un meccanismo virtuoso.
Nel ritenere positiva l'evoluzione dell'ultimo quindicennio, fa presente altresì
che in tale periodo l'idea di fondo era di aumentare le risorse per il comparto
universitario, giudicato sottofinanziato rispetto alla media europea. Rileva tuttavia
criticamente come tale percorso si sia interrotto con il decreto-legge n. 112. Dà indi
conto delle innovazioni introdotte a partire dal 2004, anno in cui il Comitato nazionale
per la valutazione del sistema universitario (CNVSU) ha predisposto un modello -
perfezionato anche con l'apporto della CRUI - per la distribuzione del Fondo di
finanziamento ordinario (FFO) ancorato alla domanda in termini di iscritti, ai risultati
dei processi formativi, nonché agli esiti dell'attività di ricerca. Si è tuttavia
registrata una crescita delle dotazioni delle università inferiore all'aumento della
spesa, anche in ragione dell'elevato costo del personale. Nel periodo 2001-2007 hanno
inciso sul comparto le nuove disposizioni sul reclutamento nonché la riforma degli
ordinamenti didattici: il cosiddetto "3+2" è stato infatti introdotto in
maniera accelerata senza vincoli per l'aumento di corsi. Ciò ha provocato, prosegue, la
polverizzazione degli insegnamenti, non arginata dagli atenei, cui si è aggiunta la
contrazione oggettiva del FFO nonché la proliferazione delle sedi, registratasi a risorse
invariate. Sottolinea quindi come tale circostanza abbia aumentato le difficoltà per gli
atenei che sono in gran parte oltre il limite del 90 per cento delle spese. Nel lamentare
che nel 2010 il costo del personale sarà ben superiore al totale del FFO, tiene a
precisare che, se da un lato, sono state ridotte altre risorse quali ad esempio gli
stanziamenti per l'edilizia universitaria e quelli per i progetti di ricerca di interesse
nazionale (PRIN), dall'altro sono lievemente aumentate le entrate provenienti da altri
soggetti, tra cui le attività in conto terzi e i contributi degli studenti e di
istituzioni europee. Con particolare riferimento alla proliferazione dei corsi, reputa
indispensabile rafforzare i vincoli, analogamente a quanto fece il governo Prodi in
termini ad esempio di requisiti minimi di docenza. Puntualizza in proposito che l'eccesso
di corsi spesso è stato incentivato dagli enti locali. Registra altresì con rammarico
gli scarsi investimenti con riferimento al diritto allo studio, di cui beneficia solo il 2
per cento degli studenti, ed esprime forte preoccupazione rispetto ai pesanti tagli che
colpiranno l'università a partire dal 2010. Dal prossimo anno, infatti, gli atenei
potranno esclusivamente pagare gli stipendi, azzerando ogni altro tipo di attività. Fa
presente poi che le università stanno applicando la possibilità di non concedere i due
anni di permanenza in servizio per i docenti e il pensionamento forzato dei dipendenti.
Pur riconoscendo la necessità di migliorare l'utilizzo delle risorse, ritiene che sia
opportuno un intervento organico in particolare sul sistema di governo e sul reclutamento,
accompagnato da un aggiornamento del modello di finanziamento. In proposito, giudica
essenziale introdurre criteri che, nel rispetto dell'autonomia, impongano precise
responsabilità agli atenei, anche attraverso ad esempio la previsione di organici
standard. Invita poi a considerare l'ipotesi di promuovere reti e consorzi, onde elevare
il livello qualitativo, favorendo al contempo la specializzazione, altrimenti lo scenario
futuro sarà assolutamente insopportabile per il comparto |
La lettera di AQUIS al Min. Gelmini, 26.2.09
Gentile Ministro,
abbiamo già avuto modo di illustrarLe, incontrandoLa il 28 novembre scorso, la posizione
dei rettori aderenti ad AQUIS sulla problematica dei finanziamenti degli Atenei italiani.
Abbiamo visto con soddisfazione un primo riconoscimento delle richieste da
noi avanzate nell'art. 2 della Legge 1/2009, ove si prevede che il 7% del FF0 venga
ripartito tra gli Atenei considerando "a) la qualità dell'offerta formativa e i
risultati dei processi formativi; b) la qualità della ricerca scientifica".
Riteniamo tuttavia che non sia possibile prescindere da un
riconoscimento effettivo e concreto della situazione di sottofinanziamento nella quale si
trovano alcuni Atenei italiani, per la mancata applicazione negli anni scorsi della
necessaria dinamica per il raggiungimento del riequilibrio secondo quanto previsto dal
modello CNVSU per lassegnazione del finanziamento statale agli Atenei.
Anche altre questioni abbiamo il dovere di sottoporre alla Sua attenzione. Ed
abbiamo pertanto deciso di affidare le nostre proposte alla lettera aperta che oggi
diffondiamo: la prima di tali questioni riguarda l'attivazione di procedure efficaci di
valutazione e lutilizzazione dei dati già disponibili, cosi da poter introdurre
elementi di tipo qualitativo, specialmente con riferimento alle attività di ricerca,
nelle procedure di allocazione dei fondi pubblici alle Università. E' necessario,
altresì, affrontare questioni sinora trascurate relative alla presenza dell'area medica
nei nostri Atenei.
Ma è fondamentale riprendere il tema cruciale dei fondi alle
Università alla luce delle norme di finanza pubblica approvate per i prossimi anni,
proponendo un metodo nuovo di ragionamento al Governo del Paese. L'approvazione della
Legge 1/2009 costituisce dunque solo un primo passo, pur importante, nella direzione
giusta, quella che AQUIS ha proposto fin dall'avvio della sua costituzione. Ora è
necessario dare attuazione a questa norma con ulteriori provvedimenti coerenti allo
spirito ed alla lettera della norma stessa. (continua qui sotto) |
La lettera del S.A. Università
di Bologna , al Ministro, 16 febb. 2009
Illustre Signor Ministro,
il Senato Accademico dellUniversità di Bologna Le invia questo appello urgente a
volere riconsiderare il finanziamento ordinario delle università per gli anni 2010 e
successivi. Tutti i tentativi di bilancio di previsione che abbiamo effettuato portano
invariabilmente alla stessa conclusione che già da tempo avevamo anticipato: la
situazione finanziaria sarà semplicemente ingestibile.
Le citiamo un solo risultato. Fa riferimento alla nostra Università e deriva
da calcoli analitici accurati: nel 2010, pur immaginando un turn-over nullo e dunque
assumendo a vantaggio del bilancio tutte le risorse conseguenti, lequilibrio del
bilancio richiederà che la spesa per la gestione (spesa totale meno la spesa non
contraibile) debba essere ridotta del 40%! Ricerca, didattica, servizi agli studenti,
sistemi informativi e bibliotecari, internazionalizzazione, edilizia e manutenzione, ecc.
subiranno un danno irreversibile. Verranno di colpo vanificati tutti gli sforzi che le
buone università italiane hanno affrontato in questi duri anni per mantenere il contatto
con luniversità europea. Questo nostro è lunico
ateneo italiano entro i primi 200 mondiali nella valutazione del Times ed è ancora il
primo nella classifica Webometrics, ma è certo che da queste classifiche scomparirà
rapidamente poiché questi risultati non dipendono soltanto dalla qualità
dellinvestimento ma anche, e in modo determinante, dallentità delle risorse
investite.
Le proponiamo di riflettere sullavvenire dei giovani ricercatori che si
vedranno precluso, questa volta in modo pressoché totale, lunico accesso agli
ambienti della ricerca ancora attivi in questo nostro paese e cioè quelli universitari.
Il brain drain, che noi attualmente lamentiamo, diventerà rapidamente un brain waste:
sarà la dissipazione della risorsa più preziosa per un paese già in grave difficoltà
di competitività ancor prima dellarrivo della crisi mondiale.
Non creda, signor Ministro, che questi argomenti contengano amplificazioni
della realtà delle cose. Consideri, per esempio, che un taglio interno del 40 % sulle
spese per la ricerca imporrà una seria limitazione nei dottorati e nei contratti di di
ricerca. Noi siamo convinti che le conseguenze dei tagli previsti dalla finanziaria
approvata nel luglio 2008 non siano state sufficientemente valutate. E certamente
sfuggito il fatto, per esempio, che, aggirandosi la spesa fissa per il personale
nellintorno del 90% del FFO, una riduzione dellordine del 10% per il 2010
avrebbe lasciato a mala pena i fondi per gli stipendi.
Probabilmente si immaginava che la contrazione del turn-over avrebbe
compensato il taglio del FFO e invece non è così: in molti atenei, soprattutto nei
maggiori, la riduzione del turn-over non bilancia nemmeno lincremento automatico
della spesa fissa per il personale.
E stato valutato che, riducendo il denominatore del rapporto
"spesa per il personale/FFO" nella misura prevista nel solo 2010 (senza contare
gli anni successivi) quasi tutte le università si troveranno con valori di quel rapporto
superiori al 90%? Con la conseguenza che esse non potranno più bandire concorsi a norma
dellart. 1 della L. 1/2009? E che cosa dovremo fare in relazione alla contribuzione
studentesca, che dovrebbe essere ridotta?
Qualcuno ha sostenuto la tesi che gli atenei devono cercare al di fuori le
risorse mancanti, ma si tratta di ipotesi frutto di scarsa conoscenza della realtà. Il
taglio 2010 per Unibo corrisponde a circa 40 M: sfidiamo chiunque ad immaginare
sorgenti esterne disponibili a fornire ogni anno una somma di queste dimensioni.
Basterebbe questo argomento per riconoscere che lipotesi delle fondazioni
universitarie non sarà praticabile se non in poche sedi favorite dalle condizioni al
contorno.
Noi La invitiamo ad adoprarsi affinché venga eliminata o sostanzialmente
ridotta quella che appare una vera amputazione delle risorse per le università e che ci
pone in controtendenza in Europa. Ella si sta lodevolmente cimentando con la riforma
generale dellUniversità, ma a poco varrebbe costruire una governance più
efficiente, per esempio, se poi dovesse essere applicata ad istituzioni esangui o non più
reattive.
Noi La invitiamo, altresì, signor Ministro, a volere considerare con
attenzione la necessità di non ignorare lingiustizia di modi di ripartizione
delle risorse che hanno generato negli ultimi dieci anni squilibri pesantissimi rispetto
ai criteri standard che lo stesso MIUR si era dato: alcuni sistemi universitari hanno
ottenuto 1000 M in più ed altri 1000 M in meno. Noi riteniamo indispensabile
che parte del 7% premiale venga destinato agli atenei che bene hanno meritato e che sono
rimasti sottofinanziati.
Unultima questione Le sottoponiamo, che si collega alla considerazione
precedente. E ormai impraticabile il ricorso a norme uniformi per un sistema, come
quello universitario, che presenta un panorama caratterizzato dalla disomogeneità. Ci
sono compiti speciali che alcuni atenei hanno assunto per effetto di dispositivi di legge:
è il caso di Unibo, per esempio, che ha operato un decentramento in Romagna sulla base
del Piano Triennale, mantenendo lunità dellateneo, ricevendo gli elogi
recenti del CNVSU per la qualità della didattica e della ricerca, facendo risparmiare
1000 M in dieci anni al Governo e non avendo ricevuto alcun sostegno specifico da
dieci anni a questa parte. Pertanto, Le sottoponiamo ancora la proposta di dar vita a veri
e propri accordi di programma, almeno per i maggiori atenei, che prevedano impegni,
verifiche e corrispondenti risorse.
Le inviamo i nostri omaggi.
F-to Il Senato Accademico dellAlma Mater Studiorum-Università di Bologna |
(Continua AQUIS) 1. La
premessa necessaria per questo è la riaffermazione della necessità di
ricorrere senza indugio all'utilizzo di adeguati strumenti di valutazione dei risultati
del lavoro degli atenei nel nostro Paese. C'è un'anomalia tutta italiana nella situazione
attuale: in nessun Paese al mondo esiste un sistema universitario fondato sul principio
dell'autonomia degli atenei senza che l'applicazione di tale principio sia accompagnata da
processi rigorosi di valutazione di come quegli atenei hanno esercitato i poteri di
autogoverno che l'autonomia attribuisce loro.
Per questo chiediamo che il CIVR (Comitato di indirizzo e valutazione
della ricerca) riprenda subito il suo lavoro, purtroppo interrotto ormai da più di due
anni, e che il CNVSU (Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario) sia
messo in condizione di continuare a svolgere le attività svolte negli anni scorsi,
potenziandone anzi le funzioni. Ciò nell'attesa del varo in tempi i più rapidi possibili
di un'Agenzia nazionale di valutazione che accorpi le funzioni di entrambi questi
organismi per dare ancora maggiore organicità ed efficienza ad un serio processo di
valutazione, ormai non più rinviabile, degli atenei italiani. 2.
Chiediamo che la ripartizione della quota del 7% del Fondo di Finanziamento
Ordinario - inclusi i 550 mil euro della Legge n. 244 - sia effettuata sulla base del
modello elaborato dal CNVSU che già contiene al proprio interno elementi di valutazione
della qualità delle performance degli Atenei, modificato, tuttavia, cosi da far pesare in
modo assai più significativo (almeno il 50%) i risultati delle attività di ricerca degli
atenei, così come sono già da oggi valutabili. La mancata applicazione negli anni scorsi
del modello CNVSU ha portato ad accentuare lo squilibrio tra gli atenei quanto a
ripartizione delle risorse pubbliche, penalizzando quindi atenei che avrebbero avuto
diritto a quote di finanziamento più consistenti proprio sulla base della qualità delle
loro performance nella didattica e nella ricerca. oltre che nella gestione del loro
bilancio.
Chiediamo quindi che una quota pari alla metà di quella cui ammonta il fondo
del 7% assuma un effettivo significato di fondo di premialità ? sulla base dei criteri
indicati nella Legge 1/2009 che integrano e rafforzano quelli alla base del modello CNVSU
? e sia destinata ad accelerare il processo di riequilibrio tra gli atenei, rinviato da
troppi anni, o comunque sia ripartita in base a qualsiasi altro criterio che riconosca
crediti passati di Atenei sottofinanziati.
Senza questa accelerazione del riequilibrio il sistema universitario
nazionale continuerà a perpetuare una situazione di intollerabile ingiustizia. Il modello
CNVSU potrà, in un futuro che ci auguriamo molto prossimo, essere migliorato anche grazie
ai risultati del lavoro dell'agenzia nazionale di valutazione che dovrà essere istituita.
Sarà così possibile introdurre ulteriori elementi di individuazione della qualità delle
performance degli Atenei, insieme ad altri parametri, come, ad esempio, taluni opportuni
indicatori di contesto. Ma non sarebbe in alcun modo accettabile un "colpo di
spugna" che azzerasse la situazione ignorando anni e anni di sottofinanziamento di
numerosi Atenei in aree diverse del Paese. Il sottofinanziamento accumulato da alcuni
sistemi universitari regionali è diventato ormai tale da creare una situazione iniqua e
insostenibile. Va altresì precisato che all'interno di ciascuna Regione vi sono
situazioni tra loro differenziate con Atenei sottofinanziati ed Atenei sovrafinanziati
all'interno della medesima Regione.
3. Il sistema universitario nazionale presenta anche una
situazione di grave sofferenza da parte di quegli atenei che hanno al loro interno una
Facoltà di medicina, che interagisce con il Sistema Sanitario Nazionale sia attraverso
policlinici a gestione diretta, sia con aziende ospedaliere-universitarie miste o
integrate. Questi atenei forniscono prestazioni di carattere sanitario ai cittadini
attraverso il lavoro dei clinici universitari, i cui compiti istituzionali prevedono
un'inscindibile integrazione di funzioni didattiche, scientifiche ed, appunto,
assistenziali, oltre che attraverso il lavoro del personale paramedico universitario.
Per questo motivo, dunque, il costo complessivo del personale che svolge
anche compiti assistenziali inquadrato nei ruoli degli atenei ricomprende al proprio
interno una quota di fondi per stipendi destinata a pagare prestazioni di tipo
assistenziale che può essere quantificata come pari ad un terzo dell'ammontare
complessivo degli stipendi del personale universitario in convenzione con il Servizio
Sanitario Nazionale (un terzo didattica, un terzo ricerca, un terzo assistenza).
In altri termini, un terzo del lavoro, inteso come attività lavorativa
complessiva, prestato da tale personale, si configura come prestazioni professionali che
riducono, in termini di costi, la spesa a carico del Ministero della salute, per gravare
invece sul bilancio del Ministero dell'università, e quindi sui bilanci degli atenei che
hanno una Facoltà di medicina al loro interno. Da calcoli effettuati si può desumere che
la cifra cui complessivamente ammonta per tutte le università la spesa destinata sui
rispettivi bilanci per l'erogazione di prestazioni assistenziali è di circa 350 milioni
di euro.
Chiediamo quindi che una somma di pari ammontare sia trasferita dal bilancio del
Ministero della salute a quello del Ministero dell'università, così che sia poi
ripartita pro quota per ristorare i bilanci degli atenei che hanno al loro interno una
Facoltà di medicina.
4. La manovra finanziaria dell'estate scorsa, con i provvedimenti
normativi collegati, ridurrà di circa il 10% i finanziamenti pubblici alle università.
Il nostro Paese già oggi investe sensibilmente meno sul PIL per formazione superiore e
ricerca-innovazione di quanto non facciano i Paesi europei nostri partner ma anche nostri
concorrenti sullo scenario mondiale. Alcuni di questi Paesi, come Francia, Germania, ora
la stessa Spagna, hanno deciso di aumentare i loro investimenti per queste voci del
bilancio pubblico dei loro Stati, proprio per far fronte con lungimiranza alla crisi
economica globale potenziando e migliorando il "capitale umano".
E' estremamente preoccupante che nell'insieme delle manovre
economico-finanziarie del Governo per fronteggiare la difficilissima situazione attuale
non sia inserito alcun provvedimento in grado di stimolare ricerca e innovazione
all'interno del sistema-Paese attraverso una migliore e più efficace utilizzazione ed una
valorizzazione delle potenzialità delle università italiane, o almeno di una parte di
esse.
L'opinione pubblica italiana deve sapere che le scelte effettuate dal Governo
provocheranno, se non riviste e corrette, la morte del sistema della formazione superiore
e della ricerca pubblica nel nostro Paese, e renderanno impossibile competere a livello
internazionale anche a quegli Atenei che sono oggi ancora in condizione di farlo.
Chiediamo con forza che i "tagli" ai fondi per università e ricerca previsti
per il 2010 non siano effettuati nella forma e nell'entità prevista dalla manovra
finanziaria approvata lo scorso anno. Ma chiediamo anche che le somme cui ammonterebbero i
"tagli" indiscriminatamente previsti per il sistema universitario siano
ridistribuite tra gli atenei non "a pioggia", sulla base della cosiddetta
"spesa storica", bensì attraverso Io strumento degli "accordi di
programma", che stabiliscano un "patto di stabilità finanziaria" ateneo
per ateneo, in cui siano previsti obbiettivi precisi e puntuali di miglioramento della
qualità delle rispettive performance, da raggiungersi da parte di ciascun ateneo stesso
entro il prossimo triennio o quinquennio. Roma, 26 febbraio 2009
NOTA. Fanno parte di AQUIS i seguenti Atenei: Università degli Studi di Bologna
Università della Calabria Università degli Studi di Milano-Bicocca Università degli
Studi di Modena e Reggio Emilia Università degli Studi di Padova Università degli Studi
di Roma "Tor Vergata" Università degli Studi di Trento Università degli Studi
di Verona Università degli Studi "G. D'Annunzio" di Chieti-Pescara Università
del Salento di Lecce Università Politecnica della Marche Politecnico di Milano
Politecnico di Torino |
|
Bologna: SENATO ACCADEMICO. In atto il proseguimento dell'approvazione delle nuove lauree,
DM 270/04
|
|
Il Senato Accademico cambia rotta, rispetto al passato ?
"Prima dell'eventuale attivazione dei corsi di cui è stata proposta
l'istituzione ci dovrà essere un quadro generale dei corsi in essere,
facoltà per facoltà, e degli oneri che tali attivazioni comporterebbero. "
|
Nota. Sono
in atto presso le Facoltà le approvazioni delle proposte dei nuovi corsi di laurea
magistrale (più qualche triennale), sia per trasformazione delle specialistiche sia per
aggiunta di nuovi corsi. Anche queste andranno in Senato.
Risulta che, a conclusione dell'iter, i corsi di studio, le proposte delle
Facoltà nell'intero Ateneo, saranno 236, di cui 31 di nuovo istituzione (dei passati
corsi, 11 sono stati accorpati o aboliti).
Si direbbe. a questo punto (pochè nel 2008/09 i corsi erano 226) che
l'Ateneo prosegua imperterrito la sua strada, del tutto alla faccia della nostra Ministra,
che per televisione si dichiara scandalizzata dei 5.500 corsi di laurea in Italia.
Mi risulta che nelle Facoltà il dibattito sia acceso e anche con una certa fronda che si
oppone almeno alla istituzione di nuovi corsi. Evidentemente qualcosa arriva alla
periferia, degli inviti della Ministra. Ma credo si debba anche capire che, senza una
precisa direttiva da Roma, le Facoltà non hanno nessun modo di orientarsi per applicare
gli indirizzi della Ministra.
C'è, poi anche il fatto che, di fronte alla societrà civile che si muove e
ai nuovi risultati della ricerca, le Facoltà sentono imperativo il diritto dovere di
innovare. Ma, poi, ovviamente rimane il punto interrogativo circa la concreta possibilità
di farlo, se poi la Ministra taglia i "soldini" e blocca le
"assunzioni".
Va rifiutata la demagogia vuota (compresa quella dei Ministri). Si deve
distinguere tra numero delle lauree e numero degli insegnamenti.
A riguardo del numero delle lauree, le Facoltà devono
istituirne quante ritengono opportuno, purchè non siano doppioni-equivalenti e abbiano
denominazioni chiare per le imprese e le famiglie. Un contributo chiarificatore vero lo
può fare, però, solo un organo centrale, in possesso di tutti gli elementi.
A riguardo del numero degli insegnamenti, la musica cambia
completamente. Il vero dramma sta qui, tenuto conto dei "tagli romani (a meno che non
ci sia il by-pass tramite assunzioni di docenti a contratto). E' qui che l'Ateneo deve
impegnarsi ad una vera strage, per accorpamento di molti insegnamenti.
Attualmente l'Ateneo conta 13.529 insegnamenti, in media 77 insegnamenti per
corso di laurea (per la laurea servono 20 esami, di norma), e 45 per corso laurea
specialistica/magistrale (per la laurea servono 12 esami, di norma). Nino Luciani |
ISTITUZIONE CORSI DI STUDIO E MODIFICA ORDINAMENTI DIDATTICI A.A. 2009/10
(MAGGIORANZA ASSOLUTA)
Senato 27 gennaio 2009-02-07 (Stralcio di delibera divulgata da membri del Senato)
Finalità: La
finalità del presente riferimento è quello di sottoporre allapprovazione del
Senato Accademico il piano delle proposte di istituzione dei corsi di studio e le
modifiche di ordinamento didattico ai sensi del DM 270/04, per la.a. 2009/10,
precisamente:
n. 8 corsi di studio di nuova istituzione;
n. 22 corsi di studio derivanti da trasformazione di corsi istituiti nelle
corrispondenti classi del DM 509/99, come indicate nellallegato al DM 386/07;
n. 19 corsi di studio già riordinati ai sensi del DM 270/04 che
propongono modifiche di ordinamento didattico.
Premessa: Il Decreto Ministeriale
31/10/2007 ha stabilito il termine del 31/01/2009 per linserimento nella Banca dati
ministeriale delle proposte di modifica del Regolamento Didattico di Ateneo in adeguamento
al DM 270/04, intese:
a) alla trasformazione dei corsi già attivi con il DM 509/99;
b) alla istituzione di nuovi corsi di studio;
c) alla modifica degli ordinamenti didattici dei corsi di studio già
riordinati con il DM 270/04.
Presupposti normativi:
- D.M. 3/7/07 n. 362, con il quale sono state definite le linee generali di
indirizzo della programmazione delle Università per il triennio 2007-2009;
- DM 26/7/07 n. 386, con il quale sono state individuate le linee guida per
listituzione e lattivazione dei corsi di studio in attuazione dei DDMM
16/03/07;
- DM 18/10/2007 n. 506, con il quale sono stati definiti gli Indicatori per la
valutazione dei risultati dellattuazione dei programmi delle Università;
- DM 31/10/2007 n.544, con il quale sono stati definiti i requisiti necessari per
lattivazione dei corsi di studio ai sensi dellart. 9 co. 2 del DM 270/04.
Requisiti necessari:
a) requisiti di trasparenza;
b) requisiti per lassicurazione della qualità dei processi formativi;
c) requisiti di strutture e docenza di ruolo che devono essere disponibili
per sostenere i corsi e il grado di copertura necessario relativamente ai SSD che li
caratterizzano;
d) regole dimensionali relative agli studenti sostenibili per ciascun corso
di studio.
Nota. Lla.a. 2010/2011 è il termine per il
completo adeguamento alla riforma di cui al DM 270/04. Le proposte di trasformazione dei
corsi attivi con il DM 509/99 devono riguardare contestualmente tutti i corsi
dellAteneo afferenti alla medesima classe.
......
......
Proposte:
Alla data del 21/11/2008, scadenza del termine per la presentazione da parte delle
Facoltà delle proposte di istituzione/modifica di ordinamento ex DM 270/04, sono
pervenute le proposte contenute negli allegati 1 e 2 parti integranti del presente
riferimento, precisamente:
n. 8 corsi di studio di nuova istituzione (all. 1)
n. 22 corsi di studio derivanti da trasformazione di corsi istituiti nelle
corrispondenti classi del DM 509/99, come indicate nellallegato al DM 386/07 (all.
1);
n. 19 corsi di studio già riordinati ai sensi del DM 270/04 che propongono
modifiche di ordinamento didattico (all. 2).
Nellallegato 1 sono riportate, per ciascun
gruppo di appartenenza della classe cui afferisce il corso di studio, le numerosità
minime richieste per lattivazione del MIUR e dellAteneo, nonché il numero di
immatricolati per la.a. 20008/2009 rilevato al 31/12/08.
Osservazioni degli Uffici: Dopo la riunione
della Commissione Didattica di Ateneo del 25/11/2008, gli Uffici hanno proceduto alla
verifica di congruità degli ordinamenti didattici proposti con tutte le disposizioni
vigenti. La verifica è risultata positiva per la quasi totalità dei corsi di studio
proposti. Nel caso di osservazioni, le Facoltà si sono adeguate. Inoltre:
1)Il Preside della Facoltà di Ingegneria, con decreto
durgenza n. 490 del 5/12/2008 da sottoporre a ratifica del Consiglio di Facoltà, ha
recepito le osservazioni degli Uffici. Per le lauree magistrali in Ingegneria elettronica
(LM-29), Information and Comunication Technology (LM-29) e Ingegneria delle
Telecomunicazioni (LM-27) la Facoltà ha previsto nellordinamento didattico un range
di CFU per la prova finale pari a 9-24, mentre il numero minimo di CFU stabilito
dalle linee guida di Ateneo è pari a 15. La Facoltà si è tuttavia impegnata a
prevedere nei piani didattici dei suddetti corsi di studio un numero minimo di CFU per la
prova finale pari a 15.
2)Il Consiglio della Facoltà di Giurisprudenza,
nella seduta del 26/11/08, ha approvato la proposta di istituzione del corso di laurea in
classe LM-14 per Operatore giuridico Italo-Francese, non essendo ammessa la
trasformazione dal corrispondente corso di studio attivato con il DM 509/99 in classe 31.
Tale classe non rientra nella tabella delle corrispondenze dei corsi 509/99-270/04
(allegato al DM 386/07), poiché con DM 25/11/2005 le classi di laurea e laurea magistrale
in Giurisprudenza sono state trasformate in laurea magistrale a ciclo unico. Gli Uffici
fanno presente che il corrispondente corso di studio attivato in classe 31 per la.a.
2008/09 ha registrato un numero di immatricolati pari a 19.
3)Il Consiglio della Facoltà di Medicina e Chirurgia,
nella seduta del 13/11/2008, ha segnalato che la Conferenza dei Presidenti di corso di
laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria ha licenziato un ordinamento nazionale al
quale anche il corso del nostro Ateneo si è adeguato. La Facoltà precisa che la modifica
sostanziale rispetto a quanto deliberato in prima istanza il 23/7/2008 riguarda la
tipologia dei 90 CFU di attività professionalizzante che, nella versione attuale, passa
dalle attività Caratterizzanti alle attività di tirocinio di tipologia
Altre. Questa assegnazione, insieme al rispetto dei valori minimi della
classe, ha comportato lattribuzione di soli 10 CFU alla prova finale, anziché 15
come auspicato dalle direttive di ateneo per le lauree magistrali.
Gli uffici fanno presente che la proposta formulata dalla Facoltà risulta coerente
con le linee guida di Ateneo che escludono le lauree magistrali a ciclo unico
dallobbligo dellindicazione di 15 CFU minimi per la prova finale.
4)Per i seguenti corsi di studio:
- L-40 Sociologia e scienze criminologiche per la sicurezza Facoltà di
Scienze Politiche Roberto Ruffilli;
- LM-81 Cooperazione internazionale, sviluppo e diritti umani Facoltà di Scienze
Statistiche nellordinamento didattico è stato indicato un numero massimo di crediti
riconoscibili per attività extrauniversitarie coerente con lart. 4 dei DDMM
16/3/2007 (60 CFU per le lauree e 40 CFU per le lauree magistrali). Si ricorda, tuttavia,
che il Senato Accademico del 18/12/2007 ha fissato il numero di 30 CFU quale limite
massimo di crediti riconoscibili per le attività extrauniversitarie, ad eccezione dei
riconoscimenti che rientrino nei casi previsti dalla legge 448/2001 e 286/2006.
5) Facoltà di Medicina Veterinaria:
Il Preside della Facoltà, a seguito delle osservazioni degli Uffici, con decreto
durgenza del 16 gennaio 09, ha proposto la rettifica di errori materiali
presenti nellordinamento didattico del corso di laurea magistrale in Biotecnologie
Animali cl. LM-9 relativamente alle conoscenze richieste per laccesso, così come
inserito nella Banca Dati RAD.
6)Facoltà di Ingegneria:
Corso di Laurea interateneo in Design del Prodotto Industriale (cl. L-4):
La Facoltà di Ingegneria di Bologna ha proposto fra le istituzioni dei corsi di
studio per la.a. 2009/2010, ai sensi del DM 270/04, il corso di laurea interfacoltà
con Lettere e Filosofia, Psicologia e Architettura in Design del Prodotto Industriale cl.
L-4.
Nella riunione del 5 dicembre 08 del Comitato di Coordinamento regionale dei
Rettori dellEmilia Romagna è emerso che, oltre al corso di Laurea in Design del
prodotto Industriale cl.L-4 proposto dal nostro Ateneo come corso interfacoltà, è
stato presentato un progetto simile (interateneo) da parte degli Atenei di Ferrara e di
Modena-Reggio Emilia.
Vista la forte similarità tra i due progetti e gli
ottimi rapporti tra le Università coinvolte, nonché le numerose collaborazioni già
esistenti tra i docenti delle Facoltà di Ingegneria e di Architettura dei nostri Atenei,
si è realizzato un unico progetto congiunto perseguendo i seguenti obiettivi principali:
a) istituire un corso di studi interateneo fra
le Università di Bologna, Ferrara, Modena-Reggio Emilia;
b) attivare il corso in rotazione tra gli Atenei
(quindi, ogni anno, solo uno degli Atenei sarà sede amministrativa del corso, per la
coorte che parte quellanno);
c) far concorrere docenti dei tre atenei
allattività didattica di ciascuna coorte di studenti, indipendentemente dalla sede
amministrativa che ha istituito la coorte.
Il lavoro, che ha coinvolto Prorettori alla formazione, Presidi e referenti
dArea delle tre Università è stato molto positivo.
Il progetto risultante è un corso di studi aventi denominazione, obiettivi
formativi, sbocchi occupazionali e quindi un ordinamento didattico coincidente con il
corso di laurea in Design del Prodotto Industriale, proposto dalla Facoltà di Ingegneria
di Bologna.
Successivamente, in data 20 gennaio 09, con decreto durgenza il Preside
della Facoltà di Ingegneria, da sottoporre a ratifica del prossimo Consiglio di Facoltà,
ha apportato una rettifica allordinamento didattico di cui sopra, nel range di
CFU dellambito Scienze economiche e sociali delle attività formative
caratterizzanti e, precisamente, lintervallo di CFU da 10-16 deve
essere sostituito con 8-16.
Si precisa che, condizione imprescindibile per listituzione del corso di
studi interateneo è che venga accettato dagli altri Atenei, lordinamento didattico
con la rettifica proposta del Preside di Ingegneria di Bologna.
Ciò premesso, si propone per
lapprovazione del Senato Accademico il corso di laurea inter-ateneo fra le
Università di Bologna, Ferrara, Modena-Reggio Emilia in Design del Prodotto Industriale
che sarà attivato dalla Facoltà di Ingegneria di Bologna, in sostituzione del corso
precedentemente proposto, con lintegrazione di cui sopra.
......
......
7) Gli Uffici informano che, nella seduta della
Commissione didattica di Ateneo del 20/1/2009, il Preside della II facoltà di Ingegneria
ha comunicato la modifica di denominazione del corso di laurea Magistrale in Ingegneria
elettronica e delle telecomunicazioni per lenergia e lambiente (cl. LM
-29) in Ingegneria elettronica e telecomunicazioni per lo sviluppo
sostenibile. La predetta modifica sarà approvata dal Consiglio di Facoltà già
programmato per il giorno 22/1/2009.
Pareri:
- La Commissione Didattica di Ateneo, nella seduta del
25/11/2008, ha espresso il seguente parere:
1) parere favorevole alle proposte di istituzione/modifica di ordinamento per
i seguenti corsi di studio indicati negli allegati 1 e 2 al riferimento degli uffici:
n. 8 corsi di studio di nuova istituzione;
n. 22 corsi di studio derivanti da trasformazione di corsi istituiti nelle
corrispondenti classi del DM 509/99, come indicate nellallegato al DM 386/07; con
specifico riferimento al Corso di Laurea Magistrale in Odontoiatria e protesi dentaria,
esprime parere favorevole alla richiesta di deroga in merito al numero minimo di CFU da
assegnare alla prova finale, che passano da 15 a 10 tenuto conto sia di quanto disposto
dallo specifico Decreto sulla classe, sia dellesigenza di adeguarsi
allordinamento nazionale approvato dalla Conferenza dei Presidenti di corso di
laurea in Odontoiatria e protesi dentaria.
n. 19 corsi di studio già riordinati ai sensi del DM 270/04 che propongono
modifiche di ordinamento didattico.
2) Il suddetto parere resta condizionato a:
- positiva verifica degli ordinamenti didattici proposti da parte degli uffici;
- acquisizione e verifica delle delibere del Consiglio di Facoltà di
Giurisprudenza con cui si approva listituzione del corso di studio proposto;
- acquisizione del parere del Comitato di Coordinamento dei Poli
Scientifici-Didattici della Romagna per i corsi di studio da attivare nei Poli romagnoli.
3) Accoglie e fa proprie le osservazioni degli Uffici relative allindicazione
del numero massimo di CFU riconoscibili per le attività extrauniversitarie, per le quali
il Senato Accademico ha indicato il numero di 30 CFU quale limite massimo di crediti
riconoscibili, ad eccezione dei riconoscimenti che rientrino nei casi previsti dalla legge
448/2001 e 286/2006.
La Commissione Didattica nella seduta del 20/01/2009,
ha espresso i seguenti pareri:
1) parere favorevole alla proposta della Facoltà di Medicina Veterinaria con
decreto durgenza del Preside del 16 gennaio 09, concernente la rettifica di
errori materiali nellordinamento didattico del corso di laurea magistrale in
Biotecnologie Animali cl. LM-9, relativamente alle conoscenze richieste per
laccesso così come inserito nella Banca Dati RAD;
2) parere favorevole:
a. alla proposta di istituzione del corso di laurea in Design del Prodotto
Industriale (interateneo con le Università di Ferrara e Modena-Reggio Emilia);
b. allintegrazione dellordinamento didattico con la rettifica proposta
dal Preside della Facoltà di Ingegneria, con decreto durgenza del 20.01.09;
c. allestensione della partecipazione allinterateneo anche della II
Facoltà di Ingegneria, con sede a Cesena (a condizione di non dover contribuire con
docenti per assolvimento requisiti, ma con altre risorse, es. laboratori, supplenze,
ecc.);
d. al testo della convenzione allegata al riferimento degli Uffici.
La Commissione prende, infine, atto che eventuali modifiche al testo
dellordinamento didattico del Corso di Laurea in Design del prodotto industriale (CL
L-4) o alla convenzione con gli altri Atenei dovranno essere apportate con Decreto
durgenza del Magnifico Rettore.
3) parere favorevole alla proposta della II Facoltà di Ingegneria relativa alla
modifica della denominazione del corso di Laurea Magistrale in Ingegneria
Elettronica e Telecomunicazioni per lenergia e lambiente cl. LM-29 in
Ingegneria elettronica e telecomunicazioni per lo sviluppo sostenibile,
subordinatamente alla approvazione del Consiglio di Facoltà programmato per il 22/1/2009.
- Il Comitato di Coordinamento dei Poli della Romagna,
nella seduta del 1/12/2008, ha espresso il seguente parere:
Il Comitato di Coordinamento dei Poli Romagnoli riunitosi in data 1 dicembre
u.s., ha espresso parere favorevole in merito alla proposta di istituzione dei Corsi di
studio, sotto riportati, condizionatamente allacquisizione del parere di competenza
dei rispettivi Consigli di Polo:
Facoltà di Ingegneria LM 24 Ingegneria dei sistemi edilizi e Urbani
sede di Ravenna
Facoltà di Scienze Motorie LM 47 Management delle attività motorie
e sportive sede di Rimini.
Il Comitato ha altresì espresso parere favorevole ai
Corsi di studio in trasformazione, come da allegato elenco.
- Il Consiglio di Polo di Ravenna, nella seduta del
15/12/2008, ha espresso parere favorevole alla proposta di istituzione della Laurea
Magistrale in Ingegneria dei sistemi edilizi e Urbani (cl. LM-24).
- Il Consiglio di Polo di Rimini, nella seduta del
17/12/2008, ha espresso parere favorevole alla proposta di istituzione della Laurea
Magistrale in Management delle attività motorie e sportive (cl. LM-47).
- Comitato Regionale di Coordinamento dellEmilia
Romagna: lo Staff del Rettore dellUniversità di Parma, con comunicazione per posta
elettronica in data 23/12/2008, nelle more dellinvio del verbale, ha comunicato che
il Comitato Regionale di Coordinamento dellEmilia Romagna, nella seduta del
5/12/2008, ha espresso parere favorevole alle proposte di istituzione dei nuovi corsi di
studio ex DM 270/04 per la.a. 2009/10 presentate dallUniversità di Bologna.
La proposta di istituzione del Corso di
Laurea inter-ateneo in Design del prodotto industriale verrà sottoposto alla riunione del
Comitato prevista per il giorno del 26/1 p.v.
- Il Nucleo di Valutazione di Ateneo nella
seduta del 23/12/2008, ha espresso il seguente parere:
Relazione del Nucleo di Valutazione di Ateneo sulle proposte di istituzione di
corsi di studio formulate dallAlma Mater Studiorum - Università di Bologna
per lA.A. 2009/10.
Il Nucleo di Valutazione di Ateneo, nella seduta del 23 dicembre 2008, ha
completato lesame delle proposte di istituzione di corsi di studio formulate ai
sensi del DM 270/04 dalle Facoltà dellAlma Mater Studiorum Università di
Bologna, per lanno accademico 2009/10 e precisamente:
n. 8 corsi di studio di nuova istituzione;
n. 22 corsi di studio derivanti da trasformazione di corsi istituiti nelle
corrispondenti classi del DM 509/99, come indicate nellallegato al DM 386/07.
:::::::::::
PROPOSTA DI DELIBERA
Il Senato Accademico, acquisiti i pareri favorevoli della Commissione Didattica di
Ateneo, del Comitato di Coordinamento dei Poli della Romagna, dei Consigli di Polo
di Ravenna e Rimini, del Comitato Regionale di Coordinamento, del Nucleo di Valutazione di
Ateneo,
approva:
1) le proposte di istituzione per la.a. 2009/10 dei seguenti corsi di studio,
indicati nellall. 1 parte integrante della presente delibera, e i relativi
ordinamenti didattici inseriti nella banca dati ministeriale RAD:
- n. 8 corsi di studio di nuova istituzione;
- n. 22 corsi di studio derivanti da trasformazione di corsi istituiti nelle
corrispondenti classi del DM 509/99, come indicate nellallegato al DM 386/07. Con
specifico riferimento al Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Odontoiatria e
protesi dentaria,
approva la proposta di adeguamento allordinamento nazionale licenziato dalla
Conferenza dei Presidenti di corso di laurea che prevede lassegnazione dei 90 CFU di
attività professionalizzante alle attività di tirocinio di tipologia Altre
con conseguente attribuzione di 10 CFU alla prova finale;
2) le proposte di modifica di ordinamento didattico, inserite nella banca dati
ministeriale RAD per la.a. 2009/10, per n. 19 corsi di studio, già
riordinati ai sensi del DM 270/04, indicati nellall.2 parte integrante della
presente delibera;
3) la proposta della Facoltà di ingegneria di attribuire un range di CFU per
la prova finale pari a 9-24 per le lauree magistrali in Ingegneria elettronica (LM-29),
Information and Comunication Technology (LM-29) e Ingegneria delle Telecomunicazioni
(LM-27), subordinatamente alla previsione nei rispettivi piani didattici di un numero
minimo di CFU per la prova finale pari a 15, in coerenza con le linee guida approvate dal
Senato Accademico;
4) linserimento negli ordinamenti didattici dei corsi
di:
- L-40 Sociologia e scienze criminologiche per la sicurezza Facoltà di
Scienze Politiche Roberto Ruffilli
- LM-81 Cooperazione internazionale, sviluppo e diritti umani Facoltà di Scienze
Statistiche di un numero massimo di crediti riconoscibili per attività extrauniversitarie
rispettivamente pari a 60 e 40, in coerenza con lart. 4 dei DDMM 16/3/2007.
Tuttavia ribadisce la propria precedente delibera del 18/12/2007 che ha fissato il
numero di 30 CFU quale limite massimo di crediti riconoscibili per le attività
extrauniversitarie, ad eccezione dei riconoscimenti che rientrino nei casi previsti dalle
leggi 448/2001 e 286/2006.
5) la proposta della Facoltà di Medicina Veterinaria trasmessa
con decreto durgenza del Preside del 16 gennaio 09, concernente la rettifica
di errori materiali nellordinamento didattico del corso di laurea magistrale in
Biotecnologie Animali cl. LM-9, relativamente alle conoscenze richieste per
laccesso, così come inserito nella Banca Dati RAD.
6)la proposta di istituzione del corso di laurea in Design del
Prodotto Industriale (interateneo con le Università di Ferrara e Modena-Reggio Emilia);
lintegrazione dellordinamento didattico con la rettifica proposta dal Preside
della Facoltà di Ingegneria, con decreto durgenza del
20.01.09;lestensione della partecipazione allinterateneo anche della II
Facoltà di Ingegneria, con sede a Cesena (a condizione di non dover contribuire con
docenti per assolvimento requisiti, ma con altre risorse, es. laboratori, supplenze,
ecc.); il testo della convenzione (allegato 3 parte integrante della presente delibera).
7) la proposta della II Facoltà di Ingegneria relativa alla
modifica della denominazione del corso di Laurea Magistrale in Ingegneria
Elettronica e Telecomunicazioni per lenergia e lambiente cl. LM-29 in
Ingegneria elettronica e telecomunicazioni per lo sviluppo sostenibile,
subordinatamente alla approvazione del Consiglio di Facoltà programmato per il 22/1/2009. |
Sul BIENNIO (art. 16, D.Lgs 503/92), in aggiunta all' ETA' PER
IL COLLOCAMENTO A RIPOSO
Il 19 dic. 2008, il CdA è stato chiamato ad esprimersi sull'accogliere o respingere le
domande di biennio, in aggiunta
all'età per il collocamento a riposo, ma sulla base di una proposta della Burocrazia
contro i professori, che non era
accompagnata da sufficiente dimostrazione dell'interesse della Pubblica Amministrazione a
quella proposta |
|
Il Senato Accademico approva una direttiva, proposta
dall'Amministrazione,
per cui la "negazione del biennio sia regola", e l'accoglimento sia
"eccezione"
Ma, poi, il nuovo CdA reagisce e, prima
di decidere, vuole
UNA COMMISSIONE DI STUDIO di CdA
e SENATO
Dalla direttiva, possibili pericoli
per la stabilità e qualità degli insegnamenti.
Va bene puntare sui professori a contratto,
già tantissimi nel nostro Ateneo ? |
I dati del problema:
- In base all'art. 16 comma 1 del d.lgs. n. 503 del 1992, il dipendente può
chiedere (ed ottenere è un suo diritto) il trattenimento in servizio per un periodo
massimo di 2 anni, oltre i limiti di età per il collocamento a riposo;
- Ma, poi, i commi da 7 a 10 dell'art. 72 della L 133/2008 hanno stabilito che, in
futuro, il trattenimento in servizio è soggetto a valutazione discrezionale
dell'Amministrazione, e quindi può non essere accolta dal datore di lavoro.
Tuttavia, poichè la legge stessa obbliga l'Amministrazione ad adottare
preventivamente (ossia prima di rispondere alle domande) i criteri per il trattenimento in
servizio oltre tale limite di età gli Organi sono chiamati ad un atto di indirizzo
generale che definisca i criteri delle risposte, onde evitare personalismi e abusi. |
La delibera del Senato,
su proposta della Dr. Ines Fabbro:
" Il Senato Accademico, visto l'art. 16 comma 1 del d.lgs 503/1992 così come
modificato dal comma 7 della Legge 133;2008; considerato che l'istituto del trattenimento
in servizio è stato innovato rispetto alla disciplina precedente nel senso di rendere
soggetta a valutazione discrezionale l'istanza di trattenimento presentata dal dipendente;
preso atto, a conferma di quanto previsto nella predisposizione del documento di
previsione di spesa per il personale 2009 e anni successivi, che la regola generale
introdotta è il collocamento a riposo al compimento dei limiti di età e che deroghe a
tale principio devono essere nominativamente e singolarmente valutate e motivate alla luce
dei criteri contenuti nel co.5 dell'art. 72 della Legge 133/2008; preso atto che per
procedere alla valutazione individuale delle domande occorre prevedere sia la modalità
del procedimento istruttorio sia i criteri di valutazione, rinvia a una delibera da
assumere all'inizio del mese di gennaio la definizione dei criteri e dell'iter procedurale
per la valutazione delle domande di trattenimento in servizio del personale docente e
ricercatore." |
NOTA. Per quanto noto in base alle comunicazioni "personali", ma ben
documentate, di alcuni Membri degli Organi, l'Amministrazione ha consegnato agli stessi un
conto dal quale risulta la minore spesa, in caso di collocazione a riposo di tutte le
domande di trattenimento in servizio. Le domande di biennio erano 55. E pochè questo
conto era la solo motivazione della proposta di delibera, poi, approvata dal Senato,
sembra evidente che il conto stesso fosse (per l'Amministrazione) la prova ovvia del
vantaggio economico della delibera.
Per un vago lettore, come me, un conto siffatto è l'ennesima prova che,
sotto l'aspetto amministrativo, siamo ancora messi malissimo, per cui non rimane che
sperare nel nuovo Rettore. Il motivo è che la collocazione a riposo non non può
prescindere totalmente dall'interesse della Pubblica Amministrazione alla continuità
degli insegnamenti, in coerenza con l'ordinamento didattico (DM 270) approvato dagli
Organi di Ateneo.
Sotto questo profilo, vanno accostati almeno tre ordini di normativa:
a) quella che riguarda il pensionamento anticipato (vedi sopra);
b) quella che impone limitazioni alle riassunzioni, anche per le università
"virtuose" come Bologna, via via che avvengno i pensionamenti. Secondo questa
seconda normativa, ad ognuna delle uscite non può corrispondere "una" uguale
nuova assunzione, ma molto meno di "una". E allora, perchè l'Ateneo dovrebbe
auto-castrarsi, sapendo di non potere dare continuità a tutti gli insegnamenti che
verranno a cessare ?
c) come, eventualmente, l'Ateneo potrebbe coprire i buchi con personale a
contratto. Se l'Amministrazione vuole questo, lo dica fiduciosamente al suo CdA.
Ma, attenzione: una ulteriore, altra normativa vuole che non possano essere
istituiti corsi di laurea con soli professori a contratto. Ci dev'essere almeno un
determinato numero di professori di ruolo.
Unicamente per servizio ai Colleghi del CdA e del Senato (ma fors'anche al Rettore
?), pubblico qui di seguito il numero dei docenti di tutte le categorie, distintamente per
Facoltà, già in servizio presso il nostro Ateneo.
In questa tabella, è evidenziato l'impiego abnorme, già in atto, di
professori a contratto. Benchè la caduta delle iscrizioni studentesche (nell'intorno dei
20.000 dal 2001 al 2008) non sia mai stata spiegata, tuttavia, è un fatto che essa è
coincisa con l'esplosione numerica dei prof. a contratto, in questo stesso periodo, vale
dire con una "presunta" caduta della qualità della docenza nell'Ateneo. Dunque,
v'è almeno un buon motivo mettere di nuovo in dubbio l'efficienza dell'Amministrazione
che taglia i costi, ma con la testa nel sacco, per quanto attiene alla qualità degli
insegnamenti dell'Ateneo.
AVVERTENZA. Questi dati, recentissimi, sono stati ripresi dal web dell'Ateneo. Segnalo
l'anomalia della indicazione di quasi 3.000 docenti presso la sede centrale dell'Ateneo,
anzichè presso le Facoltà, ma così è scritto sul web.
Avverto, inoltre, che ho il dubbio che i dati relativi ai docenti non di ruolo non
siano stati depurati dalle cessazioni di servizio. Tuttavia, i Colleghi possono
rivolgersi direttamente all'Amministrazione, per maggiori lumi. In ogni caso io sono a
disposizione per mostrare a loro la mia fonte di informazione. N. Luciani |
Strutture in cui sono incardinati i docenti |
Professori
a contratto
|
Ordinari
Associati
Ricercatori |
Docenti
esterni
|
Docenti di 1a
e 2a fascia
|
Alma Mater Studiorum
Università di Bologna, via Zamboni 33 |
2.001 |
- |
989 |
51 |
Facoltà di Agraria |
42 |
188 |
0 |
0 |
Facoltà di Architettura |
213 |
33 |
0 |
0 |
Facoltà di Chimica Industriale |
8 |
101 |
0 |
0 |
Facoltà di Conservazione dei
Beni Culturali |
74 |
63 |
0 |
0 |
Facoltà di Economia |
200 |
117 |
0 |
0 |
Facoltà di Economia a Forlì |
77 |
49 |
0 |
0 |
Facoltà di Economia a Rimini |
37 |
49 |
0 |
0 |
Facoltà di Farmacia |
113 |
120 |
0 |
0 |
Facoltà di Giurisprudenza |
311 |
150 |
0 |
0 |
Facoltà di Ingegneria |
407 |
354 |
0 |
0 |
II Facoltà di Ingegneria a
Sede di Cesena |
42 |
71 |
0 |
0 |
Facoltà di Lettere e Filosofia |
266 |
320 |
0 |
0 |
Facoltà di Lingue e
Letterature Straniere |
79 |
90 |
0 |
0 |
Facoltà di Medicina e
Chirurgia |
391 |
509 |
0 |
0 |
Facoltà di Medicina
Veterinaria |
53 |
105 |
0 |
0 |
Facoltà di Psicologia |
58 |
52 |
0 |
0 |
Facoltà di Scienze della
Formazione |
436 |
98 |
0 |
0 |
Facoltà di Scienze
Matematiche, Fisiche e Naturali |
224 |
416 |
0 |
0 |
Facoltà di Scienze Motorie |
80 |
34 |
0 |
0 |
Facoltà di Scienze Politiche |
122 |
106 |
0 |
0 |
Facoltà di Scienze Politiche
"Roberto Ruffilli" |
107 |
64 |
0 |
0 |
Facoltà di Scienze Statistiche |
27 |
68 |
0 |
0 |
Scuola Superiore di Lingue
Moderne per Interpreti e Traduttori |
75 |
48 |
0 |
0 |
Scuola di Specializzazione in
Insegnamento Secondario |
42 |
0 |
0 |
0 |
Scuola di Specializzazione in
Professioni Legali |
40 |
0 |
0 |
0 |
TOTALE |
5.525 |
3.205 |
989 |
51 |
|
ELEZIONI del Consiglio di Amministrazione e del SENATO
RISULTATI
|
Nettamente vincenti i "calzolariani",
tra cui si evidenzia Guido Masetti per la continuità didattica
Questo pone anche in "pole
position" un candidato rettore di continuità:
Andrea Segrè , Preside di Agraria, anche perchè l'unico
giovane !
Invece, non tracce significative del candidato di alternativa, Giorgio
Cantelli Forti
|
Ma c'è in giro il convincimento
che sono state votazioni nulle perchè, come nelle dittature:
- si poteva votare solo a favore o astenersi (ma non votare contro o proporre
candidati propri, perchè il programma elettronico non lo permetteva).
- Inoltre nelle Sedi di Rimini e Forlì non c'erano seggi. |
|
Auspicabile una ispezione
ministeriale, senza aspettare nuovi e costosi ricorsi. NL |
|
Lilla Crisafulli
|
Bene in vista, come due cariatidi per il portone
del nostro Ateneo: Antonella Zago e Lilla Crisafulli,
sicuramente personalità non del potere
e di grande potenzialità di servizio per tutti
Ovviamente, sono di servizio anche gli altri, pur se
nati corporativi
|
Antonella Zago
|
|
Consiglio di Amministrazione |
Senato Accademico |
Gianni Porzi
Commento |
|
|
Personale docente prima fascia
Guido Masetti (preferenze 159)
Maria Lilla Crisafulli (preferenze 133)
Bruno Barbiroli (preferenze 123)
Sandro Sandri (preferenze 116)
Personale docente seconda fascia
Ornella Montanari (preferenze 150)
Sandro Torroni (preferenze 120)
Anna Minarini (preferenze 106)
Personale tecnico amministrativo e
collaboratori linguistici Antonella Zago (preferenze 365) Alessandra Maltoni
(preferenze 222) Mario Pontieri (preferenze 140)Francesco Lopriore (preferenze 116)
Ricercatori universitari e assistenti
Loris Giorgini (preferenze 286)
Alessandra Locatelli (preferenze 151)
Daniele Bigi (preferenze 95) |
Area
Scienze Matematiche, fisiche, chimiche
Andrea Bottoni (preferenze 306) Maurizio Spurio (preferenze 207)
Area Scienze Biologiche, geologiche, agrarie Carlo
Emanuele Gessa (preferenze 168)
Annamaria Pisi (preferenze 147)
Area Scienze Ingegneristiche
Emilio Ferrari (preferenze 172)
Maurelio Boari (preferenze 234)
Area Scienze Mediche e medico-veterinarie
Carlo Prati (preferenze 345)
Paola Strocchi (preferenze 190)
Area Scienze umanistiche
Giuseppina La Face (preferenze 356)
Bruna Zani (preferenze 357)
Area Scienze giuridiche, politologiche,
economiche, statistiche
Maurizio Sobrero (preferenze 263)
Carla Faralli (preferenze 216 |
Ritengo il risultato
elettorale nel complesso deludente per quanto riguarda quel segnale di discontinuità da
più parti auspicato. Sia ben chiaro, le conferme non necessariamente sono sinonimo di
continuità, né i nuovi entrati negli Organi sono automaticamente indice di
discontinuità. Mi astengo dall'esprimere pareri sugli eletti e quindi dal fare
valutazioni su quale "partito" (inteso ovviamente come aggregazione di Colleghi
che si occupano da più vicino di politica universitaria) ha prevalso, ammesso poi che
ciò si sia verificato. Ritengo invece interessante valutare alcuni risultati
significativi e in una certa misura sorprendenti.
Quello più rilevante è non tanto l'elezione di Loris Giorgini
in CdA quanto l'elevato consenso ricevuto da parte dei Ricercatori. Penso che lui stesso
non si aspettasse un così ampio successo in considerazione anche del fatto che afferisce
ad una Facoltà piccola. Quindi, nel complimentarmi con Giorgini, che peraltro appartiene
alla mia stessa Area, mi auguro che rappresenti discontinuità rispetto al suo Collega che
non è stato invece confermato.
Non meno significativa è la conferma di Annamaria Pisi che,
da sola, e vorrei sottolinearlo, è riuscita a far fronte con successo
all'accordo tra la Facoltà di |
Agraria e quelle di Scienze, asse
dimostratosi alquanto fragile. Un successo così netto e di proporzioni non prevedibili
ritengo sia in buona parte attribuibile alla posizione di contrarietà assunta dalla Pisi
sulle modifiche di Statuto. La sua elezione ha inoltre messo in chiara evidenza che oggi
non è più possibile "pilotare" i voti e ho motivo di ritenere che il suo
successo è del tutto personale e non della Facoltà di Agraria, come qualcuno invece
erroneamente potrebbe pensare. Quindi, anche alla Pisi faccio i rallegramenti nella
certezza che un risultato così ampio la aiuterà a mantenere la capacità di assumere
decisioni in autonomia senza timori di sorta, come ha sempre fatto.
La conferma delle Colleghe Alessandra Locatelli e Anna
Minarini, alle quali vanno ovviamente i miei complimenti, rappresentano un
notevole successo della Facoltà di Farmacia che riesce ancora una volta ed avere ben due
membri in CdA.
Che dire dell'elezione in S.A. della Collega Paola Strocchi
(afferente al Dip. di Farmacologia) per l'Area Medico-Veterinaria? Che, evidentemente, la
Facoltà di Medicina non ha ascoltato certe "sirene" e ha deciso probabilmente
anche alla luce di certi comportamenti che hanno determinato situazioni molto difficili a
Colleghi che chiedevano una gestione trasparente e rispettosa dei Regolamenti e dello
Statuto. Pertanto, il mio auspicio è che la Collega Strocchi rappresenti un deciso
segnale di discontinuità, quanto meno rispetto al Collega al quale era contrapposta.
Non si può non sottolineare infine la conferma in CdA con ampio
successo di Antonella Zago, successo che rappresenta la cartina al
tornasole dello stato d'animo del Personale Tecnico-amministrativo nei confronti dei
vertici dell'Ateneo. Una breve osservazione sull'affluenza alle urne che nel complesso è
risultata modesta.
La mancanza dei seggi a Rimini e a Forlì, a mio parere, ha inciso
pesantemente sulla scarsa affluenza alle urne, che non ha infatti raggiunto il 38%, per il
Personale Tecnico e amministrativo.
Ritengo infine significativo il fatto che la percentuale di
votanti per l'elezione dei Rappresentanti d'area sia stata superiore di circa 4 punti
percentuali rispetto a quella dei votanti per i Rappresentanti dei Direttori. A conferma
è il numero di schede bianche che ammontano al 5% (101 su 2051 votanti) nel caso dei
Rappresentanti d'area, contro il 13,5% (261 su 1944 votanti) nel caso dei votanti per i
Rappresentanti dei Direttori. A mio avviso questo è un segnale da non sottovalutare e
cioè le candidature uniche non sono molto apprezzate, forse perché ricordano certi
regimi in cui non vi era possibilità di scelta. GP |
|
|
ELEZIONI del
CdA e del SENATO
Consiglio di Stato conferma ordinanza del
TAR
di annullamento del D.R. per elezioni CdA e Senato
(Sotto, il commento di Gianni PORZI, Membro del Senato) |
Pertanto si andrà a votare il 26/11/2008 e
27/11/2008, con nuova procedura, nelle sedi di:
- Bologna, via Belmeloro n.14, palazzina B; e viale Filopanti n.3,
piano terra;
- Ravenna, via degli Ariani n.1, Dipartimento di Storie e Metodi
per la Conservazione dei
Beni Culturali ":
- Cesena, via Gaspare Finali n. 56, I piano.
Il Rettorato chiarisce che, per l'esercizio del diritto di voto,
ciascun elettore può
recarsi presso una qualunque delle sedi sopra indicate.
Nota: rimane la perplessità (censurabile con nuovi
ricorsi al TAR) dell'esclusione della
possibilità di votare nelle sedi di Rimini e Forlì, nonostante la dicitura
del TAR "presso le sedi"
(ossia nessuna esclusa), e ciò al fine ovvio di facilitare il voto anche a
chi risiede colà. |
Antonella Zago |
Votiamo per la DISCONTINUITA'
rispetto alla GESTIONE di Calzolari !
Perduti 20.000
studenti (il 20%) durante la gestione Calzolari.
Calati i proventi dai contratti di
ricerca per conto terzi.
Dequalificate le lauree (troppe, e troppi
mini-insegnamenti)
Aumentato il numero delle sedi in Romagna,
con oneri insostenibili per Bologna, e che andavano girati allo
Stato.
Rischiato di votare senza le garanzie costituzionali,
come nelle dittature. |
Gianni Porzi, Commento alle dichiarazioni del Rettore, al Carlino, dopo la
pronuncia del Consiglio di Stato
La sentenza del Consiglio di Stato, che ha respinto l'appello presentato
dall'Università, confermando l'Ordinanza del TAR del 9 ottobre, mette in chiara evidenza
il grave errore commesso dai Vertici dell'Ateneo ... (per il seguito clicca
su Porzi) |
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Candidato
a Ingegneria per
la continuità
Guido Masetti
ProRettore alla Didattica |
Lo schiaffo della ZAGO a CALZOLARI
La doppia vittoria di Antonella, sia al TAR che al Consiglio di Stato, viene
a darle piena ragione e si aggiunge allo schiaffo di lei a Calzolari quando, redarguita
con voce gridata in CdA, uscì (in questo consiste lo schiaffo) dall'Aula del Consiglio.
Inoltre, dovremo votare col vecchio Statuto, pur dopo tutti gli impegni,
da 7 anni, di riformarlo in tempo, per dare autonomia agli Organi collegiali.
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Candidato a Ingegneria e Dip.
Matematica per
la discontinuità
Mauro Fabrizio
Già Vice Preside di Ing. |
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Gianni PORZI, Commento alle dichiarazioni del Rettore,
al Carlino, dopo la pronuncia del Consiglio di Stato
La sentenza del Consiglio di Stato, che ha respinto l'appello presentato
dall'Università, confermando l'Ordinanza del TAR del 9 ottobre, mette in chiara evidenza
il grave errore commesso dai Vertici dell'Ateneo che, con ostinazione ed anche una certa
arroganza, non ottemperarono subito all'Ordinanza e si appellarono invece al Consiglio di
Stato.
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Le dichiarazioni del Magnifico Rettore,
poi, apparse sul quotidiano Il Resto del Carlino del 21 c.m. mi sembrano quantomeno
sorprendenti. L'affermazione "quello che oggi non siamo riusciti a fare sarà lo
standard, domani, per tutti" lascia pensare che non si vuol riconoscere l'Ordinanza
del TAR, confermata peraltro dal Consiglio di Stato, secondo la quale non si può votare
da qualsiasi P.C., come l'Ateneo aveva invece stabilito, ma solo da cabine appositamente
predisposte e protette. Infatti, un voto espresso via internet in luoghi non deputati può
subire controllo da parte di "terzi". La cabina
elettorale prevista dal TAR e dal Consiglio di Stato, risolve il grande problema
dell'identificazione del votante, assicura la corrispondenza tra numero dei votanti e
totale dei voti espressi e garantisce la libertà di espressione del voto (cioè la non
coercibilità).
Restano tuttavia dubbi sulla segretezza del voto e sulla possibilità che
terzi possano modificare il risultato elettorale, ma sarà compito del TAR tra qualche
mese entrare nel merito di tali aspetti non poco rilevanti.
Non ritengo assolutamente che "ci sono forze interne che lavorano per
la conservazione", ma semplicemente vi sono persone che chiedono giustamente il
rispetto delle garanzie costituzionali a tutela dell'elettore.
Inoltre, tentare di far ricadere la colpa della mancanza di seggi nei Poli
di Forlì e Rimini (peraltro previsti nei Decreti di luglio) su coloro che hanno fatto
ricorso è davvero inquietante perché sia il TAR che il Consiglio di Stato hanno
riconosciuto la fondatezza del ricorso e perchè in democrazia chiunque ha diritto di
rivolgersi al Giudice se ritiene che non siano rispettate le Leggi.
Piuttosto se l'Ateneo avesse ottemperato subito all'Ordinanza del TAR
non saremmo incappati in questo inutile ritardo con conseguenti disagi e forse anche danni
economici.
Inoltre, l'Ateneo non ha ancora informato tutto il Personale su come si
voterà il 26 e 27 p.v., se via intranet, se verrà utilizzato un software blindato e
certificato e un server all'interno dell'Ateneo, elementi importanti a garanzia di un
risultato elettorale quanto meno affidabile.
Non è ancora noto neppure perchè l'Ateneo, invece di utilizzare il
CINECA (come ha fatto in settembre l'Università "La Sapienza" di Roma per
l'elezione del Rettore) oppure il Centro Servizi Informatici d'Ateneo (CeSIA), si è
servito di una Ditta esterna di Milano.
Pertanto, prima ancora di fare certe affermazioni, sarebbe forse opportuno
che venissero date risposte convincenti a tutti questi quesiti. GP |
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EDIZIONE
STRAORDINARIA |
ATENEO DI BOLOGNA: TAR Emilia Romagna "ordina" la sospensione
del Decreto
Rettorale di indizione delle Elezioni del Consiglio di Amministraziobe e del Senato |
In seguito a ricorso di: |
Bonduà Stefano, Arcelli Antonio, Benaglia
Stefano, Cipolli Carlo, Fabrizio Mauro,Ghedini Nadia
Lopriore Francesco, Mandroli Roberto, Pilò Virginio, Raggi Maria Augusta, Zago Antonella |
Motivazione dell'Ordinanza:
"appare ragionevole limitare la possibilità di esprimere il voto
dai seggi elettorali predisposti e controllati presso le sedi universitarie"
Luciani: "Anche ragionevole per il Rettore il dimettersi,
perchè il fatto è solo l'ultimo di una sequenza di cose poco trasparenti, per
l'elettorato. Ma ci sarebbe un'altra via:
o tutti alle elezioni subito, o tutti alle elezioni tra un anno. Sarebbe
meno solo.
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Antonella Zago
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REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale
per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente ORDINANZA (N. 654 del 10 ott.
2008), sul ricorso numero di registro generale 879 de! 2008, proposto da ... contro Alma
Mater Studiorun - Univérsità di Bologna ... nei confronti di Calzolari Pier Ugo
Per l'annullamento
previa sospensione dellefficacia
del decreta rettorale 11 Iuglio, 2008, n. 972/33905, di indizione delle
elezioni recante altresì la previsione di una procedura telematica per le operazioni
elettorali dei rappresentanti delle aggregazioni scientifico-disciplinari nel senato
accademico dell'Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, relative al triennio
2008/2009.
.......
......
Ritenuto che, nel bilanciamento dei contrapposti interessi (massima
partecipazione da parte del corpo espressione ed esigenza delle garanzie tradizionali in
materia di espressione del voto), appare ragionevole limitare la possibilità di
esprimere il voto dai seggi elettorali predisposti e controllati presso le sedi
universitarie;
P.Q.M.
Accoglie l'istanza nei sensi
di cui in motivazione.
La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione
ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione
alle parti.
Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 09/10/2008 con
1'intervento dei Magistrati:
Calogero Piscitello Presidente, Grazia Brini
Consigliere Estensore, Sergio Fina, Consigliere |
N. LUCIANI, Cose
poco trasparenti, per l'elettore..., regolatore della transizione Lordinanza di sospensiva valuta due elementi: il fumus boni iuris (il
ricorso può essere fondato e perciò latto è illegittimo) e il danno grave ed
irreparabile che dallesecuzione dellatto deriverebbe in primis alla
Amministrazione e, dopo, al ricorrente.
Esempio classico: ordinanza di demolizione di un palazzo, bene culturale.
Sospensione perché sarebbe irreparabilmente danneggiato il patrocino culturale italiano.
La specifica ordinanza, tradotta in italiano corrente, significa: cè
la possibilità che qualcuno possa truccare le elezioni, avendo il controllo dei seggi.
C'è, poi, che Calzolari ha preannunciato lappello al Consiglio di Stato.
Perché questa fretta, mentre sarebbe meglio per l'Ateneo rinviare di un anno la
durata degli Organi, in modo da eleggerli col nuovo Statuto (fatto in questi giorni) ?
Sommiamo questa vicenda alle altre:
1) è in atto il rinnovo degli Organi Accademici, prima delle modifiche di statuto, a
campagna elettorale in pieno svolgimento ;
2) è iniziato il procedimento per la sostituzione del Direttore Amministrativo e
il Rettore deciderà la composizione della commissione giudicatrice, anzi ne farà parte
come membro interno, e avrà il potere di nomina, nel 2009, mentre sono già in atto le
elezioni del nuovo rettore;
3) in questo mese ha luogo l'assestamento del bilancio. Nulla si sa circa il saldo,
ma forse il Rettore già sa ... L'interrogativo è da collegare col calo consistente del
numero degli studenti (nello scorso anno), a cui è ancorato il FFO-Fondo di Finanziamento
Ordinario dello Stato del 2008, a cui consegue anche il calo dei contributi studenteschi.
Anche, per l'anno in corso, risulta un ulteriore calo degli studenti...
Questo insieme di cose fa pensare ad una situazione tesa in ateneo.
Ma la regolazione della transizione al nuovo Rettore è un compito dello
elettorato.
Sotto il profilo della opportunità, la cosa è anomala, nei confronti del
successore. La spiegazione più ovvia è che Calzolari (anche per problemi di salute) non
controlli più la situazione, e qualcun altro, dietro le quinte, operi per
"difendere" o "conquistare" in tempo una posizione di potere.
Torniamo all'inizio. Sarebbe ragionevole per il Rettore il dimettersi. Ma ci
sarebbe un'altra via: o tutti alle elezioni subito, o tutti alle elezioni
tra un anno. Sarebbe meno solo. NL |
A. Zago, Vittoria
della democrazia Definire questo successo
come "vittoria della democrazia", che in questo Ateneo viene non di rado
calpestata, non è improprio. Non va dimenticato che non è la prima volta che
lAteneo assume delibere non rispettose della Legge : nel 2007 il CdA fu condannato
dalla Corte dei Conti di Bologna per danno erariale e i membri del CdA dovettero risarcire
limporto di un contratto di consulenza che evidentemente non poteva essere fatto.
Oggi, il TAR condanna lAteneo accogliendo listanza dei ricorrenti in quanto
ritiene "ragionevole limitare la possibilità di esprimere il voto dai seggi
elettorali predisposti e controllati presso le sedi universitarie" (Ordinanza del TAR
Emilia Romagna n. 654/08 del 10/10/2008). Pertanto la nuova procedura di votazione
telematica, come prevista dai Decreti Rettorali del 2 e dell11/7/08, viene ritenuta
illegittima.
Alla luce di questi fatti una domanda sorge spontanea: i
membri del CdA come possono fidarsi delle delibere che vengono proposte
dallAmministrazione? Lunico modo per mettersi al riparo da possibili condanne,
con conseguenti pesanti ripercussioni economiche per gli stessi componenti è
probabilmente quello di votare contro. Infatti, lAmministrazione dellAteneo ha
dimostrato ampiamente di non essere in grado di dare certezze e garanzie sulla regolarità
delle delibere proposte. Tutto ciò è estremamente grave e getta una fondata e diffusa
sfiducia sui vertici dellapparato amministrativo che dovrebbe invece dimostrare
unadeguata competenza anche al fine di dare quella necessaria tranquillità, in
particolare ai membri del CdA quando devono prendere decisioni importanti. A coloro che
occupano i vertici dellAteneo dovrebbe essere richiesta la necessaria competenza che
purtroppo risulta spesso carente, dimostrando così una certa dose di superficialità
nonché arroganza che non si addice proprio ad una Istituzione quale lAlma Mater
Studiorum. AZ |
|
|
Università di Romagna, fatta di 5 sedi lontane
in 5 città diverse, fondate 19 anni fa,
ma ancora in difficoltà finanziarie
La questione della sua sostenibilità posta in un
recente convegno sulla elezione del Rettore
|
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Come è impostata dal
Presidente di "uno" degli enti finanziatori locali
la questione: "Romagna: risorsa o problema per Bologna"
Piero Gallina:
"LAteneo di Bologna è stato la madre, e gli
Enti Locali e le Società di Sostegno (Ser.In.Ar.
Forlì-Cesena, Flaminia Ravenna e UniRimini) i padri di
questa figlia diciannovenne."
"Chiedersi oggi se sia una risorsa o un problema è come se la madre (Ateneo) si
chieda ancora se
la maternità è stata voluta o casuale se la figlia sia legittima o
illegittima." |
Prof. Piero Gallina, Presidente di Ser.In.Ar.,
Sede a FORLI'
"Romagna: risorsa o problema per Bologna ?"
Le nostre idee, valutazioni e giudizi sullUniversità sono
certamente originali rispetto allimmagine ed ai rapporti di altre istituzioni nei
cui territori siano presenti insediamenti universitari.
Noi linsediamento universitario labbiamo voluto fortemente fin
dallinizio. Una decisa volontà politica sostenuta da impegni economici pluriennali
assai rilevanti, sia finanziari sia immobiliari, e dalla costituzione di apposite
società per il sostegno continuo, oseremmo dire quotidiano, della
nostra università.
Il decentramento universitario nelle nostre città e nel territorio; la
costituzione dei Poli Scientifico/Didattici; il progressivo consolidamento di questa
intrapresa di successo viene considerata laccadimento più
rilevante degli ultimi 15 anni.
Non abbiamo mai pensato a una presenza universitaria territoriale, casalinga,
bensì appartenente allAlma Mater e finalizzata alleccellenza della didattica,
della ricerca ed alla massima internazionalizzazione.
Una visione alta del ruolo e della funzione delluniversità che nella
società odierna non ha più solo il perseguimento delleccellenza
nellavanzamento delle conoscenze, ma deve aumentare il livello medio culturale dei
cittadini (numero di laureati); sostenere la formazione permanente; produrre servizi ed
imprese attraverso lapplicazione delle innovazioni tecnologiche.
Questa è limmagine della nostra università sulla quale si innestano le
problematiche specifiche e le criticità di un modello multicampus (o di università a
rete di sedi) ancora incompiuto o a metà del guado nella sua applicazione
allinsediamento romagnolo. |
|
NINO LUCIANI. Personalmente
sono sconvolto dalla impostazione sopra riportata.
Per quanto ne so, le parti finanziatrici dovrebbero dichiarare pubblicamente
a bilancio, nero su bianco, le entrate e le uscite della "figlia", e le entrate
e uscite della "madre" e dei "padri" per la "figlia"
diciannovenne. Questo, se si vuole avere un consenso sociale, in una qualche direzione.
Ciò che emerge, in questa fase, è però la innaturalezza di questa
poliandria, in cui i "padri" vogliono che sia la "madre" a soccorrere
la "figlia", e non i "padri".
Ma torniamo alla tesi iniziale. In realtà il problema è male
impostato dal presidente di SERINAR perchè l'Università di Romagna (in realtà 5
mini-atenei) è un problema di interesse nazionale, oltre che locale. E allora manca un
attore nella questione: lo Stato. Dunque, si chiami in campo lo Stato (non la
"madre") per far fronte ad un problema di interesse nazionale.
Molta impressione e comprensione, invece, hanno suscitato nel convegno
i professori, che hanno assunto da anni la direzione didattica in Romagna (lasciando
Bologna). Hanno ben ragione di essere stanchi di fare gli eroi (e così dicasi dei molti
"pendolari" da Bologna). Pertanto il dialogo triangolare (Romagna, Bologna,
Roma) va assolutamente impostato, a costo di chiudere "qualcosa", e fors'anche
di riorganizzare "qualcosa". Ma qui, credo, che conterebbe molto la voce dei
Comuni locali, più che quella della sede di Bologba. NL |
Ciò premesso quale la fotografia
dellinsediamento universitario in Romagna oggi:
¼ degli iscritti totali UniBo;
650 docenti e ricercatori 1/5 del totale di UniBo;
1/9 dei T.A.;
44 atenei italiani sono per numero di studenti inferiori alla Romagna;
La qualità della didattica è alta e certificata sia dal C.N.V.U. (relazione del Giugno
2007) sia dal CENSIS;
Ottima qualità delle sedi e delle attrezzature;
La qualità della ricerca è buona o eccellente pur in assenza di dipartimenti;
I costi per gli studenti sono assai inferiori a Bologna con unalta qualità della
vita (Ser.In.Ar. gestisce 500 posti letto con un costo massimo in camera singola di
200,00 ed in doppia da 150,00/170,00 con collegamenti internet, ecc.);
Le immatricolazioni di Bologna diminuiscono mentre in Romagna sono stabili;
Le provenienze sono per il 15,21% da fuori regione con punte del 33% a Forlì e Rimini e
per il 5% dallestero.
LAteneo di Bologna è stato la madre e gli Enti Locali e le Società di
Sostegno (Ser.In.Ar. Forlì-Cesena, Flaminia Ravenna e UniRimini) i padri di questi
figlio/a ormai diciannovenne.
Chiedersi oggi se sia una risorsa o un problema è come se la madre (Ateneo) si chieda
ancora se la maternità è stata voluta o casuale se il figlio/a sia legittimo o
illegittimo.
Mi sembra che la depressione post-partum si trascini troppo a lungo.
I padri di Romagna hanno fatto sacrifici enormi per far crescere questo figlio/a non
limitandosi agli assegni famigliari ma provvedendo alla residenza ed anche ad un certo
benessere. Solo Ser.In.Ar. dal 1989 ad oggi ha speso 25.000.000,00 ai quali si
aggiungono Flaminia ed UniRimini. Oltre naturalmente ad edifici e sedi.
Si è rimasti troppo a lungo in mezzo al guado occorre procedere alla
istituzionalizzazione del multi campus; procedere a facoltà interdisciplinari ed a centri
dipartimentali interdisciplinari.
Completare la costruzione di una vera università a reti di sedi con un assetto statutario
adeguato e riunire i poli della Romagna in un assetto amministrativo unico.
Debbono essere date soluzioni originali non classiche e ripetitive ma chi può farlo se
non lUniversità.
Il luogo dellinnovazione, della scienza e della creatività.
Se lUniversità ha la funzione o lambizione di delineare il futuro è
sicuramente in grado di immaginare e realizzare assetti innovativi. Se non riesce o non
vuole viene meno alla sua mission fondamentale. PG |
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Keys:
ricerca scientifica, didattica, leggi universitarie, miur, studenti, diritto allo studio,
moneta, banche, economia, finanza, bilancio, conferenza |
Importanza,
per tutta l'università italiana, di una eventuale pronuncia della
Corte Costituzionale sulla autonomia universitaria (ex-art. 33 Costituzione) |
Prof. Gianni Porzi,
CdA, Bologna
|
Atenei di Genova e Torino-Politecnico rivendicano propria autonomia, rispetto a Miur,
sulla Governance elettiva.
Il Miur ha 30 giorni per ricorrere al TAR.
Gli Atenei potranno, poi, opporre la questione di
costituzionalità per il diritto di autonomia organizzativa |
Giacomo Deferrari
Rettore univ. Genova
|
|
FATTI
1.- Premessa. La legge Gelmini stabisce che (art. 2 lett. f) il Senato è
"elettivo", e che (art. 2, lett. i) per il CdA gli studenti sono
"elettivi", e gli altri componenti sono "designati o scelti".
Secondo il Miur, "designazione o scelta" è diverso da
"elezione", ma secondo alcuni giuristi l'aggiunta di "o scelta" è un
ripensamento del legislatore che offre, in subordine, la possibilità della elezione: nel
senso che anche la elezione è una scelta.
Precisamente, secondo il Miur, il CdA va designato (ma la legge non dice , da parte di chi), e siccome esso va configurato come distinto
da ogni altro Organo, esso non può essere l'emanazione di un altro organo, e dunque
dev'essere nominato da almeno due organi.
Infine, secondo altri, le modalità di governance sono riservate dalla
Costituzione alle università. Pertanto il MIUR può dare il proprio supporto
interpretativo, ma esso non è vincolante per le università.
2. Genova e
Torino-Politecnico*. Queste università hanno deciso che il CdA sia elettivo.
Ma vediamo come. |
GENOVA. Per l'Art. 19 - 1. Il consiglio di amministrazione, nel rispetto
del principio delle pari opportunità, è composto da: (a) il rettore; (b) quattro docenti
dell'Ateneo dei quali due appartenenti alle aree scientifiche da 1 a 9 e due alle aree da
10 a 14; (e) un tecnico-amministrativo dell'Ateneo; (d) due rappresentanti degli studenti;
(e) tré persone che non siano dipendenti dell'Ateneo ne lo siano state nel quinquennio
precedente.
....
4. I candidati di cui alle lettere b) e e) del comma 1 sono eletti
("tra persone in possesso di comprovata competenza", vedi c. 2) in due collegi
elettorali costituiti rispettivamente dal personale docente e dal personale
tecnico-amministrativo.
5. I candidati di cui alla lettera e) del comma 1 sono votati individualmente dal senato
accademico.
... |
TORINO-Politecnico. Per
l'art. 12, c. 3, dello Statuto, Il Consiglio di Amministrazione è composto da undici
componenti: a) il Rettore, membro di diritto; b) cinque componenti appartenenti ai ruoli
dell'Ateneo (professori, ricercatori e personale tecnico-amministrativo); e) tre
componenti non appartenenti ai ruoli dell'Ateneo a decorrere dai tre anni precedenti alla
designazione e per tutta la durata dell'incarico; d) due rappresentanti degli studenti.
4. - ....e) il Senato Accademico, avvalendosi di un apposito Comitato, accerta che le
candidature presentate soddisfino i requisiti pubblicati nei bandi e compone la lista di
candidati intemi e la lista di candidati esterni includendo in esse tutti i candidati che
soddisfìno i suddetti requisiti. Il Comitato, che dovrà includere almeno 1/3 di
componenti esterni all'Ateneo, sarà individuato secondo modalità definite da apposito
Regolamento approvato dal Senato Accademico; ... 5. I cinque
componenti appartenenti ai ruoli dell'Ateneo sono eletti dai professori,
dai ricercatori a tempo indeterminato e dal personale tecnico-amministrativo, nell'ambito
della lista di cui alla lettera e) del comma 4.
6. I tre componenti non appartenenti ai ruoli dell'Ateneo sono designati dal Senato
Accademico, nell'ambito della lista di cui alla lettera e) del comma 4. La designazione
avviene con votazione del Senato Accademico a maggioranza dei componenti il Senato
medesimo. Il Senato Accademico riapre la procedura di formazione della lista, come
indicato nel comma 4, qualora non risulti designato il numero previsto di componenti
esterni.
7. I rappresentanti degli studenti, in numero di due, sono eletti con
modalità specificate dal Regolamento Generale di Ateneo. "... |
A questo punto, gli Statuti vanno in
Gazzetta Ufficiale, e il Miur ha 30 giorni per fare ricorso.
Sul ricorso, gli Atenei ribelli in materia di Governance potrebbero seguire due
vie:
a) opporre un semplice problema interpretativo e sostenere che la possibilità di
"scelta" significa anche "elezione. Ma in questo caso, gli Atenei rischiano
di perdere, perchè la legge dice "designazione o scelta", in contrapposizione a
"elezione", dello stesso comma, per cui la legge ha fatto un netta distinzione;
b) opporre che la legge ordinaria è incostituzionale, in marteria organizzativa.
Se questo sarà il percorso, Genova e Torino-Politecnico faranno un grande servzio
all'università italiana, posto che il TAR riconosca fondata la questione di
costituzionalità: nel senso che ora e per sempre sarà aperta la strada per ottenere
dalla Corte Costitiuzionale i limiti del Governo nel violare l'Autonomia delle
università, secondo la Costituzione.
3. Bologna. Qui ha avuto
luogo una grande battaglia del Consigliere Gianni Porzi (tra l'altro, Rappresentante del
Governo in CdA) che si è mosso per lo stesso verso delle ricordate Genova e Torino
Politecnico, ma risultandone sconfitto. Rinvio, per i particolari, al resoconto di un
quotidiano locale (clicca su: unige-giornale).
Non solo questo. A supporto della tesi elettiva, l'Intersindacale universitaria
(oltre all'organizzazione di un Referendum, aperto a tutto l'Ateneo, e vinto alla larga),
inviava "osservazioni giuridiche" al MIUR, in cui sosteneva:
"La procedura di composizione del CdA che
le proposte vogliono introdurre non soltanto è finalizzata a garantire il controllo del
Rettore sul CdA, ma pone in essere una situazione di palese ed illegittimo conflitto di
interessi. Cio' è conseguente al fatto che il Senato "deve" fare una scelta
solo tra nominativi scelti da un Comitato di Selezione nel quale il Rettore è
maggioritario, sia pur col limite che le decisioni sono valide se prese con maggioranza
qualificata, ma subito dopo mitigato dalla riserva, in ogni caso, al Rettore di proporre
un proprio candidato. Infatti, la forza propositiva eccessiva del Rettore rimane, perchè,
anche se mitigata dal quorum di 4/5 per la validita' della delibera del Comitato, questa
mitigazione viene poi rivista dalla suddetta deroga per gli "esterni", tutta a
favore del potere del Rettore, della Consulta del personale e della Consulta dei
Sostenitori." |
Sul CdA, brutta figura del
Miur, perchè contro se stesso. Ma il MIUR ha ritenuto infondaro questa tesi del
"conflitto di interesse", giacchè dallo Statuto si trae che il CdA non è
emanazione di un solo organo monocratico (il Rettore), ma di due Organi (anche il Senato).
Ritengo che il Miur non ne esca bene, perchè i due Organi non concorrono
pariteticamente alla nomina.Precisamente il Rettore, tramite il Comitato di selezione (di
cui nomina 3 membri su 5) riesce di fatto a condizionare il Senato a scegliere solo
tra nominativi indicati dal rettore (sia pur in numero doppio al numero dei nominabili).
In altri termini, se il rettore mette in un cappello tutte palline
"rosse" (diciamo persone di partito, sia pur non iscritte o che non fanno
poltica apertamente), dal cappello non possono che uscire palline "rosse" . E
questo, a Bologna, non piace, neppure a quelli che fanno politica, perchè ci tengono
all'indipendenza scientifica dell'antico Studio. NLUCIANI |
|
|
* PARMA Università.
Dopa la pubblicazione del testo soprastante, siamo venuti a conoscenza cha
anche l'Università di Parma, ha deliberato per la elettività del CdA. Questo è il
testo:
ART. 11, c.: " Il Consiglio di Amministrazione è costituito da nove componenti: - Il
Rettore che lo presiede; - Due componenti esterni designati dal Senato Accademico; - Un
rappresentante degli studenti eletto nell'ambito della medesima componente; - Un
componente eletto nell'ambito del personale tecnico amministrativo; - Quattro docenti
dell'Ateneo con rapporto di lavoro a tempo indeterminato eletti dalla medesima componente. |
FFO
- FONDO DI FINANZIAMENTO ORDINARIO 2011
La CRUI-Conferenza dei Rettori giudica ...
il FFO del Governo, alle Universita', per il 2011
e promette "nelle prossime settimane una assoluta
determinazione" nei confronti del Governo, che dice di
voler fare premialità agli Atenei ma, poi ... , riduce le risorse,
pur in una fase in cui, per lo sviluppo, va sostenuta la ricerca |
Roma, 4 ottobre 2011
__________________
Documento della
Intersindacale
Universitaria
Nazionale
|
|
Parere CRUI sullo schema di D.M. in materia di
riparto del Fondo di Finanziamento Ordinario per lesercizio 2011 (nota del Capo di
Gabinetto MIUR n. 251 del 15.9.2011) - Roma 22 settembre 2011
LAssemblea della CRUI sottolinea innanzitutto la vivissima preoccupazione
dellintero sistema universitario italiano per i drammatici tagli progressivamente
operati sul finanziamento ordinario. Le sottrazioni sono a questo punto pari al -7,48% in
termini nominali rispetto al 2009, alle quali si aggiunge un ulteriore decremento pari al
-5,53% previsto per lanno 2012 che, come è stato rappresentato al Capo dello Stato
nellincontro tenutosi il 20 luglio u.s., de facto comporterà il blocco di
alcuni fondamentali servizi strategici forniti dal sistema delle Università italiane, con
danni incalcolabili per lutenza studentesca, per lofferta di istruzione
pubblica, per la ricerca e lo sviluppo in Italia. È giunto il momento di decidere se
questo Paese ha ancora bisogno delle proprie Università, e tanto più in una fase di
straordinaria difficoltà per la vita nazionale nella quale la dislocazione o meno di
risorse per la ricerca e lalta formazione avrà conseguenze decisive sul nostro
futuro.
È questa una questione che la CRUI tornerà a porre nelle prossime settimane con
assoluta determinazione. Non è infatti più sufficiente il senso di
responsabilità degli Atenei italiani per condividere una politica di premialità
fatta su risorse in costante e drammatica diminuzione che, allo stato attuale, rischia di
penalizzare in maniera irreversibile componenti essenziali del sistema universitario
nazionale.
Adempiendo responsabilmente al proprio ruolo istituzionale la CRUI intende comunque
offrire il proprio contributo alla bozza di decreto affrontando sia aspetti generali sia
singoli aspetti di natura più tecnica.
In linea generale, la CRUI osserva come lattuale impianto del D.M. non tenga ancora
conto di alcuni parametri ai fini di una più equa ripartizione, quali, ad esempio,
lFFO per studente e il costo-standard, lincidenza delle esenzioni da tasse e
contributi in termini di minori entrate, la tipologia differenziata degli Atenei sul
territorio italiano (Atenei generalisti e tematici, Dipartimenti medici,
scientifico-tecnologici e umanistico-sociali), la presenza di strutture federate tra le
Università ai sensi della normativa vigente. Inoltre è indispensabile che si dia
attuazione a quanto previsto dallart. 70 del D. Leg. 165/01 in materia di spese per
il personale sanitario, attualmente a carico delle Università in modo improprio.
Su tali, decisivi aspetti la CRUI intende ritornare quanto prima, onde formulare una
proposta coerente per larchitettura finanziaria dei prossimi anni in vista
dellemanazione del Decreto Legislativo previsto dallart. 5 della L. 240/2010.
La CRUI non può daltra parte non segnalare il grave ritardo con il quale il
Ministero ha provveduto a rendere disponibile lo schema di Decreto e i disagi che ne
conseguono sul piano della programmazione.
Venendo al profilo complessivo del provvedimento in esame, la CRUI rileva come vi sia
stato uno sforzo obiettivo da parte ministeriale, nelle attuali condizioni, teso ad
alleggerire limpatto negativo delle cifre. Lintroduzione anche questanno
del limite del 100% rispetto allesercizio precedente per gli Atenei con prestazione
positiva e, al tempo stesso, lapplicazione di una quota tratta dal fondo perequativo
(pari a ca. 9 mln di euro) per impedire decrementi mediamente superiori al 5% sono aspetti
senza dubbio apprezzabili.Così come è condivisibile che, in presenza
di una diminuzione del fondo complessivo, nel calcolare la differenza tra prestazione 2011
e prestazione 2010 si sia, per la prima volta, tenuto conto del solo finanziamento
consolidato dello scorso anno al netto degli interventi premiali. |
INTERSINDACALE UNIVERSITARIA NAZIONALE
e ASSOCIAZIONI STUDENTESCHE
ADI, ADU, ANDU, CISL-Università, CoNPAss, FLC-CGIL, LINK,
RETE29Aprile, SUN, UDU, UGL-Università, UILPA-UR, USB-Pubblico impiego
Roma 4 ottobre 2011
Documento finale:
"L'UNIVERSITA' BENE PUBBLICO
DA DIFENDERE E MIGLIORARE"
11 novembre 2011
GIORNATA DI MOBILITAZIONE NAZIONALE
I continui tagli ai fondi per l'ordinario funzionamento, la
riduzione del 95% dei fondi per il diritto allo studio, il ridimensionamento dell'offerta
didattica, il blocco del reclutamento e delle carriere, l'espulsione di migliaia di
precari stanno uccidendo l'Università statale.
Mentre negli altri Paesi - proprio quando c'è crisi - si
investe ancora di più nell'alta formazione e nella ricerca, considerati i principali
motori per lo sviluppo culturale, sociale ed economico, in Italia, invece, è sempre più
evidente la volontà di cancellare definitivamente l'Università statale, sede di
didattica e di ricerca di qualità, negando la dignità degli studenti e di tutte le
componenti che vi operano. In Italia si punta a finanziare con risorse pubbliche poche ed
elitarie strutture, mettendo in condizione di non operare la maggior parte degli attuali
Atenei.
In questa direzione vanno anche i decreti attuativi della Legge
240/10, che si stanno emanando senza alcun confronto del Governo con le Organizzazioni
universitarie, nonostante il solenne impegno assunto dal Ministro al momento
dell'approvazione della Legge. Questi decreti si stanno configurando come strumenti per lo
smantellamento della libertà di ricerca e di insegnamento, garantita dalla Costituzione.
Si sta mettendo nelle mani dei Ministri dell'Economia e dell'Università il potere di
commissariare gli Atenei e di decidere la nascita, la vita e la morte delle strutture
universitarie e di decidere, di fatto, i filoni e le modalità della ricerca. In questo
quadro, non offre garanzie di indipendenza l'ANVUR, sempre più "braccio
operativo" del Ministero..
Con la distruzione del diritto allo studio si preclude l'accesso agli studenti in
condizioni economico-sociali svantaggiate. La formazione universitaria viene vista come un
debito che lo studente contrae con la società e si costringono i capaci e meritevoli, ma
privi di mezzi, a ricorrere a prestiti d'onore e altri strumenti di indebitamento.
Di fronte a questa drammatica e intollerabile situazione, il Governo e il
Parlamento devono fare marcia indietro rispetto alle scelte finora fatte. Non si può più
tollerare che le sorti dell'Università siano decise dal Ministero e dagli organismi da
esso nominati e che negli Atenei dominino le oligarchie locali, consolidate dalla maggior
parte dei "nuovi" statuti voluti dalla legge 240/10. Il Paese ha urgente bisogna
di una vera riforma per l'autonomia e l'autogoverno democratico degli Atenei e del Sistema
nazionale universitario, con la partecipazione paritetica di tutte le componenti
universitarie.
Nell'immediato occorre ottenere un adeguato FINANZIAMENTO
STRAORDINARIO* per affrontare le questioni prioritarie del diritto allo studio, del
reclutamento in ruolo e del rilancio della ricerca.
In occasione dell'inizio degli anni accademici, le
Organizzazioni promuovono una iniziativa nazionale unitaria di mobilitazione nella
giornata dell'11 novembre 2011.
________________________________
* Nota della Redazione. Oggi il FFO è nell'intorno di 7 miliardi. Nel
2001-2002 il FFO era nell'intorno di 6,2 miliardi e in quegli anni, causa
Euro, i prezzi raddoppiarono, per cui in termini reali il FFO (per diventare uguale a
quello del 2001-2002) dovrebbe essere di 14 miliardi. |
Uno sforzo altrettanto apprezzabile è stato fatto nellapplicare il c. 1
dellart. 11 della L. 240/2010 (cosiddetto fondo perequativo). A fronte del dettato
tecnicamente impreciso della norma di legge (modello teorico e accelerazione
sono infatti categorie che non pertengono più al fondo premiale, anche se resta a termini
di legge lincentivazione di Atenei sottofinanziati di una quota percentuale pari o
superiore al -5%) e di un sistema di calcolo non del tutto efficace, il MIUR ha ripartito
approssimativamente la metà del fondo a disposizione di 95 mln di euro a tutte le
Università limando così di qualche punto la media del taglio generale (che è migliorata
di circa lo 0,2%).
Resta comunque listituto di un fondo perequativo che rafforza notevolmente la
distribuzione premiale più che il vero e proprio riequilibrio e, quindi,
lattenzione nei confronti degli Atenei storicamente sottofinanziati. Occorre anche
unattenzione specifica nei confronti di quegli Atenei che, con sforzi notevoli,
stanno risalendo la china dei passivi pregressi. Questa tipologia dintervento può
essere resa efficace già a partire dallassegnazione del fondo di cui al piano
triennale (DD.MM. 50/2010 e 345/11).
La CRUI ritiene indispensabile una particolare attenzione alla definizione di parametri e
indicatori pienamente attendibili e coerenti anche per evitare interferenze distorte sulle
Università non statali, le quali non solo soffrono di tagli percentualmente pesanti sui
trasferimenti pubblici ma non appaiono adeguatamente sostenute sul piano del diritto allo
studio. Con riferimento allart. 1 (quota-base) la CRUI sollecita una riflessione
sugli effetti del turn-over nelle singole Università ai fini del calcolo della
quota-base.
Con riferimento allart. 3 (quota premiale) la CRUI rileva che il MIUR ha cambiato
alcune ponderazioni nellattribuzione dei pesi agli indicatori della ricerca, e
ritiene condivisibile il taglio del 10% dellormai perento VTR 2001-2003 e una
spalmatura sui PRIN (che salgono al 40%) e sui progetti internazionali (che
salgono al 25%). Relativamente alla didattica si chiede che vengano tenuti nel debito
conto, come lo scorso anno, i cosiddetti fattori di contesto aggiornati e che i dati
forniti dalle Università siano oggetto di un monitoraggio attento in maniera da garantire
assoluta omogeneità.
Con riferimento allart. 5 (mobilità), vista larticolazione degli interventi
volti a favorire la mobilità, la somma messa a disposizione, che è destinata a coprire
presumibilmente i soli 2/12 dellesercizio in corso, appare in ogni caso esigua. Si
propone che essa venga incrementata di un altro milione di euro sottratto alla quota di
cui allart. 8 (consorzi interuniversitari). La CRUI chiede inoltre lestensione
del cofinanziamento per la mobilità di cui al presente articolo anche ai ricercatori
universitari a tempo indeterminato in considerazione di quanto prevede larticolo 29
c.10 della L. 240/2010. Sempre nellàmbito del medesimo articolo, nel caso di quanto
dettato dallart. 7 della L. 240/2010, si chiede attenzione specifica alle
Università federate, con particolare riguardo di quelle collocate al di sopra del limite
del 90% di cui allart. 51 della L. 449/97.
Con riferimento allart. 6 (chiamate di chiara fama) si ritiene opportuno che il
termine delle procedure con conseguente assunzione in servizio sia anteriore al 31.12.2011
e che gli Atenei debbano presentare le rispettive proposte entro il 30.10. Ciò al fine di
evitare che le prese di servizio vengano deliberate dalle Università in vacanza del
regime di proroga degli alleggerimenti per le spese del personale sanitario di cui al
decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 coordinato con la legge di conversione 26 febbraio
2011, n. 10.
Con riferimento allart. 8 (consorzi interuniversitari) la CRUI propone che sia
applicato sin da questanno quanto deliberato dallapposita Commissione
ministeriale nel corso del 2010. Ossia che, a fronte di una sensibile diminuzione dei 44,9
mln attualmente stanziati, venga individuata una somma da attribuire mediante bandi su
progetto presentati dai consorzi di ricerca. Le economie derivanti da questo intervento
potrebbero essere impiegate sia a sostegno dei piani di rientro delle Università,
opportunamente documentati e vagliati, sia sulla mobilità di cui allart. 5 del
presente schema di decreto, come già si è accennato.
Con riferimento allart. 11 (reclutamento straordinario dei professori associati) si
fa rimando alle considerazioni già esposte dalla CRUI nelle audizioni alla Camera e al
Senato rispettivamente del 20 e 21 uu. ss. Nello specifico del provvedimento collegato (AS
n. 393) la CRUI sottolinea con viva preoccupazione il dettato ambiguo dellart. 1 c.
1, ove si consente lassegnazione delle risorse alle sole Università che si
collochino al di sotto del limite del 90% di cui allart. 51 della L. 449/97. Si
richiede in ogni caso che tale comma sia riformulato tenendo conto di quanto previsto da
ultimo dal Decreto Legge 29 dicembre 2010, n. 225 coordinato con la Legge di conversione
26 febbraio 2011, n. 10. Peraltro si fa osservare che nel dettato del provvedimento, per
una evidente svista, non sono contemplate le Scuole a ordinamento speciale che pure, in
passato, hanno fruito di analoghe assegnazioni per l'incentivazione del reclutamento.
La CRUI chiede comunque uno specifico e immediato intervento legislativo, viste le
aspettative legittime dei ricercatori italiani, tale per cui la platea dei possibili
fruitori del finanziamento straordinario venga estesa a tutte le Università,
indipendentemente dal limite del 90%. La motivazione è semplice: si tratta di un fondo
destinato a incentivare le assunzioni di tutti i ricercatori (idoneati oggi, abilitati
domani), a prescindere dalla loro collocazione
accademica, in analogia con quanto avvenne per l'assegnazione dei fondi dei cosiddetti
ricercatori Mussi (art. 1 c. 1 della L. 1/2009).
Con riferimento allart. 13 (interventi specifici) non è chi non veda che la somma
prevista di 18 mln di euro per lattuazione degli artt. 6, c. 14 e 8 in materia di
incentivazione premiale dei docenti è assolutamente insufficiente.
Tenuto conto del blocco degli scatti stipendiali di cui allart. 9 del D. L. 78/2010,
peraltro, una somma che copra meno del 30% della platea di quanti avrebbero potuto
percepire lo scatto rischia di divenire puramente simbolica.
Infine la CRUI segnala lassenza dal provvedimento in esame di qualunque stanziamento
specifico per i dottorati e per gli assegni di ricerca che pure dovranno costituire
lasse portante della formazione dei giovani ricercatori nel prossimo futuro, in
concomitanza con la generale riforma della normativa in materia.
La CRUI, in conclusione, sottolinea il senso di responsabilità e lo spirito di servizio
con i quali il sistema delle Università sta affrontando questa difficile fase; lo fa
animata dalla vivissima preoccupazione per una situazione che, qualora continuasse,
finirebbe con linfliggere un colpo definitivo allalta formazione di questo
Paese. |
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EDIZIONE
STRAORDINARIA
La seconda versione dello Statuto
(dopo il referendum),
all'o.d.g. del CdA il 27 luglio 2011, per il "parere" finale.
Non comunicato da alcuno se , per la piena liberta'
di voto, è stata avanzata la richiesta del voto segreto.
Clicca su: Statuto approvato il 27
luglio 2011 |
Università del Salento
Il Cda boccia il nuovo progetto di Statuto.
Adesso si ricomincia
tutto da capo.
Clicca su: SALENTO |
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Frattanto la comunita' universitaria si interroga sul peso "zero ?" avuto dal
referendum, salvo forse lo stimolo,
ad una ulteriore riflessione, in alcuni membri del CdA.
LA RISPOSTA,
NELL'INTERVENTO IN CDA IL 15 LUGLIO 2011,
DEL CONSIGLIERE PORZI, RAPPRESENTANTE DEL GOVERNO |
Nota. Nel servizio sottostante sono riportati per memoria i risultati (già
divulgati a suo tempo) del referendum.
Si aggiunge che, dal programma di rilevazione
dei visitatori del nostro Foglio si rileva, poi, che l'evento è stato
seguito da 3.427 persone, in Italia e
all'estero.
Gianni Porzi, Intervento nel CdA del 15/7/2011
Non mi sembra di cogliere in questa seconda
versione dello Statuto cambiamenti significativi per quanto concerne in particolare la
governance che continua ad essere centralistica e verticistica, impostazione che, come
dichiarai oltre un mese fa, mi vede critico.
Mi preme sottolineare che in questa mia posizione non vi è nulla di
personale e/o di ideologico (come qualcuno vorrebbe pensare), ma deriva semplicemente
dalla mia formazione improntata sui principi della democrazia.
Vorrei toccare solo quei passaggi che a mio avviso sono in
contrasto con una governance impostata il più possibile nel rispetto di un principio
fondamentale, cioè della democraticità delle scelte e della rappresentatività elettiva
di coloro che operano nell'Istituzione.
Sono ancora in capo al Rettore importanti nomine e designazioni:
il meccanismo per la formazione del CdA, organo fondamentale a livello decisionale, è
ancora tale per cui de facto il Rettore è in grado di determinare 6 membri, cioè la
maggioranza del CdA.
Ribadisco che la terzietà del Comitato di selezione non è garantita,
e quindi ciò che viene proposto non è a mio avviso accettabile.
L'aver poi introdotto la maggioranza qualificata del Comitato di
selezione ritengo sia un escamotage non sufficiente a rendere democratico il meccanismo
proposto. Se si fosse voluta realizzare una "terzietà accettabile" del
Comitato, si poteva seguire, ad esempio, la via dell'Università di Udine che ha previsto
un Comitato tecnico "ragionevolmente indipendente" costituito dal Presidente del
Collegio dei revisori, dal Membro esterno del Nucleo di valutazione e dal Presidente del
Comitato unico di garanzia per le pari opportunità dell'Ateneo.
Mi preme inoltre notare che con i requisiti,
sostanzialmente da top manager, richiesti soltanto agli 8 membri designati, la scelta non
potrà che cadere su giuristi ed economisti, cosa che non condivido, anche perché in
futuro una tale limitazione potrebbe essere estesa anche alla figura del Rettore.
Se non si vuol percorrere la via elettiva dei 5 membri interni,
allora piuttosto del Comitato, come previsto anche dalla IIa bozza di Statuto, ritengo
preferibile la soluzione adottata dallo Statuto della "Ca' Foscari" di Venezia
(simile a quella adottata dall'Università di Catanzaro) secondo la quale il Rettore
propone, sic et sempliciter, i nominativi per il CdA, senza alcun Comitato
"paravento".
E' il Rettore in prima persona che si assume la
responsabilità delle nomine, rendendo così trasparente il processo di scelta e quindi
della responsabilità connessa.
Situazione similare è anche la modalità di nomina dei
Coordinatori dei Campus romagnoli. Anche in questo caso in sostanza si tratta sempre di
una nomina dall'alto: infatti, potrebbe accadere che venga scelta e nominata la persona
meno votata dal Consiglio di Campus, ma più gradita al Rettore. Ebbene, anche in questo
caso se, come appare evidente, non si vuol fare la scelta per via elettiva, che sia
direttamente il Rettore a nominare il Coordinatore del Campus tra i professori con sede di
servizio nel Campus stesso, a vantaggio, ribadisco, della trasparenza nelle assunzioni di
responsabilità.
Volendo poi entrare in un aspetto un pò meno
politico e un po' più tecnico, riterrei opportuno prevedere un meccanismo di sfiducia del
CdA da parte del Senato Accademico. Infatti, in una visione aziendalistica, che peraltro
non condivido, in una Società di capitali, nell'ottica del bilanciamento dei poteri e
della tutela dei legittimi interessi degli Azionisti, Amministratore Delegato e CdA sono
revocabili da parte dell'Assemblea degli Azionisti. Quindi, come è prevista la
possibilità di sfiduciare il Rettore, riterrei opportuno prevedere anche la sfiducia del
CdA. |
Nota di N. Luciani. IL PD e la
Regione EMILIA ROMAGNA, non possono chiarmarsi fuori, l'uno in quanto questo Rettore
"autoritario" è stato eletto dalla "sinistra"; l'altra, perchè
questo Statuto decreta la morte dell'autonomia amministrativa delle università della
Romagna.
La vicenda "bolognese" di
questo progetto è singolare, in quanto esso è proposto da un rettore eletto con i voti
della sinistra e proveniente dal PD, un partito distintosi per la battaglia contro la
legge Gelmini, in Parlamento, anzi con parlamentari bolognesi in testa (VASSALLO,
BERSANI).
V'è di più. Egli è andato oltre la legge Gelmini, in termini autoritari.
Dopo il referendum di
avvertimento che ha raccolto 2.200 voti (quasi doppio di quelli con cui era stato eletto),
E CHE IGNORA, Egli si trova collocato in una posizione di estremo isolamento.
E che dire di quella sua introduzione alla Conferenza di Santa Lucia, il 12
gennaio u.s.: "L'università è nel mondo, ma non è di questo mondo". E'
la nota frase sibillina ripresa dai preti, previa sostituzione della parola
"chiesa" con la parola "università", e che sottende la nota
propensione dei cristiani per il martirio.
Ma la questione non può finire qui.
Il PD bolognese non può non chiarire la propria posizione, rispetto a questo progetto di
Statuto e questo:
1.- perchè la nuova struttura organizzativa dev'essere motivata per la capacità
di controllare la qualità della ricerca e degli insegnamenti. Questo requisito
include i docenti, accanto al rettore, e non si concilia con il controllo del rettore sul
CdA, e con Dipartimenti pletorici.
Quanto a questi, l'idea di un numero di docenti dei Dipartimenti molto
al di là del minimo di legge (40), promette infatti degli zibaldoni, poco rispondenti a
condizioni favorevoli alla qualità della ricerca "specialistica".
Quanto agli insegnamenti, i Dipartimenti, accorpanti gli insegnamenti, vanno
basati su un numero di insegnamenti "attivabili" in base alla chiara indicazione
delle condizioni per l'attivazione (contenuti scientifici veri, e numero standard, valido,
di studenti - nè pochi, nè troppi). Questo, per non deludere gli studenti e non sprecare
il denaro pubblico.
2.- Altrettanto la Regione Emilia Romagna
non può stare a guardare ... di fronte alla morte certa delle università della Romagna,
decretata dal rettore Dionigi.
Non ho dubbi che la Romagna abbia titolo ad una sua università (Ravenna non fu
capitale dell'Impero Romano di Occidente ?).
Ho invece seri dubbi che la Romagna possa ancora tenere 4 sedi, finanziariamente
non autosufficienti, a parte che Bologna non potrà più continuare a dissanguarsi con
quattrini e docenti a livello da sottoproletariato, per la Romagna. .
Dopo la legge Gelmini l' "inganno" della Romagna non sarà più
accettato ad occhi chiusi. In questo senso sarebbe necessario un chiarimento a
quattr'occhi tra la Regione e il MIUR. N. Luciani |
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REFERENDUM CONSULTIVO
su Statuto generale dell'Ateneo di Bologna
Si vota il 28, 29, 30 giugno 2011, entro le ore 24 |
I tre quesiti del referendum
1.- Volete che i membri
di tutti gli organi collegiali, compreso il Consiglio di Amministrazione, (a parte quelli
determinati di diritto in base alla Legge), siano eletti democraticamente, garantendo la
rappresentanza paritetica di genere e di fascia per la componente di ricercatori e docenti
e la rappresentanza del personale tecnico e amm.vo ? |
SI' 2162 Pari al 95,83% dei votanti |
2.- Volete che i Direttori di Dipartimento, i Presidi/Presidenti delle
Scuole/Facoltà, e i Coordinatori dei Campus siano democraticamente eletti e non designati
dal Rettore? |
SI' 2205 Pari al 97,74% dei votanti |
3.- Volete che il Senato abbia il diritto di revocare la fiducia ai
membri del Consiglio di Amministrazione da esso designati? |
SI' 2128 Pari al 94,33% dei votanti |
4.- Volete che
nellelezione del Rettore sia garantita una più adeguata pesatura del voto del
personale tecnico e amministrativo? |
SI' 1863 Pari al 82,58% dei votanti |
Per votare, si accede al sito web:
http://www.intersindacale-unibo.it/
Qui si trovano le istruzioni sui necessari
adempimenti.
ATTENZIONE: il sito web, accessibile da qualunque postazione
in Italia e nel mondo, sarà pronto tra qualche giorno
e comunque entro il 28 giugno, primo giorno di votazione !
(Si può votare anche da una postazione in
Piazza Scaravilli, davanti al Rettorato ) |
Per consultare il testo originale del
progetto di Statuto, clicca su: Statuto |
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Statuto
generale dell'Ateneo di Bologna: riforma in corsa |
IL RETTORE RIFIUTA OGNI DIALOGO E LE
POSIZIONI SI RADICALIZZANO
.
Frattanto, dal Corriere del
10 giugno, è emersa una strana assonanza tra la contestazione,
in Consiglio Comunale, del Sindaco ( che vuole nominare personalmente il Comitato dei
saggi per la selezione dei candidati nelle partecipate) e la contestazione,
nell'università,
del Rettore, che vuole nominare personalmente 3 dei 5 membri del Comitato di selezione
dei candidati "interni" ed "esterni" al Consiglio di Amministrazione.
Se lo scopo è
controllare il CdA, la cosa è politicamente immorale. Il CdA dev'essere
indipendente.
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Verso il REFERENDUM CONSULTIVO, di tutto l'Ateneo,
auto-organizzato dalle Associazioni e Sindacati Universitari
. |
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" Progetto rettorale inemendabile ?
"
LA RELAZIONE DEL PROF.
GIULIO GHETTI
Assemblea generale di Ateneo del 23 maggio 2011
Bologna, via Zamboni 38
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Giulio Ghetti,
Introduzione tecnico giuridica
ASSEMBLEA GENERALE DI ATENEO, Bologna, Via Zamboni 38
1 .- Siamo
di fronte ad una legge, la cosiddetta Riforma Gelmini, che ha per fine quello di innovare
su di un sistema che è il frutto di stratificazioni successive dovute a varie leggi, pure
di riforma, ognuna delle quali ha dato interpretazioni generali e simili nella definizione
dei principi (cosa è luniversità, cosa è la ricerca, cosa è la didattica, e via
dicendo), ma poi non ha potuto modificare dalle fondamenta il sistema previgente.
Va anche rilevato che mai si è trattato e neppure la Riforma Gelmini lo è
di riforme che abbiano saputo precorrere i tempi rapidi della vita di oggi e
disegnare e indirizzare a un futuro diverso da quello al momento in essere, e che
come ho detto era il risultato di stratificazioni e di rigidità successive.
Tutte queste leggi hanno però avuto il buon senso di salvare un dato
fondamentale: essere luniversità una communitas
nella quale vige il principio della democraticità delle scelte e della
rappresentatività, se pure in varia misura, delle varie categorie che in questa communitas operano o della quale utilizzano le
prestazioni amministrative o, se si vuole, il servizio reso al pubblico.
Quando la democraticità è venuta meno, anche solo in parte, è stata
la stessa communitas a ribellarsi (o a cercare
di ribellarsi): prova ne sia la lotta ai baronati
e ai baroni. Se si è daccordo che questo
è vero e che questo deve essere criterio della democraticità deve essere assunto a
elemento fondante del sistema e perciò dello statuto di ogni ateneo, allora si deve riconoscere che nella bozza di statuto
di cui oggi discutiamo tale pietra di costruzione non vi è o vi è soltanto in piccola
parte.
2.- Tra le prime
affermazioni di principio della bozza vi è quella secondo cui il Rettore non soltanto è
il legale rappresentante dellateneo, ma rappresenta anche listituzione, e
dunque vi è un fenomeno di immedesimazione che non
può essere trascurato, tanto più che si tratta di una scelta di fondo che poi si
sviluppa nella bozza: il Rettore incarna listituzione, dunque non è più un primus inter pares, ogni democraticità delle
scelte viene quasi esclusivamente relegata al momento della sua elezione.
Il Rettore rappresenta, è listituzione stessa, e accettando questo si
accetta anche tutto il sistema centralismo ben poco democratico che la bozza propone: le
nomine e le designazioni che spettano al Rettore sono numerosissime e spesso di numero
determinante rispetto al plenum dellorgano
deliberante, e sono rafforzate da un sistema anche esso scarsamente democratico
di elezioni indirette (cioè di 2° grado) attraverso le quali si formano gli
organi deliberativi di vario livello e di varia sede.
3.- Oggi si parla spesso e in varie sedi si cerca di attuare una democrazia diretta
la cui realizzazione è facilitata dalle presenza di risorse informatiche e da software che aprono il mondo dei social networks: in un ente come lAteneo di
Bologna nel quale la diffusione del mezzo informatico è notevolissima, spesso addirittura
ridondante, ancor meno si comprende ed è accettabile questo accentramento.
Porto un esempio, quello del Consiglio di amministrazione: al di là del
numero dei componenti e della loro provenienza, ci si dica quale è la ratio del sistema che viene proposto per arrivare
alla scelta e composizione di esso; in altre parole ci venga spiegato perché esso non
poteva essere direttamente eletto dalla communitas.
La riprova che tutto il modello organizzativo che viene proposto è
scarsamente, poco o nulla democratico, si ha nella moltiplicazione degli organi con poteri
solo consultivi, e neppure propositivi: evidentemente
chi ha redatto la bozza ha in qualche misura questo deficit di democraticità, dunque di
rappresentatività, ed ha pensato di porvi rimedio istituendo organi consultivi nuovi
rispetto a quelli tradizionali, ma guardandosi bene dal prevedere pareri che, per la loro
natura in varia misura vincolante, possano
effettivamente incidere nelle scelte che in modo centralistico verranno deliberate e
perseguite.
Questa è, a mio parere, la prima critica che si può muovere
contro questa bozza, la quale essa stessa è nata nel chiuso delle stanze e non è stata
il frutto di una vera partecipazione democratica al processo di elaborazione.
4.- Quale sarà il risultato probabile ? Sarà quello di un Ateneo chiuso in
se stesso, che è nel mondo, ma non è del
mondo, per usare un frase che mi si dice essere stata usata in altra occasione
dallattuale Rettore.
Questo conclusione perché di conclusione si tratta, non di una
semplice sensazione trova conferma nella debolezza con la quale la proposta di
statuto tocca altri temi, e sui quali non prende posizione.
Un esempio fra i tanti: si riafferma
ed è persino superfluo che luniversità è il luogo della ricerca e
della didattica, ma nulla si dice circa il tipo di ricerca che viene privilegiato: quella
pura o di base ? quella finalizzata allo sviluppo ? e a che tipo d sviluppo, quello voluto
da un mondo economico spesso dominato da principi ben poco solidaristici, ma in cui
dominano solo le ragioni del mercato ?
E nulla si dice circa le finalità della didattica: si vogliono formare
specialisti chiusi nel loro piccolo universo ? Si vogliono formare generalists capaci di muoversi in un mondo
complesso e in continua evoluzione ? Che spazio avrà la didattica, essa medesima pura,
rivolta principalmente allo sviluppo culturale attraverso il quale si può raggiungere
quel pieno sviluppo della persona umana e la partecipazione di tutti i cittadini alla vita
del Paese, come indica lart. 3 della Costituzione ?
5.- Questa timidezza che sconfina con la non-scelta , questo essere del mondo ma non nel
mondo, risulta palese anche laddove la bozza cerca di disegnare il rapporto con il mondo
esterno, con la società civile, con il mondo del lavoro, con le altre istituzioni
pubbliche e private: lAteneo non si dà nessun compito propulsivo e quando ci viene
proposto un qualche rapporto esso si sostanzia nella scelta di strumenti burocratici, che
in tutti questi anni hanno dato ben scarsi risultati: mi riferisco agli accordi di programma ai quali ci si prefigge di
partecipare (si noti: di partecipare, non di promuovere).
Ma se deve prevalere una scelta di tipo burocratico, dunque etimologicamente
di potere del bureau, sia esso quello degli
Organi di Governo che quello dei funzionari, almeno venisse chiarito quale sia il processo
di decision making, il percorso attraverso il
quale le decisioni vengono prese in questo sistema di potere centralistico e
centralizzato. E ce lo si dica con chiarezza visto che nellordinamento legislativo
italiano sul procedimento amministrativo viene dato largo spazio ai principi della
partecipazione democratica, della possibilità di intervenire nelle scelte delle
amministrazioni pubbliche, anche di quelle di erogazione di servizi, prima che le stesse
siano formulate.
6.- La disciplina del procedimento di elaborazione delle decisioni, almeno a
livello dei principi generali, è anche essa una grande assente da questa bozza.
La tecnica della non-scelta si ha
anche nella sistemazione razionale dellesperienza romagnola,
caoticamente nata e sviluppatasi: e lo si percepisce fin dalle parole che vengono
utilizzate. Infatti talora si parla di policentrismo, tal'altra di
articolazioni, tal'altra ancora di campus, e a
questa confusione di significati si accompagna la mancanza di un disegno organizzativo
nitido.
7.- Sempre non-scelta si ha laddove
si parla di Scuole/Facoltà, e così non si
scioglie il dilemma posto al riguardo dalla legge Gelmini.
8.- Concludo: che fare ? Escludo che nel breve tempo
rimasto per approvare lo statuto si possa apportare alla bozza le necessarie modifiche.
Vi è una sola cosa da fare, a mio parere: scegliere la strada di un vero e proprio
statuto che sia veramente tale e cioè un atto di principi, nel senso che ponga solo i
principi ai quali ci si vuole attenere sia quanto allorganizzazione sia quanto ai
procedimenti di decisione e rinvii ai regolamenti, in primis a quello generale di Ateneo,
i dettagli
Se si accetta come si deve accettare il principio di democraticità
con il suo corollario della rappresentatività, tutto diviene più coerente e logico, più
facile da realizzare anche nel poco tempo rimasto. GIULIO GHETTI |
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Edizione
straordinaria |
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STATUTO GENERALE DELL'ATENEO DI BOLOGNA
Dalla Intersindacale Universitaria:
manifestazione di volontà
di REFERENDUM CONSULTIVO
LETTERA AL RETTORE. |
NOTA. In precedenza l'Intersindacale
aveva segnalato al Rettore alcuni punti assolutamente inaccettabili, del nuovo progetto,
perche' in contrasto con le piu' elementari norme di democrazia degli ordinamenti
costituzionali moderni, e che anche la legge Gelimini vuole rispettate. LETTERA
della INTERSINDACALE UNIVERSITARIA DI BOLOGNA
CISL Universita' CNU Comitato Nazionale Universitario FLC CGIL SUN Universitas
News UIL Ricerca Università AFAM "Docenti Preoccupati" CoNPAss,
Coordinamento Naz.le Professori Associati BO
- Al Magnifico Rettore della Universita di Bologna
Oggetto: per riforma dello Statuto dell'Ateneo:
richiesta della
disponibilità della piattaforma informatica, per consultazione on line
Magnifico Rettore,
facendo riferimento alla Mozione dell'assemblea generale dellUniversita' di Bologna,
del 23 maggio 2011, (si vegga sotto) i sottoscritti Sindacati e Associazioni Universitarie
ritengono importante sottoporre all'elettorato dell'Ateneo alcune questioni statutarie,
fondamentali per la democrazia e il buon funzionamento degli organi, tramite consultazione
di tutto il personale.
In questo senso Le chiedono la disponibilita' della piattaforma informatica
dell'Ateneo per effettuare una consultazione on line da svolgersi entro il mese di giugno.
Confidando in una positiva e tempestiva risposta, porgono distinti saluti.
Bologna 3 giugno 2011
F.to:
CISL Universita' ( Maurizio Turchi )
CNU ( Anna Maria Di Pietra )
FLC CGIL ( Sandra Soster )
SUN Universitas News ( Nino Luciani )
UIL RUA ( Raffaele Pileggi )
DOCENTI PREOCCUPATI ( Sergio Brasini )
CoNPAss, Coodinamento Nazionale Professori Associati Sede di Bologna ( Maurizio Matteuzzi)
Mozione del 23 maggio 2011
LAssemblea generale di Ateneo del 23 maggio 2011, indetta
dallIntersindacale dellUniversità di Bologna, ha preso in esame la bozza del
nuovo Statuto di Ateneo presentata dal Magnifico Rettore al Senato Accademico e al
Consiglio di Amministrazione il 17 maggio scorso, rilevando in particolare quanto segue.
Per quanto attiene agli articoli riguardanti il governo dellAteneo, la
composizione, le attribuzioni e le modalità di costituzione dei suoi Organi, si prefigura
un cambiamento drastico, in senso verticistico, molto al di là di quanto prescritto dalla
stessa Legge 240/10, non giustificato da alcuna tradizione giuridica in campo pubblico o
privato, che limita fortemente i pochi spazi di democrazia ed ogni bilanciamento tra i
poteri degli Organi. I pochi margini di manovra rispetto ad una legge già di per sé
fortemente antidemocratica sono stati al contrario utilizzati per accentuarne i lati
negativi.
I punti che seguono mettono in evidenza i correttivi essenziali che ci paiono necessari
affinché possa originarsi una struttura dellAteneo di Bologna in grado di dare
risposte positive, proprio perché formate e dibattute in modo aperto utilizzando il
formidabile patrimonio di professionalità e sapienza della Comunità universitaria.
Proposta di EMENDAMENTI:
1.- Ribadiamo la preferenza per la designazione dei membri del il CdA (Consiglio di
Amministrazione) per via elettiva.
Se mantenuta la nomina del CdA, da parte del Senato, il Comitato di Selezione delle
candidature al CdA, di cui allart. 6, c. 5 (nella bozza di Statuto a maggioranza di
nomina rettorale), va ridefinito come Organo terzo.
(Nota della Redazione. Nel progetto rettorale, il Senato nomina il CdA tra
una rosa di nomi indicati da un Comitato di Selezione di 5 membri, di cui 3 scelti dal
rettore)
2 - La elezione dei membri del Senato deve avvenire mediante un sistema elettivo,
idoneo ad impedire la frammentazione della rappresentanza (come avviene attualmente), e
che anzi favorisca la formazione di gruppi riconoscibili in base ad un programma. Se la
indicazione del tipo di sistema elettivo è rinviata al Regolamento, lo Statuto deve
stabilirne i criteri direttivi.
(Nota della Redazione. Nel progetto rettorale il Senato sara'
elettivo (lo vuole la legge Gelmini), ma il sistema elettivo è rinviato genericamente ad
un Regolamento, col rischio di creare un organo che non conta nulla, se la rappresentanza
fosse ancora frammentata)
3.- Va prevista la possibilità della sfiducia del Senato nei confronti del Direttore
Generale (se non già prevista dal suo contratto di assunzione) e del CdA (se nominato dal
Senato).
4. - Negli Organi collegiali deve essere rigorosamente garantita una rappresentanza per
fasce e a tipologia di personale.
Nel Senato Accademico devessere inoltre garantita una rappresentanza
degli assegnisti di ricerca (ricercatori non strutturati, NdR).
5. - Negli Organi collegiali devessere garantita ex-ante una presenza di almeno
il 30% di entrambi i generi.
6.- Le denominazioni delle Scuole-Facoltà vanno salvaguardate, allo scopo di agevolare
il riconoscimento delle tipologie delle lauree da parte degli studenti e delle famiglie.
Il numero "standard" dei membri dei Dipartimenti dev'essere di 40.
(Nota della Redazione. Il DPR 382/80, tuttora vigente, ha istituito i
Dipartimenti (per la ricerca), come organi decentrati, dotati di autonomia amministrativa.
La Legge Gelmini vuole che abbiano almeno 40 membri, un numero valido. Invece, il progetto
rettorale porta il minimo a 50 membri, e nei fatti il Rettorato va incentivando numeri
molto più alti, accorpando settori scientifici diversi. Questo favorisce i poteri
corporativi nel controllo dei finanziamenti, e crea le situazioni di diseconomie, di
scala, delle strutture troppo grandi (ossia centralizzate) che il DPR 382/80 non vuole.
L'accorpamento di settori diversi rende anche difficile incanalare le decisioni verso la
ricerca di qualita', altamente specialistica.
Si chiarisce, inoltre, che il progetto rettorale non dice come nominare i
Direttori. Si direbbe implicito che essi saranno eletti, in base alla legge vigente, ma le
sorprese dell'ultimo momento potrebbe regalarci la "designazione", come per i
Presidi. Meglio dire le cose apertamente).
7.- I Presidi (o Presidenti) delle Scuole/Facoltà devono essere eletti e non
designati.
In modo analogo, va prevista la elezione (e non la designazione) anche per i
Coordinatori dei Consigli di Campus della Romagna.
(Nota della Redazione. L'autonomia gestionale della Romagna deve essere
salvaguardata nel rispetto delle norme istitutive del sistema Multicampus concordate con
il MIUR. Il Campus deve essere dotato di un Dirigente amministrativo e deve avere
autonomia di bilancio ed essere di supporto amministrativo ai Dipartimenti-Facolta' di
sede, senza vincoli da Dipartimenti di altra sede).
8.- La "Consulta del personale tecnico-amministrativo", di cui allart.
11, va sostituita da un "Consiglio del personale tecnico e amministrativo, organo
consultivo del CdA per il parere obbligatorio, in materia di servizi amministrativi e
organizzazione dellamministrazione", in materia di codice etico del personale e
nelle materie che riguardano il piano strategico, il piano di programmazione triennale, il
bilancio consultivo e preventivo dell'Ateneo.
Dev'essere eleggibile tutto il personale di ruolo, salvo per incompatibilità con
la carica di membro del CdA e del Senato.
9 - Si ritiene necessario che nello Statuto vengano introdotti come obbligatori momenti
di partecipazione che possano essere realizzati anche mediante un corretto sistema di
E-democracy.
10 Le modifiche di Statuto devono essere fatte da un Organo costituente di 12
membri, eletti dallo stesso corpo elettorale che elegge il Rettore.
11.- Fermo restando il Comitato di Garanzia per le Pari Opportunità, di
cui allart. 13, si chiede la soppressione della Commissione Pari Opportunità di cui
al comma 2, perché un doppione del Comitato.
12.- "I pareri obbligatori in materia di didattica e di ricerca che il Senato
Accademico deve dare al Consiglio di Amministrazione devono essere vincolanti.
13.- La distribuzione dei punti budget docente deve basarsi su criteri definiti e
trasparenti, e che sia volta alla efficienza della didattica e dello sviluppo di
specifiche linee di ricerca. |
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Ateneo di Bologna: prosegue la maratona verso
la modifica della Governance, ex-lege Gelmini 240/2010
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Le
proposte dell'INTERSINDACALE * per i dipartimenti
Come fare i Dipartimenti e le
Scuole/Facoltà
Chiesti anche, al Rettore, "tempi certi" di consegna del progetto di
Governance,
ed un Referendum consultivo, prima della delibera finale degli Organi deliberativi |
DECLEVA messo in
minoranza a Milano,
su questa tematica,
Clicca: in minoranza
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Nota. Nell'audizione del 31 marzo 2011, i Sindacati e Associazioni
universitarie hanno fatto proposte circa l'assetto dei dipartimenti e delle
scuole/facoltà, qui sotto riportate. Ma hanno premesso che il documento rettorale (quello
reso noto, parziale) può essere adeguatamente valutato solo dopo che la Commissione avrà
fornito il progetto di Governance. Hanno, perciò, chiesto al rettore questo progetto e i
tempi certi di consegna. Su questo, il rettore ha promesso di farlo entro pasqua (24
aprile 2011). (Considerato che l'inadempienza è già nei fatti, va prendendo piede
la "vox populi" - secondo cui in Ateneo si sarebbe ancora lontani da
una visione abbastanza precisa e condivisa degli aspetti più cruciali quali i
Dipartimenti e il numero do strutture di raccordo -; ma anche la "vox populi"
opposta più verosimile secondo cui sia già tutto pronto, ma solo posticipato in attesa
del momento giusto, per farlo uscire).
I Sindacati e Associazioni hanno chiesto, inoltre, al rettore, di indire un referendum
consultivo di tutto l'Ateneo sul progetto, prima di sottoporlo agli Organi
deliberanti, anche considerato che il procedimento fin qui attuato dal rettore è stato
fortemente centralistico e poco democratico. Il rettore ha detto NO, per cui si profila
una auto-indizione sindacale del referendum medesimo.
Nel merito del documento reso noto, i Sindacati si sono limitati a proposte sui
Dipartimenti (da essere di 40 membri, come base di riferimento; e dunque quelli con membri
meno di 40, dovranno accorparsi con altri; e quelli con più di 40 membri, e più settori,
dovranno suddividersi. NO anche a concentrazioni di poteri).
Invece, per le strutture di raccordo (Scuole/Facoltà) i Sindacati e
Associazioni si sono limitati a ricordare il limite di legge (massimo: 12 strutture), in
quanto ritengono che la proposta realistica debba venire, in secondo tempo, dai
dipartimenti, come rideterminati.
In ogni caso, Sindacati e Associazioni hanno respinto l'idea, che pare
dominante in rettorato, di fare 5 grandi strutture di raccordo.
I motivi di contrarietà sono molteplici, ad es.:
a) Ognuna delle 5 macrio-strutture rimprenderebbe 600 docenti, un numero
ingestibile da una singola struttura (non si trovrebbe, addiritura, una aula per
ricomprenderli). Per questo la legge stesse già prefigura un organo ristretto per la sua
guida ( direttori dei dipartimenti afferenti,l responsabile della Scuola/Facoltà, e da un
"congruo numero" dei membri dei consigli di dipartimento, ....). Tutto sarebbe
in mano ad un ristretto vertice.
c) ciò obbligerebbe gli studenti ad un contatto diretto con in corsi di
laurea (150 circa), e ciò costituisce fattore di disorientamento. Meglio conservare i
vecchi nomi delle "Facoltà".
d) E' anche dannoso in sè "oscurare" le denominazioni storiche delle
"grandi" Facoltà di Bologna (come Giurisprudenza, Medicina, Lettere e Filosofia
...).
e) L'identità della Romagna verrebbe eliminata, perdento l'identità di università
(oggi mascherata dalla denominazioe di POLO) ed ogni spazio di autonomia, nel futuro.
Direi, che oggi, per l'insieme dell'Ateneo, andrebbe cercata una soluzione federativa di
atenei, basata sulla salvaguardia delle denominazioni di Poli, sia pur aggiornati nelle
funzioni.
Quale ausilio alla migliore soluzione del problema, riporto (qui sotto) le
denominazioni storiche del TESTO UNICO dell'Università del 1933 e successive
modificazioni, e la soluzione già in vigore a Roma "La Sapienza". Nino Luciani |
Verso una
università di Romagna
"minus habens"?
1.- Una breve premessa. La legge
Gelmini trasferisce dalle attuali Facoltà ai Dipartimenti le funzioni finalizzate allo
svolgimento delle attività didattiche e formative che si aggiungono così ai compiti
tradizionali di organizzazione della ricerca scientifica.
La Romagna ha pochi Dipartimenti e quindi non ha strumenti sufficienti per
organizzare sia la ricerca scientifica che la didattica (cioè corsi di laurea) e quindi
dovrà sempre dipendere da Bologna. Ma se questo Rettore vuole che il numero minimo di
membri per fare un Dipartimento sia di "50", anzichè di "40" come
richiesto dalla legge, la strada sarà ancor più in salita.
La dipendenza totale da Bologna non significa che cesseranno gli
insegnamenti. Significa, però, che la maggior parte dei Docenti della Romagna saranno
sempre dei "pendolari" tra Bologna e il Polo romagnolo con pochissimo tempo da
dedicare agli studenti ed in particolare alla ricerca scientifica ?
La risposta è: "in parte vero e in parte no". Dipende dalle scelte
degli interessati, a meno che ... gli Enti di sostegno ...
2.- Che i Poli rimangano, ma come "strutture di raccordo", locali.
Un rimedio che non risolve in toto, ma che può essere un ponte, è quello che i
Dipartimenti di Bologna abbiano la doppia o anche la tripla sede, cosa che esiste già in
alcuni casi. In tal modo il Docente che insegna ad esempio a Rimini, può essere
incardinato nella seconda sede (del Dipartimento) di Rimini, ferma la suddivisione
dell'Ateneo di Bologna in Poli (es., Polo di Bologna, Polo di Forlì e Cesena, Polo di
Ravenna e Rimini), quali strutture di raccordo delle sedi locali dei Dipartimenti, in
attesa di sviluppi futuri (numeri permettendo).
Dicevo: "a meno che ... gli Enti di sostegno"... .
L |
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EDIZIONE
STRAORDINARIA |
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STATUTO GENERALE DELL'ATENEO DI BOLOGNA
(Per il testo completo, clicca su: Progetto)
Lettera dei Sindacati e Associazioni
Universitarie
per convocazione Assemblea generale,
aperta agli Studenti e alla Città |
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Il Rettore pubblica nuovo progetto di riforma dello Statuto,
in applicazione legge Gelmini 240/2010
ed immediatamente i sindacati e associazioni universitarie
convocano per il
23 maggio una assemblea generale dell'Ateneo per discuterlo pubblicamente
(Si vegga la lettera di convocazione sottostante)
Nota. Il progetto del Rettorato
"non vuole essere definitivo", ma una base di discussione autorevole da
effettuare nei singoli Dipartimenti e Facolta', prima di essere proposta definitivamente
agli Organi di Ateneo per la approvazione definitiva.
E', tuttavia, un fatto che l'assemblea del 17 marzo 2011, allora convocata dal
Rettore, fu per lui un vero flop a causa della contestazione dei metodi con cui aveva
nominato la commissione che doveva redigere il progetto. Questa, tutta
"rettorale", fu vista con sospetto e anche pesantemente, così da indurre il
rettore a soffocare il dibattito (interventi di soli tre minuti).
E' anche un fatto che, nella bozza di Statuto, le modalità di nomina degli Organi
Accademici appaiono talmente arretrate, rispetto alle più diffuse forme di democrazia, da
fare etichettare definitivamente il rettore "rosso" (rosso di capelli) come
l'ultimo degli "autoritari" rimasti in città, sia per l'autoritarismo del quale
è intrisa la bozza di Statuto, sia perchè lo scorso anno aveva pubblicamente sostenuto,
davanti ai sindacati, l'allora "progetto di legge" Gelmini.
Era facile ergersi a difensore dei principi di democrazia, a suo tempo,
quando non occupava posizioni di potere; ora però, che ha raggiunto lo scranno più alto
dellAlma Mater, mira a realizzare un governo monocratico
dellAteneo.
Tanto per chiarirci sull'autoritarismo, il "pollice verso"
sul Rettore riguarda il Consiglio di Amministrazione, perno di tutto il sistema di
governo. L''art. 6, comma 5, prevede che:
- i 5 membri "interni" siano nominati dal Senato, tra 10 candidati
individuati da un Comitato di Selezione di 5 membri, di cui (di questi ultimi) 3 scelti
dal Rettore;
- i 3 membri "esterni" siano nominati dal Senato tra 6 candidati
individuati dal medesimo Comitato di Selezione. Di questi "6", ne sono proposti
al Senato: "uno" dal Rettore; "uno" dalla Consulta del Personale T.A.;
"uno" dalla Consulta d'Ateneo.
Ultimo, ma non ultimo: le sedi della Romagna hanno autonomia "istituzionale e
organizzativa", ma non finanziaria.
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Ateneo di Bologna: prosegue la maratona verso
la modifica della Governance, ex-lege Gelmini 240/2010
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Le
proposte dell'INTERSINDACALE * per i dipartimenti
Come fare i Dipartimenti e le
Scuole/Facoltà
Chiesti anche, al Rettore, "tempi certi" di consegna del progetto di
Governance,
ed un Referendum consultivo, prima della delibera finale degli Organi deliberativi |
DECLEVA messo in
minoranza a Milano,
su questa tematica,
Clicca: in minoranza
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Nota. Nell'audizione del 31 marzo 2011, i Sindacati e Associazioni
universitarie hanno fatto proposte circa l'assetto dei dipartimenti e delle
scuole/facoltà, qui sotto riportate. Ma hanno premesso che il documento rettorale (quello
reso noto, parziale) può essere adeguatamente valutato solo dopo che la Commissione avrà
fornito il progetto di Governance. Hanno, perciò, chiesto al rettore questo progetto e i
tempi certi di consegna. Su questo, il rettore ha promesso di farlo entro pasqua (24
aprile 2011). (Considerato che l'inadempienza è già nei fatti, va prendendo piede
la "vox populi" - secondo cui in Ateneo si sarebbe ancora lontani da
una visione abbastanza precisa e condivisa degli aspetti più cruciali quali i
Dipartimenti e il numero do strutture di raccordo -; ma anche la "vox populi"
opposta più verosimile secondo cui sia già tutto pronto, ma solo posticipato in attesa
del momento giusto, per farlo uscire).
I Sindacati e Associazioni hanno chiesto, inoltre, al rettore, di indire un referendum
consultivo di tutto l'Ateneo sul progetto, prima di sottoporlo agli Organi
deliberanti, anche considerato che il procedimento fin qui attuato dal rettore è stato
fortemente centralistico e poco democratico. Il rettore ha detto NO, per cui si profila
una auto-indizione sindacale del referendum medesimo.
Nel merito del documento reso noto, i Sindacati si sono limitati a proposte sui
Dipartimenti (da essere di 40 membri, come base di riferimento; e dunque quelli con membri
meno di 40, dovranno accorparsi con altri; e quelli con più di 40 membri, e più settori,
dovranno suddividersi. NO anche a concentrazioni di poteri).
Invece, per le strutture di raccordo (Scuole/Facoltà) i Sindacati e
Associazioni si sono limitati a ricordare il limite di legge (massimo: 12 strutture), in
quanto ritengono che la proposta realistica debba venire, in secondo tempo, dai
dipartimenti, come rideterminati.
In ogni caso, Sindacati e Associazioni hanno respinto l'idea, che pare
dominante in rettorato, di fare 5 grandi strutture di raccordo.
I motivi di contrarietà sono molteplici, ad es.:
a) Ognuna delle 5 macrio-strutture rimprenderebbe 600 docenti, un numero
ingestibile da una singola struttura (non si trovrebbe, addiritura, una aula per
ricomprenderli). Per questo la legge stesse già prefigura un organo ristretto per la sua
guida ( direttori dei dipartimenti afferenti,l responsabile della Scuola/Facoltà, e da un
"congruo numero" dei membri dei consigli di dipartimento, ....). Tutto sarebbe
in mano ad un ristretto vertice.
c) ciò obbligerebbe gli studenti ad un contatto diretto con in corsi di
laurea (150 circa), e ciò costituisce fattore di disorientamento. Meglio conservare i
vecchi nomi delle "Facoltà".
d) E' anche dannoso in sè "oscurare" le denominazioni storiche delle
"grandi" Facoltà di Bologna (come Giurisprudenza, Medicina, Lettere e Filosofia
...).
e) L'identità della Romagna verrebbe eliminata, perdento l'identità di università
(oggi mascherata dalla denominazioe di POLO) ed ogni spazio di autonomia, nel futuro.
Direi, che oggi, per l'insieme dell'Ateneo, andrebbe cercata una soluzione federativa di
atenei, basata sulla salvaguardia delle denominazioni di Poli, sia pur aggiornati nelle
funzioni.
Quale ausilio alla migliore soluzione del problema, riporto (qui sotto) le
denominazioni storiche del TESTO UNICO dell'Università del 1933 e successive
modificazioni, e la soluzione già in vigore a Roma "La Sapienza". Nino Luciani |
Verso una
università di Romagna
"minus habens"?
1.- Una breve premessa. La legge
Gelmini trasferisce dalle attuali Facoltà ai Dipartimenti le funzioni finalizzate allo
svolgimento delle attività didattiche e formative che si aggiungono così ai compiti
tradizionali di organizzazione della ricerca scientifica.
La Romagna ha pochi Dipartimenti e quindi non ha strumenti sufficienti per
organizzare sia la ricerca scientifica che la didattica (cioè corsi di laurea) e quindi
dovrà sempre dipendere da Bologna. Ma se questo Rettore vuole che il numero minimo di
membri per fare un Dipartimento sia di "50", anzichè di "40" come
richiesto dalla legge, la strada sarà ancor più in salita.
La dipendenza totale da Bologna non significa che cesseranno gli
insegnamenti. Significa, però, che la maggior parte dei Docenti della Romagna saranno
sempre dei "pendolari" tra Bologna e il Polo romagnolo con pochissimo tempo da
dedicare agli studenti ed in particolare alla ricerca scientifica ?
La risposta è: "in parte vero e in parte no". Dipende dalle scelte
degli interessati, a meno che ... gli Enti di sostegno ...
2.- Che i Poli rimangano, ma come "strutture di raccordo", locali.
Un rimedio che non risolve in toto, ma che può essere un ponte, è quello che i
Dipartimenti di Bologna abbiano la doppia o anche la tripla sede, cosa che esiste già in
alcuni casi. In tal modo il Docente che insegna ad esempio a Rimini, può essere
incardinato nella seconda sede (del Dipartimento) di Rimini, ferma la suddivisione
dell'Ateneo di Bologna in Poli (es., Polo di Bologna, Polo di Forlì e Cesena, Polo di
Ravenna e Rimini), quali strutture di raccordo delle sedi locali dei Dipartimenti, in
attesa di sviluppi futuri (numeri permettendo).
Dicevo: "a meno che ... gli Enti di sostegno"... .
Lo sviluppo fututo dipende da cosa la Romagna vorrà fare per allettare i Docenti a trasferirsi,
con la famiglia, nella sede decentrata del Dipartimento (a Rimini, a Ravenna, ...), sede
decentrata che un domani potrà diventare autonoma, quando raggiungerà il numero minimo
di Docenti necessario (la Commissione del Rettore, dice "50", ma per la
legge, bastano "40").
3.- Uno sguardo al passato. Nelle vicende della mia
vita, ho avuto la ventura di essere Consigliere di Amministrazione dell'Alma Mater, negli
anni in cui Roversi Monaco (Melandri ... e altri) volevano l'Università di Romagna. Ho
fatto grandi battaglie (perdendole tutte) contro Roversi Monaco perché intendeva
l'Università di Romagna come un "insieme di sedi decentrate", quasi tutto
finanziariamente a carico di Bologna (soprattutto per i Docenti volontari..., salvo
qualche recupero delle spese di viaggio). Io paragonavo questo suo progetto alla Chiesa di
Santa Agnese in Agone, in Piazza Navona a Roma.
Fatta su progetto di Borromini, ma con una concezione architettonica atipica,
quella Chiesa sarebbe caduta, prima o poi, secondo i colleghi "invidiosi".
Ebbene io dicevo a Roversi Monaco che quella "sua Università" sarebbe caduta,
appena non fosse stato più Rettore.
Secondo me, l'Università di Romagna doveva nascere come "frazionamento di
Bologna", con i relativi finanziamenti messi in campo dalla legge sui
"Mega-Atenei". Ritengo che, alla fine, ho avuto ragione io.
Ma piangere sul latte versato non serve. In questa fase occorre trovare
un rimedio che potrebbe essere quello di "incentivare" in qualche modo i
Docenti che insegnano in Romagna a trasferirsi nella sede in cui svolgono la loro
attività.
Se gli Enti di sostegno hanno sangue nelle vene, è questo il momento per
opporsi ad una "fine" quasi certa dei Poli romagnoli. L'occasione è offerta
dalla revisione statutaria in atto. Qui, ritengo si giochi il futuro dell'Università
della Romagna. NINO LUCIANI |
Le Facoltà secondo il T.U.
del 1933 e successive modificazioni:
1. Facoltà di agraria
2. Facoltà di architettura;
3. Facoltà di farmacia:
4. Facoltà di giurisprudenza;
5. Facoltà di Ingegneria;
6. Facoltà di lettere e filosofa;
7. Facoltà di medicina e chirurgia;
8. Facoltà di medicina veterinaria;
9. Facoltà di scienze economiche e commerciali;
10. Facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali;
11. Facoltà di scienze politiche |
Le Scuole/Facoltà approvate
a Roma "La Sapienza".
1. Architettura,
2. Economia,
3. Farmacia, Medicina,
4. Filosofia, Lettere, Scienze Umanistiche, Studi Orientali,
5. Giurisprudenza,
6. Ingegneria (nome provvisorio da completare),
7. Ingegneria dell'Informazione, Informatica e Statistica,
8. Medicina e Odontoiatria.
9. Medicina e Psicologia,
10. Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali,
11. Scienze Politiche e Sociali.
|
Il
DOCUMENTO CONSEGNATO AL RETTORE
Nel merito del documento della Commissione
rettorale sui dipartimenti e scuole/facoltà, si osserva:
1) il riordino, voluto dalla legge, è la razionalizzazione dellofferta didattica e
di ricerca, accompagnata da economia di costi;
2) la razionalizzazione della didattica non può prescindere dalle discipline
dinsegnamento, prima di applicarsi al numero delle lauree ed al rimpasto delle
attuali strutture didattiche e di ricerca. Infatti, pur vero che la tipologia delle lauree
dovrà essere convenientemente espressa, ai fini della identificazione da parte delle
famiglie, degli studenti e del mondo del lavoro circa i contenuti, tuttavia preliminare a
tutto è lanagrafe delle discipline. Il motivo è che una parte delle medesime
discipline può ritrovarsi in più lauree, sia pur con peso diverso, rispetto a quelle che
si devono istituire per motivare specificamente una determinata laurea.
In questo senso, il primo elemento che il documento avrebbe dovuto fare è lanagrafe
degli insegnamenti dellAteneo, classificati per contenuto, numero di insegnamenti
attivati, numero di studenti frequentanti, e collegatamente il numero dei docenti delle
differenti discipline.
I risultati di questo lavoro devono essere proposti al confronto di tutti i Docenti e dei
rappresentanti del mondo del lavoro e delle imprese. Essi sono la base per determinare i
Dipartimenti;
3) il numero dei membri del Dipartimento non dovrebbe superare una soglia
critica, al di sopra della quale il decentramento di cui al DPR 382/80 viene a perdere di
contenuto, vale dire lAteneo viene a ritrovarsi strutture eccessivamente
dimensionate, con aggravio di costi e intasamenti di pratiche amministrative, che nel 1980
portarono alla istituzione dei Dipartimenti (allora cerano gli Istituti, competenti
per la scienza, ma le cui pratiche amministrative erano tutte convogliate al Rettorato).
La legge indica un minimo di 40 membri. In base ad esperienza sul campo, la soglia critica
si trova verso i 30 membri. Pertanto il numero minimo di 50 membri, prospettata nel
documento è assolutamente sconsigliabile. Invece, appare consigliabile stare al
numero di 40, come base minima.
Cosa fare dei Dipartimenti con un numero di membri molto maggiore ? Se il numero viene
ereditato da quello (identico) del settore-disciplinare, esso va accettato.
Se, invece, è un numero, determinato per somma di più settori, si dovrebbe sezionare
quel dipartimento in più dipartimenti, in modo da adeguarli al numero di base (40
membri).
4) Fare solo dipartimenti disciplinari ? I Dipartimenti disciplinari sono
i soli che hanno una valenza ai fini della ricerca specialistica e delle pertinenti
decisioni finanziarie.
Ma essi potrebbero risultare avere un numero di docenti inferiore alla soglia critica (40
membri).
In questo caso la via è aggiungere docenti di gruppi affini, fino a raggiungere la soglia
critica.
In questo diverso scenario, si affaccia la possibilità che il gruppo minoritario aggiunto
potrà essere emarginato, sotto il profilo decisionale. Come rimedio, la via è che i
differenti gruppi abbiano peso paritetico nelle decisioni di vertice, del Dipartimento.
5) Fare dipartimenti tematici ? Lesigenza di fare convergere più
settori su un tema unico, pur se meritevole di considerazione, va risolta alla luce della
legge che vuole strutture di coordinamento dei dipartimenti.
Il criterio risolutivo dovrebbe essere di tipo "federalistico".
In via teorica, si presuppone che le "unità di base" (i dipartimenti
disciplinari) abbiano:
a) compiti specifici di ognuno di loro;
b) e compiti comuni, meglio risolti se delegati ad una struttura centrale. Un compito di
questa natura è la costruzione di Corsi di laurea.
Idealmente, questa struttura centralizzata (di coordinamento) potrebbe essere un
"centro interdipartimentare", al quale sono delegati compiti di ricerca e
compiti didattici. Questo centro potrebbe essere ridenomimato "Scuola o
Facoltà".
6) Sul numero più idoneo di questi "centri" di raccordo, non è possibile dire
a priori. Esso dovrebbe essere indicato dai "nuovi" Dipartimenti, in rapporto
alle esigenze didattiche e di ricerca.
La legge indica un massimo di "12".
Questa pluralità di Scuole/Facoltà va considerata anche in relazione alle esigenze
locali, come quelle provenienti dal giusto diritto della Romagna di non scomparire dalla
"nomenclatura" delle istituzioni didattiche e di ricerca dellAteneo di
Bologna, che dovrebbe comunque restare Ateneo di Bologna e della Romagna.
Responsabili
dell'Intersindacale: CISL Universita' (Maurizio Turchi),
CNU (Anna Maria Di Pietra), FLC CGIL (Sandra Soster), RETE 29 aprile (I Ricercatori della
Rete 29 aprile), SUN Universitas News (Nino Luciani), UIL RUA (Raffaele Pileggi)
Gruppo di lavoro dell'Intersindacale: Altieri
Leonardo, Brasini Sergio, Di Pietra Anna Maria, Ghetti Giulio, Giorgini Loris, Luciani
Nino, Maltoni Alessandra, Manzo Patrizia, Mattioli Franco, Pileggi Raffaele,
Tassinari Giorgio, Fabrizio Mauro, Ruocco Francesca. |
Attuale
situazione numerica dei Dipartimenti
Personale Docente in servizio al 26 gennaio 2011 |
Totale |
Dipartimenti
di Bologna e Romagna |
|
ARCHEOLOGIA |
25 |
ARCHITETTURA
E PIANIFICAZIONE TERRITORIALE |
45 |
ASTRONOMIA |
19 |
BIOCHIMICA
"G. MORUZZI" |
30 |
BIOLOGIA
EVOLUZIONISTICA SPERIMENTALE |
72 |
CHIMICA
"G. CIAMICIAN" |
61 |
CHIMICA
FISICA E INORGANICA |
32 |
CHIMICA
INDUSTRIALE E DEI MATERIALI |
18 |
CHIMICA
ORGANICA "A. MANGINI" |
28 |
CHIRURGIA
GENERALE E DEI TRAPIANTI D'ORGANO |
26 |
COLTURE
ARBOREE |
16 |
CULTURE
LETTERARIE ANTICHE E MODERNE E SCIENZE DEL TESTO |
61 |
CARDIOVASCOLARE |
21 |
CLINICO
DI SCIENZE RADIOLOGICHE E ISTOCITOPATOLOGICHE |
16 |
ARTI
VISIVE |
20 |
DISCIPLINE
DELLA COMUNICAZIONE |
24 |
DISCIPLINE
GIURIDICHE DELL'ECONOMIA E DELL'AZIENDA |
33 |
DISCIPLINE
STORICHE, ANTROPOLOGICHE E GEOGRAFICHE |
65 |
ECONOMIA
E INGEGNERIA AGRARIE |
35 |
ELETTRONICA,
INFORMATICA, SISTEMISTICA - DEIS |
117 |
EMATOLOGIA
E SCIENZE ONCOLOGICHE "L. E A. SERAGNOLI" |
40 |
FARMACOLOGIA |
24 |
FILOSOFIA |
46 |
FISICA |
103 |
FISIOLOGIA
UMANA E GENERALE |
21 |
INGEGNERIA
CHIMICA, MINERARIA E DELLE TECNOLOGIE AMBIENTALI |
21 |
INGEGNERIA
CIVILE, AMBIENTALE E DEI MATERIALI |
86 |
INGEGNERIA
COSTRUZIONI MECC.,NUCL.,AERONAUTICHE E DI METALL.- DIEM |
56 |
INGEGNERIA
ELETTRICA |
27 |
INGEGNERIA
ENERGETICA, NUCLEARE E DEL CONTROLLO AMBIENTALE-DIENCA |
24 |
IST.
DI PSICHIATRIA "PAOLO OTTONELLO" |
9 |
ISTOLOGIA,
EMBRIOLOGIA E BIOLOGIA APPLICATA |
25 |
LINGUE
E LETTERATURE STRANIERE MODERNE |
63 |
MATEMATICA |
94 |
MATEMATICA
PER LE SCIENZE ECONOMICHE E SOCIALI - MATEMATES |
24 |
MEDICINA E SANITA' PUBBLICA |
21 |
MEDICINA
CLINICA |
55 |
MEDICINA
INTERNA, DELL'INVECCHIAMENTO E MALATTIE NEFROLOGICHE |
43 |
MUSICA
E SPETTACOLO |
29 |
PALEOGRAFIA
E MEDIEVISTICA |
19 |
PATOLOGIA
SPERIMENTALE |
27 |
POLITICA,
ISTITUZIONI, STORIA |
41 |
PROTEZIONE
E VALORIZZAZIONE AGRO-ALIMENTARE |
29 |
PSICOLOGIA |
67 |
SCIENZA
DEI METALLI, ELETTROCHIMICA E TECNICHE CHIMICHE |
15 |
SCIENZA
POLITICA |
36 |
SCIENZE
ANATOMICHE UMANE E FISIOPATOLOGIA DELL'APPARATO LOCOMOTORE |
31 |
SCIENZE
AZIENDALI |
92 |
SCIENZE
CHIRURGICHE SPECIALISTICHE E ANESTESIOLOGICHE |
33 |
SCIENZE
DEGLI ALIMENTI |
34 |
SCIENZE
DELLA TERRA E GEOLOGICO-AMBIENTALI |
36 |
SCIENZE
DELL'EDUCAZIONE "GIOVANNI MARIA BERTIN" |
86 |
SCIENZE
DELL'INFORMAZIONE |
37 |
SCIENZE
E TECNOLOGIE AGROAMBIENTALI |
49 |
SCIENZE
ECONOMICHE |
96 |
SCIENZE
FARMACEUTICHE |
51 |
SCIENZE
GINECOLOGICHE, OSTETRICHE E PEDIATRICHE |
45 |
SCIENZE
GIURIDICHE "A. CICU" |
155 |
SCIENZE
MEDICHE VETERINARIE |
105 |
SCIENZE
NEUROLOGICHE |
26 |
SCIENZE
ODONTOSTOMATOLOGICHE |
21 |
SCIENZE
STATISTICHE "PAOLO FORTUNATI" |
60 |
SOCIOLOGIA
"ACHILLE ARDIGO'" |
41 |
STORIA
ANTICA |
19 |
STORIE
E METODI PER LA CONSERVAZIONE DEI BENI CULTURALI |
40 |
STUDI
INTERDISCIPLINARI SU TRADUZIONE, LINGUE E CULTURE-SITLEC |
55 |
STUDI
LINGUISTICI E ORIENTALI |
14 |
Totale complessivo |
2.935 |
|
Decleva in minoranza
... Dal Senato Accademico di Statale di Milano Oggi (22 marzo)
in Senato Accademico si doveva discutere sulla prima tranche di statuto (il titolo IV)
predisposto dalla Commissione statuto dell'Università di Milano. Il testo intende
regolare il ruolo dei Dipartimenti nella futura struttura dell'Università milanese,
ridisegnandone funzioni e struttura secondo quanto previsto dalla L. 240/2010. Molti erano
i punti controversi sul testo, in particolare la scomparsa della facoltà che non è
sopportabile per Medicina, nonché la centralità del ruolo del direttore del dipartimento
che diventa un piccolo "despota gentile" nei confronti dei colleghi, depositario
non solo delle funzioni di coordinamento delle attività di ricerca ma anche della
didattica, con il contemporaneo esautoramento dei direttori dei corsi di laurea. Molte
perplessità sono state esposte da presidi e ordinari, tutti con interventi preceduti dal
canonico "io, che sono stato sempre contrario alla Legge Gelmini... ecc.". Come
ricercatori siamo intervenuti varie volte, io malignamente chiedendomi retoricamente dove
fossero tutti questi oppositori della Gelmini quando si protestava in piazza contro i
contenuti della legge e contro gli insulti all'istituzione universitaria e contro la
visione di precariato anarchico che la Gelmini disegnava; in particolare abbiamo richiesto
che non si procedesse per approvazioni parziali, ma che prima di esprimere un giudizio,
ancorché critico, sul titolo IV dedicato ai dipartimenti fosse necessario avere in mano
anche il testo che regolava la governance di Ateneo. Il Rettore Decleva invece ha
sostenuto fosse necessario andare avanti comunque, affermando più volte che era
necessario decidere hic et nunc se quella fosse la strada che la commissione statuto
doveva battere. Ha infine rifiutato una piccola via di uscita proposta dai ricercatori,
una mozione che rinviava ogni giudizio sul titolo IV all'analisi del titolo dello statuto
dedicato alla governance, trasmettendo nel contempo alla Commissione statuto le
perplessità sorte durante la discussione. La cosa non è stata ritenuta accettabile
("non posso cambiare l'ordine del giorno") e Decleva ha preteso il voto.
Risultato: 12 voti favorevoli, 9 voti contrari e un certo numero di astenuti che non sono
stati conteggiati del tutto perché il risultato negativo era evidente. La prima parte
dello Statuto non è passata al vaglio del Senato accademico, che ha messo in minoranza il
suo rettore. E' sperabile che questo sia il segnale che indica la necessità di ascoltare
meglio le lamentele e cambiare metodo di proposta dei testi.
Fonte: Post n°294 pubblicato il 29 Marzo 2011 da VoceProletaria |
|
In vista delle riforme "locali" degli Statuti, e dei Decreti attuativi
governativi ex-lege Gelmini 240/2010
|
Referemdum
abrogativo, ai sensi dell'art. 75 della Costituzione. Associazione nazionale dei
"Docenti preoccupati" vuole organizzare un referendun abrogativo legge Gelmini.
Clicca su:
Referendum, Referendum2 |
|
INTER SINDACALE UNIVERSITARIA NAZIONALE
ADI, ANDU, APU, CISL-Università,
CONFSAL-SNALS-Cisapuni, ConPAss, COSAU (Adu, Cipur, Cnru, Cnu, Csa-Cisal-Università),
FLC-CGIL, LINK-Coordinamento Universitario, RETE-29 aprile, SNALS-Docenti Università,
SUN, UDU, UGL-Università e Ricerca, UILPA-UR |
"Per la democrazia negli Statuti degli Atenei italiani"
Sergio Sergi, Coordinatore Nazionale
|
Nota.
Questo documento è stato scritto, dopo ampia discussione e approfondimento, dalle
organizzazioni e associazioni nazionali della docenza universitaria, quale proposta per la
riforma degli Statuti delle universita', in attuazione della legge Gelmini.
Il testo è stato anche inviato alla Commissione Istruzione del Senato, con
aggiunta di richiesta di audizione, in vista della approvazione preventiva, da parte del
Senato, dei decreti ministeriali attuativi della legge Gelmini 240/2011.
Il Presidente della Commissione Istruazione del Senato, Sen. Ing. Guido Possa, ha
già risposto all'Intersindacale con promessa di "contattare tutti, per
una audizione, appena i decreti medesimi saranno trasmessi al Senato dall'Esecutivo." |
Guido Possa, Pres. Comm. Istruzione, Senato
|
|
|
0.- Principi e metodi
LUniversità pubblica
deve avere il compito di promuovere la crescita culturale del Paese e per questo deve
svolgere autonomamente, liberamente e inscindibilmente - la ricerca e lalta
formazione.
Deve essere assicurata la centralità degli studenti e deve essere garantita la pari
dignità di tutti i lavoratori.
In tutti gli Organi la presenza degli studenti deve
essere di almeno il 15% del numero dei componenti, come prescritto dalla Legge(1).
Negli Statuti vanno previste forme di partecipazione, di consultazione e di presentazione
di istanze e proposte. Va prevista la redazione del bilancio sociale.
Negli Statuti va prevista la costituzione del Consiglio degli Studenti.
Va infine prevista l'istituzione di un apposito comitato dedicato alla garanzia delle pari
opportunità, con la partecipazione di tutte le componenti universitarie(2).
Le procedure per le modifiche statutarie devono essere caratterizzate dalla massima
trasparenza e dalla partecipazione della comunità universitaria.
Tutti gli atti della Commissione per la modifica degli Statuti dovranno essere pubblici e
reperibili sui siti degli atenei. Inoltre dovranno essere tenute audizioni e assemblee
pubbliche e aperte a tutte le componenti universitarie da tenersi alla presenza della
Commissione incaricata della stesura, dalle quali emergano le linee del nuovo statuto e
nelle quali si possa poi dibattere la bozza proposta dalla Commissione.
1.- Elezione del Rettore
Lelettorato attivo per la carica di Rettore deve essere costituito da tutti i
professori ordinari, i professori associati, i ricercatori e deve essere prevista la
partecipazione al voto del personale tecnico-amministrativo e di tutte le altre
componenti. Lelettorato passivo deve essere limitato ai professori appartenenti
allateneo.
2.- Senato Accademico
Il Senato Accademico, nellottica di potenziarne il ruolo, deve avere la funzione di
indirizzo e programmazione di tutte le attività didattiche, di ricerca e di servizi agli
studenti. I suoi pareri al Consiglio di Amministrazione devono essere obbligatori e, per
quanto concerne in particolare la didattica e la ricerca, vincolanti.
Il SA approva il bilancio sociale dellAteneo.
Il Senato Accademico deve essere integralmente elettivo e deve essere prevista comunque la
pari rappresentanza dei professori ordinari, dei professori associati e dei ricercatori.
Il numero dei direttori di dipartimento dovrà essere limitato al minimo previsto dalla
legge (1/3 dei docenti).
Per i professori e i ricercatori deve essere previsto l'elettorato attivo e passivo
comune.
Inoltre deve essere prevista, nella misura massima consentita dalla Legge, una
rappresentanza oltre che degli studenti, del personale tecnico-amministrativo e delle
altre componenti.
E opportuno che il Senato Accademico non sia presieduto dal Rettore.
3.- Consiglio di Amministrazione
Il numero dei membri esterni all'interno del CdA deve essere il minimo previsto dalla
Legge.
Tutti i componenti devono essere scelti dallo stesso collegio elettorale previsto
per lelezione del rettore, mentre i rappresentanti degli studenti devono essere
eletti da tutti gli studenti.
I candidati esterni alla carica di componenti del CdA dovranno
essere scelti all'interno di una lista di nomi proposta dal Senato Accademico. I membri
interni vanno scelti tra tutto il personale di ruolo.
Il CdA deve essere presieduto dal rettore.
La partecipazione agli organi di governo universitario va considerata come requisito della
«comprovata competenza in campo gestionale ovvero di un'esperienza professionale di alto
livello con una necessaria attenzione alla qualificazione scientifica culturale» ai fini
della loro eleggibilità nei Consigli di amministrazione secondo la Legge.
Inoltre deve essere prevista la possibilità di candidarsi a chi presenta un curriculum da sottoporre al Senato
Accademico.
Eventuali atti difformi dai pareri obbligatori del Senato Accademico dovranno essere
motivati secondo specifiche procedure e criteri.
4.- Collegio di disciplina
Il Collegio di disciplina deve essere costituito da una pari rappresentanza di
ordinari, associati e e ricercatori, con elettorato attivo e passivo comune. La
composizione del Collegio per qualsiasi procedimento deve rimanere invariata.
5.- Composizione e funzioni dei dipartimenti.
La costituzione dei dipartimenti deve
rispondere a coerenti criteri scientifici e culturali, organizzando uno o più settori di
ricerca omogenei per fini o per metodo e dei relativi insegnamenti. Al Dipartimento
compete lelaborazione di linee programmatiche pluriennali.
Il Consiglio di dipartimento deve essere costituito da tutti i professori e i
ricercatori e da un'adeguata rappresentanza del personale tecnico-amministrativo e delle
altre componenti, oltre che degli studenti.
Deve essere previsto lelettorato attivo e passivo comune per i professori e i
ricercatori per lelezione dei loro rappresentanti nelle giunte di dipartimento.
Ai dipartimenti (non alle eventuali strutture di raccordo) deve essere attribuita la
competenza a formulare al CdA e al SA proposte in materia di programmazione e la
competenza a deliberare sulle chiamate di professori e ricercatori, sulla base delle linee
programmatiche
6.- Strutture di raccordo
Attribuzione alle strutture di raccordo delle competenze previste dalla legge (funzioni di
coordinamento didattico e di gestione dei servizi comuni a più dipartimenti), nonché
della programmazione dell'offerta formativa, ma non del reclutamento; è necessario
definire che nell'organo deliberante delle strutture di raccordo vi sia una
rappresentanza, scelta tra i componenti delle giunte dei dipartimenti, ovvero tra i
coordinatori di corsi di studio o di dottorato ovvero tra i responsabili delle attività
assistenziali di competenza della struttura, pari al 10% dei componenti dei consigli
dei dipartimenti (previsto come tetto dalla Legge), eletta da tutti i componenti dei
dipartimenti interessati. Nella rappresentanza deve essere assicurata la presenza
paritetica delle tre fasce della docenza.
7.- Nucleo di valutazione
Gli Statuti devono prevedere modalità di nomina e composizione dei nuclei di
valutazione che ne garantiscano indipendenza, imparzialità e competenza.
8.- Statuto dei diritti degli studenti e dei dottorandi
Gli Statuti devono recepire lo Statuto dei diritti degli studenti, garantendo che
siano rispettati i loro diritti fondamentali per quanto riguarda la didattica, gli esami,
i tirocini, la valutazione, la contribuzione studentesca, l'accesso ai servizi, ecc.
Ugualmente devono essere tutelati i diritti dei dottorandi, considerando che si tratta di
una figura che è insieme studente e ricercatore in formazione.
Deve inoltre essere adottata la Carta europea della ricerca allo scopo di garantire
che i rapporti tra i ricercatori e i datori di lavoro
favoriscano la produzione e la diffusione delle conoscenze e che tali rapporti siano allo
stesso tempo volti allo sviluppo professionale e alla carriera dei ricercatori.
9.- Regolamenti di ateneo
Deve essere previsto che i regolamenti di Ateneo siano elaborati da commissioni designate
dal Senato Accademico e rappresentative di tutte le componenti. Le commissioni,
nellambito dellattività istruttoria, devono svolgere audizioni delle
rappresentanze universitarie.
10.- Contratti, diritti, reclutamento e progressioni del personale
Ai lavoratori precari con qualsivoglia tipo di contratto vanno estesi gli stessi
diritti del personale contrattualizzato.
In questottica negli statuti devono essere introdotti standard minimi che sanciscano
diritti e tutele di ciascun lavoratore dellateneo, precario e non. Va prevista
inoltre una retribuzione minima correlata alla durata del contratto.
A regime ogni anno il numero di contratti di ricercatore a tempo determinato ex articolo
24, comma 3, lettera b) della Legge 240/10 non dovrà essere inferiore al numero di
contratti da ricercatore a tempo determinato ex articolo 24, comma 3, lettera a).
In particolare, deve essere vietato qualsiasi ricorso a prestazioni di lavoro gratuite.
Inoltre i regolamenti di ateneo che disciplineranno le procedure per lattribuzione
degli assegni di ricerca, i contratti per attività di insegnamento e i contratti da
ricercatore a tempo determinato dovranno essere elaborati da commissioni che includano
anche rappresentanze di lavoratori precari e dovranno assicurare il rispetto dei principi
di trasparenza concorsuale e la massima pubblicità dei bandi, da pubblicare sul sito
dellateneo e nel maggior numero possibile di siti istituzionali.
Un apposito regolamento va redatto per la
definizione dei criteri di valutazione e attribuzione degli scatti periodici dei
professori e dei ricercatori.
(1) Dallart. 6, comma
1, del DL 21 aprile 1995, n. 120:
Gli statuti degli atenei stabiliscono anche la composizione degli organi collegiali,
assicurando la rappresentanza degli studenti in
misura non inferiore al 15 per cento.
(2) Per
componenti universitarie si intendono i professori, i ricercatori(3),
il personale contrattualizzato(4), i dottorandi, gli specializzandi, gli
studenti e tutto il personale con rapporto di lavoro a tempo determinato.
(3) Con ricercatori si
intendono i ricercatori di ruolo e a tempo determinato.
(4) Per personale contrattualizzato si intendono i lavoratori
regolati dal CCNL (tecnici-amministrativi-bibliotecari, lettori/CEL, ecc.). |
INTER SINDACALE UNIVERSITARIA DI BOLOGNA
CISL Universita' CNU
Comitato Nazionale Universitario
FLC CGIL Federazione Lavoratori della Conoscenza RETE 29 aprile
SUN Universitas News UIL Ricerca Università Afam |
|
Contributo
per la riforma dello Statuto Generale
dellUniversità di Bologna |
|
NOTA. Nell'ottobre
2010 i Sindacati e Associazioni universitarie di Bologna avevano costituito un
Gruppo di lavoro*, in vista della nuova legge, preso atto che il Rettore aveva istituito
una apposita Commissione rettorale.
Nel frattempo è stato anche diffuso un comunicato del Rettore, che
dichiarava l'intenzione di coinvolgere,
allo scopo, tutto l'Ateneo. In questo senso l'Intersindale ha ritenuto di
"dover" fare, per il Rettore, la propria parte nel modo più adeguato possibile.
* Gruppo di lavoro: ALTIERI LEONARDO, BRASINI SERGIO, DI PIETRA
ANNA MARIA, GHETTI GIULIO, GIORGINI
LORIS, LUCIANI NINO, MALTONI ALESSANDRA, MANZO PATRIZIA, MATTIOLI FRANCO,
PILEGGI RAFFAELE,
TASSINARI GIORGIO.
Ad alcune riunioni del Gruppo di lavoro
hanno partecipato FABRIZIO MAURO, RUOCCO FRANCESCA . |
INTERSINDACALE UNIVERSITARIA DI BOLOGNA
Questo documento muove dalla
convinzione che la riforma dello Statuto, dopo il drammatico contesto in cui e stata
approvata la legge Gelmini, rappresenti una opportunità di rinnovamento, di
qualificazione e di riforma democratica dellAteneo.
I movimenti di questi mesi, animati soprattutto dagli studenti e dai
ricercatori, ma in grado di coinvolgere tutte le componenti delluniversità, vanno
colti come spinte in favore di una interpretazione estensiva della legge, valevole ad
affermare la centralità delluniversità pubblica, come luogo di alta formazione e
ricerca scientifica, fondata su una dimensione democratica partecipativa e pubblica
dellAteneo di Bologna, per il progresso culturale, civile ed economico
dellItalia e delle Nazioni.
PARTE
PRIMA - PRINCIPI GENERALI
1.- Governance.
La legge Gelmini apparentemente introduce una forma di government di tipo
aziendalistico, dunque di una realtà nella quale si opera allinterno di un sistema
gerarchicizzato e finalizzato allo scopo di una maggiore efficienza/efficacia: in pratica
come lequipaggio di una nave con un comandante (del resto le societa per
azioni sono nate proprio per armare le navi allepoca della conquista dei mari).
LUniversità non ha però mai conosciuto questo tipo di organizzazione,
in quanto chi vi opera è protetto e garantito dallart. 33 della
Costituzione: Larte e la scienza sono libere e libero ne è
linsegnamento. Vige dunque (e questo, però, convive con la forma di
governance della nuova legge) il principio-cardine di universitas di tutte le componenti e
di parità tra i docenti (tanto è vero che per la valutazione si fa riferimento al
giudizio dei pari); ogni Rettore, Preside, Direttore del Dipartimento è un primus inter
pares, mai un comandante.
Ciò premesso, nellinterpretazione dellart. 2, la Commissione Statuto
dovra privilegiare la salvaguardia di questi valori ontologici, il che potrà fare
tenendo ben distinti i centri di imputazione formale delle decisioni da quelli di
imputazione sostanziale delle decisioni stesse.
Inoltre dovranno essere garantiti i principi di trasparenza e diritto
allinformazione.
2.- Programmazione.
La programmazione è metodo fondamentale per il governo dellAteneo.
Essa ha luogo, anche in via sperimentale, sulla base di una previsione
pluriennale, almeno di sei anni, della risorse disponibili e dei bisogni da soddisfare
entro questo orizzonte temporale. In questo quadro sono principali elementi di
riferimento: il bilancio, il reclutamento dei docenti e dei ricercatori TD, il personale,
il finanziamento della ricerca e delle strutture di ricerca e di didattica.
3.- Per leliminazione del sistema baronale.
La legge Gelmini apparentemente dichiara di prefiggersi, almeno sotto
laspetto formale, tre scopi:
- eliminare il sistema baronale (non soltanto nella cooptazione nel corpo
docente, ma anche nella gestione delle varie strutture);
-affidare lamministrazione a veri professionisti di essa anche se
estranei al corpo accademico;
- cercare, con ciò, di portare luniversità italiana al livello della
migliore tra quelle internazionali.
Il nuovo Statuto non potrà quindi essere disegnato per sostituire lattuale
sistema baronale con unoligarchia tecnocratica, ancora più ristretta, nella
gestione dellAteneo, nè potrà relegare ricercatori di ruolo e a tempo determinato
e personale tecnico-amministrativo al ruolo di semplici comparse.
4.- Necessità di proposta contestuale di riforma dello Statuto e del
Regolamento, previsti dalla nuova legge.
La Legge Gelmini, pur essendo prolissa nellindividuare le competenze degli
Organi Accademici, sempre rinvia ad un Regolamento di Ateneo per meglio specificare lo
Statuto. La comunità universitaria è dunque interessata non soltanto a conoscere come
sarà lo Statuto, ma anche a come sarà il Regolamento di Ateneo, che ad esso darà
specificazione.
Pertanto occorre che la Commissione Statuto elabori non soltanto una prima bozza di
Statuto, ma definisca anche indice e contenuto essenziale del Regolamento di Ateneo che
dovrà dare esecuzione allo Statuto in tempi brevissimi.
5.- Per il criterio che quanto non espressamente vietato dalla legge, sia
automaticamente libero, in base al principio dellautonomia. La Legge
Gelmini risponde al principio che tutto ciò che non è espressamente vietato, è
automaticamente libero.
Poiché il principio della autonomia universitaria è confermato dalla nuova legge,
la commissione statuto deve dare attuazione a questo principio e anche combattere, se
necessario, per farlo valere.
6.- Per la separazione tra il momento del governare lUniversità, e
il momento dellamministrare.
La legge Gelmini, se pure con qualche incertezza, vuole introdurre anche
nellUniversità la netta separazione tra il momento del governare e il momento
dellamministrare; tra chi deve dettare indirizzi generali e non specifici e chi deve
darvi esecuzione.
Lo Statuto deve dare attuazione a questo principio e porre le norme di principio
che poi il Regolamento generale dovrà ulteriormente sviluppare. Ciò comporta, tra
laltro, che la figura del Direttore generale non dovrà ricalcare quella nota negli
enti locali, il cosiddetto City Manager, che ha dato ben scarsi risultati.
7.- Il problema della correzione del decision making mediante la
prefigurazione di momenti obbligatori di partecipazione, propri della E-democracy.
Nel disegnare la composizione degli Organi accademici, la Legge Gelmini
riduce drasticamente il numero dei componenti, e ciò alla ricerca di una presunta maggior
rapidità e tecnicità delle decisioni (del resto è noto che al superamento del numero di
7 componenti ogni organo amministrativo ha una caduta di rapidità e di efficienza).
Se la composizione degli Organi era divenuta via via sempre più vasta, ciò
era dovuto al fatto che nel tempo il numero degli interessi coinvolti era andato
aumentando e attraverso lallargamento del numero dei componenti si era cercato di
dare rappresentanza a questi interessi allinterno degli Organi, pur nella
consapevolezza che Organi pletorici comportavano una perdita di efficienza.
Il fatto che la Legge Gelmini non riduca (nè avrebbe potuto farlo) il numero
e la qualità degli interessi coinvolti, e dunque la riduzione del numero dei componenti,
comporta che parte di questi interessi può non essere più rappresentata e, con ciò,
essere nota a chi deve decidere. In altri termini, viene sacrificato il momento della
partecipazione al procedimento amministrativo, il quale invece è un principio-cardine
dellordinamento italiano.
Occorre, di conseguenza, che Statuto e Regolamento generale di Ateneo
introducano nel decision making correttivi alla situazione che si viene a creare,
prevedendo, come obbligatori, momenti di partecipazione che possono essere realizzati
anche mediante un corretto sistema di E-democracy.
8.- Trasparenza. Lo Statuto deve prevedere che le
valutazioni espresse dal Nucleo di Valutazione, dallOsservatorio della Ricerca e da
ogni altro organismo, anche a carattere nazionale, siano tempestivamente rese pubbliche
per le strutture di didattica e di ricerca dellAteneo.
PARTE SECONDA - CRITERI ATTUATIVI
1.- Per il CdA, si propone:
- che esso sia elettivo, salvo che per i membri esterni, e che la composizione sia
rappresentativa dei vari ruoli dellAteneo;
- di limitare a 2 la presenza di esterni. Il Senato Accademico esprima linee
di indirizzo per i bandi tesi a selezionare tali componenti esterni, per delineare il
progetto cui le loro competenze si riferiscono e a garanzia che essi non siano portatori
di interessi economici incompatibili con lautonomia universitaria e i principi
dellart. 33 della Costituzione;
- mandato di 4 anni, non rinnovabile immediatamente.
2.- Il Senato Accademico dovrà essere organo di indirizzo e
programmazione delle attività didattiche, di ricerca e di valutazione, il cui parere
dovrà essere obbligatorio per le relative decisioni del CdA;
3. Si dovrà garantire:
a) la rappresentanza paritaria ed elettiva di tutte le componenti accademiche, del
personale tecnico e amministrativo e degli studenti deve valere in tutti Organi
dellAteneo, sia per la sede centrale sia per le sedi decentrate, ferme le riserve di
legge;
b) nei limiti della legge 240/2010, una partecipazione democratica, paritaria ed
elettiva alle commissioni di Ateneo, ivi compresa la Commissione di disciplina;
c) lelettorato attivo ai rappresentanti degli assegnisti e dei dottorandi nei
Consigli di Dipartimento;
d) ai Consigli di Dipartimento siano ammessi a partecipare i professori incaricati,
con diritto di parola.
4. Si propone che i membri elettivi del CdA e del Senato siano
scelti con sistema proporzionale per liste concorrenti, sulla base di documenti
programmatici, con possibilità di divulgazione mediante i sistemi informativi
dellAteneo. E ammessa la presentazione di liste che ricomprendano, ognuna,
tutte le categorie di docenti eleggibili.
5. Nel Regolamento, previsto dalla legge Gelmini, saranno
specificate le modalità di separazione tra ruolo politico e ruolo amministrativo nel
governo dellAteneo.
6. La consultazione pubblica sulla bozza di Statuto non va
limitata ai Dipartimenti e Facoltà, ma estesa a tutte le categorie di personale
dellAteneo.
1.- Elezione del Rettore. Lelettorato attivo, oltre al
personale docente di ruolo, come vige attualmente, va allargato ai ricercatori a tempo
determinato, ai rappresentanti degli studenti, dei dottorandi e degli assegnisti eletti
nei vari organi accademici e al personale TA con "voto ponderato.
Il candidato rettore non deve avere ricoperto questa carica, nei sette anni
precedenti, presso altro Ateneo.
2.- Giunta. Si propone la istituzione di una Giunta, i cui
membri sono scelti dal Rettore allinterno di tutte le categorie di personale, ma
esterni al CdA e al Senato, col compito di coadiuvarlo nellesercizio delle proprie
funzioni. Il Rettore affida loro, con delega di firma, propri compiti in corrispondenza
alle macro-aree amministrative dellAteneo.
3.- Senato. Relativamente ai componenti(1/3) non indicati dalla
legge, si propone:
- la rappresentanza dei ricercatori a tempo determinato e a tempo indeterminato;
- la rappresentanza del personale tecnico e amministrativo.
Relativamente alla composizione, per 2/3, riservata dalla legge ai docenti di ruolo, va
garantita la rappresentanza delle due fasce.
4. Consiglio di Amministrazione. Tra il personale di ruolo
dellAteneo i membri eletti siano rappresentativi dei:
- professori ordinari;
- professori associati;
- ricercatori;
- tecnici-amministrativi.
5.- Organi consultivi. Si propone la istituzione di:
a) Consiglio del personale tecnico e amministrativo, organo
consultivo del CdA, per il parere obbligatorio, non vincolante, in materia di servizi
amministrativi e organizzazione dellamministrazione.
E fatto vincolo di rappresentanza di ognuna delle sedi universitarie.
I membri del Consiglio del personale tecnico e amministrativo sono votati
sulla base di unica lista di candidati. Sono eletti, nellordine, i candidati con
più voti di preferenza.
b) Consiglio studentesco, organo consultivo per il parere
obbligatorio, non vincolante, al Senato Accademico in materia di didattica, e al CdA in
materia di servizi agli studenti.
E fatto vincolo di rappresentanza di ognuna delle sedi universitarie.
I membri del Consiglio studentesco sono eletti con sistema proporzionale per liste
concorrenti, sulla base di documenti programmatici.
6. Le sedi di Romagna. Lattuale Statuto ha consentito lo
sviluppo in Romagna adottando il modello organizzativo-funzionale per plessi,
in varia misura autonomi quanto ai servizi da rendere agli studenti e al personale docente
e non.
Ciò ha comportato il moltiplicarsi di servizi amministrativi (e relativo personale
e, dunque, costi) in ogni plesso, mentre oggi, specie con
linformatizzazione, i servizi di supporto ben possono essere svolti e
forniti da unorganizzazione centralizzata locale, con evidente
miglioramento della qualità del servizio e diminuzione dei costi. Del resto, contro la
attuale organizzazione per plessi si muove la nuova dimensione attribuita
dalla Legge Gelmini ai Dipartimenti.
Si ritiene opportuno che la Romagna possa avere forme di autonomia
amministrativa per materia, con budget.
Inoltre, il nuovo statuto dovrà dare indicazioni chiare su tre aspetti rilevanti:
1) la volontà di consolidare la configurazione policentrica del
nostro Ateneo (non esclusa la forma federativa), sostenuta in tutti questi anni dagli enti
locali e dagli enti finanziatori;
2) linterpretazione autentica da attribuire al concetto di
incardinamento, in termini di diritti e doveri dei docenti che sono/saranno
impegnati in Romagna (a partire ad esempio dalla necessaria chiarezza sulla struttura alla
quale i docenti medesimi dovranno fare prioritariamente riferimento per espletare il loro
servizio), e la contestuale adozione di politiche di incentivazione per favorire la scelta
di incardinarsi;
3) la volontà di favorire linsediamento in Romagna di dipartimenti
e scuole (Facoltà), eventualmente anche di tipo trasversale dal punto di vista delle
discipline, coordinate ma non subordinate alle altre strutture dellAteneo.
7. Regolamento. Il Regolamento dovrà contenere norme a tutela dei
diritti del lavoro, e specificamente:
a) per le attività didattiche dei docenti a contratto, in via di principio deve essere
proibito qualsiasi ricorso a prestazioni di lavoro gratuite e deve essere individuata una
retribuzione oraria minima;
b) per i ricercatori a T.D. siano previste garanzie di uneffettiva
tenure track, sulla base della prevista programmazione pluriennale delle
risorse;
c) sia regolata la didattica dei ricercatori di ruolo e di quelli a tempo
determinato, senza mai considerare scontato ed automatico limpegno didattico del
ricercatore di ruolo;
d) ai dottorandi, agli assegnisti e ai ricercatori a T.D. siano garantiti gli
stessi diritti dei lavoratori strutturati di Ateneo (asili nido, mense, parcheggi,
rimborsi per le missioni, etc.);
e) per i diritti e le condizioni di lavoro del personale non contrattualizzato è
necessario prevedere un confronto preventivo con le parti sociali;
g) disciplina dei diritti e dei doveri del personale.
CISL Universita' (Maurizio Turchi)
CNU (Anna Maria Di Pietra)
FLC CGIL (Sandra Soster)
RETE 29 aprile (I Ricercatori della Rete 29 aprile)
SUN Universitas News (Nino Luciani)
UIL RUA (Raffaele Pileggi)
Gruppo di lavoro che ha curato il Documento:
Altieri Leonardo, Brasini Sergio, Di Pietra Anna Maria, Ghetti Giulio, Luciani Nino,
Maltoni Alessandra, Manzo Patrizia, Mattioli Franco, Pileggi Raffaele, Tassinari Giorgio.
Hanno partecipato ad alcune riunioni Fabrizio Mauro e Ruocco Francesca.
|
IMPORTANTE
SENTENZA DELLA MAGISTRATURA ORDINARIA:
"Quella denuncia di Quirino
Paris al CUN aveva fondamento !
(Sotto, è riportata la sentenza, integralmente).
Questo fatto arriva al pubblico
universitario mentre la riforma Gelmini
è diventata legge, per cui il pensiero va alla eventuale "consecutio tra i due
eventi".
Sotto, riportiamo il parere di Quirino Paris sulle sue attese dalla nuova
legge.
.
|
|
QUIRINO PARIS, il
professore italiano della University of California, Davis, aveva denunciato al
CUN (Presidente, prof. L. Labruna) la nomina di cinque commissioni di conferma del Settore
Scientifico ``Economia ed Estimo Rurale', una delle quali aveva negato la conferma, in
ruolo, a Giovanni Anania, professore "straordinario" di rilevanza
internazionale, ma non sottomesso alla "cupola" degli economisti agrari.
Il CUN (che designa al Ministro le commissioni di conferma per gli straordinari ed
esprime parere di legittimità su tutti i concorsi di valutazione comparativa) oppose il
"silenzio rifiuto" di fare un indagine, come sarebbe stato di dovere, e anzi una
necessità, perché il fatto non era "solo" degli economisti agrari, per la
natura della legge sui concorsi, che prefigurava un regime consociativo, e
possibilità di "smagliature".
La conseguenza, per Quirino Paris, fu di incorrere
in sette querele per diffamazione, da parte dei membri della "cupola" degli
economisti agrari. La sentenza di I grado fu di assoluzione piena, ma che i querelanti
portarono in appello, però confermata, sia pure dopo anni di lungaggini e spese legali.
. |
|
Nino Luciani, I fatti in breve, e nel pianto la consolazione nel passato. Le attese dalla
riforma Berlusconi-Gelmini, secondo Quirino Paris1.- I fatti in breve. Nel 2003, una Commissione
giudicatrice, per la conferma in ruolo di un professore ordinario, gli negava la conferma
al termine del triennio di prova.
Per memoria, le Commissioni di conferma per prof. ordinario sono nominate dal
Ministro, su designazione del CUN. Invece le Commissioni di concorso erano nominate
dall'università banditrice (composte da un membro "interno" di designazione
locale, e da 4 membri, votati dal Gruppo scientifico disciplinare").
Il malcapitato "non confermato" era tale "Giovanni
Anania" della Università della Calabria (si vegga più sopra, per il curriculum), e
che (secondo Paris) era assolutamente meritevole di conferma.
Nella tradizione accademica italiana, la negazione di una conferma era ed è un
fatto "unico" nel suo genere, mentre il problema più solito è quella di
sbarrare la strada a candidati in eccesso rispetto al numero dei posti.
In parole brevi, Quirino Paris racconta che il Settore scientifico in questione (
AGR/01) era dominato dalla Associazione degli Economisti Agrari, e
soprattutto dai suoi dirigenti, i quali riuscivano a fare eleggere i rappresentanti del
Gruppo presso il CUN, e i membri delle Commissione di concorso, secondo le proprie
indicazioni elettorali. E "peste cogliesse" (in termini di carriera) chi
trascurasse quelle indicazioni.
(Evidentemente, nel concorso che tre anni prima portò Anania all'ordinariato,
qualcosa era andato storto ..., per quei dirigenti e in primo luogo al CUN).
La motivazione dello sdegno di Quirino Paris, tra l'altro illustrata senza alcun
pelo sulla lingua, ha un rilievo assoluto perchè copre non solo "un" caso in
cui si dice la verità per l'Associazione degli Agrari, ma rappresenta notoriamente la
generalità dei Settori Scientifici in Italia.
Ma attenzione ! Una cosa sono le "deviazioni" (che calcolerei
nell'ordine del 10% dei casi, troppi
), una cosa è ritenere che, in Italia, il
sistema dei concorsi produca solo professori indegni. Anzi il fatto che Anania, nel
concorso, fosse stato riconosciuto "idoneo" a prof. Ordinario, è una prova del
contrario. Ma su questo tornerò qui a fianco, a proposito della riforma Gelmini.
Torno a Quirino Paris. Egli pagherà caro questo atto di "superbia":
doversi difendere in tribunale, a proprie spese, per 8 lunghi anni, come un volgare
diffamatore di colleghi per bene. E cosa ha fatto, poi, in fin dei conti ? Il suo reato fu
di aver denunciato il caso alle "autorità" (si noti, non a qualcuno che passa
per la strada), e in primo luogo al MIUR.
Allora il Ministro era Letizia Moratti e il Direttore Generale era Giovanni
Masia (ora Capo del Dipartimento per l'Università e l'AFAM per la Ricerca).
Sul piano oggettivo, il pensiero corre spontaneamente a loro, soprattutto a
Masia, per il suo ruolo nel dare o meno esecutività alle sentenze del TAR e alle sentenze
penali, oltre che al suo ruolo tecnico nel concorrere alla proposizione dei nuovi progetti
di legge, a correzione dei fatti "devianti". Sulla adeguatezza delle legge
Gelmini torniamo più avanti.
2.- Nel pianto, la consolazione... sempre nel
passato.
Come, però dicevo, una cosa sono le "deviazioni", una cosa è la
generalità dei casi. E', poi, sotto gli occhi di tutti che i fatti "devianti"
più gravi (si pensi a parentopoli) finiscono sui grandi media, perchè il
"negativo" fa notizia, (e oscura il "bene"), e questo finisce per
infangare tutto. .Nel corpo della sentenza, si racconta anche di denunce di fatti
corruttivi di altri concorsi, però seguìti da archiviazione, pur essendo ben evidente il
loro fondamento oggettivo.
Il motivo della archiviazione era che la votazione della candidature a
membro di commissione, su indicazione "autorevole" delle cupole, non era un
evidente reato giuridico, giacchè era prefigurata dalla legge ed era una fattispecie
molto simile a quella delle elezioni dei membri del parlamento. Anche qui non mancano le
proposte autorevole dei dirigenti dei partiti politici in favore di questo o quel
candidato e di questo e quel programma.
Lo stesso era per fare le commissioni. Non c'era obbligo giuridico di votare ...,
ma semplice indicazione di voto ....
In effetti le cupole degli ordinari hano sempre determinato, in regime
consociativo, la carriera dei docenti in posizione inferiore e dunque, pur se
giuridicamente autonomi, per cui questi erano ricattabili di fatto.
Ma va anche detto che il professore universitario è tale per vocazione
scientifica e per questo nasce moralmente apposto. La sua colpa è aspirare a dare un
seguito alla propria scuola scientifica, attraverso gli allievi. |
Il
fatto, poi, che il controllo dei promossi abbia luogo su base nazionale, attraverso una
corporazione (l'associazione dei professori del settore) ha come conseguenza di garantire
la qualità dei professori uniformemente nel territorio nazionale, e dunque anche in una
università sperduta della lontana periferia.
Dunque, se con questi elementi "positivi" molto importanti e positivi,
finiscono per mescolarsi elementi "negativi", è su questi che si deve lavorare
..., non buttare il bambino con tutta l'acqua ...3.-
Le attese dalla riforma Berlusconi-Gelmini.
Il Parere di Quirino Paris.
A questo punto l'ottica si sposta sulle recente legge di
riforma Berlusconi-Gelmini. Purtroppo la legge Gelmini è frutto acritico di quel fango,
mentre doveva partire da qui per le correzioni. Infatti, per eliminare la malattia, la
riforma ha ucciso il "malato", vale dire ha abolito i concorsi, anche in
contrasto con la Costituzione che, invece, li vuole. Precisamente, la legge prevede due
stadi, per il reclutamento: a) Con l'art.16 è istituito l'esame abilitazione scientifica
nazionale a professore di prima e di seconda fascia. La Commissione giudicatrice è
nazionale ed unica, per una durata biennale. Essa è scelta mediante sorteggio di 4
professori ordinari nel settore scientifico (da essere composto da almeno 30 professori
ordinari), e sorteggio di 1 commissario in una lista, curata dall'ANVUR, di studiosi e di
esperti di pari livello in servizio presso università di un Paese dell'OCSE). E' disposto
che l'ammissione al sorteggio è ammessa solo per i professori che facciano domanda per
esservi inclusi, e documentino la propria attività scientifica, e comunque con riserva
dell'ANVUR di valutarne positivamente i requisiti idonei. E' anche disposto che non ci sia
corresponsione di compensi ai Commissari. b) Con l'art. 18, è prevista la chiamata, da
parte delle Università, degli abilitati a coprire i posti di professore. Dati gli
abilitati partecipanti, la chiamata è deliberata dal Consiglio di Amministrazione, su
proposta del Dipartimento. E' esclusa la partecipazione per gli abilitati aventi un grado
di parentela o di affinità, fino al quarto grado compreso, con un professore appartenente
al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata ovvero con il rettore, il
direttore generale o un componente del consiglio di amministrazione dell'ateneo. Come ben
si comprende questo meccanismo abolisce i concorsi, e questo è presumere di eliminare la
malattia, uccidendo il malato. Secondo Quirino Paris (interpellato, in occasione della
sentenza), "la riforma Gelmini in fatto di reclutamento ha messo sul tavolo un
sistema macchinoso, inefficiente e parrocchiale. Con l'abilitazione nazionale chissà
quanti ritardi ci saranno. e poi mi sembra un approccio fatto apposta per dare altro
lavoro al TAR con le ben note lungaggini. Inoltre, la chiamata tra gli abilitati non farà
altro che confermare gli interni, come adesso. Infine, mi sembra che anche il nuovo
approccio escluda di fatto il reclutamento a livello mondiale: chi è quello straniero che
capisca cosa sia l'abilitazione nazionale e che sia poi chiamato da qualche facoltà solo
sulla base del merito? " Torno sull'art. 16. Il sorteggio dei Commissari è
essenziale per l'impedimento delle "deviazioni". Tuttavia esso è prefigurato in
modo da perdere di significato. Infatti: 1) se il sorteggio avviene solo tra coloro che
fanno domanda, è come estrarre palline da un cappello in cui sono state messe solo
palline bianche. E' inevitabile che i sorteggiati siano solo "bianchi"; 2)
peggio, l'osservazione cade di fatto appena si rifletta che il meccanismo non funzionerà
totalmente. Il motivo è che nessun professore ordinario farà domanda (di essere
sorteggiato) per farsi preventivamente giudicare (in fatto di requisiti scientifici) da
una "cupola" politico- accademico (l'ANVUR), e per giunta per un obiettivo molto
astratto (attribuire una abilitazione a sconosciuti), e inoltre gratis. Forse gli
estensori della legge non vengono dalla università, e per questo non sanno che stare in
commissione è un sacrificio enorme (una pila di libri da leggere e studiare per mesi,
stare fuori casa una settimana, incorrere in possibili ricorsi amministrativi, ...). In
passato, la sola molla determinante per candidarsi era il sollecito degli allievi,
creditori illimitati di servizi resi didattici ai loro Maestri, oltre che debitori per
l'educazione scientifica ricevuta. Adesso questa molla scompare, opportunamente per me: Ma
trattare a pesci in faccia, il prof. ordinario che fa domanda, mi pare aver penso il senso
della realtà. Berlusconi, un uomo, così intelligente com'è, come ha fatto ad affidare,
a "non si sa chi", una riforma così rilevante per la formazione della classe
dirigente e per la ricerca scientifica dell'Italia e del mondo
? Torniamo a più
sopra: essere i Governi i fattori delle deviazioni, quali primi propositori dei progetti
di legge e doppiamente se chi fa denuncia di illeciti è lasciato nei rovi dal Ministro e
dal Direttore Generale, che avrebbero dovuto indagare, a parte il disposto Costituzionale
che vuole il concorso, per le assunzioni nella Pubblica Amministrazione. Nino
Luciani |
|
del reato p. e p.
dall'art. 595, comma 1, c.p., per avere, comunicando con più persone, offeso la
reputazione di BELLIA Francesco, PRESTAMBURGO Mario, BACARELLA Antonino, CASATI
Dario, CHIRONI Giuseppe, TUDISCA Salvatore, IDDA Lorenzo, economisti agrari,
appartenenti alla SIDEA, Società Italiana di Economia Agraria, e, precisamente per avere,
a mezzo due lettere e-mail datate 19.10.2003 e 18.11.2003, che qui si intendono
integralmente riportate, inviate at CUN - Consiglio Universitario Nazionale, nella persona
del suo Presidente, prof. Luigi LABRUNA, e al MURST - Ministero dell'Istruzione,
dell'Università e della Ricerca Scientifica, con sede in Roma, viale Kennedy, 20,
affermato che "
Da parecchi anni l'area AGR/01 è dominata e
colonizzata da una mafia accademica così potente che ormai si comporta sfacciatamente e
senza alcun pudore sapendo che le sue nefande azioni saranno impunite ed anzi
contribuiscono a mantenere la disciplina nei ranghi. La "cupola" è formata da
una dozzina di professori ben noti i cui nomi si avvicendano in quasi tutti i concorsi per
professore ordinario, associato e per ricercatore attraverso la ben nota tecnica dei
"santini." Tutto questo fa parte della disgraziata procedura italiana per la
nomina del personale accademico. Il CUN dovrebbe essere l'organo di vigilanza garante
della trasparenza per quanto riguarda tale procedura e invece si dimostra un organo al
servizio della mafia accademica di cui sto parlando.
Tali nomi sono facilmente
individuabili perché, in via generale, ricorrono almeno due volte nelle cinque
commissioni. Queste designazioni non possono essere il frutto di vigilanza e trasparenza e
tanto meno di eventi casuali. I nomi che ricorrono almeno due volte sono: Mario
PRESTAMBURGO (Trieste) Antonino BACARELLA (Palermo) Salvatore TUDISCA (Palermo) Giuseppe
CHIRONI (Palermo) Francesco BELLIA (Catania) Giuseppe DE MEO (Bari) Lorenzo IDDA (Sassari)
Augusto MARINELI (Firenze) Dario CASATI (Milano). È mai possibile che le sedi
universitarie meridionali più Trieste debbano essere presenti in maggioranza assoluta,
commissione per commissione? È mai possibile che Augusto Marinelli, Rettore
dell'Università di Firenze, trovi il tempo per partecipare due volte a commissioni di
conferma di professori straordinari? È il Marinelli lo stesso Rettore che ha creato un
posto AGR/01 per il figlio alla Facoltà di Medicina? È mai possibile che questi signori
dominino, anno dopo anno, la formazione dei ranghi accademici nell'area AGR/01? È mai
possibile che il CUN, attraverso il Comitato d'Area Scienze Agrarie e Veterinarie, si
faccia complice della straordinaria criminalità con cui vengono gestiti e
"confermati" i concorsi universitari?..." "
La riforma dei
meccanismi concorsuali nel nostro Paese non ha risolto i problemi della selezione e della
promozione dei docenti universitari che avevano giustificato quella riforma. Quanto accade
nel settore AGR/01 è emblematico di come possano costituirsi nel tempo consorterie
accademiche in grado di imporre regole tali da determinare gravi distorsioni, in grado di
consentire i peggiori nepotismi e marcate discriminazioni. Il fatto che un professore
della qualità del Prof. Anania possa essere stato ritenuto inidoneo alla conferma a
professore ordinario non fa che confermare tale giudizio e, se mai, segnala il fatto che
in AGR/01 si sia oltrepassata ogni misura, anche con riferimento alle distorsioni
osservabili in altri raggruppamenti disciplinari."
Fatti
avvenuti in Roma, in data 19 ottobre 2003 e l8 novembre 2003.
DISPOSITIVO:
"conferma l'impugnata sentenza* e condanna gli appellanti al pagamento delle
ulteriori spese del grado"
Per leggere tutta la sentenza, clicca su: Paris-Sentenza Appello ROMA (Nov 2010) |
|
Papa Benedetto XVI
|
RIFORMA UNIVERSITARIA
in Aula al Senato il 22 dicembre
(in seconda lettura)
Mentre Ricercatori e Studenti si tengono
stretti
stretti, in attesa della tegola in testa, del Senato
il PAPA, nel corso della cerimonia dei
Vespri,
dopo l'omelia, riceve gli sudenti universitari romani,
sostiene il "ruolo insostituibile dell'universita' "
e li "appella alla pazienza e alla costanza"
|
On.li Senatori,
con il ritorno a voi del DDL in oggetto, mi parrebbe giusto dirvi tre cose:
1) dire del papa, circa l'universita. Incontrando i giovani
universitari romani, per i Vespri il 16 dic. 2010, il papa ha sostenuto il "ruolo
insostituibile dell'universita" di soddisfare "il bisogno di una nuova
classe di intellettuali capaci di interpretare le dinamiche sociali e culturali offrendo
soluzioni non astratte, ma concrete e realistiche". Il papa ha concluso con un
appello "alla pazienza e alla costanza, virtu da non confondere con
l'apatia". **. Per
l'omelia *, sotto.
Il papa non ignorava sicuramente le manifestazioni dei ricercatori e
studenti nelle scorse settimane sul DDL Gelmini. E voi non le sottovaluterete
certamente.
Forse, vi interessa anche una lettera che una "casalinga" (in
verita' una prof.ssa di scuola media in pensione, sensibilizzata dai mass media, sui
recenti fatti studenteschi), che mi ha scritto (in relazione al Foglio On Line, da me
diretto): "L'Universita e un mondo che non conosco. Mi sono laureata il
26 giugno 1976. Credo di appartenere di piu' alla categoria delle "casalinghe",
forse con un maggior senso critico."
"Mi domando se anche la Ministra Gelmini non appartenga al mondo delle
casalinghe e non abbia capito neppure lei fino in fondo la sua riforma. Le donne presenti
in questo Governo mi sembrano piu strumenti che "menti". Intendiamoci nella
politica ci sono tante donne alla pari degli uomini per intelligenza e grinta, ma non
queste al Governo. Comunque qui a Torino ci sono tanti studenti che tirano molto, molto a
sinistra".
2) nel merito dei possibili emendamenti al DDL,
preso atto che la sua maggiore pericolosita per luniversita pubblica sta
nel non avere dotazione finanziaria, e che e' coerente col blocco del turnover (5-10.000
professori, e abolizione del ruolo dei Ricercatori a tempo indeterminato, 26.000 persone),
proporre di prendere in considerazione la riforma del sistema finanziario delle
universita, posto che l'ostacolo maggiore sia la crisi attuale del bilancio
statale.
Col nuovo sistema finanziario, le universita' saranno liberate dalle catene del
DDL, ma anche responsablizzate.
C'e', poi, la considerazione che l'attuale sistema ha i difetti tipici dei paesi a
pianificazione centralizzata, e dunque:
a) la cifra totale da finanziare e' soggetta alle bizzarrie annuali dei Ministri
del Tesoro.
b) fa ricadere sugli studenti bisognosi e meritevoli il mancato sostegno del
diritto allo studio, dovendo le universita filtrare i fondi statali per salvare,
prima, se stesse.
Questa e' invece la nostra proposta di nuovo sistema finanziario:
a) Il finanziamento delle universita pubbliche avviene mediante un
fondo statale, quantificato in base al costo standard per studente, moltiplicato per il
numero degli studenti iscritti.
La quota finanziata e determinata dai Ministeri del Tesoro e della
Universita, e comunque non inferiore al 70% del costo totale stimato, ed e
ripartita tra le universita in proporzione agli studenti iscritti.
b) E istituito presso il Miur un Fondo per gli studenti bisognosi e
meritevoli, ex-art.34 della Costituzione.
b) Le universita determinano i contributi studenteschi, per il pareggio del
bilancio, per la parte non coperta dal Fondo statale. E' obbligatorio per le
universita il pareggio del bilancio ed e istituito il controllo della Corte
dei Conti sul bilancio preventivo;
c) I finanziamenti privati alle Universita sono fiscalmente deducibili dal
reddito imponibile;
d) In prima attuazione e garantito a ciascun Ateneo un FFO - Fondo di
Finanziamento Ordinario, non inferiore allattuale.
3) dire cosa ho pensato, avendo seguito il dibattito del Senato,
sul DDL via satellite TV, il 29 luglio 2010. Ho provato disappunto per alcuni
concetti, risuonati di continuo (da parte di molti), non sorretti da adeguata conoscenza
dell'universita', quali:
- "i professori hanno dilapidato il denaro pubblico, e' venuto il momento di
pagarli in base ai risultati";
- "i concorsi universitari sono diventati parentopoli, e questo ha declassato
luniversita. Basta con gli scandali".
Non oso confutarvi, perche' da anni i sindacati combattono
contro queste "deviazioni". Vi contesto, invece, che il DDL li usi
strumentalmente contro l'universita' pubblica..., senza risolverli; e vi faccio i seguenti
rilievi:
a) quanto alle proliferazione delle sedi, la Ministra farebbe bene a parlarne con
gli enti locali, prima che con noi;
b) quanto alla moltiplicazione dei corsi di laurea, il fatto e' avvenuto in periodo
di sperimentazione, in cui le lauree quinquennali dovevano, per legge, essere spezzate in
due (ossia 3+2), e quindi anche ogni insegnamento andava, di norma, spezzato in due; e che
le lauree quadriennali (che erano la quasi totalita'), andavano aumentate di un anno,
oltre che spezzate in (3+2).
Comunque sia chiaro che questo spezzettamento ha determinato un aumento del carico
di docenza e di amministrazione, ma non maggiori oneri per lo Stato. Il maggior
carico di docenza e' andato sui preesistenti docenti di ruolo (con pochissime nuove
assunzioni, rispetto agli studenti, divenuti 1.800.000), e prevalentemente sui docenti
precari (55.000 persone, tra cui ci sono delle vere menti), ai quali oggi il DDL sputa in
faccia (dimenticando che gli studenti rimarranno 1.800.000);
c) quanto a parentopoli, il DDL ne amplifica le deviazioni perche' esse,
divenendo "buie", saranno senza limiti. Infatti il DDL abolisce il concorso
locale tra gli "abilitati alla ricerca". Invece andava mantenuto il
concorso locale, ma con commissioni giudicatrici scelte per sorteggio (non per
votazione).
Cordialita'.
Nino Luciani
Bologna 19 dic. 2010
** Fonte: http://www.tg1.rai.it/dl/tg1/2010/articoli/ContentItem-cf1d8575-5607-44bd-82f3-1f240414b407.html#p1)
* Fonte: http://www.pontifex.roma.it/index.php/news/29-news/880-incontro-del-santo-padre-con-gli-studenti-universitari-degli-atenei-romani |
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LETTERA APERTA AI SENATORI E DEPUTATI
in
riferimento al voto di FIDUCIA
al Governo (martedì 14
dicembre 2010)
e ai DINTORNI (transizione
dalla Ia alla IIa Repubbllica)
On. Senatori, on.li Deputati,
In relazione al possibile voto, vi invio un mio
"intervento", del 1993, che mi sono trovato sotto gli occhi questa mattina,
mentre riordinavo la mia biblioteca.
Lintervento aveva come titolo: "I problemi della transizione", e fu
fatto in un convegno a Saint Vincent, organizzato da Jader Iacobelli, pubblicato nel
volumetto "1993, "Dove va leconomia italiana ?", SAGGI TASCABILI
LATERZA.
Rileggendo lintervento, mi sono reso conto che nel 2010 i problemi della
transizione, di allora, sono identici a quelli attuali, anzi aumentati sotto l'aspetto
finanziario.. Dunque, non hanno fatto nulla i governi che, subentrando a quelli della
prima Repubblica, si erano impegnati a risolvere i problemi della transizione alla seconda
Repubblica ? Erano governi di destra e di sinistra.
Motivi ? Ognuno pensi come vuole. Per approfondimenti, oltre a quel mio
intervento (riportato qui sotto), si puo' cliccare sul Foglio On Line, da me diretto: http://www.universitas.bo.it/Forum%201-esterno.htm#FORUM%201
. In esso si parte dal convegno di Fini a Bastia Umbra, del 6-7 nov. 2010, ma per andare
molto oltre FINI, proponendo "un programma obbligato" di riforme costituzionali
(governi di legislatura e, ma solo dopo ..., nuova legge elettorale) e un governo di
"grande coalizione", il solo adatto per una "transizione"
costituzionale. Per fare queste cose, la legislatura deve proseguire verso la sua
conclusione naturale.
Al tempo stesso, data la situazione bloccata da ogni punto di vista,
tutti devono avere un senso di umilta'' e non dr ammatizzare il proprio ruolo
personale. Un proverbio popolare dire: "morto un papa, fatto un altro".
Cio' che conta sono le istituzioni: vale dire operare urgentemente per fare "governi
di legislatura", un parlamento rispettato (non trattato come "yes man")...
.
Cordialita'.
Nino Luciani
Bologna 12 dic. 2010
* SUN - Sindacato Nazionale Universitario, la "assemblea permanente on line".
** Prof. Ordinario di scienza delle finanze, Università di Bologna
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Nino Luciani, I problemi della transizione
Estratto da: 1993, Dove va leconomia italiana ? a cura
di Jader Iacobelli, SAGGI TASCABILI LATERZA, p. 94
1. La mia tesi è che l'Italia ha di fronte i problemi strutturali propri
delle economie di transizione e precisamente della transizione da un sistema economico a
prevalente «economia pubblica» a un sistema a prevalente «economia di mercato», che si
ritrovano negli ex paesi del socialismo reale, sia pur in proporzione al peso occupato dal
settore pubblico nei rispettivi paesi. Ci sono qui anche i problemi congiunturali, ma
hanno un'ampiezza talmente grande da rinviare, paradossalmente, ai problemi di struttura.
La prima transizione, relativamente recente, è cominciata in Italia nel 1961 con i
governi di centro-sinistra ed è avvenuta nel senso di andare da un sistema a prevalente
economia di mercato a un sistema a prevalente economia pubblica. Si passa da un rapporto
tra spesa pubblica e PIL del 30% a un rapporto del 56-60 attuale.
Adesso ci troviamo di fronte la seconda transizione, questa volta in senso
inverso, e che dovrebbe restituire risorse dal settore pubblico al settore privato, in
quanto da ritenere piu produttivo. Questo obiettivo è imposto dalla distruzione
macroscopica di risorse da parte del settore pubblico, e le cui ripercussioni piu
evidenti si ritrovano nella caduta persistente del tasso di crescita del PIL e nella
crescente disoccupazione.
A mio modo di vedere, per l'Italia, il traguardo finale realistico.
compatibile con l'equilibrio del sistema economico (per quanto dipende dal settore
pubblico). è ridurre la spesa pubblica al 40-45% del PIL. Questo parametro mi viene
suggerito dal fatto che la pressione fiscale nominale è oggi nell'ordine del 39-40%,
limite massimo risultato fin qui raggiungibile. e che quindi indica la possibilita
realistica di finanziare la spesa pubblica con la sola tassazione.
2. Questa transizione verso il mercato richiede adattamenti
importanti nelle abitudini di vita della popolazione: si tratta di un problema che, per
sua natura, richiede un periodo medio-lungo (5-10 anni). Tale periodo e' il tempo
necessario:
a) per riallocare verso il settore privato la mano d'opera via via licenziata
dal settore pubblico;
b) per affidare al settore privato quei servizi pubblici che verranno via via
dismessi dal settore pubblico e che dovranno continuare ad essere erogati per i cittadini
disposti a pagarli;
c) per privatizzare le imprese pubbliche non strategiche, e che ovviamente
non si puo cominciare a fare con una estrazione a sorte delle imprese da
privatizzare, ma solo dopo aver fatto una opportuna classificazione della loro situazione:
ad esempio, imprese con buona capacita di reddito e buona situazione finanziaria;
imprese con buona capacita di reddito ma precaria situazione finanziaria; imprese in
perdita ma per carenze gestionali e quindi facilmente risanabili con la sostituzione del
management: imprese decisamente senza prospettive di reddito, ecc.;
d) per permettere ai beneficiari di trasferimenti pubblici di trovare un
rimedio, in vista di una loro decurtazione, ecc.
Del resto anche la Comunita europea si e data un periodo
transitorio (1957-92) per attuare pienamente il Mercato Comune Europeo, periodo che
termina proprio questanno.Tali adattamenti della popolazione non sono
necessariamente dei sacrifici e tuttavia essi si giustificano perche pongono le basi
per la ripresa dello sviluppo del reddito nazionale e dell'occupazione.
In secondo luogo la realizzazione della transizione richiede una classe
politica appropriata. Ma su questo punto non dobbiamo dimenticare che la classe politica
oggi chiamata ad attuare la seconda transizione e quella stessa che ha realizzato la
prima transizione sulla quale essa fonda a tuttora il suo potere in termini di clientela
elettorale e di tangenti, non solo, ma anche senza una netta distinzione tra maggioranza
di governo e opposizione. Questo vuol dire che qui troviamo il primo collo di bottiglia,
per cui le alternative politiche in termini di separatismo territoriale, qui evocate, sono
fortemente realistiche.
In ogni caso appare evidente l'urgenza di operare per una nuova legge
elettorale che separi nettamente la responsabilita di governo da quelle di
opposizione, in modo da permettere un rimedio ai mali della politica attraverso
l'alternanza tra persone e programmi diversi. Senza la riforma della legge elettorale. che
stronchi quanto meno il consociativisrno e la frammentazione nel governo nazionale (e nei
governi locali), al piu ci si puo attendere il congelamento dellattuale
sistema, che non espanderebbe ulteriormente il settore pubblico, ma eventualmente ne
correggerebbe solo le maggiori disfunzioni finanziarie.
3. Tuttavia, i problemi di disavanzo del bilanci dello Stato non possono
attendere. Occorre provve dervi subito, quanto meno in base agli impegni assunti
dall'Italia di andare verso l'unione monetaria e la moneta unica in Europa.
Secondo me la via appropriata e un aumento generalizzato e uniforme dell'aliquota
dell'IRPEF nell'ordine del 6-10%. durante tutto il periodo della transizione. e da ridurre
via via in rapporto all'avanzamento della transizione stessa. Tale aumento dell'IRPEF
dovrebbe essere accettato dalla popolazione appena si spieghi che esso dovrebbe sostituire
una imposta gia esistente, che e la "imposta da inflazione", oggi
nell'ordine del 10-15% del reddito. Infatti laumento di prezzi, dovuto
all'inflazione, e 1'equivalente di un'imposta indiretta, non solo, ma e anche
la piu sperequata tra le imposte.
Invece. sul piano dellequilibrio generale, l'applicazione di
un'aliquota aggiuntiva. uguale per tutti i cittadini, avrebbe il vantaggio di ridursi a un
fatto puramente monetario: nel senso che, per definizione, e comunque tendenzialmente,
essa non modificherebbe, in termini reali, le posizioni comparate e assolute dei
contribuenti, perche per un cittadino e indifferente avere un reddito
monetario invariato, ma con prezzi che cresceranno, oppure avere un reddito monetario
decurtato, ma a prezz che non muteranno. Questa tesi. che discende da un noto teorema
della scienza delle finanze, pur se discutibile per vari aspetti, e un'ottima base
di partenza per orientarsi nella concreta ripartizione del carico tributario necessario
per ripianare il disavanzo del ianc:o dello Stato.
Rifiuto, invece, l'idea di affidare compiti importanti ad un'imposta
ordinaria sul patrimonio. Cio per varie ragioni: non e un'imposta generale;
non ha ancora un apparato amministrativo collaudato per applicarla; il valore patrimoniale
non emerge da elementi oggettivi ma da una «stima», per cui si presta v i aprire un
contenzioso spaventoso. Del resto la storia dell'INVIM lo insegna.
Essa puo avere, beninteso, un suo ruolo come mezzo di recupero
dell'evasione, ma a questo fine e tenuto conto della debolezza strutturale suddetta, penso
che ne sia consigliabile l'applicazione con un'aliquota molto mite. Associatamente
all'ILOR o allICIAP.
Quanto all'evasione fiscale. ritengo che sia venuta l'ora di
smettere col demonizzare gli evasori, ma di operare per far funzionare adeguatamente la
macchina amministrativa finanziaria pubblica, il solo modo corretto di impostare il
problema. In ogni caso non sono affatto convinto che esistano, presso le piccole e medie
imprese, maglie di evasione cosi larghe, come una certa parte sociale va dicendo. Il
motivo di fondo di questa mia convinzione e che, nei casi prevalenti, appena il
sindacato dei lavoratori dipendenti si accorge che le imprese hanno dei sovraprofitti, ci
pensa il sindacato stesso a scremarli chiedendo aumenti salariali. E se i salari non
sfuggono alla tassazione, allora le piccole e medie imprese pagano le imposte attraverso i
propri dipendenti. Dunque il fisco ha gia, dentro l'impresa, un buon poliziotto
fiscale.
Quanto, infine, alla recente crisi del cambio, trovo
notevoli responsabilita nella condotta delle autoritaa monetarie, non tanto
per aver preferito le ragioni della «moneta» alle ragioni dell'«economia reale» (fatto
gia per se inammissibile economicamente, ma perdonabile a un banchiere), ma
per aver persistito nell'assumere certi impegni monetari pubblicamente senza poi
mantenerli.
Per altro verso, gia i grandi maestri del tempo passato avevano
insegnato che l'alternativa tra cambi fissi e cambi flessibili e una questione da
risolvere in base alla natura strutturale o congiunturale delle crisi valutarie.
Che l'Italia si trovasse una crisi strutturale e provato dal fatto che il saldo
passivo delle partite correnti della bilancia dei pagarnenti internazionali dell'Italia, a
partire dal 1986, e andato crescendo sempre piu, non solo in assoluto, ma
anche in percentuale del PIL (4% del PIL, ultímamente) . Questo vuol dire che il trend
non dava ormai piu segni di inversione. per cui gia si profilava, come
traguardo finale, la caduta della convertibilita della lira, che e poi la
svalutazione a colpi di piccone píu tardi, anziche la svalutazione subito, in
condizioni piu favorevoli. E dunque anche sotto il profilo tecnico la condotta delle
autorita monetarie appare censurabile. |
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RIFORMA UNIVERSITARIA
Aperto un varco per la
salvezza dell'università pubblica
Il motivo è che il Presidente del Senato SCHIFANI rinvia l'esame del DDL GELMINI a
dopo il voto sulla fiducia al Governo il 14 dicembre, perchè teme straripamenti delle
manifestazioni studentesche sul Parlamento, ma con l'ovvia conseguenza che, se cade il
Governo, cade anche il DDL GELMINI
LA SALVEZZA, RESA POSSIBILE DAL CONGIUNGIMENTO DI 4 CIRCOSTANZE:
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1) La persistenza dei ricercatori e precari
nell'astensione dalle lezioni "non dovute";
2) il soccorso degli studenti, con manifestazioni in tutta Italia;
3) l'aiuto dei "FINIANI" alla Camera;
4) il risveglio del PD-Partito Democratico, che (sulla sferza di
alcuni valorosi: Vassallo, Tocci, Ghizzoni) si è, alla fine, reso conto che quella
distinzione (del Governo) tra "norme ordinamentali" (subito) e "norme
finanziarie" (dopo) era in realtà un trucco per dimezzare l'università pubblica. |
Nino Luciani, Anche noi... per la riforma, non per la controriforma Gelmini.
In queste settimane, in seguito alle manifestazioni degli studenti,
i mass media si sono accorti del malessere dell'universita' e, come era naturale, anche la
Ministra è stata invitata a chiarire la propria posiziobe, direttamente
in faccia alle famiglie.
Devo dire che la Ministra è riuscita a convincere le casalinghe
ignare. "Non va bene - hanno detto - che si sprechi il danaro pubblico... Si fanno
lezioni con 5-10 studenti, troppo pochi ... Ci sono oltre 5.000 lauree ... sono troppe
.... Ci sono concorsi truccati ... vincono il posto i parenti, gli amici dei membri
della Commissione. Non va bene ... ".
Francamente, è da anni e anni che le associazioni e i sindacati
universitari denunciano queste "deviazioni" e chiedono interventi, sempre
distinguendo i fatti singoli, dalla situazione generale.
E, invece, la Ministra (che è al Miur per eseguire gli ordini
di Berlusconi) anzichè risolvere questi problemi, li ha usati strumentalmente per
dimezzare l'università pubblica e abolire i concorsi.
Nulla v'è nel suo DDL per eliminare queste falle.
Non solo questo. Messa alle strette, è stata soccorsa da Tremonti con
800 milioni (1,7 necessari) per il FFO-Fondo di finanziamento ordinario delle università.
Ma poi, in seguito a dubbi da più parti in Aula durante la discussione,
il VicePresidente della Commissione Bilancio, on. Luca Galletti chiariva che
"i soldi c'erano nel senso che un pari introito era atteso dalla vendita di frequenze
TV, ma che la cifra probaile sara' minore".
Non solo questo. L'art. 12 del DDL rifinanzia le università
private (in prospettiva, anche università telematiche aventi i requisiti, in corso di
definizione ministeriale).
Precisamente esso dispone che:
- "una quota non superiore al 20 per cento (nel testo del Senato, la
percentuale era 10%) dellammontare complessivo dei contributi di cui alla legge 29
luglio 1991, n. 243, relativi alle università non statali legalmente riconosciute, con
progressivi incrementi negli anni successivi"....;
- e che "le previsioni di cui al presente articolo non si applicano alle
università telematiche ad eccezione di quelle, individuate con decreto del Ministro,
sentita lANVUR e, nelle more della sua costituzione, con il parere del Comitato
nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNVSU), che rispettino i criteri
di cui al comma 1.
A questo proposito, va forse notato che:
- nel corso del dibattito in aula, l'on. Tocci aveva chiesto alla Ministra
(che, pero' non ha risposto) se intendeva persistere nell'emanare il regolamento sulle
universita' telematiche (con riconoscimento di esse come "università non statali, di
cui una è il CEPU, pro-quota, di Berlusconi);
- e che la Ministra, in una nota sul corriere della sera, del 14 ottobre, risultava
essere preoccupata del modo negativo come dette università operavano (mio riassunto), per
cui era divenuto urgente emanare il regolamento medesimo, in attuazione della legge
finanziaria del 2003, non ancora varato.
Ciò ricordato, si deve considerare che, in generale in altri Paesi, e
forse anche in Italia prima o poi, le università telematiche sono le università del
domani.
E' anche un fatto che la CRUI, in passato, ha molto contrastato queste
università.
Ma è anche un fatto che aprire oggi la strada ad un loro inserimento nel novero
delle universita' non statali (con finanziamento statale, sia pure dopo la loro
rigenerazione qualitativa) mi pare una abnormità, perchè contestuale al dimezzamento
dell'università pubblica, confermato nel DDL, e già in corso da anni, da parte dei
governi Berlusconi. Nino Luciani
|
Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari
L'ennesima occasione
sfumata |
Marco Merafina
Coordinatore naz.le
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Abbiamo perso una grande occasione di fare una vera riforma. Lo
stato, in cui versava e versa l'Universita' italiana, era ed e' tale da rendere
indispensabile una riforma del sistema universitario.
Dal sottofinanziamento cronico del sistema, ai problemi che coinvolgono in
modo trasversale tutte le componenti universitarie, dal diritto allo studio al problema
del precariato, dall'irrisolto problema dello stato giuridico dei ricercatori e del
conseguente mancato riconoscimento del ruolo docente a quello di una governance sempre
piu' autoritaria e affare di "pochi", sono tutte problematiche che avrebbero
dovuto suggerire una riforma con ben altri contenuti.
Ci ritroviamo invece peggio di prima, con una miriade di adempimenti
regolamentari che renderanno la riforma appena approvata alla Camera pressoche'
impossibile da attuare, con in piu' l'impossibilita' a svolgere quei concorsi tanto
sbandierati dal ministro e comunque in quantita' talmente irrisoria che risulterebbero
inutili a risolvere il problema dell'assunzione dei giovani e dei precari e sarebbero del
tutto insufficienti anche per le progressioni di carriera dei ricercatori attuali.
La comunita' degli universitari, dagli studenti ai professori si e'
accorta, anche se con tempistiche diverse, delle criticita' del DDL ed montata una
protesta sempre piu' diffusa a dispetto delle rassicurazioni della CRUI, sempre piu'
distante dal mondo universitario che pretende, a torto, di voler rappresentare e
dell'indifferenza del Governo, arroccato ottusamente su tali rassicurazioni e sulle
opinioni di una minoranza di benpensanti.
Le recenti iniziative di protesta, benche' magnifiche per lo spirito di
iniziativa e l'abnegazione di tanti colleghi ricercatori e tanti studenti, non avrebbero
pero' mai potuto ottenere altro che grande visibilita' mediatica per porre al centro
dell'attenzione i problemi dell'Universita' e della ricerca, perche' cio' che si
prefiggevano oltre a questo, e cioe' il ritiro del provvedimento, non si sarebbe mai
potuto ottenere in quel modo.
Sappiamo tutti infatti come tali azioni inducano questa maggioranza a
chiudersi sempre piu' in un arrogante isolamento finalizzato solo all'ottenimento
dell'obiettivo a dispetto dei manifestanti.
Tuttavia quello che e' successo e sta succedendo ha una portata
storica: una protesta di simili dimensioni e con tali modalita' non si era vista da
chissa' quanto tempo e ormai tutto non potra' essere piu' come prima.
Se ne sono accorti quasi tutti, meno la maggioranza di Governo che
continua, con la consueta miopia, a parlare di manifestazioni di minoranze ispirate dalla
sinistra.
Proprio per questo anche i ricercatori dovranno continuare nella
protesta, anche oltre l'eventuale approvazione della riforma. Il problema, purtroppo, e'
che tale DDL e' sponsorizzato dai cosiddetti poteri forti: la Confindustria, interessata
ad entrare nei governi degli atenei, e il baronato rappresentato dalla CRUI, interessata
piu' alla propagazione del potere di governo dei rettori, che alle vicende reali del
sistema universitario.
L'unica possibilita' poteva essere quella di coagulare il consenso su
qualche emendamento indigesto al ministro per costringerlo a ritirare il provvedimento o
accettare qualche misura realmente migliorativa.
Se il 14 dicembre il Governo sara' sfiduciato dalla Camera dei
Deputati, il provvedimento avra' molte chances di essere ritirato e avremo forse evitato
questa ulteriore catastrofe per l'Universita', ma sara' comunque una sconfitta per tutti.
Dovremo in ogni caso chiederci: a quando un vero provvedimento sul
sistema universitario che risolva realmente i problemi da troppi anni sul tappeto?
Troppi Governi hanno mancato l'obiettivo e le speranze si
affievoliscono man mano che passano gli anni.
E la risposta e' sempre la stessa: abbiamo perso l'ennesima occasione
di riformare il sistema universitario.
Marco Merafina e Annalisa Monaco |
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LETTERA APERTA ALL'On.le Gianfranco FINI
Presidente di FLI - Futuro e Libertà
Oggetto: giovedi' 2 dic. 2010, voto finale alla Camera, per
riforma Gelmini, DDL C 3687
On.le Fini,
e ' di ieri la sua dichiarazione che il gruppo FLI votera' a favore
della riforma Gelmini, in quanto considerata "una delle migliori riforme" del
Governo Berlusconi.
Personalmente do atto che, al Senato, il Sen. Giuseppe
Valditara, oggi nel FLI, professore ordinario, ha migliorato il DDL su due punti
significativi:
- ha fatto istituire il Fondo per il merito ai professori (anziche'
miglioramenti retributivi per anzianita');
- ha esteso la possibilita' della chiamata diretta (a prof. associato)
dei Ricercatori a tempo indeterminato, che abbiano conseguito l'abilitazione scientifica
nazionale (pur se dimentico che i promossi, piu' anziani, dovrebbero accettare una minore
retribuzione per un determinato numero di anni, cosa che li ha gia' indotti a rifiutare la
promozione).
Restano, pero', nel DDL fondamentali criticita', a danno
della universita' pubblica e del diritto allo studio, che tolgono valenza a quelle
innovazioni, a parte le discussioni sul cosiddetto "potere baronale"
(giustificate circa gli abusi nei concorsi, anzi con eccessi per quantita' nel 1980-98 ai
danni di una intera generazione di professori associati, anche per colpa dei Governi di
allora perche' ci furono solo 3, dei 9 concorsi allora programmati. Ma diciamo anche che,
a causa dell'attuale blocco del turnover, lo stesso spettro e' di nuovo nei fatti).
I motivi delle criticita' del DDL sono:
1) il numero dei professori di ruolo sara' dimezzato a 30.000, in luogo dei
60.000 attuali. Infatti saranno tolti 26.000 ricercatori di ruolo, e non ci sara' il
turnover per 5-10.000 professori, dopo i pensionamenti per limiti di eta'. Invece gli
studenti rimarranno 1.800.000, un numero impossibile da soddisfare, per cui si dovra'
provvedere con personale precario sotto pagato, e (forse) una parte degli studenti dovra'
bussare alla porta di universita' private.
Osservo che il dimezzamento del numero dei docenti di ruolo, comporta il
raddoppio del biasimato potere baronale dei prof. ordinari nei confronti della massa dei
docenti precari;
2) ci saranno degli esami nazionali di abilitazione scientifica a
lista aperta, ma saranno aboliti i concorsi per la copertura dei posti, fino a poco fa con
commissioni giudicatrici di 5 membri ("un" membro interno e 4 votati dal gruppo
scientifico nazionale, una modalita' da cui erano originati gli scandali, perche' i voti
erano concordati sottobanco).
Abolendo i concorsi, gli scandali scompariranno in apparenza, ma tutto
peggiorera' , perche' il potere baronale non avra' piu' alcun limite, neppure il pudore di
potersi dire membro eletto di commissione, perche' votato.
Invece si doveva semplicemente mantenere i concorsi, ma con commissioni
sorteggiate.
3) In coerenza col proposito di ridimensionare l'universita'
pubblica, ne sara' ridotto il finanziamento e, per garantire il risultato, sara'
accresciuta la centralizzazione del controllo.
a) Ahime', su questo punto il governo è incappato in una serie di brutte
figure.
- la prima e' che erano state inserite le norme finanziarie, su richiesta di
alcune persone molto serie della "maggioranza" (l'on. V. Aprea, Presidente della
Commissione Cultura e l'on. Frassinetti, Relatrice del DDL), ma poi depennate;
- la seconda e' che il governo aveva detto di aver trovato 800 milioni
(di 1,7 milioni necessari) e la Ministra l'aveva riaffermato in aula, mentre esplodevano
le manifestazioni di piazza. Ma poi, sempre in Aula, di seguito ai dubbi, il
VicePresidente della Comm.ne Bilancio, On. L. Galletti, chiariva che gli 800 milioni
c'erano nel senso che un pari introito era atteso dalla futura vendita di frequenze TV, e
dunque che la cifra ancora non c'era', e probabilmente sara' molto minore.
b) Per una idea del FFO per il 2011, ricordo che nel 2007 (ultimo anno
del governo Prodi) il preventivo di spesa statale (in conto corrente e in conto capitale)
era stato di 490,3 miliardi, di cui 6,9 per il FFO alle universita'. Nel preventivo 2011
(pur tenuto conto della crisi economica generale) la cifra totale è di 486,6, mentre il
FFO è previsto in ribasso. Dunque, parrebbe che l'ostacolo principale per il FFO alle
universita' venga dalle priorita', che il governo da' ad altre voci di spesa.
c) C'e' dell'altro. Non solo il Governo nega i fondi alle
universita', ma anche impedisce a loro di trovarli sul mercato, in quanto non modifica la
legge esistente, per cui i contributi studenteschi "non possono superare il 20% del
FFO" e, dunque, calando il FFO, dovrebbero addirittura calare (in proporzione)
anche i contributi studenteschi.
Penso che l'entita' del finanziamento dovrebbe dipendere da entrate certe,
seguendo lo stesso criterio, applicato per il federalismo fiscale. Precisamente:
- lo Stato dovrebbe pagare le universita' in base al costo standard per
studente, non secondo le bizzarrie dei ministri;
- le universita' dovrebbero poter determinare i contributi studenteschi, per
sanare l'eventuale parte scoperta del bilancio.
Va evidenziato che questo sistema lascia, tuttavia, scoperto l'aiuto agli
studenti bisognosi e meritevoli. Il rimedio e' istituire un Fondo statale ad hoc.
Cordialita'. Nino Luciani
Bologna 28 nov. 2010
* SUN - Sindacato Nazionale Universitario, la "assemblea permanente on
line"
** Prof. Ordinario di scienza delle finanze
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LETTERA APERTA AI DEPUTATI
On.li Deputati,
avevate sospeso l'esame del PDL in attesa di copertura finanziaria, come proposto
dalla Commissione Cultura, il solo modo di dare un senso alla riforma e una risposta ai
Ricercatori. Ma oggi il PDL torna a voi, con depennate le norme di copertura.
Questo vuol dire che vi sara' chiesto di "decidere senza decidere". Per
la dignita' del Parlamento, il Paese non sopporterebbe un Parlamento che "decide di
rinviare ad una seconda decisione", che forse mai piu' verra.
In sede di legge di stabilita', avete assegnato 800 milioni al FFO
Fondo di Finanziamento Ordinario delle Universita', pur se il minimo necessario e' di 1,4
miliardi. Non e' poco.
Ma forse va messo sul piatto che le riforme didattiche degli scorsi anni
(forsanche troppe lauree
, e forse troppe sedi, sotto la pressione delle
Regioni e degli enti locali) sono state gravate sulle spalle dei professori di ruolo e del
grande precariato (55.000 persone) e sugli enti locali, non sul bilancio dello Stato
(come, invece, la Ministra aveva detto in Senato il 29 luglio u.s.).
Quanto detto in Senato il 29 luglio (che "i professori hanno dilapidato
il denaro pubblico") e' stata una ingiusta infamia.
Perche' questo eccesso ?
Vi ricordo che da anni ormai, il FFO gira intorno a 7 miliardi
lanno, ma anche (anzi soprattutto) che nel 2002 (anno delle prime turbolenze
didattiche) il FFO fu di 6,2 miliardi e che in quegli anni scoppio la grande
inflazione, a causa dellEuro, che dimezzo' il potere dacquisto del reddito
fisso (lavoro dipendente e pensionati, in generale). Questo vuol
dire che il FFO, se fosse riportato in termini reali a quello del 2002, dovrebbe essere di
12 miliardi.
On.li Deputati, oltre l'infamia in Senato, sui prof è gravata anche la
beffa: infatti, poiche' il FFO serve a pagare il personale, la retribuzione reale dei
professori e' oggi la meta' di quella del 2002, a parte un piccolo recupero, grazie ad
alcuni meccanismi. Tra l'altro so di un caro amico della scuola media che, andato in
pensione in quegli anni con una pensione "sufficiente", dopo quell'inflazione è
caduto in miseria: non arriva a fine mese.
Non solo questo: nel PDL rimangono criticita' normative che
lo fanno una controriforma. Ne ricordo alcune:
1) Secondo lart. 97 della Costituzione, il reclutamento dei professori
deve farsi per concorso. Invece il PDL abolisce i concorsi, perche "burocratici
e lunghi" (parole della Ministra in Senato il 29 luglio u.s.). Per evitare scandali e
accelerare le procedure, serviva solo fare le commissioni giudicatrici con sorteggio;
2) il blocco del turnover, fin dai tempi della Moratti-Ministro (mentre un gran
numero di professori sta andando in pensione) ha gia' determinato la perdita, e per
sempre, di parte del sapere accumulato, a causa della interruzione dei rapporti diretti
tra i maestri e i successori;
3) il FFO rimarrà deciso in base alla bizzarrie dei ministri del Tesoro, invece
che (come da noi proposto) in base al costo standard per studente (come per il federalismo
fiscale). Il controllo della Corte dei Conti sulle università non sara' sul bilancio
preventivo (ma ancora su quello consuntivo, che e' tardivo per il controllo della spesa
tardi ...);
4) Anticipando labolizione del ruolo dei ricercatori a tempo indeterminato
(26.000 persone), il personale di ruolo delle universita viene dimezzato.
Sia chiaro che in Italia i prof non sono troppi: i docenti di ruolo sono
60.000 e gli studenti sono 1.800.000. Questo vuol
dire che ce' un docente di ruolo ogni 30 studenti. Il recente DPEF del Governo (pag.
37 dellAllegato) ricorda che nei
Paesi OCSE ce un professore ogni 15,8 studenti.
Perche' dire una cosa e fare un'altra cosa ?
On.li Deputati,
la persistenza di queste criticita', pur dopo i contributi propositivi
del mondo universitario (lasciati cadere), indica una
precisa scelta del governo per una parziale demolizione delluniversita'
pubblica.
Il Governo vi propone questa scelta, pur se in una Italia
"dualistica", che ancora richiede un forte impegno pubblico per la formazione
della classe dirigente e per la ricerca, uniformemente nel Paese.
On.li Deputati,
per cambiare ..., forse e' il caso di rinviare le vostre decisioni a miglior tempo.
Bologna 21 nov. 2010
Nino Luciani
Allegati:
- il Documento dei Sindacati del 12 nov. u.s.,
- il "Contratto con gli Italiani" di Berlusconi, in cui si
impegnava di dare l'autonomia all'università.
________________________________________________________________________________________________
* SUN - Sindacato Nazionale Universitario, "l'assemblea permanente on line".
** Prof. Ordinario di scienza delle finanze
ADI, ADU, AND,
ANDU, AURI, CISL-Università, CNRU, CNU, CSA-CISAL Università, FLC-CGIL,
LINK-Coordinamento Universitario, RDB-USB, RETE 29 APRILE, SNALS-Docenti
Università,
SUN, UDU, UGL-Università e Ricerca, UILPA-UR
Roma, 12 novembre 2010
La ripresa dell'iter parlamentare del Disegno di legge sull'Università, che
sarà discusso a partire dal 19 novembre p.v. dall'Aula della Camera, impedisce quanto
auspicato dal mondo universitario e, in particolare, da queste Organizzazioni che avevano
chiesto "al Governo e al Parlamento di aprire finalmente un serio e ampio confronto
con l'Università". Riaprire una discussione pubblica sull'università italiana e
sulle sue reali necessità resta indispensabile.
Il finanziamento annunciato dal Governo, assolutamente insufficiente anche solo
a compensare i tagli già decisi per l'Università, conferma che non si intende ancora
investire seriamente nella ricerca e nell'alta formazione, come invece avviene negli altri
Paesi; una scelta questa indispensabile per il rilancio culturale ed economico del nostro
Paese.
Con questo finto finanziamento aggiuntivo si vuole in realtà preparare il
terreno all'approvazione immediata di un Disegno di legge che rappresenta un attacco al
Sistema nazionale dell'Università pubblica.
Le Organizzazioni universitarie ritengono indispensabile e urgente una vera
riforma che preveda:
- di rendere più autonomi e più democratici gli Atenei, con la partecipazione
di tutte le componenti alla loro gestione;
- l'aumento dei docenti di ruolo, risolvendo il problema del precariato (prevedendo
un'unica figura pre-ruolo) e prevedendo per gli attuali precari reali prospettive di
accesso alla docenza;
- il riconoscimento ai ricercatori del ruolo docente effettivamente svolto;
- la valorizzazione della figura dell'associato;
- la valorizzazione del ruolo del personale tecnico-amministrativo;
- un vero diritto allo studio che tenga anche adeguatamente conto delle condizioni
economiche degli studenti;
- il ripristino, anzi l'aumento, delle risorse per il funzionamento di una
Università riformata, che consenta a tutti gli Atenei di svolgere ricerca e insegnamento
di qualità.
Si ribadisce l'invito a tutte le componenti universitarie a continuare e a
intensificare la mobilitazione a sostegno dell'Università pubblica. |
Silvio.
Berlusconi : Contratto con gli Italiani, Legislatura 2002-06,
"Piano del Governo per unintera legislatura STRALCIO:
" 4.2 UNIVERSITA' . Una Università di livello pari a quello delle nazioni più
avanzate è indispensabile per il progresso morale e culturale del Paese ed è
indispensabile per il suo sviluppo economico.
Non si può pensare di avere un'economia competitiva, nel mondo della globalizzazione,
senza una Università che, oltre a trasmettere il sapere, produca ricerca e ricercatori ad
altissimo livello, e che sia pienamente raccordata con il mondo delle imprese.
È necessaria una riforma organica dell'Università e della ricerca scientifica, basata
sulle seguenti linee fondamentali:
1) Abolizione della riforma Zecchino sullo stato giuridico dei docenti, che distrugge il principio
dell'autonomia universitaria, mortifica le professionalità ed i meriti,
disincentiva la ricerca, appiattisce le retribuzioni, taglia i legami tra
le Università e le imprese.
2) Sponsorizzazione delle Università da parte delle Fondazioni bancarie e altre
istituzioni.
Occorre promuovere un tavolo di concertazione fra Università e Fondazioni di origine
bancaria affinché una parte delle loro risorse finanziarie sia finalizzata al
finanziamento di programmi di ricerca scientifica.
3) Attuazione di un nuovo stato giuridico delle Università con il riconoscimento di una
precisa autonomia. Allo Stato deve restare la funzione di stabilire alcuni principi
normativi di base, che garantiscano sia un sufficiente grado di uniformità su tutto il
territorio nazionale, sia il rispetto delle legittime prerogative normative ed economiche
delle quali tradizionalmente godono i docenti, e che sono il fondamento della libertà
accademica.
4) Riconoscimento di un ruolo molto più ampio di quanto non sia oggi alle singole
Università nelle decisioni sul riordino della struttura delle lauree, riducendo il
compito del MURST allo stabilimento delle linee generali. |
|
|
|
Gelmini, e riforma universitaria, a rischio naufragio alla Camera,
ma (si intuisce) non solo per la indisponibilità immediata di fondi ...
TUTTO RINVIATO A DICEMBRE |
Valentina Aprea
Presidente Commissione Cultura
|
I fatti di rilievo:
1) TREMONTI, messo alle strette dalla
Commissione Cultura della Camera,
oppone il gran rifiuto: "Non pago"
2) Il
Gruppo dei finiani ( FLI, C. Barbaro ) ha
proposto importanti emendamenti finanziari
e infine un o.d.g. in Aula che "impegna il Governo a
raggiungere con maggiore efficacia gli obiettivi individuati dalla
Riforma |
On.Avv.Barbaro |
|
Paola Frassinetti,
Avvocato, Relatrice del PDL
|
NOTA. Si intuisce che il "rischio naufragio"
nasce sia dalla indisponibilità immediata di fondi, sia
dal "non senso" (per il Governo) sostenere a oltranza una riforma
dell'università, respinta dai professori e dagli studenti.
Ma, tuttora, il Ministro Gelmini sembra "non cogliere" la
duplicità della motivazione. Per questo serve un supplemento
di riflessione sul sistema finanziario, da cambiare radicalmente (perchè quello
riproposto sarà ulteriormente peggiorativo degli stessi mali), e su quanto di conseguenza
su Governance, Stato giuridico, Diritto allo studio.
Peggio, la Ministra appare tuttora non dotata di uno
staff che ben la sorregga, al Ministero dell'università. Peggio, il progetto appare
supportato da ambienti amore-odio con l'università, che hanno i loro motivi, ma spesso
fuori orbita circa le cause (leggo giornalmente "Il Sole-24 ORE"). L'
università l'hanno fatta i professori, nel corso di secoli. Lasciamo che siano i
professori, che l'amano e che ci vivono, a indicare la via .... .
Questa riforma è anche lontana dal "contratto con gli
italiani", di Berlusconi, del 2002, che si era impegnato per l'autonomia, da
intendere (ex-art. 33 della Costituzione) non come "autonomia di spesa", ma
come "autonomia di entrate proprie", da cui far discendere la "autonomia di
spesa". Come farlo, lo spieghiamo più sotto (clicca su: schema). |
Antonio Ruberti, già Rettore
di Roma "La Sapienza"
|
Le ragioni della attuale Ministra Gelmini
contro l'autonomia alle università
mentre Roma "La Sapienza" (13 ott. 2010)
commemora A. Ruberti, il Ministro già Rettore,
che ha dato l'autonomia alle università,
Partiamo dalle dichiarazioni della Ministra alla Camera. Seguono il contributo
dei "Finiani", il "contratto con gli
italiani" di Berlusconi, il documento dei sindacati
universitari. |
Mariastella Gelmini
Avv. di Diritto Ammnistrativo
Ministro Università
|
GELMINI, ministro
dell'istruzione, della università e della ricerca. Riforma
dell'università.
Commissione Cultura, CAMERA. (Stralci dal discorso pronunciato in Commissione il 30 sett. 2010) |
Nino Luciani*, OSSERVAZIONI
in tema di autonomia finanziaria
* Ordinario di Scienza delle Finanze |
.......
" Il disegno di legge è frutto infatti della concertazione con il mondo
universitario, le forze di opposizione e i soggetti che rappresentano il settore della
competitività. In particolare, è stata coinvolta la Confindustria e anche le regioni per
quel che riguarda il diritto allo studio". |
1.- Circa la concertazione con il mondo universitario, i sindacati e associazioni
culturali universitarie sono state invitate al Miur due volte per scambi
"unilaterali" generici.
Valga per chiarimento il Documento dei sindacati, sotto riportato. Clicca su: Documento intersindacale |
........
" L'autonomia ha portato ad abusi ed eccessi, ma non per questo, certo, va
abbandonata. Ritiene infatti che il provvedimento in esame contempli un buon grado di
autonomia con uno di responsabilità, prevedendo tra l'altro, all'articolo 1, comma 2, una
clausola di progressiva liberalizzazione delle norme in materia, man mano che le
università dimostrano di essere ben gestite. Rileva inoltre che il provvedimento è stato
accusato di dirigismo, accusa facile, ma ingiusta. In futuro poi la forza della
valutazione e il suo impatto pervasivo sui comportamenti dei singoli e delle istituzioni
consentiranno di abbandonare molte delle regole che previste dal provvedimento. Ritiene
però che i tempi per la rivoluzione indicata non siano ancora maturi."... |
2.- L'autonomia, a cui la Gelmini si riferisce, è l'autonomia di spesa. Invece
l'autonomia, di cui all'art. 33 della Costituzione, è quella di entrata. E', questa,
quella "buona".
In merito al requisito della maturità delle Università, come condizione per
dare loro la "autonomia di spesa", il suo ragionamento ha un suo fondamento, se
è di una brava mammina nei confronti dei bimbi piccoli.
Le università sono, invece, istituzioni, alcune millenarie.
La storia dei Comuni è molto significativa per un esatto inquadramento della
natura del problema delle disfunzioni finanziarie degli enti pubblici. I Comuni hanno
speso con sobrietà quando la spesa dipendeva solo dal potere fiscale locale: perchè, per
potere spendere, dovevano convincere i |
loro cittadini sulla utilità della spesa in confronto
alle imposte comunali.
Invece, nei periodi in cui Comuni dipendevano interamente dal finanziamento
statale, hanno speso senza limiti, e in particolare quando lo Stato pagava a piè di
lista. Un caso di eccesso si ebbe dal 1972 al 1977, quando, in seguito alla riforma
tributaria, i Comuni furono privati di ogni potere fiscale e, in attesa della
ricostruzione di una "finanza locale", lo Stato si impegnò a finanziarli al
costo storico.
Il primo effetto fu una prima onda di espansione della spesa. In quel periodo
ci fu anche l'esplosione dell'inflazione, per cui neppure il finanziamento del costo
storico non poteva più valere come criterio di riferimento, volendo salvaguardare i
servizi. A quel punto, i Comuni ricorsero anche massicciamente al credito, e lo Stato non
potè che pagare a piè di lista.
Il fenomeno fu arginato nel 1977, col Decreto Stammati, che stabilì
l'obbligo del pareggio del bilancio (ad un livello aggiornato di spesa totale) e la
graduale restituzione, a loro, del potere fiscale.
Con gli attuali Decreti sul federalismo, i Comuni avranno una
ulteriore maggiore responsabilita' fiscale, e il finanziamento statale sara' in base al
costo standard. Perch'e' tanta saggezza dello Stato verso gli enti locali, e invece tanta
superficialita' verso le universita' ?3.- Nel caso delle
università proveniamo da un lungo periodo di finanziamento centrale, con pagamento a piè
di lista, seguìto dalle frenate dall'alto di questi anni (questo vale per il FFO, ma
anche per i contributi studenteschi, perchè per legge non possono superare il 20% del
FFO.
Con la riforma Gelmini il finanziamento centrale viene arricchito di lacci e
lacciuoli e controlli vari ministeriali.
Questo sistema potrebbe funzionare solo se si andasse, coerentemente, fino in
fondo: che il direttore amministrativo locale delle università fosse nominato dal
Ministero della Università, e conseguentemente il Rettore divenisse un organo tecnico
didattico e di ricerca, di cui si vale il direttore amministrativo.
Questo, pero', e' la revoca totale della autonomia, un ritorno al tempo
precedente la riforma Ruberti del 1989. |
4.- Uno schema
che, invece, sia coerente con l'autonomia e funzioni è il seguente:
a) Il presupposto è che le università facciano i loro bilanci in base agli obiettivi e
determinino la "retta scolastica", in base ai costi, come farebbe una scuola
privata, salvo tener conto che l'università ha una rilevanza pubblica.
b) Lo Stato, come un normale consumatore, calcola a parte il costo standard nazionale,
pagabile per studente, moltiplicato per il numero degli studenti. Il risultato del calcolo
è il nuovo FFO offerto dallo Stato alle università;
c) Le università determinano, infine, i contributi studenteschi, ai fini del pareggio del
bilancio, relativamente alla parte eventualmente non coperta dallo Stato.
e) siano previste deroghe per le università, site in aree depresse (ossia che ci sia per
queste un supplemento di FFO, sia pur transitorio);
f) siano fiscalmente deducibili i finanziamenti privati alle università;
g) sia introdotto il controllo della Corte dei Conti sui bilanci preventivi (su quelli
consutivi c'è già, ma è tardivo).
i) in prima attuazione, e per alcuni anni, lo Stato garantisca alle università un FFO non
inferiore a quello attribuito in base alla legge previgente.
Nota. In questo schema rimane irrisolto il problema importantissimo della
sovvenzione degli studenti bisognosi e meritevoli, ex-art. 34 della Costituzione. Esso
però va risolto. In teoria, esso può essere affrontato per due vie:
1.- Lo Stato crea un apposito Fondo presso il Miur. ( In questo caso, il
costo è carico di tutti i contribuenti);
2.- Lo Stato vincola le Università a provvedere, come tuttora. (In questo
caso, il costo è carico degli studenti paganti, nel senso che i contributi a loro carico
aumentano). Questa via è, però, troppo restrittiva del "diritto allo studio"
per tutti. |
|
Dal Gruppo FLI - Futuro e Libertà
Ordine del
giorno proposto
in Aula alla Camera
La Camera,
premesso che il Disegno di Legge 3687, recante norme in materia di organizzazione delle
Università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per
incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario, mira a riformare
l'Università italiana attraverso interventi diretti a modificarne gli assetti di
governance e di gestione finanziaria. Anche a seguito dell'iter di Commissione, che ha
prodotto un positivo confronto tra le diverse sensibilità e posizioni politiche, molti
aspetti della riforma che suscitano maggiore apprensione tra le categorie direttamente
interessate, risultano invariati. Soprattutto in riferimento alle esigenze di ricerca e al
suo reale e complessivo potenziamento, ai rischi di acutizzare il precariato tra il
personale docente e il ridimensionamento dell'autonomia degli Atenei.
Impegna il Governo
a valutare l'opportunità di individuare, al fine di raggiungere
con maggiore efficacia gli obiettivi individuati dalla Riforma, misure
idonee nell'ambito di quelle già in corso di approvazione, per ridurre serie ricadute
negative per tutto il sistema universitario. F.to Claudio
Barbaro
Emendamenti
al PDL C 3687
Art. 2, emendamento 2.85 (BARBARO, DI BIAGIO):
Al comma 1, lettera f), dopo le parole "una rappresentanza elettiva degli
studenti", aggiungere: ", dei ricercatori a tempo
indeterminato, dei professori associati, dei professori ordinari e del personale tecnico
amministrativo". ( Queste categorie, escluse dal CdA, sono recuperate per il Senato
Accademivo. - NdR.)
Art. 4, emendamento 4.15 (BARBARO,
DALLA VEDOVA, DI BIAGIO):
Al comma 7, alla lettera a) aggiungere le seguenti parole:
a partire dal 2012, tali versamenti sono deducibili dallimposta
sul reddito gravante sul donatore nella misura dell80 per cento; agli oneri
derivanti dalle disposizioni della presente lettera, pari a 50 milioni di euro annui, si
provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per lanno 2012, dello
stanziamento del Fondo speciale di parte corrente, iscritto, ai fini del bilancio
triennale 2010-2012, nellambito del Programma Fondi di riserva e
speciali della Missione Fondi da Ripartire dello stato di previsione del
Ministero dellEconomia e delle Finanze per lanno 2010, allo scopo parzialmente
utilizzando laccantonamento relativo al Ministero dellIstruzione,
dellUniversità e della Ricerca.(Accolto dalla Commissione. Sono defiscalizzati i
finanziamenti privati alle universita' - NdR)
Art. 5, emendamento 5.10 (BARBARO, DALLA VEDOVA, DI BIAGIO)
Al comma 6, dopo la lettera f), aggiungere la seguente:
"f-bis) abolizione del limite di cui all'articolo 5, comma 1, del Decreto del
Presidente della Repubblica 25 luglio 1997, n. 306, in materia di contribuzione
studentesca, e previsione di meccanismi di esenzione e agevolazione in favore degli
studenti meritevoli e bisognosi, secondo i principi dell'articolo 34 della
Costituzione".(Le università divengono libere di fissare i contributi studenteschi.
NdR)
Art. 8, emendamento 8.3 (BARBARO, DI BIAGIO):)
Al comma 3, lettera b), dopo le parole "trattamento iniziale" aggiungere
le seguenti:
" e sostituzione delle attuali tre progressioni di carriera rispettivamente:
dei ricercatori tempo indeterminato, dei professori associati, dei professori ordinari,
con progressione di carriera unica. Al docente in sede di inquadramento in fascia
superiore è attribuito il livello di retribuzione immediatamente superiore a quello di
provenienza". |
Silvio.
Berlusconi : Contratto con gli Italiani, Legislatura 2002-06,
"Piano del Governo per unintera legislatura
STRALCIO:
" 4.2 UNIVERSITA' . Una Università di livello pari a quello delle nazioni più
avanzate è indispensabile per il progresso morale e culturale del Paese ed è
indispensabile per il suo sviluppo economico.
Non si può pensare di avere un'economia competitiva, nel mondo della globalizzazione,
senza una Università che, oltre a trasmettere il sapere, produca ricerca e ricercatori ad
altissimo livello, e che sia pienamente raccordata con il mondo delle imprese.
È necessaria una riforma organica dell'Università e della ricerca scientifica, basata
sulle seguenti linee fondamentali:
1) Abolizione della riforma Zecchino sullo stato giuridico dei docenti, che distrugge il principio
dell'autonomia universitaria, mortifica le professionalità ed i meriti,
disincentiva la ricerca, appiattisce le retribuzioni, taglia i legami tra
le Università e le imprese.
2) Sponsorizzazione delle Università da parte delle Fondazioni bancarie e altre
istituzioni.
Occorre promuovere un tavolo di concertazione fra Università e Fondazioni di origine
bancaria affinché una parte delle loro risorse finanziarie sia finalizzata al
finanziamento di programmi di ricerca scientifica.
3) Attuazione di un nuovo stato giuridico delle Università con il riconoscimento di una
precisa autonomia. Allo Stato deve restare la funzione di stabilire alcuni principi
normativi di base, che garantiscano sia un sufficiente grado di uniformità su tutto il
territorio nazionale, sia il rispetto delle legittime prerogative normative ed economiche
delle quali tradizionalmente godono i docenti, e che sono il fondamento della libertà
accademica.
4) Riconoscimento di un ruolo molto più ampio di quanto non sia oggi alle singole
Università nelle decisioni sul riordino della struttura delle lauree, riducendo il
compito del MURST allo stabilimento delle linee generali. |
Documento
intersindacale,
Roma, 11 ottobre 2010
ADI, ADU, ANDU, CISAL, CISL-Università, CNRU,
CNU,
FLC-CGIL, LINK-Coordinamento Universitario, RDB-USB,
RETE 29 APRILE, SNALS-Docenti Università, SUN,
UDU, UGL-Università e Ricerca, UILPA-UR
Anche il testo del DDL approvato dalla Commissione Cultura della Camera non
accoglie nessuna delle principali proposte di modifica avanzate dalle Organizzazioni
universitarie e dal movimento di protesta che sta sempre più coinvolgendo tutto il mondo
universitario (professori, ricercatori, precari, tecnico-amministrativi, studenti).
Al contrario, risulta confermata lintenzione di scardinare il Sistema nazionale
dellUniversità pubblica, attraverso;
1.- la drastica riduzione delle risorse e lulteriore divaricazione fra pochi Atenei
eccellenti e tutti gli altri;
2.- la scarsa considerazione delle esigenze della ricerca;
3.- il ridimensionamento della già ridotta autonomia degli Atenei;
4.- il drastico ridimensionamento dei docenti di ruolo, con la costituzione di una
base amplissima di precari, senza reali prospettive di accesso alla docenza;
5.- la messa ad esaurimento dei ricercatori, ai quali non si riconosce neppure il ruolo
docente effettivamente svolto;
6.- lo svilimento della figura dellassociato;
7.- il ridimensionamento del ruolo del personale tecnico-amministrativo;
8.- lo snaturamento del diritto allo studio con la delega al Governo e
lintroduzione del Fondo per il Merito che eroga prestiti e premi, sostituendo le
borse, con criteri che non considerano le condizioni economiche degli studenti.
E sempre più evidente che si vuole abbandonare lidea stessa di una
Università pubblica, autonoma, democratica, di qualità e aperta a tutti.
Chiediamo al Governo e al Parlamento un atto di responsabilità: si sospenda liter
del DDL e si apra finalmente un serio e ampio confronto con lUniversità, evitando
di interloquire esclusivamente con chi non la rappresenta e con chi ha linteresse a
monopolizzare la gestione delle risorse pubbliche destinate alla ricerca e allalta
formazione.
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Riforma universitaria - Il
discorso della Gelmini in Senato |
Ministro Gelmini
|
Il discorso integrale della Ministro
Anche i discorsi del sen. P. Amato
(PDL)
e del sen. M. Baldassarri (FLI)
Sotto: Nino Luciani, La Ministra di
Berlusconi
contro i professori ... |
Paolo Amato
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Mario Baldassarri
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NOTA. La scelta del
discorso della Gelmini mi è sembrata essenziale perchè ognuno di noi
abbia il polso della situazione, tale e quale, senza interpretazioni.
Vi ho associato quelli del sen. Amato e del sen. Baldassarri,
pur tra tanti che avrei potuto scegliere.
a) Quella dell'on. Amato, intervenuto tra i primi, è perchè mi è sembrato
emblematico del PDL, lanciato in anticipo, rispetto alla Ministra. Esso si riassume nel
motivare il DDL con la necessità di porre un termine alla dilapidazione delle risorse
pubbliche da parte dei professori universitari e di pagarli (d'ora in poi) solo in base ai
risultati, dopo averli sottoposti a valutazione in base a risultati.
b) Quella del sen. Balsassarri è perchè è un professore
ordinario dell'unversità, emblematico di quei prof gran cassa e amanti di finire sui
giornali, ma poco tempo per l'università. Professionalmente, conoscono i problemi
economici, ma di quelli dell'università si occupano in fretta (pur dicendo anche cose
vere: come sul numero delle sedi), e disgiuntamente da un quadro di riferimento, così da
risultare dannosi alla causa.
c) Per l'opposizione, non ho scelto nulla, in quanto i vari
interventi mi sono sembrati laconicamente sulla ruota della "maggioranza", salvo
su un punto espresso molto chiaramente: la contraddizione del DDL, tra il dire e
il fare, vale dire tra la retta intenzione di premiare il merito
e il "costo zero".
d) Voglio segnalare il sen. Massimo
Livi Bacci (prof. ordinario), persona di elevatissimo pensiero che si è spesa
tenacemente per emendamenti costruttivi, pieno di fiducia nella capacità di intendere e
di volere dell'Aula. E invece ... no. Forse doveva fare come l'asino saggio di Carducci: "Tutto
quel chiasso (della vaporiera ansimante, N.d.R.) ei non degnò d'un guardo, e a brucar
serio e lento seguitò". Massimo, uno scienziato non può andare in
paradiso contro i "santi". NL |
Riforma
dell' Universita'
GELMINI,
ministro dell'istruzione, della università e della ricerca.
SENATO, votazione finale, giovedi 29 luglio 2010.
1.- Ho ascoltato con grande interesse il dibattito sulla riforma universitaria. Si
è compiuta oggi, infatti, una tappa fondamentale del cammino avviato ormai quasi due anni
fa con le linee-guida sull'università cui hanno fatto seguito analisi, dibattiti e
approfondimenti commisurati alla importanza della materia e alla complessità del disegno
di legge. Si tratta infatti di un disegno di riforma organico che per la prima
volta affronta il problema del reclutamento nel contesto di una riforma più generale dei
meccanismi di governo, gestione e organizzazione degli atenei.
La sua forza è proprio l'organicità. Per la prima volta da molti decenni il
Governo e il Parlamento hanno l'occasione di offrire al nostro sistema universitario un modello
compiuto e coerente, disegnato non in base a pregiudizi ideologici o ad
irrealistiche fughe in avanti, ma basato su analisi ampiamente condivise dei problemi
dell'università e maturato dalla consapevolezza che è venuto il momento di dare risposte
concrete ai problemi annosi dell'accademia: penso al tema dell'autonomia, a come
coniugarlo con la responsabilità, ad una programmazione adeguata, ad una politica vera di
diritto allo studio, per citare solo alcuni temi.
Lo ribadisco: cerchiamo di muovere il ragionamento su un tema così delicato, non
da un'ottica squisitamente politica, ma sapendo che l'università è un bene di tutti e la
sua organizzazione deve obbedire ad una logica il più possibile condivisa, anche per
garantire una ragionevole continuità nel tempo delle disposizioni normative.
Diamo allora seguito all'invito del presidente Napolitano, che ringrazio
ancora una volta per la costante attenzione che dedica al mondo dell'università e della
ricerca. Come è stato ricordato poc'anzi dal senatore Rutelli, nel discorso tenuto a
Trieste il 13 luglio il Presidente ha adoperato parole importanti. Ha detto: «Ci sono
alcuni problemi, ci sono alcune scelte che esigono condivisione, perché sono scelte non
di breve ma di medio e lungo periodo, che non possono essere disfatte solo che cambi il
colore di un'amministrazione o di un Governo». Questo credo sia lo spirito con il quale
dobbiamo affrontare oggi la discussione.
2.- La 7a Commissione ha svolto un
grandissimo lavoro e in tal senso voglio ringraziare il presidente Possa, il relatore,
senatore Valditara, e tutti i componenti della Commissione, che hanno partecipato ai
lavori con grande impegno e riservando a questo tema il peso che merita.
Da parte mia ho valutato con attenzione gli emendamenti presentati e intendo
esprimere un parere favorevole su tutti quelli che siano in grado di contribuire a
rafforzare l'impianto riformista e meritocratico del provvedimento. Il nostro sistema
universitario vive - non certo per la prima volta - una fase difficile.
L'analisi dalla quale sono partite le linee guida e le proposte del Governo non
lascia molto spazio all'ottimismo.
Abbiamo di fronte un sistema che, in molti casi, sembra aver perso la
bussola, aver scambiato l'autonomia per licenza; un sistema che troppo spesso ha pensato a
sé stesso e non alle esigenze dell'Italia.
Soprattutto, il prestigio e la considerazione del Paese verso il
mondo universitario sembrano, almeno in parte, offuscati. Troppo spesso le università
occupano le pagine dei giornali più per gli scandali che per le scoperte, mettendo a
rischio la legittimazione stessa di istituzioni che dovrebbero piuttosto essere prese a
modello.
L'amarezza di queste riflessioni è accentuata, non temperata, dalla
constatazione che nei nostri atenei, giorno dopo giorno, operano con impegno e con ottimi
risultati molti professori e ricercatori di alto valore, sinceramente dedicati al
progresso della scienza e al bene comune, e studenti che desiderano acquisire nuove
competenze e strumenti per il loro futuro. È soprattutto a queste persone che abbiamo il
dovere di garantire un futuro all'altezza delle loro aspettative.
Ed è proprio pensando a loro che dobbiamo cogliere questa opportunità di
intervenire con decisione sui problemi dell'università, senza cercare di nasconderne o
sminuirne la portata, ma avanzando soluzioni innovative e, se serve, drastiche.
3.- Vorrei anche sviluppare il tema
dell'autonomia nonché cercare di rispondere ad una critica che viene mossa spesso ad
questo disegno di legge, cioè l'accusa di essere dirigista. È certamente un'accusa
facile, ma a mio modo di vedere ingiusta, perché le nostre università - non possiamo
dimenticarlo - sono enti pubblici gestiti sulla base delle leggi in materia. Tutto va
normato per legge: strutture di governo, diritti e doveri dei professori, meccanismi
concorsuali, diritto allo studio, norme contabili. In questo contesto abbiamo compiuto
ogni sforzo per snellire, semplificare e delegificare, anche grazie al contributo della 7a
Commissione, che voglio ancora ringraziare. Oltre non è possibile andare
e, in effetti, mi sembra che anche alcune proposte dell'opposizione si muovano all'interno
dello stesso perimetro concettuale.
Certo, personalmente sogno un futuro in cui la forza della
valutazione e il suo impatto pervasivo sui comportamenti dei singoli e delle istituzioni
consentano di abbandonare molte delle regole che oggi riscriviamo. Me lo auguro,
ma non credo di peccare di pessimismo se affermo che i tempi per questa
rivoluzione oggi non sono ancora maturi.
Nel frattempo, invito gli onorevoli senatori a considerare con particolare
attenzione le norme che già si spingono in quella direzione: penso alla possibilità che
gli atenei virtuosi sperimentino proprie modalità di organizzazione e di gestione; alla
facoltà data agli atenei medi e piccoli di semplificare ulteriormente la struttura
interna, una norma che riguarda oltre la metà di tutte le istituzioni universitarie; alla
eliminazione di macchinose procedure elettive per la formazione delle commissioni di
concorso e alla completa libertà data agli atenei di regolare come meglio credono le
procedure interne di chiamata, di selezione e di promozione.
4.- Intendo ora sviluppare alcune considerazioni più dettagliate su due punti che
forse sono i più delicati della riforma: mi riferisco alla posizione dei ricercatori e
alle questioni legate al finanziamento del sistema. Sono consapevole della situazione di
disagio in cui versano gli attuali ricercatori di ruolo, che non a torto
lamentano un ritardo trentennale della politica nel definire chiaramente la loro funzione
e i loro compiti.
La figura del ricercatore nacque nel 1980 senza che venissero definiti con la
necessaria chiarezza le sue funzioni e il suo stato giuridico. Gli interventi successivi
non hanno fatto che complicare questo quadro, già di per sé incerto.
Oggi, cinque anni dopo che il ruolo è stato dichiarato ad esaurimento, anche se a
decorrere dal 2013, occorre prendere atto con realismo e onestà intellettuale che le
soluzioni possibili sono due e soltanto due. Possiamo proporre:
a) una qualche forma di ope legis, esplicita o mascherata,
generosa o a costo zero, ma insomma un meccanismo che prescinda dalle normali regole di
avanzamento in carriera. Si tratterebbe della riedizione di vecchie pratiche discreditate
che hanno provocato guasti duraturi nel nostro sistema universitario e per le quali non si
sente davvero alcuna nostalgia: non è infatti con altri provvedimenti errati o
antimeritocratici che si può rimediare agli errori commessi in passato.
b) Prendo atto con sincera soddisfazione e ammirazione che a non spingere in
questa direzione è stata prima di tutto proprio la gran parte dei ricercatori, i quali
chiedono di essere valutati singolarmente per i propri meriti e di non
venire accomunati in un provvedimento collettivo che di fatto ne svilirebbe il profilo
scientifico. Con altrettanta soddisfazione rilevo che nel suo complesso il Senato non pare
intenzionato a proporre soluzioni di questo tipo.
La seconda opzione è la più difficile, ma anche, ne sono convinta, la più
onesta dal punto di vista scientifico e politico.
5.- Il disegno di legge introduce per
la prima volta nel nostro Paese una chiara distinzione tra reclutamento e
promozione. Per diventare associati o ordinari si deve conseguire un'abilitazione
scientifica nazionale che consente di partecipare a rapide procedure di selezione bandite
da ciascuna sede. Questa è, a mio modo di vedere, la via maestra che, anche a regime,
regolerà un momento fondamentale nella vita degli studiosi.
Si tratta di un meccanismo molto simile a quello francese, vicino anche a quello in
uso nei sistemi anglosassoni, dove l'abilitazione non viene assegnata da una Commissione
nazionale ma coincide di fatto con l'esito positivo di una consultazione di esperti
esterni all'ateneo che garantiscono appunto l'idoneità dei candidati a monte della
decisione locale.
Su questo schema di fondo, ampiamente condiviso, abbiamo innestato specifiche
previsioni per consentire che nei prossimi anni si possa dare un risposta concreta alle
aspettative dei molti ricercatori che attendono di vedere riconosciuti i propri meriti.
Prevediamo quindi che nei primi sei anni gli atenei possano chiamare a un
ruolo superiore gli studiosi già in ruolo nell'ateneo stesso, con procedure
particolarmente rapide e snelle, fino alla metà dei posti disponibili, sempre però a
valle dell'abilitazione nazionale.
A tal fine intendiamo operare per assicurare che nei prossimi anni una quota
specifica del Fondo di finanziamento ordinario che dovrà essere integrato - sia destinata
a cofinanziare un flusso regolare di concorsi, soprattutto da professore associato.
Ai ricercatori, in modo particolare a quelli più giovani, chiedo quindi di
valutare con serenità e realismo la proposta contenuta nel disegno di legge, quella di un
percorso concreto per rimettere in moto un sistema ingessato. Faccio appello al loro
senso di responsabilità per evitare che la protesta, sempre legittima, non si traduca in
un grave danno per gli studenti. Dobbiamo renderci conto tutti che non esistono soluzioni
miracolistiche, ma solo sforzi tenaci e inevitabilmente graduali per raddrizzare le
storture che si sono sedimentate negli anni.
6.- Per quanto riguarda il tema dei fondi, so bene
che questo meccanismo funziona se ci sono le risorse per bandire iconcorsi e, in generale,
se il Fondo di finanziamento ordinario si mantiene a livelli più o meno
costanti. Pertanto, occorrerà. Pertanto, occorrerà un impegno di tutto il Governo,
così come è stato ribadito in sede di approvazione della manovra finanziaria nel
Consiglio dei ministri. Da quando ho assunto la responsabilità del mio Dicastero mi sono
battuta senza sosta perché, pur in un quadro molto serio di riduzione della spesa
pubblica, il settore universitario venisse toccato il meno possibile. È doveroso
ricordare che il Fondo di finanziamento ordinario per il 2009 è stato superiore
dell'1 per cento a quello del 2008, nonostante il deteriorarsi del quadro
macroeconomico. Con la legge n. 1 del 2009 abbiamo recuperato per il periodo
2009-2012 oltre 300 milioni di euro per il turnover, 135 milioni per il diritto
allo studio e 65 milioni per gli alloggi e le residenze universitarie. |
Nino LUCIANI, La Ministra di Berlusconi contro
i professori ... ma senza la
coscienza:
1) della scelta implicita del Governo, che è di arretrare
rispetto al diritto allo studio per tutti, a favore di altre scelte. Infatti la spesa
pubblica totale è aumentata;
2) del fatto che i vari blocchi del turnover hanno già distrutto
parte del lavoro scientifico, per mancata trasmissione del sapere dai maestri (andati in
pensione) agli allievi (che non ci sono stati);
3) delle origini del dissesto finanziario: a) legge sui
"megatenei" e su numero delle sedi; b) DM 509 per riforma delle lauree (3+2); c)
la legge 210/1998 sui concorsi. 1.- SULLE RESPONSABILITA'
DEI PROFESSORI
a) Per il numero delle sedi. In premessa direi che un
Ministro, che si rispetta, distingue tra fase di decisione e fase di applicazione delle
leggi. Sì, perchè i professori hanno applicato
leggi dello Stato. E allora si cominci da qui. Erano leggi che avevano scelto di allargare
il diritto allo studio a fasce di popolazione, prima escluse. E dunque,
abolendo questa normativa, si va all'incontrario.
La Ministra non ha mostrato di averne coscienza e per questo il suo
conto non tornava, pur se forzatamente tutto addebitato ai professori.
Legge sui mega-Atenei. La spiegazione della proliferazione
delle sedi (troppe, anche per me) è nella legge 662/1996, art. 1, c. 90 e 91, che
dispone:
- "Il Ministro dell'universita' e della ricerca
scientifica e tecnologica e' autorizzato a provvedere, nel termine di cinque anni, con
propri decreti da adottare, anche in deroga alle norme di cui alla legge 7 agosto 1990, n.
245, alla graduale separazione organica delle universita', anche preceduta da suddivisioni
delle facolta' o corsi di laurea, secondo modalita' concordate con gli Atenei interessati,
laddove sia superato il numero di studenti e docenti che verra' determinato sede per sede,
con apposito decreto ministeriale, previo parere dell'osservatorio per la valutazione del
sistema universitario.
- "I provvedimenti ministeriali saranno adottati anche tenendo conto
delle specifiche situazioni ed esigenze delle aree metropolitane maggiormente
congestionate."
Direi che non ci sia nulla da aggiungere, circa le responsabilità
primarie della decisione di proliferazione delle sedi, salvo il ricordare la spinta delle
Regioni e degli enti locali nel determinare una interpretazione estensiva della legge,
fino a mettere quattrini propri sul piatto.
Preciso anche che un elemento determinante i costi, ma in senso riduttivo,
è stato il costo di trasporto e alloggio per gli studenti. Se decentri una sede, hai un
costo aggiuntivo per la nuova sede, ma hai minori costi di trasporto pubblico e alloggi,
per gli studenti locali.
Su questo la Ministra ha semplicemente sorvolato !
b) Decreto Ministeriale n. 509/1999 . Per il numero delle
lauree e degli insegnamenti, il DM ha disposto lo sdoppiamento
delle lauree in due fasi (3 anni+2anni), e questo per dare agli studenti la possibilità
di un titolo di studio dopo i primi tre anni, dati i numerosi abbandoni degli studi troppo
prolungati. Ed esso era reinterpretativo di leggi, come la 341/1990, che disponeva tutt'altro.
Il DM dava un elenco di criteri per la sua applicazione, ma
non un criterio unico di base, da valere in modo uniforme nel territorio
nazionale. Questa è stata l'origine della babele delle lingue.
Va, poi, messa in conto la difficoltà di seguire un preciso modello, senza
una preventiva sperimentazione. Infatti:
a) nell'impostare una laurea di durata triennale, il primo nodo da sciogliere era
come associare (in soli tre anni) materie di base a materie di applicazione. Questa, in
molti casi, è risultata la quadratura del cerchio: impossibile.
Ma si è andati avanti lo stesso, lo voleva il DM ...
Questo spiega perchè queste lauree sono nate male, e sono tuttora in grande
discredito presso le imprese;
b) molti insegnamenti sono stati suddivisi, perchè alcune parti si
prestavano alla laurea di I livello, mentre le parti di approfondimento era adatte alla
laurea di II livello.
Qui, molte soluzioni (circa la composizione complessiva della laurea)
erano insoddisfacenti sotto profili diversi, e questo finiva col mettere i professori uno
contro l'altro.
Mettiamoci dentro anche gli interessi corporativi dei prof.
Il risultato finale è stato fare più corsi di laurea simili, di cui
l'uno a misura di certe scuole di pensiero e l'altro su misura di altre scuole di
pensiero.
Osservo, infine, che le recenti correzioni del DM 509 (che hanno posto dei
limiti al numero delle lauree e al numero degli esami per corso di laurea) non hanno
risolto nulla, circa la validità delle lauree triennali: erano lauree minus in origine, e
lauree minus restano.
Su questo fattore qualità così essenziale, la Ministra ha
sorvolato completamente.
2.- SULLE SOLUZIONI
a) Per il numero dei professori e per le retribuzioni.
L'aumento del numero dei professori è stato conseguenziale all'aumento
del numero degli studenti e delle sedi e degli insegnamenti sdoppiati.
Ma è stato anche conseguenziale che, a parità di Fondo di Finanziamento
Ordinario (anzi in diminuzione, in moneta a potere di acquisto costante), il quoziente
(ossia la retribuzione individuale) è calato. Diciamo anzi che oggi un professore
universitario è molto giù nella retribuzione, in confronto ai magistrati e ai dirigenti
dello Stato. Così, dopo la beffa (essere spendaccioni !), anche
l'inganno (essere meno pagati ! ).
Non è finita: il grande precariato della università italiana,
sottopagato, è la chiave per spiegare come si sia potuto far fronte alla esplosione delle
esigenze di insegnamenti. Altrimenti, le sedi decentrate non potevano essere avviate.
Turnover. C'è, poi, che dai
tempi della Moratti, è in atto il freno o addirittura il blocco del turnover, e questo è
il bis rispetto ad altro blocco non meno pesante nel 1980-98, in cui furono svolti solo 3
dei 9 concorsi programmati.
La Ministra ha detto che nel 1999-2009 i prof sono aumentati del 24% (contro
l'aumento del 7% degli studenti), ma non ha detto che nel 1982-1998 ci sono stati poche
assunzioni e che in quel periodo gli studenti sono passati da 1.090.000 (1982) a 1.950.000
(1997). Vegga il DPEF-Decreto di Programmazione Economica e Finanziaria del Governo,
luglio 2009, a pag.37 dell'Allegato.
Questi blocchi hanno già determinano danni gravi alla università:
per discontinuità: una parte del sapere non è trasmesso dai maestri (verso o in
pensione) ai successori), e dunque va perduto per sempre.
I professori sono troppi ? Stando al
citato DPEF, pag. 37 (che riprende da OCSE, At a glance, 2007), in Italia il
rapporto tra studenti e professori è 21,4 (contro 15,8 Paesi OCSE). Anzi, in base ai dati
del Miur, Ufficio di statistica, il detto rapporto è attualmente 27,31.
La Ministra non ha detto un numero, però lasciando intendere che
i prof sono troppi... .
Per stare al DPEF, se vale lo standard OCSE, i prof
dovrebbero essere 105.000, anzichè 60.882 di adesso.
Ma allora, la Ministra di cosa sta parlando ?
b) Per il reclutamento. La Ministra ha detto che il DDL
"elimina le macchinose procedure elettive per la
formazione delle commissioni di concorso" e dà "la completa libertà data agli
atenei di regolare come meglio credono le procedure interne di chiamata, di selezione e di
promozione".
OK. Il sistema delle votazioni per fare le commissioni di concorso, di cui alla
legge 210/1998, era macchinoso ma per il Miur, non per le corporazioni dei prof.
Tant'è che le commissioni risultavano, di fatto, su misura dell'Ateneo banditore (meglio
dire del "membro interno") e i relativi risultati concorsuali erano il motivo
del generale scandalo (quelli a cui la Ministra si riferisce nel suo discorso).
Ma se è così, perchè dare "agli Atenei la completa libertà di scelta
?" Direi che, in questo modo, il localismo non avrà limiti, anzi nemmeno si
preoccuperà del pudore di fare delle votazioni, che sia sane almeno in apparenza.
Per favore, il sorteggio è imprescindibile !
c) Per la valutazione delle università. La Ministra ha detto che "sfida
chiunque ad affermare che oggi le nostre università siano nettamente migliorate rispetto
a dieci anni fa".
Un Ministro che si rispetta (e che non è un professore universitario, ossia
un tecnico del campo), prima, incarica una Commissione di esperti, e poi parla facendone
propri i risultati. Dirò anzi che solo qualche giorno dopo (1 agosto 2010), il Messaggero
di Roma (pag. 9) titolerà di "Ricerca, il miracolo italiano: pochi soldi e i
migliori scienziati" nel mondo (secondo posto per qualità e quantità di
pubblicazioni; sesto posto per citazioni delle pubblicazioni).
La Ministra ha detto che la sua grande rivoluzione sarà il finanziamento
centralizzato delle università in base a valutazione, secondo i risultati.
La verità è che questi parametri sono costruiti su statistiche (anche vecchie di
anni), e le statistiche non sono interpretabili univocamente. Anche prendendoli per buoni,
non sono idonei a incentivare l'efficienza.
Diciamo chiaramente che sono anche discriminatori tra le diverse
università, perchè le situazioni locali sono diverse, pur se con le stesse voci. Circa
questi parametri per l'Università, in dettaglio, clicca su Indicatori.
Più in generale, da anni sono stati studiati (e applicati) parametri per misurare
l'efficienza della PA (Pubblica Amministrazione), e i risultati sono sotto gli occhi di
tutti.
Il motivo è che nella P.A non esistono "risultati" in qualche modo
paragonabili ai profitti e perdite di una azienda per cui (anche se buoni, in casi
eccezionali), non si riesce a collegarli con qualcuno che guadagni o perda (di tasca
propria) facendoli osservare.
Nella storia, il caso estremo è stato quello del sistema economico dei Paesi
ex-URSS, fallito perchè guidato da parametri statistici. Lo stesso stava capitando ai
cinesi, se non viravano verso il "socialismo di mercato", vale dire il settore
pubblico guidato dai prezzi di mercato, per i beni e servizi a prestazione individuale.
Nella PA, la sola possibilità di inventare qualcosa, che somigli al mercato,
riguarda i servizi pubblici a prestazione individuale: la scuola rientra in queste
possibilità. Basti pensare alle scuole private.
c) Per il sistema finanziario. Meglio decentrare le
responsabilità finanziarie del pareggio del bilancio, e se sbagli, vai a picco. In cerca
di un sistema finanziario premiante l'efficienza (ma non basato su parametri),
l'alternativa è valorizzare il fatto che l'insegnamento è un servizio a prestazione
individuale.
Però, a differenza della scuola privata, va tenuto conto che la scuola pubblica
è, in parte, nell'interesse individuale e, in parte prevalente, nell'interesse pubblico.
Partendo da qui va, prima, calcolato un costo standard per studente e, poi,
deciso quanto coprirnea carico dello Stato. Il residuo per pareggiare il bilancio sarà a
carico individuale e fissato liberamente dalle Università.
Non è finita. In questo sistema, già lo Stato va molto incontro ai
bisognosi (ad es. pagando il 70-80% del costo standard per studente). Ma restano fuori gli
studenti meritevoli, più poveri o nullatenenti (art. 34 costituzione). Per questi ci
dovrà essere un fondo aggiuntivo, sul bilancio dello Stato.
NINO LUCIANI |
Sono riuscita a
far fronte alla promessa fatta dal mio predecessore e a finanziare, per 40 milioni di euro
nel 2008 e 80 nel 2009, nuovi posti da ricercatore, anche se, sia chiaro, ho dovuto
trovare ex novo quei fondi.
Per il 2010 il taglio previsto originariamente era di 672 milioni di euro;
quel taglio si è ridotto a meno della metà grazie ai 400 milioni di euro recuperati in
finanziaria. Il Fondo di finanziamento ordinario per il 2010 sconta quindi una riduzione
di circa il 3,7 per cento: riduzione dolorosa, certo, ma oggettivamente sopportabile.
Anche quest'anno, nonostante la riduzione, distribuiremo poco più del 7 per cento dei
fondi sulla base di un modello valutativo.
Come Ministro dell'università sono naturalmente la prima a volere e a
chiedere con forza fondi e investimenti. Ho però anche il dovere e, consentitemelo, lo
abbiamo tutti, di guardare in faccia la realtà. Le cifre del dissesto sono
impressionanti.
Ora che abbiamo imposto maggiore trasparenza e serietà
nella redazione dei bilanci stanno emergendo sofferenze troppo a lungo sottaciute che
rivelano anni di diffusa irresponsabilità, di spese facili, di assunzioni fuori
controllo, di promozioni senza copertura, di gestioni mirate ad acquisire il consenso
dimenticando responsabilità e qualità. (Applausi dal Gruppo PdL e dai banchi
del Governo).
Dal 1999 al 2009 gli studenti sono cresciuti del 7 per cento, ma il
corpo docente è cresciuto del 24 per cento, passando da 50.700 unità di ruolo a 62.700.
Solo il costo di questi 12.000 nuovi docenti pesa per oltre un miliardo su un Fondo di
finanziamento ordinario di 7,5 miliardi.
Nello stesso decennio, poi, il numero dei professori ordinari è cresciuto
del 46 per cento, con punte del 70-80 per cento di crescita in alcune aree disciplinari.
Molte università hanno dato corso alle chiamate ad un ruolo superiore
ignorando intenzionalmente i maggiori costi che si verificano dopo il triennio di
conferma, costi certi e ineludibili. Nel complesso quindi il costo degli stipendi è
lievitato da 4,5 a 6,8 miliardi, con un aumento di 2,3 miliardi, il 51 per cento in più
rispetto a dieci anni fa.
Oggi spendiamo in stipendi il 90 per cento: di tutte le risorse che il
contribuente mette a disposizione del sistema universitario.
Nel periodo 2001-2009 il Fondo di finanziamento ordinario è complessivamente
cresciuto del 15,7 per cento; nessun taglio, quindi, ma un aumento - lo ribadisco - del
15,7 per cento. Sarebbe stato logico attendersi che, a fronte di questa crescita, le
università riuscissero ad allontanarsi gradualmente dalla soglia del 90 per cento di
spese per il personale rispetto al Fondo di finanziamento ordinario: un parametro minimale
di sostenibilità che il legislatore ha indicato fin dal lontano 1997.
Ebbene, è successo esattamente il contrario: più il Fondo di finanziamento
ordinario statale cresceva, più cresceva l'incidenza degli stipendi su di esso. Oggi ben
36 università hanno sforato quel tetto al lordo dei correttivi prorogati di anno in anno
e 7 università superano quel parametro anche tenendo conto degli stessi correttivi. In
altre parole questo significa che non solo tutto il Fondo di finanziamento ordinario se ne
va in stipendi, ma che anche una parte delle risorse proprie dell'ateneo - frutto della
contribuzione studentesca, dei fondi di ricerca, dei contratti esterni - viene requisita
per far fronte a tali spese.
7.- Potrei aggiungere altre cifre, che però certamente conoscete: la proliferazione
delle sedi e dei corsi; l'aumento del numero di insegnamenti e di contratti di docenza; il
numero abnorme di corsi di dottorato di ricerca, che in Italia contano in media
5,6 studenti per ciascun ciclo triennale, il che vuol dire meno di due studenti per anno,
e sparsi dovunque, anche in sedi dove non è onestamente concepibile poter offrire
formazione a livello dottorale.
Non posso però fare a meno di aggiungere almeno un altro dato. Nel suo primo
Documento di programmazione economico-finanziaria l'allora ministro del tesoro
Padoa-Schioppa ebbe a scrivere parole lungimiranti: il sistema universitario non poteva
aspettarsi nuove risorse, ma doveva imparare a spendere meglio quelle che già riceveva:
parole che condivido in pieno. Era la primavera del 2006, tempi di vacche grasse, non di
recessione. Eppure, per il terzo anno della programmazione triennale, il 2008, il Governo
di allora aveva previsto una riduzione del Fondo di finanziamento ordinario di 260
milioni. Poi Padoa-Schioppa e l'allora ministro dell'università Mussi si accordarono per
immettere nel sistema risorse fresche (si trattava di una cifra importante: 550 milioni
per ciascun anno del triennio 2008-2009-2010), legate a specifici obiettivi di qualità.
Tanto preoccupato era il Tesoro su come sarebbero stati spesi quei denari da
imporre la firma congiunta al decreto annuale di ripartizione. Non aveva torto. Oggi la
maggior parte di quel Fondo - ben 468 milioni su 550, vale a dire l'85 per cento della
somma - è assorbita dalla crescita stipendiale automatica del personale universitario,
cosicché per le misure volte a rafforzare la qualità sono rimaste appena le briciole.
8.- Dietro tutti questi fenomeni si annidano due pericolose mistificazioni:
l'illusione, o per meglio dire la presunzione, che per le istituzioni accademiche la
sostenibilità economica non sia un requisito necessario e la strana idea che il numero
dei docenti e la loro distribuzione geografica e disciplinare debbano essere parametrati
sulle aspirazioni dei docenti stessi o di chi aspira a diventarlo, non sulle effettive
esigenze e possibilità del sistema nazionale.
Non è così, e non può e non deve essere così. L'università è un
servizio pubblico largamente finanziato dal contribuente, e al contribuente deve rendere
conto delle proprie scelte. Anzi, la solidità finanziaria è garanzia primaria di
indipendenza: chi ha bisogno di prestiti, di piani di rientro, di contributi eccezionali,
di salvataggi in extremis, rischia inevitabilmente di contrarre obbligazioni che
minano il bene più prezioso per un ateneo: la sua autonomia. (Applausi dal Gruppo PdL
e dai banchi del Governo).
Questa esplosione dei costi sarebbe in teoria anche
accettabile - il che non vuol comunque dire sostenibile - se fosse stata accompagnata da
un deciso e riconosciuto innalzamento della qualità media delle nostre università.
Sono la prima a riconoscere, come dicevo, i meriti dei nostri atenei, che non
sono pochi, ma sfido chiunque ad affermare che oggi le nostre università siano
nettamente migliorate rispetto a dieci anni fa.
9.- Di fronte a questa situazione, onorevoli
senatori, è necessaria un'assunzione di responsabilità collettiva: è quella che abbiamo
oggi di fronte nel momento in cui dobbiamo esaminare e approvare questo disegno di legge.
Il disegno di legge è indispensabile se vogliamo dare un contributo concreto ad un
processo di risanamento di cui già si intravedevano i primi segni. Nei due anni che ci
separano dalle linee guida, le nostre università non sono state ferme. Pur in un contesto
non facile, hanno continuato a svolgere la loro insostituibile missione di insegnamento e
di ricerca e soprattutto hanno avviato importanti azioni di riforma: hanno messo mano alla
governance, accorpato i dipartimenti, eliminato corsi di laurea superflui, chiuso
sedi decentrate insostenibili.
Il Ministero, per parte sua, ha riunito molte scuole di specializzazione medica, al
fine di raggiungere una massa critica soddisfacente, condizione essenziale di qualità.
L'ANVUR (Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e
della ricerca) avrà dopo l'estate il suo primo consiglio direttivo.
Il nuovo regolamento sui dottorati di ricerca verrà discusso in Consiglio dei
ministri subito dopo l'esame e - mi auguro - l'approvazione della riforma.
Sto per inviare al Consiglio universitario nazionale (CUN) e alla Conferenza
dei rettori delle università italiane (CRUI) per i pareri di competenza il cosiddetto
decreto n. 160, che segnala l'esigenza di attivare corsi solo in presenza di un numero
adeguato di docenti e di chiudere i corsi con troppo pochi studenti.
Tutte queste misure di razionalizzazione - mi preme ribadirlo - non servono
solo per evitare sprechi ingiustificabili, ma prima di tutto per ragioni di serietà
accademica. Tutte le patologie gestionali ed economiche ampiamente note e lamentate
corrispondono infatti ad altrettanti cedimenti sul piano della qualità scientifica e
didattica, che abbiamo il dovere inderogabile di garantire ai nostri studenti. Ma al di
là di ogni misura tecnica e amministrativa, dobbiamo essere consapevoli che solo una vera
riforma del nostro sistema universitario può consentirci di raggiungere nuovi traguardi.
10.- Il vero rischio che corriamo oggi è di far pagare gli errori del passato a
chi non ne ha colpa: ai ricercatori e agli associati che non hanno sfruttato le promozioni
facili degli anni scorsi e si trovano oggi di fronte a piramidi rovesciate
difficili da scalare; ai dottorandi e agli assegnisti che vorrebbero portare nel sistema
le loro competenze e il loro entusiasmo e trovano l'ingresso sbarrato; agli studenti, i
più danneggiati dallo scadimento della qualità di alcuni corsi.
Questo è un rischio che non intendo correre, come - ne sono convinta - non
lo vuole nessuno di voi. Per evitarlo dobbiamo proporre soluzioni realistiche e serie, non
illusioni. Pensare che il Fondo di finanziamento ordinario e l'organico possano crescere
senza fine, come se fossero variabili indipendenti, è insieme una follia e un inganno, a
cui dobbiamo reagire mettendo al centro del nuovo sistema la valutazione del merito dei
singoli, in un quadro di doverosa sostenibilità economica, rispetto alla quale - ripeto -
il Governo ha assunto un impegno.
11.- Onorevoli senatori, abbiamo di fronte a
noi tempi non facili e sfide complesse, ma possiamo farcela se ci impegniamo in un nuovo
«Patto nazionale per l'università», che propongo a questa Assemblea.
Per i docenti dobbiamo creare un sistema che non proceda a fughe
in avanti nel reclutamento seguite da lunghe carestie, ma sappia dosare le sue risorse in
modo da garantire possibilità di accesso e di crescita regolari nel tempo, con cadenze
certe e prevedibili.
Per gli studenti dobbiamo insistere sulla necessità di offrire corsi di
livello elevato nei contenuti e nelle modalità di erogazione, anche scoraggiando
l'inseguimento di lauree magari facili, ma deboli sul piano scientifico e inutili per
trovare un lavoro.
Per il Paese, soprattutto, dobbiamo costruire un'università che goda
pienamente della fiducia di tutti, cui sia riconosciuto fino in fondo il suo ruolo - unico
ed insostituibile - di luogo primario della ricerca e di motore dello sviluppo sociale,
economico e tecnologico.
Per tutti questi motivi, mi auguro che sia ancora possibile un accordo
tra maggioranza ed opposizione su alcuni punti qualificanti: penso alla presenza di
prestigiosi esponenti della società civile nei consigli di amministrazione; al ruolo
centrale affidato ai dipartimenti; alla revisione delle norme su tempo pieno e definito;
alla centralità della valutazione per allocare le risorse; all'accorpamento dei settori
scientifico-disciplinari; all'abilitazione scientifica nazionale a numero aperto; alla
distinzione tra reclutamento e promozione, accompagnata nel transitorio da norme
specifiche per agevolare la chiamata dei ricercatori di ruolo; alla limitazione nell'uso
dei contratti di insegnamento per evitare che diventino fonte di precariato; alla
struttura stessa dei nuovi ricercatori (tenure track). Sono tutti temi importanti
ed ineludibili, se crediamo veramente nelle grandi potenzialità del sistema
universitario.
Restano alcune differenze ma, francamente, non tali e non tante da far
comprendere un atteggiamento ostile al disegno di legge nel suo complesso. Né mi sento di
condividere una posizione negativa sul disegno di legge motivata esclusivamente o
principalmente dalla mancanza di fondi.
È vero e l'ho detto: i fondi sono e restano un problema che
dobbiamo risolvere, ma questo significa forse che dobbiamo rinunciare a qualunque
idea di riforma? Siccome non ci sono garanzie sui fondi è meglio tenere bloccato, anche a
livello normativo, il reclutamento, continuando ad essere l'unico Paese al mondo in cui
non esiste un modo per diventare professori di università? È meglio tenerci le mille
forme di precariato non regolato che affliggono i nostri giovani? Rinunciare a nuove
regole chiare e trasparenti sulla valutazione?
Di risorse aggiuntive ne abbiamo avute in quantità nello scorso decennio,
grazie a Governi di centrodestra e di centrosinistra: è sotto gli occhi di tutti che il
loro impatto non è stato positivo perché non è stato accompagnato dalle riforme
necessarie. Tuttavia vi chiedo: se le riforme non si fanno né quando le risorse aumentano
né quando le risorse diminuiscono, allora, onorevoli senatori, quando si possono fare?
Esiste in questo Paese un tempo per le riforme? La mia risposta è: oggi. Oggi abbiamo di
fronte a noi un'occasione irripetibile ed è nostro dovere coglierla fino in fondo, senza
tentennamenti!
Mariastella Gelmini |
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AMATO (PdL). Signora Presidente, onorevoli colleghi, il concetto
di autonomia universitaria, così come perfezionato dal centrosinistra nel lontano 1999,
è diventato ormai sinonimo di irresponsabilità. Irresponsabilità finanziaria e
gestionale, a sua volta causa ed effetto di un'irresponsabilità accademica e persino
didattica, com'è testimoniato dal costoso proliferare di corsi assurdi e inutili.
Non c'è bisogno infatti di ricordare che in Italia - il Paese europeo con
il più basso tasso di laureati nella fascia d'età tra i 25 e 34 anni - esistono
organigrammi di facoltà che talvolta coincidono con alberi genealogici, atenei in cui la
qualità della produzione scientifica di alcuni docenti è difficile da valutare in quanto
assente, mentre gli studenti sono alle prese con insegnamenti di dubbia utilità
formativa, proliferati per mere esigenze politiche se non addirittura familistiche.
Di fronte ad una simile idea di autonomia - una autonomia senza
responsabilità, l'autonomia dei bilanci in rosso e dei concorsi aggiustati - la riforma
del ministro Gelmini risponde in maniera pragmatica ed incisiva ad almeno tre
interrogativi che la politica ha il dovere di rivolgere al composito mondo
dell'università italiana, e cioè: possiamo permetterci di continuare a finanziare un
sistema senza valutare la qualità di ciò che produce? È pensabile che in tempi di crisi
economica il nostro Paese moltiplichi scriteriatamente le sedi universitarie per
soddisfare semplici interessi campanilistici? Infine, è giusto che i molti professori che
fanno ricerca e didattica di alto livello vengano pagati quanto altri professori (non
molti, ma comunque troppi) che non fanno nulla? Certamente no.
Ed allora ben vengano le novità introdotte da questo provvedimento: dal
sistema di valutazione dei risultati per poter allocare le risorse anche in base al merito
e alla qualità della didattica al sorteggio delle commissioni di concorso;
dall'incentivazione alla federazione di più università per razionalizzare la
distribuzione delle sedi, al fondo per il merito, destinato a promuovere l'eccellenza fra
gli studenti. E ben venga, infine, il potenziamento funzionale dell'Agenzia nazionale di
valutazione dell'università che, con questo disegno di legge, mira a rivestire un ruolo
cruciale nell'implementazione della riforma, sia presso il corpo docente che nei confronti
degli studenti.
Ad una proposta di riforma del sistema universitario, e prima ancora
dell'istruzione pubblica, formulata dal ministro Gelmini e dalla stessa portata avanti con
convinzione e coraggio in questi anni, certi suoi detrattori - prima i professori, poi gli
studenti, ora i ricercatori - hanno sempre invariabilmente opposto la questione della
riduzione delle risorse pubbliche quale elemento di scontro frontale, a prescindere da
qualsiasi discorso sui contenuti. E l'opposizione, rifiutando il confronto in Commissione,
ha purtroppo, a mio avviso, sposato in pieno questa linea: una linea che mira a rimandare
e a strumentalizzare, piuttosto che ad affrontare la questione del rinnovamento
dell'università. I tagli - che per il 2011 verranno peraltro in parte ripianati dal
Governo -rappresentano infatti troppo spesso un alibi e le preoccupazioni sul futuro dei
giovani e del Paese finiscono con l'essere fantasmi agitati per pura convenienza politica.
L'università italiana ha bisogno di una rivoluzione etica, capace di
generare gestioni economiche sostenibili e proposte formative che vadano oltre
l'autoreferenzialità. Sarebbe infatti inutile e dannoso perpetrare o addirittura
aumentare gli stanziamenti sic stantibus rebus. Che senso ha, infatti, fornire
ulteriori risorse ad un'istituzione il cui corpo docente fa fatica a conquistare un
accreditamento internazionale e dove gli studenti sono sempre meno preparati per
affrontare il mondo del lavoro ad armi pari con i loro colleghi europei?
Ebbene, se nelle facoltà si è passati in 8 anni da circa 2.500 corsi di
laurea e di diploma ad oltre 5.500 corsi di primo e secondo livello (per non parlare delle
borse di dottorato erogate in ambiti disciplinari senza alcun valore scientifico),
dall'altra parte, quella dei fruitori, il 20 per cento degli studenti lascia dopo il primo
anno, mentre solo il 50 per cento degli immatricolati completa il ciclo di studi. Tutto
ciò è avvenuto in assenza e ben prima dei famigerati tagli di Tremonti!
Di fronte a questo fallimento didattico le minoranze parlamentari dovrebbero
cercare di spiegare le ragioni della loro opposizione al provvedimento.
In quest'Aula il Partito Democratico ha recentemente accusato, a torto, la
maggioranza e il Governo di aver dimenticato i giovani. Le novità introdotte dalla
riforma dell'università proposta dal ministro Gelmini hanno però un valore simbolico
altamente significativo: tali provvedimenti, integrati dai contributi provenienti dal
dibattito in Commissione, che non tradiscono e piuttosto sottolineano il carattere
riformatore del disegno di legge, indicano quantomeno una strada rispetto alla quale non
si torna indietro e dalla quale ci auguriamo possano trarre vantaggio università
virtuose, studenti e professori meritevoli.
E allora, se vogliamo trovare il senso profondo di questo articolato
provvedimento, lo rintracciamo forse nel convinto tentativo di riavvicinare finalmente
l'università alla realtà.
Le nuove generazioni, gli studenti che abbandonano prematuramente i corsi di
laurea, e tutti quei laureati che non riescono a trovare un lavoro coerente al proprio
investimento formativo chiedono all'università italiana una sola cosa: percorsi didattici
spendibili nel mondo del lavoro. In altre parole, azzerare il distacco fra l'insegnamento
universitario e la società reale.
Lei, signora ministro Gelmini, ha meritevolmente seguito questa impostazione
e nel farlo ha scelto di coinvolgere appieno il Parlamento, evitando lo strumento del
decreto; ciò non toglie, tuttavia, che la materia non rechi elementi di urgenza e
indifferibilità. In questo senso, desidero unirmi all'auspicio che il presente disegno di
legge ottenga pronta approvazione nei due rami del Parlamento, trovando il voto favorevole
di una maggioranza più ampia. Paolo Amato. |
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Intervento del
senatore Baldassarri nella discussione generale del disegno di
legge n. 1905 e connessi
Grazie, signor Presidente, per consentirmi in
quest'Aula di esprimere qualche riflessione derivante sia dal mio precedente mestiere di
professore universitario che dall'attuale responsabilità politica di senatore della
Repubblica.
Parto da un ragionamento di un vecchio maestro che non ho mai dimenticato,
che si chiamava Luigi Einaudi e che diceva sempre "conoscere per deliberare" e
allora parto da un'analisi di conoscenza. Ricordando un vecchio articolo che nella
primavera del 1969 scrissi da studente universitario su un giornale locale nelle Marche
che si chiamava "Voce Adriatica" e che adesso si chiama "Corriere
Adriatico", proponendo una linea strategica che venne sintetizzata nel titolo di quel
pezzo (che ho ancora e che conservo come reliquia) "Portare gli studenti
all'università, non portare l'università agli studenti". Quindi già allora, a
partire dai lontani anni sessanta, si vedeva questa strategia, a mio parere deleteria e
perversa, sul piano dei costi e sul piano della qualità, che è quella della diffusione
sotto il portone di casa, possibilmente tra il tabaccaio e il salumiere di famiglia, di
istituire una sede universitaria. Questo vezzo è dilagato negli ultimi 10-15 anni. Nelle
quattro sedi universitarie in cui ho avuto l'onore di svolgere il mio lavoro di docente -
Torino, Milano-Cattolica, Bologna e Roma - ho sempre tentato, con pochi altri colleghi, di
contrastare questa tendenza.
Per non farla lunga, la situazione attuale, che a me risulta dai dati
ufficiali, è che abbiamo in Italia circa 330 sedi universitarie, che diviso per 107
province fa circa tre sedi universitarie per ogni provincia. Allora, dai dati che ho a
disposizione ma che potranno sempre essere verificati e indagati, sempre per non annoiarvi
cito soltanto alcuni casi estremi che gridano scandalo e vendetta e, per non far torto a
nessuno, ho inserito anche alcuni casi del mio territorio di origine, quindi non voglio
proteggere nessuno, ma in molte di queste sedi universitarie le immatricolazioni sono al
di sotto dei 50 studenti: Ala, 46 studenti per quattro corsi di laurea; Sant'Angelo dei
Lombardi, Torrevecchia Teatina, Bressanone, tre corsi di laurea zero studenti; Busto
Arsizio, Mosciano Sant'Angelo, Bosisio Parini, Figline Valdarno, Iesi, Matelica, Pietra
Ligure, Faenza, Città di Castello, Voghera, Sesto San Giovanni, Ariccia, 18
immatricolazioni per due corsi di laurea; Fano, San Giovanni Rotondo, 17 immatricolazioni
per due corsi di laurea; Venaria Reale, 3 immatricolazioni per un corso di laurea,
iscritti totali 17; Verres, zero immatricolazioni, zero iscritti, due corsi di laurea;
Lagonegro, Tortona, Vigevano, Piazza Armerina, Cesenatico, Cava dei Tirreni... e mi fermo
qua.
Perché ho citato questi dati, ovviamente da
verificare, ma sono i dati che sono riuscito a rintracciare rapidamente? Perché nel
disegno di legge c'è un fatto fondamentale come titolo e cioè "Fusione e
razionalizzazione di atenei". Ora, se non partiamo da questo punto fondamentale tutto
il resto è totalmente inutile. Perché il criterio è definire innanzitutto che cosa è
l'Universitas Studiorum che nella dispersione di sedi e di risorse che
risulta sul territorio non ha niente a vedere con il diritto allo studio, perché questo
è in realtà una mistificazione del diritto allo studio, quello cioè di portare sedi
ridicole e assurde in posti altrettanto ridicoli e assurdi illudendo studenti e famiglie
per un'intera generazione. E allora la responsabilità politica è quella di partire da
questo punto, da una decisione responsabile del Governo nazionale, la fusione e la
razionalizzazione degli atenei. Potrà e può essere concordata, ma questo è un tema
strategico nazionale che non ha niente a che vedere con l'autonomia. L'autonomia viene
subito dopo sul come si esercita la gestione delle sedi universitarie, ma è una decisione
strategica politica nazionale quella che serve.
È evidente che in queste condizioni noi abbiamo già negli ultimi 15 anni
distrutto l'università italiana e ci metteremo altri 15-20 anni a cercare un barlume di
rinascita, indipendentemente dai governi, dalle maggioranze, dalle capacità dei singoli
membri di governo, indipendentemente da tutto se non affrontiamo, come si dice al mio
Paese, il toro per le corna su questo argomento. Perché? Perché questo argomento deve
creare un'offerta universitaria che porti gli studenti all'università, come ho detto
all'inizio, e non viceversa. Questa inversione di approccio logico-mentale è
fondamentale. Il diritto allo studio non si garantisce mettendo una sede sotto casa, ma si
garantisce creando le condizioni perché quello studente possa uscire dal suo paesello,
andare in un bel campus, incrociare le esperienze con migliaia di altri studenti di
altre regioni, di altri Paesi, di altre nazionalità, è lì che cresce. L'università
sotto casa è in termine tecnico "il rincoglionimento totale di un'intera
generazione".
È evidente che questa politica ultra ventennale è stata fatta a
tutt'altro scopo e a tutt'altro fine, che esclude l'interesse degli studenti, della
formazione, della ricerca e dell'università. Palesemente questa proliferazione è stata
fatta per moltiplicare le cattedre, moltiplicare le connivenze, cercare qualche piccolo
consenso locale con dispersione enorme di risorse, perché magari il Comune offre il
palazzo però poi chi paga la luce? E poi non a caso ci sono 15 iscritti. Però c'è,
rispetto agli iscritti, un'overdose pericolosissima (peggio delle note sostanze
stupefacenti) di docenti e non docenti. E anche lì l'altra gamba, ovviamente, è la
selezione dei docenti e dei non docenti perché se continuiamo a perpetrare la connivenza
che in ogni categoria corporativa scatta, per cui un idoneo non si nega a nessuno, come
abbiamo fatto negli ultimi venti anni, un idoneo a me un idoneo a te, la selezione che
avviene è perversa. E non è un caso se del 5 per cento migliore degli studenti italiani
laureati in quasi tutte le discipline, due terzi prosegue la ricerca all'estero e forse un
terzo resta a fare ricerca in Italia. Parlo del mio settore di competenza che è scienze
sociali, economia, ovviamente conosco meno gli altri settori. Il che vuol dire che poiché
per ognuno di questi cittadini italiani lo Stato italiano investe in vecchie lire circa un
miliardo di lire, circa cinquecentomila euro, a partire dalla prima elementare, escludendo
la scuola materna, fino alla laurea (il costo che lo Stato, non la famiglia - quello è un
costo addizionale - che investe in questi studenti è circa 500.000 euro a studente cioè
il cumulato negli anni dai 6 ai 23-24 a seconda della laurea. Il costo, non le tasse che
ha pagato lui. Bene, questo investimento in capitale umano enorme ci viene sottratto, in
modo abbastanza furbesco ma è chiaro che chi può ne approfitta, nel senso di attrarre in
altre sedi all'estero quel 5 per cento migliore, già selezionato, già formato, già
capace con strumenti di produrre ricerca e didattica. Quindi noi stiamo costruendo la
classe dirigente della ricerca e della didattica per altri Paesi, in particolare per gli
Stati Uniti.
È questo che mi fa molta rabbia. Perché? Perché vuol dire che siamo in
grado di produrre e sviluppare cervelli in Italia. Questa strategia perversa non riguarda
la capacità italiana di produrre scienza e ricerca, ma l'incapacità di organizzarla
perché sia una fisiologica sinergia con il resto del mondo. È chiaro che molti dei
nostri possono andare fuori, ma molti degli altri potrebbero venire da noi. Se invece
facciamo la bilancia dei pagamenti in questo settore, vediamo che ogni dieci dei nostri
che vanno fuori soltanto 0,1 dalle altre parti del mondo vengono in Italia, oppure vengono
dai paesi emergenti perché in Italia più o meno l'università è stata gratis, mentre in
altri Paesi avevano il numero chiuso e venivano in Italia per prendersi la laurea gratis
magari anche decente e buona: vedi il flusso dei greci che c'è stato per un certo periodo
alle facoltà di medicina, vedi il flusso degli arabi ad altre facoltà. Giustamente
facciamo almeno un po' di cooperazione allo sviluppo seria e vera formando queste persone,
ma mi meraviglio che non ci possiamo porre lo stesso problema per i nostri che vanno
all'estero.
Questo è il primo passaggio. Significa dire, cari colleghi, che nel disegno
di legge bisogna porre un obiettivo a 3-5 anni in cui si arrivi ad avere un terzo delle
sedi universitarie esistenti, le altre vanno chiuse. Le risorse vanno concentrate e su
questa base occorre mettere in condizioni queste sedi di ricevere gli studenti: 100.000
posti letto per studenti in campus. Quindi concentrazione di risorse, selezione,
competizione, perché oggi questa condizione non esiste. Sono invece tutte in competizione
al ribasso, ma competizione perversa. Quando vedo alcune facoltà recenti, come scienze
della comunicazione, che dilagano in termini di iscritti, a me viene da piangere per quei
ragazzi e per le loro famiglie perché pensano di essere laureati dopo quattro o cinque
anni, perché così ci si impiega in questi casi per avere la laurea triennale.
Quindi, primo concetto "fusione e razionalizzazione", secondo
concetto "concentrazione dei fondi", sia in funzione di didattica che di
ricerca, allora sì che si può innescare la competizione tra chi è più bravo e chi
attrae di più le risorse, sia per la ricerca che per la didattica, perché vengono
assegnate in funzione a quelli che sono i risultati di ricerca e di didattica.
In sostanza si tratta di applicare anche qui un vecchio concetto, un
dibattito che dura da 40 anni, da metà anni settanta, che riguarda l'intera gestione
della spesa pubblica, che gli americani chiamano ZBB, cioè lo Zero-Base- Budgeting.
Invece di dire di anno in anno cosa aggiungo e cosa tolgo alle varie voci di spesa o di
assegnazione dei fondi, c'è da ricominciare da capo. Non si tratta di dire qua tolgo
cinque milioni e là ci metto dieci milioni, senza discutere che dove tolgo cinque milioni
ci sono un miliardo di euro e quello non lo discutiamo, discutiamo solo il di più o il di
meno. Invece bisogna analizzare per valori assoluti: qual è il totale di risorse che
arriva, su questo totale quali sono i risultati che sono ottenuti, dopodiché se c'è da
aumentarlo del 30 per cento perché i risultati sono ottimi lo si fa, ma dall'altra parte
c'è da ridurre a zero perché è inutile avere le sedi che vi ho citato prima.
Francamente sono responsabilità collettive nei confronti della nuova generazione e delle
famiglie. Questa è la mia valutazione.
È un'occasione importante, il disegno di
legge muove i suoi passi nel senso a mio parere giusto, però devo fare un avvertimento:
la situazione di partenza in cui ci troviamo oggi è talmente disastrosa da questo punto
di vista che con il ritmo e la velocità con cui il disegno di legge si propone di fare il
cammino, noi ci arriveremo, se tutto va bene, fra 40-50 anni. Cioè le incrostazioni che
ci sono non vengono fondamentalmente intaccate. Capisco che questo ragionamento ci crei
problemi nell'opinione pubblica, ma francamente io credo che vada fatto con un'ottica più
di medio periodo che non delle prossime scadenze elettorali come sempre avviene. Questo è
il motivo per il quale io credo che il mio partito, la mia maggioranza, che si chiama
Popolo della Libertà, abbia ragione d'essere. Perché se questo partito non aggredisce e
imposta queste riforme profonde e strutturali, dobbiamo chiederci allora che ci stiamo a
fare, e lo dico alla mia parte politica ma credo che anche dall'altra parte
dell'opposizione, questo sia un tema su cui ragionare bene insieme perché si tratta di
dare all'Italia, al sistema Italia, al Paese Italia, in termini di didattica e di ricerca,
un minimo di prospettiva di poter partecipare a quello che avverrà nei prossimi 30-40
anni in giro per il mondo in tutti i settori della ricerca e non possiamo accettare
supinamente un risultato talmente perverso per il quale i bravi se ne vanno e,
francamente, i somari restano. Dopodiché ci potranno anche dare qualche consenso
elettorale a destra e a sinistra i somari che restano, ma non so quanto a lungo questo
consenso possa essere speso. Un'ultima indicazione signor Presidente. Riflettevo, come voi
sapete io sono sempre un liberal, un liberale, ma sono molto attento al fondamento
portante del pensiero liberale che è "che cos'è lo Stato", è su quello che si
imposta il pensiero liberale. Questa idea quindi di aprire i consigli di amministrazione a
esperti esterni merita molta attenzione, perché guardando all'esperienza per esempio
della sanità e delle ASL, quando ci siamo illusi che far gestire la ASL da un manager
esterno che non capisce assolutamente nulla di medicina, che qualche volta, se va bene ed
è bravo, capisce di contabilità, magari capisse di controllo di gestione, ecco, non
vorrei che anche lì l'esperienza del caso ASL-sanità si ripeta nei consigli di
amministrazione, perché non può esserci assunzione di responsabilità se non c'è anche
un bilancio, balance, diritti-doveri.
Allora, nel momento in cui gli atenei così scremati, così ridotti a
un terzo, hanno una loro autonomia e c'è una gestione, bene, i privati che entrano o gli
esperti esterni che entrano devono avere una corresponsabilizzazione anche in termini
economici-finanziari. È troppo facile entrare e sputare sentenze decidendo dei soldi
dello Stato e degli altri. Teniamo conto - ultimissima indicazione e vale per tutti i
grandi servizi pubblici - che se l'utente, in questo caso lo studente e la famiglia, non
ha la diretta percezione di cosa sta spendendo in quel momento e quindi di qual è
l'ammontare di risorse che viene investito su se stesso, non avrà mai la capacità, la
forza, la volontà di pretendere che a quel costo corrisponda un risultato per sé.
E allora, capisco che posso anche essere eccessivamente liberal, ma
finché non stabiliamo il principio che l'iscrizione all'università deve coprire il costo
medio per studente non ne usciamo: costa 15.000 euro una facoltà di medicina, le tasse di
iscrizione devono essere 15.000 euro. Noi dobbiamo scindere questo concetto da chi e come
paga. Perché attualmente costa 15.000 euro, pago 1.500 euro di tasse, l'ateneo decide di
aumentarle a 1.800, c'è la rivolta universitaria, c'è la rivolta dei sindacati perché
c'è l'aumento delle tasse universitarie, ma nessuno percepisce che in realtà
l'università costa 15.000 euro. Allora il principio è molto semplice: che l'equità
sociale lo Stato la fa con le borse di studio, con il buono scolastico, con queste cose.
Lo studente e la famiglia devono ricevere un assegno dallo Stato di 15.000 euro; lo
studente va a spenderselo e sceglie la sede universitaria nella quale si vuole iscrivere.
Quindi l'università gratis per tutti non è un problema di equità sociale. Dopo tanti
decenni il risultato è che abbiamo prodotto la più perversa selezione sociale, perché
questa formula porta ad una dequalificazione dell'università dove i miei figli e i figli
di famiglie a reddito medio-alto hanno comunque un loro percorso scientifico e di
formazione, i figli dei poveretti, se va bene, ottengono la laurea della quale spesso non
sanno cosa farsene, a meno che non siano dei geni, ma allora solo quelli, uno su un
milione, ce la fanno.
E anche qui, la falsità di una perequazione sociale ottenuta attraverso una
dequalificazione totale, che ottiene come risultato finale una selezione perversa e
classista di ciò che arriva alla fine del percorso di formazione. Questa va a mio parere
smontata e sgretolata e lo strumento è quello di mettere in mano all'utente la
constatazione, la percezione, il toccare con mano che quando entra dentro l'università
sta spendendo 15.000 euro e se la qualificazione dei corsi, la presenza dei docenti e
anche del personale non docente non è adeguata, può certamente chiedere conto a qualcuno
di questo, oppure l'anno successivo prende e ritira il suo assegno e lo va a portare ad
un'altra università. Allora sì che una competizione verso l'alto può funzionare. Senza
di questo io credo che, con tutta la buona volontà nostra e di quelli che ci seguiranno,
non riusciremo a frenare questo degrado progressivo della nostra ricerca universitaria, e
quando un Paese rinuncia a questo tipo di formazione sta rinunciando a se stesso. L'Italia
più degli altri perché se ci guardiamo indietro forse qualche piccolo contributo alla
scienza e alla tecnologia l'abbiamo dato e siamo capaci di darlo, quindi ancora peggio per
noi. Fossimo un Paese magari dell'Africa subsahariana forse avremmo alle spalle - con
tutto il rispetto, per carità - ma avremmo alle spalle meno elementi di
irresponsabilità. C'è un esempio che segna la mia vita, che è negli anni '50, fino ai
primi anni '60: noi registravamo i brevetti, abbiamo inventato il Moplen e l'abbiamo
diffuso in tutto il mondo. Non dico Fermi o altri, o il professor Veronesi che è
autorevole membro del Senato, ma sono certo che se continuiamo così noi saremo in grado
di produrre altri professor Veronesi, ma saranno tutti a Houston a lavorare e non credo
che sia giusto che stiano a Houston soltanto e nessuno in Italia.
Un ultimo auspicio, infine, signor Presidente. Proprio
sulla base delle precedenti riflessioni occorre trarre la conseguenza più coerente, e
cioè la necessità di eliminare il valore "legale" del titolo di studio al fine
di legare il valore del titolo alla effettiva formazione e qualificazione offerta
dall'università ed acquisita effettivamente dallo studente.
Grazie, signor Presidente.
Mario Baldassarri |
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BREVE RESOCONTO DELLA DISCUSSIONE DI IERI IN SENATO
E RICHIESTA MINIMA DI EMENDAMENTI
Riforma dell' Universita', Disegno di legge Senato 1905, Votazione finale,
allo.d.g. giovedi 29 luglio 2010.
Ai Colleghi in
Italia
Ad atri interessati
p.c. |
- Al Presidente del Senato della Repubblica
Italiana
- Agli On.li SENATORI
- Al Presidente del Consiglio dei Ministri
- Al Ministro della Universita' e Ricerca
- Al Ministro della Economia |
Oggetto: breve resoconto e richiesta minima
di emendamenti
ieri (27 luglio) c'e' stata la discussione sul DDL, in
Senato. Il 29 luglio ci sara' la votazione finale.
Ho ascoltato ( e registrato) tutta la discussione, via satellite. Mi sono ricordato
del massacro di Duisburg (Germania), negli scorsi giorni, con migliaia di giovani cacciati
in un tunnel a imbuto, e massacrati.
In estrema sintesi, e' stata una vera caccia all'untore (l'universita'
italiana). L'universita' e' stata accusata, senza misericordia ne' limiti di pieta', di
aver dilapidato i soldi dello Stato (migliaia di lauree inutili, decine di sedi inutili;
allievi promossi a professore per clientela, familismo. Una parte di noi prenderebbe soldi
senza fare ricerca.
Di proprio, gli intervenuti non hanno offerto uno straccio di indicazioni di
strumenti efficaci per risolvere i problemi, se non la centralizzazione dei controlli, a
scapito della autonomia, perche' esercitata in passato, in modo irresponsabile. E
pertanto, l'unico modo di risolvere e' risultato cominciare dal trattamento dei malati
inguaribili, quello di eliminare la malattia uccidendo il malato: vale dire, tagliare il
turnover e i fondi, a man bassa.
Cari Colleghi, se abbiamo un po' di dignita', non rimane che suicidarci.
Alcuni (Garavaglia, Asciutti, Valditara) hanno tentato di difenderci, ma hanno
dovuto dire senza dire, pena il linciaggio.
Il Ministro ha parlato a lungo. Cosa ha detto ? Nulla.
In questa fase, non rimane che lasciar passare il temporale. Poi, il DDL passera'
alla Camera'. In questa sede dovremo riprendere il colloquio (molto colloquio) con la
politica e con le famiglie, e anche col ministro se finalmente lo vorra'.
Al punto in cui siamo, ribadisco le richieste minime di emendamenti, se
l'Aula e il Governo vorranno :
1) che il FFO sia ripartito tra le universita' prendendo a
riferimento il costo standard per studente;
2) che siano liberalizzati i contributi studenteschi;
3) che, conseguentemente, il diritto allo studio per i "bisognosi e
meritevoli" (art. 34 Costituzione) non sia piu' a carico delle universita', ma dello
Stato con apposito fondo del MIUR, con delega alla Regioni, per la gestione. Il Fondo
potrebbe essere finanziato sottraendo al FFO la corrispondente cifra;
5) che sia fissato, di massima, il rapporto tra numero dei professori e numero
degli studenti, uniformemente nelle universita' (ad es., attualmente c'e' 1
professore, ogni 30 studenti, come media nazionale);
4) che anche il personale tecnico e amministrativo sia rappresentato nel Senato
(come conseguenza della abolizione del Consiglio di Amministrazione, quale organo elettivo
di rappresentanza del personale docente e non docente);
5) che anche le commissioni locali di concorso siano sorteggiate nel settore
scientifico nazionale;
6) che ci sia la chiamata diretta (a prof. associato, e a prof. ordinario),
rispettivamente, dei ricercatori a tempo indeterminato e dei prof. Associati con almeno 5
anni di anzianita', in seguito a conseguimento dell'abilitazione nazionale corrispondente,
purche' ci sia anche la unificazione delle tre attuali progressioni retributive
(altrimenti la chiamata diretta sarebbe una scatola vuota). |
Bologna 26 luglio 2010 |
NINO LUCIANI, Professore Ordinario di Scienza delle Finanze |
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LETTERA APERTA DEL NOSTRO GIORNALE AI SENATORI:
"Si può fare di più con un pò di buona volontà ... da parte
del Governo"
|
- Al Presidente del Senato della Repubblica
Italiana
- Agli On.li SENATORI |
p.c.
|
- Al Presidente del Consiglio dei Ministri
- Al Ministro della Universita' e Ricerca
- Al Ministro della Economia |
Oggetto: Riforma delluniversita Disegno
di legge Senato 1905, allo.d.g. martedi 27 luglio 2010
On.le Presidente del Senato, On.li
Senatori,
il DDL in oggetto promette una demolizione
rilevante delluniversita pubblica italiana, pur contenendo un buon avvio in
alcuni punti. In considerazione di cio', vogliate rinviare il testo in Commissione
Istruzione il DDL, pero' con precisi indirizzi, perche da un rinnovato incontro tra
Governo e Parlamento, vengano sciolti i nodi, che sotto vi segnalo.
Le indicazioni dei sindacati universitari sono state date, in particolare,
nella Conferenza
di Bologna del 12 febbraio 2010, organizzata da nostro Giornale e dalla Fondazione Magna
Carta, a cui hanno partecipato i Presidenti delle Commissioni universita' di Camera e
Senato e il sen. Gaetano Quagliariello.
Dei principali problemi, di cui al DDL, rimasti irrisolti, ho scritto il 26 aprile
2010 in una lettera (qui allegata) al Presidente Berlusconi, ma senza ottenere una
risposta. In essenziale, i punti sottoposti sono:
1) La struttura del DDL è funzionale al costo
zero della riforma, per lo Stato, ma anche impedisce alle universita' vie di uscita
alternative. Questo non va bene e infatti:
a) Il costo zero per lo Stato si puo accettare come precisa
scelta politica del Governo, risultato da elezioni politiche. Invece, appare inammissibile
anche limpedimento alluniversita di approvvigionarsi di
risorse sul mercato, mediante la liberalizzazione dei contributi studenteschi, per lo
stretto pareggio del bilancio.
b) Va pur apprezzato che, mantenendo il DDL la copertura delle spese correnti delle
universita mediante il FFO Fondo di Finanziamento Ordinario pur se a
risorse strette, rimarrebbe il soddisfacimento pubblico del Diritto allo Studio, sia pur
con qualche restringimento della maglia.
Ma la liberalizzazione suddetta farebbe mancare laiuto specifico agli
studenti bisognosi e meritevoli, ai sensi dellart. 34 della Costituzione. Per questi
casi sarebbe necessario, come mitigazione della liberalizzazione, creare un Fondo
aggiuntivo a carico dello Stato (togliere la corrispondente cifra al FFO ?), per la
cui gestione si potrebbe dare delega alle Regioni.
c) Lattuale FFO e ripartito in base a parametri che non hanno alcun
senso come riferimenti per premiare i risultati di merito delle universita',
perche costruiti usando statistiche relative ad anni passati, del tutto superati
(questo ricorda le esperienze fallimentari dellUnione Sovietica, dove questi erano
applicati a tutti i settori del sistema economico).
Sarebbe piu utile, invece, prendere a riferimento il costo
standard per studente (vale dire, in pratica, il costo medio, nazionale
dellinsieme delle universita). Questo avrebbe anche l'effetto di premiare
automaticamente le universita virtuose (perche con costi inferiori al costo
standard).
d) Andrebbe anche disposto il controllo preventivo della Sezione locale della Corte
dei Conti sul bilancio delle universita.
2) Governance.
a) Il DDL rafforza lEsecutivo delle Universita (il Rettore si
varra di un Consiglio di Amministrazione configurato come organo esecutivo, come
nelle societa per azioni; e lattuale Direttore Amministrativo diverra
Direttore generale).
Questo puo essere cosa buona, se bilanciata da un rafforzamento degli
Organi deliberanti e di controllo.
Ma questo non e e infatti:
- e il abolito il Consiglio di Amministrazione, come organo elettivo di
rappresentanza delle categorie (professori di I e II Fascia, Ricercatori, Personale
Tecnico e Amministrativo);
- il nuovo Senato diviene un organo elettivo senza poteri reali, perche e
svuotato dei Presidi (attualmente membri di diritto, e figure portanti della democrazia
universitaria) ed e composto da membri eletti in modo polverizzato (cosi da
non avere alcun potere reale).
Per evitare questa polverizzazione, un modo e la elezione per liste
concorrenti dei candidati, in modo da originare una maggioranza ed una minoranza.
Nel nuovo organo elettivo non entrerebbe, poi, il personale tecnico e
amministrativo, e questo non va bene.
3) Reclutamento e progressione in carriera dei docenti.
a) Il DDL istituisce labilitazione nazionale (a lista aperta) dei docenti e questo
e cosa buona.
Inoltre esso conserva nominalmente il concorso locale per il reclutamento e la
progressione in carriera, con Commissioni locali di professori del Dipartimento, nominate
dal rettore, per la scelta dei professori dentro la lista degli abilitati
nazionali.
Questo modo pilotato di fare le commissioni significa, di fatto, la fine dei
concorsi come indicati dalla Costituzione (art. 97) per la Pubblica Amministrazione.
Tenuto conto, poi, che i nostri Dipartimenti sono molto corporativi, il localismo (la
piaga creata dalla legge 210/1998) sara ulteriormente aumentato.
In passato, le commissioni (pur se elette con votazione) erano in
realta il frutto di accordi taciti sotterranei. Adesso lo si farebbe senza piu
limiti al pudore. Sono dell'idea che il concorso debba diventare un vero concorso con
scelta delle commissioni mediante sorteggio (nel settore scientifico nazionale).
4) Diritto allo studio.
Il DDL lede gravemente il diritto allo studio perche, bloccando in modo
rilevante il turnover del personale di ruolo, riduce molto, per gli studenti, la
disponibilita relativa di docenti a tempo pieno.
In questo modo si trascura di considerare che la scuola è come la famiglia, e
senza la sua stabilita, i figli finiscono affidati al vento.
Tenuto anche conto delle attuali carenze finanziarie delle universita (che,
laltro, hanno anche problemi edilizi e do sicurezza delle strutture), nel nuovo
sistema gli insegnamenti saranno affidati prevalentemente a docenti a contratto (pur se
aventi labilitazione nazionale). Questa precarieta' dei docenti potrebbe divenire
estrema nelle aree depresse del Paese, dove i problemi del bilancio sono già gravi per
loro natura.
Si voglia, pertanto, disporre una norma che fissa dei precisi rapporti tra numero
di professori di ruolo e numero di studenti, uniformemente in tutte le universita'
italiane.
5) Mancanza di norme transitorie per i Ricercatori a tempo
indeterminato. E prassi che, abolendo un ruolo, i suoi membri siano
inquadrati ope legis nel gradino piu basso del ruolo superiore. Nel nostro caso, non
solo questo non avviene, ma neppure sono previsti dei giudizi di idoneita per
promuovere i meritevoli, come invece fu fatto per gli assistenti ordinari nel 1980 (DPR
382/80).
Il DDL prevede, e' pur vero, la possibilita di chiamata diretta (come
per i ricercatori a tempo determinato), in caso di conseguimento della abilitazione
nazionale a professore associato.
Questa estensione della chiamata diretta ai Ricercatori a tempo indeterminato (nel
DDL iniziale essa era prevista solo per i Ricercatori a tempo determinato) e ,
pero', fallimentare perche non tiene conto che, in base alla legge vigente, ci sono
tre progressioni di carriera, per le tre fasce, nelle quali il gradino iniziale della
fascia superiore e' piu' basso del gradino di provenienza della fascia inferiore. La
conseguenza e che il Ricercatore a tempo indeterminato anziano
perderebbe di retribuzione, in caso di chiamata.
Per dare un senso compiuto alla chiamata diretta dei Ricercatori a tempo
indeterminato sarebbe necessario anche unificare le tre progressioni
stipendiali (questo non vuol dire il ruolo unico).
6) Professori Associati. Benche il DDL non ne
abolisca il ruolo (ma sarebbe stato un bene il farlo, e invece mantenere il Ruolo dei
Ricercatori a tempo indeterminato), anche per loro e opportuno prevedere la chiamata
diretta in caso di conseguimento dellabilitazione nazionale, previa unificazione
della progressione retributiva delle tre fasce.
I motivi sono:
- e un danno obbligarli a cambiare sede, dopo che hanno creato delle scuole,
con studenti e allievi ...;
- negli anni 1980-1998 essi hanno subito il ghetto, per mancanza di concorsi (erano
programmati 9 concorsi, ne furono fatti 3), e quando nel 1998 furono sbloccati i concorsi,
essi furono esclusi per accordo tacito dei sopravvenuti Commissari giovani che dettero la
precedenza ai loro allievi (ulteriormente piu giovani). |
Bologna 25 luglio 2010 |
NINO LUCIANI, Professore Ordinario di Scienza delle Finanze |
Allegata: Lettera a Berlusconi, del 26
maggio 2010.
Clicca su: RUBRICA |
Mauro Degli Esposti
|
|
Marco Geraci
|
*
Faculty of Life Sciences and # Faculty of Medical and Human Sciences
The University of Manchester, Stopford building, Oxford Road, M13 9PT Mancester, UK |
|
|
This
is an Italian translation of an article that is to be published under the title
"Thirty years of higher education policy for Italy" in the Bulletin of Italian
Politics", Vol. 2, number 1 - July 2010
Trentanni di politica universitaria
in Italia
Sommario. Nel 2010 ricorrono
trentanni da quando, nel 1980, fu introdotta una legge di riforma radicale del
sistema universitario italiano. Durante questo periodo, un susseguirsi di leggi ha
progressivamente alterato e perfino vanificato i cambiamenti introdotti trentanni
fa, in un processo che si potrebbe definire come classico ricorso. Come
inizialmente descritto dal filosofo Vico nel 1744, un ricorso rappresenta un ciclo
storico in cui lo stato finale assomiglia a quello iniziale da cui si è originato. In
questo articolo si avanza lipotesi che proprio questo tipo di andamento ciclico ha
caratterizzato laltalenante politica governativa per luniversità italiana
nelle ultime tre decadi. Secondo tale ipotesi, formulata alla luce dellesperienza
personale di due scienziati italiani di diversa generazione, lultima riforma
proposta dallattuale governo italiano risulterebbe un tipico ricorso, poiché
reintroduce norme già viste in passato. Tuttavia, lattuale politica universitaria
riflette unattenzione al merito più marcata che in passato: il merito costituisce,
infatti, il concetto chiave attorno al quale ruota la spinta riformatrice del mondo
accademico italiano. Questo articolo offre un excursus storico del processo
legislativo che ha prodotto lattuale sistema universitario. In un articolo
successivo, verranno invece discussi approcci quantitativi utili per valutare il
prestigio, e quindi il merito, degli istituti universitari italiani.
1. Trentanni di legislazione sembrano
produrre un ricorso Vichiano. Trentanni fa una grande riforma cambiò il
sistema universitario in Italia. Da allora il mondo accademico italiano ha attraversato
una serie altalenante di cambiamenti legislativi che non sono riusciti a fermare il
progressivo declino del sistema universitario. Un declino aggravato dalle limitate risorse
di investimento pubblico (nonchè privato) e, più recentemente, da forti tagli
finanziari. Lo scopo di questarticolo è di produrre unanalisi pacata di come
il sistema universitario italiano si è evoluto in risposta ai cambiamenti politici e
legislativi degli ultimi trentanni. Da questa analisi emerge la forte impressione,
corroborata da fatti innegabili, che questo sistema stia tornando indietro verso una
situazione simile a quella pre-esistente al 1980, seguendo quindi un processo storico che
ricorda i ricorsi descritti dal filosofo Gianbattista Vico. Secondo la visione
storica di Vico (Vico, 1744), la progressione di corsi e ricorsi non produce
necessariamente delle situazioni migliori che in passato in effetti, non tutto quel
che è nuovo è meglio. I cambiamenti ciclici che descriviamo qui possono anche aiutare a
comprendere il progressivo calo di influenza che la nazione italiana ha esercitato sui
palcoscenici internazionali, sia politici che economici. Il numero crescente di accademici
ed intellettuali italiani che hanno cercato (e trovato) allestero un luogo dove
potersi esprimere al meglio rappresenta, molto verosimilmente, un sintomo di tale declino.
Fra essi gli autori di questarticolo che, osservando a distanza (perlomeno in
termini geografici) il sistema universitario che li ha educati, si chiedono come farà il
nostro paese ad uscire dal pernicioso ciclo di declino accademico in cui sembra
avviluppato. Ci auguriamo che la nostra analisi, nei limiti dellobbietività che
caratterizza unattitudine prettamente scientifica, possa fornire uno spunto, pur
piccolissimo, per uscire da tale ricorso.
2. Caratteristiche generali del sistema
universitario italiano. La struttura delleducazione superiore in Italia risulta
comparabile a quella della Francia e di altri paesi europei di dimensioni equivalenti. Un
numero relativamente alto di università è distribuito su tutto il territorio nazionale,
con una concentrazione di atenei nelle regioni del Centro-Nord dove, in passato,
esistevano piccoli Stati indipendenti (Toscana, Emilia, Lombardia, Piemonte e Veneto). Ci
sono, inoltre, istituzioni di formazione superiore derivate da modelli napoleonici, tra
cui la più nota è forse la Scuola Normale di Pisa, ed un numero crescente di
istituzioni universitarie private, alcune delle quali di tipo telematico (specializzate in
e-learning). Secondo lultimo rapporto del Comitato Nazionale per la
Valutazione del Sistema Universitario (CNVSU, 2009), nel 2008 esistevano oltre 90
università in Italia, ospitanti, approsimativamente, due milioni di studenti e 62000
accademici.
In Italia, il numero delle università e degli
studenti che giungono alla conclusione del percorso di studi non è alto se rapportato
alla dimensione della popolazione. Oltretutto, il 40% degli studenti iscritti risulta fuori
corso, cioè non giunto alla laurea nei tempi stabiliti (CNVSU, 2009). Questo riduce
grandemente lefficienza del sistema delleducazione superiore. Tale sistema,
inoltre, è caratterizzato da una limitata mobilità sociale, come dimostrato dal fatto
che circa il 40% dei laureati in Architettura, Farmacia e Medicina provengono da famiglie
in cui almeno un genitore possiede lo stesso tipo di laurea (Ainis, 2009). Questa
ingessatura deriva dal fatto che il mondo accademico non ha mai smesso di esprimere e
propagare forme di conservatorismo sociale. Infatti, come documentato nel popolare libro
di Stella e Rizzo (2008), molti professori universitari appartengono a famiglie di lunga
tradizione accademica. In casi estremi, ma non particolarmente rari, intere facoltà
sembrano essere dominate dalla stessa famiglia accademica (Ainis, 2009; Carlucci and
Castaldo, 2009). Un aneddoto personale può essere illuminante. Agli inizi degli anni
ottanta, solamente due fra gli otre 40 accademici dellInstituto Botanico di Bologna
venivano da famiglie di classe medio-bassa senza tradizioni accademiche. Ancor oggi, la
situazione di quellIstituto non sembra molto cambiata, dal momento che la
maggioranza degli accademici di allora sono ancora attivi, mentre i pochi che sono
subentrati ad altri hanno in molti casi parentele nellambito accademico. Storie
simili si ritrovano da una punta allaltra del Paese (Carlucci and Castaldo, 2009).
3. La riforma del DPR 382/1980. Durante
gli anni settanta si accumularono vari problemi nel sistema universitario italiano, in
parte dovuti allapertura dei corsi universitari, precedentemente destinati ad
élites, che raddoppiò la popolazione studentesca. Molti problemi furono poi esacerbati
dalla crisi economica del 1972, che condusse alla riduzione dei fondi per
luniversità. Per portare avanti le attività di insegnamento e ricerca vennero
assoldate frotte di giovani laureati con contratti a breve termine, spesso sotto-pagati,
determinando così la nascita di un esercito di precari. Insieme al loro numero,
crebbe anche la loro influenza sul processo di riforma che lentamente si andava
sviluppando verso la fine degli anni settanta. Tale riforma riuscì ad andare avanti solo
attraverso una stabilizzazione del ruolo dei precari, che fu decretata con la Legge
382 approvata nel 1980. Molti precari furono dunque collocati in una delle nuove
posizioni accademiche introdotte nella riforma: quella di ricercatore e quella di professore
associato (correspondenti, più o meno, a quelle di assistant e di associate
professor negli Stati Uniti e a quelle di junior e di senior lecturer nel
Regno Unito). Nonostante che lentrata in ruolo in queste posizioni permanenti
richiedesse una valutazionedi idoneità basata sul curriculum, in pratica tutti i precari
che avevan ricevuto incarichi prima del 1979 entrarono a ruolo. Cosicché la riforma
permise unentrata nel settore accademico ope legis a quasi ventimila persone
le cui credenziali di ricerca ed insegnamento non vennero seriamente valutate. Allo stesso
tempo, con la legge 382 vennero bandite quattromila nuove posizioni di ricercatori
liberi, a condizioni salariali significativamente meno vantaggiose rispetto a quelle
dei ricercatori confermati. Uno degli autori di questo articolo ottenne nel 1983 una
posizione di tal genere dopo un concorso molto competitivo. I tempi di attuazione
della legge 382 furono, infatti, assai lenti per queste nuove posizioni, che, a differenza
di altre, vennero assegnate essenzialmente sulla base del merito scientifico alla stregua
di quanto avveniva in altri paesi occidentali. Questi giovani ricercatori diedero un nuovo
impulso alla ricerca italiana, grazie anche al supporto di scienziati delle precedenti
generazioni che poterono impiegare nuove risorse finanziarie ed intellettuali, in
particolare studenti di dottorato, liberate con la Legge 382. Giovani e dediti studenti
furono attratti a lavorare su progetti di ricerca finanziati dal ministero o da nuove
agenzie come Telethon, e si aprirono filoni di ricerche di carattere anche internazionale.
Un fresco entusiasmo iniziò a permeare (o tale fu la percezione) i nuovi dipartimenti.
Tutto ciò nonostante il livello di finanziamenti fosse relativamente basso e, molto
spesso, distribuito a pioggia.
4. Il sistema dei concorsi con il
DPR 382/1980. La Legge 382 consolidò un cambiamento cruciale nel modo in cui le
università reclutavano e promuovevano il loro personale accademico. Contrariamente ai riceratori
liberi, che venivano selezionati localmente, le posizioni di professore, associato e
ordinario, venivano bandite per mezzo di concorsi nazionali condotti ogni due o tre
anni1. Per ciascuna disciplina accademica, si formava una commissione dai sette
ai nove membri, selezionati da un pool di professori. Questi ultimi, a loro volta,
venivano eletti a livello nazionale fra accademici dello stesso ramo disciplinare,
seguendo le norme stabilite da una precedente legge del 1979 (la stessa legge che
introdusse anche il CUN2, un organismo divenuto oggi fondamentale
nel sistema universitario italiano). La commissione, una volta insediata, esaminava le
domande dei vari candidati sulla base di criteri che stabiliva essa stessa in modo
insindacabile. Non solo tali criteri erano slegati da parametri internazionalmente
riconosciuti come, ad esempio, il fattore dimpatto (impact factor), ma non
era neanche previsto nessun meccanismo di valutazione ex post. Ciò portò
addirittura alla possibilità di poter selezionare i candidati per la posizione più
elevata (professore di prima fascia) senza sottoporli ad alcun colloquio. I candidati a
posizioni di professore associato, invece, venivano intervistati e poi dovevano presentare
una lezione pubblica su un tema sorteggiato il giorno precedente.
Il sistema di elezione dei membri delle
commssioni divenne immediatamente permeabile alle manipolazioni dei potentati accademici,
generalmente chiamati scuole (Mattei and Monateri, 1993), i quali potevano
indirizzare molti voti su candidati prescelti. Anche se diversi scandali sui concorsi finirono
in mano alla stampa (come quelli descritti da Ainis, 2009 e Stella e Rizzo, 2008), uno in
particolare fece eco in quanto rivelò come i concorsi venivano sistematicamente
manipolati per promovere solo i candidati desiderati, indipendentemente dal loro merito
scientifico. Roberto Bisson, un professore associato di Padova molto conosciuto in
ambienti scientifici, produsse un rapporto accurato in cui analizzò vari concorsi in
Biochimica, in particolare quello del 1992 nel quale vennero bandite 39 posizioni di
professore di prima fascia. Questo concorso, che fu uno dei più importanti per
numero di posizioni ed università interessate tra quelli banditi nel 1992, può essere
considerato emblematico di come la promozione accademica procedesse dopo
lintroduzione della Legge 382/80 (per ulteriori esempi, cfr. Carlucci and Castaldo,
2009).
5. Il concorso per professori di
Biochimica del 1992. Storicamente, il campo della Biochimica è stato dominato in
Italia da un ristretto gruppo di potenti scuole afferenti le università di Roma,
Napoli, Bologna, Milano e Genova, le quali sono state in grado di estendere la loro
influenza su quasi tutti gli altri atenei italiani. Per esempio, la scuola di Bologna ha
tradizionalmente esercitato un forte controllo sui dipartimenti di Biochimica in tutte
quelle facoltà in cui, appunto, la Biochimica viene insegnata. Fra queste si annoverano
quelle delluniversità di Bologna, Modena, Parma, Ancona, Pisa, Sassari, Catania e
Roma Cattolica, che, allepoca in cui si tenne il concorso in discussione,
comprendevano oltre un decimo dellelettorato deputato alla formazione delle
commissioni concorsuali per Biochimica. La scuola di Bologna, dunque, aveva
assicurarata lelezione di almeno un suo rappresentante in ogni commissione dei concorsi
nazionali per posizioni accademiche nel settore scientifico di sua spettanza.
Unaltra scuola ancor più influente, e con un elevato profilo scientifico,
era quella di Roma (La Sapienza).
Il meccanismo di selezione funzionava
impeccabilmente: una volta che i membri delle commissioni erano stati eletti a sorte fra i
candidati preselezionati (cioè quelli che si erano impegnati a salvaguardare gli
interessi delle rispettive scuole), essi si incontravano in modo discreto con i
rappresentanti di tutte le scuole per definire chi doveva vincere i posti messi a
bando, ancor prima di vedere i curricula dei candidati. Successivamente, le
commissioni si riunivano per definire i criteri che, appunto, favorissero i candidati
preselezionati dai potentati nazionali e da quelli locali. Tali criteri dovevano
conformarsi al livello scientifico dei futuri vincitori, livello molto spesso di gran
lunga inferiore a quello di altri candidati, magari privi di simile
protezione. Difatti, praticamente tutti i 168 candidati che fecero domanda al concorso
di professore di Biochimica del 1992 furono ammessi dalla commissione, la quale, nei
due anni successivi, lavorò alleliminazione di quelli indesiderati e alla
promozione di tutti quelli predestinati alla vittoria.
Questo sistema ufficioso, ed illegale, di
selezione continuò indisturbato per molti anni, anche perché i curricula dei candidati
non erano di dominio pubblico. Tuttavia, le cose cominciarono a cambiare nel 1994 quando
il succitato Roberto Bisson, che aveva partecipato senza successo al concorso del
1992, decise di valutare il profilo scientifico degli altri concorrenti. A tal fine
utilizzò risorse allora nuove, come il databank Pubmed/Medline che raccoglie la
maggioranza delle pubblicazioni scientifiche in Biochimica e materie affini. Nella sua
analisi sistematica, Bisson trovò che molti dei vincitori del concorso possedevano
meno pubblicazioni, e spesso su riviste di minore prestigio, di quelle di molti candidati
esclusi (tra questi, anche uno degli autori del presente articolo). A sue spese, Bisson
fotocopiò i documenti depositati ufficialmente presso il Ministero dellIstruzione a
Roma che riguardavano il concorso del 1992 e quelli precedenti ad esso collgati.
Confrontò quindi la sua rigorosa analisi con i documenti ufficiali e li pubblicò in un
libretto, il rapporto Bisson, che poi distribuì a molti bochimici italiani, prima
di ritirarsi dalla ricerca, e poi dalla vita accademica.
Le conclusioni del rapporto Bisson erano
devastanti. Veniva messo allo scoperto, in modo inappuntabile, un modo profondamente
ingiusto di portare a promozione accademici che non ne avevano i titoli e che, dunque, era
in completo contrasto con le norme di legge. Ad esempio, mettendo i 39 vincitori del
concorso a confronto con i 20 migliori fra gli esclusi, Bisson stimò che il numero medio
delle citazioni ricevute dalle pubblicazioni dei primi era circa la metà di quello delle
citazioni per le pubblicazioni dei secondi (67 e 130, rispettivamente), mentre solo cinque
fra i vincitori avevano un profilo tale per potersi definire dei leader indipendenti.
Guardando poi ai casi singoli, Bisson rilevò che un candidato scientificamente assai
quotato (con ben 752 citazioni ed un impact factor globale quattro volte più alto
della media dei vincitori) venne considerato non adatto alla posizione di professore. Al
contrario, vennero giudicati adeguati candidati con meno di dieci citazioni! Questo non fu
un caso isolato. Se la selezione fosse stata basata su una combinazione di parametri
riconosciuti internazionalmente, solo 14 fra i candidati che vinsero sarebbero rientrati
nellipotetica classifica dei migliori 40 fra tutti i candidati a quel concorso.
Di conseguenza, si evince che i due terzi dei migliori biochimici italiani degli inizi
anni novanta furono ingiustamente esclusi dallessere nominati professori. Un danno
accademico probabilmente irreparabile, dato il mediocre profilo internazionale che la
biochimica italiana ha mantenuto dopo il 1992.
6. La transizione verso la riforma
Berlinguer. Dai concorsi nazionali a quelli locali. Il rapporto Bisson,
insieme ad altri scandali concorsuali, ebbe un impatto sulla comunità accademica in
Italia verso la metà degli anni novanta. Membri di commissioni in concorsi incriminati
sembravano impauriti dalle possibili conseguenze giudiziarie che avevano colpito alcuni
accademici. Tuttavia, il sentimento politico di supporto incondizionato a soluzioni
giudiziarie del diffuso malcostume accademico e dei suoi concorsi truccati si dileguò
rapidamente e si trasformò presto in una scarsa considerazione per il sistema
universitario in toto, nel quale ora si procedeva in modo più cauto in occasione
dei processi di selezione e promozione. Tuttavia, lo stesso sistema rimaneva refrattario
alla competizione accademica aperta, producendo forme di resistenza passiva che
effettivamente scoraggiavano validi scienziati a far domanda per posti accademici, inclusi
quelli emigrati allestero e che avrebbero voluto rientrare in patria. Questo avvenne
anche grazie al fatto che la Legge 382 lasciava aperta una forte discrezionalità nel
processo di reclutamento. Dopo aver superato la selezione di un concorso, un candidato era
infatti obbligato a far domanda di assunzione presso le facoltà che avevano bandito un
posto per quello stesso concorso. Le facoltà potevano poi scegliere chi volevano
per occupare quel posto, generalmente dopo complessi negoziati con altri corpi academici e
potentiati di ogni genere. Cosicché, quando questi negoziati non approdavano a nulla,
oppure un candidato vincente esterno non era interessato a quel posto, lo stesso
poteva rimanere vacante a tempo indefinito (Carlucci and Castaldo, 2009).
Conseguentemente, il sistema di reclutamento accademico rimaneva non solo ingiusto, ma
anche assai inefficiente.
Le distorsioni nei concorsi condotti
secondo le interpretazioni pratiche della Legge 382/80 chiaramente richiedevano dei forti
aggiustamenti, che riconciliassero gli interessi locali con criteri a validità nazionale.
La soluzione seguita fu semplice: i concorsi dovevano decidersi a livello locale,
con commissioni dominate da accademici delle stesse università, un po come avviene
tuttora in molti altri stati occidentali. Questo tipo di soluzione fu introdotto con la
Legge 210 del 19983, la quale effettivamente trasferiva molta
libertà di manovra agli atenei. Con questa maggiore autonomia, si procedette con la
selezione di candidati per nuovi posti generati localmente e, invariabilmente, destinati a
persone di proprio gradimento, generalmente cresciute negli stessi ambienti universitari.
Un tale trasferimento di potere da organismi nazionali ai singoli istituti accademici
seguiva il disegno di aumentata autonomia per le università italiane che va comunemente
sotto il nome di riforma Berlinguer.
7. La riforma Berlinguer. La riforma
centrale delle università avvenne alla fine degli anni novanta e prende il nome del
ministro sotto il quale fu attuata, Luigi Berlinguer, un politico di lunga carriera
accademica (ricoprì anche la carica di rettore) che introdusse numerosi cambiamenti
nellintero sistema delleducazione italiana. La principale legge di riforma, il
DL509/994, portò rapidamente ad una autonomia effettiva delle
università, soprattuto riguardo alle loro attività di insegnamento. I precedenti corsi
di laurea a quattro o cinque anni furono ristrutturati in un curriculum modulare,
con un diploma triennale (corrispondente al bachelor inglese) seguito da una laurea
specialistica di due anni. Questo sistema, chiamato 3+2, fu implementato
gradualmente e ha prodotto, nel tempo, effetti sia positivi che negativi per
leducazione e la formazione superiore in Italia.
Fra i benefici vanno annoverati la riduzione
degli studenti fuori corso, che scesero dal 55% della fine degli anni novanta al
40% del 2008, e laumento del pass rate (efficienza accademica nel conseguire
la laurea), che aumentò dal 31.9% del 2001 al 56.9 % nel 2005 (CNVSU, 2009). Tuttavia, a
seguito della loro autonomia accademica, le università espansero il numero dei corsi
offerti (vi erano 3234 nel 2001 e ben 5835 nel 2007), non solo per aumentare gli introiti
e radicarsi meglio sul territorio, ma anche per giustificare un aumento del numero di
posizioni accademiche. Lespansione inevitabilmente contribuì ad aumentare il numero
delle persone in ruoli academici di vario tipo, le quali venivano selezionate tramite concorsi
gestiti localmente in modo fondamentalmente incontrollato. Insieme al concomitante
aumento delletà pensionabile (sino al 2008 questa arrivava fino a 75 anni!),
promozioni locali portarono ad un forte aumento dei professori di prima fascia (ordinari),
che da 13103 nel 1998 passarono a 19623 nel 2007 (CNVSU, 2009). Questo provocò un abnorme
aumento nelle spese di retribuzione - addirittura del 183% per gli stessi ordinari (CNVSU,
2009). Aumenti incontrollati di tal genere, mescolati alla continua saga di scandali
concorsuali di ogni tipo, hanno portato ad una progressiva perdita di interesse da parte
delle forze politiche verso il sistema universitario, che spesso sembra vivere nel suo
mondo (Tocci, 2009). Questo distacco è divenuto più tangibile con i recenti governi di
centro-destra, anche a causa della loro tradizionale insensibilità ai problemi
delleducazione superiore.
8. I tentativi di riforma e le delusioni
del nuovo millennio. Col ritorno del centro-destra al governo in Italia nel 2001, il
nuovo ministro per lEducazione, Letizia Moratti, introdusse vari cambiamenti nel
sistema universitario che sembravano seguire principi di new public
management, come recentemente discusso da Newell (2009). Contrariamente ai suoi
predecessori, Letizia Moratti veniva dal mondo imprenditoriale e forse grazie a questo
diverso background ha inaugurato nuovi approcci per valutare gli output scientifici
delle istituzioni accademiche (non a caso chiamati prodotti). Insieme ad alcuni
tagli ai finanziamenti, il ministro Moratti introdusse un disegno di riforma
universitaria, la legge 230/05, che però non venne promulgata prima della fine della
legislatura. Un aspetto molto interessante di questa legge era labolizione della
posizione di ricercatore, provvedimento che sarebbe risultato in un ritorno alla
situazione di gerarchia accademica esistente prima della Legge 382/80 (cfr. sezione 3). Un
primo segno di un possibile ricorso Vichiano, come discuteremo dopo. In pratica, la
principale conseguenza della gestione Moratti fu un accumulo di normative e tagli
finanziari che condussero ad una progressiva riduzione nel reclutamento di giovani
ricercatori, con il conseguente aumento di forme di precariato simili a quelle degli anni
settanta. Nel contempo, molte università continuarono a portare avanti la promozione
interna di accademici già di ruolo. Così nel 2006 il numero di professori ordinari era
aumentato del 51% rispetto al 1998 (CNVSU, 2009).
Nel 2006, il breve governo di centro-sinistra
reintrodusse il Ministero per la Ricerca, separato da quello dellIstruzione, che fu
assegnato a Fabio Mussi. Laureato in filosofia e con il mondo sindacale alle spalle, Mussi
non sembrò particolarmente sensibile al mondo accademico. Tuttavia riuscì a far passare
lo stanziamento di nuovi fondi per reclutare giovani ricercatori, controbilanciando in
parte decisioni e tagli del precedente governo. Introdusse pure una nuova Agenzia,
lANVUR (Agenzia Nazionale per la Valutazione dellUniversità e della Ricerca),
che tuttoggi dovrebbe inglobare il CNVSU. In sostanza, però, Mussi ed il secondo
governo Prodi produssero molto discontento nel sistema universitario italiano che divenne
ulteriormente sclerotico, rimanendo cronicamente a corto di fondi ma sottoposto ad
uniper-regolamentazione normativa (Tocci, 2009). Un risultato impressionante,
considerato che il governo era guidato da un eminente professore universitario (benché
prestato alla politica da tanto tempo).
9. La riforma Gelmini. Col ritorno del
governo Berlusconi nel 2008, il mondo accademico ricevette un chiaro messaggio: il sistema
universitario è vecchio, inefficiente e pieno di sprechi, e devessere cambiato. La
persona scelta per mettere in atto questo messaggio, in maniera apparentemente conforme
alla filosofia del new public management (Newell, 2009), fu Mariastella Gelmini,
una trentaquattrenne laureata in legge con nessuna precedente esperienza governativa od
accademica (Sartori, 2008). Nonostante la sua inesperienza, il ministro Gelmini introdusse
una serie di cambiamenti (molto controversi) allintero sistema educativo italiano, a
partire dalla scuola primaria, supportando i severi tagli finanziari imposti dal nuovo
governo. Questi tagli provocarono una specie di rivolta nazionale che vide uniti genitori,
insegnanti e studenti di tutte le età. La rivolta produsse, a livello universitario, la
cosiddetta Onda, un movimento che poi si spense verso la fine del 2008, non senza
aver temporeanamente preoccupato il governo. Forse a causa di queste preoccupazioni, il
ministro Gelmini elaborò un decreto legge, il DL 1805, che
restrinse ulteriormente le possibilità di reclutamento nelle università, esacerbando
precedenti norme introdotte dal ministro Moratti. Ora solamente gli atenei cosiddetti
virtuosi e definiti tali con un arbitrario criterio contabile, avrebbero
potuto reclutare nuovo personale attraverso procedure concorsuali che venivano
parzialmente semplificate rispetto al passato. Il DL 180 introdusse anche, per la prima
volta in Italia, una parziale redistribuzione del fondo statale ordinario (pari al 7%),
secondo criteri che avrebbero preso in considerazione anche la produzione scientifica.
Le novità del DL 180 erano tese a preparare
il terreno per una successiva legge volta a riformare completamente il sistema
universitario italiano, la quale divenne presto nota come riforma Gelmini.
Dopo tortuosi sviluppi (la cui sequenza temporale è documentata nel sito web Gelminometer,
Degli Esposti, 2009), il decreto legge è stato poi presentato al Consiglio dei Ministri
verso fine ottobre 20096. Subito dopo la sua presentazione, la
riforma Gelmini attrasse unentusiastica campagna mediatica, promossa specialmente
dal governo, in cui si sottolinearono gli aspetti rivoluzionari che la legge
avrebbe introdotto nel sistema accademico. Il quale, esasperato da anni di inattività
istituzionale e dalla sua progressiva decadenza, rispose inizialmente con tiepidi segni di
approvazione (un esempio per tutti, larticolo su La Stampa del 29 ottobre 2009).
Tuttavia, molti di quelli che esaminarono in dettaglio il lunghissimo decreto (contenente
oltre 171 norme), risposero con giudizi in genere negativi. La critica forse più comune
era che il decreto avrebbe prodotto un eccesso legislativo e quindi gonfiato aspetti
burocratici che invece sarebbe stato giusto eliminare. In effetti, calcoli attendibili
stimarono che la legge di riforma avrebbe prodotto circa 500 norme ed oltre mille nuove
disposizioni, da implementare in tempi non ben definiti (Tocci, 2009). Per di più, molte
di queste nuove disposizioni andrebbero ad aggiungersi al complesso di regole tuttora
vigenti, accumulatesi nelle ultime tre decadi di politica uiversitaria. Potestio e
Rustichini (2009) hanno sottolineato come lapparente strategia del decreto legge
risieda nella capillarità dei provvedimenti che dispone, i quali non solo non riusciranno
a fermare il declino del sistema universitario italiano, ma che anzi favoriranno
potenzialmente le sue peggiori capacità di elusione (Tocci, 2009). Indubbiamente il
decreto legge del ministro Gelmini era volto, nella sua forma originaria, a promuovere
maggiore efficenza e merito, obiettivi commendevoli e di novità per il vecchio sistema
universitario dItalia (Potestio e Rustichini, 2009; Tocci, 2009). Tuttavia la
maggioranza degli esperti sembra aver concluso, col tempo, che la capillarità dei
provvendimenti contenuti nello stesso decreto potrebbe avere un effetto paralizzante
sullorganizzazione e sul funzionamento delle università per anni a venire (per una
breve analisi, si veda larticolo di Boeri su La Repubblica del 29 Ottobre 2009).
Emerge quindi limpressione che la
riforma Gelmini potrebbe portare ad una complessa serie di cambiamenti che alla fine
avranno un impatto limitato sul sistema universitario italiano e su come funziona tuttora.
Cambiamenti del genere sono tipici della politica italiana e di solito vengono definiti gattopardeschi
(La Stampa, 29 Ottobre 2009). Ciononostante, il trend che sembra seguire la
politica universitaria in Italia risulta conforme ad un ciclo storico di cambiamenti ed
aggiustamenti che ripristinano condizioni precedenti, delle quali spesso la gente ha perso
memoria. In questottica, i cambiamenti introdotti dal corrente governo
diventerebbero emblematici di un classico ricorso. Tre punti sembrano puntare verso
questa ipotesi:
1. Nel
decreto traspare una chiara intenzione di ridurre lautonomia delle singole
università, visto che tutte le decisioni chiave debbono essere approvate attraverso due
livelli di governo centrale, il Ministero dellEducazione ed Università e, alla
fine, pure il Ministero delle Finanze (Tocci, 2009). La riforma reintrodurrebbe, così,
una situazione analoga a quella esistente negli anni ottanta, con laddizionale
controllo da parte del Ministro dele Finanze.
2. Le
commissioni per la selezione di professori (associati ed ordinari) lavoreranno a livello
nazionale e verranno formate essenzialmente secondo le modaltà introdotte nel 1979, ma
successivamente abolite con la riforma Berlinguer. Di conseguenza, si ritornerebbe ai concorsi
controllati centralmente, senza normative chiare che evitino le manipolazioni avvenute
nel passato e documentate, ad esempio, dal rapporto Bisson.
3. La posizione
di ricercatore (a tempo indeterminato) viene abolita, producendo così una
gerarchia accademica formata da professori associati ed ordinari con posizione permanente
che comandano uno stuolo di giovani ricercatori ed accademici, impiegati a tempo
determinato con diversi contratti. Si tornerebbe quindi indietro alla situazione di un
sistema iniquo, instabile e caotico, come quello esistente oltre trentanni fa. Se il
ricorso seguisse la sua conclusione naturale che questi elementi suggeriscono,
solamente una forte deviazione verso un percorso di progresso lineare potrebbe cambiare la
natura ciclica della politica universitaria italiana degli ultimi trentanni. Una
tale deviazione dovrebbe concretizzarsi su basi prettamente meritocratiche, mettendo la
valutazione del merito dei singoli accademici e dei loro istituti al centro dei principi
guida per rinnovare il sistema universitario.
10 Limportanza del merito e della sua
valutazione in futuro. Questa panoramica delle riforme applicate al sistema
universitario in Italia negli ultimi trentanni profila uno scenario che per noi
scienziati risulta allarmante: un potenziale ritorno al passato. Suggerisce anche che
lultimo processo di riforma potrebbe diventare unulteriore mancata
opportunità per dotare laccademia italiana di un più forte profilo di ricerca,
soprattutto a livello internazionale. Mentre il decreto legge della riforma Gelmini entra
nel suo cruciale momento legislativo, concludiamo la nostra analisi ponendo ancora una
volta laccento sullimportanza del merito e della sua valutazione, sia prima
che dopo il processo di reclutamento degli accademici che formeranno il futuro del sistema
universitario e che, quindi, determineranno il profilo scientifico dellItalia sul
piano internazionale. LANVUR, che sta per essere finalmente istituita7,
dovrebbe giocare un ruolo decisivo nel promuovere e garantire un sistema meritocratico,
contribuendo così a far uscire la politica universitaria dai percorsi ciclici che sinora
hanno alimentato il declino del sistema universitario in Italia.
Note
Referenze |
Thirty years of policy for higher education
in Italy: Vico's ricorsi and beyond?
Mauro Degli Esposti* and Marco Geraci#
* Faculty of Life Sciences and # Faculty of Medical and Human
Sciences
The University of Manchester, Stopford building, Oxford Road, M13 9PT Mancester, UK
Abstract. In 2010, it
will have been thirty years since a reform bill was introduced to instigate several major
changes in the Italian university system. During this period, many laws have been
progressively altered and, more recently, also restored in a recurring pattern that could
most aptly be described as ricorso. As first dubbed by the Italian philosopher Vico in
1744, a ricorso is a recurring historical cycle in which the end state is almost identical
to the initial state from whence it originated. In this article it is posited that it is
precisely this type of historical pattern that is characterised by the twists and turns of
the Italian higher education policy that has occurred over the last thirty years. By
combining the personal experience of two Italian scientists from different generations,
this article will discuss how the latest reform proposed by the current government in
Italy fits a pattern of ricorso, in the way in which it outlines the introduction of norms
that were already in place thirty years ago. Nevertheless, the current policy proposals do
appear to be based on a more meritocratic system something which can be seen as a
key issue for reforming the academic world in Italy. More important than the mere
principle of merit itself, however, it is also the particular method of evaluating this
merit that may be called into question. Crucially, merit calls to be evaluated according
to congruent quantitative methods. The following article will present a study that will
hopefully provide just such a quantitative analysis of the merit and prestige of
universities in Italy.
1. INTRODUCTION - Thirty years of
legislation seems to produce a ricorso. Thirty years ago, a major reform
changed the university system in Italy. Since then, the Italian academia has gone through
a roller-coaster of legislative changes and reform bills that have not succeeded in easing
the progressive decline of the university system. This decline has been exacerbated by
limited public investment and, more recently, severe financial cuts. The purpose of this
article is to provide an overview of how the Italian university system has evolved in
response to the legislative and political changes of the last thirty years. In our
opinion, it is now reverting back to a situation analogous to that of pre-1980, thus
recalling a pattern of historical cycles that were first described by the Italian
philosopher Gianbattista Vico as ricorsi. According to Vicos view of history
(Vico, 1744), the progression of corsi e ricorsi does not necessarily improve
situations - after all, not everything that is new is better. Indeed, the changes in the
university system that are described and discussed here may help understanding the
progressive decline of the Italian nations influence on the international stage
both politically and economically over the past decade or so. It is perhaps
telling that an ever increasing number of Italian academics and intellectuals have found
it necessary to move abroad. The authors look back to the Italian system that educated
them and wonder how the country will be able to progress out of this perniciously vicious
cycle of Vichian decline. Might our present analysis be a small step in that
direction
1.1 General features of the Italian
university system. The structure of higher education in Italy may be compared to that
in France and other European countries of equivalent size. A relatively large number of
universities are distributed throughout the country, although they are particularly
concentrated in middle and northern regions whose boundaries once enclosed the independent
states of Tuscany, Emilia, Milan, Turin and Venice. In addition, there are a handful of
specialised institutions modelled on the Napoleonic Ecole Normal, (Scuola
Normale di Pisa is perhaps the best example) and an increasing number of privately
owned universities, some of which are specialised in e-earning (Università
Telematiche). According to the latest report of the National Committee for the
Assessment of the University System (CNVSU 2009), in 2008 there were over ninety
universities in Italy, which together enrolled 1.8 million students and employed 62,000
teaching staff.
In Italy, the number of university students
and graduates is not large relative to the population as a whole (CNVSU, 2009); Moreover,
40% of the enrolled students fail to complete their courses within the prescribed time
(known as fuori corso), thus reducing the efficiency of the higher education system
in Italy. The same system is also characterized by a limited level of social mobility:
about 40% of students obtaining a degree in Architecture, Pharmacology and Medicine have
come from families in which at least one parent has the same degree (Ainis, 2009). This is
because in Italy the academia has never stopped expressing and propagating a form of
social conservativism. As described in a popular book by Stella and Rizzo (2008), many
academic professors belong to families that profess an old association with the academia;
in extreme cases, although not particularly rare, entire faculty bodies appear to be
historically dominated by the same family (Ainis, 2009; Carlucci and Castaldo, 2009). A
personal anecdote will help to illustrate this point. In the early 1980s, only two out of
forty plus academic members of the Institute of Botany in Bologna were from a lower
middle-class family without academic traditions. To this day, the situation has not
significantly changed, since most of the academics of that institute are still active and
the few who have succeeded retired professors are often relatives of other academics.The
same story is repeated in other universities up and down the country (Carlucci and
Castaldo, 2009).
1.2 The 382 Law of reform. A number of
problems started to manifest themselves in the Italian University system during the 1970s,
partly due to the opening of the previously elite universities, which resulted in a
doubling of the student population. Many problems were subsequently exacerbated by the
economic crisis of 1972, which resulted in reduced government funding for the
universities. To carry out the great load of both research and teaching activities, an
army of new graduates (laureati) was employed on short-term and poorly paid
contracts (known as precari). Together with their sheer numbers, their social
influence progressively increased during the 1970s. This could have only be achieved by
consolidating the academic role of precari, which in fact happened later with the
introduction of the 382/80 reform of 1980. Many precari were then enrolled in one
of the two new academic levels introduced by the reform, ricercatori and professori
associati (approximately corresponding to assistant and associate professors in the US
system, or to junior and senior lecturers in the UK system). Although in theory the
acceptance for these relatively well paid positions required an evaluation of idoneità
(suitability) based on the curriculum, in practice these positions became open to all precari
who had been employed previous to 1979. Thus, the reform allowed, ope legis,
the acceptance into university positions of over 16,000 individuals whose teaching and
research credentials had not been properly evaluated. Conversely, the same law served to
open up 4,000 new posts of free researchers (junior positions with a salary
significantly lower than that provided to confirmed ricercatori) to graduates who had been
left out of the university system. One of the present Authors was able to obtain a
position of this kind after a highly competitive local concorso in 1983, thereby
becoming a member of a novel category of Italian academics selected predominantly on the
basis of scientific merit, as in other Western countries. These young free
researchers, together with some fine scholars of previous generations and thanks to
specific provisions of the reform (e.g. institution of large departments and of the
doctoral degree), gave a strong positive incentive to Italian research, enhancing its
scientific production throughout the 1980s and after. Fresh enthusiasm started to permeate
research departments and top class students were attracted to research projects funded by
government agencies and charities like Telethon. The level of funding remained low in
comparison to that in the UK or other countries and it was generally assigned in a
non-selective fashion. In spite of this, it was still possible to achieve high levels of
research performance, thanks also to the fact that Ph.D. scholarships and support
personnel were provided by the universities via local funding schemes.
1.3 The concorso system following
the 382 law. The 382 Law served primarily to consolidate a crucial change in the
recruitment of new university posts. In contrast to the free researchers, who
were recruited locally, professors (associati & ordinari) were selected
via a public competition (concorso) conducted nationally every 2-3 years1.
For every discipline, a committee of seven to nine members was selected from a pool of
professors who were elected nationally among their peers, following the system previously
introduced by a 1979 law (the same law that also constituted the Comitato Universitario
nazionale, CUN2 - an elective body that would have subsequently played a consultation
role in the decisions regarding the university system). The committees would then examine
all suitable candidates by using criteria that was agreed upon within the committees
themselves - regardless of internationally established parameters (e.g. impact factor of
publications) and in complete discretion. No mechanism for subsequent evaluation was set
in place. Strangely enough, the committees were not required to interview the applicants
for full professorships, whose selection was based on paper documents only. On the
contrary, the teaching capabilities of associate professors were examined by means of a
gruelling lecture on a subject chosen publicly the day before. The election system was
open to pressure from academic power groups, called scuole (Mattei and Monateri,
1993), which could direct a large number of votes to selected candidates of their choice.
Although several scandalous concorsi have been reported in the press (see for
example Ainis, 2009; Stella and Rizzo, 2008), one especially thorough analysis unveiled
the details on how the concorsi were systematically manipulated to promote the
desired candidates, independently of the scientific merit of the applicants. Roberto
Bisson, a well known associate professor from Padua, produced a detailed report in which
he analysed the 1992 concorso for thirty nine posts of full professors in
biochemistry and several previous concorsi in the same field. Being one of the
largest in terms of number of positions and universities involved, the 1992 concorso can
be considered to be representative of how academic promotion has been conducted in Italy
after the introduction of the 382/80 Law (for more examples, see Carlucci and Castaldo,
2009).
1.4 The example of the 1992 concorso for
biochemistry professors. Historically, the field of biochemistry in Italy was
dominated by a handful of powerful scuole based in Rome, Naples, Bologna, Milan and
Genova, which extended their influence to practically all faculties and universities on
the peninsula. For instance, the school of Bologna controlled the biochemistry departments
in all faculties at the universities of Bologna, Modena, Parma, Ancona, Urbino, Pisa,
Sassari, Catania and Roma Cattolica, accounting for over one-tenth of all the the
candidates for any given concorso in the field of biochemistry. The scuola of
Bologna was then able to secure enough eligible candidates to ensure the presence of at
least one committee member per round of concorsi. Another influential scuola was
that of Rome La Sapienza, renowned for its scientific reputation. This questionable
mechanism worked flawlessly: once the members of the committees had been chosen by lot
among those who had agreed to be elected, they would discretely meet with the
representatives of all scuole to pre-determine the winner for each post. This
process occurred even before seeing the applicants CVs. Subsequently, the committees
would define selection criteria so as to favour those candidates whom national and local
academic powers had been agreed upon. Therefore, practically all of the one hundred and
sixty eight applicants of the 1992 concorso were admitted to the selection for full
professors, which was carried out during two years of committee work geared to eliminate
all the undesired candidates but promote all the pre-selected ones (cf. Carlucci and
Castaldo, 2009).
Although this unofficial (and technically
illegal) way of selecting the candidates was able to continue undisturbed for many years -
partly because the curricula of the candidates were not publicised - things finally
started to change in 1994. In that year, the academic Roberto Bisson, after being turned
down during the 1992 concorso, decided to evaluate the scientific profiles of his
opponents who were appointed professors in his stead. By using the new tools offered by
the online databank Medline/Pubmed, which collects the great majority of the scientific
publications in biochemistry and related biomedical fields, Bisson found that several of
the winning candidates had fewer and less prestigious publications than many unsuccessful
candidates (including one of present Authors, who had applied to the same concorso).
At his personal expense, Bisson went to the seat of the Ministry of Education in Rome and
photocopied all the publicly available official submissions of the committees for the 1992
and previous concorsi. He then conducted a rigorous analysis by scrutinizing both
the official documents and the results of his online searches. The results were published
privately and then distributed nationwide.
The conclusions drawn from Bissons
analysis were astonishing in many respects, exposing a world of discreet and unfair
practices that disregarded merit and, ultimately, eluded the law. By comparing the group
of all thirty nine successful candidates with the best twenty among the unsuccessful ones,
Bisson estimated that the average number of citations (67) for the first group was about
half the average number of citations (130) for the latter. Moreover, there were only five
established group leaders among the successful candidates, a number much smaller than that
seen among the best unsuccessful candidates. When looking at individual cases, Bisson also
found that one particular candidate with an outstanding profile (752 citations and a
cumulative Impact Factor four times as high as the average of that of the successful
candidates) was deemed unsuitable to become professor; while three of those who were
promoted professors had less than ten scientific citations. This was not an isolated case.
By considering a combination of internationally established parameters of scientific
production, only fourteen of the winners ranked within the top forty positions of the
whole set of candidates of the 1992 concorso for biochemistry professors.
Consequently, two thirds of the best Italian biochemists in the early 1990s were denied a
fair promotion into the top academic position, thus consolidating the low international
profile of biochemical research in the country.
1.5 The transition to the Berlinguer reform
from national to local concorsi. Bissons report and other scandals
had an impact on the whole academic community in Italy in the mid 1990s. Committee members
of incriminated concorsi were fearful of judicial consequences and in some cases
were actually taken to court by resentful scientists who had been unfairly declared
unsuitable. However, the political sentiment had already turned away from the
unconditional support previously given to the academic community towards possible judicial
solutions for the unfair practices and corruption that were widespread in the Italian
system. As a consequence, the recruitment and promotion of academics was limited and
delayed. Now the winners of new professorial posts were selected more according to their
scientific strength than before, partly because their scientific outputs could be
retrieved from online databases (Carlucci and Castaldo, 2009). However, the system
remained adverse to fair competition, producing a form of passive resistance that
effectively served to discourage worthy candidates from applying in the first place.
Indeed, the 382 Law left open a significant loophole in the recruitment process: there was
no automatic assignment of the winning candidates to the positions opened. Instead, the
successful candidates had to apply to local faculties that had been granted a vacant
position by the nationwide concorso; these faculties then chose one of the
applicants to fill their position, generally after complex inter-university negotiations.
However, in cases where the negotiations were unsuccessful, or an outsider winner was not
interested in a leftover place (i.e. in a small and peripheral university for which power
groups had no local candidate), a position could remain vacant indefinitely (Carlucci and
Castaldo, 2009). Consequently, the system of recruitment remained not only unfair, but
also inefficient in filling open positions.
The uncertainties and distortions in the concorsi
conducted according to the 382 Law clearly required serious amendments in order to
reconcile local interests with national requirements. The solution was simple: all concorsi
had to be conducted locally, with committees dominated by members of the same
university, as in other Western countries. A legislative solution of this kind was duly
implemented with the law number 210 in 19983. The new rules
effectively transferred a great deal of freedom to individual faculties and universities
in choosing preferred candidates to fill professorial posts, candidates who invariably
were of local extraction and could be made eligible with easy procedures. Such a transfer
of power from national to local committees followed the trend of increasing autonomy for
Italian universities that emerged following the Berlinguer reform of the 1990s .
1.6 The Berlinguer reform. The central
reform of Italian universities in the 1990s is named after Luigi Berlinguer, a
distinguished academic and politician who introduced various changes in public education.
The major reform bill, DL509/994, led to an effective autonomy of
the universities regarding their teaching curricula and academic activities. The previous
four-year laurea degrees were re-structured to produce a curriculum of three-year
bachelor degree followed by a two-year laurea specialistica. This 3+2 degree system
was slowly implemented alongside the progressive phasing out of the previous one, leading
to a number of changes that were paradoxically both beneficial and detrimental to higher
education in Italy.
Among the beneficial effects, both the overall
student population and the average pass rate increased (the latter from 31.9% in 2001 to
56.9 % in 2005), while the percentage of fuori corso decreased from 55% at the end
of the 1990s to 40% in 2008 (CNVSU, 2009). Following their increased autonomy, Italian
universities were able to expand the number of their degree courses (from 3,234 in 2001 to
5,835 in 2007), not only in order to enhance their revenues and establish tighter links
with their surrounding regions, but also to open up new academic positions. This process
inevitably contributed to a rise in the number of academics, who were selected by what
were essentially uncontrolled concorsi. Combined with the concomitant increase in
the retirement age of academics (who until 2008 could leave at the venerable age of
seventy four), the local rounds of recruitment and promotion led to a large increase in
the number of full professors (ordinari), from 13,103 in 1998 to 19,623 in 2007
then decreasing slightly to 18,861 in 2009 (CNVSU, 2009). The increase in budget
allocation to pay for the salary of full professors was even larger than that of their
number, rising by 183% since 1998 (CNVSU, 2009). The apparently uncontrolled rises,
together with the continued emergence of scandalous results in various concorsi,
led to a progressive loss of interest by policy makers in a university system that clearly
worked within its own world (Tocci, 2009). The detachment became more evident with the
return of a centre-right government, which in Italy has traditionally been seen as
insensitive to the issues of higher education.
1.7 The reform attempts and delusions of
the new millennium. With the return of the centre-right in Italian politics in 2001,
the new minister of education, Mrs. Letizia Moratti, introduced a number of changes in the
university system which appear to follow a strategy conforming to the principles of
new public management, as recently discussed by Newell (2009). In contrast
with her predecessors, Mrs. Moratti came from a business rather than an academic
background. Perhaps because of her managerial experience, Mrs. Moratti inaugurated several
novel approaches to evaluate the scientific and academic outputs of academic institutions
(defined as prodotti). She also developed a reform bill, the 230/05 law, which was
not implemented until the end of the 2006 legislature. The most interesting part of this
law was the abolition of the position of ricercatore, which resulted in the return
to the exact situation existing before the 382/80 law (see above, part 1.2). As will be
discussed later, this would seem to constitute a telling sign of a ricorso as
defined by Vico. In practice, the major consequence of the Moratti period was an
accumulation of provisions and funding cuts that led to a progressive restriction in the
recruitment for junior posts in most Italian universities. Despite this, universities
continued to expand their teaching portfolio and the internal promotion of academics,
especially at the level of full professor. Consequently, in 2006 there were 51% more full
professors than in 1998 (CNVSU, 2009).
The short lived centre-left government in 2006
re-introduced a separate ministerial position for Universities and Research, which was
given to the Philosophy graduate Fabio Mussi. Coming from a union background, the new
minister was not particularly sympathetic to the academic world. Nevertheless, he was able
to legislate additional funding for recruiting ricercatori, thus reversing the
intention of the previous government, and introduced a novel evaluation agency (Agenzia
Nazionale per la Valutazione dellUniversità e della Ricerca, ANVUR) which would
integrate all previous agencies including CNVSU. Overall, Mussi and the second Prodi
government produced a lot of discontent in the increasingly sclerotic, chronically
under-funded but hyper-regulated university system (Tocci, 2009). A striking result for a
government that was led by an eminent university professor.
1.8 The Gelmini reform. With the return
of the Berlusconi government in 2008, the academic world was given a clear message:
the university system is old, inefficient and expensive; it needs to change.
The person chosen to deliver and implement this message, in a manner apparently conforming
to new public management policies (Newell, 2009), was Ms. Mariastella Gelmini,
a 34 year-old lawyer of no ministerial or academic experience (Sartori, 2008). Despite her
inexperience, minister Gelmini introduced a series of controversial changes in the
education system, starting with the primary school system and backing the severe financial
cuts imposed by the new government (in the infamous 133 Law). These cuts provoked a
nationwide revolt that united parents, teachers and students of all education sectors. At
the university level, the revolt produced the so-called Onda (wave), a movement
that in late 2008 preoccupied the government, before eventually fading away. Then minister
Gelmini introduced a decree (DL 180, November 20085) which,
following norms previously introduced by minister Moratti, restricted the possibility of
recruiting university personnel to virtuous institutions (i.e. those that did
not use most of the state funds for paying the salaries of their staff) and simplified the
procedure for selecting new researchers. This DL180 also introduced, for the first time, a
7% redistribution of state funding according to the merit of the various
universities, which was to be evaluated along parameters encompassing research outputs and
teaching performance (see accompanying paper).
The novelties of the slim DL 180 decree were
intended to prepare the ground for a comprehensive bill that would subsequently reform the
whole university system, which became known as Gelmini reform. After multiple
announcements and numerous tortuous developments (their temporal sequence can be found in
the Gelminometer website, Degli Esposti, 2009), this bill was finally presented at the
council of Ministers at the end of October 2009 and is now under scrutiny in parliament as
DL1905/09. An enthusiastic media campaign promoted by the government has underlined the
key features and revolutionary aspects that the Gelmini reform would
introduce. The academic world, exasperated by years of institutional inactivity and
progressive decadence, initially responded in cautiously positive terms (for example: La
Stampa, 29 October 2009). However, many of those who have analysed the exceedingly long
bill in full (it contains one hundred and seventy one provisions) have come out with a
negative conclusion. Perhaps the most common criticism has been in reference the excess of
legislation and beurocracy, since the reform law could potentially produce up to five
hundred norms and 1,000 new regulations (Tocci, 2009). Many of these would add to, rather
than substitute, the plethora of regulations that have been accumulating in the university
system over the past few decades. Others remain vague in their details and timing, since
they are delegated to subsequent government legislation. As noted by Potestio and
Rustichini (2009), the strategic line of the bill is the capillarity of provisions, which
will not serve to stop the decline of the Italian university system but rather to enhance
the capacity of elusion by the most corrupt aspects of the current system (Tocci, 2009).
There is no doubt that the reform bill of minister Gelmini aims to promote efficiency and
merit - commendable objectives that are new to the Italian university system (Potestio and
Rustichini, 2009; Tocci, 2009). However, as most experts have concluded, the crippling
bureaucracy of the same bill will have a paralysing impact on the organization and
operation of universities for years to come (for a particularly lucid espousal of this
problem, see La Repubblica, 29 October 2009).
Intriguingly, the impression thus emerges that
the outcome of the Gelmini reform could be a complex series of alterations that will
ultimately have very little impact of the Italian university system as it currently
stands. Changes of this kind are considered typical in Italian politics and often labelled
gattopardesche, or leopard-like (La Stampa, 29 October 2009) after the
literary masterpiece The Leopard by Giuseppe Tomasi da Lampedusa6.
However, the underlying policy may well follow a historical cycle of changes and
regressions that revert to previous situations, of which most people have lost memory or
maintain a disproportionately positive opinion. The changes put forward by the current
Italian government would therefore be emblematic of a classical ricorso (Vico,
1744). Three elements may be observed in the bill that sustain this interpretation.
1. There is a clear reduction in the autonomy of the universities, since all key decisions
will depend upon the approval of two layers of central government, the ministry of
Education and ultimately the ministry of Finance (Tocci, 2009); the reform would thus
re-introduce the situation existing in the 1980s, with additional control exerted by the
Finance minister.
2.
The search committees for associate and full professors will work at the national level
and will be formed essentially with the same system that was introduced in 1979, but
subsequently abolished with Berlinguer reform; hence, there will be a return to the
centrally controlled concorsi - without clear provisions as to avoid the
manipulations exposed by Bissons report.
3.
The position of ricercatore will be abolished, thereby producing an academic
hierarchy formed by associate and full professors with permanent positions, who will rule
over young academics and researchers employed in fixed-term contracts of various kind.
This measure will throw the university back to the same iniquitous and unstable situation
in which it was thirty years ago. If the ricorso that these elements indicate is
followed to its natural conclusion, it would suggest that the cyclical nature of the
higher education policy that has been carried out in Italy so far can be halted only by a
complete reassessment capable of diverting the same policy towards a more linear path of
progression. Such reassessment can only occur if a more meritocratic approach to higher
education is adopted, placing the merit of academic individuals and their institutions as
the fundamental guiding principle of the university system.
1.9 The importance of merit and its proper
evaluation. From this historical overview of the reform laws that have taken
place in Italy over the last forty years, an alarming and undesirable scenario emerges: a
potential return to the past and the yet another wasted opportunity to endow the Italian
academia with a stronger research and teaching profile, both at national and international
levels. It is beyond the scope of this article to provide a more comprehensive view of the
Gelmini reform, if for no other reason than because the bill remains a platform which is
likely to change considerably during its time under parliament scrutiny. We briefly
conclude in stressing the importance that the evaluation of merit has in this critical
juncture. Even if the word competition is never used in the lengthy text of
the bill, the necessity for a serious evaluation of the performance of the academic
institutions and their staff is widely appreciated (Tocci, 2009; Checchi and Jappelli,
2009; Potestio and Rustichini, 2009). In this respect, we believe that the reforming
process, in which ANVUR plays a major role, will benefit from appropriate meritocratic
considerations consistent with international standards. The allocation of resources and
the selection of university staff should, therefore, be inspired by principles and
regulated by norms that are oriented to avoid the unfair and counterproductive practices
of the concorsi that, as we have seen, have contributed to the decline of the
Italian university system. At the time of writing, the current reform bill still discussed
in the Senate may just offer the opportunity for this necessary and desirable break with
the past. Whether or not this opportunity will come to fruition, however, only time will
tell.
Notes
References |
Referenze
Ainis, M. (2009) La Cura, p. 86-87, Chiarelettere,
Milano.
Carlucci, D. and Castaldo, A. (2009) Un paese di baroni,
Chiarelette, Milano. CNVSU (2009) Rapporto annuale 2009, riportato su: http://www.cnvsu.it/publidoc/datistat/default.asp?id_documento_padre=11666
Degli Esposti, M. (2009) Gelminometer, http://rpc264.cs.man.ac.uk/VIA/index.php/Gelminometer
Mattei, U. e Montaneri, P.G. (1993) Faculty recruitment
in Italy: two sides of the moon. American Journal of Comparative Law 41 (3), 427-440.
Newell, J. (2009) Italian politics and education
policy, paper presentato alla Prima Conferenza della Via-academy,
Manchester, September 2009.
Potestio, P. e Rustichini, A. (2009) Il disegno di
legge sull'università. http://www.noisefromamerika.org/index.php/articles/Il_disegno_di_legge_sull%27universit%C3%A0%3A_le_correzioni_di_rotta_necessarie#body
Sartori, G. (2009) Il Sultanato, p. 142, Gius.
Laterza & Figli Spa, Bari.
Stella, G.A. e Rizzo, S. (2008) La Deriva, pp.
194-215, Rizzoli, Milan.
Tocci, W. (2009) Quale riforma per
luniversita, http://www.nens.it/_public-file/Riforma%20universita.%20Tocci1.pdf
Vico, G. (1744) Scienza Nuova disponibile
online su: http://www3.niu.edu/acad/english/vico/intro.htm |
|
Motivi di orgoglio
dell'"antico (e nuovo) valor degli italici cor"
INVENZIONI DEL "GENIO DEGLI
ITALICI"
nella storia.
Elenco
incompleto di elementi presi dal libro di:
Rino Camilleri, Doveroso elogio degli Italiani, Ed. BUR, 2001) e da noi
organizzati per ordine alfabetico |
-
Acido salicilico, inventato d al Raffaele Piria, e che con aggiunta di acido acetico (nel
1897, da parte di Felix Hoffman) diverrà l'aspirina, nel XIX secolo; - Acqua di
colonia, inventata da Giovanni Maria Farina nel XVIII secolo;
- Aereo a reazione inventato da Giovanni Caproni e Secondo Campini nel XX secolo;
- Albero a camme, compare in Toscana nel X secolo;
- Albero di bompresso (che permette di navigare col vento di fianco) , inventata dai
Romani nel I secolo d.C..;
- Aliscafo inventato da Enrico Forlanini nel XX secolo.;
- Ammoniaca (prima, solo gassosa) liquefatta da Liberato Giovanni Baccelli, nel
XIX secolo;
- Anatomia patologica, fondata da Giovanni Battista Morgagni (1761);
- Anello di fidanzamento con diamante, compare a Venezia nel XV secolo;
- Anticiclone delle Azzorre, scoperto da Luigi De Marchi, nel XIX secolo;
- Armi da fuoco portatili compaiono in Italia nel XIII secolo;
- Assicurazioni sulla vita, inventate da Lorenzo Tonti nel XVII secolo ;
- Asteroide, Cerere, il primo è scoperto da Giuseppe Piazzi, nel XIX secolo.;
- Autostrada del mondo, la prima nel mondo è la Milano-Laghi nel XX secolo;
- Bagni termali nel II secolo a.C., a Roma;
- Balestra, inventata dai Romani nel I secolo d.C.;
- Banca moderna, la prima nasce a Genova nel XV secolo;
- Barile, inventato dai Romani nel I secolo d.C.;
- Barometro inventato da Evangelista Torricelli nel XVII secolo;
- Bicicletta, ideata da Leonardo da Vinci nel XV secolo;
- Bilancia idrostatica, ottenuta da Archimede, in base al principio di Archimede, nel
III secolo a.C.;
- Bodoni, caratteri tipografici, ideati da Giambattista Bodoni nel XVIII secolo ;
- Bombarda compare in Italia nel XIII secolo;
- Caffettiera moka express, inventata da Alfonso Dialetti) nel XX secolo;
- Calcestruzzo, entra in uso a Napoli, fatto con pietra vulcanica (pozzolana, da
Pozzuoli), calce e acqua, nel II secolo a.C.;
- Calcio fiorentino, primo gioco di palla a squadre nasce a Firenze nel XIII secolo ;
- Calendario ""giuliano", introdotto da Giulio Cesare nel 46 a.C.";
- Calendario "gregoriano" (ancora valido) nel 1582 dal papa Gregorio
XIII.";
- Calzini (udones) compaiono a Roma nel IV secolo a. C. ;
- Campo magnetico rotante, inventato da Galileo Ferraris, nel XIX secolo;
- Canale di Suez, progettato da Luigi Negrelli, nel XIX secolo ;
- Cannocchiale astronomico, inventato da Galileo Galilei nel XVII secolo;
- Carrello cinematografico inventato da Giovanni Pastrone nel XX secolo;
- Carrucola, inventata nel IV secolo a.C. da Archila di Tarante;
- Carta stagnola, compare in Italia nel XV secolo;
- Cellule cancerogene, individuate da Renato Dulbecco (Nobel per la medicina) nel XX
secolo ;
- Champagne, inventato dal benedettino Francesco Scacchi (1335), tre secoli prima di
Perignon;
- Compasso, inventata dai Romani nel I secolo d.C.;
- Concerto musicale , creato dal bolognese Adriano Banchieri nel XVI secolo;
- Corsivo, inventato da Aldo Manuzio nel XV secolo;
- Crema emolliente inventata da Galeno nel II secolo d.C.;
- Cruciverba inventato da Giuseppe Airoldi nel XIX secolo ;
- Cupola (la prima è quella del Pantheon), inventata dai Romani nel I secolo d.C. ;
- Declinazione magnetica, intuita da Cristoforo Colombo nel XV secolo;
- Dentiera inventata nel VIII secolo a.C dagli etruschi (che trapiantano anche denti
d'oro, d'avorio e d'osso).;
- Dizionario alfabetico, il primo è compilato dal bergamasco Ambrogio Calepino nel XVI
secolo. ;
- Docente universitaria donna, Laura Bassi, la prima nella storia ;
- Elettroshock, inventato da Ugo Cerletti nel XX secolo. ;
- Elicottero moderno inventato da Corradino d'Ascanio nel XX secolo.;
- Enciclopedia delle scienze, la prima ("Naturalis Historia") è di Plinio il
Vecchio nel 77 d.C.;
- Energia elettrica per via geotermica, ottenuta da Piero Ginori Conti nel XX secolo
(1904);
- Fattore di crescita neurale, scoperto da Rita Levi Montalcini (Nobel per la medicina)
nel XX secolo;
- Fecondazione artificiale, ideata da Lazzaro Spallanzani, nel XIX secolo. ;
- Ferro da stiro, inventata dai Romani nel I secolo d.C.;
- Fisarmonica, inventata da Paolo Soprani, nel XIX secolo.;
- Forchetta, compare in Toscana nell'XI secolo;
- Fotografia della corona solare, la prima - 1842 - è fatta di Maiocchi, nel XIX
secolo;
- Funicolare, la prima a Napoli, nel XIX secolo ;
- Futurismo inventato da Filippo Tommaso Marinetti nel XX secolo.;
- Gelato, inventato dal toscano Bernardo Buontalenti nel XIV secolo;
- Generatore di corrente (dinamo), inventato da Antonio Pacinotti , nel XIX secolo;
- Gioco del lotto, il primo, nasce a Genova nel XVI secolo;
- Lampadina di Edison, migliorata da Arturo Malignani (portandone la durata da 100 ore
a 800 ore, e da luce rossastra a luce bianca e intensa), nel XIX secolo;
- Legge di Avogadro (volumi uguali di gas, alla stessa temperatura e pressione,
contengono lo stesso numero di molecole), scoperta da Amedeo Avogadro, nel XIX secolo. ;
- Libri tascabili, inventati da Aldo Manuzio nel XV secolo ;
- Macchia rossa di Giove, scoperta da Giandomenico Cassini nel XVII secolo ;
- Macchina da scrivere, inventata da Giuseppe Ravizza, nel XIX secolo.;
- Macchina seminatrice, inventata dal bolognese Taddeo Cavallini nel XVI secolo;
- Malattie infettive, individuate, per primo, da Gerolamo Fracastoro nel XVI secolo;
- Mappa di Marte, la prima è disegnata da Francesco Fontana nel XVII secolo;
- Martello pneumatico, inventato da Ernesto Curri nel XX secolo; |
-
Melodramma, ideato da Jacopo Peri XVI secolo; - Metodo scientifico moderno: i suoi
caratteri sono dettati per primo da G. Galilei nel XVII secolo;
- Microchip, inventato da Federico Faggin, nel XX secolo;
- Moderna elica navale, ideata da Giuseppe Ludovico Ressel, triestino, nel XIX secolo;
- Moto alternato in rotatorio e altro: la macchina per la trasformazione dell'uno
nell'altra è inventata da Leonardo da Vinci nel XV secolo;
- Motore a scoppio, creato da Felice Matteucci ed Eugenio Barsanti nel XIX secolo;
- Motore a stella per aerei inventato da Alessando Anziani nel XX secolo.;
- Motore elettrico, ideato da Galileo Ferraris nel XIX secolo (1883);
- Musica "Jazz" , inventata dall'italo-americano Nick La Rocca (1917, primo
disco) ) nel XX secolo;
- Neuroni, scoperti da Camillo Golgi (premio Nobel per la medicina) , nel XIX secolo ;
- Nitroglicerina (su cui lavor, poi, Alfredo Nobel per ottenere la dinamite -
1867), inventata da Ascanio Sobrero nel XIX secolo;
- Notazione musicale è ideata da . Guido d'Arezzo nell'XI secolo;
- Novella, genere letterario creato da Giovanni Boccaccio nel XIV secolo;
- Nutella, inventata da Michele Ferrero) nel XX secolo;
- Ocarina, costruita da Giovanni Donati, nel XIX secolo.;
- Occhiali compaiono a Pisa nel XIII secolo ;
- Orologio meccanico, detto ""svegliatore monastico"" perchè in
uso nei monasteri, compare nell'XI secolo";
- Orologio pubblico: i primi comparvero su campanili, in Italia, nell'anno 1000;
- Oscillazioni isocrone del pendolo: le relative leggi sono intuite da Galileo Galilei
nel XVII secolo;
- Pantaloni, i primi sono fatti a Venezia nel XVI secolo nel XVI secolo;
- Pantelegrafo (antenato del fax) creato da Giovanni Caselli nel XIX secolo.;
- Particelle Zeta, individuate da Carlo Rubbia (Nobel per la fsica) nel XX
secolo.;
- Partita doppia della contabilità è creata da Luca Pacioli nel XV secolo;
- Periodo di rotazione di Venere, scoperto da Giovanni Schiaparelli, nel XIX secolo;
- Pianoforte, costruito da Bartolomeo Cristofari nel XVIII secolo;
- Pianoforte a 7 tastiere, suonabile a 12 mani, inventato da Francesco La Grassa (genio
analfabeta), 1836-1847;
- Pila elettrica, inventata da Alessandro Volta, nel XIX secolo;
- "Pinocchio", il libro più tradotto dopo la Bibbia, scritto da Carlo
Lorenzini (""Collodi""), nel XIX secolo;
- Pistola a tamburo (nel 1833, due anni prima di Colt), inventata da Francesco Antonio
Broccu, nel XIX secolo.;
- Pizza, compare a Napoli nel X secolo ;
- Pneumotorace artificiale per la cura della tubercolosi, inventato da Carlo Forlanini,
nel XIX secolo.;
- Polipropilene (cioè, la plastica) inventato da Giulio Natta nel XX secolo.;
- Polo nord, sorvolato la prima volta Da Umberto Nobile, con un dirigibile, nel XX
secolo;
- Portolano, il primo compare a Pisa nel XIII secolo;
- Preservativo moderno, ideato da Gabriele Falloppio nel XVI secolo;
- Prospettiva, le sue regole sono elaborate e codificate, rispettivamente, da Filippo
Brunelleschi e da Leon Battista Alberti nel XIV secolo;
- Protuberanze solari scoperte da Angelo Secchi , nel XIX secolo;
- Quotidiano, introdotto nel I secolo a. C. da Giulio Cesare con gli Acta Diurna che
informano delle decisioni del Senato;
- Radio, inventata da Guglielmo Marconi nel XX secolo;
- Radiogoniometro (determina la provenienza dei campi magnetici e il trasmettitore che
li emette), inventato da Alessandro Artom nel XX secolo;
- Raggi cosmici , scoperti da Bruno Rossi nel XX secolo.;
- Reazione nucleare a catena, provocata da Enrico Fermi nel XX secolo;
- Riscaldamento centralizzato, inventata dai Romani nel I secolo d.C.;
- Rubinetto creato dai romani nel I secolo a.C.;
- Ruota da bicicletta lenticolare, inventata da Antonio Dal Monte ) nel XX secolo;
- Salsa piccante compare a Roma nel III secolo a.C.;
- Satelliti di Giove, scoperti da Galileo Galilei nel XVII secolo;
- Sciopero (il primo della storia - 1378 - a Firenze, da parte dei "ciompi"
fiorentini, lavoratori della lana; il secondo a Londra - 1396 - da parte dei marinai
veneziani)";
- Scooter inventato da Corradino d'Ascanio nel XX secolo;
- Sfigmomanometro, inventato da Scipione Riva Rocci, nel XIX secolo. ;
- Siluro, inventato da Giovanni Battista Luppis, nel XIX secolo.;
- Sismografo, inventato da Luigi Palmieri , nel XIX secolo;
- Sonetto è inventato dal siciliano Jacopo da Lentini nel XIII secolo;
- Spaccio pubblico di acquavite, il primo compare a Modena nel XV secolo;
- Stenografia inventata nel 63 a.C. Marco Tullio Tirono.;
- Suole per scarpe in gomma, create da Vitale Bramani nel XX secolo. ;
- Telefono, inventato da Antonio Meucci, nel XIX secolo;
- Telescrivente inventata da Luigi Cerebotani nel XX secolo.;
- Teorema di Pitagora, inventato da Pitagora, nel VI secolo a.C , a Crotone.;
- Termocoppia (che misura piccole differenze di temperatura) ideata da Leopoldo Nobili,
nel XIX secolo.;
- Termodinamica, le relative leggi sono scoperte da Galileo Galilei nel XVII secolo;
- Termometro inventato da Santorio Santorio nel XVII secolo;
- Torta nuziale (che viene buttata addosso alla sposa) introdotta da Romani nel I
secolo a.C..;
- Trapianto di pelle, il primo è eseguito da Gaspare Tagliacozzo nel XVI secolo;
- Trasporto pubblico a trazione elettrica, il primo a Firenze, nel XIX secolo (1890);
- Trattato di architettura, il primo è di Vitruvio nel I secolo d.C. ;
- Università, la prima nasce a Bologna nel XI secolo (988 ?);
- Vaccino contro la pertosse (tramite ingegneria genetica), scoperto da Rino Rappuoli)
nel XX secolo;
- Vento solare, scoperto da Bruno Rossi nel XX secolo.;
- Violino, costruito da Gasparo Bardotti nel XVI secolo;
- Vite, inventata nel IV secolo a.C. da Archila di Tarante. ;
- Vite senza fine, ottenuta da Archimede, nel III secolo a.C.;
-Volta a crociera, compare a Roma nel II secolo d.C. |
|
EDIZIONE DI DICEMBRE
2011 |
Atenei
Genova e Torino-Politecnico rivendicano autonomia, rispetto a Miur, su Governance
elettiva. Importanza, per tutta l'università italiana, di pronuncia Corte
Costituzionale sulla autonomia universitaria (art. 33 Costituzione).CLICCA
: HOME |
Crisi
economica.Dopo la svolta dell'UE (che vieta alla BCE, il fare da "prestatore
di ultima istanza", per gli Stati), la via estrema è puntare su di noi: per un
"ombrello fiscale" in Italia per i BTp non collocati; CLICCA su: FORUM1 |
Nuove prese di
posizione (Luciano Modica, Marco Merafina) per levare il tappo della legge Gelmini
sull'università.
CLICCA: ARTICOLI |
Dopo bocciatura MIUR dello Statuto della Univ.tà di Bologna, (40 rilievi, non su
Governance), questa ribatte quasi su tutto. Comunicato Intersindacale locale. CLICCA su RUBRICA |
Bologna-Università,
Nuovi professori emeriti. "Flop" a Giurisprudenza, e "gelata" in
altre Facoltà sulle proposte in istruttoria.
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Dopo i recenti convegni
di associazioni cattoliche, Lettera aperta di Publio Fiori su "Il risveglio dei
cattolici in politica". CLICCA su: FORUM2 |
Legge gelmini: "ultimo miglio"
lontano. Visto il suo dubbio valore, e che c'è un ministro-professore, s'imporrebbe una
pausa di riflessione su reclutamento, carriere, finanziamento. CLICCA su: Stato giuridico |
In margine al DL 6
luglio 2011, sul numero di almeno "1000 alunni per Preside", nelle scuole
di II grado. Cinzia Boccaccini, E' questa la scuola che vogliamo ? CLICCA su:
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Tribunale di Perugia Sentenza n. 109/11, in data 27/1/2011, riammette il prof. Nino
Luciani nel Cipur, Clicca su: Trib-Perugia |
FFO-Fondo
di Finanziamento Università, e applicazione dei Decreti attuativi riforma Gelmini. CRUI e
INTERSINDACALE Universitaria giudicano il Governo. CLICCA su: HOME |
Bologna,
Al MIUR da Intersindacale locale: "Osservazioni giuridiche" al nuovo Statuto, su
cui il MIUR "dovrà" pronunciarsi entro novembre. CLICCA su RUBRICA |
Rettore
Dionigi alla Festa dell'Unità, "Barricadero" contro il governo ma, questa
volta, in modo improprio. Errato adombrare che l'Università ami un partito. CLICCA: ARTICOLI |
La
crisi del debito pubblico e l'incartamento di Berlusconi. Per un governo PDL-PD (con o
senza Berlusconi), per salvare la Italia e la legislatura. La via tecnica... .CLICCA su: FORUM1 |
Bologna,
CISL-Università, Lettera al Rettore: "Ti ritiriamo la firma. Non hai mantenuto
l'impegno di consultarci per la riorganizzazione dell'Ateneo". CLICCA su: FORUM3 |
Card.
Bagnasco, Prolusione di nuovo sul deterioramento del costume e del linguaggio politico in
Italia. Commento e richiesta di più puntuali indicazioni. CLICCA su: FORUM2 |
Decreto Ministeriale sui settori concorsuali. Testo originale ed ALLEGATO A (settori
concorsuali, nello specifico).
CLICCA su: Stato giuridico |
Arcivescovo
Caffarra propone "un Consiglio permanente per la sussidiarietà" composto da:
"Municipalità, Imprese, Terzo settore". Anche la "seconda università di
Bologna? CLICCA su: FORUM4 |
EDIZIONE DI NOVEMBRE 2011 |
Miur boccia lo Statuto della Università di Bologna, 40 rilievi con
invito a correggere. "Rilevato" l'escamotage di affidare al
Regolamento la modifica futura dello Statuto..
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Crisi
economica.Dopo la svolta dell'UE, che vieta alla BCE, il fare da "prestatore
di ultima istanza", per gli Stati
La via estrema per puntare su di noi: per un "ombrello fiscale" per i btp non
collocati; CLICCA su: FORUM1 |
Bologna,
Laboratorio Urbano, M. Sobrero (Membro
Giunta Rettorato) e Sen. W.Vitali (PD) propongono "Documento su
Università", a un anno da legge Gelmini. CLICCA: ARTICOLI |
Bologna, In attesa
dell'approvazione dello Statuto, il Rettore Dionigi anticipa la riforma dei dipartimenti (
89 docenti ruolo, per dipartimento). CLICCA su RUBRICA |
Bertinoro,
Centro Universitario, partecipazione di Unibo 33%, chiede contributi
straordinari ai soci per risanamento del bilancio in forte esposizione. CLICCA su:FORUM3 |
MAROCCO,
la nuova Costituzione in lingua italiana. Un evento su cui fermarsi, perchè indica una
strada nuova, per i Paesi Arabi. CLICCA su: FORUM2 |
1)
Ricercatori e professori in conferma. Appello Intersindacale
universitaria alla Ministra: "Non bloccate la retribuzione al momento della conferna.
2) Stato Decreti attuativi legge Gelmini 240/2010. CLICCA su: Stato giuridico |
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di Rimini, a G.Cantelli Forti la medaglia d'oro del Presidente della Repubblica:
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Estonia, Argentina, Satellite Provider, Bahrain, Lebanon |
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riammette il prof. Nino Luciani nel Cipur, Clicca su: Trib-Perugia |
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Bologna, riforma
Statuto: "Progetto rettorale inemendabile? ". Relazione del prof. G.
Ghetti alla Assemblea intersindacale di Ateneo. REFERENDUM CONSULTIVO,
28-30 giugno.Clicca: HOME |
Bologna, CdA. Verso il
traguardo, il nuovo statuto. Posizioni contrarie, ma in un quadro di prevalente
assuefazione al rettore. Interventi Conss. Porzi e Maltoni. Clicca su RUBRICA |
Contributi studenteschi,
sopra il 20% del FFO. TAR per l'Abruzzo condanna l'Ateneo di Chieti. Anche a Bologna è in
corso analogo ricorso al TAR della E.R. . Clicca: ARTICOLI |
Da Confindustria,
Relazione Pres. E. Marcegaglia: "Priorità a stabilita' dei conti
pubblici e a crescita economica". E chi dovrebbe prendersi questo impegno ? Clicca
su: FORUM1 |
Bologna, Costituito
"Collegio di disciplina" con modifica anomala dello Statuto di Ateneo. Riserve
sulla sua legittimità da Rappresentante del Governo in CdA. Clicca su: FORUM3 |
Senato, Per indagine
conoscitiva su "valore legale" del titolo di studio, Audizione
Intersindacale Nazionale Universitaria:
" Si' a valore legale titolo di studio". Clicca su: FORUM2 |
Testo completo DPR
recante Regolamento per abilitazione scientifica nazionale, trasmesso dal Governo alle
Camere per il parere di conformità alla legge.Clicca su: Stato giuridico |
Dalla Fondazione della
Cassa dei Risparmi di Forlì, ente finanziatore della Università di Forlì e Cesena,
Presidente PG. Dolcini preoccupato autonomia romagnola.Clicca su: FORUM4 |
EDIZIONE
DI APRILE - MAGGIO 2011 |
Bologna: da
Intersindacale locale, come fare i Dipartimenti e le Scuole/ Facoltà. La Romagna è al
termine del suo sogno di divenire Università ? Quali soluzioni ? Clicca su: HOME |
Notizie da Venezia Cà
Foscari (855 docenti): Testo originale del primo statuto messo in pista (in Italia). Di
M. Matteuzzi, Breve sintesi del panorama italiano. Clicca su RUBRICA |
Bologna, Rettore
"firma facile (?)" di atto illegittimo. Disparità di trattamento tra i
professori. Serve controfirma del dirigente amm.vo del settore,circa la legittimità
dell'atto.Clicca: ARTICOLI |
Berlusconi: "La
Magistratura è eversiva". NO, è questione di sbilanciamento tra i poteri
giudiziario e politico. Per rilancio ruolo costituzionale grandi partiti PDL-PD. Clicca
su: FORUM1 |
In coda alle
vicende di Flavio Delbono. La vera storia del "plagio "ZAMAGNI" detta da
Lui, ma anche necessità di integrazioni. Perchè lo stop nelle indagini della SIE ?
Clicca su: FORUM3 |
La CRUI si dà un nuovo
Presidente: MARCO MANCINI.
Anche alcuni riferimenti per riprendere il cammino, anzi una lettera di Piero
Tosi del dic. 2005. Clicca su: FORUM2 |
Interrogazione dell'On.
F.LATTERI al Ministro dell'Università GELMINI e Risposta (?), sui ritardi
dei Decreti attuativi della legge Gelmini.. Clicca su: Stato giuridico |
Da precedente edizione.
Primo Presidente E. Lupo, Corte di cassazione, relazione "pane a pane, e vino al
vino", sullo stato di amministrazione della giustizia in Italia. Clicca su: FORUM4 |
Tribunale di Perugia
Sentenza n. 109/11, in data 27/1/2011, riammette il prof. Nino Luciani nel Cipur, Clicca
su: Conf-Com |
|
Per
le pagine interne, clicca direttamente su: |
|
Riforme "locali" degli Statuti ex-lege
Gelmini 240/2010: documento dell' INTERSINDACALE NAZIONALE. Altro soggetto propone
referendum abrogativo. Clicca su: HOME |
Riforma Statuto
dell'Università, in applicazione della Legge Gelmini: conferenza convocata dal Rettore,
svolta il 17 feb 2011.Interventi liberi. Documento ufficiale. Clicca su RUBRICA |
Bologna, CdA dice
"SÌ" a trasformare la Fondazione ALMA MATER" in
fondazione universitaria, ex-DPR 254/2001, per diversificare fonti finanziarie
Ateneo.Clicca: ARTICOLI |
Dalla CEI, A. Bagnasco,
"Dare voce al Paese, che chiede di essere accompagnato con lungimiranza ed efficacia,
senza avventurismi". Commento su "avventurismi". Clicca su: FORUM1 |
Per il piacere dei
Colleghi professori e ricercatori: di Salvatore GALLO, 400 Aforismi e citazioni
celebri.
Clicca su: FORUM3 |
Nel 150° anniversario
dell'Unità d'Italia: 1 - Lettura di passi del Canzoniere di F. Petrarca; 2- Elenco
delle invenzioni degli Italici, fin dalle origini storiche italico suolo.
Clicca su: FORUM2 |
In attesa Decreto del
Governo per abilitazione scientifica nazionale, Bologna riconosce la funzione docente
"simbolica" ai Ricercatori a tempo indeterminato. Clicca su: Stato giuridico |
Da Primo Presidente E.
Lupo, Corte di cassazione, finalmente relazione "pane a pane, e vino al vino",
sullo stato di amministrazione della giustizia in Italia. Clicca su: FORUM4 |
Tribunale di Perugia
Sentenza n. 109/11, in data 27/1/2011, riammette il prof. Nino Luciani nel Cipur, Clicca
su: Conf-Com |
|
EDIZIONE DI FEBBRAIO 2011 |
Verso riforma
Governance, in attazione legge 240/2010.
Da Intersindacale Universitaria di Bologna, Contributo per riforma Statuto Generale
di Ateneo. Clicca su: HOME |
Bologna, Dal CdA
Prof. G. Porzi in risposta a lettera "Docenti preoccupati" al Rettore, e in
Intervista su recente Referendum farsa su contratto integrativo personale TA. Clicca su RUBRICA |
Recente sentenza
Tribunale della UE, su uso lingua tedesca, inglese e francese in UE. Motivi per
riconsiderare monopolio inglese, nel dibattito scientifico int.le. Clicca News e ARTICOLI |
Dalla CEI, A. Bagnasco,
"Dare voce al Paese, che chiede di essere accompagnato con lungimiranza ed efficacia,
senza avventurismi". Commento su "avventurismi". Clicca su: FORUM1 |
Organizzato
da G. Cantelli Forti, Presidente Polo Riminese: Convegno : "Ricerca e
trasferimento tecnologico". Anche inaugurazione nuovi laboratori di ricerca.
Clicca su: FORUM3 |
Federalismo fiscale
municipale. Boomerang per la Lega Nord. Una cosa è un diverso riparto
imposte attuali tra Stato e Comuni, altra cosa è imposte aggiuntive. Clicca su: FORUM2 |
Dopo legge 240/2010 di
riforma universitaria. G. Porzi, Un confronto col DPR 382/80 e pensieri sulle conseguenze
sul futuro.Clicca su: Stato giuridico |
Da Primo Presidente E.
Lupo, Corte di cassazione, finalmente relazione "pane a pane, e vino al vino",
sullo stato di amministrazione della giustizia in Italia. Clicca su: FORUM4 |
Tribunale di Perugia
Sentenza n. 109/11, in data 27/1/2011, riammette il prof. Nino Luciani nel Cipur, Clicca
su: Conf-Com |
|
Magistratura ordinaria,
Sentenza sul sistema dei concorsi in Italia, dopo denuncia al CUN, di Quirino Paris della
Università di California, Davis. Ma poi..., legge Gelmini !
Clicca su: HOME |
Bologna, Il Rettore fa
contratto integrativo separato con la FLC-CGIL, per il personale tecnico e
amministrativo. Votanti il 28%. Testo del contratto. Clicca su . RUBRICA |
FFO 2010, Decreto di
ripartizione tra Atenei Italia. BOLOGNA, BILANCIO di previsione 2011. Intervista al prof.
Gianni Porzi rappresentante del Governo. Clicca News e ARTICOLI |
CRISI DI GOVERNO,
dopo voto di fiducia 14 dic., governo Berlusconi in atterraggio morbido, in attesa
PdN... . Ma per adesso serve "grande coalizione" pdl + pd. Clicca su: FORUM1 |
Ateneo di Bologna.
Facciamo l'"Associazione pro universitate", il club dei professori di tutte le
Facoltà, in servizio e cessati dal servizio ?
Clicca su: FORUM3 |
Federalismo fiscale dei
Comuni. Auspicabile la partenza, in uno spirito unitario nazionale, viatico per
governabilità dello Stato. Clicca su: FORUM2 |
Legge di
RIFORMA UNIVERSITARIA. Il testo completo. Clicca su: Stato giuridico |
RIFORMA
STATUTO ATENEO -
Petizione al Rettore da: "I
Docenti Preoccupati", "Il coordinamento nazionale dei Professori associati
(ConPass), " La rete 29 Aprile. Clicca su: Riforma
Statuto |
|
Edizione di novembre 2010 VISITATORI 15 sett/15
ott : n. 2.840 |
Riforma universitaria - Le ragioni
della Gelmini contro la autonomia all'università, mentre Roma "La Sapienza"
ricorda A. Ruberti, il Ministro che diede l'autonomia. OSSERVAZIONI. Il "contratto
con gli Italiani" di Berlusconi 2002. Clicca: HOME |
Testo PDL C 3687 (riforma
universitaria)- approvato da Commissione della Camera (con specificate le variazioni).
Esame Aula dopo legge di bilancio (dic.?), Stato
giuridico |
Ricercatori: Prof.M. Marini, chiede
al Rettore di Bologna come intende sopperire alla mancanza di docenti, data l'astensione
dei Ricercatori da insegnamenti, per mancato riconoscimento della funzione docente.
Clicca News e ARTICOLI |
Crisi di governo: per "grande
coalizione" PDL-PD, per riforma Governance dello Stato con governi di legislatura !
(Testo come in precedente edizione), FORUM1 |
a) Università di Rimini, Convegno:
"La Ricerca Universitaria per Rimini". b) G.Cantelli Forti nominato Presidente
della Giunta del Collegio dei Farmacologi universitari, RUBRICA |
Dalla CEI, Cardinale A. Bagnasco,
"L'Italia sembra, su alcuni fronti, sempre al punto di partenza". Commento, FORUM2 |
G.Porzi, Centro
Studi dell'Ateneo di Bologna a Buenos Aires, e Azienda Agraria: un paio di esempi
significativi e documentati della "gestione Calzolari/Fabbro", FORUM3 |
|
Edizione di giugno 2010 |
1 .- Da Mauro
Degli Esposti e Marco Geraci (Universita' di Manchester), su Bulletin of Italian
Politics, una storia di "corsi e ricorsi" alla G.Vico, le riforme
universitarie italiane dal 1980. La riforma Gelmini all'insegna del Gattopardo? CLICCA su: HOME |
2.- Le
"s-considerazioni" del Governatore a favore della Manovra del Governo. Sì
al taglio della spesa pubblica, ma dopo dismissioni dei servizi agli enti locali e al
settore privato. No a macelleria sociale. CLICCA su: FORUM1 |
3 .- Lettera
al Presidente Berlusconi sulla riforma "Gelmini", a cui il Presidente non ha
dato risposta. CLICCA su: RUBRICA |
4.- In
"Aula" al Senato a luglio, la riforma Gelmini. Il "testo finito" della
Commissione Istruzione. Relatore Valditara rivendica di aver "fatto giustizia"
per i Ricercatori a tempo indeterminato, dando la "chiamata
diretta". CLICCA su: STATO
GIURIDICO |
5.- Il
Disegno di Legge sulle intercettazioni telefoniche, approvato dal Senato. No comment.
CLICCA su: FORUM2 |
6.- Vito D'Andrea, Per la messa ad esaurimento degli
"Associati", non del ruolo dei Ricercatori. CLICCA su: FORUM3 |
7.- Bologna:
nuove inquietudini dal caso Delbono, dopo la notizia "giornalistica" di rinvio a
giudizio. Da verifica risulta che la riammissione è avvenuta con procedimento improprio e
in condizioni di conflitto di interessi ideologici. CLICCA su: NEWS |
In questa edizione di maggio 2010 |
1.- Dai sindacati e
dal CNRU, proclamata una settimana di mobilitazione dal 17 al 22 maggio in tutti gli
atenei. In forse la
programmazione didattica degli Atenei per il
2010/11. Clicca su: Sindacati
2.- Bologna, Riforma dello Statuto di Ateneo. Rettore nomina una Commissione per
anticipare l'attuazione della riforma Gelmini.
Dubbi sul fatto se si tratti di riforma o
controriforma. Clicca su Rubrica;
3.- Il caso DELBONO finisce per lambire il Rettorato..., per cui quasi quasi
il Rettore sarebbe tenuto a dare una spiegazione.
CLICCA su News;
4.- Riforma Gelmini (DDD 1905, Senato). Gli emendamenti approvati dalla Commissione
in sede referente.
CLICCA su Stato giuridico;
5.- Dalla CEI-Conferenza Episcopale Italiana, Messaggio del Card. Bagnasco in
favore dell'unità d'Italia. IN MARGINE: "Distinzione
tra federalismo che unisce e
federalismo che unisce l'Italia". CLICCA su Forum
2;
6.- Ateneo di Bologna: Rendiconto finanziario 2009. Relazione del prof. Gianni
Porzi. CLICCA su: Forum 3;
7.- Emma Marcegaglia a favore della riforma universitaria Gelmini e contro i
"baroni universitar"i, in un convegno economico a Parma,
alla presenza del Presidente del Consiglio.
Commento negativo. Clicca su: Forum 1 |
In questa edizione di marzo
2010 |
1.- Approvato il bilancio dello Stato e il FFO -
Fondo di Finanziamento delle Università per il 2010. Clicca su: bilancio, Home
2.- I RISULTATI della Conferenza nazionale di Bologna, 12 feb 2010
"Università verso la riforma", con la partecipazione
dei Sindacati nazionali, dei due Presidenti delle
Commissioni Parlamentari per l'università, e del Sen. G. Quagliariello.
Riportati alcuni interventi. Clicca su Rubrica;
3.- Il caso DELBONO finisce per lambire il Rettorato..., per cui quasi
quasi il Rettore sarebbe tenuto a dare una
spiegazione. CLICCA su News;
4.- DDL Gelmini (Senato n. 1905) su Reclutamento e Governance. Chiuse la
discussione generale (3 marzo) e la
presentazione degli emendamenti (9 mar). Proclamato
stato di agitazione dai Ricercatori. CLICCA su Stato giuridico;
5.- Da CEI-Conferenza Episcopale Italiana, Documento sull'Italia e il meridione.
Commento. CLICCA su Forum 2;
6.- Resoconto della Conferenza di Comacchio di presentazone di due libri: V.
FERRONI, Per non dimenticare ...
e A. GALVANI, I Lidi sulla costa del Delta del
Po. Relazioni di G. Tomasi e di P.G. Zaghi. CLICCA su: Forum 3;
7.- Ripubblicato il servizio della precedente edizione, sulla scuola nel
Delta del Po e a Comacchio. Clicca su: Forum 1 |
Bologna:
NUOVO
ASSETTO
del Governo dell'Ateneo.
Anche nuovo
direttore amm.vo
HOME
|
Bologna:
Andamento immatricolazioni
studenti:
+3%
News
e
ARTICOLI
|
Ateneo di Bologna.
Lettera e commento
a passaggio da vecchio a nuovo Direttore Amm.vo.
Ringraziamento
a Doctor Fabbro
RUBRICA |
Reclutamento e Governance
DDL definitivo.
Commenti Pres.
CRUI De Cleva
e Presidente ISRAEL
Commissione Ministeriale
STATO
GIURIDICO |
Due Sentenze:
1) NO ad aggancio prof. a dirigenza.
2) Diritto di pensione
per incarichi di
insegnamento
FORUM 2 |
Bologna:
scoppiato caso "CHIODO".
Diritto ereditario
di successione
e problema di salvaguardia
delle "scuole"
FORUM 3 |
Togliere l'IRAP
subito,
bilanciata
da economie
sanità.
Urge sostegno
domanda estera e domanda interna
FORUM esterno |
DPEF:Consiglio Ministri vara DPEF per 2010.
Ipotizzato finanziamento aggiuntivo di 1.114 milioni per riforme universitarie
HOME
|
Fondi statali
agli Atenei per
63,5 milioni
per 2009,
in base agli indicatori
di merito "MUSSI"
News
e ARTICOLI |
Ateneo di Bologna.
Sospesa la
nomina nuovo
Direttore Amm.vo .
Rettore entrante
deciderà dopo la
presa di servizio.
Frattanto, interim a Dr.ssa G.F. Falsetti
RUBRICA |
Concorsi.
Miur indice votazioni per commissioni, I sessione 2008.
Lettera del prof. LIBERATORE.
Anche statistiche docenti, per età
STATO GIURIDICO |
FUORI RUOLO.
Sentenza Corte Costituzionale.
Anche decisione
Consiglio di Stato
su diritto ai
2 anni di servizio,
dopo età
pensionabile
FORUM 2 |
Bologna.
Regolamento volontariato
per chi vuole restare presso i Dipartimenti, dopo pensionamento
FORUM 3 |
Democrazia in
pericolo in Italia ?
No, democrazia
anomala, causa parlamento
esautorato.
Su ruolo "sinistra"
per il ritorno
alla normalità
FORUM
esterno |
SENATO,
importante
tavola rotonda
"universitá,
per le risorse.
Con Ministro TREMONTI
HOME
|
DDL del Miur
per Governance Atenei.
Proposte di
EMENDAMENTI
News e ARTICOLI |
Ateneo di Bologna.
Di nuovo sforato
tetto 20% del FFO
per contributi
studenteschi.
URGE nuova
legge su diritto
allo studio
RUBRICA |
DDL del Miur
per Reclutamento Docenti.
Proposte di
EMENDAMENTI STATO
GIURIDICO |
CIRCOLARE
Ministero
su diritto ai
2 anni di servizio,
dopo età
pensionabile
FORUM 2 |
DDL Miur su Governance: LUNELLI
integra GIAVAZZI
FORUM 3 |
La lettera
Orginale
del Papa
al G8
FORUM esterno |
|
ELEZIONI RETTORE
Risultati del
SONDAGGIO
su intenzioni
di voto per
i candidati
a Rettore
HOME
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ELEZIONI
RETTORE.
Programmi
candidati
CANTELLI
FORTI
e DIONIGI
News
e ARTICOLI |
CONFERENZA Regionale su UNIVERSITA' Romagne.
RELATORI
Presidenti Enti Finanziatorii
ELEZIONI RETTORE |
ORDINAMENTO DIDATTICO,
Bologna
Ingegneria.
LETTERA
PRESIDE, con
riflessi su
elezoni Rettore
RUBRICA |
ASSEGNO
AD PERSONAM,
in seguito a concorso.
Come è calcolato a Bologna
STATO
GIURIDICO |
Virginio Pilò,
Chi andrà al
ballottagio con
CANTELLI FORTI ?
DIONIGI o SEGRE' ?
FORUM
locale |
N.Luciani, CRISI.
La via dei "soldi veri":Separa-
zione tra mercato monetario e finanziario;
2) leva fiscale redistributiva;3) deficit spending
FORUM
esterno |
Visite 30.015 nel 2008 Gelmini |
I SERVIZI di QUESTA EDIZIONE di APRILE
2009 |
Visite 7.428 in gennaio 2009 |
ELEZIONI RETTORE
Al via
SONDAGGIO
su intenzioni
di voto per
i candidati
a Rettore
HOME
|
Virginio Pilò,
Profilo dei
candidati rettore:
quelli del
partito di Calzolari
e quelli del partito
di opposizione
a Calzolari
FORUM locale |
Notizie sui candidati. SASSATELLI
super partes,
il delfino vero
di Lettere e Filosofia ?
News e ARTICOLI |
Il 22 aprile
incontro
degli
STUDENTI
con i 7 candidati
a Rettore.
Aperto a tutti
ELEZIONI RETTORE |
Senato, AUDIZIONE Organizzazioni Unitarie Docenza.
Consegnato
Pro-memoria finanziamento università
AUDIZIONE |
ROMAGNE.
G. Farneti,
Prospettive insediamento universitario di Forlì-Cesena. Considerazioni
su testamento
Sen. Melandri
RUBRICA |
Ricercatori
di Salerno
annunciano rinuncia carichi didattici
da 1.XI.09.
SEMINARIO Gelmini
su reclutamento
dei docenti con
criteri nuovi.
STATO GIURIDICO |
N.Luciani, CRISI.
La via dei "soldi veri":Separa-
zione tra mercato monetario e finanziario;
2) leva fiscale redistributiva;3) deficit spending |
3gen-09D.L. 180:
in pericolo gli effetti buoni della riforma delle
commissioni di concorso |
3gen-09BOLOGNA,
Senato Accademico:
"La negazione
del biennio sia
regola,
e l'accoglimento
sia la eccezione |
3gen-09Bologna, bilancio di previsione 2009. Ancora in calo le entrate dalla
ricerca per conto terzi, art. 66 DPR 382/80.
Speranza dagli Spin Off ? |
3gen-09D.L. 180:
Emendamento
del Senato da facoltà
agli Atenei di non
riaprire i termini
per le domande |
3gen-09Bologna:
iscrizioni
studentesche rettificate
in calo, in conferenza
stampa di grave
sconforto per la
Comunità scientifica,
incredula. Neppure
la dignità di scuse ... |
3gen-09N.
Luciani,
"Le conseguenze economiche della pace" e la via per contrastare il ciclo |
24nov-08Organizzzazioni Unitarie
Docenza Universitaria:
UN PROGRAMMA
PER L'UNIVERSITÀ.
In soccorso della
Ministra, se lo accetta.
|
24
nov-08Per
ripescaggio
del CONTRATTO
CON GLI ITALIANI
di Berlusconi, suo passato Governo |
24
nov-08BOLOGNA:
Elezioni CdA e Senato. Consiglio di Stato conferma torto
al Rettore.
Voto con nuove regole, ma no seggi a Rimini e Forlì. |
24
nov-08Ateneo
di Bologna:
Prof.CRISAFULLI
invia ai Colleghi
Linee Guida del Bilancio
previsione 2009.
Confermate ipotesi
di calo contributi studenteschi |
24
nov-08D.L.
180: nuove commissioni di concorso, aiuti a diritto allo studio, ma punizioni Atenei che
non hanno sforato, per tasse universitarie,
il 20% del FFO |
24
nov-08DIDATTICA.
A Ministra,
nuovo Preside di Ingegneria,
risponde: SI'
a rivoluzione didattica: 4 lauree, non 12 |
24
nov-08N.Luciani, "Le
conseguenze economiche
della pace"
e la via per contrastare
il ciclo
|
HOME |
HOME |
ARTICOLI |
RUBRICA |
STATO GIURIDICO |
FORUM 2 -loc |
FORUM 2-est |
5
apr-08 Nasce
AQUIS in alternativa alla CRUI. Ma sarà una buona mossa
o insofferenza verso la meridionalità ?
Vedi: HOME |
5
apr-08 Bologna: CORTE dei CONTI condanna Direttore Amm.vo, Rettore e CdA.
On. Garagnani di nuovo all'attacco
Vedi: ARTICOLI |
5
apr-08 Bologna:
Ghetti mette a punto PROGETTO tecnico-giuridico
di riforma della GOVERNANCE dell'Ateneo
Vedi: RUBRICA |
5
apr-08 Il
punto della situazione sullo stato giuridico e sui concorsi per tutti i docenti. No a "Il Sole-24 ORE"
Vedi: STATO GIURIDICO |
5
apr-08 Convegno
di AGORA' con vari presunti candidati Rettori.
L'intervento di DARIO BRAGA
Vedi: FORUM 2 -loc |
5
apr-08 Prof.ssa Marini interviene sui verbali degli
esami
di profitto
Vedi: FORUM 2 -loc |
5
apr-08 ELEZIONI
POLITICHE ANTICIPATE:
N. LUCIANI, Due parole, in libertà...
e perchè Casini sarà rivalutato
Vedi: FORUM 2-est |
17
mag-08 Berlusconi
alla Camera: "dare una frustata vitale alla ricerca e alla scuola"
Vedi: HOME |
|
17
mag-08Bologna, Cantelli Forti: Per una governance che riporti
i professori e gli studenti al centro del sistema universitario
Vedi: RUBRICA |
|
17
mag-08Bologna, Premiati i 17 Dirigenti dell'Ateneo in base ai
risultati, peraltro non resi noti
Vedi: FORUM 2 -loc |
17
mag-08ELEZIONI POLITICHE:
larga maggioranza a Berlusconi, ma con Bossi
determinante per i numeri
Vedi: FORUM 2-est |
17
giu-08 Ministro
GELMINI:
Comunicazioni al Senato sugli
indirizzi generali
del suo Dicastero
Vedi: HOME |
17
giu-08 Bologna: avviato dibattito per elezione del Rettore: intervene Gianni Porzi
Vedi: ARTICOLI |
17
giu-0 POLITECNICO DI MILANO NELLA BUFERA.
Corte dei Conti condanna Direttore Amministrativo.
Troppi dirigenti a tempo determinato
Vedi: RUBRICA |
17
giu-0 "FUORI RUOLO"
per i professori : TAR Catania accoglie questione
di costituzionalità
Bologna: Come è calcolato
"assegno ad personam"
al personale docente e ricercatore
Vedi: STATO GIURIDICO |
17
giu-0 Riforma
statuto di Ateneo.
Progetto della
Commissione "Canestrari"
Vedi: FORUM 2 -loc |
17
giu-0 Ateneo di Bologna: PROFESSORI
SOLLEVATI contro
"Il Sole 24 ORE",
Vedi: FORUM 2-est |
21gen-08 ATENEO DI BOLOGNA:
Ricompare lo spettro di una seconda crisi del bilancio.
12sett-07 Ministro
MUSSI: Per nuove lauree, anche un D.M. con LINEE GUIDA.
Ma, fatta la legge, trovato l'innganno.
25giu-07 Usciti
i DECRETI
per Classi di laurea.
RICOSTRUIRE i vecchi insegnamenti
26feb-07 CLASSI DI LAUREA. Nessuna novità dopoI DUE pareri delle
CAMERE al GOVERNO
7-gen-07
CLASSI DI
LAUREA: Relazioni dell'On. Prof. Fulvio TESSITORE
07-nov-06
CRUI - Verso la RELAZIONE
ANNUALE a Roma ( 9 nov. 2006)
06
ott-06
NUOVE CLASSI DI LAUREA:
Schema di Decreto Ministeriale
25set-06
N. Luciani, "LEGGE FINANZIARIA 2007.
Posta vuota nel bilancio statale per l'Università ?
25set-06
N. Luciani,
"MINISTRO MUSSI: Quanto
"pesa" questo Ministro, nel Governo ?";
COMUNICATO OO.UU.DD.
4lug-06
MINISTRO Fabio MUSSI all'Ateneo di
Bologna, con Professori, Studenti, Sindaco COFFERATI, Provincia, Regione
12
giu-06 Bologna, 7 Consiglieri di
Amministrazione interrogano Rettore su volontà di riforma
della Governance dell'Ateneo
4
mag-06 Romano PRODI, L'università che
vogliamo - Dal Programma dell'UNIONE
3
apr-06 Marco MERAFINA, E adesso un Esponente della Sinistra propone temi dello schieramento politico avverso .... |
21gen-08 Bologna: Amministrazione.
Direttore Amministrativo
chiede la corona di DIRETTORE GENERALE
5
apr-08 Bologna:
Ghetti mette a punto PROGETTO tecnico-giuridico
di riforma della GOVERNANCE dell'Ateneo
12sett-07 Concorsopoli
di Bologna:"risoluzione
della Camera" e replica del Rettore a Garagnani.
Ipocrisia generale nel risalire alle cause
25-giu-07 Bologna:
completiamo l'analisi del bilancio. DIOTALLEVI, nuovo Preside di Ingegneria
16apr-07 Bologna,
Rettore torna a soffiare
sulla crisi di bilancio. Ma le cifre in entrata lo contraddicono
26feb-07 Bologna, Rettore rende pubblica "la criticità
della situazione finanziaria"
07-gen-07
Governance delle università.:
proposto dalla CRUI il CONTROLLO DEI RISULTATI in luogo di CONTROLLO DEL
PROCESSO
07-nov-06
CAMERA - Votata
ANVUR - Agenzia nazionale di valutazione
sistema universitario
06
ott-06 Sui risultati
sperimentazione lauree.
F. Frabboni, L'Università si dà
la pagella
25set-06
Bologna, Codice Etico.
Con Nota di Gianni Porzi, Senatore
4
lug-06 Bologna, Conferenza di
Ateneo su "3+2". Intervento di Gianni Porzi del Senato Accademico
12
giu-06 Ministro Fabio MUSSI blocca Decreti
attuativi di art. 10 del DM 27o. Bologna: il 30 giugno CONFERENZA su nuove LAUREE
4 mag-06 MIUR - Decreto Ministeriale n. 270 del 2004,
Nuovo ordinamento didattico
3
apr-06 Alessandro Dal Lago
su Roberto Moscati: FALLIMENTO del "3 + 2" ?
Imposto e sùbito (da Luigi Berlinguer) !"
6
mar-06 Costituente per la Nuova
Università: "Seconda giornata" il 23 marzo 2006.
E le 4 Relazioni della "Prima giornata"
6
mar-06 TURBAMENTO NELLA COMUNITA' SCIENTIFICA PER UNA
QUESTIONE GIUDIZIARIA CHE HA INVESTITO IL PRESIDENTE DELLA CRUI
6
mar-06 Costituente per la Nuova
Università: "Seconda giornata" il
23 marzo 2006.
E le 4 Relazioni della "Prima giornata"
30
gen-06 CRUI - Il Presidente TOSI: " Che il 20 feb.
parta la Costituente per la Nuova Università !
"
|
21gen-08 Ricercatori: nuovo regolamento
dei concorsi. Pari opportunità ai giovani all'estero.
12sett-07 Posti di ricercatore:
Decreto Legge del Governo per bando con vecchie regole. Prime critiche e
possibile rimedio in sede di legge di conversione
25giu-07 Commmisioni di concorso
ricercatori. Sollecitato
Ministro a varare il decreto. Nuove indicazioni da
CNRU
16apr-07 Concorsi
ricercatori: bozza di regolamento
delle commissioni giudicatrici
26feb-07
Ministro MUSSI: Linee-guida
del Regolamento ANVUR - Agenzia nazionale di valutazione
del sistema universitario e della ricerca
07-gen-07
RICERCATORI:
Ministro MUSSI ottiene delega per loro stato giuridico. Speranze per Ricercatori
all'estero
07-nov-06
Il Governo ritira dimezzamento
scatti biennali dei professori. Ma
Confederali confermano sciopero scuola-univ. 17 nov
06
ott-06 Legge
Finanziaria: riportate all'indietro retribuzioni
dei professori.
COMUNICATO OO.UU.DD.
4
lug-06 ATENEO DI
BOLOGNA - "Nuovi limiti di età
dei Professori ordinari ed associati" ex-lege 230/2005. Circolare di interesse per
tutti i Colleghi in Italia.
12
giu-06 Lettera
al Ministro
FABIO MUSSI di:
ADI, ADU, ANDU, APU, AURI, CISAL-Università, CISL-Università, CNRU, CNU, FIRU, FLC-CGIL,
SNALS-Università, SUN, UILPA-UR
4
mag-06 Alberto Pagliarini, Tabella
delle retribuzioni (aggiornamento)
4
mag-06 Pubblicato sulla G.U., Serie generale, n. 101 del
3-5-2006, il Decreto Legislativo sui concorsi
4
mag-06 Legge n.230/2005
Nuove disposizioni concernenti lo stato giuridico dei professori
3
apr-06 In arrivo il D.P.R. sul Reclutamento dei
Professori Universitari (testo completo)
6
mar-06 Il parere della Camera sullo schema di Decreto
Legislativo del Governo sul reclutamento dei professori universitari
30
gen-06 Schema di DECRETO LEGISLATIVO sul reclutamento
dei professori universitari |
21gen-08 Bologna: FORUM
di G. Barbiroli:
Richiesta programmazione
dei budget per
didattica e ricerca
21gen-08 Bologna:
G.Ghetti
A proposito di verbalizzazione
degli esami
12sett-07 Governance
Ateneo di BOLOGNA. Dopo invito del Rettore a fare proposte di riforma, al via due
REFERENDUM
25giu-07 Da
Comitato per nuova legge elettorale.
Riportare "ceto medio unito"
al governo
25giu-07 Ateneo
di BOLOGNA: Convegno di AGORA' su riforma
Governance. Con SASSATELLI, SEGRE', CANTELLI FORTI, LORENZI, MARCATO
16apr-07 Ateneo di
BOLOGNA: Finanziamento privato
della ricerca universitaria penalizzato dall'Amministrazione.
Regolamento dei contratti di ricerca per conto terzi.
26feb-07
A Governo PRODI:
Napolitano: "Metti in conto, la
prossima crisi, un Governo istituzionale" per legge elettorale
07-gen-07
Cardinale di Bologna scende
nell'AGORA' universitaria
e parla ai professori di "FEDE e RAGIONE"
07-gen-07
CUN: Risulltati delle votazioni
dicembre 2006
07-nov-06
Il Governo dice: produrre soia, mais
e quant'altro per fare bio-carburanti ...
Seguire la CALIFORNIA ?
06
ott-06
Consiglio di Amministrazione:
Lettera del 4 ottobre
del prof. E. Lorenzini
25set-06
Consiglio di
Amministrazione: 6 CONSIGLIERI invocano argomenti caldi per l'o.d.g. . Lettera del
prof. E. Lorenzini
4
lug-06 Dopo il NO alla riforma costituzionale, aperta
fase di riassetto del "grande centro", negli schieramenti politici in Italia
12
giu-06 ELEZIONI POLITICHE:
- restituita al Parlamento la
sua funzione, con un sufficiente ruolo guida del Governo;
- resta nodo del Referendum 9 giugno
12
giu-06 Nino LUCIANI, Il prof. Quirino PARIS, colpevole di
aver invocato il buon funzionamento del CUN
3
apr-06 ELEZIONI POLITICHE 2006 - N.
LUCIANI, Difendere la democrazia in Italia...
Ma il primo passo è superare presto il "POST-BERLUSCONISMO
3
apr-06 Lettera
di un giovane Architetto che vuole diventare professore, ma frattanto deve lavorare
all'esterno dell'Università
6
mar-06 Pendenze delle elezioni
Rettore: LETTERA della prof.ssa Elena FERRACINI per difesa della A.d.D.U. (Associazione
docenti donne)
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gen-06 RICORSO CONTRO
ERRATO INQUADRAMENTO
dei PROFESSORI ASSOCIATI e dei RICERCATORI - Sentenza del TAR Emilia Romagna |
Papa Benedetto XVI
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RIFORMA UNIVERSITARIA
in Aula al Senato il 22 dicembre
(in seconda lettura)
Mentre Ricercatori e Studenti si tengono
stretti
stretti, in attesa della tegola in testa, del Senato
il PAPA, nel corso della cerimonia dei
Vespri,
dopo l'omelia, riceve gli sudenti universitari romani,
sostiene il "ruolo insostituibile dell'universita' "
e li "appella alla pazienza e alla costanza"
|
On.li Senatori,
con il ritorno a voi del DDL in oggetto, mi parrebbe giusto dirvi tre cose:
1) dire del papa, circa l'universita. Incontrando i giovani
universitari romani, per i Vespri il 16 dic. 2010, il papa ha sostenuto il "ruolo
insostituibile dell'universita" di soddisfare "il bisogno di una nuova
classe di intellettuali capaci di interpretare le dinamiche sociali e culturali offrendo
soluzioni non astratte, ma concrete e realistiche". Il papa ha concluso con un
appello "alla pazienza e alla costanza, virtu da non confondere con
l'apatia". **. Per
l'omelia *, sotto.
Il papa non ignorava sicuramente le manifestazioni dei ricercatori e
studenti nelle scorse settimane sul DDL Gelmini. E voi non le sottovaluterete
certamente.
Forse, vi interessa anche una lettera che una "casalinga" (in
verita' una prof.ssa di scuola media in pensione, sensibilizzata dai mass media, sui
recenti fatti studenteschi), che mi ha scritto (in relazione al Foglio On Line, da me
diretto): "L'Universita e un mondo che non conosco. Mi sono laureata il
26 giugno 1976. Credo di appartenere di piu' alla categoria delle "casalinghe",
forse con un maggior senso critico."
"Mi domando se anche la Ministra Gelmini non appartenga al mondo delle
casalinghe e non abbia capito neppure lei fino in fondo la sua riforma. Le donne presenti
in questo Governo mi sembrano piu strumenti che "menti". Intendiamoci nella
politica ci sono tante donne alla pari degli uomini per intelligenza e grinta, ma non
queste al Governo. Comunque qui a Torino ci sono tanti studenti che tirano molto, molto a
sinistra".
2) nel merito dei possibili emendamenti al DDL,
preso atto che la sua maggiore pericolosita per luniversita pubblica sta
nel non avere dotazione finanziaria, e che e' coerente col blocco del turnover (5-10.000
professori, e abolizione del ruolo dei Ricercatori a tempo indeterminato, 26.000 persone),
proporre di prendere in considerazione la riforma del sistema finanziario delle
universita, posto che l'ostacolo maggiore sia la crisi attuale del bilancio
statale.
Col nuovo sistema finanziario, le universita' saranno liberate dalle catene del
DDL, ma anche responsablizzate.
C'e', poi, la considerazione che l'attuale sistema ha i difetti tipici dei paesi a
pianificazione centralizzata, e dunque:
a) la cifra totale da finanziare e' soggetta alle bizzarrie annuali dei Ministri
del Tesoro.
b) fa ricadere sugli studenti bisognosi e meritevoli il mancato sostegno del
diritto allo studio, dovendo le universita filtrare i fondi statali per salvare,
prima, se stesse.
Questa e' invece la nostra proposta di nuovo sistema finanziario:
a) Il finanziamento delle universita pubbliche avviene mediante un
fondo statale, quantificato in base al costo standard per studente, moltiplicato per il
numero degli studenti iscritti.
La quota finanziata e determinata dai Ministeri del Tesoro e della
Universita, e comunque non inferiore al 70% del costo totale stimato, ed e
ripartita tra le universita in proporzione agli studenti iscritti.
b) E istituito presso il Miur un Fondo per gli studenti bisognosi e
meritevoli, ex-art.34 della Costituzione.
b) Le universita determinano i contributi studenteschi, per il pareggio del
bilancio, per la parte non coperta dal Fondo statale. E' obbligatorio per le
universita il pareggio del bilancio ed e istituito il controllo della Corte
dei Conti sul bilancio preventivo;
c) I finanziamenti privati alle Universita sono fiscalmente deducibili dal
reddito imponibile;
d) In prima attuazione e garantito a ciascun Ateneo un FFO - Fondo di
Finanziamento Ordinario, non inferiore allattuale.
3) dire cosa ho pensato, avendo seguito il dibattito del Senato,
sul DDL via satellite TV, il 29 luglio 2010. Ho provato disappunto per alcuni
concetti, risuonati di continuo (da parte di molti), non sorretti da adeguata conoscenza
dell'universita', quali:
- "i professori hanno dilapidato il denaro pubblico, e' venuto il momento di
pagarli in base ai risultati";
- "i concorsi universitari sono diventati parentopoli, e questo ha declassato
luniversita. Basta con gli scandali".
Non oso confutarvi, perche' da anni i sindacati combattono
contro queste "deviazioni". Vi contesto, invece, che il DDL li usi
strumentalmente contro l'universita' pubblica..., senza risolverli; e vi faccio i seguenti
rilievi:
a) quanto alle proliferazione delle sedi, la Ministra farebbe bene a parlarne con
gli enti locali, prima che con noi;
b) quanto alla moltiplicazione dei corsi di laurea, il fatto e' avvenuto in periodo
di sperimentazione, in cui le lauree quinquennali dovevano, per legge, essere spezzate in
due (ossia 3+2), e quindi anche ogni insegnamento andava, di norma, spezzato in due; e che
le lauree quadriennali (che erano la quasi totalita'), andavano aumentate di un anno,
oltre che spezzate in (3+2).
Comunque sia chiaro che questo spezzettamento ha determinato un aumento del carico
di docenza e di amministrazione, ma non maggiori oneri per lo Stato. Il maggior
carico di docenza e' andato sui preesistenti docenti di ruolo (con pochissime nuove
assunzioni, rispetto agli studenti, divenuti 1.800.000), e prevalentemente sui docenti
precari (55.000 persone, tra cui ci sono delle vere menti), ai quali oggi il DDL sputa in
faccia (dimenticando che gli studenti rimarranno 1.800.000);
c) quanto a parentopoli, il DDL ne amplifica le deviazioni perche' esse,
divenendo "buie", saranno senza limiti. Infatti il DDL abolisce il concorso
locale tra gli "abilitati alla ricerca". Invece andava mantenuto il
concorso locale, ma con commissioni giudicatrici scelte per sorteggio (non per
votazione).
Cordialita'.
Nino Luciani
Bologna 19 dic. 2010
** Fonte: http://www.tg1.rai.it/dl/tg1/2010/articoli/ContentItem-cf1d8575-5607-44bd-82f3-1f240414b407.html#p1)
* Fonte: http://www.pontifex.roma.it/index.php/news/29-news/880-incontro-del-santo-padre-con-gli-studenti-universitari-degli-atenei-romani |
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LETTERA APERTA AI SENATORI E DEPUTATI
in
riferimento al voto di FIDUCIA
al Governo (martedì 14
dicembre 2010)
e ai DINTORNI (transizione
dalla Ia alla IIa Repubbllica)
On. Senatori, on.li Deputati,
In relazione al possibile voto, vi invio un mio
"intervento", del 1993, che mi sono trovato sotto gli occhi questa mattina,
mentre riordinavo la mia biblioteca.
Lintervento aveva come titolo: "I problemi della transizione", e fu
fatto in un convegno a Saint Vincent, organizzato da Jader Iacobelli, pubblicato nel
volumetto "1993, "Dove va leconomia italiana ?", SAGGI TASCABILI
LATERZA.
Rileggendo lintervento, mi sono reso conto che nel 2010 i problemi della
transizione, di allora, sono identici a quelli attuali, anzi aumentati sotto l'aspetto
finanziario.. Dunque, non hanno fatto nulla i governi che, subentrando a quelli della
prima Repubblica, si erano impegnati a risolvere i problemi della transizione alla seconda
Repubblica ? Erano governi di destra e di sinistra.
Motivi ? Ognuno pensi come vuole. Per approfondimenti, oltre a quel mio
intervento (riportato qui sotto), si puo' cliccare sul Foglio On Line, da me diretto: http://www.universitas.bo.it/Forum%201-esterno.htm#FORUM%201
. In esso si parte dal convegno di Fini a Bastia Umbra, del 6-7 nov. 2010, ma per andare
molto oltre FINI, proponendo "un programma obbligato" di riforme costituzionali
(governi di legislatura e, ma solo dopo ..., nuova legge elettorale) e un governo di
"grande coalizione", il solo adatto per una "transizione"
costituzionale. Per fare queste cose, la legislatura deve proseguire verso la sua
conclusione naturale.
Al tempo stesso, data la situazione bloccata da ogni punto di vista,
tutti devono avere un senso di umilta'' e non dr ammatizzare il proprio ruolo
personale. Un proverbio popolare dire: "morto un papa, fatto un altro".
Cio' che conta sono le istituzioni: vale dire operare urgentemente per fare "governi
di legislatura", un parlamento rispettato (non trattato come "yes man")...
.
Cordialita'.
Nino Luciani
Bologna 12 dic. 2010
* SUN - Sindacato Nazionale Universitario, la "assemblea permanente on line".
** Prof. Ordinario di scienza delle finanze, Università di Bologna
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Nino Luciani, I problemi della transizione
Estratto da: 1993, Dove va leconomia italiana ? a cura
di Jader Iacobelli, SAGGI TASCABILI LATERZA, p. 94
1. La mia tesi è che l'Italia ha di fronte i problemi strutturali propri
delle economie di transizione e precisamente della transizione da un sistema economico a
prevalente «economia pubblica» a un sistema a prevalente «economia di mercato», che si
ritrovano negli ex paesi del socialismo reale, sia pur in proporzione al peso occupato dal
settore pubblico nei rispettivi paesi. Ci sono qui anche i problemi congiunturali, ma
hanno un'ampiezza talmente grande da rinviare, paradossalmente, ai problemi di struttura.
La prima transizione, relativamente recente, è cominciata in Italia nel 1961 con i
governi di centro-sinistra ed è avvenuta nel senso di andare da un sistema a prevalente
economia di mercato a un sistema a prevalente economia pubblica. Si passa da un rapporto
tra spesa pubblica e PIL del 30% a un rapporto del 56-60 attuale.
Adesso ci troviamo di fronte la seconda transizione, questa volta in senso
inverso, e che dovrebbe restituire risorse dal settore pubblico al settore privato, in
quanto da ritenere piu produttivo. Questo obiettivo è imposto dalla distruzione
macroscopica di risorse da parte del settore pubblico, e le cui ripercussioni piu
evidenti si ritrovano nella caduta persistente del tasso di crescita del PIL e nella
crescente disoccupazione.
A mio modo di vedere, per l'Italia, il traguardo finale realistico.
compatibile con l'equilibrio del sistema economico (per quanto dipende dal settore
pubblico). è ridurre la spesa pubblica al 40-45% del PIL. Questo parametro mi viene
suggerito dal fatto che la pressione fiscale nominale è oggi nell'ordine del 39-40%,
limite massimo risultato fin qui raggiungibile. e che quindi indica la possibilita
realistica di finanziare la spesa pubblica con la sola tassazione.
2. Questa transizione verso il mercato richiede adattamenti
importanti nelle abitudini di vita della popolazione: si tratta di un problema che, per
sua natura, richiede un periodo medio-lungo (5-10 anni). Tale periodo e' il tempo
necessario:
a) per riallocare verso il settore privato la mano d'opera via via licenziata
dal settore pubblico;
b) per affidare al settore privato quei servizi pubblici che verranno via via
dismessi dal settore pubblico e che dovranno continuare ad essere erogati per i cittadini
disposti a pagarli;
c) per privatizzare le imprese pubbliche non strategiche, e che ovviamente
non si puo cominciare a fare con una estrazione a sorte delle imprese da
privatizzare, ma solo dopo aver fatto una opportuna classificazione della loro situazione:
ad esempio, imprese con buona capacita di reddito e buona situazione finanziaria;
imprese con buona capacita di reddito ma precaria situazione finanziaria; imprese in
perdita ma per carenze gestionali e quindi facilmente risanabili con la sostituzione del
management: imprese decisamente senza prospettive di reddito, ecc.;
d) per permettere ai beneficiari di trasferimenti pubblici di trovare un
rimedio, in vista di una loro decurtazione, ecc.
Del resto anche la Comunita europea si e data un periodo
transitorio (1957-92) per attuare pienamente il Mercato Comune Europeo, periodo che
termina proprio questanno.Tali adattamenti della popolazione non sono
necessariamente dei sacrifici e tuttavia essi si giustificano perche pongono le basi
per la ripresa dello sviluppo del reddito nazionale e dell'occupazione.
In secondo luogo la realizzazione della transizione richiede una classe
politica appropriata. Ma su questo punto non dobbiamo dimenticare che la classe politica
oggi chiamata ad attuare la seconda transizione e quella stessa che ha realizzato la
prima transizione sulla quale essa fonda a tuttora il suo potere in termini di clientela
elettorale e di tangenti, non solo, ma anche senza una netta distinzione tra maggioranza
di governo e opposizione. Questo vuol dire che qui troviamo il primo collo di bottiglia,
per cui le alternative politiche in termini di separatismo territoriale, qui evocate, sono
fortemente realistiche.
In ogni caso appare evidente l'urgenza di operare per una nuova legge
elettorale che separi nettamente la responsabilita di governo da quelle di
opposizione, in modo da permettere un rimedio ai mali della politica attraverso
l'alternanza tra persone e programmi diversi. Senza la riforma della legge elettorale. che
stronchi quanto meno il consociativisrno e la frammentazione nel governo nazionale (e nei
governi locali), al piu ci si puo attendere il congelamento dellattuale
sistema, che non espanderebbe ulteriormente il settore pubblico, ma eventualmente ne
correggerebbe solo le maggiori disfunzioni finanziarie.
3. Tuttavia, i problemi di disavanzo del bilanci dello Stato non possono
attendere. Occorre provve dervi subito, quanto meno in base agli impegni assunti
dall'Italia di andare verso l'unione monetaria e la moneta unica in Europa.
Secondo me la via appropriata e un aumento generalizzato e uniforme dell'aliquota
dell'IRPEF nell'ordine del 6-10%. durante tutto il periodo della transizione. e da ridurre
via via in rapporto all'avanzamento della transizione stessa. Tale aumento dell'IRPEF
dovrebbe essere accettato dalla popolazione appena si spieghi che esso dovrebbe sostituire
una imposta gia esistente, che e la "imposta da inflazione", oggi
nell'ordine del 10-15% del reddito. Infatti laumento di prezzi, dovuto
all'inflazione, e 1'equivalente di un'imposta indiretta, non solo, ma e anche
la piu sperequata tra le imposte.
Invece. sul piano dellequilibrio generale, l'applicazione di
un'aliquota aggiuntiva. uguale per tutti i cittadini, avrebbe il vantaggio di ridursi a un
fatto puramente monetario: nel senso che, per definizione, e comunque tendenzialmente,
essa non modificherebbe, in termini reali, le posizioni comparate e assolute dei
contribuenti, perche per un cittadino e indifferente avere un reddito
monetario invariato, ma con prezzi che cresceranno, oppure avere un reddito monetario
decurtato, ma a prezz che non muteranno. Questa tesi. che discende da un noto teorema
della scienza delle finanze, pur se discutibile per vari aspetti, e un'ottima base
di partenza per orientarsi nella concreta ripartizione del carico tributario necessario
per ripianare il disavanzo del ianc:o dello Stato.
Rifiuto, invece, l'idea di affidare compiti importanti ad un'imposta
ordinaria sul patrimonio. Cio per varie ragioni: non e un'imposta generale;
non ha ancora un apparato amministrativo collaudato per applicarla; il valore patrimoniale
non emerge da elementi oggettivi ma da una «stima», per cui si presta v i aprire un
contenzioso spaventoso. Del resto la storia dell'INVIM lo insegna.
Essa puo avere, beninteso, un suo ruolo come mezzo di recupero
dell'evasione, ma a questo fine e tenuto conto della debolezza strutturale suddetta, penso
che ne sia consigliabile l'applicazione con un'aliquota molto mite. Associatamente
all'ILOR o allICIAP.
Quanto all'evasione fiscale. ritengo che sia venuta l'ora di
smettere col demonizzare gli evasori, ma di operare per far funzionare adeguatamente la
macchina amministrativa finanziaria pubblica, il solo modo corretto di impostare il
problema. In ogni caso non sono affatto convinto che esistano, presso le piccole e medie
imprese, maglie di evasione cosi larghe, come una certa parte sociale va dicendo. Il
motivo di fondo di questa mia convinzione e che, nei casi prevalenti, appena il
sindacato dei lavoratori dipendenti si accorge che le imprese hanno dei sovraprofitti, ci
pensa il sindacato stesso a scremarli chiedendo aumenti salariali. E se i salari non
sfuggono alla tassazione, allora le piccole e medie imprese pagano le imposte attraverso i
propri dipendenti. Dunque il fisco ha gia, dentro l'impresa, un buon poliziotto
fiscale.
Quanto, infine, alla recente crisi del cambio, trovo
notevoli responsabilita nella condotta delle autoritaa monetarie, non tanto
per aver preferito le ragioni della «moneta» alle ragioni dell'«economia reale» (fatto
gia per se inammissibile economicamente, ma perdonabile a un banchiere), ma
per aver persistito nell'assumere certi impegni monetari pubblicamente senza poi
mantenerli.
Per altro verso, gia i grandi maestri del tempo passato avevano
insegnato che l'alternativa tra cambi fissi e cambi flessibili e una questione da
risolvere in base alla natura strutturale o congiunturale delle crisi valutarie.
Che l'Italia si trovasse una crisi strutturale e provato dal fatto che il saldo
passivo delle partite correnti della bilancia dei pagarnenti internazionali dell'Italia, a
partire dal 1986, e andato crescendo sempre piu, non solo in assoluto, ma
anche in percentuale del PIL (4% del PIL, ultímamente) . Questo vuol dire che il trend
non dava ormai piu segni di inversione. per cui gia si profilava, come
traguardo finale, la caduta della convertibilita della lira, che e poi la
svalutazione a colpi di piccone píu tardi, anziche la svalutazione subito, in
condizioni piu favorevoli. E dunque anche sotto il profilo tecnico la condotta delle
autorita monetarie appare censurabile. |
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RIFORMA UNIVERSITARIA
Aperto un varco per la
salvezza dell'università pubblica
Il motivo è che il Presidente del Senato SCHIFANI rinvia l'esame del DDL GELMINI a
dopo il voto sulla fiducia al Governo il 14 dicembre, perchè teme straripamenti delle
manifestazioni studentesche sul Parlamento, ma con l'ovvia conseguenza che, se cade il
Governo, cade anche il DDL GELMINI
LA SALVEZZA, RESA POSSIBILE DAL CONGIUNGIMENTO DI 4 CIRCOSTANZE:
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1) La persistenza dei ricercatori e precari
nell'astensione dalle lezioni "non dovute";
2) il soccorso degli studenti, con manifestazioni in tutta Italia;
3) l'aiuto dei "FINIANI" alla Camera;
4) il risveglio del PD-Partito Democratico, che (sulla sferza di
alcuni valorosi: Vassallo, Tocci, Ghizzoni) si è, alla fine, reso conto che quella
distinzione (del Governo) tra "norme ordinamentali" (subito) e "norme
finanziarie" (dopo) era in realtà un trucco per dimezzare l'università pubblica. |
Nino Luciani, Anche noi... per la riforma, non per la controriforma Gelmini.
In queste settimane, in seguito alle manifestazioni degli studenti,
i mass media si sono accorti del malessere dell'universita' e, come era naturale, anche la
Ministra è stata invitata a chiarire la propria posiziobe, direttamente
in faccia alle famiglie.
Devo dire che la Ministra è riuscita a convincere le casalinghe
ignare. "Non va bene - hanno detto - che si sprechi il danaro pubblico... Si fanno
lezioni con 5-10 studenti, troppo pochi ... Ci sono oltre 5.000 lauree ... sono troppe
.... Ci sono concorsi truccati ... vincono il posto i parenti, gli amici dei membri
della Commissione. Non va bene ... ".
Francamente, è da anni e anni che le associazioni e i sindacati
universitari denunciano queste "deviazioni" e chiedono interventi, sempre
distinguendo i fatti singoli, dalla situazione generale.
E, invece, la Ministra (che è al Miur per eseguire gli ordini
di Berlusconi) anzichè risolvere questi problemi, li ha usati strumentalmente per
dimezzare l'università pubblica e abolire i concorsi.
Nulla v'è nel suo DDL per eliminare queste falle.
Non solo questo. Messa alle strette, è stata soccorsa da Tremonti con
800 milioni (1,7 necessari) per il FFO-Fondo di finanziamento ordinario delle università.
Ma poi, in seguito a dubbi da più parti in Aula durante la discussione,
il VicePresidente della Commissione Bilancio, on. Luca Galletti chiariva che
"i soldi c'erano nel senso che un pari introito era atteso dalla vendita di frequenze
TV, ma che la cifra probaile sara' minore".
Non solo questo. L'art. 12 del DDL rifinanzia le università
private (in prospettiva, anche università telematiche aventi i requisiti, in corso di
definizione ministeriale).
Precisamente esso dispone che:
- "una quota non superiore al 20 per cento (nel testo del Senato, la
percentuale era 10%) dellammontare complessivo dei contributi di cui alla legge 29
luglio 1991, n. 243, relativi alle università non statali legalmente riconosciute, con
progressivi incrementi negli anni successivi"....;
- e che "le previsioni di cui al presente articolo non si applicano alle
università telematiche ad eccezione di quelle, individuate con decreto del Ministro,
sentita lANVUR e, nelle more della sua costituzione, con il parere del Comitato
nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNVSU), che rispettino i criteri
di cui al comma 1.
A questo proposito, va forse notato che:
- nel corso del dibattito in aula, l'on. Tocci aveva chiesto alla Ministra
(che, pero' non ha risposto) se intendeva persistere nell'emanare il regolamento sulle
universita' telematiche (con riconoscimento di esse come "università non statali, di
cui una è il CEPU, pro-quota, di Berlusconi);
- e che la Ministra, in una nota sul corriere della sera, del 14 ottobre, risultava
essere preoccupata del modo negativo come dette università operavano (mio riassunto), per
cui era divenuto urgente emanare il regolamento medesimo, in attuazione della legge
finanziaria del 2003, non ancora varato.
Ciò ricordato, si deve considerare che, in generale in altri Paesi, e
forse anche in Italia prima o poi, le università telematiche sono le università del
domani.
E' anche un fatto che la CRUI, in passato, ha molto contrastato queste
università.
Ma è anche un fatto che aprire oggi la strada ad un loro inserimento nel novero
delle universita' non statali (con finanziamento statale, sia pure dopo la loro
rigenerazione qualitativa) mi pare una abnormità, perchè contestuale al dimezzamento
dell'università pubblica, confermato nel DDL, e già in corso da anni, da parte dei
governi Berlusconi. Nino Luciani
|
Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari
L'ennesima occasione
sfumata |
Marco Merafina
Coordinatore naz.le
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Abbiamo perso una grande occasione di fare una vera riforma. Lo
stato, in cui versava e versa l'Universita' italiana, era ed e' tale da rendere
indispensabile una riforma del sistema universitario.
Dal sottofinanziamento cronico del sistema, ai problemi che coinvolgono in
modo trasversale tutte le componenti universitarie, dal diritto allo studio al problema
del precariato, dall'irrisolto problema dello stato giuridico dei ricercatori e del
conseguente mancato riconoscimento del ruolo docente a quello di una governance sempre
piu' autoritaria e affare di "pochi", sono tutte problematiche che avrebbero
dovuto suggerire una riforma con ben altri contenuti.
Ci ritroviamo invece peggio di prima, con una miriade di adempimenti
regolamentari che renderanno la riforma appena approvata alla Camera pressoche'
impossibile da attuare, con in piu' l'impossibilita' a svolgere quei concorsi tanto
sbandierati dal ministro e comunque in quantita' talmente irrisoria che risulterebbero
inutili a risolvere il problema dell'assunzione dei giovani e dei precari e sarebbero del
tutto insufficienti anche per le progressioni di carriera dei ricercatori attuali.
La comunita' degli universitari, dagli studenti ai professori si e'
accorta, anche se con tempistiche diverse, delle criticita' del DDL ed montata una
protesta sempre piu' diffusa a dispetto delle rassicurazioni della CRUI, sempre piu'
distante dal mondo universitario che pretende, a torto, di voler rappresentare e
dell'indifferenza del Governo, arroccato ottusamente su tali rassicurazioni e sulle
opinioni di una minoranza di benpensanti.
Le recenti iniziative di protesta, benche' magnifiche per lo spirito di
iniziativa e l'abnegazione di tanti colleghi ricercatori e tanti studenti, non avrebbero
pero' mai potuto ottenere altro che grande visibilita' mediatica per porre al centro
dell'attenzione i problemi dell'Universita' e della ricerca, perche' cio' che si
prefiggevano oltre a questo, e cioe' il ritiro del provvedimento, non si sarebbe mai
potuto ottenere in quel modo.
Sappiamo tutti infatti come tali azioni inducano questa maggioranza a
chiudersi sempre piu' in un arrogante isolamento finalizzato solo all'ottenimento
dell'obiettivo a dispetto dei manifestanti.
Tuttavia quello che e' successo e sta succedendo ha una portata
storica: una protesta di simili dimensioni e con tali modalita' non si era vista da
chissa' quanto tempo e ormai tutto non potra' essere piu' come prima.
Se ne sono accorti quasi tutti, meno la maggioranza di Governo che
continua, con la consueta miopia, a parlare di manifestazioni di minoranze ispirate dalla
sinistra.
Proprio per questo anche i ricercatori dovranno continuare nella
protesta, anche oltre l'eventuale approvazione della riforma. Il problema, purtroppo, e'
che tale DDL e' sponsorizzato dai cosiddetti poteri forti: la Confindustria, interessata
ad entrare nei governi degli atenei, e il baronato rappresentato dalla CRUI, interessata
piu' alla propagazione del potere di governo dei rettori, che alle vicende reali del
sistema universitario.
L'unica possibilita' poteva essere quella di coagulare il consenso su
qualche emendamento indigesto al ministro per costringerlo a ritirare il provvedimento o
accettare qualche misura realmente migliorativa.
Se il 14 dicembre il Governo sara' sfiduciato dalla Camera dei
Deputati, il provvedimento avra' molte chances di essere ritirato e avremo forse evitato
questa ulteriore catastrofe per l'Universita', ma sara' comunque una sconfitta per tutti.
Dovremo in ogni caso chiederci: a quando un vero provvedimento sul
sistema universitario che risolva realmente i problemi da troppi anni sul tappeto?
Troppi Governi hanno mancato l'obiettivo e le speranze si
affievoliscono man mano che passano gli anni.
E la risposta e' sempre la stessa: abbiamo perso l'ennesima occasione
di riformare il sistema universitario.
Marco Merafina e Annalisa Monaco |
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LETTERA APERTA ALL'On.le Gianfranco FINI
Presidente di FLI - Futuro e Libertà
Oggetto: giovedi' 2 dic. 2010, voto finale alla Camera, per
riforma Gelmini, DDL C 3687
On.le Fini,
e ' di ieri la sua dichiarazione che il gruppo FLI votera' a favore
della riforma Gelmini, in quanto considerata "una delle migliori riforme" del
Governo Berlusconi.
Personalmente do atto che, al Senato, il Sen. Giuseppe
Valditara, oggi nel FLI, professore ordinario, ha migliorato il DDL su due punti
significativi:
- ha fatto istituire il Fondo per il merito ai professori (anziche'
miglioramenti retributivi per anzianita');
- ha esteso la possibilita' della chiamata diretta (a prof. associato)
dei Ricercatori a tempo indeterminato, che abbiano conseguito l'abilitazione scientifica
nazionale (pur se dimentico che i promossi, piu' anziani, dovrebbero accettare una minore
retribuzione per un determinato numero di anni, cosa che li ha gia' indotti a rifiutare la
promozione).
Restano, pero', nel DDL fondamentali criticita', a danno
della universita' pubblica e del diritto allo studio, che tolgono valenza a quelle
innovazioni, a parte le discussioni sul cosiddetto "potere baronale"
(giustificate circa gli abusi nei concorsi, anzi con eccessi per quantita' nel 1980-98 ai
danni di una intera generazione di professori associati, anche per colpa dei Governi di
allora perche' ci furono solo 3, dei 9 concorsi allora programmati. Ma diciamo anche che,
a causa dell'attuale blocco del turnover, lo stesso spettro e' di nuovo nei fatti).
I motivi delle criticita' del DDL sono:
1) il numero dei professori di ruolo sara' dimezzato a 30.000, in luogo dei
60.000 attuali. Infatti saranno tolti 26.000 ricercatori di ruolo, e non ci sara' il
turnover per 5-10.000 professori, dopo i pensionamenti per limiti di eta'. Invece gli
studenti rimarranno 1.800.000, un numero impossibile da soddisfare, per cui si dovra'
provvedere con personale precario sotto pagato, e (forse) una parte degli studenti dovra'
bussare alla porta di universita' private.
Osservo che il dimezzamento del numero dei docenti di ruolo, comporta il
raddoppio del biasimato potere baronale dei prof. ordinari nei confronti della massa dei
docenti precari;
2) ci saranno degli esami nazionali di abilitazione scientifica a
lista aperta, ma saranno aboliti i concorsi per la copertura dei posti, fino a poco fa con
commissioni giudicatrici di 5 membri ("un" membro interno e 4 votati dal gruppo
scientifico nazionale, una modalita' da cui erano originati gli scandali, perche' i voti
erano concordati sottobanco).
Abolendo i concorsi, gli scandali scompariranno in apparenza, ma tutto
peggiorera' , perche' il potere baronale non avra' piu' alcun limite, neppure il pudore di
potersi dire membro eletto di commissione, perche' votato.
Invece si doveva semplicemente mantenere i concorsi, ma con commissioni
sorteggiate.
3) In coerenza col proposito di ridimensionare l'universita'
pubblica, ne sara' ridotto il finanziamento e, per garantire il risultato, sara'
accresciuta la centralizzazione del controllo.
a) Ahime', su questo punto il governo è incappato in una serie di brutte
figure.
- la prima e' che erano state inserite le norme finanziarie, su richiesta di
alcune persone molto serie della "maggioranza" (l'on. V. Aprea, Presidente della
Commissione Cultura e l'on. Frassinetti, Relatrice del DDL), ma poi depennate;
- la seconda e' che il governo aveva detto di aver trovato 800 milioni
(di 1,7 milioni necessari) e la Ministra l'aveva riaffermato in aula, mentre esplodevano
le manifestazioni di piazza. Ma poi, sempre in Aula, di seguito ai dubbi, il
VicePresidente della Comm.ne Bilancio, On. L. Galletti, chiariva che gli 800 milioni
c'erano nel senso che un pari introito era atteso dalla futura vendita di frequenze TV, e
dunque che la cifra ancora non c'era', e probabilmente sara' molto minore.
b) Per una idea del FFO per il 2011, ricordo che nel 2007 (ultimo anno
del governo Prodi) il preventivo di spesa statale (in conto corrente e in conto capitale)
era stato di 490,3 miliardi, di cui 6,9 per il FFO alle universita'. Nel preventivo 2011
(pur tenuto conto della crisi economica generale) la cifra totale è di 486,6, mentre il
FFO è previsto in ribasso. Dunque, parrebbe che l'ostacolo principale per il FFO alle
universita' venga dalle priorita', che il governo da' ad altre voci di spesa.
c) C'e' dell'altro. Non solo il Governo nega i fondi alle
universita', ma anche impedisce a loro di trovarli sul mercato, in quanto non modifica la
legge esistente, per cui i contributi studenteschi "non possono superare il 20% del
FFO" e, dunque, calando il FFO, dovrebbero addirittura calare (in proporzione)
anche i contributi studenteschi.
Penso che l'entita' del finanziamento dovrebbe dipendere da entrate certe,
seguendo lo stesso criterio, applicato per il federalismo fiscale. Precisamente:
- lo Stato dovrebbe pagare le universita' in base al costo standard per
studente, non secondo le bizzarrie dei ministri;
- le universita' dovrebbero poter determinare i contributi studenteschi, per
sanare l'eventuale parte scoperta del bilancio.
Va evidenziato che questo sistema lascia, tuttavia, scoperto l'aiuto agli
studenti bisognosi e meritevoli. Il rimedio e' istituire un Fondo statale ad hoc.
Cordialita'. Nino Luciani
Bologna 28 nov. 2010
* SUN - Sindacato Nazionale Universitario, la "assemblea permanente on
line"
** Prof. Ordinario di scienza delle finanze
|
|
LETTERA APERTA AI DEPUTATI
On.li Deputati,
avevate sospeso l'esame del PDL in attesa di copertura finanziaria, come proposto
dalla Commissione Cultura, il solo modo di dare un senso alla riforma e una risposta ai
Ricercatori. Ma oggi il PDL torna a voi, con depennate le norme di copertura.
Questo vuol dire che vi sara' chiesto di "decidere senza decidere". Per
la dignita' del Parlamento, il Paese non sopporterebbe un Parlamento che "decide di
rinviare ad una seconda decisione", che forse mai piu' verra.
In sede di legge di stabilita', avete assegnato 800 milioni al FFO
Fondo di Finanziamento Ordinario delle Universita', pur se il minimo necessario e' di 1,4
miliardi. Non e' poco.
Ma forse va messo sul piatto che le riforme didattiche degli scorsi anni
(forsanche troppe lauree
, e forse troppe sedi, sotto la pressione delle
Regioni e degli enti locali) sono state gravate sulle spalle dei professori di ruolo e del
grande precariato (55.000 persone) e sugli enti locali, non sul bilancio dello Stato
(come, invece, la Ministra aveva detto in Senato il 29 luglio u.s.).
Quanto detto in Senato il 29 luglio (che "i professori hanno dilapidato
il denaro pubblico") e' stata una ingiusta infamia.
Perche' questo eccesso ?
Vi ricordo che da anni ormai, il FFO gira intorno a 7 miliardi
lanno, ma anche (anzi soprattutto) che nel 2002 (anno delle prime turbolenze
didattiche) il FFO fu di 6,2 miliardi e che in quegli anni scoppio la grande
inflazione, a causa dellEuro, che dimezzo' il potere dacquisto del reddito
fisso (lavoro dipendente e pensionati, in generale). Questo vuol
dire che il FFO, se fosse riportato in termini reali a quello del 2002, dovrebbe essere di
12 miliardi.
On.li Deputati, oltre l'infamia in Senato, sui prof è gravata anche la
beffa: infatti, poiche' il FFO serve a pagare il personale, la retribuzione reale dei
professori e' oggi la meta' di quella del 2002, a parte un piccolo recupero, grazie ad
alcuni meccanismi. Tra l'altro so di un caro amico della scuola media che, andato in
pensione in quegli anni con una pensione "sufficiente", dopo quell'inflazione è
caduto in miseria: non arriva a fine mese.
Non solo questo: nel PDL rimangono criticita' normative che
lo fanno una controriforma. Ne ricordo alcune:
1) Secondo lart. 97 della Costituzione, il reclutamento dei professori
deve farsi per concorso. Invece il PDL abolisce i concorsi, perche "burocratici
e lunghi" (parole della Ministra in Senato il 29 luglio u.s.). Per evitare scandali e
accelerare le procedure, serviva solo fare le commissioni giudicatrici con sorteggio;
2) il blocco del turnover, fin dai tempi della Moratti-Ministro (mentre un gran
numero di professori sta andando in pensione) ha gia' determinato la perdita, e per
sempre, di parte del sapere accumulato, a causa della interruzione dei rapporti diretti
tra i maestri e i successori;
3) il FFO rimarrà deciso in base alla bizzarrie dei ministri del Tesoro, invece
che (come da noi proposto) in base al costo standard per studente (come per il federalismo
fiscale). Il controllo della Corte dei Conti sulle università non sara' sul bilancio
preventivo (ma ancora su quello consuntivo, che e' tardivo per il controllo della spesa
tardi ...);
4) Anticipando labolizione del ruolo dei ricercatori a tempo indeterminato
(26.000 persone), il personale di ruolo delle universita viene dimezzato.
Sia chiaro che in Italia i prof non sono troppi: i docenti di ruolo sono
60.000 e gli studenti sono 1.800.000. Questo vuol
dire che ce' un docente di ruolo ogni 30 studenti. Il recente DPEF del Governo (pag.
37 dellAllegato) ricorda che nei
Paesi OCSE ce un professore ogni 15,8 studenti.
Perche' dire una cosa e fare un'altra cosa ?
On.li Deputati,
la persistenza di queste criticita', pur dopo i contributi propositivi
del mondo universitario (lasciati cadere), indica una
precisa scelta del governo per una parziale demolizione delluniversita'
pubblica.
Il Governo vi propone questa scelta, pur se in una Italia
"dualistica", che ancora richiede un forte impegno pubblico per la formazione
della classe dirigente e per la ricerca, uniformemente nel Paese.
On.li Deputati,
per cambiare ..., forse e' il caso di rinviare le vostre decisioni a miglior tempo.
Bologna 21 nov. 2010
Nino Luciani
Allegati:
- il Documento dei Sindacati del 12 nov. u.s.,
- il "Contratto con gli Italiani" di Berlusconi, in cui si
impegnava di dare l'autonomia all'università.
________________________________________________________________________________________________
* SUN - Sindacato Nazionale Universitario, "l'assemblea permanente on line".
** Prof. Ordinario di scienza delle finanze
ADI, ADU, AND,
ANDU, AURI, CISL-Università, CNRU, CNU, CSA-CISAL Università, FLC-CGIL,
LINK-Coordinamento Universitario, RDB-USB, RETE 29 APRILE, SNALS-Docenti
Università,
SUN, UDU, UGL-Università e Ricerca, UILPA-UR
Roma, 12 novembre 2010
La ripresa dell'iter parlamentare del Disegno di legge sull'Università, che
sarà discusso a partire dal 19 novembre p.v. dall'Aula della Camera, impedisce quanto
auspicato dal mondo universitario e, in particolare, da queste Organizzazioni che avevano
chiesto "al Governo e al Parlamento di aprire finalmente un serio e ampio confronto
con l'Università". Riaprire una discussione pubblica sull'università italiana e
sulle sue reali necessità resta indispensabile.
Il finanziamento annunciato dal Governo, assolutamente insufficiente anche solo
a compensare i tagli già decisi per l'Università, conferma che non si intende ancora
investire seriamente nella ricerca e nell'alta formazione, come invece avviene negli altri
Paesi; una scelta questa indispensabile per il rilancio culturale ed economico del nostro
Paese.
Con questo finto finanziamento aggiuntivo si vuole in realtà preparare il
terreno all'approvazione immediata di un Disegno di legge che rappresenta un attacco al
Sistema nazionale dell'Università pubblica.
Le Organizzazioni universitarie ritengono indispensabile e urgente una vera
riforma che preveda:
- di rendere più autonomi e più democratici gli Atenei, con la partecipazione
di tutte le componenti alla loro gestione;
- l'aumento dei docenti di ruolo, risolvendo il problema del precariato (prevedendo
un'unica figura pre-ruolo) e prevedendo per gli attuali precari reali prospettive di
accesso alla docenza;
- il riconoscimento ai ricercatori del ruolo docente effettivamente svolto;
- la valorizzazione della figura dell'associato;
- la valorizzazione del ruolo del personale tecnico-amministrativo;
- un vero diritto allo studio che tenga anche adeguatamente conto delle condizioni
economiche degli studenti;
- il ripristino, anzi l'aumento, delle risorse per il funzionamento di una
Università riformata, che consenta a tutti gli Atenei di svolgere ricerca e insegnamento
di qualità.
Si ribadisce l'invito a tutte le componenti universitarie a continuare e a
intensificare la mobilitazione a sostegno dell'Università pubblica. |
Silvio.
Berlusconi : Contratto con gli Italiani, Legislatura 2002-06,
"Piano del Governo per unintera legislatura STRALCIO:
" 4.2 UNIVERSITA' . Una Università di livello pari a quello delle nazioni più
avanzate è indispensabile per il progresso morale e culturale del Paese ed è
indispensabile per il suo sviluppo economico.
Non si può pensare di avere un'economia competitiva, nel mondo della globalizzazione,
senza una Università che, oltre a trasmettere il sapere, produca ricerca e ricercatori ad
altissimo livello, e che sia pienamente raccordata con il mondo delle imprese.
È necessaria una riforma organica dell'Università e della ricerca scientifica, basata
sulle seguenti linee fondamentali:
1) Abolizione della riforma Zecchino sullo stato giuridico dei docenti, che distrugge il principio
dell'autonomia universitaria, mortifica le professionalità ed i meriti,
disincentiva la ricerca, appiattisce le retribuzioni, taglia i legami tra
le Università e le imprese.
2) Sponsorizzazione delle Università da parte delle Fondazioni bancarie e altre
istituzioni.
Occorre promuovere un tavolo di concertazione fra Università e Fondazioni di origine
bancaria affinché una parte delle loro risorse finanziarie sia finalizzata al
finanziamento di programmi di ricerca scientifica.
3) Attuazione di un nuovo stato giuridico delle Università con il riconoscimento di una
precisa autonomia. Allo Stato deve restare la funzione di stabilire alcuni principi
normativi di base, che garantiscano sia un sufficiente grado di uniformità su tutto il
territorio nazionale, sia il rispetto delle legittime prerogative normative ed economiche
delle quali tradizionalmente godono i docenti, e che sono il fondamento della libertà
accademica.
4) Riconoscimento di un ruolo molto più ampio di quanto non sia oggi alle singole
Università nelle decisioni sul riordino della struttura delle lauree, riducendo il
compito del MURST allo stabilimento delle linee generali. |
|
|
|
Gelmini, e riforma universitaria, a rischio naufragio alla Camera,
ma (si intuisce) non solo per la indisponibilità immediata di fondi ...
TUTTO RINVIATO A DICEMBRE |
Valentina Aprea
Presidente Commissione Cultura
|
I fatti di rilievo:
1) TREMONTI, messo alle strette dalla
Commissione Cultura della Camera,
oppone il gran rifiuto: "Non pago"
2) Il
Gruppo dei finiani ( FLI, C. Barbaro ) ha
proposto importanti emendamenti finanziari
e infine un o.d.g. in Aula che "impegna il Governo a
raggiungere con maggiore efficacia gli obiettivi individuati dalla
Riforma |
On.Avv.Barbaro |
|
Paola Frassinetti,
Avvocato, Relatrice del PDL
|
NOTA. Si intuisce che il "rischio naufragio"
nasce sia dalla indisponibilità immediata di fondi, sia
dal "non senso" (per il Governo) sostenere a oltranza una riforma
dell'università, respinta dai professori e dagli studenti.
Ma, tuttora, il Ministro Gelmini sembra "non cogliere" la
duplicità della motivazione. Per questo serve un supplemento
di riflessione sul sistema finanziario, da cambiare radicalmente (perchè quello
riproposto sarà ulteriormente peggiorativo degli stessi mali), e su quanto di conseguenza
su Governance, Stato giuridico, Diritto allo studio.
Peggio, la Ministra appare tuttora non dotata di uno
staff che ben la sorregga, al Ministero dell'università. Peggio, il progetto appare
supportato da ambienti amore-odio con l'università, che hanno i loro motivi, ma spesso
fuori orbita circa le cause (leggo giornalmente "Il Sole-24 ORE"). L'
università l'hanno fatta i professori, nel corso di secoli. Lasciamo che siano i
professori, che l'amano e che ci vivono, a indicare la via .... .
Questa riforma è anche lontana dal "contratto con gli
italiani", di Berlusconi, del 2002, che si era impegnato per l'autonomia, da
intendere (ex-art. 33 della Costituzione) non come "autonomia di spesa", ma
come "autonomia di entrate proprie", da cui far discendere la "autonomia di
spesa". Come farlo, lo spieghiamo più sotto (clicca su: schema). |
Antonio Ruberti, già Rettore
di Roma "La Sapienza"
|
Le ragioni della attuale Ministra Gelmini
contro l'autonomia alle università
mentre Roma "La Sapienza" (13 ott. 2010)
commemora A. Ruberti, il Ministro già Rettore,
che ha dato l'autonomia alle università,
Partiamo dalle dichiarazioni della Ministra alla Camera. Seguono il contributo
dei "Finiani", il "contratto con gli
italiani" di Berlusconi, il documento dei sindacati
universitari. |
Mariastella Gelmini
Avv. di Diritto Ammnistrativo
Ministro Università
|
GELMINI, ministro
dell'istruzione, della università e della ricerca. Riforma
dell'università.
Commissione Cultura, CAMERA. (Stralci dal discorso pronunciato in Commissione il 30 sett. 2010) |
Nino Luciani*, OSSERVAZIONI
in tema di autonomia finanziaria
* Ordinario di Scienza delle Finanze |
.......
" Il disegno di legge è frutto infatti della concertazione con il mondo
universitario, le forze di opposizione e i soggetti che rappresentano il settore della
competitività. In particolare, è stata coinvolta la Confindustria e anche le regioni per
quel che riguarda il diritto allo studio". |
1.- Circa la concertazione con il mondo universitario, i sindacati e associazioni
culturali universitarie sono state invitate al Miur due volte per scambi
"unilaterali" generici.
Valga per chiarimento il Documento dei sindacati, sotto riportato. Clicca su: Documento intersindacale |
........
" L'autonomia ha portato ad abusi ed eccessi, ma non per questo, certo, va
abbandonata. Ritiene infatti che il provvedimento in esame contempli un buon grado di
autonomia con uno di responsabilità, prevedendo tra l'altro, all'articolo 1, comma 2, una
clausola di progressiva liberalizzazione delle norme in materia, man mano che le
università dimostrano di essere ben gestite. Rileva inoltre che il provvedimento è stato
accusato di dirigismo, accusa facile, ma ingiusta. In futuro poi la forza della
valutazione e il suo impatto pervasivo sui comportamenti dei singoli e delle istituzioni
consentiranno di abbandonare molte delle regole che previste dal provvedimento. Ritiene
però che i tempi per la rivoluzione indicata non siano ancora maturi."... |
2.- L'autonomia, a cui la Gelmini si riferisce, è l'autonomia di spesa. Invece
l'autonomia, di cui all'art. 33 della Costituzione, è quella di entrata. E', questa,
quella "buona".
In merito al requisito della maturità delle Università, come condizione per
dare loro la "autonomia di spesa", il suo ragionamento ha un suo fondamento, se
è di una brava mammina nei confronti dei bimbi piccoli.
Le università sono, invece, istituzioni, alcune millenarie.
La storia dei Comuni è molto significativa per un esatto inquadramento della
natura del problema delle disfunzioni finanziarie degli enti pubblici. I Comuni hanno
speso con sobrietà quando la spesa dipendeva solo dal potere fiscale locale: perchè, per
potere spendere, dovevano convincere i |
loro cittadini sulla utilità della spesa in confronto
alle imposte comunali.
Invece, nei periodi in cui Comuni dipendevano interamente dal finanziamento
statale, hanno speso senza limiti, e in particolare quando lo Stato pagava a piè di
lista. Un caso di eccesso si ebbe dal 1972 al 1977, quando, in seguito alla riforma
tributaria, i Comuni furono privati di ogni potere fiscale e, in attesa della
ricostruzione di una "finanza locale", lo Stato si impegnò a finanziarli al
costo storico.
Il primo effetto fu una prima onda di espansione della spesa. In quel periodo
ci fu anche l'esplosione dell'inflazione, per cui neppure il finanziamento del costo
storico non poteva più valere come criterio di riferimento, volendo salvaguardare i
servizi. A quel punto, i Comuni ricorsero anche massicciamente al credito, e lo Stato non
potè che pagare a piè di lista.
Il fenomeno fu arginato nel 1977, col Decreto Stammati, che stabilì
l'obbligo del pareggio del bilancio (ad un livello aggiornato di spesa totale) e la
graduale restituzione, a loro, del potere fiscale.
Con gli attuali Decreti sul federalismo, i Comuni avranno una
ulteriore maggiore responsabilita' fiscale, e il finanziamento statale sara' in base al
costo standard. Perch'e' tanta saggezza dello Stato verso gli enti locali, e invece tanta
superficialita' verso le universita' ?3.- Nel caso delle
università proveniamo da un lungo periodo di finanziamento centrale, con pagamento a piè
di lista, seguìto dalle frenate dall'alto di questi anni (questo vale per il FFO, ma
anche per i contributi studenteschi, perchè per legge non possono superare il 20% del
FFO.
Con la riforma Gelmini il finanziamento centrale viene arricchito di lacci e
lacciuoli e controlli vari ministeriali.
Questo sistema potrebbe funzionare solo se si andasse, coerentemente, fino in
fondo: che il direttore amministrativo locale delle università fosse nominato dal
Ministero della Università, e conseguentemente il Rettore divenisse un organo tecnico
didattico e di ricerca, di cui si vale il direttore amministrativo.
Questo, pero', e' la revoca totale della autonomia, un ritorno al tempo
precedente la riforma Ruberti del 1989. |
4.- Uno schema
che, invece, sia coerente con l'autonomia e funzioni è il seguente:
a) Il presupposto è che le università facciano i loro bilanci in base agli obiettivi e
determinino la "retta scolastica", in base ai costi, come farebbe una scuola
privata, salvo tener conto che l'università ha una rilevanza pubblica.
b) Lo Stato, come un normale consumatore, calcola a parte il costo standard nazionale,
pagabile per studente, moltiplicato per il numero degli studenti. Il risultato del calcolo
è il nuovo FFO offerto dallo Stato alle università;
c) Le università determinano, infine, i contributi studenteschi, ai fini del pareggio del
bilancio, relativamente alla parte eventualmente non coperta dallo Stato.
e) siano previste deroghe per le università, site in aree depresse (ossia che ci sia per
queste un supplemento di FFO, sia pur transitorio);
f) siano fiscalmente deducibili i finanziamenti privati alle università;
g) sia introdotto il controllo della Corte dei Conti sui bilanci preventivi (su quelli
consutivi c'è già, ma è tardivo).
i) in prima attuazione, e per alcuni anni, lo Stato garantisca alle università un FFO non
inferiore a quello attribuito in base alla legge previgente.
Nota. In questo schema rimane irrisolto il problema importantissimo della
sovvenzione degli studenti bisognosi e meritevoli, ex-art. 34 della Costituzione. Esso
però va risolto. In teoria, esso può essere affrontato per due vie:
1.- Lo Stato crea un apposito Fondo presso il Miur. ( In questo caso, il
costo è carico di tutti i contribuenti);
2.- Lo Stato vincola le Università a provvedere, come tuttora. (In questo
caso, il costo è carico degli studenti paganti, nel senso che i contributi a loro carico
aumentano). Questa via è, però, troppo restrittiva del "diritto allo studio"
per tutti. |
|
Dal Gruppo FLI - Futuro e Libertà
Ordine del
giorno proposto
in Aula alla Camera
La Camera,
premesso che il Disegno di Legge 3687, recante norme in materia di organizzazione delle
Università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per
incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario, mira a riformare
l'Università italiana attraverso interventi diretti a modificarne gli assetti di
governance e di gestione finanziaria. Anche a seguito dell'iter di Commissione, che ha
prodotto un positivo confronto tra le diverse sensibilità e posizioni politiche, molti
aspetti della riforma che suscitano maggiore apprensione tra le categorie direttamente
interessate, risultano invariati. Soprattutto in riferimento alle esigenze di ricerca e al
suo reale e complessivo potenziamento, ai rischi di acutizzare il precariato tra il
personale docente e il ridimensionamento dell'autonomia degli Atenei.
Impegna il Governo
a valutare l'opportunità di individuare, al fine di raggiungere
con maggiore efficacia gli obiettivi individuati dalla Riforma, misure
idonee nell'ambito di quelle già in corso di approvazione, per ridurre serie ricadute
negative per tutto il sistema universitario. F.to Claudio
Barbaro
Emendamenti
al PDL C 3687
Art. 2, emendamento 2.85 (BARBARO, DI BIAGIO):
Al comma 1, lettera f), dopo le parole "una rappresentanza elettiva degli
studenti", aggiungere: ", dei ricercatori a tempo
indeterminato, dei professori associati, dei professori ordinari e del personale tecnico
amministrativo". ( Queste categorie, escluse dal CdA, sono recuperate per il Senato
Accademivo. - NdR.)
Art. 4, emendamento 4.15 (BARBARO,
DALLA VEDOVA, DI BIAGIO):
Al comma 7, alla lettera a) aggiungere le seguenti parole:
a partire dal 2012, tali versamenti sono deducibili dallimposta
sul reddito gravante sul donatore nella misura dell80 per cento; agli oneri
derivanti dalle disposizioni della presente lettera, pari a 50 milioni di euro annui, si
provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per lanno 2012, dello
stanziamento del Fondo speciale di parte corrente, iscritto, ai fini del bilancio
triennale 2010-2012, nellambito del Programma Fondi di riserva e
speciali della Missione Fondi da Ripartire dello stato di previsione del
Ministero dellEconomia e delle Finanze per lanno 2010, allo scopo parzialmente
utilizzando laccantonamento relativo al Ministero dellIstruzione,
dellUniversità e della Ricerca.(Accolto dalla Commissione. Sono defiscalizzati i
finanziamenti privati alle universita' - NdR)
Art. 5, emendamento 5.10 (BARBARO, DALLA VEDOVA, DI BIAGIO)
Al comma 6, dopo la lettera f), aggiungere la seguente:
"f-bis) abolizione del limite di cui all'articolo 5, comma 1, del Decreto del
Presidente della Repubblica 25 luglio 1997, n. 306, in materia di contribuzione
studentesca, e previsione di meccanismi di esenzione e agevolazione in favore degli
studenti meritevoli e bisognosi, secondo i principi dell'articolo 34 della
Costituzione".(Le università divengono libere di fissare i contributi studenteschi.
NdR)
Art. 8, emendamento 8.3 (BARBARO, DI BIAGIO):)
Al comma 3, lettera b), dopo le parole "trattamento iniziale" aggiungere
le seguenti:
" e sostituzione delle attuali tre progressioni di carriera rispettivamente:
dei ricercatori tempo indeterminato, dei professori associati, dei professori ordinari,
con progressione di carriera unica. Al docente in sede di inquadramento in fascia
superiore è attribuito il livello di retribuzione immediatamente superiore a quello di
provenienza". |
Silvio.
Berlusconi : Contratto con gli Italiani, Legislatura 2002-06,
"Piano del Governo per unintera legislatura
STRALCIO:
" 4.2 UNIVERSITA' . Una Università di livello pari a quello delle nazioni più
avanzate è indispensabile per il progresso morale e culturale del Paese ed è
indispensabile per il suo sviluppo economico.
Non si può pensare di avere un'economia competitiva, nel mondo della globalizzazione,
senza una Università che, oltre a trasmettere il sapere, produca ricerca e ricercatori ad
altissimo livello, e che sia pienamente raccordata con il mondo delle imprese.
È necessaria una riforma organica dell'Università e della ricerca scientifica, basata
sulle seguenti linee fondamentali:
1) Abolizione della riforma Zecchino sullo stato giuridico dei docenti, che distrugge il principio
dell'autonomia universitaria, mortifica le professionalità ed i meriti,
disincentiva la ricerca, appiattisce le retribuzioni, taglia i legami tra
le Università e le imprese.
2) Sponsorizzazione delle Università da parte delle Fondazioni bancarie e altre
istituzioni.
Occorre promuovere un tavolo di concertazione fra Università e Fondazioni di origine
bancaria affinché una parte delle loro risorse finanziarie sia finalizzata al
finanziamento di programmi di ricerca scientifica.
3) Attuazione di un nuovo stato giuridico delle Università con il riconoscimento di una
precisa autonomia. Allo Stato deve restare la funzione di stabilire alcuni principi
normativi di base, che garantiscano sia un sufficiente grado di uniformità su tutto il
territorio nazionale, sia il rispetto delle legittime prerogative normative ed economiche
delle quali tradizionalmente godono i docenti, e che sono il fondamento della libertà
accademica.
4) Riconoscimento di un ruolo molto più ampio di quanto non sia oggi alle singole
Università nelle decisioni sul riordino della struttura delle lauree, riducendo il
compito del MURST allo stabilimento delle linee generali. |
Documento
intersindacale,
Roma, 11 ottobre 2010
ADI, ADU, ANDU, CISAL, CISL-Università, CNRU,
CNU,
FLC-CGIL, LINK-Coordinamento Universitario, RDB-USB,
RETE 29 APRILE, SNALS-Docenti Università, SUN,
UDU, UGL-Università e Ricerca, UILPA-UR
Anche il testo del DDL approvato dalla Commissione Cultura della Camera non
accoglie nessuna delle principali proposte di modifica avanzate dalle Organizzazioni
universitarie e dal movimento di protesta che sta sempre più coinvolgendo tutto il mondo
universitario (professori, ricercatori, precari, tecnico-amministrativi, studenti).
Al contrario, risulta confermata lintenzione di scardinare il Sistema nazionale
dellUniversità pubblica, attraverso;
1.- la drastica riduzione delle risorse e lulteriore divaricazione fra pochi Atenei
eccellenti e tutti gli altri;
2.- la scarsa considerazione delle esigenze della ricerca;
3.- il ridimensionamento della già ridotta autonomia degli Atenei;
4.- il drastico ridimensionamento dei docenti di ruolo, con la costituzione di una
base amplissima di precari, senza reali prospettive di accesso alla docenza;
5.- la messa ad esaurimento dei ricercatori, ai quali non si riconosce neppure il ruolo
docente effettivamente svolto;
6.- lo svilimento della figura dellassociato;
7.- il ridimensionamento del ruolo del personale tecnico-amministrativo;
8.- lo snaturamento del diritto allo studio con la delega al Governo e
lintroduzione del Fondo per il Merito che eroga prestiti e premi, sostituendo le
borse, con criteri che non considerano le condizioni economiche degli studenti.
E sempre più evidente che si vuole abbandonare lidea stessa di una
Università pubblica, autonoma, democratica, di qualità e aperta a tutti.
Chiediamo al Governo e al Parlamento un atto di responsabilità: si sospenda liter
del DDL e si apra finalmente un serio e ampio confronto con lUniversità, evitando
di interloquire esclusivamente con chi non la rappresenta e con chi ha linteresse a
monopolizzare la gestione delle risorse pubbliche destinate alla ricerca e allalta
formazione.
|
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Riforma universitaria - Il
discorso della Gelmini in Senato |
Ministro Gelmini
|
Il discorso integrale della Ministro
Anche i discorsi del sen. P. Amato
(PDL)
e del sen. M. Baldassarri (FLI)
Sotto: Nino Luciani, La Ministra di
Berlusconi
contro i professori ... |
Paolo Amato
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Mario Baldassarri
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|
NOTA. La scelta del
discorso della Gelmini mi è sembrata essenziale perchè ognuno di noi
abbia il polso della situazione, tale e quale, senza interpretazioni.
Vi ho associato quelli del sen. Amato e del sen. Baldassarri,
pur tra tanti che avrei potuto scegliere.
a) Quella dell'on. Amato, intervenuto tra i primi, è perchè mi è sembrato
emblematico del PDL, lanciato in anticipo, rispetto alla Ministra. Esso si riassume nel
motivare il DDL con la necessità di porre un termine alla dilapidazione delle risorse
pubbliche da parte dei professori universitari e di pagarli (d'ora in poi) solo in base ai
risultati, dopo averli sottoposti a valutazione in base a risultati.
b) Quella del sen. Balsassarri è perchè è un professore
ordinario dell'unversità, emblematico di quei prof gran cassa e amanti di finire sui
giornali, ma poco tempo per l'università. Professionalmente, conoscono i problemi
economici, ma di quelli dell'università si occupano in fretta (pur dicendo anche cose
vere: come sul numero delle sedi), e disgiuntamente da un quadro di riferimento, così da
risultare dannosi alla causa.
c) Per l'opposizione, non ho scelto nulla, in quanto i vari
interventi mi sono sembrati laconicamente sulla ruota della "maggioranza", salvo
su un punto espresso molto chiaramente: la contraddizione del DDL, tra il dire e
il fare, vale dire tra la retta intenzione di premiare il merito
e il "costo zero".
d) Voglio segnalare il sen. Massimo
Livi Bacci (prof. ordinario), persona di elevatissimo pensiero che si è spesa
tenacemente per emendamenti costruttivi, pieno di fiducia nella capacità di intendere e
di volere dell'Aula. E invece ... no. Forse doveva fare come l'asino saggio di Carducci: "Tutto
quel chiasso (della vaporiera ansimante, N.d.R.) ei non degnò d'un guardo, e a brucar
serio e lento seguitò". Massimo, uno scienziato non può andare in
paradiso contro i "santi". NL |
Riforma
dell' Universita'
GELMINI,
ministro dell'istruzione, della università e della ricerca.
SENATO, votazione finale, giovedi 29 luglio 2010.
1.- Ho ascoltato con grande interesse il dibattito sulla riforma universitaria. Si
è compiuta oggi, infatti, una tappa fondamentale del cammino avviato ormai quasi due anni
fa con le linee-guida sull'università cui hanno fatto seguito analisi, dibattiti e
approfondimenti commisurati alla importanza della materia e alla complessità del disegno
di legge. Si tratta infatti di un disegno di riforma organico che per la prima
volta affronta il problema del reclutamento nel contesto di una riforma più generale dei
meccanismi di governo, gestione e organizzazione degli atenei.
La sua forza è proprio l'organicità. Per la prima volta da molti decenni il
Governo e il Parlamento hanno l'occasione di offrire al nostro sistema universitario un modello
compiuto e coerente, disegnato non in base a pregiudizi ideologici o ad
irrealistiche fughe in avanti, ma basato su analisi ampiamente condivise dei problemi
dell'università e maturato dalla consapevolezza che è venuto il momento di dare risposte
concrete ai problemi annosi dell'accademia: penso al tema dell'autonomia, a come
coniugarlo con la responsabilità, ad una programmazione adeguata, ad una politica vera di
diritto allo studio, per citare solo alcuni temi.
Lo ribadisco: cerchiamo di muovere il ragionamento su un tema così delicato, non
da un'ottica squisitamente politica, ma sapendo che l'università è un bene di tutti e la
sua organizzazione deve obbedire ad una logica il più possibile condivisa, anche per
garantire una ragionevole continuità nel tempo delle disposizioni normative.
Diamo allora seguito all'invito del presidente Napolitano, che ringrazio
ancora una volta per la costante attenzione che dedica al mondo dell'università e della
ricerca. Come è stato ricordato poc'anzi dal senatore Rutelli, nel discorso tenuto a
Trieste il 13 luglio il Presidente ha adoperato parole importanti. Ha detto: «Ci sono
alcuni problemi, ci sono alcune scelte che esigono condivisione, perché sono scelte non
di breve ma di medio e lungo periodo, che non possono essere disfatte solo che cambi il
colore di un'amministrazione o di un Governo». Questo credo sia lo spirito con il quale
dobbiamo affrontare oggi la discussione.
2.- La 7a Commissione ha svolto un
grandissimo lavoro e in tal senso voglio ringraziare il presidente Possa, il relatore,
senatore Valditara, e tutti i componenti della Commissione, che hanno partecipato ai
lavori con grande impegno e riservando a questo tema il peso che merita.
Da parte mia ho valutato con attenzione gli emendamenti presentati e intendo
esprimere un parere favorevole su tutti quelli che siano in grado di contribuire a
rafforzare l'impianto riformista e meritocratico del provvedimento. Il nostro sistema
universitario vive - non certo per la prima volta - una fase difficile.
L'analisi dalla quale sono partite le linee guida e le proposte del Governo non
lascia molto spazio all'ottimismo.
Abbiamo di fronte un sistema che, in molti casi, sembra aver perso la
bussola, aver scambiato l'autonomia per licenza; un sistema che troppo spesso ha pensato a
sé stesso e non alle esigenze dell'Italia.
Soprattutto, il prestigio e la considerazione del Paese verso il
mondo universitario sembrano, almeno in parte, offuscati. Troppo spesso le università
occupano le pagine dei giornali più per gli scandali che per le scoperte, mettendo a
rischio la legittimazione stessa di istituzioni che dovrebbero piuttosto essere prese a
modello.
L'amarezza di queste riflessioni è accentuata, non temperata, dalla
constatazione che nei nostri atenei, giorno dopo giorno, operano con impegno e con ottimi
risultati molti professori e ricercatori di alto valore, sinceramente dedicati al
progresso della scienza e al bene comune, e studenti che desiderano acquisire nuove
competenze e strumenti per il loro futuro. È soprattutto a queste persone che abbiamo il
dovere di garantire un futuro all'altezza delle loro aspettative.
Ed è proprio pensando a loro che dobbiamo cogliere questa opportunità di
intervenire con decisione sui problemi dell'università, senza cercare di nasconderne o
sminuirne la portata, ma avanzando soluzioni innovative e, se serve, drastiche.
3.- Vorrei anche sviluppare il tema
dell'autonomia nonché cercare di rispondere ad una critica che viene mossa spesso ad
questo disegno di legge, cioè l'accusa di essere dirigista. È certamente un'accusa
facile, ma a mio modo di vedere ingiusta, perché le nostre università - non possiamo
dimenticarlo - sono enti pubblici gestiti sulla base delle leggi in materia. Tutto va
normato per legge: strutture di governo, diritti e doveri dei professori, meccanismi
concorsuali, diritto allo studio, norme contabili. In questo contesto abbiamo compiuto
ogni sforzo per snellire, semplificare e delegificare, anche grazie al contributo della 7a
Commissione, che voglio ancora ringraziare. Oltre non è possibile andare
e, in effetti, mi sembra che anche alcune proposte dell'opposizione si muovano all'interno
dello stesso perimetro concettuale.
Certo, personalmente sogno un futuro in cui la forza della
valutazione e il suo impatto pervasivo sui comportamenti dei singoli e delle istituzioni
consentano di abbandonare molte delle regole che oggi riscriviamo. Me lo auguro,
ma non credo di peccare di pessimismo se affermo che i tempi per questa
rivoluzione oggi non sono ancora maturi.
Nel frattempo, invito gli onorevoli senatori a considerare con particolare
attenzione le norme che già si spingono in quella direzione: penso alla possibilità che
gli atenei virtuosi sperimentino proprie modalità di organizzazione e di gestione; alla
facoltà data agli atenei medi e piccoli di semplificare ulteriormente la struttura
interna, una norma che riguarda oltre la metà di tutte le istituzioni universitarie; alla
eliminazione di macchinose procedure elettive per la formazione delle commissioni di
concorso e alla completa libertà data agli atenei di regolare come meglio credono le
procedure interne di chiamata, di selezione e di promozione.
4.- Intendo ora sviluppare alcune considerazioni più dettagliate su due punti che
forse sono i più delicati della riforma: mi riferisco alla posizione dei ricercatori e
alle questioni legate al finanziamento del sistema. Sono consapevole della situazione di
disagio in cui versano gli attuali ricercatori di ruolo, che non a torto
lamentano un ritardo trentennale della politica nel definire chiaramente la loro funzione
e i loro compiti.
La figura del ricercatore nacque nel 1980 senza che venissero definiti con la
necessaria chiarezza le sue funzioni e il suo stato giuridico. Gli interventi successivi
non hanno fatto che complicare questo quadro, già di per sé incerto.
Oggi, cinque anni dopo che il ruolo è stato dichiarato ad esaurimento, anche se a
decorrere dal 2013, occorre prendere atto con realismo e onestà intellettuale che le
soluzioni possibili sono due e soltanto due. Possiamo proporre:
a) una qualche forma di ope legis, esplicita o mascherata,
generosa o a costo zero, ma insomma un meccanismo che prescinda dalle normali regole di
avanzamento in carriera. Si tratterebbe della riedizione di vecchie pratiche discreditate
che hanno provocato guasti duraturi nel nostro sistema universitario e per le quali non si
sente davvero alcuna nostalgia: non è infatti con altri provvedimenti errati o
antimeritocratici che si può rimediare agli errori commessi in passato.
b) Prendo atto con sincera soddisfazione e ammirazione che a non spingere in
questa direzione è stata prima di tutto proprio la gran parte dei ricercatori, i quali
chiedono di essere valutati singolarmente per i propri meriti e di non
venire accomunati in un provvedimento collettivo che di fatto ne svilirebbe il profilo
scientifico. Con altrettanta soddisfazione rilevo che nel suo complesso il Senato non pare
intenzionato a proporre soluzioni di questo tipo.
La seconda opzione è la più difficile, ma anche, ne sono convinta, la più
onesta dal punto di vista scientifico e politico.
5.- Il disegno di legge introduce per
la prima volta nel nostro Paese una chiara distinzione tra reclutamento e
promozione. Per diventare associati o ordinari si deve conseguire un'abilitazione
scientifica nazionale che consente di partecipare a rapide procedure di selezione bandite
da ciascuna sede. Questa è, a mio modo di vedere, la via maestra che, anche a regime,
regolerà un momento fondamentale nella vita degli studiosi.
Si tratta di un meccanismo molto simile a quello francese, vicino anche a quello in
uso nei sistemi anglosassoni, dove l'abilitazione non viene assegnata da una Commissione
nazionale ma coincide di fatto con l'esito positivo di una consultazione di esperti
esterni all'ateneo che garantiscono appunto l'idoneità dei candidati a monte della
decisione locale.
Su questo schema di fondo, ampiamente condiviso, abbiamo innestato specifiche
previsioni per consentire che nei prossimi anni si possa dare un risposta concreta alle
aspettative dei molti ricercatori che attendono di vedere riconosciuti i propri meriti.
Prevediamo quindi che nei primi sei anni gli atenei possano chiamare a un
ruolo superiore gli studiosi già in ruolo nell'ateneo stesso, con procedure
particolarmente rapide e snelle, fino alla metà dei posti disponibili, sempre però a
valle dell'abilitazione nazionale.
A tal fine intendiamo operare per assicurare che nei prossimi anni una quota
specifica del Fondo di finanziamento ordinario che dovrà essere integrato - sia destinata
a cofinanziare un flusso regolare di concorsi, soprattutto da professore associato.
Ai ricercatori, in modo particolare a quelli più giovani, chiedo quindi di
valutare con serenità e realismo la proposta contenuta nel disegno di legge, quella di un
percorso concreto per rimettere in moto un sistema ingessato. Faccio appello al loro
senso di responsabilità per evitare che la protesta, sempre legittima, non si traduca in
un grave danno per gli studenti. Dobbiamo renderci conto tutti che non esistono soluzioni
miracolistiche, ma solo sforzi tenaci e inevitabilmente graduali per raddrizzare le
storture che si sono sedimentate negli anni.
6.- Per quanto riguarda il tema dei fondi, so bene
che questo meccanismo funziona se ci sono le risorse per bandire iconcorsi e, in generale,
se il Fondo di finanziamento ordinario si mantiene a livelli più o meno
costanti. Pertanto, occorrerà. Pertanto, occorrerà un impegno di tutto il Governo,
così come è stato ribadito in sede di approvazione della manovra finanziaria nel
Consiglio dei ministri. Da quando ho assunto la responsabilità del mio Dicastero mi sono
battuta senza sosta perché, pur in un quadro molto serio di riduzione della spesa
pubblica, il settore universitario venisse toccato il meno possibile. È doveroso
ricordare che il Fondo di finanziamento ordinario per il 2009 è stato superiore
dell'1 per cento a quello del 2008, nonostante il deteriorarsi del quadro
macroeconomico. Con la legge n. 1 del 2009 abbiamo recuperato per il periodo
2009-2012 oltre 300 milioni di euro per il turnover, 135 milioni per il diritto
allo studio e 65 milioni per gli alloggi e le residenze universitarie. |
Nino LUCIANI, La Ministra di Berlusconi contro
i professori ... ma senza la
coscienza:
1) della scelta implicita del Governo, che è di arretrare
rispetto al diritto allo studio per tutti, a favore di altre scelte. Infatti la spesa
pubblica totale è aumentata;
2) del fatto che i vari blocchi del turnover hanno già distrutto
parte del lavoro scientifico, per mancata trasmissione del sapere dai maestri (andati in
pensione) agli allievi (che non ci sono stati);
3) delle origini del dissesto finanziario: a) legge sui
"megatenei" e su numero delle sedi; b) DM 509 per riforma delle lauree (3+2); c)
la legge 210/1998 sui concorsi. 1.- SULLE RESPONSABILITA'
DEI PROFESSORI
a) Per il numero delle sedi. In premessa direi che un
Ministro, che si rispetta, distingue tra fase di decisione e fase di applicazione delle
leggi. Sì, perchè i professori hanno applicato
leggi dello Stato. E allora si cominci da qui. Erano leggi che avevano scelto di allargare
il diritto allo studio a fasce di popolazione, prima escluse. E dunque,
abolendo questa normativa, si va all'incontrario.
La Ministra non ha mostrato di averne coscienza e per questo il suo
conto non tornava, pur se forzatamente tutto addebitato ai professori.
Legge sui mega-Atenei. La spiegazione della proliferazione
delle sedi (troppe, anche per me) è nella legge 662/1996, art. 1, c. 90 e 91, che
dispone:
- "Il Ministro dell'universita' e della ricerca
scientifica e tecnologica e' autorizzato a provvedere, nel termine di cinque anni, con
propri decreti da adottare, anche in deroga alle norme di cui alla legge 7 agosto 1990, n.
245, alla graduale separazione organica delle universita', anche preceduta da suddivisioni
delle facolta' o corsi di laurea, secondo modalita' concordate con gli Atenei interessati,
laddove sia superato il numero di studenti e docenti che verra' determinato sede per sede,
con apposito decreto ministeriale, previo parere dell'osservatorio per la valutazione del
sistema universitario.
- "I provvedimenti ministeriali saranno adottati anche tenendo conto
delle specifiche situazioni ed esigenze delle aree metropolitane maggiormente
congestionate."
Direi che non ci sia nulla da aggiungere, circa le responsabilità
primarie della decisione di proliferazione delle sedi, salvo il ricordare la spinta delle
Regioni e degli enti locali nel determinare una interpretazione estensiva della legge,
fino a mettere quattrini propri sul piatto.
Preciso anche che un elemento determinante i costi, ma in senso riduttivo,
è stato il costo di trasporto e alloggio per gli studenti. Se decentri una sede, hai un
costo aggiuntivo per la nuova sede, ma hai minori costi di trasporto pubblico e alloggi,
per gli studenti locali.
Su questo la Ministra ha semplicemente sorvolato !
b) Decreto Ministeriale n. 509/1999 . Per il numero delle
lauree e degli insegnamenti, il DM ha disposto lo sdoppiamento
delle lauree in due fasi (3 anni+2anni), e questo per dare agli studenti la possibilità
di un titolo di studio dopo i primi tre anni, dati i numerosi abbandoni degli studi troppo
prolungati. Ed esso era reinterpretativo di leggi, come la 341/1990, che disponeva tutt'altro.
Il DM dava un elenco di criteri per la sua applicazione, ma
non un criterio unico di base, da valere in modo uniforme nel territorio
nazionale. Questa è stata l'origine della babele delle lingue.
Va, poi, messa in conto la difficoltà di seguire un preciso modello, senza
una preventiva sperimentazione. Infatti:
a) nell'impostare una laurea di durata triennale, il primo nodo da sciogliere era
come associare (in soli tre anni) materie di base a materie di applicazione. Questa, in
molti casi, è risultata la quadratura del cerchio: impossibile.
Ma si è andati avanti lo stesso, lo voleva il DM ...
Questo spiega perchè queste lauree sono nate male, e sono tuttora in grande
discredito presso le imprese;
b) molti insegnamenti sono stati suddivisi, perchè alcune parti si
prestavano alla laurea di I livello, mentre le parti di approfondimento era adatte alla
laurea di II livello.
Qui, molte soluzioni (circa la composizione complessiva della laurea)
erano insoddisfacenti sotto profili diversi, e questo finiva col mettere i professori uno
contro l'altro.
Mettiamoci dentro anche gli interessi corporativi dei prof.
Il risultato finale è stato fare più corsi di laurea simili, di cui
l'uno a misura di certe scuole di pensiero e l'altro su misura di altre scuole di
pensiero.
Osservo, infine, che le recenti correzioni del DM 509 (che hanno posto dei
limiti al numero delle lauree e al numero degli esami per corso di laurea) non hanno
risolto nulla, circa la validità delle lauree triennali: erano lauree minus in origine, e
lauree minus restano.
Su questo fattore qualità così essenziale, la Ministra ha
sorvolato completamente.
2.- SULLE SOLUZIONI
a) Per il numero dei professori e per le retribuzioni.
L'aumento del numero dei professori è stato conseguenziale all'aumento
del numero degli studenti e delle sedi e degli insegnamenti sdoppiati.
Ma è stato anche conseguenziale che, a parità di Fondo di Finanziamento
Ordinario (anzi in diminuzione, in moneta a potere di acquisto costante), il quoziente
(ossia la retribuzione individuale) è calato. Diciamo anzi che oggi un professore
universitario è molto giù nella retribuzione, in confronto ai magistrati e ai dirigenti
dello Stato. Così, dopo la beffa (essere spendaccioni !), anche
l'inganno (essere meno pagati ! ).
Non è finita: il grande precariato della università italiana,
sottopagato, è la chiave per spiegare come si sia potuto far fronte alla esplosione delle
esigenze di insegnamenti. Altrimenti, le sedi decentrate non potevano essere avviate.
Turnover. C'è, poi, che dai
tempi della Moratti, è in atto il freno o addirittura il blocco del turnover, e questo è
il bis rispetto ad altro blocco non meno pesante nel 1980-98, in cui furono svolti solo 3
dei 9 concorsi programmati.
La Ministra ha detto che nel 1999-2009 i prof sono aumentati del 24% (contro
l'aumento del 7% degli studenti), ma non ha detto che nel 1982-1998 ci sono stati poche
assunzioni e che in quel periodo gli studenti sono passati da 1.090.000 (1982) a 1.950.000
(1997). Vegga il DPEF-Decreto di Programmazione Economica e Finanziaria del Governo,
luglio 2009, a pag.37 dell'Allegato.
Questi blocchi hanno già determinano danni gravi alla università:
per discontinuità: una parte del sapere non è trasmesso dai maestri (verso o in
pensione) ai successori), e dunque va perduto per sempre.
I professori sono troppi ? Stando al
citato DPEF, pag. 37 (che riprende da OCSE, At a glance, 2007), in Italia il
rapporto tra studenti e professori è 21,4 (contro 15,8 Paesi OCSE). Anzi, in base ai dati
del Miur, Ufficio di statistica, il detto rapporto è attualmente 27,31.
La Ministra non ha detto un numero, però lasciando intendere che
i prof sono troppi... .
Per stare al DPEF, se vale lo standard OCSE, i prof
dovrebbero essere 105.000, anzichè 60.882 di adesso.
Ma allora, la Ministra di cosa sta parlando ?
b) Per il reclutamento. La Ministra ha detto che il DDL
"elimina le macchinose procedure elettive per la
formazione delle commissioni di concorso" e dà "la completa libertà data agli
atenei di regolare come meglio credono le procedure interne di chiamata, di selezione e di
promozione".
OK. Il sistema delle votazioni per fare le commissioni di concorso, di cui alla
legge 210/1998, era macchinoso ma per il Miur, non per le corporazioni dei prof.
Tant'è che le commissioni risultavano, di fatto, su misura dell'Ateneo banditore (meglio
dire del "membro interno") e i relativi risultati concorsuali erano il motivo
del generale scandalo (quelli a cui la Ministra si riferisce nel suo discorso).
Ma se è così, perchè dare "agli Atenei la completa libertà di scelta
?" Direi che, in questo modo, il localismo non avrà limiti, anzi nemmeno si
preoccuperà del pudore di fare delle votazioni, che sia sane almeno in apparenza.
Per favore, il sorteggio è imprescindibile !
c) Per la valutazione delle università. La Ministra ha detto che "sfida
chiunque ad affermare che oggi le nostre università siano nettamente migliorate rispetto
a dieci anni fa".
Un Ministro che si rispetta (e che non è un professore universitario, ossia
un tecnico del campo), prima, incarica una Commissione di esperti, e poi parla facendone
propri i risultati. Dirò anzi che solo qualche giorno dopo (1 agosto 2010), il Messaggero
di Roma (pag. 9) titolerà di "Ricerca, il miracolo italiano: pochi soldi e i
migliori scienziati" nel mondo (secondo posto per qualità e quantità di
pubblicazioni; sesto posto per citazioni delle pubblicazioni).
La Ministra ha detto che la sua grande rivoluzione sarà il finanziamento
centralizzato delle università in base a valutazione, secondo i risultati.
La verità è che questi parametri sono costruiti su statistiche (anche vecchie di
anni), e le statistiche non sono interpretabili univocamente. Anche prendendoli per buoni,
non sono idonei a incentivare l'efficienza.
Diciamo chiaramente che sono anche discriminatori tra le diverse
università, perchè le situazioni locali sono diverse, pur se con le stesse voci. Circa
questi parametri per l'Università, in dettaglio, clicca su Indicatori.
Più in generale, da anni sono stati studiati (e applicati) parametri per misurare
l'efficienza della PA (Pubblica Amministrazione), e i risultati sono sotto gli occhi di
tutti.
Il motivo è che nella P.A non esistono "risultati" in qualche modo
paragonabili ai profitti e perdite di una azienda per cui (anche se buoni, in casi
eccezionali), non si riesce a collegarli con qualcuno che guadagni o perda (di tasca
propria) facendoli osservare.
Nella storia, il caso estremo è stato quello del sistema economico dei Paesi
ex-URSS, fallito perchè guidato da parametri statistici. Lo stesso stava capitando ai
cinesi, se non viravano verso il "socialismo di mercato", vale dire il settore
pubblico guidato dai prezzi di mercato, per i beni e servizi a prestazione individuale.
Nella PA, la sola possibilità di inventare qualcosa, che somigli al mercato,
riguarda i servizi pubblici a prestazione individuale: la scuola rientra in queste
possibilità. Basti pensare alle scuole private.
c) Per il sistema finanziario. Meglio decentrare le
responsabilità finanziarie del pareggio del bilancio, e se sbagli, vai a picco. In cerca
di un sistema finanziario premiante l'efficienza (ma non basato su parametri),
l'alternativa è valorizzare il fatto che l'insegnamento è un servizio a prestazione
individuale.
Però, a differenza della scuola privata, va tenuto conto che la scuola pubblica
è, in parte, nell'interesse individuale e, in parte prevalente, nell'interesse pubblico.
Partendo da qui va, prima, calcolato un costo standard per studente e, poi,
deciso quanto coprirnea carico dello Stato. Il residuo per pareggiare il bilancio sarà a
carico individuale e fissato liberamente dalle Università.
Non è finita. In questo sistema, già lo Stato va molto incontro ai
bisognosi (ad es. pagando il 70-80% del costo standard per studente). Ma restano fuori gli
studenti meritevoli, più poveri o nullatenenti (art. 34 costituzione). Per questi ci
dovrà essere un fondo aggiuntivo, sul bilancio dello Stato.
NINO LUCIANI |
Sono riuscita a
far fronte alla promessa fatta dal mio predecessore e a finanziare, per 40 milioni di euro
nel 2008 e 80 nel 2009, nuovi posti da ricercatore, anche se, sia chiaro, ho dovuto
trovare ex novo quei fondi.
Per il 2010 il taglio previsto originariamente era di 672 milioni di euro;
quel taglio si è ridotto a meno della metà grazie ai 400 milioni di euro recuperati in
finanziaria. Il Fondo di finanziamento ordinario per il 2010 sconta quindi una riduzione
di circa il 3,7 per cento: riduzione dolorosa, certo, ma oggettivamente sopportabile.
Anche quest'anno, nonostante la riduzione, distribuiremo poco più del 7 per cento dei
fondi sulla base di un modello valutativo.
Come Ministro dell'università sono naturalmente la prima a volere e a
chiedere con forza fondi e investimenti. Ho però anche il dovere e, consentitemelo, lo
abbiamo tutti, di guardare in faccia la realtà. Le cifre del dissesto sono
impressionanti.
Ora che abbiamo imposto maggiore trasparenza e serietà
nella redazione dei bilanci stanno emergendo sofferenze troppo a lungo sottaciute che
rivelano anni di diffusa irresponsabilità, di spese facili, di assunzioni fuori
controllo, di promozioni senza copertura, di gestioni mirate ad acquisire il consenso
dimenticando responsabilità e qualità. (Applausi dal Gruppo PdL e dai banchi
del Governo).
Dal 1999 al 2009 gli studenti sono cresciuti del 7 per cento, ma il
corpo docente è cresciuto del 24 per cento, passando da 50.700 unità di ruolo a 62.700.
Solo il costo di questi 12.000 nuovi docenti pesa per oltre un miliardo su un Fondo di
finanziamento ordinario di 7,5 miliardi.
Nello stesso decennio, poi, il numero dei professori ordinari è cresciuto
del 46 per cento, con punte del 70-80 per cento di crescita in alcune aree disciplinari.
Molte università hanno dato corso alle chiamate ad un ruolo superiore
ignorando intenzionalmente i maggiori costi che si verificano dopo il triennio di
conferma, costi certi e ineludibili. Nel complesso quindi il costo degli stipendi è
lievitato da 4,5 a 6,8 miliardi, con un aumento di 2,3 miliardi, il 51 per cento in più
rispetto a dieci anni fa.
Oggi spendiamo in stipendi il 90 per cento: di tutte le risorse che il
contribuente mette a disposizione del sistema universitario.
Nel periodo 2001-2009 il Fondo di finanziamento ordinario è complessivamente
cresciuto del 15,7 per cento; nessun taglio, quindi, ma un aumento - lo ribadisco - del
15,7 per cento. Sarebbe stato logico attendersi che, a fronte di questa crescita, le
università riuscissero ad allontanarsi gradualmente dalla soglia del 90 per cento di
spese per il personale rispetto al Fondo di finanziamento ordinario: un parametro minimale
di sostenibilità che il legislatore ha indicato fin dal lontano 1997.
Ebbene, è successo esattamente il contrario: più il Fondo di finanziamento
ordinario statale cresceva, più cresceva l'incidenza degli stipendi su di esso. Oggi ben
36 università hanno sforato quel tetto al lordo dei correttivi prorogati di anno in anno
e 7 università superano quel parametro anche tenendo conto degli stessi correttivi. In
altre parole questo significa che non solo tutto il Fondo di finanziamento ordinario se ne
va in stipendi, ma che anche una parte delle risorse proprie dell'ateneo - frutto della
contribuzione studentesca, dei fondi di ricerca, dei contratti esterni - viene requisita
per far fronte a tali spese.
7.- Potrei aggiungere altre cifre, che però certamente conoscete: la proliferazione
delle sedi e dei corsi; l'aumento del numero di insegnamenti e di contratti di docenza; il
numero abnorme di corsi di dottorato di ricerca, che in Italia contano in media
5,6 studenti per ciascun ciclo triennale, il che vuol dire meno di due studenti per anno,
e sparsi dovunque, anche in sedi dove non è onestamente concepibile poter offrire
formazione a livello dottorale.
Non posso però fare a meno di aggiungere almeno un altro dato. Nel suo primo
Documento di programmazione economico-finanziaria l'allora ministro del tesoro
Padoa-Schioppa ebbe a scrivere parole lungimiranti: il sistema universitario non poteva
aspettarsi nuove risorse, ma doveva imparare a spendere meglio quelle che già riceveva:
parole che condivido in pieno. Era la primavera del 2006, tempi di vacche grasse, non di
recessione. Eppure, per il terzo anno della programmazione triennale, il 2008, il Governo
di allora aveva previsto una riduzione del Fondo di finanziamento ordinario di 260
milioni. Poi Padoa-Schioppa e l'allora ministro dell'università Mussi si accordarono per
immettere nel sistema risorse fresche (si trattava di una cifra importante: 550 milioni
per ciascun anno del triennio 2008-2009-2010), legate a specifici obiettivi di qualità.
Tanto preoccupato era il Tesoro su come sarebbero stati spesi quei denari da
imporre la firma congiunta al decreto annuale di ripartizione. Non aveva torto. Oggi la
maggior parte di quel Fondo - ben 468 milioni su 550, vale a dire l'85 per cento della
somma - è assorbita dalla crescita stipendiale automatica del personale universitario,
cosicché per le misure volte a rafforzare la qualità sono rimaste appena le briciole.
8.- Dietro tutti questi fenomeni si annidano due pericolose mistificazioni:
l'illusione, o per meglio dire la presunzione, che per le istituzioni accademiche la
sostenibilità economica non sia un requisito necessario e la strana idea che il numero
dei docenti e la loro distribuzione geografica e disciplinare debbano essere parametrati
sulle aspirazioni dei docenti stessi o di chi aspira a diventarlo, non sulle effettive
esigenze e possibilità del sistema nazionale.
Non è così, e non può e non deve essere così. L'università è un
servizio pubblico largamente finanziato dal contribuente, e al contribuente deve rendere
conto delle proprie scelte. Anzi, la solidità finanziaria è garanzia primaria di
indipendenza: chi ha bisogno di prestiti, di piani di rientro, di contributi eccezionali,
di salvataggi in extremis, rischia inevitabilmente di contrarre obbligazioni che
minano il bene più prezioso per un ateneo: la sua autonomia. (Applausi dal Gruppo PdL
e dai banchi del Governo).
Questa esplosione dei costi sarebbe in teoria anche
accettabile - il che non vuol comunque dire sostenibile - se fosse stata accompagnata da
un deciso e riconosciuto innalzamento della qualità media delle nostre università.
Sono la prima a riconoscere, come dicevo, i meriti dei nostri atenei, che non
sono pochi, ma sfido chiunque ad affermare che oggi le nostre università siano
nettamente migliorate rispetto a dieci anni fa.
9.- Di fronte a questa situazione, onorevoli
senatori, è necessaria un'assunzione di responsabilità collettiva: è quella che abbiamo
oggi di fronte nel momento in cui dobbiamo esaminare e approvare questo disegno di legge.
Il disegno di legge è indispensabile se vogliamo dare un contributo concreto ad un
processo di risanamento di cui già si intravedevano i primi segni. Nei due anni che ci
separano dalle linee guida, le nostre università non sono state ferme. Pur in un contesto
non facile, hanno continuato a svolgere la loro insostituibile missione di insegnamento e
di ricerca e soprattutto hanno avviato importanti azioni di riforma: hanno messo mano alla
governance, accorpato i dipartimenti, eliminato corsi di laurea superflui, chiuso
sedi decentrate insostenibili.
Il Ministero, per parte sua, ha riunito molte scuole di specializzazione medica, al
fine di raggiungere una massa critica soddisfacente, condizione essenziale di qualità.
L'ANVUR (Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e
della ricerca) avrà dopo l'estate il suo primo consiglio direttivo.
Il nuovo regolamento sui dottorati di ricerca verrà discusso in Consiglio dei
ministri subito dopo l'esame e - mi auguro - l'approvazione della riforma.
Sto per inviare al Consiglio universitario nazionale (CUN) e alla Conferenza
dei rettori delle università italiane (CRUI) per i pareri di competenza il cosiddetto
decreto n. 160, che segnala l'esigenza di attivare corsi solo in presenza di un numero
adeguato di docenti e di chiudere i corsi con troppo pochi studenti.
Tutte queste misure di razionalizzazione - mi preme ribadirlo - non servono
solo per evitare sprechi ingiustificabili, ma prima di tutto per ragioni di serietà
accademica. Tutte le patologie gestionali ed economiche ampiamente note e lamentate
corrispondono infatti ad altrettanti cedimenti sul piano della qualità scientifica e
didattica, che abbiamo il dovere inderogabile di garantire ai nostri studenti. Ma al di
là di ogni misura tecnica e amministrativa, dobbiamo essere consapevoli che solo una vera
riforma del nostro sistema universitario può consentirci di raggiungere nuovi traguardi.
10.- Il vero rischio che corriamo oggi è di far pagare gli errori del passato a
chi non ne ha colpa: ai ricercatori e agli associati che non hanno sfruttato le promozioni
facili degli anni scorsi e si trovano oggi di fronte a piramidi rovesciate
difficili da scalare; ai dottorandi e agli assegnisti che vorrebbero portare nel sistema
le loro competenze e il loro entusiasmo e trovano l'ingresso sbarrato; agli studenti, i
più danneggiati dallo scadimento della qualità di alcuni corsi.
Questo è un rischio che non intendo correre, come - ne sono convinta - non
lo vuole nessuno di voi. Per evitarlo dobbiamo proporre soluzioni realistiche e serie, non
illusioni. Pensare che il Fondo di finanziamento ordinario e l'organico possano crescere
senza fine, come se fossero variabili indipendenti, è insieme una follia e un inganno, a
cui dobbiamo reagire mettendo al centro del nuovo sistema la valutazione del merito dei
singoli, in un quadro di doverosa sostenibilità economica, rispetto alla quale - ripeto -
il Governo ha assunto un impegno.
11.- Onorevoli senatori, abbiamo di fronte a
noi tempi non facili e sfide complesse, ma possiamo farcela se ci impegniamo in un nuovo
«Patto nazionale per l'università», che propongo a questa Assemblea.
Per i docenti dobbiamo creare un sistema che non proceda a fughe
in avanti nel reclutamento seguite da lunghe carestie, ma sappia dosare le sue risorse in
modo da garantire possibilità di accesso e di crescita regolari nel tempo, con cadenze
certe e prevedibili.
Per gli studenti dobbiamo insistere sulla necessità di offrire corsi di
livello elevato nei contenuti e nelle modalità di erogazione, anche scoraggiando
l'inseguimento di lauree magari facili, ma deboli sul piano scientifico e inutili per
trovare un lavoro.
Per il Paese, soprattutto, dobbiamo costruire un'università che goda
pienamente della fiducia di tutti, cui sia riconosciuto fino in fondo il suo ruolo - unico
ed insostituibile - di luogo primario della ricerca e di motore dello sviluppo sociale,
economico e tecnologico.
Per tutti questi motivi, mi auguro che sia ancora possibile un accordo
tra maggioranza ed opposizione su alcuni punti qualificanti: penso alla presenza di
prestigiosi esponenti della società civile nei consigli di amministrazione; al ruolo
centrale affidato ai dipartimenti; alla revisione delle norme su tempo pieno e definito;
alla centralità della valutazione per allocare le risorse; all'accorpamento dei settori
scientifico-disciplinari; all'abilitazione scientifica nazionale a numero aperto; alla
distinzione tra reclutamento e promozione, accompagnata nel transitorio da norme
specifiche per agevolare la chiamata dei ricercatori di ruolo; alla limitazione nell'uso
dei contratti di insegnamento per evitare che diventino fonte di precariato; alla
struttura stessa dei nuovi ricercatori (tenure track). Sono tutti temi importanti
ed ineludibili, se crediamo veramente nelle grandi potenzialità del sistema
universitario.
Restano alcune differenze ma, francamente, non tali e non tante da far
comprendere un atteggiamento ostile al disegno di legge nel suo complesso. Né mi sento di
condividere una posizione negativa sul disegno di legge motivata esclusivamente o
principalmente dalla mancanza di fondi.
È vero e l'ho detto: i fondi sono e restano un problema che
dobbiamo risolvere, ma questo significa forse che dobbiamo rinunciare a qualunque
idea di riforma? Siccome non ci sono garanzie sui fondi è meglio tenere bloccato, anche a
livello normativo, il reclutamento, continuando ad essere l'unico Paese al mondo in cui
non esiste un modo per diventare professori di università? È meglio tenerci le mille
forme di precariato non regolato che affliggono i nostri giovani? Rinunciare a nuove
regole chiare e trasparenti sulla valutazione?
Di risorse aggiuntive ne abbiamo avute in quantità nello scorso decennio,
grazie a Governi di centrodestra e di centrosinistra: è sotto gli occhi di tutti che il
loro impatto non è stato positivo perché non è stato accompagnato dalle riforme
necessarie. Tuttavia vi chiedo: se le riforme non si fanno né quando le risorse aumentano
né quando le risorse diminuiscono, allora, onorevoli senatori, quando si possono fare?
Esiste in questo Paese un tempo per le riforme? La mia risposta è: oggi. Oggi abbiamo di
fronte a noi un'occasione irripetibile ed è nostro dovere coglierla fino in fondo, senza
tentennamenti!
Mariastella Gelmini |
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AMATO (PdL). Signora Presidente, onorevoli colleghi, il concetto
di autonomia universitaria, così come perfezionato dal centrosinistra nel lontano 1999,
è diventato ormai sinonimo di irresponsabilità. Irresponsabilità finanziaria e
gestionale, a sua volta causa ed effetto di un'irresponsabilità accademica e persino
didattica, com'è testimoniato dal costoso proliferare di corsi assurdi e inutili.
Non c'è bisogno infatti di ricordare che in Italia - il Paese europeo con
il più basso tasso di laureati nella fascia d'età tra i 25 e 34 anni - esistono
organigrammi di facoltà che talvolta coincidono con alberi genealogici, atenei in cui la
qualità della produzione scientifica di alcuni docenti è difficile da valutare in quanto
assente, mentre gli studenti sono alle prese con insegnamenti di dubbia utilità
formativa, proliferati per mere esigenze politiche se non addirittura familistiche.
Di fronte ad una simile idea di autonomia - una autonomia senza
responsabilità, l'autonomia dei bilanci in rosso e dei concorsi aggiustati - la riforma
del ministro Gelmini risponde in maniera pragmatica ed incisiva ad almeno tre
interrogativi che la politica ha il dovere di rivolgere al composito mondo
dell'università italiana, e cioè: possiamo permetterci di continuare a finanziare un
sistema senza valutare la qualità di ciò che produce? È pensabile che in tempi di crisi
economica il nostro Paese moltiplichi scriteriatamente le sedi universitarie per
soddisfare semplici interessi campanilistici? Infine, è giusto che i molti professori che
fanno ricerca e didattica di alto livello vengano pagati quanto altri professori (non
molti, ma comunque troppi) che non fanno nulla? Certamente no.
Ed allora ben vengano le novità introdotte da questo provvedimento: dal
sistema di valutazione dei risultati per poter allocare le risorse anche in base al merito
e alla qualità della didattica al sorteggio delle commissioni di concorso;
dall'incentivazione alla federazione di più università per razionalizzare la
distribuzione delle sedi, al fondo per il merito, destinato a promuovere l'eccellenza fra
gli studenti. E ben venga, infine, il potenziamento funzionale dell'Agenzia nazionale di
valutazione dell'università che, con questo disegno di legge, mira a rivestire un ruolo
cruciale nell'implementazione della riforma, sia presso il corpo docente che nei confronti
degli studenti.
Ad una proposta di riforma del sistema universitario, e prima ancora
dell'istruzione pubblica, formulata dal ministro Gelmini e dalla stessa portata avanti con
convinzione e coraggio in questi anni, certi suoi detrattori - prima i professori, poi gli
studenti, ora i ricercatori - hanno sempre invariabilmente opposto la questione della
riduzione delle risorse pubbliche quale elemento di scontro frontale, a prescindere da
qualsiasi discorso sui contenuti. E l'opposizione, rifiutando il confronto in Commissione,
ha purtroppo, a mio avviso, sposato in pieno questa linea: una linea che mira a rimandare
e a strumentalizzare, piuttosto che ad affrontare la questione del rinnovamento
dell'università. I tagli - che per il 2011 verranno peraltro in parte ripianati dal
Governo -rappresentano infatti troppo spesso un alibi e le preoccupazioni sul futuro dei
giovani e del Paese finiscono con l'essere fantasmi agitati per pura convenienza politica.
L'università italiana ha bisogno di una rivoluzione etica, capace di
generare gestioni economiche sostenibili e proposte formative che vadano oltre
l'autoreferenzialità. Sarebbe infatti inutile e dannoso perpetrare o addirittura
aumentare gli stanziamenti sic stantibus rebus. Che senso ha, infatti, fornire
ulteriori risorse ad un'istituzione il cui corpo docente fa fatica a conquistare un
accreditamento internazionale e dove gli studenti sono sempre meno preparati per
affrontare il mondo del lavoro ad armi pari con i loro colleghi europei?
Ebbene, se nelle facoltà si è passati in 8 anni da circa 2.500 corsi di
laurea e di diploma ad oltre 5.500 corsi di primo e secondo livello (per non parlare delle
borse di dottorato erogate in ambiti disciplinari senza alcun valore scientifico),
dall'altra parte, quella dei fruitori, il 20 per cento degli studenti lascia dopo il primo
anno, mentre solo il 50 per cento degli immatricolati completa il ciclo di studi. Tutto
ciò è avvenuto in assenza e ben prima dei famigerati tagli di Tremonti!
Di fronte a questo fallimento didattico le minoranze parlamentari dovrebbero
cercare di spiegare le ragioni della loro opposizione al provvedimento.
In quest'Aula il Partito Democratico ha recentemente accusato, a torto, la
maggioranza e il Governo di aver dimenticato i giovani. Le novità introdotte dalla
riforma dell'università proposta dal ministro Gelmini hanno però un valore simbolico
altamente significativo: tali provvedimenti, integrati dai contributi provenienti dal
dibattito in Commissione, che non tradiscono e piuttosto sottolineano il carattere
riformatore del disegno di legge, indicano quantomeno una strada rispetto alla quale non
si torna indietro e dalla quale ci auguriamo possano trarre vantaggio università
virtuose, studenti e professori meritevoli.
E allora, se vogliamo trovare il senso profondo di questo articolato
provvedimento, lo rintracciamo forse nel convinto tentativo di riavvicinare finalmente
l'università alla realtà.
Le nuove generazioni, gli studenti che abbandonano prematuramente i corsi di
laurea, e tutti quei laureati che non riescono a trovare un lavoro coerente al proprio
investimento formativo chiedono all'università italiana una sola cosa: percorsi didattici
spendibili nel mondo del lavoro. In altre parole, azzerare il distacco fra l'insegnamento
universitario e la società reale.
Lei, signora ministro Gelmini, ha meritevolmente seguito questa impostazione
e nel farlo ha scelto di coinvolgere appieno il Parlamento, evitando lo strumento del
decreto; ciò non toglie, tuttavia, che la materia non rechi elementi di urgenza e
indifferibilità. In questo senso, desidero unirmi all'auspicio che il presente disegno di
legge ottenga pronta approvazione nei due rami del Parlamento, trovando il voto favorevole
di una maggioranza più ampia. Paolo Amato. |
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Intervento del
senatore Baldassarri nella discussione generale del disegno di
legge n. 1905 e connessi
Grazie, signor Presidente, per consentirmi in
quest'Aula di esprimere qualche riflessione derivante sia dal mio precedente mestiere di
professore universitario che dall'attuale responsabilità politica di senatore della
Repubblica.
Parto da un ragionamento di un vecchio maestro che non ho mai dimenticato,
che si chiamava Luigi Einaudi e che diceva sempre "conoscere per deliberare" e
allora parto da un'analisi di conoscenza. Ricordando un vecchio articolo che nella
primavera del 1969 scrissi da studente universitario su un giornale locale nelle Marche
che si chiamava "Voce Adriatica" e che adesso si chiama "Corriere
Adriatico", proponendo una linea strategica che venne sintetizzata nel titolo di quel
pezzo (che ho ancora e che conservo come reliquia) "Portare gli studenti
all'università, non portare l'università agli studenti". Quindi già allora, a
partire dai lontani anni sessanta, si vedeva questa strategia, a mio parere deleteria e
perversa, sul piano dei costi e sul piano della qualità, che è quella della diffusione
sotto il portone di casa, possibilmente tra il tabaccaio e il salumiere di famiglia, di
istituire una sede universitaria. Questo vezzo è dilagato negli ultimi 10-15 anni. Nelle
quattro sedi universitarie in cui ho avuto l'onore di svolgere il mio lavoro di docente -
Torino, Milano-Cattolica, Bologna e Roma - ho sempre tentato, con pochi altri colleghi, di
contrastare questa tendenza.
Per non farla lunga, la situazione attuale, che a me risulta dai dati
ufficiali, è che abbiamo in Italia circa 330 sedi universitarie, che diviso per 107
province fa circa tre sedi universitarie per ogni provincia. Allora, dai dati che ho a
disposizione ma che potranno sempre essere verificati e indagati, sempre per non annoiarvi
cito soltanto alcuni casi estremi che gridano scandalo e vendetta e, per non far torto a
nessuno, ho inserito anche alcuni casi del mio territorio di origine, quindi non voglio
proteggere nessuno, ma in molte di queste sedi universitarie le immatricolazioni sono al
di sotto dei 50 studenti: Ala, 46 studenti per quattro corsi di laurea; Sant'Angelo dei
Lombardi, Torrevecchia Teatina, Bressanone, tre corsi di laurea zero studenti; Busto
Arsizio, Mosciano Sant'Angelo, Bosisio Parini, Figline Valdarno, Iesi, Matelica, Pietra
Ligure, Faenza, Città di Castello, Voghera, Sesto San Giovanni, Ariccia, 18
immatricolazioni per due corsi di laurea; Fano, San Giovanni Rotondo, 17 immatricolazioni
per due corsi di laurea; Venaria Reale, 3 immatricolazioni per un corso di laurea,
iscritti totali 17; Verres, zero immatricolazioni, zero iscritti, due corsi di laurea;
Lagonegro, Tortona, Vigevano, Piazza Armerina, Cesenatico, Cava dei Tirreni... e mi fermo
qua.
Perché ho citato questi dati, ovviamente da
verificare, ma sono i dati che sono riuscito a rintracciare rapidamente? Perché nel
disegno di legge c'è un fatto fondamentale come titolo e cioè "Fusione e
razionalizzazione di atenei". Ora, se non partiamo da questo punto fondamentale tutto
il resto è totalmente inutile. Perché il criterio è definire innanzitutto che cosa è
l'Universitas Studiorum che nella dispersione di sedi e di risorse che
risulta sul territorio non ha niente a vedere con il diritto allo studio, perché questo
è in realtà una mistificazione del diritto allo studio, quello cioè di portare sedi
ridicole e assurde in posti altrettanto ridicoli e assurdi illudendo studenti e famiglie
per un'intera generazione. E allora la responsabilità politica è quella di partire da
questo punto, da una decisione responsabile del Governo nazionale, la fusione e la
razionalizzazione degli atenei. Potrà e può essere concordata, ma questo è un tema
strategico nazionale che non ha niente a che vedere con l'autonomia. L'autonomia viene
subito dopo sul come si esercita la gestione delle sedi universitarie, ma è una decisione
strategica politica nazionale quella che serve.
È evidente che in queste condizioni noi abbiamo già negli ultimi 15 anni
distrutto l'università italiana e ci metteremo altri 15-20 anni a cercare un barlume di
rinascita, indipendentemente dai governi, dalle maggioranze, dalle capacità dei singoli
membri di governo, indipendentemente da tutto se non affrontiamo, come si dice al mio
Paese, il toro per le corna su questo argomento. Perché? Perché questo argomento deve
creare un'offerta universitaria che porti gli studenti all'università, come ho detto
all'inizio, e non viceversa. Questa inversione di approccio logico-mentale è
fondamentale. Il diritto allo studio non si garantisce mettendo una sede sotto casa, ma si
garantisce creando le condizioni perché quello studente possa uscire dal suo paesello,
andare in un bel campus, incrociare le esperienze con migliaia di altri studenti di
altre regioni, di altri Paesi, di altre nazionalità, è lì che cresce. L'università
sotto casa è in termine tecnico "il rincoglionimento totale di un'intera
generazione".
È evidente che questa politica ultra ventennale è stata fatta a
tutt'altro scopo e a tutt'altro fine, che esclude l'interesse degli studenti, della
formazione, della ricerca e dell'università. Palesemente questa proliferazione è stata
fatta per moltiplicare le cattedre, moltiplicare le connivenze, cercare qualche piccolo
consenso locale con dispersione enorme di risorse, perché magari il Comune offre il
palazzo però poi chi paga la luce? E poi non a caso ci sono 15 iscritti. Però c'è,
rispetto agli iscritti, un'overdose pericolosissima (peggio delle note sostanze
stupefacenti) di docenti e non docenti. E anche lì l'altra gamba, ovviamente, è la
selezione dei docenti e dei non docenti perché se continuiamo a perpetrare la connivenza
che in ogni categoria corporativa scatta, per cui un idoneo non si nega a nessuno, come
abbiamo fatto negli ultimi venti anni, un idoneo a me un idoneo a te, la selezione che
avviene è perversa. E non è un caso se del 5 per cento migliore degli studenti italiani
laureati in quasi tutte le discipline, due terzi prosegue la ricerca all'estero e forse un
terzo resta a fare ricerca in Italia. Parlo del mio settore di competenza che è scienze
sociali, economia, ovviamente conosco meno gli altri settori. Il che vuol dire che poiché
per ognuno di questi cittadini italiani lo Stato italiano investe in vecchie lire circa un
miliardo di lire, circa cinquecentomila euro, a partire dalla prima elementare, escludendo
la scuola materna, fino alla laurea (il costo che lo Stato, non la famiglia - quello è un
costo addizionale - che investe in questi studenti è circa 500.000 euro a studente cioè
il cumulato negli anni dai 6 ai 23-24 a seconda della laurea. Il costo, non le tasse che
ha pagato lui. Bene, questo investimento in capitale umano enorme ci viene sottratto, in
modo abbastanza furbesco ma è chiaro che chi può ne approfitta, nel senso di attrarre in
altre sedi all'estero quel 5 per cento migliore, già selezionato, già formato, già
capace con strumenti di produrre ricerca e didattica. Quindi noi stiamo costruendo la
classe dirigente della ricerca e della didattica per altri Paesi, in particolare per gli
Stati Uniti.
È questo che mi fa molta rabbia. Perché? Perché vuol dire che siamo in
grado di produrre e sviluppare cervelli in Italia. Questa strategia perversa non riguarda
la capacità italiana di produrre scienza e ricerca, ma l'incapacità di organizzarla
perché sia una fisiologica sinergia con il resto del mondo. È chiaro che molti dei
nostri possono andare fuori, ma molti degli altri potrebbero venire da noi. Se invece
facciamo la bilancia dei pagamenti in questo settore, vediamo che ogni dieci dei nostri
che vanno fuori soltanto 0,1 dalle altre parti del mondo vengono in Italia, oppure vengono
dai paesi emergenti perché in Italia più o meno l'università è stata gratis, mentre in
altri Paesi avevano il numero chiuso e venivano in Italia per prendersi la laurea gratis
magari anche decente e buona: vedi il flusso dei greci che c'è stato per un certo periodo
alle facoltà di medicina, vedi il flusso degli arabi ad altre facoltà. Giustamente
facciamo almeno un po' di cooperazione allo sviluppo seria e vera formando queste persone,
ma mi meraviglio che non ci possiamo porre lo stesso problema per i nostri che vanno
all'estero.
Questo è il primo passaggio. Significa dire, cari colleghi, che nel disegno
di legge bisogna porre un obiettivo a 3-5 anni in cui si arrivi ad avere un terzo delle
sedi universitarie esistenti, le altre vanno chiuse. Le risorse vanno concentrate e su
questa base occorre mettere in condizioni queste sedi di ricevere gli studenti: 100.000
posti letto per studenti in campus. Quindi concentrazione di risorse, selezione,
competizione, perché oggi questa condizione non esiste. Sono invece tutte in competizione
al ribasso, ma competizione perversa. Quando vedo alcune facoltà recenti, come scienze
della comunicazione, che dilagano in termini di iscritti, a me viene da piangere per quei
ragazzi e per le loro famiglie perché pensano di essere laureati dopo quattro o cinque
anni, perché così ci si impiega in questi casi per avere la laurea triennale.
Quindi, primo concetto "fusione e razionalizzazione", secondo
concetto "concentrazione dei fondi", sia in funzione di didattica che di
ricerca, allora sì che si può innescare la competizione tra chi è più bravo e chi
attrae di più le risorse, sia per la ricerca che per la didattica, perché vengono
assegnate in funzione a quelli che sono i risultati di ricerca e di didattica.
In sostanza si tratta di applicare anche qui un vecchio concetto, un
dibattito che dura da 40 anni, da metà anni settanta, che riguarda l'intera gestione
della spesa pubblica, che gli americani chiamano ZBB, cioè lo Zero-Base- Budgeting.
Invece di dire di anno in anno cosa aggiungo e cosa tolgo alle varie voci di spesa o di
assegnazione dei fondi, c'è da ricominciare da capo. Non si tratta di dire qua tolgo
cinque milioni e là ci metto dieci milioni, senza discutere che dove tolgo cinque milioni
ci sono un miliardo di euro e quello non lo discutiamo, discutiamo solo il di più o il di
meno. Invece bisogna analizzare per valori assoluti: qual è il totale di risorse che
arriva, su questo totale quali sono i risultati che sono ottenuti, dopodiché se c'è da
aumentarlo del 30 per cento perché i risultati sono ottimi lo si fa, ma dall'altra parte
c'è da ridurre a zero perché è inutile avere le sedi che vi ho citato prima.
Francamente sono responsabilità collettive nei confronti della nuova generazione e delle
famiglie. Questa è la mia valutazione.
È un'occasione importante, il disegno di
legge muove i suoi passi nel senso a mio parere giusto, però devo fare un avvertimento:
la situazione di partenza in cui ci troviamo oggi è talmente disastrosa da questo punto
di vista che con il ritmo e la velocità con cui il disegno di legge si propone di fare il
cammino, noi ci arriveremo, se tutto va bene, fra 40-50 anni. Cioè le incrostazioni che
ci sono non vengono fondamentalmente intaccate. Capisco che questo ragionamento ci crei
problemi nell'opinione pubblica, ma francamente io credo che vada fatto con un'ottica più
di medio periodo che non delle prossime scadenze elettorali come sempre avviene. Questo è
il motivo per il quale io credo che il mio partito, la mia maggioranza, che si chiama
Popolo della Libertà, abbia ragione d'essere. Perché se questo partito non aggredisce e
imposta queste riforme profonde e strutturali, dobbiamo chiederci allora che ci stiamo a
fare, e lo dico alla mia parte politica ma credo che anche dall'altra parte
dell'opposizione, questo sia un tema su cui ragionare bene insieme perché si tratta di
dare all'Italia, al sistema Italia, al Paese Italia, in termini di didattica e di ricerca,
un minimo di prospettiva di poter partecipare a quello che avverrà nei prossimi 30-40
anni in giro per il mondo in tutti i settori della ricerca e non possiamo accettare
supinamente un risultato talmente perverso per il quale i bravi se ne vanno e,
francamente, i somari restano. Dopodiché ci potranno anche dare qualche consenso
elettorale a destra e a sinistra i somari che restano, ma non so quanto a lungo questo
consenso possa essere speso. Un'ultima indicazione signor Presidente. Riflettevo, come voi
sapete io sono sempre un liberal, un liberale, ma sono molto attento al fondamento
portante del pensiero liberale che è "che cos'è lo Stato", è su quello che si
imposta il pensiero liberale. Questa idea quindi di aprire i consigli di amministrazione a
esperti esterni merita molta attenzione, perché guardando all'esperienza per esempio
della sanità e delle ASL, quando ci siamo illusi che far gestire la ASL da un manager
esterno che non capisce assolutamente nulla di medicina, che qualche volta, se va bene ed
è bravo, capisce di contabilità, magari capisse di controllo di gestione, ecco, non
vorrei che anche lì l'esperienza del caso ASL-sanità si ripeta nei consigli di
amministrazione, perché non può esserci assunzione di responsabilità se non c'è anche
un bilancio, balance, diritti-doveri.
Allora, nel momento in cui gli atenei così scremati, così ridotti a
un terzo, hanno una loro autonomia e c'è una gestione, bene, i privati che entrano o gli
esperti esterni che entrano devono avere una corresponsabilizzazione anche in termini
economici-finanziari. È troppo facile entrare e sputare sentenze decidendo dei soldi
dello Stato e degli altri. Teniamo conto - ultimissima indicazione e vale per tutti i
grandi servizi pubblici - che se l'utente, in questo caso lo studente e la famiglia, non
ha la diretta percezione di cosa sta spendendo in quel momento e quindi di qual è
l'ammontare di risorse che viene investito su se stesso, non avrà mai la capacità, la
forza, la volontà di pretendere che a quel costo corrisponda un risultato per sé.
E allora, capisco che posso anche essere eccessivamente liberal, ma
finché non stabiliamo il principio che l'iscrizione all'università deve coprire il costo
medio per studente non ne usciamo: costa 15.000 euro una facoltà di medicina, le tasse di
iscrizione devono essere 15.000 euro. Noi dobbiamo scindere questo concetto da chi e come
paga. Perché attualmente costa 15.000 euro, pago 1.500 euro di tasse, l'ateneo decide di
aumentarle a 1.800, c'è la rivolta universitaria, c'è la rivolta dei sindacati perché
c'è l'aumento delle tasse universitarie, ma nessuno percepisce che in realtà
l'università costa 15.000 euro. Allora il principio è molto semplice: che l'equità
sociale lo Stato la fa con le borse di studio, con il buono scolastico, con queste cose.
Lo studente e la famiglia devono ricevere un assegno dallo Stato di 15.000 euro; lo
studente va a spenderselo e sceglie la sede universitaria nella quale si vuole iscrivere.
Quindi l'università gratis per tutti non è un problema di equità sociale. Dopo tanti
decenni il risultato è che abbiamo prodotto la più perversa selezione sociale, perché
questa formula porta ad una dequalificazione dell'università dove i miei figli e i figli
di famiglie a reddito medio-alto hanno comunque un loro percorso scientifico e di
formazione, i figli dei poveretti, se va bene, ottengono la laurea della quale spesso non
sanno cosa farsene, a meno che non siano dei geni, ma allora solo quelli, uno su un
milione, ce la fanno.
E anche qui, la falsità di una perequazione sociale ottenuta attraverso una
dequalificazione totale, che ottiene come risultato finale una selezione perversa e
classista di ciò che arriva alla fine del percorso di formazione. Questa va a mio parere
smontata e sgretolata e lo strumento è quello di mettere in mano all'utente la
constatazione, la percezione, il toccare con mano che quando entra dentro l'università
sta spendendo 15.000 euro e se la qualificazione dei corsi, la presenza dei docenti e
anche del personale non docente non è adeguata, può certamente chiedere conto a qualcuno
di questo, oppure l'anno successivo prende e ritira il suo assegno e lo va a portare ad
un'altra università. Allora sì che una competizione verso l'alto può funzionare. Senza
di questo io credo che, con tutta la buona volontà nostra e di quelli che ci seguiranno,
non riusciremo a frenare questo degrado progressivo della nostra ricerca universitaria, e
quando un Paese rinuncia a questo tipo di formazione sta rinunciando a se stesso. L'Italia
più degli altri perché se ci guardiamo indietro forse qualche piccolo contributo alla
scienza e alla tecnologia l'abbiamo dato e siamo capaci di darlo, quindi ancora peggio per
noi. Fossimo un Paese magari dell'Africa subsahariana forse avremmo alle spalle - con
tutto il rispetto, per carità - ma avremmo alle spalle meno elementi di
irresponsabilità. C'è un esempio che segna la mia vita, che è negli anni '50, fino ai
primi anni '60: noi registravamo i brevetti, abbiamo inventato il Moplen e l'abbiamo
diffuso in tutto il mondo. Non dico Fermi o altri, o il professor Veronesi che è
autorevole membro del Senato, ma sono certo che se continuiamo così noi saremo in grado
di produrre altri professor Veronesi, ma saranno tutti a Houston a lavorare e non credo
che sia giusto che stiano a Houston soltanto e nessuno in Italia.
Un ultimo auspicio, infine, signor Presidente. Proprio
sulla base delle precedenti riflessioni occorre trarre la conseguenza più coerente, e
cioè la necessità di eliminare il valore "legale" del titolo di studio al fine
di legare il valore del titolo alla effettiva formazione e qualificazione offerta
dall'università ed acquisita effettivamente dallo studente.
Grazie, signor Presidente.
Mario Baldassarri |
|
|
BREVE RESOCONTO DELLA DISCUSSIONE DI IERI IN SENATO
E RICHIESTA MINIMA DI EMENDAMENTI
Riforma dell' Universita', Disegno di legge Senato 1905, Votazione finale,
allo.d.g. giovedi 29 luglio 2010.
Ai Colleghi in
Italia
Ad atri interessati
p.c. |
- Al Presidente del Senato della Repubblica
Italiana
- Agli On.li SENATORI
- Al Presidente del Consiglio dei Ministri
- Al Ministro della Universita' e Ricerca
- Al Ministro della Economia |
Oggetto: breve resoconto e richiesta minima
di emendamenti
ieri (27 luglio) c'e' stata la discussione sul DDL, in
Senato. Il 29 luglio ci sara' la votazione finale.
Ho ascoltato ( e registrato) tutta la discussione, via satellite. Mi sono ricordato
del massacro di Duisburg (Germania), negli scorsi giorni, con migliaia di giovani cacciati
in un tunnel a imbuto, e massacrati.
In estrema sintesi, e' stata una vera caccia all'untore (l'universita'
italiana). L'universita' e' stata accusata, senza misericordia ne' limiti di pieta', di
aver dilapidato i soldi dello Stato (migliaia di lauree inutili, decine di sedi inutili;
allievi promossi a professore per clientela, familismo. Una parte di noi prenderebbe soldi
senza fare ricerca.
Di proprio, gli intervenuti non hanno offerto uno straccio di indicazioni di
strumenti efficaci per risolvere i problemi, se non la centralizzazione dei controlli, a
scapito della autonomia, perche' esercitata in passato, in modo irresponsabile. E
pertanto, l'unico modo di risolvere e' risultato cominciare dal trattamento dei malati
inguaribili, quello di eliminare la malattia uccidendo il malato: vale dire, tagliare il
turnover e i fondi, a man bassa.
Cari Colleghi, se abbiamo un po' di dignita', non rimane che suicidarci.
Alcuni (Garavaglia, Asciutti, Valditara) hanno tentato di difenderci, ma hanno
dovuto dire senza dire, pena il linciaggio.
Il Ministro ha parlato a lungo. Cosa ha detto ? Nulla.
In questa fase, non rimane che lasciar passare il temporale. Poi, il DDL passera'
alla Camera'. In questa sede dovremo riprendere il colloquio (molto colloquio) con la
politica e con le famiglie, e anche col ministro se finalmente lo vorra'.
Al punto in cui siamo, ribadisco le richieste minime di emendamenti, se
l'Aula e il Governo vorranno :
1) che il FFO sia ripartito tra le universita' prendendo a
riferimento il costo standard per studente;
2) che siano liberalizzati i contributi studenteschi;
3) che, conseguentemente, il diritto allo studio per i "bisognosi e
meritevoli" (art. 34 Costituzione) non sia piu' a carico delle universita', ma dello
Stato con apposito fondo del MIUR, con delega alla Regioni, per la gestione. Il Fondo
potrebbe essere finanziato sottraendo al FFO la corrispondente cifra;
5) che sia fissato, di massima, il rapporto tra numero dei professori e numero
degli studenti, uniformemente nelle universita' (ad es., attualmente c'e' 1
professore, ogni 30 studenti, come media nazionale);
4) che anche il personale tecnico e amministrativo sia rappresentato nel Senato
(come conseguenza della abolizione del Consiglio di Amministrazione, quale organo elettivo
di rappresentanza del personale docente e non docente);
5) che anche le commissioni locali di concorso siano sorteggiate nel settore
scientifico nazionale;
6) che ci sia la chiamata diretta (a prof. associato, e a prof. ordinario),
rispettivamente, dei ricercatori a tempo indeterminato e dei prof. Associati con almeno 5
anni di anzianita', in seguito a conseguimento dell'abilitazione nazionale corrispondente,
purche' ci sia anche la unificazione delle tre attuali progressioni retributive
(altrimenti la chiamata diretta sarebbe una scatola vuota). |
Bologna 26 luglio 2010 |
NINO LUCIANI, Professore Ordinario di Scienza delle Finanze |
|
|
LETTERA APERTA DEL NOSTRO GIORNALE AI SENATORI:
"Si può fare di più con un pò di buona volontà ... da parte
del Governo"
|
- Al Presidente del Senato della Repubblica
Italiana
- Agli On.li SENATORI |
p.c.
|
- Al Presidente del Consiglio dei Ministri
- Al Ministro della Universita' e Ricerca
- Al Ministro della Economia |
Oggetto: Riforma delluniversita Disegno
di legge Senato 1905, allo.d.g. martedi 27 luglio 2010
On.le Presidente del Senato, On.li
Senatori,
il DDL in oggetto promette una demolizione
rilevante delluniversita pubblica italiana, pur contenendo un buon avvio in
alcuni punti. In considerazione di cio', vogliate rinviare il testo in Commissione
Istruzione il DDL, pero' con precisi indirizzi, perche da un rinnovato incontro tra
Governo e Parlamento, vengano sciolti i nodi, che sotto vi segnalo.
Le indicazioni dei sindacati universitari sono state date, in particolare,
nella Conferenza
di Bologna del 12 febbraio 2010, organizzata da nostro Giornale e dalla Fondazione Magna
Carta, a cui hanno partecipato i Presidenti delle Commissioni universita' di Camera e
Senato e il sen. Gaetano Quagliariello.
Dei principali problemi, di cui al DDL, rimasti irrisolti, ho scritto il 26 aprile
2010 in una lettera (qui allegata) al Presidente Berlusconi, ma senza ottenere una
risposta. In essenziale, i punti sottoposti sono:
1) La struttura del DDL è funzionale al costo
zero della riforma, per lo Stato, ma anche impedisce alle universita' vie di uscita
alternative. Questo non va bene e infatti:
a) Il costo zero per lo Stato si puo accettare come precisa
scelta politica del Governo, risultato da elezioni politiche. Invece, appare inammissibile
anche limpedimento alluniversita di approvvigionarsi di
risorse sul mercato, mediante la liberalizzazione dei contributi studenteschi, per lo
stretto pareggio del bilancio.
b) Va pur apprezzato che, mantenendo il DDL la copertura delle spese correnti delle
universita mediante il FFO Fondo di Finanziamento Ordinario pur se a
risorse strette, rimarrebbe il soddisfacimento pubblico del Diritto allo Studio, sia pur
con qualche restringimento della maglia.
Ma la liberalizzazione suddetta farebbe mancare laiuto specifico agli
studenti bisognosi e meritevoli, ai sensi dellart. 34 della Costituzione. Per questi
casi sarebbe necessario, come mitigazione della liberalizzazione, creare un Fondo
aggiuntivo a carico dello Stato (togliere la corrispondente cifra al FFO ?), per la
cui gestione si potrebbe dare delega alle Regioni.
c) Lattuale FFO e ripartito in base a parametri che non hanno alcun
senso come riferimenti per premiare i risultati di merito delle universita',
perche costruiti usando statistiche relative ad anni passati, del tutto superati
(questo ricorda le esperienze fallimentari dellUnione Sovietica, dove questi erano
applicati a tutti i settori del sistema economico).
Sarebbe piu utile, invece, prendere a riferimento il costo
standard per studente (vale dire, in pratica, il costo medio, nazionale
dellinsieme delle universita). Questo avrebbe anche l'effetto di premiare
automaticamente le universita virtuose (perche con costi inferiori al costo
standard).
d) Andrebbe anche disposto il controllo preventivo della Sezione locale della Corte
dei Conti sul bilancio delle universita.
2) Governance.
a) Il DDL rafforza lEsecutivo delle Universita (il Rettore si
varra di un Consiglio di Amministrazione configurato come organo esecutivo, come
nelle societa per azioni; e lattuale Direttore Amministrativo diverra
Direttore generale).
Questo puo essere cosa buona, se bilanciata da un rafforzamento degli
Organi deliberanti e di controllo.
Ma questo non e e infatti:
- e il abolito il Consiglio di Amministrazione, come organo elettivo di
rappresentanza delle categorie (professori di I e II Fascia, Ricercatori, Personale
Tecnico e Amministrativo);
- il nuovo Senato diviene un organo elettivo senza poteri reali, perche e
svuotato dei Presidi (attualmente membri di diritto, e figure portanti della democrazia
universitaria) ed e composto da membri eletti in modo polverizzato (cosi da
non avere alcun potere reale).
Per evitare questa polverizzazione, un modo e la elezione per liste
concorrenti dei candidati, in modo da originare una maggioranza ed una minoranza.
Nel nuovo organo elettivo non entrerebbe, poi, il personale tecnico e
amministrativo, e questo non va bene.
3) Reclutamento e progressione in carriera dei docenti.
a) Il DDL istituisce labilitazione nazionale (a lista aperta) dei docenti e questo
e cosa buona.
Inoltre esso conserva nominalmente il concorso locale per il reclutamento e la
progressione in carriera, con Commissioni locali di professori del Dipartimento, nominate
dal rettore, per la scelta dei professori dentro la lista degli abilitati
nazionali.
Questo modo pilotato di fare le commissioni significa, di fatto, la fine dei
concorsi come indicati dalla Costituzione (art. 97) per la Pubblica Amministrazione.
Tenuto conto, poi, che i nostri Dipartimenti sono molto corporativi, il localismo (la
piaga creata dalla legge 210/1998) sara ulteriormente aumentato.
In passato, le commissioni (pur se elette con votazione) erano in
realta il frutto di accordi taciti sotterranei. Adesso lo si farebbe senza piu
limiti al pudore. Sono dell'idea che il concorso debba diventare un vero concorso con
scelta delle commissioni mediante sorteggio (nel settore scientifico nazionale).
4) Diritto allo studio.
Il DDL lede gravemente il diritto allo studio perche, bloccando in modo
rilevante il turnover del personale di ruolo, riduce molto, per gli studenti, la
disponibilita relativa di docenti a tempo pieno.
In questo modo si trascura di considerare che la scuola è come la famiglia, e
senza la sua stabilita, i figli finiscono affidati al vento.
Tenuto anche conto delle attuali carenze finanziarie delle universita (che,
laltro, hanno anche problemi edilizi e do sicurezza delle strutture), nel nuovo
sistema gli insegnamenti saranno affidati prevalentemente a docenti a contratto (pur se
aventi labilitazione nazionale). Questa precarieta' dei docenti potrebbe divenire
estrema nelle aree depresse del Paese, dove i problemi del bilancio sono già gravi per
loro natura.
Si voglia, pertanto, disporre una norma che fissa dei precisi rapporti tra numero
di professori di ruolo e numero di studenti, uniformemente in tutte le universita'
italiane.
5) Mancanza di norme transitorie per i Ricercatori a tempo
indeterminato. E prassi che, abolendo un ruolo, i suoi membri siano
inquadrati ope legis nel gradino piu basso del ruolo superiore. Nel nostro caso, non
solo questo non avviene, ma neppure sono previsti dei giudizi di idoneita per
promuovere i meritevoli, come invece fu fatto per gli assistenti ordinari nel 1980 (DPR
382/80).
Il DDL prevede, e' pur vero, la possibilita di chiamata diretta (come
per i ricercatori a tempo determinato), in caso di conseguimento della abilitazione
nazionale a professore associato.
Questa estensione della chiamata diretta ai Ricercatori a tempo indeterminato (nel
DDL iniziale essa era prevista solo per i Ricercatori a tempo determinato) e ,
pero', fallimentare perche non tiene conto che, in base alla legge vigente, ci sono
tre progressioni di carriera, per le tre fasce, nelle quali il gradino iniziale della
fascia superiore e' piu' basso del gradino di provenienza della fascia inferiore. La
conseguenza e che il Ricercatore a tempo indeterminato anziano
perderebbe di retribuzione, in caso di chiamata.
Per dare un senso compiuto alla chiamata diretta dei Ricercatori a tempo
indeterminato sarebbe necessario anche unificare le tre progressioni
stipendiali (questo non vuol dire il ruolo unico).
6) Professori Associati. Benche il DDL non ne
abolisca il ruolo (ma sarebbe stato un bene il farlo, e invece mantenere il Ruolo dei
Ricercatori a tempo indeterminato), anche per loro e opportuno prevedere la chiamata
diretta in caso di conseguimento dellabilitazione nazionale, previa unificazione
della progressione retributiva delle tre fasce.
I motivi sono:
- e un danno obbligarli a cambiare sede, dopo che hanno creato delle scuole,
con studenti e allievi ...;
- negli anni 1980-1998 essi hanno subito il ghetto, per mancanza di concorsi (erano
programmati 9 concorsi, ne furono fatti 3), e quando nel 1998 furono sbloccati i concorsi,
essi furono esclusi per accordo tacito dei sopravvenuti Commissari giovani che dettero la
precedenza ai loro allievi (ulteriormente piu giovani). |
Bologna 25 luglio 2010 |
NINO LUCIANI, Professore Ordinario di Scienza delle Finanze |
Allegata: Lettera a Berlusconi, del 26
maggio 2010.
Clicca su: RUBRICA |
Mauro Degli Esposti
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Marco Geraci
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*
Faculty of Life Sciences and # Faculty of Medical and Human Sciences
The University of Manchester, Stopford building, Oxford Road, M13 9PT Mancester, UK |
|
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This
is an Italian translation of an article that is to be published under the title
"Thirty years of higher education policy for Italy" in the Bulletin of Italian
Politics", Vol. 2, number 1 - July 2010
Trentanni di politica universitaria
in Italia
Sommario. Nel 2010 ricorrono
trentanni da quando, nel 1980, fu introdotta una legge di riforma radicale del
sistema universitario italiano. Durante questo periodo, un susseguirsi di leggi ha
progressivamente alterato e perfino vanificato i cambiamenti introdotti trentanni
fa, in un processo che si potrebbe definire come classico ricorso. Come
inizialmente descritto dal filosofo Vico nel 1744, un ricorso rappresenta un ciclo
storico in cui lo stato finale assomiglia a quello iniziale da cui si è originato. In
questo articolo si avanza lipotesi che proprio questo tipo di andamento ciclico ha
caratterizzato laltalenante politica governativa per luniversità italiana
nelle ultime tre decadi. Secondo tale ipotesi, formulata alla luce dellesperienza
personale di due scienziati italiani di diversa generazione, lultima riforma
proposta dallattuale governo italiano risulterebbe un tipico ricorso, poiché
reintroduce norme già viste in passato. Tuttavia, lattuale politica universitaria
riflette unattenzione al merito più marcata che in passato: il merito costituisce,
infatti, il concetto chiave attorno al quale ruota la spinta riformatrice del mondo
accademico italiano. Questo articolo offre un excursus storico del processo
legislativo che ha prodotto lattuale sistema universitario. In un articolo
successivo, verranno invece discussi approcci quantitativi utili per valutare il
prestigio, e quindi il merito, degli istituti universitari italiani.
1. Trentanni di legislazione sembrano
produrre un ricorso Vichiano. Trentanni fa una grande riforma cambiò il
sistema universitario in Italia. Da allora il mondo accademico italiano ha attraversato
una serie altalenante di cambiamenti legislativi che non sono riusciti a fermare il
progressivo declino del sistema universitario. Un declino aggravato dalle limitate risorse
di investimento pubblico (nonchè privato) e, più recentemente, da forti tagli
finanziari. Lo scopo di questarticolo è di produrre unanalisi pacata di come
il sistema universitario italiano si è evoluto in risposta ai cambiamenti politici e
legislativi degli ultimi trentanni. Da questa analisi emerge la forte impressione,
corroborata da fatti innegabili, che questo sistema stia tornando indietro verso una
situazione simile a quella pre-esistente al 1980, seguendo quindi un processo storico che
ricorda i ricorsi descritti dal filosofo Gianbattista Vico. Secondo la visione
storica di Vico (Vico, 1744), la progressione di corsi e ricorsi non produce
necessariamente delle situazioni migliori che in passato in effetti, non tutto quel
che è nuovo è meglio. I cambiamenti ciclici che descriviamo qui possono anche aiutare a
comprendere il progressivo calo di influenza che la nazione italiana ha esercitato sui
palcoscenici internazionali, sia politici che economici. Il numero crescente di accademici
ed intellettuali italiani che hanno cercato (e trovato) allestero un luogo dove
potersi esprimere al meglio rappresenta, molto verosimilmente, un sintomo di tale declino.
Fra essi gli autori di questarticolo che, osservando a distanza (perlomeno in
termini geografici) il sistema universitario che li ha educati, si chiedono come farà il
nostro paese ad uscire dal pernicioso ciclo di declino accademico in cui sembra
avviluppato. Ci auguriamo che la nostra analisi, nei limiti dellobbietività che
caratterizza unattitudine prettamente scientifica, possa fornire uno spunto, pur
piccolissimo, per uscire da tale ricorso.
2. Caratteristiche generali del sistema
universitario italiano. La struttura delleducazione superiore in Italia risulta
comparabile a quella della Francia e di altri paesi europei di dimensioni equivalenti. Un
numero relativamente alto di università è distribuito su tutto il territorio nazionale,
con una concentrazione di atenei nelle regioni del Centro-Nord dove, in passato,
esistevano piccoli Stati indipendenti (Toscana, Emilia, Lombardia, Piemonte e Veneto). Ci
sono, inoltre, istituzioni di formazione superiore derivate da modelli napoleonici, tra
cui la più nota è forse la Scuola Normale di Pisa, ed un numero crescente di
istituzioni universitarie private, alcune delle quali di tipo telematico (specializzate in
e-learning). Secondo lultimo rapporto del Comitato Nazionale per la
Valutazione del Sistema Universitario (CNVSU, 2009), nel 2008 esistevano oltre 90
università in Italia, ospitanti, approsimativamente, due milioni di studenti e 62000
accademici.
In Italia, il numero delle università e degli
studenti che giungono alla conclusione del percorso di studi non è alto se rapportato
alla dimensione della popolazione. Oltretutto, il 40% degli studenti iscritti risulta fuori
corso, cioè non giunto alla laurea nei tempi stabiliti (CNVSU, 2009). Questo riduce
grandemente lefficienza del sistema delleducazione superiore. Tale sistema,
inoltre, è caratterizzato da una limitata mobilità sociale, come dimostrato dal fatto
che circa il 40% dei laureati in Architettura, Farmacia e Medicina provengono da famiglie
in cui almeno un genitore possiede lo stesso tipo di laurea (Ainis, 2009). Questa
ingessatura deriva dal fatto che il mondo accademico non ha mai smesso di esprimere e
propagare forme di conservatorismo sociale. Infatti, come documentato nel popolare libro
di Stella e Rizzo (2008), molti professori universitari appartengono a famiglie di lunga
tradizione accademica. In casi estremi, ma non particolarmente rari, intere facoltà
sembrano essere dominate dalla stessa famiglia accademica (Ainis, 2009; Carlucci and
Castaldo, 2009). Un aneddoto personale può essere illuminante. Agli inizi degli anni
ottanta, solamente due fra gli otre 40 accademici dellInstituto Botanico di Bologna
venivano da famiglie di classe medio-bassa senza tradizioni accademiche. Ancor oggi, la
situazione di quellIstituto non sembra molto cambiata, dal momento che la
maggioranza degli accademici di allora sono ancora attivi, mentre i pochi che sono
subentrati ad altri hanno in molti casi parentele nellambito accademico. Storie
simili si ritrovano da una punta allaltra del Paese (Carlucci and Castaldo, 2009).
3. La riforma del DPR 382/1980. Durante
gli anni settanta si accumularono vari problemi nel sistema universitario italiano, in
parte dovuti allapertura dei corsi universitari, precedentemente destinati ad
élites, che raddoppiò la popolazione studentesca. Molti problemi furono poi esacerbati
dalla crisi economica del 1972, che condusse alla riduzione dei fondi per
luniversità. Per portare avanti le attività di insegnamento e ricerca vennero
assoldate frotte di giovani laureati con contratti a breve termine, spesso sotto-pagati,
determinando così la nascita di un esercito di precari. Insieme al loro numero,
crebbe anche la loro influenza sul processo di riforma che lentamente si andava
sviluppando verso la fine degli anni settanta. Tale riforma riuscì ad andare avanti solo
attraverso una stabilizzazione del ruolo dei precari, che fu decretata con la Legge
382 approvata nel 1980. Molti precari furono dunque collocati in una delle nuove
posizioni accademiche introdotte nella riforma: quella di ricercatore e quella di professore
associato (correspondenti, più o meno, a quelle di assistant e di associate
professor negli Stati Uniti e a quelle di junior e di senior lecturer nel
Regno Unito). Nonostante che lentrata in ruolo in queste posizioni permanenti
richiedesse una valutazionedi idoneità basata sul curriculum, in pratica tutti i precari
che avevan ricevuto incarichi prima del 1979 entrarono a ruolo. Cosicché la riforma
permise unentrata nel settore accademico ope legis a quasi ventimila persone
le cui credenziali di ricerca ed insegnamento non vennero seriamente valutate. Allo stesso
tempo, con la legge 382 vennero bandite quattromila nuove posizioni di ricercatori
liberi, a condizioni salariali significativamente meno vantaggiose rispetto a quelle
dei ricercatori confermati. Uno degli autori di questo articolo ottenne nel 1983 una
posizione di tal genere dopo un concorso molto competitivo. I tempi di attuazione
della legge 382 furono, infatti, assai lenti per queste nuove posizioni, che, a differenza
di altre, vennero assegnate essenzialmente sulla base del merito scientifico alla stregua
di quanto avveniva in altri paesi occidentali. Questi giovani ricercatori diedero un nuovo
impulso alla ricerca italiana, grazie anche al supporto di scienziati delle precedenti
generazioni che poterono impiegare nuove risorse finanziarie ed intellettuali, in
particolare studenti di dottorato, liberate con la Legge 382. Giovani e dediti studenti
furono attratti a lavorare su progetti di ricerca finanziati dal ministero o da nuove
agenzie come Telethon, e si aprirono filoni di ricerche di carattere anche internazionale.
Un fresco entusiasmo iniziò a permeare (o tale fu la percezione) i nuovi dipartimenti.
Tutto ciò nonostante il livello di finanziamenti fosse relativamente basso e, molto
spesso, distribuito a pioggia.
4. Il sistema dei concorsi con il
DPR 382/1980. La Legge 382 consolidò un cambiamento cruciale nel modo in cui le
università reclutavano e promuovevano il loro personale accademico. Contrariamente ai riceratori
liberi, che venivano selezionati localmente, le posizioni di professore, associato e
ordinario, venivano bandite per mezzo di concorsi nazionali condotti ogni due o tre
anni1. Per ciascuna disciplina accademica, si formava una commissione dai sette
ai nove membri, selezionati da un pool di professori. Questi ultimi, a loro volta,
venivano eletti a livello nazionale fra accademici dello stesso ramo disciplinare,
seguendo le norme stabilite da una precedente legge del 1979 (la stessa legge che
introdusse anche il CUN2, un organismo divenuto oggi fondamentale
nel sistema universitario italiano). La commissione, una volta insediata, esaminava le
domande dei vari candidati sulla base di criteri che stabiliva essa stessa in modo
insindacabile. Non solo tali criteri erano slegati da parametri internazionalmente
riconosciuti come, ad esempio, il fattore dimpatto (impact factor), ma non
era neanche previsto nessun meccanismo di valutazione ex post. Ciò portò
addirittura alla possibilità di poter selezionare i candidati per la posizione più
elevata (professore di prima fascia) senza sottoporli ad alcun colloquio. I candidati a
posizioni di professore associato, invece, venivano intervistati e poi dovevano presentare
una lezione pubblica su un tema sorteggiato il giorno precedente.
Il sistema di elezione dei membri delle
commssioni divenne immediatamente permeabile alle manipolazioni dei potentati accademici,
generalmente chiamati scuole (Mattei and Monateri, 1993), i quali potevano
indirizzare molti voti su candidati prescelti. Anche se diversi scandali sui concorsi finirono
in mano alla stampa (come quelli descritti da Ainis, 2009 e Stella e Rizzo, 2008), uno in
particolare fece eco in quanto rivelò come i concorsi venivano sistematicamente
manipolati per promovere solo i candidati desiderati, indipendentemente dal loro merito
scientifico. Roberto Bisson, un professore associato di Padova molto conosciuto in
ambienti scientifici, produsse un rapporto accurato in cui analizzò vari concorsi in
Biochimica, in particolare quello del 1992 nel quale vennero bandite 39 posizioni di
professore di prima fascia. Questo concorso, che fu uno dei più importanti per
numero di posizioni ed università interessate tra quelli banditi nel 1992, può essere
considerato emblematico di come la promozione accademica procedesse dopo
lintroduzione della Legge 382/80 (per ulteriori esempi, cfr. Carlucci and Castaldo,
2009).
5. Il concorso per professori di
Biochimica del 1992. Storicamente, il campo della Biochimica è stato dominato in
Italia da un ristretto gruppo di potenti scuole afferenti le università di Roma,
Napoli, Bologna, Milano e Genova, le quali sono state in grado di estendere la loro
influenza su quasi tutti gli altri atenei italiani. Per esempio, la scuola di Bologna ha
tradizionalmente esercitato un forte controllo sui dipartimenti di Biochimica in tutte
quelle facoltà in cui, appunto, la Biochimica viene insegnata. Fra queste si annoverano
quelle delluniversità di Bologna, Modena, Parma, Ancona, Pisa, Sassari, Catania e
Roma Cattolica, che, allepoca in cui si tenne il concorso in discussione,
comprendevano oltre un decimo dellelettorato deputato alla formazione delle
commissioni concorsuali per Biochimica. La scuola di Bologna, dunque, aveva
assicurarata lelezione di almeno un suo rappresentante in ogni commissione dei concorsi
nazionali per posizioni accademiche nel settore scientifico di sua spettanza.
Unaltra scuola ancor più influente, e con un elevato profilo scientifico,
era quella di Roma (La Sapienza).
Il meccanismo di selezione funzionava
impeccabilmente: una volta che i membri delle commissioni erano stati eletti a sorte fra i
candidati preselezionati (cioè quelli che si erano impegnati a salvaguardare gli
interessi delle rispettive scuole), essi si incontravano in modo discreto con i
rappresentanti di tutte le scuole per definire chi doveva vincere i posti messi a
bando, ancor prima di vedere i curricula dei candidati. Successivamente, le
commissioni si riunivano per definire i criteri che, appunto, favorissero i candidati
preselezionati dai potentati nazionali e da quelli locali. Tali criteri dovevano
conformarsi al livello scientifico dei futuri vincitori, livello molto spesso di gran
lunga inferiore a quello di altri candidati, magari privi di simile
protezione. Difatti, praticamente tutti i 168 candidati che fecero domanda al concorso
di professore di Biochimica del 1992 furono ammessi dalla commissione, la quale, nei
due anni successivi, lavorò alleliminazione di quelli indesiderati e alla
promozione di tutti quelli predestinati alla vittoria.
Questo sistema ufficioso, ed illegale, di
selezione continuò indisturbato per molti anni, anche perché i curricula dei candidati
non erano di dominio pubblico. Tuttavia, le cose cominciarono a cambiare nel 1994 quando
il succitato Roberto Bisson, che aveva partecipato senza successo al concorso del
1992, decise di valutare il profilo scientifico degli altri concorrenti. A tal fine
utilizzò risorse allora nuove, come il databank Pubmed/Medline che raccoglie la
maggioranza delle pubblicazioni scientifiche in Biochimica e materie affini. Nella sua
analisi sistematica, Bisson trovò che molti dei vincitori del concorso possedevano
meno pubblicazioni, e spesso su riviste di minore prestigio, di quelle di molti candidati
esclusi (tra questi, anche uno degli autori del presente articolo). A sue spese, Bisson
fotocopiò i documenti depositati ufficialmente presso il Ministero dellIstruzione a
Roma che riguardavano il concorso del 1992 e quelli precedenti ad esso collgati.
Confrontò quindi la sua rigorosa analisi con i documenti ufficiali e li pubblicò in un
libretto, il rapporto Bisson, che poi distribuì a molti bochimici italiani, prima
di ritirarsi dalla ricerca, e poi dalla vita accademica.
Le conclusioni del rapporto Bisson erano
devastanti. Veniva messo allo scoperto, in modo inappuntabile, un modo profondamente
ingiusto di portare a promozione accademici che non ne avevano i titoli e che, dunque, era
in completo contrasto con le norme di legge. Ad esempio, mettendo i 39 vincitori del
concorso a confronto con i 20 migliori fra gli esclusi, Bisson stimò che il numero medio
delle citazioni ricevute dalle pubblicazioni dei primi era circa la metà di quello delle
citazioni per le pubblicazioni dei secondi (67 e 130, rispettivamente), mentre solo cinque
fra i vincitori avevano un profilo tale per potersi definire dei leader indipendenti.
Guardando poi ai casi singoli, Bisson rilevò che un candidato scientificamente assai
quotato (con ben 752 citazioni ed un impact factor globale quattro volte più alto
della media dei vincitori) venne considerato non adatto alla posizione di professore. Al
contrario, vennero giudicati adeguati candidati con meno di dieci citazioni! Questo non fu
un caso isolato. Se la selezione fosse stata basata su una combinazione di parametri
riconosciuti internazionalmente, solo 14 fra i candidati che vinsero sarebbero rientrati
nellipotetica classifica dei migliori 40 fra tutti i candidati a quel concorso.
Di conseguenza, si evince che i due terzi dei migliori biochimici italiani degli inizi
anni novanta furono ingiustamente esclusi dallessere nominati professori. Un danno
accademico probabilmente irreparabile, dato il mediocre profilo internazionale che la
biochimica italiana ha mantenuto dopo il 1992.
6. La transizione verso la riforma
Berlinguer. Dai concorsi nazionali a quelli locali. Il rapporto Bisson,
insieme ad altri scandali concorsuali, ebbe un impatto sulla comunità accademica in
Italia verso la metà degli anni novanta. Membri di commissioni in concorsi incriminati
sembravano impauriti dalle possibili conseguenze giudiziarie che avevano colpito alcuni
accademici. Tuttavia, il sentimento politico di supporto incondizionato a soluzioni
giudiziarie del diffuso malcostume accademico e dei suoi concorsi truccati si dileguò
rapidamente e si trasformò presto in una scarsa considerazione per il sistema
universitario in toto, nel quale ora si procedeva in modo più cauto in occasione
dei processi di selezione e promozione. Tuttavia, lo stesso sistema rimaneva refrattario
alla competizione accademica aperta, producendo forme di resistenza passiva che
effettivamente scoraggiavano validi scienziati a far domanda per posti accademici, inclusi
quelli emigrati allestero e che avrebbero voluto rientrare in patria. Questo avvenne
anche grazie al fatto che la Legge 382 lasciava aperta una forte discrezionalità nel
processo di reclutamento. Dopo aver superato la selezione di un concorso, un candidato era
infatti obbligato a far domanda di assunzione presso le facoltà che avevano bandito un
posto per quello stesso concorso. Le facoltà potevano poi scegliere chi volevano
per occupare quel posto, generalmente dopo complessi negoziati con altri corpi academici e
potentiati di ogni genere. Cosicché, quando questi negoziati non approdavano a nulla,
oppure un candidato vincente esterno non era interessato a quel posto, lo stesso
poteva rimanere vacante a tempo indefinito (Carlucci and Castaldo, 2009).
Conseguentemente, il sistema di reclutamento accademico rimaneva non solo ingiusto, ma
anche assai inefficiente.
Le distorsioni nei concorsi condotti
secondo le interpretazioni pratiche della Legge 382/80 chiaramente richiedevano dei forti
aggiustamenti, che riconciliassero gli interessi locali con criteri a validità nazionale.
La soluzione seguita fu semplice: i concorsi dovevano decidersi a livello locale,
con commissioni dominate da accademici delle stesse università, un po come avviene
tuttora in molti altri stati occidentali. Questo tipo di soluzione fu introdotto con la
Legge 210 del 19983, la quale effettivamente trasferiva molta
libertà di manovra agli atenei. Con questa maggiore autonomia, si procedette con la
selezione di candidati per nuovi posti generati localmente e, invariabilmente, destinati a
persone di proprio gradimento, generalmente cresciute negli stessi ambienti universitari.
Un tale trasferimento di potere da organismi nazionali ai singoli istituti accademici
seguiva il disegno di aumentata autonomia per le università italiane che va comunemente
sotto il nome di riforma Berlinguer.
7. La riforma Berlinguer. La riforma
centrale delle università avvenne alla fine degli anni novanta e prende il nome del
ministro sotto il quale fu attuata, Luigi Berlinguer, un politico di lunga carriera
accademica (ricoprì anche la carica di rettore) che introdusse numerosi cambiamenti
nellintero sistema delleducazione italiana. La principale legge di riforma, il
DL509/994, portò rapidamente ad una autonomia effettiva delle
università, soprattuto riguardo alle loro attività di insegnamento. I precedenti corsi
di laurea a quattro o cinque anni furono ristrutturati in un curriculum modulare,
con un diploma triennale (corrispondente al bachelor inglese) seguito da una laurea
specialistica di due anni. Questo sistema, chiamato 3+2, fu implementato
gradualmente e ha prodotto, nel tempo, effetti sia positivi che negativi per
leducazione e la formazione superiore in Italia.
Fra i benefici vanno annoverati la riduzione
degli studenti fuori corso, che scesero dal 55% della fine degli anni novanta al
40% del 2008, e laumento del pass rate (efficienza accademica nel conseguire
la laurea), che aumentò dal 31.9% del 2001 al 56.9 % nel 2005 (CNVSU, 2009). Tuttavia, a
seguito della loro autonomia accademica, le università espansero il numero dei corsi
offerti (vi erano 3234 nel 2001 e ben 5835 nel 2007), non solo per aumentare gli introiti
e radicarsi meglio sul territorio, ma anche per giustificare un aumento del numero di
posizioni accademiche. Lespansione inevitabilmente contribuì ad aumentare il numero
delle persone in ruoli academici di vario tipo, le quali venivano selezionate tramite concorsi
gestiti localmente in modo fondamentalmente incontrollato. Insieme al concomitante
aumento delletà pensionabile (sino al 2008 questa arrivava fino a 75 anni!),
promozioni locali portarono ad un forte aumento dei professori di prima fascia (ordinari),
che da 13103 nel 1998 passarono a 19623 nel 2007 (CNVSU, 2009). Questo provocò un abnorme
aumento nelle spese di retribuzione - addirittura del 183% per gli stessi ordinari (CNVSU,
2009). Aumenti incontrollati di tal genere, mescolati alla continua saga di scandali
concorsuali di ogni tipo, hanno portato ad una progressiva perdita di interesse da parte
delle forze politiche verso il sistema universitario, che spesso sembra vivere nel suo
mondo (Tocci, 2009). Questo distacco è divenuto più tangibile con i recenti governi di
centro-destra, anche a causa della loro tradizionale insensibilità ai problemi
delleducazione superiore.
8. I tentativi di riforma e le delusioni
del nuovo millennio. Col ritorno del centro-destra al governo in Italia nel 2001, il
nuovo ministro per lEducazione, Letizia Moratti, introdusse vari cambiamenti nel
sistema universitario che sembravano seguire principi di new public
management, come recentemente discusso da Newell (2009). Contrariamente ai suoi
predecessori, Letizia Moratti veniva dal mondo imprenditoriale e forse grazie a questo
diverso background ha inaugurato nuovi approcci per valutare gli output scientifici
delle istituzioni accademiche (non a caso chiamati prodotti). Insieme ad alcuni
tagli ai finanziamenti, il ministro Moratti introdusse un disegno di riforma
universitaria, la legge 230/05, che però non venne promulgata prima della fine della
legislatura. Un aspetto molto interessante di questa legge era labolizione della
posizione di ricercatore, provvedimento che sarebbe risultato in un ritorno alla
situazione di gerarchia accademica esistente prima della Legge 382/80 (cfr. sezione 3). Un
primo segno di un possibile ricorso Vichiano, come discuteremo dopo. In pratica, la
principale conseguenza della gestione Moratti fu un accumulo di normative e tagli
finanziari che condussero ad una progressiva riduzione nel reclutamento di giovani
ricercatori, con il conseguente aumento di forme di precariato simili a quelle degli anni
settanta. Nel contempo, molte università continuarono a portare avanti la promozione
interna di accademici già di ruolo. Così nel 2006 il numero di professori ordinari era
aumentato del 51% rispetto al 1998 (CNVSU, 2009).
Nel 2006, il breve governo di centro-sinistra
reintrodusse il Ministero per la Ricerca, separato da quello dellIstruzione, che fu
assegnato a Fabio Mussi. Laureato in filosofia e con il mondo sindacale alle spalle, Mussi
non sembrò particolarmente sensibile al mondo accademico. Tuttavia riuscì a far passare
lo stanziamento di nuovi fondi per reclutare giovani ricercatori, controbilanciando in
parte decisioni e tagli del precedente governo. Introdusse pure una nuova Agenzia,
lANVUR (Agenzia Nazionale per la Valutazione dellUniversità e della Ricerca),
che tuttoggi dovrebbe inglobare il CNVSU. In sostanza, però, Mussi ed il secondo
governo Prodi produssero molto discontento nel sistema universitario italiano che divenne
ulteriormente sclerotico, rimanendo cronicamente a corto di fondi ma sottoposto ad
uniper-regolamentazione normativa (Tocci, 2009). Un risultato impressionante,
considerato che il governo era guidato da un eminente professore universitario (benché
prestato alla politica da tanto tempo).
9. La riforma Gelmini. Col ritorno del
governo Berlusconi nel 2008, il mondo accademico ricevette un chiaro messaggio: il sistema
universitario è vecchio, inefficiente e pieno di sprechi, e devessere cambiato. La
persona scelta per mettere in atto questo messaggio, in maniera apparentemente conforme
alla filosofia del new public management (Newell, 2009), fu Mariastella Gelmini,
una trentaquattrenne laureata in legge con nessuna precedente esperienza governativa od
accademica (Sartori, 2008). Nonostante la sua inesperienza, il ministro Gelmini introdusse
una serie di cambiamenti (molto controversi) allintero sistema educativo italiano, a
partire dalla scuola primaria, supportando i severi tagli finanziari imposti dal nuovo
governo. Questi tagli provocarono una specie di rivolta nazionale che vide uniti genitori,
insegnanti e studenti di tutte le età. La rivolta produsse, a livello universitario, la
cosiddetta Onda, un movimento che poi si spense verso la fine del 2008, non senza
aver temporeanamente preoccupato il governo. Forse a causa di queste preoccupazioni, il
ministro Gelmini elaborò un decreto legge, il DL 1805, che
restrinse ulteriormente le possibilità di reclutamento nelle università, esacerbando
precedenti norme introdotte dal ministro Moratti. Ora solamente gli atenei cosiddetti
virtuosi e definiti tali con un arbitrario criterio contabile, avrebbero
potuto reclutare nuovo personale attraverso procedure concorsuali che venivano
parzialmente semplificate rispetto al passato. Il DL 180 introdusse anche, per la prima
volta in Italia, una parziale redistribuzione del fondo statale ordinario (pari al 7%),
secondo criteri che avrebbero preso in considerazione anche la produzione scientifica.
Le novità del DL 180 erano tese a preparare
il terreno per una successiva legge volta a riformare completamente il sistema
universitario italiano, la quale divenne presto nota come riforma Gelmini.
Dopo tortuosi sviluppi (la cui sequenza temporale è documentata nel sito web Gelminometer,
Degli Esposti, 2009), il decreto legge è stato poi presentato al Consiglio dei Ministri
verso fine ottobre 20096. Subito dopo la sua presentazione, la
riforma Gelmini attrasse unentusiastica campagna mediatica, promossa specialmente
dal governo, in cui si sottolinearono gli aspetti rivoluzionari che la legge
avrebbe introdotto nel sistema accademico. Il quale, esasperato da anni di inattività
istituzionale e dalla sua progressiva decadenza, rispose inizialmente con tiepidi segni di
approvazione (un esempio per tutti, larticolo su La Stampa del 29 ottobre 2009).
Tuttavia, molti di quelli che esaminarono in dettaglio il lunghissimo decreto (contenente
oltre 171 norme), risposero con giudizi in genere negativi. La critica forse più comune
era che il decreto avrebbe prodotto un eccesso legislativo e quindi gonfiato aspetti
burocratici che invece sarebbe stato giusto eliminare. In effetti, calcoli attendibili
stimarono che la legge di riforma avrebbe prodotto circa 500 norme ed oltre mille nuove
disposizioni, da implementare in tempi non ben definiti (Tocci, 2009). Per di più, molte
di queste nuove disposizioni andrebbero ad aggiungersi al complesso di regole tuttora
vigenti, accumulatesi nelle ultime tre decadi di politica uiversitaria. Potestio e
Rustichini (2009) hanno sottolineato come lapparente strategia del decreto legge
risieda nella capillarità dei provvedimenti che dispone, i quali non solo non riusciranno
a fermare il declino del sistema universitario italiano, ma che anzi favoriranno
potenzialmente le sue peggiori capacità di elusione (Tocci, 2009). Indubbiamente il
decreto legge del ministro Gelmini era volto, nella sua forma originaria, a promuovere
maggiore efficenza e merito, obiettivi commendevoli e di novità per il vecchio sistema
universitario dItalia (Potestio e Rustichini, 2009; Tocci, 2009). Tuttavia la
maggioranza degli esperti sembra aver concluso, col tempo, che la capillarità dei
provvendimenti contenuti nello stesso decreto potrebbe avere un effetto paralizzante
sullorganizzazione e sul funzionamento delle università per anni a venire (per una
breve analisi, si veda larticolo di Boeri su La Repubblica del 29 Ottobre 2009).
Emerge quindi limpressione che la
riforma Gelmini potrebbe portare ad una complessa serie di cambiamenti che alla fine
avranno un impatto limitato sul sistema universitario italiano e su come funziona tuttora.
Cambiamenti del genere sono tipici della politica italiana e di solito vengono definiti gattopardeschi
(La Stampa, 29 Ottobre 2009). Ciononostante, il trend che sembra seguire la
politica universitaria in Italia risulta conforme ad un ciclo storico di cambiamenti ed
aggiustamenti che ripristinano condizioni precedenti, delle quali spesso la gente ha perso
memoria. In questottica, i cambiamenti introdotti dal corrente governo
diventerebbero emblematici di un classico ricorso. Tre punti sembrano puntare verso
questa ipotesi:
1. Nel
decreto traspare una chiara intenzione di ridurre lautonomia delle singole
università, visto che tutte le decisioni chiave debbono essere approvate attraverso due
livelli di governo centrale, il Ministero dellEducazione ed Università e, alla
fine, pure il Ministero delle Finanze (Tocci, 2009). La riforma reintrodurrebbe, così,
una situazione analoga a quella esistente negli anni ottanta, con laddizionale
controllo da parte del Ministro dele Finanze.
2. Le
commissioni per la selezione di professori (associati ed ordinari) lavoreranno a livello
nazionale e verranno formate essenzialmente secondo le modaltà introdotte nel 1979, ma
successivamente abolite con la riforma Berlinguer. Di conseguenza, si ritornerebbe ai concorsi
controllati centralmente, senza normative chiare che evitino le manipolazioni avvenute
nel passato e documentate, ad esempio, dal rapporto Bisson.
3. La posizione
di ricercatore (a tempo indeterminato) viene abolita, producendo così una
gerarchia accademica formata da professori associati ed ordinari con posizione permanente
che comandano uno stuolo di giovani ricercatori ed accademici, impiegati a tempo
determinato con diversi contratti. Si tornerebbe quindi indietro alla situazione di un
sistema iniquo, instabile e caotico, come quello esistente oltre trentanni fa. Se il
ricorso seguisse la sua conclusione naturale che questi elementi suggeriscono,
solamente una forte deviazione verso un percorso di progresso lineare potrebbe cambiare la
natura ciclica della politica universitaria italiana degli ultimi trentanni. Una
tale deviazione dovrebbe concretizzarsi su basi prettamente meritocratiche, mettendo la
valutazione del merito dei singoli accademici e dei loro istituti al centro dei principi
guida per rinnovare il sistema universitario.
10 Limportanza del merito e della sua
valutazione in futuro. Questa panoramica delle riforme applicate al sistema
universitario in Italia negli ultimi trentanni profila uno scenario che per noi
scienziati risulta allarmante: un potenziale ritorno al passato. Suggerisce anche che
lultimo processo di riforma potrebbe diventare unulteriore mancata
opportunità per dotare laccademia italiana di un più forte profilo di ricerca,
soprattutto a livello internazionale. Mentre il decreto legge della riforma Gelmini entra
nel suo cruciale momento legislativo, concludiamo la nostra analisi ponendo ancora una
volta laccento sullimportanza del merito e della sua valutazione, sia prima
che dopo il processo di reclutamento degli accademici che formeranno il futuro del sistema
universitario e che, quindi, determineranno il profilo scientifico dellItalia sul
piano internazionale. LANVUR, che sta per essere finalmente istituita7,
dovrebbe giocare un ruolo decisivo nel promuovere e garantire un sistema meritocratico,
contribuendo così a far uscire la politica universitaria dai percorsi ciclici che sinora
hanno alimentato il declino del sistema universitario in Italia.
Note
Referenze |
Thirty years of policy for higher education
in Italy: Vico's ricorsi and beyond?
Mauro Degli Esposti* and Marco Geraci#
* Faculty of Life Sciences and # Faculty of Medical and Human
Sciences
The University of Manchester, Stopford building, Oxford Road, M13 9PT Mancester, UK
Abstract. In 2010, it
will have been thirty years since a reform bill was introduced to instigate several major
changes in the Italian university system. During this period, many laws have been
progressively altered and, more recently, also restored in a recurring pattern that could
most aptly be described as ricorso. As first dubbed by the Italian philosopher Vico in
1744, a ricorso is a recurring historical cycle in which the end state is almost identical
to the initial state from whence it originated. In this article it is posited that it is
precisely this type of historical pattern that is characterised by the twists and turns of
the Italian higher education policy that has occurred over the last thirty years. By
combining the personal experience of two Italian scientists from different generations,
this article will discuss how the latest reform proposed by the current government in
Italy fits a pattern of ricorso, in the way in which it outlines the introduction of norms
that were already in place thirty years ago. Nevertheless, the current policy proposals do
appear to be based on a more meritocratic system something which can be seen as a
key issue for reforming the academic world in Italy. More important than the mere
principle of merit itself, however, it is also the particular method of evaluating this
merit that may be called into question. Crucially, merit calls to be evaluated according
to congruent quantitative methods. The following article will present a study that will
hopefully provide just such a quantitative analysis of the merit and prestige of
universities in Italy.
1. INTRODUCTION - Thirty years of
legislation seems to produce a ricorso. Thirty years ago, a major reform
changed the university system in Italy. Since then, the Italian academia has gone through
a roller-coaster of legislative changes and reform bills that have not succeeded in easing
the progressive decline of the university system. This decline has been exacerbated by
limited public investment and, more recently, severe financial cuts. The purpose of this
article is to provide an overview of how the Italian university system has evolved in
response to the legislative and political changes of the last thirty years. In our
opinion, it is now reverting back to a situation analogous to that of pre-1980, thus
recalling a pattern of historical cycles that were first described by the Italian
philosopher Gianbattista Vico as ricorsi. According to Vicos view of history
(Vico, 1744), the progression of corsi e ricorsi does not necessarily improve
situations - after all, not everything that is new is better. Indeed, the changes in the
university system that are described and discussed here may help understanding the
progressive decline of the Italian nations influence on the international stage
both politically and economically over the past decade or so. It is perhaps
telling that an ever increasing number of Italian academics and intellectuals have found
it necessary to move abroad. The authors look back to the Italian system that educated
them and wonder how the country will be able to progress out of this perniciously vicious
cycle of Vichian decline. Might our present analysis be a small step in that
direction
1.1 General features of the Italian
university system. The structure of higher education in Italy may be compared to that
in France and other European countries of equivalent size. A relatively large number of
universities are distributed throughout the country, although they are particularly
concentrated in middle and northern regions whose boundaries once enclosed the independent
states of Tuscany, Emilia, Milan, Turin and Venice. In addition, there are a handful of
specialised institutions modelled on the Napoleonic Ecole Normal, (Scuola
Normale di Pisa is perhaps the best example) and an increasing number of privately
owned universities, some of which are specialised in e-earning (Università
Telematiche). According to the latest report of the National Committee for the
Assessment of the University System (CNVSU 2009), in 2008 there were over ninety
universities in Italy, which together enrolled 1.8 million students and employed 62,000
teaching staff.
In Italy, the number of university students
and graduates is not large relative to the population as a whole (CNVSU, 2009); Moreover,
40% of the enrolled students fail to complete their courses within the prescribed time
(known as fuori corso), thus reducing the efficiency of the higher education system
in Italy. The same system is also characterized by a limited level of social mobility:
about 40% of students obtaining a degree in Architecture, Pharmacology and Medicine have
come from families in which at least one parent has the same degree (Ainis, 2009). This is
because in Italy the academia has never stopped expressing and propagating a form of
social conservativism. As described in a popular book by Stella and Rizzo (2008), many
academic professors belong to families that profess an old association with the academia;
in extreme cases, although not particularly rare, entire faculty bodies appear to be
historically dominated by the same family (Ainis, 2009; Carlucci and Castaldo, 2009). A
personal anecdote will help to illustrate this point. In the early 1980s, only two out of
forty plus academic members of the Institute of Botany in Bologna were from a lower
middle-class family without academic traditions. To this day, the situation has not
significantly changed, since most of the academics of that institute are still active and
the few who have succeeded retired professors are often relatives of other academics.The
same story is repeated in other universities up and down the country (Carlucci and
Castaldo, 2009).
1.2 The 382 Law of reform. A number of
problems started to manifest themselves in the Italian University system during the 1970s,
partly due to the opening of the previously elite universities, which resulted in a
doubling of the student population. Many problems were subsequently exacerbated by the
economic crisis of 1972, which resulted in reduced government funding for the
universities. To carry out the great load of both research and teaching activities, an
army of new graduates (laureati) was employed on short-term and poorly paid
contracts (known as precari). Together with their sheer numbers, their social
influence progressively increased during the 1970s. This could have only be achieved by
consolidating the academic role of precari, which in fact happened later with the
introduction of the 382/80 reform of 1980. Many precari were then enrolled in one
of the two new academic levels introduced by the reform, ricercatori and professori
associati (approximately corresponding to assistant and associate professors in the US
system, or to junior and senior lecturers in the UK system). Although in theory the
acceptance for these relatively well paid positions required an evaluation of idoneità
(suitability) based on the curriculum, in practice these positions became open to all precari
who had been employed previous to 1979. Thus, the reform allowed, ope legis,
the acceptance into university positions of over 16,000 individuals whose teaching and
research credentials had not been properly evaluated. Conversely, the same law served to
open up 4,000 new posts of free researchers (junior positions with a salary
significantly lower than that provided to confirmed ricercatori) to graduates who had been
left out of the university system. One of the present Authors was able to obtain a
position of this kind after a highly competitive local concorso in 1983, thereby
becoming a member of a novel category of Italian academics selected predominantly on the
basis of scientific merit, as in other Western countries. These young free
researchers, together with some fine scholars of previous generations and thanks to
specific provisions of the reform (e.g. institution of large departments and of the
doctoral degree), gave a strong positive incentive to Italian research, enhancing its
scientific production throughout the 1980s and after. Fresh enthusiasm started to permeate
research departments and top class students were attracted to research projects funded by
government agencies and charities like Telethon. The level of funding remained low in
comparison to that in the UK or other countries and it was generally assigned in a
non-selective fashion. In spite of this, it was still possible to achieve high levels of
research performance, thanks also to the fact that Ph.D. scholarships and support
personnel were provided by the universities via local funding schemes.
1.3 The concorso system following
the 382 law. The 382 Law served primarily to consolidate a crucial change in the
recruitment of new university posts. In contrast to the free researchers, who
were recruited locally, professors (associati & ordinari) were selected
via a public competition (concorso) conducted nationally every 2-3 years1.
For every discipline, a committee of seven to nine members was selected from a pool of
professors who were elected nationally among their peers, following the system previously
introduced by a 1979 law (the same law that also constituted the Comitato Universitario
nazionale, CUN2 - an elective body that would have subsequently played a consultation
role in the decisions regarding the university system). The committees would then examine
all suitable candidates by using criteria that was agreed upon within the committees
themselves - regardless of internationally established parameters (e.g. impact factor of
publications) and in complete discretion. No mechanism for subsequent evaluation was set
in place. Strangely enough, the committees were not required to interview the applicants
for full professorships, whose selection was based on paper documents only. On the
contrary, the teaching capabilities of associate professors were examined by means of a
gruelling lecture on a subject chosen publicly the day before. The election system was
open to pressure from academic power groups, called scuole (Mattei and Monateri,
1993), which could direct a large number of votes to selected candidates of their choice.
Although several scandalous concorsi have been reported in the press (see for
example Ainis, 2009; Stella and Rizzo, 2008), one especially thorough analysis unveiled
the details on how the concorsi were systematically manipulated to promote the
desired candidates, independently of the scientific merit of the applicants. Roberto
Bisson, a well known associate professor from Padua, produced a detailed report in which
he analysed the 1992 concorso for thirty nine posts of full professors in
biochemistry and several previous concorsi in the same field. Being one of the
largest in terms of number of positions and universities involved, the 1992 concorso can
be considered to be representative of how academic promotion has been conducted in Italy
after the introduction of the 382/80 Law (for more examples, see Carlucci and Castaldo,
2009).
1.4 The example of the 1992 concorso for
biochemistry professors. Historically, the field of biochemistry in Italy was
dominated by a handful of powerful scuole based in Rome, Naples, Bologna, Milan and
Genova, which extended their influence to practically all faculties and universities on
the peninsula. For instance, the school of Bologna controlled the biochemistry departments
in all faculties at the universities of Bologna, Modena, Parma, Ancona, Urbino, Pisa,
Sassari, Catania and Roma Cattolica, accounting for over one-tenth of all the the
candidates for any given concorso in the field of biochemistry. The scuola of
Bologna was then able to secure enough eligible candidates to ensure the presence of at
least one committee member per round of concorsi. Another influential scuola was
that of Rome La Sapienza, renowned for its scientific reputation. This questionable
mechanism worked flawlessly: once the members of the committees had been chosen by lot
among those who had agreed to be elected, they would discretely meet with the
representatives of all scuole to pre-determine the winner for each post. This
process occurred even before seeing the applicants CVs. Subsequently, the committees
would define selection criteria so as to favour those candidates whom national and local
academic powers had been agreed upon. Therefore, practically all of the one hundred and
sixty eight applicants of the 1992 concorso were admitted to the selection for full
professors, which was carried out during two years of committee work geared to eliminate
all the undesired candidates but promote all the pre-selected ones (cf. Carlucci and
Castaldo, 2009).
Although this unofficial (and technically
illegal) way of selecting the candidates was able to continue undisturbed for many years -
partly because the curricula of the candidates were not publicised - things finally
started to change in 1994. In that year, the academic Roberto Bisson, after being turned
down during the 1992 concorso, decided to evaluate the scientific profiles of his
opponents who were appointed professors in his stead. By using the new tools offered by
the online databank Medline/Pubmed, which collects the great majority of the scientific
publications in biochemistry and related biomedical fields, Bisson found that several of
the winning candidates had fewer and less prestigious publications than many unsuccessful
candidates (including one of present Authors, who had applied to the same concorso).
At his personal expense, Bisson went to the seat of the Ministry of Education in Rome and
photocopied all the publicly available official submissions of the committees for the 1992
and previous concorsi. He then conducted a rigorous analysis by scrutinizing both
the official documents and the results of his online searches. The results were published
privately and then distributed nationwide.
The conclusions drawn from Bissons
analysis were astonishing in many respects, exposing a world of discreet and unfair
practices that disregarded merit and, ultimately, eluded the law. By comparing the group
of all thirty nine successful candidates with the best twenty among the unsuccessful ones,
Bisson estimated that the average number of citations (67) for the first group was about
half the average number of citations (130) for the latter. Moreover, there were only five
established group leaders among the successful candidates, a number much smaller than that
seen among the best unsuccessful candidates. When looking at individual cases, Bisson also
found that one particular candidate with an outstanding profile (752 citations and a
cumulative Impact Factor four times as high as the average of that of the successful
candidates) was deemed unsuitable to become professor; while three of those who were
promoted professors had less than ten scientific citations. This was not an isolated case.
By considering a combination of internationally established parameters of scientific
production, only fourteen of the winners ranked within the top forty positions of the
whole set of candidates of the 1992 concorso for biochemistry professors.
Consequently, two thirds of the best Italian biochemists in the early 1990s were denied a
fair promotion into the top academic position, thus consolidating the low international
profile of biochemical research in the country.
1.5 The transition to the Berlinguer reform
from national to local concorsi. Bissons report and other scandals
had an impact on the whole academic community in Italy in the mid 1990s. Committee members
of incriminated concorsi were fearful of judicial consequences and in some cases
were actually taken to court by resentful scientists who had been unfairly declared
unsuitable. However, the political sentiment had already turned away from the
unconditional support previously given to the academic community towards possible judicial
solutions for the unfair practices and corruption that were widespread in the Italian
system. As a consequence, the recruitment and promotion of academics was limited and
delayed. Now the winners of new professorial posts were selected more according to their
scientific strength than before, partly because their scientific outputs could be
retrieved from online databases (Carlucci and Castaldo, 2009). However, the system
remained adverse to fair competition, producing a form of passive resistance that
effectively served to discourage worthy candidates from applying in the first place.
Indeed, the 382 Law left open a significant loophole in the recruitment process: there was
no automatic assignment of the winning candidates to the positions opened. Instead, the
successful candidates had to apply to local faculties that had been granted a vacant
position by the nationwide concorso; these faculties then chose one of the
applicants to fill their position, generally after complex inter-university negotiations.
However, in cases where the negotiations were unsuccessful, or an outsider winner was not
interested in a leftover place (i.e. in a small and peripheral university for which power
groups had no local candidate), a position could remain vacant indefinitely (Carlucci and
Castaldo, 2009). Consequently, the system of recruitment remained not only unfair, but
also inefficient in filling open positions.
The uncertainties and distortions in the concorsi
conducted according to the 382 Law clearly required serious amendments in order to
reconcile local interests with national requirements. The solution was simple: all concorsi
had to be conducted locally, with committees dominated by members of the same
university, as in other Western countries. A legislative solution of this kind was duly
implemented with the law number 210 in 19983. The new rules
effectively transferred a great deal of freedom to individual faculties and universities
in choosing preferred candidates to fill professorial posts, candidates who invariably
were of local extraction and could be made eligible with easy procedures. Such a transfer
of power from national to local committees followed the trend of increasing autonomy for
Italian universities that emerged following the Berlinguer reform of the 1990s .
1.6 The Berlinguer reform. The central
reform of Italian universities in the 1990s is named after Luigi Berlinguer, a
distinguished academic and politician who introduced various changes in public education.
The major reform bill, DL509/994, led to an effective autonomy of
the universities regarding their teaching curricula and academic activities. The previous
four-year laurea degrees were re-structured to produce a curriculum of three-year
bachelor degree followed by a two-year laurea specialistica. This 3+2 degree system
was slowly implemented alongside the progressive phasing out of the previous one, leading
to a number of changes that were paradoxically both beneficial and detrimental to higher
education in Italy.
Among the beneficial effects, both the overall
student population and the average pass rate increased (the latter from 31.9% in 2001 to
56.9 % in 2005), while the percentage of fuori corso decreased from 55% at the end
of the 1990s to 40% in 2008 (CNVSU, 2009). Following their increased autonomy, Italian
universities were able to expand the number of their degree courses (from 3,234 in 2001 to
5,835 in 2007), not only in order to enhance their revenues and establish tighter links
with their surrounding regions, but also to open up new academic positions. This process
inevitably contributed to a rise in the number of academics, who were selected by what
were essentially uncontrolled concorsi. Combined with the concomitant increase in
the retirement age of academics (who until 2008 could leave at the venerable age of
seventy four), the local rounds of recruitment and promotion led to a large increase in
the number of full professors (ordinari), from 13,103 in 1998 to 19,623 in 2007
then decreasing slightly to 18,861 in 2009 (CNVSU, 2009). The increase in budget
allocation to pay for the salary of full professors was even larger than that of their
number, rising by 183% since 1998 (CNVSU, 2009). The apparently uncontrolled rises,
together with the continued emergence of scandalous results in various concorsi,
led to a progressive loss of interest by policy makers in a university system that clearly
worked within its own world (Tocci, 2009). The detachment became more evident with the
return of a centre-right government, which in Italy has traditionally been seen as
insensitive to the issues of higher education.
1.7 The reform attempts and delusions of
the new millennium. With the return of the centre-right in Italian politics in 2001,
the new minister of education, Mrs. Letizia Moratti, introduced a number of changes in the
university system which appear to follow a strategy conforming to the principles of
new public management, as recently discussed by Newell (2009). In contrast
with her predecessors, Mrs. Moratti came from a business rather than an academic
background. Perhaps because of her managerial experience, Mrs. Moratti inaugurated several
novel approaches to evaluate the scientific and academic outputs of academic institutions
(defined as prodotti). She also developed a reform bill, the 230/05 law, which was
not implemented until the end of the 2006 legislature. The most interesting part of this
law was the abolition of the position of ricercatore, which resulted in the return
to the exact situation existing before the 382/80 law (see above, part 1.2). As will be
discussed later, this would seem to constitute a telling sign of a ricorso as
defined by Vico. In practice, the major consequence of the Moratti period was an
accumulation of provisions and funding cuts that led to a progressive restriction in the
recruitment for junior posts in most Italian universities. Despite this, universities
continued to expand their teaching portfolio and the internal promotion of academics,
especially at the level of full professor. Consequently, in 2006 there were 51% more full
professors than in 1998 (CNVSU, 2009).
The short lived centre-left government in 2006
re-introduced a separate ministerial position for Universities and Research, which was
given to the Philosophy graduate Fabio Mussi. Coming from a union background, the new
minister was not particularly sympathetic to the academic world. Nevertheless, he was able
to legislate additional funding for recruiting ricercatori, thus reversing the
intention of the previous government, and introduced a novel evaluation agency (Agenzia
Nazionale per la Valutazione dellUniversità e della Ricerca, ANVUR) which would
integrate all previous agencies including CNVSU. Overall, Mussi and the second Prodi
government produced a lot of discontent in the increasingly sclerotic, chronically
under-funded but hyper-regulated university system (Tocci, 2009). A striking result for a
government that was led by an eminent university professor.
1.8 The Gelmini reform. With the return
of the Berlusconi government in 2008, the academic world was given a clear message:
the university system is old, inefficient and expensive; it needs to change.
The person chosen to deliver and implement this message, in a manner apparently conforming
to new public management policies (Newell, 2009), was Ms. Mariastella Gelmini,
a 34 year-old lawyer of no ministerial or academic experience (Sartori, 2008). Despite her
inexperience, minister Gelmini introduced a series of controversial changes in the
education system, starting with the primary school system and backing the severe financial
cuts imposed by the new government (in the infamous 133 Law). These cuts provoked a
nationwide revolt that united parents, teachers and students of all education sectors. At
the university level, the revolt produced the so-called Onda (wave), a movement
that in late 2008 preoccupied the government, before eventually fading away. Then minister
Gelmini introduced a decree (DL 180, November 20085) which,
following norms previously introduced by minister Moratti, restricted the possibility of
recruiting university personnel to virtuous institutions (i.e. those that did
not use most of the state funds for paying the salaries of their staff) and simplified the
procedure for selecting new researchers. This DL180 also introduced, for the first time, a
7% redistribution of state funding according to the merit of the various
universities, which was to be evaluated along parameters encompassing research outputs and
teaching performance (see accompanying paper).
The novelties of the slim DL 180 decree were
intended to prepare the ground for a comprehensive bill that would subsequently reform the
whole university system, which became known as Gelmini reform. After multiple
announcements and numerous tortuous developments (their temporal sequence can be found in
the Gelminometer website, Degli Esposti, 2009), this bill was finally presented at the
council of Ministers at the end of October 2009 and is now under scrutiny in parliament as
DL1905/09. An enthusiastic media campaign promoted by the government has underlined the
key features and revolutionary aspects that the Gelmini reform would
introduce. The academic world, exasperated by years of institutional inactivity and
progressive decadence, initially responded in cautiously positive terms (for example: La
Stampa, 29 October 2009). However, many of those who have analysed the exceedingly long
bill in full (it contains one hundred and seventy one provisions) have come out with a
negative conclusion. Perhaps the most common criticism has been in reference the excess of
legislation and beurocracy, since the reform law could potentially produce up to five
hundred norms and 1,000 new regulations (Tocci, 2009). Many of these would add to, rather
than substitute, the plethora of regulations that have been accumulating in the university
system over the past few decades. Others remain vague in their details and timing, since
they are delegated to subsequent government legislation. As noted by Potestio and
Rustichini (2009), the strategic line of the bill is the capillarity of provisions, which
will not serve to stop the decline of the Italian university system but rather to enhance
the capacity of elusion by the most corrupt aspects of the current system (Tocci, 2009).
There is no doubt that the reform bill of minister Gelmini aims to promote efficiency and
merit - commendable objectives that are new to the Italian university system (Potestio and
Rustichini, 2009; Tocci, 2009). However, as most experts have concluded, the crippling
bureaucracy of the same bill will have a paralysing impact on the organization and
operation of universities for years to come (for a particularly lucid espousal of this
problem, see La Repubblica, 29 October 2009).
Intriguingly, the impression thus emerges that
the outcome of the Gelmini reform could be a complex series of alterations that will
ultimately have very little impact of the Italian university system as it currently
stands. Changes of this kind are considered typical in Italian politics and often labelled
gattopardesche, or leopard-like (La Stampa, 29 October 2009) after the
literary masterpiece The Leopard by Giuseppe Tomasi da Lampedusa6.
However, the underlying policy may well follow a historical cycle of changes and
regressions that revert to previous situations, of which most people have lost memory or
maintain a disproportionately positive opinion. The changes put forward by the current
Italian government would therefore be emblematic of a classical ricorso (Vico,
1744). Three elements may be observed in the bill that sustain this interpretation.
1. There is a clear reduction in the autonomy of the universities, since all key decisions
will depend upon the approval of two layers of central government, the ministry of
Education and ultimately the ministry of Finance (Tocci, 2009); the reform would thus
re-introduce the situation existing in the 1980s, with additional control exerted by the
Finance minister.
2.
The search committees for associate and full professors will work at the national level
and will be formed essentially with the same system that was introduced in 1979, but
subsequently abolished with Berlinguer reform; hence, there will be a return to the
centrally controlled concorsi - without clear provisions as to avoid the
manipulations exposed by Bissons report.
3.
The position of ricercatore will be abolished, thereby producing an academic
hierarchy formed by associate and full professors with permanent positions, who will rule
over young academics and researchers employed in fixed-term contracts of various kind.
This measure will throw the university back to the same iniquitous and unstable situation
in which it was thirty years ago. If the ricorso that these elements indicate is
followed to its natural conclusion, it would suggest that the cyclical nature of the
higher education policy that has been carried out in Italy so far can be halted only by a
complete reassessment capable of diverting the same policy towards a more linear path of
progression. Such reassessment can only occur if a more meritocratic approach to higher
education is adopted, placing the merit of academic individuals and their institutions as
the fundamental guiding principle of the university system.
1.9 The importance of merit and its proper
evaluation. From this historical overview of the reform laws that have taken
place in Italy over the last forty years, an alarming and undesirable scenario emerges: a
potential return to the past and the yet another wasted opportunity to endow the Italian
academia with a stronger research and teaching profile, both at national and international
levels. It is beyond the scope of this article to provide a more comprehensive view of the
Gelmini reform, if for no other reason than because the bill remains a platform which is
likely to change considerably during its time under parliament scrutiny. We briefly
conclude in stressing the importance that the evaluation of merit has in this critical
juncture. Even if the word competition is never used in the lengthy text of
the bill, the necessity for a serious evaluation of the performance of the academic
institutions and their staff is widely appreciated (Tocci, 2009; Checchi and Jappelli,
2009; Potestio and Rustichini, 2009). In this respect, we believe that the reforming
process, in which ANVUR plays a major role, will benefit from appropriate meritocratic
considerations consistent with international standards. The allocation of resources and
the selection of university staff should, therefore, be inspired by principles and
regulated by norms that are oriented to avoid the unfair and counterproductive practices
of the concorsi that, as we have seen, have contributed to the decline of the
Italian university system. At the time of writing, the current reform bill still discussed
in the Senate may just offer the opportunity for this necessary and desirable break with
the past. Whether or not this opportunity will come to fruition, however, only time will
tell.
Notes
References |
Referenze
Ainis, M. (2009) La Cura, p. 86-87, Chiarelettere,
Milano.
Carlucci, D. and Castaldo, A. (2009) Un paese di baroni,
Chiarelette, Milano. CNVSU (2009) Rapporto annuale 2009, riportato su: http://www.cnvsu.it/publidoc/datistat/default.asp?id_documento_padre=11666
Degli Esposti, M. (2009) Gelminometer, http://rpc264.cs.man.ac.uk/VIA/index.php/Gelminometer
Mattei, U. e Montaneri, P.G. (1993) Faculty recruitment
in Italy: two sides of the moon. American Journal of Comparative Law 41 (3), 427-440.
Newell, J. (2009) Italian politics and education
policy, paper presentato alla Prima Conferenza della Via-academy,
Manchester, September 2009.
Potestio, P. e Rustichini, A. (2009) Il disegno di
legge sull'università. http://www.noisefromamerika.org/index.php/articles/Il_disegno_di_legge_sull%27universit%C3%A0%3A_le_correzioni_di_rotta_necessarie#body
Sartori, G. (2009) Il Sultanato, p. 142, Gius.
Laterza & Figli Spa, Bari.
Stella, G.A. e Rizzo, S. (2008) La Deriva, pp.
194-215, Rizzoli, Milan.
Tocci, W. (2009) Quale riforma per
luniversita, http://www.nens.it/_public-file/Riforma%20universita.%20Tocci1.pdf
Vico, G. (1744) Scienza Nuova disponibile
online su: http://www3.niu.edu/acad/english/vico/intro.htm |
Sondaggio su riforma Gelmini, DDL Senato 1905 |
Alla fine lavori della Commissione Istruzione
del Senato,
dopo la settimana di agitazione del
17-22 maggio,
e prima che il DDL vada in approvazione
al Senato (giugno ?) |
Per un sondaggio di opinione sulla riforma Gelmini (DDL Senato 1905)
poco prima che il DDL vada in Aula al
Senato, per l'approvazione.
I Colleghi disponibili a manifestare una opinione sul DDL, possono cliccare su:
(SONDAGGIO)
COMM07A@senato.it
Comparirà una videata di una e-mail, con
più opzioni, da scegliere.
Infine, si clicca su INVIO. Il messaggio va
alla Commissione Istruzione del Senato
e al Presisente del Consiglio, e p.c. al Ministro Gelmini
POSTILA DI SALVAGURDIA se il messaggio non si
apre: Qui sotto, in azzurro, si trova il messaggio da riempire manualmente nella
propria posta elettronica.
Più sotto, è anche riportato la immagine di un messaggio, che si
apre regolarmente. |
To:
COMM07A@senato.it
From: (scrivere l'indirizzo del mittente)
Subject: Sondaggio di opinione su Riforma Gelmini - DDL Senato 1905
CC: centromessaggi@governo.it,presidenza.repubblica@quirinale.it,
segreteria.particolare.ministro@istruzione.it,nino.luciani@libero.it |
Organizzato da www.universitas.bo.itSONDAGGIO su DDL 1905:
1) APPROVO (non approvo) la tesi: "Per l'art. 97 Costituzione, la valutazione e la
meritocrazia vanno attuate con concorso pubblico (l'opposto del precariato). OK alla
valutazione per IMPACT FACTOR, ma come indizio.
2)APPROVO (non approvo) la tesi: "La riforma, essendo a "costo zero" non
ha credibilita' per l'autonomia universitaria di ricerca e didattica. Siano liberalizzati
i contributi studenteschi per il pareggio del bilancio. Ma questo e' fattibile solo se lo
Stato grava direttamente su di se', in apposito fondo, l'onere del diritto allo studio per
gli studenti bisognosi e meritevoli (art. 34 Costituzione).
3) APPROVO (non approvo) la tesi: "La riforma istituisce l'abilitazione nazionale
a lista aperta e il concorso locale per la copertura dei posti. Questo e' buono, purche'
le Commissioni giudicatrici siano sorteggiate sia per l'abilitazione (e questo c'e' gia')
sia per il concorso locale.
4) APPROVO (non approvo) la tesi: "La riforma non prevede "norme
transitorie" per i Ricercatori a tempo indeterminato, pur abolendone il ruolo in
anticipo sul previsto (2013). E' giusto e nell'interesse dell'universita' introdurre norme
transitorie per il passaggio a prof. Associato, come gia' fu fatto per gli assistenti
ordinari nel 1980.
5) Penso anche che .........
NOTA. Prima dell'invio cancellare le parti non condivise, o aggiungere cose nuove
purche' in breve. |
Sergio Sergi
Coordinatore nazionale
|
I SINDACATI DECIDONO
DI AFFRONTARE
IL GOVERNO IN CAMPO APERTO
DAL 17 AL 22
MAGGIO IN TUTTI GLI ATENEI
SETTIMANA DI MOBILITAZIONE
Il "match", avviato dall'Assemblea Nazionale
dei Ricercatori, a Roma il 25 aprile 2010, ha come punto di forza l'aspettativa che
tutti i Ricercatori in Italia "non rinnovino", a maggio, la domanda di incarichi
di insegnamento per il 2010/11. Adesso o mai più. |
Marco Merafina
Coordinatore Ricercatori
|
Le conseguenze
prevedibili sono la impossibilità della programmazione didattica degli
Atenei per il 2010/2011, essendo i Ricercatori il 41% del corpo docente in Italia |
ADI,
ADU, AND, ANDU, APU, CIPUR-CONFSAL, CISAL, CISL-Università, CNRU, CNU, CONFSAL-Cisapuni,
FLC-CGIL,CNRU, RDB-CUB, SNALS-Docenti Università, SUN, UDU, UGL-Università e Ricerca,
UILPA-UR
Le Organizzazioni universitarie denunziano che nessuna delle proposte di
modifica al DDL governativo sullUniversità (v. sul retro il documento del 15.1.10)
è stata accolta negli emendamenti presentati al Senato.
Al contrario, risulta ancora più evidente lintenzione di scardinare
il Sistema nazionale dellUniversità pubblica, concentrando le scarse risorse in
pochi Atenei ritenuti eccellenti e ridimensionando il ruolo di tutti gli
altri.
A livello nazionale, si accentua lattacco allautonomia
universitaria con lattribuzione del potere di valutare lattività del singolo
docente ad una Agenzia nominata dal Ministro. A livello locale, si aumenta ulteriormente
di fatto il potere del Rettore e del Consiglio di Amministrazione trasferendo la
"competenza disciplinare" dal CUN a "collegi di disciplina" di Ateneo.
Inoltre si aumenta la differenza tra gli ordinari e gli associati, nello
ambito di un modello che sarà sempre più costituito da pochi docenti di ruolo e da una
base amplissima di precari, in presenza di funzioni di docenza svolte e non
riconosciute.
Il DDL modifica la natura stessa dellUniversità sottraendole il ruolo
di sede principale della Ricerca: non è un caso che non si affrontino la questione dei
ricercatori e quella dellaccesso delle nuove generazioni.
E oramai più che evidente che si vuole demolire definitivamente
lUniversità pubblica, autonoma, democratica, di qualità e aperta a tutti.
Contro questo progetto è necessario che la società civile e il mondo
universitario (professori, ricercatori, precari, dottorandi, tecnico-amministrativi,
studenti) si mobilitino compatti.
Si proclama lo stato di agitazione e si invitano tutte le componenti
universitarie a riunirsi insieme nelle Assemblee di Facoltà e di Ateneo per discutere sul
DDL governativo anche alla luce degli emendamenti presentati.
Invitiamo tutti gli Organi accademici (Senati Accademici,
Consigli di Amministrazione, di Facoltà, di Dipartimento e di Corso di Studio) a
pronunciarsi sul DDL governativo.
Si chiede, in particolare, ai professori e ai ricercatori di protestare contro il
DDL governativo anche attraverso la rinuncia a ricoprire ogni incarico didattico
aggiuntivo, come hanno già cominciato a fare soprattutto i ricercatori in tante sedi.
Si indice una settimana (dal 17 al 22 maggio) di mobilitazione in tutti gli
Atenei. Roma, 9 aprile 2010 |
CNRU-Comitato Nazionale
Ricercatori
Universitari
Mozione
L'assemblea nazionale dei ricercatori universitari, riunitasi il 15 aprile 2010
all'Università di Roma "La Sapienza",
PRESO ATTO
che nel DDL Gelmini:
- non viene risolto il persistente problema del sottofinanziamento dell'Università
prelusivo alla svendita totale del sistema della ricerca e dell'alta formazione del Paese;
- non si risolve in alcun modo il problema del precariato e non vengono offerte
reali prospettive di inserimento per i più giovani;
- non si risolve il problema dello stato giuridico dei ricercatori universitari,
negando ancora una volta il riconoscimento del ruolo docente effettivamente svolto;
- non si escludono i ricercatori universitari con più di 40 anni di contributi dal
prepensionamento coatto;
DECIDE
all'unanimità di proseguire lo stato di agitazione attraverso:
- la non disponibilità a ricoprire incarichi didattici per il prossimo anno
accademico;
- la non disponibilità ad essere inseriti nei requisiti minimi necessari
all'attivazione dei corsi di laurea;
ADERISCE
alla proposta delle associazioni universitarie:
- di indire una settimana
(dal 17 al 22 maggio)
di mobilitazione in tutti gli Atenei;
- di individuare la giornata di venerdì 21 maggio 2010 per lo svolgimento di una
Manifestazione nazionale di tutte le componenti universitarie;
INVITA:
- i professori ordinari e i professori associati a protestare contro il DDL Gelmini
rinunciando a ricoprire ogni incarico didattico aggiuntivo;
- i precari e gli studenti a mobilitarsi contro un provvedimento che vuole demolire
il sistema universitario pubblico. |
Nino
Luciani, I Ricercatori siano inquadrati come Professori Associati,
previa verifica delle condizioni di merito, come già si fece nel 1980 per gli
"assistenti ordinari", quando ne fu abolito il ruolo (non fu ope legis).
Da sempre, la
ricerca è stata il frutto di una passione, e i frutti della ricerca, ancora da sempre,
sono stati il motore del progresso economico di un Paese.
Da sempre sul suolo Italico, la ricerca è stata a spese prevalenti del
ricercatore, finchè la modernità ha imposto il sostegno finanziario dello Stato. I
"ricercatori" , in Italia, sono divisi in tre categorie;
1) Il "Ricercatore", in avvio di carriera;
2) Il "professore associato", in carriera intermedia";
3) Il "professore ordinario", in avanzata carriera.
Quelli, di cui qui si tratta, sono i primi, ma a loro andrebbero a aggiunti
circa 50.000 ricercatori non strutturati (borsisti, assegnisti, contrattisti, ...) che, a
titolo volontario, studiano nelle università e supportano la didattica.
I "Ricercatori" non hanno ancora uno stato giuridico, pur se la
legge del 1980 (DPR 382/80, art. 34) si era impegnata a farlo. Essi dovrebbero fare solo
ricerca, in attesa di vincere un concorso per diventare professori.
Di fatto, nei vari anni, i concorsi per l'avanzamento in carriera sono stati
insufficienti (con grave colpevolezza dello Stato), finchè (in seguito alla necessità di
professori, a causa della esplosione del numero degli studenti), varie leggi hanno
autorizzato il conferimento di incarichi di insegnamento anche ai "Ricercatori".
Questa è stata una vera e propria malattia inculcata nelle Università.
Ma poi la legge Moratti del 2005, anzichè bandire concorsi per professore,
per mandare avanti i meritevoli, ha deciso di curare la malattia abolendo il ruolo dal
2013.
Ma, frattanto, siccome lo Stato negava il normale finanziamento delle
Università, è divenuto costume continuare l'assunzione di Ricercatori, perchè costano
meno dei Professori.
In questo modo, i Ricercatori sono stati mantenuti in salamoia, per mancanza
di concorsi proporzionati, per professore.
Arriviamo alla attuale riforma Gelmini. Il DDL 1905 decide di
anticipare la abolizione del ruolo (senza aspettare il 2013), e mette i Ricercatori in un
binario morto.
Questo modo di fare è disumano e inammissibile. E' prassi che, quando si abolisce
un ruolo, si facciano delle "norme transitorie" per collocare gli "ex"
nel primo gradino del ruolo superiore.
Ad es., quando nel 1980, fu abolito il ruolo degli assistenti ordinari, la
legge (DPR 382/80, art. 49) dispose che:
" Nella prima applicazione del presente decreto possono essere inquadrati, a
domanda, previo giudizio di idoneita' nel ruolo dei professori associati:....
- gli assistenti universitari del ruolo ad esaurimento di cui all'art. 3 del D.L. 1^
ottobre 1973, n. 580, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 30 novembre 1973,
n. 766; ....".
Una volta che si decidesse così, il Ricercatore promesso potrebbe essere
inquadrato in ruolo superiore con la stessa retribuzione di provenienza.
Dunque, applicando il detto art. 49, al caso analogo dei Ricercatori, non si
farebbe che scoprire l'acqua calda.
Un modo alternativo, potrebbe essere di considerare equivalente, al giudizio
idoneativo, il requisito di aver fatto insegnamento per almeno 5 anni, conferito dalla
Facoltà. |
|
Approvato dal Parlamento il bilancio dello Stato per il 2010 |
Giulio Tremonti
|
Il FFO - Fondo di Finanziamento Ordinario per
il 2010
.... Fine delle
illusioni: - 4,4 %, rispetto al 2009
|
NOTA. Poichè, da
anni (anzi dai tempi di Berlinguer, ministro) è divenuta una moda negare fondi
all'università motivando con la mancanza di soldi, ho pensato opportuno, prima di fare la
tabella del FFO, far precedere la tabella della entrata e spesa complessiva dello Stato
per il 2010, attingendo al bilancio di previsione ultimamente approvato dal Parlamento a
fine anno 2009.
La tabella 1 mostra che la spesa totale dello Stato è
stata approvata in aumento dell'1% circa, rispetto al 2009.
La tabella 2 ( relativa alla università) mostra che, per
il 2010, il FFO per l'università è stato approvato in ribasso del 4,4%.
C'è dell'altro. Il DPEF - Documento di programmazione economica e
finanziaria 2010-2013, approvato dal Consiglio dei Ministri nel luglio 2009 (tabella
3, quarta colonna) dava (p. 43), dava la cifra totale di 7.408
milioni per il 2010 (anche per abolizione IRAP sulle università), vale dire una
cifra ragionevole, quasi uguale a quella del 2009.
Evidentemente il Ministro Tremonti si diverte a giocare con le cifre,
pensando forse che i professori universitari si dimentichino facilmente delle cose ... Non
è così. Nino Luciani |
***
Tabella 1 - Bilancio dello Stato: quadro complessivo ( milioni di ) |
Anno |
20081 (previsione) |
20092
(previsione) |
20103
(previsione) |
Spese correnti e in conto capitale |
491.709,0 |
536.797,9 |
542.056,3 |
Entrate correnti |
458.370,0 |
497.279,3 |
475.961,4 |
Disavanzo |
-
33.339,0 |
-39.518,6 |
-66.094,9 |
1 Legge finanziaria 244/2007; 2
Legge finanziaria 203/2008; 3 Legge finanziaria 192/2009 |
Tabella 2 - FFO- Fondo di Finanziamento
Ordinario delle Università (milioni di ) |
Anno |
2008 (consuntivo) |
2009
(previsione
assestata) |
2010 (previsione
della
legge finanziaria, n. 191/2009 |
FFO |
6.801,5 |
6.946,1 |
6.216,385 |
Fondo annuale straordinario art. 2, c. 428 L.F.
2008 |
550,0 |
550,0 |
550,00 |
Incremento dotazione finanziaria FFO, L.F.
2009 |
|
|
400,00 |
Totale |
7.351,5 |
7.496,1 |
7.166,4 |
|
Tabella 3 - DPEF- Documento di Programmazione
Economica e Finanziaria: FFO - Fondo di Finanziamento Ordinario (milioni di )
e "altre" entrate (p. 43 del DPEF, approvato nel luglio 2009 dal Consiglio dei
Ministri) |
Anno |
2008 (consuntivo) |
2009 (previsione in base
a legislazione vigente) |
2010 (previsione in base
a legislazione vigente, luglio 2009) |
FFO - Fondo di Finanziamento Ordinario |
7.351,5 |
6.946,1 |
6.256,4 |
DPEF Fabbisogno per reclutamento ricercatori |
|
|
160,00 |
DPEF Fabbisogno per Università statali |
|
|
490,00 |
DPEF Esenzione IRAP sul personale, dal 2010 |
|
|
494,00 |
Totale |
7.351,5 |
7.496.1 |
7.400,40 |
|
Il Rettore si è soffermato su indicazioni di costume e di
bello stile linguistico, ma precedute: |
- da un "prologo" (preso dalla Magna
Charta Universitatum, 1988), che afferma "l'indipendenza morale e scientifica
dell'Università nei confronti di ogni potere politico ed economico": |
-
e da
1. -
2. -
3. -
4. - |
puntualizzazioni
sulle priorità politico-programmatiche del suo governo:
Sviluppo edilizio;
Multicampus (Bologna, Forlì, Cesena, Rimini, Ravenna);
Riforma dell'Amministrazione e dello Statuto Generale dell'Ateneo;
Disegno di Legge Gelmini (su Reclutamento dei Professori, Governance degli Atenei,
Diritto allo studio). |
|
Invece, ha
sorvolato a piè pari sui compiti istituzionali, rispetto ai quali permane
preoccupazione tra i docenti, il personale tecnico amm.vo e gli studenti : "Non vi
parlerò ... delle funzioni specifiche e delle attività istituzionali
dellUniversità (ricerca, didattica, relazioni internazionali, rapporti col mondo
produttivo), né delle loro modalità organizzative". Sarebbero "temi ai quali i
Pro Rettori stanno intensamente lavorando". |
|
|
|
IL
COMUNICATO STAMPA
di UNIBOMagazine
(Organo di stampa del Rettorato)
"La parola, la memoria, il ritorno al reale".
Sono "gli stili e i percorsi vincolanti e fondamentali" individuati dal Rettore
Ivano Dionigi nel discorso (in versione integrale in allegato,
sulla destra) con cui ha inaugurato lanno accademico 2009-2010. Un
richiamo forte al ruolo e allimportanza dellUniversità che
"è lantidoto al videoanalfabetismo imperante, il contraltare
di certa modernità frettolosa e affannata, il luogo naturale che forma la classe
dirigente di un Paese".
Al centro del suo denso discorso il rapporto tra i docenti e gli studenti. Prima un
affettuoso saluto al Rettore uscente, Pier Ugo Calzolari, convalescente,
e a quello ancora precedente, Fabio Alberto Roversi Monaco, seduto
in prima fila. Poi, dopo aver detto in premessa che non avrebbe fatto una relazione
retrospettiva (solo 49 i giorni dallinizio del mandato), né un esame delle
cifre contenute nel Bilancio preventivo, un rapido cenno ad alcune questioni centrali
dellazione di governo: lo sviluppo edilizio, la struttura Multicampus, le
chiamate illustri, lAmministrazione e il Disegno di Legge Gelmini. Il
discorso del Rettore, durato una trentina di minuti, si è quindi concentrato su "studenti
e professori" "direzione e timbro del mio mandato". E dopo aver
elencato quelli che i greci antichi chiamerebbero adynata ovvero "gli
impossibili", è passato ad enunciare le azioni concrete, quelle che
"dipendono da noi e su cui il nostro Ateneo ha ancora margini di miglioramento".
Poi il rapporto con la città. Le torri e le toghe, un binomio
indissolubile su cui non ha mancato di concentrarsi anche lintervento del sindaco di
Bologna, Flavio Delbono. "Credo che sia
unoccasione unica - ha esordito il Sindaco riferendosi alla sua presenza sul palco
di uno degli eventi che da molti secoli segnano la vita culturale di Bologna. "LAlma
Mater - ha spiegato- è nel DNA della nostra città".
Così come del resto appartengono al mondo dellaccademia quelle caratteristiche
intrinseche dei bolognesi, ovvero "il gusto per il nuovo, lintrigo
intellettuale, la voglia di stare insieme e di fare gruppo". Per questo
nellannunciare, a breve, linaugurazione di un Infopoint
nel Cortile donore di Palazzo dAccursio e di uno spazio da
gestire insieme, città e università, in Sala Borsa, ha voluto dare un segno concreto a
quel matrimonio damore e di interesse che lega la
città alla sua università. " I prossimi anni ci devono vedere uniti
più che mai per vincere le nuove sfide. E Bologna anche grazie alla sua Università ha le
carte in regola per essere un esempio".
Quindi è stata la volta del rappresentate degli studenti Alberto
Aitini che nellauspicare linizio di una proficua collaborazione nella
difesa di una università "che chiediamo e crediamo pubblica", ha voluto
ricordare un legame che da subito Dionigi ha instaurato con gli
studenti. "Nel primo giorno del suo mandato il Rettore ha inviato a tutti
una e-mail con la sua idea di università: unidea che crediamo
giusta". Poi Aitini ha citato la recente relazione del Nucleo di
valutazione, con la quale gli studenti hanno promosso lAlma Mater e ha
stimolato a proseguire su quella strada e migliorare la partecipazioni degli studenti alla
vita dellAteneo.
Anche la rappresentate del personale Valentina Filippi, della FLC
Cgil, ha voluto rimarcare la volontà del personale tecnico e amministrativo, componente
molto variegata e composita, di prendere parte attivamente alla vita
dellAlma Mater. "Ci sentiamo parte di essa e ci aspettiamo di non
esserne esclusi- ha ripetuto nel suo intervento-. Se è vero che il nostro Ateneo
ha raggiunto ottimi risultati, è anche grazie alla nostra partecipazione".
Il professor Tommaso Ruggeri ha poi letto la sua lezione dal titolo LUniverso
matematico: dalla Meccanica celeste ai Sistemi complessi. |
Nino Luciani, Rettore
contesta che il DDL Gelmini non dev'essere "contro di noi".
Ma, poi, chiede cose che equivalgono allo aumento della centralizzazione,
il contrario dell'autonomia. |
Gianni
Porzi, L'Ateneo nel 2010, la verità sui
"tagli" del FFO, il principio di economicità.
"Negli ultimi tempi ho sentito spesso dichiarazioni di grande
preoccupazione per il destino dell'Istruzione
Continua in Discorso |
1. - Premessa. Non riprendo le note di costume e
di bello stile linguistico, e le parole in latino e greco (che il Rettore ha tradotto per
i presenti, numerosissimi - non meno di 800 persone), riprese dal comunicato stampa del
Rettorato (qui a fianco).
2.- DDL Gelmini. Riprendo, invece, le priorità programmatiche (ignorate dalla
stampa), anzi solo il punto 4, perchè è il solo, su cui il Rettore ha detto qualcosa,
almeno secondo me. (Chi volesse leggere il testo integrale, troverebbe anzi che egli ha
totalmente sorvolato sui temi istituzionali locali, motivi di disagio del personale e
degli studenti circa il proprio futuro. Si pensi ai recenti licenziamenti a raffica, che
la magistratura aveva poi bocciato). Ma torniamo a noi.
Secondo il nuovo Rettore, a riguardo del Disegno di legge Gelmini, "dovrà
emergere un duplice atteggiamento. Un primo atteggiamento doverosamente dialogico e anche
dialettico nei confronti del Governo, convinti da un lato che la riforma dell'Università
è necessaria e urgente, e dall'altro che essa va condotta in porto non senza di noi o
nonostante noi, ma con noi", "non contro di noi"
(corsivo non scritto, ma solo orale - N.d.R.).
Egli ha indicato le "questioni" con "Esempi":
- Reclutare direttamente, senza concorso, studiosi di valore;
- differenziare gli stipendi in base alla bravura;
- licenziare chi non lavora;
- competere alla pari, nelle classifiche internazionali, con chi ha finanziamenti cinque
volte in più e studenti cinque volte in meno;
- mantenere il livello di qualità attuale in presenza di un perdurante turn over docente
ridotto di fatto a meno del 50%;
- non sforare il limite del 90% della spesa per il personale, in presenza della
progressiva e vistosa decurtazione del finanziamento ministeriale (il che eleva
automaticamente la spesa alla soglia del 100%), vanificando così quella virtuosità che
avevamo conseguito, e impedendo così nuove assunzioni;
- assegnare metà dello FFO come premio per le Università
che funzionino bene (a fronte dell'attuale timido e annacquato 7%);
- mettere mano a una reale politica del diritto allo studio, che attui l'articolo 34 della
Costituzione ("i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto
di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto
con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere
attribuite per concorso").
3. I nostri dubbi sul metodo e sui contenuti.
a) Sul metodo. Per quanto ho capito, il nuovo Rettore penserebbe di avviare
direttamente una trattativa col Governo centrale, presumendo che l'Alma Mater sia forte a
sufficienza (col suo prestigio millenario ?) da convincere il Governo.
A nostro avviso, in termini politci, un Rettore imposta correttamente questa
azione, solo se concordata, prima, con gli altri Rettori della Regione e con la CRUI.
(Invece, col senno di poi, ci risulta avere egli convocato, il 22 gennaio, in Rettorato, i
parlamentari nazionali eletti nella regione)
Ma è noto che, sul DDL, la Conferenza dei Rettori (CRUI) ha già discusso
per un anno col Ministero, e che il Presidente Decleva ha già dato l'assenso al DDL
Gelmini.
Soprattutto una cosa dovrebbe essere chiara: che le nuove proposte sono convincenti
solo se vengono da fronti unitari.
Invece, se le varie proposte sono distanti, per i Ministri, tutto è più
difficile.
b) Sui contenuti. Ognuno ha diritto alle proprie idee. Ma il troppo
stroppia, e questo riguarda la proposta che il fondo per il merito passi
dal 7% al 50% del FFO ( a parte che, secondo noi, esso non è incentivante
il merito: clicca su Decreto).
Il motivo è che questo comporta aumentare ulteriormente la guida centralizzata
delle Università, da parte del MIUR, e questo è il contrario dell'autonomia. Anzi, un
Rettore che rivendica la "indipendenza morale e scientifica delle Università dalla
politica" (torno al Prologo), dovrebbe chiedere "entrate proprie".
Nino Luciani |
Una
esposizione di carattere storico divulgativo, in cui si è cimentato nel non semplice
compito di dimostrare come la Matematica, spesso vista come disciplina fine a sé stessa,
sia in realtà ricchissima di implicazioni nella nostra vita. Nella sua esposizione, ricca
di riferimenti e di citazioni, il professore, Ordinario di Meccanica Razionale e
Accademico dei Lincei, ha avuto modo di affrontare diverse questioni, prendendo
le mosse dalluniverso matematico della meccanica classica per arrivare a considerare
la ricerca di base e persino i rischi dellImpact Factor.
Dopo di lui lattore Toni Servillo: suo anche il
prologo, prima dellintervento del Rettore, con un testo dalla Magna Charta
Universitatum, sullautonomia delluniversità. Quindi altre tre
letture: da Nietzsche, da Brecht e dal Libro della Sapienza.
E ancora lomaggio alla società e al mondo dellimprenditoria, con
la consegna del sigillo dateneo ad Isabella Seragnoli.
"Figura esemplare per Bologna e per il Paese", ha detto il Rettore, motivando
lattribuzione del massimo riconoscimento accademico per le personalità che hanno
conseguito particolari benemerenze nel campo dellimpegno culturale e sociale.
Prima del congedo dei cortei ancora le parole di Toni Servillo
che hanno chiuso la cerimonia dando voce e anima ad un brano di Piero Calamandrei.
Bologna 19 dic. 2009
Monica Lacoppola |
|
Giuseppe Colpani
nuovo Direttore Amm.vo
|
Primi atti del nuovo Rettore
Nomina dell'Esecutivo e presentazione per la fiducia
al Consiglio di Amministrazione e al Senato,
ma senza un programma circostanziato e priorità.
|
Ivano Dionigi
nuovo Rettore
|
Esecutivo
suddiviso in due squadre:
una SQUADRA ALTA e una SQUADRA BASSA
(anche Dario Braga, già concorrente-rettore, terzo
per voti) |
La
SQUADRA ALTA :
("Delegati ProRettori" )
("Delegati Non ProRettori") |
- Emilio Ferrari,
Pro Rettore Vicario;
- Guido Sarchielli, Pro Rettore per le Sedi decentrate;
- Dario Braga, Pro Rettore alla ricerca;
- Gianluca Fiorentini, Pro Rettore alla didattica;
- Carla Salvaterra, Delegata allInternazionalizzazione;
- Roberto Nicoletti, Delegato al Diritto allo studio.
*** |
La SQUADRA BASSA :
(Giunta ex-art. 35, Membri:
tre del CdA e tre del Senato) |
- Anna Minarini (Cda);
- Sandro Sandri (CdA);
- Ornella Montanari (CdA);
- Maurizio Sobrero (Senato);
- Gianluca Fiorentini (Senato);
- Carla Faralli (Senato).
*** |
|
Anche
nominato Direttore Amm.vo Giuseppe Colpani, 48 anni, frutto della legittima ricerca
"quasi a tempo pieno" del nuovo Rettore, dal 26 luglio u.s., in netta
discontinuità rispetto alla Commissione
di selezione "Calzolari". Curriculum di G.C.
In evidenza titoli significativi e mobilità frequente.
Data enfasi dal nuovo Rettore, sulla stampa, ai difficili problemi finanziari
affidati al nuovo Direttore. |
|
* |
Nino Luciani, "Rettore, salvaguarda lo Statuto, e lo Statuto salvaguarderà te.
Però puoi cambiarlo,... ma non così". Dubbi sulla legittimità dell'apparato.
Anche perplessità sulle "aspettative" miracolistiche, sulla stampa, del
Rettore dal nuovo Direttore.1.- La premessa giuridica:
a) L'art. 35 dello Statuto Generale di Ateneo istituisce la
Giunta, composta dal Rettore, dal Pro-rettore vicario, dal Pro-rettore incaricato per le
sedi decentrate e dal Direttore Amministrativo e da un numero di membri compreso fra sei e
otto designati, su proposta del Rettore, dal Senato Accademico e dal Consiglio di Amm.ne
fra i propri componenti.
Alle riunioni della Giunta di Ateneo partecipa, senza diritto di voto, uno studente
designato in qualità di osservatore dal Consiglio studentesco.
La Giunta può esercitare, per delega, attribuzioni del Rettore, del Senato Accademico e
del Consiglio di Amministrazione.
Spettano, infine, alla Giunta poteri di proposta in merito ad un preciso elenco di
materie, indicate dallo Statuto.
b) La Disposizione X, (ottenuta dal Rettore Calzolari nel
2001), istituisce con "norma transitoria" i Pro Rettori:
"Sino alla ridefinizione dell'assetto organizzativo dell'Ateneo, il Rettore ha
facoltà di designare dei delegati prorettori, in numero non superiore
alla metà dei componenti della Giunta, per funzioni definite, per cui possono partecipare
senza diritto di voto alla Giunta e possono essere invitati
alle riunioni del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione qualora non ne
siano componenti".
2.- Commento.
2.1. Sull'esecutivo. Lasciamo stare (anzi niente affatto) che un
Capo dell'esecutivo che presenta la propria squadra agli Organi, per la fiducia, lo deve
fare su un programma circostanziato (non col rinvio a quello generico, elettorale) e sulle
priorità che impegnano Lui e la squadra.
Si direbbe che (come nell'ordine logico di Calzolari), anche in
quello di Dionigi la Giunta in senso stretto sia posizionata (in ordine decrescente) dopo
la "squadra dei Pro rettori", quelli con l'ermellino. Per una conferma, clicca
su http://www.unibo.it/Portale/Ateneo/Organi/default.htm
.
Ma lo Statuto dice diversamente. Soprattutto, a riguardo della
Giunta in senso stretto, le funzioni attribuite dallo Statuto ai "membri con
diritto di voto" non possono essere esercitate da membri "senza
diritto di voto" .
La norma transitoria non istituisce, poi, i "delegati non prorettori".
E poichè lo Statuto circoscrive la delegabilità di funzioni del Rettore alla Giunta (e
dunque, forse, anche a singoli Membri della Giunta ex-art. 35), deve escludersi che il
Rettore possa attribuire deleghe ad esterni alla Giunta in senso stretto o a delegati non
prorettori.
Sembra, inoltre, sicuro che i "delegati non prorettori" non possano
far parte della Giunta e neppure essere invitati (in quanto tali) alle riunioni del CdA e
del Senato.
Si nota anche che la squadra dei "delegati prorettori" sia sul filo della
legittimità costituzionale-statutaria, perchè ormai è in contrasto con la previsione di
"transitorietà" della relativa norma di 9 anni fa, in attesa del promesso
(allora) nuovo Statuto.
Questa "transitorietà" è, presumo, fondata sulla anomalia consapevole
dell'introdurre una seconda "Giunta di fatto" (quella dei "delegati
prorettori") che si sovrappone alla Giunta in senso stretto, creando conflitti di
competenze, e dunque anarchia.
2.2.- Sui compiti del Rettore e sulle aspettative dal nuovo Direttore.
Non ho apprezzato il collegamento fatto dal nuovo Rettore, sulla stampa locale, tra i
tagli finanziari al FFO (fatti da Roma) e i compiti miracolistici del nuovo Direttore.
A parte che egli avrà bisogno di almeno un sei mesi-un anno per prendere piena
cognizione della nave amministrativa, non dobbiamo perdere di vista che il Direttore
Amm.vo è un esecutore degli obiettivi affidatigli dal Rettore e dagli Organi.
Quid in termini di riforma dell'ordinamento didattico (meno insegnamenti, meno
corsi di laurea ...), il sanguisuga delle risorse, e dunque la prima
causa delle carenze finanziarie della ricerca, e dell'eccesso di lavoro
amministrativo ?
Dare la risposta a questa domanda, in coindicenza con la presentazione del suo
Esecutico, agli Organi, sarebbe dovuta essere la prima preoccupazione. E, invece, NO.
Spero che questa svista, per cui ciò che è realmente importante si presume, non sia
specchio della situazione reale (vale dire, di un "vuoto" propositivo, nella
mente del Rettore).
Cosa ne sa il nuovo Direttore degli insegnamenti dei corsi di laurea, e
soprattutto della loro distinzione tra insegnamenti importanti e meno importanti,
rispettivamente da confermare o da tagliare ? NLuciani |
"Auspicio che il CdA si riappropri del ruolo
decisionale che gli compete e non sia più ritenuto un Organo per la
ratifica delle decisioni assunte altrove."
|
Prof. Gianni Porzi
|
Stralcio dall'indirizzo di SALUTO del Rappresentante
del Governo, al nuovo Rettore nella prima seduta del CdA.
(Stralcio). |
Magnifico Rettore,
innanzi tutto voglio rinnovarTi i complimenti e in particolare gli auguri che già Ti feci
il giorno successivo al Tuo successo elettorale.
.......................
Il lavoro che Ti attende per ridare al nostro Ateneo quel prestigio che merita sarà molto
impegnativo e pieno di ostacoli. Gli obiettivi ambiziosi non si raggiungono con
proclami, né con sermoni, ma mediante azioni concrete, mirate ed
incisive. Sono infatti convinto che sia necessario rimuovere alcune situazioni di
criticità che hanno inciso negativamente negli anni recenti.
Ritengo sia necessario un cambiamento tangibile quanto rapido rispetto alla
gestione degli ultimi anni durante i quali, per vari motivi, si è verificata, di fatto,
una progressiva occupazione da parte dei vertici amministrativi di importanti spazi
decisionali con conseguente condizionamento del ruolo degli OO.AA. la cui autonomia
decisionale è stata quindi lentamente erosa. Voglio sperare, per il bene dell'Alma
Mater, che - grazie anche al contestuale rinnovo delle due maggiori cariche dell'Ateneo -
una tale situazione venga a cessare.
Negli ultimi anni la Comunità accademica tutta si è sentita
sempre più emarginata da una struttura amministrativa troppo accentratrice, verticistica
e burocratica, spesso determinante anche negli indirizzi di governo dell'Ateneo,
quando invece il ruolo dell'Amministrazione é quello di braccio operativo che agisce in
piena sinergia con gli OO.AA., con il Rettore e disponibile ad instaurare un rapporto di
piena collaborazione con il corpo docente al fine di snellire tutti i processi per rendere
più efficiente il sistema.
In questi anni la struttura organizzativa è stata eccessivamente
frammentata con conseguente proliferazione di posizioni dirigenziali a livello centrale
non sempre essenziali e venendo meno a quanto disposto dalla Legge 165 ed anche al
principio di economicità al quale un'Amministrazione pubblica dovrebbe sempre attenersi.
Docenti e Studenti sono le componenti fondanti dell'Università e
ritengo quindi debbano riacquistare quel ruolo centrale - e quindi responsabile - che
istituzionalmente compete loro, nonché l'orgoglio di appartenenza all'Alma Mater. E'
opinione diffusa che sia necessario al più presto un significativo contenimento di
alcune voci di spesa - quindi un'adeguata riqualificazione - al fine di eliminare
qualsiasi forma di spreco.
In tale contesto penso si imponga anche un'attenta riorganizzazione
dell'offerta didattica la cui proliferazione a volte indiscriminata, dovuta forse più
a "interessi di bottega" che a motivi culturali o a reali esigenze degli
studenti o del mondo del lavoro, ha inciso non poco sulla spesa. La revisione dell'offerta
formativa ritengo debba passare non solo attraverso una riduzione dei Corsi di Laurea, ma
anche dando maggior peso ad una seria valutazione della didattica nei contenuti e negli
obiettivi formativi non solo però dal punto di vista quantitativo, ma in particolare sul
fronte della qualità.
Si sente il bisogno di una maggiore trasparenza e anche partecipazione
nella governence dell'Ateneo tale da garantire quella pluralità di voci venuta invece
a mancare in varie occasioni.
Il Rettore è il garante della legalità, dell'attuazione delle
decisioni assunte dagli OO.AA., dell'equità, della coerenza degli atti, ma anche della
trasparenza per la quale mi sono battuto fino a dimettermi lo scorso anno dalla
Commissione Personale. Trasparenza vuol dire garanzia di correttezza sia formale
che sostanziale, vuol dire anche rendere accessibili a tutto il Personale universitario
(nel rispetto anche degli articoli 5 e 8 dello Statuto) le decisioni assunte dagli
OO.AA., essendo queste atti pubblici. Ritengo che l'Ateneo debba essere un "libro
aperto" per tutti i suoi dipendenti; la trasparenza è fondamentale per dare fiducia
a tutti coloro che operano nell'Alma Mater ed evita anche il sorgere di sospetti che non
giovano all'Istituzione.
Concludo auspicando :
- che il CdA si riappropri del ruolo decisionale che gli compete e non sia più
ritenuto un Organo per la ratifica delle decisioni assunte altrove. Va sottolineato
tuttavia che l'autonomia del CdA non dipende solo dai Vertici dell'Ateneo, ma anche
dall'atteggiamento responsabile dei Consiglieri nella consapevolezza che sono chiamati a |
svolgere
un compito di grande responsabilità morale e giuridica;
- che si abbia massima attenzione sia allo Statuto che ai Regolamenti tutti;
- che si instauri una nuova stagione basata sulla reale trasparenza degli atti
amministrativi;
- che il cambio di rotta, da più parti auspicato, insieme all'impegno di tutta la nostra
comunità possa portare l'Ateneo ad occupare a livello internazionale posizioni più
consone al suo prestigioso passato;
- che l'Ateneo possa presto recuperare a livello locale quella credibilità che è stata
scalfita dai noti scandali dei concorsi, e non solo;
- che sia finita la stagione dell'autoreferenzialità e dell'autocelebrazione.
Gianni Porzi |
Giuseppe Calpoli - CURRICULUM
VITAE, Sintesi*
- Nato a Mantova 25 marzo 1961, coniugato con 6 figli
Studi
- 1985 Laurea in Scienze Agrarie presso l'Università Cattolica di Piacenza;
- 1987 Master in economia del Sistema Agro-Alimentare (Università Cattolica
del Sacro Cuore)
Esperienze professionali e scientifiche
- 1987 Progetto di business svolto con Unilever - divisione
"Agribusiness Coordination" di Londra: "The italian fish market with
special regard to salmon".
- 1987 - 1994 Ufficio Studi Ferruzzi-Montedison, supporto alle strategie di
crescita del gruppo.
- 1993 - 1994 Titolare di esercitazioni del corso di Teoria e politica dello
sviluppo economico presso la facoltà di Scienze Politiche della Cattolica di Milano.
- 1994 - 2000 Direttore amministrativo Sede di Piacenza dell'Università
Cattolica.
- 1998 Avviamento del Centro Università Cattolica Piacenza di servizi
all'impresa e stage.
- 1998-2002 Università Cattolica Milano; membro della commissione di Ateneo
per la riorganizzazione dei Sistemi
Informativi.
- 1999 Coordinatore avviamento del Centro di Eccellenza per la Pubblica
Amministrazione Università cattolica Piacenza. 1998-2002 Avviamento, in qualità di
Presidente, di ECEPA, ente CCIAA di Piacenza per la certificazione dei prodotti
alimentari.
- 2000 - 2001 Direttore Amministrativo Università di Camerino. Tra le
principali attività la certificazione di qualità dell'Ateneo e il passaggio dalla
contabilità finanziaria a quella economico patrimoniale.
- 2001 - 2004 Direttore Generale Consorzio Agrario di Piacenza.
- 2002-2004 Consigliere di amministrazione Casa di Riposo Gasparini
(Piacenza).
- 2003-2004 Consigliere di Amministrazione della società cerealicola
Michelotti SrL.
- 2003-2005 Consigliere di amministrazione società ciclistica
professionisti di Piacenza, Team LPR.
- 2004 - 2005 Membro della Commissione di Studio per gli indirizzi di
programmazione del bilancio dell'Università
Cà Foscari di Venezia.
- 2004 Coordinatore Centro di Piacenza del Politecnico di Milano.
- da gennaio 2005 Direttore generale Consorzio per la ricerca scientifica e
tecnologica dell'Area di Trieste.
- da novembre 2005 Segretario società Sincrotrone Trieste.
- da dicembre 2006 Consigliere di amministrazione di Ezit.
- maggio-settembre 2007 Direttore Generale società CBM Scrl.
- da febbraio 2008 Consigliere di amministrazione di FestTrieste.
Pubblicazioni:
- "Più ricchi con l'ambiente, nuovi indicatori di sviluppo
economico", Vita e Pensiero, 1994.
- Numerosi articoli e interventi a seminari e conferenze di carattere
tecnicoeconomico.
Tempo libero Arrampicata sportiva/alpinismo, ciclismo, pesca,
musica, attività educative.
Trieste, gennaio 2008
* FONTE: www.area.trieste.it/.../CurriculumVitae_DirettoreGenerale_IT.pdf |
Riceviamo nuovo DDL dagli amici
dell'ANDU e giriamo |
Ministra Gelmini ha presentato ven. 23
ott. 2009, al Consiglio dei Ministri,
nuovo DDL su Governance Università e Reclutamento dei Professori Universitari |
|
Silvio Berlusconi
|
Pur se il
Consiglio e' stato rinviato per l'assenza del suo Presidente,
risulta che il testo sia stato comunque esaminato dal "pre-consiglio".
IL TESTO ORIGINALE PRESENTATO AL CONSIGLIO
|
Nota. Pur dopo richiesta con Lettera, da
tempo, il Ministro non ha voluto confrontarsi con le Rappresentanze Universitarie su una
bozza ufficiale
del provvedimento, prima della presentazione al Consiglio dei
Ministri. |
Appello al Presidente ed ai
Ministri perchè il Consiglio non decida
venerdì prossimo senza, prima, sentire le Rappresentanze Universitarie |
|
Il nuovo progetto di Disegno di Legge è
inaccettabile perchè:
1) in contrasto col "Contratto con gli Italiani", demolisce
la residua autonomia universitaria, così da
giustificare eccezioni di incostituzionalità. I motivi
sono:
a) il Rettore diviene braccio destro del Direttore
Generale, come pre-autonomia, 1989;
b) è rinforzato l'attuale sistema finanziario
centralizzato (ereditato dai Governi precedenti), tutto
monitorato dal Miur con parametri, come
nei Paesi a pianificazione centralizzata;
2) aumenta il localismo dei concorsi, anche rispetto alla legge 210/98;
3) anticipa l'abolizione del ruolo dei Ricercatori a tempo indeterminato, senza una
norma
transitoria che ne salvi i "meriti acquisiti" in lunghi anni
di fedele e onorato servizio;
4) istituzionalizza il precariato, come avviamento alla carriera all'Università;
5) dichiara a costo zero la riforma. |
|
TESTO ORIGINALE (prima stesura)
Ministero dellIstruzione, dellUniversità e della Ricerca
Disegno di legge in materia di organizzazione e qualità del sistema universitario,
di personale accademico e di diritto allo studio
Titolo I
Organizzazione del sistema universitario
Articolo 1, Principi ispiratori della riforma - Articolo 2, Organi
e articolazione interna delle università - Articolo 3, Federazione e fusione di
atenei e razionalizzazione dellofferta formativa.
Titolo II
Norme e delega legislativa in materia di qualità ed efficienza del sistema
universitario
Articolo 4, Fondo per il merito - Articolo 5, Delega legislativa in
materia di interventi per la qualità e lefficienza del sistema universitario - Articolo
6, Riconoscimento dei crediti universitari.
Titolo III
Norme in materia di personale accademico e riordino della disciplina concernente il
reclutamento
Articolo 7, Revisione dei settori scientifico-disciplinari - Articolo 8,
Istituzione dell'abilitazione scientifica nazionale - Articolo 9, Reclutamento e
progressione di carriera del personale accademico - Articolo 10, Assegni di ricerca
- Articolo 11, Contratti per attività di insegnamento - Articolo 12, Ricercatori
a tempo determinato - Articolo 13, Collocamento a riposo dei professori e dei
ricercatori - Articolo 14, Disciplina dei lettori di scambio -
Articolo 15, Norme transitorie e finaliTitolo
I
Organizzazione del sistema universitario
Articolo 1
Principi ispiratori della riforma
1. Le università sono sede di libera formazione e strumento per la circolazione
dei saperi; operano, combinando in modo organico ricerca e didattica, per il progresso
culturale, civile ed economico della Repubblica.
2. In attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 33 e al Titolo V della seconda
Parte della Costituzione, ciascuna università opera ispirandosi a princípi di
autonomia e di responsabilità, anche sperimentando modelli organizzativi e
funzionali sulla base di specifici accordi di programma con il Ministero
dellistruzione, delluniversità e della ricerca, di seguito denominato
"Ministero".
3. Al fine di rimuovere gli ostacoli allistruzione universitaria per gli studenti
meritevoli e privi di mezzi, il Ministero attua e monitora specifici programmi per
la concreta realizzazione del diritto allo studio.
4. Il Ministero, nel rispetto della libertà di insegnamento e dellautonomia delle
università, fissa obiettivi e indirizzi strategici per il
sistema e le sue componenti e ne verifica e valuta i risultati secondo criteri di
qualità, trasparenza e promozione del merito, anche sulla base delle migliori esperienze
diffuse a livello internazionale, garantendo una distribuzione delle risorse
pubbliche coerente rispetto agli obiettivi e indirizzi nonché ai risultati
conseguiti.
Articolo 2
Organi e articolazione interna delle università
1. Sono organi delle università:
a) il rettore;
b) il consiglio di amministrazione;
c) il senato accademico;
d) il direttore generale;
e) il collegio dei revisori dei conti;
f) il nucleo di valutazione.
2. Le università statali, nel quadro del complessivo processo
di riordino della pubblica amministrazione, provvedono, entro sei mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, a modificare i propri statuti in materia di
organi, nel rispetto dellarticolo 33 della Costituzione, ai sensi dellarticolo
6 della legge 3 maggio 1989, n. 168, secondo principi di semplificazione, efficienza ed
efficacia, con losservanza dei seguenti vincoli e criteri direttivi:
a) attribuzione al rettore della rappresentanza legale delluniversità e
delle funzioni di indirizzo, di iniziativa e del coordinamento delle attività
scientifiche e didattiche; della responsabilità del perseguimento delle
finalità delluniversità secondo criteri di qualità e nel rispetto dei principi di
efficacia, efficienza, trasparenza e meritocrazia; della funzione di proposta del
documento di programmazione strategica triennale di ateneo di cui allarticolo 1-ter
del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31
marzo 2005, n. 43, e successive modificazioni, del bilancio di previsione annuale nonché
del conto consuntivo; di ogni altra funzione non espressamente attribuita ad altri organi
dallo statuto;
b) determinazione delle modalità di elezione del rettore con voto ponderato tra i
professori ordinari in servizio presso università italiane in possesso di comprovata
competenza ed esperienza di gestione, anche a livello internazionale, nel settore
universitario, della ricerca o delle istituzioni culturali; nomina del rettore eletto con
decreto del Presidente della Repubblica;
c) durata della carica di rettore per non più di due mandati e per un massimo di
otto anni, ovvero sei anni nel caso di mandato unico non rinnovabile;
d) attribuzione al senato accademico della competenza a formulare proposte e pareri in
materia di didattica e di ricerca; ad approvare i relativi regolamenti previo parere
favorevole del consiglio di amministrazione e a svolgere funzioni di coordinamento e di
raccordo con i dipartimenti e con le strutture di cui al comma 3, lettera c);
e) costituzione del senato accademico su base elettiva, composto per
almeno due terzi da docenti di ruolo delluniversità e, comunque, da un numero di
membri proporzionato alle dimensioni dellateneo e non superiore a trentacinque
unità, compresi il rettore e una rappresentanza elettiva degli studenti;
f) attribuzione al consiglio di amministrazione delle funzioni di indirizzo strategico, di
approvazione della |
Nino
Luciani, Il nuovo DDL, pur con alcune buone novità, è in
netto contrasto con la dichiarata politica del Governo nel "Contratto con gli
Italiani" per l'autonomia, è un'opera "incompiuta" per il
"merito"
dei professori, e iniquo per i Ricercatori.IN RIASSUNTO:
- per la Governance, ci sono buone novità, ma dentro un sistema
organizzativo che abbatte la figura del Rettore rispetto al Direttore Generale, e dentro
un sistema finanziario più rigido, proprio dei paesi a pianificazione
centralizzata, in misura così eccessiva da giustificare eccezioni di incostituzionalità.
- Per lo Stato giuridico:
a) c'è un localismo che batte la legge 210/98;
b) il ruolo dei Ricercatori è (di fatto) abolito in anticipo, ma senza una norma
transitoria di ricollocazione, che ne riconosca i meriti acquisiti;
c) c'è un precariato istituzionalizzato in modo permanente;
- Invece, per gli studenti, c'è una positiva e interessante
finestra per il diritto allo studio, che carica sullo Stato (e quindi non più sulle
Università) borse, buoni studio, prestiti d'onore, da cui sarebbe possibile trarre
conseguenze per un nuovo impiano finanziario generale delle Università.
1.- GOVERNANCE. Per la Governance, di nuovo c'è che è
indebolito il controllo democratico sull'Esecutivo degli Atenei, in quanto il Senato
diviene tutto elettivo, il Consiglio di Amministrazione è ridotto di numero e qualificato
professionalmente ed è composto da esterni per il 40% (troppo), e il Presidente potrà
essere persona diversa dal Rettore. Questo è positivo.
Tuttavia:
a) il sistema finanziario è totalmente centralizzato sul MIUR, che
monitora la spesa con parametri di
"efficienza", sul modello dei Paesi a pianificazione centralizzata, ma che non
ha mai dato risultati. (Nel nostro caso, basti ricordare che un parametro di efficienza è
il numero di crediti scolastici degli studenti. Ma, altro è ritenere che l'avere tanti
studenti con i crediti in regola sia un titolo di merito dell'Ateneo, altro è l'effetto
sulla efficienza, visto che gli Atenei (d'ora in poi) sono incentivati a promuovere tutti,
per avere più soldi dal Governo).
Poichè localmente c'è solo una responsabilità di spesa non ancorata
ad una responsabilità di entrata, il rafforzamento del controllo democratico è solo un
fatto nominale. Infatti, finanziariamente, non c'è da guadagnare nulla di significativo
da eventuali economie se non nel senso di danneggiare qualcuno e favorire qualcun altro, e
quindi c'è un controllo di nulla. Su questo, torno più avanti.
b) Viene creato un cane Cerbero dentro gli Atenei, il
Direttore Generale (al posto del direttore amministrativo, oggi organo ausiliario del
Rettore), con attribuzione di responsabilità personale organizzativa e amministrativa, opponibile
al Rettore. In altri termini, si torna di fatto alla situazione anteriore alla
legge Ruberti dell'autonomia (1989), quando le università erano organi decentrati dello
Stato e il direttore amministrativo era il luogo-tenente locale dello Stato.
2. DIRITTO ALLO STUDIO E SISTEMA FINANZIARIO. Per il diritto allo
studio c'è una novità copernicana, se è una cosa vera. L'erogazione delle borse di
studio, dei buoni studio e dei prestiti d'onere verrebbe caricata sullo Stato (e
quindi non più sulle Università) in modo significativo.
Se questo caricamento diretto sullo Stato (per i meritevoli) venisse esteso
a favore degli studenti bisognosi, così da sgravare totalmente le università da funzioni
"sociali", si aprirebbe la possibilità della configurazione delle università
come "aziende pubbliche" e quindi della riforma del sistema finanziario delle
Università, applicando il criterio del beneficio.
Oggi, invece, oggi la funzione sociale della
università è svolta attraverso il FFO, sia nel senso che esso copre la gran parte delle
spese universitarie, sia nel senso che i contributi studenteschi sono agganciati al FFO
(ossia non possono superarne il 20%), sia nel senso che questi sono differenziati tra gli
studenti, in base al bisogno e al merito.
Applicare il criterio del beneficio significa che i costi:
- in parte, sono a carico dello Stato in rapporto al servizio reso agli studenti
(lo Stato potrebbe pagare tutto o una quota del costo standard per studente, sul modello
del federalismo fiscale);
- e, residualmente, sono a carico degli studenti con contributi fissati liberamente
dalle Università (sia pure con un tetto. Es., non più del 30% della spesa corrente).
Beninteso, questo vale solo se lo Stato assume su di se direttamente il gravame del
garantire il diritto allo studio.
3.- STATO GIURIDICO. Per lo stato giuridico, rimane nel nuovo DDL quella gran luce
che è l'abilitazione nazionale a lista aperta, con commissioni sorteggiate.
Ma poi, spunta, il localismo dei concorsi, che eccede in sconfinamento,
perfino rispetto alla vituperata legge 210/98. E questo, non
perchè siano ammessi, al concorso, solo candidati locali, ma perchè la commissione è
tutta locale e discrezionale, e dunque non può produrre che vincitori locali, anche
se il DDL balbetta che non vuole che questi siano più di un terzo dei vincitori.
Inoltre, in accesso alla carriera universitaria, il precariato
viene istituzionalizzato sotto forma di contratti a termine e assegni di ricerca.
Infine, non ci saranno più concorsi per ricercatore a tempo
indeterminato.
E' prassi che, quando si abolisce un ruolo, si facciano delle norme
transitorie che inquadrano gli "ex" nel primo gradino del ruolo superiore, e
comunque si fa una distinzione tra chi ha lavorato con profitto e gli altri.
Invece, non viene riconosciuto alcun merito ai Ricercatori
"strutturati" e men che meno ai "non strutturati", pur se hanno
servito l'Università da anni. Questo è radicalmente ingiusto e dannoso
per tutti.
Mentre è data rappresentanza agli studenti nel Cons. di Amministrazione, lo
stesso non si fa per il personale tecnico e amministrativo, e per i docenti in quanto
docenti.
Last but not least. La riforma è dichiarata a costo zero
(art.15, c. 6), e questo toglie credibilità a riforma.NLuciani |
programmazione finanziaria
annuale e triennale e del personale nonché di vigilanza sulla sostenibilità finanziaria
delle attività; della competenza a deliberare lattivazione o la soppressione di
corsi e sedi; della competenza ad adottare il regolamento di amministrazione e
contabilità, il bilancio di previsione e il conto consuntivo, da trasmettere al Ministero
e al Ministero delleconomia e delle finanze nonché, su proposta del rettore previo
parere del senato accademico per gli aspetti di sua competenza, il documento di
programmazione strategica di cui alla lettera a);
g) composizione del consiglio di amministrazione nel numero massimo di
undici componenti, inclusi il rettore componente di diritto ed una rappresentanza elettiva
degli studenti; designazione o scelta degli altri componenti secondo
modalità previste dallo statuto, anche mediante avvisi pubblici, tra personalità
italiane o straniere in possesso di comprovata competenza in campo gestionale e di
unesperienza professionale di alto livello; non appartenenza di almeno il
quaranta per cento dei consiglieri ai ruoli dellateneo a decorrere dai tre anni
precedenti alla designazione e per tutta la durata dellincarico; elezione
del presidente del consiglio di amministrazione tra i componenti dello stesso;
nomina del presidente designato con decreto del Presidente della Repubblica;
h) durata in carica del consiglio di amministrazione per un massimo di quattro anni;
durata quadriennale del mandato fatta eccezione per quello dei rappresentanti degli
studenti, di durata biennale; rinnovabilità del mandato per una sola volta;
i) sostituzione della figura del direttore amministrativo con la figura del
direttore generale, da scegliere tra personalità di elevata qualificazione
professionale ed esperienza in campo organizzativo e gestionale; conferimento da parte del
consiglio di amministrazione, su proposta del rettore, dellincarico di direttore
generale, regolato con contratto di diritto privato a tempo determinato di durata non
superiore a quattro anni rinnovabile; determinazione del trattamento economico spettante
al direttore generale in conformità a criteri e parametri fissati con decreto del
Ministro dellistruzione, delluniversità e della ricerca, di seguito
denominato "Ministro", di concerto con il Ministro delleconomia e delle
finanze; previsione del collocamento in aspettativa senza assegni per tutta la durata del
contratto in caso di conferimento dellincarico a dipendente pubblico;
j) attribuzione al direttore generale della complessiva gestione e organizzazione
dei servizi, delle risorse strumentali e del personale tecnico-amministrativo
dellateneo; partecipazione del direttore generale, senza diritto di voto,
alle sedute del consiglio di amministrazione;
k) composizione del collegio dei revisori dei conti in numero di tre effettivi e due
supplenti, di cui un membro effettivo, con funzioni di presidente, e uno supplente
designati da parte del Ministero delleconomia e delle finanze; uno effettivo ed uno
supplente designati dalle università tra dirigenti e funzionari del Ministero; nomina dei
componenti con decreto rettorale; rinnovabilità dellincarico per una sola volta e
divieto di conferimento dello stesso a personale dipendente della medesima università;
l) composizione del nucleo di valutazione con un numero di componenti in prevalenza
esterni allateneo e comunque integrato, per gli aspetti istruttori relativi alla
valutazione della didattica, da una rappresentanza degli studenti;
m) attribuzione al nucleo di valutazione della funzione di verifica della qualità e
dell'efficacia dellofferta didattica, tenuto conto di quanto previsto
dallarticolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15, anche sulla base degli indicatori
individuati dalle commissioni paritetiche docenti-studenti, di cui al comma 3, lettera g);
n) divieto per i componenti del senato accademico e del consiglio di
amministrazione di ricoprire altre cariche accademiche, fatta eccezione per il
rettore limitatamente al senato accademico; di essere componente di altri organi
delluniversità salvo che del consiglio di dipartimento; di rivestire alcun incarico
di natura politica per la durata del mandato e di ricoprire la carica di rettore o far
parte del consiglio di amministrazione o del senato accademico di altre università
statali, non statali o telematiche; decadenza per i consiglieri che non partecipano con
continuità alle sedute del senato e del consiglio damministrazione.
3. Per le medesime finalità ed entro lo stesso termine di cui al comma
2, le università modificano altresì i propri statuti in tema di articolazione interna,
con losservanza dei seguenti vincoli e criteri direttivi:
a) semplificazione dellarticolazione interna, con contestuale attribuzione al
dipartimento delle funzioni finalizzate allo svolgimento della ricerca scientifica, delle
attività didattiche e formative a tutti i livelli nonché delle attività rivolte
allesterno ad esse correlate o accessorie;
b) riorganizzazione dei dipartimenti assicurando che a ciascuno di essi
afferisca un numero di professori, ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato
non inferiore a trentacinque, ovvero quarantacinque nelle università con un numero di
professori, ricercatori di ruolo e a tempo determinato superiore a mille unità, afferenti
a settori scientifico-disciplinari omogenei;
c) previsione della facoltà di istituire tra più
dipartimenti, raggruppati in relazione a criteri di affinità disciplinare, strutture
di raccordo, denominate facoltà o scuole, con funzioni di coordinamento
e razionalizzazione delle attività didattiche e di gestione dei servizi comuni; di
coordinamento, in coerenza con la programmazione strategica di cui al comma 2,
lettera a), delle proposte in materia di personale docente avanzate dai
dipartimenti; di coordinamento del funzionamento dei corsi di studio e delle
proposte per lattivazione o la soppressione di nuovi corsi di studio;
d) previsione che il numero complessivo delle strutture di cui alla lettera c) deve essere
proporzionato alle dimensioni e alla tipologia scientifico disciplinare dellateneo,
fermo restando che il numero delle stesse non può essere superiore a sei, nove e dodici
nel caso di università con un numero di professori e ricercatori di ruolo e ricercatori a
tempo determinato, rispettivamente, inferiore a millecinquecento unità, superiore a
millecinquecento e inferiore a tremila e superiore a tremila; e) previsione della
possibilità, per le università con un organico di professori, di ricercatori di ruolo e
ricercatori a tempo determinato inferiore a cinquecento unità, di darsi
unarticolazione organizzativa interna semplificata cui vengono attribuite
unitariamente le funzioni di cui alle lettere a), b) e c);
f) istituzione di un organo deliberante delle strutture di cui alla
lettera c), ove esistenti, composto dai direttori dei dipartimenti in esse
raggruppati, da almeno un coordinatore di corso di studio di cui
allarticolo 3 del decreto del Ministro dellistruzione, delluniversità e
della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270, o di area didattica attiva nella struttura, dal
presidente della scuola di dottorato, ove esistente, e da una rappresentanza degli
studenti; attribuzione delle funzioni di presidente dellorgano ad un professore
ordinario afferente alla struttura eletto dallorgano stesso ovvero nominato secondo
modalità determinate dallo statuto; durata triennale della carica, rinnovabilità della
stessa per una sola volta e incompatibilità dellincarico con le funzioni di
direttore di dipartimento e coordinatore di corso di studio, di area didattica o di
dottorato;
g) istituzione in ciascun dipartimento, senza maggiori oneri a carico della finanza
pubblica, di una commissione paritetica docenti-studenti per lassicurazione della
qualità della didattica, competente a svolgere attività di monitoraggio
dellofferta formativa, contribuendo altresì alla valutazione dei risultati della
stessa, e a formulare pareri sullattivazione e la soppressione di corsi studio;
h) garanzia di una rappresentanza elettiva degli studenti negli organi di
cui al comma 2, lettere e), g) ed l) e comma 3, lettere c) ed f), in conformità a quanto
previsto dal decreto-legge 21 aprile 1995, n. 120, convertito con modificazioni dalla
legge 21 giugno 1995, n. 236; attribuzione dellelettorato passivo agli iscritti per
la prima volta e non oltre il primo anno fuori corso ai corsi di laurea, laurea magistrale
e dottorato di ricerca delluniversità; durata biennale di ogni mandato e
rinnovabilità per una sola volta;
i) introduzione di misure a tutela della rappresentanza studentesca, compresa la
possibilità di accesso, nel rispetto della vigente normativa, ai dati necessari per
lesplicazione dei compiti ad essa attribuiti.
4. Gli istituti di istruzione universitaria a ordinamento speciale adottano, senza
ulteriori oneri per la finanza pubblica, proprie modalità di organizzazione fatto salvo
quanto previsto dai commi 2, lettere a), c), f), h), i), j), k), l), m), e comma 3,
lettere g), h) ed i). 5. Per le finalità già previste dalla legge e anche al fine di
individuare situazioni di conflitto di interesse e predisporre opportune misure per
eliminarle,le università adottano entro centottanta giorni dallentrata in vigore
della presente legge un codice etico.
6. In prima applicazione, lo statuto contenente le modifiche statutarie di cui ai commi 2
e 3 è predisposto da apposito organo istituito con decreto rettorale senza oneri
aggiuntivi per la finanza pubblica e composto da quindici componenti, tra i quali il
rettore con funzioni di presidente, due rappresentanti degli studenti, sei designati dal
senato accademico e sei dal consiglio di amministrazione. Ad eccezione del rettore e dei
rappresentanti degli studenti, i componenti non possono essere membri del senato
accademico e del consiglio di amministrazione. Lo statuto contenente le modifiche
statutarie è adottato con delibere del senato accademico e del consiglio di
amministrazione.
7. In caso di mancato rispetto del termine di cui al comma 2, il Ministero assegna
alluniversità un termine di tre mesi per adottare le modifiche statutarie; decorso
inutilmente tale termine, il Ministro costituisce, senza oneri aggiuntivi per la finanza
pubblica, una commissione composta da tre membri, compreso il presidente, in possesso di
adeguata professionalità, con il compito di predisporre le necessarie modifiche
statutarie. 8. In relazione a quanto previsto dallarticolo 2, commi 2 e 3, entro
trenta giorni dalla data di pubblicazione dei nuovi statuti nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica Italiana, i competenti organi universitari avviano le procedure per la
costituzione dei nuovi organi statutari.
9. Tutti gli organi delle università decadono automaticamente a
decorrere dalla data in cui sono costituiti gli organi previsti dal nuovo statuto, ad
eccezione del rettore il cui mandato ha durata superiore al tempo necessario per
ladeguamento dello statuto. Gli organi statutari destinati a scadere nel periodo
necessario alladeguamento dello statuto restano in carica fino alla data di
costituzione dei nuovi organi.
10. Ai fini del computo della durata massima del mandato o delle cariche di cui
allarticolo 2, comma 2, lettere a), e), h), è considerato anche il periodo di
durata degli stessi già maturato al momento della entrata in vigore dei nuovi statuti.
11. Il rispetto dei principi di semplificazione, efficienza ed efficacia di cui al
presente articolo rientra tra i criteri di valutazione delle università valevoli ai fini
dellallocazione delle risorse, secondo criteri e parametri definiti con decreto del
Ministro, su proposta dellAgenzia nazionale per la valutazione del sistema
universitario e della ricerca (ANVUR).
12. A decorrere dalla data di entrata in vigore delle modifiche statutarie, adottate
dallateneo ai sensi del presente articolo 2 perdono di efficacia nei confronti dello
stesso le seguenti disposizioni:
a) larticolo 16, comma 4, lettere b) ed f), della legge n. 168 del 1989;
b) larticolo 17, comma 110, della legge 15 maggio 1997, n. 127.
Articolo 3
Federazione e fusione di atenei e razionalizzazione dellofferta formativa
1. Al fine di migliorare la qualità, lefficienza e lefficacia
dellattività didattica, di ricerca e gestionale, di razionalizzare la distribuzione
delle sedi universitarie e di ottimizzare lutilizzazione delle strutture e delle
risorse, due o più università possono federarsi, anche limitatamente ad alcuni settori
di attività o strutture, ovvero fondersi.
2. La federazione può avere luogo altresì tra università ed enti o istituzioni operanti
nei settori della ricerca e dellalta formazione.
3. La federazione ovvero la fusione ha luogo sulla base di un progetto contenente, in
forma analitica, le motivazioni, gli obiettivi, le compatibilità finanziarie e
logistiche, le proposte di riallocazione dell organico e delle strutture in coerenza
con gli obiettivi di cui al comma 1. Nel caso di federazione, il progetto prevede che le
eventuali strutture di gestione della stessa sono costituite da componenti degli organi
accademici delle università federate, e comunque senza oneri aggiuntivi a carico della
finanza pubblica.
4. Il progetto di cui al comma 3, deliberato dai competenti organi di ciascuna delle
istituzioni interessate, è sottoposto allesame del Ministero per
lapprovazione, sentita lANVUR, di concerto con le competenti amministrazioni.
5. In attuazione dei procedimenti di federazione o di fusione di cui al presente articolo,
il progetto di cui al comma 3 dispone altresì in merito a eventuali procedure di
mobilità dei professori e dei ricercatori nonché del personale tecnico amministrativo.
In particolare, per i professori e i ricercatori, leventuale trasferimento avviene
previo espletamento delle procedure di mobilità di cui allarticolo 4 della legge 3
luglio 1998, n. 210. In caso di esito negativo delle predette procedure di mobilità, il
Ministro può provvedere, con proprio decreto, il trasferimento del personale interessato
disponendo altresì in ordine alleventuale concessione agli interessati di incentivi
finanziari a carico del fondo di finanziamento ordinario, sentito il Ministero
delleconomia e delle finanze.
6. Le disposizioni di cui al comma 5 si applicano altresì a seguito dei processi di
revisione e razionalizzazione dellofferta formativa e della conseguente
disattivazione dei corsi di studio universitari, delle facoltà e delle sedi universitarie
decentrate, ai sensi dellarticolo 1-ter del decreto-legge n. 7 del 2005, convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 43 del 2005.
Titolo II
Norme e delega legislativa in materia di qualità ed efficienza del sistema
universitario
Articolo 4
Fondo per il merito
1. E istituito presso il Ministero delleconomia e delle finanze un Fondo
speciale per il merito finalizzato a sviluppare leccellenza e il merito dei migliori
studenti, individuati tramite prove nazionali standard. In particolare, il fondo
è destinato a:
a) erogare ai migliori studenti borse e buoni studio da utilizzare per il
pagamento di tasse e contributi universitari, nonché per la copertura delle spese di
mantenimento durante gli studi;
b) garantire prestiti donore concessi per il finanziamento delle
spese di cui alla precedente lettera a).
2. Il Ministero, di concerto con il Ministero delleconomia e delle finanze,
disciplina con propri decreti:
a) i criteri di accesso alle prove nazionali standard;
b) i criteri e le modalità di attribuzione delle borse e dei buoni e di accesso ai
finanziamenti garantiti;
c) l'ammontare delle borse e dei buoni e i criteri e modalità per la loro eventuale
differenziazione;
d) l'ammontare massimo garantito per ciascuno studente per ciascun anno, in ragione delle
spese in tasse e contributi universitari e di tipiche spese di mantenimento;
e) i requisiti di merito che gli studenti devono rispettare nel corso degli studi per
mantenere il diritto a borse, buoni e finanziamenti garantiti;
f) le modalità di utilizzo di borse, buoni e finanziamenti garantiti;
g) le caratteristiche dei finanziamenti;
h) le modalità di utilizzo del Fondo e la ripartizione dello stesso fondo tra le
destinazioni di cui al comma 1.
3. Lerogazione delle prove nazionali standard, da effettuarsi secondo i migliori
standard tecnologici e di sicurezza, è effettuata dalla società di cui al comma 4,
secondo modalità individuate dal Ministero, di concerto con il Ministero
delleconomia e delle finanze, che disciplinano altresì il contributo massimo
richiesto agli studenti per la partecipazione alle prove. Per lelaborazione dei
contenuti delle prove il Ministero può avvalersi dellANVUR e dellIstituto
nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione
(INVALSI).
4. La gestione della operatività del Fondo, dei rapporti amministrativi con università e
studenti e del processo di erogazione delle prove nazionali standard, è affidata a Consap
s.p.a. la quale, secondo modalità stabilite in apposita convenzione stipulata con i
Ministeri competenti, provvede a:
a) gestire loperatività del fondo e i rapporti amministrativi con le università e
gli studenti, secondo le modalità disciplinate nella convenzione;
b) erogare le prove nazionali standard;
c) predisporre gli schemi di contratti di finanziamento secondo gli indirizzi ministeriali
nonché prevedendo, per il finanziamento delle proprie attività, un contributo a carico
degli istituti concedenti pari all1 percento delle somme erogate e allo 0,1 per
cento delle rate rimborsate;
d) monitorare, con idonei strumenti informatici, la concessione dei finanziamenti, il
rimborso degli stessi, nonché lesposizione del Fondo; e) avviare idonee iniziative
di divulgazione e informazione, nonché fornire assistenza a studenti e università in
merito alle modalità di accesso ai finanziamenti;
f) selezionare, con procedura competitiva, listituto o gli istituti finanziari
fornitori delle provviste finanziarie.
5. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo si provvede mediante
utilizzo del Fondo.
6. Il Ministero delleconomia e delle finanze, con propri decreti, determina, secondo
criteri di mercato, il contributo per la concessione della garanzia, da prelevarsi a
valere sui finanziamenti erogati.
7. Il Fondo speciale è alimentato con trasferimenti pubblici e con versamenti effettuati
a titolo spontaneo e solidale effettuati da privati, società, enti e fondazioni, anche
vincolati, nel rispetto delle finalità del fondo, a specifici usi. Il Ministero, di
concerto con il Ministero delleconomia e delle finanze, promuove, anche con apposite
convenzioni, il concorso del settore privato e disciplina con proprio decreto le modalità
con cui i soggetti donatori possono partecipare allo sviluppo del Fondo.
8. Allarticolo 10, comma 1, lettera l-quater, del decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo le parole: "articolo 59, comma 3, della
legge 23 dicembre 2000, n. 388," sono aggiunte le seguenti parole: "del Fondo
per il merito".
Articolo 5
Delega legislativa in materia di interventi per la qualità e lefficienza del
sistema universitario
1. Il Governo è delegato ad adottare, senza maggiori oneri a carico della finanza
pubblica, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge, uno o più decreti legislativi finalizzati a riformare il sistema
universitario per il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
a) valorizzazione della qualità e dellefficienza delle università e conseguente
introduzione di meccanismi premiali nella distribuzione delle risorse pubbliche,
anche mediante previsione di un sistema di accreditamento delle università;
b) revisione della disciplina concernente la contabilità, al fine di garantirne coerenza
con la programmazione strategica triennale di ateneo, maggiore trasparenza ed omogeneità
e di consentire lindividuazione della esatta condizione patrimoniale
dellateneo e landamento complessivo della gestione; previsione di meccanismi
di commissariamento in caso di dissesto finanziario degli stessi;
c) valorizzazione e qualificazione delle attività didattiche e di ricerca del personale
accademico, disciplina delle posizioni a tempo pieno e a tempo definito e valutazione dei
risultati conseguiti;
d) introduzione di un sistema di valutazione ex post delle
politiche di reclutamento degli atenei;
e) revisione della normativa in materia di diritto allo studio e contestuale
definizione dei livelli essenziali delle prestazioni destinati a rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale che limitano laccesso allistruzione universitaria.
2. Nellesercizio della delega di cui al comma 1, lettera a), il Governo si attiene
ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) introduzione di un sistema di accreditamento delle sedi e dei corsi di studio e
di dottorato universitari di cui allarticolo 3 del decreto ministeriale n.
270 del 2004, fondato sullutilizzazione di specifici indicatori definiti
dallANVUR per la verifica del possesso da parte degli atenei di idonei requisiti
didattici, strutturali, organizzativi, di qualificazione dei docenti e delle attività di
ricerca nonché di sostenibilità economico-finanziaria;
b) introduzione di un sistema di valutazione periodica, da parte
dellANVUR, dellefficienza e dei risultati conseguiti nellambito della
didattica e della ricerca dalle singole università e dalle loro articolazioni interne;
c) potenziamento del sistema di autovalutazione della qualità e
dellefficacia delle proprie attività da parte delle università, anche avvalendosi
dei propri nuclei di valutazione e dei contributi provenienti dalle commissioni
paritetiche di cui allarticolo 2, comma 3, lettera g);
d) previsione di meccanismi volti a garantire incentivi correlati al conseguimento
dei risultati di cui alla lettera b), compatibilmente con la disponibilità del
fondo di finanziamento ordinario.
3. Nellesercizio della delega di cui al comma 1, lettera b), il Governo si attiene
ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) introduzione della contabilità economico-patrimoniale e analitica e del bilancio
consolidato di ateneo sulla base di apposite linee guida e comuni modalità di
rappresentazione dei dati finanziari e contabili stabilite e aggiornate dal Ministero, di
concerto con il Ministero delleconomia e delle finanze, sentita la Conferenza dei
rettori delle università italiane (CRUI), in conformità alla normativa vigente;
b) adozione di un piano economico-finanziario triennale al fine di
garantire la sostenibilità di tutte le attività dellateneo;
c) predisposizione di un programma triennale diretto a riequilibrare, entro
percentuali definite dal Ministero e secondo criteri di piena sostenibilità finanziaria,
la consistenza dei posti di personale docente, ricercatore e tecnico-amministrativo, ed il
numero dei professori di cui allarticolo 1, comma 9, della legge 4 novembre
2005, n. 230; previsione che la mancata adozione, parziale o totale, del predetto piano,
comporta la non erogazione delle quote di finanziamento ordinario relative alle
unità di personale che eccedono i limiti previsti;
d) determinazione di un limite massimo allincidenza complessiva delle spese
per il servizio del debito e delle spese per il personale di ruolo, inclusi gli
oneri per la contrattazione integrativa, sulle entrate complessive dellateneo,
al netto di quelle a destinazione vincolata;
e) introduzione del costo standard unitario di formazione per studente in corso,
calcolato secondo indici commisurati alle diverse tipologie dei corsi di studio, cui
collegare lattribuzione alluniversità di una percentuale della parte
di fondo di finanziamento ordinario non assegnata ai sensi dellarticolo 2
del decreto-legge n. 180 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1 del
2009; individuazione degli indici da utilizzare per la quantificazione del costo standard
unitario di formazione per studente in corso;
f) previsione della declaratoria di dissesto finanziario nelle ipotesi in cui
luniversità non può garantire lassolvimento delle proprie funzioni
indispensabili, nellipotesi in cui lateneo non può far fronte ai debiti
liquidi ed esigibili nei confronti dei terzi e, comunque, quando il disavanzo
dellateneo risulta superiore al dieci per cento del proprio bilancio;
g) disciplina delle conseguenze del dissesto finanziario con previsione dellinoltro
da parte del Ministero di preventiva diffida e sollecitazione a predisporre entro un
termine non superiore a centottanta giorni, un piano di rientro finanziario da sottoporre
allapprovazione del Ministero, di concerto con il Ministero delleconomia e
delle finanze, e da attuare nel limite massimo di un quinquennio; previsione delle
modalità di controllo periodico dellattuazione del predetto piano;
h) previsione, per i casi di mancata predisposizione ovvero di mancata approvazione ovvero
omessa o incompleta attuazione del piano, del commissariamento dellateneo
e disciplina delle modalità di assunzione da parte del Governo, su proposta del Ministro,
di concerto con il Ministro delleconomia e delle finanze, della delibera di
commissariamento e di nomina di uno o più commissari con il compito di provvedere alla
predisposizione ovvero allattuazione del piano di rientro finanziario;
4. Nellesercizio della delega di cui al comma 1, lettere c) e d), il Governo si
attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) determinazione dellimpegno dei professori universitari e dei ricercatori
universitari nei regimi del tempo pieno e del tempo definito anche in relazione alla
specificità degli ambiti scientifici di appartenenza e alle connessioni con attività
professionali, sentiti lANVUR e il CUN;
b) disciplina delle modalità di passaggio dalluno allaltro regime di cui alla
lettera a);
c) disciplina dellimpegno, rispettivamente, dei professori e ricercatori a tempo
pieno e a tempo definito per attività di ricerca, di studio e di insegnamento con i
connessi compiti preparatori e di verifica, e organizzativi, anche con quantificazione
dellimpegno complessivo, per i fini che lo richiedono, compresa lattività di
ricerca e di studio, di millecinquecento ore annue e di quello specifico da riservare ai
compiti didattici e di servizio per gli studenti di trecentocinquanta ore annue per il
regime di tempo pieno e di duecentocinquanta per quello di tempo definito;
d) disciplina della modalità di verifica delleffettivo svolgimento nella misura
prevista dei compiti didattici e di servizio; disciplina della verifica dellimpegno
scientifico dei professori e dei ricercatori a tempo pieno e di quelli a tempo definito,
anche attraverso i titoli prodotti e la relazione di cui alla lettera f); esclusione dei
professori e dei ricercatori, in caso di valutazione negativa, dalle commissioni di
abilitazione, di selezione e promozione del personale accademico, di esame di Stato,
nonché dagli organi di valutazione di progetti di ricerca;
e) individuazione dei casi di incompatibilità tra la posizione di professore e
ricercatore universitario e lesercizio di altre attività o incarichi;
definizione delle condizioni per lassunzione di incarichi anche retribuiti di
studio, di insegnamento, di ricerca, gestionali, di consulenza e di collaborazione
scientifica per conto di enti pubblici o di soggetti privati, fatta comunque salva la
possibilità di svolgere liberamente attività anche retribuite di comunicazione e
divulgazione scientifica e culturale, nonché di valutazione; f) disciplina
dellobbligo per i professori universitari di presentare periodicamente una relazione
triennale sul complesso delle attività didattiche, di ricerca e gestionali
svolte, anche ai fini dellattribuzione dello scatto stipendiale di cui agli articoli
36 e 38 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, e delle
relative modalità di verifica;
g) previsione di procedure di mobilità dei professori e ricercatori universitari e
introduzione di meccanismi di incentivazione volti a favorire la stessa; previsione che in
caso di trasferimento o mobilità, i professori ed i ricercatori di ruolo nonché i
ricercatori a tempo determinato responsabili di progetti di ricerca finanziati da soggetti
diversi dalluniversità di appartenenza conservano la titolarità dei progetti e dei
relativi finanziamenti;
h) previsione di procedure di mobilità professionale dei professori e ricercatori per lo
svolgimento di attività, previo collocamento in aspettativa, presso soggetti e organismi
pubblici o privati anche a scopo di lucro;
i) previsione di un fondo di rotazione a garanzia del riequilibrio finanziario degli
atenei;
j) revisione della disciplina del trattamento economico dei professori e dei
ricercatori universitari già in servizio e di quelli vincitori di concorsi indetti fino
alla data di entrata in vigore della presente legge, come determinato dagli
articoli 36, 38 e 39 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980 e
successive modifiche, e, in particolare, trasformazione degli scatti biennali di
cui agli articoli 36 e 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980 in
scatti triennali, con invarianza del complessivo trattamento retributivo;
k) revisione del trattamento economico dei ricercatori non confermati a tempo
indeterminato, con particolare riferimento al primo anno di attività;
l) riconoscimento ai professori e ai ricercatori universitari, nei limiti e con le
modalità di cui allarticolo 103, settimo comma, del decreto del Presidente della
Repubblica n. 382 del 1980, dellattività effettivamente prestata in Italia ai sensi
del decreto del Ministro delluniversità e della ricerca scientifica e tecnologica
26 gennaio 2001, e successive modificazioni;
m) rimodulazione della progressione economica e dei relativi importi, anche su
base premiale, per i professori e ricercatori assunti ai sensi della presente
legge o che hanno optato per la nuova modulazione, con rivalutazione del trattamento
iniziale ed eliminazione delle procedure di ricostruzione di carriera;
n) possibilità, per i professori e i ricercatori nominati secondo il regime previgente,
di optare per il regime di cui alla lettera m);
o) attribuzione di una quota del fondo di finanziamento ordinario delle università
correlata a meccanismi di valutazione delle politiche di reclutamento degli atenei,
fondati sulla produzione scientifica dei professori successiva al loro inquadramento in
ruolo, la percentuale di ricercatori a tempo determinato in servizio che non hanno
trascorso lintero percorso di dottorato e di post-dottorato nella medesima
università, la percentuale dei professori e ricercatori in servizio responsabili
scientifici di progetti di ricerca internazionali e comunitari e il grado di
internazionalizzazione del corpo docente.
5. Nellesercizio della delega di cui al comma 1, lettera e), il Governo si attiene
ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) riordino della normativa di principio in materia di diritto allo studio nelle
università e nelle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, di
seguito denominate "istituzioni di istruzione superiore", al fine di definire i
livelli essenziali delle prestazioni idonei a garantire la rimozione degli ostacoli di
ordine economico e sociale che limitano laccesso ed il conseguimento della laurea,
della laurea magistrale e del dottorato di ricerca agli studenti capaci e meritevoli,
anche se privi di mezzi;
b) individuazione dei beneficiari delle prestazioni di cui alla lettera a) con riguardo
agli studenti iscritti ai corsi di studio delle istituzioni di istruzione superiore;
c) disciplina triennale, sentiti la Conferenza Stato-Regioni di cui al decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281, il Consiglio nazionale degli studenti universitari (CNSU), il
Consiglio nazionale per lalta formazione artistica musicale e coreutica (CNAM), la
CRUI e il CUN, dei seguenti aspetti:
1) requisiti relativi al merito e alla condizione economica degli studenti sulla base
della situazione economica equivalente di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
109, e successive modificazioni;
2) importi minimi delle borse di studio e termine massimo per lerogazione dei
relativi ratei;
3) criteri per lattribuzione alle Regioni e alle Province autonome di Trento e
Bolzano delle risorse statali destinate allo scopo e per la rendicontazione delle
modalità dimpiego delle stesse;
4) facoltà per le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano di prevedere
prestazioni ulteriori rispetto ai livelli essenziali di cui alla lettera a);
d) incentivazione di accordi di programma tra Ministero, Regioni e Province autonome di
Trento e Bolzano e istituti di istruzione superiore compresi nel loro ambito territoriale,
al fine di elaborare strategie di intervento per il miglioramento dei servizi in favore
degli studenti e favorire la trasferibilità transregionale delle borse di studio e dei
sussidi assegnati al fine di favorire la mobilità studentesca;
e) disciplina da parte del Ministero dei requisiti minimi necessari per
laccreditamento dei collegi universitari e delle residenze universitarie anche
gestite da soggetti privati convenzionati con gli atenei.
6. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati, su proposta del Ministro, di
concerto con il Ministro delleconomia e delle finanze e con il Ministro per la
pubblica amministrazione e linnovazione, e, previa intesa con la Conferenza
Stato-Regioni relativamente alle disposizioni di cui al comma 5, sono trasmessi alle
commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, le quali
esprimono il proprio parere entro quarantacinque giorni dalla data di trasmissione;
decorso tale termine, i decreti sono adottati anche in mancanza del parere. Qualora il
termine per lespressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che
precedono la scadenza del termine di cui al comma 1, o successivamente, questultimo
termine è prorogato di sessanta giorni.
7. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al
comma 1, il Governo può adottare eventuali disposizioni integrative e correttive, con le
medesime modalità e nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi.
Articolo 6
Disciplina di riconoscimento dei crediti
1. Allarticolo 2, comma 147, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262,
convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, la parola:
"sessanta" è sostituita dalla seguente: "dodici". Al medesimo comma
è aggiunto il seguente periodo: "Il riconoscimento deve essere effettuato
esclusivamente sulla base delle competenze dimostrate da ciascuno studente. Sono escluse
forme di riconoscimento attribuite collettivamente.".
TITOLO III
Norme in materia di personale accademico e riordino della disciplina concernente il
reclutamento
Articolo 7
Revisione dei settori scientifico-disciplinari
1. Entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, il Ministro
provvede, con decreto di natura non regolamentare, sentito il CUN, alla revisione
dei settori scientifico-disciplinari, assicurando lafferenza di almeno
cinquanta professori di prima fascia in ciascun settore, fatta salva la
possibilità di determinare raggruppamenti di dimensioni minori in presenza di particolari
motivazioni scientifiche. I settori scientifico-disciplinari affini sono raggruppati in
macrosettori scientifico-disciplinari.
Articolo 8
Istituzione dell'abilitazione scientifica nazionale
1. E' istituita labilitazione scientifica nazionale, di seguito
denominata "abilitazione". L'abilitazione ha durata quadriennale ed è distinta per
le funzioni di professore di prima e di seconda fascia. Labilitazione
attesta la qualificazione scientifica che costituisce, fatto salvo quanto previsto dal
comma 3, lettera k), requisito necessario per laccesso alla prima e alla seconda
fascia dei professori.
2. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con uno o
più regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988,
n. 400, su proposta del Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze e con il Ministro della pubblica amministrazione e dell'innovazione, sono
disciplinate le modalità di espletamento delle procedure finalizzate al conseguimento
dellabilitazione, in conformità ai criteri di cui al comma 3.
3. I regolamenti di cui al comma 2 prevedono:
a) lattribuzione dell'abilitazione con motivato giudizio fondato sulla valutazione
analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche ed espresso sulla base di
criteri e parametri differenziati per funzioni e per area disciplinare e definiti con
decreto del Ministro;
b) meccanismi di verifica quinquennale dell'adeguatezza e congruità dei criteri e
parametri di cui alla lettera a) e di revisione o adeguamento degli stessi con apposito
decreto ministeriale;
c) lindizione, con frequenza annuale, delle procedure per il conseguimento
dellabilitazione;
d) i termini e le modalità di espletamento delle procedure di abilitazione, distinte per
settori scientifico-disciplinari, e lindividuazione di modalità, anche
informatiche, idonee a consentire la conclusione delle stesse entro cinque mesi
dallindizione; la garanzia della pubblicità degli atti e dei giudizi espressi dalle
commissioni giudicatrici;
e) la formazione, per ciascun settore scientifico-disciplinare, senza oneri aggiuntivi a
carico della finanza pubblica, di ununica commissione nazionale di durata
biennale per le procedure di abilitazione alle funzioni di professore di prima e di
seconda fascia, mediante sorteggio di quattro commissari allinterno di una lista di
professori ordinari costituita ai sensi della lettera g) e sorteggio di un commissario
all'interno di una lista, curata dall'ANVUR, di studiosi e di esperti di pari livello in
servizio presso università di un Paese aderente allOCSE;
f) che della commissione di cui alla lettera e) non può far parte più di un commissario
della stessa università; che i commissari in servizio presso atenei italiani possono, a
richiesta, essere parzialmente esentati dalla ordinaria attività didattica,
nellambito della programmazione didattica e senza oneri aggiuntivi per la finanza
pubblica; che ai commissari in servizio all'estero è corrisposto un compenso determinato
con decreto non regolamentare del Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e
delle finanze;
g) che il sorteggio di cui alla lettera e) è effettuato allinterno di
liste, una per ciascun settore scientifico-disciplinare, contenente i nominativi dei
professori ordinari appartenenti allo stesso che hanno presentato domanda per esservi
inclusi, corredata dalla documentazione concernente la propria attività scientifica
complessiva, con particolare riferimento allultimo quinquennio; linclusione
nelle liste dei soli professori positivamente valutati ai sensi dellarticolo 5,
comma 4, lettera d), ed in possesso di un curriculum, reso pubblico per via telematica,
coerente con i criteri e i parametri di cui alla lettera a), riferiti alla fascia e al
settore di appartenenza;
h) lintegrazione delle liste di cui alla lettera g) con i professori di prima fascia
appartenenti ai settori scientifico-disciplinari dello stesso macrosettore candidatisi ai
sensi della medesima lettera, nel caso in cui il numero dei professori afferenti al
settore oggetto dellabilitazione e candidabili ai sensi della lettera g), è
inferiore a cinquanta, assicurando comunque unadeguata presenza dei professori
appartenenti a questultimo;
i) il divieto per i commissari di far parte contemporaneamente di più di una commissione
di abilitazione e, per tre anni dalla conclusione del mandato,
di commissioni per il conferimento dell'abilitazione relativa a qualunque settore
scientifico-disciplinare;
j) la preclusione, in caso di mancato conseguimento dellabilitazione, a partecipare
alle procedure indette nel biennio successivo per lattribuzione della stessa, ovvero
nel triennio per lattribuzione dellabilitazione alla funzione superiore, anche
se concernente altro settore scientifico-disciplinare;
k) le apposite modalità per il riconoscimento dellabilitazione scientifica
nazionale a studiosi italiani o stranieri appartenenti ad università o istituti di
ricerca esteri, e le misure volte a garantire pari opportunità di accesso alle procedure
di abilitazione anche a studiosi operanti allestero;
l) che il possesso dellabilitazione costituisce titolo preferenziale per
lattribuzione dei contratti di insegnamento di cui all'articolo 11, comma 2;
m) lo svolgimento delle procedure per il conseguimento dellabilitazione presso
università dotate di idonee strutture e lindividuazione delle procedure per la
scelta delle stesse; le università prescelte assicurano le strutture e il supporto di
segreteria nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili e
sostengono gli oneri relativi al funzionamento di ciascuna commissione; di tale onere si
tiene conto nella ripartizione del fondo di finanziamento ordinario;
n) che lidoneità conseguita ai sensi della legge n. 210 del 1998 è equipollente
allabilitazione limitatamente al periodo di durata della stessa di cui all'articolo
1, comma 1, lettera g), della predetta legge.
Articolo 9
Reclutamento e progressione di carriera del personale accademico
1. Le procedure di reclutamento sono avviate sulla base della programmazione
triennale di cui allarticolo 1, comma 105, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e
di cui allarticolo 1-ter del decreto-legge n. 7 del 2005, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 43 del 2005, nonché delle disposizioni in materia di dotazione
organica di cui allarticolo 5, comma 3, lettera c). La programmazione
assicura tra laltro la sostenibilità nel tempo degli oneri stipendiali anche alla
luce dei maggiori oneri derivanti dallattribuzione degli scatti stipendiali, dagli
incrementi annuali e dalla dinamica di progressione di carriera del personale. La
programmazione assicura altresì, in sede di rinnovo dei contratti di cui
allarticolo 12, comma 4, la sussistenza di adeguata disponibilità finanziaria in
relazione al verificarsi di quanto previsto dal comma 6 del medesimo articolo.
2. Le università procedono alla copertura di posti di professore di prima e
seconda fascia e allattribuzione dei contratti di ricercatori a tempo determinato
di cui allarticolo 12, eccezion fatta per quanto previsto dallarticolo 12,
comma 9, mediante procedure di selezione pubblica basate sulla valutazione delle
pubblicazioni scientifiche e del curriculum complessivo dei candidati e
disciplinate da apposito regolamento in conformità ai principi enunciati dalla Carta
europea dei ricercatori e specificamente ai seguenti criteri:
a) pubblicazione dei bandi sul sito dellateneo e nei siti del Ministero e
dellUnione Europea, nonché inserimento nei bandi di informazioni dettagliate sulle
specifiche funzioni, sui diritti e i doveri relativi alla posizione e sul trattamento
economico e previdenziale spettante;
b) ammissione alle procedure di accesso al ruolo di professore di prima o di seconda
fascia, fatto salvo quanto disposto dallarticolo 8, comma 3, lettera k), degli
studiosi in possesso dellabilitazione per il settore scientifico-disciplinare e per
le funzioni oggetto del bando, ovvero per funzioni superiori purché non titolari di tali
funzioni presso altro ateneo;
c) istituzione, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, di una commissione
di almeno cinque membri con il compito di istruire le procedure di selezione e composta
da tutti i professori ordinari della struttura di cui allarticolo 2, comma 3,
lettera c), appartenenti al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando,
ovvero, qualora questi siano in numero superiore a sette, da una rappresentanza
eletta al loro interno; limitatamente alle procedure di selezione relative a ricercatori
a tempo determinato, la commissione è composta anche da professori associati
confermati della medesima struttura afferenti al settore scientifico-disciplinare oggetto
del bando, in misura non superiore a un terzo del numero dei professori ordinari che fanno
parte della commissione; detta rappresentanza è eletta da tutti i professori associati
della struttura afferenti al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando; qualora
il numero dei professori ordinari ovvero associati in servizio nellateneo per il
settore scientifico-disciplinare oggetto della valutazione sia inferiore a cinque, la
commissione è integrata con docenti di pari livello anche di altri atenei di settori
affini secondo la normativa vigente ovvero con docenti del medesimo settore di altri
atenei scelti allinterno della lista di cui allarticolo 8, comma 3, lettera
e); possesso da parte dei componenti della commissione dei requisiti di cui
allarticolo 8, comma 3, lettera g);
d) disciplina delle modalità per la selezione dei candidati da invitare a tenere una
lezione pubblica nella sede dellateneo che ha indetto la procedura con esclusione di
prove scritte o orali;
e) facoltà per la commissione, al termine delle procedure di selezione e in assenza di
candidati in possesso di adeguati requisiti di merito, di non indicare alcun candidato ai
fini delle procedure di cui alla lettera f);
f) formulazione della proposta di chiamata da parte del dipartimento,
ovvero della struttura di cui allarticolo 2, comma 3, lettera e), con voto
favorevole della maggioranza dei professori di prima fascia, relativamente alle chiamate
dei professori di prima e seconda fascia, e dei professori di prima e seconda fascia
relativamente alle chiamate dei ricercatori a tempo determinato; la proposta, corredata
del parere favorevole dellorgano di cui allarticolo 2, comma 3, lettera f), è
deliberata dal consiglio di amministrazione su proposta motivata del rettore;
g) nelle procedure di selezione per posti di ricercatore a tempo determinato, qualora
entro trenta giorni dalla certificazione della regolarità degli atti da parte del rettore
il vincitore rinunci alla nomina, il rettore può richiedere alla commissione, entro e non
oltre i successivi sessanta giorni, altra proposta di chiamata, fermo restando quanto
previsto dalla lettera e);
h) facoltà per gli istituti a ordinamento speciale e le università non statali di
disciplinare autonomamente la composizione della commissione di cui alla lettera c)
nonché le procedure di cui alla lettera f), fermo restando il numero minimo di cinque
componenti.
3. Le università procedono altresì alla copertura di posti di professore di
prima e seconda fascia mediante:
a) procedure di selezione riservate al personale in servizio nellateneo;
b) procedure di chiamata diretta di cui allarticolo 1, comma 9,
legge n. 230 del 2005, e successive modificazioni;
c) procedure di chiamata diretta di cui allarticolo 12, comma 6, a partire dal
quinto anno successivo alla stipula dei contratti di cui al medesimo articolo.
4. Le procedure di cui al comma 3, di cui viene comunque assicurata la pubblicità
allinterno dellateneo, si svolgono con le modalità di cui al comma 2, lettere
b), c), d), e), f) e h).
5. Nei cinque anni successivi allattivazione delle procedure di selezione di cui
allarticolo 12, le procedure di reclutamento di cui ai commi 2 e 3 sono programmate
e avviate nel rispetto dei seguenti vincoli:
a) non più di un terzo dei posti di professore di ruolo di prima e di
seconda fascia, la cui copertura è programmata da ciascun dipartimento, ovvero da
ciascuna struttura di cui allarticolo 2, comma 3, lettera e), può essere destinato
alle procedure di cui al comma 3, lettera a);
b) almeno un terzo dei posti di professore di prima e di seconda fascia resi disponibili
in ciascun dipartimento, ovvero da ciascuna struttura di cui allarticolo 2, comma 3,
lettera e), è coperto da professori non in ruolo presso luniversità banditrice da
almeno cinque anni.
6. Decorso il termine di cui al comma 5, i vincoli ivi previsti sono sostituiti dai
seguenti:
a) almeno un quinto dei posti di professore di ruolo di seconda fascia, la cui copertura
è programmata da ciascun dipartimento, ovvero da ciascuna struttura di cui
allarticolo 2, comma 3, lettera e), è destinato alle procedure di cui al comma 2;
b) almeno un terzo dei posti di professore di prima fascia resi disponibili in ciascun
dipartimento, ovvero da ciascuna struttura di cui allarticolo 2, comma 3, lettera
e), è coperto da professori non in ruolo presso luniversità banditrice da almeno
cinque anni.
7. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di ateneo di cui al comma
2, perde di efficacia, nei confronti dello stesso, larticolo 1, comma 8,
della legge n. 230 del 2005.
Articolo 10
Assegni di ricerca
1. Le università, nell'ambito delle relative disponibilità di bilancio, possono
conferire assegni per lo svolgimento di attività di ricerca. I bandi, resi pubblici anche
per via telematica sui siti dellateneo, del Ministero e dellUnione europea,
contengono informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i doveri
relativi alla posizione e sul trattamento economico e previdenziale spettante.
2. Possono essere destinatari degli assegni studiosi in possesso di curriculum scientifico
professionale idoneo allo svolgimento di attività di ricerca, con esclusione del
personale di ruolo dei soggetti di cui al comma 1. I medesimi soggetti possono stabilire
che il dottorato di ricerca o titolo equivalente conseguito all'estero ovvero, per i
settori interessati, il titolo di specializzazione di area medica corredato da una
adeguata produzione scientifica, costituiscono requisito obbligatorio per l'ammissione al
bando.
3. Gli assegni possono avere una durata compresa tra uno e tre anni, sono rinnovabili e
non cumulabili con borse di studio a qualsiasi titolo conferite, ad eccezione di quelle
concesse da istituzioni nazionali o straniere utili ad integrare, con soggiorni
all'estero, l'attività di ricerca dei titolari. La titolarità del contratto non è
compatibile con la partecipazione a corsi di laurea, laurea specialistica o magistrale,
dottorato di ricerca o specializzazione medica, in Italia o allestero, e comporta il
collocamento in aspettativa senza assegni per il dipendente in servizio presso
amministrazioni pubbliche.
4. Le università disciplinano le modalità di conferimento degli assegni con apposito
regolamento, prevedendo la possibilità di attribuire gli stessi mediante le seguenti
procedure:
a) pubblicazione di un unico bando relativo alle aree scientifiche di interesse
dell'ateneo, seguito dalla presentazione direttamente dai candidati dei progetti di
ricerca, corredati dai titoli e dalle pubblicazioni e valutati da parte di un'unica
commissione che può avvalersi, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, di
esperti revisori di elevata qualificazione italiani o stranieri esterni all'ateneo, e che
formula, sulla base dei punteggi attribuiti, una graduatoria per ciascuna delle aree
interessate;
b) pubblicazione di bandi relativi a specifici programmi di ricerca dotati di propri
finanziamenti, secondo procedure stabilite dall'ateneo.
5. Agli assegni di cui al presente articolo si applicano, in materia fiscale, le
disposizioni di cui all'articolo 4 della legge 13 agosto 1984, n. 476, e successive
modifiche, nonché, in materia previdenziale, quelle di cui all'articolo 2, commi 26 e
seguenti, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e successive modifiche.
6. Limporto dellassegno è determinato dallateneo in misura non
inferiore al settantacinque per cento del trattamento economico complessivo iniziale
spettante ai ricercatori di ruolo confermati.
7. Il Ministro destina annualmente una quota del finanziamento ordinario al finanziamento
di assegni di ricerca da attribuire con apposito bando, su base nazionale e per
raggruppamenti di settori scientifico-disciplinari, previa presentazione di specifici
programmi di ricerca, a giovani studiosi di elevate e comprovate capacità, in possesso
dei requisiti di cui al comma 2, scelti allesito di procedura avviata con apposito
bando. I vincitori possono scegliere luniversità e la struttura ove svolgere la
propria attività, con lassenso delle stesse. La selezione dei vincitori è affidata
a una o più commissioni i cui componenti sono designati dal Ministro su proposta
dell'ANVUR nel rispetto dei criteri di cui allarticolo 8, comma 3, lettera g), e si
avvalgono, per la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche e dei
programmi di ricerca, di esperti revisori di elevata qualificazione italiani e stranieri,
senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica. E oggetto di valutazione
altresì ladeguatezza della sede prescelta rispetto allo svolgimento del programma
di ricerca presentato.
8. Gli assegni non danno luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli dei soggetti di
cui al comma 1.
9. La durata complessiva dei rapporti instaurati con i titolari degli assegni di cui al
presente articolo e dei contratti di cui allarticolo 12, intercorsi anche con atenei
diversi, statali, non statali o telematici, con il medesimo soggetto, non può in ogni
caso superare i dieci anni, anche non continuativi. Ai fini della durata dei predetti
rapporti non rilevano i periodi trascorsi in aspettativa per maternità o per motivi di
salute secondo la normativa vigente.
Articolo 11
Contratti per attività di insegnamento
1. Le università, anche sulla base di specifiche convenzioni con gli enti
pubblici e le istituzioni di ricerca di cui all'articolo 8 del decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri 30 dicembre 1993, n. 593, e successive modificazioni, possono
stipulare contratti, a titolo gratuito o oneroso, per attività di
insegnamento al fine di avvalersi della collaborazione di esperti di alta qualificazione
in possesso di un significativo curriculum scientifico o professionale. I predetti
contratti sono stipulati dal rettore, su proposta dei competenti organi accademici.
2. Le università possono altresì stipulare contratti a titolo oneroso, nellambito
delle proprie disponibilità di bilancio, per far fronte a specifiche esigenze didattiche,
anche integrative, con soggetti in possesso di adeguati requisiti scientifici e
professionali, ad esclusione del personale tecnico-amministrativo delle università. Il
possesso del titolo di dottore di ricerca o equivalente, del titolo di specializzazione
medica limitatamente alle aree cliniche, ovvero dellabilitazione scientifica
nazionale costituisce titolo preferenziale ai fini dellattribuzione dei predetti
contratti. I contratti sono attribuiti previo espletamento di procedure disciplinate con
propri regolamenti, che assicurino la valutazione comparativa dei candidati e la
pubblicità degli atti. Il trattamento economico spettante ai titolari dei predetti
contratti è determinato, entro tre mesi dallentrata in vigore della presente legge,
con decreto del Ministro, di concerto con il Ministro delleconomia e delle finanze.
Articolo 12
Ricercatori a tempo determinato
1. Per svolgere attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di
servizio agli studenti, le università possono stipulare contratti di lavoro subordinato a
tempo pieno e determinato. Il contratto regola altresì le modalità di svolgimento delle
attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, cui sono
riservate trecentocinquanta ore annue, e delle attività di ricerca.
2. I destinatari sono scelti mediante procedure pubbliche di selezione di cui
allarticolo 9, riservate ai possessori del titolo di dottore di ricerca o titolo
equivalente, del diploma di specializzazione medica limitatamente alle aree cliniche,
ovvero della laurea magistrale o equivalente, unitamente ad un curriculum scientifico
professionale adatto allo svolgimento di attività di ricerca, e degli specifici requisiti
individuati con decreto del Ministro.
3. Ai fini della selezione, la commissione di cui allarticolo 9, comma 1, lettera
c), attribuisce un punteggio numerico accompagnato da sintetica motivazione per ciascuno
dei titoli e delle pubblicazioni presentati dai candidati secondo parametri e criteri
definiti con decreto del Ministro.
4. I contratti hanno durata triennale e possono essere rinnovati una sola volta per un
ulteriore triennio previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca
svolte, sulla base di modalità, criteri e parametri definiti con decreto del Ministro.
5. I destinatari dei contratti di cui ai commi 1 e 4 possono partecipare alle procedure di
selezione di cui al comma 2 indette da altri atenei e, se vincitori delle stesse, possono
stipulare contratti di durata pari al periodo mancante alla scadenza del contratto in
essere, aumentato al massimo di un anno, fermo restando quanto previsto dal comma 7.
6. Le università, secondo quanto previsto dallarticolo 9, comma 3, e in conformità
agli standard qualitativi individuati con apposito regolamento di ateneo nellambito
dei criteri fissati con decreto del Ministro, possono procedere alla chiamata diretta dei
destinatari del secondo contratto triennale di cui al comma 4, i quali entro e non oltre
la scadenza di tale contratto, conseguono labilitazione alle funzioni di professore
associato, di cui allarticolo 8. I chiamati, alla scadenza del secondo contratto,
sono inquadrati nel ruolo dei professori associati.
7. Si applicano le disposizioni di cui allarticolo 10, comma 9.
8. Il trattamento economico spettante ai destinatari dei contratti di cui al comma 1 è
pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo pieno,
incrementato del venti per cento. Per i titolari dei contratti di cui al comma 4, il
predetto trattamento annuo lordo onnicomprensivo può essere elevato fino a un massimo del
trenta per cento.
9. Il Ministro destina annualmente una quota del finanziamento ordinario delle università
al finanziamento di bandi per il reclutamento di ricercatori a tempo determinato
da destinare, su base nazionale e per raggruppamenti di settori
scientifico-disciplinari, a giovani studiosi di elevate e comprovate capacità in
possesso dei titoli e requisiti di cui al comma 2, previa presentazione di specifici
programmi di ricerca. La selezione dei vincitori è affidata a una o più commissioni
composte da eminenti studiosi, anche stranieri, designati dal Ministro su proposta
dell'ANVUR nel rispetto dei criteri di cui allarticolo 8, comma 3, lettera
g), che si avvalgono per la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche e
dei programmi di ricerca di esperti revisori di elevata qualificazione italiani e
stranieri, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. E oggetto di valutazione
altresì ladeguatezza della sede prescelta rispetto allo svolgimento del programma
di ricerca presentato.
10. I contratti di cui al presente articolo non danno luogo a diritti in ordine
all'accesso ai ruoli dei soggetti di cui al comma 1.
Articolo 13
Collocamento a riposo dei professori e dei ricercatori
1. La concessione dellopzione di cui allarticolo 16 del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 ai professori e ricercatori universitari è
subordinata alla sussistenza di adeguate risorse finanziarie nel bilancio di
ateneo, in coerenza con la programmazione strategica triennale di ateneo di cui
allarticolo 1-ter del decreto-legge n. 7 del 2005, convertito con modificazioni
dalla legge n. 43 del 2005, e successive modificazioni, e nel rispetto di quanto previsto
dallarticolo 51, comma 4, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e successive
modificazioni.
Articolo 14
Disciplina dei lettori di scambio
1. In esecuzione di accordi culturali internazionali che prevedono lutilizzo
reciproco di lettori, le università possono conferire a studiosi stranieri in possesso di
qualificata e comprovata professionalità incarichi annuali rinnovabili per lo svolgimento
di attività finalizzate alla diffusione della lingua e della cultura del Paese di origine
e alla cooperazione internazionale.
2. Gli incarichi di cui al comma 1 sono conferiti con decreto rettorale, previa delibera
degli organi accademici competenti. Con decreto del Ministro, di concerto con il Ministro
degli affari esteri e con il Ministro delleconomia e delle finanze sono definite le
modalità per il conferimento degli incarichi, ivi compreso il trattamento economico a
carico degli accordi di cui al comma 1.
Articolo 15
Norme transitorie e finali
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge,
possono essere avviate esclusivamente le procedure per la copertura dei posti di
professore ordinario e associato, di ricercatore a tempo determinato e di assegnista di
ricerca previste dal Titolo III.
2. All'articolo 1, comma 9, della legge n. 230 del 2005, come sostituito dall'articolo
1-bis del decreto-legge n. 180 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1
del 2009, al primo periodo, dopo la parola "triennio" sono inserite le seguenti
parole: "o nellambito di specifici programmi di ricerca finanziati dal
Ministero stesso".
3. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogati:
a) larticolo 4 della legge 30 novembre 1989, n. 398; (questo art.
affida alle università la possibilità di dare borse di studio ... N.d.R.);
b) larticolo 1, commi 10 e 14, della legge n. 230 del 2005.
(Il c. 14 attribuisce la possibilità del titolo di prof. aggregato ai ricercatori con
incarico - N.d.R.);
4. Allarticolo 51, comma 6, della legge n. 449 del 1997, sono soppresse le seguenti
parole: "Le università," ;
5. A decorrere dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di cui allarticolo 8,
comma 2, è abrogato il decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 164, ad eccezione degli
articoli 13 e 14, comma 4.
6. Dallattuazione delle disposizioni della presente legge non devono
derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. |
|
GOVERNO: DPEF - Documento di Programmazione
Economico-Finanziaria
Università: quanto FFO per il
2010 ? |
|
Giulio Tremonti
|
LE PARTI del DPEF RELATIVE alla UNIVERSITA'
e facendo (noi) il punto della situazione ...
In brevi parole, nel 2010 ci
saranno 1.114 milioni in più,
riportanto lo FFO del 2010 al livello di quello del 2008,
ma solo se la Ministra attuerà le 4 riforme, di cui
al DPEF
Inoltre il DPEF ripropone le
fondazioni universitarie,
e, per la formazione permanente, le università
telematiche |
AVVERTENZA. Abbiamo integrato i dati
del DPEF con quelli di altri documenti del Governo per capire quale sarà, infine, il FFO
del 2010 (in quanto di esso non si dice nel DPEF), in confronto con anni precedenti (vedi
Tab. 1).
Per una visione integrale del DPEF, clicca su: http://www.tesoro.it/doc-finanza-pubblica/dfp.dpef.asp |
Tabella 1 - FFO Fondo di Finanziamento
Ordinario (milioni di , a prezzi correnti) e "altre" entrate |
Anno |
2008 (consuntivo) |
2009 (previsione in base
a legislazione vigente) |
2010 (previsione in base
a legislazione vigente) |
FFO |
7.351,5 |
6.949,7* |
6.264,00* |
DPEF Fabbisogno per reclutamento ricercatori |
|
|
160,00 |
DPEF Fabbisogno per Università statali |
|
|
490,00 |
DPEF Esenzione IRAP sul personale, dal 2010 |
|
|
494,00 |
* Questi dati non sono ufficiali, ma le ho
ottenute da fonti assolutamente competenti e sicure. |
Tabella 2 |
Italia nel 2007 |
OCSE nel 2007 |
Studenti universitari iscritti |
1.950.000 (1.090.000 nel 1982) |
---- |
Rapporto studenti/docenti universitari |
21,4 |
15,8 |
Fonte: OCSE - DPEF 2010 -13 Ministero del Tesoro |
Tabella 3 - SPESA della Pubblica
Amministrazione a legislazione vigente (pre DL 78/2009) in milioni di |
Anno |
2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
SPESA |
730.303 |
747.795 |
774.923 |
803.949 |
805.695 |
823.413 |
848.518 |
874.165 |
Fonte: DPEF 2010-13 , Pag. 43, e DPEF 2009-2011 |
|
Documento
di Programmazione Economica e Finanziaria (approvato dal C.d.M. il 15.07.09).
Stralcio delle parti significative, relative all'Università
DPEF, Pag. 48: " Il sistema
universitario è stato interessato da un più generale riordino delle procedure di
reclutamento dei docenti che favoriscano il merito (compresa la possibilità di
chiamata diretta di studiosi provenienti da università straniere), da nuovi
criteri di assegnazione delle risorse che tengono conto della qualità
dell'offerta formativa degli atenei, da interventi per favorire il diritto allo
studio dei meritevoli, e dalla facoltà di trasformare le università in
fondazioni di diritto privato mantenendo il sistema di finanziamento
pubblico". È stato anche avviato un processo di riorganizzazione della politica del
settore ricerca, mirata a sostenere e accompagnare la ristrutturazione e il rilancio
competitivo del sistema produttivo e dei servizi."
DPEF - Allegato, pagg. 37-39
"Il sistema universitario del nostro Paese risente tutt'ora, nel confronto
internazionale e specialmente con quello dei sistemi universitari dei nostri partner
europei, di una situazione di arretratezza, determinata soprattutto nell'ultimo ventennio
dalla necessità di fornire servizi formativi a una percentuale di giovani sempre
maggiore".
Fatta questa premessa, il DPEF riporta alcuni dati statistici
dell'OCSE, confrontati con quelli dell'Italia. Uno di questi è il rapporto tra
numero degli studenti e numero dei docenti:
- in Italia 21,4; nell'OCSE 15,8.
Poi, il DPEF passa ad indicare gli obiettivi per il 2010, le
relative azioni strutturali ed fabbisogno finanziario per
raggiungerli.
"Gli obiettivi di governo"
"Al fine di sostenere il perseguimento degli obiettivi di governo (maggiore qualità
dei servizi, competitività e attrattività del sistema), si rende necessario accompagnare
il processo di cambiamento in atto, volto al consolidamento dell'autonomia universitaria,
mediante una serie di interventi, assistiti da adeguate risorse finanziarie".
Tra gli interventi più innovativi, ivi indicati, v'è l'avvio di "un piano di
formazione permanente presso le Università mediante l'e-learning
e la valorizzazione degli atenei telematici già attivati ai sensi del
D.M. del 17.04.2003".
....
....
"Tra le azioni strutturali e di sistema da avviare, anche attraverso
iniziative legislative, vi sono:
1) la definizione di una legge-quadro sull'autonomia universitaria e sulla
istituzione di nuovi atenei che detti nuove regole di governance del sistema e delle
stesse istituzioni universitarie;
2) la revisione delle procedure di reclutamento dei professori universitari e dei
ricercatori, distinguendo i meccanismi di accesso ai rispettivi ruoli da quelli di
progressione della carriera;
4) la revisione dell'attuale modello di finanziamento delle Università in funzione
dell'adozione di criteri atti a privilegiare i risultati della valutazione;
5) il completamento del Sistema nazionale di valutazione della qualità attraverso
ravvio dell'ANVUR, in coerenza con gli indirizzi dell'Unione Europea e con gli impegni
della Dichiarazione di Bologna".
Il DPEF porta, poi, una tabella con indicati gli interventi finanziari
necessari per le riforme, e che valuta in 650 milioni per il 2010.
Essi, dice poi il Documento, "dovrebbero inoltre essere accompagnati dalla esenzione
IRAP (anche graduale) dei costi per il personale docente e non docente degli
Atenei ammontanti alla stessa data a 464 milioni di euro circa."
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Nino Luciani, Commento: cose vere, ma anche pretesti per dirottare altrove i quattrini
1.- Spesa pubblica in aumento, quella per l'università in flessione. La
questione annosa del ri-finanziamento della Università nasce da una conclamata
dichiarazione (dei politici) di crisi del Bilancio dello Stato.
Ma la Tab. 3 mostra che la spesa pubblica è salita ininterrottamente negli
anni anche rispetto al Governo Prodi (di lui sono gli anni 2006 e 2007). Dunque, il minor
finanziamento delle Università è solo dovuto al fatto che i quattrini sono dirottati
altrove.
2.- Realizzabili le condizioni di Tremonti per il rifinanziamento dal 2010 ? Non
facciamoci illusioni e l'accettare le riforme, da lui elencate nel DPEF, è solo il primo
scoglio. Poi, si vedrà... .
C'è, poi, che al momento non c'è alcuna ragione per attendersi che
la nostra Ministra riesca a far tradurre in legge i progetti di riforma del reclutamento e
della Governance degli Atenei, divulgati nel giugno u.s. .
I suoi due progetti incontrano una ostilità radicale nel mondo
universitario sindacale. Il motivo è che, pur essendo motivati da ragioni di merito e di
efficienza, in realtà non c'è dentro nè il merito
nè l'efficienza. Sono progetti chiaramente impostati da uno staff (certamente non
ministeriale) che sa di università solo per grandi linee, e invece molto di "aziende
private", dove l'efficienza è misurata in termini di profitto in moneta (anzichè in
termini di utilità pubblica). Per chi (come me) legge "Il Sole-24 ORE" tutti i
giorni, la ispirazione di questo staff è chiarissima... e direi anche che
è nemico della università pubblica. Ma direi che questo non è un reato...
3. Sulle fondazioni universitarie. Di queste si discute
negativamente negli Atenei. Riporto un passo del rettore BALLIO del Politecnico di Milano,
in una recente LETTERA PUBBLICA agli studenti.
" Un Ateneo potrebbe trasformarsi in fondazione se, accanto allo Stato,
intervenissero dei partners privati disposti a sostenere economicamente l'Ateneo.
....
Si potrebbe pensare a una Fondazione che veda Stato, Regione, Provincia,
Comune insieme a Fondazione Bancarie e Associazioni varie. Ci si dimentica che è
necessario una quota di contribuzione privata maggiore del 50% per rendere
"privata" una fondazione e quindi per renderla indipendente dalle regole imposte
dal contenimento della spesa pubblica (i famosi parametri di Maastricht).
E' oggi impensabile che le Fondazioni bancarie si sostituiscano in larga
misura allo Stato per finanziare annualmente il sistema della formazione e della ricerca e
quindi gli Atenei.
Non vi sono altre alternative: in tutto il mondo le Università funzionano
perché ricevono il loro prevalente fabbisogno finanziario o dalla Collettività Sociale o
dalla contribuzione diretta degli Allievi.
Nel primo caso l'Università si caratterizza come pubblica, nel
secondo come privata (in Italia la prima è denominata statale, la seconda non statale).
Il primo modello considera prevalente il vantaggio di avere formazione e
ricerca a servizio della competitività della intera Comunità sociale.
Il secondo modello considera prevalente il vantaggio del singolo
(allievo o impresa) che riceve la possibilità di incrementare la propria competitività
personale".
4.- Sulle università telematiche. Il DPEF le vede strumento di
formazione permanente.
In un periodo storico in cui, a causa del progresso tecnico, conosciamo la
disoccupazione di massa tra i 40enni e 50enni
l'indicazione di Tremonti mi sembra assai saggia.
Istituzionalmente, mi sembra un via di mezzo tra pubblico e privato,
vale dire università private, con sostegno pubblico.
Un processo in questo senso, oggi, sarebbe
agevolato dalla disponibilità di personale docente di prim'ordine. Penso ai molti di
giovani validissimi in stato di precariato, senza fine e penso ad un possibile
"volontariato" di molti professori dimessi anticipatamente, per via delle
recenti leggi. NLuciani |
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NOTA.
Si riporta, per comodità del lettore, il decreto ministeriale che regola le università telematiche. Decreto 17 aprile 2003 -Criteri e procedure di accreditamento dei corsi di
studio a distanza delle università statali e non statali e delle istituzioni
universitarie abilitate a rilasciare titoli accademici di cui all'art. 3 del decreto 3
novembre 1999, n. 509. G.U. n. 98 del 29/04/2003
Art. 1 - Finalità
1. Il presente decreto definisce i criteri e le procedure di accreditamento dei corsi di
studio a distanza delle Università statali e non statali e delle Istituzioni
universitarie abilitate a rilasciare titoli accademici di cui allart. 3 del decreto 3
novembre 1999, n. 509.
2. Nellambito dei criteri e delle procedure di cui al comma 1 sono individuate le
specifiche tecniche per ladozione, da parte delle istituzioni di cui allart.
2, di unarchitettura di sistema in grado di gestire e rendere accessibili
allutente i corsi di studio a distanza, al termine dei quali sono rilasciati i
titoli accademici.
Art. 2 - Corsi di studio a distanza Università telematiche
1. I corsi di studio a distanza sono istituiti e attivati dalle Università degli studi
statali e non statali ed utilizzano le tecnologie informatiche e telematiche in
conformità alle prescrizioni tecniche di cui al presente decreto.
2. I titoli accademici di cui allart. 3 del decreto 3 novembre 1999 n. 509 possono
essere rilasciati da Istituzioni Universitarie, promosse da soggetti pubblici e privati e
riconosciute secondo i criteri e le procedure di cui al presente decreto. Le predette
Istituzioni assumono la denominazione di Università telematiche.
Art. 3 - Definizione generale di didattica a distanza
1. I corsi di studio a distanza sono caratterizzati da:
a) lutilizzo della connessione in rete per la fruizione dei materiali didattici e lo
sviluppo di attività formative basate sull'interattività con i docenti/tutor e con gli
altri studenti;
b) limpiego del personal computer, eventualmente integrato da altre interfacce e
dispositivi come strumento principale per la partecipazione al percorso di apprendimento;
c) un alto grado di indipendenza del percorso didattico da vincoli di presenza fisica o di
orario specifico;
d) lutilizzo di contenuti didattici standard, interoperabili e modularmene
organizzati, personalizzabili rispetto alle caratteristiche degli utenti finali e ai
percorsi di erogazione;
e) il monitoraggio continuo del livello di apprendimento, sia attraverso il tracciamento
del percorso che attraverso frequenti momenti di valutazione e autovalutazione.
2. Lorganizzazione didattica dei corsi di studio a distanza valorizza al massimo,
pur nel rispetto delle specificità dei contenuti e degli obiettivi didattici, le
potenzialità dell'Information & Communication Technology e in particolare:
a) la multimedialità, valorizzando un'effettiva integrazione tra diversi media per
favorire una migliore comprensione dei contenuti;
b) linterattività con i materiali, allo scopo di favorire percorsi di studio
personalizzati e di ottimizzare l'apprendimento;
c) linterattività umana, con la valorizzazione di tutte le tecnologie di
comunicazione in rete, al fine di favorire la creazione di contesti collettivi di
apprendimento;
d) ladattività, ovvero la possibilità di personalizzare la sequenzializzazione dei
percorsi didattici sulla base delle performance e delle interazioni dellutente con i
contenuti online;
e) linteroperabilità dei sottosistemi, per il riutilizzo e lintegrazione
delle risorse, utilizzati e/o generati durante lutilizzo dei sistemi tecnologici.
Art. 4 - Criteri e requisiti per laccreditamento dei corsi di studio
1. I corsi di studio delle università statali e non statali e delle università
telematiche di cui allart. 2 sono accreditati nel rispetto dei seguenti criteri e
dei requisiti di cui allallegato tecnico al presente decreto. In particolare,
lorganizzazione dei corsi stessi deve:
a. esplicitare le modalità, i piani di studio, le regole di erogazione dei servizi
attraverso una Carta dei Servizi che espone la metodologia didattica adottata e i livelli
di servizio offerti; la Carta stessa deve essere disponibile on line prima
dellinizio delle attività e dovrà:
- individuare gli standard tecnologici e gli schemi descrittivi, quali metadata dei
contenuti e tracciati dei dati anagrafici, utilizzati per descrivere i materiali didattici
on line, gli utenti registrati e i parametri di tracciamento;
- indicare i tempi e le modalità con cui verranno archiviati i tracciamenti a scopo
certificativo e/o di verifica dei percorsi di apprendimento intrapresi dagli studenti, in
analogia al percorso universitario tradizionale;
b. prevedere la stipula di apposito contratto con lo studente per ladesione ai
servizi erogati dalle università telematiche contemplando altresì le modalità di
risoluzione del rapporto contrattuale su richiesta dello studente e garantendo, in ogni
caso, allo studente stesso il completamento del proprio ciclo formativo;
c. prevedere che il materiale didattico erogato ed i servizi offerti, siano certificati da
unapposita commissione composta da docenti universitari;
d. garantire la tutela dei dati personali, adottando tutte le misure di sicurezza previste
dalla vigente normativa;
e. consentire la massima flessibilità di fruizione dei corsi, permettendo sia la
selezione del massimo numero di crediti annuali conseguibili, sia la diluizione di tali
crediti su un ambito pluriennale.
2. La valutazione degli studenti delle università telematiche, tramite verifiche di
profitto, è svolta presso le sedi delle università stesse, da parte di professori
universitari e ricercatori.
3. I corsi di studio a distanza, istituiti dalle Università degli studi, statali e non
statali, e dalle Università telematiche, sono disciplinati in conformità agli
ordinamenti didattici vigenti, ai sensi del decreto ministeriale 3 novembre 1999 n. 509,
ed ai decreti ministeriali concernenti le classi dei corsi di studio di cui allart.
4, comma 2, dello stesso decreto.
4. Il personale docente e ricercatore, a tempo indeterminato, delle università
telematiche è reclutato secondo le modalità di cui alla Legge 3 luglio 1998, n. 210.
Le Università stesse possono, inoltre, avvalersi, mediante la stipula di appositi
contratti di diritto privato, di personale in possesso di adeguati requisiti
tecnicoprofessionali, ai sensi del decreto ministeriale 21 maggio 1998, n. 242.
Art. 5 - Comitato di esperti
1. Per i fini di cui allart. 6, con decreto del Ministro dellistruzione,
università e ricerca, di concerto con il Ministro per linnovazione e per le
tecnologie, è istituito un Comitato di esperti, in possesso di adeguati requisiti tecnico
professionali nel settore dellinnovazione tecnologica e della formazione a distanza.
Il Comitato è costituito di sette componenti di cui tre designati dal Ministro
dellistruzione, università e ricerca e tre dal Ministro per linnovazione e le
tecnologie. Il Presidente è scelto previa intesa tra i Ministri. Il Presidente ed i
componenti del Comitato durano in carica tre anni e possono essere confermati una sola
volta.
2. Il Comitato esprime, sulla base dei criteri e dei requisiti di cui allart. 4,
motivati pareri in ordine alle istanze per laccreditamento dei corsi di studio a
distanza.
3. Per lassolvimento dei propri compiti il Comitato si avvale di una segreteria
tecnica costituita con decreto del Direttore Generale dellUniversità.
4. Ai componenti del Comitato è attribuito, ove competa, il rimborso delle spese di
missione per la partecipazione ai lavori nella misura stabilita dalle vigenti disposizioni
normative in materia.
Art. 6 - Procedure per laccreditamento dei corsi di studio
1. I soggetti pubblici e privati che intendono ottenere laccreditamento dei corsi di
stuido per i fini di cui allart. 2, comma 2, devono presentare al Ministero
dellistruzione, delluniversità e della ricerca apposita istanza corredata
dalla seguente documentazione:
a) copia dellatto costitutivo e dello Statuto, comprensivi di una relazione
illustrativa degli amministratori concernente le azioni per il perseguimento dei fini
istituzionali e la consistenza del patrimonio a disposizione;
b) copia del regolamento didattico di Ateneo, adottato ai sensi e per gli effetti di cui
allart. 11 del decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509;
c) programma di fattibilità delle iniziative didattiche da realizzare con particolare
riferimento al possesso dei requisiti di cui allart. 4 e alle specifiche di cui
allallegato tecnico al presente decreto;
d) programmazione delle risorse di personale amministrativo e tecnico e del personale
docente a disposizione e della copertura dei costi di avviamento delle attività
complessivamente considerate.
2. Le università degli studi statali e non statali che intendono ottenere
laccreditamento dei corsi di studio a distanza provvedono alla trasmissione dei
documenti di cui alle lettere b), c), e d) del comma 1.
3. Entro quindici giorni dal ricevimento dellistanza il responsabile del
procedimento trasmette al Comitato di cui allart. 5 copia della stessa e della
relativa documentazione.
4. Entro lo stesso termine viene disposto linvio al Consiglio Universitario
Nazionale del Regolamento didattico di Ateneo, sul quale lo stesso Consiglio formula
apposito parere nei successivi quarantacinque giorni.
5. Entro quarantacinque giorni dalla ricezione il Comitato formula motivato parere
sullistanza di accreditamento, previa valutazione della sussistenza dei requisiti di
cui allart. 3.
6. Ai fini della formulazione del parere su richiesta del Comitato, è in facoltà del
Ministero dellistruzione, delluniversità e della ricerca, accertare, anche
con visite ispettive, la sussistenza dei requisiti di idoneità delle attrezzature
informatiche e telematiche e degli altri requisiti di cui allart. 4. A tal fine il
Comitato può avvalersi anche di esperti esterni in possesso di comprovati requisiti
tecnico-professionali.
7. Il provvedimento di accreditamento è adottato con decreto del Ministro
dellistruzione, delluniversità e della ricerca sentito il Comitato
Universitario Nazionale, previo parere motivato formulato dal Comitato, entro trenta
giorni dal ricevimento dello stesso. Ove ricorrano particolari necessità istruttorie, il
termine di cui al comma 5 può essere prorogato, a cura del responsabile del procedimento,
per non più di sessanta giorni.
8. Il provvedimento di diniego dellaccreditamento idoneamente motivato, è adottato
con le stesse modalità di cui al comma 7.
9. I decreti di cui ai commi 7 e 8 sono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della
Repubblica Italiana.
Art. 7 - Effetti e limiti di validità dellaccreditamento
1. Il provvedimento di accreditamento di cui allart. 6, comma 7, abilita
lUniversità richiedente ad attivare i corsi di studio a distanza, esclusivamente a
decorrere dalla data del provvedimento stesso.
2. Per i fini di cui allart. 2, comma 2, il provvedimento di accreditamento approva,
altresì, lo statuto delluniversità telematica ed autorizza lUniversità
stessa al rilascio dei titoli accademici al termine dei corsi di studio a distanza per i
quali è stata prodotta la relativa istanza. I predetti titoli hanno identico valore
legale di quelli rilasciati ai sensi del decreto ministeriale 3 novembre 1999 n. 509.
3. Ai fini dellaccertamento della permanenza dei requisiti di cui allart. 4,
il Ministero dellistruzione, delluniversità e della ricerca, dispone, con
periodicità almeno quinquennale ed anche su proposta del Comitato, verifiche ispettive a
campione presso le Università di cui al comma 1.
4. Qualora vengano accertati fatti modificativi dei requisiti, può essere adottato,
previo contraddittorio con le Università, decreto, idoneamente motivato, di revoca
dellaccreditamento, previo conforme parere del Comitato. Il decreto di revoca è
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
Art. 8 - Disposizioni finali
1. Le università telematiche di cui allarticolo 2, comma 2, non possono produrre
istanze per il rilascio dei titoli accademici contemplati dallart. 1, comma 1,
lettera a) della legge 2 agosto 1999 n. 264, nonché dei diplomi di specializzazione di
cui allarticolo 34, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368.
2. Le istanze per laccreditamento dei corsi di studio universitari a distanza delle
università telematiche che prevedano, per il perseguimento di specifici obiettivi
formativi, particolari attività pratiche e di tirocinio, disciplinate da disposizioni di
legge o dellUnione Europea, ovvero che prevedano la frequenza di laboratori ad alta
specializzazione, potranno essere valutate previa stipula di apposite convenzioni con le
Università degli studi statali e non statali.
3. Le procedure di cui allarticolo 6 si applicano in ogni caso di iterazione di
nuove istanze per laccreditamento di corsi di studio a distanza. |
Università : "Tavola" per le risorse,
martedì 14 luglio al Senato, col Ministro Tremonti |
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Giulio Tremonti
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Senato della Repubblica
|
Giuseppe Valditara
|
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MariaStella Gelmini
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Tavola Rotonda
"UNIVERSITÁ: VERSO LA RIFORMA
Martedì 14 luglio, al Senato della Repubblica,
Sala Capitolare presso il Chiostro
del Convento di Santa Maria Sopra Minerva Piazza della Minerva, 38, ROMA
Introducono: |
Sen.
Gaetano Quagliariello, Ord. di Storia Contemporanea:
"IL RECLUTAMENTO E LA PROMOZIONE" |
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Sen. Giuseppe Valditara, Ord. di
Diritto Pubblico:
"GOVERNANCE E RISORSE" |
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PROGRAMMA
- Martedì 14 luglio 2009
ore 15.00 Saluto introduttivo Sen. Maurizio Gasparri,
Presidente Gruppo PdL Senato.
Iª SESSIONE - "IL RECLUTAMENTO E LA PROMOZIONE"
- ore 15.10-15.20 Introduzione: Senatore Gaetano Quagliariello, Professore Ordinario di
Storia contemporanea
- IIª SESSIONE - "GOVERNANCE E RISORSE"
- ore 16.20-16.30 Introduzione: Senatore Giuseppe Valditara, Professore Ordinario di
Diritto Pubblico, Segretario della Commissione Istruzione del Senato.
DIBATTITO 16.30-17.30 .
CONCLUSIONI
Ore 17.30-17.45 On. Giulio Tremonti, Ministro dell'Economia e delle Finanze;
Ore 17.45-18.00 On. Mariastella Gelmini, Ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca
INVITATI
Prof. Enrico Decleva, Presidente CRUI
Prof. Massimo Egidi, Rettore LUISS
Prof. Guido Fabiani, Rettore Uniroma3
Prof. Luigi Frati, Rettore La Sapienza
Prof. Giovanni La Torre, Rettore Università della Calabria - Cosenza
Prof. Roberto Lagalla, Rettore Università di Palermo
Prof. Andrea Lenzi , Presidente CUN
Prof. Angelo Maria Petroni, Segretario Generale ASPEN
Prof. Francesco Profumo, Rettore Politecnico di Torino
Dott. Gianfelice Rocca, Vice Presidente per l'Education Confindustria
Prof. Salvatore Settis, Rettore Scuola Normale Superiore di Pisa
Prof. Angiolino Stella, Rettore Università di Pavia
Dott. Luigi Angeletti, Segretario Generale UIL
Dott. Raffaele Bonanni, Segretario Generale CISL
Diego Celli, Presidente del CNSU
Giorgio Paterna, Studente
Andrea Volpi, Studente
Sen. Maurizio Gasparri, Presidente Gruppo PdL Senato
On. Fabrizio Cicchitto, Presidente Gruppo PdL Camera
Sen. Gaetano Quagliariello, Vice Presidente Vicario Gruppo PdL Senato
On. Italo Bocchino, Vice Presidente Vicario Gruppo PdL Camera
Sen. Guido Possa, Presidente Commissione Istruzione del Senato
Sen. Giuseppe Valditara, Segretario Commissione Istruzione del Senato
Sen. Anna Finocchiaro, Presidente Gruppo PD Senato
Sen. Nicola Rossi, Componente Commissione Bilancio Gruppo PD Senato
Sen. Vittoria Franco, Componente Commissione Istruzione Gruppo PD Senato |
Nino Luciani, Attesa che
TREMONTI apra la via su
quale "autonomia universitaria" e quali "risorse"...
Se lo Stato persiste nel tagliare i fondi, è ineludibile che
assuma su di sè il compito di finanziare il diritto allo studio, e conseguentemente
liberalizzi
i contributi studenteschi.
1. DDL bloccato, a causa di TREMONTI. Il DDL del Ministro Gelmini -
informale - su "Reclutamento e Governance" è bloccato da qualche mese, e ciò
sottopone il Ministro a dura pazienza. Una Conferenza Nazionale sull'Università da noi
organizzata per il 10 luglio a Bologna, con la partecipazione dei Sindacati Universitari,
è stata sospesa in seguito al silenzio-rifiuto del Ministro di parteciparvi, sia in prima
persona, sia con un suo Consigliere. Motivo ? Impossibile ...se, prima, il DDL non passa
per il Consiglio dei Ministri.
Ma guardiamo più fondo.
Per quanto riguarda il reclutamento, Il DDL si propone un
grande salto di qualità nella selezione dei docenti:
- in luogo dei "soli" tre concorsi attuali per l'accesso alle tre fasce
via via superiori, si passa a 7 concorsi ( 3 abilitazioni nazionali, 3 concorsi locali, 1
concorso per il Dottorato di ricerca, in origine), più la valutazione quadriennale
dell'ANVUR:
- le commissioni nazionali sono sorteggiate, ecc. ecc..
MA, IN CORRISPONDENZA AI VARI LIVELLI QUALITATIVI, NULLA E' DETTO DI
RETRIBUZIONI, ad eccezione del blocco della retribuzione se la valutazione dell'ANVUR è
negativa.
Per quanto riguarda la Governance, il DDL si propone un
miglioramento della capacità decisionale degli Atenei, da un lato, tagliando le unghie al
Rettore con limitazioni alla durata del mandato, ma da altro lato con la trasformazione
del Direttore Amministrativo in DIRETTORE GENERALE, che dunque diverrebbe la guida suprema
(mentre il Rettore darebbe pareri per didattica e di ricerca).
Inoltre il DDL si propone di realizzare un migliore fealing delle Università col
mondo delle imprese mediante la collocazione di esterni nel Consiglio di Amministrazione
(magari in posizione maggioritaria, rispetto ai professori).
MA IN CORRISPONDENZA AL MAGGIORE POTERE NORMATIVO
DELL'AMMINISTRAZIONE, NULLA SI DICE DEL POTERE FINANZIARIO, PUR DECISIVO PERCHE' ALLE
PAROLE SEGUANO I FATTI.
Quanto evidenziato (e che tende a mostrare che il DDL pensa di
fare "le nozze con i fichi secchi", è forse la chiave per spiegare le attuali
resistenze al DDL e fors'anche spiega l'iniziativa del SENATO: vale dire,
questo ha chiamato la GELMINI e TREMONTI, a chiudere i lavori, ma facendo parlare
Tremonti, prima della Gelmini.
Questa situazione è motivo di grave
disappunto, dalle associazioni culturali e sindacali universitarie, e forse
questa è la ragione per cui non sono state invitate a questa "tavola"
2. Verso dove andare ? A parte le questioni finanziarie, su cui
torno al punto 3, a mio parere, la parte relativa al RECLUTAMEMNTO ha un buon impianto, ma
al suo interno contiene inquinamenti così rilevanti, da far presagire l'implosione del
tutto. |
E' un buon impianto:
l'abilitazione nazionale a tre livelli, la separazione del reclutamento dalla progressione
in carriera, il concorso locale.
La parte inquinante è troppo lunga e noiosa da motivare. Per
una concretezza, clicca sui nostri emendamenti
al DDL reclutamento.
La parte relativa alla GOVERNANCE è, invece, tutta da buttare, perchè
tende a riportare le cose a come erano prima della riforma RUBERTI, quando le Università
erano organi decentrati dello Stato. Abbiamo già sofferto fin troppo di mala
amministrazione (perchè gli amministrativi conoscono l'università solo per quanto si
ricordano dei tempi della laurea). Il buon governo è, invece, quello che separa la
direzione della politica universitaria (che va riservata ai professori), dalla direzione
gestionale e attuativa (che va riservata agli amministrativi), ma con modi appropriati.
Anche su questo, non mi dilungo con motivazioni, e per una concretezza, clicca sui
nostri emendamenti al DDL
"governance". 3.- Cosa
ci attendiamo da TREMONTI. Il Ministro Tremonti è ben noto per ragionamenti,
grosso modo, in questi termini:"Ho tagliato i fondi per indurre le università ad
auto-redimersi. Riaprirò la borsa solo dopo averci visto chiaro sui futuri
progetti". Ma quanto questa idea non porti a nulla (anzi crei danno) l'abbiamo
constatato. Il Seminario sarà cosa quasi oziosa, se vivrà l'equivoco circa il grado di
"non autonomia" che si vuole confermare: si ponga fine ad una autonomia a
parole, ma in libertà vigilata nei fatti, in cui nessuno (Università e Stato) risponde
di niente in modo esclusivo.
Nel "contratto con gli italiani" del precedente governo,
Berlusconi si era impegnato per una vera autonomia universitaria. Direi che, se
TREMONTI vuole recuperare credibilità, dovrebbe dirci come definisce la autonomia
universitaria. Il resto viene da sè.
Un Governo che non riconoscesse l'autonomia universitaria, dovrebbe
sostituirsi ad essa, con quanto ne consegue, sia pur mediante un DIRETTORE GENERALE, come
prima della riforma Ruberti. Ma abbiamo già visto che il Miur non è attrezzato ad hoc e
quante brutte figure ha fatto.
Un Governo che riconoscesse l'autonomia delle università, dovrebbe
comportarsi con loro come fa una normale famiglia che manda i propri figli in una scuola
privata.
Precisamente, dopo aver verificato se essa è una scuola seria (tra cui
l'avere i requisiti strutturali e didattici di legge), vi iscrive i propri figli e paga la
retta scolastica.
Nel caso dello Stato, la sola differenza è che, essendo esso, un
"monopsonista", potrebbe discutere, con le università, la retta. Ad es., lo
Stato potrebbe regolarsi col costo standard per studente, sia pur distintamente tra
Facoltà umanistiche e Facoltà scientifiche. Le università con i costi minori (ossia
più efficienti) sarebbero automaticamente premiate, e le altre, punite (senza bisogno di
quei tali parametri fasulli, usati per ripartire il FFO, che tanto sanno di Unione
Sovietica, e da cui derivarono i suoi fallimenti).
L'autonomia va fondata sulla "liberalizzazione" dei
contributi studenteschi. Da noi i contributi studenteschi sono legati al diritto
allo studio, con differenziazioni tra gli studenti, in base al bisogno e al merito.
Questo è un vero pasticcio, perchè una università non può essere
considerata, al tempo stesso, una azienda, ed una erogatrice
di socialità. Delle due l'una, se si vuole far vincere la responsabilità e il
merito.
Tuttavia, poichè con la detta liberalizzazione, verrebbe intaccato il
diritto allo studio, che anzi va rafforzato, lo Stato dovrebbe caricarlo
direttamente su di sè (con borse di studio e bonus università, erogati direttamente agli
studenti). In questo senso, le Università determinerebbero i contributi residualmente,
per il pareggio del bilancio. N.L. |
|
TERZA EDIZIONE STRAORDINARIA - ELEZIONI DEL RETTORE
Soprattutto, per vincere come
"scienza",
dovremo non essere collusi con la politica,
e prendere le distanze da certo
"fideismo", tra noi,
che tuttora confonde la chimica con la stregoneria
Risultati della votazione finale per il rettore
IVANO DIONIGI ELETTO RETTORE
(Vittoria soprattutto per regalo del Challenger ... )
|
Risultati della
terza votazione per il rettore
Su 2832 aventi diritto al voto: votanti 2054, non votanti 608
Barbiroli |
2 |
0.1 |
Braga |
652 |
29,0 |
Cantelli Forti |
740 |
32.9 |
Dionigi |
848 |
37.7 |
Grandi |
1 |
|
Sassatelli |
1 |
|
Segrè |
.7 |
.0,3.. |
TOTALE VOTANTi |
2244 |
100,00 |
|
Giorgio Cantelli Forti
|
IL NUOVO RETTORE
USCIRA' DAL BALLOTTAGGIO
giovedì 28 maggio 2009, tra
CANTELLI FORTI e
DIONIGI
|
Ivano Dionigi
|
La lezione
delle 3 prime votazioni:
Evidenziate DUE CONCEZIONI della "DISCONTINUITA" ,
ma che possono VINCERE solo se si CONGIUNGONO
Cantelli (voti 740) + Braga (voti 652),
totale voti 1392,
contro Dionigi,
voti 848, sostenuto dal rettore Calzolari
1.- In estrema sintesi, la macchina elettorale ha
evidenziato un netto orientamento degli elettori in favore della discontinuità, rispetto
all'attuale Rettore, tra l'altro, censurato di nuovo dal TAR (vedi
a fianco). Tuttavia sono emerse due concezioni della "discontinuità" : quella
di Cantelli Forti, di tipo gestionale e amministrativo; e "quella" di Braga, di
tipo politico-funzionale per la ricerca e la didattica, centrata sull'apporto dei giovani,
e che guarda alla nuova società.
Poichè nessuna delle due, separatamente, ha ottenuto i voti sufficienti, appare
evidente che le due "discontinuità" possono funzionare solo se trovano una
congiunzione !
Penseranno i due candidati massimamente
discontinui a come garantire questo, ora che uno solo di loro va al ballottaggio, in un
accordo per squadra e programma che ricomprenda area umanistica e area tecnica.
2.- Ma anche va tenuto in conto che, al terzo
turno, è comparso un nuovo grande elettore, il prof. "Astensione" (608 voti) :
gli chiediamo di presentarsi giovedì alle urne.
3. Non solo questo:
a) A Bologna esistono 3 Palazzi:
regione, provincia, comune. L'ateneo non dev'essere un Palazzo, ma la casa di noi
tutti, in particolare dei giovani ricercatori, che sono le nostre vere speranze;
b) chi pensa, poi, che le materie umanistiche non abbiano le
esigenze di grandi tecnologie deve rendersi conto che questo mondo è cambiato e che
cartografie, libri, schede ecc. richiedono grandi e costosi laboratori, per il circolo
internazionale, se vogliono competere a livello globale. Tutte le facoltà, oggi, sono
altamente tecnologiche.
c) la competizione è risultata accesa, ma l'interesse
dell'ateneo è che si collabori in modo paritetico e interdisciplinare: il nuovo rettore
eredita una situazione di disordine sotto il profilo amministrativo, del decision making,
perfino nel tracciare la rotta per il futuro.
Per risolvere problemi così gravi solo l'accordo tra gli elettori che hanno
dimostrato di volere veramente un netto cambiamento può essere lo strumento
risolutivo. |
ANCHE
dal TAR Emilia-Romagna
una BOCCIATURA di CALZOLARI
Accolta la sospensiva
dei ricorrenti
CONTRO IL DINIEGO GENERALIZZATO
del biennio, dopo i 70 anni
I giornali nazionali hanno dato la
notizia, di cui al titolo, più sopra.
E' noto che una legge recente, nel quadro delle economie di spesa
volute dal Governo, aveva dato facoltà alle università di negare la concessione di
ulteriori 2 anni in ruolo, dopo la maturazione dell'età pensionabile.
Ma legge stessa richiedeva che le università non generalizzassero l'eventuale diniego, ma
distinguessero da caso a caso, in relazione alla possibilità di garantire la continuità
degli insegnamenti per gli studenti.
Si ricorda, inoltre, che altra normativa impedisce di
bandire nuovi concorsi, per tanti posti quanti se ne vanno via via liberando. In questo
senso, il suddetto diniego generalizzato rischia di creare dei veri e propri vuoti
didattici, per tempi non controllabili nè prevedibili.
Spiace, in conclusione, che debba essere la Magistratura
per salvaguardare interessi fondamentali dell'Alma Mater, mentre questo dovrebbe essere il
compito del Rettore. |
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ELEZIONI DEL RETTORE
Lunedì 25 maggio, terza votazione
RIFLESSIONI PER LA DOMENICA |
Dopo il tavolo pubblico del 21 maggio e le ulteriori lettere dei
candidati,
e dopo il ritiro di Segrè e la risposta di
Cantelli Forti |
Giorgio Cantelli Forti
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IL BUON GOVERNO
possibile per l'ALMA MATER
CANTELLI FORTI for PRESIDENT
e una squadra che ricomprenda
SEGRE', SASSATELLI E GRANDI |
Andrea Segrè
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IL BUON
GOVERNO POSSIBILE
Ma ancora manca il placet degli elettori !
Dopo le lettere, di ieri, dei candidati
rettori, anche noi ringraziamo i nostri lettori: 932 visite, giovedì mattina, data
dell'avviso sul tavolo pubblico del pomeriggio (un numero maggiore dei votanti del
candidato più votato).
Non solo questo. La lettera di ritiro del Preside SEGRE', e l'impegno positivo di
CANTELLI FORTI di salvarne il programma (per le parti di comune veduta), apre la via ad
una soluzione significativa per il BUON GOVERNO. Spetta agli elettori convalidarla.
A nostro avviso, serve associare l'esperienza e la pelle dura manageriale di
un CANTELLI FORTI "discontinuo" (per la Pubblica Amministrazione, la
"alternanza" è la via che la rianima), alla innovatività dei TRE ex-candidati:
SEGRE' , SASSATELLI e GRANDI, sia per le affinità di visioni e di programma con Cantelli
Forti, sia per avere al governo tutti i "linguaggi"
dell'Ateneo.
a) Un' occhiata al programma di Segrè. Già dalla prima ora
avevamo segnalato il programma innovativo di questo"giovane" (giovane, si fa per
dire, rispetto a noi, con i capelli bianchi), che ha mostrato originali di obiettivi, pur
se ancora bisognoso (penso) di apprendistato, in vista della staffetta al prossimo giro.
Col suo ritiro, senza nulla chiedere, si realizzano le condizioni di correttezza
per il rettorato, che sta per cominciare. Niente inciuci. Ma la risposta immediata di
Cantelli Forti ci pare eloquente, quanto basta.
Non abbiamo bisogno di ripercorrere tutto il programma di Segrè. Fin dalla prima ora,
abbiamo scritto (clicca su Segrè):
"In questa settimana il Preside di Agraria ha distribuito capillarmente
in Ateneo un libretto cartaceo, in cui illustra il suo programma di rilancio della nostra
università. L'iniziativa di Segrè si distingue per l'eccezionale dote comunicativa,
chiarezza dei propositi e grafica... Ci sono aspetti che mi sembrano innovativi per la
presa di coscienza dell'importanza strategica di alcuni obiettivi e del modo di
raggiungerli. Notevole, a questo proposito, è il suo schema di governance, in cui compare
in primo piano la "squadra", più che il Rettore".
Mi era piaciuta anche la chiarezza con cui proclamava la natura
pubblica dell'Università". |
ANCHE UNA LETTERA DAL MIUR
Per Governance e Stato giuridico
E' di questi ieri
la seguente lettera, pervenutaci dal MIUR:
"A seguito dellincontro tenutosi in data 19 maggio u.s., in
vista della presentazione del disegno di legge Università il prossimo 12 giugno, si
chiede alle SS.VV. di voler cortesemente inviare, a questo indirizzo di posta elettronica,
eventuali valutazioni, osservazioni e riflessioni sui temi trattati nel corso
dellincontro e cioè su governance, reclutamento, personale docente e non, e su
altri che le SS.VV. ritengano di particolare rilievo."
Per una visione del testo, esso si trova nella edizione della scorsa
settimana. Clicca su: Progetto governativo.
Il governo dell'Ateneo sarà un buon governo se sarà anche
propositivo sulle riforme dello Statuto e lo stato giuridico, in dirittura dìi arrivo al
Consiglio dei ministri.
Ci rivolgiamo ai nostri lettori perchè ci aiutino in questo compito. Per una
visione del testo ministeriale (anche se non definitivo), clicca su :
Detto questo, ci sia consentito domandare: quali dei candidati a rettore, amanti
dei ricercatori (e che più di sono riempiti la bocca in favore dei ricercatori)
hanno dimostrato di conoscere i fondamentali e tragici problemi dei nostri ricercatori ?
Pur essendo docenti, da anni, a tutti gli effetti, non è loro riconosciuta
la funzione docente; hanno retribuzioni iniziali da sottoproletariato ( 1.200 al
mese); non hanno possibilità di carriera perchè è tutto bloccato. |
b) La
risposta di Cantelli Forti (ieri). Ripropongo
"la validità del mio programma, largamente compatibile con quello del prof.
Segrè."
Le linee salienti del mio programma e i prerequisiti per la
sostenibilità finanziaria, organizzativa ed etica dei progetti di sviluppo di tutte le
aree culturali dellAteneo sono:
1) un quadro coerente di compatibilità finanziarie, istituzionali e organizzative
per i progetti di sviluppo di tutte le aree culturali dellAteneo;
2) un governo partecipato e non oligarchico dellAteneo. Ciò costituisce il
presupposto essenziale per la valorizzazione della qualità dei docenti e ricercatori
nella didattica, nella ricerca e nelle attività organizzative e gestionali a loro
supporto per le progressioni di carriera e lestensione del reclutamento;
3) la semplificazione dei processi gestionali e decisionali di tutti gli organi;
4) una totale discontinuità con la centralizzazione e linefficienza
dellAmministrazione attuale che tende ad autoperpetuarsi, come dimostrano le recenti
conferme di quasi tutti i suoi dirigenti e di coloro che vi hanno partecipato attivamente;
5) la realizzazione dei progetti edilizi avviati e di altri da troppo tempo
dilazionati per assicurare a tutti condizioni dignitose e sicure di lavoro e di studio.
6) lapertura dellAteneo verso lesterno (per chiedere consensi e
risorse), il che può essere tanto più credibile quanto maggiori saranno la trasparenza
delle decisioni e le ricadute positive sulla società." |
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Edizione straordinaria - UNIVERSITAS News
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PER
L'ALTERNANZA A CALZOLARI, MA QUELLA VERA |
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ELEZIONI DEL RETTORE UNIVERSITA' DI BOLOGNA
(lunedì 25 maggio, terza votazione)
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Proposto da Segrè, e
accettato dai "rimasti" |
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"Tavolo pubblico tra i candidati
per confronto aperto sul programma" ?
OGGI A VIA BELMELORO 14 , AULA A, ORE 17
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Teniamo duro per l'alternanza a Calzolari
e battiamo la destabilizzazione dell'Ateneo
Un tavolo di questo genere è un giochino
inventato per fare un cartello (come fanno gli "oligopolisti del mercato" e
obbligare i consumatori verso una via chiusa), magari col ritiro della candidatura
in cambio di qualcosa, anche se ufficialmente motivato dalla "convergenza su un
programma".
Ci dispiace che la proposta sia stata accettata da altri, perchè
il tavolo equivale coinvolgere nel giochino gli elettori meno attenti.
Noi abbiamo convocato tanti tavoli, per gli elettori e i
candidati. Ma il principale problema attuale è un altro: cosa sarà e cosa potrà fare il
nuovo Rettore a fronte dell'azione pressante e congiunta che Calzolari e la Dirigenza
Centrale stanno mettendo in atto in questo ultimo periodo, per garantirsi quella
"continuità" che tutti i candidati, più o meno apertamente, hanno rifiutato ?
Non vogliamo parlare della vox populi (ne ha già parlato Dario Braga nella
sua ultima lettera agli elettori) circa interventi di Calzolari a favore di Dionigi, ma di
vere e proprie delibere che legheranno le mani del successore e che sono tutte dirette ad
ottenere nei fatti proprio quella "continuità" che rifiutiamo tutti (docenti,
non docenti, persino i rappresentanti degli enti di sostegno della Romagna).
Ci riferiamo in particolare:
- all'ultimatum ("o lo fate voi entro un
mese, o lo faccio io") dato da Calzolari al Collegio dei Direttori Dipartimento per
la riforma di queste strutture di ricerca affinchè vengano adeguate alle "aree"
sulle quali si basano le Scuole di Dottorato: e poi vedremo se e come verranno modificati
i criteri di valutazione della produttività scientifica;
- alla delibera del Consiglio di Amministrazione di questa settimana
che ha riconosciuto a 20 dirigenti il pieno raggiungimento degli obiettivi prefissati, e a
2 soltanto un parziale raggiungimento: così si è prefigurato il rinnovo per un ulteriore
triennio di questi 22 incarichi dirigenziali e tutti sappiamo quanto spazio si è presa in
questi anni la Dirigenza amministrativa centrale;
- alla recente circolare dei Dirigenti Area Programmazione e Controllo, e
Area di Ragioneria nella quale si informa che a supporto del Progetto di
configurazione del sistema di contabilità analitica COAN in atto presso il
nostro Ateneo, è stato realizzato uno Spazio Virtuale di collaborazione in cui gli utenti
interessati possono consultare il manuale di contabilità analitica: un modo assai
maldestro per rispondere alle nostre critiche sulla mancanza di un programma informatico
di contabilità degno di questo nome, e di un regolamento di contabilità che,
individuando i centri di spesa, individui anche chi è responsabile e di che cosa.
Questi sono tutti interventi volti a garantire la continuità
dell'azione di comando centralistica e di una piccola casta che si sono realizzate durante
il Rettorato Calzolari e che ha portato ai risultati negativi ben noti per tutti noi.
Questo disegno sarebbe ancor più garantito dalla elezione del
candidato di Calzolari e della Dirigenza centrale.
Noi abbiamo sempre avuto a cuore la sorte del nostro Ateneo, perciò sentiamo
l'obbligo, cari Colleghi elettori, di farvi partecipi di questa nostra opinione nata da
fatti forse sfuggiti ai molti, nella certezza che siete ben in grado di valutare da soli e
di agire di conseguenza con il vostro voto.
Guardate non solo alle idee dichiarate, ma anche alla capacità operative e alla
credibilità di chi ha portato sulla propria pelle le negatività del sistema attuale. |
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Risultati del
sondaggio sulle "intenzioni di voto"
(Sondaggio universale, ossia non campionario)
In totale i voti validi espressi sono stati 92
(si vegga, sotto, il riparto tra i candidati).
Il sondaggio è stato partecipato oltre che da docenti e ricercatori
confermati (ossia da aventi diritto al voto), da personale tecnico e amministrativo e
ricercatori non confermati (ossia da persone non aventi diritto).
Un aiuto alla loro interpretazione è associare detta cifra al numero dei
visitatori del Foglio "Universitas News" che ha promosso il sondaggio, nello
stesso periodo (aprile). I visitatori sono stati 2.989 e
dunque i votanti sono stati il 3%.
Vista la grande distanza tra le due cifre (92 e 2989),
la spiegazione istintiva è che il grosso dell'elettorato non ha ancora scelto.
Ma c'è una seconda spiegazione, più realistica. Questo sondaggio appartiene
alla categoria dei social-referendum, per i quali è ben nota l'allergia degli internauti,
a utilizzarli. Lo conferma il recentissimo social-referendum di "Face
Book": su 200 milioni di utenti, hanno risposto 600 mila, pari allo
0,3%.
A questo punto, avere avuto noi il 3% è stato un "risultato"
interessante ? Lo vedremo dopo il primo turno.
Votanti: numero 92
pari al 3,26 % dei 2819 docenti, aventi libertà di indicare l'intenzione
di voto |
|
Voti espressi |
% |
Proiezione dei voti, se si
applica
la % al totale degli aventi diritto |
Barbiroli Giancarlo |
1 |
1,09 |
31 |
Braga Dario |
13 |
14,13 |
398 |
Cantelli Forti Giorgio |
41 |
44,57 |
1256 |
Dionigi Ivano |
11 |
11,96 |
337 |
Grandi Roberto |
6 |
6,52 |
184 |
Sassatelli Giuseppe |
4 |
4,35 |
123 |
Segrè Andrea |
16 |
17,39 |
490 |
TOTALE |
92 |
100,00 |
2.819
(esclusi i 33 studenti del CS) |
|
|
"Indagine
conoscitiva sui problemi economici e finanziari delle università"
Dati i risultati, sono iniziate varie
audizioni, tra cui del Miur, della CRUI, del CUN, e ne sono attese altre
|
Il 31 marzo 2009 ha
avuto luogo AUDIZIONE
delle Organizzazioni Unitarie della Docenza
ADU, ADI, ANDU, APU, CISAL Universita', CISL Universita', CNU,
CNRU,
FLC CGIL, SUN, UIL P.A.-U.R. AFAM, UDU, UGL Universita' e Ricerca
(Per il significato e i responsabili delle sigle, vedi sotto*
)
Resoconto dell'Audizione (Atti Senato)
Presentato anche un documento scritto
sul finanziamento dell'Università |
|
Legislatura 16º - 7ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 93 del
31/03/2009
Seguito dell'indagine conoscitiva sui problemi economici e
finanziari delle università:
audizione di rappresentanti di ADU, ADI, ANDU, APU, CISAL Università, CISL Università,
CNU, CNRU, FLC CGIL, SUN, UIL PA-UR AFAM, UDU, UGL Università e ricerca.
Riprende l'indagine conoscitiva, sospesa nella
seduta del 29 gennaio scorso.
Il PRESIDENTE introduce l'odierna audizione dei
rappresentanti delle organizzazioni sindacali del comparto università e ricerca, cui dà
il benvenuto.
Prende indi la parola il professor Mauro SERAFINI, segretario organizzativo nazionale
dell'Associazione docenti universitari (ADU), il quale pone in luce preliminarmente
l'estrema sofferenza del settore dal punto di vista tanto delle risorse quanto
dell'incertezza del quadro legislativo, tale da impedire il ricambio generazionale. Fa
presente poi che le organizzazioni sindacali hanno presentato un documento unitario, nella
prospettiva di instaurare un dialogo proficuo sui principali problemi dell'università.
Il professor Valerio BROCCATI, segretario nazionale della FLC CGIL, descrive indi i
presupposti su cui si fonda il documento unitario dei sindacati, quali anzitutto il
carattere di bene pubblico dell'università e dell'istruzione superiore nonché la
necessità di assicurare prestazioni unitarie nel sistema, pur rispettando l'autonomia. Si
sofferma poi sulle risorse, rimarcando negativamente che il sottofinanziamento del
comparto rappresenta un dato strutturale, considerati gli scarsi investimenti in risorse
umane e materiali. Nel riconoscere comunque l'esigenza di una corretta gestione economica
e di conseguire risparmi, lamenta l'incidenza dei tagli sul settore, comunicando che
secondo alcune stime elaborate dalla CGIL oltre i tre quarti degli atenei supereranno a
breve il tetto del 90 per cento del rapporto tra spese fisse rispetto al Fondo di
finanziamento ordinario (FFO), con conseguente blocco delle assunzioni. Occorre pertanto a
suo giudizio un finanziamento pluriennale che incentivi le università ad una
programmazione di lungo periodo delle risorse disponibili e del personale.
Con particolare riferimento alla valutazione, reputa necessario introdurre un sistema
attendibile tale da certificare anche il corretto uso dei fondi. Invita quindi ad
individuare con chiarezza il fabbisogno di docenti e ricercatori nella prospettiva di una
riforma del reclutamento e dello stato giuridico, evidenziando che mentre il numero di
docenti è cresciuto, quello del personale tecnico-amministrativo è diminuito. Si è
registrato inoltre, segnala, un incremento del lavoro precario che ha determinato una
perdita di qualità dell'offerta formativa, mortificando la crescita professionale del
personale.
Ritiene perciò essenziale un reclutamento straordinario che consenta gradualmente di
stabilizzare il personale in maniera selettiva e mirata, in considerazione anche degli
imminenti pensionamenti, nonché una programmazione stabile degli accessi, al fine di dare
continuità al settore. In tale ottica giudica preferibile istituire una forma prevalente
o unica di accesso, a partire dai ricercatori con contratto a tempo determinato, soggetti
poi a periodiche valutazioni con riguardo alla produzione scientifica, in modo da
risolvere le problematiche connesse ai concorsi e assicurare certezza nei tempi, senza
continui rinvii.
Si sofferma altresì sul governo degli atenei, ipotizzando un sistema di rappresentanza
delle autonomie in cui prevedere una componente elettiva su base non disciplinare e non
gerarchica, accompagnata da esponenti degli atenei e della società civile, tanto più che
l'attuale meccanismo imperniato sul Consiglio universitario nazionale (CUN) e sulla
Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) rischia, rispettivamente, di non
garantire flessibilità né di esprimere in modo unitario la complessità del sistema.
Rileva infine ulteriori criticità del comparto, come ad esempio la sovrapposizione di
ruoli di indirizzo e gestione, tale da impedire una chiara imputazione di responsabilità,
la necessità di rendere non rinnovabile il mandato dei rettori, onde svincolarli da
logiche di ricatto, nonché la riconduzione della docenza al ruolo che le è proprio,
nella prospettiva di una maggiore trasparenza e chiarezza.
Il dottor Giovanni RICCO, segretario nazionale dell'Associazione dottorandi italiani
(ADI), fa presente che l'Italia spende percentuali minime del prodotto interno lordo per
la formazione e la ricerca, specialmente se confrontata con la media dei paesi OCSE. Il
sottofinanziamento del comparto, unito alla mancanza di una adeguata valutazione della
didattica e della ricerca, hanno perciò contribuito a suo giudizio all'estensione del
precariato e all'abbassamento della qualità del sistema formativo, atteso che spesso
prevalgono requisiti non meritocratici. Occorre inoltre a suo giudizio un approfondimento
sulla cosiddetta "fuga dei cervelli", motivata sia dal maggior riconoscimento
economico ottenibile all'estero, sia da una migliore valutazione rispetto al merito.
Lamenta quindi il peggioramento della situazione a causa dei tagli al FFO e del blocco del
turn over.
Dopo aver invitato ad una maggiore cautela nel giudizio sui dati riguardanti i corsi di
laurea e la spesa per studenti, reputa indispensabile l'acquisizione di informazioni
affidabili sul precariato nell'università, sottolineando altresì la penuria di sbocchi
lavorativi per i dottori di ricerca, i quali non trovano riconoscimento né
nell'università, né tanto meno nella pubblica amministrazione e nel mondo del lavoro in
generale, che non valorizza tale livello di conoscenza. In proposito, pone l'accento
sull'opportunità di offrire ai dottori di ricerca maggiori possibilità occupazionali
anche attraverso incentivi fiscali ai datori di lavoro privati
che intendano assumere tali figure.
Il professor Giorgio FARAGGIANA, membro del direttivo dell'Associazione nazionale docenti
universitari (ANDU), nel rimarcare a sua volta la condivisione del documento unitario, fa
presente che spesso le università considerate virtuose sono quelle che fanno più ricorso
al precariato, con conseguente penalizzazione per gli atenei che impiegano personale a
tempo indeterminato.
Rimarca quindi la necessità di adeguare il ruolo dei ricercatori ai fini dell'inserimento
nel mondo accademico, tenuto conto che essi rappresentano un supporto basilare per la
didattica.
Suggerisce infine di acquisire dati disaggregati relativi al numero dei ricercatori
presenti a livello nazionale, e in particolare alla percentuale di coloro che svolgono
attività didattica.
L'avvocato Riccardo MARINI, segretario generale aggiunto della CISAL università, nel
rilevare le distorsioni del concetto di autonomia dovuto a suo giudizio anche allo
eccessivo potere regolamentare delle università, giudica necessaria una revisione del
governo del sistema,
tanto più che attualmente si registra una certa disomogeneità fra atenei. Reputa perciò
imprescindibile un quadro generale che individui con chiarezza le responsabilità degli
organi di governo, accompagnato da controlli più incisivi anche attraverso ad esempio
revisori di
nomina esterna.
Evidenzia altresì l'esigenza di aumentare la mobilità tra atenei, lamentando che con
riguardo alle facoltà di medicina spesso non si tiene conto della duplice attività
svolta dal personale, impegnato non sono nella didattica ma anche nell'assistenza. Rileva
a sua volta il decremento
del personale tecnico-amministrativo, deplorando la marginalizzazione delle figure dei
tecnici i quali non possono svolgere attività didattiche.
Nel segnalare che spesso gli atenei non sono in grado di usufruire dei finanziamenti
europei, comunica con disappunto che molte università disapplicano la legislazione
vigente in materia di equa distribuzione dei |
Il documento
presentato
PRO-MEMORIA SUL FINANZIAMENTO DELL'UNIVERSITA'
Noi crediamo che qualsiasi intervento normativo non possa
prescindere dal rigoroso rispetto di alcuni valori fondativi che rappresentano la parte
migliore della storia e dell'esperienza dell'Universita' italiana, valori che desideriamo
sinteticamente ricordare:
1) la natura pubblica del sistema universitario. Il ruolo dello
Stato come erogatore e garante di un sistema di alta formazione e' indispensabile per
assicurare le condizioni affinche' l'Universita' resti, ed anzi divenga sempre piu',
elemento centrale del sistema di welfare. E' compito del sistema pubblico garantire
parita' di condizioni universali nell'accesso all'Universita', assicurare la qualita'
dell'offerta didattica, e per questa via ripristinare una mobilita' sociale che appare
ridotta, presidiare la ricerca in tutti i campi, anche quelli che, pur dotati di alto
valore culturale e scientifico, non presentano possibilita' di valorizzazione economica
immediata, garantire la liberta' didattica e di ricerca costituzionalmente sancita. Va
inoltre assicurato il carattere unitario del Sistema nazionale universitario, dotato di
effettiva autonomia, all'interno del quale deve essere garantita l'autonomia dei singoli
Atenei. Il ruolo del privato rappresenta un'utile integrazione, uno stimolo ed una
risorsa, che deve avere tuttavia carattere complementare al mantenimento di un forte,
prevalente sistema pubblico di Atenei. La stessa idea di autonomia, che e' autonomia del
sistema ed autonomia dei singoli Atenei, si tiene nella misura in cui il riferimento
concettuale e' ad un sistema nazionale pubblico.
2) il ruolo sociale del sistema universitario, ruolo che si
estrinseca in un rapporto trasparente tra la domanda sociale, il concreto funzionamento
degli Atenei e la loro capacita' di dare risposte sulla base di un misurabile rapporto
costi-benefici, da rendere visibile attraverso una congrua valutazione del sistema e delle
sue singole articolazioni (Atenei, Facolta', Dipartimenti, progetti di ricerca, percorsi
formativi).
Ogni provvedimento di riforma deve misurarsi con questi valori fondanti e con la
natura laica e razionale dell'Universita'. Siamo perfettamente consapevoli della distanza
che separa oggi l'Universita' dalla compiuta realizzazione di un modello ideale:
l'Universita' italiana e' in condizioni difficili, in parte prodotte dal contesto
politico-istituzionale, in parte da una distorta applicazione dell'autonomia la cui
responsabilita' e' da imputare al ceto accademico. E' tuttavia nostra convinzione che non
vi sia riforma possibile che non muova dall'affrontare i nodi ed i valori che dovrebbero
sostenerne il modello. Dalle considerazioni precedenti emerge con chiarezza, a nostro
avviso, un postulato fondamentale: l'alta formazione è responsabilità pubblica, ed il
finanziamento necessario deve essere di fonte pubblica. La ricerca di ulteriori fonti di
finanziamento, o modalità gestionali che allarghino la partecipazione dei privati
nell'alta formazione, non possono essere tali da appannare e ridurre la responsabilità
centrale e primaria dello Stato. Va rilevato inoltre che i numerosi interventi legislativi
degli ultimi anni si collocano in uno scenario di risorse costantemente decrescenti in
termini reali. E' stata così in particolare realizzata a costo zero la riforma del 3+2,
la cui valutazione richiederebbe un'analisi articolata e differenziata tra Atenei e
discipline, e che ha generato la sensazione diffusa di una perdita di qualità dei
percorsi formativi. Gli Atenei, non potendo accedere a risorse aggiuntive, sono stati
costretti a realizzare l'ampliamento dell'offerta formativa conseguente all'applicazione
di tale riforma, ricorrendo in maniera massiccia a forme di reclutamento precario e a
contratto. Nei provvedimenti di Governo, a partire dalla L. 133/2008, vediamo invece
disegnarsi una prospettiva di liquidazione del ruolo pubblico ed un sistema universitario
sempre piu' impoverito sul piano finanziario e, soprattutto, sul piano delle risorse
intellettuali ed umane. Un sistema che nel giro di pochi anni compira' fino in fondo una
parabola discendente che portera' ad una condizione di paralisi e di irrilevanza
istituzionale.
Il settore della conoscenza deve essere considerato una risorsa strategica del
Paese. I finanziamenti devono essere pertanto adeguati a questo compito. La valutazione
dell'utilizzo di questi finanziamenti deve essere effettuata a partire dalle ricadute
sull'intero sistema Paese.
Utilizzare gli Atenei per fare cassa non e' l'approccio migliore ad una
discussione seria sulle necessita' del finanziamento e sulla qualita' della spesa. Occorre
partire da un dato incontrovertibile: qualunque indicatore venga assunto, il sistema
italiano e' largamente sottofinanziato, ed in queste condizioni ogni ragionamento
credibile sulla qualita' e' del tutto velleitario. Se si realizza il taglio ulteriore di
un 25% in termini reali nei prossimi quattro anni, come prevede la L. 133, si entra in una
condizione di bancarotta degli Atenei, anche quelli che oggi si considerano
"virtuosi". Gran parte degli Atenei supereranno la soglia del 90% nel rapporto
spese di personale/FFO, e dunque non potranno più assumere. E a partire dal 2010
cominceranno difficoltà nella gestione ordinaria che investiranno sia la sostenibilità
del funzionamento sia le retribuzioni del personale. Occorre inoltre abbandonare l'idea
che il finanziamento necessario costituisca, anziché una condizione imprescindibile di
funzionamento, un premio da attribuire a chi dimostri performances elevate o flessibilità
politica; non può realizzarsi uno scambio improprio tra modifiche legislative e
finanziamento basale, nel quale il consenso alle modifiche legislative viene agito come
elemento di pressione e condizionamento sull'autonomia.
3.- Occorre invece partire da:
a) una previsione pluriennale di crescita del finanziamento di base che avvicini il
nostro Paese alla media OCSE; occorre una programmazione certa delle risorse nel
medio-lungo periodo se si desidera che gli Atenei effettuino una programmazione vera ed
efficace dell'offerta formativa, della ricerca e della politica del personale;
b) una rimodulazione delle regole della distribuzione del FFO che valorizzi
indicatori credibili di crescita della qualita' dei servizi e delle prestazioni dei
singoli Atenei, e su di essi distribuisca le risorse, evitando tuttavia di incentivare
comportamenti perversi (la caccia all'iscritto o le promozioni facili), come pure è
accaduto nel recente passato. Un finanziamento cosi' rivisto esplicherebbe inoltre la sua
piena funzione se, riconoscendo che le universita' possono vivere solo nel binomio
inscindibile di attivita' di didattica e di ricerca, si osservasse che tali requisiti non
vengono attualmente rispettati in tutti gli Atenei italiani, e si procedesse quindi ad un
attento monitoraggio delle loro caratteristiche in maniera tale da porre rimedio a queste
situazioni;
c) una rigorosa revisione delle regole di finanziamento dei fondi di progetto,
insieme con l'ampliamento degli investimenti a progetto, a cominciare dai PRIN (che nel
2008 sono calati da 160 a 98 milioni).
Non si sfugge al nodo della messa a regime di un sistema di valutazione
attendibile, che non può essere costituito né dal MIUR, né dai Nuclei interni di
valutazione. Occorrono procedure certe e realmente imparziali che, attraverso forme di
referaggio cieco per i progetti, attraverso l'avvio di un'Agenzia nazionale di valutazione
effettivamente terza e funzionante, garantisca credibilità ed equilibrio nella
distribuzione delle risorse. (FINE) |
proventi
acquisiti con la ricerca in conto terzi, devolvendo tutti gli introiti al titolare del
progetto. Ritiene infine che il sistema dei concorsi locali non abbia dato i risultati
sperati e giudica più opportuna una forma di abilitazione nazionale unica per l'accesso
alla docenza su cui innescare progressioni di carriera incentrate sul merito.
Il professor Paolo GIANNI, segretario nazionale del Comitato nazionale universitario
(CNU), concorda con il rilievo della valutazione, ricordando che il decreto-legge n. 180
del 2008 attribuisce una quota del FFO a tale scopo.
Si sofferma poi sulla presunta dispersione di risorse causata dal proliferare delle sedi,
precisando che occorre distinguere tra quelle in cui si effettua ricerca e quelle in cui
non si svolgono tali attività. Sulla questione, ritiene non risolutiva la proposta di
aggregazione di strutture, come ad esempio si prefigura nel disegno di legge n. 1387, a prima firma del senatore Valditara.
Dopo una breve precisazione del senatore VALDITARA (PdL), il
quale nega che nel disegno di legge n. 1387 siano previsti accorpamenti di sedi, il
professor GIANNI segnala che in Italia il numero di corsi e di insegnamenti non è
superiore rispetto ad altri Paesi europei, pur riconoscendo l'esigenza di una correlazione
tra la dimensione e la tradizione degli atenei, da un alto, e il numero di corsi che gli
stessi sono in grado di mantenere, dall'altro. Al riguardo fa presente che non tutti i
corsi - come ad esempio quelli professionalizzanti - devono essere associati a sedi
universitarie, bensì solo quelli che prevedono un livello minimo di ricerca.
Il professor Marco MERAFINA, responsabile del Coordinamento nazionale ricercatori
universitari (CNRU), manifesta la condivisione dei ricercatori sul documento unitario
delle organizzazioni sindacali, puntualizzando che a fronte di numerosi sprechi esistono
dei servizi forniti a costo zero tra cui anzitutto la didattica gratuita impartita dai
ricercatori, spesso su corsi fondamentali.
Richiamandosi a precedenti audizioni, giudica preoccupante l'affermazione per cui la
perdita di docenza produrrà una riduzione dei corsi, atteso che non si tiene
adeguatamente conto della diversità fra i settori scientifico-disciplinari. Nega poi che
i ricercatori siano distolti dalla ricerca in quanto impegnati nella didattica, rimarcando
la pressante necessità di riconoscere loro lo status giuridico di docenti, tanto più che
la materia risente di una lacuna quasi trentennale.
Esprime infine delusione per la preannunciata disciplina sui prepensionamenti, invocando
un atto di coraggio affinché si eguagli per tutti l'età di collocamento a riposo, nella
prospettiva di ringiovanire il settore e recuperare risorse.
Il segretario nazionale della UIL-PA, UR e AFAM, dottor Claudio AMICUCCI, sottolinea a sua
volta la natura pubblica ed il ruolo sociale dell'università. Censura poi l'andamento
finora discontinuo del reclutamento, che ha determinato la diffusione del precariato.
Invoca pertanto una maggiore programmazione.
Si sofferma indi sui temi del finanziamento, lamentando che nel 2009 gli atenei, oltre a
subire i tagli imposti dal decreto-legge n. 112, saranno costretti anche a restituire il
50 per cento delle spese per pubblicità.
Quanto all'annunciato disegno di legge dell'Esecutivo sulla governance, si augura che esso
tenga in considerazione anche gli statuti, atteso che dalla legge n. 168 del 1989 è
finora mancato un adeguato controllo sugli strumenti dell'autonomia.
Dopo aver evidenziato le difficoltà del personale tecnico-amministrativo, ed in
particolare l'ingiustizia perpetrata ai danni di quello tecnico, cui è stato precluso
l'insegnamento, sollecita un chiarimento in ordine alle facoltà di medicina che non si
limiti ai 7 policlinici a gestione diretta.
La coordinatrice nazionale dell'Unione degli universitari (UDU), dottoressa Federica
Manuela MUSETTA, evidenzia in primo luogo la valenza pubblica della formazione
universitaria, che non può essere trascurata tanto più nella società della conoscenza,
dove il numero delle persone che accedono ai gradi più elevati dell'istruzione dovrebbe
crescere di continuo. Ella deplora poi le conseguenze che deriveranno dal blocco delle
assunzioni per le università che abbiano superato il tetto del 90 per cento che, a suo
avviso, si tradurranno o nella chiusura di alcuni corsi di laurea ovvero nella
introduzione di sbarramenti all'accesso. Ciò, per mancanza di docenti non tanto alla luce
di un'azione programmatoria, quanto a seguito della distribuzione dei docenti rispetto
alla loro età anagrafica. Invoca quindi un monitoraggio su tale ultimo aspetto, prima che
vengano dismessi corsi fondamentali per la cultura del Paese.
Ella invita altresì a riflettere sui motivi che hanno determinato un sensibile calo nelle
immatricolazioni, fra cui sottolinea in particolare quelli di natura economica. Al
riguardo, pur riconoscendo le misure per il diritto allo studio disposte dal decreto-legge
n. 180, rileva che i fondi sono limitati ad un solo anno, sicchè alcuni studenti
potrebbero intraprendere corsi di studi senza avere la possibilità di concluderli, anche
in ragione della profonda crisi che attraversa il Paese. Sollecita pertanto maggiori
incentivi per la prosecuzione degli studi.
Dopo aver posto l'accento sull'insufficiente mobilità studentesca nel Paese,
aggravatadall'inadeguato riconoscimento degli esami sostenuti in caso di trasferimento
presso altri atenei pur dello stesso corso di laurea, si sofferma sulla contribuzione
studentesca, affermando che l'università non può essere integralmente pagata dagli
studenti. Nel ricordare che in alcuni Paesi europei, ad esempio in Scandinavia, non sono
previste tasse a carico degli studenti, deplora la prospettiva di incrementare
ulteriormente quelle italiane, come adombra il disegno di legge n. 1387. Al contrario,
ritiene necessario tutelare in ogni modo il tetto del 20 per cento rispetto al FFO ed
avviare una riflessione al fine di parametrare i contributi degli studenti alle rispettive
condizioni economiche.
Stigmatizza indi che i calcoli sulla produttività degli studenti siano spesso viziati,
trascurando di tenere conto degli studenti lavoratori che in nessun modo possono, a suo
avviso, essere considerati alla stregua dei fuori corso.
Auspica inoltre che gli studenti, i quali rappresentano i maggiori beneficiari della
didattica, siano maggiormente coinvolti nella valutazione degli atenei, con ricadute anche
su quella dei docenti. Conclude accennando al tema della governance, in ordine al quale si
augura sia riconosciuto agli studenti il giusto peso. In particolare, respinge nettamente
l'ipotesi di ridurre ulteriormente la loro partecipazione agli organi collegiali, già
attestata ad un esiguo 15 per cento.
La professoressa Rosanna CERBO, dirigente della Federazione nazionale università e
ricerca dell'UGL, si sofferma anzitutto sugli elementi che determinano sprechi nelle
università, e in particolare sulle sedi periferiche che indubbiamente sono cresciute a
dismisura senza adeguate motivazioni. Analogamente, ritiene che alcuni corsi di laurea
professionalizzanti non abbiano motivo di esistere. Invita tuttavia a distinguere fra
tutte le categorie in base al merito,
così come a concedere il biennio di trattenimento in servizio solo ai più meritevoli.
Ribadisce indi alcune tematiche care all'UGL, fra cui l'abolizione del valore legale del
titolo di studio, il ruolo unico dei docenti (che risolverebbe anche l'incresciosa assenza
di uno stato giuridico dei ricercatori), l'abolizione della farsa rappresentata dai
concorsi a favore di una lista unica, un tavolo tecnico per risolvere le tematiche delle
facoltà di medicina, con la partecipazione non solo dei Dicasteri competenti
sull'università e la ricerca, oltre che la salute,
ma anche delle regioni.
Seguono quesiti da parte dei senatori.
Il senatore ASCIUTTI (PdL) puntualizza che l'indagine
conoscitiva ha lo specifico obiettivo di mettere a fuoco gli elementi che incidono
negativamente sui bilanci universitari. Esprime pertanto stupore e sconcerto per il
silenzio dei sindacati su questi temi che, a suo avviso, precedono logicamente tutte le
altre questioni, sia pure di indiscutibile rilievo, fra cui i
finanziamenti, la governance, lo stato giuridico dei ricercatori. Del
resto, rammenta, non mancherà occasione di discutere di tali tematiche in altre sedi, ad
esempio in occasione del preannunciato disegno di legge governativo in materia.
Nell'ambito della procedura informativa in corso, si sarebbe invece aspettato un segnale
inequivoco da parte dei sindacati sui temi oggetto dell'indagine, fra cui ad esempio la
proliferazione delle sedi e dei corsi di laurea, la permanenza dei docenti nella medesima
facoltà per tutta la loro carriera, l'utilizzo irrazionale del personale, la
responsabilità del reclutamento, fino all'ipotesi di licenziamento.
Auspica quindi che gli auditi vogliano integrare i loro interventi con una documentazione
scritta su questi argomenti.
Il senatore RUSCONI (PD) conviene che il finanziamento
rappresenti una questione cruciale per la sopravvivenza degli atenei. Chiede pertanto che
cosa prevedano le università in termini di contribuzione studentesca qualora dovessero
permanere i tagli operati dal decreto-legge n. 112, nonché quali università correrebbero
i maggiori rischi.
Considerato poi che l'Italia non spende meno di altri Paesi per la formazione
universitaria, sollecita proposte in ordine a come potrebbero essere spesi meglio i fondi.
Quanto infine alle sedi decentrate, concorda su un giudizio differenziato a favore di
quelle che effettivamente svolgono attività di ricerca. Si interroga poi su quante di
esse dipendano dalla
volontà politica anziché da quella interna universitaria.
Il senatore VALDITARA (PdL), nell'associarsi alla richiesta
di integrare gli interventi con una documentazione scritta, sottolinea l'attuale
condizione dell'Italia, caratterizzata dal debito pubblico più alto del mondo e da una
crisi economica travolgente. Conviene quindi che si possa rovesciare la prospettiva di
definanziamento dell'università avviata dal decreto-legge n. 112 solo a condizione di
eliminare alcuni sprechi. Sollecita pertanto l'orientamento dei sindacati in ordine alle
seguenti tematiche specifiche: rapporto fra personale docente e non docente, che in alcuni
atenei è pari allo 0,73 per cento, mentre in altri raggiunge il 2,2 per cento, a
testimonianza di evidenti assunzioni clientelari; incapacità di attrarre finanziamenti
privati; inadeguatezza di alcuni atenei nell'intercettare le risorse europee; attivazione
di sedi
decentrate in aree del Paese dove non vi è neppure un istituto secondario superiore;
riduzione, a partire dal prossimo anno accademico, del 20 per cento dei corsi
universitari, a coronamento di misure a suo tempo avviate dall'ex ministro Mussi e
proseguite ora dall'attuale ministro Gelmini; rapporto fra ricercatori e professori.
Quanto alla contribuzione studentesca, affrontata nel suo intervento dalla rappresentante
dell'UDU, pone in luce che in campagna elettorale il Partito democratico aveva proposto di
liberalizzare le tasse universitarie. Nel disegno di legge n. 1387 a sia firma, invece,
viene recepito il modello introdotto nel Regno Unito dall'ex premier Tony Blair, che
prevede una
contribuzione aggiuntiva differita, rateizzabile anche in vent'anni, per i laureati che
abbiano trovato una buona occupazione dopo aver beneficiato del sistema universitario. In
nessun modo essa può essere quindi giudicata una misura penalizzante per gli studenti.
La senatrice DE FEO (PdL) trae spunto da un articolo
pubblicato oggi sulla stampa in ordine agli abbandoni dopo il primo anno di frequenza dei
corsi universitari, che rappresenta a suo avviso non solo un enorme dispersione di fondi,
ma anche una consistente perdita di tempo per gli studenti. Chiede quindi l'orientamento
dei sindacati su eventuali test d'ingresso che verifichino il grado di preparazione degli
studenti e ne misurino l'attitudine agli studi universitari.
Il senatore PITTONI (LNP) pone l'accento sulla revisione in
corso dei parametri per la distribuzione meritocratica di una quota del FFO.
In considerazione dell'imminente inizio dei lavori dell'Assemblea, il PRESIDENTE dichiara conclusa l'audizione, ringraziando i
rappresentanti dei sindacati per le indicazioni fornite ed invitandoli a rispondere per
iscritto ai quesiti posti. Rinvia indi il seguito dell'indagine conoscitiva.
La seduta termina alle ore 16,30. |
*
ORGANIZZAZIONI UNITARIE DELLA DOCENZA UNIVERSITARIA
Coordinatore generale: Sergio Sergi
- ADU, Associazione Docenti Universitari - Presidente: Leo Peppe.
- ADI - Ass. dottorandi e Dottori di ricerca Italiani , Segretario Nazionale
Augusto Palombini
- ANDU, Associazione Nazionale Docenti Universitari - Presidente: Nunzio Miraglia
- APU, Associazione Professionale Universitaria - Presidente: Gina Melillo
- CISAL- Università, Confederazione Italiana Sindacati Autonomi Lavoratori -
Università - Presidente: Bartolomeo Merola
- CISL-Università, Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori - Università -
Segretario generale: Santo Signorelli
- CNRU, Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari - Presidente: Marco
Merafina
- CNU, Comitato Nazionale Universitario - Presidente: Francesco Indiveri
- FLC Cgil, Federazione Lavoratori della Conoscenza - Confederazione gen. it. del
lavoro - Segretario Nazionale: Marco Broccati
- SUN - Universitas News, Sindacato Universitario Nazionale, Presidente:
Nino Luciani
- UDU, Unione Degli studenti Universitari, Presidente: Valerio Angelini
- UGL - Unione Generale del Lavoro, Universita' e Ricerca, Presidente: Clara Valli
- UILPA-UR AFAM, Unione Italiana del Lavoro Pubblica Amm.ne - Università e Ricerca
- Presidente: Alberto Civica.
- UGL Università, Unione Generale del Lavoro |
n
EDIZIONE STRAORDINARIA
LA RIFORMA DELLE COMMISSIONI E' LEGGE DELLO STATO
|
Convertito
in legge il Decreto-legge 10 nov. 2008, n. 180, "Disposizioni urgenti per
il diritto allo studio, la
valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e
della ricerca" .
Ci saranno ancora: a) due idonei per un posto di prof. associato o di prof.
ordinario; b) un idoneo
per un posto di ricercatore. Inoltre ci sarà meno rigidità per le chiamate
dirette di professori dall'estero. |
MariaStella Gelmini
|
La Ministra, dopo un gran fracasso così da
rinviare i concorsi, perchè
"da farsi con nuove commissioni giudicatrici" (per elezione e sorteggio)
poi
all'ultimo si lascia scippare (da parte di ignoti, della sua
Maggioranza) gli effetti della riforma, lasciando liberi gli Atenei
di non riaprire i termini per le domande di concorso.
Clicca su:
STATO GIURIDICO |
Sul piano più generale, per parte finanziaria, è stata
VIOLATA L'AUTONOMIA UNIVERSITARIA.
Anche dimostrata, da parte del governo, coda di paglia, incompetenza, mala fede con
l'abbassare
il finanziamento statale, ma senza liberalizzare il ricorso al mercato
(contribuzione studentesca).
Questo si doveva fare per il costo della laurea magistrale, e considerare che, tra
gli studenti della laurea
triennale, ci sono molti figli di papà che potrebbero pagare almeno un buon 30%
del costo degli studi. |
Come
l'Università* (meglio dire, come una sua
autorevole espressione) è comparsa alla Camera ...
P. BINETTI*: "Molte volte i nostri ricercatori, quando
arrivano a fare il concorso, lo hanno già vinto, ma non soltanto per il sotterfugio
del concorso, ma perché quel concorso è stato bandito in quanto già avevano dato prova
di capacità, di intelligenza, di dedizione e di originalità nel pensiero. Sono una
ricchezza e una risorsa che è veramente un peccato perdere e disperdere." |
Paola Binetti
|
LUCIANI: se
ho ben capito, la prof. Binetti ha definito "sotterfugio" il concorso come fatto
finora, ma ha anche snobbato (ossia non degnato di una parola - si vegga sotto) la riforma
Gelmini delle commissioni di concorso che, dunque, rimarrebbe un "sotterfugio",
come se non sia cambiato nulla. Come non darle torto, se non sono riaperti i termini per
le domande, così che il concorso sia limitato ai "predestinati" che fecero
domanda in base alla legge precedente ?
Sotto un profilo più complessivo, la nuova legge ci fa
constatare come, alla faccia dell'autonomia universitaria (voluta dall'art. 33 della
Costituzione, e ribadita nel "contratto con gli
italiani" di Berlusconi), continuiamo ad avere dei governi che distruggono
l'università con provvedimenti finanziari che mirano a sottomettere l'università al
potere politico. I motivi dati in pasto ai mass media si direbbero incontrovertibili,
soprattutto perchè a senso unico. Ma "dura minga" ... .
Infatti è' del tutto pretestuoso che lo Stato discrimini tra le università, a
favore di quelle che hanno sforato, per i contributi studenteschi, il 20% del FFO (sono
quelle medesime, ridenominate ad arte come "virtuose" perchè non hanno sforato,
per spese di personale il 90% del FFO). Ed è coda di paglia, incompetenza, mala fede
l'abbassare, come regola generale, il finanziamento pubblico e al tempo stesso non
liberalizzare il finanziamento da parte del mercato (intendi: contributi studenteschi),
anche perchè, tra gli studenti, ci sono molti figli di papà che possono pagare il costo
effettivo degli studi o almeno un buon 30%. In questa liberalizzazione,
andrebbe fatta anche una distinzione tra laurea triennale (in qualche modo, laurea
sociale) e laurea magistrale.
Trovo anche assurdo che lo stato dia un finanziamento diverso, alle università,
per lo studente di una Facoltà rispetto a quello di un'altra Facoltà.
Le discriminazioni finanziarie tra università, disgiunte da analisi delle
situazioni da caso a caso, altro non sono che forme di intimidazione, riedizioni delle
pratiche sovietiche, ben note, che portarono al fallimento quel sistema politico. I
cosiddetti parametri di "efficienza" ebbero già da allora una ampia
sperimentazione in quel sistema.
Anche a volerli considerare motivati da "razionalità", in realtà
sono soggettivi, e spesso sottendono complessi di inferiorità legati alle vicende
personali di chi li inventa. La "valutazione dei ricercatori", ivi di
riferimento (impact factor, citation index), è una burla, un by-pass per eludere un serio
controllo, che può esserci solo con l'analisi delle ricerche.
Tutte queste cose possono accadere soprattutto perchè al Ministero
dell'università abbiamo degli incompetenti estremi. Anche in parlamento, maggioranza e
opposizione, c'è di tutto, salvo eccezioni. Non sappiamo cosa farcene di chi da enfasi al
"merito", ma poi non sa come applicarlo, anzi agisce in senso contrario. |
IL DISCORSO DELLA On. Prof. Paola BINETTI
* Prof. ordinario di storia della medicina, Camera
dei Deputati, 5 gen 2009)PAOLA BINETTI. Signor Presidente, vorrei
soffermarmi prima di tutto sull'emendamento che ho proposto, anche perché, essendo stata
posta la questione di fiducia e, quindi, avendo la certezza che questo emendamento non
passerà (trovandomi successivamente quasi nell'obbligo di trasformarlo in un ordine del
giorno), vorrei che in qualche modo la comprensione e la rilevanza di quello che ciò
comporta raggiungesse perlomeno, attraverso la persona del sottosegretario - non posso
dire attraverso la presenza della maggioranza perché effettivamente è un po' paradossale
quello che sta accadendo oggi pomeriggio - l'interesse dell'università. L'emendamento che
ho presentato ha come punto di riferimento la valorizzazione della figura dei ricercatori.
Si chiede sostanzialmente che gli atenei possano investire una parte considerevole del
loro budget nella possibilità di attivare i concorsi per ricercatori. Detta così,
potrebbe sembrare una questione che si scontra con la tematica drammatica della mancanza
di risorse, della mancanza di fondi e addirittura dei tagli a cui tutta l'università in
qualche modo è stata sottoposta.
Però, vorrei che fossero chiari tre passaggi, concretamente. Il primo è che
questi giovani che aspirano a diventare ricercatori generalmente sono il meglio di quello
che l'università ha proposto: sono quei giovani che hanno cominciato la loro carriera
universitaria con serietà, con tenacia e con impegno. Nelle facoltà scientifiche, nelle
quali sono abituata a lavorare, sono quelli che fanno gli studi interni. Nella facoltà di
medicina, concretamente, molto spesso sono ragazzi che entrano all'università alle otto
del mattino e vanno via alle otto o alle nove di sera perché passano dalle lezioni, ai
laboratori, all'assistenza ai pazienti. Sono persone che frequentano le scuole di
specializzazione superando già delle selezioni, ragazzi intelligenti, determinati e
appassionati che dovrebbero davvero rappresentare quello che possiamo chiamare il meglio
di ciò che l'università è in grado di produrre. Queste energie nuove e fresche, capaci
di rinnovare l'università e in qualche modo già selezionate dal sistema, entrando
all'università, possono avere la possibilità di vedere riconosciuto davvero il valore
del merito e la qualità di una dedizione e di una donazione personale agli studi tutto
sommato in modo realmente gratuito. Chiedo scusa in anticipo se la maggior parte degli
esempi che faccio riguardano la facoltà di medicina. Questi giovani ricercatori, si
trovano davvero a svolgere i tre compiti fondamentali dell'università: la ricerca, il
contributo reale all'attività di didattica e, nel caso specifico, anche il contributo
all'attività dell'assistenza.
Voglio soffermarmi un momento specificamente sul contributo che riescono a dare
sul piano della didattica. Penso che non sfugga a tutti noi che stiamo parlando di riforma
del sistema universitario che già il decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del
1980, molti anni fa (la prima riforma universitaria un po' seria che il nostro Paese ha
avuto), aveva istituito, accanto al ruolo dei ricercatori, anche una funzione molto
particolare che aveva assegnato a tutto il corpo docente, guardando con particolare
interesse ai ricercatori: il ruolo del tutorato, quella formazione ad personam che ogni
studente può ricevere nel momento in cui entra nell'università, stabilendo con i giovani
docenti quel rapporto di fiducia, quel rapporto di confidenza, quella possibilità di fare
un bilancio reale delle difficoltà, non misurato soltanto dal voto ma anche dal profilo
delle competenze che può e che desidera acquisire, quelle che fa fatica ad acquisire. Il
sistema dei ricercatori, questo universo straordinario, che è il primo gradino della
docenza universitaria, è quello più prossimo alla formazione degli studenti interni, e
in molti casi è quello che ha a proprio carico la formazione professionalizzante degli
studenti. Chi insegna ad un giovane studente di medicina degli ultimi anni a diventare un
medico? Qualche volta il maestro, ma il maestro parla più ai ricercatori, ai suoi
assistenti. Chi svolge questa funzione di maestro, potremmo dire quasi una sorta di de
magistro, accanto ai giovani è proprio il ricercatore. Senza la figura del ricercatore,
senza questa rete straordinaria che i ricercatori riescono a costruire, attraverso questa
dinamica che chiamiamo di formazione ad personam quale è il sistema tutoriale, molti
ragazzi si perdono, per gli abbandoni, per i ritardi; ma c'è anche una perdita più
importante che non possiamo sottovalutare, la perdita dell'entusiasmo, la perdita della
speranza, la perdita della fiducia, la perdita dell'ambizione all'eccellenza, quella che
costituisce il volano di trasformazione delle nostre università.
D'altra parte, i ricercatori sono anche per definizione coloro i quali nei
laboratori riescono a portare il contributo più vivo di un'intelligenza creativa, di una
capacità di non seguire dinamiche di tipo conformista. Sono coloro che sono capaci con
maggiore facilità di porsi i «perché». Al di là dell'ovvietà delle cose che si sono
sempre fatte in un certo modo, a volte noi abbiamo bisogno delle domande, più ancora
delle risposte. E sono i giovani ricercatori che hanno questa freschezza dell'intelligenza
che riesce a provocare un sistema, che riesce a suggerire una soluzione che magari fino a
quel momento poteva essere sembrata inapplicabile, inattuabile e che l'intelligenza nuova
riesce, invece, a trovare con una ricchezza alla quale si può attingere per risolvere in
modo diverso problemi consolidati. Sono di fatto i ricercatori, come sappiamo, che molte
volte traducono l'intuizione del direttore. Il direttore dice: si potrebbe fare così,
potremmo andare a verificare questa cosa. Ma poi chi di fatto trasferisce quelli che noi
chiamiamo i pochi istanti di un'ispirazione nei molti momenti di lavoro faticoso, di
controllo, con gli esperimenti di laboratorio, con la tempistica che richiedono, con la
necessità di essere presenti in quegli orari che sono dettati dall'esperimento stesso e
non dalla volontà personale, sono proprio loro. Chi si sobbarca la fatica della scrittura
dell'articolo, quegli articoli scientifici che poi molte volte subiscono quel controllo
rigoroso che il direttore, il primario, l'ordinario fa sul loro lavoro?
Chi costruisce questo articolo, andando a verificare i dati, con il controllo
bibliografico, con la capacità di riscrivere le nuove metodologie di lavoro seguito sono
ancora una volta i ricercatori. Molte volte il grande capo è quello che mette
giustamente, come sappiamo tutti quanti, o la prima o l'ultima firma, cioè è colui che
dà l'ispirazione o colui che mette il sigillo finale; ma chi ha costruito quell'articolo
e prima di tutto l'esperimento, l'esperienza e poi la materializzazione dell'articolo
stesso, è ancora una volta il giovane ricercatore. Io non so come noi potremo prescindere
nel sistema universitario da questa fucina che poi costituisce nella prospettiva anche la
vera anticamera dei docenti senior. L'esperienza del ricercatore, molte
volte anche con la durezza nel percorso della vita del ricercatore stesso, è quella che
permette più di qualunque altro tipo di concorso.
Sappiamo perfettamente che negli Stati Uniti il sistema concorsuale è molto
diverso da quello italiano: è un sistema per cooptazione, si sceglie una determinata
persona, senza bisogno di subordinare il sistema delle regole alla scelta personale.
Questa persona poi, però, deve dare sul piano concreto delle operazioni le prove del suo
merito e del suo valore. Molte volte i nostri ricercatori, quando arrivano a fare
il concorso, lo hanno già vinto, ma non soltanto per il sotterfugio del concorso, ma
perché quel concorso è stato bandito in quanto già avevano dato prova di capacità, di
intelligenza, di dedizione e di originalità nel pensiero. Sono una ricchezza e
una risorsa che è veramente un peccato perdere e disperdere.
Credo che abbiamo un sistema anche molto interessante, di cui non mi sembra di
aver sentito parlare oggi pomeriggio, a proposito della valutazione, ed è quello della
conferma: a tre anni da un concorso, che sia di ricercatore, di associato o di ordinario,
c'è la conferma, ossia quella valutazione che, prima di tutto, fa la facoltà, perché è
questa che poi manda la sua documentazione al CUN, affinché da questo poi arrivi la
conferma reale. In questa valutazione interna, progressiva, gli atenei virtuosi già da
tempo si stanno cimentando. Ed è qui che si ottengono i lavori prodotti, ma ciò non
basta. Sappiamo benissimo quante sono le dinamiche di sotterfugio attraverso le quali si
può avere la firma in un lavoro. Chi sa realmente cosa ha fatto ciascuno in quel lavoro
è il direttore che ha diretto quell'unità di ricerca. Egli sa se quel
ricercatore vale, se vale veramente, quanto vale, quanto è originale il suo contributo,
quant'è corposa la sua dedizione e donazione. Ecco perché vi dico - intendo ancora fare
riferimento brevemente alla valutazione del sistema universitario - che su questo
emendamento ci giochiamo il futuro dell'università (ma non perché esso dipenda da questo
emendamento, che cerca di rappresentare questa situazione); ci giochiamo il futuro
dell'università se chiudiamo gli occhi davanti alla gioventù dei ricercatori.
Per favore, non pensiamo ai ricercatori che diventano tali a cinquant'anni, con
tutto il rispetto. Abbiamo bisogno di ricercatori che raggiungano queste posizioni nel
momento in cui c'è davvero la possibilità di esprimere il massimo della loro creatività
intellettuale e della loro dedizione reale. Sappiamo che molte volte questi giovani, per
arrivare e vivere in questa fascia, sacrificano molte energie familiari, intanto perché
lo stipendio di un ricercatore è notoriamente bassissimo, per niente competitivo rispetto
a quello che potrebbe essere per pari intelligenza, dedizione e creatività lo stipendio
in un altro tipo di azienda. Molte volte sacrificano la possibilità di una famiglia, non
solo del matrimonio e di avere dei figli, ma anche di costruire una loro vita sociale.
Detto questo, vorrei ribadire i seguenti punti, che sono quelli che ho preparato in
particolare. L'università nasce, vive e opera per rispondere alle sfide del futuro. Un
giovane che oggi vi entra sarà pronto sul mercato del lavoro tra tre, cinque o
addirittura otto anni. I programmi di ricerca hanno cicli di sviluppo misurabili in anni e
spesso in lustri, l'università, quindi, è interessata principalmente a ciò che accadrà
in un avvenire prossimo o meno prossimo, che essa stessa contribuisce a preparare.
L'università costruisce il futuro perché mantiene e aggiorna di continuo la memoria del
nostro passato, ponendosi al servizio della comunità. Una società che non guarda al
futuro, che non si pone traguardi anche ambiziosi è condannata inesorabilmente al
declino. |
Stralcio della parte della
legge, relativa ai concorsi
Decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 263
del 10 novembre 2008 , come modificato dopo la LEGGE 10 NOVEMBRE 2008, N. 180:
"Disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la
qualità del sistema universitario e della ricerca" Articolo 1.
(Disposizioni per il reclutamento nelle università e per gli enti di ricerca)
..
................
4. Per le procedure di valutazione comparativa per il reclutamento dei professori
universitari di I e II fascia della prima e della seconda sessione 2008, le commissioni
giudicatrici sono composte da un professore ordinario nominato dalla facoltà che ha
richiesto il bando e da quattro professori ordinari sorteggiati in una lista di commissari
eletti tra i professori ordinari appartenenti al settore scientifico-disciplinare oggetto
del bando, in numero triplo rispetto al numero dei commissari complessivamente necessari
nella sessione. L'elettorato attivo è costituito dai professori ordinari e straordinari
appartenenti al settore oggetto del bando. Sono esclusi dal sorteggio relativo a ciascuna
commissione i professori che appartengono all'università che ha richiesto il bando. Ove
il settore sia costituito da un numero di professori ordinari pari o inferiore al
necessario, la lista è costituita da tutti gli appartenenti al settore ed è
eventualmente integrata mediante elezione, fino a concorrenza del numero necessario, da
appartenenti a settori affini. Il sorteggio è effettuato in modo da assicurare, ove
possibile, che almeno due dei commissari sorteggiati appartengano al settore disciplinare
oggetto del bando. Ciascun commissario può, ove possibile, partecipare, per ogni fascia e
settore, ad una sola commissione per ciascuna sessione. Nell'ipotesi in cui il numero dei
professori ordinari appartenenti al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando,
integrato dai professori ordinari appartenenti ai settori affini, sia inferiore al triplo
del numero dei commissari necessari nella sessione, si procede direttamente al sorteggio.
5. In attesa del riordino delle procedure di reclutamento dei ricercatori
universitari e comunque fino al 31 dicembre 2009, le commissioni per la valutazione
comparativa dei candidati di cui all'articolo 2 della legge 3 luglio 1998, n. 210, sono
composte da un professore ordinario o da un professore associato nominato dalla facoltà
che ha richiesto il bando e da due professori ordinari sorteggiati in una lista di
commissari eletti tra i professori ordinari appartenenti al settore disciplinare oggetto
del bando, in numero triplo rispetto al numero dei commissari complessivamente necessari
nella sessione. L'elettorato attivo è costituito dai professori ordinari e straordinari
appartenenti al settore oggetto del bando. Sono esclusi dal sorteggio relativo a ciascuna
commissione i professori che appartengono all'università che ha richiesto il bando. Il
sorteggio è effettuato in modo da assicurare ove possibile che almeno uno dei commissari
sorteggiati appartenga al settore disciplinare oggetto del bando. Si applicano in quanto
compatibili le disposizioni di cui al comma 4. 6. In relazione a quanto disposto dai commi
4 e 5, le modalità di svolgimento delle elezioni, ivi comprese ove necessario le
suppletive, e del sorteggio sono stabilite con apposito decreto del Ministro
dell'istruzione, dell'università e della ricerca avente natura non regolamentare da
adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore "della legge di
conversione".. Si applicano in quanto compatibili con il presente decreto le
disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 2000, n. 117.
6. " In relazione a quanto disposto dai commi 4 e 5, le modalità di
svolgimento delle elezioni, ivi comprese ove necessario le suppletive, e del sorteggio
sono stabilite con apposito decreto del Ministro dellistruzione,
delluniversità e della ricerca avente natura non regolamentare da adottare entro 30
giorni dalla data di entrata in vigore "della legge di conversione". Si
applicano in quanto compatibili con il presente decreto le disposizioni di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 23 marzo 2000, n. 117 (è ammesso un voto di
preferenza - N.d.R.)"
"6-bis. Per sovraintendere allo svolgimento delle operazioni di votazione e
di sorteggio di cui ai commi 4 e 5, con decreto del Ministro dell'istruzione,
dell'università e della ricerca è nominata una commissione a livello nazionale composta
da sette professori ordinari designati dal Consiglio universitario nazionale nel proprio
seno. Le operazioni di sorteggio sono pubbliche. La commissione, nella prima adunanza,
provvede altresì alla certificazione dei meccanismi di sorteggio per la proclamazione
degli eletti nelle commissioni dei singoli concorsi. Per la partecipazione all'attività
della commissione non sono previsti compensi, indennità o rimborsi spese. Dall'attuazione
del presente comma non devono derivare oneri aggiuntivi a carico della finanza
pubblica."
7. Nelle procedure di valutazione comparativa per il reclutamento dei
ricercatori bandite successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto,
la valutazione comparativa è effettuata sulla base dei titoli illustrati e discussi
davanti alla commissione e delle pubblicazioni dei candidati, ivi compresa la tesi di
dottorato, utilizzando parametri, riconosciuti anche in ambito internazionale, individuati
con apposito decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca,
avente natura non regolamentare, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in
vigore della legge di conversione del presente decreto", sentito il Consiglio
universitario nazionale.
8. Le disposizioni di cui al comma 5, si applicano, altresì, alle procedure di
valutazione comparativa indette prima della data di entrata in vigore del presente
decreto, per le quali non si sono ancora svolte, alla medesima data, le votazioni per la
costituzione delle commissioni. Fermo restando quanto disposto al primo periodo, le
eventuali disposizioni dei bandi già emanati, incompatibili con il presente decreto, si
intendono prive di effetto. Sono, altresì, privi di effetto le procedure già avviate per
la costituzione delle commissioni di cui ai commi 4 e 5 e gli atti adottati non conformi
alle disposizioni del presente decreto.
8-bis. I professori universitari i quali non usufruiscono del periodo di
trattenimento in servizio di cui all'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 503, conservano l'elettorato attivo e passivo ai fini della costituzione
delle commissioni di valutazione comparativa per posti di professore e ricercatore
universitario, e comunque non oltre il 1º novembre successivo al compimento del
settantaduesimo anno di età.
8-ter. Per le procedure di valutazione comparativa di cui al comma 4 e per
quelle relative al reclutamento dei ricercatori universitari, il cui termine di
presentazione delle domande sia scaduto alla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto, ovvero sia ancora aperto alla predetta data, le
università possono fissare per una data non successiva al 31 gennaio 2009 un nuovo
termine di scadenza della presentazione delle domande di partecipazione. Al fine di
assicurare pari condizioni tra i candidati, rimangono invariate le norme del bando
riguardanti le caratteristiche ed i termini temporali di possesso dei titoli e delle
pubblicazioni allegabili da parte dei candidati".
9. All'articolo 74, comma 1, lettera c), del decreto-legge 25 giugno 2008, n.
112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dopo le parole:
"personale non dirigenziale" sono inserite le seguenti: ", ad esclusione di
quelle degli enti di ricerca,".
Art. 1-bis. - (Disposizioni in materia di chiamata diretta e per chiara fama
nelle università). 1. Il comma 9 dell'articolo 1 della legge 4 novembre 2005, n. 230, è
sostituito dai seguenti: "9. Nell'ambito delle relative disponibilità di bilancio,
le università possono procedere alla copertura di posti di professore ordinario e
associato e di ricercatore mediante chiamata diretta di studiosi stabilmente impegnati
all'estero in attività di ricerca o insegnamento a livello universitario da almeno un
triennio, che ricoprono una posizione accademica equipollente in istituzioni universitarie
estere, ovvero che abbiano già svolto per chiamata diretta autorizzata dal Ministero
dell'istruzione, dell'università e della ricerca nell'ambito del programma di rientro dei
cervelli un periodo di almeno tre anni di ricerca e di docenza nelle università italiane
e conseguito risultati scientifici congrui rispetto al posto per il quale ne viene
proposta la chiamata. A tali fini le università formulano specifiche proposte al Ministro
dell'istruzione, dell'università e della ricerca il quale concede o rifiuta il nulla osta
alla nomina previo parere del Consiglio universitario nazionale.
Nell'ambito delle relative disponibilità di bilancio, le università possono
altresì procedere alla copertura dei posti di professore ordinario mediante chiamata
diretta di studiosi di chiara fama. A tal fine le università formulano specifiche
proposte al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca il quale concede o
rifiuta il nulla osta alla nomina, previo parere di una commissione, nominata dal
Consiglio universitario nazionale, composta da tre professori ordinari appartenenti al
settore scientifico-disciplinare in riferimento al quale è proposta la chiamata. Il
rettore, con proprio decreto, dispone la nomina determinando la relativa classe di
stipendio sulla base della eventuale anzianità di servizio e di valutazioni di merito. |
Se si vuole dare una risposta convincente alla domanda «quale futuro?»,
occorre puntare sul dialogo tra il mondo della politica, dell'impresa e dell'università.
La crescita culturale e professionale dello studente è il risultato di un complesso
processo di apprendimento, che non poggia più esclusivamente sull'insegnamento in aula e
si avvale di numerosi supporti e servizi di informazione, assistenza e socializzazione. Il
giudizio sull'università deve tener conto non solo della qualità dei docenti, ma anche
dell'affollamento delle aule, delle biblioteche e dei laboratori, della possibilità di
svolgere attività sperimentali, dell'opportunità di potere effettuare stage presso
imprese e istituzioni, dell'offerta di residenza, dell'efficacia dei programmi di scambio
con l'estero, della presenza di spazi e strutture per lo studio individuale e di gruppo.
Molti studi rilevano il ruolo decisivo che l'educazione superiore e la ricerca scientifica
assolvono nei processi di innovazione tecnologica e di sviluppo economico; non c'è
sviluppo maturo e duraturo senza un solido sistema di alta educazione e di ricerca
scientifica. Ciò è tanto più vero nell'era contemporanea del mercato e
dell'informazione globale. Il mondo nel quale viviamo e operiamo richiede che la cultura
sia accessibile a tutti. In Italia lo afferma la Costituzione, di cui, non a caso,
quest'anno ricorre il sessantesimo anniversario, che attribuisce alla Repubblica il
compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la
libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana
e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica
e sociale del Paese (si tratta dell'articolo 3, come tutti sappiamo molto bene). Viviamo
in un'epoca di grande concorrenza, ovviamente, ma, seppure in ritardo, l'Unione europea ha
mostrato di avere percepito la portata rivoluzionaria della sfida che ci si pone innanzi.
Nel 2000, a Lisbona, si è definita la strategia ambiziosa di diventare, entro
il 2010, la prima economia al mondo fondata sulla conoscenza. Successivamente, a
Barcellona, sono stati indicati obiettivi precisi: investire in ricerca scientifica il 3
per cento del PIL, recuperare il gap rispetto alle economie più dinamiche, il knowledge
base del mondo, dare vita ad uno spazio europeo della formazione superiore e della
ricerca, superare la frammentazione a causa della quale, ancora oggi, il 95 per cento
della spesa europea in ricerca è decisa a livello nazionale. Il settimo Programma quadro
approvato dal Parlamento europeo prevede un aumento della spesa. Nei prossimi sette anni
l'Unione europea investirà oltre 53 miliardi di euro in ricerca e, in questo contesto, un
compito importante sarà affidato al nuovo Consiglio europeo delle ricerche, cui spetterà
distribuire 7,5 miliardi di euro a studiosi di ogni nazionalità che intendano stabilire
il proprio centro di ricerca in uno dei Paesi membri. Si parla di questa strategia, di
questo spazio europeo della conoscenza nel 2010. Signori, il 2010 è praticamente già
cominciato! Potremmo fare un sorta di conto alla rovescia: dei 365 giorni del 2009, 5 sono
già trascorsi; ce ne resta un certo numero e su questi vale la pena guardare e investire.
Dovremmo cercare di passare da un'università chiusa e ingessata ad una più aperta e
dinamica; da un'università espressione del mondo epistemologico delle certezze ad
un'università ancorata al mondo epistemologico della probabilità e degli scenari
possibili; da un'università monade e delocalizzata ad un'università glocal, dove il
sapere globale si confronta e interagisce con i bisogni e le domande locali; da
un'«università isola» ad un'università integrata a livello internazionale, nazionale e
territoriale; da un'università che formava ristrette classi dirigenti in un ciclo breve e
definito di istruzione rigidamente disciplinare ad un'università chiamata ad educare un
numero crescente di persone in un ciclo di istruzione permanente, il long life learning;
dall'università dei manuali e dei saperi consolidati ad un'università dei saperi fluidi
e interdisciplinari. Il nostro sistema dell'istruzione superiore e della ricerca è in
grado di produrre buona materia prima, toccando, non di rado, punti di eccellenza.
Nature ha pubblicato uno studio che colloca i ricercatori italiani, ultimi per i
finanziamenti, al terzo posto per la produttività scientifica tra i Paesi del G8; quindi,
materia prima buona per l'esportazione, pronta per essere utilizzata altrove nella
produzione di cultura, sapere e tecnologia. Nondimeno, il nostro sistema nazionale rischia
di diventare rapidamente periferico e di rimanere al palo per ciò che concerne la
capacità di incidere in relazione ai profondi e rapidi cambiamenti in atto. Per evitare
tale eventualità, occorre fissare i seguenti obiettivi: la qualità, l'equità e
l'efficienza, peraltro sottolineati dall'OCSE nella conferenza tenutasi ad Atene lo scorso
28 e 29 giugno. Ciò in quanto il sistema universitario italiano si presenta come una
struttura complessa, con atenei specialistici e generalistici, piccoli e giovani, statali
e non statali. Penso che la dizione «università pubbliche-università private» vada
totalmente abbandonata, anche dopo la riforma del sistema che ha visto, nel sancire il
pieno ruolo della scuola paritaria, anche gli atenei distinti in statali e non statali,
anziché in pubblici e privati. Non credo che ci vergogniamo di istituzioni come la
Bocconi, la LUISS, la Cattolica o anche l'università da cui provengo, il Campus
Biomedico, e molte altre. Sul tema, anzi, il potenziamento delle università a vocazione
specifica va opportunamente valorizzato, e va valorizzato ponendo anche lì obiettivi di
valutazione: il termine parallelo a «valorizzazione» è «valutazione».
Però mi dispiacerebbe se noi dovessimo portare avanti una politica che rendesse
l'ateneo pubblico contrapposto a quello privato, laddove l'ateneo privato è inesistente,
posto che tutti gli atenei, per loro stessa intrinseca vocazione, sono atenei pubblici. Se
si fa poi un confronto sugli investimenti, il sistema universitario italiano rispetto a
quello degli altri Paesi europei risulta in evidente ritardo. È sufficiente indicare un
solo dato: l'Italia spende per ogni studente universitario 7.241 euro, contro i 9.135
della Francia e i 9.895 della Germania. Il Fondo di finanziamento ordinario, che dovrebbe
assicurare all'università la possibilità di svolgere nel quotidiano la funzione di
istituzione pubblica per l'alta formazione, è quasi interamente assorbito dagli stipendi
del personale. Fatto 100 questo fondo nel 2001, il rapporto tra il 2001 e il 2006 è
passato a 112,4; nello stesso periodo, il livello degli emolumenti fissi del personale
universitario, che ammonta a poco più di 100 mila unità compreso il personale
tecnico-amministrativo, è passato da 100 a 124. È alquanto difficoltoso tentare di
rialzare la testa, se manca un miliardo di euro persino per tornare al livello di cinque
anni fa. Vorrei avvicinarmi alla conclusione, e vorrei anche però sottolineare un altro
dato positivo del sistema universitario italiano: il numero dei laureati è passato dai
161 mila del 2000 ai 301 mila del 2005; in realtà, in quattro anni il numero dei laureati
è duplicato. Questo mi sembra un dato positivo, anche se non si non ci esime dal porci la
domanda di quale sia il livello di competenza dei nuovi laureati. A sentire i professori
universitari, per i soggetti che si laureano in media, misurati come fascia se guardiamo
all'università come università di massa, il livello sembra più basso; viceversa, se
guardiamo in ogni corso di laurea a quelle nicchie di eccellenza che si formano, la
qualità, la competenza e il potenziale di sviluppo dei giovani laureati anche attualmente
è molto alto e fortemente competitivo sul piano internazionale. Ritornando al confronto
con i Paesi dell'Unione europea e gli Stati Uniti, il rapporto per numero di ricercatori e
per unità di lavoro è rispettivamente pari alla metà e ad un terzo; da rilevare che
oltre l'80 per cento dei nostri professori ordinari ha un'età compresa tra i cinquanta e
i sessant'anni: se in questo campo non si interviene in tempo ed efficacemente, tra
quindici anni si creerà un vuoto che sarebbe paradossale per un paese, come l'Italia, nel
quale molti giovani talenti premono per entrare nel mondo della ricerca. E questa era
l'origine stessa, che aveva dettato il desiderio di un emendamento che aprisse le porte ai
ricercatori come alla vera ventata nuova che produrrà dall'interno il cambiamento della
struttura universitaria." |
Roma, 28 novembre 2008
Inaugurazione anno accademico |
|
Luigi Frati
|
Rettore: "
non possiamo non fare nostre le inquietudini dei nostri
studenti di fronte ad investimenti per ricerca che sono da anni in Italia la metà di
quelli dei più saggi Paesi europei ed ai tagli finanziari che non distinguono ciò che è
strategico da ciò che è riducibile, perché derivato da decisioni che hanno seguito i
privilegi, piuttosto che la logica del buon funzionamento delle istituzioni
Il
nostro obiettivo è quello di fare subito la nostra parte, per poi aprire un confronto con
la politica, chiamando il Governo a scelte di responsabilità nei confronti
dellavvenire dei giovani." |
Luciani: Ma,
poi, il Rettore (il giorno dopo) è tornato a chiarirsi sulla stampa locale: "Non
sono contro Tremonti e la Gelmini, anzi li stimo. Rimango con gli studenti, ma non ammetto
atteggiamenti, tipo impedire di parlare" (virgolette mie).
In altri termini, il Rettore di Roma si pone come Becket: "Essere
amico del Re, ma senza venir meno alla propria missione che è servire Dio", diciamo
che egli vuole convincere il governo sul valore dell'università pubblica. Potrebbe essere
presuntuosità, perchè in una giungla (Berlusconi è il capo della giungla) gli avamposti
finiscono di solito nella bocca del leone. Ma, come RETTORE DI ROMA e insieme con gli
studenti, può giocare una carta. Non sembri una provocazione questo ruolo attribuito agli
studenti. Nell'Alma Mater delle origini gli studenti eleggevano il Rettore e questo
rientra in un corretto rapporto tra domanda e offerta di lezioni. NL
|
Nota. Proponiamo a
tutti i Colleghi dell'Università italiana la posizione pacata, ma chiara e forte, del
Rettore FRATI. |
Anno accademico 2008/2009 - 706° dalla
fondazione
Discorso del Rettore
Luigi Frati
Signore e Signori, Autorità
tutte,
Magnifici Rettori qui convenuti
Studenti
Colleghe e Colleghi professori, tecnici,
amministrativi,
ho voluto linaugurazione dellanno accademico nel canonico mese di novembre,
cioè come evento "normale", ripetutosi negli oltre 700 anni di storia di questa
Università, evento a volte rinviato per rincorrere presenze le più diverse: intendo
infatti segnare il ritorno pieno della Sapienza alle sue tradizioni, alle sue
finalità istituzionali, e perciò ai temi centrali della ricerca e della formazione, che
siano di qualità ed utili. E proprio per questo ritengo di dover ricordare e commentare
con chiarezza alcuni eventi che hanno condizionato questanno la nostra vita
accademica, con uneco non sempre positivo sulla stampa, anche internazionale.
1. Tre questioni preliminari [la vicenda del Papa alla Sapienza;
il
seminario sulle foibe; i tagli al finanziamento alle Università]
Un anno fa un gruppo di colleghi scrisse al Rettore Prof. Guarini, ritenendo
inopportuno linvito al Papa a tenere la prolusione allanno accademico. Non di
prolusione si trattava, ma di un intervento a seguire linaugurazione dellanno
accademico: nonostante la precisazione, le polemiche non si sono fermate, cosicché alla
fine cè stata la rinuncia di Benedetto XVI a venire nellUniversità.
Linvito a tenere la prolusione non cè mai stato, e non ci sarà;
linvito a venire alla Sapienza cè stato e ci sarà ancora, con
modalità senza equivoci. Ancora: un convegno sulle foibe, richiesto non da studiosi, ma
da unorganizzazione politica, quindi oltre il confronto tra studiosi, su di un
argomento su cui non vi è nessuna riserva a che sia approfondito, come mi auguro che
avvenga nella nostra Università con uno specifico convegno di studio. Infine il decreto
legge 120 convertito nella legge 133/2008, le proteste degli studenti e dei docenti, la
campagna mediatica che ha ritenuto "innaturale" la convergenza su certe
tematiche tra studenti e professori. Ripeto ciò che ho detto il 30 ottobre, nella
giornata di consuntivo del rettorato del Prof. Guarini:
non possiamo non fare
nostre le inquietudini dei nostri studenti di fronte ad investimenti per ricerca che sono
da anni in Italia la metà di quelli dei più saggi Paesi europei ed ai tagli finanziari
che non distinguono ciò che è strategico da ciò che è riducibile, perché derivato da
decisioni che hanno seguito i privilegi, piuttosto che la logica del buon funzionamento
delle istituzioni
Il nostro obiettivo è quello di fare subito la nostra parte, per
poi aprire un confronto con la politica, chiamando il Governo a scelte di responsabilità
nei confronti dellavvenire dei giovani. Le preoccupazioni di quei giorni sono le
preoccupazioni che abbiamo ancora e che chiedono a noi prima di tutto di bene
amministrare, dinterpretare i tempi, di rompere privilegi e consuetudini, perché
poi si possa avere lautorevolezza per chiedere e proporre alla politica nazionale
unazione decisa, anche a correzione ed integrazione dei provvedimenti di legge di
recente emanati.
2. I problemi finanziari. Le scelte di rigore. Sviluppo economico della carriera
docente secondo la produttività.
Non cè Rettore che non sia allarmato per lo "scalone" finanziario del
2010, tale da mettere in crisi qualsiasi Università. Vale al riguardo losservazione
generale che i tagli indiscriminati si riflettono non solo sulle attività
"patologiche", ma anche su quelle virtuose. Non sottovaluto perciò il rilievo
dei tagli disposti dalla legge 133/2008: la tabella allegata indica il grave
deterioramento finanziario che ne deriverebbe, pur di fronte ad un bilancio 2007 della Sapienza
chiuso in pareggio e con unincidenza degli stipendi del 94% sul Fondo di
Finanziamento Ordinario [senza il beneficio degli attenuatori, di cui parlerò tra poco].
Anche riducendo il reclutamento rispetto alla previsione del recente D.L. 180, vi sarà un
rilevante disavanzo nel 2010-2011 e comunque un innalzamento inevitabile
dellincidenza degli stipendi, come dire una diminuzione delle spese in ricerca ed
infrastrutture:
|
Rimane dunque serio il problema finanziario: ma vogliamo
raccogliere la sfida politica di questi giorni, che è quella di ristrutturare le nostre
attività, con decisione, per meritare il ripristino dei finanziamenti tagliati. Il buon
funzionamento dellUniversità è infatti cruciale per il Paese e tutti debbono fare
la propria parte, dalle singole Università alla politica nazionale, dalla struttura di
valutazione ministeriale [che stabilisce gli indicatori su cui vengono erogate le risorse]
alle Regioni, competenti e quindi responsabili per quanto riguarda i costi della sanità.
Il metodo che certamente verrà proposto (la razionalizzazione della spesa verso obiettivi
stabiliti dalla politica) è lo stesso attuato da anni con le Regioni per la sanità:
quelle che si sono allineate agli indicatori di efficienza/efficacia/economicità ricevono
finanziamenti aggiuntivi, le altre - il Lazio è tra queste - sono in notorie difficoltà.
Qualcosa di simile dovrà accadere anche per le Università ed è questo il segnale che
viene dallart. 2 del D.L. 180, che stabilisce regole specifiche di buon
funzionamento, fondate sulla qualità della ricerca e della formazione e
sullefficienza/economicità delle sedi, e quindi sulla valutazione dei
risultati.
Costo della research vs teaching university.
Limpegno è quello di allineare ad una logica di competitività internazionale
ogni nostra azione e perciò introdurre criteri europei nelle regole con le quali sono
assegnate le risorse agli Atenei. Da una decina danni si vanno infatti applicando
anche da parte del Ministero regole finanziarie che non distinguono tra research e teaching
university, favorendo così il proliferare di sedi che costano poco [solo teaching],
perché non fanno ricerca, di Corsi di laurea già improbabili nella denominazione, se non
inesistenti nelle finalità culturali e di sbocco occupazionale.
Il paradosso degli "attenuatori" di costo del personale. Ed ancora viene
applicato un criterio discutibile di "attenuazione" del calcolo del massimo
consentito di spese di personale sul FFO-Fondo di Finanziamento Ordinario [90%] per poter
chiedere concorsi senza avere adeguate risorse. Consentire infatti alle Università di
detrarre a questo fine gli aumenti dovuti in forza del CCNL-contratto collettivo nazionale
di lavoro (così come gli oneri impropri gravanti sullUniversità per il personale
addetto unicamente alle attività assistenziali), senza trasferire alle Università le
risorse dei CCNL o fare i conti esatti con le Regioni per la sanità, ha il sapore di un
sistema artefatto di finanza irresponsabile che questo Governo ha ereditato da quello
precedente e che permane tuttora, favorendo appunto comportamenti elusivi dei
problemi da entrambe le parti [si fa finta che
]. E spiace che lassemblea dei
Rettori, il 20 novembre nellultima riunione della CRUI, di fronte alla mia proposta
di chiedere al Ministro labolizione di questi cosiddetti "attenuatori" e
di fare chiarezza sulle competenze relative agli oneri contrattuali ed a quelli
sanitari-assistenziali, neanche abbia voluto discutere il problema.
La vera meritocrazia. Ma è difficile pensare di modificare davvero le cose se non si
introducono elementi di premialità e di sanzione che tocchino direttamente i docenti
universitari, i loro stipendi per intendersi, in relazione ai meriti, introducendo o
migliorando i sistemi di valutazione oggettiva per divenire professori e poi per procedere
nella progressione di carriera. Pensare solo a premi e sanzioni di struttura (Ateneo,
Facoltà, Dipartimento) significa rinviare ad altri tempi uno dei provvedimenti più
necessari, sui quali la politica deve dimostrare coraggio nello scegliere e
laccademia comprendere che non è più il tempo delle difese di unautonomia
astratta, di bizantinismi e di "distinguo", a cui ci hanno abituato inchieste
giornalistiche e dibattiti televisivi, alla ricerca del sensazionale (
i parenti),
ma non dellorigine dei problemi, che consiste nel fatto che chi simpegna e chi
non, chi vince un concorso con merito e chi no, alla fine sono trattati nella stessa
maniera, nel falso mito di unautonomia, che assume il significato di un
ingiustificato privilegio. Pensare allora solo a premi e sanzioni di struttura significa
annacquare in un contesto generale i meriti ed i demeriti individuali, che ci sono
nellUniversità come in ogni altro ambiente: è la sommatoria dei comportamenti
individuali che genera la virtuosità del sistema ed è riduttivo pensare che tutto si
possa risolvere riorganizzando linsieme. Su questi temi tornerò più avanti,
perché preferisco ora riportarmi alle inquietudini degli studenti e parlare dei problemi
che si pongono, cominciando dai nostri doveri, dai doveri ai quali non abbiamo dato
risposta, intenti a reclamare diritti, anche legittimi (i fondi per la ricerca, le
opportunità di progressione di carriera, le rappresentanze negli organi collegiali,
etc.), ma pur sempre solo diritti.
3. I doveri
Ed allora parliamo dei doveri. Ho fondato la mia campagna elettorale a Rettore su
questo tema, perché ho ritenuto che fosse necessario dimostrare al Paese di saper essere
rigorosi, specie di fronte ad una crisi economico- finanziaria internazionale come quella
che stiamo vivendo. Ho scritto nel mio programma e poi chiesto a Senato Accademico e
Consiglio di Amministrazione di fare due scelte immediate: a) alzare di almeno due volte
la numerosità minima di studenti iscritti stabilita dal Ministero per le diverse
tipologie dei Corsi di Laurea, in modo da disattivare i Corsi a bassa numerosità; b)
destinare in prevalenza le risorse disponibili di budget docente al reclutamento dei
ricercatori più che a concorsi per professore ordinario o associato. A questo si aggiunga
una mia considerazione personale, che è quella che non si sia obbligati ad approvare i
concorsi nei quali siano rimasti, come concorrenti, un numero pari a quello del numero
degli idonei [due nelle procedure valutative per professore, uno in quelle per
ricercatore]: se valutazione comparativa deve essere, che lo sia senza artificiosi ritiri
di candidati, che gettano ombra sugli stessi vincitori. La nostra Università ha risposto
positivamente a questi miei inviti al rigore, sia sulla numerosità minima, sia sul
reclutamento di ricercatori, rinunciando agli artifici di bilancio sugli attenuatori ed
anticipando quanto disposto dal decreto legge 180/2008, approvando concorsi di ricercatore
per oltre l80% [rispetto al 60% di legge], per associato per il 16% e solo per il 4%
per ordinario:
|
Con queste credenziali ed anche in dissonanza da chi ancora
chiede finanziamenti e basta, siamo stati interlocutori autorevoli della politica, e non
vi è dubbio che questo nostro atteggiamento di rigore abbia avuto parte nellindurre
il Governo ad allentare la strettoia finanziaria, ed a disporre unerogazione di
fondi indirizzata ad alcuni obiettivi, certamente da condividere ed apprezzare, tra cui in
particolare il reclutamento prevalente di ricercatori previsto dal decreto legge 180. Ed
ancora occorre introdurre un sistema premiale secondo meritocrazia, secondo principi
inseriti dal Ministro Gelmini nelle Linee-Guida per lUniversità, approvate dal
Consiglio dei Ministri il 9 novembre, ma che è bene che divengano legge subito.
Per dirla in breve, la verifica dello straordinariato e poi quella triennale
dellattività di ricerca non devono essere semplici passaggi burocratici (sino ad
ora non accade nulla a chi neanche presenti il rendiconto), ma produrre il fermo della
progressione economica oppure avanzamenti graduati, biennali o triennali, secondo il
merito.
Dialogo "virtuoso" con la politica. Come detto, nel brevissimo tempo di
questo inizio di mio rettorato si è sviluppato un dialogo con la politica: è questa
perciò loccasione per analisi di vasta portata, tralasciando di parlare di punti
specifici del mio programma, del resto ben noti ai Colleghi della Sapienza, per
riflettere sui grandi tempi e delineare le regole di buon governo, da attuare in
co-responsabilità tra politica ed accademia.
4. Una riflessione più a lungo termine
Le ambiguità della politica. La politica ha annunciato nel 1999 che nessun docente
avrebbe potuto fare tre gradini (ricercatore, associato, ordinario) nella stessa
Università, per poi smentirsi con il DPR 190/1999, che ha introdotto i concorsi a 3
idoneità ed il concorrente locale vincitore in oltre il 90% dei casi. La politica ha
generalizzato lintroduzione dei Corsi di laurea "spezzati" [laurea breve
triennale e laurea specialistica, dette 3+2], validi per le professioni che hanno
unimportante componente di "saper fare" e che in tre anni possono portare
ad unoccupazione, ma che sono decisamente problematici per le aree umanistica,
giuridica, etc. Alla frammentazione dei Corsi di Laurea ha contribuito il nucleo di
valutazione ministeriale, che ha fissato i "requisiti minimi" per Corsi di
Laurea come "requisiti infimi", cosicché sono fiorite in giro per lItalia
lauree già nel titolo improbabili, senza professori in numero adeguato [ne bastano
9
] e in sedi che al più allestero ospiterebbero un "College" [chi
al Ministero ha messo in questi anni lasticella a 80 cm da terra, non può chiamarsi
fuori dalla proprie responsabilità, se poi chiunque si autodefinisce campione di salto in
alto].
Le fughe in avanti. Il valore legale dei titoli di studio. La procedura concorsuali. In
questo contesto le fughe in avanti [aboliamo il valore legale del titolo di studio,
sorteggiamo i commissari nei concorsi] non sono utili per affrontare in concreto e subito
i problemi. Quando sinvoca ad esempio labolizione del valore legale dei titoli
di studio signorano le regole dellUnione Europea, con la Direttiva 2005/36/EC
del 7 settembre 2005 [Recognition of professional qualifications. Ch. I. General system
for recognition; etc.]. Questa ha disciplinato i titoli legalmente conseguibili
nellEuropa a 27: farmacista, veterinario, medico, infermiere, ingegnere, architetto,
etc., con anni ed ore di studio, programmi, ben stabiliti, e ciò al fine della libera
circolazione-reciproco riconoscimento in Europa dei titoli professionali, esattamente come
è stabilito per le merci [dal vino al latte in polvere, dalla farina alle zucchine]. Non
solo valore legale, ma molto di più! Labolizione potrebbe riguardare dunque solo le
lauree che non danno luogo a professioni [quelle umanistiche, per intendersi]: poca cosa e
grave scissione nel mondo dei saperi! Laltro chiodo fisso è quello delle
commissioni concorsuali: in merito due professori hanno almeno tre opinioni, se non
quattro! Chi ha paura del sorteggio dei commissari? Così si è chiesto un
autorevole editorialista, forse dimentico del fatto che i risultati di siffatto sistema
nel concorso del 1974 furono così bizzarri da richiedere una modifica nel 1980 [votazione
tra sorteggiati per associato e sorteggio tra votati per ordinario].
Nel 1998 con la legge n. 210 [ed il successivo DPR 390/1998] sono state introdotte
due nuove norme: come accade spesso una è "tendenzialmente" buona [rendere più
oggettivi i criteri di giudizio, facendo magari ricorso ad indicatori scientimetrici
internazionali; "tendenzialmente", perché è ammessa la deroga
e si sa
quante volte si è derogato!], laltra pessima [concorsi locali con la nota terna a
vantaggio del potenziale vincitore locale]. E quando a vincere è uno modesto, il
soccombente altrettanto modesto grida allo scandalo, magari rifacendosi a luoghi comuni:
la stessa polemica su "parentopoli" non si pone lunica domanda legittima e
cioè se il "parente" [ma anche il "non parente"] sia bravo, magari
più bravo, o scadente! Il problema non è dunque "parentopoli", ma
"ignorantopoli", nellUniversità, come in ogni altro settore!. E il
sorteggio dei commissari sarebbe unidea eccellente, se i sorteggiabili fossero presi
dai migliori, cioè dal "terzile" o "quartile" di maggior qualità del
settore scientifico-disciplinare! Il punto fondamentale non è come si costituisce la
commissione (scelga la politica, come vuole), ma rendere oggettivo e meritocratico il
criterio di giudizio, definendo la qualità misurabile di un docente o di una ricerca
anche nei settori umanistici, giuridici, etc. E poi procedere a valutazioni periodiche
della produttività scientifica, legandone i risultati alla progressione economica. Ma
vediamo in concreto i punti nodali e le ipotesi di buon senso che riguardano le singole
Università, la Sapienza in primo luogo, proponendo azioni davvero praticabili e
con effetti concreti e visibili.
Carattere pubblico delle Università. Le Fondazioni. Il sistema di finanziamento. Il
dato di fondo di un investimento italiano in ricerca negli ultimi 15 anni di poco più
della metà della media europea dellUE a 15, con la componente pubblica a 2/3 e
quella privata ad 1/3, indica chiaramente la scarsa considerazione della politica
nazionale per ricerca ed innovazione ed unindustria che preferisce in larga misura
un mercato a bassa competitività internazionale: la perdita ogni anno negli ultimi 10
anni anche di un punto del PIL sulla media europea costituisce la misura di questa scarsa
attenzione per ricerca & sviluppo. Anche per questo motivo è impraticabile
lipotesi Università-Fondazione privata, essendo oltre tutto non paragonabile il
sistema accademico USA a quello europeo: in Europa la "core activity"
dellUniversità (ricerca e formazione) è essenzialmente pubblica, e così in Italia
dove è valore costituzionale di rilievo primario (come la salute, la giustizia, etc.). Le
Fondazioni universitarie possono dunque svolgere un ruolo rilevante "in aid",
cioè per reperire fondi, essere ponte con il mondo produttivo o del volontariato o dei
servizi, etc. e così sarà sempre più per la Fondazione Sapienza-Università di Roma,
che abbiamo appena costituito.
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Su questo scenario sinnestano le polemiche sulla
utilizzazione dei pur scarsi fondi (con il luogo comune: fondi rastrellati dai baroni): è
il problema dellimparzialità nella valutazione delle proposte di ricerca, con molti
che ancora rifiutano lidea che si debba ricorrere ad indicatori internazionali. In
un sistema internazionale dove vige il motto publish or perish [senza pubblicare
non si hanno finanziamenti, nè si ha progressione di carriera] è cruciale il metodo di
valutazione ed è cruciale che tenda il più possibile allobiettività: la critica
che viene rivolta al sistema di indicizzazione come misura della qualità delle proposte
di ricerca e dei risultati della ricerca riflette è sul rischio di compressione del
"mercato delle idee", di una sorta di "autocensura" da parte di chi
applica per un grant o invia un articolo ad una rivista, che per non vedersi
giudicato negativamente evita di porsi di traverso alle idee dominanti, del referee della
rivista o del gruppo che assegna i finanziamenti. Ed ancora il ricorso allimpact
factor cumulato può produrre "leffetto Bignami" [La Recherche,
1992], cioè il frazionamento artificioso dei risultati in più pubblicazioni [Least
publishable unit]: per questo si deve ricorrere, come avviene ad Harvard da anni, a
limitare il numero delle pubblicazioni presentabili [per richiedere un finanziamento, come
per partecipare ad una selezione di docenza]. Dato per scontato che loggettività
assoluta non esiste e che conflitti dinteresse espliciti o striscianti ci saranno
sempre [la peer review ne è lesempio accettato], si può citare per analogia
Winston Churchill per quanto disse riguardo alla democrazia: è un cattivo sistema, ma
non ne conosco uno migliore. E così, se Rossi ha 10 punti dimpact factor in
10 pubblicazioni e Bianchi 100, questi è di sicuro migliore! E sulla strada della
oggettività bisogna procedere anche nei settori nei quali ciò è meno consueto, quelli
umanistici, giuridici, e così via!
La competitività internazionale è il punto centrale nel rilancio delle
Università. Ma non si tratta del problema del cosiddetto rientro dei cervelli, che è una
visione parziale di un problema strutturale. I bravi ricercatori vanno infatti dove ci
sono migliori occasioni di ricerca [stipendi, infrastrutture, fondi] ed è allora
difficile trattenere in Italia un bravo dottorando a 800 euro al mese (la metà che in
Europa) o se i grants sono appannaggio di gruppi senior. Ed è ancor più
difficile attrarre ricercatori se non si offrono loro facilities, come alloggi-guest
houses, oltre che laboratori, biblioteche, etc. paragonabili a quelli delle
Università estere. Il segnale di tendenza del D.L. 180 è positivo, ma serve di più,
anche in questo caso alla radice del problema, ad esempio co-finanziando i progetti con
privati per ampliare la recettività residenziale studentesca.
Modificare gli indicatori di finanziamento, fondandoli su parametri di costo
"europeo" nelle diverse aree e sulla valutazione dei risultati. Se
riaffermiamo il carattere pubblico dellUniversità, non vi è però dubbio che
modalità, indicatori e valutazione dei risultati conseguenti il finanziamento pubblico
sono stati usati in modo insoddisfacente, con regole che sono evolute nel tempo secondo le
indicazioni delle strutture di valutazione ministeriale, dove è fissa da anni la presenza
di esperti dei settori tecnologici, cosicchè le regole si sono piano piano allineate alla
visione dei troppo a lungo componenti della struttura di valutazione. Ed allora bisogna
pensare europeo e non secondo gli interessi "domestici":
a) il "peso" dello studente per il finanziamento statale deve essere rapportato
per singola area [umanistica, giuridico-economica, tecnicoscientifica,
medica-farmaceutica, etc.] alla media di 4-5 università europee (da anni il Comitato
ministeriale pesa in ugual misura lo studente di giurisprudenza e quello di fisica o di
biotecnologie e per metà quello per le professioni sanitarie);
b) il finanziamento deve essere corretto in base ai risultati [il decreto
legge 180, allart. 2, lo indica con chiarezza e concretezza]; c) i risultati devono
essere valutati con indicatori numerici che misurino lefficienza del sistema
e la sua utilità, strada sulla quale si è incamminato il consorzio Alma Laurea,
valutando gli esiti del percorso formativo nelle diverse aree; si tratta di dati di grande
interesse e peraltro sino ad ora ignorati dal comitato ministeriale di valutazione [quanti
studenti si laureano a tempo debito, quanti trovano lavoro entro un anno, quanto è valido
ciò che hanno studiato per il lavoro che hanno trovato].
La struttura dei Corsi di laurea. Il 3+2. Se il 70-90% degli studenti che hanno
conseguito una laurea triennale si iscrive al successivo biennio, è sicuro che
lobiettivo che si voleva conseguire con lintroduzione della laurea breve
(immettere più rapidamente i laureati nel mercato del lavoro al termine della laurea
triennale) è stato mancato; si salvano quei Corsi di Laurea che hanno mantenuto il ciclo
unico (a 5-6 anni), in particolare quelli protetti dalla normativa europea; ed ancora le
lauree che hanno una "formazione breve" che risponde alle esigenze del mercato
occupazionale (ad es. informatica). Se poi si osserva che, con qualche eccezione, si ha
prosecuzione nel +2 anche nel 90% dei casi, è davvero difficile non ritenere che siano
stati attivati ordinamenti in alcuni casi avventati: tra CUN, tavolo tecnici, Università
e Facoltà si è pensato a volte più a dar retta alle fantasie dei professori che alle
necessità formative degli studenti.
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Larea umanistica è stata certamente la più
disastrata dalladozione di un modello che in realtà si è affermato in Europa solo
per le professioni tecniche [dove ha grande rilievo il "saper fare"]: bisogna
avere allora il coraggio di valutare gli effetti positivi o negativi della
generalizzazione del 3+2 nelle diverse aree, non accontentandosi di porre rimedio solo ad
alcune evidenti storture [le numerosità minime dei Corsi di Laurea, le tipologie assurde,
le sedi di paese], e ridiscutere lopportunità di introdurre nuovamente, in
parallelo al 3+2, Corsi di Laurea a ciclo unico di 4-5 anni.
5. E la Sapienza? Un macrosistema come la Sapienza assomma difficoltà e
storture, problemi logistici e di sovraffollamento, farraginosità del processo
decisionale e lentezza delle procedure: fondi per ledilizia inutilizzati per anni e
finalmente, almeno in parte, sbloccati durante il rettorato Guarini, un adeguamento
tecnologico lento anche per difficoltà finanziarie, lenfasi sulla ricerca che però
risente anchessa delle difficoltà finanziarie, un Policlinico con grandi
professionalità ma con attività svolte in ambienti degradati ed infrastrutture di
difficile adeguamento in un sistema multipolare, il S. Andrea senza ledificio per
ricerca, e così via.
Mi sono candidato a Rettore non per chiudere con tale carica unonorata carriera, che
già mi aveva visto ai vertici, in Europa nel board dellAgenzia Europea del Farmaco
ed alla presidenza della Federazione delle Accademie Nazionali di Medicina, in Italia alla
presidenza del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità. Ho
sentito il dovere morale di provare a dare una scossa ad una Università che ha una
ricchezza straordinaria di talenti, di personalità scientifiche di assoluto valore
internazionale, nella letteratura e storia, nellarcheologia, nella fisica, nella
biologia e nella medicina, nei settori più avanzati dellingegneria. Basti dire che
quando negli ultimi anni un qualche italiano è entrato nel novero dei candidati al premio
Nobel, questi era della Sapienza (Cabibbo e Parisi per la fisica, Macino per la
biomedicina). Ed ancora Premi Bazan sono stati assegnati negli ultimi anni ad italiani
della Sapienza. Come reagire? Cosa fare? Rigore ed entusiasmo rinnovati,
coinvolgimento di tutti [studenti, personale tecnico-amministrativo e docenti],
trasparenza ed obiettivi chiari, rivolti alleccellenza, alla meritocrazia ed
allinnovazione, senza sconti per nessuno. Chiamando alla collaborazione ed offrendo
collaborazione alle istituzioni [il Governo, gli Enti territoriali], alle realtà
produttive, alle forze sociali. E farsi quindi due domande come Rettore e come comunità
accademica:
- che cosa ci chiede la società civile?
- che cosa ci chiedono gli studenti?
La società civile ci chiede unUniversità che sia di qualità,
generalista, cioè rivolta allapprofondimento di tutti i saperi, ma non per questo
dimentica di dover essere di qualità ed utile nellattività di ricerca. Ci siamo
dati unarticolazione organizzativa in Atenei federati, assemblandovi le
Facoltà in alcuni casi con logica discutibile, perché non si è tenuto conto delle
necessità della ricerca scientifica. Ho posto il problema a Senato Accademico, Consiglio
di Amministrazione e Dipartimenti di ricondurre nello stesso Ateneo aree che erano state
spaccate: larea umanistica e quella di architettura, in particolare. Per poi
procedere ad un effettivo decentramento di funzioni agli Atenei federati, applicando anche
a loro il criterio più volte ricordato di assegnazione delle risorse tramite indicatori e
di correzione dellassegnazione in base ai risultati.
Vi è stata, durante il rettorato del Prof. Guarini, lesperienza positiva di un
pro-rettore impegnato nella valorizzazione della ricerca scientifica: brevetti,
spin-off, accesso a fondi internazionali ne sono stati leffetto più evidente [la Sapienza
è stata, ad es., lunica università dellEuropa continentale ad
aggiudicarsi uno dei dieci cospicui grants banditi dagli Emirati Arabi Uniti; le
altre sono UK o USA]. Ma se vi è una critica generale allUniversità ed agli Enti
di ricerca di non assegnare con sufficiente rigore i fondi per la ricerca, allora è
necessario attivare un sistema di valutazione di efficacia ed economicità delle scelte.
E così tra i pro-rettori ne ho voluto ora uno dedicato al coordinamento della
pianificazione finanziaria ed alla messa a punto di indicatori da utilizzare nella
verifica degli obiettivi di ricerca e didattica. Non più fondi o posti di professore o di
personale tecnico-amministrativo assegnati per bilanciamento dinteressi tra gruppi
di potere, ma solo in relazione ad una strategia complessiva ed alla verifica dei
risultati conseguiti, a cominciare dalla ricerca, ma anche riguardo
allefficienza organizzativa. E sapendo tuttavia che vi possono essere storture non
eliminabili nel meccanismo di peer review che si utilizza per selezionare ad
esempio i progetti di ricerca, si procederà anche destinando quote significative di
fondi per la ricerca ai livelli più giovani, ai ricercatori ed agli under 40.
E se è un problema serio linvecchiamento del corpo docente, le risorse
disponibili andranno alla Sapienza soprattutto per il reclutamento di
ricercatori e le Facoltà dovranno scegliere, mi auguro privilegiano appunto ricerca e
reclutamento di ricercatori rispetto a proroghe in servizio dei docenti..
E se gli automatismi di carriera sono incompatibili con la meritocrazia, per quanto ci
compete si attiverà una verifica rigorosa dello straordinariato, mentre chiediamo alla
politica - come già detto - di avere il coraggio dintrodurre norme che rendano
possibile, sin dora, cioè nella legge di conversione del D.L. 180, il blocco
della progressione economica per chi non si dia la pena nemmeno di presentare la
prescritta relazione triennale sulla ricerca e di progressione economica accelerata
per una quota (una quota, non per tutti!) comparativamente migliore in ogni Facoltà,
su criteri deliberati da un organo diverso (il Senato Accademico). Le Facoltà devono
essere chiamate ad esercitare la vera autonomia, che è quella di selezionare in
base al merito, con assunzione quindi di responsabilità nellapplicare il
criterio di valutazione.
Gli studenti chiedono una didattica di qualità ed utile e labolizione del
3+2, sullonda dellentusiasmo, ma anche di una conoscenza dei problemi non
sempre approfondita. Gli studenti: anche nel pieno della protesta non hanno mai perso di
vista lobiettivo di migliorare il sistema, di chiedere i fondi per la ricerca come
nei Paesi europei con cui ci confrontiamo, di chiedere correttezza nella valutazione dei
progetti di ricerca e nella trasparenza nei concorsi, di pensare la didattica in relazione
alle loro aspettative.. Il nostro impegno è rivolto non solo a chiudere sedi
delocalizzate in improbabili cittadine [anche chiamando la Regione a rivedere le sue
determinazioni relative ad ospedaletti di provincia sedi di formazione sanitaria e tenuti
in attività con la scusa che sono sede di formazione universitaria ] o Corsi di laurea
multipli nella stessa Classe e che abbiano un basso numero di studenti o titoli dei quali
poco si comprende. Limpegno è soprattutto quello di attivare una valutazione di
tutta lattività formativa [quanti studenti frequentano, quanti finiscono fuori
corso, quanti trovano unoccupazione una volta laureati] e di promuovere la qualità
della formazione, anche riscrivendo i piani di studio per Corsi di Laurea sperimentali a
ciclo unico nei settori nei quali il 3+2 è stato o è presentato come un fallimento.
Limpegno nostro è per una didattica di qualità ed utile per trovare
sbocchi occupazionali. Cardini di questa politica saranno le incentivazioni per stage allestero
e presso aziende ed il potenziamento del programma SOUL di job placement, che mette
in contatto laureandi e laureati con il mondo produttivo [nel programma sono entrate 1500
aziende, risultato straordinario se si pensa che una università romana che fa di questa
attività un giusto vanto ne ha in catalogo solo 100].
Non lUniversità che vorrei, ma lUniversità che vogliamo, aperta
allinnovazione, di una qualità che deve divenire più visibile ed essere percepita.
UnUniversità che possa essere per qualsiasi studente un ascensore sociale perché
fondata su valori veri, su di una ricerca di qualità e su di una didattica di qualità ed
utile. La "normalità" dellUniversità che dirigo è quella di essere
aperti al confronto ed alla critica, ma dove si fa ricerca e si studia con profitto. La
"normalità" è quella di riorganizzarsi, tagliare linutile o lo
sclerotico per liberare risorse per lutile, cioè per una ricerca competitiva e per
una didattica pensata per gli studenti, che pensi anche agli studenti lavoratori, ai fuori
sede, ai part-time. Dimmi cosa vuoi da me? E la domanda rivolta alla società
civile (lunica risposta esclusa è portare la ricerca fuori dallUniversità). Dimmi
cosa vuoi da me? È la domanda rivolta agli studenti (lunica risposta esclusa è
il 30 regalato).
LF |
Le Organizzazione Unitarie della Docenza
in soccorso della Ministra ... se lo accetta ... |
Coordinatore OOUUDD
Sergio Sergi |
UN PROGRAMMA PER L'UNIVERSITÀ
Documento per le riforme nel medio termine
Il documento è frutto della fusione del documento CNU, presentato nella
Conferenza di Bologna del 30 giugno 2008 e di un successivo documento della FLC-CGIL. Esso
è migliorabile da tutti. Scrivete.
Nota. Martedì 11 nov.,
le Organizzazioni firmatarie
del Documento sono state convocate dal Senato |
Non c'è bisogno di martiri
Beata" GELMINI ? |
|
LUCIANI, Sul
"contratto con gli italiani" di Berlusconi. Rimane di attualità riprendere il CONTRATTO CON GLI
ITALIANI del precedente Governo
Berlusconi, e fare chiarezza circa l'autonomia universitaria di entrata e spesa.
Ivi già si prometteva l'autonomia e allora:
a) se si decide davvero di darla, poi non si può vincolare l'università, se non al
rispetto del vincolo di bilancio;
B) se si decide di revocarla, si guidi la università in tutto, sia pur dopo averla
sentita per i pareri (a parte che questo è quanto è avvenuto, in questi anni, vale dire
le "deviazìoni" sono state prevalente responsabilità della burocrazia
ministeriale, incapace).
Una volta definito autorevolmente il quadro di riferimento, il resto
dovrebbe venire di conseguenza, sia pur sulla base di determinati paletti statali, circa i
requisiti per lo accredimento delle università.NL
Stralcio dal "Piano di Governo
per
unintera legislatura"
" 4.2 UNIVERSITA' . Una Università di livello pari a quello delle nazioni più
avanzate è indispensabile per il progresso morale e culturale del Paese ed è
indispensabile per il suo sviluppo economico.
Non si può pensare di avere un'economia competitiva, nel mondo della globalizzazione,
senza una Università che, oltre a trasmettere il sapere, produca ricerca e ricercatori ad
altissimo livello, e che sia pienamente raccordata con il mondo delle imprese.
È necessaria una riforma organica dell'Università e della ricerca scientifica, basata
sulle seguenti linee fondamentali:
1) Abolizione della riforma Zecchino sullo stato giuridico dei docenti, che distrugge il
principio dell'autonomia universitaria, mortifica le professionalità ed i meriti,
disincentiva la ricerca, appiattisce le retribuzioni, taglia i
legami tra le Università e le imprese. (Allora, l'ispirazione a Zecchino, veniva
da Confindustria, così come adesso è per la Gelmini: vedi Il Sole 24 ORE, e
Treelle, quasi ogni giorno, associate alle sue dichiarazioni quotidiane. NdR).
2) Sponsorizzazione delle Università da parte delle Fondazioni bancarie e altre
istituzioni.
Occorre promuovere un tavolo di concertazione fra Università e Fondazioni di origine
bancaria affinché una parte delle loro risorse finanziarie sia finalizzata al
finanziamento di programmi di ricerca scientifica.
3) Attuazione di un nuovo stato giuridico delle Università con il riconoscimento di una
precisa autonomia. Allo Stato deve restare la funzione di stabilire alcuni principi
normativi di base, che garantiscano sia un sufficiente grado di uniformità su tutto il
territorio nazionale, sia il rispetto delle legittime prerogative normative ed economiche
delle quali tradizionalmente godono i docenti, e che sono il fondamento della libertà
accademica.
4) Riconoscimento di un ruolo molto più ampio di quanto non sia oggi alle singole
Università nelle decisioni sul riordino della struttura delle lauree, riducendo il
compito del MURST allo stabilimento delle linee generali."
|
|
ORGANIZZAZIONI UNITARIE DELLA DOCENZA UNIVERSITARIA*
Coordinatore generale: Sergio Sergi
*- ADU, Associazione Docenti
Universitari - Presidente: Leo Peppe.
- ANDU, Associazione Nazionale Docenti Universitari - Presidente: Nunzio Miraglia
- APU, Associazione Professionale Universitaria - Presidente: Gina Melillo
- CISAL- Università, Confederazione Italiana Sindacati Autonomi Lavoratori -
Università - Presidente: Bartolomeo Merola
- CISL-Università, Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori - Università -
Segretario generale: Santo Signorelli
- CNRU, Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari - Presidente: Marco
Merafina
- CNU, Comitato Nazionale Universitario - Presidente: Francesco Indiveri
- FLC Cgil, Federazione Lavoratori della Conoscenza - Confederazione gen. it. del
lavoro - Presidente: Marco Broccati
- SUN - Universitas News, Sindacato Universitario Nazionale, Presidente: Nino
Luciani
- UDU, Unione Degli studenti Universitari, Presidente: Valerio Angelini - UILPA-UR
AFAM, Unione Italiana del Lavoro Pubblica Amm.ne - Università e Ricerca - Presidente:
Alberto Civica.
- RNRP - Rete Nazionale Ricercatori Precari - Portavoce: Nora Precisa
- UGL - Unione Generale del Lavoro, Universita' e Ricerca, Presidente: Clara
Valli
"Un
Programma per l'Università italiana"
I recenti provvedimenti legislativi e quelli
annunciati, se non abrogati e bloccati, determineranno la definitiva scomparsa
dell'Università' pubblica, mutandone radicalmente la natura, la missione, le finalità e
l'assetto. Un'Università alla quale la nostra Costituzione assicura autonomia e liberta'
di ricerca e di insegnamento. Le sottoscritte Organizzazioni ed Associazioni della docenza
universitaria, dei ricercatori precari, dei dottorandi e degli studenti nel respingere
fermamente le scelte di fondo che ispirano tali provvedimenti, intendono riproporre a
tutti gli interlocutori, a cominciare dal Governo, un quadro di interventi alternativi che
affrontino le criticità evidenti del sistema, valorizzino le risorse presenti,
sollecitino la crescita della qualità della didattica e della ricerca, e consentano
all'Università italiana di svolgere quel ruolo sociale di promozione della cultura e
dell'innovazione di cui il Paese ha enorme bisogno.
I valori fondanti
Noi crediamo che qualsiasi intervento non possa
prescindere dal rigoroso rispetto di alcuni valori fondativi che rappresentano la parte
migliore della storia e dell'esperienza dell'Università italiana, valori che desideriamo
sinteticamente ricordare:
- la natura pubblica del
sistema universitario. Il ruolo dello Stato come erogatore e garante di un sistema di alta
formazione è indispensabile per assicurare le condizioni affinché l'Università resti,
ed anzi divenga sempre più, elemento centrale del sistema di welfare. E' compito del
sistema pubblico garantire parità di condizioni universali nell'accesso all'Università,
assicurare la qualità dell'offerta didattica, e per questa via ripristinare una mobilità
sociale che appare ridotta, presidiare la ricerca in tutti i campi, anche quelli che, pur
dotati di alto valore culturale e scientifico, non presentano possibilità di
valorizzazione economica immediata, garantire la libertà didattica e di ricerca
costituzionalmente sancita. Va inoltre assicurato il carattere unitario del Sistema
nazionale universitario, dotato di effettiva autonomia, all'interno del quale deve essere
garantita l'autonomia dei singoli Atenei. Il ruolo del privato rappresenta un'utile
integrazione, uno stimolo ed una risorsa, che deve avere tuttavia carattere complementare
al mantenimento di un forte, prevalente sistema pubblico di Atenei. La stessa idea di
autonomia, che è autonomia del sistema ed autonomia dei singoli Atenei, si tiene nella
misura in cui il riferimento concettuale è ad un sistema nazionale pubblico.
- il ruolo sociale del sistema universitario, ruolo che si
estrinseca in un rapporto trasparente tra la domanda sociale, il concreto funzionamento
degli Atenei e la loro capacità di dare risposte sulla base di un misurabile rapporto
costi-benefici, da rendere visibile attraverso una congrua valutazione del sistema e delle
sue singole articolazioni (Atenei, Facoltà, Dipartimenti, progetti di ricerca, percorsi
formativi).
- la natura cooperativa e partecipata
del sistema universitario. L'Università deve rappresentare il modello di una comunità di
pari, libera da gerarchie formali e sostanziali, capace di autogovernarsi perché fondata
su una salda cultura democratica della responsabilità individuale e collettiva. Una
comunità che si fonda sulla libera circolazione dei saperi e su una virtuosa competizione
di meriti scientifici. |
Ogni provvedimento di
riforma deve misurarsi con questi valori fondanti e con la natura laica e razionale
dell'Universita'. Siamo perfettamente consapevoli della distanza che separa oggi
l'Università dalla compiuta realizzazione di un modello ideale: l'Università italiana è
in condizioni difficili, in parte prodotte dal contesto politico-istituzionale, in parte
da una distorta applicazione dell'autonomia la cui responsabilità è da imputare al ceto
accademico. E' tuttavia nostra convinzione che non vi sia riforma possibile che non muova
dall'affrontare i nodi ed i valori che dovrebbero sostenerne il modello. Nei provvedimenti
di Governo vediamo invece disegnarsi una prospettiva di liquidazione del ruolo pubblico ed
un sistema universitario sempre più impoverito sul piano finanziario e, soprattutto, sul
piano delle risorse intellettuali ed umane. Un sistema che nel giro di pochi anni compirà
fino in fondo una parabola discendente che porterà ad una condizione di paralisi e di
irrilevanza istituzionale. Per queste ragioni proponiamo un programma che muove da quelli
che a noi appaiono i veri nodi del sistema universitario. Chiediamo al Governo di fermare
gli iter legislativi in corso, di abrogare gli art. 16 e 66 della L. 133/2008, e di aprire
un confronto autentico con tutti i soggetti coinvolti ed interessati. 1)
Il sistema di finanziamento. Il settore della conoscenza deve essere considerato
una risorsa strategica del Paese. I finanziamenti devono essere pertanto adeguati a questo
compito. La valutazione dell'utilizzo di questi finanziamenti deve essere effettuata a
partire dalle ricadute sull'intero sistema Paese. Utilizzare gli Atenei per fare cassa non
è l'approccio migliore ad una discussione seria sulle necessità del finanziamento e
sulla qualità della spesa. Occorre partire da un dato incontrovertibile: qualunque
indicatore venga assunto, il sistema italiano è largamente sottofinanziato, ed in queste
condizioni ogni ragionamento credibile sulla qualità è pura poesia. Se si realizza il
taglio ulteriore di un 25% in termini reali nei prossimi quattro anni, come prevede la L.
133, si entra in una condizione di bancarotta degli Atenei, anche quelli che oggi si
considerano "virtuosi". Occorre invece partire da:
a) una previsione pluriennale di crescita del
finanziamento che avvicini il nostro Paese alla media OCSE
b) una rimodulazione delle regole della distribuzione del FFO che valorizzi
indicatori credibili di crescita della qualità dei servizi e delle prestazioni dei
singoli Atenei, e su di essi distribuisca le risorse evitando di incentivare comportamenti
perversi (la caccia all'iscritto o le promozioni facili). Un finanziamento così rivisto
esplicherebbe inoltre la sua piena funzione se, riconoscendo che le università possono
vivere solo nel binomio inscindibile di attività di didattica e di ricerca, si osservasse
che tali requisiti non vengono attualmente rispettati in tutti gli Atenei italiani, e si
procedesse quindi ad un attento monitoraggio delle loro caratteristiche in maniera tale da
porre rimedio a queste situazioni.
c) una rigorosa revisione delle regole di finanziamento dei fondi di progetto,
insieme con l'ampliamento degli investimenti a progetto, a cominciare dai PRIN (che
quest'anno calano da 160 a 98 milioni)
2) La docenza universitaria. La necessità primaria del sistema
è costituita dal riavvio di un processo di immissione di giovani che vada ad equilibrare
la "gobba" di uscite per pensionamento previste nei prossimi anni. E'
esattamente il contrario di quanto previsto dalla L.133, che viceversa blocca
sostanzialmente il turn-over. Sempre in virtù della centralità strategica
dell'università l'approccio al turn-over deve essere totalmente ribaltato: a fronte dei
pensionamenti il personale docente e tecnico-amministrativo di ruolo deve essere aumentato
in modo da rispondere in misura adeguata agli standard europei. E' necessario programmare
un'operazione di reclutamento straordinario di consistenti dimensioni, su fondi nazionali
aggiuntivi, che consenta di dare una prospettiva alle competenze presenti nell'abnorme
area del precariato; e al tempo stesso programmare la ripresa di un reclutamento ordinario
che eviti l'andamento disomogeneo per classi di età, dovuto nel passato agli
"sbottigliamenti" legati ad ondate di immissioni concentrate nel tempo.
L'investimento nel reclutamento di giovani e precari può essere gestito anche attraverso
meccanismi che consentano di utilizzare le risorse derivanti dai pensionamenti, e/o
attraverso forme di anticipo delle competenze, da restituire man mano che i costi
immediati tendano a riequilibrarsi, prendendo in considerazione preparazione e pregresse
attività di coloro che possono dimostrare interesse e impegno nella ricerca e nella
didattica. Partendo dalla costatazione che ai fini istituzionali concorrono a pieno titolo
gli attuali professori e ricercatori, occorre una revisione profonda delle carriere e del
sistema di reclutamento, allo scopo di fornire risposte reali alla crescita scientifica e
retributiva dei docenti, all'ingresso e alle prospettive dei giovani, all'enorme serbatoio
di precariato prodottosi negli ultimi anni. Va affermata la unitarietà della funzione
docente; la carriera, che deve essere unica, può essere articolata in fasce, scandita da
verifiche periodiche che diano luogo alla progressione stipendiale e ai passaggi di
fascia, che devono realizzarsi ad esito di valutazioni della qualità scientifica e
didattica del singolo docente. Va salvaguardata una quota di accessi dall'esterno,
attraverso un meccanismo concorsuale, a tutte le fasce, ed abolito lo straordinariato per
il passaggio da una fascia all'altra . Per quanto attiene al reclutamento iniziale, va
introdotta una figura post-doc (o attività di ricerca assimilabile), con contratto a
tempo determinato triennale e retribuzione assimilata al ricercatore, con funzioni
esclusive di ricerca. Quest'approccio richiede la definizione di alcune condizioni di
contesto: a) la fissazione di un rapporto esplicito e credibile tra il numero di coloro
che entrano nel percorso triennale e il numero di docenti da reclutare; b) un'applicazione
graduale, che consenta di ridurre il precariato esistente attraverso un consistente
reclutamento straordinario; c) il divieto per gli Atenei, a regime, di utilizzare
strumenti diversi dal contratto triennale (atipici, co.co.co., ecc,); d) la creazione di
un meccanismo che faciliti la mobilità dei docenti fra i diversi Atenei, per esempio
rendendo impossibile lo svolgimento della carriera (laurea
magistrale-dottorato-postdottorato-docenza) nella stessa sede e fornendo le risorse
necessarie a detta mobilità; e) la distinzione tra il budget destinato al reclutamento e
quello dedicato all'avanzamento di carriera; f) la rivisitazione della remunerazione dei
docenti per renderla più omogenea possibile a quella degli altri paesi europei.
3) Il governo dei singoli Atenei e del Sistema nazionale. E'
ormai evidente come sia necessario rivisitare l'assetto del governo degli Atenei,
caratterizzato da forti differenze legate ai singoli Statuti, ma comunque accomunato da
alcuni punti critici: il rapporto spesso clientelare che lega i Rettori al loro
elettorato, soprattutto in occasione del rinnovo del mandato; la sovrapposizione e
confusione dei ruoli tra Senato e Consiglio di Amministrazione; la composizione degli
organi di governo e la loro base elettiva. Noi riteniamo necessario che il mandato
rettorale sia unico, e che comunque il mandato non possa essere prolungato tramite
successive modifiche di statuto . Che gli Statuti regolino in modo puntuale, sulla base di
un quadro normativo nazionale, le competenze degli organi, distinguendo con nettezza
l'indirizzo, dal controllo, dalla gestione. Che si valorizzi il lavoro di gestione della
dirigenza amministrativa e dei dipendenti tecnico-amministrativi, riconducendo la docenza
alle funzioni sue proprie ed evitando di assegnare ai docenti improprie funzioni di
dirigenza. Che si prevedano forme di partecipazione effettiva degli studenti alla vita
democratica degli Atenei. È indispensabile, infine, prevedere un Organismo di
coordinamento nazionale capace di assicurare l'autonomia del Sistema Universitario ed un
suo sviluppo organico. Un Organismo non corporativo e non disciplinare, elettivo e
rappresentativo della comunità accademica nazionale, aperto ai contributi del mondo del
lavoro e delle imprese, in grado di aiutare a stabilire le priorità di sviluppo del
Sistema Universitario.
4) Il diritto allo studio. L'Università dovrebbe svolgere un
ruolo di promozione della mobilità sociale; questa funzione, oggi più di ieri, è
un'utopia che rischia di essere ulteriormente compromessa dalla legge 133. Per garantire
che questo avvenga è necessario che il sistema universitario sia effettivamente
accessibile a tutti, indipendentemente dalle condizioni economiche e dal contesto sociale
di origine, rimuovendo le barriere, formali e sostanziali, che ostacolano l'accesso e la
prosecuzione degli studi. Il sistema del numero chiuso sta progressivamente estendendosi
anche all'accesso alla laurea magistrale, creando un ulteriore sbarramento intermedio;
esso esclude gli studenti sulla base di un meccanismo che ha poco a che vedere con la
valorizzazione dei più meritevoli, e trae spesso le sue origini dallo scarso investimento
economico sulle Università, che le costringe a limitare il numero delle immatricolazioni
in assenza di strutture e di personale docente adeguati. Si deve allora prevedere
l'adozione di piani pluriennali di adeguamento, affiancati da un congruo e mirato
investimento, che porti progressivamente alla rimozione delle barriere all'accesso. Allo
stesso tempo, è necessario ragionare su un'adeguata valorizzazione del merito degli
studenti, che devono essere valutati sulla base dei risultati conseguiti nel corso del
loro percorso di studio. Il definanziamento del sistema del diritto allo studio e la sua
organizzazione tarata su modelli ormai superati (la legge quadro nazionale risale al 1999
e l'ultimo DPCM che regola l'erogazione dei benefici del diritto allo studio al 2001)
fanno sì che molti degli studenti idonei in base ai previsti parametri di merito e di
reddito non possano di fatto beneficiare dei servizi per il diritto allo studio, e non
abbiano la possibilità di scegliere quale sede e quale corso di laurea frequentare. E'
necessario che gli investimenti statali siano in grado di garantire la copertura totale
delle borse di studio, integrando l'offerta con il necessario investimento in mense,
alloggi, agevolazioni sui trasporti. Le differenze di condizione economica di origine
portano di per sé a differenze nell'accessibilità all'offerta culturale, anch'essa
componente essenziale della formazione. Perché siano garantite pari opportunità per
tutti è necessario intervenire anche su quest'aspetto con agevolazioni mirate.
5) L'offerta didattica. Il giudizio sul modello 3+2, a distanza
di alcuni anni dall'avvìo, è un giudizio molto articolato e differenziato tra Atenei e
discipline. I dati quantitativi sembrano indicare notevoli avanzamenti sul fronte della
percentuale di successo negli studi, nonché sui tempi di compimento dei percorsi di
laurea. Tuttavia, vanno segnalati elementi di criticità da affrontare: a) la percentuale
elevata di chi prosegue dopo il triennio indica l'insufficiente consistenza della laurea
triennale, sia sul piano culturale sia su quello della preparazione professionale; b) si
rileva in modo diffuso la percezione di una caduta di qualità dei percorsi: va svolta una
riflessione sull'effettivo ruolo dell'Università, che sta oggi progressivamente
licealizzandosi e perdendo il ruolo di elaborazione e formazione culturale; c) non è
stato colto e valorizzato in modo adeguato il sistema dei crediti, tant'è che ci sono
ancora forti difficoltà nel loro riconoscimento, nel passaggio tra un Ateneo e l'altro, e
perfino all'interno dello stesso Ateneo. Tali aspetti vanno a riferirsi, sia
all'architettura del modello, sia all'applicazione che ne è stata fatta dagli Atenei. Né
hanno giovato i reiterati interventi legislativi, che hanno parzialmente corretto alcune
criticità, ma hanno per altro verso generato confusione e difficoltà applicative. Noi
riteniamo che sia necessario un intervento esteso di ricognizione, di ascolto e
monitoraggio sistematici: una campagna nazionale di rilevazione, da concludersi con
un'iniziativa nazionale che faccia il punto, indichi i punti di sofferenza, individui
percorsi di correzione condivisi, prima di procedere a qualsiasi ulteriore intervento di
aggiustamento. Non è più possibile procedere alla modifica dell'offerta didattica sulla
base di decreti, in cui ogni Ministro dice la sua: va dato un assetto stabile alle
Università, inquadrando l'ordinamento all'interno di una legge ordinaria.
6) La valutazione. Un efficace e credibile sistema di
valutazione è parte essenziale di un processo di revisione degli statuti normativi
dell'Università. Valutazione della qualità del prodotto universitario, del funzionamento
di ogni articolazione del sistema. Senza una valutazione che consenta di misurare meriti e
difetti in modo puntuale, l'Università non sarà in grado di ristabilire una bussola
condivisa e condivisibile sul proprio operato. Il precedente Governo aveva costituito
l'Agenzia per la valutazione del sistema universitario e di ricerca (ANVUR), provvedimento
a lungo discusso e sul quale avevamo prodotto numerose critiche, a cominciare dalla sua
effettiva terzietà e dalla quantità di compiti assegnati, per finire con una certa
farraginosità dell'impianto costitutivo. Nonostante i numerosi punti di dubbio e
contrarietà, l'ANVUR costituiva tuttavia il primo tentativo sistemico di introdurre una
valutazione continua e ricorrente. L'attuale Governo ne ha congelato la costituzione, e
non è dato sapere se intende riaprire il capitolo. Noi riteniamo necessario riprendere in
mano il progetto, verificarne e correggerne i punti di debolezza, e procedere
operativamente alla sua costituzione. Va garantita per l'Agenzia la natura di soggetto
terzo, problema che sussiste anche all'interno dello schema proposto dal Governo
precedente, per evitare strumentalità e autoreferenzialità del valutatore. I risultati
della valutazione devono essere correlati con l'erogazione delle risorse - in misura
opportunamente crescente - da parte dello Stato. Va, infine, assicurato un effettivo
coinvolgimento degli studenti nel funzionamento, attribuendo un peso reale al giudizio dei
discenti e agli attuali questionari di valutazione.
7) Il dottorato di ricerca. Occorre una riforma del dottorato
che riorganizzi i corsi in scuole di dottorato dotate di un progetto formativo, aperte
alla dimensione internazionale della ricerca e valutate periodicamente. Le scuole
potrebbero così diventare, nel territorio, agenti di dialogo fra mondo della ricerca
universitaria e privata e motori di innovazione. L'aumento delle borse di dottorato a 1040
euro rappresenta un importante passo avanti nella valorizzazione della formazione alla
ricerca. Si deve però superare la figura del dottorando senza borsa, che, oltre a
rappresentare una palese ingiustizia, non vede garantita la qualità del percorso
formativo e di ricerca. Occorre pertanto affiancare ai dottorandi a tempo pieno e
destinatari di borse di studio una figura di dottorando lavoratore, che permetta a persone
inserite nel mondo del lavoro di rafforzare il proprio profilo professionale e le proprie
capacità di ricerca. Il dottorato deve essere poi valorizzato e individuato come
strumento privilegiato di formazione alla ricerca in vista della carriera accademica, ma
anche in relazione al mondo del lavoro, della pubblica amministrazione, delle professioni.
Deve infine essere approvata, a partire dalla Carta Europea dei Ricercatori, una carta dei
dottorandi, che riconosca loro i diritti legati al loro doppio status di studenti del
terzo ciclo di formazione superiore e di giovani ricercatori.
Roma 20 ottobre 2008 |
|
On. Fabio Garagnani |
Su Relazione introduttiva
dell'On. Dr. Fabio Garagnani
CONFERENZA NAZIONALE DI BOLOGNA - 30 giugno 2008 - sul Ministro GELMINI.
RISULTATI:
|
1) Decisione di fare un
progetto unitario per il medio termine,
sulla cui base confrontarsi col Governo |
|
2) presentazione
congiunta di emendamenti ai decreti legge di questi
giorni, in sede di conversione in legge, in parlamento |
Anche |
PESANTE denuncia dei
Ricercatori verso i politici. |
|
|
NOTA. Sulla questione
retributiva, intaccata dal recente DL n. 112, è intervenuto tecnicamente e
compiutamente
il prof. A. LIBERATORE.
Per la specifica sua alta rilevanza, l' intervento è pubblicato a parte (clicca: STATO GIURIDICO ) |
Intervenuti:
|
CNSU
- Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari
Studente Davide Pianori (Senato Accademico di Bologna), per
delega del Presidente Nazionale |
|
CNU
- Comitato Nazionale Universitario
Prof. Francesco Indiveri, Presidente Nazionale |
|
USPUR - Unione Sindacale Professori Universitari di Ruolo
Prof. Antonino Liberatore, Segretario Nazionale |
|
CNRU
- Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari
Prof. Marco Merafina, Coordinatore Nazionale |
|
ANDU
- Associazione Nazionale Docenti Universitari
Prof. Nunzio Miraglia, Coordinatore Nazionale |
|
FLC
CGIL - Federazione Lavoratori della Conoscenza
Prof. Sandra Soster, Segretaria Prov.le Bologna, per delega
del Presidente Nazionale |
|
CISL
Università - Confederazione Ital. Lavoratori Università
Prof. Santo Signorelli, Segretario Nazionale |
|
UIL
Ricerca - Unione Italiana Lavoratori Ricerca
Dott. Alberto Civica, Presidente Nazionale |
|
DUE
RELAZIONI DI BASE
che i partecipanti si sono impegnati a migliorare e integrare per un largo consenso
|
Relazione 1
Merito e valutazione, autonomia e diritto allo studio |
|
|
Relazione 2
Ipotesi di documento, per pervenire infine ad un documento comune dei
partecipanti |
|
Per i Ricercatori:
(Intervento
scritto pervenuto)
La figura docente
del Ricercatore.
Prospettive ? |
|
|
Davide Pianori
Premessa. A mio parere non si può iniziare un discussione
sullUniversità senza partire dalla consapevolezza dellimportanza capitale di
questi aspetti e dalla coscienza che non possono essere visti separatamente. Solo un
impulso simultaneo a questi elementi può rivoluzionare il nostro sistema universitario e
proiettarlo verso quella qualità e competitività di cui tanto si parla ma per la quale
poco si intraprende.
1.- Il primo passo sulla strada del merito e della valutazione è
senza dubbio riesaminare i criteri di riparto del FFO- Fondo di
Finanziamento Ordinario dello Stato, perchè fino a quando il criterio "storico"
continuerà a pesare per il 95,15% non si instaurerà mai un sistema di genuina
concorrenza tra gli atenei. Non credo che sia un sistema irrealizzabile quello nel quale
un Rettore debba meritarsi i fondi pubblici sulla base dei servizi che offre agli
studenti, della qualità dellofferta formativa, della capacità di creare reti
nazionali e internazionali di ricerca, della fama dei Professori che siedono alle sue
cattedre. Non dico che il criterio "storico" vada eliminato, ma almeno
rivalutato e ridimensionato. E necessario, infatti, pensare un sistema per cui
lFFO sia lo strumento con il quale incentivare il merito e leccellenza e non
il fondo con il quale pareggiare i bilanci. Se vogliamo ottenere questo bisogna creare un
sistema di valutazione nazionale che indichi i nuovi criteri di riparto e in questi non si
può non tenere conto della opinione degli studenti. Troppo spesso il giudizio degli
studenti passa in secondo piano, prevaricato da indicatori che hanno lunico effetto
di giustificare (scusate il termini) "la politica dei tagli" di alcuni rettori.
Non è difficile vedere, infatti, da una parte tagli ai servizi agli studenti e ai fondi
per la qualità della didattica e dallaltra investimenti in progetti bizzarri.
Quindi solo un uso massivo del merito supportato da un attento sistema di valutazione può
generare processi di miglioramento.
2.- Altro aspetto fondamentale sul quale interrogarsi è il sistema
del DSU-Diritto alo Studio Universitario che troppo spesso appare come l
aspetto marginale di un welfare vecchio e che ancora non ha iniziato un confronto reale
con la riforma e con le nuove condizioni degli studenti.
A questo proposito vorrei citare un passo della "Relazione sullo stato delle
Università Italiane 2006" (Guido Trombetti, Presidente della Conferenza dei Rettori
delle Università Italiane - Roma, 09 Novembre 2006 -)
"La questione dei servizi per gli studenti è essenziale. Negli ultimi ventanni
si è consumata una rivoluzione copernicana. La crescita professionale e culturale dello
studente non passa più quasi esclusivamente attraverso linsegnamento in aula. Essa
è il risultato di un complesso processo di apprendimento al quale contribuisce un vasto
insieme di servizi di informazione, di assistenza e di socializzazione. Le Università
vengono giudicate dagli studenti non solo a partire dalla qualità dei docenti, ma anche
dallaffollamento delle aule, delle biblioteche, dei laboratori. [
]
Dallofferta di residenze."
3.- In questa ottica di miglioramento dei servizi agli studenti e del diritto
allo studio ha sicuramente un ruolo centrale la tanto auspicata "autonomia"
degli Atenei", Autonomia intesa come capacità delle Università di regolare
da sé i propri ordinamenti e la gestione delle proprie risorse, dando così via libera ad
un regime di "concorrenza" tra gli Atenei stessi. Una concorrenza che sia
virtuosa, nel senso di "correre insieme per competere".
Ciò permetterebbe ai singoli Atenei di differenziare realmente la propria offerta,
sicuramente in termini di qualità dei corsi, ma anche di qualità, quantità e
specificità dei servizi agli studenti, promuovendo forme mirate e più spesso integrate
di diritto allo studio.
A questo punto troverebbe il suo reale ruolo il sistema efficace di valutazione, di cui ho
accennato prima. La valutazione dellintero sistema, che rispecchi fedelmente il
livello effettivo di qualità efficacia ed efficienza dei servizi agli studenti
responsabilizzando così in toto gli Atenei che per concorrere si vedono in questo modo
costretti a competere.
4.- Una gestione sempre più autonoma del DSU-Diritto allo Studio
Universitario potrebbe essere il primo passo verso una politica di maggiore
coinvolgimento delle Associazioni Studentesche, di cui gli Atenei non riconoscono ancora
il contributo decisivo per la vita della comunità universitaria.
L esternalizzazione dei servizi di supporto agli studenti (quali per esempio i
servizi bibliotecari, la gestione dei rapporti Università-Mondo del Lavoro, servizi di
ricerca alloggi presso privati
) potrebbe essere così affidata, tramite un
meccanismo di aggiudicamento "in house", alle associazioni studentesche
riconosciute, che metterebbero al servizio del proprio ateneo la conoscenza approfondita e
capillare della realtà universitaria, con risultati sicuramente di qualità e a costi
ridotti (per non dire quasi nulli se rapportati a quelli usuali).
Riconoscere lapporto degli studenti vuol dire quindi investire in spazi e fondi, per
esempio, che agevolino e supportino le attività associazionistiche, fornendo chiaramente
un rigoroso riscontro in termini di valutazione. Noi studenti siamo pronti a prenderci
carico di maggiori responsabilità nellinteresse collettivo, e a rendere conto delle
attività in cui ci impegniamo.
Concludendo, vorrei ribadire che solo una visione totale e unitaria
di questi aspetti del sistema universitario potrà essere alla base del tentativo di
riforma che noi tutti auspichiamo e per il quale metteremo in campo ogni nostra forza e
capacità. DP |
Francesco
Indiveri
1.- Sistema universitario in Italia
2.- Livelli formativi
3.- Sistema di Governo
4.- Sistema di accesso alla carriera universitaria
5.- Sistema di reclutamento di giovani ricercatori
6.- Sistema Ricerca
7.- Proposta politica e conclusioni
Introduzione
Chi ha percorso la strada universitaria attraverso le tappe, di "assistente
volontario", "assistente ordinario", "professore associato" fino
a "professore ordinario" e intravede il tornante dellemeritato può dire
di aver affrontato un cammino tanto arduo, quanto pieno di soddisfazioni personali e
professionali che lo induce a pensare che se potesse tornare allinizio
ripercorrerebbe lo stesso percorso. Questa constatazione serve per asserire, credo, la
nostra profonda e comune convinzione che lUniversità abbia un ruolo fondamentale
nella vita della società civile e che valga la pena di spendersi per affermare questo
ruolo.
Tuttavia quando si prova a collocare questa convinzione nella realtà del vivere
quotidiano non si riesce a superare la sensazione di essere fuori posto in un contesto in
cui il lavoro che svolgiamo, e per cui ci spendiamo, non è compreso e valutato come
unattività utile al resto della società.
Questa sensazione ha assunto per me i connotati descritti quando, trasferitomi per qualche
anno negli USA, ho potuto constatare come in un altro contesto sociale il mestiere del
ricercatore e di docente universitario venga considerato alla stregua di quello di ogni
altro professionista impegnato a far crescere il benessere della società in cui opera.
Questo incipit autobiografico ha lo scopo di individuare uno degli obbiettivi generali che
si dovrebbe cercare di perseguire: aprire un canale di comunicazione con la società
civile per dissolvere laura di mistero e di incertezza che avvolge il nostro lavoro
rendendolo poco comprensibile a coloro che lo osservano dallesterno.
Gli strumenti per realizzare questo obbiettivo vanno ricercati:
a) nellapertura di una via di comunicazione con gli organi di stampa;
b) nella elaborazione di progetti e ipotesi di sviluppo della Istituzione Università che
non si fermino alla difesa degli interessi di categoria dei docenti, ma guardino
allinteresse generale e che, comunque, privilegino il merito;
c) nella capacità di inquadrare i progetti nellottica dellinteresse generale
della società civile e di prospettarne la validità generale oltre che allinterno
dei campus universitari;
Dobbiamo, tutti noi, assolvere questo compito.
Le Caratteristiche dellUniversità in cui viviamo possono essere così delineate:
1- Un sistema articolato in 95 atenei di cui 11 telematici - che comprendono
Istituzioni antiche e ammantate di prestigio, storico e culturale, e strutture
universitarie nate ieri a volte sulla spinta di esigenze più localistiche e demagogiche
che sulla base della reale necessità e della consistente possibilità di realizzare un
nuovo centro per lo sviluppo del sapere. Questa realtà si inserisce in un contesto
socio-economico in cui le risorse necessarie al finanziamento del sistema universitario
continuano ad essere insufficienti e non adeguate alle esigenze crescenti di un apparato
di ricerca che si deve confrontare nel mondo con il progresso delle conoscenze.
Daltro canto ogni Ateneo si rappresenta come un organismo totipotente con la
vocazione e la capacità di affrontare tutti gli aspetti dello scibile e programma le sue
attività al di fuori di qualsiasi programma nazionale. La prima conseguenza di questo
stato di cose è che le risorse disponibili vengono disperse in una miriade di rivoli e
che la competizione per acquisirle si trasforma in una corsa ad ostacoli senza regole in
cui i gruppi di volta in volta più forti, per aderenze politiche o per propria
strutturazione interna, riescono a prosciugare i rivoli dei gruppi meno forti; la seconda
conseguenza è che si genera automaticamente una graduatoria degli atenei che vede ai due
estremi:
a) quelli in cui la ricerca eccelle e quelli in cui fare ricerca è unimpresa quasi
impossibile,
b) quelli che hanno una gestione economica "virtuosa" nel senso che dispongono
di risorse sufficienti a promuovere la crescita del personale e lo sviluppo delle
attività istituzionali e quelli "non virtuosi", perché dispongono di risorse
appena sufficienti a mantenere lo status quo.
Rispetto invece a quanto accaduto di recente, che alcuni Atenei si sono autodefiniti
"virtuosi" e propongono di creare una distinzione netta fra se stessi e gli
altri identificando diverse "categorie" fra le istituzioni universitarie, si
ritiene opportuna la seguente soluzione:
a) Rifiuto di qualsiasi stratificazione degli Atenei sulla base di fattori irrazionali e
non programmati, una |
Marco
Merafina
1. Premessa.
Se è vero quanto il Ministro Gelmini ha detto in
occasione del recente convegno di Roma organizzato dal Consiglio Universitario Nazionale,
e cioè che
a) il sistema universitario deve poter ripartire attraverso un
rifinanziamento degli Atenei, collegato con progetti di rinnovamento dei metodi di spesa,
b) che è ormai improcrastinabile una revisione delle retribuzioni dei
Ricercatori, ritenute da tutti eccessivamente basse; che è necessario dare nuovo impulso
al reclutamento attraverso la proroga, fino a novembre, delle norme vigenti per fare i
concorsi per poi ripartire con nuove regole quali l'idoneità nazionale e la chiamata
libera locale, anche per l'atteso grande turnover,
è anche vero che il Decreto Legge
del giorno successivo (18 giugno) contraddice fortemente tali auspici, dando il colpo di
grazia definitivo a quel sistema universitario che si voleva risanare, colpendo proprio i
più giovani e dando della carriera universitaria un.idea così poco lusinghiera da
disincentivare chiunque ad intraprenderla, accentuando quella fuga di cervelli che da più
parti si diceva di voler arrestare.
Credo che il conflitto tra il mondo politico,
senza distinzioni di schieramento, e il mondo universitario sia un fatto ormai insanabile.
Il divario ormai è ampiamente irrecuperabile e, a differenza degli auspici del Ministro,
la collaborazione tra Università e politica è smentita in contemporanea dai fatti.
Personalmente non nutro alcuna fiducia specialmente in coloro, tra i politici, che
parlano e, purtroppo, si occupano di Università senza sapere che poco o nulla in
proposito, come dimostrato dai vari governi che si sono ultimamente succeduti. Non
cè dialogo, forse non cè mai stato veramente, e credo mai ci sarà. Ma non
per colpa del sistema universitario, sia chiaro, perché se è vero che molti nostri
colleghi non hanno certo contribuito alla miglior causa dellUniversità con sprechi,
scandali, imbrogli, mancanza di vera professionalità, è anche vero che la politica non
ha mai voluto dialogare con la parte sana dei docenti universitari, e sono la maggioranza
di noi, facendo sempre di ogni provvedimento una sorta di azione punitiva al solo scopo di
fare cassa o di colpire indiscriminatamente tutti. Sì, anche coloro che lavorano fino a
12 ore al giorno, senza straordinari, e con meno di 2.000 euro al mese. Perché in
Parlamento non cè mai stata cultura della Cultura e mai cè stata
consapevolezza del ruolo strategico dell.Università nello sviluppo del Paese.
LUniversità e la Ricerca sono purtroppo diventati la Cassa Mutua dello Stato, e gli
esempi di camionisti, tassisti e Alitalia sono lì a dimostrarlo.
Non voglio entrare troppo nel merito del
provvedimento, ma la trasformazione degli scatti da biennali a triennali
si configura come il vero e proprio salto di qualità nellattacco a chi
lavora nelle università e costituisce un attacco alle retribuzioni senza precedenti,
riducendo il già misero potere dacquisto di molti colleghi, soprattutto i più
giovani in ruolo, in una fase congiunturale molto complicata, colpendo tante
famiglie già vessate in questo periodo da aumenti dei prezzi e dei mutui, fino a portare
una parte di esse alla soglia di povertà: fin da ora o nei prossimi anni a venire. Basti
pensare che da un rapido calcolo risulta che i ricercatori più giovani arriveranno a
perdere fino a 100 mila euro da inizio carriera alla pensione, senza contare le perdite
sui contributi previdenziali, che tutti i docenti saranno penalizzati a ogni vincita di
concorso (se ce ne saranno a sufficienza nei prossimi anni), dovendo attendere il 33% del
tempo in più con un assegno ad personam prima di riprendere lo sviluppo retributivo nella
fascia superiore appena raggiunta, e non raggiungeranno mai la 14a classe, dovendo infatti
attendere, per raggiungerla, ben 42 anni e cioè più della loro vita lavorativa,
soprattutto i ricercatori più giovani, visto che il provvedimento di pensione forzata
salva professori e magistrati ma non i ricercatori universitari, dovessero questi arrivare
alla pensione nello stesso ruolo di partenza.
Proprio da queste considerazioni, si
deduce chiaramente che si è voluto cambiare surrettiziamente lo stato giuridico
della docenza universitaria, di cui la curva retributiva e la suddivisione in
classi stipendiali costituisce lossatura dal punto di vista economico, senza però
dare una risposta concreta a tutti i problemi connessi con lo stato giuridico stesso,
fonte di dibattiti interminabili da più legislature, senza che si fosse mai venuti a capo
di nulla tra ruolo unico, terza fascia, distinzione tra reclutamento e avanzamenti di
carriera, e che allo stato attuale penalizza fortemente i ricercatori. Non cè
risposta perché non cè un vero progetto, ovvero lunico progetto è lo
smantellamento di un sistema già in crisi. E alla semplice domanda . Ma un bravo docente
universitario, come deve fare a guadagnare uno stipendio decente in un sistema in cui si
ricomincia la carriera da capo per tre |
(continua INDIVERI) simile
soluzione sarebbe ingannevole per il cittadino a cui si offrirebbe sotto la stessa
etichetta un prodotto diverso da sede a sede; per la società alla quale si fornirebbero
operatori professionali che, pur muniti dello stesso titolo di studio, hanno avuto un
training diverso ed hanno una professionalità non comparabile.
b) Richiesta di bloccare la istituzione di nuove sedi universitarie in assenza di risorse
aggiuntive rispetto a quelle necessarie per la sopravvivenza di quelle esistenti e, nel
caso, di chiudere gli Atenei che non riescano ad adeguarsi ai requisiti minimi di una
Istituzione Universitaria.
c) Richiesta di procedere ad una valutazione del potenziale didattico-scientifico delle
Università esistenti e, conseguentemente, di elaborare un programma nazionale che
identifichi i punti di rilievo di ogni sede, operazione che permetterebbe di organizzare
reti nazionali di ricerca per i vari settori, e conferirebbe ad ogni sede le prerogative
didattiche confacenti alla propria caratterizzazione.
Una soluzione del tipo di quella delineata permetterebbe un uso razionale delle risorse
oltre che la creazione di una rete formativa nazionale capace di fornire prodotti
didattici, diversificati per contenuto e per livello, in cui i giovani potrebbero muoversi
alla ricerca delle risorse formative più idonee alla propria vocazione senza dover
necessariamente rimanere ancorati alla sede universitaria allocata allangolo della
casa natale.
Lo sviluppo di un programma di valutazione e razionalizzazione del sistema universitario
potrebbe anche comportare la necessità di riclassificare qualche ente
"universitario", caratterizzato da scarsa valenza scientifica, come "scuola
superiore di formazione" che, pur capace di conferire ai discenti una qualificazione
professionale altamente qualificata, è privo del requisito fondamentale
dellistituzione universitaria che è la capacità di produrre e trasferire il
sapere; seguendo questa ipotesi si otterrebbe il duplice vantaggio di ridurre il numero
degli Atenei e di fornire alla società uno strumento per la formazione di professionisti
che aspirando ad una collocazione rapida nel contesto produttivo possono seguire un
percorso più diretto rispetto a quello universitario propriamente detto.
LUniversità deve avere un ruolo nel processo di innovazione e di crescita del paese
non occasionale, ma continuo e fornito di risorse. Esso va regolamentato, salvaguardando
lautonomia dellUniversità ed istituendo un sistema di valutazione della
qualità, anche incentivante, delle strutture, dei docenti, dei ricercatori e di tutto il
personale coinvolto. I risultati di una tale funzione dellUniversità si
devono tradurre in maggiori risorse, in acquisizione da parte degli studenti di migliori e
adeguate professionalità attraverso stage presso aziende e PMI di settore. E
necessario quindi aprire, ancora una volta, una profonda riflessione sugli aspetti
classici (didattica, ricerca ed orientamento) del sistema universitario, visti in una
ottica più allargata e integrata con il sistema paese. Oggi infatti è ricorrente parlare
di:
dimensione europea della ricerca e della formazione universitaria;
internazionalizzazione, efficienza ed efficacia del sistema universitario;
dimensione nazionale in un contesto competitivo;
dimensione locale con rafforzamento dei collegamenti con il territorio e con le
Istituzioni Locali.
2- Un sistema in cui i livelli della formazione superiore, pur delineati con
chiarezza sul piano formale (laurea triennale, laurea magistrale, dottorato di ricerca),
rimangono alquanto distanti dalla realtà e dalle reali esigenze della società. Infatti
se si osserva il panorama dei diplomi triennali si può agevolmente osservare che, in un
discreto numero di casi, essi sono stati generati più dallesigenza
dellAccademia di allargare i propri spazi aumentando il numero degli iscritti, il
potere accademico, lesigenza di personale docente, le posizioni di dirigenza etc.,
che dalla reale necessità di fornire alla società operatori qualificati nei settori in
cui incidono i corsi triennali. Questo stato di cose contribuisce a creare disagio sociale
dal momento che mette sul mercato laureati che faticano o non riescono a trovare uno
sbocco occupazionale corrispondente alle aspettative generate dalla frequenza del
rispettivo corso di studi e contribuisce a generare disagio allinterno della stessa
Accademia dal momento che il corpo docente, non preparato ad affrontare un sistema
didattico più rivolto alla professionalizzazione che alla formazione culturale, spesso
continua a sviluppare una didattica simile a quella cui era tradizionalmente abituato, ma
compattata e ridotta ai minimi termini e quindi poco soddisfacente sia per il didatta che
per il discente.
Per i percorsi triennali la soluzione potrebbe derivare sia da una profonda revisione e
standardizzazione dei corsi attivati, riducendone il numero e cercando di farne combaciare
la tipologia con le esigenze reali della società, sia dalla riorganizzazione degli Atenei
secondo quanto si è detto sopra. La riduzione del numero dei CCL tuttavia non può essere
camuffata, come accaduto in alcune sedi universitarie, in cui il CCL triennale, sotto le
pressioni dei gruppi forti delle facoltà, è stata articolato in indirizzi. Fatto che
certamente ha creato disorientamento tra gli studenti, ma ha soddisfatto i desiderata di
colleghi.
Si è quindi della convinzione che si sarebbero potute sfruttare meglio alcune
opportunità di revisione della didattica offerte dalle ultime leggi di riforma. Senza
trascurare in generale larchitettura della didattica, per dare sostanza ai
contenuti, aspetto quasi completamento trascurato nel percorso di attuazione delle ultime
riforme sarebbe stato utili dare sostanza a quanto sempre sostenuto dal corpo docente, è
cioè il collegamento e lintegrazione tra ricerca e didattica. Quale migliore
occasione, proprio nellistituzione dei percorsi formativi delle lauree magistrali,
invece di seguire la cieca competizione tra le sedi, che ha portato allattivazione
di percorsi simili per paura di perdere "clienti", applicare la strategia
tendente alla valorizzazione di quei percorsi che veramente sono supportati da
riconosciuta attività di ricerca. Una simile strategia avrebbe comportato anche
lattivazione di percorsi formativi deccellenza e di valorizzazione
della ricerca. A medio termine ciò avrebbe anche determinato un incremento del numero
degli studenti e una migliore qualificazione delle facoltà proprio in sede di valutazione
con un ritorno positivo di crescita del sistema e di maggiori risorse assegnate.
Rivolgendo lo sguardo al panorama dei dottorati di ricerca si ha la stessa sensazione di
scollamento fra le proposte del sistema universitario e le esigenze della realtà sociale.
Lintroduzione delle "scuole di dottorato" è certamente interessante sul
piano concettuale, ma la loro realizzazione, rimasta solo nominale indica che non si è
avuto la forza di incidere realmente sul problema, sarebbe quindi opportuno che: a) il CUN
procedesse allaccreditamento delle scuole; b) che si abolissero i posti di dottorato
privi di borsa; c) che si cercasse di promuovere e facilitare la mo- mobilità
interuniversitaria interna ed internazionale.
In alcuni settori è indispensabile raccordare il percorso del dottorato di ricerca con
quello professionalizzante, pena la scomparsa di ricercatori derivanti dai rispettivi
corsi di laurea. Ci si riferisce in particolare alla medicina clinica dove è praticamente
impossibile conciliare la completa formazione professionale che, dopo il conseguimento
della laurea specialistica, prevede lacquisizione di un diploma di specialità
(cinque anni), con la frequenza dei corsi ed il conseguimento del diploma dottorale,
infatti a trenta anni il giovane medico ha la necessità di inserirsi in un contesto
professionale e non può affrontare un altro percorso formativo. La soluzione di questo
problema potrebbe venire da provvedimenti che prevedano programmi formativi in cui il
percorso di specializzazione e quello dottorale siano embricati.
Anche gli aspetti formativi, per centrare meglio gli obiettivi di razionalizzazione e per
migliorare lofferta in termini di contenuti, dovrebbero superare i confini delle
facoltà ed essere inseriti in contesti innovativi interfacoltà, e in alcuni casi anche
interuniversitari, soprattutto questultimo a livello regionale. Questo richiede un
attento lavoro di monitoraggio sul funzionamento e sulla qualità della didattica, da
parte dei nuclei di valutazione, e un impegno da parte delle facoltà e del servizio di
innovazione della didattica degli Atenei nel proporre progetti e nel chiedere il
superamento di paletti imposti dalle attuali norme a livello nazionale. La didattica, più
di altro, ha bisogno di crescere e il suo valore non si misura con il numero di CCL
attivati, ma con un lavoro serio sia nella identificazione dei percorsi che nella loro
articolazione, lasciando fuori gli interessi di gruppi forti presenti allinterno
delle facoltà. Per fare questo è anche necessario disporre di modelli didattici più
flessibili e comunque adeguatamente monitorati e valutati.
3- Un sistema governato con un modello arcaico e inadatto alle esigenze e alla
dinamica della società attuale.
I principali inconvenienti che sono stati lamentati nel funzionamento dellattuale
sistema di governo delle università si possono così riassumere:
a) esiste un forte condizionamento alla capacità decisionale del Rettore legata anche ad
una sua possibile rielezione. Di fatto, durante il primo mandato un Rettore è attento a
non urtare la suscettibilità del proprio elettorato e a non compromettere gli equilibri
esistenti, al fine di garantirsi la rielezione, e tende a non assumere posizioni forti, o
a rinviare i problemi. Un vincolo di non rieleggibilità consentirebbe al Rettore di
svolgere, con maggiore autorevolezza e autonomia, la propria funzione per tutto
larco del mandato;
b) vi è una parziale sovrapposizione di competenze tra Senato Accademico e Consiglio di
Amministrazione che aggrava inutilmente i percorsi decisionali e può dar corso ad attriti
tra i due organi, o a fastidiosi rimpalli di decisioni. Nel migliore dei casi si ha una
pesante duplicazione delle discussioni. E opinione di molti che sia impossibile
separare nettamente le competenze dei due organi in quanto la strategia della
programmazione è intrinsecamente legata alla disponibilità di risorse e alle conseguenti
scelte di priorità. Di conseguenza si ritiene che sia utile tendere ad una fusione dei
due organismi;
c) la partecipazione a diversi consessi accademici (spesso solo pletorici) genera un
diffuso scontento tra i docenti che si trovano a discutere più volte le stesse cose in
ambiti diversi. La inscindibilità delle funzioni didattiche e di ricerca (e per i medici
dellassistenza) che connota il professore universitario stride con
limpostazione attuale delle Facoltà. Si propone un progressivo assorbimento delle
loro funzioni da parte dei Dipartimenti e dei Corsi di Laurea, rafforzandone i rispettivi
percorsi decisionali;
d) le Università e i docenti sono autoreferenziali nel senso che non sono stabiliti
percorsi istituzionali in cui figure esterne allAteneo concorrono alla definizione
delle strategie generali e alla loro attuazione. Spesso la presenza di tali componenti non
è stata neppure prevista negli organi che valutano la qualità delle attività
universitarie. A tale proposito si ritiene che il governo degli atenei deve essere
espressione della comunità universitaria, mentre si deve introdurre nella legislazione
universitaria il principio per cui sono, in maggioranza, dei componenti esterni quelli ai
quali è demandata la valutazione - a posteriori - delle funzionalità, delle scelte e
dellefficienza delle strutture.
In particolare a livello dAteneo, non si deve commettere lo stesso errore fatto a
livello nazionale nel regolamentare tutto; bisogna partire da considerazioni che siamo di
fronte ad un sistema universitario complesso con diversità di esigenze culturali e
strutturali, che generano una molteplicità di comportamenti, che non possono essere
ricondotti ad una unica tipologia di regolamento. Meglio quindi configurare una autonomia
alle differenti strutture universitarie con assegnazione del budget annuale sulla base di
una seria valutazione.
Alla luce delle considerazioni fatte e con la consapevolezza che gli Organi dAteneo
(Senato, CdA, Rettore) devono governare e non gestire larticolato sistema
universitario, si propone:
a) che il Rettore venga eletto con un unico mandato di 6 anni senza rieleggibilità;
b) che venga istituito un consiglio di Ateneo formato da rappresentanti eletti del corpo
docente, suddiviso in grandi aree scientifiche (senza distinzione tra le diverse figure di
ruolo) e rappresentanti degli studenti e del personale tecnico-amministrativo;
c) che venga istituito un organismo di valutazione composto in maggioranza da membri
esterni allAteneo, alcuni dei quali non universitari (i cosiddetti "portatori
di interesse").
d) la graduale sostituzione delle Facoltà attribuendo le competenze ai Dipartimenti e ai
Corsi di Laurea con i docenti incardinati nei Dipartimenti.
e) di monitorare lo stato degli attuali dipartimenti e proporre una nuova organizzazione
in sintonia con la nuova visione del sistema universitario
f) i Dipartimenti e i Corsi di laurea della Facoltà di Medicina concorrono ad eleggere un
coordinatore unico per la gestione dei rapporti con il sistema sanitario.
g) lassegnazione annuale del budget alle strutture universitarie sulla base di una
seria e concreta valutazione.
4- Un sistema in cui la selezione del personale è regolata da normative
farraginose che si prestano agi accordi fra potentati e/o si prestano a far prevalere gli
interessi locali su quelli generali. A partire del 1980 (legge 382) si sono susseguiti
vari tentativi intesi a realizzare un sistema concorsuale snello e obbiettivo, i
risultati, sotto gli occhi di tutti, indicano che non solo lobbiettivo non è stato
raggiunto, ma che lentamente il sistema è precipitato in uno stato di localismo
esasperato per cui le varie selezioni portano, attraverso limpegno di notevoli
risorse, alla sanzione dei desiderata dei gruppi locali, impedendo qualsiasi processo di
osmosi e di circolazione dei docenti fra i vari atenei e tenendo in scarsa considerazione
la necessità di selezionare i soggetti più qualificati scientificamente e più adatti a
promuovere la crescita del sistema universitario.
La proposta è che laccesso alla docenza Universitaria si realizzi attraverso una
unica selezione nazionale aperta che permetta di identificare le personalità scientifiche
più mature e metta a disposizione dei singoli Atenei una gamma di ricercatori-docenti in
cui identificare quello più adatto alle esigenze specifiche dellAteneo. La chiamata
da parte dellAteneo avverrà nel rispetto della programmazione delle esigenze
didattiche e di ricerca approvata nel piano triennale delle Facoltà o dei Dipartimenti,
su proposta dei docenti appartenenti ai rispettivi SSD. La possibilità di concorrere alla
selezione dovrebbe essere limitata nel tempo (non più di due selezioni?) e altrettanto la
permanenza dei selezionati nel ventaglio delle possibili scelte. Il professore inserito
nel corpo accademico dovrebbe essere considerato tale a tutti gli effetti e non dovrebbe
essere costretto a correre su una pista ad ostacoli costituiti da "concorsi" per
il passaggio da una fascia a quella superiore con i relativi periodi di straordinariato.
Il trattamento economico dovrebbe seguire la maturazione scientifica e didattica e il suo
progresso dovrebbe essere strettamente legato al risultato di valutazioni periodiche alle
quali il singolo dovrebbe poter scegliere di sottoporsi volontariamente. Questa soluzione
permetterebbe allUniversità di conservare la capacità di dare ai docenti la
possibilità di esprimere al meglio la propria capacità di accumulazione e trasmissione
del sapere e di operare quale fonte primaria della ricerca e sede naturale dell'alta
formazione, promuovendo nella Società lo sviluppo e la diffusione della cultura. Inoltre
la posizione dei professori universitari, intimamente legata ai compiti istituzionali che
tutti e ciascuno sono chiamati ad assumere e svolgere in maniera coerente dovrebbe
permettere che le correlative retribuzioni, sottratte alle forme di conflittualità e
partecipazione caratteristiche della contrattazione collettiva, tengano conto degli
specifici compiti aggiuntivi di volta in volta attribuiti così da configurare un sistema
in cui, su uno zoccolo basilare, si inserisce un sistema remunerativo variabile in
funzione dei compiti di ciascuno in termini di ricerca, didattica o gestione accademica.
Nellaffrontare il tema della selezione dei nuovi docenti si deve por mente, oltre
che ai meccanismi di selezione cui si è fatto cenno, alla necessità che i selezionatori
abbiano gli strumenti culturali idonei allo scopo, in questo senso si propone che la
selezione dei componenti delle commissioni giudicanti tenga conto della attuale loro
qualificazione scientifica (merito) e propone che debbano essere esclusi da questo compito
quei docenti che non sono in grado di documentare attività scientifica o non si siano
sottoposti a valutazione negli ultimi sei anni.
5- Un sistema che non favorisce la crescita dei giovani ricercatori. La
realizzazione di un sistema di selezione unico non potrà essere attuata se non si
assumono provvedimenti idonei a permettere la maturazione scientifica dei giovani che
volessero avviarsi alla ricerca e alla docenza universitaria. Allo stato delle cose il
sistema si basa sul dottorato di ricerca (di cui si è già detto) che sfocia nella palude
del precariato in cui galleggiano barchette improbabili dai nomi più variopinti (assegni
di ricerca, contratti a tempo determinato di ricerca e/o insegnamento, borse di studio per
master etc).che, in balia dei venti che spirano dalle "cattedre", ospitano
giovani in attesa di un qualche miracoloso evento concorsuale per approdare
sullisola dei ricercatori. Questa palude richiede unopera di risanamento
radicale che la trasformi in un territorio stabile, accogliente e fertile su cui i
neo-dottori di ricerca possano costruire il proprio futuro e dimostrare le proprie
capacità, a tale scopo si propone che vengano reperite le risorse per attivare la figura
del ricercatore a tempo finanziati con contratti di ricerca dotati di finanziamenti
sufficienti a fornire uno stipendio adeguato e a sviluppare il progetto da realizzare autonomamente
nellambito di un ateneo attrezzato allo scopo e dei rispettivi gruppi di studio. Il
contratto in questione dovrebbe essere attribuito a soggetti giovani (massimo 32 anni) e
avere una durata compresa fra i tre ed i cinque anni, al terzo anno si dovrebbe procedere
ad una valutazione delle capacità del soggetto per definire lidoneità alla
immissione nei ranghi della docenza o lopportunità che egli passi ad altre
attività produttive; nei due anni successivi gli idonei potranno concorrere a posti di
"docente" banditi dai singoli atenei sulla base delle specifiche esigenze
programmatorie. Nellaffrontare un simile problema non si può non tener conto
dellesistente e non chiedere che si metta in atto un piano straordinario che
pervenga alla valutazione, e alla eventuale idoneazione, di quanti finora hanno
galleggiato nella palude per offrire loro la possibilità concreta di avvicinarsi ad una
soluzione dei propri problemi.
Infine nel delineare una soluzione razionale e stabile per favorire la crescita e
lingresso dei giovani si dovrà tener conto della necessità di creare un processo
di osmosi e interscambio fra gli atenei favorendo e facilitando il passaggio da una
sede allaltra almeno, nelle fasi di dottorato, di ricercatore a tempo e/o nei primi
anni di ruolo, a questo scopo sarebbe opportuno stabilire per legge che le varie fasi
della maturazione scientifica (dottorato- ricercatore a tempo- prima fase della docenza)
non possono essere sviluppate nella stessa sede universitaria.
6. Un sistema ricerca nel paese molto complesso e disarticolato segnato dalla
mancanza di una vera politica della ricerca. Oltre alle ridotte risorse che annualmente
vengono assegnate ai programmi di ricerche è disarmante il ritardo con il quale arrivano
a destinazione, ritardo che spesso in alcuni settori scientifici invalida la novità della
proposta. Inoltre sulla scia della complessità per la formulazione dei progetti europei
di ricerca anche quelli nazionali sono laboriosi e pesanti e richiedono tanto tempo per la
preparazione. In particolare laccesso ai grandi finanziamenti della UE diviene, per
il sistema universitario italiano pesante e difficile per lalta competizione e per
le carenze strutturali, promozionali e di management e leccellenza rimane per molti
una parola magica. Nel nostro paese vi è ancora tanta difficoltà di attrazione di fondi
per ricerca dal mondo del privato. Sicuramente, come dimostrano i dati sulla produzione
scientifica delle Università, le stesse sono dotate di energie e intelligenze che
potrebbero essere meglio valorizzate. Senza una seria strategia a lungo termine a livello
strutturale e funzionale e senza porre rimedio alla dispersione dei 95 Atenei, e delle
loro sedi dislocate sul territorio, il sistema ricerca è destinato ad una sofferenza
comatosa e con esso saremo costretti ad assistere ad una decadenza culturale e formativa
nelle nostre università. La riqualificazione culturale in più occasioni invocata,
soprattutto dai giovani ricercatori, dai massa media, dal mondo produttivo e da qualche
politico, potrà avvenire solo destinando maggiori risorse alla ricerca, organizzandone
tutto il sistema.
In questo contesto si ritiene importante:
definire un piano strategico di politica della ricerca in un ottica di comune
integrazione di interessi e di obbiettivi con il territorio e con il sistema produttivo
del paese;
chiedere alle università la destinazione di una percentuale (programmata) del FFO
alla ricerca;
chiedere listituzione di un servizio funzionale di supporto a livello
nazionale e periferico, lungo tutto il percorso per la formulazione di progetti complessi
sia europei che nazionali;
lallungamento della durata dei PRIN da 2 a 3 anni con la possibilità di
revisione del progetto dopo il biennio;
favorire laggregazione di gruppi di ricerca trasversali tra i Dipartimenti
per sfruttare meglio le facilities strumentali presenti nei Centri di Ricerca, evitando
sprechi di attrezzature e ottimizzando e valorizzando lattività del personale sia
ricercatore che tecnico che opera nelle strutture universitarie;
favorire e incentivare lo scambio e la mobilità sia a livello europeo che
nazionale;
collegare fortemente i percorsi formativi di secondo livello alla ricerca;
stimolare un dibattito nazionale sulla ricerca almeno una volta ogni due anni, con
lobiettivo di creare un forum nazionale sulla ricerca.
7. In conclusione occorre perseguire ancora una politica volta a promuovere le
condizioni ideali in cui i docenti universitari potessero svolgere al meglio il loro
compito di promotori della cultura e formatori delle nuove generazioni. Esso intende
continuare su questa strada e per farlo si propone di:
a) attivare e mantenere collegamenti con il Governo, le forze politiche e sindacali, le
altre organizzazioni accademiche (CRUI, conferenze dei presidi etc.), in modo da poter
convogliare ad essi le idee e le proposte generate allinterno della associazione;
b) Promuovere tutte le iniziative politico-sindacali necessarie a garantire che il lavoro
dei docenti universitari abbia il giusto e decoroso compenso economico;
c) Attivare un canale di collegamento con il mondo del precariato universitario allo scopo
di concordare e promuovere iniziative indirizzate al superamento della condizione di
precariato a alla definizione di un percorso definito, basato sul merito, per
laccesso alla docenza. FI |
(continua MERAFINA) )volte
con concorsi a valutazione comparativa che sono per definizione nemici del merito? Non
cè una risposta che non sia intrisa di ipocrisia. E dove sono la carriera basata
sul merito e le opportunità di crescita professionale tanto sbandierate dal Ministro?
Cari politici, diteci in modo chiaro se dobbiamo cambiare mestiere, sarebbe molto più
onesto da parte vostra, invece di giustificare questi interventi parlando di .sane
frustate. o espressioni simili.
2. Sulla figura docente del ricercatore universitario. La figura del
Ricercatore Universitario, nata con la legge 382 del 1980, ha rivestito e riveste ancor
più oggi un ruolo importante nellUniversità come soggetto nella ricerca e
nellinnovazione, specialmente in quelle facoltà votate più di altre
allimpegno nella ricerca scientifica e tecnologica. Attualmente in Italia ci sono
circa 23 mila ricercatori universitari in un corpo docente di circa 58 mila unità. Essi
sono gli artefici della maggioranza della produzione scientifica degli atenei
(considerando il personale strutturato), tuttavia, considerare solo questo aspetto sarebbe
limitativo nei confronti delle funzioni attualmente assolte, specie in alcune facoltà.
LUniversità è profondamente cambiata in questi ultimi decenni, acquistando via via
maggiore consapevolezza dei problemi della società e cercando di aprirsi alle esigenze
del mondo del lavoro. Lo ha fatto, in primo luogo aumentando la qualità dellofferta
formativa, diversificandola e coinvolgendo sempre più i ricercatori nella didattica,
laddove ha riconosciuto loro capacità innovativa, professionalità e grande entusiasmo.
Proprio per questi motivi, definire oggi lattività del Ricercatore Universitario
riferendola alla sola attività di ricerca è inattuale e limitativo.Il ruolo del
Ricercatore Universitario, infatti, ha subito un.evoluzione che lo ha trasformato nel
tempo in una figura che, come i Professori Universitari, coniuga la sua attività di
ricerca con quella di docenza, sottolineandone il nesso da tutti giudicato inscindibile.
Nei fatti si è realizzata quellopera di chiarificazione delle funzioni del
ricercatore che nel tempo era rimasta sospesa dal punto di vista normativo, visto che nei
primi quattro anni della riforma introdotta con la legge 382 del 1980 si perse
loccasione di una definizione compiuta del ruolo. E infatti, nonostante i successivi
interventi legislativi che hanno riconosciuto ai ricercatori la funzione docente con la
legge 341 del 1990 e quelle successive, non è stato possibile arrivare a uno stato
giuridico che quindi continua ad essere atteso da quasi 30 anni.
- Attualmente i ricercatori, oltre a fare
la maggior parte della ricerca nelle università, coprono circa il 35% dei corsi
universitari e risultano fondamentali per la realizzazione della riforma dell'ordinamento
didattico. Ladeguamento dellofferta formativa alle esigenze del mondo del
lavoro, pur nei limiti di una riforma che ha rivelato grosse criticità soprattutto in
alcune facoltà, ha portato una moltiplicazione di corsi e competenze particolari che
hanno richiesto un impegno sempre più intenso a tutte le componenti della docenza (dagli
ordinari ai ricercatori), a volte a discapito dellimpegno nella ricerca,
evidenziando anche la necessità di un numero sempre crescente di docenti. Il
soddisfacimento di tale necessità ha avuto un ulteriore supporto nelluso sempre
più massiccio dei contratti esterni di docenza che, nati come utile strumento di
assicurazione di competenze professionali particolari, assenti nelle università, si sono
trasformati nellunica possibilità di copertura didattica per tutte quelle facoltà
con carenze di organico e con un numero ragguardevole di studenti iscritti. Tali pratiche,
ancorché necessarie, si sono rivelate particolarmente onerose per i già dissestati
bilanci degli atenei.
- In un quadro di obiettiva difficoltà a
rendere operante la riforma didattica con lapertura di numerosi e nuovi corsi di
laurea, ai ricercatori è stato richiesto di fare la loro parte: basta infatti andare
nelle università, per verificare come i ricercatori siano pienamente inseriti e attivi
nella ricerca e nella didattica. Se poi obiettivamente letà media dei ricercatori
risulta essere elevata in rapporto allesigenza di avere un ruolo di docente in
formazione, questo va piuttosto ricercato nelle difficoltà riscontrate nei meccanismi di
progressione di carriera e non nel convincimento che il ricercatore sia una persona
isolata e improduttiva e perciò incapace di progredire. Anzi a voler analizzare meglio la
distribuzione in età dei ricercatori, andiamo a riscontrare una doppia distribuzione:
una, centrata sui 58 anni, che si riferisce a coloro che sono entrati nel ruolo in
occasione del varo della legge 382 nel 1980, e una, centrata sui 45 anni, che si riferisce
ai più giovani, reclutati tramite i concorsi che sono stati banditi fino ad oggi.
- Sarebbe quindi doveroso tenere conto di ciò
prima di esprimere giudizi affrettati sulla figura dei ricercatori, pensando
superficialmente di essere di fronte ad attempati ultracinquantenni delusi da una carriera
avara di soddisfazioni. Non è così, ci sono, tra i ricercatori, giovani brillanti,
pienamente inseriti nella ricerca internazionale e che contribuiscono non poco, con la
loro competenza, a un.offerta didattica altrimenti impossibile da proporre, specialmente
nelle lauree specialistiche, ma non solo.
- Di fronte a una situazione di questo tipo, insistere su una suddivisione
tra professori e ricercatori universitari appare cosa superata dallevidenza. Anzi,
lunicità del ruolo docente, che si evidenzia nei fatti attraverso lattività
delle tre figure universitarie (ordinari, associati e ricercatori), dovrebbe giustificare
in modo naturale il riconoscimento del ruolo di professore agli attuali ricercatori,
risolvendo così in maniera definitiva le difficoltà a mantenere il livello attuale di
offerta formativa, soprattutto nelle facoltà con carenze di organico e anche a fronte del
ragguardevole turn-over che si prevede a breve termine.
Di fonte allo stato attuale della organizzazione della docenza, con le università che di
fatto hanno riconosciuto e riconoscono tuttora lapporto irrinunciabile dei
ricercatori, sarebbe auspicabile per non dire urgente una riforma dello stato giuridico
che non ignori tale contributo e trovi modi e tempi per riconoscere i meriti, il lavoro
svolto e la qualità scientifica dei ricercatori universitari. Tuttavia,
nellintervento del Ministro Gelmini in Commissione Cultura non cè alcun
accenno a tale esigenza, in palese contraddizione con la scelta di valorizzare il merito,
richiesta da più parti e più volte richiamata dal Ministro stesso.
- La giustificazione del concetto di unicità
della figura docente è basata sul fatto che la docenza è attualmente ripartita,
almeno nella maggior parte delle facoltà, in modo paritario tra tutti i docenti, siano
essi professori o ricercatori. È stata una scelta, in questi anni, dei corsi di laurea e
delle facoltà che hanno riconosciuto la competenza dei ricercatori e hanno, nei fatti,
eliminato differenze esistenti ormai solo a livello legislativo e retributivo, visto che
spesso solo i ricercatori non sono remunerati per lattività didattica svolta.
Daltra parte, ancora molte cose vanno ridefinite riguardo alla differenziazione di
responsabilità nell'organizzazione della didattica (Presidenti dei Consigli di Corso di
Studi, direzione in commissioni dedite all'organizzazione dei corsi), di responsabilità
organizzative nella ricerca (coordinamento di progetti di ricerca a livello nazionale e/o
internazionale), nella gestione delle università (Rettori, Presidi, Direttori di
Dipartimento, Presidenti di Commissioni di funzionamento varie), legate più
allappartenenza a un ruolo (di solito quello di professore ordinario) che
alleffettivo riconoscimento delle capacità del singolo a dirigere l.organo in
questione. E visto che la maggior parte di queste cariche sono elettive, sarebbe ora di
superare questi vincoli di ruolo per basare le scelte sui meriti effettivi.
- Ma allora, perché è così difficile
riformare lUniversità italiana ed è quasi impossibile uscire da un.idea di
.gerarchizzazione. della didattica? Se consideriamo lesposizione mediatica di alcuni
professori che discutono di sistema universitario, oppure analizziamo la tipologia dei
docenti universitari che sono presenti in Parlamento, ci si accorge della grande
preponderanza di professori provenienti da facoltà economico-giuridiche rispetto a quelli
provenienti da facoltà scientifiche, a dispetto delleffettivo peso delle varie
componenti scientifico-disciplinari nel panorama generale universitario. Questa
preponderanza ha inciso non poco sul giudizio che lopinione pubblica ha
dellUniversità e dei docenti universitari in generale, sul tipo di proposte che
vengono indicate in sede legislativa e sulle difficoltà a realizzare una riforma
condivisa. Infatti si è sempre privilegiata unidea di Università molto vicina a
quella riscontrabile nelle facoltà di Giurisprudenza, di Economia o di Scienze Politiche
che rappresentano uneccezione piuttosto che la regola negli atenei italiani,
soprattutto per quanto attiene ai rapporti tra le fasce di docenza e sui soggetti che
vengono considerati docenti.
- Chi conosce il mondo universitario o vi
lavora al suo interno, sa benissimo quanto sia diverso, per un ricercatore, lavorare nelle
facoltà di Giurisprudenza rispetto a facoltà come Lettere, Architettura, Medicina,
Ingegneria, Scienze. Esiste un modo di intendere la docenza diametralmente opposto in
questi due mondi che convivono allinterno delle università, in cui da una parte
vige lidea di una struttura a piramide, dove i professori ordinari si pongono al
vertice e controllano pressoché ogni aspetto della vita della facoltà, dalla didattica
alla distribuzione dei fondi per la ricerca, e spesso anche gli orientamenti della ricerca
stessa, dove si ha unidea di facoltà organizzata in massima parte sui privilegi e
sulla subordinazione; mentre dall.altra trova compimento unorganizzazione della
didattica e della ricerca più collegiale, basata sul reciproco rispetto tra le varie
componenti, in un sistema di rapporti più improntato alla collaborazione tra gruppi di
lavoro. Nel primo caso i ricercatori non sono considerati dei docenti, nel secondo caso lo
sono a tutti gli effetti, anche perché non di rado costituiscono la componente più
aggiornata e qualificata dello stesso corpo docente.
- Noi dobbiamo cercare di far prevalere questa
seconda idea in tutta lUniversità, per liberarla dal peso di vecchie concezioni
gerarchiche che ne impediscono uno sviluppo che consenta la piena partecipazione alla vita
universitaria di tutte le sue componenti. Per questo il Coordinamento Nazionale dei
Ricercatori Universitari ha sempre avanzato la richiesta di pervenire all.unicità della
carriera del docente universitario, legandola alla questione dei concorsi. Se infatti si
vuol parlare di unicità della carriera in modo serio e non velleitario, bisogna
distinguere tra reclutamento e avanzamenti di carriera. Questa confusione ha sempre
caratterizzato la carriera universitaria, dove la presenza dei concorsi, ben tre in tutto
il percorso attuale, scandisce, in modo che non ha eguali in altre carriere, la vita del
docente universitario, presenza che costituisce momento di controllo continuo, dall'alto,
sui vari settori scientifico-disciplinari, finalizzato alla preservazione di certi
equilibri di forze tra i vari gruppi accademici.
- Bisogna perciò arrivare a prevedere un solo
concorso per lingresso nel ruolo docente, a differenza degli |
(continua MERAFINA)
avanzamenti di carriera che vanno trattati in modo differente, considerando diversi
livelli di docenza i cui passaggi da uno all.altro siano caratterizzati da una valutazione
continua dei risultati scientifici e didattici che consenta ai più meritevoli di
progredire nella carriera e nel livello di retribuzione, eliminando però il concetto di
valutazione comparativa che è il vero nemico del merito, in quanto concede troppa
discrezionalità di giudizio in sede di concorsi.
- L'Italia è ormai agli ultimi posti tra i
Paesi OCSE, superata anche da nazioni meno progredite della nostra, ed è anche lontana
dagli obiettivi di Lisbona: basti pensare che il sottofinanziamento del comparto ricerca
registra una percentuale di investimento rispetto al prodotto interno lordo pari a meno
della metà della media Ocse. Ma nonostante queste difficoltà i passati Governi non hanno
colto limportanza di imprimere una svolta, un cambiamento radicale che permettesse
all'Università italiana di ripartire veramente, utilizzando parte delle maggiori risorse
venutesi a realizzare con la lotta all'evasione fiscale. E' l'ennesima occasione mancata
le cui responsabilità non possono tuttavia ricadere unicamente nell'operato dei vari
Ministri che si sono succeduti, ce ne rendiamo conto, ma ci chiediamo allora come mai in
questi ultimi quindici anni la politica (di qualunque schieramento) non sia stata in grado
di dare risposte concrete ai bisogni di un sistema, quello universitario, così importante
per la crescita culturale e tecnologica del nostro Paese.
- La risposta non è difficile e risiede nel
tipo di scontro in atto dentro l'Università. A differenza della scuola, dove lo scontro
è soprattutto ideologico, dove si confrontano due idee contrapposte di sistemi di
istruzione direttamente identificabili con gli schieramenti politici, nell'Università lo
scontro è trasversale ai partiti ed è di natura prettamente lobbistico-corporativa.
Nell'università risiede il partito "baronale", senza connotazioni politiche
particolari, responsabile dell'immobilismo di questi anni e interessato solo a che nulla
cambi e che siano mantenute quelle rendite di potere che hanno consentito la gestione più
completa dello sviluppo delle carriere universitarie e del flusso dei finanziamenti per la
ricerca. E' questo il partito da battere per chi ha a cuore le sorti dell'Università
italiana. E' questo il problema che devono affrontare tutti coloro hanno l'interesse a
rimanere credibili nelle loro proposte di riforma, per dimostrare che l'Università è
ancora una priorità in questo Paese, per agire senza infingimenti e senza l'alibi
dell'impotenza di fronte a lobbies più o meno occulte. MM |
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Ministro M.S. GELMINI
Comunicazioni sugli indirizzi generali
della politica del suo Dicastero - 17 giugno 2008
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I temi più rilevanti, toccati nelle
comunicazioni sono stati:
a) Art. 33 Costituzione: l'autonomia e responsabilità per le
Università, ripartendo da Ruberti;
b) Il monitoraggio delle lauree "3 e 2", perchè non ci
sia liceizzazione degli insegnamenti;
c) Politica del buon "welfare" per gli studenti, con
particolare riferimento alle strutture di accoglienza (collegi);
c) Il ri-finanziamento degli Atenei, collegato con progetti di rinnovamento dei metodi di spesa;
d) Il reclutamento con nuove regole: idoneità nazionale e
chiamata libera locale, anche per l'atteso grande turnover;
e) La revisione delle retribuzioni dei Ricercatori;
e) La proroga, fino a novembre, delle norme vigenti per fare i
concorsi;
g) Governance locale più libera organizzativamente, specialmente
per la reperibilità di finanziamenti privati.LUCIANI: "Bene, la Ministra, come enunciazioni di obiettivi.
Ma, se vuole conquistare fiducia, deve anche definire i criteri di
efficienza. Ad es. se ritiene che, per una buona didattica, occorra 1 professore ogni 25
studenti, non c'è spazio per ridurre i costi del personale, perchè oggi in Italia c'è
un professore ogni 30 studenti (in totale: 60.000 professori e 1.800.000 studenti) e
quindi mancano 12.000 professori. Se, invece, ritiene che occorra 1 professore ogni 40
studenti, può giustificare il licenziamento di 15.000 professori, e questo permetterebbe
di aumentare la retribuzione di chi rimane in servizio, a parità di spesa." |
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Allo scopo di raccogliere elementi per un
documento comune da offrire al nuovo Ministro
e al Presidente Berlusconi
In programma per lunedì 30
giugno 2008,
ore 15,00- 18,00 nella Facoltà di Ingegneria (Aula Magna), Università di
Bologna, Viale Risorgimento 2
CONFERENZA NAZIONALE,
CON LA PARTECIPAZIONE DEI SINDACATI
E ASSOCIAZIONI NAZIONALI UNIVERSITARIE
"PRIMO DIBATTITO SULLE COMUNICAZIONI
DEL MINISTRO GELMINI SUGLI INDIRIZZI DEL SUO DICASTERO"
Interventi:
1. Studente Diego CELLI (Presidente del Consiglio Nazionale Studenti
Universitari), Le nostre idee sulle "comunicazioni" del Ministro;
2.- Prof. Francesco INDIVERI (Presidente naz. del CNU), Appunti per un possibile
documento unitario dei docenti e degli studenti universitari, da offrire al Ministro e al
Presidente del Consiglio dei Ministri;
3) Prof. Antonino LIBERATORE (Presidente naz. dell'USPUR), Anche questioni
retributive;
4) Prof. Marco MERAFINA (Coordinatore Naz. Ricercatori Universitari), La figura
docente del Ricercatore Universitario: prospetitve;
5) Prof. Nunzio MIRAGLIA (Coordinatore Nazionale dell'ANDU), Autonomia degli Atenei
e del Sistema nazionale
6) Prof.ssa Sandra SOSTER (Segretaria Provinciale Flc-Cgil di Bologna);
7) Proff. Nino DAMMACCO e Santo SIGNORELLI (Segretario Generale Agg. e Segretario
Nazionale Fed. CISL-Università)
con la
partecipazione dei Deputati E. Barbieri
e F. Garagnani della Commissione Cultura
della Camera
Sono graditi gli interventi di tutti i Colleghi |
Commissione Istruzione del Senato - Udienza del 17 giugno 2008)
(Stralcio dal "resoconto sommario", con aggiunta di
titolazioni riassuntive. Per vedere il testo integrale,
clicca su: http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=16&id=304295)
1.- Legami tra didattica e ricerca, per
lUniversità. Il ministro GELMINI sottolinea preliminarmente come l'università
e la ricerca, congiuntamente all'istruzione, rappresentano linfrastruttura del
sapere e risultano efficaci solo se interconnessi luno allaltro. Reputa
peraltro che università e ricerca siano fattori indispensabili di sviluppo della
comunità nazionale, sicché è strategico eliminarne le criticità.
Nel ricordare che nel recente passato il sistema formativo italiano, pur con
i suoi limiti, era in grado di formare ed esportare capitale umano di eccellenza, afferma
poi che il recupero di tale capacità nellattuale contesto sociale ed economico
passa:
- o per una gestione più fortemente centralizzata del sistema universitario, con regole
uguali per ogni ateneo;
- ovvero per la valorizzazione delle rispettive specificità.
Analogamente a quanto avviene in molti Paesi caratterizzati da sistemi
universitari di eccellenza, ella propende per la seconda opzione. La filosofia cui intende
informare lazione del Ministero resta pertanto immutata, fondandosi sul trinomio autonomia,
valutazione e merito.
Sul piano legislativo, ella rileva altresì che nel corso di questi ultimi
anni si sono stratificate una serie di norme, che hanno volta a volta interrotto e
contraddetto ipotesi di riforma anche coraggiose proposte dai Ministri che si sono
succeduti, da Antonio Ruberti, cui rivolge un commosso ricordo, a Letizia Moratti. Si
impegna quindi a dotare, entro il termine dei cinque anni di legislatura, il mondo
delluniversità e della ricerca di regole certe e condivise, attraverso testi
unici che non siano la sommatoria di norme già esistenti, ma che al contrario
eliminino la legislazione in eccesso, che spesso impedisce l'efficace dispiegarsi delle
disposizioni migliori.
......
......
2.- Monitoraggio e razionalizzazion e delle Lauree 3+2. Quanto al
modello del "3+2", osserva che se da un lato ha consentito di aumentare il
numero dei laureati, da più parti è messo sotto accusa per aver innescato un processo di
licealizzazione prolungata e una proliferazione di corsi e indirizzi che non ha eguali
negli altri Paesi europei. Assicura quindi di voler proseguire la rigorosa attività di monitoraggio
e di razionalizzazione dei corsi avviata dai suoi predecessori.
3.- Finanziamento Con riferimento alle risorse,
rileva che il Fondo per il finanziamento ordinario (FFO) è basato in larghissima parte
sullo "storico" e alimenta bilanci rigidi, senza che una percentuale
significativa delle risorse sia destinata a premiare il merito e leccellenza.
Ella deplora indi il drammatico sottofinanziamento del comparto ricerca,
che registra una percentuale di investimento pari all1,09 per cento rispetto al
prodotto interno lordo, contro una media Ocse del 2,26 per cento.
.
.
.....
Accanto all'aumento delle risorse, occorre a suo giudizio migliorare la
gestione della spesa, vincolandola alla responsabilità, ai risultati conseguiti ed
eliminando sprechi e inefficienze......
.....
4.- Art. 33 della Costituzione: per lautonomia e la responsabilità
degli Atenei. Nel richiamare larticolo 33, comma 6, della Costituzione,
ribadisce la necessità di rafforzare il legame cruciale tra l'autonomia e la
responsabilità, in quanto ciò comporta la possibilità di essere premiati o
sanzionati per le scelte rispettivamente vincenti o sconvenienti che si sono operate.
......
......
Per raggiungere gli obiettivi anzidetti, prosegue, occorre elevare i criteri
di accreditamento delle strutture universitarie, sulla base di parametri oggettivi e
certificabili, quali le esigenze del territorio, la capacità di autofinanziamento,
ladeguatezza dei corsi di laurea rispetto agli obiettivi formativi, la composizione
del corpo docente, nonché lidoneità tecnica delle strutture.
......
......
Ripercorre poi le vicende che hanno condotto il precedente Governo ad
istituire l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca
(ANVUR) che risulta tuttavia ancora non operativa, per via dei rilievi del Consiglio di
Stato. Dopo aver puntualizzato che la Corte dei Conti, peraltro, ha registrato con riserva
il relativo regolamento istitutivo, ritiene che lANVUR sia stata concepita come una
costosa struttura ad alto tasso di burocrazia e rigidità, destinata a controllare anche i
più piccoli meccanismi, caricata di compiti eccessivi.
Esprime dunque la volontà di modificarne la disciplina, nella prospettiva di assicurare
al mondo delluniversità e della ricerca un sistema integrato di valutazione, che
vincoli il finanziamento ai risultati, incentivando lefficacia e lefficienza
dei programmi di innovazione, la qualità della didattica, lo svolgimento di corsi in
lingua inglese, la capacità di intercettare finanziamenti privati ed europei, il tasso di
occupazione dei laureati coerente col titolo di studio conseguito. Occorre peraltro a suo
avviso preservare la specificità di ogni protagonista del comparto, nella cornice
costituita comunque da esperienze internazionali consolidate e da paradigmi riconosciuti
dalla comunità scientifica.
5. Proroga organismi vigenti. Comunica poi che è allo studio
una proroga degli organismi vigenti (destinati ad essere soppressi in concomitanza con la
piena operatività dell'Agenzia) onde non interrompere la valutazione delle università e
degli enti di ricerca, beneficiari di finanziamenti pubblici. In futuro, oltre alla
doverosa attività effettuata a livello centrale dallAgenzia indipendente, sarà del
resto necessario incoraggiare anche la valutazione plurale, spontanea e quotidiana, che
viene svolta tanto dagli studenti e dalle famiglie in occasione della scelta
dellateneo da frequentare, quanto dalle imprese e dalle fondazioni che si rivolgono
al settore.
Nel rimarcare l'essenzialità di tale "valutazione dal
basso", ribadisce l'esigenza di redigere regole trasparenti e di assicurare la
pubblicità e l'accessibilità di tutte le informazioni anche attraverso l'utilizzo di
strumenti informatici, onde consentire l'affermazione di un sistema pienamente
meritocratico.
6.- Reclutamento e retribuzioni. Con particolare riguardo al
reclutamento, fa presente che nei prossimi cinque anni è previsto un ricambio del 47 per
cento del corpo docente. Segnala in proposito due anomalie dell'Italia quali, da un lato,
lanzianità dei professori ordinari e associati e, dallaltro, lo scarso numero
e l'inadeguata retribuzione dei ricercatori.
Quanto al primo aspetto, reputa inaccettabile che l'università
favorisca le progressioni di carriera locali piuttosto che lingresso di forze nuove,
mantenendo in vita un sistema duplicemente impermeabile, rispetto ai giovani studiosi
italiani e agli esperti stranieri.
Quanto al secondo, dà conto della ristretta fascia di
ricercatori e dottori di ricerca, che configura un modello più simile a un cilindro che
ad una piramide. In particolare, rammenta che nella finanziaria del 2007 è stato previsto
un finanziamento di 40 milioni di euro per il 2008 e 80 per il 2009 per coprire un congruo
numero di posti. Il provvedimento era subordinato, però, allemanazione di un
regolamento, che tuttavia non ha visto ancora la luce, in quanto ha ricevuto il parere
negativo della Corte dei Conti. In proposito, nella piena consapevolezza dell'urgenza di
emanare entro il giugno 2008 i relativi bandi, comunica che il Ministero sta elaborando
interventi tempestivi per evitare il blocco nellaccesso alla carriera accademica di
tanti giovani e il mancato stanziamento dei fondi.
Comunica altresì che intende prolungare sino al 30 novembre i bandi
per i concorsi da ordinario e associato, auspicando che su tali provvedimenti si
registri un consenso condiviso.
Giudica inoltre insufficiente la retribuzione dei ricercatori rispetto alla media europea
e a quella Ocse, per cui si rende necessario un maggiore investimento di risorse affinché
i ricercatori universitari siano più numerosi e meglio pagati.
.....
.....
7.- Regole per il reclutamento: idoneità nazionale e chiamata
locale autonoma, anche di esterni. Quanto alle nuove regole di reclutamento per
professori e ricercatori, comunica che sono in corso di elaborazione, con il contributo
del Consiglio universitario nazionale (CUN), procedure snelle e credibili, che assicurino
la meritocrazia e l'autonomia dei singoli atenei, basate innanzitutto su una verifica
nazionale di idoneità riconosciuta da parte della comunità scientifica nel suo complesso.
Allinterno di una lista di idonei, che includerà gli studiosi italiani o stranieri
che lavorano allestero, prosegue il Ministro, le università sceglieranno
autonomamente il candidato che ritengono più capace e più adatto ad attirare
finanziamenti dalle imprese e iscrizioni degli studenti. Ciò determinerà a suo avviso
una crescente internazionalizzazione delluniversità italiana, che sarà più
permeabile alle energie di quanti, italiani e non, lavorano allestero, e una
progressiva eliminazione dei "tetti".
Nell'assicurare che, in base al principio dellautonomia responsabile,
le università saranno libere di chiamare anche docenti che non provengano strettamente
dal mondo accademico, pone l'accento sul rigore che caratterizzerà i predetti meccanismi
di selezione, a cui dovrà seguire un adeguamento delle retribuzioni anche attraverso
trattative individuali.
8.- Governance. Il Ministro si sofferma indi sulla governance, a cui
fa eco la capacità di rispondere delle proprie scelte, della verifica e del controllo,
rimarcando che è intenzione del Governo approfondire proposte provenienti da alcuni
atenei. Una governance responsabile si basa del resto su grande libertà di
organizzazione, su un minore peso della burocrazia nonché sullaccentuata
individualizzazione dei rapporti contrattuali. A tal fine, occorre lintroduzione di
nuove figure in grado di garantire il successo organizzativo degli atenei e indirizzate a
reperire finanziamenti esterni, limitando il ruolo dello Stato alla fissazione di alcuni
paletti e allo svolgimento di un controllo rigoroso e trasparente.
9.- Studenti. Evidenzia altresì l'esigenza di incoraggiare
la crescita delle comunità studentesche, disincentivando peraltro lo scandaloso e
crescente sfruttamento degli studenti spesso costretti ad affitti elevatissimi e fuori
mercato, mediante la creazione di nuovi collegi (per gli studenti) da realizzare
con la partnership delle Regioni. Su tale ambito intende instaurare un confronto con il
Consiglio nazionale degli studenti universitari.
.....
..... |
|
Berlusconi alla Camera (discorso programmatico, 13 maggio 2008):
"DARE UNA FRUSTATA VITALE ALLA RICERCA E
ALLA SCUOLA" |
L'On.le
MariaStella GELMINI *, nuovo Ministro dell'Università |
La Venere di Botticelli
|
Disegno di Legge del
Deputato Gelmini, per: |
1) |
la valorizzazione del merito e piena
applicazione del principio di autonomia scolastica (art.2, lettera a) |
2) |
l' abolizione degli incarichi a tempo indeterminato
dei docenti (art. 2, lettera e, punto 1); |
3) |
Per l'attuazione della presente delega non far
derivare maggiori oneri per la finanza pubblica, ma una diversa allocazione delle
ordinarie risorse, in dotazione (art. 7) |
|
MariaStella Gelmini
|
* Età 35 anni, Avvocato "amministrativista", eletta deputato nella
precedente legislatura e confermata nella attuale.
Nei due anni della precedente legislatura ha presentato al Governo
"una" interpellanza sulle intercettazioni telefoniche,
ed un disegno di legge come primo firmatario (vedi sotto). Qui di seguito, le parti
riguardanti l'università sono in neretto |
XV Legislatura, Camera:
Disegno di legge d'iniziativa del deputato Gelmini:
"DDL delega per la promozione e lattuazione del merito
nella società, nelleconomia e nella pubblica amministrazione ed istituzione della "Direzione di valutazione e monitoraggio
del merito" presso lAutorità Garante per la Concorrenza" Premessa del Deputato al DDL. Il presente disegno
di legge intende agevolare la diffusione e lattuazione concreta nella società
italiana del principio del merito.
E noto che il Sistema-Paese sta attraversando, da molti anni, una crisi che
attraversa tutti i livelli sociali ed istituzionali; si tratta di una crisi di sfiducia e
di speranza tra le cui cause si può annoverare la scarsa valorizzazione del merito come
criterio di distribuzione delle opportunità e di valutazione delle persone.
Limpostazione statalista e dirigista che ha imperniato lordinamento degli
ultimi cinquanta anni ha portato con sé la marginalizzazione del merito, che non è mai
assurto a principio guida in grado di regolare i fenomeni sociali, i processi economici e
le relazioni di lavoro, in favore di criteri di uguaglianza formale che, di fatto, si sono
tradotti in forti disincentivi alla capacità individuale.
Il presente disegno di legge mira a rimuove questi disincentivi, mediante un
insieme di provvedimenti che, una volta attuati, dovrebbero liberare le energie presenti
nella società, e favorire quel processo di valorizzazione del merito che costituisce il
momento di partenza per una effettiva inversione di tendenza della crisi che attraversa il
Paese.
La struttura del disegno di legge, che in gran parte consiste in principi da
delegare per leffettiva attuazione allEsecutivo, consente, vista anche la
complessità delle questioni trattate, eventuali stralci.
Il DDL - Testo originale.
Art. 1 . Definizione di merito
1. Ai fini della presente legge, si intende per merito il conseguimento di risultati
individuali o collettivi superiori a quelli mediamente conseguiti nei rispettivi ambiti di
attività, tenuto conto dei compiti assegnati e delle capacità possedute.
Art. 2 . Delega al governo per la valorizzazione del merito nel sistema scolastico
ed universitario
1. II Governo è delegato ad emanare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della
presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a promuovere ad attuare il
principio del merito nel sistema scolastico ed universitario sulla base dei seguenti
principi e criteri direttivi:
a. valorizzazione del merito e piena applicazione del principio
di autonomia scolastica attraverso
1) il rafforzamento dei poteri organizzativi e disciplinari dei dirigenti scolastici e di
organismi di amministrazione ad essi affiancati, con compiti di gestione amministrativa e
di reclutamento del corpo docente;
2) la concorrenza piena tra le autonomie scolastiche, mediante ladozione di
meccanismi di ripartizione delle risorse pubbliche in proporzione ai risultati formativi
rilevati da un organismo terzo che pubblichi annualmente una classifica regionale delle
autonomie scolastiche fondata su parametri trasparenti e verificabili;
3) il riconoscimento alle famiglie di voucher formativi da spendere nelle scuole
pubbliche o private di cui alla legge 62/2000;
4) la detraibilità delle donazioni da parte di persone fisiche o imprese alle
autonomie scolastiche.
b. valorizzazione del merito degli studenti nel sistema
dellistruzione scolastica, mediante, in particolare, ladozione delle seguenti
misure: |
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Gelmini, non erede della Moratti !
Sulla "abolizione di ogni automatismo
nelle progressioni di carriera dei docenti"
La Ministra, nel suo DDL (vedi a fianco), vuole
"l'abolizione di ogni automatismo nelle progressioni di carriera dei docenti".
Sono ben d'accordo. Voglio, però, anche osservare che la carriera
universitaria prevede tre concorsi pubblici: uno per ricercatore, uno per professore
associato, ed uno per professore ordinario, spesso gabbie (una volta che uno ci si trova
dentro) che impediscono l'avanzamento per merito.Non solo, prima di fare il concorso per
ricercatore, uno deve trascorrere grosso modo 8-10 anni per apprendistato (prima, gratis;
poi come borsista o assegnista).
E, allora, a cosa si fa riferimento ? Anche noi, da anni, su queste
pagine, ci battiamo per la carriera solo in base al merito, ma ci riferiamo alle seguenti
cose:
1) Al fatto che le commissioni di concorso sono fatte per votazione, mentre
dovrebbero essere per sorteggio, eventualmente tra un numero ampio di votati (dalla
Moratti, si era ottenuto che i votati fossero 15, ma avevamo chiesto che fossero solo per
sorteggio);
2) Al fatto che l'idoneità nazionale debba essere a lista aperta, e senza diritti
di chiamata (invece la Moratti ha imposto "un" solo idoneo per posto, a causa di
un complesso di inferiorità verso la CRUI, salvo poi sperticarsi in una serie di riserve
di idoneità, peraltro solo simboliche, in base ad anzianità, ...). Che senso ha la
libertà di chiamata delle Facoltà, se c'è un solo idoneo per posto ? Lo so che, dal
mondo della Università, contro la lista aperta, si era levato lo stracciamento delle
vesti. (Erano quelli che più avevano beneficiato del meccanismo dei voti, a senso unico;
o che erano preoccupati che un eventuale aumento dei docenti di ruolo avrebbe ostacolato
l'aumento delle retribuzioni).
3) Al fatto che i docenti devono essere stabili, perchè la scuola è come la
famiglia (altra cosa è una impresa, sul mercato) e che i turnover debbano procedere in
una gradualità, senza interruzione.
Dunque la stabilità è essenziale per un rapporto educativo e di fiducia
tra docente e studente, e perchè abbia fondamento la valutazione dei giovani in base al
merito.
4) Al fatto che le Università debbano essere responsabilizzate in
base al principio dell'autonomia (e non solo per la spesa). Ma, attenzione, una Ministra
non può, prima, respingere "limpostazione statalista e
dirigista dell'ordinamento"; e, dopo, proporre " la distribuzione
dei finanziamenti alle Università in misura direttamente proporzionale ai risultati
formativi qualitativi certificati da organismi terzi". Il motivo è che questo è un
principio dirigista, anche se ottimo in astratto, ma pericolosissimo in pratica, perchè
espone la scuola al mero controllo della burocrazia. Ce lo insegna l'esperienza
dell'Unione Sovietica, dove, anzi, il meccanismo dei parametri standard era applicato a
tutti i settori del sistema, ma portò alla rovina l'intero sistema.
Ho idee ben diverse per incentivare l'efficienza della scuola. Non ho spazio
in questa nota. Dico solo che è essenziale partire dall'assunto che, in generale, chi
sceglie di fare scuola e ricerca lo fa, in primo luogo, per vocazione e, dunque,
l'attenzione primaria va centrata sui requisiti qualitativi della persona. Nel merito
rinvio a "Per un nuovo sistema di governance delle università" e a "Nasce AQUIS". NL |
1) cancellazione del sistema dei
debiti formativi e aumento del-la selettività dei meccanismi di avanzamento scolastico,
anche attraverso la reintroduzione degli esami di riparazione;
2) previsione allinterno del POF (Piano dellOfferta Formativa) delle singole
autonomie scolastiche, anche consorziate tra loro, di appositi moduli integrativi
obbligatori che diano lopportunità, senza spesa a carico dello studente, di
recuperare nel corso dellanno eventuali insufficienze nelle singole materie;
3) rafforzamento del meccanismo di borse di studio legate al merito, fermo restando la
necessità di garantire un sistemaadeguato di sovvenzioni a studenti meritevoli in stato
di necessità, in applicazione dellarticolo 34 della Costituzione della Repubblica
Italiana.
c. valorizzazione del merito dei docenti mediante
ladozione delle seguenti misure:
1) eliminazione di ogni automatismo nelle progressioni retributive e di carriera degli
insegnanti;
2) progressiva liberalizzazione della professione, da attuare attraverso la chiamata
nominativa da parte delle autonomie scolastiche su liste di idonei, con un periodo di
prova di due anni scolastici propedeutico allassunzione a tempo indeterminato,
garantendo comunque la mobilità dei docenti;
3) possibilità, per le singole autonomie scolastiche, senza oneri aggiuntivi a carico
della Stato, di stipulare con i singoli docenti contratti integrativi di tipo
privatistico.
d. valorizzazione del merito degli studenti nel sistema
dellistruzione universitaria, mediante ladozione delle seguenti misure:
1) previsione di esami preliminari obbligatori, anche ove non sia previsto il numero
chiuso delle iscrizioni ai corsi di laurea, per laccesso alle Università pubbliche
e private, al fine di valutare la preparazione di base degli studenti e i successivi
progressi;
2) rimodulazione delle tasse universitarie, con rafforzamento delle borse di studio
destinate agli studenti meritevoli e aumenti delle tasse a carico degli studenti fuori
corso;
3) estensione dellistituto del Prestito donore.
e. valorizzazione del merito del corpo docente e dei
ricercatori nel sistema dellistruzione universitaria e degli istituti di ricerca,
mediante ladozione delle seguenti misure:
1) progressiva abolizione degli incarichi a tempo indeterminato dei docenti;
2) revisione dei meccanismi di reclutamento, mediante listituzione progressiva della
chiamata nominale da parte delle Facoltà e di correlativi contratti integrativi di tipo
privatistico;
3) introduzione di sistemi di verifica triennali dei risultati della ricerca, ai fini del
mantenimento dellincarico e delle progressioni di carriera;
f. valorizzazione del merito delle Università e degli Istituti
di ricerca, mediante ladozione delle seguenti misure:
1) distribuzione dei finanziamenti alle Università in misura direttamente proporzionale
ai risultati formativi qualitativi certificati da organismi terzi;
2) privatizzazione di tutti gli istituti pubblici di ricerca, chiusura degli enti pubblici
che risultano inadeguati rispetto agli standard internazionali e distribuzione delle
risorse in base ai risultati certificati;
3) detraibilità delle donazioni da parte di persone fisiche o imprese alle Università e
agli Istituti di Ricerca.
Art. 3
Delega al governo per la valorizzazione del merito nella pubblica amministrazione
1. II Governo è delegato ad emanare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della
presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a promuovere ad attuare il
principio del merito nella pubblica amministrazione, sulla base dei seguenti principi e
criteri direttivi:
a. abolizione, ad ogni livello di inquadramento di qualsiasi meccanismo
che possa determinare automatismi nelle progressioni di carriera e introduzione di
meccanismi effettivamente selettivi volti alla verifica preliminare delle capacità
personali in relazione anche a comprovati riscontri oggettivi di produttività,
efficienza, redditività, responsabilità e trasparenza;
b. progressiva estensione, per i dirigenti con ruoli apicali,
dellistituto della chiamata nominale su base fiduciaria e di relativi contratti di
tipo privatistico a tempo determinato;
c. rafforzamento di effettive condizioni di gestione manageriale nelle
pubbliche amministrazioni, attraverso il potenziamento delle responsabilità e del potere
organizzativo e disciplinare dei dirigenti e dei funzionari preposti alle strutture;
d. introduzione di sistemi di valutazione dei risultati e delle
prestazioni dei dirigenti e del personale dipendente, gestiti anche da soggetti terzi,
fondati sul principio di responsabilità in ordine alla produttività,
allefficienza, alla redditività, alla trasparenza;
e. Revisione, anche attraverso princìpi da attuare anche in sede
contrattuale, delle discipline in tema di:
1) attribuzione di incentivi e riconoscimenti economici connessi al miglioramento delle
produttività;
2) provvedimenti e sanzioni disciplinari, compresi i licenziamenti dei dirigenti e degli
altri dipendenti, a seguito di gravi comportamenti illeciti sul piano penale, civile ed
amministrativo, nonché per grave carenza di risultati o di rendimento;
3) responsabilità contabile e patrimoniale dei funzionari pubblici nei casi di dolo e
colpa grave rendendo effettiva lazione di danno in caso di illegittimità di atti.
f. definizione dei massimali consentiti in ordine al rapporto tra numero dei dipendenti
pubblici e popolazione ai vari livelli territoriali: comunale provinciale e regionale;
g. individuazione di "parametri di virtuosità" in materia di efficienza ed
efficacia nella erogazione dei servizi per tutte le amministrazioni pubbliche e
corrispettiva istituzione di un sistema premiale nellassegnazione di fondi pubblici;
Art. 4
Delega al governo per la valorizzazione del merito nel mercato del lavoro
1. II Governo è delegato ad emanare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della
presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a promuovere ad attuare il
principio del merito nel mercato del lavoro, sulla base dei seguenti principi e criteri
direttivi:
a. detassazione e decontribuzione di premi produttività aziendali e
dei superminimi individuali, da finanziare con labolizione di tutti gli incentivi
destinati alle imprese e riconosciuti mediante processi di valutazione o selezione
pubblica;
b. detassazione e decontribuzione dei compensi per le invenzioni e le
opere dellingegno;
c. introduzione, tra le causali di recesso dal rapporto di lavoro,
dello scarso rendimento, e previsione di un meccanismo sanzionatorio di natura
esclusivamente risarcitoria in caso di illegittimità del licenziamento intimato sulla
base di tale causale;
d. nullità di tutte le clausole legali e contrattuali che prevedono aumenti
retributivi e di carriera legati allanzianità di servizio ed alla sola presenza sul
lavoro;
e. eliminazione del divieto di sotto-inqudramento in presenza di prolungato
scarso rendimento;
f. possibilità di derogare al principio di irriducibilità della
retribuzione in presenza di prolungato scarso rendimento;
g. ampliamento della nozione di mansioni equivalenti;
h. istituzione di un credito di imposta per le assunzioni realizzate mediante
procedure selettive trasparenti, realizzate avvalendosi mediatori professionali, pubblici
o privati;
i. obbligo di trasparenza per tutte le nomine di amministratori e dirigenti
di società di diritto privato con capitale pubblico, da attuarsi anche mediante procedure
di selezione trasparenti, e pubblicità dei compensi;
Art. 5 . Istituzione della "Direzione di valutazione e monitoraggio del merito"
presso lAutorità Garante della Concorrenza e del Mercato
1. E istituita presso lAutorità Garante della Concorrenza e del Mercato una
Direzione denominata "Direzione di valutazione e monitoraggio del merito" avente
il compito di svolgere le seguenti attività:
a. monitorare lattuazione dei principi e delle norme contenute
nella presente legge e dei successivi decreti delegati;
b. valutare i risultati prodotti dai principi e dalle norme contenute
nella presente legge;
c. coordinare le strutture già esistenti di monitoraggio e controllo e
scegliere gli organismi terzi di valutazione di cui alla presente legge;
d. elaborare un "Rapporto annuale sul merito", avente ad
oggetto lo stato di attuazione dei principi del merito nei settori oggetto della presente
legge e dei successivi decreti delegati, e la segnalazione delle eventuali misure
necessarie per lulteriore valorizzazione dei predetti principi. Tale rapporto è
parte integrante della Relazione annuale di cui allart. 23 della legge 10 ottobre
1990 n. 287.
Art. 6 . Procedura di adozione dei decreti
1. I Decreti di cui agli articoli precedenti sono adottati ai sensi dell'articolo 14 della
legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di
concerto con i Ministri competenti per materia, acquisito il parere della Conferenza
Unificata di cui al Decreto Legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e sentite le
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei lavoratori e degli enti e
società gestori di servizi di pubblica utilità.
2. In deroga a quanto previsto dal comma 4 dellart 14 L. 400/1988, gli schemi dei
Decreti legislativi, approvati in seguito alla deliberazione preliminare del Consiglio dei
Ministri, sono trasmessi dal Governo alla Camera dei Deputati ed al Senato della
Repubblica ed assegnati alle Commissioni permanenti competenti per materia per
lespressione di parere vincolante. Il parere è espresso entro il termine di
quaranta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i Decreti possono essere
emanati anche in mancanza dei pareri. Il Governo, nei trenta giorni successivi la
ricezione del parere da parte delle Camere, esamina il parere e ritrasmette, con le sue
osservazioni e con eventuali modificazioni, i testi alle Commissioni per il parere
definitivo che deve essere espresso entro ulteriori trenta giorni.
3. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore dei Decreti, nel rispetto dei
principi e criteri direttivi fissati dalla presente legge, il Governo può adottare,
attraverso la procedura di cui al presente articolo, disposizioni integrative e correttive
dei Decreti medesimi.
Art. 7 . Oneri
1. Dall'attuazione della presente delega non devono derivare nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica. Per gli adempimenti necessari
allattuazione dei Decreti di cui alla presente delega, le amministrazioni competenti
provvedono attraverso una diversa allocazione delle ordinarie risorse, umane, strumentali
ed economiche, in dotazione alle medesime amministrazioni. |
|
Nasce AQUIS - "Associazione per la Qualità delle Università
Italiane Statali" eccellenti"
in alternativa alla CRUI - Conferenza dei Rettori
delle Università Italiane
e con la benedizione di Confindustria |
Il fatto ha origine dalla volontà di alcune università, di smarcarsi dalle altre,
in considerazione della presunta difficoltà del nuovo governo di finanziare l'intero
sistema
|
DANTE |
Ma, poi, si trova che queste "eccellenze" sono fondate su prove
di comodo.
Per il nuovo Governo ... il problema
è di scelta politica se l'università: |
|
a)
debba restare pubblica e con quale grado di estensione;
b) e solo conseguentemente è di definire la "eccellenza" |
E' INADEGUATO riferirsi solo
alla SOGLIA MINIMA STUDENTESCA (20.000),
e non anche alla SOGLIA MASSIMA (40.000 ?) - vedi legge sui MEGA-ATENEI.
Vanno considerate anche le variazioni delle iscrizioni studentesche |
|
Nota. AQUIS
associa la Politecnica delle Marche, Bologna, Calabria, Ferrara, Milano-Bicocca,
Politecnico di Milano, Modena e Reggio Emilia, Padova, Roma Tor Vergata, Politecnico di
Torino, Trento e Verona. Alla conferenza, svolta il 15 marzo 2008, ha partecipato il
Vice-Presidente di Confindustria, quale "partner delle università migliori".
Cosa vogliono si desume da un Documento riassuntivo (vedi sotto, colonna a destra), ma
anche da una mappa (vedi più sotto) in cui lo stivale è disegnato con diversi colori, a
seconda che le varie università siano ritenute sottofinanziate (quelle virtuose) o
sovrafinanziate (quelle scadenti).
Chi vuole approfondire può trovare le 5 relazioni pubblicate (Calzolari, Ballio, Bassi, Milanesi,
Latorre),cliccando su http://www.magazine.unibo.it/Magazine/Attualita/2008/03/15/Aquis.htm
. |
Nino
LUCIANI, Per una riconsiderazione critica della "eccellenza".
Nella tradizione italiana della scienza delle finanze (e che vale ovunque
nel mondo), per le scelte economiche la distinzione di base è tra la produzione di beni
privati e quella di beni pubblici. Solo nel primo campo, l'eccellenza è indicata dal
profitto, misurabile in moneta; invece, nel secondo campo l'eccellenza è indicata dalla
utilità pubblica, ma che non è misurabile in moneta.
Data questa caratteristica, il settore pubblico cerca misurazioni oggettive
sostitutive: sono i cosiddetti parametri standard. Ma non si creda di potere andare in
là, più di tanto. I cosiddetti "parametri" sono costruiti su dati statistici,
e la scienza statistica non si stanca mai di avvisare che il lato debole dei dati
statistici è la difficoltà di interpretarli. Nè si meravigli qualcuno, se ricordo il
fallimento economico del sistema sovietico. Anche là avevano bisogno di parametri, anzi
là c'è stato il massimo di esperienza nell'uso di parametri per misurare l'andamento del
sistema, ma ahimè questo non è bastato a orientarlo virtuosamente.
Vengo alla mia tesi. Prima di sfoggiare parametri, è necessario
definire il quadro logico in cui si vogliono usare. Chi valuta l'utilità pubblica ? Le
vie sono due: a) o ti affidi al consenso elettorale, come interpretato dai politici; e/o
ti affidi al buon senso comune come interpretato da burocrati selezionati per competenza
tecnica (extra-economica). Non per niente i padri costituenti hanno richiesto (art.97
cost.) i concorsi per l'assunzione del personale della Pubblica Amministrazione.
Se stiamo a questo quadro logico, alcuni parametri indicati da Aquis si
svuotano, come definizioni dell'eccellenza. Vediamo.
1) la dimensione minima di 20.000 studenti per università ? Nel caso
dell'Italia, una decina di anni fa, fu deciso (legge dei mega-Atenei) di frazionare e
decentrare i grandi atenei, in modo da renderli governabili, e avvicinare l'università al
territorio. Fu quantificata la soglia massima (40.000 studenti per università), ma non
quella minima da conseguire entro un dato tempo. E', però, nella logica delle cose che si
sia aperta una fase transitoria. A consuntivo abbiamo ancora i mega Atenei, e tanti
piccoli Atenei. Date le difficoltà del bilancio, il governo dovrebbe ridefinire le soglie
massima e minima. Nel caso di Bologna, non siamo apposto, nè a Bologna-città (permane un
mega Ateneo di 67.000 studenti), nè in Romagna, (ci sono 4 sedi, per un totale di 20.000
studenti, ma molto distanti tra loro, così da rendere impossibili delle sinergie, quali
la mensa, il college, ...).
La CRUI è la sede naturale per una valutazione ponderata dell'insieme,
compresa la difesa del sapere nelle aree svantaggiate (meridione) e quindi non va
scavalcata con modi improvvisati e controproducenti.
2) Selettività in base al merito e trasparenza dei concorsi universitari ?
Si invoca la concorrenzialità tra i docenti, ma da anni i concorsi sono molto rallentati
e da sempre sono corporativi. Ma non si dice il come (es., col sorteggio dei Commissari di
concorso ). Aquis vuole, invece, che il merito sia vagliato in base a parametri
oggettivi, come il numero delle pubblicazioni collocate in riviste di "pregio" e
il numero delle citazioni bibliografiche. Questa alternativa è completamente fuori dalla
logica del concorso per merito, perchè apprezza la ricerca in base al contenitore.
Quando, mai e poi mai, un contadino riconoscerebbe il buon vino dalla bottiglia, senza
assaggiarlo? C'è, poi, che sono spiazzati completamente i giovani, a inizio di carriera.
La via corretta è, invece, invocare commissioni imparziali (ad es.
scelte per sorteggio tra personalità aventi dati requisiti oggettivi), che guardano
dentro le pubblicazioni e, solo dopo, al contenitore.
3) Abbattimento dei costi monetari ? Ciò ha significato economico
se, a parità di prestazioni, si cerca il minor costo tra gli impieghi alternativi di
risorse. Un Ateneo che premia il dirigente che spende meno, ma tagliando le prestazioni,
non mi interessa. Dunque la via è il controllo delle prestazioni, in associazione alle
spese.
Nel caso delle Università, una misura indiretta delle prestazionu
(vicina alla economia di mercato) è la variazione del fatturato, legato alle iscrizioni
studentesche: infatti lo studente paga le tasse scolastiche e, se è scontento delle
prestazioni di un Ateneo, lo abbandona. Ma Aquis non prende in considerazione come metro
di valutazione la variazione delle iscrizioni.
Direi, anzi che, sotto questo aspetto, Bologna stia vivendo un momento
tragico. Si vegga il grafico, qui sotto, con le iscrizioni a precipizio dal 2001.
4) Governance. La crucialità di questo aspetto è
evidenziato da una delle relazioni, quella del Rettore Milanesi di Padova, tra l'altro
molto apprezzata dai presenti. Esso rientra pienamente nel nostro quadro logico di base
perchè, a livello locale, è lo strumento che dovrebbe valutare l'utilità pubblica della
Università. Una applicazione è prevedere la sostituzione del Direttore Amm.vo che non sa
collegare il bilancio alle prestazioni.NL |
|
Documento
A.Q.UI.S.
10 punti per il rilancio
del Sistema Universitario italiano
1.. Un recupero, necessariamente graduale ma programmato
della forte distanza che separa il sistema nazionale della ricerca italiano da quello
europeo.
2. Una rigorosa valutazione della ricerca scientifica, della qualità della didattica, dei
servizi e dell'impegno sul piano dell'internazionalizzazione, ma innanzitutto della
qualità dei bilancio.
3. Il forte impulso alla ricerca per permettere di raggiungere risultati di grande
significato internazionale. All'interno di questo obiettivo è indispensabile sollecitare
e coordinare interventi regionali rivolti al trasferimento della conoscenza e alla
valorizzazione dei sistema universitario e in generale della ricerca nazionale.
4. Il forte sostegno alla competizione con gli altri atenei dei mondo e in particolare
quelli europei, cominciando dagli atenei italiani che hanno già virtuosamente investito
per raggiungere una posizione internazionalmente riconosciuta, nonché limpegno alla
eliminazione dei numerosi ostacoli, anche di tipo burocratico, che rendono difficile il
lavoro di queste università.
5. Incentivi fiscali a favore della ricerca scientifica per migliorare il trasferimento
tecnologico e la condivisione della proprietà intellettuale fra università e aziende,
per aiutare la imprenditorialità giovanile.
6. Un conseguente sostegno non simbolico agli atenei che corrispondono ai precedenti
fondamentali requisiti.
7. La razionalizzazione delle sedi universitarie e il potenziamento esperienze di
decentramento, con certificazione di qualità.
8. La ricostruzione con interventi radicali di un effettivo sistema di diritto allo studio
che punti finalmente a servizi con standard europei, con una particolare riferimento alla
questione degli alloggi, secondo il principio che chi e in grado di contribuire lo dovrà
fare nella solidarietà con i giovani capaci e meritevoli non in grado di farlo.
9. La revisione, anche profonda. delle forme di governo, per conferire maggiore agilità
ed efficacia allazione degli atenei. La governance è una questione fondamentale,
soprattutto per gli atenei più intraprendenti. In questo ambito si inserisce anche la
questione dei concorsi universitari e in particolare delle modalità di reclutamento e
delle procedure di avanzamento di carriera, che devono essere trasparenti e capaci di
assicurare la qualità della selezione dei capitale umano.
10. L'adozione di provvedimenti per favorire laccesso del giovani ricercatori a
fondi e a progetti, anche finanziando sistemi di premialità dedicati a un loro
inserimento nei circuiti internazionali. |
|
|
Dall'Università, una voce per la crisi di governo
|
Scioglimento
del SENATO o REFERENDUM |
Dama con ermellino di L. da Vinci
|
"Chi
di spada ferisce, di spada perisce"
(intendi: chi fatto questa legge elettorale ne porti le conseguenze)
Dunque, si sciolga solo il Senato
votando con la legge vigente
perchè la cura del "male" sia circoscritta al
"male":
Costituzione, art. 88: "Il Presidente della Repubblica
può, sentiti i loro presidenti, sciogliere le Camere
o ANCHE UNA SOLA DI ESSE". |
DANTE |
Ma
altrettanta correttezza costituzionale sarebbe che, da destra e da sinistra, si accettasse
un "governo ponte" per fare i Referendum elettorali, perchè poi si voti
con la legge che il popolo sceglierà |
I REFERENDUM SULLA LEGGE ELETTORALE di Giovanni Guzzetta
Il testo, che segue, è ripreso da: http://www.referendumelettorale.org/
1° Quesito
Module colore
Verde
-
Premio di
maggioranza alla lista più votata - Camera |
2° Quesito
Modulo colore
Bianco
-
Premio di
maggioranza alla lista più votata Senato |
3° Quesito
Modulo colore
Rosso
-
Abrogazione
candidature multiple |
Il 1° e il 2° quesito : premio di
maggioranza alla lista più votata e innalzamento della soglia di sbarramento
Le attuali leggi elettorali di Camera e
Senato prevedono un sistema proporzionale con premio di maggioranza. Tale premio è
attribuito su base nazionale alla Camera dei Deputati e su base regionale al Senato. Esso
è attribuito alla singola lista o alla coalizione di liste che
ottiene il maggior numero di voti.
Il fatto che sia consentito alle liste di
coalizzarsi per ottenere il premio ha fatto sì che, alle ultime elezioni, si siano
formate due grandi coalizioni composte di numerosi partiti al proprio interno. E la
frammentazione è notevolmente aumentata.
Il 1° ed il 2° quesito (valevoli
rispettivamente per la Camera dei Deputati e per il Senato) si propongono labrogazione
del collegamento tra liste e della possibilità di attribuire il premio di maggioranza
alle coalizioni di liste.
In caso di esito positivo del referendum, la
conseguenza è che il premio di maggioranza viene attribuito alla lista singola (e non
più alla coalizione di liste) che abbia ottenuto il maggior numero di seggi.
Un secondo effetto del referendum è il
seguente: abrogando la norma sulle coalizioni verrebbero anche innalzate le soglie di
sbarramento. Per ottenere rappresentanza parlamentare, cioè, le liste debbono comunque
raggiungere un consenso del 4 % alla Camera e 8 % al Senato.
In sintesi: la lista più votata ottiene il
premio che le assicura la maggioranza dei seggi in palio, le liste minori ottengono
comunque una rappresentanza adeguata, purché superino lo sbarramento.
Allesito dellabrogazione,
resteranno comunque in vigore le norme vigenti relative allindicazione del
capo della forza politica (il candidato premier) ed al programma elettorale.
Gli effetti politico-istituzionali del
1° e del 2° quesito
Il sistema elettorale risultante dal
referendum spingerà gli attuali soggetti politici a perseguire, sin dalla fase
pre-elettorale, la costruzione di un unico raggruppamento, rendendo impraticabili
soluzioni equivoche e incentivando la riaggregazione nel sistema partitico. Si potrà
aprire, per lItalia, una prospettiva tendenzialmente bipartitica. La frammentazione
si ridurrà drasticamente. Non essendoci più le coalizioni scomparirà lattuale
schizofrenia tra identità collettiva della coalizione e identità dei singoli
partiti nella coalizione. Con leffetto che i partiti sono insieme il giorno delle
elezioni e, dal giorno successivo, si combattono dentro la coalizione.
Sulla scheda apparirà un solo simbolo,
un solo nome ed una sola lista per ciascuna aggregazione che si candidi ad ottenere il
premio di maggioranza.
Le componenti politiche di ciascuna lista
non potranno rivendicare un proprio diritto allautonomia perché, di fronte agli
elettori, si sono presentate come schieramento unico, una cosa sola. Nessuno potrà
rivendicare la propria quota di consensi. E sarà molto difficile spiegare ai
cittadini eventuali lacerazioni della maggioranza. Lo scioglimento del Parlamento una
volta che è entrata in crisi una maggioranza votata compattamente dagli elettori potrebbe
essere politicamente molto probabile.
Leliminazione di composite e rissose
coalizioni imporrà al sistema politico una sterzata esattamente opposta allattuale.
Piuttosto che linarrestabile frammentazione in liste e listine, minacce di scissioni
e continue trattative tra i partiti, il nuovo sistema imporrà una notevole
semplificazione, lasciando comunque un diritto di rappresentanza anche alle forze che non
intendano correre per ottenere una maggioranza di Governo, purché abbiano un consenso
significativo e superino la soglia di sbarramento.
Il 3° quesito: abrogazione delle
candidature multiple e la cooptazione oligarchica della classe politica
Un terzo quesito referendario colpisce un
altro aspetto di scandalo. Oggi la possibilità di candidature in più circoscrizioni
(anche tutte!) dà un enorme potere al candidato eletto in più luoghi (il
plurieletto). Questi, optando per uno dei vari seggi ottenuti, permette che i
primi dei candidati non eletti della propria lista in quella circoscrizione
gli subentrino nel seggio al quale rinunzia. Egli così, di fatto, dispone del destino
degli altri candidati la cui elezione dipende dalla propria scelta. Se sceglie per sé il
seggio A favorisce lelezione del primo dei non eletti nella
circoscrizione B; se sceglie il seggio B favorisce il primo dei
non eletti nella circoscrizione A. Nellattuale legislatura, questo
fenomeno, di dimensioni veramente patologiche, coinvolge circa 1/3 dei parlamentari. In
altri termini: 1/3 dei parlamentari sono scelti dopo le elezioni da chi già è stato
eletto e diventano parlamentari per grazia ricevuta. Un esempio macroscopico di
cooptazione!
E inevitabile che una tale disciplina
induca inevitabilmente ad atteggiamenti di sudditanza e di disponibilità alla
subordinazione dei cooptandi, atteggiamenti che danneggiano fortemente la dignità e la
natura della funzione parlamentare. Inoltre i parlamentari subentranti (1/3, come si è
detto) debbono la propria elezione non alle proprie capacità, ma alla fedeltà ad un
notabile, che li premia scegliendoli per sostituirlo.
Con lapprovazione del 3° quesito
la facoltà di candidature multiple verrà abrogata sia alla Camera che al Senato.
I
Quesito - modulo colore verde:
Premio di maggioranza alla lista più votata - Camera
Volete voi che sia abrogato
il Decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, nel testo risultante per
effetto di modificazioni ed integrazioni successive, titolato Approvazione del testo
unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei Deputati,
limitatamente alle seguenti parti:
art. 14-bis, comma 1: I partiti o i gruppi politici organizzati possono
effettuare il collegamento in una coalizione delle liste da essi rispettivamente
presentate. Le dichiarazioni di collegamento debbono essere reciproche.;
art.
14-bis, comma 2: La dichiarazione di collegamento è effettuata contestualmente al
deposito del contrassegno di cui allarticolo 14. Le dichiarazioni di collegamento
hanno effetto per tutte le liste aventi lo stesso contrassegno.;
art.
14-bis, comma 3, limitatamente alle parole: I partiti o i gruppi politici
organizzati tra loro collegati in coalizione che si candidano a governare depositano un
unico programma elettorale nel quale dichiarano il nome e cognome della persona da loro
indicata come unico capo della coalizione.;
art.
14-bis, comma 4, limitatamente alle parole 1, 2 e;
art.
14-bis, comma 5, limitatamente alle parole: dei collegamenti ammessi;
art.
18-bis, comma 2, limitatamente alle parole: Nessuna sottoscrizione è altresì
richiesta per i partiti o gruppi politici che abbiano effettuato le dichiarazioni di
collegamento ai sensi dellart. 14-bis, comma 1, con almeno due partiti o gruppi
politici di cui al primo periodo e abbiano conseguito almeno un seggio in occasione delle
ultime elezioni per il Parlamento europeo, con contrassegno identico a quello depositato
ai sensi dellart. 14.;
art.
24, numero 2), limitatamente alle parole: alle coalizioni e;
art.
24, numero 2), limitatamente alle parole: non collegate;
art.
24, numero 2), limitatamente alle parole: , nonché per ciascuna coalizione,
lordine dei contrassegni delle liste della coalizione;
art.
31, comma 2, limitatamente alle parole: delle liste collegate appartenenti alla
stessa coalizione;
art.
31, comma 2, limitatamente alle parole: di seguito, in linea orizzontale, uno
accanto allaltro, su ununica riga;
art.
31, comma 2, limitatamente alle parole: delle coalizioni e;
art.
31, comma 2, limitatamente alle parole: non collegate;
art.
31, comma 2, limitatamente alle parole: di ciascuna coalizione;
art.
83, comma 1, numero 2): 2) determina poi la cifra elettorale nazionale di ciascuna
coalizione di liste collegate, data dalla somma delle cifre elettorali nazionali di tutte
le liste che compongono la coalizione stessa, nonché la cifra elettorale nazionale delle
liste non collegate ed individua quindi la coalizione di liste o la lista non collegata
che ha ottenuto il maggior numero di voti validi espressi;;
art.
83, comma 1, numero 3), lettera a): a) le coalizioni di liste che abbiano conseguito
sul piano nazionale almeno il 10 per cento dei voti validi espressi e che contengano
almeno una lista collegata che abbia conseguito sul piano nazionale almeno il 2 per cento
dei voti validi espressi ovvero una lista collegata rappresentativa di minoranze
linguistiche riconosciute, presentata esclusivamente in una delle circoscrizioni comprese
in regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze
linguistiche, che abbia conseguito almeno il 20 per cento dei voti validi espressi nella
circoscrizione;;
art.
83, comma 1, numero 3), lettera b), limitatamente alle parole, ovunque ricorrono:
non collegate;
art.
83, comma 1, numero 3), lettera b), limitatamente alle parole: , nonché le liste
delle coalizioni che non hanno superato la percentuale di cui alla lettera a) ma che
abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 4 per cento dei voti validi espressi
ovvero che siano rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, presentate
esclusivamente in una delle circoscrizioni comprese in regioni il cui statuto speciale
prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, che abbiano conseguito
almeno il 20 per cento dei voti validi espressi nella circoscrizione;
art.
83, comma 1, numero 4), limitatamente alle parole: le coalizioni di liste di cui al
numero 3), lettera a), e;
art.
83, comma 1, numero 4), limitatamente alle parole, ovunque ricorrono: coalizione di
liste o;
art.
83, comma 1, numero 4), limitatamente alle parole: coalizioni di liste o;
art.
83, comma 1, numero 5), limitatamente alle parole: la coalizione di liste o;
art.
83, comma l, numero 6): 6) individua quindi, nellàmbito di ciascuna
coalizione di liste collegate di cui al numero 3), lettera a), le liste che abbiano
conseguito sul piano nazionale almeno il 2 per cento dei voti validi espressi e le liste
rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, presentate esclusivamente in una
delle circoscrizioni comprese in regioni il cui statuto speciale prevede una particolare
tutela di tali minoranze linguistiche, che abbiano conseguito almeno il 20 per cento dei
voti validi espressi nella circoscrizione, nonché la lista che abbia ottenuto la maggiore
cifra elettorale nazionale tra quelle che non hanno conseguito sul piano nazionale almeno
il 2 per cento dei voti validi espressi;;
art.
83, comma 1, numero 7): 7) qualora la verifica di cui al numero 5) abbia dato esito
positivo, procede, per ciascuna coalizione di liste, al riparto dei seggi in base alla
cifra elettorale nazionale di ciascuna lista di cui al numero 6). A tale fine, per
ciascuna coalizione di liste, divide la somma delle cifre elettorali nazionali delle liste
ammesse al riparto di cui al numero 6) per il numero di seggi già individuato ai sensi
del numero 4). Nelleffettuare tale divisione non tiene conto delleventuale
parte frazionaria del quoziente così ottenuto. Divide poi la cifra elettorale nazionale
di ciascuna lista ammessa al riparto per tale quoziente. La parte intera del quoziente
così ottenuta rappresenta il numero dei seggi da assegnare a ciascuna lista. I seggi che
rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle liste per le quali
queste ultime divisioni hanno dato i maggiori resti e, in caso di parità di resti, alle
liste che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale nazionale; a parità di
questultima si procede a sorteggio. A ciascuna lista di cui al numero 3), lettera
b), sono attribuiti i seggi già determinati ai sensi del numero 4);;
art.
83, comma 1, numero 8), limitatamente alle parole: varie coalizioni di liste
o;
art.
83, comma 1, numero 8), limitatamente alle parole: per ciascuna coalizione di liste,
divide il totale delle cifre elettorali circoscrizionali di tutte le liste che la
compongono per il quoziente elettorale nazionale di cui al numero 4), ottenendo così
lindice relativo ai seggi da attribuire nella circoscrizione alle liste della
coalizione medesima. Analogamente,;
art.
83, comma 1, numero 8), limitatamente alle parole, ovunque ricorrono: coalizione di
liste o;
art.
83, comma 1, numero 8), limitatamente alle parole, ovunque ricorrono: coalizioni di
liste o;
art.
83, comma 1, numero 8), limitatamente alle parole: coalizioni o;
art.
83, comma 1, numero 9): 9) salvo quanto disposto dal comma 2, lUfficio procede
quindi allattribuzione nelle singole circoscrizioni dei seggi spettanti alle liste
di ciascuna coalizione. A tale fine, determina il quoziente circoscrizionale di ciascuna
coalizione di liste dividendo il totale delle cifre elettorali circoscrizionali delle
liste di cui al numero 6) per il numero di seggi assegnati alla coalizione nella
circoscrizione ai sensi del numero 8). Nelleffettuare tale divisione non tiene conto
delleventuale parte frazionaria del quoziente. Divide quindi la cifra elettorale
circoscrizionale di ciascuna lista della coalizione per tale quoziente circoscrizionale.
La parte intera del quoziente così ottenuta rappresenta il numero dei seggi da assegnare
a ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono assegnati alle liste
seguendo la graduatoria decrescente delle parti decimali dei quozienti così ottenuti; in
caso di parità, sono attribuiti alle liste con la maggiore cifra elettorale
circoscrizionale; a parità di questultima, si procede a sorteggio. Successivamente
lUfficio accerta se il numero dei seggi assegnati in tutte le circoscrizioni a
ciascuna lista corrisponda al numero dei seggi ad essa attribuito ai sensi del numero 7).
In caso negativo, procede alle seguenti operazioni, iniziando dalla lista che abbia il
maggior numero di seggi eccedenti, e, in caso di parità di seggi eccedenti da parte di
più liste, da quella che abbia ottenuto la maggiore cifra elettorale nazionale,
proseguendo poi con le altre liste, in ordine decrescente di seggi eccedenti: sottrae i
seggi eccedenti alla lista in quelle circoscrizioni nelle quali essa li ha ottenuti con le
parti decimali dei quozienti, secondo il loro ordine crescente e nelle quali inoltre le
liste, che non abbiano ottenuto il numero di seggi spettanti, abbiano parti decimali dei
quozienti non utilizzate. Conseguentemente, assegna i seggi a tali liste. Qualora nella
medesima circoscrizione due o più liste abbiano le parti decimali dei quozienti non
utilizzate, il seggio è attribuito alla lista con la più alta parte decimale del
quoziente non utilizzata. Nel caso in cui non sia possibile fare riferimento alla medesima
circoscrizione ai fini del completamento delle operazioni precedenti, fino a concorrenza
dei seggi ancora da cedere, alla lista eccedentaria vengono sottratti i seggi in quelle
circoscrizioni nelle quali li ha ottenuti con le minori parti decimali del quoziente di
attribuzione e alle liste deficitarie sono conseguentemente attribuiti seggi in quelle
altre circoscrizioni nelle quali abbiano le maggiori parti decimali del quoziente di
attribuzione non utilizzate.;
art.
83, comma 2, limitatamente alle parole: la coalizione di liste o;
art.
83, comma 2, limitatamente alle parole: coalizione di liste o;
art.
83, comma 2, limitatamente alle parole: di tutte le liste della coalizione o;
art.
83, comma 3, limitatamente alle parole: coalizioni di liste e;
art.
83, comma 3, limitatamente alle parole, ovunque ricorrono: coalizione di liste
o;
art.
83, comma 3, limitatamente alle parole: coalizioni di liste o;
art.
83, comma 4: LUfficio procede poi, per ciascuna coalizione di liste, al
riparto dei seggi ad essa spettanti tra le relative liste ammesse al riparto. A tale fine
procede ai sensi del comma 1, numero 7), periodi secondo, terzo, quarto, quinto, sesto e
settimo.;
art.
83, comma 5, limitatamente alle parole: numero 6),;
art.
83, comma 5, limitatamente alle parole: e 9);
art.
83, comma 5, limitatamente alle parole: coalizione di liste o;
art.
83, comma 5, limitatamente alle parole: coalizioni di liste o;
art.
84, comma 3: Qualora al termine delle operazioni di cui al comma 2, residuino ancora
seggi da assegnare alla lista in una circoscrizione, questi sono attribuiti,
nellàmbito della circoscrizione originaria, alla lista facente parte della medesima
coalizione della lista deficitaria che abbia la maggiore parte decimale del quoziente non
utilizzata, procedendo secondo un ordine decrescente. Qualora al termine di detta
operazione residuino ancora seggi da assegnare alla lista, questi sono attribuiti, nelle
altre circoscrizioni, alla lista facente parte della medesima coalizione della lista
deficitaria che abbia la maggiore parte decimale del quoziente già utilizzata, procedendo
secondo un ordine decrescente.;
art.
84, comma 4, limitatamente alle parole: e 3;
art.
86, comma 2, limitatamente alle parole: , 3?». |
II
Quesito - modulo colore bianco:
Premio di maggioranza alla lista più votata - Senato
Volete voi che sia abrogato
il Decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, nel testo risultante per effetto di
modificazioni ed integrazioni successive, titolato Testo unico delle leggi recanti
norme per lelezione del Senato della Repubblica, limitatamente alle seguenti
parti: art. 1,
comma 2, limitatamente alle parole: "di coalizione";
art.
9, comma 3, limitatamente alle parole: "Nessuna sottoscrizione è altresì richiesta
per i partiti o gruppi politici che abbiano effettuato le dichiarazioni di collegamento ai
sensi dell'art. 14-bis, comma 1, del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione
della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo
1957, n. 361, con almeno due partiti o gruppi politici di cui al primo periodo del
presente comma e abbiano conseguito almeno un seggio in occasione delle ultime elezioni
per il Parlamento europeo, con contrassegno identico a quello depositato ai sensi
dell'art. 14 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.
361 del 1957.";
art.
11, comma 1, lettera a), limitatamente alle parole: "alle coalizioni e";
art.
11, comma 1, lettera a), limitatamente alle parole: "non collegate";
art.
11, comma 1, lettera a), limitatamente alle parole: ", nonché, per ciascuna
coalizione, l'ordine dei contrassegni delle liste della coalizione";
art.
11, comma 3, limitatamente alle parole: "delle liste collegate appartenenti alla
stessa coalizione";
art.
11, comma 3, limitatamente alle parole: "di seguito, in linea orizzontale, uno
accanto all'altro, su un'unica riga";
art.
11, comma 3, limitatamente alle parole: "delle coalizioni e";
art.
11, comma 3, limitatamente alle parole: "non collegate";
art.
11, comma 3, limitatamente alle parole: "di ciascuna coalizione";
art.
16, comma 1, lettera a), limitatamente alle parole: ". Determina inoltre la cifra
elettorale circoscrizionale di ciascuna coalizione di liste, data dalla somma delle cifre
elettorali circoscrizionali di tutte le liste che la compongono";
art.
16, comma 1, lettera b), numero 1): 1) le coalizioni di liste che abbiano conseguito
sul piano regionale almeno il 20 per cento dei voti validi espressi e che contengano
almeno una lista collegata che abbia conseguito sul piano regionale almeno il 3 per cento
dei voti validi espressi;;
art.
16, comma 1, lettera b), numero 2), limitatamente alle parole: "non collegate";
art.
16, comma 1, lettera b), numero 2), limitatamente alle parole: "nonché le liste che,
pur appartenendo a coalizioni che non hanno superato la percentuale di cui al numero 1),
abbiano conseguito sul piano regionale almeno l'8 per cento dei voti validi
espressi";
art.
17, comma 1, limitatamente alle parole: "le coalizioni di liste e";
art.
17, comma 1, limitatamente alle parole: "coalizioni di liste o";
art.
17, comma 1, limitatamente alle parole, ovunque ricorrono: "coalizione di liste
o";
art.
17, comma 2, limitatamente alle parole: "la coalizione di liste o";
art.
17, comma 3: Nel caso in cui la verifica di cui al comma 2 abbia dato esito
positivo, l'ufficio elettorale regionale individua, nell'àmbito di ciascuna coalizione di
liste collegate di cui all'articolo 16, comma 1, lettera b), numero 1), le liste che
abbiano conseguito sul piano circoscrizionale almeno il 3 per cento dei voti validi
espressi. Procede quindi, per ciascuna coalizione di liste, al riparto, tra le liste
ammesse, dei seggi determinati ai sensi del comma 1. A tale fine, per ciascuna coalizione
di liste, divide la somma delle cifre elettorali circoscrizionali delle liste ammesse al
riparto per il numero di seggi già individuato ai sensi del comma 1, ottenendo così il
relativo quoziente elettorale di coalizione. Nell'effettuare tale divisione non tiene
conto dell'eventuale parte frazionaria del quoziente. Divide poi la cifra elettorale
circoscrizionale di ciascuna lista ammessa al riparto per il quoziente elettorale di
coalizione. La parte intera del quoziente così ottenuta rappresenta il numero dei seggi
da assegnare a ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono
rispettivamente assegnati alle liste per le quali queste ultime divisioni hanno dato i
maggiori resti e, in caso di parità di resti, alle liste che abbiano conseguito la
maggiore cifra elettorale circoscrizionale; a parità di quest'ultima si procede a
sorteggio. A ciascuna lista di cui all'articolo 16, comma 1, lettera b), numero 2), sono
attribuiti i seggi già determinati ai sensi del comma 1.;
art.
17, comma 4, limitatamente alle parole: "alla coalizione di liste o";
art.
17, comma 5, limitatamente alle parole, ovunque ricorrono: "coalizioni di liste
o";
art.
17, comma 5, limitatamente alle parole, ovunque ricorrono: "coalizione di liste
o";
art.
17, comma 5, limitatamente alle parole: "alle coalizioni di liste e";
art.
17, comma 6: Per ciascuna coalizione l'ufficio procede al riparto dei seggi ad essa
spettanti ai sensi dei commi 4 e 5. A tale fine, per ciascuna coalizione di liste, divide
il totale delle cifre elettorali circoscrizionali delle liste ammesse al riparto ai sensi
dell'articolo 16, comma 1, lettera b), numero 1), per il numero dei seggi ad essa
spettanti. Nell'effettuare tale divisione non tiene conto dell'eventuale parte frazionaria
del quoziente così ottenuto. Divide poi la cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna
lista per quest'ultimo quoziente. La parte intera del risultato così ottenuto rappresenta
il numero dei seggi da attribuire a ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da
attribuire sono rispettivamente assegnati alla lista per la quale queste ultime divisioni
abbiano dato i maggiori resti e, in caso di parità di resti, a quelle che abbiano
conseguito la maggiore cifra elettorale circoscrizionale.;
art.
17, comma 8: Qualora una lista abbia esaurito il numero dei candidati presentati
nella circoscrizione regionale e non sia quindi possibile attribuire tutti i seggi ad essa
spettanti, l'ufficio elettorale regionale assegna i seggi alla lista facente parte della
medesima coalizione della lista deficitaria che abbia la maggiore parte decimale del
quoziente non utilizzata, procedendo secondo un ordine decrescente. Qualora due o più
liste abbiano una uguale parte decimale del quoziente, si procede mediante
sorteggio.;
art.
17-bis, limitatamente alle parole: e 6;
art.
19, comma 2: Qualora la lista abbia esaurito il numero dei candidati presentati in
una circoscrizione e non sia quindi possibile attribuirle il seggio rimasto vacante,
questo è attribuito, nell'àmbito della stessa circoscrizione, ai sensi dell'articolo 17,
comma 8.?». |
III
Quesito - modulo colore rosso:
Abrogazione candidature multiple
Volete voi che sia abrogato
il Decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, nel testo risultante per
effetto di modificazioni ed integrazioni successive, titolato Approvazione del testo
unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei Deputati,
limitatamente alle seguenti parti:
art. 19, limitatamente alle
parole: nella stessa,
art. 85? |
|
UNIVERSITA' IN AGITAZIONE CONTRO IL MINISTRO MUSSI |
Sergio Sergi, Coordinatore
|
L'Università di
nuovo contro il proprio Ministro,
dopo la pausa di attesa ..., seguìta alla cessazione
del precedente Ministro del Governo Berlusconi
|
Fabio Mussi
|
MOTIVI
? Involuzioni sulle regole concorsuali, inazione sullo stato giuridico, stipendi
di fame ai Ricercatori a inizio carriera, FFO ridotto. Atteggiamento punitivo
contro i professori
( vedi abolizione del fuori ruolo), mentre nessuna
difesa appare dalla CRUI |
|
OO.UU.DD. - Organizzazioni Unitarie della Docenza*
ADU, ANDU, APU, AURI, CISAL-Università, CISL-Università, CNRU, CNU, FIRU, FLC-CGIL,
SNALS-Università, SUN, UILPA-UR
COMUNICATO
Roma, 8 gennaio 2008
Denunciato che, alle dichiarazioni del Governo
sul valore strategico dell'alta formazione e della ricerca,
non c'è riscontro nelle scelte concrete del Governo.
Dal 28 gennaio all8 febbraio 2008
Assemblee negli Atenei per discutere sui problemi sotto evidenziati
e sulle necessarie iniziative nazionali.
Le Organizzazioni sindacali e le Associazioni rappresentative
della docenza universitaria debbono ancora una volta denunciare che alle dichiarazioni sul
valore strategico per il Paese dellalta formazione e della ricerca non cè
riscontro nelle scelte concrete operate dal Governo e dal Parlamento con la Legge
Finanziaria 2008. Infatti, non solo erano stati previsti finanziamenti assolutamente
insufficienti per la sopravvivenza stessa dellUniversità, ma addirittura si è
proceduto ad un ulteriore taglio di oltre 90 milioni di euro del FFO.
Il finanziamento dellUniversità italiana permane così notevolmente al
di sotto della media dei Paesi industrializzati, non rendendo possibile il rilancio
dellattività scientifica e didattica degli Atenei e nemmeno lavvio
dellimprocrastinabile ricambio generazionale.
Le Organizzazioni e Associazioni confermano la loro grande preoccupazione per
lattuale situazione di stallo dellUniversità dovuta alleccessivo
ritardo nella definizione di provvedimenti ritenuti unanimemente urgenti come quelli
relativi alle riforme dello stato giuridico della docenza, del dottorato di ricerca, del
governo e dellorganizzazione degli Atenei e del Sistema universitario nel suo
complesso, nonché allavvio di un grande processo nazionale di ascolto e
monitoraggio dei risultati della riforma della didattica.
Nella previsione delluscita per pensionamento di circa la
metà dei docenti in atto impegnati nelle università, le Organizzazioni e le
Associazioni, ritengono che il Governo ed il MIUR debbano impegnare risorse aggiuntive
finalizzate al bando di concorsi a ricercatore per consentire finalmente il superamento
dellattuale patologico fenomeno del precariato che è insostenibile per i diretti
interessati ed è dannoso per la qualità
dellattivita di ricerca.
Prevedere ununica figura pre-ruolo che duri al massimo di tre anni,
adeguatamente retribuita, con i diritti lavorativi e con
una autonomia di ricerca, deve essere per il Governo e per il MIUR un obiettivo da
realizzare.
Il Consiglio dei Ministri, il 28 dicembre, ha dato il via allo sblocco dei
concorsi per il 2008 con le vecchie norme. Tale intervento, reso necessario solo da due anni ingiustificati di stallo, non è altro che
una misura tampone assunta con grave ritardo e senza neanche introdurre in via transitoria
opportuni aggiustamenti della normativa.
Ogni intervento sui meccanismi di progressione, deve essere accompagnato da una
riforma complessiva ed organica dello stato giuridico che
consenta, a regime e senza ulteriori blocchi, la legittimazione delle aspettative di
carriera di coloro che operano per e nella università, e il reclutamento di giovani per
un efficace ed efficiente andamento delle attività di didattica e di ricerca.
A fronte della grave situazione che attraversa lUniversità, le
suddette Organizzazioni e Associazioni promuovono una fase straordinaria di confronto tra
i docenti.
A tal fine, nel periodo dal 28 gennaio all8 febbraio 2008, negli Atenei saranno
unitariamente indette Assemblee per discutere sui problemi sopra evidenziati e sulle
necessarie iniziative nazionali.
Le Organizzazioni e le Associazioni chiedono al ministro Fabio Mussi un incontro
urgente per potergli illustrare direttamente le proprie posizioni sulle questioni più
critiche e non più procrastinabili che riguardano lUniversità.
* Nota della Redazione
- COORDINATORE GENERALE: Sergio Sergi
- ADU, Associazione Docenti Universitari - Presidente: Leo Peppe.
- ANDU, Associazione Nazionale Docenti Universitari - Presidente: Nunzio Miraglia
- APU, Associazione Professionale Universitaria - Presidente: Gina Melillo
- AURI, Associazione Universitaria Ricercatori Italiani - Presidente: Carmelo
Saccà
- CISAL- Università, Confederazione Italiana Sindacati Autonomi Lavoratori - Università
- Presidente: Bartolomeo MEROLA
- CISL-Università, Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori - Università -
Presidente: Nino Dammacco
- CNRU, Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari - Presidente: Marco Merafina
- CNU, Comitato Nazionale Universitario - Presidente: Giovanni Coordini
- FIRU, Federazione Italiana Ricercatori Universitari - Presidente: Nicola Belnome
- FLC Cgil, Federazione Lavoratori della Conoscenza -
Confederaziobe generale italiana del lavoro - Presidente: Marco
Broccati
- SNALS-Università, Sindacato Nazionale Autonomo Lavoratori Scuola - Università -
Presidente: Cesare Piacentino
- SUN - UNIVERSITAS News, Sindacato Universitario Nazionale, Presidente: Nino Luciani
- UDU, Unione degli Universitari, Presidente: Valerio Angelini
- UILPA-UR, Unione Italiana del Lavoro Pubblica Amm.ne -
Università e Ricerca - Presidente: Alberto CIivica. |
|
Mentre ci sono iniziative di allarme da parte di docenti e associazioni
(USPUR),
per la recente "sorpresa" del Ministro MUSSI,
auspicata l'organizzazione di una class action
Legge Finanziaria 2008
Abolizione del Fuori Ruolo
(Si fa riferimento ai docenti già in ruolo all'entrata
in vigore della legge 4
novembre 2005, n. 230)
Si ritiene da più parti che la modifica del Fuori
Ruolo sia incostituzionale sotto il profilo del rispetto del diritto acquisito e
dell'eguaglianza, a parità di stato giuridico al momento dell'assunzione. Invece, essa è
applicabile ai futuri assunti in ruolo.
L'atteggiamento del Ministro appare, comunque, censurabile
politicamente, perchè non tiene conto che il Fuori Ruolo ha il compito di conservare
nella ricerca i professori, esonerandoli dalla didattica, a conclusione di una carriera
lenta e difficile, compreso per mettere nero su bianco su studi, spesso rimasti non
conclusi per eccesso di didattica.
C'è, poi, la fondamentale opportunità che, prima dell'uscita
dall'Università il professore abbia la possibilità di trasmettere al "successore le
sue conoscenze, sicchè la sua eredità istituzionale e intellettuale non sia
perduta".(Si vegga: Phyllis Korkki, "When retirement collides with
reality ? New York Times, 20 gen. 2008).
La Moratti fu, a suo tempo, accusata di gaffe, per aver affermato che
l'attività didattica è il compito principale dei professori universitari, essendo invece
notorio che l'attività principale è la ricerca.
Ma, abolendo il F.R., il Ministro MUSSI mostra di avere la stessa
pelle di quel Ministro reazionario.
La nuova Disposizione di Legge
Art. 1, c. 434:
" A decorrere dal 1° gennaio 2008, il periodo di fuori ruolo dei
professori universitari precedente la quiescenza è ridotto a due anni accademici e coloro
che alla medesima data sono in servizio come professori nel terzo anno accademico fuori
ruolo sono posti in quiescenza al termine dell'anno accademico.
A decorrere dal 1° gennaio 2009, il periodo di fuori ruolo dei
professori universitari precedente la quiescenza è ridotto a un anno accademico e coloro
che alla medesima data sono in servizio come professori nel secondo anno accademico fuori
ruolo sono posti in quiescenza al termine dell'anno accademico.
A decorrere dal 1° gennaio 2010, il periodo di fuori ruolo dei
professori universitari precedente la quiescenza è definitivamente abolito e coloro che
alla medesima data sono in servizio come professori nel primo anno accademico fuori ruolo
sono posti in quiescenza al termine dell'anno accademico".
Per memoria: la legge precedente
Art. 1 della legge 239/1990:
" Il collocamento fuori ruolo dei professori universitari ordinari di cui
allarticolo 19 del decreto del Presidente della repubblica 11 luglio 1980, n. 382,
è opzionale, fermo restando il collocamento a riposo dallinizio dellanno
accademico successivo al compimento del settantesimo anno di età. Sono fatte salve le
disposizioni più favorevoli previste per coloro che siano in possesso di specifici
requisiti.
Lopzione può essere esercitata con domanda da presentare a partire dal
sessantacinquesimo anno di età e non oltre il compimento del sessantanovesimo anno di
età; ha effetto dallanno accademico successivo e, dopo il collocamento fuori ruolo,
non può essere revocata.
La disposizione del comma 1 si applica, a domanda da presentare entro trenta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai professori universitari
ordinari collocati fuori ruolo a norma dellarticolo 19 del decreto del Presidente
della repubblica n. 382 del 1980, sempre che essi non abbiano già raggiunto il
sessantanovesimo anno di età. Qualora si sia già provveduto alla copertura dei posti
resisi vacanti a seguito del collocamento fuori ruolo disposto in applicazione del
medesimo articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, e non
sia possibile al professore riammesso in ruolo di riassumere il suo insegnamento, il
consiglio di facoltà provvede a norma dellarticolo 9 dello stesso decreto del
presidente della Repubblica n. 382 del 1980.
Nota esplicativa della Dr.ssa Carlotta
Bernardini (Ufficio Ruoli dell'Ateneo di Bologna), relativa alla legge 239/90, art. 1.
In generale, ai fini dell'inquadramento in I^ fascia, il limite di età è
costituito dai 70 anni
Ai fini dell'inquadramento in II^ fascia, il limite di età è costituito dai
65 anni d'età. Ciò in quanto per questa seconda categoria è previsto il collocamento in
fuori ruolo d'ufficio a 65 anni ed il biennio di proroga in ruolo può essere richiesto
solo prima del collocamento in fuori ruolo.
Infine, il Professore Ordinario (nominato dopo il 1980) dal 65° anno può
chiedere di essere collocato in fuori ruolo, per un massimo di 3 anni e comunque non oltre
il 70° anno. Dopo il collocamento fuori ruolo, non è più possibile chiedere il biennio
di proroga.
Con riferimento al tema dell'inquadramento in ruolo ed ai limiti
d'età, vanno inoltre fatte alcune avvertenze:
- la cessazione del personale docente per raggiunti limiti d'età decorre
dall'inizio dell'anno accademico successivo al compimento dell'anno d'età previsto come
limite per la fascia. Ciò significa che si potrebbero anche verificare alcune
"situazioni limite", da esaminare attentamente tenendo conto di due variabili:
a) l'esatta data di nascita; b) la data della nomina in ruolo;
- è sempre rilevante la data della nomina in ruolo, ossia la data di
effettiva presa di servizio, non la data della chiamata da parte della facoltà;
- la data di nomina può avere rilevanza ai fini della possibilità di
conseguire la conferma in ruolo. In alcuni casi, infatti, potrebbe anche essere possibile
conseguire la nomina in ruolo ma non la conferma. |
|
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Nella causa del Prof. Nino Luciani contro il CIPUR
IL PROF. NINO LUCIANI REINTEGRATO NEL
CIPUR
Tribunale: "Illegittimo il
provvedimento del Presidente CIPUR 3/6/2005"
1.- La premessa è che, nel 2005, il Prof. Luciani era Vice Presidente
nazionale del Cipur, con Delega per i rapporti politici (escluso per la CRUI), ed
era Presidente del Cipur della sede di Bologna.
Allora, il Cipur nazionale lo espulse, senza una motivazione, pubblicamente
dichiarata.
Sullo sfondo c'era la battaglia dei sindacati universitari contro la
"riforma Moratti". Il prof. Luciani aveva organizzato un "referendum
contro la Moratti", ma una parte della "cupola" del Cipur era
"trattativista" con la Moratti.
Per memoria Luciani era direttore, già allora, di un giornale on
line molto letto (questo stesso, che dà la notizia della sentenza), che finiva per
mettere in ombra la componente "trattativista".
Ancora per memoria, successivamente, il Presidente di allora, in seguito al
fallimento delle dette "trattative" con la ministro Moratti, dichiarerà
di "essere stato raggirato" . Ma per Luciani, in generale, tutti gli avamposti,
senza le spalle coperte dai compagni di viaggio (vale dire dagli altri sindacati), sono
soggetti a rischio, pur se forse da ammirare per il coraggio (se proprio non è
velleità).
Per ulteriore memoria, successivamente, il prof. Luciani fonderà il SUN -
Sindacato Universitario Nazionale On Line ( con gli stessi obiettivi sindacali che,
20 anni prima, avevano determinato la fondazione de Cipur). Il SUN sarà, poi, accolto
nella Intersindacale nazionale universitaria.
2.- Lo Statuto del Cipur prevede che, in caso di contenzioso interno, sia ammesso
il ricorso al Collegio dei Probiviri, eletto dal Consiglio Centrale del Cipur, in base
allo Statuto medesimo.
Il Collegio accolse il ricorso, per mancanza di motivazione ed il prof.
Luciani fu reintegrato. Ma poco dopo, pur non essendo avvenuto alcun fatto nuovo, il
Cipur modificò lo Statuto, ed espulse nuovamente il prof. Luciani.
Di nuovo ci fu un ricorso al Collegio dei Probi Viri, che di nuovo
annullo' la decisione e reintegrò il prof. Luciani.
A quel punto, però, il Cipur non riconobbe la nuova decisione, anzi la
dichiarò nulla (in data 3/6/2005).
Nella nuova situazione, il prof. Luciani ricorse alla Magistratura
ordinaria, chiedendo di dichiarare la illegittimità della decisione di non riconoscere
quanto stabilito dal Collegio dei Probiviri. Infatti, poichè, per Statuto, il Collegio ha
il compito di decidere sulle controversie, il Cipur non poteva non riconoscerne le
decisioni.
In linea di diritto, gli effetti della sentenza sono che il prof.
Luciani si trova reintegrato nelle funzioni, con validità ex-ante, ossia fin
dall'origine.
Però, cosa succederà davvero è tutto da vedere. |
Edizione di novembre 2010 VISITATORI 15 sett/15
ott : n. 2.840 |
Riforma universitaria - Le ragioni
della Gelmini contro la autonomia all'università, mentre Roma "La Sapienza"
ricorda A. Ruberti, il Ministro che diede l'autonomia. OSSERVAZIONI. Il "contratto
con gli Italiani" di Berlusconi 2002. Clicca: HOME |
Testo PDL C 3687 (riforma
universitaria)- approvato da Commissione della Camera (con specificate le variazioni).
Esame Aula dopo legge di bilancio (dic.?), Stato
giuridico |
Ricercatori: Prof.M. Marini, chiede
al Rettore di Bologna come intende sopperire alla mancanza di docenti, data l'astensione
dei Ricercatori da insegnamenti, per mancato riconoscimento della funzione docente.
Clicca News e ARTICOLI |
Crisi di governo: per "grande
coalizione" PDL-PD, per riforma Governance dello Stato con governi di legislatura !
(Testo come in precedente edizione), FORUM1 |
a) Università di Rimini, Convegno:
"La Ricerca Universitaria per Rimini". b) G.Cantelli Forti nominato Presidente
della Giunta del Collegio dei Farmacologi universitari, RUBRICA |
Dalla CEI, Cardinale A. Bagnasco,
"L'Italia sembra, su alcuni fronti, sempre al punto di partenza". Commento, FORUM2 |
G.Porzi, Centro
Studi dell'Ateneo di Bologna a Buenos Aires, e Azienda Agraria: un paio di esempi
significativi e documentati della "gestione Calzolari/Fabbro", FORUM3 |
|
Edizione di giugno 2010 |
1 .- Da Mauro
Degli Esposti e Marco Geraci (Universita' di Manchester), su Bulletin of Italian
Politics, una storia di "corsi e ricorsi" alla G.Vico, le riforme
universitarie italiane dal 1980. La riforma Gelmini all'insegna del Gattopardo? CLICCA su: HOME |
2.- Le
"s-considerazioni" del Governatore a favore della Manovra del Governo. Sì
al taglio della spesa pubblica, ma dopo dismissioni dei servizi agli enti locali e al
settore privato. No a macelleria sociale. CLICCA su: FORUM1 |
3 .- Lettera
al Presidente Berlusconi sulla riforma "Gelmini", a cui il Presidente non ha
dato risposta. CLICCA su: RUBRICA |
4.- In
"Aula" al Senato a luglio, la riforma Gelmini. Il "testo finito" della
Commissione Istruzione. Relatore Valditara rivendica di aver "fatto giustizia"
per i Ricercatori a tempo indeterminato, dando la "chiamata
diretta". CLICCA su: STATO
GIURIDICO |
5.- Il
Disegno di Legge sulle intercettazioni telefoniche, approvato dal Senato. No comment.
CLICCA su: FORUM2 |
6.- Vito D'Andrea, Per la messa ad esaurimento degli
"Associati", non del ruolo dei Ricercatori. CLICCA su: FORUM3 |
7.- Bologna:
nuove inquietudini dal caso Delbono, dopo la notizia "giornalistica" di rinvio a
giudizio. Da verifica risulta che la riammissione è avvenuta con procedimento improprio e
in condizioni di conflitto di interessi ideologici. CLICCA su: NEWS |
In questa edizione di maggio 2010 |
1.- Dai sindacati e
dal CNRU, proclamata una settimana di mobilitazione dal 17 al 22 maggio in tutti gli
atenei. In forse la
programmazione didattica degli Atenei per il
2010/11. Clicca su: Sindacati
2.- Bologna, Riforma dello Statuto di Ateneo. Rettore nomina una Commissione per
anticipare l'attuazione della riforma Gelmini.
Dubbi sul fatto se si tratti di riforma o
controriforma. Clicca su Rubrica;
3.- Il caso DELBONO finisce per lambire il Rettorato..., per cui quasi quasi
il Rettore sarebbe tenuto a dare una spiegazione.
CLICCA su News;
4.- Riforma Gelmini (DDD 1905, Senato). Gli emendamenti approvati dalla Commissione
in sede referente.
CLICCA su Stato giuridico;
5.- Dalla CEI-Conferenza Episcopale Italiana, Messaggio del Card. Bagnasco in
favore dell'unità d'Italia. IN MARGINE: "Distinzione
tra federalismo che unisce e
federalismo che unisce l'Italia". CLICCA su Forum
2;
6.- Ateneo di Bologna: Rendiconto finanziario 2009. Relazione del prof. Gianni
Porzi. CLICCA su: Forum 3;
7.- Emma Marcegaglia a favore della riforma universitaria Gelmini e contro i
"baroni universitar"i, in un convegno economico a Parma,
alla presenza del Presidente del Consiglio.
Commento negativo. Clicca su: Forum 1 |
In questa edizione di marzo
2010 |
1.- Approvato il bilancio dello Stato e il FFO -
Fondo di Finanziamento delle Università per il 2010. Clicca su: bilancio, Home
2.- I RISULTATI della Conferenza nazionale di Bologna, 12 feb 2010
"Università verso la riforma", con la partecipazione
dei Sindacati nazionali, dei due Presidenti delle
Commissioni Parlamentari per l'università, e del Sen. G. Quagliariello.
Riportati alcuni interventi. Clicca su Rubrica;
3.- Il caso DELBONO finisce per lambire il Rettorato..., per cui quasi
quasi il Rettore sarebbe tenuto a dare una
spiegazione. CLICCA su News;
4.- DDL Gelmini (Senato n. 1905) su Reclutamento e Governance. Chiuse la
discussione generale (3 marzo) e la
presentazione degli emendamenti (9 mar). Proclamato
stato di agitazione dai Ricercatori. CLICCA su Stato giuridico;
5.- Da CEI-Conferenza Episcopale Italiana, Documento sull'Italia e il meridione.
Commento. CLICCA su Forum 2;
6.- Resoconto della Conferenza di Comacchio di presentazone di due libri: V.
FERRONI, Per non dimenticare ...
e A. GALVANI, I Lidi sulla costa del Delta del
Po. Relazioni di G. Tomasi e di P.G. Zaghi. CLICCA su: Forum 3;
7.- Ripubblicato il servizio della precedente edizione, sulla scuola nel
Delta del Po e a Comacchio. Clicca su: Forum 1 |
Bologna:
NUOVO
ASSETTO
del Governo dell'Ateneo.
Anche nuovo
direttore amm.vo
HOME
|
Bologna:
Andamento immatricolazioni
studenti:
+3%
News
e
ARTICOLI
|
Ateneo di Bologna.
Lettera e commento
a passaggio da vecchio a nuovo Direttore Amm.vo.
Ringraziamento
a Doctor Fabbro
RUBRICA |
Reclutamento e Governance
DDL definitivo.
Commenti Pres.
CRUI De Cleva
e Presidente ISRAEL
Commissione Ministeriale
STATO
GIURIDICO |
Due Sentenze:
1) NO ad aggancio prof. a dirigenza.
2) Diritto di pensione
per incarichi di
insegnamento
FORUM 2 |
Bologna:
scoppiato caso "CHIODO".
Diritto ereditario
di successione
e problema di salvaguardia
delle "scuole"
FORUM 3 |
Togliere l'IRAP
subito,
bilanciata
da economie
sanità.
Urge sostegno
domanda estera e domanda interna
FORUM esterno |
DPEF:Consiglio Ministri vara DPEF per 2010.
Ipotizzato finanziamento aggiuntivo di 1.114 milioni per riforme universitarie
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Fondi statali
agli Atenei per
63,5 milioni
per 2009,
in base agli indicatori
di merito "MUSSI"
News
e ARTICOLI |
Ateneo di Bologna.
Sospesa la
nomina nuovo
Direttore Amm.vo .
Rettore entrante
deciderà dopo la
presa di servizio.
Frattanto, interim a Dr.ssa G.F. Falsetti
RUBRICA |
Concorsi.
Miur indice votazioni per commissioni, I sessione 2008.
Lettera del prof. LIBERATORE.
Anche statistiche docenti, per età
STATO GIURIDICO |
FUORI RUOLO.
Sentenza Corte Costituzionale.
Anche decisione
Consiglio di Stato
su diritto ai
2 anni di servizio,
dopo età
pensionabile
FORUM 2 |
Bologna.
Regolamento volontariato
per chi vuole restare presso i Dipartimenti, dopo pensionamento
FORUM
3 |
Democrazia in
pericolo in Italia ?
No, democrazia
anomala, causa parlamento
esautorato.
Su ruolo "sinistra"
per il ritorno
alla normalità
FORUM
esterno |
SENATO,
importante
tavola rotonda
"universitá,
per le risorse.
Con Ministro TREMONTI
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DDL del Miur
per Governance Atenei.
Proposte di
EMENDAMENTI
News e ARTICOLI |
Ateneo di Bologna.
Di nuovo sforato
tetto 20% del FFO
per contributi
studenteschi.
URGE nuova
legge su diritto
allo studio
RUBRICA |
DDL del Miur
per Reclutamento Docenti.
Proposte di
EMENDAMENTI STATO
GIURIDICO |
CIRCOLARE
Ministero
su diritto ai
2 anni di servizio,
dopo età
pensionabile
FORUM 2 |
DDL Miur su Governance: LUNELLI
integra GIAVAZZI
FORUM 3 |
La lettera
Orginale
del Papa
al G8
FORUM esterno |
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ELEZIONI RETTORE
Risultati del
SONDAGGIO
su intenzioni
di voto per
i candidati
a Rettore
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ELEZIONI
RETTORE.
Programmi
candidati
CANTELLI
FORTI
e DIONIGI
News
e ARTICOLI |
CONFERENZA Regionale su UNIVERSITA' Romagne.
RELATORI
Presidenti Enti Finanziatorii
ELEZIONI
RETTORE |
ORDINAMENTO DIDATTICO,
Bologna
Ingegneria.
LETTERA
PRESIDE, con
riflessi su
elezoni Rettore
RUBRICA |
ASSEGNO
AD PERSONAM,
in seguito a concorso.
Come è calcolato a Bologna
STATO
GIURIDICO |
Virginio Pilò,
Chi andrà al
ballottagio con
CANTELLI FORTI ?
DIONIGI o SEGRE' ?
FORUM
locale |
N.Luciani, CRISI.
La via dei "soldi veri":Separa-
zione tra mercato monetario e finanziario;
2) leva fiscale redistributiva;3) deficit spending
FORUM
esterno |
Visite 30.015 nel 2008 Gelmini |
I SERVIZI di QUESTA EDIZIONE di APRILE
2009 |
Visite 7.428 in gennaio 2009 |
ELEZIONI RETTORE
Al via
SONDAGGIO
su intenzioni
di voto per
i candidati
a Rettore
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Virginio Pilò,
Profilo dei
candidati rettore:
quelli del
partito di Calzolari
e quelli del partito
di opposizione
a Calzolari
FORUM locale |
Notizie sui candidati. SASSATELLI
super partes,
il delfino vero
di Lettere e Filosofia ?
News e ARTICOLI |
Il 22 aprile
incontro
degli
STUDENTI
con i 7 candidati
a Rettore.
Aperto a tutti
ELEZIONI RETTORE |
Senato, AUDIZIONE Organizzazioni Unitarie Docenza.
Consegnato
Pro-memoria finanziamento università
AUDIZIONE |
ROMAGNE.
G. Farneti,
Prospettive insediamento universitario di Forlì-Cesena. Considerazioni
su testamento
Sen. Melandri
RUBRICA |
Ricercatori
di Salerno
annunciano rinuncia carichi didattici
da 1.XI.09.
SEMINARIO Gelmini
su reclutamento
dei docenti con
criteri nuovi.
STATO GIURIDICO |
N.Luciani, CRISI.
La via dei "soldi veri":Separa-
zione tra mercato monetario e finanziario;
2) leva fiscale redistributiva;3) deficit spending |
3gen-09D.L. 180:
in pericolo gli effetti buoni della riforma delle
commissioni di concorso |
3gen-09BOLOGNA,
Senato Accademico:
"La negazione
del biennio sia
regola,
e l'accoglimento
sia la eccezione |
3gen-09Bologna, bilancio di previsione 2009. Ancora in calo le entrate dalla
ricerca per conto terzi, art. 66 DPR 382/80.
Speranza dagli Spin Off ? |
3gen-09D.L. 180:
Emendamento
del Senato da facoltà
agli Atenei di non
riaprire i termini
per le domande |
3gen-09Bologna:
iscrizioni
studentesche rettificate
in calo, in conferenza
stampa di grave
sconforto per la
Comunità scientifica,
incredula. Neppure
la dignità di scuse ... |
3gen-09N.
Luciani,
"Le conseguenze economiche della pace" e la via per contrastare il ciclo |
24nov-08Organizzzazioni Unitarie
Docenza Universitaria:
UN PROGRAMMA
PER L'UNIVERSITÀ.
In soccorso della
Ministra, se lo accetta.
|
24
nov-08Per
ripescaggio
del CONTRATTO
CON GLI ITALIANI
di Berlusconi, suo passato Governo |
24
nov-08BOLOGNA:
Elezioni CdA e Senato. Consiglio di Stato conferma torto
al Rettore.
Voto con nuove regole, ma no seggi a Rimini e Forlì. |
24
nov-08Ateneo
di Bologna:
Prof.CRISAFULLI
invia ai Colleghi
Linee Guida del Bilancio
previsione 2009.
Confermate ipotesi
di calo contributi studenteschi |
24
nov-08D.L.
180: nuove commissioni di concorso, aiuti a diritto allo studio, ma punizioni Atenei che
non hanno sforato, per tasse universitarie,
il 20% del FFO |
24
nov-08DIDATTICA.
A Ministra,
nuovo Preside di Ingegneria,
risponde: SI'
a rivoluzione didattica: 4 lauree, non 12 |
24
nov-08N.Luciani, "Le
conseguenze economiche
della pace"
e la via per contrastare
il ciclo
|
HOME |
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ARTICOLI |
RUBRICA |
STATO GIURIDICO |
FORUM
2 -loc |
FORUM
2-est |
5
apr-08 Nasce
AQUIS in alternativa alla CRUI. Ma sarà una buona mossa
o insofferenza verso la meridionalità ?
Vedi: HOME |
5
apr-08 Bologna: CORTE dei CONTI condanna Direttore Amm.vo, Rettore e CdA.
On. Garagnani di nuovo all'attacco
Vedi: ARTICOLI |
5
apr-08 Bologna:
Ghetti mette a punto PROGETTO tecnico-giuridico
di riforma della GOVERNANCE dell'Ateneo
Vedi: RUBRICA |
5
apr-08 Il
punto della situazione sullo stato giuridico e sui concorsi per tutti i docenti. No a "Il Sole-24 ORE"
Vedi: STATO GIURIDICO |
5
apr-08 Convegno
di AGORA' con vari presunti candidati Rettori.
L'intervento di DARIO BRAGA
Vedi: FORUM 2 -loc |
5
apr-08 Prof.ssa Marini interviene sui verbali degli
esami
di profitto
Vedi: FORUM 2 -loc |
5
apr-08 ELEZIONI
POLITICHE ANTICIPATE:
N. LUCIANI, Due parole, in libertà...
e perchè Casini sarà rivalutato
Vedi: FORUM 2-est |
17
mag-08 Berlusconi
alla Camera: "dare una frustata vitale alla ricerca e alla scuola"
Vedi: HOME |
|
17
mag-08Bologna, Cantelli Forti: Per una governance che riporti
i professori e gli studenti al centro del sistema universitario
Vedi: RUBRICA |
|
17
mag-08Bologna, Premiati i 17 Dirigenti dell'Ateneo in base ai
risultati, peraltro non resi noti
Vedi: FORUM 2 -loc |
17
mag-08ELEZIONI POLITICHE:
larga maggioranza a Berlusconi, ma con Bossi
determinante per i numeri
Vedi: FORUM 2-est |
17
giu-08 Ministro
GELMINI:
Comunicazioni al Senato sugli
indirizzi generali
del suo Dicastero
Vedi: HOME |
17
giu-08 Bologna: avviato dibattito per elezione del Rettore: intervene Gianni Porzi
Vedi: ARTICOLI |
17
giu-0 POLITECNICO DI MILANO NELLA BUFERA.
Corte dei Conti condanna Direttore Amministrativo.
Troppi dirigenti a tempo determinato
Vedi: RUBRICA |
17
giu-0 "FUORI RUOLO"
per i professori : TAR Catania accoglie questione
di costituzionalità
Bologna: Come è calcolato
"assegno ad personam"
al personale docente e ricercatore
Vedi: STATO GIURIDICO |
17
giu-0 Riforma
statuto di Ateneo.
Progetto della
Commissione "Canestrari"
Vedi: FORUM 2 -loc |
17
giu-0 Ateneo di Bologna: PROFESSORI
SOLLEVATI contro
"Il Sole 24 ORE",
Vedi: FORUM 2-est |
21gen-08 ATENEO DI BOLOGNA:
Ricompare lo spettro di una seconda crisi del bilancio.
12sett-07 Ministro
MUSSI: Per nuove lauree, anche un D.M. con LINEE GUIDA.
Ma, fatta la legge, trovato l'innganno.
25giu-07 Usciti
i DECRETI
per Classi di laurea.
RICOSTRUIRE i vecchi insegnamenti
26feb-07 CLASSI DI LAUREA. Nessuna novità dopoI DUE pareri delle
CAMERE al GOVERNO
7-gen-07
CLASSI DI
LAUREA: Relazioni dell'On. Prof. Fulvio TESSITORE
07-nov-06
CRUI - Verso la RELAZIONE
ANNUALE a Roma ( 9 nov. 2006)
06
ott-06
NUOVE CLASSI DI LAUREA:
Schema di Decreto Ministeriale
25set-06
N. Luciani, "LEGGE FINANZIARIA 2007.
Posta vuota nel bilancio statale per l'Università ?
25set-06
N. Luciani,
"MINISTRO MUSSI: Quanto
"pesa" questo Ministro, nel Governo ?";
COMUNICATO OO.UU.DD.
4lug-06
MINISTRO Fabio MUSSI all'Ateneo di
Bologna, con Professori, Studenti, Sindaco COFFERATI, Provincia, Regione
12
giu-06 Bologna, 7 Consiglieri di
Amministrazione interrogano Rettore su volontà di riforma
della Governance dell'Ateneo
4
mag-06 Romano PRODI, L'università che
vogliamo - Dal Programma dell'UNIONE
3
apr-06 Marco MERAFINA, E adesso un Esponente della Sinistra propone temi dello schieramento politico avverso .... |
21gen-08 Bologna: Amministrazione.
Direttore Amministrativo
chiede la corona di DIRETTORE GENERALE
5
apr-08 Bologna:
Ghetti mette a punto PROGETTO tecnico-giuridico
di riforma della GOVERNANCE dell'Ateneo
12sett-07 Concorsopoli
di Bologna:"risoluzione
della Camera" e replica del Rettore a Garagnani.
Ipocrisia generale nel risalire alle cause
25-giu-07 Bologna:
completiamo l'analisi del bilancio. DIOTALLEVI, nuovo Preside di Ingegneria
16apr-07 Bologna,
Rettore torna a soffiare
sulla crisi di bilancio. Ma le cifre in entrata lo contraddicono
26feb-07 Bologna, Rettore rende pubblica "la criticità
della situazione finanziaria"
07-gen-07
Governance delle università.:
proposto dalla CRUI il CONTROLLO DEI RISULTATI in luogo di CONTROLLO DEL
PROCESSO
07-nov-06
CAMERA - Votata
ANVUR - Agenzia nazionale di valutazione
sistema universitario
06
ott-06 Sui risultati
sperimentazione lauree.
F. Frabboni, L'Università si dà
la pagella
25set-06
Bologna, Codice Etico.
Con Nota di Gianni Porzi, Senatore
4
lug-06 Bologna, Conferenza di
Ateneo su "3+2". Intervento di Gianni Porzi del Senato Accademico
12
giu-06 Ministro Fabio MUSSI blocca Decreti
attuativi di art. 10 del DM 27o. Bologna: il 30 giugno CONFERENZA su nuove LAUREE
4 mag-06 MIUR - Decreto Ministeriale n. 270 del 2004,
Nuovo ordinamento didattico
3
apr-06 Alessandro Dal Lago
su Roberto Moscati: FALLIMENTO del "3 + 2" ?
Imposto e sùbito (da Luigi Berlinguer) !"
6
mar-06 Costituente per la Nuova
Università: "Seconda giornata" il 23 marzo 2006.
E le 4 Relazioni della "Prima giornata"
6
mar-06 TURBAMENTO NELLA COMUNITA' SCIENTIFICA PER UNA
QUESTIONE GIUDIZIARIA CHE HA INVESTITO IL PRESIDENTE DELLA CRUI
6
mar-06 Costituente per la Nuova
Università: "Seconda giornata" il
23 marzo 2006.
E le 4 Relazioni della "Prima giornata"
30
gen-06 CRUI - Il Presidente TOSI: " Che il 20 feb.
parta la Costituente per la Nuova Università !
"
|
21gen-08 Ricercatori: nuovo regolamento
dei concorsi. Pari opportunità ai giovani all'estero.
12sett-07 Posti di ricercatore:
Decreto Legge del Governo per bando con vecchie regole. Prime critiche e
possibile rimedio in sede di legge di conversione
25giu-07 Commmisioni di concorso
ricercatori. Sollecitato
Ministro a varare il decreto. Nuove indicazioni da
CNRU
16apr-07 Concorsi
ricercatori: bozza di regolamento
delle commissioni giudicatrici
26feb-07
Ministro MUSSI: Linee-guida
del Regolamento ANVUR - Agenzia nazionale di valutazione
del sistema universitario e della ricerca
07-gen-07
RICERCATORI:
Ministro MUSSI ottiene delega per loro stato giuridico. Speranze per Ricercatori
all'estero
07-nov-06
Il Governo ritira dimezzamento
scatti biennali dei professori. Ma
Confederali confermano sciopero scuola-univ. 17 nov
06
ott-06 Legge
Finanziaria: riportate all'indietro retribuzioni
dei professori.
COMUNICATO OO.UU.DD.
4
lug-06 ATENEO DI
BOLOGNA - "Nuovi limiti di età
dei Professori ordinari ed associati" ex-lege 230/2005. Circolare di interesse per
tutti i Colleghi in Italia.
12
giu-06 Lettera
al Ministro
FABIO MUSSI di:
ADI, ADU, ANDU, APU, AURI, CISAL-Università, CISL-Università, CNRU, CNU, FIRU, FLC-CGIL,
SNALS-Università, SUN, UILPA-UR
4
mag-06 Alberto Pagliarini, Tabella
delle retribuzioni (aggiornamento)
4
mag-06 Pubblicato sulla G.U., Serie generale, n. 101 del
3-5-2006, il Decreto Legislativo sui concorsi
4
mag-06 Legge n.230/2005
Nuove disposizioni concernenti lo stato giuridico dei professori
3
apr-06 In arrivo il D.P.R. sul Reclutamento dei
Professori Universitari (testo completo)
6
mar-06 Il parere della Camera sullo schema di Decreto
Legislativo del Governo sul reclutamento dei professori universitari
30
gen-06 Schema di DECRETO LEGISLATIVO sul reclutamento
dei professori universitari |
21gen-08 Bologna: FORUM
di G. Barbiroli:
Richiesta programmazione
dei budget per
didattica e ricerca
21gen-08 Bologna:
G.Ghetti
A proposito di verbalizzazione
degli esami
12sett-07 Governance
Ateneo di BOLOGNA. Dopo invito del Rettore a fare proposte di riforma, al via due
REFERENDUM
25giu-07 Da
Comitato per nuova legge elettorale.
Riportare "ceto medio unito"
al governo
25giu-07 Ateneo
di BOLOGNA: Convegno di AGORA' su riforma
Governance. Con SASSATELLI, SEGRE', CANTELLI FORTI, LORENZI, MARCATO
16apr-07 Ateneo di
BOLOGNA: Finanziamento privato
della ricerca universitaria penalizzato dall'Amministrazione.
Regolamento dei contratti di ricerca per conto terzi.
26feb-07
A Governo PRODI:
Napolitano: "Metti in conto, la
prossima crisi, un Governo istituzionale" per legge elettorale
07-gen-07
Cardinale di Bologna scende
nell'AGORA' universitaria
e parla ai professori di "FEDE e RAGIONE"
07-gen-07
CUN: Risulltati delle votazioni
dicembre 2006
07-nov-06
Il Governo dice: produrre soia, mais
e quant'altro per fare bio-carburanti ...
Seguire la CALIFORNIA ?
06
ott-06
Consiglio di Amministrazione:
Lettera del 4 ottobre
del prof. E. Lorenzini
25set-06
Consiglio di
Amministrazione: 6 CONSIGLIERI invocano argomenti caldi per l'o.d.g. . Lettera del
prof. E. Lorenzini
4
lug-06 Dopo il NO alla riforma costituzionale, aperta
fase di riassetto del "grande centro", negli schieramenti politici in Italia
12
giu-06 ELEZIONI POLITICHE:
- restituita al Parlamento la
sua funzione, con un sufficiente ruolo guida del Governo;
- resta nodo del Referendum 9 giugno
12
giu-06 Nino LUCIANI, Il prof. Quirino PARIS, colpevole di
aver invocato il buon funzionamento del CUN
3
apr-06 ELEZIONI POLITICHE 2006 - N.
LUCIANI, Difendere la democrazia in Italia...
Ma il primo passo è superare presto il "POST-BERLUSCONISMO
3
apr-06 Lettera
di un giovane Architetto che vuole diventare professore, ma frattanto deve lavorare
all'esterno dell'Università
6
mar-06 Pendenze delle elezioni
Rettore: LETTERA della prof.ssa Elena FERRACINI per difesa della A.d.D.U. (Associazione
docenti donne)
30
gen-06 RICORSO CONTRO
ERRATO INQUADRAMENTO
dei PROFESSORI ASSOCIATI e dei RICERCATORI - Sentenza del TAR Emilia Romagna |
Home Page di Nino Luciani
Nino Luciani
Professore Ordinario
Full professor
Università
di Bologna - Dipartimento di Scienze Economiche
University of Bologna - Department
of Economic Sciences |
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E-mail
Contacts: |
nino.luciani@unibo.it; nino.luciani@libero.it |
Telefono
Phone |
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- 347 9470152
+39 051 2093938 - 347 9470152 |
Orario di
ricevimento
Student reception |
Mar : dalle 9:00 alle 11:00. Sede di V. Saragozza 8, Bologna
Tue from 9:00 to 11:00
at via Saragozza 8, Bologna |
Settore
Scientifico
Scientific Sector |
Scienza delle
Finanze (Economia della Finanza Pubblica)
Science of Public Finance (Economy of Public Finance) |
Insegnamenti
Teachings |
Economia
Pubblica dell'Energia
Public Economics of Energy
Economia Applicata all'Ingegneria
Economics Applied to Engineering |
Ultime pubblicazioni
Most recent publications |
Libro: ECONOMIA GENERALE, Franco Angeli, Milano 2005
Textbook: General Economy ( in Italian), Franco Angeli, Milano 2005 "Il "2° criterio
Paretiano", d'Albergo e la Scienza delle finanze" (The "2d Pareto's
criterion", d'Albergo and the Science of public finance), 2009,
Saggio annesso al Libro di Ernesto d'Albergo, Economia
della finanza pubblica, 2009. Edizione digitalizzata a cura di Nino Luciani: Clicca
su http://amsacta.cib.unibo.it/archive/00002571/
|
Prof. NINOLUCIANI
Curriculum Vitae
POSIZIONE: Professore ordinario di Scienza delle Finanze, nell'Università di Bologna.
Present Status: Full professor of Science of Public
Finance at the University of Bologna.
DATA DI NASCITA: 30 aprile 1937 a Comacchio (Italy)
Birth Date: April 30, 1937, Comacchio (Ferrara,
Italy)
RESIDENZA: via Titta Ruffo 7, 40141 Bologna
Home: via Titta Ruffo 7, 40141 Bologna
EDUCAZIONE: Laurea in Scienze politiche, 1960; Diploma di Specializzazione sullo Sviluppo
Economico, 1961.
EDUCATION: Degree of Political Sciences, 1960,
Rome, University La Sapienza; Master of Economic Development, 1961, Roma,
Italian Union of Trade Chambers.
CARRIERA ACCADEMICA: 1967 Assistente Ordinario (1967 e Professore Associato (1983) presso
l'Università di Roma "La Sapienza"; Professore Incaricato nelle Università di
Venezia, Parma, nellAccademia Militare di Modena. Professore ordinario
nell'Università di Bologna.
ACADEMIC CAREER: Assistant Professor (1967 at the
University "La Sapienza"of Rome); Associate Professor (1983 at the University
"La Sapienza"of Rome); Professor at the Universities of Venise and Parma, and at
the Military Academy of Modena. Full
Professor at the University of Bologna.
DOCENZE: Scienza delle Finanze, Finanza degli Enti Locali, Economia Politica, Economia
dellIngegneria, Economia pubblica dellEnergia.
COURSES GIVEN:
Science of Public Finance, Local Public Finance, Political Economy, Engineering
Economy, Public Economy of Energy.
ATTIVITA' SCIENTIFICA. Allievo di Ernesto dAlbergo, uno degli studiosi italiani più
rappresentativi della scienza delle finanze degli ultimi 50 anni, l'attività scientifica
svolta ha consentito al Prof. Nino Luciani la produzione di un centinaio di pubblicazioni
e di 5 libri.
I principali temi di ricerca sviluppati riguardano il concetto di reddito, la pressione
fiscale internazionale, l'efficacia della manovra dei prezzi pubblici nel controllo
dell'inflazione da costi, leconomia delle scelte pubbliche di beni e servizi,
luso del "rate of return" nella valutazione degli investimenti",
lottimizzazione della finanza pubblica per welfare state,
limportanza della comunicazione interattiva per la public choice e la democrazia
diretta, la misurazione economica dellefficienza della Pubblica Amministrazione, la
misurazione del progresso tecnologico, limpostazione delle "due" equazioni
del cambio.
RESEARCH: , A pupil of Ernesto dAlbergo, one
of the most relevant Italian scholars of Science of Finance over the last 50 years, , a
fallout of the research carried out by this author is over one hundred publications and
five textbooks.
Main research topics were the concept of income, the international fiscal burden, the
efficiency of the adjustment of public prices aimed to control cost inflation,
the economy of the public choices of goods and services, the correct use of the "rate
of return" to evaluate the investments, the optimization of the public finance aimed
to the welfare state, the relevance of the interactive communication in the
public choice and in direct democracy, the economic measurement of the efficiency of the
Public Administration, the quantification of the technological progress, the formulation
of the "two" international exchange equations.
ATTIVITA' EXTRA-SCIENTIFICA.
- "Esperto" per la finanza pubblica presso il Comitato Interministeriale per la
Ricostruzione, e presso di Uffici per la programmazione economica del Ministero del
Bilancio e della Programmazione economica, dal 1961 al 1965.
- Membro del Gruppo di lavoro per lo studio comparato della contabilità nazionale dei
Paesi della Comunità Europea, a Bruxelles dal 1961 al 1963.
- Membro della Commissione per la sperimentazione didattica e organizzativa
dell'Università "La Sapienza" di Roma dal 1985 al 1987.
- Membro elettivo del Senato Accademico Integrato dell'Università di Bologna dal 1990 al
1993.
- Consigliere di Amministrazione dellUniversità di Bologna dal 1996 al 1999.
- Magistrato tributario della Commissione Tributaria Regionale dello Stato per l'Emilia
Romagna.
COMMITTEE AND WORKING MEMBERSHIP
- Expert for the Public Finance at the Inter-ministerial Committee for Italian Recovery)
and at the Office for the Economic Programming of the Ministry of the Budget and of
Economic Programming from 1961 to 1965.
- Member of the Workgroup for the comparative study of the national accoubts of EEC
countrie), Bruxelles, from 1961 to 1963.
- Member of the Commission for the didactic and organizational experimentation of the
University "La Sapienza" of Rome from 1985 to 1987.
- Elected member of the Integrated Academic Senate of the University of Bologna from 1990
to 1993 .
- Member of the Administration Council of the University of Bologna from 1996 to 1999.
- Magistrate of the Fiscal Commission of Central Government for Emilia Romagna region.
ATTIVITA EXTRA-UNIVERSITARIE
- "Consigliere Comunale" del Comune di Comacchio nel 1975-80.
- Già Vice Presidente Nazionale del CIPUR (Coordinamento InterSedi Professori
Universitari di Ruolo).
- Direttore del Foglio elettronico "UNIVERSITAS - Notizie", in: http://www.universitas.bo.it
EXTRA-ACADEMIC ACTIVITIES
- Councillor of the Comacchio Municipality in 1975-80.
- Formerly National Vice President of the trade union CIPUR (Coordinamento InterSedi
Professori Universitari di Ruolo).
- Director of the Electronic Newspaper "UNIVERSITAS - News", http://www.universitas.bo.it. |
PUBBLICAZIONI PRINCIPALI
MOST RELEVANT PUBLICATIONS
1 - Intorno alle proposizioni Fisheriane sul concetto di
reddito (About I. Fisher's
propositions on the concept of income), Giuffrè,
Milano 1971, pp. 122 (textbook)
2 - "Incrementi di valore e loro posizione in un sistema di imposta sul reddito"
(Capital gains and their position in a system of income tax), Rome, Tributi 1970, pp. 60
3.- "Reddito, introito lordo, valore aggiunto e tassazione secondo il criterio del
beneficio" (Income,
gross income, added
value and taxation by application of the criterion of benefit), Rome, Rivista
della Guardia di Finanza 1970, pp. 37
4 - "Pressione fiscale internazionale e sua interpretazione" (International fiscal burden and its interpretation),
Rome, Tributi 1973, pp. 36
5 - "Le condizioni per l'impiego 'specializzato' delle leve monetaria e fiscale per
gli equilibri interno ed esterno" (The conditions for the detailed use of the monetary and fiscal levers for the internal and external equilibria), Rome, Rivista Bancaria - Minerva Bancaria 1974, pp. 71
6 - "Scelta dell'investimento in rapporto al rischio e imposte sul reddito e sul
patrimonio" (Selection
of the investment with relation to
risk, and taxation of income and property), Rome, Rivista di Politica Economica 1978, pp. 57
7.- "Effetti dell'imposta sull'offerta individuale di lavoro" (effects of taxation on individual workforce supply), Rome, Tributi 1975, pp. 21
8 - "Problemi di efficienza della spesa pubblica locale" ( Problems of efficiency of local public expenditure), Rome, Rivista della
Guardia di Finanza 1984, pp. 39
9 - "Condizioni per la parità del gettito delle imposte diretta e indiretta e
applicabilità di un noto teorema alla politica finanziaria" (Conditions for the balance of direct and indirect taxation and applicability of a well-known
theorem to financial
policy), Rome, Tributi 1985,
pp. 11
10 - Teoria economica della finanza locale (Economic theory of local
public finance). Lectures on
the finance of local authorities, at the University of Rome, Rome 1984, pp. 209
11 - "Efficacia della regolazione dei prezzi pubblici nel controllo
dellinflazione da costi (The efficiency of the adjustment of public prices aimed to
control of inflation from cost), Rome, Rivista di
Politica Economica 1987, pp. 42
12 - " Scelta degli investimenti di diversa durata e imposta sui profitti" (Choice of investments of different times, and income taxation),
Rome, Tributi 1988, pp. 8
13 - "Influenza dell'imposta sulla scelta della fonte di finanziamento
dell'investimento" (Effects
of taxation on the selection of financing of the investment), Roma, Rivista di Politica
Economica 1988, pp. 12
14 - "Ritiro e innovazione degli impianti industriali: calcolo di convenienza
considerando l'imposta sui profitti" (Retirement and innovation of industrial installations: evaluation of convenience in relation to income tax),
Rome, Rivista di Impiantistica
Italiana, 1990, pp. 8
15 - Economia delle scelte pubbliche di beni e servizi (Economy of the public choice of goods and services),
Franco Angeli, Milano 1992, pp. 142 (textbook)
16 - "Il "rate of return" nella valutazione degli in vestimenti" (The rate of return in the evaluation
of investments), Rome, revew Economia, società istituzioni", LUISS, Rome, 1992, pp. 21
17 - "L'activity based costing e il principio di non
distorsione dei costi comparati" (Activity based costing and the principle of non-distortion of
comparative costs), revew
Economia, società istituzioni", LUISS, Roma 1995, pp. 27
18. "Finanza pubblica e welfare state nel modello Pareto-d'Albergo
e sviluppi dinamici del modello (Public finance and welfare state in the Pareto-d'Albergo model, and dynamic developments of the model), in the book Verso un nuovo stato
sociale (Towards a new social state), D. da Empoli and G. Muraro,
Eds.,
Franco Angeli, Milano 1997, pp. 27
19. "Federalismo fiscale concorrenziale: Regioni o Comuni? " (Competition in fiscal federalism:
Regions or Municipalities?), in revew TRIBUTI, n. 7, 1997, Ministero delle
Finanze, pp. 13. Discussed at the SIEP meeting
of 1997
20. "Comunicazione interattiva, scelte pubbliche e democrazia diretta (Interactive Communication, public choice and direct democracy"), Scientific Communication at Session 5.B: Constitutional
Rules of Direct Democracy of
the international meeting Constitutional
Issues in Modern Democracies, University of Messina, Sept.
25-27, 1997. Published
in revew Economia, Società
Istituzioni", LUISS, Rome
1998, pp. 42
21.- Economia generale e applicata (Economy,
general and applied), Progetto Leonardo,
Bologna 1999. (textbook,
3rd edition)
22.- "Proposte per un riordino territoriale dei Comuni prima del decentramento dei
poteri" (Proposals
for a territorial rearrangement of Municipalities prior to decentering
of powers), TRIBUTI, n. 5, 1999, Rome,
Ministero delle Finanze, pp. 35.
23.- "La figura e lopera scientifica di Ernesto dAlbergo" (Character and scientific work of Ernesto dAlbergo), Communication
at the Meeting "Ernesto dAlbergo e levoluzione della scienza delle
finanze italiana" (Ernesto dAlbergo and the evolution
of the Italian Science of Finance), University of Rome "La
Sapienza", 25 giugno 1998, Minutes of the Meeting, Gangemi, Roma 2003, pp. 39.
24 - "Lefficienza della Pubblica Amministrazione misurata dal saldo di
bilancio? Idee a partire da una recente riforma
del bilancio dello Stato in Italia (The balance of accounts as a measure of the efficiency of the Public Bodies New ideas starting from
a recent reform of the State
Budget in Italy), revew
Economia, Società Istituzioni", LUISS, Rome 2002,
pp. 27.
25 - "Progresso tecnologico: nuovo metodo di misurazione e applicazioni per
lItalia. Su un possibile ruolo dellI.V.A. nellincentivare il progresso
"labour using." (Technological
progress: a new methodology for its evaluation and applications
to the case of Italy. On a possible role of IVA [Added value taxation]
to favor the progress labour
using), rev. Economia, società
istituzioni", ed. LUISS, Roma 2002, pp. 28.
26 - "Un'assicurazione pubblica contro il rischio di disoccupazione, come
contropartita "uniforme" in Europa alla flessibilità del mercato del
lavoro" (Public insurance
against the risk of unemployment as a uniform compensation to the flexibility of workforce market in Europe), ATTI
Convegno SIEP su "Il futuro dei sistemi di welfare
nazionali tra integrazione europea e decentramento regionale" (Minutes
of the SIEP Meeting on The future of the welfare systems between European
integration and regional decentering) ,
2002 (Pavia, 4 - 5 ottobre 2003), pp. 20.
27 - "Pionieri della Scienza delle Finanze italiana negli anni 30 (Pioneers of Italian Science of Finance
in the Thirties): Attilio da Empoli ed Ernesto
dAlbergo sugli"sgravi fiscali (fiscal deductions),
Minutes of the XVI Scientific
Meeting of SIEP, Public policies, development
and growth", Pavia 2004.
28 - Ernesto d'Albergo, la Scienza delle
Finanze e il problema di una regola sicura di decisione collettiva, a supporto del
"II teorema dell'economia del benessere" (Ernesto d'Albergo, the Science of
Public Finances and the problem of finding a sure rule of public choice, to help the
"The second theorem of economic welfare"), rev. "Economia, società
istituzioni", ed. LUISS, Roma 2003, pp. 22.
29 - ECONOMIA GENERALE (General
Economy - in Italian), Franco Angeli, Milano 2005. pp. 520.
30. Ernesto d'Albergo,
Economia della finanza pubblica. Edizione digitalizzata a cura di Nino Luciani.
Libro. Alma Mater
Studiorum, Università di Bologna, Bologna,
2009. Clicca su http://amsacta.cib.unibo.it/archive/00002571/,
Documento PDF , pp.
446
31. "Il "2° criterio Paretiano", d'Albergo e la Scienza
delle finanze" (The "2d Pareto's criterion", d'Albergo and the Science
of public finance), 2009, Saggio annesso al Libro di Ernesto
d'Albergo, Economia della finanza pubblica, 2009. Edizione digitalizzata a cura di Nino
Luciani: Clicca su http://amsacta.cib.unibo.it/archive/00002571/,
Documento PDF , pp.
408-446. |
SUN -
SINDACATO UNIVERSITARIO NAZIONALE |
Fondato a Bologna l'8
novembre 2004 il nuovo Sindacato on Line, fondato sulla assemblea
permanente dei visitatori del Foglio "Universitas News" - www.universitas.bo.it
Eletto
Presidente: NINO LUCIANI
SOCI
FONDATORI: Francesco Bonsignori, Alfredo De Paz, Elena Ferracini, Adriano Guarnieri,
Enrico Lorenzini, Nino Luciani, Bruno Lunelli, Gianni Porzi, Franco Sandrolini, Vittorio
Tomasi |
GLI OBIETTIVI DEL NUOVO SINDACATO
Aperto alle
istanze sociali, in spirito di servizio dellUniversità alla società civile, il
nuovo sindacato ha come obiettivi:
a) La promozione
dellefficienza universitaria, della libertà di ricerca e di didattica;
b) La strutturazione
della docenza in un ruolo unico, articolato su livelli;
c) La tutela del
diritto-dovere dei docenti alla valutazione e alla carriera, unicamente in base al merito;
d) La garanzia della
dignità della docenza, anche attraverso una adeguata retribuzione. |
Aperte le adesioni: gli interessati possono scrivere
all'indirizzo sottostante,
indicando la parola "adesione" nel subject della lettera. |
|
Motivi di orgoglio dell'"antico (e
nuovo) valor degli italici cor"
INVENZIONI DEL
"GENIO DEGLI ITALICI"
nella storia.
Elenco incompleto di elementi presi dal
libro di: Rino Camilleri, Doveroso elogio degli Italiani, Ed. BUR, 2001) e da noi
organizzati per ordine alfabetico |
-
Acido salicilico, inventato d al Raffaele Piria, e che con aggiunta di acido acetico (nel
1897, da parte di Felix Hoffman) diverrà l'aspirina, nel XIX secolo; - Acqua di
colonia, inventata da Giovanni Maria Farina nel XVIII secolo;
- Aereo a reazione inventato da Giovanni Caproni e Secondo Campini nel XX secolo;
- Albero a camme, compare in Toscana nel X secolo;
- Albero di bompresso (che permette di navigare col vento di fianco) , inventata dai
Romani nel I secolo d.C..;
- Aliscafo inventato da Enrico Forlanini nel XX secolo.;
- Ammoniaca (prima, solo gassosa) liquefatta da Liberato Giovanni Baccelli, nel
XIX secolo;
- Anatomia patologica, fondata da Giovanni Battista Morgagni (1761);
- Anello di fidanzamento con diamante, compare a Venezia nel XV secolo;
- Anticiclone delle Azzorre, scoperto da Luigi De Marchi, nel XIX secolo;
- Armi da fuoco portatili compaiono in Italia nel XIII secolo;
- Assicurazioni sulla vita, inventate da Lorenzo Tonti nel XVII secolo ;
- Asteroide, Cerere, il primo è scoperto da Giuseppe Piazzi, nel XIX secolo.;
- Autostrada del mondo, la prima nel mondo è la Milano-Laghi nel XX secolo;
- Bagni termali nel II secolo a.C., a Roma;
- Balestra, inventata dai Romani nel I secolo d.C.;
- Banca moderna, la prima nasce a Genova nel XV secolo;
- Barile, inventato dai Romani nel I secolo d.C.;
- Barometro inventato da Evangelista Torricelli nel XVII secolo;
- Bicicletta, ideata da Leonardo da Vinci nel XV secolo;
- Bilancia idrostatica, ottenuta da Archimede, in base al principio di Archimede, nel
III secolo a.C.;
- Bodoni, caratteri tipografici, ideati da Giambattista Bodoni nel XVIII secolo ;
- Bombarda compare in Italia nel XIII secolo;
- Caffettiera moka express, inventata da Alfonso Dialetti) nel XX secolo;
- Calcestruzzo, entra in uso a Napoli, fatto con pietra vulcanica (pozzolana, da
Pozzuoli), calce e acqua, nel II secolo a.C.;
- Calcio fiorentino, primo gioco di palla a squadre nasce a Firenze nel XIII secolo ;
- Calendario ""giuliano", introdotto da Giulio Cesare nel 46 a.C.";
- Calendario "gregoriano" (ancora valido) nel 1582 dal papa Gregorio
XIII.";
- Calzini (udones) compaiono a Roma nel IV secolo a. C. ;
- Campo magnetico rotante, inventato da Galileo Ferraris, nel XIX secolo;
- Canale di Suez, progettato da Luigi Negrelli, nel XIX secolo ;
- Cannocchiale astronomico, inventato da Galileo Galilei nel XVII secolo;
- Carrello cinematografico inventato da Giovanni Pastrone nel XX secolo;
- Carrucola, inventata nel IV secolo a.C. da Archila di Tarante;
- Carta stagnola, compare in Italia nel XV secolo;
- Cellule cancerogene, individuate da Renato Dulbecco (Nobel per la medicina) nel XX
secolo ;
- Champagne, inventato dal benedettino Francesco Scacchi (1335), tre secoli prima di
Perignon;
- Compasso, inventata dai Romani nel I secolo d.C.;
- Concerto musicale , creato dal bolognese Adriano Banchieri nel XVI secolo;
- Corsivo, inventato da Aldo Manuzio nel XV secolo;
- Crema emolliente inventata da Galeno nel II secolo d.C.;
- Cruciverba inventato da Giuseppe Airoldi nel XIX secolo ;
- Cupola (la prima è quella del Pantheon), inventata dai Romani nel I secolo d.C. ;
- Declinazione magnetica, intuita da Cristoforo Colombo nel XV secolo;
- Dentiera inventata nel VIII secolo a.C dagli etruschi (che trapiantano anche denti
d'oro, d'avorio e d'osso).;
- Dizionario alfabetico, il primo è compilato dal bergamasco Ambrogio Calepino nel XVI
secolo. ;
- Docente universitaria donna, Laura Bassi, la prima nella storia ;
- Elettroshock, inventato da Ugo Cerletti nel XX secolo. ;
- Elicottero moderno inventato da Corradino d'Ascanio nel XX secolo.;
- Enciclopedia delle scienze, la prima ("Naturalis Historia") è di Plinio il
Vecchio nel 77 d.C.;
- Energia elettrica per via geotermica, ottenuta da Piero Ginori Conti nel XX secolo
(1904);
- Fattore di crescita neurale, scoperto da Rita Levi Montalcini (Nobel per la medicina)
nel XX secolo;
- Fecondazione artificiale, ideata da Lazzaro Spallanzani, nel XIX secolo. ;
- Ferro da stiro, inventata dai Romani nel I secolo d.C.;
- Fisarmonica, inventata da Paolo Soprani, nel XIX secolo.;
- Forchetta, compare in Toscana nell'XI secolo;
- Fotografia della corona solare, la prima - 1842 - è fatta di Maiocchi, nel XIX
secolo;
- Funicolare, la prima a Napoli, nel XIX secolo ;
- Futurismo inventato da Filippo Tommaso Marinetti nel XX secolo.;
- Gelato, inventato dal toscano Bernardo Buontalenti nel XIV secolo;
- Generatore di corrente (dinamo), inventato da Antonio Pacinotti , nel XIX secolo;
- Gioco del lotto, il primo, nasce a Genova nel XVI secolo;
- Lampadina di Edison, migliorata da Arturo Malignani (portandone la durata da 100 ore
a 800 ore, e da luce rossastra a luce bianca e intensa), nel XIX secolo;
- Legge di Avogadro (volumi uguali di gas, alla stessa temperatura e pressione,
contengono lo stesso numero di molecole), scoperta da Amedeo Avogadro, nel XIX secolo. ;
- Libri tascabili, inventati da Aldo Manuzio nel XV secolo ;
- Macchia rossa di Giove, scoperta da Giandomenico Cassini nel XVII secolo ;
- Macchina da scrivere, inventata da Giuseppe Ravizza, nel XIX secolo.;
- Macchina seminatrice, inventata dal bolognese Taddeo Cavallini nel XVI secolo;
- Malattie infettive, individuate, per primo, da Gerolamo Fracastoro nel XVI secolo;
- Mappa di Marte, la prima è disegnata da Francesco Fontana nel XVII secolo;
- Martello pneumatico, inventato da Ernesto Curri nel XX secolo; |
-
Melodramma, ideato da Jacopo Peri XVI secolo; - Metodo scientifico moderno: i suoi
caratteri sono dettati per primo da G. Galilei nel XVII secolo;
- Microchip, inventato da Federico Faggin ) nel XX secolo;
- Moderna elica navale, ideata da Giuseppe Ludovico Ressel, triestino, nel XIX secolo;
- Moto alternato in rotatorio e altro: la macchina per la trasformazione dell'uno
nell'altra è inventata da Leonardo da Vinci nel XV secolo;
- Motore a scoppio, creato da Felice Matteucci ed Eugenio Barsanti nel XIX secolo;
- Motore a stella per aerei inventato da Alessando Anziani nel XX secolo.;
- Motore elettrico, ideato da Galileo Ferraris nel XIX secolo (1883);
- Musica "Jazz" , inventata dall'italo-americano Nick La Rocca (1917, primo
disco) ) nel XX secolo;
- Neuroni, scoperti da Camillo Golgi (premio Nobel per la medicina) , nel XIX secolo ;
- Nitroglicerina (su cui lavor, poi, Alfredo Nobel per ottenere la dinamite -
1867), inventata da Ascanio Sobrero nel XIX secolo;
- Notazione musicale è ideata da . Guido d'Arezzo nell'XI secolo;
- Novella, genere letterario creato da Giovanni Boccaccio nel XIV secolo;
- Nutella, inventata da Michele Ferrero) nel XX secolo;
- Ocarina, costruita da Giovanni Donati, nel XIX secolo.;
- Occhiali compaiono a Pisa nel XIII secolo ;
- Orologio meccanico, detto ""svegliatore monastico"" perchè in
uso nei monasteri, compare nell'XI secolo";
- Orologio pubblico: i primi comparvero su campanili, in Italia, nell'anno 1000;
- Oscillazioni isocrone del pendolo: le relative leggi sono intuite da Galileo Galilei
nel XVII secolo;
- Pantaloni, i primi sono fatti a Venezia nel XVI secolo nel XVI secolo;
- Pantelegrafo (antenato del fax) creato da Giovanni Caselli nel XIX secolo.;
- Particelle Zeta, individuate da Carlo Rubbia (Nobel per la fsica) nel XX
secolo.;
- Partita doppia della contabilità è creata da Luca Pacioli nel XV secolo;
- Periodo di rotazione di Venere, scoperto da Giovanni Schiaparelli, nel XIX secolo;
- Pianoforte, costruito da Bartolomeo Cristofari nel XVIII secolo;
- Pila elettrica, inventata da Alessandro Volta, nel XIX secolo;
- "Pinocchio", il libro più tradotto dopo la Bibbia, scritto da Carlo
Lorenzini (""Collodi""), nel XIX secolo;
- Pistola a tamburo (nel 1833, due anni prima di Colt), inventata da Francesco Antonio
Broccu, nel XIX secolo.;
- Pizza, compare a Napoli nel X secolo ;
- Pneumotorace artificiale per la cura della tubercolosi, inventato da Carlo Forlanini,
nel XIX secolo.;
- Polipropilene (cioè, la plastica) inventato da Giulio Natta nel XX secolo.;
- Polo nord, sorvolato la prima volta Da Umberto Nobile, con un dirigibile, nel XX
secolo;
- Portolano, il primo compare a Pisa nel XIII secolo;
- Preservativo moderno, ideato da Gabriele Falloppio nel XVI secolo;
- Prospettiva, le sue regole sono elaborate e codificate, rispettivamente, da Filippo
Brunelleschi e da Leon Battista Alberti nel XIV secolo;
- Protuberanze solari scoperte da Angelo Secchi , nel XIX secolo;
- Quotidiano, introdotto nel I secolo a. C. da Giulio Cesare con gli Acta Diurna che
informano delle decisioni del Senato;
- Radio, inventata da Guglielmo Marconi nel XX secolo;
- Radiogoniometro (determina la provenienza dei campi magnetici e il trasmettitore che
li emette), inventato da Alessandro Artom nel XX secolo;
- Raggi cosmici , scoperti da Bruno Rossi nel XX secolo.;
- Reazione nucleare a catena, provocata da Enrico Fermi nel XX secolo;
- Riscaldamento centralizzato, inventata dai Romani nel I secolo d.C.;
- Rubinetto creato dai romani nel I secolo a.C.;
- Ruota da bicicletta lenticolare, inventata da Antonio Dal Monte ) nel XX secolo;
- Salsa piccante compare a Roma nel III secolo a.C.;
- Satelliti di Giove, scoperti da Galileo Galilei nel XVII secolo;
- Sciopero (il primo della storia - 1378 - a Firenze, da parte dei "ciompi"
fiorentini, lavoratori della lana; il secondo a Londra - 1396 - da parte dei marinai
veneziani)";
- Scooter inventato da Corradino d'Ascanio nel XX secolo;
- Sfigmomanometro, inventato da Scipione Riva Rocci, nel XIX secolo. ;
- Siluro, inventato da Giovanni Battista Luppis, nel XIX secolo.;
- Sismografo, inventato da Luigi Palmieri , nel XIX secolo;
- Sonetto è inventato dal siciliano Jacopo da Lentini nel XIII secolo;
- Spaccio pubblico di acquavite, il primo compare a Modena nel XV secolo;
- Stenografia inventata nel 63 a.C. Marco Tullio Tirono.;
- Suole per scarpe in gomma, create da Vitale Bramani nel XX secolo. ;
- Telefono, inventato da Antonio Meucci, nel XIX secolo;
- Telescrivente inventata da Luigi Cerebotani nel XX secolo.;
- Teorema di Pitagora, inventato da Pitagora, nel VI secolo a.C , a Crotone.;
- Termocoppia (che misura piccole differenze di temperatura) ideata da Leopoldo Nobili,
nel XIX secolo.;
- Termodinamica, le relative leggi sono scoperte da Galileo Galilei nel XVII secolo;
- Termometro inventato da Santorio Santorio nel XVII secolo;
- Torta nuziale (che viene buttata addosso alla sposa) introdotta da Romani nel I
secolo a.C..;
- Trapianto di pelle, il primo è eseguito da Gaspare Tagliacozzo nel XVI secolo;
- Trasporto pubblico a trazione elettrica, il primo a Firenze, nel XIX secolo (1890);
- Trattato di architettura, il primo è di Vitruvio nel I secolo d.C. ;
- Università, la prima nasce a Bologna nel XI secolo (988 ?);
- Vaccino contro la pertosse (tramite ingegneria genetica), scoperto da Rino Rappuoli)
nel XX secolo;
- Vento solare, scoperto da Bruno Rossi nel XX secolo.;
- Violino, costruito da Gasparo Bardotti nel XVI secolo;
- Vite, inventata nel IV secolo a.C. da Archila di Tarante. ;
- Vite senza fine, ottenuta da Archimede, nel III secolo a.C.;
-Volta a crociera, compare a Roma nel II secolo d.C. |
Università di Bologna: caso DELBONO tornato di
attualità,
dopo il patteggiamento e una lettera ai cittadini
*** |
Ivano Dionigi |
In margine alla Lettera ai cittadini di Bologna
UNA DOMANDA AL RETTORE
|
1.- Sulla vicenda del
prof. Flavio Delbono, il Rettore Dionigi risulta aver sempre taciuto nel senso che
ha evitato di prendere ogni posizione, anche a fronte di eminenti giuristi (ci riferiamo
al prof. Franco Carinci) che lo richiamavano al dovere di iniziare un procedimento
disciplinare. Di tutto questo in passato ci siamo interessati.
La vicenda ritorna ora di attualità a seguito del patteggiamento con il quale il prof.
Delbono ha chiuso una prima tranche dellinchiesta in cui è coinvolto. La stampa
locale ne ha dato ampia notizia, riportando anche la lunga lettera del prof. DELBONO ai
Bolognesi. Nella cronaca di Bologna de Il Resto del Carlino di sabato 4 dicembre il
giornalista Gilberto Dondi, dando notizia del patteggiamento, scrive: salvo
complicazioni da parte dellAlma Mater, salverà la cattedra dellex sindaco ora
tornato alluniversità. Sottolinea, poi, che rimangono aperti altri due filoni
di indagine, e cioè la richiesta di rinvio a giudizio per il bonus e il terzo
filone dinchiesta, il più delicato e temuto, quello sulla corruzione.
Nellarticolo si dà anche notizia che il Commissario al Comune dr.ssa Cancellieri ha
giustificato il fatto che il Comune non si è costituito parte civile perché quelle
sono scelte politiche.
2.- A proposito della lunga "lettera" del prof. Delbono ai
Bolognesi (pubblicata da la Repubblica il 3 nov. u.s.), forse sarebbe stato utile che, in
luogo di una nuova autodifesa, essa fosse la dichiarazione pubblica di un pentimento per
aver recato danno al Comune, alla Regione, e anche all'Università di Bologna, e inoltre
l'esplicito desiderio di voler pagare quanto possibile "pagare" in termini di
sacrificio personale. Caso mai, si poteva aggiungere la preghiera, ai cittadini e alla
universita', di tenere conto delle eventuali cose buone e del sacrificio personale, per
anni, al loro servizio.
Fatto questo, forse per i cittadini il caso era chiuso, anche perche'
e' notorio che, in complesso, il servizio al grande pubblico da' un saldo negativo alle
persone che l'hanno prestato. Sia chiaro che l'averlo ricordato non significa che uno
possa o debba farsi giustizia da se'.
Non commento, nello specifico, le parole dell'ex Sindaco.
Per altro verso, rimane per noi una perplessita' il silenzio a
oltranza del Rettore dell'Universita e di piu', da questo momento, perche' il
patteggiamento del reato e della pena sembra dover giuridicamente salvare Delbono dalla
interdizione dai pubblici uffici.
Nel patteggiamento rientra anche il risarcimento del danno anche
allimmagine, che il prof. Delbono ha effettuato a favore della Regione.
LUniversità non era costituita parte civile (anche questa è stata
una scelta politica, come quella del Comune ?), e dunque se ne deve dedurre che, secondo
il Rettore, essa non ha ravvisato di aver subito alcun danno etico e morale, insomma un
danno alla propria immagine.
3.- Preservare l'università da ulteriore danno, come conseguenza della
conservazione di Delbono nell'insegnamento, si direbbe che, da parte del Rettore, è
essenziale .
E se i due filoni dellinchiesta ancora aperti si chiudessero
negativamente per il prof. Delbono, che farà il Rettore ? e che figura avrà fatto ?
Sia chiaro che con questa considerazione non si richiede l'esclusione
di Belbono dallo insegnamento, ma che sia vagliata la sua posizione alla luce del
"Codice etico".
Non si puo' accettare, al tempo stesso, che il codice etico rimanga sotto
una coltre di polvere, oppure si rimanga in attesa di non so cosa.
Il Codice etico è stato adottato dal nostro Ateneo qualche anno fa e
l'allora Rettore Calzolari si fece gran vanto. Non solo, esso è previsto anche dal DdL
Gelmini .
Restiamo in attesa della decisione del Magnifico Rettore o anche di
quanti occupano posti negli organi collegiali di Ateneo. Nino Luciani |
Mentre l'Ateneo di Bologna annaspa nel sostituire i Ricercatori, in astensione dagli
insegnamenti a causa del mancato riconoscimento giuridico della funzione docente,
i professori chiedono lumi al Rettore sul modo come intende risolvere il problema
|
Marina Marini
|
M. MARINI, A PROPOSITO DELL'IPOTESI DI AFFIDARE A PROFESSORI A CONTRATTO
I CORSI CHE I RICERCATORI SI RIFIUTANO DI TENERE PER PROTESTA
NEI CONFRONTI DEL TRATTAMENTO LORO RISERVATO NELLA "LEGGE GELMINI"
|
Si è ventilata da
parte di molti Presidi (e, se non sbaglio, anche del Rettore) la possibilità di ricorrere
a personale a contratto per "far partire comunque" i corsi che i ricercatori in
protesta hanno lasciato vacanti.
Sono doverose a questo proposito alcune considerazioni.
1.- . In primo luogo, la situazione creata dalla protesta dei ricercatori
sarebbe stata prevedibile. È stato quanto meno incauto affidare al volontariato (perché
di vero volontariato si tratta) una percentuale altissima di corsi (in alcune lauree
triennali fino ai due terzi del totale).
Ai ricercatori è stato fatto credere che gli incarichi, soprattutto
se "stabilizzati", avrebbero costituito un titolo preferenziale per
l'avanzamento di carriera.
Erano promesse fatte in cattiva fede, perché l'auspicata sanatoria non
sarebbe stata comunque nelle facoltà di Presidenti di Corso di Laurea e Presidi. Erano
promesse che distoglievano i ricercatori dalla ricerca e fornivano una manovalanza
sottocosto alla didattica pletorica di corsi e corsettini sorti spesso per consentire a
qualche docente di crearsi dei piccoli potentati e a qualche settore disciplinare
sovrabbondante di giustificare la sua sovrabbondanza.
Naturalmente alcuni ricercatori non cercavano che una buona scusa per
giustificare la loro scarsa produttività scientifica, ma i più, pur sapendo che le
promesse erano aleatorie, non ha osato rischiare di perdere una possibile occasione:
troppe volte all'università si erano viste "sanatorie" e leggine "ad
hoc".
E allora, anno dopo anno, uno, due, tre corsi, gratuiti sì, ma tenuti
con passione e professionalità, e per questo gratificanti. E ora una legge che è una
doccia fredda su tali aleatorie prospettive e, anzi, li bacchetta se la produttività
scientifica non è stata "eccellente".
2.- In secondo luogo, la situazione creata dalla protesta dei ricercatori, almeno
in alcune facoltà, non è giunta inattesa.
I ricercatori avevano fatto, in tempo utile, una domanda di incarico
"sub condicione". Ma Presidi e Presidenti di Corso di Laurea hanno preferito
credere che avrebbe prevalso l'abituale docilità dei ricercatori, il loro desiderio di
non creare problemi ai colleghi e agli studenti, la passione e l'orgoglio di insegnare.
Hanno sottovaluatato la portata devastante che il "decreto Gelmini" avrebbe
avuto su di loro.
Presidi e Presidenti di Corso di Laurea non avrebbero dovuto favorire
la moltiplicazione di corsi privi di titolare e comunque, in vista della protesta
annunciata, avrebbero dovuto e potuto riorganizzare per tempo la didattica (accorpamenti
di alcuni corsi, chiusura di altri).
Del resto, il decreto Gelmini si pone proprio l'obiettivo della
riorganizzazione degli Atenei per favorirne una gestione meno dispendiosa.
Allora, perché non cominciare proprio dai corsi non coperti da
titolari? Ma la proposta di ricorrere a personale a contratto è ancora peggio, per
l'Università, del blocco della didattica. Affidare incarichi di insegnamento a
persone non qualificate significa, da parte delle stesse istituzioni universitarie,
svalutare la figura del docente universitario.
Se passa l'idea che chiunque possa insegnare all'università, non ci
saranno più argini di decenza e si potrebbe anche configurare un'inadempienza nei
confronti degli studenti, che pagano le tasse per avere un insegnamento da parte di
docenti universitari e hanno il diritto di non ritrovarsi in cattedra, seppure in via
provvisoria, insegnanti di scuola precari, medici ospedalieri, figure emergenti da un
indefinito sottobosco di disoccupati...
Chi avrà conferito tali incarichi sarà privato automaticamente di
ogni autorevolezza nel momento in cui dovrà scegliere il vincitore di un concorso o
chiamarlo in facoltà. Purtroppo non mancano alcuni precedenti.
Alcuni Corsi di Laurea in Romagna sono stati aperti senza valutare se
ci fosse la possibilità di coprire alcuni importanti corsi di base, cedendo alla spinta
degli Enti Patrocinatori e al desiderio di alcuni docenti di scalare un dubbio cursus
honorum.
Non dovrebbe insospettire il fatto che massaie e saltimbanchi si
offrano come docenti gratuiti? Potrebbero in qualche caso esservi soluzioni alternative
alla chiusura dei corsi da una parte e alla stipula di contratti con personale esterno
dall'altra.
Soluzioni che non ledono i diritti dei ricercatori:
- innanzitutto verificare che i docenti di prima e di seconda
fascia dei settori interessati, che hanno il dovere di fare didattica, siano impegnati
appieno (e avrebbero dovuto già esserlo, invece di cedere i loro compiti ai ricercatori);
- in secondo luogo, impiegare, su base volontaria e gratuita, i
docenti mandati incautamente in pensione anzitempo senza che si verificasse che i loro
corsi fossero coperti.
E poi una considerazione economica. Abbiamo subito sanguinosi tagli
alle risorse dei dipartimenti, alle borse di dottorato, ai fondi per la ricerca...
Da dove si prenderebbero i soldi per i contratti? Perché, se tali
risorse erano disponibili, non sono state date ai ricercatori per pagare il loro impegno
didattico "extra"? Possiamo garantire una levata di scudi da parte di tutti, in
primis i Direttori di Dipartimento, se per pagare i professori a contratto si dovessero
coartrare ulteriormente i fondi già tagliati o se si "trovassero" delle risorse
finanziarie precedentemente occultate o, infine, si realizzassero dei risparmi inopinati,
i cui ricavi si dovrebbero devolvere ad altri scopi. Infine, non è passato per la mente a
nessuno che, conferendo incarichi a personale esterno, si alimenta ulteriormente il
precariato e si creano ulteriori illusioni e aspettative?
Vogliano proseguire e, anzi, peggiorare, nella strada del
comportamento incauto? Marina Marini |
Ateneo di Bologna: "Fondazione ALMA MATER" e "ALMA MATER
Srl"
|
Ivano Dionigi |
Le conclusioni di una inchiesta del Rettore
sulla Fondazione:
"NULLA DI IRREGOLARE"
MA, PRIMA, IL RETTORE AVEVA
RINNOVATO TOTALMENTE I VERTICI DEI DUE ENTI.
E AFFIORA UN CONFLITTO D'INTERESSI DELL'AUDITOR
LUCIANI: Insoddisfazione per poca trasparenza delle linee di azione di questo
Rettore
circa la Fondazione, nonostante gli impegni presi in campagna elettorale.
Anche perplessità sul suo silenzio sulla Società di diritto privato a "socio
unico". |
N.
Luciani, Sulla Fondazione e l'Alma Mater Srl: finanziarie dell'Ateneo o enti inutili ? 1.- Anteprima. Nel secondo
incontro preelettorale dei candidati a rettore (aprile 2009), organizzato dal "Gruppo
dei trenta", in considerazione della restrizione del finanziamento statale alle
università, si era discussa la opportunità di diversificare le fonti di
finanziamento della nostra università, attraverso una rinnovata ricerca del dialogo con
gli enti pubblici e privati della regione.
Con questa mira, si era discusso della Fondazione Alma Mater, per farne lo strumento di
reperimento di finanziamenti in un rinnovato rapporto con gli enti pubblici e il mondo
delle imprese. Dionigi aveva detto parole favorevoli. Inoltre, era stato
proposto (Giulio Ghetti, durante il dibattito e riprendendo una sua precedente proposta di
quando era membro della Giunta d'Ateneo) di trasformare la Fondazione attuale in una
Fondazione di diritto pubblico universitario.
Già da allora, poi, circolava la notizia di accuse di presunte
irregolarità amministrative alla Fondazione, da parte di alcuni Consiglieri di
Amministrazione. Ed era emersa una novità (veramente vecchia di qualche anno, ma
trascurata) : la esistenza di Alma Mater S.r.l., una società di diritto privato, in
affiancamento alla Fondazione "socio unico".
In particolare, a proposito della Srl veniva lamentato che l'uso di
"scatole cinesi" avesse condotto alla "assoluta mancanza di controllo delle
risorse o ancora di più alla mancata valutazione costi/benefici", mentre
"quando si parla di denaro pubblico tutto deve'essere trasparente" (A. Zago).
Si perverrà, poi, alla elezione del candidato Ivano Dionigi, a Rettore, ed al
rinnovato esplodere di nuove accuse alla Fondazione, in CdA, per cui il nuovo Rettore
aveva ravvisato gli estremi per ordinare una inchiesta sulla stessa. Arriviamo al
luglio u.s. in cui il Rettore ha comunicato i risultati dell'inchiesta.
Non è finita.
2.- Risultati dell'inchiesta. Il Rettore ha detto: "da
parte degli Enti finanziatori è stato effettuato un controllo amministrativo/contabile di
I° livello di tipo analitico che ha coinvolto tutti i costi oggetto di rendiconto. E'
stato effettuato un controllo documentale di tutti i giustificativi di spesa e un
riscontro degli stessi con la contabilità generale ed analitica della Fondazione. Al
controllo di I° livello è poi seguita una verifica di II° livello condotta da soggetti
indipendenti dagli Enti finanziatori sia per verificare l'operato del controllo di I°
livello per quanto concerne la correttezza dei documenti amministrativi/contabili, sia le
procedure di gestione utilizzate. Inoltre, per quanto concerne gli incarichi affidati da
FAM, nella relazione dell'Auditor Dr. Umberto Melloni non è stato ravvisato alcun profilo
di illegittimità."
Sempre a detta del Rettore, eventuali dubbi circa l'esistenza di irregolarità, riguardano
dei Docenti dellAteneo che hanno percepito compensi per attività
extra-istituzionali senza chiederne la preventiva autorizzazione all'Ateneo. Infatti, in
base al Regolamento sullautorizzazione degli incarichi extraistituzionali del
personale docente e ricercatore a tempo pieno (D.R. 379 del 5.10.98), tale Personale prima
di assumere incarichi extraistituzionali deve richiedere lautorizzazione alla
Facoltà di appartenenza.
Infine, per quanto concerne gli incarichi affidati da FAM, nella relazione
dell'Auditor Dr. Umberto Melloni non è stato ravvisato alcun profilo di
illegittimità."
Tutto bene ? Possiamo solo constatare che Dionigi, già a
febbraio, aveva rinnovato totalmente il CdA della Fondazione, e lo stesso ha fatto
successivamente per la Alma Mater Srl, alla scadenza dei mandati rispettivi.
E possiamo anche constatare che l'Auditor Dr. Umberto Melloni era e
lo e' tuttora, ad un tempo, revisore della Fondazione e membro del collegio
sindacale della Alma Srl, e dunque in conflitto di interessi, perchè controllore e
controllato.
3.- Sull posizione finanziaria della Fondazione e della Società "Alma
Mater".
a) Fondazione. Il bilancio consuntivo, 2008 ( presentato nel 2009) dà
una perdita di esercizio di 267.322, per differenza tra Ricavi
7.024.378, e Costi 7.198.789 e imposte di 92.911.
La Fondazione ha un patrimonio netto di 4.185.052, e debiti di
4.418.085.
Dal bilancio, si trae che fa attività di: "alta formazione",
proventi 2.436.548 , di cui 1.349.317 per la gestione dei master;
progetti del fondo sociale europeo, proventi 3.116.576; consulenze e ricerche,
proventi 1.166.561; attività di Fundraising e Merchandising, proventi (
269.716).
Tra le voci, il maggior ricavo viene dai master. Ma la relativa attività di
incasso non è un vero e proprio un servizio meritevole di essere pagato, e quindi la
trattenuta sugli incassi si configura più come una "tangente" (diciamo
una tassa) a carico dei corsi di master, che un corrispettivo dovuto ( tutti master hanno
propri segretari che provvedono agli adempimenti amministrativi).
Risulta dalle dichiarazioni del rettore Calzolari (Verbale del
CdA dell'Ateneo, 24.7.09) che "il CdA, al momento di affidare alla
Fondazione la gestione dei master, stabilì che, dei proventi delle iscrizioni, venisse
attribuita all'Ateneo il 10%, di cui il 7,5% trattenuto dalla Fondazione". La cifra
in bilancio per la gestione dei master è ( 1.349.317).
Tuttavia, nel bilancio consuntivo 2008 dell'Ateneo l'entrata per "quota
di iscrizione master" è 4.383.499,30, e l'uscita (non è indicato a
favore di chi) è 4.060.998,96. Il 7,5% di 4.383.499,30 è
328.762,45, che è ben diversa da quella segnata nel bilancio della Fondazione (ossia
1.349.317). Constato solo queste "presunte" diversità, ma non sono in
condizioni di affermare che ci sono delle effettive difformità, rispetto alle decisioni
del CdA dell'Ateneo.
Fondazione
Alma Mater , Perdita di esercizio (Dal conto economico, p. 33) |
2005 |
2006 |
2007 |
2008 |
-367.848 |
-141.023 |
- 58.728 |
-267.322 |
b) Società Alma Mater Srl. Il bilancio consuntivo 2008 ( presentato nel
2009) dà un utile di 70, per differenza tra Ricavi 1.146.934, e Costi
1.152.425 e imposte di 3.575.
La voce di spesa più grossa ( 1.020.695) è per per servizi
commissionati in esterno (Costi per progetti, costi ricerca commerciale, costi
per servizi commerciali), tra cui si evidenziano "viaggi alberghi",
"prestazioni professionali servizi commerciali", consulenze legali e
tributarie", "servizi amministrativi", "buoni pasto",
"consulenze lavoro", "compenso collaboratori".
Da segnalare che, tra i proventi, ci sono quelli (determinanti ai fini del
pareggio, 343.717) derivanti dalla gestione di Villa Pallavicini (che è di
proprietà dell'università). Dunque, è come se il pareggio sia avvenuto a carico della
Università.
Il patrimonio netto dalla SrL è di 55.559. I debiti sono di
573.760.Società
Alma Mater S.r.l, Utile di esercizio (Dal conto economico , p. 4) |
|
|
2007 |
2008 |
|
|
- 2.651,00 |
70,00 |
Questi dati pongono alcune
domande: "chi ripiana i debiti accumulati ? Si giustificano spese di 1.020.695
Euro a fronte di ricavi di 1.146.934 ? Si giustifica un debito della Srl più di 10 volte
il valore del patrimonio? Che senso ha tenere in piedi la FAM e la Srl, se con debiti
notevoli ? Sono la conseguenza di fatti strutturali o di una cattiva gestione ?
4.- Storia della
Fondazione e della Società Alma mater S.r.l.
a) Fondazione. Essa è stata costituita il 21.12.1996 per operare, senza
scopo di lucro, quale di struttura di collegamento tra l'Ateneo e l'intera società (si
vegga la sintesi delle attività, più sopra). La fondazione è una normale fondazione di
diritto civile, e cioè tra quelle regolate dal codice civile.
I soci fondatori furono la Fondazione della Cassa di Risparmio di Bologna e
l'Università di Bologna. Attualmente l'Assemblea dei soci risulterebbe costituita da
"18 organizzazioni", ma i cui nomi non è stato possibile reperire nè dal sito
internet della Fondazione, nè dalla Camera di Commercio di Bologna.
. Il primo presidente è stato Filippi Piera. Seguono Walter Tega, Francesco Vella
(attualmente in carica).
Il Consiglio di Amministrazione è composto da 15-16 membri ed è presieduto dal
Rettore.
Per Statuto (art.14, Statuto) gli eventuali avanzi sono reimpiegati per attività
della Fondazione, o per incremento del patrimonio.
b) Società
"Alma Mater S.r.l" . Questa società di diritto privato viene
costituita dalla Fondazione il 24.07.2002 (mentre è Rettore P.U. Calzolari). Ne è
"socio unico" la Fondazione. Essa, per delibera del detto Consiglio ( 24.6.2002)
"è finalizzata alla gestione delle attività a carattere commerciale della
Fondazione". Questa finalità è inserita nello Statuto della Srl con interpretazione
estensiva: "compiere qualsiasi operazioni commerciale, industriale, mobiliare ed
immobiliare necessaria o utile per il conseguimento dell'oggetto sociale, nonchè
l'attività finanziaria strettamente collegata o strumentale rispetto al conseguimento
dell'oggetto sociale" e "ricorrere a qualsiasi forma di finanziamento con
istituti di credito". Per Statuto (art. 24) gli utili sono destinati secondo la
delibera dell'Assemblea.
Essendo la Fondazione lo "unico socio", il
Presidente della Fondazione è anche il Presidente di Alma Mater (W. Tega, nel 2008). Il
primo presidente è stato Filippi Piera. Seguono Walter Tega e Francesco Vella (attuale).
Il Consiglio di Amministrazione, nominato dal Presidente della Fondazione, è
composto da 3 a 7 membri.
NOTA. Da atti della Srl del 1998, risulta che i membri del
Consiglio di Amministrazione erano: P.U. Calzolari (Presidente) , W.TEga, G.
Cappiello, A. Grandi, G. Masetti. Tra essi, P.U. Calzolari, W. Tega, G. Cappiello erano
anche membri del Consiglio di Amministrazione della Fondazione.
Questa società ha assunto tutta una serie di partecipazioni in
numerose società ed organismi ( Associazione Collegio di Cina, CNA
Innovazione, Consorzio Alma Cube, Consorzio I Tech Off , Consorzio Isfod, Consorzio Noi
Con, Consorzio Profingest, Consorzio Scholè, Consorzio Sinapsi, Consorzio Spinner,
Consorzio So.Lig Ergo S.r.l., Idea S.r.l. , Unimatica S.p.a. ), in ognuno
di essi facendosi rappresentare da propri designati (per lo più membri dei consiglio
della Fondazione e/o della s.r.l., con relativi compensi), così creando una serie di
partecipazioni "a grappolo", le quali presentano notevoli problemi di controllo
da parte di chi le ha costituite o vi partecipa , in mancanza di un bilancio consolidato
di tutte le società nel loro insieme. E notorio infatti che quasi sempre le
società a grappolo finiscono per accumulare perdite che poi verranno
scaricate sui soci inconsapevoli.
5.- Conclusioni. Per
la Fondazione, la situazione sopra descritta depone molto
negativamente sulle possibilità di reperire finanziamenti esterni per l'Ateneo, e quindi
per l'urgenza di una sua riforma, nel senso di farla divenire non soltanto una fondazione
universitaria vera e propria, ma una "casa di vetro" per trasparenza, e una
fonte di entrate (e non un costo) per l'Ateneo.
La voce più interessante, è l'attività di "Fund raising"
(raccolta fondi). Essa, prevista già in origine dallo Statuto, ha dato introiti minimali.
In effetti, perchè essa funzioni, dovrebbe essere collegata alla detraibilità fiscale
degli eventuali finanziamenti privati.
Questa possibilità, oggi sopravvenuta nella legge, sia pur con limiti,
protrebbe essere una via nuova per farvi affidamento, ma occorre anche rassicurare i
donatori, circa la destinazione dei loro fondi.
Ciò ripropone quanto detto in campagna elettorale: essere necessario
modificare la Fondazione da ente di diritto civile in ente di diritto
speciale, in modo da far subentrare gli opportuni controlli di legge sulla
gestione e sulla destinazione dei fondi.
I controlli non fanno paura a chi non ha nulla da nascondere.
C'è, poi, la questione della Alma Mater Srl. La
costituzione di una società di diritto privato, per sostituire la Fondazione in alcune
delle sue attività, si può solo capire come modo di sottrarre i dirigenti della
Fondazione alle regole degli "enti morali", nel prendere decisioni. Questo
fatto, per cui la Fondazione abdica alle sue funzioni, e le affida a pochi (3-4 membri),
parrebbe non meritevole di apprezzamento.
Un secondo profilo, che potrebbe in qualche modo giustificarne la
costituzione, riguarda i limiti alla responsabilità patrimoniale. Infatti, una normale
Srl risponde nei limiti del capitale sociale.
Invece in una Srl a "unico socio", se esso è una
persona giuridica, il socio risponde illimitatamente (art. 2497 c.c.) . Dunque il
comportamento della Srl , sottoposta a poco controllo, potrebbe creare anche problemi
finanziari alla Fondazione (che risponde nei limiti del proprio capitale). Nino Luciani |
|
Ateneo di Bologna: nuove inquietudini dal caso Delbono, dopo la notizia
"giornalistica" di rinvio a giudizio, accompagnata da intervista sul Corriere
|
Dopo la riammissione del prof. Delbono all'insegnamento, più
che il "pieno rispetto delle prescrizioni normative
vigenti"
da una verifica sul procedimento risulta
che è valso un procedimento "improprio", e
in condizioni di conflitto di interessi ideologici |
Gianluca Fiorentini |
N. Luciani, Verifica
sul procedimento, dopo che Delbono è stato riammesso all'insegnamento...
1.- Tuttora il Rettore non ha motivato alla Comunità scientifica le
ragioni per cui non ha applicato il Codice Etico e il Codice di comportamento dell'Ateneo,
nei confronti del prof. Delbono.
L'occasione sarebbe stata quella di pubblicare i "puntuali
chiarimenti" forniti al Senato ill 23 marzo 2010,
ma non scritti sul verbale, per dimostrare la osservanza, di lui, della normativa
vigente.
Il problema, adesso, (al di là della presunta
"colpevolezza" di Delbono) è il fatto che il Rettore abbia riassunto su di sè
ogni valutazione, dopo aver sentiti i pareri di "autorevoli giuslavorisiti
ed amministrativisti".
Il Rettore non è un "ras". Anche lui è soggetto alle
regole. Egli può e deve sentire chi vuole, ma non esautorare gli organi collegiali,
previsti dall'ordinamento universitario. E se essi sentenzieranno che non v'è colpa,
tanto meglio. E' solo rispettando le regole che il rettore colloquia correttamente e
democraticamente con la "propria" Comunità scientifica.
Va pur dato atto che Egli, come noi, conosce le cose in questione solo
dai giornali, vale dire non da atti di notifica della autorità giudiziaria. Ma, come una
indagine di polizia può muovere anche da una semplice telefonata anonima, davvero egli
può continuare a non vedere e a non sentire il turbamento della opinione pubblica, senza
fare dubitare della sua neutralità verso la parte politica di sua comune provenienza ?
2.- Vi sono, poi, dei fatti che dimostrano essere stato applicato un
procedimento "improprio", per cui la Comunità scientifica è venuta a
trovarsi nella impossibilità di dare indicazioni dirette sul caso.
Come regola, la procedura per l'ammissione all'insegnamento e per il
conferimento di incarichi di insegnamenti spetta al Consiglio di Facoltà che decide,
sulla proposta del Preside. Nel caso nostro il Preside è il prof. Gianluca Fiorentini
(già membro del Comitato Elettorale di Delbono, per le elezioni a Sindaco di Bologna), ed
attualmente anche ProRettore alla Didattica.
Per pratica invalsa, in questi anni, alcuni Consigli di Facoltà
hanno delegato il Consiglio di Presidenza (un organo ristretto) per le decisioni su varie
materie, in quanto divenuti troppo pletorici, e quindi poco efficienti.
E', inoltre, previsto dall'ordinamento che il Preside possa agire
d'urgenza, salvo ratifica del Consiglio di Facoltà o del Consiglio di Presidenza.
Nel caso de quo la procedura è stata:
a) In data 22 febbraio 2010 il Preside ha fatto, d'urgenza, un decreto di conferimento di insegnamento a
Delbono;
b) In data 23 febbraio, il Preside ha portato il decreto per la
ratifica, al Consiglio di Presidenza, (composto da
G. Fiorentini, R. Orsi, G. Tassinari, A. Stefanelli, E. Bajo, D. Spelta, M. Chiuselli, D.
Foschi, J. Lattari), che ha approvato alla unanimità dei presenti (8/9, in quanto uno,
non il Preside, era assente).
c) In data 24 febbraio, il Preside ha dato comunicazione delle decisioni al
Consiglio di Facoltà.
d) In data 23 marzo la decisione è stata sottoposta al Senato.
1) Sull'urgenza. Il Preside ha motivato l'urgenza col fatto che,
poichè il prof. Massimo Motta non è rientrato in servizio entro il 1 febbraio 2010, egli
ha dovuto coprire l'insegnamento urgentemente (dati i tempi stretti di programmazione
didattica) col solo professore nella Facoltà, nel settore, a meno che si volesse
provvedere con supplenza retribuita ad un esterno.
Il presupposto dell'urgenza è contraddetto da circostanze oggettive.
Infatti, il Consiglio di Presidenza era convocato per il giorno successivo, a quello
dell'avvenuto Decreto del Preside. Dunque è verosimile che il ritardo di un giorno non
avrebbe pregiudicato nulla.
E siccome, a sua volta, il Consiglio di Facoltà era convocato per l'indomani
della seduta del Consiglio di Presidenza, e poichè si trattava di un caso veramente
difficile e speciale, il senso delle istituzioni avrebbe suggerito di portar la
discussione e approvazione in Consiglio di Facoltà, titolare primario della decisione.
2) Una procedura da "centralismo democratico". La
modalità della decisione ricorda, paro paro, il centralismo democratico di sovietica
memoria. Ivi si partiva dall'assioma che il popolo prendesse direttamente le decisioni, e
infatti "tutto" era sottoposto alla ratifica popolare, ma:
- prima, la decisione veniva presa dal Segretario generale del PCUS (uno che
faceva maggioranza da solo), poi portata in un Esecutivo di "4 gatti";
- poi al Comitato Centrale, dove i "4 gatti" erano
maggioritari;
- poi al parlamento, dove i membri del Comitato centrale erano maggioritari
(per definizione), e così di seguito, fino al popolo (e guai se qualcuno si fosse
permesso...di chiedere qualche chiarimento).
3) Anche un conflitto d'interessi. Poichè
le delibere del Consiglio sono sottoposte, di routine, al controllo degli uffici
dell'Ateneo, e poichè a capo degli uffici didattici c'è Fiorentini, in questo caso nella
veste dil Pro-Rettore, ecco anche profilarsi il fatto che Fiorentini (Preside, e già
membro del Comitato Elettorale di Delbono) è controllato da Fiorentini, ProRettore alla
didattica, in una evidente posizione di conflitto di interessi ideologici. Questo
conflitto si rileva dal verbale del Senato (vedi sotto).
4) Anche esautorazione del Senato. Dal verbale si deduce che il
Rettore, Presidente del Senato, non ha chiesto al Senato di "approvare",
ma di "prendere atto", e il Senato ha preso atto "in
forma unanime". La marcatura della unanimità di questa
"presa d'atto" è inutile, salvo per l'essere un autogoal, perchè rivela che
Fiorentini (presente) ha votato a favore di se stesso. Invece, per evitare conflitto
d'interessi ideologici, egli doveva uscire dall'aula durante la votazione, e farlo
verbalizzare.
Riprendiamo il filo iniziale: Massimo Motta
che fine ha fatto? Risulta dagli atti che egli, professore straordinario
dell'Ateneo di Bologna (tra l'altro, giovane e super-titolato) sia cessato dal servizio, a
gennaio, nell'Unversità di Bologna, per dimissioni e successivo trasferimento in altra
università. E' stata una perdita veramente notevole per l''Alma Mater, ma a cui è
seguito nulla più che il silenzio. No comment. N. Luciani
|
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Verbale della delibera
del Consiglio di Presidenza della Facoltà |
Consiglio di Presidenza
- 23 febbraio 2010 |
2.1 Ratifica Decreto attribuzione insegnamento di
Economia dei mercati. II preside propone la
ratifica del consiglio per il proprio decreto prot. 193, III.8, emanato il 22 febbraio
2010 con il quale, stante l'urgenza, ha provveduto a conferire a
Flavio Delbono l'insegnamento di Economia dei mercati - risultato scoperto a seguito della
cessazione in servizio per volontarie dimissioni di Massimo Motta - per il corso di laurea
in Economia e diritto, a.a. 2009/2010, per 9 cfu e complessive 60 ore.
II preside illustra le motivazioni che hanno portato al provvedimento
di attribuzione dell'incarico a Flavio Delbono che, sottolinea, rappresenta un atto dovuto
conseguente al verificarsi di una serie di presupposti di fatto e di diritto che passa
rapidamente ad illustrare.
Innanzitutto chiarisce che con le dimissioni rese da Massimo
Motta - che avrebbe dovuto rientrare in servizio il 1 febbraio al termine del congedo per
motivo di studio - si doveva ovviare in tempi rapidi, a causa dell'approssimarsi
dell'inizio delle lezioni, al problema della mancata copertura nel settore
SECS-P/01dell'insegnamento di Economia dei mercati, di cui Massimo Motta era il
responsabile.
Riferisce quindi che in casi come questi le linee di indirizzo
della programmazione didattica (deliberate dal Senato Accademico) richiedono di verificare
se all'interno del settore dell'insegnamento scoperto o eventualmente in settori affini
non vi sia una disponibilità di docenza non utilizzata, consentendo, solo in caso
negativo, alla facoltà, che assegna l'incarico, di nc supplenze retribuite.
Ricorda che proprio nel mese di febbraio si dimetteva dalla
carica di sindaco Flavio Delbono che si trovava in aspettativa obbligatoria proprio in
virtù della carica rivestita di sindaco e che venendo meno questa condizione era un atto
dovuto per la facoltà reintegrarlo nel ruolo di professore ordinario, previo naturalmente
suo assenso, come in effetti è avvenuto con la sua presa di servizio del 18 febbraio
2010. A quel punto era d'obbligo, tenuto conto delle linee di indirizzo della
programmazione didattica summenzionate, prendere in considerazione la disponibilità di
docenza di Flavio Delbono per coprire l'insegnamento di Economia dei mercati, considerato
che oltre ad essere professore di ruolo nel settore di tale insegnamento scoperto, era
anche in debito di docenza, avendo zero ore di insegnamento in attivo, rientrando pertanto
all'interno del suo debito istituzionale.
Diversamente, ricorrere ad una supplenza retribuita avrebbe
rappresentato un costo immotivato da far sostenere alla facoltà. Stante pertanto
l'urgenza il preside riferisce che ha provveduto ad emanare il decreto per l'attribuzione
dell'incarico, decreto che ora viene sottoposto alla ratifica del consiglio.
II consiglio di presidenza all'unanimità approva. |
Verbale del Consiglio di Facolta' di
Economia, 24 febbraio 2010
1.1. Cessazione dall'ufficio di professore straordinario i Massimo Motta
Il preside comunica che dal 1/2/2010 Massimo Motta è cessato dal servizio per volontarie
dimissioni.
Il consiglio di facoltà prende atto.
1.2. Presa di servizio di Flavio Delbono
Il preside comunica che il 18/02/2010 è rientrato in servìzio dall'aspettativa Flavio
Delbono, ordinario nel ssd SECS-/P01, "Economia politica".
Il consiglio di facoltà prende atto. |
Verbale della delibera
del Senato |
Riunione S.A del 23/3/2010 |
COMUNICAZIONE DEL MAGNIFICO RETTORE IN MERITO ALLA RIPRESA
DELL'ATTIVITA' ACCADEMICA DA PARTE DEL PROF. FLAVIO DELBONO.
Il Magnifico Rettore, anche a seguito di notizie divulgate a mezzo
stampa, ravvisa l'esigenza di fornire a questo Senato puntuali chiarimenti in merito alle
circostanze e motivazioni che hanno indotto, di recente, l'Amministrazione a reintegrare
il Prof. Flavio Delbono nei ruoli della docenza universitaria. La vicenda, per la
sua delicatezza e rilevanza, è stata gestita - assicura - nel pieno rispetto delle
prescrizioni normative vigenti, avvalendosi anche del parere di autorevoli giuslavorisiti
ed amministrativisti.
Il Prof. Fiorentini interviene, nella propria qualità
di Preside della Facoltà di Economia, al fine di precisare che, nei fatti, si è trattato
di un reintegro in ruolo, presso la Facoltà di appartenenza, di per sé conseguente, come
atto dovuto, alla cessazione del periodo di aspettativa per motivi politici, a suo tempo
riconosciuto al Prof. Delbono; in tal senso le dimissioni dalla carica di Sindaco
intervenute in data 17 febbraio scorso hanno implicato l'effetto di porre termine al
citato periodo di aspettativa, con reintegro nei ruoli universitari dal giorno successivo.
Aggiunge che, a seguito della cessazione dai ruoli (dal 31 gennaio
scorso) del Prof. Massimo Motta, al quale era stato in precedenza affidato l'insegnamento
di Economia dei Mercati del Corso di Laurea in Economia e Diritto, la Facoltà, verificato
che il Prof. Delbono era l'unico docente privo di ore di didattica e che non vi erano
ulteriori disponibilità di docenza, gli ha conferito detto insegnamento in quanto
coerente con il Settore disciplinare di inquadramento. Tale atto di conferimento si pone
pertanto in piena coerenza e sintonia con le linee di indirizzo di programmazione
didattica deliberate da questo Ateneo.
Il Senato Accademico, in forma unanime, prende atto. |
|
Ancora in evidenza,
dall'edizione precedente |
Ateneo di Bologna: una questione di separazione tra
"politica"
e "università", che la "giustizia universitaria" deve
risolvere |
Ivano Dionigi |
Il caso DELBONO finisce per lambire il
Rettorato... ,
per cui quasi quasi il Rettore sarebbe tenuto a dare
una spiegazione alla Comunità scientifica, visto che
non l'ha data a CdA e Senato
|
Gianluca Fiorentini |
Il motivo è che le omissioni
finiscono per essere associate, pur se con fantasia, a eccessivi precedenti legami
con Delbono, di persone apicali del Rettorato. Il caso più "in" è quello di
Gianluca Fiorentini, che fu membro del Comitato Elettorale di Delbono, pur essendo
Preside già allora, ed attualmente è ProRettore. |
Nino Luciani, Mi
spiego meglio ...
I fatti oggettivi rilevanti, a
carico del Rettore, sono:
1) Per un verso il Rettore ha applicato il Regolamento dell'Ateneo, che ne
colloca l'insegnamento al II ciclo, e questo (di fatto) ha sottratto Delbono all'ira degli
studenti;
2) Per un altro verso, egli non ha applicato il Codice Etico e il Codice di
comportamento che l'Ateneo si è dati nella propria autonomia e che sanzionano ogni
comportamento di, anche possibile, mobbing, sia all'interno che all'esterno dell'Ateneo,
compiuti da personale dell'Alma Mater, e questo ha sottratto Delbono alla "giustizia
universitaria";
3) Per un terzo verso egli non ha applicato la legge Brunetta che impone
l'obbligatorietà del procedimento disciplinare anche indipendentemente dal processo
penale (e questo ha sottratto Delbono alla "giustizia amministrativa statale").
Riprendo, in proposito, dalla cronaca di Bologna di un quotidiano
nazionale, l'opinione di un illustre Docente dell'Ateneo (si vegga a fianco).
Potrei quasi dire che, personalmente, se l'ex-Sindaco di Bologna, e
nostro Professore, chiedesse perdono alla Comunità scientifica per i fatti da lui stesso
ammessi, e riportati dalla stampa, e si dichiarasse pentito, per me il caso sarebbe
chiuso.
E' , però, un fatto, che le sue dimissioni da Sindaco hanno sconvolto
la vita locale, per cui l'etica della società civile richiede anche una
"riparazione" nei modi di legge.
Queste dimissioni hanno anche, in qualche modo, sconvolto l'Università, in
quanto non si è persa la memoria del fatto che egli era stato invitato
dal Rettore, a Santa Lucia, in occasione della inaugurazione dell'Anno Accademico, e con
tanto ardore da fargli pronunciare un discorso pubblico e finanche la proclamazione di un matrimonio
tra Comune di Bologna e Università.
Non solo, ma al momento delle elezioni del nuovo Rettore, Delbono
aveva votato e dichiarato pubblicamente di avere votato per Dionigi.
Non solo questo: ben due Presidi, di allora e tuttora, fecero parte del suo
Comitato elettorale.
Beninteso, anche i professori hanno le loro idee politiche ed hanno diritto
di manifestarle. Ma non è ammesso dall'etica universitaria mescolare l'Istituzione con i
partiti politici.
Di grazia, come faremo a difendere la libertà di insegnamento e di
ricerca, se portiamo in testa il "cappellino del partito", insieme al
"tocco accademico" ?
E se, poi, capita che uno di quei Presidi diventa anche ProRettore alla
Didattica, proprio quello che decide personalmente, circa la riammissione di Delbono
all'insegnamento, allora non ci sto più.
Ho già detto, più sopra, che sarei personalmente disposto metterci una
pietra sopra, se Delbono avesse dichiarato un pubblico pentimento. Ma voglio anche
precisare che non mi sento vicino nè a quelli che, sui giornali, hanno invocato una
"riflessione" prima di ammetterlo in servizio, nè a quelli che invocano la
"canea", parola usata dal Rettore, in quanto solo dopo una "condanna della
magistratura", sarebbe giustificata l'esclusione, e fino ad allora sarebbe da
presumersi l'innocenza.
Trovo ipocrita quest'ultima tesi, se è vero (e ciò risulterebbe) che
Delbono ha già fatto delle pubbliche ammissioni.
Per me, le cose sono molto più semplici. Come c'è una "giustizia
sportiva", che tutela lo sport in tempi brevi, in attesa dei tempi lunghi
della giustizia statale, così esiste una "giustizia universitaria"
per tutelare, altrettanto in tempi brevi, l'università. Difatti ci sono un Codice
etico ed un Codice di comportamento che l'AlmaMater si è dati
nella propria autonomia.
Il Rettore non vuole dare inizio ai relativi procedimenti
disciplinari, quasi che ciò rientrasse in una sua autonoma valutazione e conseguente
discrezionalità ? Sappia che se ne assume la responsabilità sotto ogni diverso
profilo, giudiziale e non, e che la cosa non rimane dentro il Rettorato, come è
stato dimostrato da tante lettere di cittadini bolognesi ai giornali locali e alla cronaca
di Bologna di quotidiani nazionali.
Il Rettore Dionigi dovrebbe spiegarne i motivi alla Comunità
scientifica che ha l'ha eletto, e che dunque se, a sua volta, non procedesse come per
legge e secondo quanto impongono i Due codici, mantenendo un silenzio inspiegabile,
incorrerebbe, a sua volta, in una rispettiva responsabilità. Nino Luciani
|
|
|
Comitato
|
In margine al Discorso del Rettore, in
Inaugurazione dell'anno accademico
Gianni Porzi*,
L'ATENEO NEL 2010
Anche notizie
dal CdA: Rapporto di A. Zago e F. Lopriore
* Rappresentante del Governo
nel CdA dell'Università di Bologna |
CdA, Rapporto di
Antonella ZAGO e F. LOPRIORE
Notizie |
1.- Sul Dr. G.
Colpani, neo Direttore Amm.vo, sul Delegato al Personale e sul discusso bando...
2.- Sulla Azienda
Agraria |
1. - Dr. Giuseppe Colpani, Cda del 19 gennaio
a) Il dott. Colpani, nuovo direttore amministrativo dell'ateneo, ha
presentato il suo programma di lavoro definendo come prioritaria la riorganizzazione
dell'amministrazione nel senso di un forte snellimento con riduzione anche del numero di
dirigenti. Si è soffermato inoltre sulla valutazione degli stessi sostenendo che, se
molto è stato fatto nel passato, oggi comunque si deve intervenire per semplificare gli
indicatori della valutazione e definire in modo più chiaro e semplice la filiera delle
responsabilità. Anche i comportamenti del dirigente, e non solo quindi il risultato
raggiunto, risulta per il direttore amministrativo un elemento importante. Sul fronte
risorse è necessario, secondo Colpani, un controllo di gestione che porti ad una migliore
verifica dei flussi.
Il rapporto con il personale tecnico amministrativo invece dovrebbe
essere improntato alla fine della contrapposizione tra personale docente e personale
tecnico amministrativo in quanto quest'ultimo, pur non essendo sempre impegnato
direttamente nella didattica e nella ricerca, svolge comunque un ruolo determinante
nell'attività generale e per questo deve essere considerato una risorsa importante.
Crediamo che con la sua essenzialità, chiarezza e soprattutto
precisione, il dottor Colpani si sia soffermato su punti sui quali anche noi da tempo
abbiamo chiesto di intervenire. Ad oggi ovviamente non possiamo esprimere una fiducia
incondizionata in quanto purtroppo l'esperienza passata ci ha dimostrato ancora una volta
che sono i fatti a fare la differenza e non le parole. Ci sentiamo comunque di esprimere
il nostro apprezzamento auspicando di poter presto verificare che finalmente nel nostro
ateneo alle belle parole e alle buone intenzione possano seguire
anche delle buone azioni.
b) La delega al Personale e il discusso bando ... .Un
momento importante che segnerà davvero una svolta oppure una piena continuità con il
passato - e la nostra piena delusione -, sarà la nomina del delegato al personale che
ancora non c'è. Abbiamo già chiesto formalmente, e più volte, al Rettore di non
riconfermare il professor Gatta. Non abbiamo bisogno di una così forte continuità con
quella politica ingiustamente persecutoria per il personale tecnico amministrativo che ha
portato ad umiliazioni gratuite per il personale e diseconomie on indifferenti per
l'ateneo. Solo un nuovo delegato al personale potrebbe ad oggi convincerci che davvero
questo Rettore e il direttore amministrativo hanno intenzione di cambiare davvero rotta!
Il tanto discusso bando per l'assunzione di un esterno
al DSAW (Direzione e Sviluppo delle Attività Web) è stata ancora una volta affrontata in
consiglio di amministrazione. Dopo le interrogazioni del professor Porzi e l'integrazione
di Zago nel merito di tale selezione, il Rettore ha deciso di sospendere la procedura di
selezione. Tale scelta si fonda però non sul fatto che il rettore abbia scelto di non
coprire più il posto, come qualcuno ultimamente ha comunicato al personale tecnico
amministrativo, ma da un problema di interpretazione normativa sulla quale non c'è stata
chiarezza fino a qualche giorno fa. Le tante interrogazioni che a partire dal 29 settembre
2009 sono state presentate da Zago, Lopriore e Porzi, dove i tre consiglieri sostenevano
che l'Università è sottoposta al controllo preventivo della Corte dei Conti hanno visto
le risposte, reiterate fino al 15 Gennaio 2010, della
dottoressa Fabbro prima e del dottor |
Gianni
Porzi, L'Ateneo nel 2010
1.- Negli ultimi tempi ho sentito spesso dichiarazioni di grande
preoccupazione per il destino dell'Istruzione in Italia, e dell'Università in
particolare, a causa dei tagli annunciati nella Finanziaria 2009 che dovevano ammontare a
678 Ml, cioè il 10% dei 6.826 Ml stanziati nel 2009.
Grida d'allarme da più parti (alcuni strumentali) perché con i tagli
all'Istruzione veniva minacciata la Cultura del nostro Paese il cui futuro veniva
frequentemente dipinto a tinte fosche. Nessuno però che abbia ricordato che fino al 2009,
incluso, i finanziamenti statali erogati alle Università italiane sono stati in costante
crescita.
Il Rettore, in occasione dell'inaugurazione dell'Anno Accademico 2009-10, ha
espresso forti preoccupazioni per i pesanti tagli del fondo finanziamento ordinario che
potrebbero arrivare nel 2011. Era infatti già a conoscenza che, grazie al grande impegno
profuso dal Ministro Gelmini nel reperire maggiori risorse finanziarie per l'Università e
anche alle entrate derivanti dallo scudo fiscale, la Finanziaria 2010 ci aveva riservato
la gradita sorpresa di un taglio nettamente inferiore ai 678 Ml previsti, e cioè di 278
Ml (pari al 4% del finanziamento erogato nel 2009).
Tenendo poi presente che verranno stanziati anche 40 Ml per nuovi posti di
Ricercatore (circa 800), il taglio risulta ulteriormente ridimensionato.
Il nostro Ateneo, presumibilmente subirà una diminuzione del finanziamento
ordinario di 15-16 Ml (cioè, 385 Ml contro i 400 Ml ricevuti nel 2009), calo che non
creerà particolari problemi per il bilancio del 2010.
E' ovvio che i tagli non sono graditi da parte di chi deve subirli, ma è cosa poco
piacevole anche per chi è costretto a farli. Dico costretto perché è a tutti nota la
crisi economica che ha colpito il nostro Paese, e non solo; inoltre, il 2009 è stato,
purtroppo, anche un anno funestato da calamità naturali molto gravi sotto tutti gli
aspetti.
Non può essere tuttavia ignorato che nel nostro Ateneo vi sono spese non tutte
essenziali che vanno quindi eliminate senza esitazioni e ritengo sia questa l'occasione
per gestire con rigore le risorse disponibili e per mettere ordine nei conti operando una
riqualificazione e una razionalizzazione della spesa.
Non vorrei essere pessimista, ma probabilmente il periodo della costante crescita
dei finanziamenti statali é finito e quindi chi ha responsabilità nel governo
dell'Ateneo dovrà utilizzare tutte le risorse (umane e finanziarie) in modo più oculato
attenendosi al "principio di economicità" al quale l'Ateneo non ritengo si sia
sempre ispirato (anche in tempi recenti, nonostante la crisi economica fosse già alle
porte. Testimonianza ne è il numero eccessivo di Corsi, di Docenti esterni, di Dirigenti
e di contratti con personale esterno non sempre essenziali (finiti anche recentemente
sulla stampa locale).
Mi auguro che i nuovi Vertici dell'Ateneo, coadiuvati da Organi Accademici consapevoli
della grande responsabilità morale e giuridica della quale sono investiti, riescano in
questo compito impegnativo. Occorrerà, da parte di tutti coloro che hanno responsabilità
di governo e in particolare del Rettore, molta determinazione e polso ben saldo per tenere
la barra dritta verso l'obiettivo di interesse comune, anche per la Città di Bologna, e
cioè quello di riportare l'Alma Mater ad occupare livelli più consoni al suo prestigioso
passato. Anche perché ciò consentirà all'Ateneo di ricevere "risorse
aggiuntive" grazie ai criteri di valutazione del Ministero in base ai quali agli
Atenei migliori andrà quella "quota premiale" pari al 7% del finanziamento
ordinario totale. Gianni Porzi |
Menna poi, che sostenevano il contrario! Finalmente,
seppur con ritardo, è stata fatta un po' di chiarezza e come avete visto è arrivata una
nuova circolare, la terza in 5 mesi, che sostiene appunto che tali contratti debbano
essere inviati alla Corte dei Conti.
Nel frattempo, la selezione è già avvenuta,
ma la stipula del contratto di cui tanto si è discusso è stata sospesa
in attesa dell'esito del controllo della Corte dei Conti e non ritirata
definitivamente".
A proposito di bandi di selezioni di professionalità
di questo tipo come anche di quella che verrà bandita per l'ufficio stampa (vedi
interventi completi sul sito) Lopriore ha evidenzito che molto spesso il personale
interno, seppur in possesso dei requisiti professionali del caso e pur avanzando la
propria disponibilità non riescono ad accedere a tali posizioni semplicemente perchè il
direttore o responsabile di struttura non concede il nulla osta. Ha chiesto che tale
problema venga immediatamente risolto concedendo così al personale interno la
possibilità di esprimere la propria professionalità con un conseguente risparmio anche
per l'amministrazione.
In questa vicenda un plauso di merito va dato anche a coloro che ci segnalarono
l'erronea interpretazione della direzione amministrativa e che convintamente condividemmo.
Ci riferiamo ai diversi colleghi che, a dispetto delle loro capacità e delle loro
responsabilità, non "superano" mai le progressioni da EP"!! Chissà
com'è? AZ, FL
2. - Sul personale tecnico-amministrativo e l'Azienda Agraria (CdA del 15 Dicembre 2009)
2.1.- Personale. Due sono state le richieste rivolte al
Rettore da Antonella Zago e Francesco Lopriore, rappresentanti del personale tecnico
amministrativo in Consiglio di Amministrazione:
a) un semplice impegno scritto a trovare risorse per il personale tecnico amministrativo
che ha visto ridursi il fondo integrativo di 1 milione di euro nel solo 2009;
b) e una garanzia di lavoro per i dipendenti dell'azienda agraria che da molti anni
vivono una situazione di drammatica precarietà: se si ammalano sono letteralmente espulsi
e se piove non sono pagati.
Ci aspettavamo un segnale di apertura nei confronti del personale ma
questo non solo non è avvenuto ma le motivazioni addotte dal rettore sono davvero
preoccupanti. Non sono certo di poter fare quanto mi chiedete. Se il rettore
uscente decideva da solo e snobbava spesso il Consiglio di Amministrazione, il nuovo
rettore sembra non aver chiaro il suo ruolo: proporre al Consiglio la sua politica del
personale e intervenire prendendosi le responsabilità in caso di carenza dei dirigenti!
Se sulle risorse la questione verrà da noi riproposta con la speranza che la decisione
finale vada nel senso di un riconoscimento dello sforzo notevole che al personale
amministrativo verrà chiesto nel 2010 data la riorganizzazione dell'intero ateneo sulla
base della riforma Gelmini, più grave è la posizione di incertezza del Rettore sulla
questione degli operai agricoli.
2.2. Azienda Agraria. La nostra richiesta infatti era
semplice: in attesa di entrare nel merito della riorganizzazione della Azienda Agraria,
garantire i contratti a tutti gli operai agricoli che da anni ci lavorano in attesa di
definire le mosse future facendogli così passare un Natale sereno. Il rettore ha
garantito il rinnovo del direttore gestionale un esterno pagato più di 5 mila euro
al mese per tre giornate lavorative a settimana - ma non si è impegnato invece sugli
operai. Il direttore gestionale ha un contratto di prestatore d'opera e secondo il rettore
è l'unico che può intervenire e decidere in autonomia sui contratti da rinnovare.
Ecco cosa ci sconvolge! Come può essere che un esterno che gestisce una struttura
dell'ateneo di Bologna possa decidere in autonomia il fabbisogno?
Sembra che il rettore non abbia chiaro il suo ruolo: la definizione della politica del
personale compete al Consiglio di Amministrazione e nemmeno un direttore di dipartimento
può autonomamente decidere chi e come assumere se non in pochissimi casi in cui le
attività sono legate a dei progetti. All'Azienda Agraria invece il personale lavora con
contratti che scadono ogni anno e svolge mansioni di ordinaria amministrazione. Un esempio
è la manutenzione dei parchi e dei giardini dell'ateneo, funzione svolta appunto dalla
sezione parchi e giardini della stessa azienda. I giardini non sono diminuiti ma sembra
che ci siano dei dubbi sull'apertura di alcuni contratti di lavoro per gennaio 2010.
Qualcuno perderà il posto? Chiedevamo una rassicurazione in tal senso: perchè far
passare un Natale sulla graticola ad alcuni lavoratori?
Avevamo posto la questione al rettore al momento del suo insediamento e il
fatto che ancora oggi non ci sia stata risposta è grave. Comprendiamo che il timore del
Rettore può essere dato anche dalle mancanze che i dirigenti del personale hanno
dimostrato in questi ultimi anni nello svolgere il loro lavoro. Questi ultimi, e
soprattutto l'attuale, infatti, avrebbero dovuto intervenire molto prima con una
definizione giuridica della situazione e con un aggiustamento definitivo della questione.
Invece se ne sono disinteressati e hanno lasciato fare al direttore esterno.
D'altronde non ci sono sanzioni! O meglio dei lavoratori sembra che a nessuno
gliene importi! Dal nuovo rettore però ci aspettavamo idee chiare e scelte radicali.
Soprattutto quando si tratta di garantire semplicemente un Natale sereno a
lavoratori che da tempo hanno garantito i servizi all'ateneo! Costa veramente poco! Le
condizioni per intervenire ci sono tutte: l'azienda è una articolazione dell'università
e non una azienda privata, esiste una latitanza nel dare risposte certe e risolutive da
parte dell'attuale dirigente del personale e non esiste un progetto di riorganizzazione o
di tagli del personale definiti dal Consiglio di Amministrazione! Il rettore secondo noi
ha quindi il potere di intervenire!
Ad oggi i rapporti con i lavoratori non possono che peggiorare!
AZ, FL |
|
|
Diffuso da AFORUM l'andamento delle immatricolazioni
degli studenti per il 2009-10
Risultato
confortante nel complesso: + 3% |
ALMA MATER
STUDIORUM - UNIVERSITA' DI BOLOGNA
Nota. Unicamente per chiarezza, si
fa notare che le variazioni percentuali riguardano i dati di ottobre 2009
rispetto ai dati di ottobre 2008. Il fatto di aver riportato i dati di dicembre 2008
indica solo che, probabilmente,
i dati di ottobre 2009 saranno rivisti al rialzo, a fine anno.
Immatricolazioni degli studenti |
27ott.2008
(a) |
31dic.
2008
(b) |
27ott.2009
(c) |
Variazione
% (c/a) |
TOTALE ATENEO
"Alma Mater" |
16493 |
|
17002 |
+3,09% |
|
|
|
|
|
Sede Di
Bologna |
11815 |
14100 |
12113 |
+2,52% |
Facolta' Di
Agraria |
215 |
251 |
302 |
+40,47% |
Facolta' Di
Chimica Industriale |
105 |
111 |
79 |
-24,76% |
Facolta' Di
Economia |
946 |
1130 |
980 |
+3,59% |
Facolta' Di
Farmacia |
585 |
632 |
811 |
+38,63% |
Facolta' Di
Giurisprudenza |
934 |
1019 |
1162 |
+24,41% |
Facolta' Di
Ingegneria |
1775 |
2072 |
1715 |
-3,38% |
Facolta' Di
Lettere E Filosofia |
2364 |
3049 |
2175 |
-7,99% |
Facolta' Di Lingue
E Letterature Straniere |
825 |
912 |
842 |
+2,06% |
Facolta' Di
Medicina E Chirurgia |
717 |
760 |
694 |
-3,21% |
Facolta' Di
Medicina Veterinaria |
135 |
170 |
116 |
-14,07% |
Facolta' Di
Psicologia |
15 |
51 |
13 |
-13,33% |
Facolta' Di
Scienze Della Formazione |
909 |
1063 |
807 |
-11,22% |
Facolta' Di
Scienze Mat. Fisiche E Naturali |
1187 |
1472 |
1129 |
-4,89% |
Facolta' Di
Scienze Motorie |
217 |
286 |
189 |
-12,90% |
Facolta' Di
Scienze Politiche 966 |
893 |
|
749 |
-16,13% |
Facolta' Di
Scienze Statistiche |
137 |
229 |
133 |
-2,92% |
|
|
|
|
|
Sede Di
Cesena |
899 |
1187 |
924 |
+2,78% |
Facolta' Di
Agraria |
109 |
123 |
105 |
-3,67% |
Facolta' Di
Architettura |
136 |
138 |
117 |
-13,97% |
Facolta' Di
Medicina Veterinaria |
33 |
37 |
46 |
+39,39% |
Facolta' Di
Psicologia |
349 |
548 |
340 |
-2,58% |
Facolta' Di
Scienze Mat. Fisiche E Naturali |
86 |
110 |
69 |
-19,77% |
Seconda Facolta Di
Ingegneria |
186 |
231 |
247 |
+32,80% |
|
|
|
|
|
Sede Di
Forli |
1648 |
1965 |
1598 |
-3,03% |
Facolta' Di
Economia - Sede Di Forli' |
608 |
741 |
529 |
-12,99% |
Facolta' Di
Scienze Politiche "Roberto Ruffilli" (Con Sede A Forli') |
673 |
764 |
675 |
+0,30% |
Scuola Superiore
Di Lingue Moderne P.I.ET. |
210 |
272 |
199 |
-5,24% |
Seconda Fac. Di
Ingegneria -Sede A Cesena |
157 |
188 |
195 |
+24,20% |
|
|
|
|
|
Sede Di
Ravenna |
753 |
919 |
839 |
+11,42% |
Facolta' Di
Chimica Industriale |
14 |
15 |
29 |
+107,14% |
Facolta' Di
Conservazione Dei Beni Culturali |
201 |
313 |
187 |
-6,97% |
Facolta' Di
Giurisprudenza |
210 |
231 |
241 |
+14,76% |
Facolta' Di
Ingegneria |
94 |
113 |
181 |
+92,55% |
Facolta' Di
Medicina E Chirurgia |
142 |
143 |
141 |
-0,70% |
Facolta' Di
Scienze Mat. Fisiche E Naturali |
92 |
104 |
60 |
-34,78% |
|
|
|
|
|
Sede Di
Rimini |
1378 |
1572 |
1528 |
+10,89% |
Facolta' Di
Chimica Industriale |
33 |
35 |
30 |
-9,09% |
Facolta' Di
Economia - Sede Di Rimini |
460 |
546 |
501 |
+8,91% |
Facolta' Di
Farmacia |
190 |
201 |
242 |
+27,37% |
Facolta' Di
Lettere E Filosofia |
205 |
257 |
235 |
+14,63% |
Facolta' Di
Medicina E Chirurgia |
212 |
212 |
193 |
-8,96% |
Facolta' Di
Scienze Della Formazione |
128 |
157 |
180 |
+40,63% |
Facolta' Di
Scienze Motorie |
101 |
102 |
90 |
-10,89% |
Facolta' Di
Scienze Statistiche |
49 |
62 |
57 |
+16,33% |
Totale Ateneo |
16493 |
19743 |
17002 |
+3,09% |
|
Fonte. Elaborazioni su dati AFORM dell'Ateneo di Bologna |
|
Il Decreto Direttoriale
del Dr. Antonello Masia
8 luglio 2009 prot. n. 82/2009 |
FONDI ALLE UNIVERSITA' per totali 63.578.634,00
(di cui 3.707.923,00 per Bologna.
Fonte: http://www.miur.it/0006Menu_C/0012Docume/0015Atti_M/7895Progra_cf2.htm)
per la programmazione delle
stesse in base a indicatori di merito (D.M. Mussi n.506/ 2007)
(Fonte:http://programmazione-triennale.cineca.it/report/home_indicatori.php)
Nell'estate il Governo ha
distribuito alle università statali e non statali, ed istituti ad ordinamento speciale
una quota del FFO per il 2009 (legge finanziaria 2009, tabella C e modifiche) per la
programmazione e valutazione delle università in base a indicatori di merito. Questi
erano stati inventati dal Ministro Fabio MUSSI nel 2007. Sono riportati qui sotto, perchè
chiunque constati che si tratta di meri dati statistici, che non hanno nulla a che fare
con la promozione della "meritocrazia", quella "cosa" inventata dai
Cinesi per salvare il sistema comunista, dopo la rivolta di piazza Tien An Men, 1989.
Quella "cosa", inventata da chi "crede" (come Mussi) in
quel sistema, si può capire. Ma oggi c'è un Ministro "liberale"...
E' anche colpevole presunzione credere che, da Roma, si possa regolare le
Università locali, anche nelle piccole cose. |
Indicatori (o parametri) di merito del Decreto Ministeriale 18 ottobre 2007 prot.
n. 506/2007, usati dal D.D. (vedi sopra) per la valutazione (ex post) dei risultati
dell'attuazione dei programmi delle Università.
NOTA. Gli Indicatori sono costruiti attingendo a dati statistici degli anni 2004,
2005, 2006, 2007, 2008. La loro esposizione, qui sotto, è in parte riscritta da noi per
una facile lettura e comprensione.
A) Indicatori
dell' OFFERTA FORMATIVA
A.1*. - Rapporto tra Numero (di corsi di laurea e di
laurea magistrale in possesso dei requisiti qualificanti attivati)
e Numero (di corsi di laurea e di
laurea magistrale complessivamente attivati)
- A.2* .- Rapporto tra Numero (di immatricolati
ai corsi di laurea magistrale, che hanno conseguito la laurea in un altro Ateneo in un
numero di anni non superiore alla durata normale delle stessa, aumentata di un anno) e Numero (di immatricolati totali ai corsi di
laurea magistrale)
- A.3 - Rapporto tra Numero (di docenti di
ruolo appartenenti a SSD di base e caratterizzanti i corsi di laurea e di laurea
magistrale attivati) e Numero (di corsi di
laurea e di laurea magistrale attivati)
B) RICERCA
SCIENTIFICA
- B.1*.- Rapporto tra Numero (di
professori di ruolo e di ricercatori di ruolo che hanno avuto giudizio positivo su PRIN,
FAR e FIRB) e Numero (di professori di ruolo e
di ricercatori di ruolo appartenenti allAteneo)
- B.2.- Rapporto tra Numero (di borse di studio
a concorso per il dottorato di ricerca) e Numero
(di corsi di dottorato di ricerca attivati)
- B.3 .- Rapporto tra Numero (di borse di
studio a concorso per il dottorato di ricerca finanziate dallesterno) e Numero (di borse di studio a concorso per il
dottorato di ricerca)
- B.4 - Rapporto tra Uscite
(di bilancio per la ricerca scientifica) e Numero
(di professori di ruolo e di ricercatori - di ruolo, ovvero di cui allart. 1, comma
14, della legge n. 230/2005- ).
- B.5. - Rapporto tra Entrate (di bilancio per la ricerca scientifica
provenienti da entità esterne allAteneo) ed Entrate (di bilancio
complessive per la ricerca scientifica).
C) SERVIZI A
FAVORE DEGLI STUDENTI
- C.1.- Rapporto tra Numero (di studenti
che abbiano acquisito almeno 50 CFU nella.a. t-1, iscritti al secondo anno dello
stesso corso di studio nellanno t) e Numero
(di studenti immatricolati nellanno t-1)
- C.2 .- Rapporto tra Numero (di studenti iscritti che
hanno avviato uno stage) e Numero (di studenti
iscritti nellAteneo)
- C.3* .- Rapporto tra Numero (di laureati, che
hanno svolto uno stage post-laurea (in Italia o allestero) entro un anno dal
conseguimento del titolo e Numero (di
laureati)
- C.4* .- Rapporto tra Numero (di laureati
dellanno t che hanno trovato lavoro entro un anno dal conseguimento del titolo) e Numero (di laureati dello stesso anno)
- C.5* .- Rapporto tra Numero (di CFU acquisiti
in apprendimento permanente) e Numero (di CFU
acquisiti nei corsi di studio nello stesso anno)
D) PROGRAMMI
DI INTERNAZIONALIZZAZIONE
- D.1 .- Rapporto tra Numero (di studenti
iscritti, che hanno partecipato a programmi di mobilità internazionale) e Numero (di studenti iscritti nello stesso anno)
- D.2 .- Rapporto tra Numero (di studenti
stranieri iscritti ai corsi di laurea magistrale) e
Numero (di studenti iscritti ai corsi di laurea magistrale)
- B.3 .- Rapporto tra Numero (di studenti
stranieri iscritti ai corsi di dottorato) e
Numero (di studenti iscritti ai corsi di dottorato)
- B.4 .- Rapporto tra Entrate (di bilancio acquisite mediante
contratti/convenzioni con agenzie e enti, esteri e internazionali) ed Entrate di
bilancio (complessive, al netto di quelle in conto capitale e per partite di
giro)
E) DATI
RELATIVI AL PERSONALE, IVI COMPRESO IL RICORSO ALLA MOBILITA'
- E.1 .- Rapporto tra Costo (del personale di ruolo e non) ed
Entrate (di bilancio complessive, al netto di quelle in conto capitale e per
partite di giro)
- E.2 .- Rapporto tra Punti organico (utilizzati per lassunzione di
professori ordinari e associati dallAteneo, precedentemente non appartenenti allo
stesso Ateneo) e Punti organico (complessivamente utilizzati
dallAteneo)
- E.3.- Rapporto tra Punti organico (destinati a Facoltà con rapporto
studenti/docenti di ruolo superiore alla mediana nazionale) e Punti organico
(complessivamente destinati per il personale dellAteneo
- E.4 - Rapporto tra Punti organico (utilizzati per lassunzione di
ricercatori) e Punti organico (utilizzati complessivamente.)
* Indicatore non calcolato, perché i dati sono parzialmente disponibili o
totalmente indisponibili. |
Nino Luciani, Indicatori di risultato ?
E se, invece, si ripartisse dalla legge Ruberti del 1989, pur se da adeguare ai tempi ?1.- Dubbi
sull'efficacia degli indicatori. Pur ipotizzando a-priori, come adeguati, questi
indicatori, viene istintivo domandarsi se essi sono idonei a promuovere il
"buongoverno".
a1) Per l'indicatore A.1, la risposta può essere SI', ma va fatta
una distinzione da caso a caso. In una università nascente, in un'area depressa, è
necessaria una tolleranza per un determinato numero di anni, finchè essa prenda piede.
Inoltre, dal punto di vista del bilancio pubblico, c'è anche il costo del
trasporto (se le sedi sono molte nel territorio, i costi di trasporto pubblico sono bassi;
se le sedi sono poche, i costi di trasporto sono
alti).
a2) Questo indicatore non è modificabile dai comportamenti di un
Ateneo;
.....
.....
c1) Questo indicatore può valere per promuovere comportamenti virtuosi,
ma anche il contrario (es.: promuovere tutti gli studenti, anche i non meritevoli, per
ottenere maggiori finanziamenti).
....
....
2.- Altro tipo di osservazioni.
I dati statistici utilizzati per costruire gli indicatori, a volte sono relativi a vari
anni addietro, a volte sono incompleti, altre volte non esistono. Purtroppo questo è il
destino delle strutture pubbliche: serve incentivare il merito, ma i meccanismi premiali
non possono funzionare.
E' permesso ricordare che l'Unione Sovietica è crollata largamente per la
difficoltà di guidare le strutture produttive in base a criteri economici ? E' permesso
ricordare che la ritrovata "meritocrazia cinese" è fondata sul "socialismo
di mercato, vale dire facendo regolare le imprese pubbliche con i prezzi di mercato ?
Nelle strutture pubbliche gli indicatori statistici vanno utilizzati come "ultima spiaggia", quando non cè
nessun indicatore di merito, a cui attaccarsi per incentivare risultati virtuosi. E questo
è il caso (più frequente) della Pubblica Amministrazione, i cui servizi sono ad utilità
"totalmente indivisibile".
Invece, nel caso dell'università, è possibile applicare il
criterio del beneficio (tipico del mercato), perché linsegnamento universitario ha
una utilità "parzialmente divisibile". In questo senso è possibile applicare
il criterio del beneficio: vale dire un prezzo (pro quota "parte divisibile") ai
richiedenti il servizio e, invece, il finanziamento statale, per la restante parte
"indivisibile" ( ossia a "utilità pubblica").
Ma, occorre farlo cum grano salis, perchè c'è di mezzo il diritto
allo studio. Vediamo poi.
4.-
Legge Ruberti n. 168/1987, art. 7. Direi che questa legge abbia dato l'autonomia
finanziaria, salvaguardando (sia pur in parte) il criterio del beneficio. Più tardi, non
sarà più così. Vediamo:
a) L'art. 7 disponeva
che le entrate delle università siano "trasferimenti dello Stato" e
"contributi obbligatori nei limiti della normativa vigente".
Per trovare questi limiti occorre risalire alla legge
1551/1951 (una curiosità: fu firmata da A. De Gasperi).
b) La Legge 1551/1951 dispone:
1. - il contributo statale alle università
(art. 1), da ripartire (si noti bene) "tenendo presenti principalmente il numero
delle facoltà e degli studenti, il tipo delle facoltà, lo stato delle attrezzature
scientifiche, le necessità dell'assistenza agli studenti."
2. - le tasse, sopratasse, contributi, diritti
di segreteria degli studenti, fissate dalla legge;
3. - che il CdA delle Università
possa istituire:
- un contributo integrativo unico studentesco
per 3 anni (art. 8);
- speciali contributi
studenteschi per biblioteche e per ogni istituto scientifico, destinati a spese di
laboratorio, di esercitazioni e di riscaldamento (art. 11);
- contributi fino alla misura di lire 1000
per ciascuno studente in corso e fuori corso, per le attività assistenziali e sportive
delle organizzazioni rappresentative studentesche;
- un contributo suppletivo (pari al 30% della
tassa annuale di iscrizione) per gli gli studenti appartenenti a famiglie che dispongano
di un reddito complessivo annuo superiore a tre milioni di lire.
5.- Legge 537/1993. Dopo Ruberti, come
novità viene istituito il FFO, "nel quale sono comprese una quota base (da
ripartirsi tra le università in misura proporzionale alla somma dei trasferimenti statali
e delle spese sostenute direttamente dallo Stato per ciascuna università nell'esercizio
1993), e una quota di riequilibrio, da ripartirsi sulla base di criteri
relativi a standard dei costi di produzione per studente e agli obiettivi di
qualificazione della ricerca, tenuto conto delle dimensioni e condizioni ambientali e
strutturali".
La genericità della legge fu eccessiva.
Inizierà da qui l'arbitrio dei vari governi, e la graduale deresponsabilizzazione sia del
Governo sia delle Università e di conseguenza saranno necessari nuovi correttivi con
legge 306. |
6.- La successiva Legge 306/1997 dispone:
- art. 2. "I contributi universitari sono
determinati autonomamente dalle università in relazione ad obiettivi di adeguamento della
didattica e dei servizi per gli studenti, nonchè sulla base della specificità del
percorso formativo";
- purchè (art.3)
"secondo criteri di equità e solidarietà" e comunque (art. 5) "la
contribuzione studentesca non può eccedere il 20% del finanziamento ordinario annuale
dello Stato".
Segue la legge 449/1997,
con limite anche dal lato spesa: (art. 5) "Le spese fisse e obbligatorie per il
personale di ruolo delle università statali non possono eccedere il 90 per cento del
fondo per il finanziamento ordinario";
e seguirà tutto il resto ...., più
tardi, finchè si arriverà alla meritocrazia cinese attuale, da cui abbiamo preso le
mosse in questo commento.
5.-
Conclusione: la retta via finanziaria. Direi che sia da reintrodurre la legge Ruberti,
salvo adeguamenti al tempo.
Precisamente andrebbe separata lamministrazione locale (da far regolare con
criteri aziendali), dal diritto allo studio (da caricare sullo Stato, che lo gestisce in
modo diretto). Di conseguenza:
1) le università delibererebbero liberamente
i contributi studenteschi, fermo rigorosamente il pareggio del bilancio;
2) il FFO andrebbe ripartito tra le università in base al numero degli studenti,
moltiplicato il costo standard per studente.
Metterei il solo vincolo che il numero degli studenti per insegnamento non
possa superare un determinato numero (es. 60 studenti per le materie umanistiche; 30 per
le materie associate a prove di laboratorio);
4) lo Stato dovrebbe erogare direttamente borse di studio o bonus università,
differenziatamente per studente in base al merito e al bisogno. Nino Luciani
P.S.- Quanto sopra riguarda solo la parte finanziaria. Le grandi regole per il controllo
di qualità del processo e del prodotto (didattica, concorsi,
) dovrebbero restare
prerogative centralizzate |
|
Disegno
di legge quadro (informale del Miur) in materia di organi di governo, organizzazione e
qualità del sistema universitario, riordino del reclutamento dei professori e dei
ricercatori universitari e delega sul diritto allo studio |
|
TESTO ORIGINALE
|
|
EMENDAMENTI proposti dal prof. Nino Luciani, ord. di Scienza
delle Finanze nellUniversità di Bologna, già membro del Consiglio di
Amministrazione e del Senato Accademico Integrato dell'Univ. di Bologna. |
TITOLO I |
Nuovo testo, risultante,
dopo gli emendamenti |
ORGANIZZAZIONE
DEL SISTEMA UNIVERSITARIO |
|
Articolo 1 |
|
|
|
Autonomia e
responsabilità delle università |
|
1. Le
università sono sede della libera formazione e della trasmissione critica dei saperi,
coniugano in modo organico ricerca e didattica avanzata e continuata e operano per il
progresso culturale, civile ed economico della Repubblica. |
1. Le
università sono sede della libera formazione e della trasmissione critica dei saperi,
coniugano in modo organico ricerca e didattica avanzata e continuata e operano per il
progresso culturale, civile ed economico della Repubblica. |
2. In
attuazione dell'articolo 33 della Costituzione ciascuna università opera ispirandosi a
princípi di autonomia e di responsabilità. |
2. In
attuazione dell'articolo 33 della Costituzione ciascuna università opera ispirandosi a
princípi di autonomia e di responsabilità. |
|
Lo Stato
finanzia la gestione corrente delle Università in base a piani decennali, nei quali sono
concordate le prestazioni, richieste, di ricerca e di didattica a favore dello Stato e,
per esso, agli studenti. |
|
Lapplicazione
dei criteri, di cui ai commi precedenti, è subordinata allaccreditamento delle
Università medesime presso lo Stato. |
|
Laccreditamento
avviene sulla base della verifica dei requisiti tecnici standard delle Università circa
la dimensione, in termini di numero di studenti, e di organico del personale docente,
tecnico e amministrativo. |
|
Fermo quanto
previsto dall'art. 3 e, tenuto conto della legge vigente (sui Megatanei
), le
università con un numero di studenti superiore a 40.000 dovranno essere frazionate. |
|
Le Facoltà
con un numero di studenti superiore a 7.000 devono essere frazionate. |
|
Sono ammesse
temporaneamente università con un numero di studenti inferiore ad un determinato
standard, se esse sono riconosciuto dallo Stati come università regionali, e
comunque per una durata non superiore ad un determinato tempo (20 anni ?) |
|
Il
finanziamento statale in conto corrente delle Università avviene in rapporto al numero
degli studenti differenziamente tra università umanistiche e università scientifiche, e
tuttavia previa verifica dei requisiti tecnici dei corsi di studio, i cui insegnamenti non
potranno avere, singolarmente, un numero di studenti superiore ad un determinato minimo e
massimo, e differenziatamente tra insegnamenti tecnici ed insegnamenti umanistici, e con
ulteriori eccezioni relative agli insegnamenti di importanza strategica nazionale.
Sono abrogate le norme vigenti sul riparto del FFO in base a parametri multipli
differenziati. |
|
Le
Università operano sulla base di programmi annuali e decennali. |
|
Esse sono
tenute al pareggio del bilancio. Sono abrogate le norme che pongono limiti alla
discrezionalità di spesa delle università, ad eccezione di quelle relative ai
finanziamenti statali e destinazione vincolata. |
|
Le
Università sono dotate di finanziamenti costituiti: |
|
- dal
finanziamento statale in conto corrente, proporzionato al numero degli studenti; |
|
- da
prestiti statali di medio-lungo termine, in relazione a investimenti. In ogni caso
lammontare dei prestiti non può superare una somma tale per cui la somma degli
interessi superi il 25% del finanziamento statale della gestione corrente; |
|
- dai
contributi studenteschi, determinati liberamente, e comunque col vincolo che essi non
superino il 30% della spesa corrente, tenuto conto delle norme sul diritto allo studio, di
cui al comma 3; |
|
- da altre
entrate provenienti da privati e da enti pubblici a titolo di liberalità o
controprestazioni di servizi (insegnamenti, ricerca scientifica, altri servizi). |
3. Al fine di
rimuovere le barriere di accesso allistruzione universitaria degli studenti
meritevoli e privi di mezzi il Ministero dellistruzione delluniversità e
della ricerca, di seguito denominato "Ministero", attua e monitora specifici
programmi per la concreta realizzazione del diritto allo studio. |
3. Al fine di
rimuovere le barriere di accesso allistruzione universitaria degli studenti
meritevoli e privi di mezzi il Ministero dellistruzione delluniversità e
della ricerca, di seguito denominato "Ministero", attua e monitora specifici
programmi per la concreta realizzazione del diritto allo studio.
Lo Stato finanzia il diritto allo studio con rapporto diretto con gli studenti,
tenuto conto del bisogno e del merito.
Il finanziamento avviene sotto forma di borse di studio e di buoni università
spendibili per le iscrizioni ai corsi di laurea triennale e magistrale, presso le
università da loro scelte liberamente.
Sono abrogate le norme sul diritto allo studio di competenza delle università. |
|
|
4. Il Ministero
fissa obiettivi e indirizzi strategici per il sistema universitario e le sue componenti e
ne verifica e valuta i risultati secondo criteri di qualità, trasparenza e promozione del
merito, anche in riferimento alle migliori pratiche diffuse a livello internazionale,
garantendo una distribuzione delle risorse pubbliche coerente rispetto agli indirizzi e ai
risultati. |
4. Il
Ministero, una volta fissa fissati, ai sensi del comma 2,
gli obiettivi e indirizzi strategici per il sistema universitario e le sue componenti e ne
verifica e valuta i risultati secondo criteri di qualità, trasparenza e promozione del
merito, anche in riferimento alle migliori pratiche diffuse a livello internazionale,
garantendo una distribuzione delle risorse pubbliche coerente rispetto agli indirizzi e ai
risultati. |
|
|
Articolo 2 |
Articolo 2 |
|
|
Organi di
governo delle università |
|
|
|
1. Le
università statali, nel quadro del complessivo processo di riordino della pubblica
amministrazione, provvedono entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge a modificare i propri statuti ai sensi dellarticolo 6 della legge 3 maggio
1989, n. 168, secondo principi di semplificazione, efficienza ed efficacia, con
losservanza dei seguenti vincoli e criteri direttivi: |
1. Le
università statali, nel quadro del complessivo processo di riordino della pubblica
amministrazione, provvedono entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge a modificare i propri statuti ai sensi dellarticolo 6 della legge 3 maggio
1989, n. 168, secondo principi di semplificazione, efficienza ed efficacia, con
losservanza dei seguenti vincoli e criteri direttivi: |
|
|
a) adozione di
un codice etico anche al fine di individuare le situazioni di incompatibilità e di
conflitto di interesse e predisporre opportune misure per eliminarle; |
a) adozione di
un codice etico anche al fine di individuare le situazioni di incompatibilità e di
conflitto di interesse e predisporre opportune misure per eliminarle; |
|
|
b) attribuzione
al rettore della rappresentanza legale delluniversità e delle funzioni di
indirizzo, di iniziativa, di coordinamento; della responsabilità primaria
nellattuazione di tutte le attività istituzionali dellateneo e delle delibere
del consiglio di amministrazione secondo criteri di qualità e nel rispetto dei principi
di efficacia, efficienza, trasparenza e meritocrazia; del compito di proporre e dare
attuazione al documento di programmazione strategica triennale di ateneo di cui
allarticolo 1-ter del decreto legge del 31 gennaio 2005, n. 7, convertito con
modificazioni nella legge n. 43 del 2005 e successive modificazioni e del bilancio di
previsione annuale; di tutte le funzioni non espressamente attribuite ad altri organi; |
b1)
attribuzione al rettore della rappresentanza legale delluniversità e delle funzioni
di indirizzo, di iniziativa, di coordinamento; della responsabilità primaria
nellattuazione di tutte le attività istituzionali dellateneo e delle delibere
del consiglio di amministrazione secondo criteri di qualità e nel rispetto dei principi
di efficacia, efficienza, trasparenza e meritocrazia; del compito di proporre e dare
attuazione al documento di programmazione strategica triennale di ateneo di cui
allarticolo 1-ter del decreto legge del 31 gennaio 2005, n. 7, convertito con
modificazioni nella legge n. 43 del 2005 e successive modificazioni e del bilancio di
previsione annuale; di tutte le funzioni non espressamente attribuite ad altri organi; |
|
b2) E
ammesso il voto di sfiducia al Rettore, da parte del Senato o del Consiglio di
Amministrazione, in caso di inadempienza esecutiva delle delibere per oltre 3 mesi dalla
delibera, o di inottemperanze gravi allo statuto, o di indignità morale. |
|
Il voto
avviene in base a mozione sottoscritta da almeno un terzo dei componenti. |
|
|
|
b2) Nelle
università con più di 10.000 studenti, è istituita obbligatoriamente una Giunta di
Pro-Rettori, scelti dal Rettore tra persone competenti, anche esterne
alluniversità, con delega per determinati settori amministrativi, in rapporto a
corrispondenti dirigenti dellAmministrazione. |
|
|
c)
determinazione delle modalità di elezione con voto ponderato del rettore tra i professori
ordinari in servizio presso qualunque università italiana, o di livello equipollente in
una università straniera, in possesso di comprovata competenza ed esperienza di gestione,
anche a livello internazionale, nel settore universitario, della ricerca o delle
istituzioni culturali; |
c1) determinazione
delle modalità di elezione con voto ponderato del rettore tra i professori ordinari in
servizio presso qualunque università italiana, o di livello equipollente in una
università straniera, in possesso di comprovata competenza ed esperienza di gestione,
anche a livello internazionale, nel settore universitario, della ricerca o delle
istituzioni culturali; |
|
sono
candidabili a Rettore i professori ordinari, anche di altro ateneo, che ottengono la
designazione, con voto a maggioranza, di almeno tre facoltà locali; |
|
c2) le
elezioni avvengono in tre turni: |
|
- è eletto
al primo turno chi consegue la maggioranza assoluta degli aventi diritto |
|
- al secondo
turno si vota tra i primi tre più votati; |
|
- al terzo
turno avviene il ballottaggio tra i primi due; |
|
c3)
lelettorato attivo è attribuito ai Ricercatori a tempo indeterminato, ai professori
di ruolo, agli studenti eletti come rappresentanti degli studenti nei consigli di
facoltà, al personale tecnico e amministrativo per una quota del 10% del numero totale
dei professori e ricercatori a tempo indeterminato. |
|
|
d) durata della
carica di rettore per non più di due mandati ed un massimo di otto anni, ovvero sei anni
nel caso di mandato unico non rinnovabile; |
d) durata della
carica di rettore per non più di due mandati ed un massimo di otto anni, ovvero sei anni
nel caso di mandato unico non rinnovabile; |
|
|
e) attribuzione
al senato accademico, costituito per almeno due terzi da docenti di ruolo
delluniversità, e comunque da un numero di membri proporzionato alle dimensioni
dellateneo non superiore a 35 unità, compresi il rettore e una rappresentanza degli
studenti, della competenza a formulare indirizzi e pareri in materia di didattica e di
ricerca, ad approvare i regolamenti ad esse relativi previo parere favorevole del
consiglio di amministrazione e a svolgere funzioni di coordinamento e di raccordo con i
dipartimenti e con le scuole di cui alla lettera n); |
e) attribuzione
al senato accademico, costituito per almeno due terzi da docenti di ruolo
delluniversità, e comunque da un numero di membri proporzionato alle dimensioni
dellateneo non superiore a 35 unità, più compresi il rettore e
il Presidente del Consiglio Studentesco, di cui al comma h2 una
rappresentanza del gli studenti, della competenza a formulare indirizzi e pareri
in materia di didattica e di ricerca, ad approvare i regolamenti ad esse relativi previo
parere favorevole del consiglio di amministrazione e a svolgere funzioni di coordinamento
e di raccordo con i dipartimenti e con le scuole di cui alla lettera n); |
|
i professori
di ruolo sono eletti dal corpo docente, metà tra i presidi e metà tra i direttori di
dipartimento in carica o già in carica, sulla base di liste concorrenti. In ogni lista
dovrà esserci almeno un candidato afferente ad una delle aree scientifiche
dellAteneo, come indicate nello Statuto. |
|
Sono eletti
i candidati delle prime due liste, per ordine di voti riportati. |
|
E
ammesso un solo voto di preferenza. |
|
Il Senato è
presieduto dal rettore. |
|
I membri del
Senato hanno accesso agli atti amministrativi, in relazione alloggetto delle
delibere. |
|
Gli ordini
del giorno sono inviati almeno 7 giorni prima delle riunioni, escluso il giorno di invio e
il giorno della riunione. |
|
Di norma gli
atti sono istruiti da Commissioni, composte pariteticamente da membri del Senato e
del Consiglio di Amministrazione, prima di essere proposti per la delibera del Senato e
del Consiglio di Amministrazione.. |
|
Allo scopo
di impedire il voto di scambio, la delibera relativa ai corsi di studio o alla istituzione
di Facoltà e Dipartimenti, deve aver luogo separatamente per corso di studio, pena la
loro nullità. |
|
|
f) attribuzione
al consiglio di amministrazione delle funzioni di indirizzo strategico, di approvazione
della programmazione finanziaria e contabile, di vigilanza sulla sostenibilità
finanziaria delle attività istituzionali e di controllo; della competenza a nominare, su
proposta del rettore, il personale docente e tecnico-amministrativo, ad attivare corsi e
sedi, ad adottare il regolamento di amministrazione e contabilità, a deliberare il conto
consuntivo e, su proposta del rettore e previo parere del senato accademico per gli
aspetti di competenza, il documento di programmazione strategica di cui alla lettera b); |
f) attribuzione
al consiglio di amministrazione delle funzioni di indirizzo strategico, di approvazione
della programmazione economica, finanziaria e contabile, di vigilanza
sulla sostenibilità finanziaria delle attività istituzionali e di controllo; della
competenza a nominare, su proposta del rettore, il personale docente e
tecnico-amministrativo, ad attivare corsi e sedi, ad adottare il regolamento di
amministrazione e contabilità, a deliberare il conto consuntivo e, su proposta del
rettore e previo parere del senato accademico per gli aspetti di competenza, il documento
di programmazione strategica di cui alla lettera b); |
|
|
g) composizione
del consiglio di amministrazione nel numero massimo di undici componenti, compresi il
rettore membro di diritto ed una rappresentanza degli studenti; previsione che i restanti
componenti siano designati o prescelti secondo modalità previste dallo statuto, anche a
seguito di avvisi pubblici, tra personalità italiane o straniere in possesso di
comprovate competenze in campo gestionale e di unesperienza professionale di alto
livello; previsione della non appartenenza di almeno il 40 per cento dei consiglieri ai
ruoli dellateneo a decorrere dai tre anni precedenti alla designazione, per tutta la
durata dellincarico e nei tre anni successivi; previsione che il presidente del
consiglio di amministrazione sia eletto dal consiglio a maggioranza qualificata di due
terzi degli aventi diritto; |
g) composizione
del consiglio di amministrazione nel numero massimo di undici 32
componenti, più compresi il rettore membro di diritto ed
una rappresentanza degli studenti; previsione
che il Presidente del Consiglio di Amministrazione, sia eletto dal Consiglio, tra i propri
membri, persone diverse dal Rettore
|
|
previsione che una
parte dei restanti componenti siano designati o prescelti secondo modalità previste
dallo statuto, anche a seguito di avvisi pubblici, tra personalità italiane o straniere
in possesso di comprovate competenze in campo gestionale e di unesperienza
professionale di alto livello; |
|
previsione
che detti restanti componenti siano designati dagli enti finanziatori
dellUniversità, con elezioni in collegio unico; |
|
previsione
della non appartenenza di non più del 70% almeno il 40
per cento dei consiglieri ai ruoli dellateneo a decorrere dai tre anni
precedenti alla designazione, per tutta la durata dellincarico e nei tre anni
successivi; previsione che il presidente del consiglio di amministrazione sia eletto dal
consiglio a maggioranza qualificata di due terzi degli aventi diritto; |
|
I membri
interni, sono eletti per liste concorrenti, separatamente per aree di competenza tecnica.
Sono eletti i candidati, con più preferenze, della prima lista, per ordine di voti
riportati. |
|
E
ammesso un solo voto di preferenza. |
|
I membri del
Consiglio hanno accesso agli atti amministrativi, in relazione alloggetto delle
delibere. |
|
Gli ordini
del giorno sono inviati almeno 7 giorni prima delle riunioni, escluso il giorno di invio e
il giorno della riunione. |
|
Di norma gli
atti sono istruiti da Commissioni, prima di essere proposti per la delibera del Consiglio. |
|
|
h) durata in
carica del consiglio di amministrazione per un massimo di quattro anni e rinnovabilità
del mandato per una sola volta; |
h1) durata in
carica del consiglio di amministrazione per un massimo di quattro anni e rinnovabilità
del mandato per una sola volta; |
|
h2) E'
istituito il Consiglio studentesco, composta da due studenti per ognuna delle Facoltà.
L'elezione avviene, con unica lista di candidati proposti da almeno 5 presentatori, in
ogni Facoltà. E' ammesso un solo voto di preferenza. Sono eletti i primi due più votati.
Il CS esprime parere obbligatorio, ma non vincolante, sugli argomenti di rilevanza
didattica di maggior rilevanza, prederminato dal Senato, e sui contributi studenteschi; |
i) divieto per
i componenti del consiglio di amministrazione, fatta eccezione per il rettore e
limitatamente al senato accademico, di ricoprire altre cariche accademiche; di essere
componente di altri organi delluniversità salvo che del consiglio di dipartimento;
di rivestire alcun incarico di natura politica per la durata del mandato e ricoprire la
carica di rettore o far parte del consiglio di amministrazione o del senato accademico di
altre università statali o non statali; previsione di una clausola di decadenza per i
consiglieri che non partecipano con la dovuta continuità alle sedute del consiglio; |
i) divieto per
i componenti del consiglio di amministrazione, fatta eccezione per il rettore e
limitatamente al senato accademico, di ricoprire altre cariche accademiche; di essere
componente di altri organi delluniversità salvo che del consiglio di dipartimento;
di rivestire alcun incarico di natura politica per la durata del mandato e ricoprire la
carica di rettore o far parte del consiglio di amministrazione o del senato accademico di
altre università statali o non statali; previsione di una clausola di decadenza per i
consiglieri che non partecipano con la dovuta continuità alle sedute del consiglio; |
|
|
j) sostituzione
della figura del direttore amministrativo con la figura del direttore generale, da
scegliere tra personalità di elevata qualificazione professionale ed esperienza in campo
organizzativo e gestionale, titolare di incarico conferito dal consiglio
damministrazione su proposta del rettore e regolato con contratto di lavoro a tempo
determinato di durata non superiore a quattro anni; determinazione del trattamento
economico spettante al direttore generale in conformità ai parametri fissati dal Ministro
dellistruzione, delluniversità e della ricerca, di seguito denominato
"Ministro", di concerto con il Ministro delleconomia e delle finanze;
previsione, in caso di conferimento dellincarico a dipendente pubblico non
appartenente al ruolo dellateneo, del collocamento in aspettativa del medesimo senza
assegni per tutta la durata del contratto; attribuzione al direttore generale della
gestione e dellorganizzazione complessiva dei servizi e del personale
tecnico-amministrativo dellateneo; prevision |
j1)
sostituzione della figura del direttore amministrativo con la figura del direttore
generale, da scegliere tra personalità di elevata qualificazione professionale ed
esperienza in campo organizzativo e gestionale, titolare di incarico conferito dal
consiglio damministrazione su proposta del rettore e regolato con contratto di
lavoro a tempo determinato di durata non superiore a quattro anni; determinazione del
trattamento economico spettante al direttore generale in conformità ai parametri fissati
dal Ministro dellistruzione, delluniversità e della ricerca, di seguito
denominato "Ministro", di concerto con il Ministro delleconomia e delle
finanze; previsione, in caso di conferimento dellincarico a dipendente pubblico non
appartenente al ruolo dellateneo, del collocamento in aspettativa del medesimo senza
assegni per tutta la durata del contratto; attribuzione al direttore generale della
gestione e dellorganizzazione complessiva dei servizi e del personale
tecnico-amministrativo dellateneo; previsio |
|
j2) Gli atti
sottoposti, per la firma, al Rettore e ai Pro-Rettori, se istituiti, portano la firma
preventiva del dirigente di competenza dellAmministrazione, che ne assume la
responsabilità personale circa la loro conformità alle leggi, allo statuto e alle norme
amministrative dellAteneo. |
|
Analoga
disposizione si applica nelle altre strutture di inferiore livello. |
|
J3) In
seguito alla elezione del Rettore i dirigenti amministrativi decadono. Il nuovo Rettore
decide entro 3 mesi dalla elezione, circa la loro conferma |
|
|
k) composizione
del collegio dei revisori dei conti in numero di cinque membri di cui tre effettivi e due
supplenti, di cui un membro effettivo, con funzioni di presidente, scelto
dalluniversità tra dirigenti e funzionari Ministro delleconomia e delle
finanze ed uno effettivo e uno supplente tra i dirigenti del Ministero; rinnovabilità del
loro mandato per una sola volta; previsione che lincarico di revisore non può
essere ricoperto da personale dipendente della medesima università; |
k) composizione
del collegio dei revisori dei conti in numero di cinque membri di cui tre effettivi e due
supplenti, di cui un membro effettivo, con funzioni di presidente, scelto
dalluniversità tra dirigenti e funzionari Ministro delleconomia e delle
finanze ed uno effettivo e uno supplente tra i dirigenti del Ministero; rinnovabilità del
loro mandato per una sola volta; previsione che lincarico di revisore non può
essere ricoperto da personale dipendente della medesima università; |
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|
l) composizione
del nucleo di valutazione con numero di componenti in prevalenza esterni allateneo;
attribuzione al nucleo di valutazione del compito di verificare la qualità e l'efficacia
dellofferta didattica tenuto anche conto degli indicatori individuati dalle
commissioni paritetiche docenti-studenti, anche ai fini delle procedure di accreditamento
di cui allarticolo 7; |
l) composizione
del nucleo di valutazione con numero di componenti in prevalenza esterni allateneo;
attribuzione al nucleo di valutazione del compito di verificare la qualità e l'efficacia
dellofferta didattica tenuto anche conto degli indicatori individuati dalle
commissioni paritetiche docenti-studenti, anche ai fini delle procedure di accreditamento
di cui allarticolo 7; |
|
|
m)
riorganizzazione e semplificazione della articolazione interna degli atenei, con
contestuale attribuzione al dipartimento delle responsabilità e delle funzioni
finalizzate allo svolgimento della ricerca scientifica, delle attività didattiche e
formative a tutti i livelli nonché delle attività rivolte allesterno ad esse
correlate o accessorie; |
m)
riorganizzazione e semplificazione della articolazione interna degli atenei, con
contestuale attribuzione al dipartimento delle responsabilità e delle funzioni
finalizzate allo svolgimento della ricerca scientifica, delle attività didattiche e
formative a tutti i livelli nonché delle attività rivolte allesterno ad esse
correlate o accessorie; |
|
|
n) facoltà di
istituire tra un congruo numero di dipartimenti, raggruppati in relazione a criteri di
affinità o complementarietà disciplinare, ampie strutture di raccordo e supervisione
denominate "scuole" che svolgono compiti di supervisione e razionalizzazione
delle attività e dei servizi comuni, promuovono lattivazione dei corsi di studio e
ne coordinano il funzionamento e coordinano le proposte in materia di personale docente
formulate dai dipartimenti in coerenza con la programmazione strategica di cui alla
lettera b); il numero complessivo di tali strutture è proporzionato alle dimensioni
dellateneo e in ogni caso non superiore a otto ovvero dodici nel caso di università
con oltre tremila professori e ricercatori di ruolo a tempo indeterminato; |
n) facoltà
di istituire tra un congruo numero di dipartimenti, raggruppati in relazione a criteri di
affinità o complementarietà disciplinare, ampie strutture di raccordo e supervisione
denominate "scuole" che svolgono compiti di supervisione e razionalizzazione
delle attività e dei servizi comuni, promuovono lattivazione dei corsi di studio e
ne coordinano il funzionamento e coordinano le proposte in materia di personale docente
formulate dai dipartimenti in coerenza con la programmazione strategica di cui alla
lettera b); il numero complessivo di tali strutture è proporzionato alle dimensioni
dellateneo e in ogni caso non superiore a otto ovvero dodici nel caso di università
con oltre tremila professori e ricercatori di ruolo a tempo indeterminato; |
|
|
o) afferenza
dei corsi di laurea e laurea magistrale, anche ai fini della gestione amministrativa e
contabile, al dipartimento i cui docenti svolgono la maggior parte degli insegnamenti di
base e caratterizzanti del corso, garantendo in ogni caso a tutti i docenti afferenti al
corso di prendere parte alle deliberazioni ad esso relative; afferenza alle scuole dei
corsi a prevalente carattere interdisciplinare; |
o) afferenza
dei corsi di laurea e laurea magistrale, anche ai fini della gestione amministrativa e
contabile, al dipartimento i cui docenti svolgono la maggior parte degli insegnamenti di
base e caratterizzanti del corso, garantendo in ogni caso a tutti i docenti afferenti al
corso di prendere parte alle deliberazioni ad esso relative; afferenza alle scuole dei
corsi a prevalente carattere interdisciplinare; |
|
|
p)
individuazione dellorgano deliberante delle scuole, ove istituite, in un collegio
composto dai direttori dei dipartimenti in esse raggruppati, da una rappresentanza dei
coordinatori dei corsi di studio e di dottorato che vi afferiscono e da una rappresentanza
degli studenti; attribuzione delle funzioni di presidente del collegio ad un professore
ordinario afferente alla struttura eletto dal collegio stesso ovvero nominato secondo
modalità determinate dallo statuto; previsione della durata triennale della carica, della
rinnovabilità della stessa per una sola volta e incompatibilità dellincarico di
presidente di scuola con le funzioni di presidente di scuola, direttore di dipartimento e
coordinatore di corso di studio o di dottorato; |
p)
individuazione dellorgano deliberante delle scuole, ove istituite, in un collegio
composto dai direttori dei dipartimenti in esse raggruppati, da una rappresentanza dei
coordinatori dei corsi di studio e di dottorato che vi afferiscono e da una rappresentanza
degli studenti; attribuzione delle funzioni di presidente del collegio ad un professore
ordinario afferente alla struttura eletto dal collegio stesso ovvero nominato secondo
modalità determinate dallo statuto; previsione della durata triennale della carica, della
rinnovabilità della stessa per una sola volta e incompatibilità dellincarico di
presidente di scuola con le funzioni di presidente di scuola, direttore di dipartimento e
coordinatore di corso di studio o di dottorato; |
|
|
q) facoltà,
per le università con un organico di professori e ricercatori a tempo indeterminato
inferiore a cinquecento unità, di individuare una articolazione organizzativa interna
semplificata cui attribuire unitariamente le funzioni di cui alle lettere n), o) e p); |
q) facoltà,
per le università con un organico di professori e ricercatori a tempo indeterminato
inferiore a cinquecento unità, di individuare una articolazione organizzativa interna
semplificata cui attribuire unitariamente le funzioni di cui alle lettere n), o) e p); |
|
|
r) previsione
dell'istituzione in ciascun dipartimento di una commissione paritetica docentistudenti per
lassicurazione della qualità della didattica, con la competenza ad esprimere il
proprio parere sullattivazione di nuovi corsi di studio, svolgere attività di
monitoraggio dellofferta formativa e contribuire alla valutazione dei risultati
della stessa; |
r) previsione
dell'istituzione in ciascuna Facoltà dipartimento di una
commissione paritetica docenti studenti per lassicurazione della qualità della
didattica, con la competenza ad esprimere il proprio parere sullattivazione di nuovi
corsi di studio, svolgere attività di monitoraggio dellofferta formativa e
contribuire alla valutazione dei risultati della stessa; |
|
|
s) previsione
di principi a tutela della rappresentanza studentesca, ivi inclusa la possibilità di
accesso, nel rispetto della vigente normativa, ai dati necessari per lesplicazione
dei compiti ad essa attribuiti; previsione della facoltà di attivare organi di
coordinamento delle rappresentanze studentesche; |
s) previsione
di principi a tutela della rappresentanza studentesca, ivi inclusa la possibilità di
accesso, nel rispetto della vigente normativa, ai dati necessari per lesplicazione
dei compiti ad essa attribuiti; previsione della facoltà di attivare organi di
coordinamento delle rappresentanze studentesche; |
|
|
t) previsione
che le ulteriori modifiche dello statuto siano adottate con le procedure di cui al comma
3. |
t) previsione
che le ulteriori modifiche dello statuto siano adottate con le procedure di cui al comma
3. |
|
|
2. Gli istituti
di istruzione universitaria a ordinamento speciale adottano proprie modalità di
organizzazione fatto salvo quanto previsto alle lettere a), b), c), d), f), g), h), i),
j), k), l), e s). |
2. Gli istituti
di istruzione universitaria a ordinamento speciale adottano proprie modalità di
organizzazione fatto salvo quanto previsto alle lettere a), b), c), d), f), g), h), i),
j), k), l), e s). |
|
|
3. Il testo
contenente le modifiche statutarie di cui ai commi 1 e 2 è predisposto da apposito organo
composto da non più di 15 membri, incluso il rettore con funzioni di presidente,
designati pariteticamente dal senato accademico e dal consiglio di amministrazione,
inclusa una rappresentanza degli studenti, e adottato con delibera del senato accademico e
del consiglio di amministrazione, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. |
3. Il testo
contenente le modifiche statutarie di cui ai commi 1 e 2 è predisposto da apposito organo
composto da non più di 15 membri, incluso il rettore con funzioni di presidente,
designati pariteticamente dal senato accademico e dal consiglio di amministrazione,
inclusa una rappresentanza degli studenti, e adottato con delibera del senato accademico e
del consiglio di amministrazione, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. |
|
|
4. In caso di
mancato rispetto del termine di cui al comma 1 il Ministero assegna alluniversità
interessata un congruo termine per adottare le modifiche statutarie; decorso inutilmente
tale termine, il Ministro costituisce una commissione composta da presidente e due membri
in possesso di adeguate competenze professionali, con il compito di predisporre le
opportune modifiche statutarie da sottoporre alla successiva approvazione ministeriale ai
sensi dellarticolo 6 della legge n. 168 del 1989. Ai componenti della commissione
spetta esclusivamente il rimborso delle spese di missione con onere a carico
dellapposito capitolo dello stato di previsione del Ministero. |
4. In caso di
mancato rispetto del termine di cui al comma 1 il Ministero assegna alluniversità
interessata un congruo termine per adottare le modifiche statutarie; decorso inutilmente
tale termine, il Ministro costituisce una commissione composta da presidente e due membri
in possesso di adeguate competenze professionali, con il compito di predisporre le
opportune modifiche statutarie da sottoporre alla successiva approvazione ministeriale ai
sensi dellarticolo 6 della legge n. 168 del 1989. Ai componenti della commissione
spetta esclusivamente il rimborso delle spese di missione con onere a carico
dellapposito capitolo dello stato di previsione del Ministero. |
|
|
5. Al fine di
sviluppare un organico ed efficiente sistema nazionale di dottorati di ricerca improntati
alla valorizzazione della qualità e del merito secondo criteri di un ottimale utilizzo
delle risorse e delladesione alle migliori pratiche internazionali, entro 120 giorni
dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro, adottato
ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 sono definiti, nel
rispetto dei principi di cui allarticolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210, i
principi ed i criteri per listituzione e la disciplina dei corsi di dottorato di
ricerca e delle relative scuole. |
5. Al fine di
sviluppare un organico ed efficiente sistema nazionale di dottorati di ricerca improntati
alla valorizzazione della qualità e del merito secondo criteri di un ottimale utilizzo
delle risorse e delladesione alle migliori pratiche internazionali, entro 120 giorni
dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro, adottato
ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 sono definiti, nel
rispetto dei principi di cui allarticolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210, i
principi ed i criteri per listituzione e la disciplina dei corsi di dottorato di
ricerca e delle relative scuole. |
|
|
6. Entro 120
giorni dallentrata un vigore della presente legge le università, fatto salvo quanto
previsto alla lettera q) del comma 1, provvedono a riorganizzare i dipartimenti
assicurando che a ciascun dipartimento afferisca un numero di professori e ricercatori a
tempo indeterminato non inferiore a 30, ovvero 40 nelle università con un organico di
professori e ricercatori a tempo indeterminato superiore a mille unità, e di ricercatori
di cui allarticolo 1, comma 14 della legge 4 novembre 2005, n. 230, afferenti a
settori scientifico-disciplinari omogenei. |
6. Entro 120
giorni dallentrata un vigore della presente legge le università, fatto salvo quanto
previsto alla lettera q) del comma 1, provvedono a riorganizzare i dipartimenti
assicurando che a ciascun dipartimento afferisca un numero di professori e ricercatori a
tempo indeterminato non inferiore a 30, ovvero 40 nelle università con un organico di
professori e ricercatori a tempo indeterminato superiore a mille unità, e di ricercatori
di cui allarticolo 1, comma 14 della legge 4 novembre 2005, n. 230, afferenti a
settori scientifico-disciplinari omogenei. |
|
|
7. Il rispetto
dei principi di semplificazione, efficienza ed efficacia di cui al comma 1 rientra tra i
criteri di valutazione delle università valevoli ai fini dellallocazione delle
risorse statali. |
7. Il rispetto
dei principi di semplificazione, efficienza ed efficacia di cui al comma 1 rientra tra i
criteri di valutazione delle università valevoli ai fini dellallocazione delle
risorse statali. |
|
Allo scopo
di impedire il voto di scambio, le delibere degli organi collegiali di ogni livello,
relative alla istituzione di insegnamenti e corsi di studio devono aver luogo con
votazione separata per ognuno di essi, pena la loro nullità. |
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Articolo 3 |
Articolo 3 |
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|
Fusione e
aggregazione federativa degli atenei |
Fusione e
aggregazione federativa degli atenei |
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|
1. Al fine di
migliorare la qualità, lefficienza e lefficacia dellattività
didattica, di ricerca e gestionale e di ottimizzare lutilizzazione delle strutture e
delle risorse due o più università possono fondersi, ovvero aggregarsi, anche
limitatamente ad alcuni settori di attività, in strutture federative sulla base di un
progetto contenente, in forma analitica, le motivazioni, gli obiettivi e
lindicazione della procedura da seguire per ladozione dello statuto della
struttura federativa e le modifiche da apportare ai rispettivi statuti in conformità a
principi di semplificazione, trasparenza ed efficienza. Il progetto dà conto altresì
della compatibilità finanziaria della fusione ovvero dellaggregazione. |
1. Al fine di
migliorare la qualità, lefficienza e lefficacia dellattività
didattica, di ricerca e gestionale e di ottimizzare lutilizzazione delle strutture e
delle risorse due o più università possono fondersi, ovvero aggregarsi, anche
limitatamente ad alcuni settori di attività, in strutture federative sulla base di un
progetto contenente, in forma analitica, le motivazioni, gli obiettivi e
lindicazione della procedura da seguire per ladozione dello statuto della
struttura federativa e le modifiche da apportare ai rispettivi statuti in conformità a
principi di semplificazione, trasparenza ed efficienza. Il progetto dà conto altresì
della compatibilità finanziaria della fusione ovvero dellaggregazione. |
|
La forma
federativa si intende relativa alla amministrazione, non alla struttura didattica
dellAteneo che, invece, va impostata unitariamente. |
|
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2. Il progetto
di cui al comma 1, approvato, su proposta del rettore, dal consiglio di amministrazione di
ognuno degli atenei interessati, sentito il rispettivo senato accademico, è sottoposto
allesame del Ministero, il quale, acquisito il parere dellAgenzia nazionale
per la valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), emana il decreto di
fusione ovvero di aggregazione federativa, che dispone altresì in merito ai trasferimenti
finanziari e di personale. |
2. Il progetto
di cui al comma 1, approvato, su proposta del rettore, dal consiglio di amministrazione di
ognuno degli atenei interessati, sentito il rispettivo senato accademico, è sottoposto
allesame del Ministero, il quale, acquisito il parere dellAgenzia nazionale
per la valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), emana il decreto di
fusione ovvero di aggregazione federativa, che dispone altresì in merito ai trasferimenti
finanziari e di personale. |
|
|
Sempre più insistenti le voci che
"parti politiche" premerebbero su Calzolari in favore di Ivano DIONIGI
rettore. Come è tradizione di questo sito, da sempre riteniamo che i partiti politici e
le varie "chiese"
devono rimanere fuori dall'università. L'art. 33 della Costituzione lo obbliga. Gli
elettori hanno questo diritto
e si ricordino che, in termini di forza
elettorale, il favore di un rettore in scadenza vale "meno di zero". |
Giorgio Cantelli Forti
|
Proseguiamo la rassegna dei programmi dei Candidati
Giorgio CANTELLI FORTI
versus
Ivano DIONIGI |
Ivano Dionigi
|
Nino Luciani, Un breve identikit dei due
Giorgio Cantelli Forti
( 65 anni) è discontinuo rispetto all'attuale gestione dell'ateneo (l'abbiamo visto
nelle battaglie in Consiglio di Amministrazione). Farmacologo e tossicologo. Ha esperienza
di preside (Farmacia), è presidente del Polo di Rimini, e ha anche navigato in ambienti
europei. E' uomo dal piglio manageriale e con le spalle grosse per
affrontare problemi importanti e difficili.
Punta al ripristino della legalità nel governo dell'ateneo.
In primo luogo, perchè sia dei professori la guida della
politica universitaria, e dei Dirigenti amministrativi la sua attuazione. In questo senso
è per lui prioritara la riforma dello Statuto, in senso democratico: con un rettore
"primus inter pares" e una squadra omogenea e con competenze
ben definite e ci sia, sull'Esecutivo, il controllo democratico del Consiglio di Amm.ne e
del Senato, mancato finora.
In secondo luogo, perchè siano applicate fedelmente le
leggi, in quanto il rispetto delle leggi è l'imprinting educativo, con cui i giovani
devono uscire dall'università.
In punti qualificanti del suo programma (da lui proposto in
ordine di priorità) sono: 1. - La governance
di un Ateneo policentrico .2.- Personale Docente e Ricercatore 3.- Gli Studenti e la
didattica .4.- La ricerca .5.-Personale Tecnico e Amministrativo .6.-
Internazionalizzazione .7.- Risorse e bilancio. 8. - Edilizia. 9. - Proposta di una nuova
organizzazione dei servizi dell'ateneo. 10.- Università e città: rinnovare un rapporto.
Ha manifestato prudenza nell'abolire di colpo il biennio (dopo i 70
anni), senza prima aver verificato la possibilità della sostituzione con nuove
assunzioni.
La priorità data alla riforma dello statuto rivela la sua
consapevolezza che l'Ateneo è maturo per una governance democratica, che metta fine
all'epoca dei Rettori con i "pieni poteri". Del resto la rivolta contro Fabio
Roversi Monaco, sul finire del suo mandato, (ben lungi dall'oscurarne l'immensa opera) fu
semplicemente la domanda della Comunità scientifica di partecipare alla sua gestione e di
controllarlo. Per questo (all'ultimo) sono stato fra quelli che, pur avendolo
avversato lungamente per i metodi, gli avevano votato la proroga, pensandolo deciso a
modificare lo Statuto. Ma non andò così, perchè il successivo CdA era risultato
controllato dai rivoltosi. Alla fine del mandato, lo statuto di Roversi risulterà
in qualche modo sfasato rispetto ai tempi, e c'era l'aggravante che egli stava per
consegnare al successore una macchina (lo statuto) di forza superiore alla
"patente" in suo possesso (e che, anzi, si era impegnato a modificare, ma poi
... senza mantenere l'impegno, finendo per mandare in bestia Paolo Pombeni..., il cui
progetto chiuse in un cassetto). |
Ivano Dionigi (
62 anni) è continuo all'attuale rettore. Non ha esperienza di preside. Latinista. Inizia la sua carriera politica in modo organico nel PCI e poi nel PDS (ma
questo non va letto per forza come una cosa negativa), ed è membro del Comitato
scientifico dell'Istituto Gramsci.
Nonostante la lunga presenza negli Organi (Consiglio di Amm.ne e Senato,
Direttore del Collegio dei Direttori di Dipartimento), appare più uomo di interessi
culturali e filosofici, che uomo con capacità operativa di amministratore della cosa
pubblica.
Ha partecipato alla casta che portò al potere
Calzolari, in opposizione a Fabio Roversi Monaco, ma con un affondo eccessivo (da cui mi
distaccai alla fine del suo mandato), volto ad oscurare d'emblé la figura storica del
grande Rettore.
I punti qualificanti del programma (da lui proposto in ordine
alfabetivo) sono: 1.- Amministrazione ". 2.- Didattica e Formazione " .3.-
Dottorato di Ricerca ". 4.- Edilizia ". 5.- Facoltà Medica " .6.-
Internazionalizzazione ". 7.- Multicampus " .8.- Programmazione ruoli "
.9.- Questione studentesca ". 10.- Ricerca e Trasferimento tecnologico .11.- Risorse
". 12.- Statuto ".
Nel suo programma, la priorità è l'Amministrazione,
mentre la riforma dello Statuto è "davvero" al dodicesimo
posto (l'ultimo), pur se sotto il velo dell'alfabeto.
Il fatto che l'Amministrazione sia al primo posto non è, per se stesso, un
punto di demerito, se non fosse che in questi anni abbiamo troppo sofferto di dittatura
della burocrazia.
E' coerente, con questa priorità, il fatto che la riforma dello Statuto sia il
dodicesimo dei suoi pensieri. E siccome un uomo normale non può reggere da solo il peso
di un ateneo grande come quello di Bologna, ecco spiegato perchè la Amministrazione
occupa il primo posto nel suo programma. Se ne trae l'immagine di un
promesso rettore, all'insegna gattopardesca che "tutto cambi perchè nulla
cambi".
Ma, fino al ''700, non facendo nulla, tutto sarebbe rimasto come prima. Non
così nel 2000, e lo vediamo da Calzolari che, non avendo fatto nulla, ci lascia un ateneo
con 20.000 studenti in meno.
E adesso, dandosi egli da fare per garantire continuità alla sua linea e al
suo gruppo, finirà per non farsi neppure ringraziare, un atto che formalmente sarebbe
dovuto a chiunque ha lavorato dando quello che ha potuto. |
|
I
PROGRAMMI DEI DUE CANDIDATI
Per una visione dei programmi in
originale, si vegga:
|
Elezioni del Rettore - Notizie sui candidati
|
Il prof. Giuseppe Sassatelli, archeologo, già Preside:
apertamente "discontinuo", analitico, metodico, testardo
quanto serve |
|
Dalla Facoltà di Lettere e Filosofia, abbiamo ripescato
una vecchia Delega al Preside SASSATELLI perchè
ne rappresentasse i problemi al candidato rettore di allora
Si direbbe che, adesso, la Delega impegni Lui oggettivamente, quale
candidato a rettore
Qui sotto: il DOCUMENTO di delega approvato
all'unanimità dal Consiglio di Facoltà - 15 feb 2005
Sotto, anche la lettera di Lui al corpo accademico dell'
Ateneo per comunicare la propria candidatura a Rettore
|
Giuseppe Sassatelli
|
I punti del
Documento della Facoltà di LF
1. La ricerca
2. La didattica
3. Gli spazi
4. Gli Organici.
5. Il governo dell'Ateneo
6. Ulteriori Riflessioni:
a) I Dipartimenti
b) L'Ateneo e la sua organizzazione
c) Il rapporto tra gli Organi di Ateneo
d) I rapporti con le sedi decentrate
della Romagna1. La ricerca. Molti segnali,
specie in questi ultimi tempi anche sull'onda di una discutibile politica nazionale, vanno
nella direzione di un progressivo ridimensionamento del ruolo e dell'importanza della
ricerca che si svolge all'interno della nostra Facoltà e della nostra area. Alla ricerca
di ambito umanistico non viene di fatto riconosciuta pari dignità rispetto a quella delle
altre aree dell'Ateneo e di conseguenza essa non viene adeguatamente sostenuta sul piano
finanziario e delle attrezzature, con la conseguente difficoltà di mantenere i livelli di
eccellenza che essa ha raggiunto in molti settori e che le sono ampiamente riconosciuti,
anche sul piano internazionale. Occorre trovare meccanismi attraverso i quali la nostra
ricerca, le sue strutture organizzative (Dipartimenti, Dottorati, Assegni ecc.), i suoi
laboratori (Biblioteche in primo luogo, ma anche altre strutture laboratoriali di alta
qualità), i suoi canali di finanziamento (progetti pluriennali, medie attrezzature, 60% e
40%, ed altro) non vengano continuamente messi in discussione e di fatto penalizzati.
Fatte salve le peculiarità e le diversità delle singole aree e dei relativi costi, è
necessario che si riconosca alla nostra ricerca il ruolo e il peso che essa effettivamente
ha e un adeguato sostegno economico attraverso parametri certi e trasparenti che si
basino, per tutti, solo ed esclusivamente sulla qualità dei risultati conseguiti e sul
numero dei ricercatori impegnati, rivedendo gli attuali criteri di distribuzione delle
risorse.
2. La didattica. Il numero molto
alto degli studenti (sia nelle Lauree Triennali che nelle nuove Lauree Specialistiche le
quali, attivate solo quest'anno, hanno già superato 700 iscritti), i numerosi Corsi di
Studio e la loro complessa articolazione interna richiedono investimenti sempre maggiori.
Occorre garantire da un lato condizioni quanto meno decorose e, ancora una volta, di pari
dignità a tutti i nostri studenti (Aule, Biblioteche, Laboratori ecc.) e dall'altro una
formazione di alto profilo. E per farlo servono impegni precisi sul piano delle risorse,
degli spazi e della docenza. Il sostegno diretto alla didattica (contratti, tutorati, e
altri necessari strumenti di supporto) deve essere rapportato al numero degli studenti,
evitando disparità che non hanno ragione di essere visto che almeno per i servizi di base
della didattica non dovrebbe esistere lo studente "pesato", così come lo
intende oggi il Ministero, e il numero alto degli studenti deve essere preso nella giusta
considerazione, senza contare il fatto che a termini di legge già ora diversi Corsi di
Studio della nostra Facoltà dovrebbero essere sdoppiati. Bisogna evitare che la
pluralità dei Corsi a cui i Docenti sono chiamati, il numero molto alto dei frequentanti
e quindi degli esami e delle tesi provochino un pericoloso snaturamento della funzione
docente sbilanciandola eccessivamente sulla didattica con grave danno per la ricerca.
3. Gli spazi. La esigenze delle
didattica (e anche quelle della ricerca, ad essa strettamente collegata, specie per quanto
riguarda le Lauree Specialistiche) richiedono un consistente aumento degli spazi con
particolare riguardo alle aule, anche di piccole dimensioni, e ai laboratori in funzione
soprattutto delle Specialistiche. Occorre predisporre un piano immediato per l'emergenza
che è alle porte e un piano di più larga previsionalità che predefinisca la
disponibilità di spazi che, nell'ambito dell'attuale centro storico e del plesso di via
Zamboni, si rendano via via disponibili in modo da costituire un vero "Polo
Didattico" della Facoltà che consenta tra l'altro un maggiore coordinamento delle
diverse attività.
4. Gli Organici. Nelle ultime
tornate la distribuzione di nuove risorse di personale docente e ricercatore si è basata
soprattutto sulla necessità di dotare tutte le Facoltà, specie quelle della Romagna, dei
numeri minimi di docenza previsti dalla legge per ogni Corso di Studio senza mai prendere
in considerazione il fatto che il problema si potrebbe risolvere anche razionalizzando e
diminuendo il numero dei Corsi di Studio attivati. Questo parametro non può più essere
mantenuto e in questa operazione si deve invece tenere conto sempre di più dei numeri e
in particolare del rapporto docenti-studenti che all'interno della nostra Facoltà è di
quasi 1:60 se si considerano anche i ricercatori, e di oltre 1:80 se si considerano solo
le due fasce docenti (associati e ordinari), un rapporto altissimo che, assieme ad
Economia e a Giurisprudenza, ci pone ai livelli più sfavorevoli di tutto l'Ateneo e che
non ci consente di erogare una didattica di alta qualità. In considerazione del fatto che
ci sono Facoltà a numero chiuso e ci sono settori disciplinari che vanno comunque
salvaguardati anche prescindendo dal numero degli studenti, tale parametro non potrà
essere generalizzato. Si ritiene legittimo tuttavia ribadire che almeno il 70% dei posti
nuovi e di quelli riequilibrio deve essere distribuito sulla base di questo criterio
rapportato ai singoli Corsi di Laurea. E inoltre per garantire il livello raggiunto con
alcuni docenti di grande prestigio nazionale e internazionale, andati fuori ruolo o in
pensione di recente, la Facoltà ritiene indispensabile un provvedimento mirato
dell'Ateneo che consenta di predisporre alcune chiamate esterne e di alto profilo.
5. Il governo dell'Ateneo e la
"rappresentanza" della Facoltà. La Facoltà ritiene infine che all'interno
degli Organi e delle cariche di governo dell'Ateneo debba esserci una sua significativa
rappresentanza, qualificata sia per capacità che per competenza, e soprattutto
proporzionata al peso quantitativo e qualitativo che la Facoltà oggettivamente detiene
(quasi un quinto degli studenti dell'Ateneo e circa un settimo del personale docente e
ricercatore) in modo da potere dare il suo contributo al governo dell'ateneo, con
particolare riguardo ai punti sopra esposti, offrendo competenze e disponibilità che,
proprio in quanto largamente rappresentative della Facoltà e condivise, siano ad essa
sempre e comunque strettamente correlate.
6. Ulteriori Riflessioni
a) I Dipartimenti. Per una Università che deve fondarsi su un
intreccio profondo tra ricerca e didattica, intreccio particolarmente importante
nell'organizzazione nel funzionamento delle Lauree Specialistiche, è essenziale
riconoscere ai Dipartimenti un peso che corrisponda all'importanza del loro ruolo e delle
loro funzioni nella vita e nella gestione della Facoltà (cosa che del resto già avviene)
oltre che dell'Ateneo riconoscendo al Collegio dei Direttori meccanismi di partecipazione
maggiore e più diretta al governo dell'Ateneo e dotando i Dipartimenti di risorse
adeguate quanto meno alle molte funzioni che esplicano.
b) L'Ateneo e la sua organizzazione.
La complessità sempre maggiore della struttura dell'Ateneo si è tradotta in un
progressivo appesantimento del suo apparato organizzativo con ricadute pesanti anche sulla
Facoltà e sui Dipartimenti i quali devono attenersi a procedure lunghe e complesse per l'
esercizio delle loro funzioni. Occorre introdurre criteri e meccanismi di funzionamento
che semplifichino radicalmente le procedure attuali allo scopo di ottenere in tempi rapidi
una maggiore flessibilità ed una maggiore efficienza di tutto l'assetto organizzativo
anche per evitare che docenti, personale tecnico-amministrativo e studenti, sempre più
oberati da incombenze e da complicazioni gestionali, allentino il loro impegno e la loro
disponibilità a collaborare.
c) Il rapporto tra gli Organi di Ateneo.
Uno degli aspetti più evidenti delle complicazioni gestionali indicati al punto
precedente è la scarsa chiarezza sulle prerogative e sulle funzioni dei diversi Organi di
Ateneo (Senato Accademico, Consiglio di Amministrazione e Commissioni di Ateneo) e in
particolare della Giunta di Ateneo della quale spesso non sono ben chiari i compiti e i
ruoli. Ciò comporta inevitabilmente non solo inutili sovrapposizioni, ma anche
contraddizioni o addirittura contrapposizioni nelle decisioni da prendere con un
inevitabile appesantimento delle procedure che rischia in taluni casi di paralizzare o di
rallentare fortemente la macchina organizzativa. Occorre una riflessione approfondita
sulla composizione e sulle funzioni di questi Organi con particolare riguardo da un lato
al ruolo delle Commissioni e dall'altro alla composizione e ai poteri della Giunta. d)
I rapporti con le sedi decentrate della Romagna. Il decentramento in Romagna
riguarda la Facoltà sia direttamente (due Corsi di Laurea ha sede a Rimini) che
indirettamente cioè sul piano più generale dei rapporti tra Bologna e la Romagna che
hanno comunque ricadute sulle strutture didattiche e scientifiche radicate a Bologna come
le nostre. Va superata la sterile contrapposizione tra Bologna e la Romagna affrontando da
un lato il problema di una seria programmazione di tipo culturale che individui i settori
e le aree da potenziare in Romagna evitando duplicazioni inutili e concorrenziali; e
cercando dall'altro risorse specifiche per il decentramento in Romagna in modo da
alleggerire la pressione sulle risorse generali di Ateno. Il rapporto tra Bologna e la
Romagna richiede una riflessione anche sul piano statutario per meglio calibrare il ruolo
e lo spazio operativo dei Poli e delle loro articolazioni al fine di garantire una
migliore programmazione di Ateneo e un più corretto rapporto con gli Enti locali. |
LA LETTERA del giugno 2008 -
Alle colleghe e ai colleghi dell'Università di Bologna
Carissime colleghe e carissimi colleghi,
desidero comunicarvi che ho deciso di porre la mia candidatura alla
elezione del Rettore per il quadriennio 2009-2013.
1.- La elezione del Rettore non è più una questione di Facoltà o di aree,
ma è un problema di persone, di esperienza, di consapevolezza dei
problemi e di formulazione di idee, in modo del tutto trasversale rispetto alla
collocazione accademica e disciplinare di ciascuno di noi.
E allora:
- sulla base della mia esperienza personale, prima come Direttore di
Dipartimento e poi come Preside di Facoltà, con 12 anni di presenza in Senato
Accademico (6 anni come rappresentante d'area-Direttore di Dipartimento e 6 anni come
Preside);
- considerando le sollecitazioni che mi sono giunte da più parti,
particolarmente significative perchè trasversali e variegate,
- ho preso la decisione di candidarmi.
Non sono in grado ora come ora di proporvi un programma definito
e articolato perché questo dovrà scaturire da più stretti colloqui che nei prossimi
mesi spero di avere con molti di voi e dai quali trarrò gli elementi per costruire un
progetto di governo.
Mi pare tuttavia indispensabile rendervi partecipi di alcune
considerazioni preliminari sulla nostra Università, su quanto ci attende nei prossimi
anni e soprattutto sui problemi che il nuovo Rettore dovrà affrontare.
2.- Questo è un momento che pare drammatico per l'Università
italiana.
Capisco che questa asserzione non giovi a chi cerca consenso (e forse
anche per questo se ne è parlato poco); ma non credo sia saggio ignorare i problemi che
vanno invece conosciuti e analizzati per individuarne le soluzioni più adeguate.
Dai recenti provvedimenti del Governo, come le pesanti e progressive
decurtazioni del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO), le gravi limitazioni al turn-over
dei prossimi anni, la possibilità di trasformare le Università in Fondazioni, o anche
l'allungamento su base triennale degli scatti stipendiali, disgiunto da qualsiasi proposta
di introdurre virtuosi meccanismi di controllo e di premiazione selettiva,
si deduce chiaramente che si è ormai radicata a livello governativo
una linea, purtroppo comune a tutte le forze politiche, di scarsissima considerazione
dell'Università pubblica la quale dovrà 'rassegnarsi' nei prossimi anni ad avere sempre
minori finanziamenti governativi e a cercare inevitabilmente nuove forme di sostegno
economico, tutte da inventare e da costruire.
3.- A questi si devono aggiungere i problemi interni del
nostro bilancio, forse enfatizzati in questi ultimi anni, ma di certo non
trascurabili se si tiene conto del fatto che i semplici aumenti stipendiali vanno ad
erodere le capacità di investimento su strutture e personale.
Se saremo costretti a sacrifici dovremo farlo però all'interno di
progetti complessivi e di lunga durata, evitando quei repentini cambiamenti di rotta che
in questi ultimi anni ci hanno impedito una programmazione consapevole.
Noi docenti dobbiamo essere rassicurati sul recupero pieno della
nostra funzione e del nostro ruolo alleggerendoci dalle molte incombenze istituzionali e
organizzative e consentendoci di guadagnare tempo per la ricerca e per lo studio, nella
convinzione che ciò consentirà alla nostra Università di mantenere o di guadagnare
posizioni nelle classifiche internazionali all'interno delle quali già ora gode di
importanti riconoscimenti.
4.- Il futuro Rettore dovrà conoscere bene sia i meccanismi della
ricerca (Dipartimenti) che quelli della didattica (Facoltà) perché nessuno, in
una Università di grande tradizione come la nostra, potrà mai pensare seriamente di
separare questi due fondamentali aspetti della struttura universitaria che si alimentano e
si arricchiscono reciprocamente.
La nostra Università è molto invecchiata e la necessità di aprire
ai giovani non deve limitarsi solo al reclutamento dei ricercatori, che pure va sostenuto,
ma deve riguardare anche l'immissione dei più bravi tra questi nella docenza con la
possibilità quindi di assumere funzioni direttive e di responsabilità.
5.- L'Università è diventata una machina molto grande e
complessa, tale da richiedere, per un governo efficace, strumenti e meccanismi
assolutamente innovativi per evitare che la 'complessità', di fatto una
ricchezza, si trasformi in complicazione. E in questa necessaria rivisitazione
dell'apparato amministrativo sarà necessaria una distinzione tra chi ha la
responsabilità politica di prendere le decisioni e chi ha il compito di definire
meccanismi e procedure per metterle in pratica con rapidità ed efficacia.
Le procedure troppo complesse vanno eliminate quando dipendono da noi;
vanno combattute nelle sedi opportune quando dipendono dal governo centrale.
L'apparato amministrativo deve tornare al servizio delle decisioni
'politiche', deve essere semplificato e deve essere in piena sintonia con gli organi
dell'Ateneo.
6.- L'Università deve intrecciare un corretto
rapporto con la città (Bologna) non solo per la necessità di trovare soluzioni
rapide e condivise ai problemi degli studenti e della loro accoglienza, superando le
attuali forme speculative su questa presenza, ma anche perché l'Università deve trovare
nuove capacità e nuovi modi per mettere in campo, nelle città e nei loro territori
(Bologna e Romagna), le sue eccellenze nella innovazione e nella ricerca e le sue
capacità di entrare nel mercato delle cultura e dei servizi.
Va superata per Bologna l'attuale contrapposizione tra due corpi
separati i cui unici punto di contatto sembrano essere la speculazione sugli alloggi e il
degrado ambientale di certe aree delle città e della zona universitaria.
Nei suoi rapporti con le città e con il mondo esterno l'Università
deve riaffermare e difendere i valori della sua autonomia, anche e soprattutto dalla
"politica", centrale e locale, nella consapevolezza che qualsiasi tangenza,
attuale o passata, possa in qualche modo offuscare questo importante valore.
Ciò è particolarmente evidente per la Facoltà di Medicina e
Chirurgia i cui rapporti con la Regione e con il Servizio Sanitario Nazionale devono
riguadagnare posizioni sul piano dell'autonomia e del reciproco riconoscimento di ruoli e
funzioni, al di sopra e al di fuori di qualsiasi pressione e sconfinamento.
La Facoltà di Medicina è una Facoltà 'speciale' proprio per
queste sue caratteristiche; ma è comunque una Facoltà dell'Ateneo e come tale le deve
essere garantito il diritto a programmare e decidere la sua ricerca e la sua didattica,
senza isolamenti e autarchie, ma anche senza pressioni troppo pesanti e ingiustificate.
7.- Alla Romagna, realtà consolidata del nostro
decentramento con soluzioni che potrebbero essere utilmente adottate anche nella sede
bolognese, va dedicato uno sforzo definitivo per conseguire l'obiettivo di un
vero 'campus', dove le singole sedi siano in grado di interagire pariteticamente tra loro
e con la sede storica.
Tale sforzo dovrebbe concretizzarsi prevalentemente:
- nella trasformazione o nell'accorpamento in Facoltà di quei Corsi
di Laurea che hanno la 'Facoltà madre' a Bologna;
- oltre che nel radicamento della ricerca attraverso
l'istituzione di nuovi Dipartimenti per i settori di ricerca nuovi o la costituzione di
sedi o sezioni di Dipartimento (o anche forme meno strutturate e più flessibili di
ricerca come ad esempio 'Dipartimenti tematici') per evitare sia inutili duplicazioni di
strutture che 'insiemi' scientificamente eterogenei che finirebbero con il sovrapporsi
alle Facoltà.
Ciò consentirà una effettiva pariteticità tra sede bolognese e sedi
romagnole il cui attuale assetto organizzativo va comunque sostenuto anche per favorire
quest'ultimo passaggio.
8.- Il recentissimo documento della Commissione per la
revisione dello Statuto può costituire un importante passo verso quelle riforme
che sono sempre più urgenti.
Il mutamento degli assetti di governo dove la semplificazione e
l'efficacia dei processi decisionali non devono essere disgiunti dalla trasparenza e da
una buona rappresentatività;
e il cambiamento del meccanismo per l'elezione del Rettore con un
turno unico che senza sminuire il peso del voto eviterebbe 'contrattazioni' non sempre
virtuose tra candidati,
sono due ottimi punti di partenza per quel cambiamento che non
possiamo più rinviare.
Se la volontà politica espressa da molti è sincera e convinta non ci
dovrebbero essere ostacoli per procedere rapidamente e in tempo utile con quella revisione
della Statuto che tra l'altro sarebbe opportuno venisse fatta da chi, Organi e Rettore,
avendo governato in questi anni, conoscono bene difetti e carenze del nostro Ateneo.
9.- La complessità delle situazioni e la gravità dei problemi,
locali e nazionali, impongono una svolta radicale e fortemente innovativa, un giro di boa
che reimposti struttura e organizzazione della nostra Università.
Ed è su questo che vorrei si concentrasse il dibattito della prossima
campagna elettorale partendo dalla conoscenza reale dei molti problemi da risolvere, dalla
proposta di metodi appropriati per risolverli e di cose da fare, dalla individuazione di
persone capaci e dalla elaborazione di un progetto che non può derivare da una meccanica
giustapposizione di ogni singola aspettativa, ma deve ispirarsi ad un disegno complessivo
e di condivisa utilità generale.
Ed è proprio sulle idee e sulle cose, non sulle promesse, sia di
cariche sia di soluzioni demagogiche, che va cercato e ottenuto il consenso.
E' una sfida difficile e complessa alla quale dedicherò il mio
tempo nei prossimi mesi nella convinzione di potere dare un contributo a questo nostro
Ateneo che merita un futuro degno del suo passato.
Lavorerò insieme con voi alla stesura di una programma dettagliato
che naturalmente vi invierò appena terminato. Già da ora sono a disposizione per
incontri, contatti e scambi di idee, naturalmente anche via e-mail dove mi potrete
raggiungere con facilità. Molti cari saluti. GS |
Il Consiglio delega il Preside a illustrare e discutere questi punti con i Presidi
delle altre Facoltà dell'area umanistica e di altre aree vicine, con l'obiettivo di
coinvolgerle nell'analisi e nelle proposte in modo tale che esse possano essere fatte
proprie auspicabilmente da tutta l'area umanistica (e anche da un'area più vasta) e come
tali essere presentate al Rettore in carica, oltre che ad altri eventuali candidati. Il Consiglio delega infine il Preside a sottoporre
prima di tutto al Rettore in carica, che ha reso noto la sua intenzione di ricandidarsi, e
anche agli altri eventuali candidati tutti i punti sopra esposti, richiedendo per ciascuno
di essi una chiara ed esplicita presa di posizione sulla base della quale i colleghi della
Facoltà discuteranno e valuteranno il comportamento da tenere nelle prossime elezioni.
Bologna 15
feb 2005 |
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Piero Tosi
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Sullo STATO DEI RAPPORTI TRA GOVERNO e UNIVERSITA'
e domande sulla CRUI, a partire da quella di Piero TOSI |
Riferimenti :
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- Audizione del Presidente della CRUI De
Cleva al Senato
- Lettera di AQUIS al
MINISTRO GELMINI MariaStella
- Lettera del Senato Acc. Univ. di Bologna
al MIN. GELMINI MariaStella
- Notizie del Prof. Piero TOSI |
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1.- La CRUI e lo strappo tra governi e università. La difficoltà
in cui si trovano le università italiane, nasce:
a) dalla loro impossibilità ad auto-riformarsi per mancanza di una
"guida comune" (si pensi al "sistema dei prezzi", come "guida
comune" della economia di mercato);
b) dalla carenza di progettualità dei governi, via via
succedutisi (quelli a cui spetterebbe di fornire i punti di comune riferimento, come
"guida comune"), più che dal calante supporto finanziario statale. Questo
ha generato, ormai da anni, uno strappo tra le due istituzioni.
Alla carenza di progettualità dei governi, la CRUI di alcuni anni fa
aveva cercato rimedi con importanti iniziative, volti a aiutare la parte politica, ma non
disgiunta dal "muso duro" quando la parte politica si rivelava "un sordo
che non vuol sentire". Il ricordo delle minacciate "dimissioni dei
Rettori", dall'allora Presidente della CRUI Piero Tosi, è ancora vivo in noi. E che
dire dei congressi oceanici all'Auditorium di Roma, al Foro Italico ?
Già..., ma dov'è finito Piero Tosi ? Su questo riprenderemo il filo,
più sotto.
Non è che la CRUI sia sparita del tutto. Se allunghiamo l'occhio al Senato,
vi troviamo una Audizione di tutto rispetto, alla Commissione Istruzione,
nelle scorse settimane. Ma questa Audizione, se fatta da noi, finirebbe lì. Non
è, invece, così, se fatta dalla CRUI, che ha anche il dovere dell'azione. Da
anni, ormai, c'è la totale assenza di una strategia che unisca le forze e le idee, in
collegamento con gli studenti e con l'opinione pubblica italiana, per aver udienza dal
Governo.
Come si spiega il vuoto della CRUI ? E quale la via per il suo risveglio ?
2.- Come si spiega il vuoto attuale della CRUI. L'indizio più ovvio ci
viene dalla sua situazione interna. Oggi la CRUI ha un socio di maggioranza (AQUIS) , che
scrive direttamente delle lettere al Ministro, e dentro AQUIS c'è, a sua volta, un socio
privilegiato (l'Università di Bologna) che, a sua volta scrive direttamente al Ministro.
La caratteristica politica di queste lettere non è la descrizione della
situazione generale dell'università, nel bene e nel male, ma la invocazione della
valutazione delle università afferenti, da parte del Ministro, quasi una lettera
"pietosa" per commuovere il Ministro, così da permettere a loro di dimostrare
di aver meriti e dunque il ri-finanziamento. Non vogliamo discutere del fondamento di
questi meriti, perchè l'indagine
conoscitiva del Senato, voluta del Sen. Prof. Valditara, basta e avanza per un
giudizio.
3.- E quale la via per il risveglio della CRUI ?
Mettiamoci in testa che, da sempre, i politici gradiscono le proposte dirette del settore
di competenza (meno grane ...), purchè portate concordemente. Si intende, poi, che,
poichè ci sarà qualche settore concorrente (perchè anch'esso finanziato dallo Stato),
dovrà essere compito del governo indicare il quadro di riferimento, all'interno del quale
l'università possa muoversi (es., i requisiti di accreditamento delle università, il
numero minimo delle sedi nel territorio, l'organico dei docenti...). Ma se il
Governo è incapace di fare la sua parte (cosa che è, oggi), si può procedere basandosi
su più ipotesi ed, eventualmente, il Governo si pronuncerà in un secondo momento.
Per parte CRUI, nel 2005 essa già svolgeva un ruolo di interlocuzione
propositiva: da un lato, con il Governo e con il Parlamento; e, da altro lato, con le
Comunità accademiche in tutte le loro articolazioni ed espressioni.
Era stata lanciata l'idea di una Costituente per
luniversità, per affrontare problemi irrisolti, sciogliere nodi antichi e
difficili, proporre una nuova governance, adeguata ai tempi, rivedere la composizione e le
funzioni degli Organi, ristrutturare lo stato giuridico dei docenti, i concorsi e gli
avanzamenti di carriera, ispirandosi allEuropa.
Tutto questo è sparito. Anzi, come sopra accennato, la CRUI appare,
oggi, divisa di fatto in tronconi che addirittura si combattono. Questo, di sicuro, darà
solo delusioni agli studenti e alla società civile. L''abbiamo visto, al tempo della
Moratti, quando abbiamo letto di "raggiri", denunciati troppo tardi da un
sindacato universitario, che aveva creduto che la trattativa privata (con la
Moratti) premiasse i "solisti".
Ma rimane il dovere dell'azione. E allora la via è il rilancio
dell'idea della Costituente per l'università, e dell'unità.
4.- Notizie del Prof. Piero Tosi. Il ricordo della
"forza" della Crui, in quegli anni, mi ha fatto ripensare a lui. Perchè è
caduto dall'altare alla polvere ? Sapevo che era incorso in guai giudiziari, poi superati,
e sapevo, dalla stampa, che qualcos'altro era riemerso recentemente. Forse altri, oltre a
me, si è fatto la stessa domanda su Piero Tosi e sulla CRUI.
Davvero, quella vicenda mi ha sconcertato. Da un lato avevo piena fiducia
nella Magistratura ( e l'ho tuttora); da altro lato avevo constatato personalmente, nelle
varie riunioni alla CRUI, la "montagna", quale lui era per correttezza,
sensibilità, intelligenza, capacità politica e organizzativa. Dunque, veniva ad
evidenziarsi un grande contrasto tra le due situazioni (quella della sospensione dalle
funzioni, da parte della magistratura, e quella derivante dalla stima accumulata in lui).
Ricordo che, nel 2005 si cominciò a leggere di un suo potenziale
utilizzo in ruoli di Governo. Che sia stata questa l'origine delle denunce
"private", che poi hanno fatto muovere la magistratura ? Non si può non
considerare che egli riassumeva in se, molto visibilmente, la forza politica di
rappresentante della CRUI, un organismo stimato e temuto. Ho accennato sopra ai congressi
oceanici all'Auditorium di Roma, che sicuramente erano una "promessa" importante
per l'avvenire della libertà scientifica in Italia.
Risulta che, allinizio del 2006, Piero Tosi fu raggiunto da "avvisi di
garanzia", sulla base di indagini condotte dal capo della Procura di Siena fin
dal 2002, ma tenute silenti fino ad allora. Tutto si basava su una costruzione a castello,
che vedeva alla base presunte facilitazioni in un concorso di ricercatore in Oculistica
avute dal di lui figlio, per vincerlo. Si diceva che avrebbe favorito il suo direttore, e
premiato il direttore amministrativo dell'università di Siena, per aver
sconsigliato a presentarsi al concorso un altro candidato e così via.
Risulta che il castello franò, perché il concorso è stato riconosciuto
assolutamente regolare, che la Commissione è stata riconosciuta di aver giudicato al
meglio, e che il direttore della Clinica era esente da qualsiasi addebito.
Risulta anche, dai giornali di questi ultimi mesi, che luniversità di Siena
sia nellocchio del ciclone per un dissesto finanziario; e risulta che, dalla
fine di aprile, debba rispondere di problemi di natura prevalentemente amministrativa
inerenti non ai problemi dell'università, ma ancora alle questioni sollevate all'inizio
del 2006.
Per memoria, in quegli anni luniversità di Siena fu valutata più volte la
prima in Italia e in più indagini (Censis, Comitato nazionale di valutazione, Campus,
ecc.).
Audizione del prof. DE CLEVA
Senato, Commissione istruzione
29.1.2009
"Egli pone in luce la svolta determinatasi nel 1994 nel momento in cui si è avviato
il superamento della preesistente fase di disordine attraverso la distribuzione di risorse
sulla base di parametri di carattere più generale. Evidenzia infatti che, nel periodo
precedente, si erano creati squilibri nell'assegnazione dei fondi, per eliminare i quali
occorreva elaborare criteri certi, anche al fine di incentivare un meccanismo virtuoso.
Nel ritenere positiva l'evoluzione dell'ultimo quindicennio, fa presente altresì
che in tale periodo l'idea di fondo era di aumentare le risorse per il comparto
universitario, giudicato sottofinanziato rispetto alla media europea. Rileva tuttavia
criticamente come tale percorso si sia interrotto con il decreto-legge n. 112. Dà indi
conto delle innovazioni introdotte a partire dal 2004, anno in cui il Comitato nazionale
per la valutazione del sistema universitario (CNVSU) ha predisposto un modello -
perfezionato anche con l'apporto della CRUI - per la distribuzione del Fondo di
finanziamento ordinario (FFO) ancorato alla domanda in termini di iscritti, ai risultati
dei processi formativi, nonché agli esiti dell'attività di ricerca. Si è tuttavia
registrata una crescita delle dotazioni delle università inferiore all'aumento della
spesa, anche in ragione dell'elevato costo del personale. Nel periodo 2001-2007 hanno
inciso sul comparto le nuove disposizioni sul reclutamento nonché la riforma degli
ordinamenti didattici: il cosiddetto "3+2" è stato infatti introdotto in
maniera accelerata senza vincoli per l'aumento di corsi. Ciò ha provocato, prosegue, la
polverizzazione degli insegnamenti, non arginata dagli atenei, cui si è aggiunta la
contrazione oggettiva del FFO nonché la proliferazione delle sedi, registratasi a risorse
invariate. Sottolinea quindi come tale circostanza abbia aumentato le difficoltà per gli
atenei che sono in gran parte oltre il limite del 90 per cento delle spese. Nel lamentare
che nel 2010 il costo del personale sarà ben superiore al totale del FFO, tiene a
precisare che, se da un lato, sono state ridotte altre risorse quali ad esempio gli
stanziamenti per l'edilizia universitaria e quelli per i progetti di ricerca di interesse
nazionale (PRIN), dall'altro sono lievemente aumentate le entrate provenienti da altri
soggetti, tra cui le attività in conto terzi e i contributi degli studenti e di
istituzioni europee. Con particolare riferimento alla proliferazione dei corsi, reputa
indispensabile rafforzare i vincoli, analogamente a quanto fece il governo Prodi in
termini ad esempio di requisiti minimi di docenza. Puntualizza in proposito che l'eccesso
di corsi spesso è stato incentivato dagli enti locali. Registra altresì con rammarico
gli scarsi investimenti con riferimento al diritto allo studio, di cui beneficia solo il 2
per cento degli studenti, ed esprime forte preoccupazione rispetto ai pesanti tagli che
colpiranno l'università a partire dal 2010. Dal prossimo anno, infatti, gli atenei
potranno esclusivamente pagare gli stipendi, azzerando ogni altro tipo di attività. Fa
presente poi che le università stanno applicando la possibilità di non concedere i due
anni di permanenza in servizio per i docenti e il pensionamento forzato dei dipendenti.
Pur riconoscendo la necessità di migliorare l'utilizzo delle risorse, ritiene che sia
opportuno un intervento organico in particolare sul sistema di governo e sul reclutamento,
accompagnato da un aggiornamento del modello di finanziamento. In proposito, giudica
essenziale introdurre criteri che, nel rispetto dell'autonomia, impongano precise
responsabilità agli atenei, anche attraverso ad esempio la previsione di organici
standard. Invita poi a considerare l'ipotesi di promuovere reti e consorzi, onde elevare
il livello qualitativo, favorendo al contempo la specializzazione, altrimenti lo scenario
futuro sarà assolutamente insopportabile per il comparto |
La lettera di AQUIS al Min. Gelmini, 26.2.09
Gentile Ministro,
abbiamo già avuto modo di illustrarLe, incontrandoLa il 28 novembre scorso, la posizione
dei rettori aderenti ad AQUIS sulla problematica dei finanziamenti degli Atenei italiani.
Abbiamo visto con soddisfazione un primo riconoscimento delle richieste da
noi avanzate nell'art. 2 della Legge 1/2009, ove si prevede che il 7% del FF0 venga
ripartito tra gli Atenei considerando "a) la qualità dell'offerta formativa e i
risultati dei processi formativi; b) la qualità della ricerca scientifica".
Riteniamo tuttavia che non sia possibile prescindere da un
riconoscimento effettivo e concreto della situazione di sottofinanziamento nella quale si
trovano alcuni Atenei italiani, per la mancata applicazione negli anni scorsi della
necessaria dinamica per il raggiungimento del riequilibrio secondo quanto previsto dal
modello CNVSU per lassegnazione del finanziamento statale agli Atenei.
Anche altre questioni abbiamo il dovere di sottoporre alla Sua attenzione. Ed
abbiamo pertanto deciso di affidare le nostre proposte alla lettera aperta che oggi
diffondiamo: la prima di tali questioni riguarda l'attivazione di procedure efficaci di
valutazione e lutilizzazione dei dati già disponibili, cosi da poter introdurre
elementi di tipo qualitativo, specialmente con riferimento alle attività di ricerca,
nelle procedure di allocazione dei fondi pubblici alle Università. E' necessario,
altresì, affrontare questioni sinora trascurate relative alla presenza dell'area medica
nei nostri Atenei.
Ma è fondamentale riprendere il tema cruciale dei fondi alle
Università alla luce delle norme di finanza pubblica approvate per i prossimi anni,
proponendo un metodo nuovo di ragionamento al Governo del Paese. L'approvazione della
Legge 1/2009 costituisce dunque solo un primo passo, pur importante, nella direzione
giusta, quella che AQUIS ha proposto fin dall'avvio della sua costituzione. Ora è
necessario dare attuazione a questa norma con ulteriori provvedimenti coerenti allo
spirito ed alla lettera della norma stessa. (continua qui sotto) |
La lettera del S.A. Università
di Bologna , al Ministro, 16 febb. 2009
Illustre Signor Ministro,
il Senato Accademico dellUniversità di Bologna Le invia questo appello urgente a
volere riconsiderare il finanziamento ordinario delle università per gli anni 2010 e
successivi. Tutti i tentativi di bilancio di previsione che abbiamo effettuato portano
invariabilmente alla stessa conclusione che già da tempo avevamo anticipato: la
situazione finanziaria sarà semplicemente ingestibile.
Le citiamo un solo risultato. Fa riferimento alla nostra Università e deriva
da calcoli analitici accurati: nel 2010, pur immaginando un turn-over nullo e dunque
assumendo a vantaggio del bilancio tutte le risorse conseguenti, lequilibrio del
bilancio richiederà che la spesa per la gestione (spesa totale meno la spesa non
contraibile) debba essere ridotta del 40%! Ricerca, didattica, servizi agli studenti,
sistemi informativi e bibliotecari, internazionalizzazione, edilizia e manutenzione, ecc.
subiranno un danno irreversibile. Verranno di colpo vanificati tutti gli sforzi che le
buone università italiane hanno affrontato in questi duri anni per mantenere il contatto
con luniversità europea. Questo nostro è lunico
ateneo italiano entro i primi 200 mondiali nella valutazione del Times ed è ancora il
primo nella classifica Webometrics, ma è certo che da queste classifiche scomparirà
rapidamente poiché questi risultati non dipendono soltanto dalla qualità
dellinvestimento ma anche, e in modo determinante, dallentità delle risorse
investite.
Le proponiamo di riflettere sullavvenire dei giovani ricercatori che si
vedranno precluso, questa volta in modo pressoché totale, lunico accesso agli
ambienti della ricerca ancora attivi in questo nostro paese e cioè quelli universitari.
Il brain drain, che noi attualmente lamentiamo, diventerà rapidamente un brain waste:
sarà la dissipazione della risorsa più preziosa per un paese già in grave difficoltà
di competitività ancor prima dellarrivo della crisi mondiale.
Non creda, signor Ministro, che questi argomenti contengano amplificazioni
della realtà delle cose. Consideri, per esempio, che un taglio interno del 40 % sulle
spese per la ricerca imporrà una seria limitazione nei dottorati e nei contratti di di
ricerca. Noi siamo convinti che le conseguenze dei tagli previsti dalla finanziaria
approvata nel luglio 2008 non siano state sufficientemente valutate. E certamente
sfuggito il fatto, per esempio, che, aggirandosi la spesa fissa per il personale
nellintorno del 90% del FFO, una riduzione dellordine del 10% per il 2010
avrebbe lasciato a mala pena i fondi per gli stipendi.
Probabilmente si immaginava che la contrazione del turn-over avrebbe
compensato il taglio del FFO e invece non è così: in molti atenei, soprattutto nei
maggiori, la riduzione del turn-over non bilancia nemmeno lincremento automatico
della spesa fissa per il personale.
E stato valutato che, riducendo il denominatore del rapporto
"spesa per il personale/FFO" nella misura prevista nel solo 2010 (senza contare
gli anni successivi) quasi tutte le università si troveranno con valori di quel rapporto
superiori al 90%? Con la conseguenza che esse non potranno più bandire concorsi a norma
dellart. 1 della L. 1/2009? E che cosa dovremo fare in relazione alla contribuzione
studentesca, che dovrebbe essere ridotta?
Qualcuno ha sostenuto la tesi che gli atenei devono cercare al di fuori le
risorse mancanti, ma si tratta di ipotesi frutto di scarsa conoscenza della realtà. Il
taglio 2010 per Unibo corrisponde a circa 40 M: sfidiamo chiunque ad immaginare
sorgenti esterne disponibili a fornire ogni anno una somma di queste dimensioni.
Basterebbe questo argomento per riconoscere che lipotesi delle fondazioni
universitarie non sarà praticabile se non in poche sedi favorite dalle condizioni al
contorno.
Noi La invitiamo ad adoprarsi affinché venga eliminata o sostanzialmente
ridotta quella che appare una vera amputazione delle risorse per le università e che ci
pone in controtendenza in Europa. Ella si sta lodevolmente cimentando con la riforma
generale dellUniversità, ma a poco varrebbe costruire una governance più
efficiente, per esempio, se poi dovesse essere applicata ad istituzioni esangui o non più
reattive.
Noi La invitiamo, altresì, signor Ministro, a volere considerare con
attenzione la necessità di non ignorare lingiustizia di modi di ripartizione
delle risorse che hanno generato negli ultimi dieci anni squilibri pesantissimi rispetto
ai criteri standard che lo stesso MIUR si era dato: alcuni sistemi universitari hanno
ottenuto 1000 M in più ed altri 1000 M in meno. Noi riteniamo indispensabile
che parte del 7% premiale venga destinato agli atenei che bene hanno meritato e che sono
rimasti sottofinanziati.
Unultima questione Le sottoponiamo, che si collega alla considerazione
precedente. E ormai impraticabile il ricorso a norme uniformi per un sistema, come
quello universitario, che presenta un panorama caratterizzato dalla disomogeneità. Ci
sono compiti speciali che alcuni atenei hanno assunto per effetto di dispositivi di legge:
è il caso di Unibo, per esempio, che ha operato un decentramento in Romagna sulla base
del Piano Triennale, mantenendo lunità dellateneo, ricevendo gli elogi
recenti del CNVSU per la qualità della didattica e della ricerca, facendo risparmiare
1000 M in dieci anni al Governo e non avendo ricevuto alcun sostegno specifico da
dieci anni a questa parte. Pertanto, Le sottoponiamo ancora la proposta di dar vita a veri
e propri accordi di programma, almeno per i maggiori atenei, che prevedano impegni,
verifiche e corrispondenti risorse.
Le inviamo i nostri omaggi.
F-to Il Senato Accademico dellAlma Mater Studiorum-Università di Bologna |
(Continua AQUIS)
1. La premessa necessaria per questo è la riaffermazione della necessità
di ricorrere senza indugio all'utilizzo di adeguati strumenti di valutazione dei risultati
del lavoro degli atenei nel nostro Paese. C'è un'anomalia tutta italiana nella situazione
attuale: in nessun Paese al mondo esiste un sistema universitario fondato sul principio
dell'autonomia degli atenei senza che l'applicazione di tale principio sia accompagnata da
processi rigorosi di valutazione di come quegli atenei hanno esercitato i poteri di
autogoverno che l'autonomia attribuisce loro.
Per questo chiediamo che il CIVR (Comitato di indirizzo e valutazione
della ricerca) riprenda subito il suo lavoro, purtroppo interrotto ormai da più di due
anni, e che il CNVSU (Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario) sia
messo in condizione di continuare a svolgere le attività svolte negli anni scorsi,
potenziandone anzi le funzioni. Ciò nell'attesa del varo in tempi i più rapidi possibili
di un'Agenzia nazionale di valutazione che accorpi le funzioni di entrambi questi
organismi per dare ancora maggiore organicità ed efficienza ad un serio processo di
valutazione, ormai non più rinviabile, degli atenei italiani. 2. Chiediamo che la ripartizione della quota del 7% del
Fondo di Finanziamento Ordinario - inclusi i 550 mil euro della Legge n. 244 - sia
effettuata sulla base del modello elaborato dal CNVSU che già contiene al proprio interno
elementi di valutazione della qualità delle performance degli Atenei, modificato,
tuttavia, cosi da far pesare in modo assai più significativo (almeno il 50%) i risultati
delle attività di ricerca degli atenei, così come sono già da oggi valutabili. La
mancata applicazione negli anni scorsi del modello CNVSU ha portato ad accentuare lo
squilibrio tra gli atenei quanto a ripartizione delle risorse pubbliche, penalizzando
quindi atenei che avrebbero avuto diritto a quote di finanziamento più consistenti
proprio sulla base della qualità delle loro performance nella didattica e nella ricerca.
oltre che nella gestione del loro bilancio.
Chiediamo quindi che una quota pari alla metà di quella cui ammonta il fondo
del 7% assuma un effettivo significato di fondo di premialità ? sulla base dei criteri
indicati nella Legge 1/2009 che integrano e rafforzano quelli alla base del modello CNVSU
? e sia destinata ad accelerare il processo di riequilibrio tra gli atenei, rinviato da
troppi anni, o comunque sia ripartita in base a qualsiasi altro criterio che riconosca
crediti passati di Atenei sottofinanziati.
Senza questa accelerazione del riequilibrio il sistema universitario
nazionale continuerà a perpetuare una situazione di intollerabile ingiustizia. Il modello
CNVSU potrà, in un futuro che ci auguriamo molto prossimo, essere migliorato anche grazie
ai risultati del lavoro dell'agenzia nazionale di valutazione che dovrà essere istituita.
Sarà così possibile introdurre ulteriori elementi di individuazione della qualità delle
performance degli Atenei, insieme ad altri parametri, come, ad esempio, taluni opportuni
indicatori di contesto. Ma non sarebbe in alcun modo accettabile un "colpo di
spugna" che azzerasse la situazione ignorando anni e anni di sottofinanziamento di
numerosi Atenei in aree diverse del Paese. Il sottofinanziamento accumulato da alcuni
sistemi universitari regionali è diventato ormai tale da creare una situazione iniqua e
insostenibile. Va altresì precisato che all'interno di ciascuna Regione vi sono
situazioni tra loro differenziate con Atenei sottofinanziati ed Atenei sovrafinanziati
all'interno della medesima Regione.
3. Il sistema universitario nazionale
presenta anche una situazione di grave sofferenza da parte di quegli atenei che hanno al
loro interno una Facoltà di medicina, che interagisce con il Sistema Sanitario Nazionale
sia attraverso policlinici a gestione diretta, sia con aziende ospedaliere-universitarie
miste o integrate. Questi atenei forniscono prestazioni di carattere sanitario ai
cittadini attraverso il lavoro dei clinici universitari, i cui compiti istituzionali
prevedono un'inscindibile integrazione di funzioni didattiche, scientifiche ed, appunto,
assistenziali, oltre che attraverso il lavoro del personale paramedico universitario.
Per questo motivo, dunque, il costo complessivo del personale che svolge
anche compiti assistenziali inquadrato nei ruoli degli atenei ricomprende al proprio
interno una quota di fondi per stipendi destinata a pagare prestazioni di tipo
assistenziale che può essere quantificata come pari ad un terzo dell'ammontare
complessivo degli stipendi del personale universitario in convenzione con il Servizio
Sanitario Nazionale (un terzo didattica, un terzo ricerca, un terzo assistenza).
In altri termini, un terzo del lavoro, inteso come attività lavorativa
complessiva, prestato da tale personale, si configura come prestazioni professionali che
riducono, in termini di costi, la spesa a carico del Ministero della salute, per gravare
invece sul bilancio del Ministero dell'università, e quindi sui bilanci degli atenei che
hanno una Facoltà di medicina al loro interno. Da calcoli effettuati si può desumere che
la cifra cui complessivamente ammonta per tutte le università la spesa destinata sui
rispettivi bilanci per l'erogazione di prestazioni assistenziali è di circa 350 milioni
di euro.
Chiediamo quindi che una somma di pari ammontare sia trasferita dal bilancio del
Ministero della salute a quello del Ministero dell'università, così che sia poi
ripartita pro quota per ristorare i bilanci degli atenei che hanno al loro interno una
Facoltà di medicina.
4. La manovra finanziaria dell'estate scorsa, con i
provvedimenti normativi collegati, ridurrà di circa il 10% i finanziamenti pubblici alle
università. Il nostro Paese già oggi investe sensibilmente meno sul PIL per formazione
superiore e ricerca-innovazione di quanto non facciano i Paesi europei nostri partner ma
anche nostri concorrenti sullo scenario mondiale. Alcuni di questi Paesi, come Francia,
Germania, ora la stessa Spagna, hanno deciso di aumentare i loro investimenti per queste
voci del bilancio pubblico dei loro Stati, proprio per far fronte con lungimiranza alla
crisi economica globale potenziando e migliorando il "capitale umano".
E' estremamente preoccupante che nell'insieme delle manovre
economico-finanziarie del Governo per fronteggiare la difficilissima situazione attuale
non sia inserito alcun provvedimento in grado di stimolare ricerca e innovazione
all'interno del sistema-Paese attraverso una migliore e più efficace utilizzazione ed una
valorizzazione delle potenzialità delle università italiane, o almeno di una parte di
esse.
L'opinione pubblica italiana deve sapere che le scelte effettuate dal Governo
provocheranno, se non riviste e corrette, la morte del sistema della formazione superiore
e della ricerca pubblica nel nostro Paese, e renderanno impossibile competere a livello
internazionale anche a quegli Atenei che sono oggi ancora in condizione di farlo.
Chiediamo con forza che i "tagli" ai fondi per università e ricerca previsti
per il 2010 non siano effettuati nella forma e nell'entità prevista dalla manovra
finanziaria approvata lo scorso anno. Ma chiediamo anche che le somme cui ammonterebbero i
"tagli" indiscriminatamente previsti per il sistema universitario siano
ridistribuite tra gli atenei non "a pioggia", sulla base della cosiddetta
"spesa storica", bensì attraverso Io strumento degli "accordi di
programma", che stabiliscano un "patto di stabilità finanziaria" ateneo
per ateneo, in cui siano previsti obbiettivi precisi e puntuali di miglioramento della
qualità delle rispettive performance, da raggiungersi da parte di ciascun ateneo stesso
entro il prossimo triennio o quinquennio. Roma, 26 febbraio 2009
NOTA. Fanno parte di AQUIS i seguenti Atenei: Università degli Studi di
Bologna Università della Calabria Università degli Studi di Milano-Bicocca Università
degli Studi di Modena e Reggio Emilia Università degli Studi di Padova Università degli
Studi di Roma "Tor Vergata" Università degli Studi di Trento Università degli
Studi di Verona Università degli Studi "G. D'Annunzio" di Chieti-Pescara
Università del Salento di Lecce Università Politecnica della Marche Politecnico di
Milano Politecnico di Torino |
|
Bologna: SENATO ACCADEMICO. In atto il proseguimento dell'approvazione delle nuove lauree,
DM 270/04
|
|
Il Senato Accademico cambia rotta, rispetto al passato ?
"Prima dell'eventuale attivazione dei corsi di cui è stata proposta
l'istituzione ci dovrà essere un quadro generale dei corsi in essere,
facoltà per facoltà, e degli oneri che tali attivazioni comporterebbero. "
|
Nota. Sono
in atto presso le Facoltà le approvazioni delle proposte dei nuovi corsi di laurea
magistrale (più qualche triennale), sia per trasformazione delle specialistiche sia per
aggiunta di nuovi corsi. Anche queste andranno in Senato.
Risulta che, a conclusione dell'iter, i corsi di studio, le proposte delle
Facoltà nell'intero Ateneo, saranno 236, di cui 31 di nuovo istituzione (dei passati
corsi, 11 sono stati accorpati o aboliti).
Si direbbe. a questo punto (pochè nel 2008/09 i corsi erano 226) che
l'Ateneo prosegua imperterrito la sua strada, del tutto alla faccia della nostra Ministra,
che per televisione si dichiara scandalizzata dei 5.500 corsi di laurea in Italia.
Mi risulta che nelle Facoltà il dibattito sia acceso e anche con una certa fronda che si
oppone almeno alla istituzione di nuovi corsi. Evidentemente qualcosa arriva alla
periferia, degli inviti della Ministra. Ma credo si debba anche capire che, senza una
precisa direttiva da Roma, le Facoltà non hanno nessun modo di orientarsi per applicare
gli indirizzi della Ministra.
C'è, poi anche il fatto che, di fronte alla societrà civile che si muove e
ai nuovi risultati della ricerca, le Facoltà sentono imperativo il diritto dovere di
innovare. Ma, poi, ovviamente rimane il punto interrogativo circa la concreta possibilità
di farlo, se poi la Ministra taglia i "soldini" e blocca le
"assunzioni".
Va rifiutata la demagogia vuota (compresa quella dei Ministri). Si deve
distinguere tra numero delle lauree e numero degli insegnamenti.
A riguardo del numero delle lauree, le Facoltà devono
istituirne quante ritengono opportuno, purchè non siano doppioni-equivalenti e abbiano
denominazioni chiare per le imprese e le famiglie. Un contributo chiarificatore vero lo
può fare, però, solo un organo centrale, in possesso di tutti gli elementi.
A riguardo del numero degli insegnamenti, la musica cambia
completamente. Il vero dramma sta qui, tenuto conto dei "tagli romani (a meno che non
ci sia il by-pass tramite assunzioni di docenti a contratto). E' qui che l'Ateneo deve
impegnarsi ad una vera strage, per accorpamento di molti insegnamenti.
Attualmente l'Ateneo conta 13.529 insegnamenti, in media 77 insegnamenti per
corso di laurea (per la laurea servono 20 esami, di norma), e 45 per corso laurea
specialistica/magistrale (per la laurea servono 12 esami, di norma). Nino Luciani |
ISTITUZIONE CORSI DI STUDIO E MODIFICA ORDINAMENTI DIDATTICI A.A. 2009/10
(MAGGIORANZA ASSOLUTA)
Senato 27 gennaio 2009-02-07
(Stralcio di delibera divulgata da membri del Senato)
Finalità:
La finalità del presente riferimento è
quello di sottoporre allapprovazione del Senato Accademico il piano delle proposte
di istituzione dei corsi di studio e le modifiche di ordinamento didattico ai sensi del DM
270/04, per la.a. 2009/10, precisamente:
n. 8 corsi di studio di nuova istituzione;
n. 22 corsi di studio derivanti da trasformazione di corsi istituiti nelle
corrispondenti classi del DM 509/99, come indicate nellallegato al DM 386/07;
n. 19 corsi di studio già riordinati ai sensi del DM 270/04 che
propongono modifiche di ordinamento didattico.
Premessa:
Il Decreto Ministeriale 31/10/2007 ha
stabilito il termine del 31/01/2009 per linserimento nella Banca dati ministeriale
delle proposte di modifica del Regolamento Didattico di Ateneo in adeguamento al DM
270/04, intese:
a) alla trasformazione dei
corsi già attivi con il DM 509/99;
b) alla istituzione di nuovi corsi di studio;
c) alla modifica degli ordinamenti didattici dei corsi
di studio già riordinati con il DM 270/04.
Presupposti
normativi:
- D.M. 3/7/07 n. 362, con il quale sono state definite le linee generali di
indirizzo della programmazione delle Università per il triennio 2007-2009;
- DM 26/7/07 n. 386, con il quale sono
state individuate le linee guida per listituzione e lattivazione dei corsi di
studio in attuazione dei DDMM 16/03/07;
- DM 18/10/2007 n. 506, con il quale
sono stati definiti gli Indicatori per la valutazione dei risultati dellattuazione
dei programmi delle Università;
- DM 31/10/2007 n.544, con il quale sono
stati definiti i requisiti necessari per lattivazione dei corsi di studio ai sensi
dellart. 9 co. 2 del DM 270/04.
Requisiti
necessari:
a) requisiti di trasparenza;
b) requisiti per lassicurazione della qualità dei processi
formativi;
c) requisiti di strutture e docenza di ruolo che devono essere
disponibili per sostenere i corsi e il grado di
copertura necessario relativamente ai SSD che li caratterizzano;
d) regole
dimensionali relative agli studenti sostenibili per ciascun corso di studio.
Nota. Lla.a. 2010/2011 è il termine per il completo
adeguamento alla riforma di cui al DM 270/04. Le proposte di trasformazione dei corsi
attivi con il DM 509/99 devono riguardare contestualmente tutti i corsi dellAteneo
afferenti alla medesima classe.
......
......
Proposte:
Alla data del 21/11/2008, scadenza del termine per la presentazione da parte delle
Facoltà delle proposte di istituzione/modifica di ordinamento ex DM 270/04, sono
pervenute le proposte contenute negli allegati 1 e
2 parti integranti del presente riferimento, precisamente:
n. 8 corsi di studio di nuova istituzione (all. 1)
n. 22 corsi di studio derivanti da trasformazione di corsi istituiti nelle
corrispondenti classi del DM 509/99, come indicate nellallegato al DM 386/07 (all.
1);
n. 19 corsi di studio già riordinati ai sensi del DM 270/04 che propongono
modifiche di ordinamento didattico (all. 2).
Nellallegato 1 sono riportate, per ciascun gruppo di
appartenenza della classe cui afferisce il corso di studio, le numerosità minime
richieste per lattivazione del MIUR e dellAteneo, nonché il numero di
immatricolati per la.a. 20008/2009 rilevato al 31/12/08.
Osservazioni
degli Uffici: Dopo la riunione della Commissione
Didattica di Ateneo del 25/11/2008, gli Uffici hanno proceduto alla verifica di congruità
degli ordinamenti didattici proposti con tutte le disposizioni vigenti. La verifica è
risultata positiva per la quasi totalità dei corsi di studio proposti. Nel caso di
osservazioni, le Facoltà si sono adeguate. Inoltre:
1)Il Preside
della Facoltà di Ingegneria, con decreto
durgenza n. 490 del 5/12/2008 da sottoporre a ratifica del Consiglio di Facoltà, ha
recepito le osservazioni degli Uffici. Per le lauree magistrali in Ingegneria elettronica
(LM-29), Information and Comunication Technology (LM-29) e Ingegneria delle
Telecomunicazioni (LM-27) la Facoltà ha previsto nellordinamento didattico un range
di CFU per la prova finale pari a 9-24, mentre il numero minimo di CFU stabilito dalle linee guida di Ateneo è pari a 15. La Facoltà si è tuttavia impegnata
a prevedere nei piani didattici dei suddetti corsi di studio un numero minimo di CFU per
la prova finale pari a 15.
2)Il Consiglio
della Facoltà di Giurisprudenza, nella seduta del 26/11/08, ha
approvato la proposta di istituzione del corso di laurea in classe LM-14 per Operatore giuridico Italo-Francese, non essendo
ammessa la trasformazione dal corrispondente corso di studio attivato con il DM 509/99 in
classe 31. Tale classe non rientra nella tabella delle corrispondenze dei corsi
509/99-270/04 (allegato al DM 386/07), poiché con DM 25/11/2005 le classi di laurea e
laurea magistrale in Giurisprudenza sono state trasformate in laurea magistrale a ciclo
unico. Gli Uffici fanno presente che il corrispondente corso di studio attivato in classe
31 per la.a. 2008/09 ha registrato un numero di immatricolati pari a 19.
3)Il
Consiglio della Facoltà di Medicina e Chirurgia,
nella seduta del 13/11/2008, ha segnalato che la Conferenza dei Presidenti di corso di
laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria ha
licenziato un ordinamento nazionale al quale anche il corso del nostro Ateneo si è
adeguato. La Facoltà precisa che la modifica sostanziale rispetto a quanto deliberato in
prima istanza il 23/7/2008 riguarda la
tipologia dei 90 CFU di attività professionalizzante che, nella versione attuale, passa
dalle attività Caratterizzanti alle attività di tirocinio di tipologia
Altre. Questa assegnazione, insieme al rispetto dei valori minimi della
classe, ha comportato lattribuzione di soli 10 CFU alla prova finale, anziché 15
come auspicato dalle direttive di ateneo per le lauree magistrali.
Gli uffici fanno presente che la proposta formulata dalla Facoltà risulta coerente
con le linee guida di Ateneo che escludono le lauree magistrali a ciclo unico
dallobbligo dellindicazione di 15 CFU minimi per la prova finale.
4)Per i
seguenti corsi di studio:
- L-40 Sociologia e scienze criminologiche per la sicurezza Facoltà di Scienze Politiche Roberto Ruffilli;
- LM-81 Cooperazione internazionale, sviluppo
e diritti umani Facoltà di Scienze Statistiche nellordinamento
didattico è stato indicato un numero massimo di crediti riconoscibili per attività
extrauniversitarie coerente con lart. 4 dei DDMM 16/3/2007 (60 CFU per le lauree e
40 CFU per le lauree magistrali). Si ricorda, tuttavia, che il Senato Accademico del
18/12/2007 ha fissato il numero di 30 CFU quale limite massimo di crediti riconoscibili
per le attività extrauniversitarie, ad eccezione dei riconoscimenti che rientrino nei
casi previsti dalla legge 448/2001 e 286/2006.
5) Facoltà di Medicina Veterinaria:
Il Preside della Facoltà, a seguito delle osservazioni degli Uffici, con decreto
durgenza del 16 gennaio 09, ha proposto la rettifica di errori materiali
presenti nellordinamento didattico del corso di laurea magistrale in Biotecnologie
Animali cl. LM-9 relativamente alle conoscenze richieste per laccesso, così come
inserito nella Banca Dati RAD.
6)Facoltà di
Ingegneria:
Corso di Laurea interateneo in Design del Prodotto Industriale (cl. L-4):
La Facoltà di Ingegneria di Bologna ha proposto fra le istituzioni dei corsi di
studio per la.a. 2009/2010, ai sensi del DM 270/04, il corso di laurea interfacoltà
con Lettere e Filosofia, Psicologia e Architettura in Design del Prodotto Industriale cl.
L-4.
Nella riunione del 5 dicembre 08 del Comitato di Coordinamento regionale dei
Rettori dellEmilia Romagna è emerso che, oltre al corso di Laurea in Design del
prodotto Industriale cl.L-4 proposto dal nostro Ateneo come corso interfacoltà, è stato presentato un progetto simile
(interateneo) da parte degli Atenei di Ferrara e di Modena-Reggio Emilia.
Vista la forte similarità tra i due progetti e gli
ottimi rapporti tra le Università coinvolte, nonché le numerose collaborazioni già
esistenti tra i docenti delle Facoltà di Ingegneria e di Architettura dei nostri Atenei,
si è realizzato un unico progetto congiunto perseguendo i seguenti obiettivi principali:
a) istituire
un corso di studi interateneo fra le
Università di Bologna, Ferrara, Modena-Reggio Emilia;
b) attivare
il corso in rotazione tra gli Atenei (quindi, ogni anno, solo uno degli Atenei sarà sede
amministrativa del corso, per la coorte che parte quellanno);
c) far
concorrere docenti dei tre atenei allattività didattica di ciascuna coorte di
studenti, indipendentemente dalla sede amministrativa che ha istituito la coorte.
Il lavoro, che ha coinvolto Prorettori alla formazione, Presidi e referenti
dArea delle tre Università è stato molto positivo.
Il progetto risultante è un corso di studi aventi denominazione, obiettivi
formativi, sbocchi occupazionali e quindi un ordinamento didattico coincidente con il
corso di laurea in Design del Prodotto Industriale, proposto dalla Facoltà di Ingegneria
di Bologna.
Successivamente, in data 20 gennaio 09, con decreto durgenza il Preside
della Facoltà di Ingegneria, da sottoporre a ratifica del prossimo Consiglio di Facoltà,
ha apportato una rettifica allordinamento
didattico di cui sopra, nel range di CFU dellambito Scienze economiche e
sociali delle attività formative caratterizzanti e, precisamente, lintervallo
di CFU da 10-16 deve essere
sostituito con 8-16.
Si precisa che, condizione imprescindibile per listituzione del corso di
studi interateneo è che venga accettato dagli altri Atenei, lordinamento didattico
con la rettifica proposta del Preside di Ingegneria di Bologna.
Ciò premesso, si propone per lapprovazione del Senato Accademico
il corso di laurea inter-ateneo fra le Università di Bologna, Ferrara,
Modena-Reggio Emilia in Design del Prodotto Industriale che sarà attivato dalla Facoltà
di Ingegneria di Bologna, in sostituzione del corso precedentemente proposto, con
lintegrazione di cui sopra.
......
......
7) Gli Uffici
informano che, nella seduta della Commissione didattica di Ateneo del 20/1/2009, il
Preside della II facoltà di Ingegneria ha
comunicato la modifica di denominazione del corso di laurea Magistrale in Ingegneria
elettronica e delle telecomunicazioni per lenergia e lambiente (cl. LM -29) in Ingegneria elettronica e telecomunicazioni per
lo sviluppo sostenibile. La predetta
modifica sarà approvata dal Consiglio di Facoltà già programmato per il giorno
22/1/2009.
Pareri:
- La Commissione
Didattica di Ateneo, nella seduta del
25/11/2008, ha espresso il seguente parere:
1) parere favorevole alle proposte di istituzione/modifica di ordinamento per
i seguenti corsi di studio indicati negli allegati 1 e 2 al riferimento degli uffici:
n. 8 corsi di studio di nuova istituzione;
n. 22 corsi di studio derivanti da trasformazione di corsi istituiti nelle
corrispondenti classi del DM 509/99, come indicate nellallegato al DM 386/07; con
specifico riferimento al Corso di Laurea Magistrale in Odontoiatria e protesi dentaria,
esprime parere favorevole alla richiesta di deroga in merito al numero minimo di CFU da
assegnare alla prova finale, che passano da 15 a 10 tenuto conto sia di quanto disposto
dallo specifico Decreto sulla classe, sia dellesigenza di adeguarsi
allordinamento nazionale approvato dalla Conferenza dei Presidenti di corso di
laurea in Odontoiatria e protesi dentaria.
n. 19 corsi di studio già riordinati ai sensi del DM 270/04 che propongono
modifiche di ordinamento didattico.
2) Il suddetto parere resta condizionato a:
- positiva verifica degli ordinamenti didattici proposti da parte degli uffici;
- acquisizione e verifica delle delibere del Consiglio di Facoltà di
Giurisprudenza con cui si approva listituzione del corso di studio proposto;
- acquisizione del parere del Comitato di Coordinamento dei Poli
Scientifici-Didattici della Romagna per i corsi di studio da attivare nei Poli romagnoli.
3) Accoglie e fa proprie le osservazioni degli Uffici relative allindicazione
del numero massimo di CFU riconoscibili per le attività extrauniversitarie, per le quali
il Senato Accademico ha indicato il numero di 30
CFU quale limite massimo di crediti riconoscibili, ad eccezione dei riconoscimenti che
rientrino nei casi previsti dalla legge 448/2001 e 286/2006.
La
Commissione Didattica nella seduta del 20/01/2009, ha espresso i
seguenti pareri:
1) parere favorevole alla proposta della Facoltà di Medicina Veterinaria con
decreto durgenza del Preside del 16 gennaio 09, concernente la rettifica di
errori materiali nellordinamento didattico del corso di laurea magistrale in
Biotecnologie Animali cl. LM-9, relativamente
alle conoscenze richieste per laccesso così come inserito nella Banca Dati RAD;
2) parere favorevole:
a. alla proposta di istituzione del corso di laurea in Design del Prodotto
Industriale (interateneo con le Università di Ferrara e Modena-Reggio Emilia);
b. allintegrazione dellordinamento didattico con la rettifica proposta
dal Preside della Facoltà di Ingegneria, con
decreto durgenza del 20.01.09;
c. allestensione della partecipazione allinterateneo anche della II
Facoltà di Ingegneria, con sede a Cesena (a condizione di non dover contribuire con
docenti per assolvimento requisiti, ma con altre risorse, es. laboratori, supplenze,
ecc.);
d. al testo della convenzione allegata al riferimento degli Uffici.
La Commissione prende, infine, atto che eventuali modifiche al testo
dellordinamento didattico del Corso di Laurea in Design del prodotto industriale (CL
L-4) o alla convenzione con gli altri Atenei dovranno essere apportate con Decreto
durgenza del Magnifico Rettore.
3) parere favorevole alla proposta della II Facoltà di Ingegneria relativa alla modifica della
denominazione del corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Elettronica e Telecomunicazioni
per lenergia e lambiente cl. LM-29 in Ingegneria elettronica e
telecomunicazioni per lo sviluppo sostenibile,
subordinatamente alla approvazione del Consiglio di Facoltà programmato per il 22/1/2009.
- Il Comitato
di Coordinamento dei Poli della Romagna, nella seduta del 1/12/2008, ha espresso il
seguente parere:
Il Comitato di Coordinamento dei Poli Romagnoli riunitosi in data 1 dicembre
u.s., ha espresso parere favorevole in merito alla proposta di istituzione dei Corsi di
studio, sotto riportati, condizionatamente allacquisizione del parere di competenza
dei rispettivi Consigli di Polo:
Facoltà di Ingegneria LM 24 Ingegneria dei sistemi edilizi e Urbani
sede di Ravenna
Facoltà di Scienze Motorie LM 47 Management delle attività motorie
e sportive sede di Rimini.
Il Comitato ha
altresì espresso parere favorevole ai Corsi di studio in trasformazione, come da allegato
elenco.
- Il Consiglio di
Polo di Ravenna, nella seduta del 15/12/2008, ha espresso parere favorevole alla
proposta di istituzione della Laurea Magistrale in Ingegneria dei sistemi edilizi e Urbani
(cl. LM-24).
- Il Consiglio di
Polo di Rimini, nella seduta del 17/12/2008, ha espresso parere favorevole alla
proposta di istituzione
della Laurea Magistrale in Management delle
attività motorie e sportive (cl. LM-47).
- Comitato Regionale
di Coordinamento dellEmilia Romagna: lo Staff del Rettore dellUniversità
di Parma, con comunicazione per posta elettronica in data 23/12/2008, nelle more
dellinvio del verbale, ha comunicato che il Comitato Regionale di Coordinamento
dellEmilia Romagna, nella seduta del
5/12/2008, ha espresso parere favorevole alle proposte di istituzione dei nuovi corsi di
studio ex DM 270/04 per la.a. 2009/10 presentate dallUniversità di Bologna.
La proposta di istituzione del Corso di Laurea inter-ateneo in Design del prodotto industriale verrà sottoposto
alla riunione del Comitato prevista per il giorno del 26/1 p.v.
- Il Nucleo di Valutazione di Ateneo nella seduta del 23/12/2008, ha espresso il seguente
parere:
Relazione del Nucleo di Valutazione di Ateneo sulle proposte di istituzione di
corsi di studio formulate dallAlma Mater Studiorum - Università
di Bologna per lA.A. 2009/10.
Il Nucleo di Valutazione di Ateneo, nella seduta del 23 dicembre 2008, ha
completato lesame delle proposte di istituzione di corsi di studio formulate ai
sensi del DM 270/04 dalle Facoltà dellAlma Mater Studiorum Università di
Bologna, per lanno accademico 2009/10 e precisamente:
n.
8 corsi di studio di nuova istituzione;
n.
22 corsi di studio derivanti da trasformazione di corsi istituiti nelle corrispondenti
classi del DM 509/99, come indicate nellallegato al DM 386/07.
:::::::::::
PROPOSTA DI DELIBERA
Il Senato Accademico, acquisiti i pareri favorevoli della Commissione Didattica di
Ateneo, del Comitato di Coordinamento dei Poli
della Romagna, dei Consigli di Polo di Ravenna e Rimini, del Comitato Regionale di
Coordinamento, del Nucleo di Valutazione di Ateneo,
approva:
1) le proposte di istituzione per
la.a. 2009/10 dei seguenti corsi di
studio, indicati nellall. 1 parte integrante della presente delibera, e i relativi ordinamenti didattici inseriti nella
banca dati ministeriale RAD:
- n. 8 corsi di studio di nuova istituzione;
- n. 22 corsi di studio derivanti da trasformazione di corsi istituiti nelle
corrispondenti classi del DM 509/99, come indicate nellallegato al DM 386/07. Con
specifico riferimento al Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Odontoiatria e
protesi dentaria,
approva la proposta di adeguamento
allordinamento nazionale licenziato dalla Conferenza dei Presidenti di corso di
laurea che prevede lassegnazione dei 90 CFU di attività professionalizzante alle
attività di tirocinio di tipologia Altre con conseguente attribuzione di 10
CFU alla prova finale;
2) le proposte di modifica di ordinamento didattico,
inserite nella banca dati ministeriale RAD per la.a. 2009/10, per n. 19
corsi di studio, già riordinati ai sensi del DM 270/04, indicati nellall.2 parte
integrante della presente delibera;
3) la proposta della Facoltà di ingegneria
di attribuire un range di CFU per la prova
finale pari a 9-24 per le lauree magistrali in Ingegneria elettronica (LM-29), Information
and Comunication Technology (LM-29) e Ingegneria delle Telecomunicazioni (LM-27),
subordinatamente alla previsione nei rispettivi piani didattici di un numero minimo di CFU
per la prova finale pari a 15, in coerenza con le linee guida approvate dal Senato
Accademico;
4) linserimento negli
ordinamenti didattici dei corsi di:
- L-40 Sociologia e scienze criminologiche per la sicurezza Facoltà di
Scienze Politiche Roberto Ruffilli
- LM-81 Cooperazione internazionale, sviluppo e diritti umani Facoltà di Scienze
Statistiche di un numero massimo di crediti riconoscibili per attività extrauniversitarie
rispettivamente pari a 60 e 40, in coerenza
con lart. 4 dei DDMM 16/3/2007. Tuttavia ribadisce
la propria precedente delibera del 18/12/2007
che ha fissato il numero di 30 CFU quale limite massimo di crediti riconoscibili per le
attività extrauniversitarie, ad eccezione dei riconoscimenti che rientrino nei casi
previsti dalle leggi 448/2001 e 286/2006.
5) la proposta della
Facoltà di Medicina Veterinaria trasmessa con decreto durgenza del Preside del 16
gennaio 09, concernente la rettifica di errori materiali nellordinamento
didattico del corso di laurea magistrale in Biotecnologie Animali cl. LM-9, relativamente alle conoscenze richieste per
laccesso, così come inserito nella Banca Dati RAD.
6)la proposta di istituzione del corso di laurea in Design del
Prodotto Industriale (interateneo con le Università di Ferrara e Modena-Reggio Emilia);
lintegrazione dellordinamento didattico con la rettifica proposta dal Preside
della Facoltà di Ingegneria, con decreto
durgenza del 20.01.09;lestensione della partecipazione allinterateneo
anche della II Facoltà di Ingegneria, con sede a Cesena (a condizione di non dover
contribuire con docenti per assolvimento requisiti, ma con altre risorse, es. laboratori,
supplenze, ecc.); il testo della convenzione (allegato 3 parte integrante della presente
delibera).
7) la proposta della II Facoltà di Ingegneria relativa alla modifica della
denominazione del corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Elettronica e Telecomunicazioni
per lenergia e lambiente cl. LM-29 in Ingegneria elettronica e
telecomunicazioni per lo sviluppo sostenibile,
subordinatamente alla approvazione del Consiglio di Facoltà programmato per il 22/1/2009. |
Sul BIENNIO (art. 16, D.Lgs 503/92), in aggiunta all' ETA' PER
IL COLLOCAMENTO A RIPOSO
Il 19 dic. 2008, il CdA è stato chiamato ad esprimersi sull'accogliere o respingere le
domande di biennio, in aggiunta
all'età per il collocamento a riposo, ma sulla base di una proposta della Burocrazia
contro i professori, che non era
accompagnata da sufficiente dimostrazione dell'interesse della Pubblica Amministrazione a
quella proposta |
|
Il Senato Accademico approva una direttiva, proposta
dall'Amministrazione,
per cui la "negazione del biennio sia regola", e l'accoglimento sia
"eccezione"
Ma, poi, il nuovo
CdA reagisce e, prima di decidere, vuole
UNA COMMISSIONE DI STUDIO di CdA
e SENATO
Dalla
direttiva, possibili pericoli per la stabilità e qualità degli insegnamenti.
Va bene puntare sui professori a contratto,
già tantissimi nel nostro Ateneo ? |
I dati del problema:
- In base all'art. 16 comma 1 del d.lgs. n. 503 del 1992, il dipendente può
chiedere (ed ottenere è un suo diritto) il trattenimento in servizio per un periodo
massimo di 2 anni, oltre i limiti di età per il collocamento a riposo;
- Ma, poi, i commi da 7 a 10 dell'art. 72 della L 133/2008 hanno stabilito che, in
futuro, il trattenimento in servizio è soggetto a valutazione discrezionale
dell'Amministrazione, e quindi può non essere accolta dal datore di lavoro.
Tuttavia, poichè la legge stessa obbliga l'Amministrazione ad adottare
preventivamente (ossia prima di rispondere alle domande) i criteri per il trattenimento in
servizio oltre tale limite di età gli Organi sono chiamati ad un atto di indirizzo
generale che definisca i criteri delle risposte, onde evitare personalismi e abusi. |
La delibera del Senato,
su proposta della Dr. Ines Fabbro:
" Il Senato Accademico, visto l'art. 16 comma 1 del d.lgs 503/1992 così come
modificato dal comma 7 della Legge 133;2008; considerato che l'istituto del trattenimento
in servizio è stato innovato rispetto alla disciplina precedente nel senso di rendere
soggetta a valutazione discrezionale l'istanza di trattenimento presentata dal dipendente;
preso atto, a conferma di quanto previsto nella predisposizione del documento di
previsione di spesa per il personale 2009 e anni successivi, che la regola generale
introdotta è il collocamento a riposo al compimento dei limiti di età e che deroghe a
tale principio devono essere nominativamente e singolarmente valutate e motivate alla luce
dei criteri contenuti nel co.5 dell'art. 72 della Legge 133/2008; preso atto che per
procedere alla valutazione individuale delle domande occorre prevedere sia la modalità
del procedimento istruttorio sia i criteri di valutazione, rinvia a una delibera da
assumere all'inizio del mese di gennaio la definizione dei criteri e dell'iter procedurale
per la valutazione delle domande di trattenimento in servizio del personale docente e
ricercatore." |
NOTA. Per quanto noto in base alle comunicazioni "personali",
ma ben documentate, di alcuni Membri degli Organi, l'Amministrazione ha consegnato agli
stessi un conto dal quale risulta la minore spesa, in caso di collocazione a riposo di
tutte le domande di trattenimento in servizio. Le domande di biennio erano 55. E pochè
questo conto era la solo motivazione della proposta di delibera, poi, approvata dal
Senato, sembra evidente che il conto stesso fosse (per l'Amministrazione) la prova ovvia
del vantaggio economico della delibera.
Per un vago lettore, come me, un conto siffatto è l'ennesima prova che,
sotto l'aspetto amministrativo, siamo ancora messi malissimo, per cui non rimane che
sperare nel nuovo Rettore. Il motivo è che la collocazione a riposo non non può
prescindere totalmente dall'interesse della Pubblica Amministrazione alla continuità
degli insegnamenti, in coerenza con l'ordinamento didattico (DM 270) approvato dagli
Organi di Ateneo.
Sotto questo profilo, vanno accostati almeno tre ordini di normativa:
a) quella che riguarda il pensionamento anticipato (vedi sopra);
b) quella che impone limitazioni alle riassunzioni, anche per le università
"virtuose" come Bologna, via via che avvengno i pensionamenti. Secondo questa
seconda normativa, ad ognuna delle uscite non può corrispondere "una" uguale
nuova assunzione, ma molto meno di "una". E allora, perchè l'Ateneo dovrebbe
auto-castrarsi, sapendo di non potere dare continuità a tutti gli insegnamenti che
verranno a cessare ?
c) come, eventualmente, l'Ateneo potrebbe coprire i buchi con personale a
contratto. Se l'Amministrazione vuole questo, lo dica fiduciosamente al suo CdA.
Ma, attenzione: una ulteriore, altra normativa vuole che non possano essere
istituiti corsi di laurea con soli professori a contratto. Ci dev'essere almeno un
determinato numero di professori di ruolo.
Unicamente per servizio ai Colleghi del CdA e del Senato (ma fors'anche al Rettore
?), pubblico qui di seguito il numero dei docenti di tutte le categorie, distintamente per
Facoltà, già in servizio presso il nostro Ateneo.
In questa tabella, è evidenziato l'impiego abnorme, già in atto, di
professori a contratto. Benchè la caduta delle iscrizioni studentesche (nell'intorno dei
20.000 dal 2001 al 2008) non sia mai stata spiegata, tuttavia, è un fatto che essa è
coincisa con l'esplosione numerica dei prof. a contratto, in questo stesso periodo, vale
dire con una "presunta" caduta della qualità della docenza nell'Ateneo. Dunque,
v'è almeno un buon motivo mettere di nuovo in dubbio l'efficienza dell'Amministrazione
che taglia i costi, ma con la testa nel sacco, per quanto attiene alla qualità degli
insegnamenti dell'Ateneo.
AVVERTENZA. Questi dati, recentissimi, sono stati ripresi dal web dell'Ateneo. Segnalo
l'anomalia della indicazione di quasi 3.000 docenti presso la sede centrale dell'Ateneo,
anzichè presso le Facoltà, ma così è scritto sul web.
Avverto, inoltre, che ho il dubbio che i dati relativi ai docenti non di ruolo non
siano stati depurati dalle cessazioni di servizio. Tuttavia, i Colleghi possono
rivolgersi direttamente all'Amministrazione, per maggiori lumi. In ogni caso io sono a
disposizione per mostrare a loro la mia fonte di informazione. N. Luciani |
Strutture in cui sono incardinati i docenti |
Professori
a contratto
|
Ordinari
Associati
Ricercatori |
Docenti
esterni
|
Docenti di 1a
e 2a fascia
|
Alma Mater
Studiorum Università di Bologna, via Zamboni 33 |
2.001 |
- |
989 |
51 |
Facoltà di
Agraria |
42 |
188 |
0 |
0 |
Facoltà di
Architettura |
213 |
33 |
0 |
0 |
Facoltà di
Chimica Industriale |
8 |
101 |
0 |
0 |
Facoltà di
Conservazione dei Beni Culturali |
74 |
63 |
0 |
0 |
Facoltà di
Economia |
200 |
117 |
0 |
0 |
Facoltà di
Economia a Forlì |
77 |
49 |
0 |
0 |
Facoltà di
Economia a Rimini |
37 |
49 |
0 |
0 |
Facoltà di
Farmacia |
113 |
120 |
0 |
0 |
Facoltà di
Giurisprudenza |
311 |
150 |
0 |
0 |
Facoltà di
Ingegneria |
407 |
354 |
0 |
0 |
II Facoltà di
Ingegneria a Sede di Cesena |
42 |
71 |
0 |
0 |
Facoltà di
Lettere e Filosofia |
266 |
320 |
0 |
0 |
Facoltà di
Lingue e Letterature Straniere |
79 |
90 |
0 |
0 |
Facoltà di
Medicina e Chirurgia |
391 |
509 |
0 |
0 |
Facoltà di
Medicina Veterinaria |
53 |
105 |
0 |
0 |
Facoltà di
Psicologia |
58 |
52 |
0 |
0 |
Facoltà di
Scienze della Formazione |
436 |
98 |
0 |
0 |
Facoltà di
Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali |
224 |
416 |
0 |
0 |
Facoltà di
Scienze Motorie |
80 |
34 |
0 |
0 |
Facoltà di
Scienze Politiche |
122 |
106 |
0 |
0 |
Facoltà di
Scienze Politiche "Roberto Ruffilli" |
107 |
64 |
0 |
0 |
Facoltà di
Scienze Statistiche |
27 |
68 |
0 |
0 |
Scuola Superiore
di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori |
75 |
48 |
0 |
0 |
Scuola di
Specializzazione in Insegnamento Secondario |
42 |
0 |
0 |
0 |
Scuola di
Specializzazione in Professioni Legali |
40 |
0 |
0 |
0 |
TOTALE |
5.525 |
3.205 |
989 |
51 |
|
ELEZIONI del Consiglio di Amministrazione e del SENATO
RISULTATI
|
Nettamente vincenti i "calzolariani",
tra cui si evidenzia Guido Masetti per la continuità didattica
Questo pone anche in "pole
position" un candidato rettore di continuità:
Andrea Segrè , Preside di Agraria, anche perchè l'unico
giovane !
Invece, non tracce significative del candidato di alternativa, Giorgio
Cantelli Forti
|
Ma c'è in giro il convincimento
che sono state votazioni nulle perchè, come nelle dittature:
- si poteva votare solo a favore o astenersi (ma non votare contro o proporre
candidati propri, perchè il programma elettronico non lo permetteva).
- Inoltre nelle Sedi di Rimini e Forlì non c'erano seggi. |
|
Auspicabile una ispezione
ministeriale, senza aspettare nuovi e costosi ricorsi. NL |
|
Lilla Crisafulli
|
Bene in vista, come due cariatidi per il portone
del nostro Ateneo: Antonella Zago e Lilla Crisafulli,
sicuramente personalità non del potere
e di grande potenzialità di servizio per tutti
Ovviamente, sono di servizio anche gli
altri, pur se nati corporativi
|
Antonella Zago
|
|
Consiglio di Amministrazione |
Senato Accademico |
Gianni Porzi
Commento |
|
|
Personale docente prima fascia
Guido Masetti (preferenze 159)
Maria Lilla Crisafulli (preferenze 133)
Bruno Barbiroli (preferenze 123)
Sandro Sandri (preferenze 116)
Personale docente seconda fascia
Ornella Montanari (preferenze 150)
Sandro Torroni (preferenze 120)
Anna Minarini (preferenze 106)
Personale tecnico amministrativo e
collaboratori linguistici Antonella Zago (preferenze 365) Alessandra Maltoni
(preferenze 222) Mario Pontieri (preferenze 140)Francesco Lopriore (preferenze 116)
Ricercatori universitari e assistenti
Loris Giorgini (preferenze 286)
Alessandra Locatelli (preferenze 151)
Daniele Bigi (preferenze 95) |
Area
Scienze Matematiche, fisiche, chimiche
Andrea Bottoni (preferenze 306) Maurizio Spurio (preferenze 207)
Area Scienze Biologiche, geologiche, agrarie Carlo
Emanuele Gessa (preferenze 168)
Annamaria Pisi (preferenze 147)
Area Scienze Ingegneristiche
Emilio Ferrari (preferenze 172)
Maurelio Boari (preferenze 234)
Area Scienze Mediche e medico-veterinarie
Carlo Prati (preferenze 345)
Paola Strocchi (preferenze 190)
Area Scienze umanistiche
Giuseppina La Face (preferenze 356)
Bruna Zani (preferenze 357)
Area Scienze giuridiche, politologiche,
economiche, statistiche
Maurizio Sobrero (preferenze 263)
Carla Faralli (preferenze 216 |
Ritengo
il risultato elettorale nel complesso deludente per quanto riguarda quel segnale di
discontinuità da più parti auspicato. Sia ben chiaro, le conferme non necessariamente
sono sinonimo di continuità, né i nuovi entrati negli Organi sono automaticamente indice
di discontinuità. Mi astengo dall'esprimere pareri sugli eletti e quindi dal fare
valutazioni su quale "partito" (inteso ovviamente come aggregazione di Colleghi
che si occupano da più vicino di politica universitaria) ha prevalso, ammesso poi che
ciò si sia verificato. Ritengo invece interessante valutare alcuni risultati
significativi e in una certa misura sorprendenti.
Quello più rilevante è non tanto l'elezione di Loris Giorgini
in CdA quanto l'elevato consenso ricevuto da parte dei Ricercatori. Penso che lui stesso
non si aspettasse un così ampio successo in considerazione anche del fatto che afferisce
ad una Facoltà piccola. Quindi, nel complimentarmi con Giorgini, che peraltro appartiene
alla mia stessa Area, mi auguro che rappresenti discontinuità rispetto al suo Collega che
non è stato invece confermato.
Non meno significativa è la conferma di Annamaria Pisi che,
da sola, e vorrei sottolinearlo, è riuscita a far fronte con successo
all'accordo tra la Facoltà di |
Agraria e quelle di Scienze, asse
dimostratosi alquanto fragile. Un successo così netto e di proporzioni non prevedibili
ritengo sia in buona parte attribuibile alla posizione di contrarietà assunta dalla Pisi
sulle modifiche di Statuto. La sua elezione ha inoltre messo in chiara evidenza che oggi
non è più possibile "pilotare" i voti e ho motivo di ritenere che il suo
successo è del tutto personale e non della Facoltà di Agraria, come qualcuno invece
erroneamente potrebbe pensare. Quindi, anche alla Pisi faccio i rallegramenti nella
certezza che un risultato così ampio la aiuterà a mantenere la capacità di assumere
decisioni in autonomia senza timori di sorta, come ha sempre fatto.
La conferma delle Colleghe Alessandra Locatelli e Anna
Minarini, alle quali vanno ovviamente i miei complimenti, rappresentano un
notevole successo della Facoltà di Farmacia che riesce ancora una volta ed avere ben due
membri in CdA.
Che dire dell'elezione in S.A. della Collega Paola Strocchi
(afferente al Dip. di Farmacologia) per l'Area Medico-Veterinaria? Che, evidentemente, la
Facoltà di Medicina non ha ascoltato certe "sirene" e ha deciso probabilmente
anche alla luce di certi comportamenti che hanno determinato situazioni molto difficili a
Colleghi che chiedevano una gestione trasparente e rispettosa dei Regolamenti e dello
Statuto. Pertanto, il mio auspicio è che la Collega Strocchi rappresenti un deciso
segnale di discontinuità, quanto meno rispetto al Collega al quale era contrapposta.
Non si può non sottolineare infine la conferma in CdA con ampio
successo di Antonella Zago, successo che rappresenta la cartina al
tornasole dello stato d'animo del Personale Tecnico-amministrativo nei confronti dei
vertici dell'Ateneo. Una breve osservazione sull'affluenza alle urne che nel complesso è
risultata modesta.
La mancanza dei seggi a Rimini e a Forlì, a mio parere, ha inciso
pesantemente sulla scarsa affluenza alle urne, che non ha infatti raggiunto il 38%, per il
Personale Tecnico e amministrativo.
Ritengo infine significativo il fatto che la percentuale di
votanti per l'elezione dei Rappresentanti d'area sia stata superiore di circa 4 punti
percentuali rispetto a quella dei votanti per i Rappresentanti dei Direttori. A conferma
è il numero di schede bianche che ammontano al 5% (101 su 2051 votanti) nel caso dei
Rappresentanti d'area, contro il 13,5% (261 su 1944 votanti) nel caso dei votanti per i
Rappresentanti dei Direttori. A mio avviso questo è un segnale da non sottovalutare e
cioè le candidature uniche non sono molto apprezzate, forse perché ricordano certi
regimi in cui non vi era possibilità di scelta. GP |
|
|
ELEZIONI del
CdA e del SENATO
Consiglio di Stato conferma ordinanza del
TAR
di annullamento del D.R. per elezioni CdA e Senato
(Sotto, il commento di Gianni PORZI, Membro del Senato) |
Pertanto si andrà a votare il 26/11/2008 e
27/11/2008, con nuova procedura, nelle sedi di:
- Bologna, via Belmeloro n.14, palazzina B; e viale Filopanti n.3,
piano terra;
- Ravenna, via degli Ariani n.1, Dipartimento di Storie e Metodi
per la Conservazione dei
Beni Culturali ":
- Cesena, via Gaspare Finali n. 56, I piano.
Il Rettorato chiarisce che, per l'esercizio del diritto di voto,
ciascun elettore può
recarsi presso una qualunque delle sedi sopra indicate.
Nota: rimane la perplessità (censurabile con nuovi
ricorsi al TAR) dell'esclusione della
possibilità di votare nelle sedi di Rimini e Forlì, nonostante la dicitura
del TAR "presso le sedi"
(ossia nessuna esclusa), e ciò al fine ovvio di facilitare il voto anche a
chi risiede colà. |
Antonella Zago |
Votiamo per la DISCONTINUITA'
rispetto alla GESTIONE di Calzolari !
Perduti 20.000
studenti (il 20%) durante la gestione Calzolari.
Calati i proventi dai contratti di
ricerca per conto terzi.
Dequalificate le lauree (troppe, e troppi
mini-insegnamenti)
Aumentato il numero delle sedi in Romagna,
con oneri insostenibili per Bologna, e che andavano girati allo
Stato.
Rischiato di votare senza le garanzie costituzionali,
come nelle dittature. |
Gianni Porzi, Commento alle dichiarazioni del Rettore, al Carlino, dopo la
pronuncia del Consiglio di Stato
La sentenza del Consiglio di Stato, che ha respinto l'appello presentato
dall'Università, confermando l'Ordinanza del TAR del 9 ottobre, mette in chiara evidenza
il grave errore commesso dai Vertici dell'Ateneo ... (per il seguito clicca
su Porzi) |
|
Candidato
a Ingegneria per
la continuità
Guido Masetti
ProRettore alla Didattica |
Lo schiaffo della ZAGO a CALZOLARI
La doppia vittoria di Antonella, sia al TAR che al Consiglio di Stato, viene
a darle piena ragione e si aggiunge allo schiaffo di lei a Calzolari quando, redarguita
con voce gridata in CdA, uscì (in questo consiste lo schiaffo) dall'Aula del Consiglio.
Inoltre, dovremo votare col vecchio Statuto, pur dopo tutti gli impegni,
da 7 anni, di riformarlo in tempo, per dare autonomia agli Organi collegiali.
|
Candidato a Ingegneria e Dip.
Matematica per
la discontinuità
Mauro Fabrizio
Già Vice Preside di Ing. |
|
Gianni PORZI, Commento alle dichiarazioni del Rettore,
al Carlino, dopo la pronuncia del Consiglio di Stato
La sentenza del Consiglio di Stato, che ha respinto l'appello presentato
dall'Università, confermando l'Ordinanza del TAR del 9 ottobre, mette in chiara evidenza
il grave errore commesso dai Vertici dell'Ateneo che, con ostinazione ed anche una certa
arroganza, non ottemperarono subito all'Ordinanza e si appellarono invece al Consiglio di
Stato.
|
|
Le dichiarazioni del Magnifico Rettore,
poi, apparse sul quotidiano Il Resto del Carlino del 21 c.m. mi sembrano quantomeno
sorprendenti. L'affermazione "quello che oggi non siamo riusciti a fare sarà lo
standard, domani, per tutti" lascia pensare che non si vuol riconoscere l'Ordinanza
del TAR, confermata peraltro dal Consiglio di Stato, secondo la quale non si può votare
da qualsiasi P.C., come l'Ateneo aveva invece stabilito, ma solo da cabine appositamente
predisposte e protette. Infatti, un voto espresso via internet in luoghi non deputati può
subire controllo da parte di "terzi". La cabina
elettorale prevista dal TAR e dal Consiglio di Stato, risolve il grande problema
dell'identificazione del votante, assicura la corrispondenza tra numero dei votanti e
totale dei voti espressi e garantisce la libertà di espressione del voto (cioè la non
coercibilità).
Restano tuttavia dubbi sulla segretezza del voto e sulla possibilità che
terzi possano modificare il risultato elettorale, ma sarà compito del TAR tra qualche
mese entrare nel merito di tali aspetti non poco rilevanti.
Non ritengo assolutamente che "ci sono forze interne che lavorano per
la conservazione", ma semplicemente vi sono persone che chiedono giustamente il
rispetto delle garanzie costituzionali a tutela dell'elettore.
Inoltre, tentare di far ricadere la colpa della mancanza di seggi nei Poli
di Forlì e Rimini (peraltro previsti nei Decreti di luglio) su coloro che hanno fatto
ricorso è davvero inquietante perché sia il TAR che il Consiglio di Stato hanno
riconosciuto la fondatezza del ricorso e perchè in democrazia chiunque ha diritto di
rivolgersi al Giudice se ritiene che non siano rispettate le Leggi.
Piuttosto se l'Ateneo avesse ottemperato subito all'Ordinanza del TAR
non saremmo incappati in questo inutile ritardo con conseguenti disagi e forse anche danni
economici.
Inoltre, l'Ateneo non ha ancora informato tutto il Personale su come si
voterà il 26 e 27 p.v., se via intranet, se verrà utilizzato un software blindato e
certificato e un server all'interno dell'Ateneo, elementi importanti a garanzia di un
risultato elettorale quanto meno affidabile.
Non è ancora noto neppure perchè l'Ateneo, invece di utilizzare il
CINECA (come ha fatto in settembre l'Università "La Sapienza" di Roma per
l'elezione del Rettore) oppure il Centro Servizi Informatici d'Ateneo (CeSIA), si è
servito di una Ditta esterna di Milano.
Pertanto, prima ancora di fare certe affermazioni, sarebbe forse opportuno
che venissero date risposte convincenti a tutti questi quesiti. GP |
|
EDIZIONE
STRAORDINARIA |
ATENEO DI BOLOGNA: TAR Emilia Romagna "ordina" la sospensione
del Decreto
Rettorale di indizione delle Elezioni del Consiglio di Amministraziobe e del Senato |
In seguito a ricorso di: |
Bonduà Stefano, Arcelli Antonio, Benaglia Stefano,
Cipolli Carlo, Fabrizio Mauro,Ghedini Nadia
Lopriore Francesco, Mandroli Roberto, Pilò Virginio, Raggi Maria Augusta, Zago
Antonella |
Motivazione dell'Ordinanza:
"appare ragionevole limitare la possibilità di esprimere il voto
dai seggi elettorali predisposti e controllati presso le sedi universitarie"
Luciani: "Anche
ragionevole per il Rettore il dimettersi, perchè il fatto è solo l'ultimo di una
sequenza di cose poco trasparenti, per l'elettorato. Ma ci sarebbe un'altra via:
o tutti alle elezioni subito, o tutti alle elezioni tra un anno. Sarebbe
meno solo.
|
Antonella Zago
|
|
REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale
per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente ORDINANZA (N. 654 del 10 ott.
2008), sul ricorso numero di registro generale 879 de! 2008, proposto da ... contro Alma
Mater Studiorun - Univérsità di Bologna ... nei confronti di Calzolari Pier Ugo
Per l'annullamento
previa sospensione dellefficacia
del decreta rettorale 11 Iuglio, 2008, n. 972/33905, di indizione delle elezioni
recante altresì la previsione di una procedura telematica per le operazioni elettorali
dei rappresentanti delle aggregazioni scientifico-disciplinari nel senato accademico
dell'Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, relative al triennio 2008/2009.
.......
......
Ritenuto che, nel bilanciamento dei contrapposti interessi (massima
partecipazione da parte del corpo espressione ed esigenza delle garanzie tradizionali in
materia di espressione del voto), appare ragionevole limitare la possibilità di
esprimere il voto dai seggi elettorali predisposti e controllati presso le sedi
universitarie;
P.Q.M.
Accoglie l'istanza nei sensi
di cui in motivazione.
La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata
presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 09/10/2008 con
1'intervento dei Magistrati:
Calogero Piscitello Presidente, Grazia Brini
Consigliere Estensore, Sergio Fina, Consigliere |
N. LUCIANI, Cose
poco trasparenti, per l'elettore..., regolatore della transizione Lordinanza di sospensiva valuta due elementi: il fumus boni iuris (il
ricorso può essere fondato e perciò latto è illegittimo) e il danno grave ed
irreparabile che dallesecuzione dellatto deriverebbe in primis alla
Amministrazione e, dopo, al ricorrente.
Esempio classico: ordinanza di demolizione di un palazzo, bene culturale.
Sospensione perché sarebbe irreparabilmente danneggiato il patrocino culturale italiano.
La specifica ordinanza, tradotta in italiano corrente, significa: cè
la possibilità che qualcuno possa truccare le elezioni, avendo il controllo dei seggi.
C'è, poi, che Calzolari ha preannunciato lappello al Consiglio di Stato.
Perché questa fretta, mentre sarebbe meglio per l'Ateneo rinviare di un anno la
durata degli Organi, in modo da eleggerli col nuovo Statuto (fatto in questi giorni) ?
Sommiamo questa vicenda alle altre:
1) è in atto il rinnovo degli Organi Accademici, prima delle modifiche di statuto, a
campagna elettorale in pieno svolgimento ;
2) è iniziato il procedimento per la sostituzione del Direttore Amministrativo e
il Rettore deciderà la composizione della commissione giudicatrice, anzi ne farà parte
come membro interno, e avrà il potere di nomina, nel 2009, mentre sono già in atto le
elezioni del nuovo rettore;
3) in questo mese ha luogo l'assestamento del bilancio. Nulla si sa circa il saldo,
ma forse il Rettore già sa ... L'interrogativo è da collegare col calo consistente del
numero degli studenti (nello scorso anno), a cui è ancorato il FFO-Fondo di Finanziamento
Ordinario dello Stato del 2008, a cui consegue anche il calo dei contributi studenteschi.
Anche, per l'anno in corso, risulta un ulteriore calo degli studenti...
Questo insieme di cose fa pensare ad una situazione tesa in ateneo.
Ma la regolazione della transizione al nuovo Rettore è un compito dello
elettorato.
Sotto il profilo della opportunità, la cosa è anomala, nei confronti del
successore. La spiegazione più ovvia è che Calzolari (anche per problemi di salute) non
controlli più la situazione, e qualcun altro, dietro le quinte, operi per
"difendere" o "conquistare" in tempo una posizione di potere.
Torniamo all'inizio. Sarebbe ragionevole per il
Rettore il dimettersi. Ma ci sarebbe un'altra via: o tutti alle elezioni subito, o
tutti alle elezioni tra un anno. Sarebbe meno solo.
NL |
A.
Zago, Vittoria della democrazia Definire
questo successo come "vittoria della democrazia", che in questo Ateneo viene non
di rado calpestata, non è improprio. Non va dimenticato che non è la prima volta che
lAteneo assume delibere non rispettose della Legge : nel 2007 il CdA fu condannato
dalla Corte dei Conti di Bologna per danno erariale e i membri del CdA dovettero risarcire
limporto di un contratto di consulenza che evidentemente non poteva essere fatto.
Oggi, il TAR condanna lAteneo accogliendo listanza dei ricorrenti in quanto
ritiene "ragionevole limitare la possibilità di esprimere il voto dai seggi
elettorali predisposti e controllati presso le sedi universitarie" (Ordinanza del TAR
Emilia Romagna n. 654/08 del 10/10/2008). Pertanto la nuova procedura di votazione
telematica, come prevista dai Decreti Rettorali del 2 e dell11/7/08, viene ritenuta
illegittima.
Alla luce di questi fatti una domanda sorge spontanea: i
membri del CdA come possono fidarsi delle delibere che vengono proposte
dallAmministrazione? Lunico modo per mettersi al riparo da possibili condanne,
con conseguenti pesanti ripercussioni economiche per gli stessi componenti è
probabilmente quello di votare contro. Infatti, lAmministrazione dellAteneo ha
dimostrato ampiamente di non essere in grado di dare certezze e garanzie sulla regolarità
delle delibere proposte. Tutto ciò è estremamente grave e getta una fondata e diffusa
sfiducia sui vertici dellapparato amministrativo che dovrebbe invece dimostrare
unadeguata competenza anche al fine di dare quella necessaria tranquillità, in
particolare ai membri del CdA quando devono prendere decisioni importanti. A coloro che
occupano i vertici dellAteneo dovrebbe essere richiesta la necessaria competenza che
purtroppo risulta spesso carente, dimostrando così una certa dose di superficialità
nonché arroganza che non si addice proprio ad una Istituzione quale lAlma Mater
Studiorum. AZ |
|
|
Università di Romagna, fatta di 5 sedi lontane
in 5 città diverse, fondate 19 anni fa,
ma ancora in difficoltà finanziarie
La questione della sua sostenibilità posta in un
recente convegno sulla elezione del Rettore
|
|
Come è impostata dal
Presidente di "uno" degli enti finanziatori locali
la questione: "Romagna: risorsa o problema per Bologna"
Piero Gallina:
"LAteneo di Bologna è stato la madre, e gli
Enti Locali e le Società di Sostegno (Ser.In.Ar.
Forlì-Cesena, Flaminia Ravenna e UniRimini) i padri di
questa figlia diciannovenne."
"Chiedersi oggi se sia una risorsa o un problema è come se la madre (Ateneo) si
chieda ancora se
la maternità è stata voluta o casuale se la figlia sia legittima o
illegittima." |
Prof. Piero Gallina,
Presidente di Ser.In.Ar., Sede a FORLI'
"Romagna: risorsa o problema per Bologna ?"
Le nostre idee, valutazioni e giudizi sullUniversità sono
certamente originali rispetto allimmagine ed ai rapporti di altre istituzioni nei
cui territori siano presenti insediamenti universitari.
Noi linsediamento universitario
labbiamo voluto fortemente fin dallinizio. Una decisa volontà politica
sostenuta da impegni economici pluriennali assai rilevanti, sia finanziari sia
immobiliari, e dalla costituzione di apposite società per il sostegno
continuo, oseremmo dire quotidiano, della nostra università.
Il decentramento universitario nelle nostre città e nel territorio; la
costituzione dei Poli Scientifico/Didattici; il progressivo consolidamento di questa
intrapresa di successo viene considerata laccadimento più
rilevante degli ultimi 15 anni.
Non abbiamo mai pensato a una presenza universitaria territoriale, casalinga,
bensì appartenente allAlma Mater e finalizzata alleccellenza della didattica,
della ricerca ed alla massima internazionalizzazione.
Una visione alta del ruolo e della funzione delluniversità che nella
società odierna non ha più solo il perseguimento delleccellenza
nellavanzamento delle conoscenze, ma deve aumentare il livello medio culturale dei
cittadini (numero di laureati); sostenere la formazione permanente; produrre servizi ed
imprese attraverso lapplicazione delle innovazioni tecnologiche.
Questa è limmagine della nostra università sulla quale si innestano le
problematiche specifiche e le criticità di un modello multicampus (o di università a
rete di sedi) ancora incompiuto o a metà del guado nella sua applicazione
allinsediamento romagnolo. |
|
NINO LUCIANI. Personalmente
sono sconvolto dalla impostazione sopra riportata.
Per quanto ne so, le parti finanziatrici dovrebbero dichiarare pubblicamente
a bilancio, nero su bianco, le entrate e le uscite della "figlia", e le entrate
e uscite della "madre" e dei "padri" per la "figlia"
diciannovenne. Questo, se si vuole avere un consenso sociale, in una qualche direzione.
Ciò che emerge, in questa fase, è però la innaturalezza di questa
poliandria, in cui i "padri" vogliono che sia la "madre" a soccorrere
la "figlia", e non i "padri".
Ma torniamo alla tesi iniziale. In realtà il problema è male
impostato dal presidente di SERINAR perchè l'Università di Romagna (in realtà 5
mini-atenei) è un problema di interesse nazionale, oltre che locale. E allora manca un
attore nella questione: lo Stato. Dunque, si chiami in campo lo Stato (non la
"madre") per far fronte ad un problema di interesse nazionale.
Molta impressione e comprensione, invece, hanno suscitato nel convegno
i professori, che hanno assunto da anni la direzione didattica in Romagna (lasciando
Bologna). Hanno ben ragione di essere stanchi di fare gli eroi (e così dicasi dei molti
"pendolari" da Bologna). Pertanto il dialogo triangolare (Romagna, Bologna,
Roma) va assolutamente impostato, a costo di chiudere "qualcosa", e fors'anche
di riorganizzare "qualcosa". Ma qui, credo, che conterebbe molto la voce dei
Comuni locali, più che quella della sede di Bologba. NL |
Ciò premesso quale la fotografia
dellinsediamento universitario in Romagna oggi:
¼ degli iscritti totali UniBo;
650 docenti e ricercatori 1/5 del totale di UniBo;
1/9 dei T.A.;
44 atenei italiani sono per numero di studenti inferiori alla Romagna;
La qualità della didattica è alta e certificata sia dal C.N.V.U. (relazione del Giugno
2007) sia dal CENSIS;
Ottima qualità delle sedi e delle attrezzature;
La qualità della ricerca è buona o eccellente pur in assenza di dipartimenti;
I costi per gli studenti sono assai inferiori a Bologna con unalta qualità della
vita (Ser.In.Ar. gestisce 500 posti letto con un costo massimo in camera singola di
200,00 ed in doppia da 150,00/170,00 con collegamenti internet, ecc.);
Le immatricolazioni di Bologna diminuiscono mentre in Romagna sono stabili;
Le provenienze sono per il 15,21% da fuori regione con punte del 33% a Forlì e Rimini e
per il 5% dallestero.
LAteneo di Bologna è stato la madre e gli Enti Locali e le Società di
Sostegno (Ser.In.Ar. Forlì-Cesena, Flaminia Ravenna e UniRimini) i padri di questi
figlio/a ormai diciannovenne.
Chiedersi oggi se sia una risorsa o un problema è come se la madre (Ateneo) si chieda
ancora se la maternità è stata voluta o casuale se il figlio/a sia legittimo o
illegittimo.
Mi sembra che la depressione post-partum si trascini troppo a lungo.
I padri di Romagna hanno fatto sacrifici enormi per far crescere questo figlio/a non
limitandosi agli assegni famigliari ma provvedendo alla residenza ed anche ad un certo
benessere. Solo Ser.In.Ar. dal 1989 ad oggi ha speso 25.000.000,00 ai quali si
aggiungono Flaminia ed UniRimini. Oltre naturalmente ad edifici e sedi.
Si è rimasti troppo a lungo in mezzo al guado occorre procedere alla
istituzionalizzazione del multi campus; procedere a facoltà interdisciplinari ed a centri
dipartimentali interdisciplinari.
Completare la costruzione di una vera università a reti di sedi con un assetto statutario
adeguato e riunire i poli della Romagna in un assetto amministrativo unico.
Debbono essere date soluzioni originali non classiche e ripetitive ma chi può farlo se
non lUniversità.
Il luogo dellinnovazione, della scienza e della creatività.
Se lUniversità ha la funzione o lambizione di delineare il futuro è
sicuramente in grado di immaginare e realizzare assetti innovativi. Se non riesce o non
vuole viene meno alla sua mission fondamentale. PG |
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ARCHIVIO
RUBRICA Speciale - 2010 |
Notizie da Rimini sullo Studentato e i nuovi Laboratori di Farmacia
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Giorgio Cantelli Forti
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Studentato
Questo studentato è stato inaugurato mese scorso dal
Magnifico Rettore di Bologna, essendone Rimini una sede decentrata,
il cui Presidente è il prof. Giorgio Cantelli Forti che ha realizzato l'opera.
L'immobile, sito in Rimini via Roma n. 47 angolo via Dante, denominato
ex "Palace Hotel", è ubicato in posizione strategica essendo in centro città e
cioè a 150 mt dall'Università e ad ugual distanza dalla stazione ferroviaria. E'
costituito da una superficie utile totale di circa mq 5.000 lorda, distribuita su 7
livelli. Sono state eseguite opere di risanamento conservativo dell'edificio con
ristrutturazione interna ad uso alloggi per studenti universitari : 76 camere tutte con
servizi e collegamenti di trasmissione dati, distribuite su 4 piani, per complessivi 90
posti letto. I piani seminterrato, rialzato e intermedio sono adibiti a servizi culturali,
didattici, ricreativi, di supporto, gestionali, amministrativi e tecnologici. Il piano
rialzato ospita una cucina con zona pranzo, capace di ospitare 30 persone circa
contemporaneamente mentre ai piani superiori vi sono aree adibite a zone pranzo
collettive.
Dei 90 posti alloggio, 63 sono riservati a studenti capaci e
meritevoli privi di mezzi e 27 non riservati. Sono stati previsti 5 posti alloggio per
studenti disabili 62 sono le camere singole e 14 le doppie 23 sono i posti alloggio con
zona preparazione e consumazione pasti in camera 5 sono le cucine pranzo collettive
Il Comune di Rimini e la Provincia di Rimini, proprietari
dell'immobile, hanno ceduto in uso gratuito trentennale l'immobile all'Università di
Bologna.
FINANZIAMENTI
Le somme complessive di quadro economico per l'intervento corrispondono ad un
totale di 6.920.131,42, costituite da:
- Fondi ministeriali per 5.002.691,50 di cui 4.344.191,50 per lavori di
ristrutturazione e 658.500,00 per attrezzature didattico scientifiche
- Fondi di 1.335.239,92 dell'Alma Mater Studiorum Università di Bologna
- Fondi di 582.200 di Uni.Rimini spa, per finanziamento affidamenti professionali
per le fasi di progettazione.
ALLESTIMENTO INTERNI E GESTIONE
L' ER.GO - Azienda Regionale per il Diritto allo Studio ha finanziato tutto
l'arredo interno per una somma complessiva a base d'asta pari a 358.333,34.
Laboratori
di ricerca
della Facoltà di Farmacia
I laboratori si trovano a Palazzap Ruffi, Corso D'Augusto 37, Rimini.
La nuova sede accoglie laboratori di ricerca per un totale complessivo al
lordo dei servizi di 980 mq.
Trovano collocazione gli studi dei ricercatori della facoltà di Farmacia
per un totale lordo complessivo di mq 525,67.
Gli arredi e le attrezzature da laboratorio destinati alla sede dei nuovi
laboratori di ricerca della Facoltà di Farmacia presso
il Polo Scientifico Didattico di Rimini, sono stati donati dal B.A.T. British
American Tobacco Italia S.p.a., grazie al
Presidente del Polo Prof. Cantelli Forti.
I beni oggetto della donazione consistono in singole strutture per banchi di
laboratorio, piani di laboratorio, cappe aspirate,
pareti attrezzate, armadietti sottobanco e mensole, per un valore
complessivo stimabile in oltre 600.000. |
|
Mercoledì 27
ottobre a Rimini, Palazzo Ruffi, ore 10.00 - 13.30
Organizzato dal Prof. Giorgio Cantelli Forti, Presidente del Polo
Convegno
: "La Ricerca Universitaria per Rimini"
|
Giorgio Cantelli Forti
|
Il Convegno vuole fare un rapporto sullattività di ricerca del Polo Didattico e
Scientifico di Rimini dal 2007 al 2009.
Esso nasce in un momento di grande
trasformazione dellUniversità italiana, momento che è¨ accompagnato da forti
tensioni interne al sistema universitario e da unimmagine esterna non sempre
positiva.
In questo contesto è in generale importante
che un Ateneo prestigioso come lAlma Mater comunichi con chiarezza al mondo esterno
il proprio impegno nella ricerca scientifica.
Da questa esigenza è nata lidea di
illustrare lattività scientifica dei docenti incardinati presso il Polo di Rimini
in una mappa completa, di semplice lettura anche per i non-addetti ai lavori.Il
Direttivo Nazionale. |
Giorgio Cantelli
Forti
- nominato Presidente della Giunta del Collegio dei
Farmacologi Universitari
- nominato, con Decreto del Miur, Garante PRIN - Progetti di Ricerca
Nazionale, Area 05, Scienze Biologiche |
|
Al Convegno sono attesi:
- Luciano Chicchi - Presidente Uni.Rimini
- Maurizio Sobrero - Presidente Commissione Ricerca
- Dario Braga - Pro-rettore alla ricerca
Le relazioni saranno tenute da:
- Salvatore Torrisi - Referente macro area Scienze Sociali
- Mirella Falconi - Referente macro area Scienze Naturali
- Antonella Mascio - Referente macro area Scienze Umanistiche
- Giampaolo Proni - Referente macro area Multidisciplinare.
I lavori saranno conclusi dagli interventi
di:
- Stefano Vitali - Presidente Provincia di Rimini
- Alberto Ravaioli - Sindaco di Rimini
- Ivano Dionigi - Magnifico Rettore
e dalla Benedizione di Mons. Francesco Lambiasi, Vescovo di Rimini
Infine avrà luogo la cerimonia* del taglio dei
nastri dei Laboratori di Ricerca, Palazzo Ruffi
e Laboratori di Ricerca, Piazza Malatesta. |
* La scorsa settimana ha avuto luogo anche l'inaugurazione dello
Studentato (mensa, sala convegni, 90 posti letto, di cui
alcuni con angolo cottura) nell'ex-Palace Hotel,
completamente ristrutturato.. |
|
Dal CNRU - Comitato Nazionale Ricercatori Universitari
|
Assemblea nazionale a Roma per fare il punto della situazione
sulla decisioni di
maggio di non assumere incarichi di insegnamento per l'anno accademico 2010-11.
VENERDI 24 S
ETTEMBRE 2010, ORE 13,
presso laula La Ginestra a Chimica, dentro la citta universitaria.
Anche appello al Capo dello Stato contro la discriminazione,
a danno del Ricercatori, relativa al prepensionamento
Clicca su: http://appelloalpresidente.blogspot.com
Appello del Foglio UNIVERSITAS News a sostenere
i Ricercatori, quale passaggio obbligato per sostenere l'università
italiana
Anche appello del CNU di Bologna e della FLC CGIL di Bologna a sostegno dei
Ricercatori.
Il Direttivo Nazionale
a tutti i Ricercatori in Italia
(stralcio dai comunicati del 31 agosto e del 15 settembre 2010)
Il momento è quello decisivo e non possiamo mollare proprio ora.
......
La protesta dei ricercatori non nasce contro il DDL Gelmini. Il DDL al massimo la
catalizza. La protesta nasce prima e non si fonda sullopposizione allattuale
governo e Ministro, ma sulla richiesta di uno stato giuridico che superi la attuali e
passate contraddizioni riguardanti le attività svolte e da svolgere. In questo quadro si
inscrive anche la cosiddetta valutazione e la non disponibilità di
sufficienti sbocchi concorsuali.
Agganciare la protesta dei ricercatori unicamente allattuale DDL non
permette di comprendere appieno il disagio profondo della categoria dei ricercatori, ma
soprattutto la mette in balia dellumore della contingenza. È innegabile che parte
dei ricercatori abbia trovato nella lotta contro il DDL una sua forte
legittimazione, o meglio, un forte spirito di antagonismo, ma non era da parte di molti di
noi la motivazione principale. Soprattutto non lo è mai stata per il CNRU.
......
Moltissimi di noi si sono apertamente schierati in quella direzione a seguito
di unassemblea a LAquila in cui era presente anche il Rettore e in cui si
formulò tale idea, prima che cominciasse la lotta al DDL.
Ma, daltra parte, il sistema universitario ha qualcosa che deve essere
modificato e, allo stato attuale delle cose, tale sistema ha messo nellangolo i
ricercatori. Anche in questo senso si è scritto più volte e preso ampiamente posizione.
Spesso in tali scritti non si riscontra affatto il nome del
Ministro o il DDL in questione, proprio perché non è una questione contingente quella
che deve essere affrontata e non dipende semplicemente dai favori o dagli umori di questo
o quello schieramento politico.
Ripetiamo, i ricercatori possono anche aver aderito alla lotta
contro il DDL, ma il loro problema è a prescindere.
....
La motivazione era ed è il disagio dei ricercatori allinterno di un sistema
che non funziona, che non li appaga e che viene ulteriormente messo a dura prova con il
DDL. Se così non fosse, la protesta rischierebbe di rimanere impantanata sulle incertezze
del quadro politico attuale, sulla speranza di uneventuale termine anticipato della
legislatura che di conseguenza bloccherebbe definitivamente liter parlamentare del
DDL.
....
E perciò lattenzione dovrà rimanere alta a prescindere perché
il DDL deve essere il mezzo e non il fine per risolvere il problema. Se infatti
luniversità fosse finanziata, il DDL fosse |
Ivano Dionigi
|
Segnale di sfondamento
dei Ricercatori a Bologna ?
|
Evidenti difficoltà di far partire l'attività didattica
inducono il Rettore, il Senato Accademico e i Presidi a invitare i Ricercatori a tornare
sulle loro posizioni
(Per notizia: L'Ateneo è stato tra i duri nel
pre-pensionare proff. Associati e Ordinari,
troppo costosi rispetto ai Ricercatori)
La Lettera ai Ricercatori
"Cari colleghi,
pur nella consapevolezza del grave disagio e delle difficoltà che i ricercatori stanno
attraversando, sono a chiedervi - in conformità alla deliberazione unanime del Senato
Accademico di quest'oggi - di confermare o meno la vostra disponibilità a garantire
l'avvio delle attività didattiche che rappresentano un dovere dell'Ateneo nei confronti
degli studenti e delle famiglie le quali, al pari nostro, stanno fronteggiando momenti di
profonda crisi economica e sociale.
Vi chiedo pertanto di restituirmi, debitamente compilata e sottoscritta, la dichiarazione
allegata alla presente, entro le ore 13:00 di venerdì 17 settembre. In caso di
impossibilità da parte vostra a far pervenire la suddetta dichiarazione entro la data
sopra definita, una vostra comunicazione via mail potrà comunque far fede, in attesa
dell'invio del documento ufficiale.
In assenza della dichiarazione allegata entro il termine indicato, ovvero in caso di
dichiarazioni di indisponibilità a svolgere l'attività didattica, la Facoltà dovrà
individuare modalità alternative di copertura degli insegnamenti, al fine di assicurare
l'avvio delle lezioni.
Il Senato Accademico ha peraltro confermato in data odierna gli impegni già assunti nella
riunione del 20 luglio, e in particolare: l'organizzazione di una giornata di riflessione
e discussione pubblica, nei primi giorni dell'Anno Accademico, nelle diverse Facoltà e
sedi, sui temi della ricerca e dello status dei ricercatori universitari; l'impegno ad
attribuire la massima priorità alla programmazione di posti da Associato, compatibilmente
con i vincoli del bilancio 2011.
Vi ringrazio fin d'ora per la comprensione e per la collaborazione che
vorrete accordarmi e Vi saluto molto cordialmente."
Segue FIRMA |
corretto come molti di noi auspicano ma
continuasse a mancare una soluzione allo stato giuridico dei ricercatori, saremmo
comunque soddisfatti? Difficilmente. Ed è per questo che il CNRU mantiene alta
lattenzione soprattutto su questo problema e non perché non ritenga tutto il resto
altrettanto importante. Alimentare questo equivoco significherebbe volere il male dei
ricercatori.
Una protesta per definizione tende a stressare il sistema cercando di
metterne in risalto le contraddizioni. La contraddizione che mette in risalto la protesta
dei ricercatori sembra evidente e spiega la mancanza di una vera partecipazione delle
altre componenti universitarie. È lampante il fatto che senza applicare una sorta di
ingiustizia il sistema non è in grado di funzionare, nemmeno ai minimi
accettabili.
Questo significa che la protesta è giusta proprio perché mostra
quel limite del sistema, appalesando proprio come in modo assurdo e nel
silenzio dei più esso si sia andato a configurare negli ultimi decenni, indipendentemente
dal colore del governo e dal nome del ministro.
....
Una volta che i ricercatori avessero deciso di riaccettare i carichi
didattici cosa succederebbe? Che una simile decisione diventerebbe vincolante, dal punto
di vista legale, per il prossimo anno accademico e per un anno si continuerà a discutere
di nulla esattamente come finora successo. Si chiede un impegno
legale a fronte di un nulla da offrire, se non un generico istinto
materno da stimolare. Non è mai facile la strada a cui si chiede di accedere gratis.
È altresì evidente che lideale sarebbe stato, e
continua ad esserlo, che le altre categorie universitarie si rendessero finalmente
disponibili a utilizzare lunità dei ricercatori (ancora presente) e spingessero
anchessi nella direzione che mostri a tutti come il sistema non funziona, come basta
stressarlo un poco per farlo crollare: non certo quella di scegliere la strada di
affannarsi a mettere lennesima toppa al sistema traballante, come stanno facendo
alcuni presidi. Qualunque sia il risultato della toppa, i problemi non cambieranno e non
si risolveranno da soli. Saranno solo procrastinati per lennesima volta, a tutto
danno dei ricercatori.
.....
CNRU |
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LETTERA di "Universitas News" AL
PRESIDENTE BERLUSCONI
all'indirizzo: Centromessaggi@Governo.It
A CUI IL PRESIDENTE NON HA DATO RISPOSTA |
SUN - Universitas News
www.universitas.bo.it
Prof. Nino Luciani
Ordinario di Scienza delle Finanze, Universita' di Bologna
347 9470152
Al Presidente del Consiglio On. Dr. Silvio
Berlusconi
p.c. : Al Presidente della Commissione Istruzione del Senato Sen. Ing. Dott. Guido Possa
Oggetto: Riforma Gelmini - Disegno di Legge "Senato 1905"
Sig. Presidente,
il DDL in oggetto ha terminato l'iter, in sede referente, presso la
Commissione Istruzione del Senato.
La Commissione ha fatto, credo, tutto cio' che poteva fare ..., compatibilmente con la
volonta' del Governo.
Nelle precedenti settimane, i sindacati universitari avevano fornito le loro
proposte emendative. Io stesso avevo organizzato, all'universita' di Bologna (12 febbraio
2010) una conferenza nazionale, a cui avevano partecipato i due Presidenti delle
Commissioni Istruzione e Cultura del Senato e della Camera (G. Possa e V. Aprea) , e del
Sen. G. Quagliariello, alcuni parlamentari delle commissioni medesime, il Presidente della
CRUI (Decleva). Ne trova un resoconto in: http://www.universitas.bo.it/Conferenza.htm#RISULTATI
.
Sta di fatto, che il testo approvato in sede referente (e che andra' presto
in aula) conserva alcuni difetti gravissimi, per cui non ne uscira' una riforma
migliorativa dell'esistente. E questo mi dispiace, mentre rimangono vive le attese
fiduciose del mondo universitario, anche emerse nel corso della recente settimana di
mobilitazione nazionale sul DDL (17-22 maggio 2010).
Andiamo per punti, in essenziale:
1) Governance. Le soluzioni, adottate nel DDL, sono strumentali al
vincolo del "costo zero". In questo senso, riterrei di soprassedere a proposte
emendative della Governance. Il punto, su cui vorrei richiamare la sua attenzione e' il
"costo zero", a cui la Governance e' funzionale..
A mio modo di vedere, nulla questio sul "costo zero" per lo Stato,
se questa e' la direttiva politica del suo Governo. Mi appare, invece, incomprensibile che
il suo Governo impedisca anche alle universita' di fissare liberamente le tasse
studentesche per pareggiare il bilancio.
Va, tuttavia, ricordato che questo impedimento e' legato al fatto che le
universita' devono fare agevolazioni per studenti bisognosi e meritevoli (art. 34
costituzione). Riguardo a questo, io le proporrei di sollevare le universita' da questo
compito, e di affidarlo, invece, direttamente al MIUR, su un fondo, salvo dare delega di
gestione alle Regioni.
In questo senso, vale dire sgravando le universita' dal vincolo di fare
"socialita' ", si potrebbe permettere a loro di rifinanziarsi direttamente sul
mercato.
2) La meritocrazia e la valutazione, di cui viene detto essere vanto
del DDL, e' largamente una "invenzione" senza fondamento. I motivi sono due:
a) Per l'art. 97 della Costituzione, la valutazione e la meritocrazia, anche
durante la carriera, vanno attuate con concorso pubblico (l'opposto del precariato).
Invece, il DDL si fonda sullo "impact factor", vale dire sul numero delle
pubblicazioni, classificate per collocazione editoriale. Sarebbe come scegliere un vino
guardando alla bottiglia, senza assaggiarlo. Un contadino ("scarpe grosse, cervello
fino",) non farebbe mai in questo modo. Lo "impact factor" va bene, ma solo
come indizio;
b) Il DDL vuole la abilitazione nazionale (con commissioni sorteggiate) e, poi, i
concorsi locali (e questa e' cosa buona, per la celerita' delle procedure). Ma per il
concorso locale vuole le commissioni scelte dal Rettore tra i professori del dipartimento.
Questo peggiorerebbe molto il difetto del localismo di cui alla legge 210/1998, in quanto
i dipartimenti sono molto corporativi. Il sorteggio (nel settore scientifico nazionale)
anche per il concorso locale e' la soluzione imprescindibile.
3) La riforma GELMINI non prevede "norme transitorie" per i
Ricercatori a tempo indeterminato, pur abolendone il ruolo in anticipo rispetto a quanto
previsto (2013). Questo non e' giusto, tenuto conto del peso che essi (il 41% dei docenti
di ruolo) portano da anni per la didattica e la ricerca, senza possibilita' di carriera,
per i vari blocchi dei concorsi, in passato. Penso sia nell'interesse dell'universita'
introdurre "norme transitorie" per il passaggio dei Ricercatori alla II Fascia,
sia pur col rispetto di determinate condizioni di merito, come gia' fu fatto per gli
assistenti ordinari nel 1980.
Signor Presidente, ho fiducia in Lei.
Mi metto a Sua disposizione per ogni utile chiarimento e contributo, che
volesse richiedermi.
Il
Direttore: Nino Luciani
Bologna, 26 maggio 2010 |
Ivano Dionigi
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RIFORMA DELLO STATUTO
L'assemblea congiunta di CdA e Senato
nomina una Commissione, 30 marzo 2010 |
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I componenti della Commissione
Giuseppe Caia, Paolo Pombeni, Giliberto Capano,
Giovanni Dore, Aldo Bertazzoli,
Guido Avanzolini, Marco Zoli, Angelo Varni, Rosella Rettaroli, Davide Pianori (studente),
Alberto Aitini (studente), Giovanni Longo, Donatella Alvisi, Cristina Balboni.
Obiettivi affidati alla
Commissione
La nomina è stata accompagnata dai seguenti obiettivi,
da raggiungere con la riforma statutaria:
1. ribadire e rafforzare lautonomia per quanto attiene la scelta degli
obiettivi strategici e delle modalità di autogoverno;
2. assumere una più esplicita responsabilità sociale rispetto ai processi di
ricerca ed elaborazione di nuove conoscenze, di formazione delle nuove generazioni,
nonché di trasferimento di saperi e competenze anche a beneficio del tessuto sociale ed
economico;
3. individuare con chiarezza il ruolo degli Organi di Governo dellAteneo
rispondendo allesigenza condivisa di ridefinirne le funzioni, semplificare e
migliorare la loro capacità di programmazione e di decisione rispetto agli obiettivi
strategici;
4. definire nuovi modelli organizzativi che, in un contesto di scarsità di
risorse, consentano di affrontare con successo la crescente competizione tra atenei a
livello nazionale e internazionale;
5. superare la tradizionale separazione organizzativa tra didattica e ricerca
che limita le potenzialità dei singoli e delle strutture in entrambi gli ambiti,
impedendo di raggiungere i livelli qualitativi perseguibili;
6. rivedere il sistema delle relazioni istituzionali tra organi centrali e
strutture decentrate definendo nuovi equilibri tra lesigenza di verticalizzare i
processi decisionali per recuperare efficienza e di coinvolgere adeguatamente le strutture
decentrate che devono esercitare la propria autonomia in modo responsabile;
7. affinare il sistema multicampus attraverso un assetto istituzionale che renda
possibile una programmazione unitaria a livello di Ateneo delle attività di didattica e
soprattutto di ricerca;
8. incentivare il senso di partecipazione al perseguimento dei fini comuni anche
mediante una maggiore collegialità degli Organi delle strutture decentrate. |
Nino Luciani, Riforma o controriforma ? Per chi, come me e come i Colleghi del "Gruppo dei 30" (in
risposta a precisa sollecitazione pubblica del Rettore Calzolari), avevamo predisposto una
bozza di riforma, a supporto della (allora) Commissione nominata dal precedente Rettore,
può parere una vera contraddizione la domanda: "Riforma o controriforma ?"
I motivi mi sembrano perfino ovvii:
1) Un Rettore che vuole andare avanti costruttivamente deve essere
trasparente, in modo da essere coadiuvato dalla Comunità scientifica, per quello che può
fare.
Reclamerei, dunque, che il Rettore coinvolga la Comunità per questa riforma
necessaria e tanto attesa.
Confido che il prof. P. Pombeni, col quale il Gruppo dei 30 ha condiviso
ripetuti incontri di Ateneo sulla riforma; anzi, Lui (che subì la beffa, ... che
sappiamo) sicuramente sarà solidale con questa invocazione di partecipazione allargata
alla costruzione del progetto.
2) Ma c'è dell'altro ..., e tenendone conto, subentrano
perplessità di altro tipo.
a) E' in piena azione l'iter parlamentare per la riforma della Governance;
b) Le dichiarazioni, rese negli Organi, dal Rettore andrebbero nel senso che Egli
si propone di anticipare la sostanza del progetto governativo, senza attenderne i
possibili tempi lunghi.
c) il progetto Governativo è sostenuto solo da Confindustria ed avversato
radicalmente da tutti i Sindacati Universitari, fino ad avere già proclamato una
settimana di agitazione dal 17 al 22 maggio 2010.
I motivi della avversione sono che il DDL del Governo è ritenuto:
- contro l'autonomia universitaria;
- contro il diritto allo studio;
- contro il premio del merito dei docenti, anzi un moltiplicatore del precariato.
d) Il Rettore ha presenziato alla conferenza nazionale di Bologna del 12 febbraio,
in cui c'è stato il confronto tra Sindacati e Presidenti delle Commissioni Istruzione e
Cultura di Camera e Senato.
Dunque il Rettore è bene al correne della stato del contrasto.
Torno all'inizio: questo Rettore è per una riforma o per una
controriforma ? NL |
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Quali strategie per il futuro dell'Ateneo |
P.Paolo Diotallevi
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Idee dalla Facoltà di Ingegneria
per la riforma didattica
Due lettere del Preside (2008 e
2009),
da noi ripescate dal cassetto
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Ivano Dionigi
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Nello scorso anno il nuovo Preside, alle
prese con difficoltà a coprire gli insegnamenti, ha lanciato nuove idee, con due
rispettive lettere, alla Facoltà. Esse, tuttavia, sono rimaste soffocate perchè in rotta
di collisione con l'indirizzo del rettore CALZOLARI, allora in carica, e del suo braccio
destro ProRettore MASETTI, già Preside a Ingegneria.
Considerato che il nuovo Rettore DIONIGI ha annunciato che, in Ateneo, i
suoi ProRettori stanno lavorando alla riforma, ci è sembrato utile ripescare dal cassetto
le due lettere.
Facciamo precedere alcuni dati dell'Ateneo, da cui partire per nuove idee.
Si nota un numero abnorme di insegnamenti, in rapporto al numero delle lauree, a loro
volta già eccessivo.
Anche il numero dei professori a contratto e di professori esterni appare
abnorme rispetto al numero dei professori di ruolo (ordinari, associati, ricercatori), con
evidenti dubbi sulla garanzia della qualità degli insegnamenti. |
Università di Bologna - Dati statistici
complessivi |
anno |
2000 |
2001 |
2002 |
2006 |
2008 |
2009 |
Numero
Insegnamenti |
14.124 |
23.651 |
30.875 |
25.946 |
23.970 |
17.867 |
Corsi di laurea |
- |
- |
- |
- |
79 |
78 |
Corsi di laurea |
- |
- |
- |
- |
75 |
85 |
Professori di ruolo (Ord. -
Ass. - Ric.) |
- |
- |
- |
3.278 |
- |
3.102 |
Professori a contratto |
- |
- |
- |
2.525 |
- |
6.055 |
Docenti esterni |
- |
- |
- |
933 |
- |
893 |
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La prima lettera
(ottobre 2008)
Nota. Nella prima lettera, l'idea portante è "ridurre il numero delle
lauree al numero delle classi di laurea" previste per l'ingegneria" e "al
loro interno, fare spazio adeguato singoli indirizzi" .
"1.- Il nostro compito. L''Università italiana,
unitamente a tante altre istituzioni nazionali, sta vivendo un momento di grave incertezza
derivante sia da situazioni contingenti, quale ad esempio le difficoltà economiche, sia
dall'emergere di carenze strutturali e funzionali. Il nostro compito deve essere quello di
osservare e valutare in maniera critica ed attenta i diversi aspetti che hanno condotto
l'Università a questo livello di criticità, non potendo e non dovendo noi, operando
dall'interno, ritenere che tutte le responsabilità ricadano esclusivamente su altri
lasciandoci come puri osservatori e soggetti passivi di una realtà non da noi voluta e
realizzata.
Preso atto di oggettive inefficienze e di reali mal funzionamenti,
quali ad esempio la proliferazione dei corsi di studio, del numero degli insegnamenti,
della molteplicità delle sedi e della loro diffusione territoriale - spesso non
supportata né da caratteri storici, né da adeguate attrezzature didattiche - è nostra
responsabilità proporre e sostenere vie alternative di più largo e incisivo respiro. Si
aggiungano i ventilati tagli alle risorse sia in termini finanziari, sia in termini di
risorse umane dei quali anche a breve termine si risentiranno i nefasti effetti sul
sistema formativo universitario, sulla conseguente qualità della ricerca e quindi sulla
diffusione della conoscenza.
A fronte di queste prospettive dobbiamo agire, per quanto ci compete come
docenti universitari, e, nel nostro ambito, all'interno della Facoltà per assicurare ai
giovani e a coloro che si affacceranno in un prossimo futuro agli studi universitari un
percorso formativo effettivamente calibrato sulle loro esigenze e sulle reali necessità
della società che vedrà fra qualche anno questi studenti inseriti nel mondo lavorativo e
professionale sulla base della formazione che noi abbiamo il compito e il dovere di
preparare ed offrire loro.
2.- Dal DM 270, uno stimolo a sperimentare nuovi percorsi. Le
recenti modificazioni del percorso degli studi universitari hanno rappresentato un momento
di riorganizzazione del quadro formativo del quale forse non siamo stati buoni interpreti,
non cogliendo tutte le implicite modifiche e gli espliciti suggerimenti che venivano
formulati, rinchiudendoci in un più semplice attaccamento alle preesistenti situazioni,
piuttosto che provare a sperimentare nuovi e più efficienti percorsi.
La prima trasformazione attuata con il DM 509/99 ha portato
all'interno dell'Università il percorso denominato "3+2" spezzando, in due
successivi momenti, una formazione che sempre più si è rivelata, in tanti ambiti, non
completa ed insufficiente se arrestata al primo passo. Non a caso si è potuto riscontrare
che la maggior parte degli studenti che hanno intrapreso il percorso universitario
dell'ingegneria non si sono arrestati al primo livello di laurea (laurea triennale secondo
il DM 509/99), ma hanno proseguito nel potenziamento e nel completamento della loro
formazione nel successivo passo della laurea specialistica.
La successiva normativa varata con il DM 270/2004 ha avuto fra i suoi
obiettivi, ricompattando fra loro insegnamenti che erano stati eccessivamente frammentati,
quello di ridurre il numero degli insegnamenti stessi e degli esami per ogni studente,
garantendo così una maggiore unitarietà nella trasmissione del sapere. Nella stessa
norma si legge un altro obiettivo: quello di dare alla formazione universitaria una
struttura tale che, partendo da una ampia base comune, viene orientata, nei livelli
superiori della formazione, verso attività e competenze sempre più specifiche e
finalizzate, come peraltro appare naturale se per un momento riflettiamo sulle modalità
di apprendimento nell'approfondire le conoscenze. Forse questo aspetto è stato,
anche recentemente, trascurato.
Si aggiunga inoltre la prospettiva reale di una riduzione, non compensata in
termini di docenti, delle risorse umane verso la quale ci si sta inevitabilmente muovendo
e l'opportuna individuazione di requisiti formali e sostanziali per poter svolgere con
qualità e competenza l'esercizio dell'insegnamento.
3.- I "requisiti minimi" non vanno osservati solo sotto
l'aspetto numerico. I requisiti minimi richiesti dal DM 270/2004, esaminati sotto
il puro aspetto numerico, richiedono per ogni corso di studio la disponibilità media di
circa l'80% degli insegnamenti coperti da docenti di ruolo, ovvero studiosi cha abbiano di
fatto dimostrato, mediante i concorsi tramite i quali sono stati vagliati, di essere non
solo capaci ma anche più che capaci nella ricerca, premessa indispensabile per una buona
scuola di formazione culturale e professionale. Dunque occorre sfruttare al massimo queste
capacità per dare agli studenti il meglio nella formazione.
Ad oggi la Facoltà di Ingegneria ha formulato un proprio piano formativo,
peraltro ancora in fase di completa definizione secondo le direttive vigenti contenute nel
DM 270/2004, che comprende undici lauree (di primo livello) appartenenti a quattro diverse
classi, 11 lauree specialistiche (in corso di definitiva trasformazione in lauree
magistrali per le quali già sono stati approvati dalla Facoltà gli ordinamenti), due
lauree magistrali (di cui una a titolo congiunto con altre sedi europee) ed altre sei
iniziative (di cui una di primo livello) delle quali alcune hanno il principale obiettivo
della internazionalizzazione. Completano il quadro una laurea a ciclo unico (di cinque
anni) per la quale è dato il riconoscimento della comunità europea.
Il quadro è ampio, molto articolato perché articolate e plurime sono
le competenze che afferiscono all'area ingegneristica, e comunque l'insieme rientra
ampiamente oggi negli steccati posti dai requisiti minimi formali.
Con questo assetto si rischia tuttavia di fornire agli studenti un quadro
disarticolato della proposta formativa, non completamente chiaro e comunque tale da
congelare ogni ulteriore ipotesi di progettazione futura nei percorsi finalizzati, andando
verso la saturazione dei requisiti minimi sia per eccedenza nella frammentazione
dell'offerta, sia per le sofferenze future in termini di docenti in previsione dei futuri
pensionamenti.
4.- Per il riordino basato su un limitato numero di lauree.
Ribadendo la necessità di un riordino, la cui definizione è fortemente stimolata e
suggerita dalle future riduzioni delle risorse, in ottemperanza al criterio formativo di
partire da basi comuni sempre più allargate per dirigersi, nei livelli superiori di
laurea, verso indirizzate finalizzazioni della formazione, seguendo altresì l'implicito
suggerimento delle vigenti disposizioni in termini di classe, si ritiene necessario
sottoporre all'attenzione della Facoltà un assetto formativo basato su un limitato numero
di lauree alle quali potrà essere collegata, in cascata, una più puntuale offerta
formativa nelle lauree magistrali.
L'ipotesi sulla quale si invita la Facoltà a discutere e riflettere è
quella di ridurre il numero delle lauree ad esempio al numero delle classi
previste per l'ingegneria (L7, L8, L9 e L23) all'interno delle quali potranno poi trovare
spazio adeguato singoli indirizzi.
Con questo criterio si dovrebbero raggruppare fra loro i corsi di studio
afferenti alla classe dell'ingegneria industriale (L9), alla classe dell'ingegneria civile
e ambientale (L7), alla classe dell'ingegneria dell'informazione (L8) e alla classe delle
scienze e tecniche dell'edilizia (L23).
Si possono così ottenere numerosi vantaggi sia dal punto di vista culturale
- certamente l'aspetto primario - sia dal punto di vista dell'organizzazione degli studi e
dei servizi della Facoltà.
L'unitarietà culturale, sancita dal raggruppamento dei corsi di
studi in classi, può trovare la sua migliore manifestazione nell'individuazione di
materie di base comuni alla classe con qualità e quantità formative identiche per i
diversi indirizzi appartenenti al corso afferenti a quella classe. |
La seconda lettera
(aprile 2009)
Nota. Nella seconda lettera
l'idea portante è che più che la vera riforma, più che alla riduzione del numero delle
lauree, deve puntare alla riduzione del numero degli insegnamenti, mediante: a)
l'accorpamento degli insegnamenti; b) discipline comuni, al primo anno.
" 1.- L'attuazione della riforma universitaria secondo il D.M.
270 costituisce un momento ed una occasione di rilevante importanza al fine di programmare
un riordino dell'intera offerta didattica, dei corsi di studio, dei piani didattici e
degli insegnamenti.
L'attuale prospettiva della didattica non è certamente favorevole per
la Facoltà di Ingegneria in ragione della rilevante riduzione del corpo docente che si
andrà a verificare nei prossimi anni, sia per la naturale riduzione della disponibilità
di docenti a seguito del loro pensionamento, sia per la eliminazione, da parte del Senato
Accademico, dei due anni di fuori ruolo per coloro che, dal 2009, raggiungeranno i limiti
di età previsti.
Il quadro della numerosità del corpo docente nei prossimi tre anni vedrà
una riduzione di più di quaranta unità, mentre nulla di certo è possibile dire sulla
effettiva presa di servizio per i vincitori di concorso che attualmente sono banditi. In
questa prospettiva di medio termine la Facoltà di Ingegneria non può rimanere
indifferente alla possibile situazione di difficoltà che a breve si andrà ad evidenziare
per la copertura degli insegnamenti.
D'altra parte non è possibile pensare di supplire a questa prospettiva di
riduzione del numero di docenti incardinati nella Facoltà con contratti a persone
provenienti dal mondo esterno, sia esso professionale o industriale: anche i fondi per la
didattica sono in via di riduzione.
L'uscita dal circuito della docenza produce inoltre anche un grave
pregiudizio sulla qualità della didattica. Sono infatti i professori che da lungo tempo
si sono occupati di didattica, oltre che di ricerca, a dover lasciare scoperti gli
insegnamenti.
Si andrà a perdere il contributo importante di persone di riferimento
per la didattica e per la valenza scientifica e umana, privando così gli studenti del
contatto con uomini e docenti eccellenti.
2.- Oltre a queste considerazioni che fanno
prevalentemente riferimento a dati qualitativi e ad una sostenibilità dell'offerta
didattica, ritengo doveroso rimarcare che attualmente, senza considerare le nuove
iniziative di cui si dirà in seguito, la Facoltà di Ingegneria vede oggi attivi n. 11
corsi di Laurea e n. 13 corsi di Laurea Magistrale (o Laurea Specialistica) di cui uno a
ciclo unico di cinque anni.
Contemporaneamente sono previsti in Facoltà circa 850 insegnamenti
(ottocentocinquanta). Sono dunque attivi 62 anni di corso ed, ipotizzando anche che siano
tutti diversi fra loro, la Facoltà raggiunge l'offerta di un numero medio di insegnamenti
pari a circa 14 insegnamenti per anno di corso.
Se valutiamo il numero degli esami previsti (e consideriamo questi
come insegnamenti) e conteggiamo 20 esami per le lauree triennali, 12 esami per le lauree
specialistiche o magistrali e 29 esami per la laurea a ciclo unico, otteniamo che il
numero medio di esami per anno è pari a 6,34.
Dunque in Facoltà, anche ammettendo che per ogni corso di studio gli esami
siano indipendenti l'uno dall'altro, abbiamo una offerta didattica che vale circa 2,2
volte quella strettamente necessaria; questo rapporto tende poi ad aumentare notevolmente
se si considera che molti esami riguardano insegnamenti comuni a più corsi di studio.
Questi numeri ovviamente non vogliono essere esaustivi del problema e
non lo descrivono neanche completamente, tuttavia rappresentano un primo quadro, seppure
approssimato e grezzo, in grado di darci gli ordini di grandezza, così importanti per noi
ingegneri, utili per renderci conto della offerta didattica estremamente ampia che è
proposta dalla Facoltà.
Sorge anche il dubbio che gli studenti possano riuscire ad
orientarsi facilmente in questo quadro di così ampia numerosità di insegnamenti: questa
maggiore offerta conoscitiva forse può essere interpretata anche come fonte di confusione
e di difficoltà nell'orientamento; una "Babele didattica" (espressione forse
esagerata) sulla quale credo dobbiamo prontamente riflettere e prendere qualche iniziativa
di razionalizzazione.
3.- D'altra parte, come ben noto, la Facoltà ha deliberato un riordino
dei corsi di studio sia per le lauree, sia per le lauree magistrali proponendo una offerta
più ampia, dettata da esigenze di migliore caratterizzazione della offerta formativa, in
linea con le nuove tendenze della società e del mercato del lavoro, e nell'intento di
formare studenti sempre più preparati, competenti e competitivi per la società nella
quale, al termine dei loro studi, andranno ad operare.
La nuova offerta è stata ragionata e dettata dal desiderio di essere in
linea con le necessità del mercato del lavoro, intendendo formare ingegneri dei quali la
richiesta del mercato è assodata. I numeri precedentemente esposti sono dunque destinati
ad accrescersi esaltandosi anche gli aspetti negativi.
4.- A fronte dunque dell'attuale costante riduzione delle risorse
sia umane, sia di mezzi strumentali, a fronte della forse pletorica offerta di
insegnamenti e del desiderio di sostenere nuove iniziative culturalmente valide ritengo
che la Facoltà, ed i corsi di studio che ad essa afferiscono, debbano rivedere l'intera
organizzazione della didattica ed i piani didattici dei singoli corsi con questi obiettivi
principali:
- rivisitazione degli insegnamenti previsti nel piano didattico con la riduzione
del numero degli insegnamenti a scelta degli studenti;
- rivisitazione del numero dei curricula inseriti all'interno dei corsi di studio
delle lauree e delle lauree magistrali al fine di ridurre il numero degli insegnamenti;
- valutazione dell'ipotesi di accorpamento di corsi di studio appartenenti alla
stessa classe;
- riorganizzazione dei corsi di base comuni a tutti i corsi di studio al fine di
rendere l'offerta formativa più organica, trasversale a più corsi e comunque omogenea
nell'ambito della stessa classe (con questa azione si aiutano anche gli studenti a meglio
orientarsi nel primo anno di studio senza il rischio di perdere tempo in corsi ed esami
che potrebbero rimanere a loro debito nel caso di cambio di corso di studio);
- considerazione della mutuazione di insegnamenti da altri corsi di studio al fine
di ridurre, come necessario, il numero degli insegnamenti.
Ritengo sia estremamente importante che la Facoltà prospetti l'insieme di
queste modifiche in tempi brevi sia per la necessità che ci investe già dal novembre
2009, sia per poter dare evidenza in Ateneo di un atteggiamento "virtuoso" ed
anticipatore di ciò che, con altri mezzi meno gradevoli e meno meditati, inevitabilmente
l'Ateneo ci costringerà ad attuare.
5.- Mi rivolgo pertanto a Voi, Presidenti dei
Consigli di Corso di studio ed alla Commissione per la Didattica della Facoltà, per
sollecitarvi a questa riflessione e chiedervi proposte per l'attuazione di questi
obiettivi, prima che altri ce lo impongano o le necessità della Facoltà lo richieda in
modo drastico. La valutazione che si può e si deve fare non è solo di tipo numerico, con
riferimento ad esempio all'evidenziare i circa 850 (ottocentocinquanta) insegnamenti
presenti in Facoltà; non è solo il numero che conta (che peraltro sembra già grande),
ma la qualità e l'efficienza della didattica.
Con particolare riferimento alle lauree ritengo che la formazione non
possa essere scomposta in un numero elevato di "mille rivoli" che forse non
confluiscono in un unico fiume di sapere.
Attendo entro breve tempo proposte dirette secondo quanto sopra
esposto; preannuncio che comunque dopo il periodo di sospensione della didattica per il
periodo della Pasqua, sarà mia cura convocare riunioni nelle quali dovrà essere data
risposta a questi importanti temi. L'obiettivo è quello di rendere più forte, efficace
ed efficiente l'offerta didattica che sempre è stata qualitativamente sostenuta e
qualificata: da quei modelli non vorremmo allontanarci per le attuali contingenze.
Certo della Vostra piena collaborazione porgo un cordiale saluto.
Il Preside prof. ing. Pier Paolo Diotallevi |
(Continua:
prima lettera) La differenziazione nella formazione può avvenire comunque
secondo gli indirizzi aventi specifiche e caratterizzanti denominazioni atte ad
individuare l'ambito di competenza cui il corso prevalentemente si rivolge.
5.- Per una formazione di base solida e comune a tutti i laureati di
Ingegneria. E' altresì da considerare il fatto che chi si fregerà in futuro del
titolo di "Ingegnere" avrà una formazione di base solida e in gran parte comune
a tutti i laureati dello stesso ambito, contribuendo a creare un'identità comune nei
laureati. Gli studenti potranno avere di fronte gli stessi percorsi, oggi frazionati in
tanti corsi di studio, consapevoli cha la loro laurea sarà in grado di conferire loro
tutte quelle competenze e conoscenze necessarie e fondamentali per entrare nel mondo del
lavoro (senza particolari specificità non previste a questo livello di laurea e non
sufficientemente credibili per questo livello di laurea) o proseguire, sicuri della
propria formazione, in una laurea magistrale che li orienterà maggiormente negli ambiti
disciplinari preferiti.
L'accorpamento dei corsi diverrebbe così stabile e non soggetto alle
fluttuazioni annuali conseguenti alla numerosità degli iscritti agli attuali corsi di
studio così fortemente frammentati.
La Facoltà potrà meglio organizzare le proprie risorse sia in
termini di docenti e ricercatori, sia in termini di spazi e risorse economiche per rendere
più agevole il percorso agli studenti. Questi accorpamenti, per i quali si sta avviando
una simulazione, potranno forse comportare la necessità di sdoppiamento e anche di
triplicazione di alcuni insegnamenti, ma hanno comunque l'innegabile vantaggio di liberare
risorse che potranno essere utilmente e proficuamente riversate sulle lauree magistrali,
ovvero sulla totalità degli studenti.
6.- In ritardo riorganizzativo, ma possiamo recuperare. L'ipotesi
di riorganizzazione degli studi qui proposta doveva forse essere presa in considerazione
fin da quando si è messo mano al riordino della formazione secondo il DM 270; non
possiamo però rinunciare a priori a valutare questa possibilità e a questa opzione che
ora ci viene offerta solo perché, non colta in precedenza, la Facoltà ha intrapreso una
via diversa.
Dobbiamo imporci una riflessione adeguata in questo senso. Qualora si
intendesse conservare lo stato attuale della formazione dovremmo dimostrare che l'ipotesi
qui suggerita e proposta è peggiorativa della situazione attuale. Dovremmo dimostrare che
il contenuto formativo di questa proposta - proposta che la Facoltà ritengo abbia il
dovere di formulare, elaborare, discutere ed eventualmente fare propria - non può essere
attuato o risulta peggiorativo rispetto all'attuale situazione. Dovremmo dimostrare che i
percorsi formativi sarebbero migliori se si continuasse a procedere "in linea
retta" fra lauree e lauree magistrali. Dovremmo dimostrare che è meglio limitare la
formazione data dalle lauree magistrali a favore delle lauree di primo livello. Dovremmo
dimostrare che la nostra visione della formazione che siamo in grado presentare ai nostri
studenti, rimanendo limitata agli attuali assetti e priva di possibili sviluppi futuri,
sia formulata nell'interesse degli studi e degli studenti e non di singoli docenti o di
gruppi desiderosi soltanto di affermare il proprio ambito.
7.- Conclusioni. Pertanto propongo alla Facoltà una discussione
su questi argomenti nelle opportune sedi quali i Consigli di Corso di studio, la
Commissione per la didattica e il Consiglio di Facoltà, ben consapevole che i tempi di
attuazione di un tale cambiamento non potranno essere immediati; ma sarebbe già un buon
successo iniziare una attenta e approfondita discussione considerando che ai sensi del DM
270 abbiamo ancora qualche anno per raggiungere una formulazione definitiva dell'assetto
egli studi.
Sono certo della Vostra piena collaborazione nell'interesse degli studenti, della
Facoltà e della formazione.
Il Preside prof. ing. Pier Paolo Diotallevi |
|
Dal "vecchio" (ma ancora giovane) al "nuovo" Direttore
amministrativo
|
Fabro Ines
già Direttore Amm.vo
|
Ringraziamento alla Dr.ssa Ines FABBRO
Anche Lettera aperta del prof. G. Barbiroli alla Dr.ssa Ines
Fabbro
e
Considerazioni del prof. G. Porzi sul passaggio al nuovo Direttore |
Per parte del nostro Foglio
desideriamo ringraziare la Dr.ssa Ines Fabbro per il servizio (tutta un vita) reso, in
piena dedizione, all'Alma Mater e a tutti noi: docenti, tecnici, amministrativi.
Pur avendo criticato la gestione della Dr.ssa Fabbro, questo
ringraziamento non è solo un atto dovuto. Siamo stati sempre consapevoli che la
Dottoressa ha dovuto affrontare (non avendo più a monte un Governo centrale che paga a
pié di lista) problemi difficili, anche impari perchè non sorretta da chi, invece, di
parte docente, ha svolto in modo inadeguato il suo compito, forse perchè non all'altezza
del proprio ruolo, o forse perchè non sorretto da buona salute (anzi in pessima salute, e
a lungo).
Ben altra gratificazione la Dottoressa aveva avuto nel periodo in cui
aveva svolto quel compito, sotto la guida di un "fuori classe", nome con cui Lei
stessa chiamò Fabio Roversi Monaco, in chiusura del mandato rettorale a Santa Lucia il 31
ottobre 2001, e di cui aveva dichiarato voler "requisire" la toga, per
conservarla nelle mura del Rettorato.
Ma ormai il tempo è passato, ed è stato opportuno dare un
taglio a tutto, e ricominciare da capo con persone nuove.
Poi la storia renderà giustizia a tutti, nel bene e nel male.
E, c'è, poi, che "chi lascia eredità di affetti, avrà
gioia successivamente" (parole di U. Foscolo, qui tradotte in positivo).
Se questo avverrà, lo potrà verificare Lei, per
prima. Nino Luciani |
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Giancarlo Barbiroli*, Lettera alla Dr..ssa
Ines Fabbro |
Lettera aperta, inviata anche a tutti i Docenti |
* Ordinario di merceologia, Già Preside della
Facoltà di Economia, Univ. di Bologna
Pregiatissima e Gentilissima Dottoressa Fabbro,
il suo messaggio di saluto del 30 Settembre mi dà lo spunto per
alcune considerazioni sull'azione che ciascuno svolge in una Università importante (o che
dovrebbe esserlo) come la nostra, e quindi sui criteri di gestione.
Sono sempre più convinto che, operando in un contesto così complesso e
articolato (ma pubblico, non dobbiamo dimenticarlo), se le decisioni e le scelte non sono
prese su basi razionali e oggettive, i risultati ottenuti non potranno che essere, o non,
corrispondenti agli sforzi (e alle spese), oppure addirittura opposti a quelli che si
dovrebbero ottenere per conseguire gli obiettivi propri (qualificazione e potenziamento
della ricerca e della didattica).
Non sto affermando niente di diverso da quanto ho proposto alla fine di
marzo: è indispensabile "rifondare "l'Università su criteri razionali,
verificabili e verificati, come quelli che conducono l'azione degli Atenei Europei ed
extra Europei.
Purtroppo il confronto mi dà e mi darà sempre più ragione, perchè noi
siamo lontani anni luce da questa loro condizione rigorosa. Nei numerosi incontri avuti in
Aprile e Maggio (durante il dibattito per le elezioni del nuovo rettore - N.D.R.) ho
purtroppo riscontrato che tante realtà sono " a metà del guado", creando forti
tensioni e preoccupazioni.
Chi opera al loro interno considera che ciò dipenda dal fatto che le scelte non
siano state effettuate con razionalità, quasi con una "navigazione a vista". E
da queste condizioni difficili non si sa come uscire, creando ulteriori tensioni e
preoccupazioni. Anche gli squilibri di risorse tra aree diverse, e tra aree scientifiche e
attività di supporto creano irritazione e preoccupazione.
Questa nostra realtà è ben nota negli Atenei internazionali rinomati che
contano, e viene considerata "un grande gap istituzionale", tanto che, anzichè
noi essere "fuori classifica" come Ateneo più vecchio del mondo e per le tante
eccellenze scientifiche (c'è stato anche, il 9° Centenario di mezzo, e non è stato
poco!!), veniamo collocati verso il 180° posto.
Altre spiegazioni diverse ? Verrò considerato pessimista, ma, al di là
degli opportunismi o delle ipocrisie, da anni a Bologna e dintorni è diffusa questa
convinzione.
Lei potrà obiettare: ma questa esigenza di rifondare l'Università su basi
razionali non ha avuto successo numerico nelle elezioni rettorali, in maggio scorso.
Lei sa la ragione: "le culture prevalenti" conducono in altre
direzioni, però con un chiaro trend in discesa.
Pazienza, così è se vi pare !
Chissà che in un "rigurgito tardivo di autocoscienza e
responsabilità" non mi si darà ragione, anche se per manifestarlo occorre un totale
e diffuso "anticonformismo", che non vedo da tempo, nè all'orizzonte.
Con tanti auguri per le sue attività future.G. Barbiroli |
Gianno Porzi*, Il Dottor Colpani, nuovo Direttore
Amministrativo
* Membro del CdA |
Gianni Porzi
|
Forse è opportuno spendere qualche parola sulla complicata
vicenda della nomina del nuovo Direttore Amministrativo del nostro Ateneo.
Nella seduta del CdA del 10 novembre 2009 il Dr. Colpani, proposto dal MR, è
stato nominato D.A.
La delibera è stata assunta allunanimità non solo sulla base
del curriculum del Dr. Colpani, ma anche come atto di fiducia nei confronti del MR che in
questo ultimo periodo si è fortemente impegnato nella ricerca di una persona competente e
dinamica allaltezza dellincarico importante, quanto gravoso, che dovrà
ricoprire a partire dall1/1/20010.
Al Dr. Colpani, che mi auguro farà il massimo per ridare al nostro
Ateneo quel prestigio che merita, vanno i più sinceri auguri di buon lavoro
Si conclude così un lungo e travagliato iter iniziato più di un anno
fa quando cioè il CdA decise, su proposta del Rettore (nonché del Direttore
Amministrativo), una procedura di selezione, per individuare il nuovo D.A., assurda quanto
inutile, tantè che si concluse con un nulla di fatto.
Ritengo valga la pena ricordare alcuni passaggi importanti di tale vicenda.
Più di un anno fa il CdA autorizzò il Rettore ad emanare il bando per lincarico di
D.A., precisandone il profilo.
Nella seduta del CdA del 17/3/2009 il Rettore, senza peraltro
aver preventivamente informato i Consiglieri affinché potessero prendere una decisione
consapevole e in piena coscienza (motivo per il quale il sottoscritto rifiutò di
partecipare alla deliberazione abbandonando la seduta), propose, e il CdA approvò a
maggioranza, la composizione della Commissione di esperti (da lui stesso presieduta) che
avrebbe dovuto valutare i candidati.
Inoltre veniva precisato che, al termine delliter
istruttorio della Commissione, il nominativo da sottoporre allapprovazione del CdA
sarebbe stato proposto dal Rettore in carica dopo aver "consultato" il Rettore
neo eletto.
Poiché il significato di "consultare" è quello di
"sollecitare un consiglio, un parere", che non è quindi vincolante, il Rettore
in carica aveva solo lobbligo di sentire il "parere del Rettore neo
eletto"; un parere non ritengo costituisca un vincolo, come invece si è tentato di
farlo apparire.
Al bando risposero ben 47 candidati che la Commissione valutò attraverso
colloqui riservati solo a coloro che avevano superato una prima selezione basata
sullesame dei curricula.
A conclusione della selezione operata dalla Commissione, il CdA era,
ovviamente, in attesa di conoscere sia la rosa di candidati (quattro) ritenuti dalla
Commissione idonei a ricoprire lincarico di D.A., sia il nominativo del candidato
proposto dal Rettore in carica, "sentito il parere" del Rettore neo eletto.
In modo del tutto inaspettato, quanto incomprensibile, nella seduta
del CdA del 24/7/09 il Rettore comunicò che il prof. Dionigi (Rettore neo eletto) aveva
dichiarato di "non avere elementi sufficienti per discutere della rosa dei quattro
autorevoli candidati selezionati dalla Commissione" e quindi il Rettore in carica
dichiarò di non |
essere in grado di proporre un candidato per
lapprovazione da parte del CdA.
In modo altrettanto sorprendente, il Rettore propose al CdA di
prendere atto della dichiarazione del prof. Dionigi e di rinviare quindi la nomina del
Direttore Amministrativo a dopo linsediamento del nuovo Rettore affidando dal 1
ottobre, e fino al momento del conferimento dellincarico, la funzione ad un
Dirigente dellAteneo.
Nonostante la posizione contraria assunta dal sottoscritto (e non
solo), in quanto ritenevo che la procedura doveva essere correttamente conclusa con una
proposta del Rettore, il CdA deliberò a maggioranza di rinviare la designazione del nuovo
Direttore Amministrativo ad un momento successivo allinsediamento del nuovo Rettore.
Ritengo che linterruzione della procedura di nomina del
nuovo D.A. non sia stata una decisione corretta perché :
- allodg della seduta del 24/7 era prevista la "nomina del D.A." e quindi
il Rettore in carica doveva proporre al CdA uno o più candidati della rosa selezionati
dalla Commissione procedendo poi alla votazione;
- lazione del CdA non può essere subordinata al parere di chi, pur essendo stato
eletto, non è ancora in carica.
In tal modo nella seduta del 24/7 il CdA, che è lorgano deputato a
deliberare il conferimento dellincarico di D.A., non è stato messo in condizione di
poter prendere una decisione su un argomento previsto dallodg.
Infine ritengo non sia da escludere che nel non aver concluso
liter di nomina del D.A. possa configurarsi un danno erariale dal momento che la
procedura di selezione dei candidati, che non ha portato ad alcun risultato, ha comportato
tuttavia un impegno economico per lAteneo (non va dimenticato infatti che tre Membri
della Commissione venivano da fuori Bologna). Gianni Porzi (Rappresentante del
Governo nel CdA) |
|
BOLOGNA. Il problema della nomina del nuovo direttore amministrativo.
Falla nel sistema di potere del rettore
Calzolari, che in questi anni
ha fatto le pentole , ma (questa volta) senza il coperchio. |
Fabro Ines
Direttore Amm.vo
in uscita
|
Il
Rettore-entrante aveva opposto (a Calzolari) di "NON AVERE
ELEMENTI SUFFICIENTI PER DISCUTERE DELLA ROSA
DI 4 AUTOREVOLI CANDIDATI, PRESELEZIONATI DALLA
COMMISSIONE"
Ma è evidente che si tratta di una "risposta-non risposta",
che sta per : "Non è affar mio fare atti prima della presa di servizio"
Interim, al momento, alla Dr.ssa Giovanna F. Falsetti
VERSO UN "UOMO NUOVO" (come Direttore
Amm.vo),
sulla testa del Consiglio di Amministrazione ? |
Ivano Dionigi
Rettore in entrata
|
Nino Luciani, "Attesa di vedere se il RETTORE ENTRANTE è "continuo" o
"discontinuo",
rispetto a Calzolari "
1.- Traditore o novello Becket ? Risulta che,
nella riunione del 24 luglio 2009, il CdA aveva bloccato il procedimento per la
nomina del nuovo Direttore Ammiistrativo. Il motivo è che il Rettore-entrante (che
"vox Populi, vox Dei" aveva indicato come particolarmente desiderato da
Calzolari perchè presunto "continuo" alla sua politica), avrebbe opposto
di "non avere elementi sufficienti per discutere della rosa di 4
autorevoli candidati, preselezionati dalla commissione".
Dunque:
- " ELEMENTI INSUFFICIENTI" sul dr. Bruno Quarta, pur se apprezzato da
Calzolari su "Il Sole-24 ORE mentre era in corso la selezione e pur se Dirigente che
Dionigi, da Membro della Commissione Ricerca scientifica, ha incontrato ripetutamente;
- " ELEMENTI INSUFFICIENTI" sulla Dr.ssa Francesca Bitetti, pur se con
tre titoli a prova di bomba: Direttore Amministrativo di "Cà Foscari" e, prima,
di Urbino; e, prima ancora, Dirigente dell'ufficio Controllo di gestione dell'Ateneo di
Bologna, dove si era distinta per la ferrea mano e il senso delle istituzioni. In quel
periodo Dionigi era stato Consigliere di Amministrazione per 6 anni.
Siamo stati di fronte al classico "tradimento"
dell'elettorato, a cui siamo usi in Italia, subito dopo le elezioni?
O siamo stati di fronte al rinsavimento di Becket che, nominato Arcivescovo
di Canterbury perchè "amico del Re", poi la sua coscienza gli ricorda che ...
un "Vescovo è servo di Dio, prima che del Re" ?
E c'è una terza possibilità: che il Rettore-entrante
abbia così ragionato con i suoi consiglieri: "Io non sono ancora in carica. Non è
affare mio, giuridicamente, compiere atti prima della presa di servizio". (E' vox
populi che in questo periodo egli abbia quasi completato la formazione della propria
squadra). Dunque quella risposta va presa come una "risposta-non
risposta", un modo per dare tempo al tempo.
Questa terza interpretazione delle sue parole mi sembra quella corretta e,
se così è, è stata anche una decisione di buon valore politico, pur se
il problema di fare il coperchio alla pentola di Calzolari&Co. sarà solo rinviato al
primo giorno della presa servizio.
2.- E Calzolari ? La Commissione era stata costituita, in evidente
conflitto di interesse tra Rettore e Ateneo. Infatti, pur essendo attese le elezioni di un
nuovo rettore, quello in scadenza si era autoprosto per la presidenza della Commissione
(e, proposto gli altri 4 membri), e ciò era divenuto definitivo perchè non contestato
presso il TAR.
Però non c'era una assoluta necessità di nominare un nuovo Direttore
Amministrativo alla scadenza. Anzi spesso, nella Pubblica Amministrazione (e specie quando
c'è un avvicendamento nelle cariche elettive), i nuovi contratti sono fatti dopo la
scadenza, con proroga di quelli in essere.
Pensare male è peccato, ma ci si prende quasi di sicuro se si pensa
che il "potere in essere" (quelli eletti negli Organi lo scorso anno, e che
rimarranno ancora a lungo) abbia tentato di rimanere in sella. Già ... perchè il
Direttore amministrativo è la pedina fondamentale a cui attaccarsi per esautorare un
rettore..., condizioni permettendo.
Penso che il Rettore ne fosse cosciente, e non volendo eccedere (perchè,
come Bruto, egli è un uomo onesto) aveva subordinato la quadratura del cerchio alla
scelta finale, da parte del successore-eletto. Ma è evidente (soprattutto col senno di
poi) l'estrema debolezza politica di questa decisione: quella di
subordinare la sua applicazione ad "uno", estraneo alla decisione stessa, anche
se la sua mancata adesione sarebbe irrilevante, se fosse davvero necessario e urgente
provvedere per la Pubblica Amministrazione. Ma questa urgenza non c'è.
Non se ne penta Calzolari: la logicità e la coerenza in politica sono rare
in questo Paese, e nulla di buono si può costruire, se non si parte da esse.
3.- Le possibilità per il Rettore-entrante. Quanto ipotizzato vale per
adesso, ma non più dal 1 nov. 2009 , quando il nuovo Rettore prenderà servizio, e si
ritroverà comunque sul tavolo le conclusioni della Commissione, anche perchè 4
candidati, (per di più "non classificati", tra cui scegliere), sono tanti,
e solo l'eccesso di personalismo può spiegare il rifiuto di tutti |
CdA
del 15 sett. 2009
G. Porzi*, Per la mancata nomina
del Direttore Amministrativo, è
ipotizzabile il reato di danno
erariale, a carico del CdA
* Rappresentante del Governo in CdA |
Gianni Porzi
|
All'Università di Bologna si è venuta a
creare una situazione grave per quanto concerne la procedura di nomina del nuovo Direttore
Amministrativo, la cui attività è fondamentale per il governo dell'Ateneo.
Dopo la decisione assunta dal CdA il 24 luglio u.s., su proposta dal Rettore
Calzolari, di sospendere la procedura di nomina del Direttore Amministrativo (che dovrebbe
prendere servizio dall'1/10/09) ritengo che si sia configurata una irregolarità dal punto
di vista procedurale e un danno dal punto di vista sia organizzativo-gestionale
dell'Ateneo che economico. Infatti, il 30/9/2008, il CdA autorizzò il Rettore ad emanare
il bando per l'incarico di Direttore Amministrativo e il 17/3/2009, il CdA deliberò a
maggioranza la composizione della Commissione, proposta dal Rettore e da lui stesso
presieduta, che avrebbe dovuto valutare i candidati.
Inoltre, veniva stabilito che al termine dell'iter istruttorio ad
opera della Commissione, il nominativo da sottoporre all'approvazione del CdA sarebbe
stato proposto dal Rettore in carica dopo aver "consultato" il Rettore neo
eletto al fine di garantire quel necessario rapporto fiduciario tra Rettore e Direttore
Amministrativo.
Al bando risposero 47 candidati e la Commissione concluse i lavori ai
primi di luglio individuando quattro candidati idonei a ricoprire l'incarico di Direttore
Amministrativo. Ciò nonostante il Rettore nella seduta del CdA del 24 luglio, in cui
riferì al CdA quanto dichiarato dal Rettore neo eletto, prof. Ivano Dionigi, (cioè di
"non avere elementi sufficienti per discutere della rosa dei quattro
candidati selezionati dalla Commissione"), comunicò di non essere in grado
di proporre un candidato da sottoporre all'approvazione del CdA interrompendo così la
procedura di nomina iniziata lo scorso anno con l'emanazione del bando di selezione.
Pertanto, la nomina del nuovo Direttore Amministrativo è stata
rinviata a dopo l'insediamento del nuovo Rettore (che avrà luogo l'1 novembre p.v.), il
quale potrebbe non condividere la procedura messa in atto per la selezione e quindi le
conclusioni della Commissione.
In tal caso, ritengo si possa configurare un danno erariale poiché la procedura di
selezione ha comportato un impegno economico per l'Ateneo.
A tutto ciò si aggiunge un fatto grave, cioè la
delegittimazione del CdA che in tutta la procedura ha avuto un ruolo marginale quando
invece è il solo organo competente a deliberare l'attribuzione di incarichi dirigenziali.
Sostanzialmente, il Rettore in carica ha subordinato l'azione
del CdA alla non decisione del Rettore neo eletto (non ancora peraltro subentrato nella
carica) bloccando così la procedura di nomina del nuovo Direttore Amministrativo, carica
che dovrà pertanto essere affidata pro tempore ad un Dirigente dell'Ateneo poiché
l'attuale Direttore cesserà dall'incarico il 30 set p.v. .
A mio avviso il Rettore, sentito quanto dichiarato
dal prof. Dionigi (come previsto dalla delibera del CdA del 30/9/2008), avrebbe
dovuto proporre Lui stesso al CdA il nome di un candidato per l'incarico di Direttore
Amministrativo, essendo l'organo deputato a deliberare la nomina.
Quindi, non avendolo fatto, ritengo che il Rettore sia venuto meno ad
un suo dovere.
Nella seduta del CdA del 15 settembre, su proposta del Rettore
che ha consultato il neo eletto Rettore, è stato affidato l'incarico di Direttore
amministrativo per il bimestre ottobre-novembre alla Dott.ssa Falsetti che già ricopriva
il ruolo di vice Direttore. Resta inspiegabile perché il nuovo Rettore non abbia ritenuto
opportuno estendere l'incarico fino al 31 dicembre, cioè a bilancio preventivo approvato.
Comunque, questa è stata la sua indicazione che il CdA ha rispettato.
Alla Dott.ssa Falsetti vanno i più sentiti rallegramenti ed i
migliori auguri di buon lavoro. Gianni Porzi |
|
loro
sulla base dell'affermazione: "non ho elementi sufficienti ...".
Non vale nulla il giudizio di una regolare Commissione ? Qualche autorità
di controllo potrebbe chiedere spiegazioni sulla delibera (di luglio), del CdA, di non
procedere; e "qualcuno dei 4" potrebbe fare ricorso al TAR. In questi casi, la
partita si ingarbuglierebbe enormemente.
Nelle more di queste due eventualità, Dionigi potrebbe
provare a chiudere gli occhi e nominare d'urgenza un direttore amministrativo di suo pieno
gradimento, salvo ratifica del CdA. Questo è l'unico blitz possibile e,
pur se con qualche rischio, è una soluzione ragionevole, in quanto si
potrebbe sostenere che giuridicamente solo a lui spetta la scelta del suo primo
collaboratore, a parte che la cosa è, forse, anche vitale per il successo del suo
mandato.
Soprattutto serve un Direttore consapevole che i problemi del
bilancio e quelli didattici (e conseguentemente quelli amministrativi) vanno fatti
marciare insieme, non in modo sfasato come ha fatto la (psicologa e politica) Fabbro. Fu
la strada che portò il Rettore in piazza, a gridare la crisi del bilancio,
magari facendo credere che il colpevole fosse il Governo ! (Ahimè, potremo perdonare
questa cosa ?)
Vediamo perchè Dionigi potrebbe nominarsi il direttore.
a) Il Rettore può compiere atti, propri del CdA, in caso di "necessità e
indifferibile urgenza", salvo ratifica nella seduta successiva (art. 34, lettera i,
dello Statuto).
L'urgenza c'è, se è vero che il 1 nov. 2009 sarà senza il Direttore (a
parte l'essere una urgenza creata dallo stesso Dionigi, mediante una "non
decisione", che gli apre la via a giovarsene per esercitare "in spolitario"
una scelta determinante e costosa). Ma c'è un'altra via di uscita, se si prescinde da
ripensamenti di Calzolari e del CdA ?
b) Nell'attuale Statuto, la nomina del Direttore Amm.vo NON SEMBRA più
materia esclusiva del CdA. Infatti, l'art. 44 dello Statuto, dispone che "Le funzioni
di dirigente sono attribuite dal Consiglio di Amministrazione, su proposta del Direttore
Amministrativo". Il possibile scorporo del
Direttore Amministrativo, dai "dirigenti nominati dal CdA", è avvenuto con la
modifica del precedente art. 44 (in vigore fino al 24/5/99), che disponeva: " Le
funzioni di dirigente sono attribuite dal Consiglio di Amministrazione".
Abbiamo parlato di "possibile scorporo", perchè l'interpretazione
potrebbe anche essere un'altra: prima il cda nomina il direttore, poi su proposta di esso
nomina gli altri dirigenti (la "squadra" del direttore amministrativo", che
per legge ha il diritto/dovere di amministrare senza subire ingerenze dagli organi
elettivi, cui spetta il "governo")
Naturalmente si può anche sostenere che, attualmente, la scelta
può essere fatta in autonomia dal Rettore,
salvo ratifica di routine del CdA. Altri Atenei procedono in questo modo.
4.- Conclusioni. Da quanto avverrà avremo la
prova del 9, circa la effettiva volontà di Ivano Dionigi di essere "continuo" o
"discontinuo", e fors'anche circa la volontà di trovarsi (ex-post) votato alla
unanimità, sia pure fuori sacco. NL |
|
Carla Faralli
|
Ateneo di Bologna - Tasse studentesche 2009-10
L'Ateneo di nuovo in tensione per
forzare, contra legem,
i contributi studenteschi, per stare all'altra legge che vieta
di sforare il 90% del FFO per le spese di personale
|
Gianni Porzi
|
Questo fatto (comune alla metà degli Atenei, ma zitto zitto il
Ministro Tremonti)
mostra che sono maturi i tempi per la liberalizzazione dei contributi
studenteschi,
e per una legge sul diritto allo studio, che carichi
sullo Stato il relativo finanziamento |
Leggiamo
nel mini-rapporto di Carla Faralli ai Colleghi della sua Mailing List:
"A parte
l'incremento dell'1,5% pari al tasso di inflazione programmata ai sensi del D.M. 27/2/09,
le
principali novità riguardano: |
|
- la
riformulazione delle fasce sulla base non soltanto dei requisiti di reddito ma anche di
merito;
- l'attribuzione agli studenti particolarmente meritevoli (media del 28),
indipendentemente dal reddito, di uno sgravio del contributo pari al 10%;
- eliminazione della riduzione del contributo del 15% per tutti i fuori corso;
- diminuzione dall'80 al 60% del contributo previsto per il percorso lungo." CF |
|
Proviamo a guardare più a fondo ... il mini-rapporto |
|
a) l'aumento non è recupero di inflazione di
cui al DM 27.2.09 (vedi sotto), invece relativo solo alla "tassa minima";
b) l'Amministrazione non ha segnalato lo sforamento della quota del FFO (vedi
CONSUNTIVI e D.P.R. 25.7.97, n. 306)
c) altra anomalia ci fu qualche mese fa, con il divenuto famoso "tesoretto" (vedi sotto l'articolo di G. Porzi);
c) non emergono elementi di confronto con gli Atenei, qui intorno, ai quali
Bologna cede non pochi studenti, da anni. |
|
CONSUNTIVI (a
prezzi correnti) - I contributi studenteschi collegati col FFO - Fondo di Finanziamento
statale Ordinario
CHIAVE |
|
2006 |
2007 |
2008 |
2009
previsioni |
F.E.1.01+
F.E.1.02 |
Contributi
studenteschi (escluso post laurea) |
97.701.476,47 |
97.635.669,97 |
102.538.885,83* |
106.310.893,64 |
F.E.1.05.01 |
FFO-Fondo
statale per funzionamento ordinario |
389.335.072,00
|
389.071.741,00 |
402.427.423,00
|
388.076.069,70
|
|
Rapporto Contributi studenteschi/FFO |
25,09%
|
25,09%
|
25,50%*
|
27,4%
|
|
* Al netto del presunto "tesoretto" ( 24.341.368,60
), incassato, a dicembre 2008, di rate del 2009. |
Nino Luciani, A parte le
"curiosità" locali, nel by-passare le spinosità della legge, penso che il
finanziamento del diritto allo studio dovrebbe diventare un compito dello Stato, con borse
di studio e bonus-università, direttamente elargite agli studenti.
1.- Lo Stato, con le leggi dello scorso anno, ha punito le
università che sforavano, per spese di personale, il 90% del FFO. Ma poi ... tuttora
fingeva di non vedere le università che, per "non sforare" detto 90%, sforavano
il 20% del FFO, per i contributi studenteschi. Più sotto è riportata la legge relativa.
C'è una aggravante: lo Stato vuole che le università, in applicazione del diritto
allo studio, applichino favoriscano gli studenti "bisognosi e meritevoli", ma
gravando il minor gettito su tutti gli altri studenti.
Lo Stato si decida: se le università sono aziende (come di fatto le
tratta), il finanziamento del diritto allo studio è un poblema statale.
Non è buona regola che le università, alle prese col pareggio dei
bilanci, debbano applicare regole "sociali". La più odiosa, nel nostro caso, è
che le università siano obbligate ad abbassare il monte contributi studenteschi, se lo
Stato abbassa il FFO, vero essendo che il primo deve stare al secondo, non superando il
tetto del 20%.
E', invece, buona regola che gli interventi "sociali", a favore di
date categorie di cittadini siano finanziati dallo Stato col gettito fiscale sulla
collettività intera, in base a capacità contributiva, non su specifici gruppi di
cittadini (gli "altri" studenti, nel nostro caso).
2.- A mio parere, lo Stato dovrebbe liberalizzare i contributi studenteschi (sia pur
con un tetto, che secondo la tradizione della scienza delle finanze dovrebbe essere il 30%
della spesa corrente).
Al tempo stesso dovrebbe assumere su se stesso, direttamente, l'applicazione del
diritto allo studio, e che potrebbe essere:
1) borse di studio ai bisognosi e meritevoli;
b) bonus-università, ai singoli studenti, liberi di spenderli, per la laurea triennale,
nelle università, al loro scelta;
c) quote aggiuntive del FFO, a tempo determinato (10 anni ?) per le università regionali
delle aree depresse.In questo modo si eviterebbe di congestionare le università già
mature, a danno dei residenti, e si limiterebbero i costi di trasporto e residenza
degli studenti delle aree depresse per recarsi in quelle mature. NL |
Gianni Porzi*, Ancora sul "tesoretto"
relativo al consuntivo 2008, perchè questione di metodo .... * Rappresentante del Governo in Consiglio di Amministrazione
A proposito delle osservazioni del Collega Luciani, su
Universitas", relative al Bilancio consuntivo
2008, ho colto tra le righe una sorta di "appunto" ai membri del CdA che non
avrebbero individuato alcune criticità nel conto consuntivo. Ed è su questo che vorrei
fare alcune precisazioni, dal momento che il tanto sbandierato "tesoretto" è
ormai chiaro a tutti che è quasi interamente dovuto ad un anticipo di cassa, cioè al
fatto che un consistente numero di studenti ha optato per il versamento della quota
annuale di contribuzione in un'unica rata, entro la scadenza prevista per la prima rata,
potendo così usufruire dello sconto di 31 Euro sul contributo totale.
Ciò che invece vorrei mettere in evidenza è la difficoltà da parte
dei membri del CdA a valutare attentamente il bilancio consuntivo (faccio notare che si
tratta di oltre 240 pagine, tabelle incluse) per il poco tempo a disposizione. Infatti,
gli Uffici, a fronte delle richieste ricevute da alcuni Consiglieri di poter disporre del
conto consuntivo con un congruo anticipo, solo mercoledì 29 aprile alle ore 8,43 hanno
comunicato via e-mail che il materiale era disponibile on line.
Se si tiene presente che venerdì 1 maggio era festivo e che il CdA ha avuto
luogo martedì 5 maggio, è evidente che il tempo a disposizione per un'attenta lettura e
valutazione è stato alquanto limitato, considerando anche il fatto che ben pochi
Consiglieri sono esperti in materia e quindi devono ricorrere a Colleghi competenti se
vogliono espletare al meglio il proprio compito.
Vorrei inoltre sottolineare che :
a) il Collegio dei Revisori dei Conti (la cui relazione ci è stata
consegnata la mattina stessa del 5 maggio) si era riunito il 24 aprile per l'esame del
bilancio consuntivo;
b) il bilancio inviato ai Revisori dei conti è definitivo e non può quindi
essere modificato;
c) il Senato Accademico aveva esaminato tale pratica il 28 aprile. Pertanto,
non si capisce perché all'Organo che deve approvare (e non esprimere un semplice parere
come la Giunta e il Senato) il conto consuntivo non sia stata data la possibilità di
prendere visione del materiale con un congruo anticipo, ad esempio almeno il giorno stesso
in cui fu trasmesso al Collegio revisori dei conti, cioè il 24 aprile.
Ritengo un tale comportamento inaccettabile e infatti sia io
che il prof. Bruno Barbiroli lo abbiamo stigmatizzato ed abbiamo invitato con fermezza gli
Uffici e i Vertici dell'Ateneo a che ciò non abbia più a ripetersi. Gianni
Porzi |
|
Decreto Ministeriale 27
febbraio 2009 Aggiornamento dell'importo della Tassa minima di iscrizione universitaria per l'a.a. 2009/10
--------------------------------------------------------------------------------
DECRETA:
Art. 1
L'importo della tassa minima di iscrizione alle Università, determinato
per l'anno accademico 2008/2009 in 181,44 (centottantuno/44), è aumentato dell'1,5
per cento in relazione al Tasso di inflazione programmato per il 2009, ed è pertanto
determinato per l'anno accademico 2009/2010 in 184,16 ( centottantaquattro/16).
Roma, 27 febbraio 2009 IL MINISTRO |
Decreto del Presidente della
Repubblica 25 luglio 1997, n. 306 - Regolamento recante disciplina in materia di Contributi
Universitari Articolo 1 (Definizioni)
1. Ai sensi del presente regolamento si intendono:
a) per studenti, gli iscritti ai corsi universitari attivati per il rilascio dei
titoli di cui alla legge 19 novembre 1990, n. 341, articoli 1, lettere a) b) c) e 7;
b) per università o ateneo, le università e gli istituti di istruzione
universitaria o di grado universitario statali;
c) per Ministero, il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e
tecnologica;
d) per contribuzione per studente, la somma dell'importo della tassa di iscrizione
e dei contributi universitari di cui all'articolo 2 per singolo studente;
e) per contribuzione studentesca, l'ammontare complessivo della contribuzione a
carico degli studenti di ogni università comprensiva, ai sensi e per gli effetti di cui
all'art. 20, comma 8, lettera c), legge 15 marzo 1997, n. 59, del gettito della tassa di
iscrizione e dei contributi universitari, calcolato per il complesso degli studenti
dell'ateneo, come accertato nel bilancio consuntivo del medesimo.
Articolo 2 (Contribuzione studentesca)
1. Gli studenti contribuiscono alla copertura del costo dei servizi offerti
dalle università mediante il pagamento, a favore delle medesime, dei contributi
universitari e della tassa di iscrizione di Lire 300.000, di cui all'articolo 5, comma 14,
della legge 24 dicembre 1993, n. 537, importo rideterminato e soggetto, a partire
dall'anno accademico 1995-96, a rivalutazione annuale per effetto, rispettivamente,
dell'articolo 3, comma 19 , lettera b), ultimo periodo, della legge 28 dicembre 1995, n.
549 e dell'articolo 5, comma 19, della predetta legge n. 537.
2. I contributi universitari sono determinati autonomamente dalle università in
relazione ad obiettivi di adeguamento della didattica e dei servizi per gli studenti,
nonchè sulla base della specificità del percorso formativo
Articolo 3 (Criteri per la determinazione dei contributi universitari
per i corsi di diploma e di laurea)
1. Le università graduano l'importo dei contributi universitari per i corsi di
diploma e di laurea secondo criteri di equità e solidarietà, in relazione alle
condizioni economiche dell'iscritto, utilizzando metodologie adeguate a garantire
un'effettiva progressività, anche allo scopo di tutelare gli studenti di più disagiata
condizione economica, valutata secondo quanto previsto dai commi 2 e 3.
2. La valutazione della condizione economica degli iscritti ai corsi di cui al
comma 1 è effettuata sulla base della natura e dell'ammontare del reddito e del
patrimonio, nonché dell'ampiezza del nucleo familiare.
3. Ai fini della graduazione di cui al comma 1 e della relativa valutazione
delle condizioni economiche degli iscritti, le disposizioni di cui al decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, emanato ai sensi dell'articolo 4, legge 2 dicembre
1991, n. 390, in ordine alla determinazione di un nucleo familiare convenzionale e di
appositi indicatori delle condizioni economiche e patrimoniali, sono vincolanti per le
Università dall'anno accademico 1998-1999.
4. Gli esoneri totali e parziali dalle tasse e dai contributi di cui al presente
articolo, disposti dalle università, sono disciplinati dal decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri di cui al comma 3.
Articolo 4 (Contributi universitari per le scuole di specializzazione)
1. Le università determinano autonomamente i contributi universitari per le scuole
di specializzazione.
2. Le università determinano autonomamente la disciplina degli esoneri totali e
parziali dal pagamento della tassa di iscrizione e dei contributi universitari di cui al
presente articolo, con particolare attenzione per i capaci e meritevoli privi di mezzi, in
possesso dei requisiti per l'accesso alle borse di studio concesse dalle regioni ai sensi
del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'articolo 4, legge 2
dicembre 1991, n. 390. 3. Il gettito della tassa di iscrizione e dei contributi
universitari per i corsi di studio di cui al comma 1, attivati dalle università, non è
preso in considerazione ai fini della determinazione della contribuzione studentesca in
ordine alle disposizioni di cui all'articolo 5.
Articolo 5 (Limiti della contribuzione studentesca)
1. ... La contribuzione studentesca non può eccedere il 20 per cento dell'importo
del finanziamento ordinario annuale dello Stato, a valere sul fondo di cui all'articolo 5,
comma 1, lettera a) e comma 3, della legge 24 dicembre 1993, n. 537.
2. Per le università per le quali nell'esercizio finanziario 1996 la
contribuzione studentesca abbia ecceduto il valore percentuale determinato ai sensi del
comma 1, il predetto valore non può superare negli anni 1997 e 1998 quello determinatosi
nel medesimo esercizio 1996.
3. Per le università per le quali nell'esercizio finanziario 1996 la
contribuzione studentesca risulti inferiore al valore percentuale determinato ai sensi del
comma 1, il predetto valore può essere incrementato esclusivamente con gradualità.
4. Le università comunicano annualmente al Ministero, entro il 31 maggio, il
gettito della contribuzione studentesca accertato nel bilancio consuntivo dell'anno
precedente, il numero di studenti esonerati totalmente o parzialmente dalla tassa di
iscrizione e dai contributi universitari nell'anno accademico in corso, la distribuzione
degli studenti per classi d'importo nel predetto anno, gli eventuali scostamenti
verificatisi con riferimento ai valori percentuali di cui ai commi 1 e 2, nonchè le
misure conseguentemente adottate per il rispetto dei limiti di cui ai predetti commi. |
Tab. 1
CONSUNTIVO 2008
a prezzi correnti |
2006 |
2007
Previsioni assestate
al 15 nov. 2007 |
2007
Consuntivo |
2008 |
Entrate totali |
779.623.560,47 |
895.856.892,53 |
757.980.938,99 |
874.547.310,36 |
Spese totali |
799.389.905,07 |
980.627.831,70 |
759.561.547,03 |
850.205.941,76 |
Saldo |
-19.766.344,60 |
-84.770.939,17 |
-1.580.608,04 |
+24.341.368,60 |
BREVE NOTA
Il "tesoretto" e la
contropartita in termini di perdita di studenti
Da notare che, al 31 dic.2'008, i residui attivi (soldi
attesi, ma non entrati) erano più di quelli passivi
(soldi impegnati, ma non spesi) e, dunque, in termini di cassa (ossia di certezza), il
tesoretto non c'era
Per uscire da queste sabbie mobili, serve la
"discontinuità" senza compromessi
Rientra, poi, nelle questioni sul bilancio il problema dell'unità delle
Università italiane (ossia
della CRUI) nel rapporto col Governo, unità che Calzolari ha frantumato con la
creazione di AQUIS
Il Consiglio di Amministrazione ha approvato
(5 maggio 2009), senza modifiche, il testo sottoposto dalla Amministrazione. Come è
noto, si tratta di un bilancio di competenza
Il bilancio ha un saldo attivo di 24.341.368,60. In una nota dell'Ateneo,
secondo il Rettore Calzolari questo saldo è il "effetto di qualità del lavoro,
prudenza nella gestione e contribuzione studentesca".
Tuttavia, inserendo le cifre del 2008 in un arco triennale (si vegga la tab. 1, che
va dal 2006 al 2008 incluso), prevale l'attrazione sulla crisi drammatica del 2007,
in cui il rettore andò in piazza a denunciare il pericolo di bancarotta e portato i libri
in tribunale. Si pensa che il "tesoretto" valga a cancellare il ricordo di tanto
sbando ? Nella tab. 1 è anche riportata la situazione relativa al primo assestamento, a
metà novembre, e il successivo consuntivo, che attesta la virata.
Contesto a questo bilancio due fatti:
a) che il "tesoretto" sia stato pagato con un arretramento rispetto
ad obiettivi essenziali dell'Ateneo, e comunque non necessario (tale pagamento), perchè
ciò che si chiede ad una buona amministrazione pubblica è semplicemente il
pareggio;
b) che la nuova situazione contabile sia un mero
maquillage di cifre, senza alcun collegamento con le riforme strutturali della didattica,
che sole possono far migliorare durevolmente la situazione contabile.
Dunque, pur se il 2008 ci vede in qualche modo fuori da pericoli
imminenti, di insolvenza (a parte, che ci sarebbe da guardare ai RESIDUI del bilancio, su
cui torno alla fine), resto anche convinto che solo la discontinuità del prossimo rettore
(direttore amministrativo, incluso) possa fare sperare in qualcosa che rilanci
l'Ateneo durevolmente. Ma al contrario, la preoccupazione della nota rettorale, fatta
rimbalzare ad arte su "la Repubblica" è quella di smentire il candidato più
critico e discontinuo (Cantelli Forti), che ha invece ragioni da vendere nella sua critica
radicale alla amministrazione Calzolari - Fabbro.
S'intende, poi, che per le difficoltà del bilancio, occorrerà anche che
Bologna concorra alla riunificazione delle Università italiane, nel rapporto col Governo,
ma che Calzolari ha frantumato creando AQUIS. Ma andiamo per gradi, e guardiamo dentro al
bilancio.
1. - Le tasse universitarie (o contribuzioni studentesche) sono aumentate
di 29 milioni circa, e questo significa che il tesoretto viene tutto da questo
aumento. Se, poi, dividiamo la cifra per il numero degli studenti (vedi tab. 2), troviamo
che in media ogni studente ha speso 1.014 nel 2006, 1.062 nel 2007 e
1.475 nel 2008. E se ci ricordiamo che durante la gestione
Calzolari-Fabbro (2001-2009) gli studenti sono calati di 18.000 unità, allora capiamo
l'apporto (pro-quota) di questo "tesoretto" a distruggere l'Ateneo: sì,
perchè se continuiamo a perdere studenti, rimarranno solo le mura. Quanto meno, nel
fissare le tasse degli studenti, occorrerebbe tener conto di cosa fanno gli Atenei attorno
a Bologna.
2.- FFO - Fondo di Finanziamento Ordinario. Esso è aumentato di
13 milioni. Dunque esso era sufficiente per il pareggio sostanziale.
3.- Ricerca. Dalla tab. 2, si vede un crollo ben grande del finanziamento
della ricerca. Il Miur ha avuto la sua parte principale di responsabilità e ce ne
lamentiamo. Ma c'è anche un calo di quello dell'Ateneo. E allora, perchè mai un avanzo
di amministrazione ? E come mai, giornalmente il vertice dell'Ateneo si riempie la bocca
esaltando la sua azione a favore della ricerca ?
Si noti anche la cifra risibile del finanziamento privato. Si parli col mondo delle
imprese, e si sentirà solo dire della estrema difficoltà di colloquiare con il
Rettorato, considerato un ambiente fuori orbita, per i tempi tecnici troppo lunghi di
approvazione di un potenziale accordo, e per l'incapacità di capire l'importanza dei
progetti. E questo giudizio è stato espresso anche dai presidenti degli enti finanziatori
della università della Romagna.
Sempre la tab. 1 evidenza cose che andavano giustificate nella nota del
rettorato: troppi interessi attivi ! Questi evidenziano ritardi nei pagamenti ai
fornitori di beni e servizi, e dunque oneri ricaricati indirettamente sull'Ateneo, in
quanto un fornitori fanno fatture caricate, che scontano i ritardi.
4. Dubbi sulla cifra dei titoli pubblici venduti per 50
milioni . Questa cifra è controbilanciata da identica cifra in uscita, e questo
vuol dire che sono titoli acquistati nel 2008. Tuttavia alla voce "rendite di titoli
pubblici" l'entrata è 0,00 (si vegga la voce F.E.1.17.03). Mi sembrerebbe evidente
la mancanza dei relativi interessi. Ad es. se compro una obbligazione 100 è perchè mi
aspetto di avere indietro 105, alla scadenza. Servirebbe una spiegazione del dove sono
finiti.
4.- Romagna. La cifra a carico di Bologna è ripresa ad
aumentare nel 2008. Questa è cosa buona. Ma della Romagna dirà meglio un servizio a
parte. Clicca su RESOCONTO.
5.- Personale docente. Si vede dalla tabella 5 che la
situazione retributiva è stagnante, come da anni, pur se il potere d'acquisto della
moneta è molto calato.
Potrebbe avere senso ridurre il numero dei docenti, per aumentare la
retribuzione variabile dei docenti ? Questa questione andrebbe esaminata alla luce
della ristrutturazione della didattica, cosa di cui neppure lontanamente ci si preoccupa
in ateneo.
Altrettanto: ha senso negare il biennio, dopo i 70 anni, se poi (per
legge) non si può assumere "tanto, quanto uscito" per fare fronte alla
necessità di docenti ?
Professori a contratto. La cifra per assunzioni pro-tempore,
di docenti esterni, ammonta 3.967.190,61. Ha senso questa spesa, per un ateneo che
ha 3.300 docenti di ruolo ?.
6.- Personale tecnico e amministrativo. Anche queste sono
stagnanti le relative retribuzioni andrebbero esaminate alla luce dell'effettivo
fabbisogno di personale. Ma anche queste cose sembrano lontane anni luce dal bilancio:
eppure sono la stessa cosa, perchè il bilancio è la conseguenza di una corretta
impostazione delle problematiche del primo tipo.
7.- Ultimo, ma non ultimo: le spese per collaborazioni esterne sono
diminuite di quasi il 50%: Questa è cosa buona.
RESIDUI. Come detto all'inizio, il
bilancio de quo è di "competenza", ossia spese impegnate (ma non effettuate
interamente) o entrate attese (ma non entrate realmente). Per questo motivo, il
bilancio di competenza è accompagnato dal bilancio dei residui. Ebbene i residui attivi
sono stati 185.832.231, 89) e i residui passivi sono stati
120.019.703,93. Pertanto, in termini di cassa (ossia di soldi "veri",
direbbe la Marcegaglia), l'Ateneo, al 31 dic. 2008, aveva pendenti crediti netti di
esercizio per 65.812.527,96. Dunque, in termini di cassa, il tesoretto
non c'era. N.L. |
TABELLA 2 - ALCUNI
PARTICOLARI SULLE ENTRATE |
CHIAVE |
|
2006 |
2007
Previsioni assestate al 15 nov. 2007 |
2007
Consuntivo |
2008 |
|
|
|
|
|
|
F.E.1.01+ F.E.1.02 |
Contributi
studenteschi (escluso post laurea) |
97.701.476,47
(pro-capite:
1.014,31;
studenti 96.323) |
104.774.816,59
|
97.635.669,97
(pro-capite:
1.062;
studenti 91.888 |
126.880.254,43
(pro-capite:
1.475,27;
studenti 86.005) |
F.E.1.05.01 |
FFO-Fondo
statale per funzionamento ordinario |
389.335.072,00
|
380.917.567,00
|
389.071.741,00 |
402.427.423,00
|
F.E.1.13.02+
F.E.1.16.04 |
Finanziamento
privato della ricerca (ex- art. 66 DPR 382/80) |
906.660,84
|
850.000,00
|
1.365.959,51
|
1.548.544,29
|
F.E.1.17.02 |
Interessi attivi su depositi |
756.844,47
|
1.501.224,00
|
2.194.357,04 |
3.955.687,08
|
F.E.1.17.03 |
Rendite
titoli pubblici |
0,00 |
0,00 |
0,00 |
0,00 |
F.E.3.26.01 |
vendita di
titoli pubblici |
0,00 |
0,00 |
9.999.871,58 |
49.998.767,39** |
Questa entrata, dovuta alla vendita
di titoli pubblici (Buoni del Tesoro ?) è controbilanciata da uguale cifra, in uscita,
dovuta all'acquisto di titoli del debito pubblico. |
|
Tabella 3 - Finanziamento della
ricerca |
|
|
ANNI |
2006 |
2007
Previsioni assestate al 15 nov. 2007 |
2007
Consuntivo |
2008 |
F.S.2.22 |
Finanziata da
MIUR |
15.793.235,91 |
28.989.283,74 |
17.049.227,03 |
19.124.857,55 |
F.S.2.23 |
Ricerca
finanziata da Ateneo |
4.096.222,22 |
11.245.784,06 |
4.537.306,32 |
3.414.671,00 |
F.S.2.26 |
Finanziata da
altri enti pubblici |
234.844,78 |
158.686,95 |
162.538,49 |
117.473,26 |
F.S.2.27 |
Finanziata da
privati |
109.819,86 |
158.686,95 |
141.582,49 |
69.000,00 |
|
TOTALE
RICERCA |
20.234.122,77 |
40.552.441,70 |
21.890.654,33 |
22.726.001,81 |
Tabella 4 - Romagna - Finanziamenti
per la didattica |
|
ANNI |
2006 |
2007
Previsioni assestate al 15 nov.07 |
2007
Consuntivo |
2008 |
F.S.1.19.16 |
Polo
di Cesena |
6.192.690,22 |
3.494.390,11 |
3.508.560,83 |
4.683.711,88 |
F.S.1.19.17 |
Polo
di Forlì |
6.007.017,14 |
3.817.184,12 |
3.847.068,39 |
5.543.369,23 |
F.S.1.19.18 |
Polo
di Ravenna |
3.046.504,86 |
2.022.345,09 |
2.033.954,99 |
2.596.799,66 |
F.S.1.19.19 |
Polo
di Rimini |
3.790.863,43 |
2.512.446,20 |
2.512.446,20 |
3.187.556,06 |
|
Totale |
19.037.075,65 |
11.846.365,52 |
11.902.030,41 |
16.011.436,83 |
|
Tabella 5 - Personale docente |
|
ANNI |
2006 |
2007
Previsioni assestate al 15 nov. 2007 |
2007
Consuntivo |
2008 |
F.S.1.03.01 |
Retribuzione
professori |
181.255.788,97
|
186.936.986,71 |
186.517.392,38 |
189.339.709,67 |
F.S.1.03.02 |
Retribuzione
ricercatorI |
57.414.697,90 |
61.267.985,48 |
60.970.031,63 |
63.501.676,04 |
F.S.1.03.03 |
Supplenze |
3.772.431,92
|
3.520.925,48 |
3.197.825,37 |
2.885.282,83 |
F.S.1.03.05 |
Compensi
accessori e indennità di carica Professori e Ricercatori |
1.813.628,17
|
1.103.931,81 |
1.100.427,44 |
1.256.889,11 |
F.S.1.06.01 |
Professori a
contratto finanziati da Ateneo |
3.983.869,73
|
3.800.522,33 |
3.857.872,29 |
3.967.190,61 |
F.S.1.06.02 |
Professori a
contratto finanziati da altri |
905.884,17 |
658.162,11 |
557.541,35 |
860.744,53 |
|
Totale |
249.146.300,86 |
257.288.513,92 |
256.201.090,46 |
261.811.492,79 |
* Il tasso di inflazione ISTAT, dal
2001 al 2006, è stato 12%. Si direbbe che c'è stato un mero adeguamento monetario |
Tabella 6 - Personale tecnico e amministrativo - retribuzioni |
|
ANNI |
2006 |
2007
Previsioni assestate al 15 nov. 2007 |
2007
Consuntivo |
2008 |
F.S.1.04, F.S.1.05
F.S.1.07 |
TOTALE |
108.842.495,14
|
115.734.278,9 |
107.514.955,68 |
113.505.231,14 |
|
ANNI |
2006 |
2007
Previsioni assestate al 15 nov. 2007 |
2007
Consuntivo |
2008 |
F.S.1.02.13 |
Spese per collaborazioni
esterne |
2.618.278,20 |
2.360.396,59 |
2.062.155,69 |
1.302.696,02 |
|
Mentre
il Senato Accademico approva il 29 apr. le nuove
lauree, con interpretazione minimale del DM 270 |
Pier Paolo Diotallevi,
Preside Ing. Bologna
|
INGEGNERIA:
Dall'Ordinamento didattico alle Elezioni del Rettore
|
Lettera del Preside di Ingegneria per vere modifiche
dei corsi di laurea, pena l'impossibilità di reggere l'attuale offerta formativa, per il
calo della forza docente. |
Questo orientamento finisce per lambire il Rettorato (in periodo di
elezioni per
nuovo rettore), perchè è in aperta collisione con le linee del Predecessore
Masetti, oggi ProRettore alla Didattica e Formazione, e Consigliere di
Amministrazione, e dunque destinato a conservare la stessa posizione di ProRettore, se
sarà eletto Rettore un Candidato in continuità con la linea dello attuale rettore.
Se Ingegneria piange, le altre Facoltà non ridono. |
Guido Masetti
|
|
|
** |
|
Secondo il Preside, le cose da fare subito sarebbero:
a) l'accorpamento degli insegnamenti;
b) fare discipline comuni, al primo anno, rispettivamente per le tre aree tradizionali
(industriale, civile, informatica) e per quella edile di Ravenna. |
|
La cosa non può destare meraviglia, d'altra parte. E', infatti,
solo del 18 feb. 2009 l'audizione, in Senato, del Direttore Gen. del Miur, Dr. A. Masia,
secondo cui il Governo punta:
1) "alla perdita di docenza del 20% nei prossimi
tre anni";
2) "alla conseguente riduzione del 30% degli insegnamenti, e quella dei corsi
di studio" (e ciò non esclude lauree "nuove", purchè siano tolte delle
lauree "vecchie" - n.d.r.) |
LA LETTERA DEL PRESIDE
9 aprile 2009
- Ai Presidenti dei Consigli di Corso di Studio
- Al Presidente
della Commissione per la Didattica
e p. c. - Ai Docenti e Ricercatori della Facoltà di Ingegneria
Oggetto: Riflessioni e iniziative per la didattica nella Facoltà di Ingegneria
a) L'attuazione della riforma universitaria secondo il D.M.
270 costituisce un momento ed una occasione di rilevante importanza al fine di programmare
un riordino dell'intera offerta didattica, dei corsi di studio, dei piani didattici e
degli insegnamenti.
L'attuale prospettiva della didattica non è certamente favorevole per
la Facoltà di Ingegneria in ragione della rilevante riduzione del corpo docente che si
andrà a verificare nei prossimi anni, sia per la naturale riduzione della disponibilità
di docenti a seguito del loro pensionamento, sia per la eliminazione, da parte del Senato
Accademico, dei due anni di fuori ruolo per coloro che, dal 2009, raggiungeranno i limiti
di età previsti.
Il quadro della numerosità del corpo docente nei prossimi tre anni vedrà
una riduzione di più di quaranta unità, mentre nulla di certo è possibile dire sulla
effettiva presa di servizio per i vincitori di concorso che attualmente sono banditi. In
questa prospettiva di medio termine la Facoltà di Ingegneria non può rimanere
indifferente alla possibile situazione di difficoltà che a breve si andrà ad evidenziare
per la copertura degli insegnamenti.
D'altra parte non è possibile pensare di supplire a questa prospettiva di
riduzione del numero di docenti incardinati nella Facoltà con contratti a persone
provenienti dal mondo esterno, sia esso professionale o industriale: anche i fondi per la
didattica sono in via di riduzione.
L'uscita dal circuito della docenza produce inoltre anche un grave
pregiudizio sulla qualità della didattica. Sono infatti i professori che da lungo tempo
si sono occupati di didattica, oltre che di ricerca, a dover lasciare scoperti gli
insegnamenti.
Si andrà a perdere il contributo importante di persone di riferimento
per la didattica e per la valenza scientifica e umana, privando così gli studenti del
contatto con uomini e docenti eccellenti.
b) Oltre a queste considerazioni che fanno prevalentemente
riferimento a dati qualitativi e ad una sostenibilità dell'offerta didattica, ritengo
doveroso rimarcare che attualmente, senza considerare le nuove iniziative di cui si dirà
in seguito, la Facoltà di Ingegneria vede oggi attivi n. 11 corsi di Laurea e n. 13 corsi
di Laurea Magistrale (o Laurea Specialistica) di cui uno a ciclo unico di cinque anni.
Contemporaneamente sono previsti in Facoltà circa 850 insegnamenti
(ottocentocinquanta). Sono dunque attivi 62 anni di corso ed, ipotizzando anche che siano
tutti diversi fra loro, la Facoltà raggiunge l'offerta di un numero medio di insegnamenti
pari a circa 14 insegnamenti per anno di corso.
Se valutiamo il numero degli esami previsti (e consideriamo questi
come insegnamenti) e conteggiamo 20 esami per le lauree triennali, 12 esami per le lauree
specialistiche o magistrali e 29 esami per la laurea a ciclo unico, otteniamo che il
numero medio di esami per anno è pari a 6,34.
Dunque in Facoltà, anche ammettendo che per ogni corso di studio gli esami
siano indipendenti l'uno dall'altro, abbiamo una offerta didattica che vale circa 2,2
volte quella strettamente necessaria; questo rapporto tende poi ad aumentare notevolmente
se si considera che molti esami riguardano insegnamenti comuni a più corsi di studio.
Questi numeri ovviamente non vogliono essere esaustivi del problema e
non lo descrivono neanche completamente, tuttavia rappresentano un primo quadro, seppure
approssimato e grezzo, in grado di darci gli ordini di grandezza, così importanti per noi
ingegneri, utili per renderci conto della offerta didattica estremamente ampia che è
proposta dalla Facoltà.
Sorge anche il dubbio che gli studenti possano riuscire ad
orientarsi facilmente in questo quadro di così ampia numerosità di insegnamenti: questa
maggiore offerta conoscitiva forse può essere interpretata anche come fonte di confusione
e di difficoltà nell'orientamento; una "Babele didattica" (espressione forse
esagerata) sulla quale credo dobbiamo prontamente riflettere e prendere qualche iniziativa
di razionalizzazione.
c) D'altra parte, come ben noto, la Facoltà ha deliberato un riordino dei corsi
di studio sia per le lauree, sia per le lauree magistrali proponendo una offerta più
ampia, dettata da esigenze di migliore caratterizzazione della offerta formativa, in linea
con le nuove tendenze della società e del mercato del lavoro, e nell'intento di formare
studenti sempre più preparati, competenti e competitivi per la società nella quale, al
termine dei loro studi, andranno ad operare.
La nuova offerta è stata ragionata e dettata dal desiderio di essere in
linea con le necessità del mercato del lavoro, intendendo formare ingegneri dei quali la
richiesta del mercato è assodata. I numeri precedentemente esposti sono dunque destinati
ad accrescersi esaltandosi anche gli aspetti negativi.
d) A fronte dunque dell'attuale costante riduzione delle risorse sia
umane, sia di mezzi strumentali, a fronte della forse pletorica offerta di insegnamenti e
del desiderio di sostenere nuove iniziative culturalmente valide ritengo che la Facoltà,
ed i corsi di studio che ad essa afferiscono, debbano rivedere l'intera organizzazione
della didattica ed i piani didattici dei singoli corsi con questi obiettivi principali:
- rivisitazione degli insegnamenti previsti nel piano didattico con la riduzione
del numero degli insegnamenti a scelta degli studenti;
- rivisitazione del numero dei curricula inseriti all'interno dei corsi di studio
delle lauree e delle lauree magistrali al fine di ridurre il numero degli insegnamenti;
- valutazione dell'ipotesi di accorpamento di corsi di studio appartenenti alla
stessa classe;
- riorganizzazione dei corsi di base comuni a tutti i corsi di studio al fine di
rendere l'offerta formativa più organica, trasversale a più corsi e comunque omogenea
nell'ambito della stessa classe (con questa azione si aiutano anche gli studenti a meglio
orientarsi nel primo anno di studio senza il rischio di perdere tempo in corsi ed esami
che potrebbero rimanere a loro debito nel caso di cambio di corso di studio);
- considerazione della mutuazione di insegnamenti da altri corsi di studio al fine
di ridurre, come necessario, il numero degli insegnamenti.
Ritengo sia estremamente importante che la Facoltà prospetti
l'insieme di queste modifiche in tempi brevi sia per la necessità che ci investe già dal
novembre 2009, sia per poter dare evidenza in Ateneo di un atteggiamento
"virtuoso" ed anticipatore di ciò che, con altri mezzi meno gradevoli e meno
meditati, inevitabilmente l'Ateneo ci costringerà ad attuare
e) Mi rivolgo pertanto a Voi, Presidenti dei Consigli di Corso di
studio ed alla Commissione per la Didattica della Facoltà, per sollecitarvi a questa
riflessione e chiedervi proposte per l'attuazione di questi obiettivi, prima che altri ce
lo impongano o le necessità della Facoltà lo richieda in modo drastico. La valutazione
che si può e si deve fare non è solo di tipo numerico, con riferimento ad esempio
all'evidenziare i circa 850 (ottocentocinquanta) insegnamenti presenti in Facoltà; non è
solo il numero che conta (che peraltro sembra già grande), ma la qualità e l'efficienza
della didattica.
Con particolare riferimento alle lauree ritengo che la formazione non
possa essere scomposta in un numero elevato di "mille rivoli" che forse non
confluiscono in un unico fiume di sapere.
Attendo entro breve tempo proposte dirette secondo quanto sopra
esposto; preannuncio che comunque dopo il periodo di sospensione della didattica per il
periodo della Pasqua, sarà mia cura convocare riunioni nelle quali dovrà essere data
risposta a questi importanti temi. L'obiettivo è quello di rendere più forte, efficace
ed efficiente l'offerta didattica che sempre è stata qualitativamente sostenuta e
qualificata: da quei modelli non vorremmo allontanarci per le attuali contingenze.
Certo della Vostra piena collaborazione porgo un cordiale saluto.
Il Preside prof. ing. Pier Paolo Diotallevi |
Senato,
seduta del 29 aprile 2009. Nota del prof. Maurizio Spurio Attivazione
corsi di Laurea. Le complesse procedure previste dal Ministero per l'attivazione
annuale dell'offerta formativa impongono l'adozione di delibere in tempo utile per
verificare il possesso dei requisiti necessari.
La delibera verte su: n.201 corsi di studio DM270/04 (di cui 85 lauree, 110 LM e 6 LM a
ciclo unico).
Si specifica inoltre che dei suddetti corsi:
- 172 corsi risultano già attivati nell'a.a. 2008/09 ex DM 270/04;
- 22 derivano da trasformazione (ex corsi di studio già attivati come 509/99);
- 5 sono di nuova attivazione.
- 2 LM ciclo unico in Giurisprudenza, già attivate per tutti gli anni di corso.
Si ricorda che il SA il 25/03/09 ha già approvato l'attivazione per l'a.a. 2009/10 di 23
corsi di studio ex DM 509/99 (ultimo anno possibile) e di 1 laurea quadriennale ex L.
341/90.
Il totale delle richieste di attivazione è dunque 225, contro i 223 dello scorso anno
accademico.
Il SA era a conoscenza del parere della commissione didattica (CD) e di quello
(vincolante) del nucleo di valutazione. In particolare, era necessario che fossero
rispettati dei requisiti minimi di numerosità di studenti (fissati dal MIUR, e di vincoli
più restrittivi fissati dall'ateneo) e di requisiti minimi di docenza per ogni corso di
studio.
In conclusione dopo una estesa discussione:
- sono stati attivati tutti i corsi che non presentavano criticità di alcun tipo, e che
avevano ricevuto parere favorevole della CD e del Nucleo di valutazione.
- dei nuovi corsi proposti, sono stati approvato i 4 che hanno ricevuto parere favorevole
da CD e Nucleo, mentre non è stato approvato un corso della classe LM26, che aveva
ricevuto parere negativo da entrambi.
- su 3 corsi che non avevano i requisiti minimi di numerosità previsti dal MIUR, non sono
stati attivati i 2 che avevano ricevuto parere negativo dal nucleo, mentre per il corso di
Tecnologie per la Conservazione e Restauro è stato dato parere positivo, anche in
previsione di una ristrutturazione della classe di laurea previsto per il prossimo anno (e
che prevede una laurea a ciclo unico).
- su 3 corsi che non avevano i requisiti minimi di numerosità previsti dall'Ateneo, 2
avevano avuto parere negativo da CD e Nucleo.
Tuttavia, poiché si tratta di due LM di Ravenna coinvolte nella classe che dovrà essere
"ristrutturata" (coinvolte quindi nella nuova classe a ciclo unico), il SA
chiede al nucleo, limitatamente al prossimo a.a., di rivedere il parere e di poterli
attivare.
Il SA fornisce parere positivo alla LM di Scienze per l'Ambiente, in accordo con le
indicazioni del Nucleo.
- Su 6 corsi di laurea (1 di Agraria, 1 di Conservazione, 2 di Lettere, e di Scienze) su
cui il Nucleo lamenta difetti sui requisiti di docenza, il SA esprime parere favorevole,
vincolandolo al fatto che siano soddisfatte le richieste del Nucleo. Altre pratiche
trattate:
- Il Sa approva le modifiche dei regolamenti dei corsi di studio e le proposte di
regolamento per i corsi di nuova attivazione per a.a. 2009/10 delle seguenti Facoltà:
Agraria, Ingegneria, Psicologia, Scienze Matematiche Naturali e Fisiche, Scienze Motorie e
Giurisprudenza;
- Il SA approva la stipula della convenzione per il sostegno della Laurea Magistrale in
Giurisprudenza e alla laurea di primo livello in Giurista d'Impresa e delle pubbliche
amministrazioni;
- Il SA esprime parere favorevole al rinnovo della carica del Prof G.P.Brizzi quale
Direttore del Centro denominato "Archivio storico";
- Il SA delega il MR per la nomina dei componenti del Centro denominato "Archivio
storico";
- Il SA approva il testo dell'accorso attuativo locale tra Alma Mater e l'Azienda AUSL di
Bologna in attuazione del protocollo d'intesa sulla formazione specialistica dei laureati
in medicina e chirurgia sottoscritto tra regione e le Università dell'Emilia-Romagna;
- Il SA approva il protocollo d'intesa sulla cooperazione scientifica, tecnologica e
didattica tra UniBO ed Istituto scientifico romagnolo per lo studio e la cura dei tumori
(IRST);
- Il SA nomina il Prof C. Zannoni quale rappresentante dell'UniBO nel consiglio direttivo
del consorzio Interuniversitario nazionale per la scienza e tecnologia dei materiali
(INSTM), che dovrà relazionare annualmente sull'attività del consorzio. - Il SA approva
la nomina dello studente Sig. Alessandro Navacchia come rappresentante degli studenti nel
comitato direttivo del sistema Bibliotecario di Ateneo-SBA. Maurizio Spurio |
Lauree:
a MINISTRA il Preside DIOTALLEVI , di
Ingegneria, risponde: SI' |
Sì alla
rivoluzione didattica a Ingegneria: 4 lauree, in luogo di 12
"Riduciamo il numero delle lauree al numero delle classi previste per
l'ingegneria".
"A loro interno, potranno poi trovare spazio adeguato singoli indirizzi." |
Pier Paolo Diotallevi,
Preside Ing. Bologna
|
|
Il
documento inviato dal nuovo Preside alla Facoltà
"ALCUNE CONSIDERAZIONI SULL'ATTUAZIONE,
NELLA FACOLTA' DI INGEGNERIA, DEL DM 270"
"Preso atto ...della proliferazione dei
corsi di studio, del numero degli insegnamenti,
della molteplicità delle sedi e della loro diffusione territoriale -
spesso non supportata
né da caratteri storici, né da adeguate attrezzature didattiche - è
nostra responsabilità
proporre e sostenere vie alternative di più largo e incisivo
respiro." PPD |
1.- Il nostro compito.
L''Università italiana, unitamente a tante altre istituzioni nazionali, sta vivendo un
momento di grave incertezza derivante sia da situazioni contingenti, quale ad esempio le
difficoltà economiche, sia dall'emergere di carenze strutturali e funzionali. Il nostro
compito deve essere quello di osservare e valutare in maniera critica ed attenta i diversi
aspetti che hanno condotto l'Università a questo livello di criticità, non potendo e non
dovendo noi, operando dall'interno, ritenere che tutte le responsabilità ricadano
esclusivamente su altri lasciandoci come puri osservatori e soggetti passivi di una
realtà non da noi voluta e realizzata.
Preso atto di oggettive inefficienze e di reali mal funzionamenti,
quali ad esempio la proliferazione dei corsi di studio, del numero degli insegnamenti,
della molteplicità delle sedi e della loro diffusione territoriale - spesso non
supportata né da caratteri storici, né da adeguate attrezzature didattiche - è nostra
responsabilità proporre e sostenere vie alternative di più largo e incisivo respiro. Si
aggiungano i ventilati tagli alle risorse sia in termini finanziari, sia in termini di
risorse umane dei quali anche a breve termine si risentiranno i nefasti effetti sul
sistema formativo universitario, sulla conseguente qualità della ricerca e quindi sulla
diffusione della conoscenza.
A fronte di queste prospettive dobbiamo agire, per quanto ci compete come
docenti universitari, e, nel nostro ambito, all'interno della Facoltà per assicurare ai
giovani e a coloro che si affacceranno in un prossimo futuro agli studi universitari un
percorso formativo effettivamente calibrato sulle loro esigenze e sulle reali necessità
della società che vedrà fra qualche anno questi studenti inseriti nel mondo lavorativo e
professionale sulla base della formazione che noi abbiamo il compito e il dovere di
preparare ed offrire loro.
2.- Dal DM 270, uno stimolo a sperimentare nuovi percorsi. Le
recenti modificazioni del percorso degli studi universitari hanno rappresentato un momento
di riorganizzazione del quadro formativo del quale forse non siamo stati buoni interpreti,
non cogliendo tutte le implicite modifiche e gli espliciti suggerimenti che venivano
formulati, rinchiudendoci in un più semplice attaccamento alle preesistenti situazioni,
piuttosto che provare a sperimentare nuovi e più efficienti percorsi.
La prima trasformazione attuata con il DM 509/99 ha portato
all'interno dell'Università il percorso denominato "3+2" spezzando, in due
successivi momenti, una formazione che sempre più si è rivelata, in tanti ambiti, non
completa ed insufficiente se arrestata al primo passo. Non a caso si è potuto riscontrare
che la maggior parte degli studenti che hanno intrapreso il percorso universitario
dell'ingegneria non si sono arrestati al primo livello di laurea (laurea triennale secondo
il DM 509/99), ma hanno proseguito nel potenziamento e nel completamento della loro
formazione nel successivo passo della laurea specialistica.
La successiva normativa varata con il DM 270/2004 ha avuto fra i suoi
obiettivi, ricompattando fra loro insegnamenti che erano stati eccessivamente frammentati,
quello di ridurre il numero degli insegnamenti stessi e degli esami per ogni studente,
garantendo così una maggiore unitarietà nella trasmissione del sapere. Nella stessa
norma si legge un altro obiettivo: quello di dare alla formazione universitaria una
struttura tale che, partendo da una ampia base comune, viene orientata, nei livelli
superiori della formazione, verso attività e competenze sempre più specifiche e
finalizzate, come peraltro appare naturale se per un momento riflettiamo sulle modalità
di apprendimento nell'approfondire le conoscenze. Forse questo aspetto è stato,
anche recentemente, trascurato.
Si aggiunga inoltre la prospettiva reale di una riduzione, non compensata in
termini di docenti, delle risorse umane verso la quale ci si sta inevitabilmente muovendo
e l'opportuna individuazione di requisiti formali e sostanziali per poter svolgere con
qualità e competenza l'esercizio dell'insegnamento.
3.- I "requisiti minimi" non vanno osservati solo sotto
l'aspetto numerico. I requisiti minimi richiesti dal DM 270/2004, esaminati sotto
il puro aspetto numerico, richiedono per ogni corso di studio la disponibilità media di
circa l'80% degli insegnamenti coperti da docenti di ruolo, ovvero studiosi cha abbiano di
fatto dimostrato, mediante i concorsi tramite i quali sono stati vagliati, di essere non
solo capaci ma anche più che capaci nella ricerca, premessa indispensabile per una buona
scuola di formazione culturale e professionale. Dunque occorre sfruttare al massimo queste
capacità per dare agli studenti il meglio nella formazione.
Ad oggi la Facoltà di Ingegneria ha formulato un proprio piano formativo,
peraltro ancora in fase di completa definizione secondo le direttive vigenti contenute nel
DM 270/2004, che comprende undici lauree (di primo livello) appartenenti a quattro diverse
classi, 11 lauree specialistiche (in corso di definitiva trasformazione in lauree
magistrali per le quali già sono stati approvati dalla Facoltà gli ordinamenti), due
lauree magistrali (di cui una a titolo congiunto con altre sedi europee) ed altre sei
iniziative (di cui una di primo livello) delle quali alcune hanno il principale obiettivo
della internazionalizzazione. Completano il quadro una laurea a ciclo unico (di cinque
anni) per la quale è dato il riconoscimento della comunità europea.
Il quadro è ampio, molto articolato perché articolate e plurime sono
le competenze che afferiscono all'area ingegneristica, e comunque l'insieme rientra
ampiamente oggi negli steccati posti dai requisiti minimi formali.
Con questo assetto si rischia tuttavia di fornire agli studenti un quadro
disarticolato della proposta formativa, non completamente chiaro e comunque tale da
congelare ogni ulteriore ipotesi di progettazione futura nei percorsi finalizzati, andando
verso la saturazione dei requisiti minimi sia per eccedenza nella frammentazione
dell'offerta, sia per le sofferenze future in termini di docenti in previsione dei futuri
pensionamenti.
4.- Per il riordino basato su un limitato numero di lauree.
Ribadendo la necessità di un riordino, la cui definizione è fortemente stimolata e
suggerita dalle future riduzioni delle risorse, in ottemperanza al criterio formativo di
partire da basi comuni sempre più allargate per dirigersi, nei livelli superiori di
laurea, verso indirizzate finalizzazioni della formazione, seguendo altresì l'implicito
suggerimento delle vigenti disposizioni in termini di classe, si ritiene necessario
sottoporre all'attenzione della Facoltà un assetto formativo basato su un limitato numero
di lauree alle quali potrà essere collegata, in cascata, una più puntuale offerta
formativa nelle lauree magistrali.
L'ipotesi sulla quale si invita la Facoltà a discutere e riflettere è
quella di ridurre il numero delle lauree ad esempio al numero delle classi
previste per l'ingegneria (L7, L8, L9 e L23) all'interno delle quali potranno poi trovare
spazio adeguato singoli indirizzi.
Con questo criterio si dovrebbero raggruppare fra loro i corsi di studio
afferenti alla classe dell'ingegneria industriale (L9), alla classe dell'ingegneria civile
e ambientale (L7), alla classe dell'ingegneria dell'informazione (L8) e alla classe delle
scienze e tecniche dell'edilizia (L23).
Si possono così ottenere numerosi vantaggi sia dal punto di vista culturale
- certamente l'aspetto primario - sia dal punto di vista dell'organizzazione degli studi e
dei servizi della Facoltà.
L'unitarietà culturale, sancita dal raggruppamento dei corsi di
studi in classi, può trovare la sua migliore manifestazione nell'individuazione di
materie di base comuni alla classe con qualità e quantità formative identiche per i
diversi indirizzi appartenenti al corso afferenti a quella classe. La differenziazione
nella formazione può avvenire comunque secondo gli indirizzi aventi specifiche e
caratterizzanti denominazioni atte ad individuare l'ambito di competenza cui il corso
prevalentemente si rivolge.
5.- Per una formazione di base solida e comune a tutti i laureati di
Ingegneria. E' altresì da considerare il fatto che chi si fregerà in futuro del
titolo di "Ingegnere" avrà una formazione di base solida e in gran parte comune
a tutti i laureati dello stesso ambito, contribuendo a creare un'identità comune nei
laureati. Gli studenti potranno avere di fronte gli stessi percorsi, oggi frazionati in
tanti corsi di studio, consapevoli cha la loro laurea sarà in grado di conferire loro
tutte quelle competenze e conoscenze necessarie e fondamentali per entrare nel mondo del
lavoro (senza particolari specificità non previste a questo livello di laurea e non
sufficientemente credibili per questo livello di laurea) o proseguire, sicuri della
propria formazione, in una laurea magistrale che li orienterà maggiormente negli ambiti
disciplinari preferiti.
L'accorpamento dei corsi diverrebbe così stabile e non soggetto alle
fluttuazioni annuali conseguenti alla numerosità degli iscritti agli attuali corsi di
studio così fortemente frammentati.
La Facoltà potrà meglio organizzare le proprie risorse sia in
termini di docenti e ricercatori, sia in termini di spazi e risorse economiche per rendere
più agevole il percorso agli studenti. Questi accorpamenti, per i quali si sta avviando
una simulazione, potranno forse comportare la necessità di sdoppiamento e anche di
triplicazione di alcuni insegnamenti, ma hanno comunque l'innegabile vantaggio di liberare
risorse che potranno essere utilmente e proficuamente riversate sulle lauree magistrali,
ovvero sulla totalità degli studenti.
6.- In ritardo riorganizzativo, ma possiamo recuperare. L'ipotesi
di riorganizzazione degli studi qui proposta doveva forse essere presa in considerazione
fin da quando si è messo mano al riordino della formazione secondo il DM 270; non
possiamo però rinunciare a priori a valutare questa possibilità e a questa opzione che
ora ci viene offerta solo perché, non colta in precedenza, la Facoltà ha intrapreso una
via diversa.
Dobbiamo imporci una riflessione adeguata in questo senso. Qualora si
intendesse conservare lo stato attuale della formazione dovremmo dimostrare che l'ipotesi
qui suggerita e proposta è peggiorativa della situazione attuale. Dovremmo dimostrare che
il contenuto formativo di questa proposta - proposta che la Facoltà ritengo abbia il
dovere di formulare, elaborare, discutere ed eventualmente fare propria - non può essere
attuato o risulta peggiorativo rispetto all'attuale situazione. Dovremmo dimostrare che i
percorsi formativi sarebbero migliori se si continuasse a procedere "in linea
retta" fra lauree e lauree magistrali. Dovremmo dimostrare che è meglio limitare la
formazione data dalle lauree magistrali a favore delle lauree di primo livello. Dovremmo
dimostrare che la nostra visione della formazione che siamo in grado presentare ai nostri
studenti, rimanendo limitata agli attuali assetti e priva di possibili sviluppi futuri,
sia formulata nell'interesse degli studi e degli studenti e non di singoli docenti o di
gruppi desiderosi soltanto di affermare il proprio ambito.
7.- Conclusioni. Pertanto propongo alla Facoltà
una discussione su questi argomenti nelle opportune sedi quali i Consigli di Corso di
studio, la Commissione per la didattica e il Consiglio di Facoltà, ben consapevole che i
tempi di attuazione di un tale cambiamento non potranno essere immediati; ma sarebbe già
un buon successo iniziare una attenta e approfondita discussione considerando che ai sensi
del DM 270 abbiamo ancora qualche anno per raggiungere una formulazione definitiva
dell'assetto egli studi.
Sono certo della Vostra piena collaborazione nell'interesse degli studenti, della
Facoltà e della formazione.
Bologna ottobre 2008.
Il Preside prof. ing. Pier Paolo Diotallevi |
Romagne: secessione, federazione, o integrazione "multicampus"
con Bologna ? |
Giuseppe Farneti
|
G. Farneti, Prospettive dell'insediamento universitario di
Forlì-Cesena
Considerazioni sul testamento del Sen. Melandri*
(Stralcio dalla Relazione, alla fine del mandato per la Facoltà di
Economia di Forlì, nel 2006)
Oggi solo
Forlì-Cesena parrebbe avere i requisiti di didattica e di ricerca,
propri di una università che possa sopravvivere alle attese forbici del Governo.
* Rapporto dei Poli di Cesena e Forlì,
Commissione Consiliare di Forlì, 24 gennaio 2006
|
|
Nota. Nel
2008 abbiamo pubblicato un articolo del prof. Piero Gallina, Presidente di Se.ri.nar, un
vero allarme circa la situazione finanziaria della sede di Forlì e Cesena (clicca su
Università di Romagna ).
Quel testo lasciava, tuttavia, scoperto un interrogativo fondamentale: i Romagnoli come
pensano il loro futuro, sotto il profilo organizzativo e strutturale ? Precisamente:
vogliono la "secessione, la federazione con Bologna, l'integrazione con Bologna
?"
Senza una risposta chiara, ogni rapporto tra la Romagna e Bologna non può che
fondarsi sulla ambiguità, e nessun problema finanziario potrà essere risolto bene, fino
in fondo.
In attesa di una chiarificazione, e che sarebbe opportuna nel corso del dibattito
per la elezione del Rettore, la ri-proposizione del testamento del Sen. Melandri vuole
essere una prima indicazione, eventualmente da aggiornare.
Al termine di questo stralcio, viene riprodotto il sommario completo degli
argomenti della Relazione Farneti. NdR |
Giuseppe Farneti, Riflessioni sul periodo di presidenza 2000-2006, §
12
Alcune considerazioni riconducibili allultima intervista del Sen. Melandri.
a) Il Sen. Leonardo Melandri, qualche mese prima di
scomparire volle redigere un documento di racconto dellavvio e delle prospettive
future dellinsediamento universitario romagnolo.
Si tratta di una sorta di testamento professionale, che lui scrisse a
futura memoria, perché chi vorrà, potrà sapere come è andata
, così mi
disse in uno degli ultimi incontri. Tra le Sue ampie riflessioni mi limito a riprenderne
alcune. Ma tutti dovrebbero leggerle.
Viene inizialmente osservato che lo sviluppo dellinsediamento romagnolo
è stato abbastanza casuale, il prodotto di forze e volontà diverse. Il risultato è
stato soddisfacente, ma non privo di decisioni fortemente irrazionali, di volta in volta
attribuite ai diversi protagonisti. In questambito la Facoltà di Economia,
superando diverse difficoltà, ha delineato la sua missione e la sua strategia, ma soffre
di un quadro ancora opaco di strategia globale dellAteneo per quanto concerne la
Romagna e la governance complessiva.
L'Ateneo persegue lidea del multicampus. Il sen. Leonardo
Melandri, per contro, parla di fallimento del multicampus. Noi
pensavamo, in quella che poi si è rivelata come una ingenuità, che lAlma Mater
fosse interessata, se non propensa, per il suo altissimo prestigio e la sua forza, a
tentare un esperimento di riconsiderazione di se stessa, nel quadro della nuova realtà
che si era determinata con il decentramento.
avevamo sottovalutato la forza e i
condizionamenti della struttura e della mentalità tradizionali, che non rinunciano mai
volentieri a competenze, attribuzioni, funzioni proprie per trasferirle ad altri
(pp. 50-51). Il Sen. Leonardo Melandri era anche consapevole del fatto che non tutte
le risorse date da Roma a Bologna per il decentramento finivano in Romagna (p. 53),
individuando un problema che presenta poi la sua continuazione per quanto concerne il
finanziamento delle strutture in Romagna.
La realtà vede dunque il modello multicampus come obiettivo, ma i comportamenti
non realizzarlo. Serve un adeguamento, forse, dello Statuto di Ateneo, ma sicuramente
simpone una pratica di autonomia, particolarmente nella ricerca, che è ancora poco
realizzata.
In questo quadro, si può ritenere, il decentramento va concretamente perseguito,
risolvendo la pratica del divide et impera (p.53). Le risorse vanno ripensate,
lorganizzazione dovrebbe vedere un crescente impegno dei poli (guardando
allesperienza positiva del polo di Forlì).
b) Soprattutto, la ricerca va
resa autonoma. Questo è il nodo cruciale. Il sen. Leonardo Melandri vi insiste.
Ritengo che costituisca la cartina di tornasole di qualsiasi buon proposito. O saremo in
grado di percorrere questa strada, o dovremo limitarci a un decentramento della sola
didattica e veramente dovremo parlare di rifiuto del multicampus: ma non avremo risolto i
nostri problemi, né come Università di Bologna, né come Romagna.
Al riguardo vi é il nodo cruciale relativo al modo di essere dei
Dipartimenti. Ebbene, come si dirà, il problema si può risolvere, valorizzando il Polo,
nella sua natura di struttura scientifico-didattica e nelle sue esperienze e capacità
organizzative e rispettando la Romagna e lobiettivo di rafforzare la ricerca
dellintero Ateneo, nellambito di regole trasparenti.
Il Sen. Leonardo Melandri osserva come la Fondazione sopperisca alle carenze
strutturali. E vero. Ma è giusto che ricercatori e assegni di ricerca siano
finanziati in sostituzione dellAlma Mater e non per favorire insediamenti che, in
quanto giovani, hanno bisogno di maggiori attenzioni?
Alla Fondazione siamo tutti grati, così come a Serinar, ma dobbiamo
promuovere un processo che veda valorizzata la ricerca in tutti i suoi aspetti e che
consenta di superare limpressione di luogo dove, con criteri talora soggettivi, si
distribuiscono risorse.
c) Servono nuove regole e
nuove pratiche decisionali. Va considerato che i poli hanno contemporaneamente un ruolo
didattico, pienamente sviluppato e uno scientifico, ancora da esprimere. Si deve
richiamare lattenzione sul fatto che le differenze per quanto concerne la ricerca e
la vita dei Dipartimenti fra Bologna e la Romagna, sono notevoli.
Ad esempio:
1. Gli studi dei docenti in Romagna sono collocati
nelle Facoltà e non nei Dipartimenti co-me a Bologna;
2. I contributi studenteschi che a Bologna finanziano
le Facoltà e tramite queste i Dipartimenti, in Romagna servono per finanziare i Poli, che
in buona misura li destinano poi al-le Facoltà per le loro spese di funzionamento, ma
mantenendone la gestione contabile;
3. Il budget della Facoltà riconosciuto
dallAteneo costituisce per la Romagna lunica fonte di finanziamento per
lattività didattica (contratti);
4. Tutta lattività didattica in Romagna è
svolta dalle Facoltà, che devono pertanto gestire tutti gli spazi necessari, senza alcun
contributo da parte dei Dipartimenti, come si verifica invece a Bologna.
d) Partendo dalla considerazione di queste differenze simpone
una specifica disciplina della ricerca in Romagna, che assecondi il modello multicampus,
dando inoltre un contributo allesigenza di affermare nellAlma Mater una più
qualificata attività di ricerca, oggi in parte resa opaca da processi decisionali non
sempre pienamente trasparenti e da una complessiva organizzazione che è in parte da
ripensare, come infatti si sta verificando.
Va considerato inoltre che il ruolo principale dei Dipartimenti, laddove non siano
presenti consistenti strutture di ricerca, è quello di allocare le risorse, sia di
persone sia finanziarie e poi di amministrarle. La ricerca pertanto non richiede, per noi,
la vici-nanza fisica e lutilizzazione di laboratori, conseguendone che la funzione
amministrativa nei Dipar-timenti è assorbente di ogni altro aspetto.
E possibile al riguardo, come si è iniziato a fare in una riunione che
nellautunno dellanno scorso ha visto insieme il Rettore, con i Presidenti dei
Poli, il Pro-rettore e i presidi della Romagna, pensare che:
- I Poli, come realtà
scientifiche, dovrebbero essere realizzati, almeno a livello sperimentale;
- Il loro ottimo risultato sotto il
profilo della gestione delle risorse che fanno capo alle Facoltà (che decidono, ma non
hanno autonomia contabile), può fare pensare a un loro coinvolgi-mento nella gestione
contabile delle attività di ricerca in Romagna;
- I docenti incardinati in Romagna
potrebbero dunque (forse anche senza modifiche dello Statuto dellAteneo), secondo
regole e comportamenti da definirsi, organizzarsi in aggregazioni sostitutive degli
attuali Dipartimenti, opzionalmente rispetto ai Dipartimenti di Bologna, ge-stendo
pertanto in Romagna le risorse della ricerca ad essi attribuite, ma avendo sempre i Poli
come centri di contabilità.
E una possibilità, intorno alla quale lavorare. Il punto, per me
chiaro, come lo era per il Sen. Leonardo Melandri, come lo è per coloro che vogliono una
Alma Mater sempre più grande e insediamenti universitari in Romagna sempre più efficaci,
è tutto nella necessità di affiancare la ricerca con la didattica: entrambe definiscono
un inse-diamento universitario. Entrambe si influenzano a vicenda.
I docenti, in Italia, svolgono entrambi i ruoli. Secondo la mia opinione, ne
consegue che un docente non è interessato allo sviluppo della propria Facoltà, non cerca
riscontri sul territorio, se la sua carriera è di fatto collegata ad altri riferi-menti
accademici. I docenti sono sempre legati a scuole, correnti di pensiero che, se si pongono
fuori della Facoltà, ne riducono il ruolo a luogo funzionale al proprio percorso
accademico, richiamati (soprattutto se di particolare valore), o diversamente indirizzati,
appena necessario.
Il Sen. Leonardo Melandri circa questi aspetti, connessi allattività
di ricerca, a p.57, osserva: Queste sono largamente penalizzate con la mancata
istituzione di almeno alcuni importanti Dipartimenti, senza i quali anche ciò che di
valido si svolge in Romagna rimane attestato su Bologna, mantenendosi alla sede centrale
il punto di riferimento, anche finanziario e di svolgimento del lavoro, per tutte le
attività impostate e da impostare.
Ciò porta anche alla conseguenza che i Docenti e Ricercatori continuano
inevitabilmente a considerare Bologna come la loro sede di lavoro, accrescendo quel senso
di precarietà che sembra talora assumere la presenza del personale docente nelle nostre
sedi didattiche.
e) Un altro aspetto che al Sen. Leonardo Melandri
era assolutamente chiaro era quello relativo al rapporto fra Facoltà e territorio. Ho
già fatto riferimento ai significativi risultati del Cresem (Centro di ricerche economico
manageriali), anchessi da assumere a modello, se si pensa di riflettere
su come impostare le iniziative di un in-sediamento universitario che voglia essere
propositivo e comunque interagire, verso e con il territo-rio. In effetti
questultimo fondamentale aspetto dellattività di una Facoltà e specialmente
di una Facoltà di Economia (soprattutto quando i suoi percorsi si rivolgono ai
soggetti-aziende, di ogni tipologia, per aiutarli nel governo delle loro attività), è
sempre stato per me, insieme alla qualità della didattica e della ricerca, un punto di
costante riferimento.
Per realizzarlo al meglio serviva una cabina di regia con il territorio, che
era stata individuata nel Cresem, come era emerso anche da alcune riunioni che
precedettero la costituzione del Cresem in Spa.
Daltra parte va menzionato che subito dopo la mia elezione a Preside,
sei anni addietro, elezione avvenuta di fatto allunanimità e su richiesta dei
Colleghi, inviai una lettera ai rappresentanti dellIstituzioni proprio per esprimere
questa mia naturale propensione alla collaborazione.
Il progetto però non è riuscito, nonostante le mie attenzioni,
poiché la collaborazione del territorio, sempre fattiva sugli aspetti materiali, non ha
saputo spingersi sino a delineare una richiesta di didattica e di ricerca che fosse
congeniale alle proprie esigenze di sviluppo, che comportasse un confronto continuo e di
tipo strutturale con le diverse realtà, anche associative, specialmente quelle relative
alla ricerca e alla formazione.
Vi sono state comunque eccezioni in positivo. Ad esempio da parte della
professione contabile e da parte della provincia di Forlì-Cesena.
Va poi considerato il grande contributo della Fondazione, già menzionato,
quantitativamente di enorme importanza, ma non ancora incardinato in una logica espressa e
negoziata di in-terazione con il territorio, così come la collaborazione assicurata dal
Direttore di Confindustria Forlì-Cesena.
Circa il Cresem è stato dunque osservato che Certamente, la Fondazione
della Cassa di Risparmio di Forlì, rendendosi conto della importanza di favorire
lalta formazione e la ricerca nelle nostre sedi, ha erogato rilevanti risorse ai
nostri Corsi universitari, per progetti di alta formazione e di ricerca.
Ma si può essere soddisfatti di questo? Cè la necessità della
continuità e dellinterconnessione, oltre che della continuativa verifica, tra
territorio e programmi universitari; e a questo scopo non può certo dare una risposta
sufficiente il Comitato tecnico-scientifico, costituito dalla Fondazione stessa.
Poteva esercitare una funzione importante, in questo quadro, il Cresem
costituito in Società autonoma presso la Facoltà di E-conomia, con la partecipazione
maggioritaria della stessa Fondazione e della Associazione degli Industriali, oltre che di
Ser.in.ar., del Comune e dellUniversità. Ma non mi pare che siamo su questa
lunghezza donda. (pp. 58-59). Il Sen. Leonardo Melandri osserva poi da
una parte, la ancora fragile e precaria situazione dei nostri insediamenti universitari
, dallaltra, la scarsa chiarezza propositiva del mondo delle imprese.
Credo che al riguardo la riflessione di tutti debba proseguire.
Conclusioni. ....
La speranza è che, grazie allimpegno dei docenti e delle istituzioni, e nonostante
lautonomia non si sia ancora pienamente affermata, tale indirizzo
possa proseguire. Al centro di questo quadro di riferimento, vi è il
modello che ho cercato di delineare, la cui validità va ben oltre i confini
della nostra Facoltà.
Forlì, ottobre 2006
Sommario Premessa 2 La Facoltà sino all'a.a. 1999/2000 2 Lo sviluppo
della Facoltà: l'aspetto quantitativo 4 Lo sviluppo della Facoltà: l'aspetto qualitativo
8 Considerazioni preliminari 8 Il modello: la sua struttura 9 Il modello: gli altri valori
10 Specificità della nostra eccellenza, in quanto riconducibili ai contenuti del piano
triennale dell'Ateneo 2007/2009 10 L'internazionalizzazione 11 Il rapporto con il
territorio 11 Alcune considerazioni (e opportunità) riconducibili all'ultima intervista
del Sen. Melandri 12 Cosa fare nel prossimo futuro? 15 Conclusioni 17
Tavole allegate
1. Docenti
incardinati nel tempo, per area e per SSD, con la specificazione dellindicatore di
fab-bisogno
2. Studenti
immatricolati e iscritti nel tempo
3. Personale
amministrativo nel tempo
4. Requisiti
minimi di docenza per lanno accademico 2006/2007
5. Andamento
delle immatricolazioni del CLEGA, distinto per curriculum |
Andre Segrè
|
Il PROGRAMMA DI SEGRE', Recensione di N.
Luciani
Perchè non enunciare la propria squadra, già in aprile,
vale dire prima delle elezioni ?
Frattanto il Rettore uscente ha incassato (26 gen) un brutto
colpo: convocata la riunione
CONGIUNTA di CdA e SENATO per allargare il corpo elettorale, si è visto respinto:
"Avevi tutto il tempo ...., ma le regole non si
cambiano sotto elezioni ! "
Anche scaduti il 30 gennaio il termine delle domande
per la selezione del nuovo Direttore Amministrativo |
Andrea Segrè,
PROGRAMMA DI MANDATO RETTORALE: L'URGENZA DEL FUTURO UN NUOVO PROGETTO PER UNA NUOVA ALMA
MATER , feb. 2009
In questa settimana il Preside di Agraria ha distribuito capillarmente
in Ateneo un libretto cartaceo, in cui illustra il suo programma di rilancio della nostra
università, contando sul placet degli elettori. Lo stesso testo è, poi, visibile in
Internet, sul sito di lui: http://www.andreasegre.it/
(Scarica programma pdf ).
L'iniziativa di Segrè si distingue per l'eccezionale dote
comunicativa, chiarezza dei propositi e grafica, così da catturare facilmente anche un
occhio distratto. E' evidente anche il notevole impegno finanziario, per la stampa.
Nel merito, il testo è ripartito in argomenti, facilmente rintracciabili con
un link. Per nulla togliergli, dal lato del contenuto e del metodo espositivo, riporto qui
il copia-incolla del frontespizio. Per chi si aspettasse da me un qualche giudizio critico
sul programma, sono un può restio. Ma, poi, perchè dovrei lanciare il sasso e tirare
indietro la mano ? |
A. Segrè,
PROGRAMMA DI MANDATO RETTORALE: L'URGENZA DEL FUTURO UN NUOVO PROGETTO PER UNA NUOVA ALMA
MATER
| Fare comunità. LAlma Mater
è il nostro posto |
| Guardare avanti. Con consapevolezza e responsabilità per costruire il futuro |
| Lo statuto del rinnovamento. La
nuova governance: partecipazione, trasparenza e sussidiarietà |
| Didattica e ricerca. Rinnovare la
missione, qualificare l'azione |
| Il motore della ricerca. Aumentare
la potenza, migliorare l'affidabilità |
| Internazionalizzazione e accoglienza. La
giusta dimensione dell'Alma Mater |
| Il motore della didattica. Diminuire
i giri, migliorare il rendimento |
| La strategia di sviluppo.
Collegare gli obiettivi alle risorse |
| Studenti al centro. Diritti e
doveri, strutture e servizi |
| La ricerca dei talenti. Il futuro
della nostra comunità |
| La Medicina dell'Alma Mater. Un
patrimonio per l'Università, una risorsa per la società |
| Un multicampus tra Bologna e la Romagna.
Federalismo e reciprocità |
| L'Alma Mater è la nostra casa.
Riorganizzare gli spazi per lavorare meglio e in sicurezza |
| Sosteniamo il futuro. Spegniamo la
luce, accendiamo la ricerca |
| Diventare UniversitAttiva. Un
comunità che vive nella comunità |
| Un'altra Alma Mater è possibile.
La sostenibilità economico-finanziaria del progetto |
| L'Alma Mater del nostro futuro.
L'Università che vogliamo, insieme la faremo |
|
Ci sono aspetti che mi sembrano
innovativi per la presa di coscienza dell'importanza strategica di alcuni obiettivi e del
modo di raggiungerli. Notevole, a questo proposito, è il suo schema di governance, in cui
compare in primo piano la "squadra", più che il Rettore.
Mi piace anche la chiarezza con cui proclama la natura
pubblica dell'Università, in Italia (e questo non va contro le libertà di fare
altro, se c'è chi lo vuole).
Altri aspetti bene impostati sono quelli del riordino delle lauree, e della
riorganizzaziobe della ricerca. Mi pare, invece, eccessiva l'importanza attribuita al
sapere impostare le domande. Qui occorrerebbe una vera e propria svolta, in modo da
interessare il settore privato al finanziamento dell'Ateneo. Ad es., i tempi tecnici
dell'Ateneo sono troppo lenti, per le imprese.
L'idea del multicampus in Romagna, secondo me, non è il meglio
nè per Bologna nè per la Romagna, e sarebbe utile dichiarare che non si considererebbe
scandalo se, prima o poi, la Romagna chiedesse la secessione.
Altri aspetti da riprendere e meglio precisare sono quelli relativi allo
stato giuridico e al reclutamento dei giovani. Qui il programma mi pare un pò troppo
sguarnito. I problemi del precariato non si risolvono con
cioccolatini. Servono risorse finanziarie vere, e serve vincere un corporativmo
strutturato, capillare, che è ancora nel sangue della ex-medievale Alma Mater.
Ritorno sulla "governance". Spero tantissimo che il
"giovane" e "valoroso" Segrè sia consapevole che toccare sul serio la
questione della Governance è toccare fili elettrici. La Burocrazia è molto potente
e non mollerà facilmente.
Egli vuole riportare i professori a condurre la politica universitaria (compito,
dalla prina ora di Calzolari, avocato a sè dalla Burocrazia). Così vuole la legge
esistente, vale dire spetta:a) ai professori a decidere la politica universitaria;
b) alla Burocrazia la sua attuazione. |
Ma come dicevo, riformare la governance in quel
senso, vuole dire toccare fili elettrici e, dunque, per divenire credibile, occorrerà rassicurare
l'elettore che dispone di un équipe con le spalle quadrate.
Perchè no ? Perchè non enunciare la propria squadra, già in
aprile, prima delle elezioni ? N. Luciani |
|
ATENEO
DI BOLOGNA: Finanziamento privato della ricerca |
Pier Ugo Calzolari
|
Bilancio
di previsione 2009: le entrate ancora calanti, da Contratti
e convenzioni per la ricerca in conto terzi, ex-art. 66 DPR 382/80
Considerazioni su una possibile compensazione dagli Spin Off dell'Ateneo ex- D.Lgs 297/1999, purchè non
sopravvengano conflitti di interesse tra Spin Off e Ateneo (si vegga lo art. 6, circa la
responsabilità della vigilanza del Preside e del Direttore del Dipartimento).
Sul Decreto Rettorale in materia di Contratti ex-art. 66, clicca su Regolamento
Sul Decreto Rettorale, relativo agli Spin Off, clicca su: Alma Mater |
Il
Dirigente della "Area della Dicerca" Bruno QUARTA potrebbe raccontarci
circa le sue azioni per scoperchiare questa pentola, in tanti anni ? |
TABELLA - Previsioni in , a prezzi correnti - FONTE: Bilanci ripresi da
www.unibo.it |
Chiave |
Bilancio |
2006* Previsione assestata a ottobre |
2007* Previsione assestata a ottobre |
2008* Previsione assestata a dic. |
2009 Previsione |
F.E.1.13.02+
F.E.1.16.04
(F.E.1.3.1.02+
F.E.2.2.1.16,
dal 2008, 2009) |
Fondo 20% (ex- art. 66 DPR 382/80), del Finanziamento privato
della ricerca * |
906.660,84
|
850.000
|
820.000
|
830.000
|
* Questo significa che il finanziamento atteso dai
Dipartimenti è previsto nell'ordine di 4.150.000, per il 2009 |
Il finanziamento privato della ricerca universitaria assume un interesse
strategico, quale entrata sostitutiva del finanziamento statale, via via sempre più
calante in questi anni. E questo anche se non sono mancate leggi statali, miranti ad
incentivare il finanziamento privato medesimo (per le erogazioni liberali, si veda:TUIR,
art. 10, comma 1, lettera 1-quater; art. 100, comma 2, lettera c). Ma gli effetti non
sono, tuttora, risultati significativi.
Invece, un campo potenzialmente di interesse è il finanziamento privato in
cambio di una contropartita, domandata dalle imprese. Per quanto ricordo ci sono state due
leggi, che hanno smosso qualcosa, ma molto meno di quanto di sarebbe potuto ottenere, se
applicate in modo intelligente: uno è il DPR 382/80, art. 66, l'altro è il Decreto
Legislativo 297/1999, da cui nell'Ateneo di Bologna sono venuti gli Spin Off (imprese
commerciali, in forma di società di capitali, a partecipazione dell'Ateneo, dei
Professori e Ricercatori, personale tecnico-amministrativo, borsisti, studenti, ...). Ma
andiamo per gradi.
1.- Contratti ex-art. 66. Il bilancio di previsione 2009 conferma
la modestia di questa entrata in bilancio, o per meglio dire il suo declino da anni, ma a
partire da somme non trascurabili in passato.
Il motivo di questo declino sta nel fatto che i ricercatori hanno dovuto
abbandonare la ricerca di contratti con le imprese, a causa del fatto che
l'Amministrazione Centrale applicava (ed applica) una dura tangente sui proventi (che può
avvicinarsi al 30%, e questo per un complicato meccanismo che colpisce sia l'utile che il
costo dei progetti). Questa tassa, aggiunta all'imposta sul reddito e agli oneri
previdenziali, lascia poco più del 10% al ricercatore).
Questo effetto perverso è stato più volte segnalato al Rettore, che però
ha trovato un muro nel direttore amm.vo. Nè abbiamo mai potuto capire se il Dirigente
della Area della Ricerca se ne sia occupato. Fatto sta che un primo rimedio è stato
trovato direttamente dai professori con contratti diretti con le imprese, sia pur sotto di
studi professionali, e quant'altro. Questo, finchè la legge n. 370/1999,
art. 4, c. 5, delegificò la materia, ossia la "rimise alla autonoma determinazione
degli Atenei". Nel caso di Bologna ci fu il ripristino della
tangente con Decreto Rettorale del 2001.
2.- Spin Off. Essi sono stati istituiti a Bologna con
Decreto Rettorale (2002), in applicazione del D.Lgs 297/1999: "Riordino della
disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e
tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilita' dei ricercatori".
Lo Spin Off è una società di capitali, che ha come possibili soci i
professori e lo stesso Ateneo, con lo scopo di fare ricerca ed attività professionali
connesse, in forma imprenditoriale autonoma, dentro e fuori l'università. La legge
(art.4) sostiene gli Spin Off con:
a) i contributi a fondo perduto;
b) il credito agevolato;
c) i contributi in conto interessi;
d) i crediti di imposta ai sensi dell'articolo 5 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, con
le integrazioni di cui al comma 2;
e) la prestazione di garanzie;
f) gli atti di cui all'articolo 2, commi da 203 a 207, della legge 23 dicembre 1996, n.
662, in conformita' alle delibere del Comitato interministeriale per la programmazione
economica (CIPE);
g) il bonus fiscale, ai sensi dell'articolo 7, commi 1 e 4, del decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 123.
Sappiamo dell'esistenza di Spin Off a
Bologna(clicca su SPIN OFF per trovare l'elenco). Ma
null'altro sappiamo oltre alla ragione sociale e agli scopi, pur se l'Ateneo ne è socio
(10% del capitale). Qualche loro traccia dovrebbe esserci nel bilancio dell'Ateneo sotto
forma di "utili" o "perdite" pro-quota capitale partecipato.
Il Decreto Rettorale contiene varie limitazioni ai soci-professori, affinchè
non nasca conflitto di interesse tra le due posizioni da loro occupate (quello di
professore che deve svolgere i compiti istituzionali, e quella di socio-imprenditore che
svolgi i compiti dello Spin Off). In particolare è fatto divieto di fare ricerca ai sensi
dell'art. 66 del DPR 382/80.
E' tuttavia evidente che questa limitazione è contra legem, anzi è un vero
e proprio abuso di potere dell'Amministrazione centrale che non può con un atto
amministrativo (tale è un Decreto rettorale) proteggere il percepimento della
tangente di cui sopra, trattandosi di utili con apporto dello Stati (mi riferisco ai
contributi statali, ... ecc. - di cui al D.Lgs 297/1999). D'altra parte, la distinzione
tra ricerca dello Spin Off e ricerca ex-art. 66 non nasce etichettata con qualche marchio,
per cui esse sono indistinguibili.
3.- Tuttavia, mi pare anche evidente che il passaggio dai contratti
ex-art. 66 (per attività istituzionali) agli Spin Off (per attività
imprenditoriali), sia stato un passo eccessivo, sotto il profilo dei casi di conflitto di
interesse, e che può configurare una responsabilità per gli Organi responsabizzati per
il controllo (Presidi e i Direttori di Dipartimento). Vediamo alcune evidenze.
1) Posizione del socio
Amministratore Delegato o Presidente. Mi sembra evidente che,
qualora il bilancio dello Spin Off divenga di ammontare rilevante, il professore o
ricercatore a tempo pieno entra inevitabilmente in conflitto di interesse con
lAteneo, e questo a causa del tempo da dedicare allAmministrazione.
2) Questo avviene se anche il numero dei soggetti del
Dipartimento coinvolti nellattività dello Spin Off sia rilevante: nel senso che
lattività istituzionale del Dipartimento viene ad essere compressa da quella
concorrente dello Spin Off.
3) Se il numero è rilevante, viene anche crearsi una posizione di
dominanza dello Spin Off nel Dipartimento: nel senso che lo Spin Off potrebbe indirizzare
il voto (dei propri nembri) all'interno del Consiglio del Dipartimento, fino a a ledere il
principio di democrazia negli Organi Collegiali del Dipartimento;
4) il tempo dedicato dai soci dello Spin Off all'attività
dello Spin Off, che non devessere di quantità tale da far venir meno i doveri
istituzionali per linsegnamento e la ricerca. Pur se le cose vanno verificate da
caso a caso, tuttavia, il caso di bilanci importanti degli Spin Off è per se stesso un
indizio da non sottovalutare;
5) E' Illegale conservare la sede operativa presso il
Dipartimento, dopo i 6 anni dalla costituzione dello Spin Off.
6) Lo Spin Off , che non versi le imposte sul reddito, è in
posizione illegale. N. Luciani |
SPIN OFF (Imprese commerciali in forma di SpA o di Srl)
dell'Università di Bologna
ALMA AUTOMOTIVE S.r.l.
Dipartimento Ingegneria costruzioni meccaniche, nucleari., aeronautiche e di metall.
(DIEM).
Attività principali: sviluppo e la commercializzazione di procedure
software e di strumentazione orientate al controllo, alla progettazione, alla
sperimentazione, allo sviluppo ed alla messa a punto di sistemi energetici, motopropulsori
a combustione interna, macchine a fluido e relativi componenti.
Sede: c/o DIEM - Sezione Macchine Viale del Risorgimento 2 40136 Bologna
ARCA Tecnologie S.r.l.
Dipartimento Elettronica Informatica e Sistemistica - DEIS
Attività principali: Progettazione e ingegnerizzazione di sistemi di
automazione industriale e di controllo Automotive. Sviluppo di sistemi di simulazione e
prototipazione rapida, progettazione e ingegnerizzazione di schede elettroniche, di
software di interfaccia, di software applicativo. Svolgimento di campagne di prove
sperimentali. Trasferimento tecnologico alle aziende e relativa formazione specialistica.
Sviluppo e commercializzazione di strumenti software di supporto alla progettazione.
Sede: c/o Dipartimento Elettronica Informatica e Sistemistica - DEIS
Viale Pepoli, 3/2 Bologna
ARS Analytical Research System S.r.l.
Dipartimento: Chimica "G. Ciamician"
Attività principali: sviluppo, produzione e commercializzazione di
strumenti e servizi per l'analisi chimica
Sede: Via Ercolani 3 Bologna
ECONAG s.r.l.
Dipartimento Scienze Statistiche Dipartimento di Scienze Aziendali
Attività principali: Servizi statistici, informatici e di valutazione
alle imprese e agli enti locali
Sede: Via Zamboni, 18 - Bologna
ELCOS S.r.l.
Dipartimento Ingegneria Chimica, Mineraria e delle Tecnologie Ambientali
Dipartimento. Ingegneria Chimica, Mineraria e delle Tecnologie Ambientali
Attività principali: realizzazione di un nuovo sistema di certificazione
internazionale delle rocce ornamentali attraverso l'analisi di immagini Sede: DICMA Viale
Risorgimento 2 Bologna
ERGO S.r.l.
Dipartimento Economia e Ingegneria Agrarie
Attività principali: analisi e valutazioni socio economiche inerenti il
territorio rurale.
Sede: Alma Cube via Fanin 48 Bologna
HEALTH Ricerca e Sviluppo S.r.l.
Dipartimento: Medicina Clinica e Biotecnologia applicata "D. Campanacci"
Attività principali: sviluppo di programmi di ricerca in ambito
nazionale ed internazionale, sviluppo di progetti di ricerca cooperativi tra pubblico e
privato
Sede: Via Galliera 22 Bologna
IDEA S.r.l.
Dipartimento Elettronica, Informatica e Sistemistica (DEIS)
Attività principali: dispositivi elettronici
Sede Operativa: Viale Pepoli 3/2 Bologna
MEC S.r.l.
Dipartimento Elettronica Informatica e Sistemistica - DEIS
Attività principali: Progettazione di microcircuiti e microsistemi
elettronici a microonde da realizzare su chip per radiocollegamenti terrestri e spaziali.
Caratterizzazione e modellizzazione di componenti attivi e passivi per circuiti integrati
monolitici a microonde. Realizzazione e commercializzazione di micromoduli a microonde.
Sede: C/o DEIS Viale Pepoli, 3/2 Bologna
PROGEA s.r.l.
Dipartimento Scienze della terra e geologico-ambientali
Attività principali: Produzione di sistemi di supporto decisionale,
hardware, software, servizi di formazione ed attività di diffusione nei settori della
Meteorologia, Idrologia, Climatologia, Gestione sostenibile delle risorse ambientali,
Protezione dell'ambiente e del territorio, Protezione Civile, Previsione di piena in tempo
reale
Sede Operativa: Via Don Bedetti, 20 - 40129 Bologna
TECHIMP s.r.l.
Dipartimento Ingegneria Elettrica
Attività principali: Realizzazione (progetto, ingegnerizzazione) di
apparecchiature per misure di grandezze elettriche; ottimizzazione di processi
tecnologici, controllo di qualità e diagnostica del processo; automazione industriale.
Sede Operativa: LIMAT (laboratorio presso il DIE) Viale Risorgimento 2
Bologna
T.IN.V.AL. S.r.l
Dipartimento Protezione e Valorizzazione agroalimentare (DIPROVAL)
Attività principale: fornire strumenti e professionalità per un
razionale utilizzo di tecnologie e innovazione, di certificazione e tracciabilità,
nonché per la realizzazione dei servizi di marketing necessari alla valorizzazione delle
produzioni agroalimentari
Sede: Villa Levi Via F.lli Rosselli, 107 42100 Reggio Emilia
VET SPIN S.r.l.
Dipartimento Sanità pubblica veterinaria e Patologia animale
Attività principali: Ricerca e formazione rivolta all'industria
farmaceutica veterinaria ed enti pubblici e privati.
Sede: c/o Dipartimento Sanità pubblica veterinaria e Patologia animale
Via Tolara di Sopra, 50 Ozzano dell'Emilia (Bo) |
|
ALMA MATER STUDIORUM UNIVERSITA DI BOLOGNA
D.R. n° 180 del 06 /06/02
|
IL RETTORE
VISTO il d.lgs 297/99 ( "Riordino della
disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e
tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilita' dei ricercatori")
che disciplina lattività di ricerca scientifica e tecnologica estendendo il campo
dazione delle Università ad interventi volti alla creazione di "spin
off", con lintento di favorire loccupazione giovanile ed incentivare il
trasferimento tecnologico;
VISTI l'art. 2, comma 1 lett. e), n°1, del
d.lgs 297/99 e l'art. 11, comma 5, del relativo decreto attuativo D.M. 593/00, che
demandano alle Università l'adozione di regolamenti disciplinanti il collocamento in
aspettativa, ovvero il mantenimento in servizio o nel corso di studio, la tutela della
proprietà intellettuale e che definiscono le limitazioni volte a prevenire i conflitti di
interesse con le società costituite o da costituire, in cui siano impegnati professori e
ricercatori universitari;
VISTO lo Statuto di autonomia dell'Università
di Bologna, Parte IV, Capo II, in particolare gli artt. 50 e seguenti;
TENUTO CONTO
dell'art. 53 del d.lgs 165/2001, che disciplina il conferimento e le autorizzazioni allo
svolgimento di incarichi retribuiti da parte dei dipendenti delle pubbliche
amministrazioni;
TENUTO CONTO che, per la migliore
riuscita delliniziativa imprenditoriale, del trasferimento tecnologico, e per il
conseguimento degli obiettivi programmatici, è interesse dellUniversità che il
personale docente, ricercatore e tecnico amministrativo possa prestare la propria
attività a favore dello spin off, purché nel pieno rispetto dei loro compiti primari nei
confronti dellUniversità;
VISTE le delibere del Senato Accademico del 6
maggio 2002 e del Consiglio di Amministrazione del 21 maggio 2002;
VISTO l'art. 12 dello Statuto Generale di
Ateneo che disciplina la procedura di approvazione dei Regolamenti di Ateneo;
QUANT'ALTRO VISTO E CONSIDERATO
DECRETA:
è emanato con efficacia immediata il seguente
REGOLAMENTO PER LA COSTITUZIONE DI SPIN OFF DELL'UNIVERSITA' DI
BOLOGNA E LA PARTECIPAZIONE DEL PERSONALE UNIVERSITARIO ALLE ATTIVITA' DELLO STESSO
ARTICOLO 1
PRINCIPI GENERALI
I) L' Alma Mater Studiorum Università di Bologna, di seguito indicata come
"Università", in conformità ai principi generali di cui alla Parte IV, Capo
II, del proprio Statuto di autonomia, favorisce la costituzione di società per azioni o
società a responsabilità limitata aventi come scopo lutilizzazione
imprenditoriale, in contesti innovativi, dei risultati della ricerca e lo sviluppo di
nuovi prodotti e servizi.
II) Vengono definiti spin-off dell' "Università" esclusivamente quelle
società per azioni o a responsabilità limitata alle quali l"Università"
partecipa in qualità di socio.
III) Le modalità di costituzione, la disciplina dei rapporti con
l"Università" e il regime delle autorizzazioni del relativo personale
sono disciplinati dalle disposizioni di cui all'art. 2 e seguenti.
ARTICOLO 2
SOCI PROPONENTI E ALTRI PARTECIPANTI
I) La costituzione di uno spin off dell"Università" può essere
proposta esclusivamente dall'"Università", ovvero da uno o più docenti e/o
ricercatori, ovvero da dipendenti dell'"Università" appartenenti al ruolo del
personale tecnico amministrativo.
II) Oltre ai soci proponenti, possono partecipare al capitale sociale dello spin
off i titolari di assegni di ricerca, di borse di studio post-laurea e post-dottorato, di
borse di studio universitarie o di altre borse di studio destinate alla permanenza di
giovani ricercatori presso le strutture di ricerca; gli studenti dei corsi di studio, i
laureandi, gli allievi dei corsi di specializzazione e di dottorato; i laureati, gli
specializzati e i dottori di ricerca nonché ogni altra persona fisica e/o giuridica,
società, ente e/o soggetto, italiano o straniero, diverso da quelli qui espressamente
indicati.
ARTICOLO 3
PARTECIPAZIONE DELLUNIVERSITA
I) La partecipazione dell"Università" nello spin off, che
potrà derivare anche esclusivamente da conferimenti di beni in natura, non potrà
superare il 10% del capitale sociale, salvo che il Consiglio di Amministrazione
dellUniversità non disponga diversamente, sentito il Comitato per la valorizzazione
dei risultati della ricerca e del trasferimento tecnologico (di seguito indicato come
"Comitato Smart"), ricorrendo particolari motivi di convenienza o opportunità.
II) Tale partecipazione non potrà essere ridotta se non per volontà
dell"Università" e dovrà assicurare alla stessa adeguate garanzie in
caso di trasferimento delle azioni o quote, nonché la presenza di propri delegati negli
organi dello spin off. A tal fine lo statuto dello spin off dovrà prevedere, tra
laltro, che:
a) in caso di trasferimento a qualunque titolo delle azioni o quote, spetti ai soci
dello spin off, tra cui l"Università", un diritto di prelazione da
esercitarsi in proporzione alla partecipazione detenuta;
b) la partecipazione dell"Università" nello spin off, pur
attribuendo il diritto di voto in assemblea ordinaria e straordinaria, sia postergata
nella partecipazione alle perdite rispetto a tutte le altre partecipazioni sociali;
c) la società sia amministrata da un consiglio di amministrazione di almeno tre
membri e la nomina alle cariche sociali avvenga in modo da assicurare
all"Università" la possibilità di nomina di almeno un componente del
consiglio di amministrazione e di un sindaco, se sia nominato il collegio sindacale.
III) I soci dello spin off dovranno inoltre sottoscrivere con
l"Università" adeguati patti parasociali, di durata non inferiore a 10
anni o comunque della durata massima consentita dalla legge, se inferiore, i quali
prevedano che:
a) per il caso di operazioni sul capitale a seguito di perdite, i soci diversi
dall"Università" debbano fare fronte, nelle dovute proporzioni, ai
ripianamenti delle perdite e agli eventuali aumenti di capitale anche per la parte
necessaria a mantenere invariata la percentuale di partecipazione
dell"Università";
b) la remunerazione per lattività a qualunque titolo prestata dal socio a
favore della società non possa in nessun caso eccedere quanto praticato usualmente sul
mercato in situazioni analoghe, né possa costituire strumento per lattribuzione
al socio di vantaggi, diretti o indiretti, derivanti dal controllo della società o
comunque strumento di discriminazione o di pregiudizio nei confronti degli altri soci;
c) i soci non possano deliberare aumenti di capitale dello spin off o la modifica
di previsioni statutarie a salvaguardia della partecipazione dell'"Università"
senza il preventivo consenso della stessa.
IV) Detti patti parasociali prevederanno, altresì, una opzione di vendita della
partecipazione dell"Università" nello spin off, esercitabile dalla stessa
allo scadere dei patti parasociali o, in caso di mutamento della compagine sociale, nei
confronti degli altri soci, ad un prezzo comunque non inferiore al valore nominale della
partecipazione. L'importo sarà determinato da un esperto indipendente al momento
dellesercizio dellopzione, tenendo conto del valore di mercato a tale data
dello spin off.
ARTICOLO 4
AUTORIZZAZIONE ALLUTILIZZO DEL LOGO
I) Agli spin-off dell"Università" è concesso lutilizzo
gratuito del logo dellUniversità di Bologna sulla base di un apposito contratto di
licenza che dovrà essere sottoscritto con l"Università" contestualmente
alla stipula dellatto costitutivo della società.
II) Il contratto di licenza prevederà, tra laltro, che lo spin off
garantisca e tenga manlevata e indenne l"Università" da qualsivoglia
responsabilità derivante dallutilizzo del logo, nonché le condizioni di anticipata
risoluzione o revoca della autorizzazione allutilizzo dello stesso.
III) Qualora l'"Università" cessi di essere socia dello spin off,
questultimo dovrà interrompere con effetto immediato qualsivoglia utilizzo del
logo.
ARTICOLO 5
PERMANENZA ALL'INTERNO DELLE STRUTTURE DELL'UNIVERSITA'
I) La permanenza degli spin off allinterno delle strutture dipartimentali
dell"Università" non potrà eccedere i 3 anni. Detto periodo potrà
essere prorogato una sola volta, a condizioni da definirsi, dal Consiglio di
Amministrazione dell"Università" su proposta del Comitato Smart e sentito
il Consiglio di Dipartimento, ricorrendo particolari ragioni di convenienza o
opportunità.
II) I rapporti tra l'"Università" e lo spin off saranno regolati da
apposita convenzione che disciplinerà l'utilizzo di spazi, attrezzature e personale,
nonché gli impegni di trasferimento tecnologico.
ARTICOLO 6
PARTECIPAZIONE DEL PERSONALE ALLE ATTIVITA' DELLO SPIN OFF
I) La partecipazione dei soci proponenti allattività dello spin-off
costituisce per l"Università" garanzia per la buona riuscita
delliniziativa, per il raggiungimento degli obiettivi prefissati e per la
salvaguardia della partecipazione stessa dell"Università". Pertanto, il
personale docente e/o ricercatore che proponga lattivazione di uno spin-off, deve
partecipare al capitale dello spin off e deve impegnarsi a non cedere per un periodo
minimo di tre anni dalla costituzione dello spin off la propria partecipazione in esso.
II) Il personale docente e/o ricercatore a tempo pieno proponente
lattivazione di uno spin-off ottiene lautorizzazione, con diritto al
mantenimento in servizio, allo svolgimento di attività retribuita a favore dello spin off
automaticamente per ciascun anno per effetto del rilascio dellautorizzazione di cui
al successivo articolo 8 .
III) Il docente e/o ricercatore socio a tempo pieno che abbia conseguito
lautorizzazione di cui al precedente comma e quello a tempo definito, possono essere
nominati componenti del consiglio di amministrazione dello spin off e possono prestare a
favore dello stesso la propria attività retribuita, purché non di lavoro subordinato, a
condizione che lo svolgimento di detta attività non si ponga in contrasto con il
regolare e diligente svolgimento delle proprie funzioni didattiche e di ricerca. Il
Preside della Facoltà di appartenenza del docente e/o ricercatore socio e il Direttore
del Dipartimento di afferenza vigilano sul rispetto di quanto qui previsto. Qualora venga
meno, per qualsivoglia motivo, la compatibilità tra lo svolgimento di detta attività a
favore dello spin off e le funzioni didattiche e di ricerca, su semplice richiesta
dell"Università", il docente e/o ricercatore socio, a meno che non chieda
di essere collocato in aspettativa senza assegni, deve immediatamente cessare lo
svolgimento dellattività a favore dello spin off, salvo in ogni caso il diritto di
conservare la propria partecipazione sociale.
IV) Per il periodo di permanenza degli spin off allinterno delle strutture
dipartimentali dell"Università", il docente e/o ricercatore socio può
assumere la carica di amministratore delegato o presidente della società previa delibera
del Senato accademico, tenuto conto della compatibilità, nel caso specifico, della
funzione di amministratore delegato o presidente con il regolare e diligente svolgimento
delle funzioni didattiche e di ricerca.
V) E fatto espresso divieto allo spin off, e al personale docente e/o
ricercatore che partecipa allo stesso, di svolgere attività in concorrenza con quella di
consulenza e ricerca per conto terzi di cui allart. 66 del D.P.R. 11.7.1980 n. 382
svolta dal dipartimento in favore di enti pubblici o privati.
VI) Il personale docente e/o ricercatore a tempo pieno che, successivamente alla
costituzione di uno spin off, intenda partecipare alla compagine sociale svolgendo
attività retribuita a favore dello stesso, deve chiedere agli organi competenti
l'autorizzazione secondo le procedure di cui al successivo art. 8. Il rilascio di tale
autorizzazione consente di estendere al nuovo socio le disposizioni di cui ai commi
precedenti del presente articolo.
VII) Il personale tecnico-amministrativo può svolgere a favore dello spin off
attività non retribuita o attività retribuita purché meramente occasionale, al di fuori
dellorario di lavoro e previa autorizzazione del dirigente del personale, sentito il
Direttore della Struttura relativamente alla compatibilità dello svolgimento di attività
in favore dello spin off con quelle proprie della funzione istituzionale.
Il personale tecnico amministrativo può essere, altresì, nominato componente del
consiglio di amministrazione dello spin off su designazione
dell"Università" ovvero a seguito di nomina assembleare, purché ciò
risulti compatibile con lesatto e puntuale svolgimento delle sue mansioni a favore
dell"Università", secondo quanto verificato, di anno in anno, dal
responsabile della struttura di appartenenza.
VIII) I titolari di assegni di ricerca ed i dottorandi di ricerca possono svolgere
a favore dello spin off attività retribuita o non, previo parere del tutor, su
autorizzazione rispettivamente del Consiglio di Dipartimento e del Collegio dei Docenti
del Dottorato.
Gli allievi dei corsi di specializzazione medica possono svolgere a favore dello spin off
attività retribuita o non, purché l'attività prestata non sia in qualunque modo
riconducibile all'ambito sanitario ed al di fuori dellorario di lavoro.
IX) Il personale docente e ricercatore a tempo pieno, il personale tecnico
amministrativo che partecipi a qualunque titolo allo spin off deve comunicare
all"Università", al termine di ciascun esercizio sociale, i dividendi, i
compensi e le remunerazioni a qualunque titolo percepiti dallo spin off. La
remunerazione per lattività a qualunque titolo prestata dal socio a favore della
società non può in nessun caso eccedere quanto praticato usualmente sul mercato in
situazioni analoghe, né deve costituire strumento per lattribuzione al socio di
vantaggi, diretti o indiretti, derivanti dal controllo della società o comunque strumento
di discriminazione o di pregiudizio nei confronti degli altri soci.
X) L"Università" provvede alla verifica del rispetto di quanto
previsto nel presente articolo, anche mediante richiesta di informazioni scritte allo spin
off. Lo spin off è tenuto a fornire le informazioni richieste entro 30 giorni dal
ricevimento della richiesta.
ARTICOLO 7
PROPRIETA INTELLETTUALE
I) La proprietà intellettuale dei risultati della ricerca svolta dallo spin off è
della nuova società. Spetta, tuttavia a favore dell"Università" licenza
gratuita e perpetua, senza diritto di sublicenza.
ARTICOLO 8
PROCEDURA DI COSTITUZIONE DELLO SPIN OFF
I) Il progetto per l'attivazione dello spin off è sottoposto al Consiglio di
Amministrazione dellAteneo e al Senato Accademico che, su parere del Comitato Smart,
sentito il Consiglio di Dipartimento che ospiterà la nuova iniziativa e del Dipartimento
di afferenza dei proponenti, dovranno autorizzare, ciascuno per quanto di rispettiva
competenza, la costituzione dello stesso indicando la quota di capitale che risulterà
sottoscritta dall"Università".
II) Prima dellinizio dellattività la nuova società è iscritta
allAlbo degli spin-off tenuto dall"Università".
III) Il Consiglio di Amministrazione dell"Università" designa,
altresì, il componente del consiglio di amministrazione dello spin off riservato alla
nomina dell"Università". Tale rappresentante deve riferire al Comitato
Smart almeno una volta allanno sullattività dello spin-off.
ARTICOLO 9
SPIN OFF ACCADEMICI
I) Le società, al capitale delle quali l"Università" non
partecipa, costituite o comunque partecipate dal personale docente o ricercatore, pur non
essendo disciplinate dal presente regolamento, dovranno rispettare le seguenti
disposizioni:
a) obbligo per il personale docente o ricercatore a tempo pieno che intenda prestare la
sua opera a favore di tale società di richiedere, per ciascun anno,
all'"Università" lautorizzazione al mantenimento in servizio o nel corso
di studio, sotto il vincolo del diligente svolgimento dell'attività didattica e di
ricerca;
b) obbligo per il personale docente o ricercatore di richiedere di volta in volta
l'autorizzazione a percepire compensi dallo spin off accademico, per l'attività svolta,
secondo quanto previsto dal regolamento di Ateneo sul conferimento di incarichi a docenti
e ricercatori a tempo pieno;
c) obbligo per il personale tecnico amministrativo di richiedere di volta in volta
lautorizzazione al dirigente del personale, sentito il Direttore della struttura
relativamente alla compatibilità dello svolgimento di attività a favore dello spin off
con quelle proprie della funzione istituzionale, a svolgere attività ed a
percepire compensi dallo spin off accademico secondo la disciplina di cui all'art. 6 comma
7.
d) obbligo per il docente / ricercatore a tempo definito del rispetto del regolare
e diligente svolgimento delle attività didattiche e di ricerca.
II) E fatto in ogni caso divieto al personale docente o ricercatore di
partecipare o prestare la propria attività a favore di società che svolgano attività in
concorrenza con quella di consulenza e ricerca per conto terzi di cui allart. 66
della legge 11.7.1980 n. 382 che il dipartimento di appartenenza svolga con enti pubblici
o privati.
Qualora venga meno, per qualsivoglia motivo, la compatibilità tra lo svolgimento di
detta attività a favore dello spin off e le funzioni didattiche e di ricerca, su semplice
richiesta dell"Università", il docente e/o ricercatore socio, a meno che
non chieda di essere collocato in aspettativa senza assegni, deve immediatamente cessare
lo svolgimento dellattività a favore dello spin off, salvo in ogni caso il diritto
di conservare la propria partecipazione sociale.
ARTICOLO 10
ENTRATA IN VIGORE E REGIME TRANSITORIO
Agli spin off già costituiti all'atto dell'entrata in vigore del presente regolamento
e ai quali partecipi l'Università, è riconosciuta la qualifica di spin off
dell'"Università" e ad essi si applicano le disposizioni del presente
regolamento dal momento della sua entrata in vigore. Essi devono adeguare i propri statuti
e patti parasociali a quanto qui previsto nel termine di sei mesi dall'entrata in vigore
del presente regolamento. Ove ciò non sia possibile , il Comitato Smart potrà proporre,
d'intesa con gli interessati, soluzioni ad hoc.
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Riceviamo dalla Prof.ssa Lilla CRISAFULLI, membro uscente del CdA, ricanditata |
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Ateneo di Bologna: presentate al Consiglio
"Linee guida del Bilancio di previsione 2009"
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Lilla Crisafulli
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LUCIANI: il documento, che pubblichiamo integralmente, ci prepara a capire cosa ci aspetta
nel 2009, in seguito alle decisioni finanziarie definitive del Governo, che ci auguriamo
siano ricondotte ad una sana ragionevolezza, per garantire agli studenti il diritto allo
studio, e alla scienza la continuità della ricerca.
Non ricordo di aver mai visto un documento così ragionato.
Mi duole, invece, rilevare che il documento taccia su DATI essenziali per capire da
dove si parte: quale è il saldo del bilancio assestato (che di regola va fatto in
ottobre), e quale la situazione di CASSA. E mi duole che la previsione di calo degli
studenti sia considerata come ipotesi realistica, perchè nulla è in cantiere in Ateneo
per contrastarla (eppure durante il mandato di questo Rettore, il calo totale è stato
vicino ai 20.000, quanto basta (in qualunque azienda normale) per presentare le dimissioni
subito (Lui, il suo Direttore amministrativo, e anche il Pro-rettore alla didattica).
Sarebbe anche potenzialmente importante conoscere:
1) Se si intravede qualche possibilità di ripresa del finanziamento privato della
ricerca, all'Ateneo, anche di seguito alle recenti disposizioni legislative di sgravi
fiscali.
Ma questo rilievo non è fatto alla Ragioneria, bensì al Responsabile della
ricerca, a parte che da tempo già avrebbe dovuto procurare entrate per la ricerca,
eliminando "privilegi" nell'Ateneo, che ostacolano questa forma di
finanziamento.
Esempi: a) l'ateneo trattiene una trattenuta (meglio dire tangente) esosa sui
proventi della ricerca, per conto terzi;
b) i cosiddetti "spin-off", imprese "agevolate" dall'Ateneo al
proprio interno, ci risulta siano divenuti (almeno alcuni) il bypass dei contratti di
ricerca per conto terzi, vale dire il modo (dei ricercatori) per ricevere finanziamenti
privati allo scopo di scansare la tangente (per, magari, pagarne un'altra, meno pesante,
di cui al punto a).
2) Se sono prevedibili ricadute sul bilancio di medio-termine, come conseguenza del
fatto che l'Ateneo (in relazione ai rilievi dello Stato sulla proliferazione delle sedi)
vuole affrontare il problema del finanziamento della Romagna (responsabilizzando lo Stato,
non fuggendo), della cui drammatica situazione abbiamo saputo, dai suoi dirigenti
amministrativi;
3) Altra domanda che gira: è vero che le donazioni finanziarie all'Ateneo vanno a
destinazione, solo dopo aver subito una trattenuta, a favore del personale
dell'Amministrazione centrale ? NL |
Fonte: Ateneo. LINEE GUIDA PER IL BILANCIO DI PREVISIONE per il 2009
Finalità: Definire,
secondo le previsioni regolamentari, le linee programmatiche per la gestione finanziaria
dellUniversità, in attuazione degli obiettivi strategici 2007 2009, degli
interventi per il riequilibrio finanziario e delle risorse stimabili, tenendo conto dei
vincoli di finanza pubblica.
Premessa
I principali elementi conoscitivi e finanziari per lelaborazione delle linee
guida al bilancio di previsione 2009 sono stati esaminati dalla Giunta dAteneo (21
luglio 2008) Primi elementi conoscitivi e finanziari per lelaborazione delle
linee guida al bilancio 2009.
Il Magnifico Rettore ha presentato le principali scelte della manovra di finanza pubblica
di giugno ai responsabili didattici, scientifici e di servizio dellAteneo (23 luglio
2008).
Riferimenti normativi di Ateneo
Revisione annuale Piano Strategico di Ateneo 2007-2009
La Giunta di Ateneo (16 giugno 2008), il
Consiglio dAmministrazione (8 luglio 2008) e il Senato Accademico (15 luglio 2008)
hanno approvato la revisione annuale del Piano Strategico 2008 e i giudizi di priorità
formulati per le linee dazione.
Tutte le linee di azione, in quanto inserite nel Piano Strategico, sono prioritarie per la
realizzazione degli obiettivi strategici di Ateneo; tuttavia sono state individuate le
priorità giudicate essenziali per la realizzazione di tali obiettivi, identificandole
come priorità 1 per differenziarle da tutte le altre (contraddistinte come
priorità 2).
Per le linee di azione a priorità 1 gli Organi Accademici hanno confermato
lopportunità di presidiarne la realizzazione, assumendo limpegno di:
- mantenere
almeno immutate le assegnazioni di risorse finanziarie e umane per le linee di azione
avviate nei tempi programmati per le quali non si ravvisano situazioni di criticità
(valutazione verde);
- convogliare
eventuali risorse umane e/o finanziarie disponibili per la Programmazione Strategica sulle
linee di azione che presentano ritardi rispetto ai tempi originariamente programmati o
altre criticità (valutazione gialla o rossa), per renderne possibile la realizzazione o
il completamento.
Il Senato Accademico ha raccomandato che
l'argomento fosse riportato all'attenzione del Consiglio di Amministrazione con proposte
finalizzate allindividuazione di possibili soluzioni per legare il piano strategico
a elementi di valutazione finanziaria.
In allegato è disponibile il documento di revisione annuale del Piano Strategico di
Ateneo 2007-2009 (Allegato 1).
Documento del gruppo di lavoro sugli interventi di riequilibrio finanziario
Consiglio di Amministrazione del 20 giugno 2007
Il documento ha approfondito il quadro informativo sullevoluzione pluriennale
delle principali componenti del bilancio ed ha indicato diverse misure per riequilibrare i
saldi di bilancio nel triennio 2007-2009 e nel medio
- lungo periodo (2007-2016).
Si ricorda che le principali misure per il riequilibrio finanziario si articolano in:
- gestione
integrata della liquidità
- finanziamento
in conto capitale della manutenzione straordinaria
- revisione
del piano edilizio
- cessioni
immobiliari
- prelievo
straordinario
- incentivi
al prepensionamento.
Le misure elaborate per il recupero di efficienza e lincremento delle entrate
prevedono:
- recupero
di efficienza nella gestione dei programmi edilizi
- recuperi
di efficienza nelle partecipazioni
- integrazione
organizzativo-gestionale nelle strutture didattico-scientifiche
- recuperi
di efficienza nei sistemi informativi
- recuperi
di efficienza nelle strutture di servizio
- recuperi
di efficienza nella didattica
- incentivazione
delle attività su commissione.
Il Direttore Amministrativo segnala che il documento è stato stilato nel 2007 e quindi
potrebbe essere aggiornato alla luce delle misure già attuate, riformulato o integrato
con eventuali ulteriori misure aggiuntive.
Stima delle entrate
I criteri generali utilizzati per la stima delle entrate sono stati i seguenti:
- Fondo di
Finanziamento Ordinario: la previsione complessiva di 381,49 milioni di euro, risulta
composta dalla quota consolidabile 2008 pari a 365,9 milioni di euro e da 15,52 milioni di
euro relativi alla copertura dei maggiori oneri per il personale e per i rinnovi
contrattuali (Ministeriale 977 del 1° luglio 2008).
La
stima è stata fatta considerando i seguenti elementi:
* la quota
prevista nel bilancio dello Stato per il 2009 per il Fondo sarà ridotta rispetto allo
stanziamento del 2008 (63,5 milioni secondo il D.L. 112 del 25 giugno 2008 convertito con la
Legge 133 del 6 agosto; nel disegno di legge della finanziaria 2009 tabella C cap.
1694 - il confronto tra lo stanziamento 2008 e la previsione 2009 evidenzia una riduzione
di 134,12 milioni di euro);
* lassegnazione
provvisoria 2008 dellAteneo di Bologna è ad oggi pari a 396,8 milioni di euro;
- Fondo per
la programmazione triennale: la quota prevista di 2,99 milioni di euro, ridotta rispetto
ai 4,3 milioni di euro ricevuti nel 2008, considera la riduzione dello stanziamento
globale previsto nel bilancio dello Stato (comprensivo delle quote destinate alle
Università non statali) e ipotizza una percentuale di assegnazione sul totale uguale a
quella del 2008 (4,7%);
- Contribuzioni
studentesche: la stima di massima di circa 100 milioni di euro complessivi ha tenuto conto
dellapplicazione dei nuovi importi delle singole contribuzioni per la.a.
2008/2009 (delibera del Consiglio di Amministrazione del 10 giugno 2008) e della prevista diminuzione
del numero degli iscritti (stimata al -8% complessivo), distribuita in modo non
uniforme tra le diverse Facoltà, i diversi corsi di studio e le diverse sedi
territoriali.
Indicativamente,
come per gli esercizi precedenti, si prevede di destinare una quota pari a 2,34 milioni di
euro alla copertura dei contratti a tempo determinato (2,12 ml di euro) e alle
collaborazioni coordinate e continuative (0,22 ml di euro).
Unulteriore
quota di massima di circa 1,5 milioni di euro dovrà essere destinata a progetti
riguardanti servizi per gli studenti, che dovranno essere elaborati dalle Commissioni
Didattiche di Facoltà previo parere del Consiglio Studentesco, come deliberato dal
Consiglio di Amministrazione del 10 giugno 2008, in sede di definizione dellimporto
delle contribuzioni studentesche per la.a. 2008/2009.
La delibera prevede:
Il Consiglio di Amministrazione delibera: (omissis) .... la destinazione
dellintero importo derivante dalla differenza tra il 6% ed il 3,3% (pari al 2,7%) a
progetti, da elaborarsi a cura delle Commissioni Didattiche di Facoltà, volti a dare
impulso ai servizi offerti agli studenti, con indicazione di priorità per quelli
rispondenti allesigenza di garanzia di servizi didattici primari ed essenziali. Su
tali progetti verrà acquisito il parere del Consiglio Studentesco.
Infine una quota stimata in circa 0,4 milioni di euro dovrà essere destinata alle
Facoltà che hanno attivato corsi di laurea internazionali che rilasciano titoli doppi o
congiunti, corsi di laurea Erasmus Mundus (delibera del Consiglio di Amministrazione del 8
luglio 2008);
- Alienazione
di beni patrimoniali: sono in corso le procedure per lalienazione di Villa
Guidalotti, in attesa dellautorizzazione del Ministero dei Beni Culturali per un
valore di 1,84 milioni di euro e del Podere Casino a Granarolo, per il quale oltre
allautorizzazione si attende anche la variante PRG dal Comune per un valore previsto
di 1,05 milioni di euro. Il Direttore Amministrativo segnala che gli Organi Accademici
dovranno probabilmente valutare in corso di esercizio la possibilità di alienazione di
Villa Levi situata a Coviolo (Reggio Emilia), per un valore stimato di 7,7
milioni di euro (stima dellAgenzia del Territorio del dicembre 2007).
- Mutui:
limporto iniziale previsto per il 2008 è stato incrementato di 4,5 milioni di euro
per un contributo allASL per la costruzione del Padiglione G dellOspedale
Bellaria;
- Interessi
attivi: la quota stimata di 1 milione di euro in netta diminuzione rispetto ai 2,83
accertati nel 2008 deriva dal previsto rientro in tesoreria unica delle disponibilità
statali assegnate allAteneo (art. 77-quater, decreto legge 112/2008, convertito
dalla legge 133/2008) che opera a partire dal 1 gennaio 2009 e farà confluire i
trasferimenti ministeriali in un conto infruttifero presso la Banca dItalia. Gli
interessi maturati nel consuntivo 2005, ultimo anno prima dell'uscita dalla Tesoreria
Unica, ammontavano a circa 285 mila euro; è tuttavia prevedibile un periodo di
transizione che consentirà la maturazione di ulteriori interessi;
- Altre
entrate: per tutte le altre voci di entrata è stato considerato come riferimento
limporto accertato nel 2007 oppure al 13 ottobre 2008 se di importo superiore.
I risultati delle stime sono rappresentati in modo analitico nei prospetti allegati.
Stima delle spese
I criteri generali utilizzati per la stima delle spese sono stati i seguenti:
- dotazione
per la didattica: importo deliberato dal Consiglio di Amministrazione del 27 maggio 2008,
che costituisce un impegno verso le Facoltà;
- borse di
dottorato di ricerca: è stato previsto un incremento complessivo di spesa in relazione
allaumento dellimporto lordo annuo di ogni borsa, disposto dal D.M. 18 giugno
2008 e di quanto deliberato dal Consiglio di Amministrazione del 22 luglio 2008 in merito
al XXIV ciclo a.a. 2008/2009. La delibera prevede:
Il Consiglio di Amministrazione dispone che (omissis) ... siano individuate
(in sede di previsione di bilancio per il prossimo esercizio) idonee modalità per
assicurare, sotto il profilo finanziario, che anche per lanno 2009 si possa
confermare il numero di 289 borse da ripartire alle Scuole di Dottorato;
- indennità
di funzione e gettoni di presenza: limporto previsto rappresenta la spesa del 2007
ridotta del 30% come disposto dallart. 61 comma 1 del D.L. 112/08;
- personale
docente, ricercatore e tecnico amministrativo: la stima è approssimativa in quanto gli
uffici non dispongono ancora dei dati relativi al turnover e non ci sono certezze
normative sullabolizione del periodo fuori ruolo.
La stima per docenti e ricercatori tiene conto:
- dellaumento
stipendiale 2009 nella misura del tasso di inflazione programmato pari all1,5%;
- delle
probabili assunzioni 2008 derivanti dalle prime 3 tornate 2008 e precedenti (sono invece
esclusi i punti di budget resi disponibili e non utilizzati dalle Facoltà nonché quelli
derivanti dal 25% delle cessazioni 2006/07 e non sono state imputate assunzioni sul 2009);
- delle
cessazioni per raggiunti limiti di età sia per il 2008 che per il 2009 considerando
vigente labolizione del periodo fuori ruolo;
- delle
cessazioni per motivi diversi dai limiti detà stimate in 67 unità per il 2009.
La stima per il personale tecnico amministrativo, in cui non sono compresi i dirigenti di
ruolo, tiene conto:
- dellaumento
stipendiale 2009 nella misura del tasso di inflazione programmato pari all1,5%;
- del
personale in servizio a settembre 2008 integrato con le 60 assunzioni derivanti dal nuovo
protocollo di stabilizzazione (non considera ulteriori possibili assunzioni relative
allultimo trimestre 2008 e allanno 2009);
- delle
cessazioni per raggiunti limiti di età.
Inoltre è stata prevista per la decentrata una quota di 8,29 milioni di euro pari
allimporto certificato dai Revisori per il 2004 incrementato di 0,44 mila euro per
gli incrementi fissi previsti dal CCNL quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico
2006-2007, sottoscritto il 16 ottobre 2008, ridotto del 10% per effetto di quanto disposto
dallart. 67 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 convertito dalla legge 6 agosto 2008,
n.133.
In forza della manovra di giugno, sono stimabili restituzioni al bilancio dello Stato in
2,19 milioni di euro, di cui 0,92 milioni di euro relativi alla decurtazione del 10%
dellimporto 2004 per la decentrata (art. 67, comma 6), 0,78 milioni di euro a titolo
di differimento della progressione triennale (art. 69, comma 5) e 0,49 milioni di euro
relativi alla riduzione di spesa per organi collegiali e altri organismi (art. 61, commi 1
e 17).
Non sono stati ancora stimati i versamenti relativi allart. 61, commi 5-6 (riduzioni
di spesa per relazioni pubbliche, mostre, di rappresentanza e sponsorizzazioni), comma 8
(quota di retribuzione accessoria per progettazione di opere pubbliche) e allart. 46
bis (revisione dei distacchi, delle aspettative e dei permessi sindacali).
Infine, per quanto riguarda le spese di funzionamento, si segnala che per gli affitti e le
imposte e tasse si è considerato un incremento del 3,3% sullo stanziamento iniziale 2008,
pari al tasso di inflazione stimato per il 2009 (si tratta di una stima di massima, che
dovrà essere verificata in corso danno).
Per le utenze la stima di massima di 20,69 milioni di euro considera laumento dei
costi della materia prima e lincremento di circa 22 mila metri quadrati degli spazi
occupati dallAteneo.
Per tutte le altre voci si è assunto come vincolo di riferimento lo stanziamento iniziale
assegnato nel 2008 o quanto già disposto relativamente al 2009 dal Consiglio di
Amministrazione.
Gli elementi di politica finanziaria sono descritti nella relazione tecnica allegata.
I risultati delle stime sono rappresentati in modo analitico nei prospetti allegati.
La presentazione allegata prefigura la compatibilità finanziaria per il prossimo
esercizio finanziario attraverso linee guida per le entrate, le spese, il sostegno degli
investimenti e il pareggio di bilancio.
Proposta
Per recuperare la differenza tra entrate e spese stimata pari a 34,42 milioni di euro
e raggiungere quindi il pareggio nel bilancio di previsione, si propongono i seguenti
interventi:
- riconduzione
delle previsioni di spesa alle assegnazioni 2008, ridotte in via tendenziale del 10% (ad
eccezione delle spese per il personale, per le utenze, per le borse di dottorato di
ricerca e degli stanziamenti già deliberati per il 2009 dal Consiglio di Amministrazione
come ad esempio la dotazione di Facoltà per la didattica);
- riduzione
della previsione di spesa di 2,3 ml di euro per le borse di dottorato di ricerca,
garantendone la copertura con il riporto nel 2009 della prenotazione 2008 relativa ai
progetti PRIN 2008, a fronte della mancata emissione del bando 2008;
- riduzione
di 0,5 ml di euro della previsione del fondo di riserva;
- utilizzo
dellavanzo libero presunto 21,02 ml di euro, stimabile dal consuntivo 2008.
Si propone di prevedere un collegamento tra Piano Strategico e bilancio di previsione 2009
utilizzando la programmazione delle strutture (ad esempio per lAmministrazione
Centrale e i Poli gli obiettivi dirigenziali): molti degli obiettivi delle strutture sono
riconducibili alle linee di azione del Piano Strategico ed è quindi possibile pervenire
ad una quantificazione delle risorse finanziarie necessarie alla loro realizzazione.
Il nuovo applicativo Alma budget per la predisposizione del Bilancio di
Previsione 2009 contempla la possibilità di associare le richieste di spesa al Piano
Strategico e di indicare lobiettivo della struttura.
Le risorse finanziarie potranno essere correlate a obiettivi riconducibili alle linee di
azione del Piano Strategico, costituendo un elemento a supporto della formulazione del
Bilancio di Previsione 2009.
A completamento di tale informativa e nel caso di obiettivi non collegati al Piano
Strategico relativi ad attività istituzionali e gestionali di tipo continuativo la
valutazione di priorità della programmazione potrebbe avvenire in base alla coerenza
degli stessi rispetto al Documento sugli interventi di riequilibrio finanziario (Consiglio
di Amministrazione del 20 giugno 2007) e più
in generale in funzione del loro contributo al contenimento della spesa/aumento dei
finanziamenti, al miglioramento dellefficienza nellutilizzo delle risorse,
alla razionalizzazione, semplificazione e aggregazione delle attività e delle strutture.
Anche in questo caso lapplicativo Alma budget dispone di apposito campo
descrittivo in cui il responsabile della struttura potrà evidenziare la concorrenza
dellobiettivo di Ateneo al raggiungimento di tali finalità.
Si propone pertanto di procedere alle eventuali rimodulazioni rese necessarie dalla
riduzione del 10% dellassegnazione rispetto alla previsione iniziale 2008 in
funzione delle priorità sopra descritte.
La Giunta di Ateneo nella seduta del 20 ottobre 2008:
preso
atto della relazione dellUfficio in merito alle linee programmatiche per la gestione
finanziaria dellUniversità, in attuazione degli obiettivi strategici 2007-2009,
degli interventi per il riequilibrio finanziario e delle risorse stimabili;
- preso
atto della documentazione allegata di cui ai punti 1, 2, 3, 4;
- preso
atto che il tema in esame sarà nuovamente sottoposto alla Giunta di Ateneo, anche a
seguito dellespressione di parere da parte della Commissione Bilancio e
Programmazione;
ha apportato alcune modifiche alla rappresentazione dei dati, che sono già state recepite
nei documenti allegati.
La Commissione Bilancio e Programmazione nella seduta del 21 ottobre 2008
ha espresso apprezzamento per la chiarezza del documento, organizzato in macroaree
Ricerca, Didattica e Servizi agli studenti, Multicampus e Organizzazione -
che permettono agli Organi Accademici, fermo restando lequilibrio di bilancio, di
effettuare scelte politiche alternative e di differenziare, allinterno di ciascuna
macroarea, la riduzione del 10% delle spese.
La Commissione ha confermato di assumere le misure previste dal documento sul riequilibrio
finanziario e gli obiettivi strategici come principali parametri di riferimento per
programmare una significativa riduzione della spesa anche in chiave di efficienza,
efficacia e promozione della qualità al fine di garantire, in presenza di nuovi bisogni,
il contenimento complessivo per macroarea.
La Commissione ha suggerito di esplicitare la connessione tra gli effetti
dellattuazione delle misure di riequilibrio e le poste di bilancio, in termini di
minori spese e di maggiori entrate, in particolare di quelle dirette a promuovere la
valorizzazione delle attività e dei risultati rispetto allassegnazione di risorse
incrementali.
La Commissione ha proposto di procedere, attraverso percorsi e tempi definiti, alle
aggregazioni delle strutture di servizio, nelle diverse sedi territoriali, di verificare e
rinegoziare i rapporti con le strutture partecipate dallAteneo, di valutare le
proposte di bilancio rispetto ai benefici finanziari attesi secondo le stime pluriennali
del documento per gli interventi di riequilibrio finanziario.
Il Collegio dei Direttori di Dipartimento
nella seduta del 30 ottobre 2008 a conclusione del dibattito:
- ha
lamentato la ristrettezza dei tempi - come per altro e purtroppo è già avvenuto anche in
passato - coi quali si è dovuto procedere all'esame del documento proposto; ed ha
lamentato altresì la mancanza di un piano triennale di "Linee Guida" che
avrebbe consentito una visione più completa e più realistica dei problemi di bilancio e
una conseguente programmazione più responsabile;
- ha
chiesto un chiarimento rispetto alla dizione "non sono state previste assunzioni nel
2009" (slide n. 10; a questo proposito si chiede altresì un chiarimento circa la
validità della durata delle idoneità);
- ha
proposto infine:
1. che il taglio
alla voce Ricerca venga contenuto nella misura del 5% (e non del 10%), come segnale di
attenzione nei confronti di un settore particolarmente qualificante, nei confronti del
quale l'Ateneo ha indirizzato diverse scelte strategiche (si pensi solo alle Peer Review);
2. che - in
considerazione del blocco dei concorsi - all'interno dei fondi per la Ricerca siano
previste borse di studio e/o posti di Ricercatore a tempo determinato;
3. che il
capitolo relativo all'acquisizione delle risorse bibliotecarie elettroniche di
interesse interdisciplinare venga potenziato affinché le relative spese non gravino
prevalentemente sui Dipartimenti."
Il materiale è stato inviato al Comitato di
Coordinamento dei Poli della Romagna (28 ottobre 2008) e alle Rappresentanze Sindacali
Unitarie (30 ottobre 2008). |
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Ateneo di Bologna: avviato il procedimento per la
nomina di un nuovo Direttore Amministrativo.
Il Rettore, che scade l'anno prossimo, oltre a selezionare la Commissione, ne
farà parte come membro interno. Inoltre potrà concorrervi anche il personale interno.
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LUCIANI: un pastrocchio ..., ma approvato dal Consiglio di Amministrazione. Nella
chiesa cattolica il Vescovo viene sempre da fuori Diocesi, e questo è il solo
modo di garantire discontinuità.
La cosa è vitale per Bologna, dopo la crisi del bilancio dello scorso
anno a cui il Rettore non è estraneo, per le passate scelte in campo didattico e per
il crollo degli studenti.
Per questo non va bene, doppiamente, che il Rettore uscente stia in
Commissione per la selezione. |
L'attuale Direttore scade a dicembre del 2009. Il nuovo Direttore verrebbe nominato il 1
ottobre per la durata di 5 anni, con l'intesa che il "Fuori Ruolo" di 2 mesi
(per così dire) al Direttore attuale dovrebbe permettere una adeguata trasmissione delle
competenze e conoscenze a quello nuovo. Questo mi sembra criterio saggio.
La Commissione di selezione sarà "di pertinenza del Rettore, il
quale si avvarrà di esperti nazionali e, se del caso, internazionali. E' inoltre
importante prevedere, dice la delibera, la partecipazione del Rettore
stesso, nella funzione di membro interno."
Al riguardo, il Consiglio di Amministrazione è stato investito più volte
sulla questione del rinnovo, e mai si è capito il perchè di tanta tribolazione. Un
aspetto che rileva è l'idea di permettere anche al personale interno di concorrere per la
nomina.
Se è consentita una opinione personale, la chiesa cattolica è emblematica
per l'efficienza delle nomine: e qui il Vescovo viene sempre da fuori Diocesi. E' quanto
serve per un salto di discontinuità anche nel nostro Ateneo, anzi è
assolutamente necessario. E qui la mente corre alla "crisi del bilancio" dello
scorso anno, legato ad una straordinaria mala amministrazione, consistente nel fatto che,
a suo tempo, non sono stati opposti tempestivamente i limiti di bilancio all'eccesso di
lauree, di insegnamenti e di personale esterno a contratto. Il bilancio tocca
l'amministrazione, la didattica tocca il Rettore.
Per questo, che il Rettore uscente stia in Commissione non va bene. Per
me, può anche essere lui a scegliere il Direttore (diciamo pure, senza attendere il
successore), purchè tra una terna proposta da una Commissione "terza". Di
"membri interni" ne abbiamo già avuti abbastanza nelle
commissioni di concorso per professore universitario. NL |
Delibera del CdA del
30 09 2008 (verbale non ancora approvato).
AVVICENDAMENTO DEL DIRETTORE AMMINISTRATIVO. PROPOSTA
DEFINITIVA DEL JOB PROFILE
Il Presidente-Rettore ricorda a tutti i consiglieri
la configurazione del profilo da ricercare per il nuovo Direttore Amministrativo emersa
dal dibattito avvenuto nella seduta del 16 settembre scorso. Per precisione richiama il
riepilogo formulato al termine della discussione, opportunamente elaborato per
l'inserimento nel bando.
Innanzitutto nel bando dovrà essere richiamato il fatto che il
Direttore Amministrativo è una figura i cui compiti sono definiti sia dallo Statuto, sia
da norme di legge o di contratto, sia dal Piano Strategico di Ateneo.
Al fine di illustrare ai possibili candidati, sia pure in via generale, le
principali responsabilità e prerogative della posizione, si fa riferimento alla seguente
sintesi:
- generale attività di indirizzo, direzione e controllo per il personale T.A. ;
- attuazione dei piani, programmi e direttive generali definiti dagli OO.AA., con
particolare riferimento al Piano Strategico di Ateneo, al quale dovranno conformarsi, per
le parti di competenza, gli obiettivi annuali dirigenziali opportunamente integrati;
- collaborazione per l.individuazione delle risorse umane, finanziarie e
materiali da assegnare agli uffici e ai servizi di Ateneo;
- consulenza di tipo tecnico-amministrativo alle strutture didattiche,
scientifiche e di servizio ed espressione di pareri agli Organi Accademici circa
l'assegnazione di risorse alle stesse strutture;
- formulazione di proposte ed espressione di pareri al Consiglio di
Amministrazione circa l'attribuzione e la revoca di funzioni dirigenziali o assimilate
nonché circa le strategie gestionali coerenti con il rispetto delle norme e con i piani
di sviluppo dell.Ente;
- indirizzo, coordinamento e controllo dell'attività dei dirigenti degli
uffici e dei servizi centrali anche con potere sostitutivo in caso di inerzia di questi;
- adozione degli atti relativi all'organizzazione degli uffici e dei servizi
centrali nel rispetto delle strategie gestionali e degli obiettivi fissati dagli OOAA;
- collaborazione con i dirigenti delle strutture didattiche (Presidi e
Presidenti di Scuole) scientifiche (Direttori di Dipartimento e di Centri di Ricerca) e di
servizio (Direttori accademici e non) per una gestione ottimale delle risorse umane,
promuovendo una costante azione di coordinamento;
- esercizio della potestà disciplinare sul personale tecnico-amministrativo;
- adozione degli atti e dei provvedimenti amministrativi di competenza.
L'assunzione delle responsabilità derivanti dall'insieme delle norme e dei
Contratti Collettivi di Lavoro comporta che la persona da ricercare abbia competenze e
capacità riassumibili come segue:
COMPETENZE
- esperienza nella gestione di organizzazioni complesse e nella gestione e
soluzione dei conflitti, con particolare riferimento alla capacità di cogliere a tale
proposito le peculiarità di un'organizzazione che produce conoscenza;
- conoscenza approfondita del contesto europeo dell'Higher Education con
particolare riferimento all'ambito del knowledge transfer (cosìddetta terza missione.);
- conoscenza dei sistemi informativi;
- competenze relative alla gestione dei contratti;
- competenze relative alla gestione della contabilità;
- competenze relative alla gestione degli appalti;
- ottima conoscenza dei sistemi di finanziamento delle università ivi
comprese le forme di fund-raising;
- competenza in materia di contratti di lavoro e di relazioni sindacali;
- piena expertise sulla legislazione del settore.
CAPACITA
- visione d'insieme:
- autorevolezza e leadership;
- negoziazione e partnership;
- propensione all'innovazione;
- capacità di promuovere processi di gestione del cambiamento;
- capacità di gestione delle risorse umane e sviluppo del personale;
- capacità di lavoro di gruppo;
- capacità di problem solving;
- gestione dello stress.
E' indispensabile altresì una buona conoscenza della lingua inglese e
un'anzianità in ruoli apicali di almeno 10 anni.
Per quanto concerne la tempistica del bando, è emerso nella seduta scorsa
che, per tener conto delle precedenti decisioni in ordine alla concertazione tra il
Rettore in carica e il Rettore eletto, è opportuno adottare il seguente calendario:
- emanazione dell'avviso di selezione entro il mese di novembre 2008. Propone
che la pubblicazione avvenga integralmente sul Portale dell'Ateneo con inserzione di
trafiletto su Il Sole 24 Ore, Il Corriere della Sera, La Repubblica, The Economist, per
informare i Dirigenti che lavorano nelle istituzioni internazionali;
- selezione entro il mese di aprile/maggio 2009 con individuazione di una
rosa di candidati;
- consultazione con il Rettore che entrerà in carica dal 1 novembre 2009,
non appena possibile;
- presentazione della proposta in Consiglio di Amministrazione entro il mese
di luglio 2009;
- data di decorrenza dell'incarico dal 1 ottobre 2009.
Per quanto concerne la nomina della Commissione di selezione, essa è di
pertinenza del Rettore il quale si avvarrà di esperti nazionali e, se del caso,
internazionali. E' inoltre importante prevedere la partecipazione del Rettore
stesso, nella funzione di membro interno. |
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Ateneo
di Bologna: SENATO ACCADEMICO
Dato il "via" a numerosi
corsi di laurea in base al D.M. 270.
Il Convegno di Andrea Cammelli
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DUBBI SULLA EFFICACIA ECONOMICA DELLA SUA APPLICAZIONE
perchè non c'è nessun collegamento col "PIANO STRATEGICO"
(e che finisce per essere qualcosa che continua a girare a vanvera).
A mio avviso,
sotto il profilo dei costi che andranno a bilancio, l'Amministrazione avrebbe dovuto
fornire al Senato, ai fini dell'approvazione degli insegnamenti:
1) l'indicazione del numero prevedibile di esami per materia
(così da ammettere quelli rientranti in un determinato intervallo, da un minimo a un
massimo;
2) l'indicazione se l'insegnamento sarà coperto con docenti di ruolo o
per contratto;
3) la giustificazione delle materie frammentate, ossia con numero di
ore inferiore alla norma (60 ore).
Il caso di Ingegneria di Bologna
In attuazione della riforma delle
lauree, di cui al DM 270, il Senato ha approvato, per il 2008/09, i corsi di laurea
delle seguenti Facoltà : Agraria, Architettura, Economia di Forlì, Economia di Rimini,
Farmacia, Ingegneria, Seconda Facoltà di Ingegneria, Medicina Veterinaria, Psicologia,
Scienze MM.FF.NN., Scienze Politiche, Scienze Politiche "R. Ruffilli", Scienze
Statistiche, Scuola Superiore di lingue moderne per interpreti e traduttori.
E' diffusa l'opinione che l'attuazione della riforma sia stata approvata
senza la necessaria riflessione, sotto il profilo economico e finanziario. Questo rilievo
si collega alla crisi del bilancio dello scorso anno, e dunque alla impreparazione
dell'Amministrazione dell'Ateneo, nel fare un vero piano strategico, che indichi i
parametri (non indicazioni morali di comportamento) di riferimento comune, perchè le
nuove scelte didattiche siano coerenti col quadro globale degli obiettivi e vincoli di
bilancio, nel rispetto dell'autonomia delle Facoltà.
Già si è rilevato in precedente nota che, in attuazione della precedente
riforma, gli insegnamenti erano passati, nell'Ateneo di Bologna nel complesso, da n.
14.124 nel 2000 (vecchio ordinamento) a n. 25.946 nel 2006 (nuovo ordinamento DM
509/1999). Questo aveva determinato il raddoppio dell'assunzione di docenti (professori a
contratto 3500 circa, oltre a quelli di ruolo, di numero grosso modo uguale), e del
fabbisogno di aule, ma anche la dequalificazione delle lauree (insegnamenti con conoscenze
un pò di tutto, ma poco in profondità, ed aggravio inutile di esami per gli studenti).
Per quanto riguarda la nuova riforma, il DM 270 vuole 20 esami in totale per
corso di laurea. Ma ahimè, non dice "esami" tout court, ma "esami o
verifiche", e questo ha aperto uno spazio a nuove smagliature (es. a verifiche
composte di più "esami").
Al momento non disponiamo di un quadro globale dell'Ateneo, ma solo della
Facoltà di Ingegneria. Qui il numero delle lauree rimarrà, grosso modo, come prima.
Invece, per quanto riguarda il numero degli insegnamenti (al netto dei
Laboratori), si passerà da 1054 (del DM 509) a 795 del DM 270. Ma rimangono troppi. In un
recente Consiglio di Facoltà c'è stata una severa denuncia
Questo è una modifica economica importante, sotto il profilo dei prevedibili
costi (ossia per la necessità di docenti e di aule). Mancano, invece, elementi importanti
per capire a fondo come andrà a finire sul bilancio. Qualche elemento ?
a) un insegnamento andrebbe attuato in base al numero degli studenti
iscritti: non meno di x (ad eccezione delle lauree di rilevanza strategica nazionale, come
la laurea di ingegneria elettrica), ma non superiore a y. In questo secondo caso sarebbe
necessario lo sdoppiamento;
b) l'insegnamento andrebbe coperto, in linea di principio, con un
professore di ruolo. Se non è possibile, la cosa va segnalata;
c) il vincolo dei 20 esami per laurea triennale (e dei 12 per laurea
magistrale) è un invito giuridico e morale all'accorpamento degli insegnamenti. Nella
Facoltà di Ingegneria rimarranno 176 insegnamenti con 30 ore (e anche meno), in luogo
delle ore 60 o più (che è la norma). Penso che la cosa dovrebbe essere motivata al
Senato. NL |
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IL CONVEGNO DI ANDREA
CAMMELLI
(29 maggio 2008 all'Università di Modena)
"La riforma permanente fra realtà e
percezioni"
(stralcio delle conclusioni*)
La stampa nazionale ha dato rilievo
a questo convegno che è un consuntivo relativo al passato ordinamento ex-DM 509, ma l'ha
fatto in modo da fare intendere che il nuovo DM 270 sarà la stessa cosa, e dunque motivo
per invocare il ritorno alle lauree di 4 e 5 anni. Ad es.:
- il Corriere della Sera, 9 giugno 2008, titolava sul convegno di A. Cammelli
del 29 maggio: "Laurea breve bocciata: ora serve la riforma",
"appello al ministro: è un liceo".
- A. Monti su "Il Sole-24ORE" del 9.6.08 titolava "Una riforma
ambigua" (il 270) che ignora gli studenti", e dentro l'articolo: "così gli
studenti saranno costretti a seguire gli stessi insegnamenti (del 509), anche se
formalmente non conteggiati o nascosti in esami plurimi". NL |
Andrea Cammelli,
Caratteristiche e performance dei laureati 2007
"Revisioni, modifiche in corso dopera, riforme delle riforme,
aggiornamenti e correzioni di rotta proseguono alacremente nel cantiere sempre aperto
delle riforme universitarie. Questa attività impegna la parte più sensibile e
interessata del mondo universitario, delle imprese e della società civile, mentre nel
Paese prevale lindifferenza o il disorientamento dei cittadini che, spesso, ne hanno
sentore solo per sentito dire. Dopo gli squilibri dovuti, fra laltro,
allaccelerazione impressa al processo riformatore fin dal suo avvio, quando nel 1999
la Dichiarazione di Bologna aveva ipotizzato un arco di tempo decennale per
laffermarsi dello Spazio Europeo dellIstruzione Superiore , aggiustamenti e
migliorie non sono mancati, assieme a qualche ripensamento e ad alcuni ritorni al passato.
In questo contesto è comprensibile come ogni tentativo di seria verifica "misurando
il misurabile e rendendo misurabile ciò che non lo è", come sosteneva Galileo
Galilei, diventi arduo, spesso frustrante, e finisca per confermare in chi ne diffida che
"ciò che veramente conta non può essere contato" , rafforzando così in
tanti la convinzione del primato assoluto della discrezionalità.
..
..
Alcune considerazioni conclusive
E stata analizzata, inizialmente, la qualità del capitale umano
complessivamente formatosi nelle università nel 2007, indipendentemente dalle sue diverse
componenti (laureati del vecchio ordinamento, di primo livello, specialistici,
specialistici a ciclo unico). Il quadro dinsieme mostra consistenti miglioramenti
(in parte attesi, come la riduzione delletà alla laurea, per esempio)
nellintervallo 2001-2007 ed anche fra i due anni più recenti.
Successivamente lattenzione è stata concentrata sulla popolazione in
via di stabilizzazione (quella dei laureati di primo livello che abbiamo definito
"puri"), la sola che consente valutazioni in grado di accertare lo stato
davanzamento reale della Riforma. La presentazione dei risultati ha tenuto conto di
un duplice punto di riferimento: quello delle caratteristiche e delle performance dei
laureati allavvio della riforma ed il confronto con quelle analoghe dellanno
passato. Il raffronto fra 2001 e 2007 mostra risultati di gran lunga migliorativi di
quelli del bilancio complessivo esaminati poco sopra. Il raffronto con lanno
precedente comera previsto, dato il processo di stabilizzazione della |
popolazione osservata è
contrassegnato, invece, dal ridimensionamento di quei valori che pure rimangono attestati
su livelli complessivamente confortanti.
Il Rapporto contiene ulteriori approfondimenti sui laureati specialistici e su quelli a
ciclo unico, così come su altri aspetti importanti degli studi universitari, ai quali si
rinvia.
In merito ai laureati di primo livello "puri" sembrano opportune
alcune sottolineature. La tendenziale crescita delletà alla laurea era, nel
contesto di stabilizzazione di cui si è detto, prevedibile. In ogni caso il suo
incremento fra il 2006 e il 2007 è stato piuttosto contenuto (da 24,2 a 24,5 anni), e
letà alla laurea si mantiene ben lontana dai 28 anni che hanno caratterizzato a
lungo i laureati italiani fino alla vigilia della riforma. A questo si aggiunga la
tendenza a crescere delletà allimmatricolazione.
La regolarità negli studi, la capacità cioè di completare il percorso formativo nei
tempi previsti dagli ordinamenti, seppure ridottasi rispetto a quella registrata
lanno precedente (erano risultati regolari 49,2 laureati su cento), continua a
riguardare quasi il 45 per cento dei neo-laureati: un valore ben superiore al 9-10 per
cento che caratterizzava il complesso dei laureati negli anni immediatamente precedenti
lavvio della riforma.
La frequenza alle lezioni rimane su valori elevati (molto più elevati di quanto
registrato fra i laureati pre-riforma): 70 laureati "puri" su cento hanno
dichiarato di avere frequentato regolarmente più del 75 per cento degli insegnamenti
previsti.
È evidente che il positivo affacciarsi alluniversità di giovani e di adulti
provenienti da fasce di popolazione meno favorite, associato ad unassidua frequenza
alle lezioni, sottolineano lurgenza di provvedere con il potenziamento di servizi di
Diritto allo Studio adeguati alla nuova domanda di formazione, a cominciare da una
politica per gli alloggi. Lapprofondimento effettuato sulle condizioni di vita e di
studio dei giovani laureati è al riguardo eloquente.
Lo studio allestero mostra per il secondo anno consecutivo timidi segni di ripresa
(anche se risulta assai più praticato fra i laureati specialistici), ma la flessione
avvenuta con lavvio della riforma rischia di escludere da questa importante
esperienza fasce consistenti di giovani, particolarmente fra quelli che provengono da
ambienti familiari meno favoriti.
Tirocini e stage riconosciuti dal corso di studi, moltiplicatisi nel passaggio fra il
vecchio e il nuovo ordinamento, lievitano ulteriormente ed entrano nellesperienza
formativa di 61 laureati su cento (tre punti percentuali più dellanno passato).
Questo testimonia limpegno delle università e la collaborazione con il mondo del
lavoro. Stage e tirocini sono stati oggetto di una approfondita verifica di qualità che
ha condotto a risultati complessivamente confortanti. Non va dimenticato che
allesperienza di tirocinio/stage si associa già un più elevato tasso di
occupazione (7 punti percentuali in più fra chi ha svolto uno stage durante gli studi
rispetto a chi non vanta unesperienza analoga, secondo lultima indagine
AlmaLaurea).
La valutazione ampiamente positiva dellesperienza universitaria portata a termine
permane su valori elevati nellopinione dei laureati. Si dichiarano decisamente
soddisfatti del corso di studio concluso 35 laureati su cento (ed altri 52 esprimono una
soddisfazione più moderata). Lapprezzamento per i docenti, seppure in aumento,
registra valutazioni più critiche. Un quinto dei laureati è rimasto decisamente
soddisfatto ed altri 65 su cento lo sono in misura più contenuta. La piena sostenibilità
del carico di studio degli insegnamenti è confermata dal 30 per cento dei laureati; per
altri 57 la sostenibilità è comunque riconosciuta, seppure non pienamente.
In questo quadro complessivamente incoraggiante resta linterrogativo sulla
compiutezza dellimpianto riformatore e sulla capacità di piena valorizzazione del
capitale umano fornito dalle università da parte del sistema paese. Linterrogativo
nasce dallampiezza della domanda di ulteriore formazione manifestata non solo
dall80 per cento dei laureati "puri" di primo livello (65 per cento,
cinque punti meno dellanno precedente, verso la laurea specialistica) e dal 74 per
cento dei laureati specialistici a ciclo unico, ma anche dal 43 per cento dei laureati
magistrali. Si tratta di un dato sul quale riflettere anche per scongiurare il rischio che
si affermi un sistema caratterizzato da unulteriore dilatazione dei tempi di
formazione per raggiungere le mète e gli obiettivi formativi più ambìti e più
competitivi che resterebbero così, in assenza di una diversa politica del diritto allo
studio, alla portata dei soli che possono permetterselo.
Alcuni osservatori hanno sostenuto che la riforma non viene apprezzata dal mercato e che
si assiste al drastico peggioramento non solo delle prospettive di occupazione dei
laureati di primo livello rispetto a quelli del vecchio ordinamento, ma che per i primi
peggiorano perfino la stabilità, la retribuzione e la qualità del lavoro. Il precedente
Rapporto AlmaLaurea ha dimostrato chiaramente linfondatezza di queste tesi,
evidenziando che quei risultati sono dovuti alla prosecuzione degli studi, verso la laurea
specialistica, di una quota rilevante di laureati di primo livello. Una parte dei quali
tenta di raggiungere lobiettivo, magari per la necessità di mantenersi agli studi,
coniugando studio e lavoro; unattività lavorativa che così specificata è
ovviamente meno stabile, meno retribuita, di minore qualità. Anzi a parità di
condizioni, come sè visto, i laureati triennali guadagnano di più."Fonte: http://www.almalaurea.it/info/convegni/modena2008/,
Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea |
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Il POLITECNICO DI MILANO NELLA BUFERA
Corte dei
Conti condanna il Direttore Amministrativo e il Predecessore
(indicati in sentenza con le sole iniziali del nome e cognome)
I motivi attengono ad un numero esorbitante
di nomine di alti dirigenti a
tempo determinato
Questa condanna ci porta a temere per Bologna (la cosa è
spiegata da una nota di Gianni Porzi)
e ci riporta alla urgenza della riforma dello Statuto di Bologna, nel senso
proposto da G. Cantelli Forti
(il Direttore Amministrativo non deve valere più del Rettore e dei Professori).
Ma a questo punto occorre guardare al nuovo rettore, in una logica
di alternanza del Gruppo dirigente.
No a candidati-rettori che si richiamano ai partiti e giù
le mani della politica locale, dall'Università. |
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Sentenza 169/2008 -
Responsabilità - 13/03/2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LOMBARDIA
composta dai Magistrati:
Giuseppe NICOLETTI Presidente
Antonio CARUSO Magistrato
Maurizio MASSA Magistrato relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 169/08
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 24122, del
registro di segreteria, ad istanza della Procura regionale per la Lombardia contro: A. D.
M. e M. C. T., rappresentati e difesi, giusta procure a margine delle distinte comparse di
costituzione e risposta depositate in data 8-11-2007, dall'avv. Mario Viviani ed
elettivamente domiciliati presso il suo studio in Milano, galleria S. Babila, 4/A; G. B.,
rappresentato e difeso, giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta
depositata in data 6-11-2007, dall'avv. Carlo Cerami ed elettivamente domiciliato presso
il suo studio in Milano, galleria S. Babila, 4/A; L. M. V. Collina, Al. C. e M. Ga. M
rappresentati e difesi, giusta procure a margine della comparsa di costituzione e risposta
depositata in data 8-11-2007, dagli avv.ti Riccardo Villata e Mauro Pisapia ed
elettivamente domiciliati presso il loro studio in Milano, via S. Barbaba, 30; A. B., F.
P., R. P., A. Z. R., M. F., V. L., P. P., M. P. P. in T., M. P., D. M., R. M., B. B. e
D. M. rappresentati e difesi, giusta procura a margine di due distinte comparse di
costituzione e risposta entrambe depositate in data 8-11-2007, dall'avv. Luigi Decio e
tutti elettivamente domiciliati presso il suo studio in Milano, p.zza Meda, 3; P. Z.,
rappresentato e difeso, giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta
depositata in data 7-11-2007, dagli avv.ti Gianfranco Di Garbo e Francesco Goisis e
elettivamente domiciliato presso il suo studio in Milano, p.zza Meda, 3; G. M.,
rappresentato e difeso, giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta
depositata in data 8-11-2007, dallavv.to lavv. Giovanni Monti e elettivamente
domiciliato presso il suo studio in Milano, Galleria San Babila, n.4/A; G., A., contumace. |
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SENTENZA PESANTE !
E IL NOSTRO ATENEO CHE ANNOVERA
BEN 16 DIRIGENTI A CONTRATTO
CONTRO 7 DI RUOLO ?
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Nota di Gianni Porzi, Membro del Senato
Accademico
In data 13 marzo 2008, la Corte dei Conti, Sezione
Giurisdizionale per la Regione Lombardia, ha condannato i due Direttori Amministrativi P.
Z. e G. M. al pagamento in favore del Politecnico di Milano rispettivamente di Euro 850.567,35
e 370.739,60, oltre la rivalutazione monetaria e interessi legali dal
deposito della sentenza al saldo effettivo, per retribuzioni indebite pagate a 10
Dirigenti a tempo determinato.
La Corte ha condannato i due Direttori Amministrativi, come unici
responsabili, per aver conferito illegittimamente 10 incarichi dirigenziali a tempo
determinato poichè non è stato rispettato lart. 1 del DL 29 del 1993 e lart.
19, comma 5 bis, del DL 165 del 2001. Secondo la Corte dei Conti, la condotta illecita, in
quanto è stato violato il principio di prevalenza dei Dirigenti di ruolo sancito dalle
Leggi vigenti, è stata fonte di danno erariale. GP
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Visto latto introduttivo e letti gli altri
documenti di causa.
Richiamata la determinazione presidenziale del 26-1-2007 con la quale è stata fissata
ludienza per la trattazione del giudizio.
Uditi, nella pubblica udienza del 29-11-2007, il Primo Referendario relatore Dott.
Maurizio Massa, l'avv. Mario Viviani per i convenuti D.M e T., gli avv.ti Riccardo Villata
e Mauro Pisapia per C., C. e M., l'avv. Carlo Cerami per il convenuto B., lavv.
Giovanni Monti per M., l'avv. Luigi Decio per i convenuti B., P., P,. Z. R., F., L., P.,
P. T., P., M., M., B. e M.; l'avv. Gianfranco Di Garbo e Francesco Goisis per il
convenuto Z. ed il Pubblico Ministero in persona del Procuratore Regionale Dott. Domenico
Spadaro.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione depositato in data 18-1-2007 e
notificato:
-1) il 22-2-2007 a A. .D.M., nato a omissis; -2) il 6-2-2007 a M. C. T., nata a omissis;;
-3) l8-2-2007 a .P. Z. , nato a omissis;; -4) il 6-2-2007 a A. B., nata a omissis;;
-5) il 26-2-2007 a G. B., nato a omissis;; 6) a G. B., nato a omissis;, DECEDUTO; -7) il
19-2-2007 a F. P., nato a omissis;; -8) il 9-2-2007 a V. L., nato a omissis;;
-9) il 20-2-2007 a M. P. P. in T., nata a omissis;; -10) il 10-2-2007 a P.P. nato a
omissis; -11) l8-2-2007 a M. P., nato a omissis; -12) il 12-2-2007 a B. B.,
nato a omissis; -13) il 6-2-2007 a D.M., nato a omissis; -14) il 7-2-2007 a R. M., nato a
omissis;; -15) il 14-2-2007 a A. Z. R.I, nato ad omissis; - 16) il 20-2-2007 a M. F., nato
a omissis; -17) il 12-2-2007 a D. M., nato a omissis; 18) il 17-2-2007 a G. A., nato
a omissis, contumace; -19) il 12-2-2007 a G. M., nato a omissis;; -20)
l8-2-2007 a R. P., nato a omissis; -21)il 15-2-2007 a A. C., nato a omissis;
-22) il 6-2-2007 a L. M. V. C., nata a omissis; -23) il 16-2-2007 a M.
G. M., nata a omissis;;
la Procura regionale ha convenuto in giudizio i signori sopra indicati, per sentirli
condannare al pagamento in favore del Politecnico di omissis, della somma
di Euro .1.288.017,59#, oltre a rivalutazione monetaria, interessi e spese di
giudizio, per il danno cagionato allEnte nella nomina di dirigenti a tempo
indeterminato.
Nellatto di citazione si deduce quanto segue.
Con esposto, pervenuto nel mese di marzo 2004, veniva denunciata lavvenuta
effettuazione, da parte del Politecnico di omissis (e di altre sedi), di
nomine di dirigenti a tempo determinato in violazione di norme nazionali e regolamentari.
Il Consiglio di Amministrazione dellAteneo, dopo avere approvato, in data 29
febbraio 2000, listituzione di 21 aree dirigenziali - che venivano portate a 24 in
data 29 ottobre 2002 - poco meno di un mese dopo, nella seduta del 21 marzo 2000, ebbe a
precisare che le 21 aree individuate non avrebbero potuto essere attivate
contemporaneamente, in quanto alcune di esse non presentavano ancora organizzazione e
complessità tali da potersi definire, allo stato, aree dirigenziali.
Nella seduta del 21 marzo 2000 venne approvato il Regolamento "per laccesso
alla qualifica di Dirigente e per il conferimento di incarichi dirigenziali a tempo
determinato" contestualmente allaffidamento, a far tempo dal 1.3.2000, di una
serie di incarichi dirigenziali a termine e, precisamente:
1 al Sig. D. C. Programmazione economica e gestione finanziaria;
2 al Sig. L. M. O. Risorse umane;
3 al Sig. C. L. Servizi Informatici;
4 alla Sig.ra L. C. G. Organi collegiali e collegamenti interni;
allAvv.to R. M. Ufficio legale;
5 allIng. G. S. Programmazione Sviluppo Gestione Edilizia.
LAvvocato M., a seguito di regolare concorso passerà, a far tempo dal 21 dicembre
2001, nei ruoli dirigenziali dellAteneo.
Nella seduta del 31.10.2000 fu deliberato lincarico dirigenziale
6 alla dott.ssa M. L. S., - diretta collaborazione con gli organi di vertice
dellAteneo - il cui incarico non venne, peraltro, rinnovato alla scadenza.
Nella seduta del 19 giugno 2001 fu deliberato laffidamento dellincarico
7 alla dott.ssa L. S. - area Applicazioni Informatiche amministrative e contabili -.
Nella seduta del 29 ottobre 2002 fu deliberato lincarico
8 al dott. M. R., area Contrattazione - Appalti,
9 al dott. .D. G., area Convenzioni e Società, così intestata dopo la ridefinizione e
lampliamento dellattuale divisione di Contrattazione Attiva,
10 allarchitetto R. L.- area pianificazione e gestione edilizia -,
11 al ragionier G. L. P. - area Pianificazione Fabbisogni e Approvvigionamenti -,
12 al Geom. V. L., area Logistica.
Nella stessa adunanza del C. di A. (29 ottobre 2002) ove le aree dirigenziali venivano
individuate nel numero di 24 veniva rinnovato lincarico dirigenziale a tempo
determinato allIng. F. P. (già affidatario di incarico dal 1.4.2001 al 31.3.2003)
con apposita lettera del Rettore in data 3 dicembre 2002 che testualmente stabilisce:
"lincarico (dirigente dellArea Applicazioni Informatiche di Ateneo e per
la Didattica) è rinnovato a decorrere dal 1 gennaio 2003 e con scadenza fissata al 31
dicembre 2006, previa risoluzione consensuale al 31 dicembre 2002 del precedente contratto
di lavoro in scadenza al 31 marzo 2003".
Nella seduta del 30 settembre 2003 venne deliberato lincarico del dott. A. M. - area
Programmazione, Organizzazione, Innovazione.
In data 6 giugno 2006, la Procura erariale emetteva invito a fornire deduzioni nei
confronti dei soggetti che in qualità di Direttori amministrativi, di componenti del
Consiglio di Amministrazione dellAteneo ovvero di membri del Collegio dei Revisori
dei conti del medesimo, deliberarono, nelle sedute, rispettivamente, del 21 marzo 2000, 29
ottobre 2002 e 30 marzo 2003, il conferimento delle funzioni dirigenziali contestate o,
quantomeno, nulla eccepirono circa tale conferimento, nellassenza dei presupposti di
legge e, per quattro incarichi, in violazione della normativa regolamentare interna.
Tali soggetti venivano identificati nei seguenti nominativi:
1) A.D. M.; 2) M. C. T.; 3) P. Z.; 4) A. B.; 5) G. B.; 6) G. B.; 7) F. P.; 8) V. L.; 9) M.
P. P. in T.; 10) P. P; 11) M. P.; 12) B. B.; 13) D. M.; 14) R. M.; 15) A. Z. R.; 16)
M. F.; 17) D. M.; 18) G. A.; 19) G. M.; 20) R. P..
Non veniva, peraltro, coinvolta nella presente vicenda la componente studentesca
dellOrgano collegiale di governo dellente, presente, anchessa, alle
sedute del Consiglio di Amministrazione approvative degli incarichi dirigenziali, perchè
non venivano ravvisati, in capo a costoro, profili di colpa oltrepassanti la soglia oltre
la quale si configura gravità della medesima, attesa la peculiarità e specificità delle
questioni allesame.
Linvito veniva notificato ai destinatari, i quali, eccezion fatta per P. Z. e M. F.,
producevano deduzioni scritte a difesa.
Con le deduzioni scritte, in data 24 luglio 2006, il Prof. Arch. R. P.E, afferma che,
nella seduta del 30 settembre 2003, il Consiglio di Amministrazione dellAteneo
avrebbe individuato, a suo dire "27 posizioni della Struttura dirigenziale delle
Macroaree e delle Aree":
In data 4 settembre 2006 lAmministrazione universitaria, trasmetteva, alla Procura,
la delibera del 30 settembre 2003 avente come oggetto una proposta di ristrutturazione,
intestata "Politiche del Personale tecnico amministrativo e progetto di
riorganizzazione struttura amministrativa", della quale il Consiglio di
Amministrazione si limitava a prendere atto.
Si affermava, tra laltro, che, "lorganigramma effettivo rappresenta le
Macroaree e le Aree che richiedono un immediato presidio dirigenziale" e che, una
volta reso operativo lorganigramma sarà necessario proseguire con azioni
indispensabili per rendere efficace il progetto, in particolare:
1) la definizione dei profili dei Dirigenti: definizione della posizione; valutazione
della posizione; definizione del profilo atteso e ricoperto (competenze professionali e
manageriali);
2) definizione del profilo dei Responsabili operativi: dei Centri, dei Poli ecc.;
3) definizione delle microstrutture: Servizi e relativi Responsabili;
4) definizione del profilo di ruolo per i Capi Servizi: definizione della posizione,
valutazione della posizione; definizione del profilo atteso e ricoperto (competenze
professionali e manageriali);
5) analisi delle competenze, delle procedure e dei processi.
Tutto ciò porterà a un sistema che consentirà di definire gli obiettivi, un sistema di
valutazione delle posizioni e dei profili e infine un sistema di valutazione dei
risultati, in modo rigoroso e con criteri rispondenti alle regole organizzative".
Il Consiglio di Amministrazione non ha dato seguito a tale proposta e nessun ulteriore
incremento delle aree risulta essere stato approvato.
Il C. di A., nella seduta del 27 maggio 2003 attribuiva, al dottor L. B., già dirigente
presso lUniversità di omissis un incarico dirigenziale per lArea delle
Biblioteche dAteneo, con contratto a tempo determinato per il periodo 1 ottobre 2003
- 31 dicembre 2006, nonché di funzioni di coordinamento e la gestione dellArchivio
e protocollo dellAteneo.
E, successivamente, nella seduta del 28 settembre 2004 veniva proposta ed approvata la
nomina a dirigente, per lArea Comunicazione e Relazioni Esterne, della dottoressa C.
P., già dipendente dellAteneo quale capo del servizio comunicazione della ridetta
Area.
In data 4 ottobre 2006, la Procura ha formulato istanza di proroga del termine per il
deposito della citazione accolta con ordinanza n. 5/06 in data 8 novembre 2006.
In data 13 ottobre 2006 la Procura emetteva ulteriore invito a fornire deduzioni,
integrativo del precedente, al fine di meglio definire ed approfondire i fatti di cui è
causa, in particolare le nomine effettuate dal C. di A. nelle sedute del 27 maggio 2003 e
del 28 settembre 2004, di altri dirigenti a tempo determinato, individuati nelle persone
dei dottori L. B. e C. P..
Latto veniva notificato ai soggetti che approvarono il conferimento degli incarichi
dirigenziali nonché ai Revisori dei conti presenti alle riunioni approvative, individuati
nelle persone di: 1) G. B.; 2) G. A.; 3) G. M.; 4) R. P.; 5) G. B.; 6) M. F.; 7) A. C; 8)
L. M.V.C., M. G. M. ; 9) 10) b.; 11) D. M.; 12) R. M.; 13) M.
P.; 14) P. P.; 15) M. P. P in T..
I sunnominati producevano deduzioni scritte a difesa, eccezion fatta per B., A., M., B. e
F..
In diritto lAccusa rileva che lAteneo ha provveduto alle nomine utilizzando il
Regolamento interno "per laccesso alla qualifica di dirigente e per il
conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato".
Ai sensi dellarticolo 10 del Regolamento, detti incarichi potevano essere conferiti
entro il limite del 50% dei posti di dirigente in organico dellAteneo, per cui con
laffidamento dellincarico al geom. L. sarebbe stato esaurito interamente il
contingente consentito, pari a 12 unità, essendo le aree dirigenziali allepoca
istituite 24.
Quello al geom. L. era lundicesimo incarico dirigenziale conferito che, unitamente a
quello di direttore amministrativo attribuito al dott. M., integrava il quoziente massimo
utilizzabile di 12 unità.
I 4 incarichi dirigenziali a tempo determinato, affidati, nelle sedute, rispettivamente,
del 29 ottobre 2002 allIng. F. P., del 27 maggio 2003 al dott. L. .B del 30
settembre 2003 al dott. A. M. e, successivamente, in quella del 28 settembre 2004 alla
dottoressa C. P., in violazione del limite numerico posto dal Regolamento, non potendo i
conferimenti a termine superare il contingente stabilito dal medesimo, sarebbero stati
illegittimamente deliberati e, quindi, i relativi emolumenti per il complessivo importo di
.715.197,41 in quanto illegittimamente corrisposti, avrebbero arrecato danno al
patrimonio dellUniversità.
La Procura individua una prima voce di danno arrecato al patrimonio dellAteneo negli
incarichi dirigenziali conferiti ai Signori P., M., B. e P., quantificato come segue:
P.: nellintero trattamento economico da questi percepito, rilevabile dal contratto
di conferimento delle funzioni dirigenziali (. 78.667,29 + . 36.151,98 =
. 114.819,27 annue) negli anni 2003 - 2004 - 2005, per il complessivo importo di
.344.457,81;
M.: nellintero trattamento economico da questi percepito nel 2004 e nel 2005, pari
ad .216.434,70;
B.: nellintero trattamento economico da questi percepito negli anni 2003 - 2004 -
2005, pari ad .132.696,55;
P.: nella differenza tra quanto effettivamente da lei percepito nellanno 2005 per
effetto della nomina, e quanto avrebbe percepito ove fosse rimasta nella qualifica
inferiore di appartenenza quantificato, dallamministrazione universitaria,
nellimporto di .21.608,35, per il complessivo importo di .715.197,41.
La seconda voce di danno deriva, ad avviso dellOrgano requirente dagli incarichi
conferiti ai signori 1- O.I, 2- C., 3- L., 4- C. G. 5- P. e 6- L. in violazione dei
principi sullassunzione dei dirigenti a tempo determinato e quantificabile nella
differenza tra quanto percepito dai summenzionati negli anni 2000 - 2001 - 2002 - 2003 -
2004 - 2005 - per effetto della nomina, e quanto avrebbero percepito ove fossero rimasti
nella qualifica inferiore di appartenenza, per il complessivo importo di
.572.820,18.
Il danno complessivo di .1.288.017,59 sarebbe addebitabile ai comportamenti
gravemente colposi dei componenti il Consiglio di amministrazione integrato con la
presenza dei Revisori dei conti che, nelle sedute del 21 marzo 2000, del 29 ottobre 2002 e
del 30 settembre 2003 e nelle sedute ove furono conferite le funzioni dirigenziali a B.
(del 27 maggio 2003) ed alla P. (28 settembre 2004), approvarono il conferimento degli
incarichi di che trattasi.
Particolare incidenza nei comportamenti causativi del danno è ravvisata dalla Procura
nelle condotte poste in essere dai Direttori amministrativi dott. P. Z. e dott. G.
M., i quali dovrebbero quindi rispondere, ad avviso del Requirente, del 50% del
complessivo danno causato al Politecnico dalle illegittime nomine,
ciascuno per la parte che vi ha preso.
Per il restante, il 40% andrebbe addebitato, ciascuno per la parte che vi ha preso, agli
altri componenti il consiglio di Amministrazione, individuati nei seguenti nominativi:
1) A. D. M.; 2) M. C. T.; 3) A. B.; 4) G. B.; 5) G. e L; 6) F. P.; 7) V. L.; 8) G.
A.E; 9) A. Z. R.; 10) M. F.; 11) R. P.; 12) A.C.; 13) L. M. V. C.; 14) M. G. M.. Il
residuo 10% andrebbe ripartito, limitatamente alla presenza alle riunioni approvative dei
conferimenti delle funzioni apicali, ai componenti il Collegio dei Revisori dei conti
dellAteneo (M. P. P. in T., P. P., M. P., B. B., D. M., R. M., D.
M.).
Per ciò che attiene alle responsabilità dei componenti di detto Organo, costoro, secondo
la Procura, avrebbero potuto rilevare, e non lo hanno fatto, lillegittimità ovvero
lirregolarità delle nomine che qui si contestano, in particolar modo - quelle
effettuate in violazione del quoziente posto dalla norma regolamentare - con riferimento
alla correttezza della gestione, posto che il controllo al quale erano tenuti non sarebbe
esaurito dalle verifiche di natura strettamente contabile, ma investirebbe la legittimità
e la correttezza dellintera gestione e di quegli atti che, per la loro rilevanza e
connotazione di generalità, sulla gestione direttamente incidono.
In conseguenza dei fatti sopra descritti la Procura chiede che la Sezione voglia
pronunciare la condanna dei convenuti al pagamento, in favore dellAmministrazione
universitaria, della complessiva somma, come sopra ripartita, di .1.288.017,59 oltre
rivalutazione monetaria, interessi e spese di giudizio, ciascuno per la parte che vi ha
preso.
Con memoria depositata il 7 novembre 2007, si è costituita la difesa del Dr. Z. eccependo
preliminarmente la prescrizione dellazione di danno erariale.
Sul punto la difesa ricorda che il dr. Z. ha cessato dallufficio di direttore
amministrativo del Politecnico il 31 dicembre 2002, e dunque non ha concorso alla
formazione delle delibere e degli atti successivi a tale data.
Inoltre la delibera di affidamento dellincarico ai sig.ri C., C. G., O. e L.i
risale al marzo 2000, quindi ogni pretesa di risarcimento del danno erariale rispetto a
questi rapporti dirigenziali sarebbe prescritta nel marzo 2005, mentre latto di
citazione è stato notificato solo il giorno 8 febbraio 2007, e lo stesso invito a dedurre
è stato notificato il giorno 13 giugno 2006, e quindi a più di un anno
dallavvenuta prescrizione.
Ad avviso della difesa, il dies a quo della prescrizione va individuato in quello di
approvazione della delibera che prevede lassegnazione dellincarico, o, al
più, in quello (peraltro immediatamente successivo), di stipulazione e venuta ad
efficacia del contratto di lavoro dirigenziale, e non in quello di concreto pagamento, nel
tempo, delle spettanze retributive.
Dunque la difesa ritiene che il danno conseguente alla delibera del 21 marzo 2000
(incarichi C., C. G., O. e L.) si è interamente prescritto nel marzo 2005.
La difesa nega che linvito a dedurre notificato nel giugno 2006 poteva costituire
"formale costituzione in mora ai sensi e per gli effetti degli artt. 1219 e 2943 del
Codice civile, nei confronti degli autori del danno".
Anche a non voler considerare la completa prescrizione dei danni conseguenti alle delibere
del marzo 2000, ossia a voler, ritenere che il dies a quo della prescrizione del danno
decorra da ogni singolo pagamento delle spettanze retributive, la pretesa erariale si
sarebbe interamente prescritta per i danni maturati fino al giorno 8 febbraio 2002
(rispetto alla notifica della citazione).
Ma anche a voler ritenere linvito a controdedurre capace di interrompere la
prescrizione, interamente prescritti sarebbero comunque i danni conseguenti alle
retribuzioni pagate ai dirigenti fino al giorno 13 giugno 2001.
Nel merito sul requisito della laurea per accedere allincarico di dirigente
pubblico, la difesa ricorda che lart. 19, d.lgs. 165/2001, prevede con chiarezza
come la formazione universitaria sia (solo) uno dei requisiti che possono essere tenuti
presenti nella selezione dei dirigenti. Non si tratta, cioè, di un titolo necessario.
Lincarico, difatti, può ben essere affidato anche a soggetti che abbiano maturato
le proprie specifiche competenze professionali altrimenti, ossia, per quel che qui più
interessa, sul campo, grazie alle pregresse esperienze professionali.
La difesa sostiene anche la riconducibilità al merito amministrativo delle decisioni del
Consiglio di Amministrazione e conseguente loro insindacabilità in sede giudiziale,
nonché linsussistenza e comunque mancata dimostrazione del presupposto soggettivo
della responsabilità amministrativa ed anzi la buona fede degli organi del Politecnico.
La difesa contesta la imputazione al convenuto, in quanto Direttore Amministrativo fino al
2002, del cinquanta per cento del danno erariale relativo agli anni 2000-2002, mentre agli
altri componenti del Consiglio di Amministrazione, che pure hanno egualmente deliberato,
in modo unanime, con identità di poteri e responsabilità, laffidamento degli
incarichi, solo il restante quaranta per cento, rimanendo il residuo dieci per cento a
carico dei revisori. Ciò sarebbe in contrasto con il disposto dellart. 24, del tu.
imp. civ. Stato, approvato con d.p.r. n. 3/1957.
La difesa inoltre deduce la non dannosità degli incarichi dirigenziali contestati, la
compensatio lucri cum damno e insta per lesercizio del potere di riduzione.
I danni che non ci sarebbero visto che è in realtà sarebbe pacifico che (anche) i
dirigenti non laureati abbiano bene ed efficacemente operato, specie in un momento di
poderosa crescita quantitativa e qualitativa dellAteneo è
Tale evoluzione dellAteneo (oggi ai vertici di tutte le classifiche relative alle
università italiane, e, per quanto riguarda le università tecniche, al quindicesimo
posto tra le europee e cinquantaseiesimo al mondo e allottavo con riguardo
allingegneria informatica rispetto a tutte le altre università del mondo) sarebbe
stata portata a termine con successo, anche grazie alla preziosa opera dei dirigenti non
laureati.
Anche nella ipotesi che gli incarichi dirigenziali in questione siano illeciti e dannosi,
secondo la difesa, non si potrebbe prescindere dal considerarne lutilità.
La difesa invoca lesercizio del potere riduttivo in ragione sia dellobiettiva
difficoltà di valutazione dei requisiti di liceità dellaffidamento di incarichi
dirigenziali, sia dellencomiabile servizio reso per tanti anni
allAmministrazione Universitaria dal dott. Z..
Con memoria depositata l8 novembre 2007, si è costituita la difesa di M., facendo
presente innanzi tutto che il convenuto ha preso parte esclusivamente alle sedute del C.d.A.
del Politecnico del 27.5.2003, del 30.9.2003 e del 28.9.2004, nelle quali sono
stati conferiti gli incarichi dirigenziali ai signori B., M. e P., e non anche alle altre
sedute del C.d.A. indicate dal Procuratore e, cioè, a quelle del 21.3.2000 e del
29.10.2002, nelle quali sono stati conferiti gli altri incarichi dirigenziali contestati
dal Procuratore.
Preliminarmente la difesa eccepisce la nullità dellatto di citazione per
genericità della domanda, in quanto non individua gli specifici incarichi -tra i numerosi
in contestazione- al cui conferimento avrebbe concorso il convenuto né specifica a quanto
ammonta il danno che viene ascritto al convenuto medesimo.
Nel merito la difesa deduce linfondatezza e la inammissibilità delle domande
attrici, per difetto di legittimazione passiva del convenuto con riferimento agli
incarichi dirigenziali conferiti con la deliberazione C.d.A. del 29.10.2002; la
legittimità degli incarichi dirigenziali conferiti con le deliberazioni C.d.A. del
27.5.2003. 30.9.2003 e 28.9.2004.
Tra gli incarichi dirigenziali conferiti, lAccusa ha computato anche quello del
direttore amministrativo che, secondo la difesa, non può essere computato, stante che il
ruolo e i compiti del direttore amministrativo sono peculiari e non assimilabili a quelli
dei dirigenti, tanto che trovano la propria disciplina in disposizioni normative diverse
da quelle che regolano gli incarichi dirigenziali a tempo determinato.
La difesa contesta lassunto della Procura secondo cui "la dirigenza nelle
amministrazioni pubbliche deve essere costituita, in maniera prevalente, da dirigenti di
ruolo", nega che con gli incarichi contestati sia stato superato il quoziente massimo
utilizzabile di 12 unità.
Quanto al "secondo ordine di danno" la difesa deduce la inammissibilità delle
domande attrici per difetto di legittimazione passiva del convenuto con riferimento agli
incarichi dirigenziali conferiti con le deliberazioni C.d.A. del 21.3.2000 e del
29.10.2002, e che comunque gli incarichi dirigenziali conferiti con le deliberazioni
C.d.A. del 21.3.2000 e 29.10.2002 sarebbero legittimi, perché nessuna delle disposizioni
primarie o secondarie richiede espressamente il possesso della laurea come requisito per
il conferimento dellincarico dirigenziale a tempo determinato,
mentre nella specie i dirigenti nominati possedevano i requisiti professionali previsti
dal ricordato art. 19, sesto comma, D.Lgs. n.29/l993 e dallart. 10 del Regolamento
dellAteneo, in quanto dai curricula prodotti, risulterebbe che gli stessi hanno
raggiunto unelevata professionalità nei rispettivi ambiti di competenza, ricoprendo
ruoli e svolgendo mansioni riconducibili a quelli propri dei dirigenti.
La difesa deduce anche il difetto di specifica prova dellesistenza di un effettivo
pregiudizio economico del Politecnico: leventuale illegittimità del conferimento
degli incarichi non sarebbe, infatti, di per sé causa di danno erariale.
La difesa ritiene che si deve tener conto dellutilità dellattività
positivamente svolta dai dirigenti incaricati e della spesa che il Politecnico avrebbe
comunque dovuto sostenere per far fronte alle esigenze soddisfatte con il conferimento
degli incarichi dirigenziali di cui si tratta.
La complessità della materia e la non univocità degli orientamenti interpretativi in
ordine al conferimento degli incarichi escluderebbe - infine - la sussistenza della colpa
grave nel comportamento tenuto dal convenuto.
Pertanto la difesa di M. conclude per dichiarare inammissibili tutte le domande attrici
per nullità dellatto di citazione e, comunque, dichiarare linammissibilità
delle suddette domande, per difetto di legittimazione passiva del convenuto, nella parte
in cui si riferiscono agli incarichi dirigenziali conferiti nelle sedute del C.d.A. del
21.3.2000 e del 29.10.2002; in subordine: assolvere il convenuto da tutte le domande
attrici per insussistenza di danno per il Politecnico di omissis e, comunque, per
insussistenza di colpa grave; in ulteriore subordine valutare lutilità che il
Politecnico di omissis ha tratto dalle prestazioni fornite dai dirigenti cui il C.d.A. del
Politecnico ha conferito gli incarichi di cui si tratta nelle sedute alle quali ha preso
parte il convenuto e compensare tale utilità con il preteso danno nonché avvalersi del
potere di riduzione diminuendo comunque limporto ascrivibile al convenuto.
Con distinte memorie depositate l8 novembre 2007, si è costituita la difesa del Dr.
D. M. e della Dr.ssa T. evidenziando preliminarmente alcuni fatti della vicenda.
Allinizio degli anni 2000, il Politecnico sì trovò ad affrontare lesigenza
di riformare lorganizzazione - immutata da decine di anni - delle attività
amministrative dellAteneo, dando ad essa nuova e più adeguata impostazione nella
fase di sviluppo e riassetto organizzativo e didattico che, a partire dalla fine degli
anni 90, aveva coinvolto tutte le strutture del Politecnico.
In quel periodo, il Politecnico di omissis ha aumentato il numero delle facoltà (passando
da due sole facoltà originarie a sei facoltà di Ingegneria, due di Architettura ed una
di Disegno Industriale); ha introdotto nuovi percorsi formativi secondo modelli europei
(quali i master annuali, istituiti nel 2001, i corsi di aggiornamento, iniziati nel 2000,
la scuola di dottorato, attivata nel 2000 ed i corsi di formazione tecnica integrativa,
introdotti nel 1999). Inoltre, sono stati creati i poli territoriali di formazione e
ricerca nelle sedi decentrate di omissis e di omissis (già nel 1998, di omissis e di
omissis (attivate nel 2002) e di omissis (attivata nel 2004) e sono state incrementate le
"attività commerciali" (come, per esempio, i corsi di formazione e di
aggiornamento per il personale di enti o aziende), accanto alle attivita didattica
tradizionale ed istituzionale in precedenza svolta in via esclusiva. Nello stesso periodo
il Politecnico ha sviluppato maggiormente le relazioni con le Università straniere e con
altri soggetti esterni, attraverso la stipulazione di contratti e di convenzioni di
ricerca con enti pubblici e privati sia italiani che stranieri nonché attraverso
listituzione di cattedre convenzionate.
La difficoltà delloperazione consisteva anche nellesigenza di cambiare
impianto organico in corsa, mentre cioè tutto doveva continuare a funzionare al meglio
introducendo e sostenendo le molteplici innovazioni. Rispetto al personale in servizio si
proponeva la duplice esigenza: di non mortificare le risorse disponibili (quelle di
dipendenti che avevano retto il peso di una struttura sempre più inadeguata riuscendo a
gestire al meglio lattività istituzionale) e di evitare che lintroduzione di
nuove risorse determinasse fenomeni di rigetto o di resistenza comprensibili in un momento
di evoluzione accelerata ma capaci di far fallire lintera operazione di
rivitalizzazione dellAteneo.
La difesa di D. M. e T. precisa le contestazioni considerando che i convenuti hanno preso
parte alla sola seduta del Consiglio di Amministrazione dellAteno omissis del
21.3.2000.
In primis deduce la nullità dellatto di citazione per assoluta genericità della
domanda nei confronti dei convenuti.
Il convenuto, avendo partecipato alla sola riunione del 21.3.2000, risponderebbe soltanto
di parte del suddetto preteso danno complessivo e di parte della seconda posta dello
stesso, per quanto cioè riguarda i soli incarichi temporanei conferiti con la
deliberazione del 21.3.2000 (a O., C., L. e C. G.).
Ma per quanto percepito dai dirigenti in questione dopo la scadenza (31.10.2002) degli
incarichi conferiti il 21.3.2000 il convenuto non risponde, ossia non risponde del rinnovo
degli incarichi.
Latto di citazione sarebbe pertanto nullo per genericità del petituni e dalla causa
petendi.
Nella specie, mancherebbe la spiegazione delle ragioni con cui sono state determinate le
diverse percentuali poste a carico dei convenuti e se il meccanismo della definizione del
danno per differenza tra retribuzione percepita e retribuzione nella qualifica precedente
valga parimenti per tutti gli incaricati (aventi tra di loro posizioni diverse) e se per
ciascuno degli incaricati si debba considerare la sommatoria di dette differenze negli
anni dal 2000 al 2005, nonostante che lincarico conferito con la partecipazione del
convenuto avesse durata temporale limitata.
La difesa eccepisce la prescrizione, totale o quanto meno parziale, dellazione di
responsabilità.-
Secondo la tesi difensiva linvito a dedurre non è stato idoneo ad interrompere il
decorso del termine di prescrizione, perché non possedeva, in concreto, gli elementi
richiesti dallart. 1219 c.c. mancando, in particolare, la espressa "intimazione
o richiesta di adempimento"
La difesa afferma la legittimità degli incarichi dirigenziali a termine conferiti con i
contratti di diritto privato approvati con la deliberazione del C.d.A. del 21.3.2000,
evidenziando che il Dipartimento della Funzione Pubblica ebbe a precisare, con nota del
14.5.1998, che "per il possesso" del requisito della "particolare
specializzazione professionale ... desumibile,.. da concrete esperienze di lavoro deve
intendersi laver svolto funzioni di elevata responsabilità in un ambito specifico,
assimilabile a quello che dovrà formare oggetto dellincarico connesso
allassunzione a termine".
La difesa pone in rilievo che si tratta di incarichi - ammessi dalla legge in via
derogatoria rispetto al sistema ordinario di reclutamento dei dirigenti - di natura
fiduciaria ed a tempo determinato nonché connotati dal contratto di diritto privato, con
la conseguenza che presupposti per il relativo conferimento non devono necessariamente
coincidere con quelli stabiliti in via generale per lassunzione a tempo
indeterminato con contratto di diritto pubblico.
I presupposti per laccesso ai posti di qualifica dirigenziale stabiliti
dallart. 28 D.Lgs. n.29/1993 (oggi dallart. 28 del D.Lgs. n.165/2001) - tra
cui il possesso della laurea- si riferiscono espressamente alla "qualifica dì
dirigente di ruolo" ed a tempo indeterminato; nel caso in esame invece il
conferimento dellincarico avviene con assunzione a tempo determinato e con contratto
di diritto privato.
La difesa deduce che molte Università, nel regolare le modalità per il conferimento di
incarichi dirigenziali a termine con contratto di diritto privato, non prevedono affatto
il requisito del titolo di studio, riconoscendo lidoneità anche del possesso di
adeguata e specifica qualificazione e preparazione professionale desumibile, in via
alternativa, dal curriculum formativo (e quindi dai titoli di studio conseguiti) o da
esperienze lavorative.
La difesa fa presente che il Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del
Consiglio, con nota del 20.9.2005, in risposta alla richiesta di chiarimenti avanzata dal
Politecnico di omissis "in ordine alle modalità attuative dellart. 19, comma
6, del D. Lgs. n. 165/2001" (che sostituisce, con analoga formulazione, lart.
19 del D.Lgs. n.29/2003), ha precisato che la scelta dellamministrazione "è
sostanzialmente libera, come si può dedurre dalla lettura della norma, nè in essa vi è
alcun riferimento alla necessità di operare una valutazione comparativa tra più
soggetti"
"il conferimento dellincarico ad esterni non è
subordinato allespletamento di procedure concorsuali di cui allart. 28 del
d.lgs. n.165/2001, o comunque selettive, ovvero di valutazioni comparative tra più
soggetti ugualmente idonei a ricoprire lincarico, in quanto il legislatore ha inteso
riservare un potere discrezionale nelloperare la scelta nei termini sopra descritti,
ritenendo fondamentale il criterio dell "intuitus personae".
Il Dipartimento della Funzione Pubblica, nel parere, precisa anche che "la fonte
regolamentare può specificare e modulare altrimenti il contenuto dei requisiti"
necessari per il conferimento degli incarichi di cui si tratta, anche "prevedendo,
ove ritenuto utile, forme di selezione o comparazione comunque di natura
privatistica". ., quella di subordinare il conferimento degli incarichi dirigenziali
a tempo determinato allo svolgimento di procedure selettive o comparative è una scelta
discrezionale delluniversità ma non costituisce certamente un obbligo.
Sulla base di queste argomentazioni la difesa sostiene che legittimamente il C.d.A. ha
previsto, allart. 10 del Regolamento citato, la possibilità di conferire incarichi
dirigenziali senza lo svolgimento di procedure selettive o comparative.
Nella specie i dirigenti nominati possedevano, ad avviso della difesa, i requisiti
previsti dallart. 19, sesto comma, D.Lgs. n. 29/1993 e dallart. 10 del
Regolamento dellAteneo.
Infatti, dai curricula prodotti, risulta che gli stessi avevano raggiunto unelevata
professionalità nei rispettivi ambiti di competenza, svolgendo attività obiettivamente
riconducibili a quelle proprie dei dirigenti.
La difesa ricorda che il Ministero del Tesoro ha, nella circolare del 14.4.2000, precisato
che la facoltà di ricorrere agli incarichi ex art. 19, sesto comma, D.Lgs. n.29/2003,
"può essere utilizzata", oltre che per introdurre nella p.a.
"professionalità nuove", anche "allo scopo di dare adeguato riconoscimento
a funzionari particolarmente preparati che, pur non avendo ancora conseguito il livello
dirigenziale, siano dotati della professionalità richiesta dalla norma e considerati in
grado di svolgere efficacemente un ruolo dirigenziale".
La difesa deduce quindi linsussistenza del danno e il difetto della prova del danno,
in quando si dovrebbe tener conto dellutilità dellattività positivamente
svolta dagli incaricati e considerare quale sarebbe stata la spesa da sostenere, comunque,
per far fronte alle esigenze soddisfatte con il conferimento degli incarichi dirigenziali
in questione.
Anzi, se la dirigenza fosse stata affidata a soggetti diversi da quelli in effetti
incaricati, la spesa complessiva sarebbe sicuramente cresciuta a fronte della retribuzione
tanto dei soggetti incaricati (seppure in misura minore) quanto dei nuovi dirigenti; e non
sarebbe affatto certo che le prestazioni sarebbero migliorate e/o aumentate.
La difesa ribadisce la peculiare esigenza del Politecnico di innovare sostanzialmente la
propria struttura organizzativa senza interrompere la continuità del servizio
amministrativo prestato, utilizzando le risorse presenti e al contempo integrandole e
potenziandole.
Sulla colpa grave la difesa pone in evidenza che quella fornita dalla Procura erariale è
solo uninterpretazione con riferimenti a pronunce (non giurisdizionali) successive
al febbraio ed al marzo 2000, uninterpretazione non consolidata o prevalente.
Ma secondo la tesi difensiva, nemmeno nella ipotesi di fondatezza
dellinterpretazione della Procura, potrebbe essere contestata la sussistenza della
colpa grave nel comportamento tenuto dai convenuti in occasione del conferimento degli
incarichi in questione, considerata la complessità della materia e la non univocità
degli orientamenti interpretativi al riguardo esistenti nella prima metà del 2000.
Anche considerando che ai due convenuti (un ingegnere ed un architetto) non poteva essere
richiesta una preparazione tecnica ed unesperienza così specifiche.
In considerazione di quanto sopra la difesa conclude:
-In via preliminare: dichiarare la nullità dellatto di citazione per genericità
del petitum e della causa petendi; nel merito: assolvere i convenuti da tutte le domande
attrici per insussistenza del danno a carico del Politecnico di omissis e, comunque, per
insussistenza di colpa (e, ad ogni modo, di colpa grave) nel comportamento tenuto dai
convenuti nella vicenda per cui è causa; in via subordinata: dichiarare
lintervenuta prescrizione dellazione esercitata dalla Procura regionale; in
ulteriore subordinata ipotesi: dichiarare lintervenuta parziale prescrizione;
valutare lutilità che lente ha tratto dalle prestazioni fornite dai dirigenti
e compensare tale utilità con il danno considerato con riferimento al solo primo incarico
temporaneo; avvalersi infine del potere di riduzione diminuendo comunque leventuale
importo residuo ascrivibile a carico del convenuto (dopo le deduzioni per le due
precedenti ragioni) sussistendone i presupposti.
Con memoria depositata l8-11-2007 si è costituita la difesa di G. B. deducendo in
primis la nullità parziale dellatto di citazione per genericità della causa
petendi.
Per gli incarichi conferiti ai signori P. e L. con delibera C.d.A. del 29.10.2002 era
stata prevista la scadenza al 31.12.2004 e, per lanno 2005, mancherebbe la prova e
la fonte dellincarico a detti signori e dunque, della responsabilità del convenuto
B.. Con riferimento allanno 2005, pertanto, la citazione sarebbe indeterminata,
mancando le ragioni poste a fondamento della relativa domanda con riferimento al preteso
danno per differenze retributive che sarebbero state illegittimamente percepite dai
signori P. e L..
La difesa sostiene la legittimità degli atti di conferimento, in particolare la
legittimità del numero degli incarichi conferiti a tempo determinato,
linsussistenza del danno e lutilità dellattività svolta dai dirigenti
e, comunque, la mancanza di prova, adducendo argomentazioni analoghe a quelle già esposte
nellesame delle altre tesi difensive.
Per cui la difesa chiede la riduzione dellimporto ascritto a carico del convenuto
B., tenendo conto a tal fine anche del danno che avrebbe potuto essere ascritto al prof.
M. nel frattempo scomparso e, in ipotesi di mancato accoglimento delleccezione di
nullità della citazione, detraendo anche il preteso danno da differenze retributive
riferibile agli incarichi dei signori P. e L. nellanno 2005.
La difesa nega comunque lelemento soggettivo della colpa grave.
In particolare, il convenuto - ingegnere aeronautico- non poteva avere una preparazione
tecnica ed unesperienza giuridica così specifiche.
La difesa eccepisce in fine la prescrizione dellazione di responsabilità.
La deliberazione del C.d.A. di conferimento degli incarichi ai signori L. M. O., D. C., C.
L. e L. C. G. risale al 21.3.2000, con la conseguenza che la relativa azione di
responsabilità avrebbe dovuto essere esercitata entro il 21.3.2005. Nella specie, invece,
latto di citazione è stato notificato al convenuto il 26.2.2007 e, quindi,
tardivamente secondo la tesi difensiva, quando era ormai maturata la prescrizione
dellintera pretesa di cui si tratta.
La difesa, anche nella ipotesi nella quale la Corte volesse far decorrere il termine di
prescrizione dellazione di responsabilità dal giorno dei singoli pagamenti, la
prescrizione sarebbe comunque intervenuta per i pagamenti effettuati prima del 26.2.2002
ovvero prima del 20.6.2001.
Pertanto la difesa conclude, nellinteresse del convenuto, G. B., in via preliminare
per accertare e dichiarare la nullità parziale della citazione per indeterminatezza e
genericità delle ragioni poste a fondamento della domanda, nel merito, assolvere il
convenuto da tutte le domande attrici per insussistenza dei necessari presupposti e
comunque per insussistenza di colpa grave nel comportamento tenuto dal convenuto stesso
nella vicenda per cui è causa, in subordine, valutare lutilità che lente ha
tratto dalle prestazioni fornite dai dirigenti e compensare tale utilità con il preteso
danno nonché avvalersi del potere di riduzione diminuendo comunque limporto
ascrivibile a carico del convenuto.
Con distinte memorie depositate l8 novembre 2007, si è costituita la difesa di A.
B., F. P., R. P., A. Z. R., M. F., V. L., P. P., M. P. P. in T., M. P., D. M., R.
M., B. B. e D. M. a, deducendo in via preliminare linammissibilità
dellazione per intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno,
quantomeno in riferimento ai primi conferimenti degli incarichi dirigenziali a tempo
determinato.
La difesa sostiene poi linfondatezza nel merito della domanda per carenza dei
presupposti oggettivi e soggettivi del comportamento dannoso sulla base di argomenti
sostanzialmente già esposti con riferimento alle altre difese.
Inoltre non sarebbero sindacabili nel merito le decisioni del consiglio
damministrazione, in quanto le istituzioni universitarie, hanno autonomia garantita
anche a livello costituzionale (artt. 33 u.c. Cost.), il che renderebbe inammissibile un
penetrante sindacato esterno sulle scelte organizzative discrezionali.
Nel caso di specie il C.d.A. dellAteneo, ritenendo necessaria la nomina dei
dirigenti in rapporto al particolare periodo evolutivo che la struttura universitaria
stava attraversando dal punto di vista organizzativo e gestionale, avrebbe assunto le
contestate deliberazioni in osservanza dei parametri quantitativi e qualitativi stabiliti
dal Regolamento interno.
Non sarebbe comprovata la sussistenza dellelemento psicologico in capo ai membri del
Consiglio dAmministrazione dellAteneo e del Collegio dei Revisori.
Proprio con riferimento alla delibera di assunzione di personale dirigenziale la difesa
nega la sussistenza dellelemento soggettivo in presenza della proposta motivata del
direttore amministrativo dellente ed in un contesto di rilancio dellente e di
ristrutturazione della sua dirigenza che faceva apparire, con valutazione ex ante
ragionevole e proceduralmente corretta la scelta operata.
Nel caso di specie, la difesa sostiene che il comportamento tenuto dai convenuti risulta
conforme alla normativa di riferimento ed allinterpretazione della stessa fornita
dagli organi ministeriali.
Da un lato ricorda che lo stesso Dipartimento della Funzione Pubblica ha escluso la
necessità sia di svolgere pubblici concorsi, sia di pretendere il possesso del diploma
dì laurea in capo al funzionario, qualificando la scelta dellamministrazione come
"sostanzialmente libera".
Laffidamento di incarichi dirigenziali a soggetti che, benché privi del predetto
titolo di studio, abbiano unadeguata preparazione professionale sarebbe una prassi
diffusa, adottata da tutti gli atenei nazionali e, talvolta, recepita a livello statutario
da alcune Università.
Nella ipotesi in cui dovesse ritenersi che i suddetti presupposti siano insufficienti a
fondare la buona fede dei convenuti, la difesa evidenzia che la colpa grave appare
difficilmente configurabile in presenza di una disciplina normativa dai caratteri
peculiari, quale quella in esame, e di un contesto interpretativo oscillante.
Con riferimento particolare alle deliberazioni assunte da organi collegiali, la difesa
ritiene rilevante ponderare in maniera specifica e differenziata il grado di colpevolezza
(e, sotto il profilo oggettivo, la diversa efficienza causale nella verificazione
dellillecito) di ciascuno dei componenti il collegio.
Per cui anche in ipotesi di responsabilità derivante da deliberazione collegiale
sarebbero distinguibili ed autonomamente valutabili i singoli comportamenti dei componenti
dellorgano collegiale, distinguendo il rispettivo grado di colpa dei singoli membri
e leffettiva partecipazione di ciascuno alla produzione del danno" oggetto di
contestazione.
A maggior ragione dette considerazioni valgono in riferimento ai membri che risultarono
addirittura assenti nelle sedute approvative degli incarichi.
La difesa si riferisce, in particolare, ai Dott. P., B. e M., assenti alla seduta del
30/09/03, in cui si deliberò lincarico in favore del Dott. M.; nonché al Dott. M.,
assente tanto alla predetta seduta del 30/09/03, quanto alle successive riunioni del
27/05/03 e del 28/09/04.
La difesa nega la colpa grave, anche in relazione al ruolo rivestito dai convenuti.
In particolare, i compiti di controllo attribuiti ai componenti di detto organo non si
estenderebbero alla verifica della correttezza dellintera gestione e degli atti che
incidono su di essa.
A tal fine evidenzia il ruolo del tutto particolare e differenziato ricoperto dai revisori
dei conti allinterno dellAteneo milanese.
In particolare: in base alle disposizioni del Regolamento dAteneo in vigore
presso il Politecnico di omissis allepoca dei fatti (art. 115, ora recepito
nellart. 78 del nuovo Regolamento approvato con decreto rettorale n°72/AQ del
12/10105), è stabilito espressamente che "i revisori dei conti assistono alle
riunioni del Consiglio dAmministrazione ed, a richiesta, a quelle degli altri organi
collegiali digestione".
Pertanto, ai medesimi revisori non sarebbe attribuita alcuna funzione di partecipazione
attiva in seno al Consiglio dAmministrazione, dal momento che, durante le sedute,
essi non sono chiamati ad esprimere pareri e/o valutazioni sulla legittimità degli atti,
bensì a verificare soltanto la regolarità formale dei provvedimenti assunti.
Il ruolo istituzionalmente demandato al collegio dei revisori, sintetizzabile come
verifica della gestione sui profili finanziari e contabili- è, infatti, svolto in via
successiva, ossia in seguito alladozione dei provvedimenti da parte
dellAmministrazione (ai sensi del comma 7 del citato art. 115 Regolamento: "il
collegio provvede al riscontro della gestione, accerta la regolare tenuta dei libri e
delle scritture contabili, esamina il bilancio di previsione nonché i bilanci ad esso
allegati, le eventuali variazioni ad esso, ed il conto consuntivo e relativi allegati,
redigendo apposite relazioni ed effettua verifiche di cassa"). In altri termini, la
"presenza" dei convenuti alle sedute del Consiglio dAmministrazione
sarebbe direttamente strumentale ad agevolarne il ruolo di controllo ex post
dellazione amministrativa.
La partecipazione alle sedute da parte dei membri del collegio dei revisori dovrebbe
ritenersi facoltativa e non obbligatoria, visto che la loro eventuale assenza non è in
grado di condizionare la regolarità delle riunioni; i revisori medesimi non hanno diritto
di voto, nè, parallelamente, alcun obbligo dintervento.
Laccoglimento della tesi contraria, comporterebbe che, da un lato, al Collegio
sarebbe attribuito un controllo di tipo preventivo od immediato, in contrasto con la
funzione tipicamente rivestita. Oltretutto, sarebbe necessario fornire al Collegio
medesimo, con congruo anticipo, una previa ed adeguata informativa in merito
allordine del giorno delle sedute.
La difesa contesta anche la quantificazione e ripartizione del danno erariale.
Per la quantificazione del danno, la difesa rileva che da un lato sono disconosciuti i
vantaggi che lAteneo ha in realtà tratto dallattività del personale
dirigenziale incaricato a tempo determinato, mentre la prospettata carenza di
responsabilità in capo ai rappresentanti degli studenti, ove effettivamente comprovata e
confermata, dovrebbe, in ogni caso, indurre il Giudicante a stralciarne la relativa
"quota" di responsabilità in sede di ripartizione degli addebiti fra i vari
convenuti.
In caso contrario, infatti, la parte di responsabilità da imputarsi in astratto agli
studenti finirebbe col ricadere indebitamente sugli altri membri del C.d.A.
Anche sotto questo profilo, la difesa chiede, in via subordinata, di modificare il riparto
proposto dallorgano requirente.
Infine, nella ipotesi in cui si dovesse ravvisare una limitata incidenza causale del
comportamento tenuto dai revisori dei conti, essa dovrebbe ritenersi del tutto marginale
e, comunque, inferiore alla quota del 10%.
Tutto ciò premesso, i Sig.ri B., P., P., Z. R., F., L., P., P. P. in T., P., M., M., B. e
M., concludono per dichiarare lintervenuta prescrizione dellazione esercitata
dalla Procura Regionale in riferimento alle somme elargite per gli dirigenziali incarichi
affidati nelle sedute del consiglio damministrazione del 21/03/00, 31/10/00 e
19/06/01.
Nel merito: rigettare la domanda per insussistenza di danno a carico del Politecnico di
omissis e/o, comunque, per insussistenza di colpa grave nel comportamento tenuto dai
convenuti, mandando, per leffetto, integralmente assolti i medesimi da ogni pretesa
responsabilità; in via subordinata: nella ipotesi in cui si dovessero ravvisare residui
profili di responsabilità in capo agli odierni convenuti: a) considerata la ridotta
efficienza causale del comportamento tenuto dai revisori contabili, limitare il grado di
responsabilità ascrivibile ai medesimi in una percentuale inferiore a quella indicata dal
Procuratore Regionale; escludere, in ogni caso, qualsiasi responsabilità e/o limitare
ulteriormente il grado di responsabilità in capo ai Dott. P., B., M. e M., in quanto non
partecipanti a tutte e/o alcune delle sedute di conferimento degli incarichi dirigenziali
a tempo determinato; valutare, infine, i vantaggi che il Politecnico di omissis ha tratto
dallattività dei dirigenti a tempo determinato e compensare tale utilità con il
preteso danno, avvalendosi del potere di riduzione ex art. 1, c. 1-bis, L. 20/94.
Con memoria depositata in data 8-11-2007 si è costituita la difesa di L. M. V. C., A. C.
e M. G. M. precisando innanzitutto che di tutte le determinazioni del C.d.A., riguardanti
sia lapprovazione dello Statuto e delle norme regolamentari in tema di incarichi
dirigenziali, sia la vera e propria nomina di dirigenti a tempo determinato, solo la
delibera del C.d.A. 28 settembre 2004 è stata presa con la diretta partecipazione dei
convenuti C., C. e M., i quali avevano assunto il ruolo di Consiglieri di amministrazione
a far data dai 1 settembre 2004, come rappresentanti dei docenti.
Pertanto i convenuti C., C. e M. dovrebbero rispondere solo degli effetti della delibera
28 settembre 2004, con la quale è stata disposta la nomina a dirigente dellArea
"Comunicazione e relazioni esterne" della dott.ssa P..
Quindi il danno imputabile ai medesimi è limitato esclusivamente alla somma derivante
dalla "differenza tra quanto effettivamente percepito (dalla dott.ssa P.)
nellanno 2005 per effetto della nomina e quanto avrebbe percepito ove fosse rimasta,
come avrebbe dovuto essere, nella qualifica inferiore di appartenenza, quantifìcato
dallamministrazione universitaria nellimporto di .21.608,35.
Il concreto addebito dovrebbe poi essere ulteriormente contenuto nella sola quota parte
del 40% da dividersi, "ciascuno per la parte che vi ha preso" con gli altri
componenti del Consiglio di Amministrazione.
Per cui la difesa non accetta il contraddittorio in relazione ad eventuali ulteriori
ipotesi di danno e/o di responsabilità non deducibili direttamente dallinvito a
dedurre.
La difesa dei convenuti C., C. e M. deduce la infondatezza della tesi accusatoria sotto il
profilo della legittimità delloperato del C.d.A., perché la dott.ssa P. era in
possesso del diploma di laurea e della esperienza professionale necessaria in quanto aveva
già svolto come funzionario dellAteneo diversi incarichi di responsabilità.
Sul mancato rispetto del limite percentuale fissato dalla disciplina di cui al Regolamento
n. 107/2000, la difesa osserva che le aree dirigenziali cui occorre fare riferimento per
il computo degli incarichi conferibili a dirigenti a tempo determinato è pari a 27 e non
già a 24.
Con delibera del 30 settembre 2003 il Politecnico aveva programmato una struttura
organizzativa che comprendesse 27 aree dirigenziali, con un aumento di tre unità della
pianta organica approvata con la precedente delibera del 29 ottobre 2002.
La difesa nega che la delibera del settembre 2003 sia una mera "presa
datto" di un progetto di organizzazione al di là da venire, nellambito
della quale non vi sarebbe stata una vera e propria approvazione della nuova pianta
organica, perché la riorganizzazione e la copertura delle varie aree dirigenziali ha
sempre avuto un andamento graduale, dove ad una preliminare fase di studio faceva seguito
lapprovazione di un progetto che trovava poi concretizzazione attraverso una serie
di provvedimenti attuativi.
Nel caso di specie, a seguito della delibera del C.d.A. del 30 settembre 2003, preceduta
tra laltro dalla delibera del Senato Accademico del 22 settembre 2003,
nellambito della quale il programma relativo alla creazione delle 27 aree
dirigenziali era stato particolarmente approfondito, il Direttore Amministrativo ha
adottato la determinazione 27 ottobre 2003 n. 41, nella quale si dice espressamente che
"Con effetto dalla data della presente determinazione viene data attuazione al
progetto di riorganizzazione dellAmministrazione Centrale dellAteneo di cui
alle delibere del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione citate in
premessa".
Secondo la difesa, la riorganizzazione della struttura con lintroduzione di 27 aree
dirigenziali complessive era a tutti gli effetti operativa ed efficace, tanto da imporre
al Direttore Amministrativo di darvi immediata esecuzione.
I convenuti C., C. e M. non avendo preso parte al C.d.A. del 30 settembre 2003, non
potevano che considerare a tutti gli effetti operative le determinazioni in quella sede
prese.
In base al Regolamento n. 27/2000, il numero degli incarichi dirigenziali a tempo
determinato non potrebbe superare il "50% dei posti di dirigente in organico presso
lAteneo".
Ma tale disciplina è stata modificata a seguito dellentrata in vigore del nuovo
Regolamento del 13 aprile 2004 n. 116, il cui art. 2 ha aumentato detto limite, portandolo
al "60% dei posti previsti in organico per la direzione di uffici dirigenziali".
La difesa contesta il numero complessivo degli incarichi dirigenziali affidati
dallAteneo (16) in forza della disciplina regolamentare richiamata, perché nel
suddetto computo è stato considerato pure un dirigente di ruolo vincitore di concorso -
lAvv M. -, che non doveva essere a tal fine conteggiato.
Inoltre, viene inserito tra gli incarichi oggetto di contestazione pure quello di
Direttore Amministrativo, affidato al dott. G. M., ma la figura del Direttore
Amministrativo esulerebbe dalla disciplina di cui allart. 19, comma 6, D.Lgs.
165/01, essendo regolamentato da una normativa ad hoc che, per un verso, lo indica come
soggetto istituzionale dellUniversità, e, per altro verso, ne impone
lassunzione con contratto a tempo determinato.
Pertanto la difesa sostiene che: - le aree dirigenziali cui fare riferimento ai fini
dellassegnazione di incarichi dirigenziali a tempo determinato sono pari a 27; - in
applicazione del limite percentuale fissato dalla norma regolamentare vigente (60%), il
numero di dirigenti nominabili corrisponde a (27 x 60% =) 16,2; - con la nomina della
dott.ssa P., il numero complessivo dei dirigenti a tempo determinato è pari a 14,5 (in
considerazione del fatto che il dott. B. era part-time, quindi ampiamente nei limiti
prefissati).
La difesa nega altresì la colpa grave in quanto non provata dallAccusa e comunque
non sussistente, sia perché lo stesso Dipartimento della Funzione Pubblica ha escluso la
necessità di svolgere pubblici concorsi, qualificando la scelta dellAmministrazione
come "sostanzialmente libera"; sia perché, la colpa grave appare in ogni caso
difficilmente configurabile in presenza di una disciplina normativa dai caratteri
peculiari, quale quella in esame, e di un contesto interpretativo certamente non uniforme.
In ordine alla ripartizione della responsabilità fra tutti i soggetti che hanno
partecipato alla delibera collegiale del 28 settembre 2004, la difesa evidenzia che nel
corso della riunione consiliare non sono emersi dubbi sulla legittimità della decisione
da adottare, per cui il voto positivo è stato espresso in buona fede facendo affidamento
sulla bontà del percorso organizzativo già segnato da tutte le precedenti delibere.
Sulla quantificazione del danno la difesa deduce la inammissibilità della citazione per
la quota di danno che eccede il minore importo indicato nei due inviti a dedurre.
La difesa chiede che la Corte tenga conto dei risultati positivi derivati allEnte
dalle prestazioni della Dr.ssa P. nel suo nuovo ruolo dirigenziale, provvedendo a
compensare integralmente (o comunque a diminuire) il prospettato danno erariale in
rapporto ai vantaggi goduti, valutando lutilitas in base al generale parametro
dellid quod plerumque accidit.
La difesa nega il danno erariale contestato in relazione agli incarichi dirigenziali
perché il Politecnico di omissis ha uno dei più bassi rapporti tra spesa per il
personale e Fondo di Finanziamento Ordinario (FF0).
Detto rapporto costituisce una spia fondamentale per rilevare lo stato di salute
economica-finanziaria di un Ateneo, rappresentando la quota parte dei finanziamenti
ottenuti dallo Stato che lUniversità utilizza per pagare gli stipendi ai propri
dipendenti.
Per legge detto rapporto non deve superare il 90%, ed il Politecnico di omissis nel corso
del 2006 ha raggiunto un indice pari a solo il 63,4% (superata solo da tre piccole
Università: omissis, la Parthenope di omissis e Listituto Universitario di Scienze
Motorie di omissis, i cui FF0 sommati non raggiungono il 50% del valore assegnato al
Politecnico; per contro, ben 19 università nazionali superano la percentuale del 90%, tra
cui alcune che per prestigio possono paragonarsi al Politecnico di omissis, quali La
omissis e la omissis).
Pertanto la difesa dei convenuti C., C. e M. nel ribadire che non accetta il
contraddittorio con riferimento a pretese e contestazioni non direttamente evincibili
dallinvito a dedurre a suo tempo ricevuto, conclude, in via principale, per il
rigetto della domanda perché inammissibile e/o prescritta e/o infondata in fatto ed in
diritto, e comunque per insussistenza di danno a carico del Politecnico di omissiso e/o,
ancora, per insussistenza di colpa grave nel comportamento tenuto dai convenuti, mandando
integralmente assolti i medesimi da ogni responsabilità; in via subordinata, per
lapplicazione del potere riduttivo di cui allart. 1, comma 1 bis, E. 20/94 e/o
compensare in tutto in parte il danno con le utilità acquisite dal Politecnico a seguito
dello svolgimento dellattività da parte dei dirigenti nominati.
Alludienza, il P.M. ha confermato la tesi accusatoria insistendo per la condanna dei
convenuti.
Sulla nullità della citazione la Procura ha precisato che la quota di responsabilità va
attribuita a ciascuno in relazione alle sedute del Consiglio di Amministrazione cui ha
partecipato; sul numero complessivo di dirigenti previsto in organico ha citato altre
università dove è assai inferiore ed ha rilevato che al Politecnico di omissis le aree
dirigenziali non sono mai diventate 27 in quanto le 24 aree sono state approvate nel 2002
mentre il successivo ampliamento era stato solo programmato mai approvato; ha contestato
la illegittimità dellincremento della quota al 60%, in quanto la soglia del 70%
prevista dalla L. n. 350 del 2004 sarebbe una modifica del comma 4 dellart. 19 della
legge n. 165 del 2001 relativa ai dirigenti di ruolo, mentre il comma 6 sarebbe rimasto
invariato fino al D. L. n. 115 del 2005 che ha allargato anche ai dipendenti interni la
possibilità di essere assunti come dirigenti a tempo determinato ma indica delle quote
percentuali piuttosto esigue (10% dei dirigenti di prima fascia e 8% di quelli di
seconda).
Per cui la Procura ribadisce lapplicabilità alla fattispecie in giudizio del
principio della prevalenza in organico dei dirigenti di ruolo rispetto a quelli a tempo
determinato e fa riferimento alla giurisprudenza maggioritaria che ritiene non consentito
il passaggio alla qualifica dirigenziale dei dipendenti interni con qualifica inferiore.
Per T. e D. M. la difesa ha precisato che la responsabilità è limitata cronologicamente
fino a quando erano in carica (settembre 2002); ha sottolineato che nel 2000 il
Politecnico aveva 854 dipendenti con un solo dirigente per cui era inevitabile una nuova
organizzazione più rispondente al forte sviluppo dellattività didattica e
formativa in aggiunta a quella tradizionale (nuove sedi locali, nuovi corsi, dottorati e
master rivolti anche alle imprese); ha poi evidenziato la natura giuridica di diritto
privato dei nuovi contratti con i dirigenti che determina una cesura rispetto al
precedente rapporto di impiego e la loro funzione fiduciaria a tempo determinato; la
difesa ha rilevato che solo nel 2003 lAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha
fatto chiarezza sui requisiti per lassunzione di dirigenti a tempo determinato,
mentre lart. 10 del Regolamento di organizzazione ammetteva espressamente sia gli
esterni che i dipendenti interni; secondo la difesa non si può evincere il danno erariale
dalla solo difetto formale del titolo di laurea, atteso che nei fatti hanno fornito una
prestazione dirigenziale; lutilizzo al meglio dei dipendenti sarebbe stata fonte di
risparmio per lEnte che, nella scelta dei soggetti, ha usato il criterio della
competenza ed esperienza professionale già nota e collaudata negli anni, piuttosto che
quello del mero formalismo giuridico; tale scelta sarebbe ancora più apprezzabile in
quanto i contratti erano temporanei; la difesa ha poi insistito sulla eccezione di
nullità della citazione, in quanto la ripartizione della percentuale di responsabilità
fra i diversi convenuti non è motivata, e sulla eccezione di prescrizione perché il
fatto costitutivo del danno sarebbe ladozione della delibera (21-3-2000) e non i
successivi pagamenti delle retribuzioni, ha quindi chiuso il suo intervento chiedendo lo
scorporo della quota di danno eventualmente imputabile a due componenti del C.d.A.
deceduti (B. e M.).
Per Z. difesa ha confermato le eccezioni e deduzioni esposte in memoria rimarcando che la
norma invocata dalla Procura non richiede espressamente la laurea per i dirigenti a tempo
determinato, mentre sulla ripartizione della responsabilità ha richiamato il disposto
dellart. 24 del T.U. n. 3 del 1957 sulla parità dei membri di organi collegiali.
Per M. la difesa ha osservato che è stato nominato dal 1 gennaio 2003 quindi ha
partecipato solo a 3 delle 5 delibere contestate, ha rilevato che la citazione non
contesta lutilità delle prestazioni svolte dai convenuti per cui la pretesa
illegittimità non può essere di per se fonte di danno, ha ricordato che se il fatto
costitutivo della ipotesi accusatoria è la partecipazione alle delibere la quota di
responsabilità deve essere uguale per ciascun componente, ha ribadito la peculiarità
della disciplina giuridica e funzionale del dirigente amministrativo, per cui era quanto
meno dubbio se doveva essere incluso o meno nel computo per la determinazione del numero
massimo di dirigenti da assumere.
Per B. la difesa ha ricordato i risultati della riorganizzazione dellIstituto che
oggi è ai vertici della classifica europea con numerosi corsi di laurea specialistica in
lingua inglese, migliaia di studenti stranieri e di offerte di stage in azienda, ha
osservato che il dibattito giuridico sulla interpretazione dellart. 19, comma 6,
della legge 165 del 2001 è prova evidente dellassenza di colpa grave nella condotta
del convenuto.
Per M., C. e C. la difesa ha precisato che lincarico nel C.d.A. risale al 1-9-2004 e
la prima seduta a cui hanno partecipato era quella del 28-9-2004 senza avere alcuna
pregressa esperienza di amministrazione; ha sostenuto che nel caso di specie si applica la
percentuale del 70% prevista dallart. 19, comma 4, della legge 165 del 2001, in
quanto il comma 4 richiama gli incarichi di cui al comma 6; ha negato la natura di
semplice presa datto alla delibera del 30-9-2003 perché la successiva delibera del
direttore amministrativo del 27-10-2003 da concreta attuazione al progetto organizzativo
della delibera del 30-9-2003; ha escluso la colpa grave dei tre convenuti in quanto il
Regolamento autorizzava tale delibera, perché il presidente del C.d.A. caldeggiava la
nomina di P. in ragione del suo curriculum professionale e perché il Politecnico oggi
rappresenta leccellenza degli istituti universitari italiani ed europei.
La difesa degli altri convenuti membri del C.d.A. e di quelli revisori dei conti ha
contestato i limiti legali dedotti dalla Procura, rilevando che i revisori non sono
notiziati preventivamente dellordine del giorno delle sedute, mentre sulla
ripartizione del danno ha chiesto lo scomputo della quota di responsabilità teoricamente
imputabile alla componente studentesca del C.d.A. e concludendo col richiamo alle
eccezioni e deduzioni già formulate.
La Procura nella replica sui doveri dei revisori cita la ordinanza della Corte
Costituzionale n. 285 del 2007, sullart. 19, sostiene che i commi da 1 a 5 si
applicano esclusivamente ai dirigenti di ruolo (così quindi anche la quota del 70%),
mentre al caso di specie si applica il solo comma 6 che oggi prevede percentuali assai
ridotte (10% e 8%). La Procura afferma che ai sensi dellart. 27 del T.U. n. 165 del
2001 le Università sono obbligate al rispetto dei suoi principi tra i quali quello che i
dirigenti esterni devono essere in misura inferiore a quelli di ruolo; richiama la
giurisprudenza sulla necessità del requisito del diploma di laurea.
Nella ulteriore replica la difesa ha ribadito che il danno non è stato provato in quanto
la Procura non ha dimostrato che i dirigenti, la cui nomina è contestata, abbiano svolto
le funzioni dirigenziali in modo tale da non giustificare le rispettive retribuzioni
ricevute.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Collegio innanzitutto esamina e respinge la eccezione di nullità dellatto di
citazione per genericità della domanda, formulata da alcuni difensori, in quanto non
individua gli specifici incarichi -tra i numerosi in contestazione- al cui conferimento
avrebbe concorso ciascun convenuto né specifica a quanto ammonta il danno che viene
ascritto a ciascun convenuto.
La domanda risarcitoria, è formulata in termini specifici e determinati, tanto che è
stata precisata anche la quota di ripartizione del danno erariale fra i vari convenuti, ma
la giurisprudenza pacifica della Corte dei conti riserva al Collegio la quantificazione
definitiva del danno e la sua specifica ripartizione a carico dei responsabili.
Con riferimento alla ripartizione delle singole obbligazioni tra i diversi convenuti, la
proposta del p.m. rappresenta esclusivamente una indicazione non vincolante per il
collegio, libero di decidere diversamente.
Pertanto nessuna violazione del diritto di difesa sussiste nel caso di specie in quanto
latto di citazione è completo e provvisto di tutti gli elementi necessari richiesti
dallart. 164 c.p.c., applicabile al giudizio contabile in virtù del richiamo
dellart. 26 r.d. 1038/33 c.p.c., sia sotto il profilo del petitum che della causa
petendi.
Nel merito il Collegio procede alla verifica che nei fatti descritti sussistono tutti gli
estremi della responsabilità amministrativa, sia sotto il profilo
dellantigiuridicità del comportamento tenuto dai convenuti che con riguardo
allingiustizia del danno causato allErario.
Nel caso in esame si tratta di violazione di norme primarie e secondarie foriere di danno
patrimoniale per la Pubblica Amministrazione, nella procedure per la nomina di dirigenti a
tempo determinato.
Il comportamento illecito addebitato ai convenuti risulta provato dagli atti e documenti
prodotti in giudizio relativi alle varie delibere del Consiglio di Amministrazione:
per i 4 incarichi dirigenziali a tempo determinato, affidati in violazione del limite
numerico del 50% posto dallart. 10 del Regolamento di organizzazione
dellUniversità, nelle sedute rispettivamente, del 29 ottobre 2002 allIng. F.
P., del 27 maggio 2003 al dott. L. B., del 30 settembre 2003 al dott. A. M. e,
successivamente, in quella del 28 settembre 2004 alla dottoressa C.P.;
per i 6 incarichi dirigenziali a tempo determinato, affidati in violazione dei principi
sullassunzione dei dirigenti a tempo determinato, nella seduta del 21 marzo 2000 ai
signori 1- O., 2- C., 3- L., 4- C. G., nella seduta del 29 ottobre 2002 ai signori 5- P.
e 6- L..
La sussistenza dei fatti non è contestata e risulta dai documenti prodotti, mentre la
loro giuridica qualificazione in termini di violazione delle norme e dei principi che
regolano le nomine dei dirigenti a tempo determinato è condivisa dal Collegio.
Il Regolamento di organizzazione del Politecnico di omissis, con gli articoli da 2 a 9
individua i criteri, i presupposti e le modalità per laccesso alla qualifica di
dirigente di ruolo, consentito esclusivamente a seguito di concorso per esami, espletabile
da parte di:
1) dipendenti di ruolo della pubblica amministrazione muniti di laurea
omissis
..;
2) dirigenti di enti o strutture pubbliche non comprese tra i soggetti di cui
allarticolo 1 del Dec. Leg.vo 29 del 1993, muniti del diploma di laurea;
3) dirigenti di strutture private, muniti del diploma di laurea.
Larticolo 10, invece, disciplina lattribuzione di incarichi di funzioni
dirigenziali, per la direzione di strutture individuate quali uffici di livello
dirigenziale, da conferire con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, entro
un limite non superiore al 50% dei posti di dirigente in organico presso lAteneo, a
persone di particolare e comprovata competenza e qualificazione professionale, sia
interne, che esterne al Politecnico.
Il comma 2 specifica la complessità, la delicatezza e lampiezza del compito che i
sunnominati avrebbero dovuto svolgere.
Infine il comma 3 esplicita come, a fronte delle caratteristiche proprie
dellincarico da conferire, la particolare qualificazione professionale deve essere
comprovata dallo svolgimento di funzioni dirigenziali in organismi ed enti pubblici o
privati per almeno 5 anni, ovvero da particolari specializzazioni professionali,
culturali, scientifiche, desumibili dalla formazione universitaria, dalla magistratura,
dallavvocatura dello stato ovvero da concrete esperienze di lavoro.
La disposizione regolamentare che fissa nel 50% dei posti dellorganico dei dirigenti
il limite per lattribuzione di incarichi dirigenziali a tempo determinato estende
lambito oggettivo e soggettivo di applicazione della fattispecie individuata
dallart. 19, comma 6, del D. Leg.vo n. 29 del 1993.
Tale limite è già di gran lunga superiore a quello indicato dallart. 19, comma 6,
del D. Leg.vo n. 29 del 1993, per cui non poteva essere portato con la delibera del
13.4.2004 addirittura al 60% in violazione della norma nazionale per la quale la dirigenza
nelle amministrazioni pubbliche deve essere costituita, in maniera prevalente, da
dirigenti di ruolo.
In proposito la difesa rileva che, dopo la novella operata dalla L. n. 350/2003 (art. 3
comma 147), in forza dellart. 19, comma 4, D.Lgs. n. 165/2001 "gli incarichi di
funzione dirigenziale di livello generale" possono essere conferiti "con
contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità
professionali richieste dal comma 6" del medesimo articolo "in misura non
superiore al 70 per cento della relativa dotazione", laddove la precedente disciplina
prevedeva la misura massima del 50%.
Per cui la difesa sostiene la legittimità della disposizione di cui allart. 2 del
nuovo Regolamento interno "per il conferimento di incarichi di funzioni dirigenziali
a tempo determinato" adottato con la deliberazione C.d.A. del 30 marzo 2004. Tale
nuova disciplina, infatti, fissa "nel limite del 60% dei posti previsti in organico
per la direzione di uffici dirigenziali", la misura massima degli incarichi
dirigenziali a tempo determinato conferibili a soggetti in possesso delle specifiche
qualità professionali richieste dal predetto art. 19.
Questa tesi è infondata perché lart. 19 quarto comma, del Decreto legislativo
165/01, disciplina la quota degli incarichi di dirigente generale, che è figura diversa
dagli incarichi di dirigenti a tempo determinato trattati in questo giudizio e
disciplinata esclusivamente dal sesto comma dellart. 19, del decreto legislativo
165/01.
Ai sensi dellart. 27 del Decreto legislativo 165/01 le norme in esso contenute,
compreso larticolo 19, costituiscono norme di principio che gli Atenei devono
osservare sia nellesercizio del potere regolamentare che nella applicazione concreta
delle norme regolamentari come lart. 10.
Le Pubbliche Amministrazioni - comprese le Università ai sensi dellarticolo 1 del
Decreto legislativo 29/93 - devono avere una dirigenza costituita, in parte prevalente, da
dirigenti di ruolo.
Ai sensi dellart. 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 - Norme
generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
"6. Gli incarichi (dirigenziali) di cui ai commi precedenti possono essere
conferiti con contratto a tempo determinato, e con le medesime procedure, entro il limite
del 5 per cento dei dirigenti appartenenti alla prima fascia del ruolo unico e del 5 per
cento di quelli appartenenti alla seconda fascia, a persone di particolare e comprovata
qualificazione professionale, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o
privati o aziende pubbliche e private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio
in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione
professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e
postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro, o
provenienti dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e
dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato. Il trattamento economico può essere
integrato da una indennità commisurata alla specifica qualificazione professionale,
tenendo conto della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle
specifiche competenze professionali. Per il periodo di durata del contratto, i dipendenti
di pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con
riconoscimento dell'anzianità di servizio".
Larticolo 19, comma 6, del D. Leg.vo n. 29 del 1993, poi sostituito dallart.
19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, deve essere applicato alla
luce dei principi ermeneutici affermati dalla Corte costituzionale, dalla giurisprudenza
del Consiglio di Stato e da quella della Corte dei conti.
La Sezione centrale di controllo della Corte dei conti, I Collegio, nelladunanza del
18 gennaio 2001, con delibera n. 7/01/p si è pronunciata nel senso della estensibilità
dellincarico affidato ai sensi delIart. 19, comma 6, del D.Lvo 29/93, in
favore di personale che abbia acquisito particolare e comprovata qualificazione
professionale nellambito dellAmministrazione, oltre che al suo esterno, non
sussistendo ragioni di limitazione in mancanza di una esplicita preclusione da parte della
legge.
Ma con tale pronuncia è stato posto il principio che lattribuzione di incarico
dirigenziale, con la particolare procedura allesame della chiamata diretta entro il
5% dei dirigenti di seconda fascia del ruolo unico - sia assentibile in favore dei
funzionari interni, purché abbiano i requisiti di servizio per laccesso alla
dirigenza, come disciplinati dallart. 28 del D.L.vo 29/93 e successive integrazioni.
La Sezione centrale del controllo di legittimità della Corte dei conti, in adunanza
congiunta, del 3 maggio 2001, con delibera n. 22/01/P, osserva che il comma 6
dellart. 19 del D.Lvo 29/93 "individua tre categorie di destinatari: la
prima è costituita da "persone di particolare e comprovata qualificazione
professionale che abbiano svolto attività enti pubblici o privati o aziende pubbliche o
private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali";
la seconda "o che abbiano conseguito particolare specializzazione professionale,
culturale e scientifica, desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da
pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro"; la terza "o
provenienti settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei
ruoli degli avvocati e procuratori di Stato".
Pertanto la Corte individua la ratio della norma nella finalità di realizzare un
arricchimento delle professionalità operanti nellambito della pubblica
amministrazione attraverso lutilizzazione in funzioni dirigenziali - anche in
aggiunta alle selezioni concorsuali - di personale dotato di spiccatissime doti di
professionalità.
Ciò al fine di realizzare una proficua sinergia con larea della dirigenza del
settore pubblico o privato, del mondo universitario, scientifico, della ricerca, nonché
delle magistrature e dellAvvocatura
dello Stato.
Viene dunque in evidenza - quali che siano le fonti della provvista - il connotato che le
accomuna consistente nella "eccellenza" culturale, dei soggetti destinatari
della norma".
In un passaggio successivo della delibera si osserva "che la locuzione letterale
dellinciso normativo "concrete esperienze di lavoro" è da correlarsi, su
una scala di valori, alla locuzione "pubblicazioni scientifiche", costituendo un
"unicum" letterale; "unicum" a sua volta equiparato alla ipotesi della
formazione universitaria e postuniversitaria.
la "ratio" del
legislatore
privilegia la regola della particolare specializzazione professionale (
1^ ipotesi), culturale e scientifica (2^ ipotesi) o della provenienza dai settori della
ricerca, dell Università, delle Magistrature e dellAvvocatura dello Stato (3^
ipotesi).
Questo orientamento interpretativo è stato ribadito e confermato in successive delibere
della Sezione controllo della Corte: n. 30 del 26 luglio 2001, n. 31 del 10 settembre
2001, n. 16 del 24 luglio 2002, n. 3 del 9 gennaio 2003; n. 7 del 16 aprile 2003, adottate
in vigenza dellart. 19, comma sesto, del decreto legislativo 165/2001, anteriormente
alle modifiche apportate dallart. 3 della legge n. 145/2002.
Questa norma prevede uno speciale sistema di attribuzione delle qualifiche dirigenziali
alternativo rispetto al sistema ordinario, che tuttavia deve rispettare rigorosamente in
quanto eccezionale sia il contingente che i criteri discrezionali di valutazione sulla
professionalità dei dipendenti, fatto salvo comunque il possesso del diploma di laurea,
atteso anche il richiamo alla formazione universitaria e post-universitaria equivalente a
quello fatto dallart. 28 dello stesso decreto legislativo n. 165-2001 al diploma di
laurea.
La Sezione controllo Stato, nella delibera n. 3 del 9 gennaio 2003, osserva che: "il
criterio secondo il quale il legislatore ha inteso disciplinare limmissione
nellesercizio di funzioni dirigenziali di soggetti, quali essi siano, in precedenza
già non investiti di tale qualifica, risulta evidentemente informato alla volontà di
acquisire professionalità estranee, tali da presentare qualità aggiuntive e comunque non
minori rispetto ai già elevati requisiti previsti per le nomine di funzionari
appartenenti ai ruoli dirigenziali.
Per cui da "una lettura sistematica dellart. 19, c. 6, (consegue) che la
facoltà da tale norma prevista richiede, nei suoi destinatari, il concorrente possesso di
una particolare specializzazione, sia professionale, che culturale e scientifica";
"Ne discende che, ferma rimanendo lesigenza dellaccertamento di un
livello di formazione culturale identificabile nel possesso della laurea, gli elementi che
configurano e completano in estranei il profilo della professionalità debbano, insieme ad
altri, ricavarsi dal già disimpegnato esercizio di funzioni almeno di pari rilevanza di
quelle previste nel nuovo compito".
In sintesi un adeguato titolo di studio e la necessaria specializzazione professionale
oltre che scientifica, richiesti dallart. 19, comma 6, sono stati ritenuti,
pacificamente e costantemente dal gennaio 2001, requisiti indefettibili per la nomina a
dirigente a tempo determinato.
Larticolo 97 della Costituzione prevede, con riguardo allorganizzazione degli
uffici pubblici, la riserva di legge.
"I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che
siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione.
Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e
le responsabilità proprie dei funzionari.
Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi
stabiliti dalla legge".
Salvo diversa previsione di legge, non cè la possibilità di derogare ad una legge
esercitando la potestà regolamentare.
Secondo la sentenza n. 407 del 3 novembre 2005 la selezione concorsuale non può essere
sostituita con le valutazioni sulla professionalità dei dipendenti.
Laccesso alla dirigenza anche ai non laureati è ammesso solo con il vaglio del
pubblico concorso.
Il Consiglio di Stato, con parere del 27 febbraio 2003 ha affermato che, mediante
laccesso di interni alla dirigenza, non deve essere eluso, mediante promozioni di
fatto, il rispetto del princìpio generale che richiede il pubblico concorso per
laccesso alla qualifica di dirigente.
Le percentuali del dieci per cento e dell'otto per cento rispettivamente della dotazione
organica dei dirigenti di prima e di seconda fascia, entro cui possono essere conferiti
incarichi di funzioni dirigenziali a soggetti esterni all'amministrazione, non sono
suscettibili di deroga o di arrotondamento all'unità da parte delle amministrazioni o
degli enti il cui organico di dirigenti è così ridotto che l'applicazione delle
menzionate percentuali del dieci per cento e dell'otto per cento non consente di
raggiungere l'unità; nè è possibile un arrotondamento per eccesso all'unità, nel caso
in cui l'applicazione delle predette percentuali dia come risultato un numero superiore a
0.50. Cons. Stato comm. spec. , 27 febbraio 2003, n. 514
Gli incarichi dirigenziali che, nelle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici,
è consentito conferire ad esperti esterni muniti di "particolare e comprovata
qualificazione professionale" ovvero di "particolare specializzazione
professionale, culturale e scientifica", desumibile anche da esperienze di lavoro
maturate presso amministrazioni statali, non possono essere attribuiti a dipendenti della
stessa amministrazione che conferisce l'incarico. Cons. Stato comm. spec. , 27 febbraio
2003, n. 514
Negli enti pubblici diversi dallo Stato, il conferimento a soggetti esterni di incarichi
dirigenziali è subordinato all'approvazione, da parte di ciascun ente, di un apposito
regolamento di organizzazione che adegui l'ordinamento dell'ente alle disposizioni in
materia di dirigenza contenute nel capo II d.lg. 30 marzo 2001 n. 165. Cons. Stato comm.
spec. , 27 febbraio 2003, n. 514
Il giudice contabile non può sostituire le proprie valutazioni alle scelte di merito
fatte dagli organi della pubblica amministrazione, allo scopo di tutelarne
lautonomia, ma può verificare se lesercizio del potere discrezionale sia
avvenuto o meno nel rispetto dei limiti posti dallordinamento giuridico ai fini
della valutazione dellantigiuridicità dei comportamenti degli amministratori.
Al riguardo, non giova alla difesa invocare il principio della insindacabilità nel merito
delle scelte discrezionali di cui allart. 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20
(come modificato dallart. art. 2 del D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, conv. in legge 20
dicembre 1996, n. 639), in quanto il potere di scelta (o discrezionale, come dir si
voglia), per sua natura, è esercitabile soltanto in presenza di una pluralità di
soluzioni alternative tutte ugualmente consentite dalla legge e, quindi, lecite. Ciò vale
a dire che il soggetto dotato di potestà pubbliche (ente centrale o locale) non è
facoltizzato ad optare per una soluzione vietata dalla legge comè, appunto,
lassunzione di ununità di personale in difetto dei requisiti di
professionalità richiesti dalle norme vigenti.
Pertanto il Collegio condivide i rilievi di illogicità ed irrazionalità delle scelte e
violazione dei fini di economicità e di buona amministrazione, mossi dalla Procura ai
comportamenti tenuti dal Consiglio di Amministrazione nellassegnazione degli
incarichi dirigenziali a tempo determinato, sia quelli attribuiti a personale dipendente
con qualifica inferiore, in sei casi privo del diploma di laurea, sia laffidamento
dei quattro incarichi, in violazione del limite del 50% dellarticolo 10 del
Regolamento sulla dirigenza.
Nello specifico caso si tratta, in relazione alla prima voce di danno contestata dalla
Procura (.715.197,41), dei 4 incarichi dirigenziali a tempo determinato, affidati in
violazione del limite numerico del 50% posto dallart. 10 del Regolamento di
organizzazione dellUniversità, nelle sedute rispettivamente, del 29 ottobre 2002
allIng. F. P., del 27 maggio 2003 al dott. L. B. del 30 settembre 2003 al dott.
A. M. e, successivamente, in quella del 28 settembre 2004 alla dottoressa C. P.I; in
relazione alla seconda voce di danno contestata dalla Procura (.572.820,18), dei 6
incarichi dirigenziali a tempo determinato, affidati a funzionari privi del diploma di
laurea e provenienti dai ruoli interni con qualifiche inferiori, nella seduta del 21 marzo
2000 ai signori 1- O., 2- C., 3- L., 4- C. G., nella seduta del 29 ottobre 2002 ai signori
5- P. e 6- L..
Il Collegio ritiene che entrambi i comportamenti dei due direttori amministrativi siano
qualificabili in termini di colpa grave ciascuno per la parte di sua competenza in
considerazione dei periodi in cui ricoprivano tale incarico: Z. per gli incarichi
dirigenziali conferiti nelle sedute del C.d.A. del 21.3.2000 e del 29.10.2002 per un
totale di .917.277,99 (.572.820,18 seconda voce di danno + quota della prima
.344.457,81 per P.); M. per quelli conferiti nelle sedute del C.d.A. del 27 maggio
2003 (M. per .216.434,70), del 30 settembre 2003 (per B. .132.696,55) e del 28
settembre 2004 (.21.608,35) per un totale di .370.739,60 quota residua della
prima voce di danno.
In ordine alla specifica eccezione di prescrizione formulata dalla difesa di Zanello, in
linea con la giurisprudenza consolidata della Corte dei conti, si ritiene che
linvito a controdedurre è capace di interrompere la prescrizione, per cui sono
interamente prescritti solo i danni conseguenti alle retribuzioni pagate ai dirigenti fino
al giorno 13 giugno 2001.
Il termine quinquennale di prescrizione può essere interrotto - come nel caso di specie -
attraverso la notifica alle parti convenute dellinvito a dedurre, formulato con
tutti gli elementi richiesti dagli art. 1219 e 2943 c.c., con effetto interruttivo della
prescrizione (Corte Conti , sez. riun., 27 gennaio 2004, n. 1/Q); a tal fine è
sufficiente che esso contenga l'inequivocabile volontà di far valere nei confronti del
convenuto il diritto al risarcimento del danno conseguente alle violazioni ipotizzate
(Corte Conti , sez. II, 13 giugno 2005, n. 214; Corte Conti , sez. III, 12 luglio 2004, n.
388/A).
Pertanto il danno derivato dagli incarichi conferiti nella seduta del 21 marzo 2000 ai
signori 1- O., 2- C., 3- L., 4- C. G. deve essere decurtato di quanto indebitamente
corrisposto nel 2000 e metà nel 2001, e più precisamente, facendo riferimento ai dati
forniti dal Politecnico nella nota del 25-5-2006 firmata dal Dirigente dellArea
Legale:
1- O., (.60.683,70 - .55.102,10) .5.581,60 + (95.751,83 - 72.682,46 =
23.069,37 / 2 = 11.534,68) .11.534,68 per un totale di .17.116,28;
2- C., (.64.557,08 - .60.574,35) .3.982,73 + (103.315,87 - 73.948,50 =
29.367,37 / 2 = 14.683,68) .14.683,68 per un totale di .18.666,41;
3- L., (.60.683,70 - .57.672,65) .3.001,05 + (95.751,83 - 76.277,63 =
19.474,20 / 2 = 9.737,10) .9.737,10 per un totale di .12.738,15;
4- C. G., (.64.557,08 - .60.860,32) .3.696,76 + (103.315,87 - 74.329,79
= 28.986,08 / 2 = 14.493,04) .14.493,04 per un totale di .18.189,80;
per un totale complessivo di .66.710,64#, corrispondente alla quota prescritta di
danno imputabile al Dr. Z..
Entrambi i direttori amministrativi avevano la competenza professionale e funzionale per
approfondire la interpretazione giurisprudenziale, chiara ed in equivoca di cui si è già
dato conto innanzi, delle norme applicabili al caso di specie, e metterla a disposizione
del Consiglio di Amministrazione come dato istruttorio imprescindibile ai fini della
eventuale adozione delle delibere di conferimento degli incarichi dirigenziali a tempo
determinato.
Gli altri membri, a vario titolo, dellorgano collegiale in questione avevano buoni
motivi per fare un ragionevole affidamento sulla legittimità delle rispettive delibere
che venivano proposte, atteso che il direttore amministrativo non ha segnalato alcun
limite od ostacolo normativo al conferimento degli incarichi di cui trattasi.
Entrambi i direttori amministrativi avevano il dovere di agire secondo la migliore scienza
ed esperienza, quindi alla luce della interpretazione giurisprudenziale sopra riportata
dellarticolo 19, comma 6, del D. Leg.vo n. 29 del 1993, poi sostituito
dallart. 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dovevano
esprimere parere e voto negativo al conferimento degli incarichi dirigenziali contestati
con latto di citazione.
La semplicità della materia e lunivocità degli orientamenti interpretativi,
costanti nel tempo, in ordine al conferimento degli incarichi è prova evidente della
colpa grave nel comportamento tenuto dai convenuti direttori amministrativi del
Politecnico di omissis.
I due dirigenti non si sono dovuti confrontare con un complesso di norme intricate e
contraddittorie e mutanti nel tempo, al contrario dovevano applicare pedissequamente la
stessa norma chiara ed inequivoca e costante nel tempo alla luce dei principi ermeneutici
sopra evidenziati, facilmente reperibili in qualsiasi raccolta giurisprudenziale della
materia, che dovevano conoscere ed utilizzare dandone specificamente conto e soprattutto
spiegando le ragioni della loro adesione ad un orientamento interpretativo diametralmente
opposto.
La importanza delloggetto delle delibere imponeva particolare cura e perizia
nellanalisi della normativa di principio e di quella primaria e secondaria che
regola gli incarichi dirigenziali a tempo determinato al fine di porre lorgano
collegiale deputato alla adozione delle delibere in condizione di fare una scelta
informata e consapevole della disciplina di riferimento.
Pertanto il comportamento gravemente colposo dei due direttori amministrativi ha tratto in
errore anche gli altri membri del Consiglio di Amministrazione che non sono stati
minimamente avvertiti con adeguata relazione dei limiti legali alle scelte organizzative
che venivano proposte.
Ciò implica una diversa misura di responsabilità dei membri dellorgano collegiale
in funzione dei particolari doveri istruttori incombenti al direttore amministrativo,
chiaramente delineati nella disciplina di questa figura dirigenziale
Il direttore amministrativo è la massima carica dirigenziale nellambito
dellamministrazione universitaria, per cui ha la massima responsabilità
nellesercizio dei suoi poteri organizzativi e gestionali.
Il ruolo e i compiti del direttore amministrativo sono peculiari e trovano la loro
disciplina in disposizioni normative diverse da quelle che regolano gli incarichi
dirigenziali a tempo determinato.
Il direttore amministrativo è figura istituzionale obbligatoria con compiti di
particolare rilievo: fa parte del Senato accademico (art. 9 R.D. n.1592/1933 e art.3 parte
II dello Statuto di Ateneo), del Consiglio di amministrazione 10 R.D. n.1592/1933, art. 4
parte II dello Statuto di Ateneo), allinterno dei quali svolge anche la funzione di
segretario (artt.9 e 10 R.D. n.1592/1933 e artt.3 e 4 dello Statuto di Ateneo), presiede
il Collegio dei dirigenti (art. 1 parte III dello Statuto di Ateneo).
Ai sensi dellart. 139, co. 1. R.D. 31 agosto 1933, n. 1592 e art. 1 parte III dello
Statuto di Ateneo: "Il direttore amministrativo sovraintende, in conformità alle
disposizioni del rettore o direttore e delle autorità accademiche, a tutti i servizi
amministrativi ed è responsabile dell'osservanza delle norme legislative e
regolamentari."
La responsabilità sancita da questa norma impone una diversa valutazione della posizione
dei due direttori amministrativi rispetto a quella di tutti gli altri membri del Consiglio
di Amministrazione del Politecnico coinvolti in questo giudizio.
La condotta dei direttori amministrativi ha escluso la colpa grave dei membri del
Consiglio di Amministrazione.
Per cui non si applica lart. 24 del d.P.R. n. 3 del 1957 che prevede la solidarietà
passiva sul presupposto che sussista la responsabilità dei membri del collegio
deliberante.
Ai sensi dellart. 24, del T.U. imp. civ. Stato, approvato con d.p.r. n. 3/1957:
"(Responsabilità degli organi collegiali):
"Quando la violazione del diritto sia derivata da atti od operazioni di collegi
amministrativi deliberanti, sono responsabili, in solido, il presidente ed i membri del
collegio che hanno partecipato all'atto od all'operazione. La responsabilità è esclusa
per coloro che abbiano fatto constatare nel verbale il proprio dissenso".
Nel caso di specie il comportamento dei direttori amministrativi, qualificato nei termini
sopra esposti, ha impedito agli altri membri del Consiglio di Amministrazione una adeguata
conoscenza della legalità degli incarichi che si proponeva di conferire in ragione
dellaffidamento di legittimità ingenerato dai responsabili dell'osservanza delle
norme legislative e regolamentari.
In ragione delle osservazioni che precedono il Collegio ritiene che la condotta degli
altri convenuti, ad esclusione dei due direttori amministrativi, che hanno partecipato con
espressione di voto favorevole alle delibere in contestazione, non è qualificabile in
termini di colpa grave, per cui devono essere assolti.
Anche nella ipotesi che gli incarichi dirigenziali in questione siano illeciti e dannosi,
secondo la difesa, non si potrebbe prescindere dal considerarne lutilità.
La tesi della Procura e invece che la nomina dei dirigenti, oltre che illegittima,
e pletorica, ridondante ed inutile, per cui non è dimostrato il vantaggio comunque
conseguito.
L'onere probatorio circa la sussistenza di "vantaggi" comunque conseguiti
dall'amministrazione a fronte di un patito danno erariale, grava sulla parte che intende
far valere la prospettata "utilitas" (C.Conti reg. Lombardia, sez. giurisd., 03
luglio 2003, n. 819).
Nel giudizio amministrativo-contabile la possibilità di tener conto dei vantaggi
conseguiti non attiene alla qualificazione della condotta, ma alla individuazione della
causa dei dedotti vantaggi, che deve identificarsi - per poterne tenere conto - con la
causa del danno (Corte Conti , sez. II, 12 febbraio 2003, n. 44).
Nel giudizio di responsabilità, perché si possa tener conto dei vantaggi comunque
conseguiti in relazione alla vicenda posta a giudizio, deve essere data compiuta prova, da
chi li allega a proprio favore, della sussistenza e dell'entità degli stessi (C.Conti
reg. Emilia Romagna, sez. giurisd., 29 gennaio 2002, n. 284).
Ai sensi dellart. 1, col-bis., della 1. 20/1994, "Nel giudizio di
responsabilità, fermo restando il potere di riduzione, deve tenersi conto dei vantaggi
comunque conseguiti dallamministrazione o dalla comunità amministrata in relazione
al comportamento degli amministratori o dei dipendenti pubblici soggetti al giudizio di
responsabilità".
Il Collegio ritiene che la diversità di qualifica con cui sono stati utilizzati gli
stessi funzionari che prima svolgevano mansioni simili, ovvero leccessivo numero di
aree dirigenziali affidate con gli incarichi dirigenziali contestati non abbia apportato
alcun effettivo vantaggio alla organizzazione funzionale dellEnte, aggravando
solamente gli oneri retributivi delle prestazioni professionali che già erano fornite in
precedenza con riguardo ai funzionari promossi dirigenti, ovvero che andavano oltre le
necessità organizzative dellEnte, per i dirigenti nominati oltre il limite numerico
consentito.
La funzione dirigenziale richiede determinate competenze professionali, acquisite ed
accertate a seguito di lunghi e complessi percorsi formativi universitari (disciplinati da
un ordinamento apposito che ne garantisce rigore, efficienza ed imparzialità), per cui
può essere svolta adeguatamente solo da persone che abbiano acquisito tali competenze.
Un funzionario che non conosce il diritto pubblico, il diritto amministrativo o il diritto
privato, non può assicurare adeguati standard qualitativi nellattività
organizzativa e gestionale, di studio o consulenza, o in quella volta ad assicurare il
rispetto della legalità nellazione amministrativa.
Le competenze e le capacità professionali di un diplomato non sono ovviamente equivalenti
a quelle di un laureato.
Lidoneità tecnica allimpiego garantita da un regolare processo formativo
certificato, per legge, da un apposito titolo di studio: la laurea, non può essere
sostituita da un particolare curriculum professionale di un funzionario diplomato.
Pertanto lillecito conferimento degli incarichi dirigenziali a soggetti sprovvisti
dei necessari requisiti professionali previsti per legge a garanzia della loro idoneità
allo svolgimento della funzione costituisce danno erariale.
Nessuna utilità a favore dellEnte danneggiato si può riconoscere alle prestazioni
rese da soggetti privi della necessaria qualificazione professionale, ma retribuiti
illecitamente come dirigenti.
Non si tratta di esercizio di funzioni dirigenziali, ma di idoneità al loro esercizio, e
di livello di qualità preteso dalla legge attraverso i requisiti richiesti, e obliterato
con il conferimento degli incarichi contestati.
Secondo il costante orientamento della Corte costituzionale ribadito nella sentenza n. 363
del 2006 "Il concorso pubblico - quale meccanismo imparziale di selezione tecnica e
neutrale dei più capaci sulla base del criterio del merito - costituisce la forma
generale e ordinaria di reclutamento per le pubbliche amministrazioni. Esso è posto a
presidio delle esigenze di imparzialità e di efficienza dellazione amministrativa.
Le eccezioni a tale regola consentite dallart. 97 Cost., purché disposte con legge,
debbono rispondere a "peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico"
(sentenza n. 81 del 2006). Altrimenti la deroga si risolverebbe in un privilegio a favore
di categorie più o meno ampie di persone (sentenza n. 205 del 2006). Perché sia
assicurata la generalità della regola del concorso pubblico disposta dallart. 97
Cost., larea delle eccezioni va, pertanto, delimitata in modo rigoroso".
Losservanza di tale principio va garantita non solo nei casi di accesso
dallesterno al pubblico impiego, ma altresì nel caso di passaggio a funzioni
superiori (v., ex multis, sentenza n. 465 del 2005; sentenza n. 218 e 194 del 2002)..
Limprescindibilità del possesso del diploma di laurea è espressione diretta del
principio di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), mentre
ammettere per lesercizio delle funzioni apicali dellente soggetti con
requisiti culturali (diploma di scuola secondaria) addirittura inferiori a quelli di
regola richiesti (diploma di laurea) per lo svolgimento delle funzioni riferibili alla VII
ed VIII qualifica funzionale, è prova evidente non solo della illiceità e
irragionevolezza della scelta ma anche della sua dannosità.
Nelle ipotesi in cui la norma consente lassunzione di dirigenti a tempo determinato
senza pubblico concorso, il rispetto dei requisiti di capacità e competenza professionale
deve essere estremamente rigoroso in quanto viene a mancare lo strumento principale di
selezione obiettiva dei migliori (il concorso), per cui è assolutamente imprescindibile
per laccesso alla funzione dirigenziale il possesso del requisito minimo del diploma
di laurea.
Pertanto l'attività svolta dalle persone incaricate, e prive dei requisiti di idoneità
prescritti dalla legge, è un danno per lamministrazione, non potendo essere oggetto
di positiva valutazione in termini di utilitas.
Il principio generale del necessario possesso del diploma di laurea, quale requisito
minimo imprescindibile per lo svolgimento di funzioni dirigenziali, è diretto a garantire
che tali funzioni siano svolte da personale tecnicamente preparato e qualificato, in
possesso del diploma di laurea che garantisce una soglia minima di formazione culturale e
professionale adeguata al tipo di funzione da svolgere.
Lattività resa in mancanza del prescritto titolo di studio è fonte di danno
erariale.
Con la sentenza, in data 26/10/2001 n. 279, la Sezione III/A della Corte dei conti afferma
che: "la giurisprudenza di questa Corte è ferma nellapplicare il principio
secondo cui lerogazione di compensi in favore di soggetti che abbiano svolto
lattività senza il possesso del prescritto titolo di studio costituisce danno a
carico del bilancio dellEnte interessato, a nulla rilevando in contrario la
circostanza che gli emolumenti percepiti abbiano corrisposto, come si assume nella
fattispecie in giudizio, a prestazioni effettivamente svolte in quanto le stesse, non
essendo espressione di capacità collegate al titolo di studio, non possono aver recato
alcun vantaggio allente".
Il danno dunque consiste nello squilibrio tra gli emolumenti erogati e la minore capacità
tecnico-professionale messa a disposizione dellente, rispetto a quella
inderogabilmente richiesta dalla legge (ed alla quale i maggiori emolumenti sono
indubbiamente ricollegati).
Il possesso di requisiti culturali e professionali si pone come necessaria premessa per
l'utile svolgimento delle relative attività.
Pertanto l'assenza di titoli culturali e professionali preclude la possibilità di
valutazione dell'utilità delle prestazioni svolte.
La Sezione giurisdizionale per la Toscana, con sentenza n. 542 del 26/09/2006 ribadisce
che "
l'erogazione dei compensi in favore di soggetti che abbiano svolto
l'attività senza il possesso del prescritto titolo di studio, costituisce danno a carico
dell'ente interessato, a nulla rilevando la circostanza che agli emolumenti percepiti
abbiano corrisposto prestazioni effettivamente svolte, in quanto le stesse, non essendo
espressione di capacità collegate al titolo di studio, non possono aver arrecato alcun
vantaggio", e precisa che "in tema di personale è rimesso alla legge la
determinazione delle condizioni per la sussistenza dell'equilibrio sinallagmatico delle
prestazioni e per lo svolgimento di determinate attività".
Alle stesse conclusioni si deve pervenire per quegli incarichi dirigenziali che sono stati
conferiti oltre il limite del 50% previsto dal regolamento organizzativo dellEnte.
Tra gli incarichi dirigenziali conferiti, lAccusa ha computato anche quello dei
direttore amministrativo che, secondo la difesa, non può essere computato, perchè il
ruolo e i compiti del direttore amministrativo sarebbero peculiari e non assimilabili a
quelli dei dirigenti, tanto che trovano la loro disciplina in disposizioni normative
diverse da quelle che regolano gli incarichi dirigenziali a tempo determinato.
La tesi della difesa è infondata perché la base di calcolo del 50% è il numero
complessivo delle figure dirigenziali previste in organico a prescindere dalle forme di
reclutamento (concorso o meno, di ruolo o a tempo determinato), considerato che la ratio
ispiratrice dellart. 19, comma 6, sia nella formula del 1993 che in quella del 2001,
è il principio di prevalenza dei dirigenti di ruolo, per i quali sono previste specifiche
procedure di reclutamento, rispetto a quelli a tempo determinato che costituiscono
eccezione a detta regola che garantisce il buon andamento della organizzazione della
pubblica dirigenza.
La violazione del numero massimo di dirigenti assunti con contratto a tempo determinato è
riferita al periodo successivo al 1.1.2003. A partire da tale data, secondo la difesa, si
possono individuare tre diversi periodi nei quali è variato il numero massimo di
incarichi dirigenziali conferibili a tempo determinato, numero che risultava pari,
rispettivamente, a:
a.- n. 12 unità nel periodo compreso tra il 1°.1.2003 (vigente la deliberazione C.d.A.
del 29 ottobre 2002, concernente listituzione di 24 aree dirigenziali a fronte delle
21 precedenti) ed il 30 settembre 2003 (data della deliberazione C.d.A. relativa alla
riorganizzazione della struttura amministrativa e allistituzione di 27 aree
dirigenziali a fronte delle 24 precedenti);
b.- n. 13,5 unità nel periodo compreso tra la predetta deliberazione C.d.A. del 30
settembre 2003 e la deliberazione C.d.A. del 30 marzo 2004 (concernente labrogazione
del precedente Regolamento "per laccesso alla qualifica di dirigente e per il
conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato" e lapprovazione del
nuovo Regolamento "per il conferimento di incarichi di funzioni dirigenziali a tempo
determinato");
c.- n. 16,2 unità, nel periodo successivo alla predetta deliberazione C.d.A. del 30 marzo
2004 in forza della quale, con lapprovazione del nuovo Regolamento "per
laccesso alla qualifica di dirigente e per il conferimento di incarichi dirigenziali
a tempo determinato", il numero massimo degli incarichi dirigenziali a tempo
determinato, conferibili a soggetti in possesso delle specifiche qualità professionali
richieste, è stata elevata al "60% dei posti previsti in organico per la direzione
di uffici dirigenziali".
Con riferimento al periodo indicato alla lettera a (1°.1.2003/30.9.2003), il limite di 12
dirigenti a contratto a tempo determinato non fu superato in quanto ricoprirono siffatti
ruoli di livello dirigenziale, i signori: 1) D. C., 2) L. C. G., 3) L. M. O., 4) G. S., 5)
C. L., 6) F. P., 7) L. S., 8) M. R., 9) G. D. G., 10) R. L., 11) G. L. P., 12) V. L..
Con riferimento al periodo 30.9.2003/30.3.2004, il limite massimo per i dirigenti a
contratto a tempo determinato fu invece superato in quanto ricoprirono siffatti ruoli di
livello dirigenziale, i signori: 1) D. C., 2) L. C. G., 3) L. M. O., 4) G. S., 5) C.
L., 6) F. P., 7) L. S., 8) M. R., 9) G. D. G., 10) R. L., 11) G. L. P., 12) V. L., 13) dal
gennaio 2004, A. M.
A tali 13 incarichi, si aggiunge lincarico conferito al dott. L. B. a tempo
parziale.
Con la deliberazione C.d.A. del 30.9.2003, dopo lesposizione della proposta relativa
alla riorganizzazione della struttura amministrativa da parte del Direttore amministrativo
il Consiglio si è limitato a prenderne atto.
Il fatto che il Consiglio di amministrazione abbia preso "atto" non è
equivalente ad una approvazione.
La presa datto è una dichiarazione di scienza che non ha natura di manifestazione
di volontà decisionale, per cui non può essergli attribuito alcun valore
provvedimentale.
Con la delibera del 30.9.2003 il Consiglio di amministrazione non ha ampliato la pianta
organica dei dirigenti, ma ha solo preso conoscenza di un progetto ancora in divenire
rappresentato da una semplice proposta avanzata dal direttore amministrativo, ma non
approvata.
Pertanto lincarico al dott. A. M. era privo del presupposto essenziale ossia la
preventiva approvazione dellincremento delle aree dirigenziali.
Con riferimento al periodo successivo al 30.3.2004, la misura massima degli incarichi
dirigenziali a tempo determinato fu superata perché la delibera del 30 marzo 2004, non
poteva elevare la quota degli incarichi conferibili a dirigenti a tempo determinato, in
quanto non si può violare un principio sancito dal sistema delle norme primarie con la
modifica di una norma regolamentare.
Lesercizio dellautonomia regolamentare è lecito quando rispetta i principi a
cui è vincolata, nello specifico il dettato dellart. 27, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165:
"
le altre pubbliche amministrazioni, nell'esercizio della propria potestà
statutaria e regolamentare, adeguano ai principi dell'articolo 4 e del presente capo i
propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarità
.".
Pertanto la modifica della quota prevista nellart. 2 del nuovo Regolamento per il
conferimento di incarichi di funzioni dirigenziali a tempo determinato dellEnte
costituisce una condotta illecita fonte di danno erariale, perché implica uno
stravolgimento abusivo ed arbitrario di un principio cardine dellequilibrio
organizzativo della dirigenza.
In sintesi il superamento della quota del 50% del numero complessivo dei dirigenti in
organico, a prescindere dalle varie modalità tutte illecite in cui è avvenuto, ha
determinato un esubero di figure dirigenziali che dal 2000 al 2003 è passato da un
fabbisogno reale di una sola unità ante febbraio 2000 ad un fabbisogno teorico
addirittura di 24 unità, basato su una irrazionale e ingiustificata moltiplicazione
esponenziale delle figure apicali che attingeva prevalentemente dallorganico già
esistente dei funzionari, violando le ragioni tecniche ed organizzative che ispirano il
sistema di reclutamento delle figure dirigenziali.
Se è plausibile che un solo dirigente nel 2000 era inadeguato alle crescenti esigenze
organizzative dellAteneo in relazione allo sviluppo diversificato dellofferta
formativa dislocata anche in nuove sedi territoriali, è del tutto sproporzionato ed
evidentemente inutile moltiplicare in 3 anni lorganico fino a 24 unità, per
consentire la nomina di figure dirigenziali del tutto ingiustificate in termini di
progressivo sviluppo del fabbisogno adeguato alle reali esigenze organizzative
dellEnte.
Quindi lAteneo non ha conseguito nessun reale vantaggio dagli esuberi di figure
dirigenziali contestati.
Il Collegio non ravvisa valide ragioni per lesercizio dellinvocato potere
riduttivo del danno erariale sia nei confronti del Dr. Z. che del Dr. M..
Considerazione a parte meritano i membri del collegio dei revisori dei conti sulla cui
posizione il Collegio conferma lorientamento già espresso da questa Sezione con la
sentenza n. 109 del 12 febbraio 2007.
I componenti del relativo Collegio dei revisori dei conti partecipano (senza diritto di
voto) alle riunioni del consiglio di amministrazione, ma non alle decisioni ivi adottate,
per cui a tale titolo non sussiste responsabilità amministrativa-contabile, considerato
che la loro partecipazione è strumentale allespletamento della loro funzione nel
collegio medesimo.
Ai sensi degli artt. 1 e 2 del D.L.vo 30 luglio 1999, n. 286, i revisori dei conti
controllano la regolarità amministrativa e contabile dellente, per garantire la
legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa secondo i principi
della revisione aziendale asseverati dagli ordini e collegi professionali operanti nel
settore.
Il compito principale dell'organo di revisione è la vigilanza sulla regolarità
contabile, finanziaria ed economica della gestione dellente relativamente
all'acquisizione delle entrate, all'effettuazione delle spese, all'attività contrattuale,
all'amministrazione dei beni, alla completezza della documentazione, agli adempimenti
fiscali ed alla tenuta della contabilità. A tale attività se ne aggiungono altre di tipo
diverso (tra cui i pareri sulla proposta di bilancio di previsione, le verifiche di cassa,
le relazioni sulla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto della gestione, il
referto all'organo consiliare su gravi irregolarità di gestione, con contestuale denuncia
ai competenti organi giurisdizionali in caso di ipotesi di responsabilità).
Il controllo sulla legittimità delle delibere consiliari non è funzione essenziale
necessaria dei revisori, ma accidentale, che si rende obbligatoria quando,
nellesercizio del controllo contabile - anche attraverso indagini a campione -
emergano irregolarità tali da tendere doveroso il controllo di legalità dei singoli
provvedimenti.
Il grado di colpa connesso alleventuale omissione di tale doverosa vigilanza deve
essere adeguato al grado di difficoltà dellaccertamento (Corte conti , sez. I, 13
febbraio 2003, n. 64/A).
Nel caso di specie, il controllo di legittimità degli incarichi dirigenziali a tempo
determinato spettava in prima istanza al direttore amministrativo che ha partecipato alle
delibere contestate, linottemperenza a tale compito, per le modalità di cui si è
già trattato, ha generato anche nei revisori un ragionevole affidamento sulla
legittimità delle delibere adottate.
Dallesame degli atti e dalle deduzioni delle difese non emergono circostanze
particolari tali da giustificare lesercizio suppletivo del dovere controllo sulla
legittimità delle delibere adottate.
I profili di illegittimità delle delibere contestate non erano riscontrabili con il mero
esercizio delle funzioni istituzionali dei revisori contabili, lomissione di tale
controllo, seppur colposa, non può ritenersi tale da raggiungere quel grado di gravità
idoneo a far sorgere la responsabilità contabile.
Per cui il Collegio non ravvisa nella condotta dei revisori contabili il requisito della
colpa grave.
Le altre eccezioni e deduzioni svolte dalle difese dei convenuti non esaminate ex professo
sono da ritenersi assorbite dalla trama argomentativa della motivazione della presente
decisione.
La Procura ha quantificato il danno arrecato alla Politecnico di omissis, nella somma di
Euro .1.288.017,59# quale risultante della somma di due voci di danno.
La prima voce di danno quantificata in .715.197,41# è relativa ai 4 incarichi
dirigenziali a tempo determinato, affidati nelle sedute rispettivamente, del 29 ottobre
2002 allIng. F. P., del 27 maggio 2003 al dott. L. B., del 30 settembre 2003 al
dott. A. M. e, successivamente, in quella del 28 settembre 2004 alla dottoressa C. P..
La seconda voce di danno quantificata in .572.820,18 è relativa ai 6 incarichi
dirigenziali a tempo determinato, affidati nella seduta del 21 marzo 2000 ai signori 1-
O., 2- C., 3- L., 4- C. G., nella seduta del 29 ottobre 2002 ai signori 5- P. e 6- L..
Il Collegio alla luce delle responsabilità sopra individuate ha così ripartito il danno
a carico dei due direttori amministrativi:
Z. per gli incarichi dirigenziali conferiti nelle sedute del C.d.A. del 21.3.2000 e del
29.10.2002 per un totale di .917.277,99 (.572.820,18 seconda voce di danno +
quota della prima .344.457,81 per P.);
M. per quelli conferiti nelle sedute del C.d.A. del 27 maggio 2003 (M. per
.216.434,70), del 30 settembre 2003 (per B. .132.696,55) e del 28 settembre
2004 (.21.608,35) per un totale di .370.739,60 quota residua della prima voce
di danno.
Pertanto il convenuto P. Z. deve essere condannato al pagamento della somma di Euro
850.567,35# (.917.277,99 - .66.710,64 quota danno prescritto), quale danno
patrimoniale diretto, oltre rivalutazione monetaria da computarsi dalla data dei singoli
pagamenti, effettuati dal Politecnico di omissis per le retribuzioni indebite, fino alla
data di deposito della sentenza, oltre interessi legali dal deposito della sentenza al
saldo effettivo.
Mentre il convenuto G. M. deve essere condannato al pagamento della somma di Euro
.370.739,60#, quale danno patrimoniale diretto, oltre rivalutazione monetaria da
computarsi dalla data dei singoli pagamenti, effettuati dal Politecnico di omissis per le
retribuzioni indebite, fino alla data di deposito della sentenza, oltre interessi legali
dal deposito della sentenza al saldo effettivo.
Per questi due convenuti la condanna alle spese segue la soccombenza.
In ordine alla posizione del convenuto G. B. deve dichiararsi lestinzione del
giudizio per morte.
Atteso il principio della non trasmissibilità "mortis causa" della
responsabilità amministrativa - salvo il caso di indebito arricchimento - l'erede non è
legittimato a riassumere il giudizio interrotto per morte del suo dante causa e, pertanto,
il giudizio va dichiarato estinto (Corte Conti , sez. riun., 21 ottobre 1997, n. 74/A)
Tutti gli altri convenuti devono essere assolti.
Per il regolamento delle spese, deve farsi applicazione del combinato disposto di cui
all'art. 10 bis comma 10 del D.L. 30 settembre 2005 n. 203, convertito nella legge 2
dicembre 2005 n. 248: "le disposizioni dell'art. 3 comma 2 bis del D.L. 23 ottobre
1996 n. 543, convertito dalla legge 20 dicembre 1996 n. 639 e dell'art. 18 comma 1 del
D.L. 25 marzo 1997 n. 67, convertito dalla legge 23 marzo 1997 n. 135, si interpretano nel
senso che il giudice contabile, in caso di proscioglimento nel merito e con la sentenza
che definisce il giudizio, ai sensi e con le modalità di cui all'art. 91 del c.p.c.,
liquida l'ammontare degli onorari e diritti spettanti alla difesa del
prosciolto
.", con l'art. 3 comma 2 bis del D.L. 543/1996, secondo il quale le
spese legali sono a carico dell'amministrazione di appartenenza applicabile ai giudizi in
corso, in quanto disposizione processuale. Peraltro questo giudice deve provvedere
d'ufficio (Cass., 9 febbraio 2000 n. 1440) sulla base degli atti di causa, non essendo
stata depositata l'apposita nota di cui all'art. 75 disp.att. c.p.c., a liquidare onorari
e diritti come per legge spettanti alla difesa della convenuta prosciolta nel merito, in
conformità norme ed alle tabelle A (tavola V^) e B della vigente tariffa approvata con
D.M. 8 aprile 2004 n. 127, applicando per quanto riguarda il valore della causa, gli artt.
10 e 11 c.p.c..
Tenuto conto della natura, dell'oggetto, della difficoltà della causa e della difesa
svolta da ciascun difensore per più di una parte, ritiene il Collegio che dette
competenze possano essere liquidate al minimo tariffario previsto dalle tabelle,
maggiorato in funzione del numero dei convenuti difeso da ciascun difensore ai sensi
dellart. 5, comma 4, della Tariffa vigente, non presentando la causa questioni di
particolare complessità giuridica o problemi di particolare difficoltà processuale,
mentre devono essere altresì liquidate le "spese generali" nella misura del
12,5% sull'importo degli onorari e dei diritti ripetibili di cui all'art. 14 del citato
D.M..
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione
Lombardia, definitivamente pronunciando:
condanna P. Z., al pagamento in favore del Politecnico
di omissis della somma Euro 850.567,35# (ottocentocinquantamila
cinquecentosessantasette/35), oltre rivalutazione monetaria da computarsi dalla data dei
singoli pagamenti, effettuati dal Politecnico di omissis per le retribuzioni
indebite, fino alla data di deposito della sentenza, oltre interessi legali dal deposito
della sentenza al saldo effettivo;
condanna G.M., al pagamento in favore del Politecnico di omissis della somma Euro
370.739,60# (trecentosettamilasettecentotrentanove/35), oltre rivalutazione
monetaria da computarsi dalla data dei singoli pagamenti, effettuati dal Politecnico di
omissis per le retribuzioni indebite, fino alla data di deposito della sentenza,
oltre interessi legali dal deposito della sentenza al saldo effettivo;
assolve: A. D. M., M. C. T., A. B., G. B., F. P., V. L., M. P. P. in T.,
P. P., M. P., B. B., D. M., R. M., A. Z. R., M. F., D. M., G. A., R. P., A. C., L. M. V.
C., M. G. M., dalla ipotesi di danno erariale contestata;
dichiara lestinzione del giudizio nei confronti di G. B..
Le spese seguono la soccombenza relativamente Z. e M. e sono liquidate in
euro_5.652,01#-
Liquida e pone a carico del Politecnico di omissis ai fini del rimborso previsto dall'art.
3 comma 2 bis del decreto-legge 23 ottobre 1996 n. 543 convertito con legge 20 dicembre
1996 n. 639, la somma che detta amministrazione è tenuta a pagare per onorari e diritti
di difesa:
al convenuto G. B., nella misura di euro 8.615,00 (di cui euro 7.145,00 per onorari),
oltre il 12,5% per le "spese generali" di cui all'art. 14 del D.M. 8 aprile 2004
n. 127;
ai convenuti A. D. M. e M. C. T., nella misura di euro 8.615,00 + 20% (di cui euro
7.145,00 per onorari), oltre il 12,5% per le "spese generali" di cui all'art. 14
del D.M. 8 aprile 2004 n. 127;
ai convenuti L. M. V. C., C. e M. G. M., nella misura di euro 8.615,00 + 40% (di cui
euro 7.145,00 per onorari), oltre il 12,5% per le "spese generali" di cui
all'art. 14 del D.M. 8 aprile 2004 n. 127;
ai convenuti A. B., F. P., R. P., A. Z. R., M. F., V. L., P. P., M. P. P. in T., M.
P., D. M., R. M., B. B. e D. M., nella misura di euro 8.615,00 + 240% (di cui euro
7.145,00 per onorari), oltre il 12,5% per le "spese generali" di cui all'art. 14
del D.M. 8 aprile 2004 n. 127;
Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del 29-11-2007.
IL GIUDICE ESTENSORE IL PRESIDENTE
(Dott. Maurizio MASSA) (Dott. Giuseppe NICOLETTI)
Depositata in Segreteria 13 Mar. 2008
IL DIRIGENTE IN CASO DI DIFFUSIONE OMETTERE LE GENERALITA
dott. Stefano Speranzoni E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI DELLE PARTI
IL PRESIDENTE
GIUSEPPE NICOLETTI |
Convegno di AGORA', CISL, CNU, SUN, UdB, USPUR
per la presentazione delle conclusioni dei lavori del "Gruppo trasversale dei
30"
per la riforma della RIFORMA dello STATUTO GENERALE dell'Ateneo di Bologna,
a partire da una ipotesi iniziale di G. GHETTI e N. LUCIANI |
PROGETTO TECNICO-GIURIDICO
DI RIFORMA
DELLA GOVERNANCE DELL'ATENEO DI BOLOGNA
Relatore prof. Giulio GHETTI
(Bologna, 25 feb. 2008)
|
Giulio Ghetti
|
|
Avvertenza.
I problemi di riforma dello Statuto dellUniversità di Bologna sono molteplici e,
per la loro diversità, richiedono un approccio largo, così da potere raccogliere le
proposte di corrispondenti larghe e molteplici esperienze.
In questo documento si esamina solo il problema della riforma del sistema di
governo, perchè è forse quello in maggior stato di sofferenza.
Alla base del progetto, di seguito illustrato, stanno alcuni presupposti, per la maggior
parte di teoria generale, che è opportuno sintetizzare e da valere anche nel costruire
ogni altra proposta di nuovo Statuto dell'Ateneo di Bologna.
Merita rimarcare che il progetto è stato sottoposto, sotto un profilo solo tecnico, alla
critica di numerosi colleghi docenti e amministrativi già nel maggio-scorso u.s., subito
dopo lappello del Rettore, allintero Ateneo, perché tutti dessero il loro
contributo. |
Commissione
nominata dal CdA e SENATO Nel frattempo, il Rettore ha messo, per il 10 marzo,
l'argomento della riforma all'ordine del giorno del Corpo costituente (CdA e Senato) il 10
marzo u.s., che ha nominato una Commissione, composta da: Stefano Canestrari (Presidente), Giliberto Capano, Giuseppe Caia, Anna
Minarini, Giovanni Longo, Piergiacomo Sibiano (studente), Davide Zannoni, Fabio Giusberti,
Rafael Lozano.
La Commissione dovrà riferire entro aprile, in modo che il Corpo costituente
(tra l'altro, in scadenza il 31 ott.) possa decidere entro settembre. |
A ragione,
dunque, si può ben osservare che ciò è avvenuto largamente in anticipo rispetto alle
scadenze elettorali di Ateneo, che sembrano, invece, influenzare le discussioni più
recenti sulla riforma dello Statuto, basate su argomenti politici e perciò
controvertibili.
Con particolare riferimento, poi, alle apprensioni avanzate da alcuni colleghi,
relativamente allallargamento dellelettorato attivo (e specificamente del
personale tecnico-amministrativo, per lelezione del Rettore, in particolare per la
possibilità di creare conflitti di interessi secondari pubblici e privati con
linteresse pubblico primario, ad es. ai fini della contrattazione salariale del
personale medesimo), merita osservare che questa possibilità riguarda tutte le categorie
rappresentate negli organi rappresentativi. Ma merita anche osservare che essa può
trovare giusta armonizzazione se tutti gli interessi sono rappresentati e contemperati in
modo adeguato, tranne in alcuni casi estremi, da regolare con specifica normativa. Ad es.,
si potrebbe vietare che le questioni di trattamento economico siano deliberate dagli
Organi rappresentativi; o che una associazione, proprietaria di una cooperativa, che
fornisca servizi allAteneo, possa presentare propri candidati al Consiglio di
Amministrazione. Ciò viene ripreso nei presupposti al progetto.
Fatta questa avvertenza, sono qui di seguito illustrati i presupposti che, più nel
dettaglio, reggono le progetto che viene subito di seguito. Segnaliamo lORGANIGRAMMA
delle Istituzioni del governo dellAteneo, riassunto alla fine. |
SINTESI del progetto.
Lipotesi di base, per la seguente proposta, è partire da schemi collaudati
dallordinamento giuridico per autonomie analoghe a quella delluniversità
italiana (come configurata dalla legge 168/1989 (legge Ruberti). Precisamente si fa
riferimento ad un ordinamento centralizzato, che contenga elementi di flessibilità, così
da ammettere al suo interno delle forme di autonomia decentrate. Per noi le unità
decentrate sono quelle della Romagna.
Precisamente,, ferma la struttura centralizzata dell'Ateneo, si propone:
1- rimane l'elezione diretta del Rettore, ma per 5 anni e senza rieleggibilità:
2- è stabilizzato il Consiglio dei ProRettori, e tuttavia affidando a ognuno la
responsabilità politica di un settore dell'amministrazione, sul modello degli assessori
comunali. Si propone il riparto dell'amministrazione in 7 settori. E' abolita l'attuale
Giunta;
3- in Senato il potere decisionale è ripartito per metà alle facoltà e per metà ai
dipartimenti, ferma la presenza attuale degli studenti.;
4- I membri del Consiglio di Amministrazione e del Senato sono eletti per liste
concorrenti e sistema proporzionale corretto (esclusi i Presidi, che restano di diritto).
Sono ammesse negli Organi solo le prime due liste, per ordine di voti riportati.
5- La Romagna può avere forme di autonomia per materia, con budget;
6- Il personale amm.vo ha riconosciuto lelettorato attivo, pur se con "voto
limitato", all'elezione del Rettore (il 10% è grosso modo la cifra
"media", tra quelle degli atenei italiani);
7- Gli studenti conservano lattuale presenza negli organi di governo.
Relazione del prof. Giulio GHETTI
Progetto di riforma della Governance
nello Statuto dellAteneo di Bologna e Sedi Decentrate
I - Presupposti del Progetto.
1. E' tipico del sistema italiano dell'istruzione, di ogni ordine e grado, considerare
questo settore "sotto la mano pubblica" e, quindi soggetto a regolazione
penetrante e vigilanza occhiuta. Le ragioni di ciò sono storiche, hanno fondamenti
politici, tecnicamente quanto in esso viene fatto per i destinatari - in primis, per gli
studenti - viene classificato nella categoria delle cosiddette "prestazioni
amministrative rese ai privati" e non in quella dell'erogazione di un servizio
pubblico.
Da questo primo presupposto derivano due conseguenze:
l'autonomia (sia quella normativa che quella organizzativa) è fortemente limitata, spesso
quasi residuale rispetto alla disciplina legislativa e regolamentare;
proprio perché si ragiona in termini di prestazione amministrativa e non di erogazione di
un servizio, i principi di efficienza (quanto a regole di governance e di decision
making) sono poco o nulla tenuti in considerazione.
2. Non vi è reale autonomia laddove non vi è indipendenza finanziaria, e cioè l'avere
fonti proprie di sostentamento.
Nel sistema italiano vige il principio di "finanza derivata" per tutti
gli enti pubblici, anche per quelli politico-rappresentativi come sono gli enti locali
territoriali quali i Comuni, le Province, le Regioni
Infatti, è lo Stato ad erogare la massima parte dei mezzi di sostentamento e per lo
sviluppo.
Conclusione: l'autonomia universitaria risente anche - e pesantemente - di questo
ulteriore limite.
3.- Conclusa l'esperienza dei Comuni medioevali che, con i loro Statuti, esprimevano la
propria indipendenza e la propria libertà rispetto al potere imperiale centrale, nel
sistema italiano (anche in quello successivo alla Costituzione repubblicana del 1948) il
potere di "darsi uno statuto" è stato un potere concesso dal centro alla
periferia: dunque un potere non originario, non proprio, ma bensì derivato e per ciò
stesso limitato in varia misura qualitativa e quantitativa.
Il fatto è che il termine "statuto" ha un forte valore semantico,
evocativo, e così siamo indotti a pensare che nel poter darsi uno statuto si sia nella
stessa condizione di quei Comuni Città - Stato (e, spesso, neppure essi furono del tutto
liberi rispetto al potere imperiale): finisce così che gli statuti vengono caricati di
affermazioni e dichiarazioni di principio ripetitive di quanto è già detto - con valenza
generale - in altri e ben più importanti atti fondamentali, a partire dalla Carta
Costituzionale.
4.- Come in ogni altra amministrazione pubblica, anche in quella universitaria sono
presenti interessi pubblici secondari dei quali sono titolari varie categorie (in
particolare i docenti, i non docenti, gli enti locali politico-rappresentativi), nonché
interessi privati secondari (in primo luogo, gli studenti). Si pongono quindi problemi di
contemperamento di questi vari interessi secondari (pubblici e privati) con l'interesse
pubblico primario, nonché tra questi stessi interessi.
Il settore "Istruzione" è, come in precedenza accennato, ritenuto tra quelli
oggetto di prestazioni amministrative, e non di erogazione di servizi da parte dello
Stato; inoltre è "a finanza derivata": ne consegue che anche in esso per il
contemperamento degli interessi in gioco il solo criterio stabilito dal legislatore è
quello della prevalenza dell'interesse pubblico primario, al quale tutti gli altri
interessi - proprio perché secondari - possono essere sacrificati in varia misura,
solitamente assai ampia.
5.- La scarsa o nulla attenzione alla efficienza, da un lato; il fatto che si opera in un
sistema "a finanza derivata" e nel quale perciò vi è "spendita" di
denaro pubblico, da altro lato; la compresenza di interessi secondari, pubblici e privati,
di varie categorie, da altro lato ancora; sono tutti elementi che comportano:
che le regole di governance riguardano soprattutto la presenza in organi
precostituiti anche nella loro composizione: vi è dunque una scarsa attenzione ai
procedimenti decisionali;
che nelle scelte di composizione degli organi si tende ad adottare modelli e moduli
sperimentati per comporre gli organi degli enti politico-rappresentativi. Certo, non tutte
le categorie portatrici di interessi secondari hanno il suffragio universale (si pensi
agli studenti e al personale tecnico-amministrativo); certo, i componenti di alcuni organi
hanno provenienze diverse, e cioè fanno parte di quell'organo a motivo della carica che
rivestono (carica che talora non è elettiva in primo grado e, qualche volta, neppure di
secondo grado): comunque prevale l'utilizzo dei metodi consolidatisi nei sistemi a
democrazia rappresentativa, con i difetti che essi comportano, quali la prevalenza di
gruppi organizzati, la scarsa o nulla attenzione ai diritti delle minoranze, la
pletoricità degli organi con conseguenti difficoltà nel decidere.
6.- Nelle amministrazioni pubbliche italiane da qualche tempo è attuato un principio che
in altri ordinamenti è consolidato e scontato, quello della netta separazione tra
governare e l'amministrazione.
Principio che si collega al regime delle responsabilità rispettive e delle connesse
sanzioni, nonché ai diversi presupposti che presiedono alla nomina: competenze politiche
per chi è eletto/chiamato a governare, competenze tecniche per chi deve attuare le scelte
di governo.
Nel sistema universitario italiano questa netta separazione non è del tutto e
concretamente attuata: si tratta, perciò, di realizzarla a partire proprio dallo statuto.
Se si accettano questi presupposti, la modifica dello statuto - di ogni statuto di ogni
Università - deve mirare a raggiungere questi principali obiettivi, che elenco non in
ordine di importanza
II - Obiettivi del progetto.
1. - Massima rappresentatività degli organi di governo
Si tratta di una esigenza che deriva non da principi di tutela sindacal-corporativa di
ogni singola categoria che nell'Università opera, ma bensì di raggiungere, attraverso
una composizione mista degli organi, quel contemperamento degli interessi secondari
pubblici e privati in merito al quale il legislatore non fornisce precisi criteri di
equilibrio.
In linguaggio tecnico si rende necessario raggiungere un coordinamento per il tramite
delle persone chiamate a comporre gli organi di governo. Sotto diverso aspetto si realizza
così anche quella universitas che dà il nome all'ente.
2 - Efficienza e trasparenza dei processi decisionali di governo, pur nella
consapevolezza che il decision making degli organi di governo è fortemente
condizionato dalla loro appartenenza alla categoria degli organi collegiali
amministrativi, in quanto tali tenuti al rispetto dei principi generali dil diritto
amministrativo che reggono il funzionamento di questa categoria. Il risultato ottimale che
si può ottenere a livello di statuto è quello di limitare le loro competenze (e le
connesse responsabilità) alle decisioni di maggior rilievo, quelle per così dire
strategiche in quanto di portata generale.
L'esecuzione di queste decisioni e le altre attività di amministrazione spettano e devono
invece rimanere nella competenza della struttura amministrativa.
Nonostante questa autolimitazione delle competenze va da sé che la pletoricità degli
organi è di ostacolo all'efficienza e alla trasparenza del finanziamento di essi.
3 No ad eccessi di regolamentazione. E' pacifico che in ogni pubblica
amministrazione l'eccesso di regolamentazione porta ad una rapida sclerosi. Occorre
perciò che lo statuto sia "snello" e limiti all'indispensabile il rinvio a
successivi atti regolamentari, nella consapevolezza che questi regolamenti non sono fonti
normative secondarie e, dunque, hanno effetti limitati al disciplinare procedure di routine
e sono con ciò stesso inadatti ad operare in un sistema che è soggetto a continui
mutamenti normativi.
III - IL PROGETTO
I punti fondamentali esaminati sono:
a) la struttura del governo rettorale: rettore e giunta;
b) il funzionamento e struttura degli organi collegiali deliberanti o di rappresentanza
politica della comunità scientifica e degli studenti, e del personale
tecnico-amministrativo;
c) il peso delle Facoltà rispetto a quello dei Dipartimenti;
d) il rapporto tra poteri politici dei professori e poteri di gestione
dellAmministrazione (con questo termine si intende il gruppo dei "top
manager" o alti dirigenti).
1 - ESECUTIVO o governo rettorale centrale: rettore e consiglio dei pro
rettori
a) Rettore. Nel nostro statuto è configurato un rettore che (oltre alla Giunta),
sia assistito da un insieme di Pro Rettori con competenze in qualche modo
"sotto-definite" e talvolta conflittuali tra loro, accentra di fatto, su di sé,
tutti i poteri politici. Ma, al tempo stesso, gli elettori hanno difficoltà a capire
quanta azione, in complesso, egli riesca ad esercitare validamente e realmente,
soprattutto per la vastità dei compiti dellAteneo, ma anche per il probabile
deficit di competenze in materia amministrativa, per cui nascono dei vuoti riempiti
impropriamente dallAmministrazione.
Cè, poi, la circostanza che lattuale istituto dei Pro-rettori è ai limiti
della legalità, in quanto furono istituti nel 2001 da una norma transitoria, per una
durata "sino alla ridefinizione dellassetto organizzativo
dellAteneo", attesa (in base agli impegni elettorali del rettore)
allinterno del primo mandato, ma tuttora disattesa. Urge, dunque, legittimare
stabilmente questo istituto
La soluzione di questi problemi richiede che il rettore abbia, di norma, funzioni di
indirizzo, coordinamento e controllo del Consiglio dei Pro Rettori, che lo coadiuva,
nellesercizio dei suoi compiti.
Può partecipare alle riunioni del Consiglio studentesco e del Consiglio di
Amministrazione.
Il Rettore dura in carica 5 anni, e non è immediatamente rieleggibile. In caso di
modifica della durata, la modifica si applica ai successori.
E ammessa la proposta della mozione di sfiducia in caso di attentato allo statuto,
violazione del codice etico, inadempienza delle delibere degli organi collegiali.
Modalità di elezione. Eletto direttamente dal corpo docente e (in limiti che non
stravolgano la posizione tradizionale di preminenza del corpo docente) dagli studenti, e
dal personale amministrativo, sulla base di un programma, comprensivo dellintenzione
di composizione del Consiglio dei ProRettori (vedi qui sotto), fatto salva la futura
approvazione della sua composizione da parte del Consiglio di Amministrazione e del
Senato.
b) Consiglio dei ProRettori . Lattuale Giunta non ha
funzionato secondo le aspettative. Nel 2001 una "disposizione transitoria" dello
Statuto ha istituito una seconda Giunta, diciamo una Giunta di fatto, composta dal Gruppo
dei 5 Pro-Rettori, oltre il Vicario e il Direttore amministrativo.
Nellattuale Statuto, la Giunta prevista dallo Statuto devessere composta da
membri tra una rosa precostituita (ossia attinta dallinterno del CdA e del Senato).
Invece il gruppo dei Pro-Rettori è composto da personalità di fiducia e competenza,
scelte liberamente dal Rettore.
Dal punto di vista dellefficienza del governo, si ritiene che il Consiglio dei
Pro-Rettori sia altamente preferibile e andrebbe acquisita stabilmente. Invece
lattuale Giunta andrebbe abolita, anche per evitare di accavallare delle competenze
identiche di più organi, e anche con troppe persone, come espressione
dellEsecutivo. Come già accennato, lattuale assetto dei Pro-Rettori è
insufficiente non solo sotto il profilo (accennato) della definizione delle
responsabilità politiche, ma anche sotto il profilo dei poteri di indirizzo e controllo
dellAmministrazione. Pertanto essa va riconfigurata. Qui di seguito è proposta una
soluzione, ripresa dallordinamento comunale (qui ci sono degli assessori per
settori, con delega piena del sindaco), salvo per alcuni adattamenti. Precisamente:
Composizione: 7 Pro-Rettori (oltre il Vicario senza diritto di voto), nominati dal
Rettore al di fuori del C.d.A. e del Senato, con delega rettorale a reggere un
macro-settore, con potere di firma per quanto riguarda la responsabilità politica, in
attuazione degli indirizzi delle decisioni del Consiglio dei Pro Rettori (vedi più
avanti: amministrazione). Precisamente i membri dellesecutivo hanno la
responsabilità politica di un settore dellAmministrazione, interfacciato da un
Dirigente amministrativo del settore. Il numero dei settori è indicato nello Statuto.
In caso di necessità e urgenza il Consiglio dei Pro rettori, dovrebbe poter esercitare i
poteri deliberanti del Consiglio di Amministrazione o del Senato, che sono convocati entro
7 giorni per la ratifica.
Il Consiglio dei Pro Rettori è presieduto dal Rettore.
I suoi membri possono partecipare alle riunioni del CdA, del Senato e del Consiglio
studentesco.
c) Governi a livello decentrato (Romagna)
Le Sedi di Facoltà e di Dipartimento decentrate nel territorio, separate o accorpate in
rispettivi Consigli di Polo (come attualmente), potrebbero avere anche forme di autonomia
finanziaria per determinati compiti, per un budget conferito dallAteneo centrale su
fondi propri o conferiti allAteneo da enti locali a destinazione vincolata per la
Romagna.
Le Sedi di Cesena e Forlì potrebbero essere rette da un Pro-Rettore, designato dal
Rettore tra i Presidi della Sede.
Queste Sedi, dotate di un budget, dovrebbero relazionare annualmente agli organi centrali
sul rispettivo bilancio e sulle problematiche amministrative connesse.
2 - ORGANI COLLEGIALI DELIBERANTI. I problemi della rappresentanza politica della
comunità scientifica e degli studenti e del personale tecnico e amministrativo.
Premessa. La fonte dellautonomia universitaria è la legge 168/1989, art. 16.
Essa definisce la rappresentatività del Consiglio di Amministrazione e del Senato nei
seguenti esatti termini:
Il CdA devessere composto in modo che assicuri la "rappresentanza delle diverse
componenti previste dalla normativa vigente";
Il Senato devessere composto in modo da essere "rappresentativo delle facoltà
istituite nell'ateneo" e dei dipartimenti, pariteticamente;
Lo Statuto di Bologna dà anche una rappresentanza agli studenti e al personale
tecnico-amministrativo.
Nellesperienza fatta, il CdA e il Senato hanno potuto svolgere in modo molto
limitato i loro compiti. Le ragioni fondamentali attengono alle difficoltà degli organi
di esprimere una volontà. Ci sono poi altre ragioni, di origine esterna.
Le ragioni fondamentali per cui gli organi non hanno manifestato adeguatamente la loro
volontà sta nellestrema polverizzazione della rappresentanza. In altri termini, qui
la polverizzazione è molto maggiore di quella che troviamo in parlamento, a causa
delleccessivo numero dei partiti.
In CdA ci sono, per così dire, tanti partiti quante le persone perché, per la modalità
stessa dellavvenuta elezione, ogni membro è portato ad esprimere la propria
opinione separatamente e direttamente, senza lobbligo del confronto con gli altri
colleghi. Mancando il voto concordato di più persone, le proposte non possono avere
"valore politico". Ciò determina un Consiglio troppo debole rispetto
allEsecutivo, fino a esserne sottomesso (e questo, peraltro, in modo simile a quanto
avviene da parte del Governo - nei parlamenti, nei quali la rappresentanza sia
molto frazionata).
Le ragioni di origine esterna del limitato potere degli Organi collegiali attengono alla
volontà dellalta burocrazia di perpetuare il vecchio potere burocratico, secondo la
tradizione precedente allautonomia universitaria, ossia quando essa era un organo
decentrato del Ministero della Pubblica istruzione. Questo potere è fatto di "atti
amministrativi interni", ma anche del potere di fare contratti con lesterno,
per forniture di servizi, e commissionare consulenze.
Le forme di manifestazione di detta volontà di potere burocratico sono riconducili a vere
e proprie forme di ostruzione, come lingolfamento del numero delle pratiche
sottoposte agli organi, da approvare per stanchezza in poche ore (vedi 300-400 delibere da
prendere in mezza giornata, per un ordine del giorno comunicato solo 3-4 giorni prima
della riunione), col vantaggio (per lAmministrazione) di spostare tutta la
responsabilità amministrativa, contabile e civile della decisione, dal dirigente
all'organo politico; come la negazione (motivata da riservatezza) dellaccesso agli
atti e ai documenti amministrativi degli Uffici dove acquisire le necessarie conoscenze
dei problemi in esame; la negazione di un ufficio in sede, per lesame delle
pratiche.
NellAteneo esistono conflitti di interessi (ad es. gruppi che fanno servizi a
pagamento allAteneo e che sono rappresentati in Consiglio di Amministrazione.
Possibili soluzioni. In linea generale (oltre alla riforma
dellamministrazione, di cui si dirà più avanti), per generare la vitalità degli
Organi rappresentativi, occorrerebbe:
1) realizzare le condizioni per una dialettica, al loro interno, così che ci sia una
"maggioranza" e una "minoranza". A questo fine, è necessaria la
modifica del sistema elettivo, che dovrebbe divenire per liste concorrenti.
2) Gli organi dovrebbero organizzarsi secondo un principio di specializzazione.
Precisamente, essi dovrebbero sotto-organizzarsi in Commissioni per materia, e riservare
allAula le questioni di interesse generale, e invece alle Commissioni le questioni
pratiche e minute;
3) Per soddisfare a questi criteri, gli organi dovrebbero avere un numero di membri ampio
(ma non pletorico) di componenti, e questo sia per permettere la sotto-organizzazione per
il lavoro corrente, sia per la necessaria autorevolezza come "massa critica";
4) In Senato le rappresentanze rispettive delle facoltà e dei dipartimenti (questi ultimi
ancora raggruppati tra le 6 aree, di cui allo Statuto) dovrebbero essere paritetiche e
permettere un confronto diretto e adeguato per il riparto delle risorse.
Per applicare questi criteri, sono avanzate le seguenti soluzioni.
a) Consiglio di Amministrazione. Esso dovrebbe conservare,
come da statuto attuale, i poteri deliberanti in materia di economia, finanza e di
gestione. Non dovrebbero, invece, essere ammesse deleghe al Consiglio dei Pro rettori,
salvo casi eccezionali con criteri direttivi definiti e a termine.
Composizione: 30 membri elettivi, di cui 9 professori ordinari, 8 professori
associati, 7 ricercatori, 6 tecnico-amministrativi, il Presidente del Consiglio
studentesco e altri 5 studenti nominati dal Consiglio studentesco, e il Direttore
amministrativo con diritto di voto in materia di organizzazione, e contabilità e
bilancio.
Possibilità di cooptare rappresentanti di enti pubblici e privati finanziatori.
Lassemblea costituita dagli enti medesimi elegge, in totale, due rappresentanti
comuni, con diritto di voto.
Il Presidente è eletto dal Consiglio, tra i propri membri eletti.
Il Consiglio si sotto-organizza in Commissioni per materia, con potere deliberante. In
caso di richiesta di 1/3 dei suoi membri gli argomenti in discussione sono rimessi al
Consiglio.
A ciascuna Commissione partecipa un Pro-Rettore. Il Presidente della Commissione è
designato dal Presidente del Consiglio di Amministrazione.
La nomina a membro del Consiglio è incompatibile con altre cariche elettive, ad eccezione
del Presidente del Consiglio studentesco;
I consiglieri hanno diritto di accesso agli atti dellAmministrazione e non può
essere opposto il segreto di ufficio, previa sottoscrizione di assunzione di
responsabilità del richiedente, con indicazione degli estremi dellatto visionato.
Modalità di elezione: I membri sono eletti per liste concorrenti. Sono istituiti
tanti collegi quante le categorie: collegi: tre per i docenti; uno per i
tecnico-amministrativi.
Le liste, con un proprio programma, indicano i propri candidati per un numero non
superiore a 9 professori ordinari, 8 professori associati, 7 ricercatori, 6
tecnico-amministrativi. Non è ammessa la presentazione di liste che non contengano tutte
le categorie, proporzionalmente ai seggi spettanti.
I seggi sono attribuiti ad ogni lista in proporzione ai voti riportati e ripartiti al suo
interno secondo lordine delle preferenze, separatamente per ognuna delle categorie
votate. Partecipano al riparto solo le prime due liste, per numero di voti riportati. In
caso di parità tra la seconda e la terza, si procede per sorteggio di una delle due. In
caso di percentuali di voti, alla specifica categoria, costituita da decimali, il seggio
relativo va assegnato alla lista in cui la categoria ha decimali per eccesso (ossia
superiore a 0,5)
E ammesso un voto di preferenza.
La nomina a membro del Consiglio è incompatibile con altre cariche elettive, ad eccezione
del Presidente del Consiglio studentesco.
b) Senato. Esso conserverebbe, come da statuto attuale, i poteri
di deliberanti in materia di indirizzo, organizzazione e programmazione della didattica e
la ricerca. Non dovrebbero essere ammesse deleghe, salvo in via eccezionale, con criteri
definiti e a termine.
Composizione: 46 membri, di cui 23 Presidi delle Facoltà, e 23 rappresentanti di
area, il Presidente del Consiglio studentesco ed altri 5 membri del Consiglio studentesco.
E ammessa, per un numero fino a 5, la cooptazione di personalità che hanno dato
lustro alla cultura, senza diritto di voto.
Il Senato è presieduto dal Rettore.
Il Senato si sotto-organizza in Commissioni per materia, con potere deliberante. In caso
di richiesta di 1/3 dei suoi membri, gli argomenti in discussione sono rimessi al
Consiglio.
A ciascuna Commissione partecipa un Pro-Rettore. Il Presidente della Commissione è
designato dal Presidente del Senato.
Il Senato, nelle materie di competenza del Collegio dei Dipartimenti, delibera dopo aver
sentito il parere obbligatorio, non vincolante, del Collegio medesimo.
Modalità di elezione. Per le aree, 12 membri sono eleggibili tra i Direttori di
Dipartimento, come da Statuto vigente. Gli altri 13 sono eleggibili tra persone che già
hanno ricoperto cariche elettive. Per la parte eletta tra i Direttori, in caso di venir
meno della carica di Direttore, si procede a nuova elezione.
La nomina a membro del Senato è incompatibile con altre cariche elettive, ad eccezione
dei Presidi dei Direttori di dipartimento e del Presidente del Consiglio studentesco. In
mancanza di candidati con il requisito rispettivo di cui sopra, può essere votato
chiunque;
I membri sono eletti per liste concorrenti. Ogni lista, con un proprio programma, indica
23 candidati per le aree.
I seggi sono attribuiti ad ogni lista in proporzione ai voti riportati e ripartiti al suo
interno secondo lordine delle preferenze, separatamente per ognuna delle due
categorie votate. Sono ammesse al riparto le prime due liste, per ordine di voti
riportati, e in caso di pari voti della seconda e della terza, si procede a sorteggio di
una delle due. Qualora per una medesima Facoltà o una medesima Area risultino eletti più
candidati, resta quello con più voti di lista.
E ammesso un voto di preferenza.
c) La durata della carica dei membri del Senato e del Consiglio dovrebbe essere, per
ragioni di ingegneria costituzionale, uguale a quella del rettore, ossia di cinque, e
rinnovabile senza limiti.
c) Consiglio studentesco. Come nellattuale statuto, con
funzioni consultive per la didattica e il diritto allo studio e per i contributi
studenteschi e potere di nomina dei propri rappresentanti in Consiglio di Amministrazione
e Senato. I pareri su dette materie sono obbligatori ma non vincolanti.
Per la prevenzione di fenomeni di conflitto di interessi, si ritiene opportuno il divieto
di eleggibilità, negli organi, di persone socie in associazioni o cooperative o imprese
che prestino servizi a pagamento allAteneo, o che siano dipendenti delle
associazioni o cooperative o imprese medesime.
3 AMMINISTRAZIONE E GESTIONE CENTRALE DELLATENEO
LAmministrazione e gestione dellAteneo è suddivisa in "sette"
macro-settori, a cui è preposto un rispettivo Pro-Rettore, coadiuvato da un Dirigente
tecnico o amministrativo. I macro-settori sono:
1.- Organizzazione e programmazione economica e finanziaria della didattica e della
ricerca.
2.- Organizzazione e formazione del personale.
3.- Bilancio, Contabilità, Controllo dei costi e dei rendimenti.
4.- Servizio tecnico e progettuale, contratti, sovra-intendenza ai servizi economali,
gestione del patrimonio edilizio dell'Amministrazione Centrale.
5.- Servizio statistico-informativo, Archivio storico, Biblioteche.
6 - Servizio informatico e di gestione delle Reti.
7.- Servizio legale, Sicurezza e Igiene del lavoro.
Il Consiglio di Amministrazione può adottare varianti a questa struttura, in relazione ad
esigenze nuove, da approvare con la maggioranza dei 2/3 dei membri, e comunque con una
frequenza non inferiore a 5 anni.
Norme per la regolazione della gestione. I dirigenti sono di numero uguale a quello
dei macro-settori dellAmministrazione centrale, più il direttore amministrativo,
che li coordina e ne riferisce al Rettore.
I dirigenti (direttore amministrativo e dirigenti di macro-settore), nell'ambito dei
compiti di gestione loro attribuiti o delegati, operano a norma della legge, del presente
Statuto e del regolamento di organizzazione di Ateneo in condizioni di autonomia e
responsabilità nell'organizzazione degli uffici e del lavoro del macro-settore a loro
affidato.
Sono direttamente responsabili dell'attuazione, in termini di efficienza e di correttezza
amministrativa, degli obiettivi individuati dagli organi di governo dell'Ateneo, alla cui
formulazione partecipano con attività istruttoria e di analisi e con autonome proposte.
Il dirigente del macro-settore è tenuto a presentare al Consiglio di Amministrazione, nei
modi stabiliti dal regolamento, un programma annuale di attività che deve tradurre in
termini operativi, concreti, gli obiettivi stabiliti dal piano annuale per l'attività
didattica e scientifica, per quanto di loro competenza, nonché dal piano di attività
adottato dal Consiglio di Amministrazione. Questo dovrà contenere elementi di valutazione
della fattibilità del programma e del suo impatto sull'amministrazione, e della
tempistica di svolgimento.
Il programma di attività è approvato dal Consiglio di Amministrazione, sentito l'ufficio
per il controllo di gestione e il dirigente interessato, e costituisce il riferimento per
la valutazione della responsabilità dirigenziale, affidata ad un organo tecnico
"terzo".
Durante il periodo di incarico, il Dirigente relaziona correntemente al Pro-Rettore
sovra-ordinato circa i problemi in esame e gli atti rilevanti in procinto di emanazione.
Al termine del periodo di riferimento del programma, il Dirigente del macro-settore
presenta una relazione scritta al Consiglio di Amministrazione, nella quale sono elencate
le azioni svolte e i risultati, con relativa documentazione, e specificamente
lelenco degli atti amministrativi sottoscritti.
Tale relazione viene sottoposta dal Consiglio alla valutazione dellorgano tecnico
abilitato, che ne riferisce infine al Consiglio per la decisione se rinnovare o meno
lincarico dirigenziale. La decisione non costituisce valutazione del merito del
dirigente, ma valutazione circa la necessità o meno della prosecuzione dello svolgimento
dellincarico.
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Quadro riassuntivo del nuovo sistema di governo
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Ateneo di
Bologna: il Rettore annuncia la riforma dello Statuto, il 29 febbraio 2008 (?) |
Pier Ugo Calzolari, La mia riforma dello Statuto
(Dal "Programma di lavoro per il
quadriennio 2005-2009",
Maggio 2005, stralcio del Par. 17)
Il Rettore lascia che "il Corpo Costituente decida come
organizzare questa fase".
Frattanto le associazioni e sindacati AGORA', CISL,
CNU, FLC-CGIL, SUN,
UdB, USPUR hanno deciso di organizzare un convegno preparatorio
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Pier Ugo Calzolari
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PREMESSA. Non sappiamo ancora nulla di ciò che Calzolari vuol fare in
concreto. Sappiamo, invece, alcune cose sul metodo, perchè indicato nel "Programma di lavoro per il quadriennio 2005-2009" (vedi
qui sotto), presentato agli elettori nel 2005, nel chiedere il
rinnovo del mandato.
Precisamente, per questa riforma, il Rettore "crede che sia
indispensabile una fase preliminare di "ascolto" delle istanze, dei suggerimenti
e delle tesi dellAteneo, e dunque una fase di ampio coinvolgimento di tutte le
strutture. Deciderà il Corpo Costituente come organizzare questa fase, per esempio
attraverso la nomina di unapposita Commissione, incaricata di raccogliere e ordinare
i materiali e le proposte derivanti dal dibattito in Ateneo, essa potrebbe ordinarli in un
elenco di questioni generali da sottoporre al Corpo Costituente".
La riforma dello Statuto va collegata al decadimento della conduzione
dell'Ateneo. C''è un indicatore che ne rivela più di ogni altro il grado di crisi: la
caduta del numero degli studenti (- 20.000, dal 2001 al 2007), periodo in
cui Calzolari è stato rettore, e questo mentre in Italia il numero degli studenti
aumentava, e più ancora nelle altre sedi della Regione.
Il fatto, poi, che la ricerca, a costo (quasi) zero, sia
continuata è solo merito dei professori e ricercatori, e lui non c'entra niente. Anzi lui
ha danneggiato la ricerca (vedi caduta dei contratti per conto terzi, a causa di una certa
"tangente" dell'Ateneo (oltre il 20%) sugli utili, che si aggiunge alle imposte
sul reddito e ai contributi previdenziali, dei ricercatori, mai tolta, pur essendone stato
sollecitato.
La via per risalire è vista concordemente, da anni, la riforma dello
Statuto generale, in senso democratico. Il problema è portare davvero i professori, ma in
dovuto modo, al governo dell'Ateneo, oggi relegati ad un ruolo di consulenza o di mera
ratifica dei burocrati (i veri comandanti dell'Ateneo). Ma questo non vuole far mancare il
giusto riconoscimento ai burocrati. Vuol dire, invece, che una guida (in dovuto modo) dei
professori farà migliorare anche il lavoro dei burocrati, e migliorerà tutta
l'Università. Chi volesse potrebbe rileggersi un documento di riforma,
pronto da luglio 2007. NL
Programma di
lavoro per il quadriennio 2005-2009
Pier Ugo Calzolari Maggio 2005
La riforma dello Statuto (Stralcio. Par. 17).
LAteneo ha bisogno di riscrivere la sua norma fondamentale. Lo Statuto Generale
mostra tutti i segni del tempo ed ora deve essere riformato. Dobbiamo non solo adeguare le
strutture dellAteneo ai compiti nuovi ed ardui che le università devono affrontare
in un quadro di competizione europea che si sta delineando con tanta chiarezza ma anche
chiarire i rapporti che dovranno intercorrere tra le varie strutture.
Tuttavia, ancor prima dei nuovi obiettivi cui il nuovo Statuto dovrà puntare è il
percorso che si intende imprimere al processo di riforma che deve costituire oggetto di
riflessione e di impegno. La responsabilità della riforma è tutta attribuita al Corpo
Costituente formato da Senato e da Consiglio di Amministrazione e tuttavia io credo che
non sarebbe opportuno chiudere le operazioni di riforma nellambito di quel Corpo, |
Dal Senato
Accademico:
Senatore Prof. Gianni Porzi
Resoconto della seduta del S.A. del 29.01.2008
Comunicazioni :
- Il Rettore informa il S.A. che |
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probabilmente il 29 febbraio
sarà convocata una riunione congiunta S.A.-CdA per deliberare modifiche di Statuto.
- Il Rettore ha chiesto al S.A. un parere sullopportunità di rendere pubblici i
nomi dei ricercatori eccellenti, individuati dallOsservatorio della
ricerca. La larga maggioranza del SA ha manifestato una certa cautela nel rendere pubblici
i nomi in quanto i criteri di valutazione utilizzati dallOsservatorio non sono
definitivi, non essendo largamente condivisi, ma dovranno essere rivisti e migliorati e
anche perchè il tutto era finalizzato esclusivamente alla ripartizione dei posti di
Ricercatore del pacchetto Mussi.... |
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soprattutto
nella fase iniziale.
Credo che sia indispensabile una fase preliminare di "ascolto" delle
istanze, dei suggerimenti e delle tesi dellAteneo, e dunque una fase di ampio
coinvolgimento di tutte le strutture.
Deciderà il Corpo Costituente come organizzare questa fase, per esempio attraverso la
nomina di unapposita Commissione, incaricata di raccogliere e ordinare i materiali e
le proposte derivanti dal dibattito in Ateneo, essa potrebbe ordinarli in un elenco di
questioni generali da sottoporre al Corpo Costituente.
Tra le questioni più urgenti poste al nuovo Statuto cè un nuovo disegno degli
ambiti di responsabilità degli Organi Centrali (Senato, Consiglio di Amministrazione e
Giunta, questultima sostanzialmente priva di poteri e tuttal più luogo di
preparazione delle delibere pressoché invariabilmente assunte dagli altri organi),
poiché lattuale percorso della formazione delle decisioni è eccessivamente lungo e
confuso.
Anche le norme che regolano la gestione dei Poli decentrati in relazione a quelle generali
dAteneo hanno unurgente necessità di una nuova definizione.
Vorrei quindi ricordare altri temi come: il riequilibrio dei pesi tra Facoltà e
Dipartimenti, la composizione dei Consigli di Facoltà, la partecipazione dei ricercatori
e del personale tecnico-amministrativo allelezione del rettore ed altri ancora.
Nel prossimo novembre (2005 NdR) , e cioè a valle della ricostituzione degli
Organi Centrali dAteneo, il processo di riforma potrebbe mettersi in moto secondo le
procedure che ho sopra delineato. La revisione dello Statuto è importante e verrà fatta.
Sarebbe un errore di prospettiva politica, tuttavia, anteporlo ai temi che oggi sono
quelli autenticamente vitali per il futuro dellAteneo (ricerca, bilancio, edilizia).
Ci sono colleghi che sembrano immaginare che la riforma dello Statuto abbia una sua
immanente e automatica capacità di palingenesi dei comportamenti, ma purtroppo questo non
è vero. Nei prossimi mesi noi dovremo essere impegnati a riorganizzare il nostro sistema
della ricerca (è una questione di consapevolezza e di atteggiamenti conseguenti), a
mantenere ferme alcune scelte già fatte sul bilancio e quindi a dotare le strutture di
ricerca e gli studenti di spazi adeguati; diversamente, il migliore sistema di norme non
sarebbe in grado di contrastare il declino dellAteneo che diventerebbe allora,
quello sì, automatico. PUC |
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Ateneo di
Bologna: riorganizzazione dell'Amministrazione in luogo
di riforma dello Statuto ? |
Il Direttore Amministrativo presenta al CdA
un piano di riorganizzazione amministrativa
e chiede la corona di DIRETTORE GENERALE
(competenza spettante al Rettore, ex-art. 34 dello Statuto)
ma poi,
il Prof. G. CANTELLI FORTI ottiene il ritiro della proposta,
seguìto da una lettera di allarme di 7 NOTABILI dell'Ateneo (vedi
sotto) |
Pier Ugo Calzolari
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La delibera del 27 nov. 2007
"Il Consiglio di Amministrazione, preso atto della relazione
elaborata dalla Direzione Amministrativa, approva, con voto di astensione della prof.ssa
Crisafulli e del prof. Cantelli Forti, in linea generale, larchitettura illustrata
negli allegati al documento elaborato dalla Direzione Amministrativa, in aderenza alle
linee del Magnifico Rettore e del Pro-rettore alla Innovazione Gestionale. Tutte le parti
attuative saranno oggetto, per gli ambiti di competenza, di confronto con le
Organizzazioni Sindacali e le Rappresentanza Sindacali Unitarie e di specifiche delibere
del Consiglio di Amministrazione".
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Giorgio Cantelli Forti
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CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
(dal verbale del 29.11.07)
|
L'intervento
del prof. Giorgio CANTELLI FORTI
"Il Prof. Cantelli Forti si
dichiara contrario a questa proposta di organizzazione del sistema
amministrativo, in quanto si presenta come un implemento elefantiaco della già ridondante
amministrazione e non una sua semplificazione, come sarebbe invece necessario sia per
renderla più funzionale alle attività connesse alla didattica e alla ricerca, sia per
contenerne i costi. Rileva inoltre che il provvedimento proposto richiede un tempo
adeguato sia per la doverosa fase di acquisizione di informazioni e valutazioni personali,
sia per la discussione in Consiglio, per cui non può essere portato allapprovazione
dopo meno di due giorni di disponibilità del riferimento scritto. Oltretutto, il
provvedimento richiede numerose modifiche di Statuto, per cui qualsiasi decisione venisse
presa oggi potrebbe costituire un condizionamento vincolante al momento
delleffettiva modifica di Statuto. In particolare, il Prof. Cantelli-Forti si
sofferma ad analizzare e avanza richieste sui seguenti punti:
- pag. 12, punto f): eliminare la frase e sostituire con "lavanzata fase di
elaborazione di alcune regole fondamentali per completare il quadro organizzativo che
sarà di prossima discussione";
- RAZIONALIZZAZIONE ORGANIZZATIVA, La struttura attuale dellamministrazione, ultimo
capoverso, pag. 14, eliminare: "è improntata al principio dellintegrazione e
coesione tra la componente accademica e la componente gestionale" e sostituire con
"è improntata al principio della funzionalità della componente gestionale rispetto
alle esigenze didattiche e scientifiche".;
- RAZIONALIZZAZIONE ORGANIZZATIVA, La struttura attuale dellamministrazione, pag.
15, eliminare frase:"- ridefinizione del ruolo della Direzione amministrativa, fino a
.. Statuto Generale dAteneo;" in quanto la gestione amministrativa non è
un tertium genus dellattività universitaria, ma è strumentale alle uniche due
attività propriamente accademiche, che sono la didattica e la ricerca.
- MECCANISMI DI INTEGRAZIONE, pag. 17, eliminare la frase "Fra le funzioni del
Direttore Generale fino a
premi di risultato."; Inoltre, il prof.
Cantelli-Forti esprime parere negativo alla costituzione di un Comitato di Direzione, in
quanto diventerebbe una sorta di Giunta amministrativa, che esautorerebbe di fatto il
Consiglio di Amministrazione e creerebbe i presupposti di una diarchia ai vertici
dellAteneo, con una inevitabile sequela di conflitti di competenza .
- pag. 18, terza frase "Va incentivata
fino a Dipartimento." Questa
presunta "innovazione" sarebbe estremamente pericolosa, in quanto si tenderebbe
a "commissariare" lattività dei Dipartimenti ed in particolare tutte le
autonome competenze connesse alla ricerca.
- pag. 19, punto 3) Area Affari Legali
. Si esprime parere negativo in quanto
il riferimento è poco chiaro e parrebbe creare unauthority amministrativa che
scavalca la Facoltà di Medicina e Chirurgia nel rapporto con il Servizio Sanitario
Nazionale". GCF |
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LUCIANI, La
debolezza del Rettore... Ma, fino a dove può arrivare la separazione tra
politica e gestione ?
Attesa per la riforma dello Statuto, ma solo se in
senso democratico, per valorizzare gli apporti di tutti.
Quanto avvenuto rivela la debolezza in cui si trova il
Rettore, e spiega perchè la dura reazione del prof. CANTELLI FORTI, unico contrario, sia
stata colta dal Rettore per ritirare il "riferimento" (Lorenzini non era
presente al momento della delibera).
I fatti sarebbero andati così: di fronte all'opposizione motivata del
Consigliere Cantelli, il Rettore avrebbe dichiarato di ritirare il "riferimento"
e chiesto di approvare solo gli allegati, che contengono gli organigramma, in cui però
compare la voce "DIRETTORE GENERALE". Per questo egli avrebbe
cambiato in astensione i voto contrario.
La riforma rientra nelle continue iniziative della Dott.ssa Fabbro, rivolte
a "migliorare" l'amministrazione, ma senza alcun legame con gli obiettivi
dell'Ateneo (di prestazioni didattiche, di ricerca, ecc.), come quei tali eserciti che ti
rompono l'anima in tempi di pace per acquistare nuovi armamenti e per esercitazioni ma
che, per non esserci una guerra, ti costano soltanto, anzi ti costano di più (vedi lo
ulteriore aumento del numero dei dirigenti di I e II fascia, che con la riforma passano da
19 a 22).
Il problema della forza del Direttore Amministratvo va inquadrato nella
legge vigente sulla dirigenza, che vuole la separazione tra politica (che è di tipo
decisionale primario) e gestione (che è di tipo decisionale secondario, ossia
applicativo, con relativa autonomia).
Tuttavia, è evidente che, soprattutto dopo l'uscita di scena dell'ex-rettore Fabio
Roversi Monaco, l'Amministrazione ha recuperato tutti gli antichi poteri (precedenti
l'Autonomia Universitaria), in cui chi comandava era l'Amministrazione e i Professori
erano dei consulenti e professionisti di didattica.
Detto questo, si ricorda che in Ateneo è richiesta da tempo la
riforma dello Statuto (che include anche il problema dei rapporti tra professori e
gestori), e anzi il Rettore si era impegnato a farla. Di fronte a quanto avvenuto,
si direbbe anzi che qualcuno (anche il Rettore ?) veda la riforma come legittimazione di
una situazione di fatto.
Lo strapotere dei Burocrati spiega la caduta di alta capacità
decisionale dell'Ateneo, e questo non perchè gli Alti Burocrati non sappiano fare il loro
mestiere, ma perchè non conoscono la vita delle Facoltà e dei Dipartimenti, se non per
l'esperienza fatta come studenti ai tempi della laurea.
Di questa situazione molti si sono resi conto in Ateneo, per cui si
vuole che i Professori tornino al comando. In proposito, alcuni anni fa, in una lettera a
Fabio ROVERSI MONACO, lamentavo che non avesse concluso la sua "didattura" con
una riforma dello Statuto in senso democratico, in modo che chiunque fosse divenuto
rettore (anche un uomo nomale), il "buon governo" risultasse comunque assicurato
grazie all'utilizzo di tutte le energie dell'Ateneo.
Un tipo di riforma con queste caratteristiche è stato abbozzato da un
Gruppo di studio auto-costituito (per trovarlo clicca su Gruppo di studio).
Oggi le debolezze maggiori sono sia nell'Esecutivo (troppo peso
concentrato su una sola persona), sia negli Organi deliberanti, "incapaci di
decidere" per eccesso di polverizzazione della rappresentanza. Qui vale
quanto si dice del Parlamento (troppi partiti sono ritenuti di impedimento alla capacità
decisionale). Da noi la polverizzazione è estrema, tant'è che ad ogni membro corrisponde
un rispettivo gruppo rappresentato.
Se, però, il Rettore non ha capito queste cose, è meglio che
rinvii la riforma al suo successore. E che non l'abbia capito è (quasi) vero, se
la Fabbro riesce ad arrivare in CdA, a chiedere la corona di Direttore Generale, una
prerogativa che nello Statuto è del Rettore, mentre il Direttore Amministrativo è solo
un suo aiuto (e non è poco), quale gestore (organizzatore e coordinatore). NL |
ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA AMMINISTRATIVO: ASSETTO A TENDERE E MISURE
IMMEDIATE
(Seduta del 27 nov. 2007)
Il Presidente dà lettura della relazione
predisposta dal Direttore Amministrativo:
I.- PREMESSA. Coerenza
delle strategie
"Il contesto in cui noi oggi
immaginiamo il nuovo sistema amministrativo-gestionale si inscrive in una serie di
principi, indicazioni, linee di azione. Riassumendo, esse sono:
a) linee guida della
Commissione Europea sulla modernizzazione delle Università (Delivering on the
modernisation agenda for universities, education, research and innovation 10/5/2006),
i cui pilastri fondamentali sono riassumibili in tre principali aree di riforma;
- la riforma dei
curricula: sistemi in tre cicli, apprendimento basato sulle competenze, percorsi
di apprendimento flessibile, riconoscimento delle qualifiche e delle competenze, mobilità
in coerenza con il processo di Bologna;- la riforma della Governance: autonomia e
accountability delle istituzioni di istruzione superiore, parternariati strategici,
quality assurance;
- la riforma
dei sistemi di finanziamento:
diversificazione delle entrate, politiche di tassazione, borse di studio e prestiti,
equità nellaccesso, strategie di fund raising comunitario.
.......(omesso)
.......(omesso)
II.- RAZIONALIZZAZIONE ORGANIZZATIVA
1.- La struttura attuale dellAmministrazione
Nella struttura attuale dellAmministrazione Generale si possono distinguere diversi
tipi di unità organizzative:
- aree preposte al perseguimento della mission universitaria:?formazione,
ricerca, servizi agli studenti;
- aree preposte alla gestione delle risorse in senso lato: umane,
finanziarie, normative, logistiche, tecnologiche;
- funzioni di staff e progetti strategici volti a promuovere
linnovazione e lintegrazione della struttura amministrativa.
A queste si aggiungono le strutture amministrative autonome (Poli,
Dipartimenti, Centri di Servizio, Uffici di Presidenza di Facoltà), che dipendono dai
rispettivi organi di governo e in nuce replicano le funzioni dellAmministrazione
Generale. (Si vedano in proposito gli allegati n° 4 e n° 5).
Punti di forza e punti di debolezza del sistema attuale. I punti di forza
dellattuale struttura sono:
- buon livello di servizio agli studenti, con un forte incremento dei servizi web;
- progetti di innovazione gestionale di rilevanza strategica (es. e-procurement, knowledge
management, internal audit, ecc.);
- un quadro dirigente qualificato, con una componente professionale di provenienza esterna
che ha saputo integrarsi con i dirigenti di provenienza interna;
- unoculata e responsabile gestione delle risorse umane e finanziarie. Si rilevano
però anche aspetti di debolezza:
- una certa commistione di responsabilità fra ruoli elettivi e ruoli dirigenziali. La
linea della Direzione Amministrativa è improntata al principio dellintegrazione e
coesione tra la componente accademica e la componente gestionale. Tuttavia, affinché si
radichi questa cultura, è necessario da un lato definire in modo più puntuale il
contenuto dei rispettivi ruoli e dallaltro continuare a cercare occasioni la
più significativa è stata quella della preparazione del piano strategico di Ateneo
per lavorare insieme, nel rispetto delle prerogative di ciascuna funzione;
- una certa frammentazione delle responsabilità dirigenziali, che accentua le difficoltà
di integrazione fra alcune Aree funzionalmente interdipendenti;
- una difficoltà a darsi una politica del personale che valorizzi i quadri più giovani e
promettenti;
- una certa ridondanza, nelle strutture, di funzioni a scarso valore, rispetto al
principio di autonomia e difficoltà di coordinamento con lAmministrazione Generale.
2.- Linee di sviluppo organizzativo
Nel corso del prossimo triennio si intende procedere secondo le seguenti linee:
- spostamento progressivo di funzioni amministrativo-gestionali non strettamente connesse
con le funzioni di didattica e ricerca dai docenti |
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La lettera al CdA, dei 7 NOTABILI:
Proff. Giliberto
Capano, Ivano Dionigi, Lorenzo Donatiello, Bruno Marano, Santino Prosperi, Sandro Sandri,
Giuseppe Sassatelli, Davide Zannoni, Francesca Zannotti
Bologna, 10 Dic. 2007
Oggetto: delibera del Cda del 27.11.2007 su "Organizzazione del sistema
amministrativo: assetto a tendere e misure immediate"
Cari Consiglieri di Amministrazione,
......(omesso)
Lo schema di riorganizzazione (presentato -N.d.R) richiede per la sua
attuazione non solo, come dice la stessa delibera nel dispositivo finale riportato nel
verbale che dovrete approvare nella seduta dell11 Dicembre, un "confronto con
le Organizzazioni Sindacali e le Rappresentanza Sindacali Unitarie e specifiche delibere
del Consiglio di Amministrazione", ma anche significative modifiche statutarie del
contenuto di diversi articoli tra i quali quanto meno lart. 26 (Poli
scientifico-didattici in sedi decentrate), lart. 37 (Consiglio di amministrazione),
lart.43 (Direttore amministrativo), lart.44 (Funzioni dirigenziali), e
lart.45 (Responsabilità dirigenziale).
Il piano di riorganizzazione, infatti, prevedendo una verticalizzazione della
responsabilità di tutti i processi amministrativi in capo al "Direttore
generale" ed ipotizzando la costituzione di un "Ufficio dirigenziale preposto ai
Rapporti con i Dipartimenti, i Centri di Servizio, i Poli, i Campus e al Progetto Qualità
di Ateneo
" modifica radicalmente gli assetti politico-amministrativi
dellAteneo in relazione al suo decentramento in Romagna (per come attualmente
stabiliti dallart.26 dello Statuto), caratterizzandosi quindi come riforma
"organizzativa", fra laltro qualificata come intervento a "breve
termine", che ha in realtà un forte impatto "istituzionale" e, quindi,
"politico" e che sarebbe pertanto da realizzare sul "medio termine" e
solo a seguito dei necessari interventi statutari.
Inoltre, il disegno della macrostruttura organizzativa e del ruolo del
DG, per come sono delineati dal piano di riorganizzazione, modificano radicalmente quanto
previsto dai succitati artt. 26, 37, 43, 44, 45 dello Statuto relativi alle competenze del
CdA sullorganizzazione, al ruolo del Direttore amministrativo, ai meccanismi di
nomina e di responsabilizzazione dei dirigenti.
Il contenuto dello schema generale da voi approvato il 27.11.2007 va oltre
un semplice processo di riorganizzazione e presuppone una modifica di statuto da affidare
al lavoro dellorgano ciò preposto (Senato e Consiglio damministrazione in
seduta congiunta).
Daltra parte, non è un caso che lo stesso Direttore Amministrativo, a
seguito di una richiesta di chiarimenti abbia precisato, in una e-mail inviatavi nel
pomeriggio di venerdì 23 Novembre, che "lipotesi di trasformazione della Direzione
Amministrativa in Direzione Generale (con le connesse funzioni) è da
attuarsi eventualmente, al momento opportuno, tramite modifica di Statuto. Non a caso la
proposta è contenuta nella parte relativa alle decisioni da assumere per il medio
termine", cioè a dire, verosimilmente, solo dopo le necessarie modifiche statutarie.
E anche nel riferimento visibile in rete predisposto per la seduta del 27,
dopo avere presentato le linee generali del progetto, si chiedeva correttamente di
approvare solo alcune misure a breve termine (suddivisione dellarea del personale,
passaggio ad Arag del settore retribuzioni, costituzione area della Sanità), proponendo
in tal modo una delibera assolutamente legittima, in quanto rispettosa delle competenze
del CdA in fatto di organizzazione.
Sulla base di quanto sopra esposto, ci permettiamo pertanto di invitarvi a
valutare lopportunità di modificare il contenuto di quanto deliberato dal Cda il
27.11.2007, in modo tale da eliminare tutti quegli elementi che possono viziare la
legittimità della libera (e che, se mantenuti, creerebbero non pochi problemi
allorganizzazione e al funzionamento dellAteneo) o quanto meno in modo tale da
distinguere molto chiaramente i due livelli di intervento, a "medio termine" e a
"breve termine", precisando quanto vada riferito a ciascuno di essi e con quali
meccanismi.
Teniamo, inoltre, a sottolineare come la discussione da parte del Cda di un
documento di tale rilevanza per lateneo sia avvenuta senza che esso sia stato
esaminato da nessuna delle commissioni istruttorie paritetiche, mentre sarebbero stati
quanto meno auspicabili un dibattito più ampio ed unanalisi più dettagliata della
proposta prima di intraprendere processi di riforma così forti come quelli indicati nel
documento in oggetto.
Confidando nella vostra attenzione,
Vi salutiamo caramente. FIRME (vedi sopra) |
responsabili di strutture ai
responsabili gestionali delle medesime strutture;- articolazione del sistema delle
responsabilità dirigenziali su due livelli:
- il livello della gestione strategica dei servizi e lintegrazione? delle aree
funzionali;
- il livello della gestione dei processi operativi, dei progetti e? delle funzioni di
staff;
- individuazione di meccanismi strutturali di integrazione strategica e di
coordinamento funzionale del Sistema Amministrativo di Ateneo, pensato unitariamente
(particolarmente importante la nuova filosofia dei Sistemi Informativi e dei servizi WEB);
- ridefinizione del ruolo della Direzione Amministrativa come Direzione Generale del
Sistema Amministrativo di Ateneo. Ciò allineerà lUniversità di Bologna con altri
Atenei italiani e contribuirà a rendere più comprensibile il ruolo delineato
dallarticolo 43 dello Statuto Generale dAteneo;
- valorizzazione delle persone, mediante politiche di pianificazione,
selezione, gestione e sviluppo delle RU.
3.- Criteri di articolazione strutturale
La struttura amministrativo-gestionale sarà articolata secondo i seguenti criteri:
- i destinatari dei servizi: studenti, docenti, personale
tecnico-amministrativo;
- il tipo di risorse: finanziarie, normative, logistiche, tecnologiche;
- i progetti strategici e le funzioni di staff direzionale;
- le strutture amministrative autonome: Poli territoriali, Campus
disciplinari, Dipartimenti, Centri di servizi, Sistema Bibliotecario di Ateneo.
I criteri sono orientati ad una maggiore aderenza dellorganizzazione ai suoi
interlocutori interni ed esterni e a una distinzione tra funzioni di line, di staff e di
progetto.
Sulla base di questi criteri è stata delineata la configurazione che dovrebbe assumere il
Sistema Amministrativo di Ateneo a medio termine: si prevede la costituzione
nellAmministrazione Generale di macro-aree, che ricomprendono le attuali Aree
funzionali, si vedano gli allegati n° 6 e n° 7, e lallargamento delle
responsabilità gestionali di dirigenti e responsabili di strutture amministrative
autonome.
Pensando a un futuro in cui sia possibile raggruppare le varie aree in macrofunzioni
("filiere"), ciascuna presidiata da un dirigente preposto allattuazione
dellindirizzo strategico della "filiera", si avrà dunque la seguente
organizzazione:
- Servizi alla Formazione e Servizi agli Studenti
- Servizi alla Ricerca e Servizi ai Docenti
- Servizi logistici e Servizi ICT
- Organizzazione e Personale TA
- Risorse Finanziarie, Programmazione e Controllo
- Affari Generali, Istituzionali e Legali
- Progetti strategici e funzioni staff
(allegato n° 8)
Nelle strutture didattiche, di ricerca e di servizio dotate di autonomia i ruoli di
responsabilità saranno (in parte già ora sono):
- dirigenti gestionali dei Poli e dei Campus?(ove costituiti);
- dirigenti di Centri di Servizio (es. SBA, CeSIA, ecc);
- responsabili amministrativo-gestionali di Dipartimento e di Servizi integrati comuni a
più strutture;
- coordinatori dei Servizi di Facoltà (struttura attualmente non dotata di autonomia di
bilancio).
Le macro-aree dellAmministrazione Generale si relazioneranno con le strutture
amministrative autonome secondo uno schema a matrice (allegato n° 9).
4.- Meccanismi di integrazione.
Direzione Amministrativa
Considerata la complessità gestionale del Sistema Amministrativo
dellUniversità di Bologna, è opportuno prevedere un ruolo di Direzione che vada
oltre la funzione di mero presidio amministrativo e si configuri come un vero e proprio
ruolo di Direzione Generale, ovvero di impulso e di integrazione del Sistema Gestionale
nel suo complesso.
Fra le funzioni del Direttore Generale rientra la nomina dei dirigenti,
lassegnazione di obiettivi agli stessi e la valutazione dei risultati, con la
conseguente attribuzione dei premi di risultato.
Comitato di Direzione
Si prevede la costituzione di un Comitato di Direzione, composto dai Direttori
delle macro-aree dellAmministrazione Generale e dal Dirigente preposto ai rapporti
con le strutture autonome, oltre che dal Direttore Generale, che lo presiede.
Il Comitato di Direzione ha funzioni di:
- analisi e proposta programmatoria agli Organi Accademici;
- coordinamento dellattuazione delle politiche del Piano Triennale Strategico;
- controllo dei risultati gestionali dellAmministrazione.
5.- Strutture amministrative autonome e loro forme di coordinamento
Il Sistema Amministrativo va organizzato unitariamente per omogeneizzare
le procedure, realizzare economie e adattare le soluzioni alle esigenze locali, nel
rispetto delle autonomie decisionali.
LAmministrazione Generale deve migliorare la capacità di ascolto nei
confronti delle strutture autonome, individuando soluzioni condivise che tengano
conto delle specificità locali.
Le strutture autonome devono essere consapevoli di essere parte di un sistema dotato di
regole, in cui devono assumersi le proprie responsabilità gestionali.
Va incentivata la condivisione e lintegrazione funzionale dei servizi da
parte di più Dipartimenti o Centri di servizio, individuando un ruolo di responsabilità
amm.vo-gestionale più ampio di quello del Segretario di Dipartimento.
I Poli della Romagna vanno considerati singolarmente, per le
loro caratteristiche e dimensioni specifiche, che li vede significativamente diversi fra
loro.
Per favorire lintegrazione del sistema amministratvio si prevedono le seguenti forme
di coordinamento funzionale:
- a cura della Direzione Generale, coordinamento dei Dirigenti di Polo e di Campus;
- coordinamento dei Responsabili Amministrativo-Gestionali dei Dipartimenti e dei Centri
di Servizio a due livelli:
- ristretto ai Responsabili gestionali
dei Dipartimenti, dei Centri complessi e dei Plessi integrati;
- allargato a tutti i Responsabili dei
Dipartimenti, dei Centri di servizio;
- a cura dellArea della Formazione e dei Servizi agli Studenti, coordinamento
funzionale dei Coordinatori dei Servizi di Facoltà;
- a cura dellArea della Ricerca, coordinamento funzionale dei Coordinatori dei
Servizi Integrati per la Ricerca.
I coordinamenti hanno funzioni di ascolto delle esigenze e di indirizzo procedurale delle
strutture amministrative dotate di autonomia.
6.- Cambiamenti a breve termine
1) Area del Personale
- costituzione di unArea di Servizi al Personale Docente, scorporando le
relative funzioni dallattuale Area del Personale;
- costituzione di unArea Organizzazione e Personale TA, riassorbendo in essa sia le
funzioni amministrative di gestione delle carriere e aspetti previdenziali, reclutamento,
selezione, contratti, sia le funzioni di organizzazione, formazione e valutazione delle
risorse umane, gestione della mobilità interna, relazioni sindacali (allegato n°10);
- trasferimento del Settore Trattamenti Economici di tutto il personale dallArea del
Personale allarea delle Risorse Finanziarie (ARAG);
- superamento dellArea del Personale nella sua attuale configurazione.
2) Area Risorse Finanziarie ARAG
- Rafforzamento del legame funzionale con lArea Pianificazione e Controllo;
- acquisizione del Settore Trattamenti economici dallArea del Personale.
3) Area Affari Legali e rapporti con SSN: suddivisione in due aree
Costituzione di unArea Sanità, che presidi tutti gli aspetti, sia di contenuto (es.
convenzioni e protocolli) che di relazione, con la Facoltà di Medicina e con tutti i
soggetti del SSN; di particolare urgenza è il presidio del progetto di costituzione dei
Dipartimenti ad attività integrata (DAI), larmonizzazione dei trattamenti
retributivi, la gestione dei programmi edilizi.
Il mantenimento dellArea Affari Legali per la gestione del contenzioso e del
consultivo.
4) Progetto logistica integrata
Costituzione di un Ufficio dirigenziale preposto allintegrazione delle funzioni
delle Aree Ufficio Tecnico, Patrimonio ed Economato, Contratti ed Appalti, CeSIA e allo
sviluppo delle-procurement.
5) Centro Sistemi Informativi di Ateneo - CeSIA
Acquisizione della funzione di Progettazione dei Sistemi Informativi e contestuale
superamento dellUfficio Dirigenziale ad essa preposto.
6) Progetto qualità e rapporti con le strutture amministrative autonome
Costituzione di un Ufficio Dirigenziale preposto ai Rapporti con i Dipartimenti, i Centri
di Servizio, i Poli, i Campus e al Progetto Qualità di Ateneo.
Contestuale superamento dellattuale ruolo di coordinamento dei dirigenti dei Poli.
Dei sei punti di riorganizzazione sopra descritti, è urgente venga presa una decisione
sui primi tre.
7.- Politiche del quadro dirigente
Le ipotesi di revisione organizzativa qui avanzate comportano una politica di
sviluppo del quadro dirigente del Sistema Amministrativo di Ateneo.
Lipotesi a medio termine presuppone larticolazione del sistema delle
responsabilità dirigenziali su due livelli:
- 1° livello: dirigenti di area funzionale, di progetto o di ufficio
dirigenziale, preposti alla gestione dei processi operativi, dei progetti, delle funzioni
di staff;
- 2° livello: dirigenti di macro-area, preposti alla gestione strategica
dei servizi e alla integrazione delle aree funzionali, con compiti di coordinamento dei
dirigenti di 1° livello.
Fra i dirigenti di 1° livello, inoltre, è opportuno distinguere fra un profilo "gestionale"
e un profilo "professional" (es. legale). Questo consente, da un
lato, di delineare percorsi di carriera anche per coloro che ricoprono ruolo apicali sia
tecnici che amministrativi nelle strutture autonome; dallaltro, di remunerare
adeguatamente professionalità che sul mercato hanno un valore riconosciuto, pur non
implicando ruoli di responsabilità gestionale.
Questa differenziazione di responsabilità è motivata da esigenze di:
- definire il top management, semplificando linterfaccia con il
Direttore Amministrativo;
- differenziare maggiormente i livelli retributivi fra i dirigenti in
relazione alleffettivo carico di responsabilità;
- aprire prospettive di sviluppo ai dirigenti di 1° livello e alle EP più
capaci e promettenti, previa esperienza maturata sul campo, con la necessaria gradualità.
La revisione organizzativa richiede di ripesare le posizioni dirigenziali e
di adeguare le retribuzioni al carico di responsabilità e alla competenza professionale
richiesta.
8.- Politica dei quadri intermedi
Una politica dei quadri dirigenti si alimenta, in prospettiva, anche della capacità
di coltivare il vivaio interno dei talenti professionali, fra le EP e i funzionari.
Laccesso alla dirigenza, infatti, va visto come il punto di arrivo di un percorso di
sviluppo delle competenze, non solo in senso cognitivo, ma anche a seguito di esperienze
gestionali sul campo, tramite la graduale assunzione di responsabilità e la
sperimentazione di diversi ruoli nellambito dellorganizzazione.
Questo percorso di crescita professionale deve essere accompagnato da un servizio di
consulenza personalizzata (coaching e counseling), con valore di "terzietà" e
riservatezza, volto a creare nellaspirante dirigente consapevolezza dei propri punti
di forza e di debolezza.
Infine, vanno previste forme di valorizzazione retributiva (massimali di contratto)
correlate allimpegno, al livello di responsabilità e/o di specializzazione, quale
giusto riconoscimento anche per coloro che non accedono alla dirigenza.
Nellallegato n° 11 sono riportate le differenze di costo stimate. |
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Ateneo di
Bologna: un "piano strategico"
per recuperare l'efficienza di Fabio Roversi Monaco |
Pier Ugo Calzolaru
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DIETRO IL BILANCIO: i dati su insegnamenti
e docenti
VERSO IL FUTURO: Il piano strategico di Depolo
|
P.
Fabio Roversi Monaco |
LUCIANI: Servono risposte circa i servizi effettivi necessari a Bologna
e in Romagna, e serve sapere chi paga a Bologna e in Romagna.
Frattanto i risultati confermano l'urgenza della riforma dello statuto generale
dell'Ateneo
mediante un nuovo sistema, che dia ai professori la guida dell'Ateneo, e non la
mera consulenza
agli "alti burocrati", i conduttori veri dell'Ateneo come
avveniva prima dell'autonomia
DIETRO IL BILANCIO. In
precedente analisi, si è trovato che l'Ateneo di Bologna non è stato troppo povero di
entrate nel 2001- 2006. I dati riportati erano, tuttavia, solo finanziari ad eccezione di
alcuni dati sulle iscrizioni degli studenti, sempre nel 2001- 06, che mostravano un
inarrestabile declino del gradimento dell'Ateneo presso l'utenza. I dati per l'anno
2007-08 si avranno solo il 1 genn. 2008.
Risulta anche che il Rettore abbia rivendicato in pubblico l'alta efficienza dello
Ateneo di Bologna in confronto agli altri Atenei. Se il proverbio può consolare, diciamo
che la inefficienza altrui (ma è un'idea sua) vale merito per noi. In verità ho altre
idee e precisamente che, politicamente, il Rettore ne ha la responsabilità, ma sotto il
profilo gestionale le cose sono di competenza del direttore amministrativo. E allora
perchè non le chiede spiegazioni pubbliche ?
Nel periodo interessato il numero degli insegnamenti è salito da
14.124 a 25.946, e questo è troppo, pur tenuto conto che alcune lauree sono passate dalla
durata di 4 anni alla durata di 5 anni (3+2).
C'è dell'altro. A parte la dequalificazione delle materie
qualificanti, derivanti dallo spezzatino delle stesse (e dunque anche la dequalificazione
delle lauree triennali), il corpo docente si è visto gravare di un peso numerico immenso,
al punto che sono stati coperti i buchi con l'assunzione di personale a contratto. Chi
vuole avere un'idea dell'entità del debordo, sappia che i professori assunti a
contratto sono stati 2.525 nel 2006 (una cifra vicina a quella dei docenti di ruolo (3218)
e che salgono a 3462 aggiungendo i docenti presi annualmente da altri Atenei.
Qui ci troviamo di fronte all'equivalente di una azienda che,
per ridurre i costi, commissiona all'esterno metà della produzione. Ma l'Università è
una scuola. Lo capisce il Direttore amministrativo ?
A monte di queste anomalie, c'è un problema di
errata attuazione dell'ordinamento didattico (e questa è una responsabilità dei docenti,
che il rettore non ha arginato), ma c'è soprattutto un problema di responsabilità
gestionale del direttore amministrativo, che è risultata totalmente inidonea a frenare la
valanga (anche perchè è lei il vero detentore del potere nell'Ateneo). Troppi
insegnamenti, troppe lauree.
E poi c'è la questione della Romagna, il
"multicampus" cosiddetto dal rettore, ma che multicampus non è, perchè tra le
sedi delle quattro città-sedi non c'è alcun legame funzionale. Occorre dire chi paga
(Bologna, enti locali, Stato ?) e ridefinire i compiti di Bologna, degli Enti locali e del
Governo. I nuovi decreti ministeriali di MUSSI non permetteranno più inganni didattici e
finanziari. NL |
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VERSO IL FUTURO ? Il piano
strategico. Dal sito dell'Ateneo si può scaricare questo piano, cliccando su: Piano
strategico triennale, si dice, del ProRettore Marco Depolo, Psicologo.
Esso si direbbe, data la titolazione, la parola magica che proietta lo
sviluppo dell'Ateneo sul futuro, con obiettivi e strumenti finanziari relativi. In
realtà si tratta di una SUMMA di direttive di efficienza, che prendono sostanza solo come
premessa ad un vero e proprio piano di sviluppo.
E, invece, no. Esso sarà l'anticamera di un cosiddetto DOCUMENTO DI RIEQUILIBRIO FINANZIARIO, approvato incondizionatamente dal CdA il
20 giugno u.s., avente come fine delle economie
mediante il raschiamento del barile, ma senza un collegamento diretto con servizi da
salvaguardare o togliere.
Si deve chiarire, in proposito, che di economie di spesa si può
correttamente parlare, solo se si ragiona a parità di servizi (gli obiettivi). E basti
ricordare quanto è avvenuto nelle Unità Sanitarie dove, a seguito del taglio delle
spese, le fila di attesa sono divenute insopportabili. Troppo facile tagliare le spese
mediante il taglio dei servizi.
Il problema economico reale è, invece, quello di tagliare le spese in
collegamento con azioni virtuose, vale dire ridefinendo gli obiettivi a Bologna e in
Romagna.
Ma torniamo al PIANO STRATEGICO. Leggendolo, mi sono ricordato
delle relazioni politiche di ben 6 ore dei Presidenti del Plenum del Comitato Centrale
dell'Unione Sovietica, che però erano corredate da veri piani di sviluppo per il
quinquennio successivo.
Noi in Italia abbiamo fatto, nel 1961 (con l'avvento dei Governi di centro
sinistra), qualcosa del genere di quanto si faceva nell'Unione Sovietica. Il
caso vuole che il mio primo lavoro fu di partecipare al Gruppo di lavoro per il primo
piano quinquennale di sviluppo dell'Italia. Ne conservo una copia.
Per quanto ne so, un piano di sviluppo dovrebbe articolarsi sulle
seguenti fasi:
1) rilevare la situazione numerica delle strutture, del personale, degli studenti
dell'Ateneo (distintamente per i Dipartimenti, per le Facoltà, ecc. );
2) Definire gli standard desiderati (es. per un dipartimento, quanto dovrebbe
essere la superficie ottimale. Così per le facoltà: quanta superficie per studente, per
professore , e così via);
3) Quantificare gli scarti tra le strutture effettive e gli standard desiderati,
anche tenuto conto dei trend in atto nella società civile;
4) Calcolare il fabbisogno finanziario per eliminare gli scarti;
5) Fare la previsione dei finanziamenti su cui si pensa di poter contare e
calcolare, di conseguenza, in quanti anni si possono raggiungere gli standard;
6) Definire le priorità, e dunque decidere cosa fare il primo anno, il secondo
anno e così via.
Sotto il profilo statistico noi conosciamo ben poco del nostro Ateneo.
Si sa del bilancio e delle iscrizioni degli studenti, del numero dei professori, ma per
pura casualità, in seguito a precise domande. Ma non c'è una pubblicazione ufficiale.
Se i gestori ci hanno presentato quel piano gonfiandosi il
petto, non so proprio quale futuro possa esserci per Bologna.Questo ci rimanda all'urgenza
della riforma dello Statuto, per dare finalmente la guida dell'Università ai Professori,
mediante un nuovo sistema, che dia ai professori la guida dell'Ateneo, e non più la mera
consulenza agli alti burocrati, oggi i conduttori veri dell'Ateneo. NL |
|
|
Tabella 3 - PERSONALE DOCENTE
ANNI |
2000 |
2001 |
2006 |
Variazione
2006/2001 |
Retribuzioni totali a Professori e Ricercatori
in ruolo |
-- |
209.926.802,10 |
243.191.103,68 |
|
Numero prof e ric |
-- |
2996 |
3218 |
|
Retribuzione media lorda per persona** |
-- |
70.069 |
75.572 |
+7,8% |
Professori a contratto e docenti esterni con
incarico |
-- |
-- |
4.860.534,45 |
|
Numero Prof. a contratto e doc. esterni |
-- |
246 |
3462
di cui 2.525 a contratto |
|
Retribuzione media per persona |
-- |
|
1.403 |
|
NUMERO DEGLI INSEGNAMENTI |
14.124 |
|
25.946 |
|
* Il tasso di inflazione ISTAT, dal 2001 al 2006, è
stato 12%. Si direbbe che c'è stato un mero adeguamento monetario.
** Si chiarisce che alcune voci dipendono dal bilancio locale (quindi, non tutto
dipende dal FFO). Es. |
Tabella 4 - Personale tecnico e amministrativo (voci:1.04,1.05,1.07) -
retribuzioni |
ANNI |
2001 |
2006 |
Variazione 2006/2001 |
TOTALE RETRIBUZIONI |
89.341.668,39 |
121.054.245,48 |
|
NUMERO PERSONALE |
2882 |
2847 |
|
Retribuzione media per persona |
31.000 |
42.520 |
+37% |
|
Ateneo di
Bologna: la Camera chiude, con un invito da tutti condivisibile,
la querelle su "concorsopoli" tra l'On. Garagnani e il Rettore |
Fabio Garagnani
|
In un
comunicato a fine luglio, il Rettore reagisce
alle dichiarazioni locali dell'On. F. Garagnani, dopo
la risoluzione della Camera sul concorso di medicina di Bologna, ma poi dichiara di "concordare con lui"
LUCIANI, Ma allora ci prendiamo
tutti in giro ?
E, se, poi, Garagnani vuole efficaci innovazioni di legge, chieda che le
commissioni di concorso siano solo per sorteggio e che il mandato dei rettori sia, magari
di 5-7 anni, ma non rinnovabile |
P. Ugo Calzolari
|
Per memoria si
ricorda che il 18 luglio 2007 l'On. Garagnani aveva avanzato al Ministro dell'Università
una interpellanza sui concorsi di medicina a Bologna (dopo quella del 17 maggio sulla
gestione del bilancio), e proposto infine alla Camera uno schema di
"risoluzione". Il Rettore veniva convocato dal Ministro (la foto lo ritrae
all'uscita dal Ministero) e seguiva la presa di posizione della Camera, tra i duellanti,
che approvava la risoluzione. Di essa, infine, l'On. Garagnani si era dichiarato
soddisfatto alla stampa locale.
A quel punto il Rettore non ha potuto sottrarsi ad una pubblica
dichiarazione.
E siccome la materia non è una questione personale dei due, la
Comunità accademica non può restare indifferente alla presa di posizione della Camera:
in questo senso partecipiamo alla storia, anche con l'idea di accogliere, in una
successiva edizione di questo foglio, gli eventualui interventi individuali dei Colleghi.
Per memoria: Interpellanza
dell'On. Garagnani
Interpellanza 2-00672
presentata da
mercoledì 18 luglio 2007 nella seduta n.191
"Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'università
e della ricerca, per sapere - premesso che:
si fa riferimento a quanto sta accadendo all'Università di Bologna alla luce delle
inchieste giudiziarie che riguardano la vicenda chiamata "concorsopoli" in
seguito alla quale sono state rinviate a giudizio 45 persone fra le quali alcuni docenti
della facoltà di medicina e chirurgia e la Preside;
pur nel rispetto dell'autonomia universitaria, si rileva che: per quanto
concerne i procedimenti disciplinari nei confronti dei professori universitari di ruolo,
restano ferme le indicazioni contenute nell'articolo 87 del testo unico approvato con
regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592, il quale prevede le seguenti sanzioni disciplinari
che possono essere inflitte secondo la gravità delle mancanze:
1) la censura;
2) la sospensione dall'ufficio e dallo stipendio fino ad un anno;
3) la revocazione;
4) la destituzione senza perdita del diritto a pensione o ad assegni;
5) la destituzione con perdita del diritto a pensione o ad assegni;
- quanto all'autorità competente ad adottare i relativi provvedimenti,
occorre ricordare che nonostante gli articoli 88 e seguenti del testo unico facciano
esplicito riferimento al Ministro, la norma deve essere coordinata con quanto
successivamente previsto dalla legge 24 dicembre 1993, n. 537, che, definendo
ulteriormente i princìpi di autonomia delle università, ha limitato le attribuzioni del
Ministro con il disporre all'articolo 5, comma 9, che le funzioni del Ministero relative
allo stato giuridico ed economico dei professori universitari e dei ricercatori, fatte
salve le competenze e le norme vigenti in materia di concorsi, sono attribuite alle
università di appartenenza, che le esercitano nelle forme stabilite dallo statuto;
- ciò comporta che il potere di attivare procedimenti sanzionatori ed adottare i
conseguenti provvedimenti spetta al rettore (non più al Ministro). Qualora per la
gravità dei fatti, si proponga una sanzione superiore alla censura, l'atto è comunque
adottato dal rettore, ma è necessario il parere conforme di una Corte di disciplina (cfr.
articolo 89, comma 3, testo unico), che oggi è rappresentata dal Collegio di disciplina
del Consiglio universitario nazionale (CUN) e che in caso di inadempienza del Rettore si
pone il problema di chi edotta le sanzioni previste per legge non lasciando alla sola
magistratura la facoltà d'intervenire;
- quale sia il parere del Governo ed eventualmente se intenda proporre una modifica della
legislazione attualmente in vigore per definire in modo preciso a chi spettano i poteri
sostitutivi in un caso come quello accaduto a Bologna di mancanza di intervento del
Rettore che, per quanto risulta all'interrogante, non avrebbe assunto alcun provvedimento
disciplinare nei confronti di docenti che risulterebbero aver ammesso la loro
responsabilità nella manomissione dei concorsi universitari e che rimangono attualmente
al loro posto con responsabilità dirigenziali significative." |
Camera dei Deputati
Risoluzione della Commissione Cultura, il 27.07.07, pubblicata sul
Bollettino n.215
La VII Commissione,
- rilevato che l'Ufficio di Presidenza della Commissione ha da tempo
ritenuto opportuno condurre un'analisi approfondita sull'esperienza del regime di
autonomia universitaria ad oltre un decennio dalla sua attivazione, che prenderà avvio
nel prossimo autunno e si concluderà con un documento concernente l'applicazione,
l'attuazione, gli esiti, i pregi e i difetti del suddetto regime sul complesso degli
Atenei italiani;
- premesso che:
gli organi di informazione locali e nazionali, nelle ultime settimane, hanno dato ampio
risalto alle notizie circa le indagini condotte su presunte irregolarità, in particolare
connesse a procedure concorsuali, verificatesi nelle Facoltà di Medicina e Chirurgia
degli Atenei di Bologna e di Bari e, da ultimo, nella Facoltà di Veterinaria di Messina;
tali circostanze gettano discredito sull'intero sistema universitario italiano ed in
particolare sugli Atenei coinvolti ed incidono negativamente sulla reputazione di quella
gran parte dei docenti che assolvono al proprio dovere professionale con scrupolo e
rettitudine;
- sulle suddette presunte irregolarità la Magistratura sta svolgendo le proprie indagini
per verificare se ricorrano ipotesi di reato tali da giustificare rinvii a giudizio;
- l'esercizio dei poteri ispettivi ministeriali è stato utilizzato raramente a seguito
del riconoscimento della autonomia universitaria; tuttavia è da segnalare che, in
relazione alle recenti vicende, il Ministro ha disposto una ispezione presso l'Università
di Messina ed ha richiesto parere al Consiglio di Stato per sapere quali siano i poteri
che può esercitare e i provvedimenti che può adottare di fronte ad episodi gravi e
diffusi verificatisi all'interno dell'Università,
impegna il Governo:
- a continuare ad esercitare, sulle presunte suddette irregolarità ed
ogni qual volta si manifesteranno analoghe situazioni, tutte le funzioni ispettive che
l'ordinamento vigente consente nel rispetto dell'autonomia universitaria;
- ad esaminare, anche alla luce del parere che sarà espresso dal
Consiglio di Stato, quale possa essere la disciplina dei controlli ministeriali
sull'attività amministrativa degli Atenei.
(8-00078) "Garagnani, Bono, Barbieri, Goisis, Folena, Raisi, Ghizzoni, Guadagno,
Sasso, Volpini, Benzoni, De Biasi" |
Rettore di Bologna
Comunicato sulla risoluzione della Commissione VII della Camera. 29
luglio 2007
"La risoluzione, approvata all'unanimità in mattinata (ndr. 27/07/2007) dalla
Commissione Cultura della Camera, ha recepito ampiamente quanto da me affermato, in ciò
d'accordo con il collega On. Enzo Raisi, sulla necessità non solo di avviare un'indagine
approfondita del sistema universitario italiano (Bologna compresa), ma ha riconosciuto la
gravità dei fatti accaduti anche e soprattutto nell'Ateneo di Bologna" aveva
affermato l'on.Fabio Garagnani in una nota dopo l'approvazione della risoluzione a
Montecitorio.
Fatti, proseguiva Garagnani, "che non debbono ovviamente coinvolgere tutta
l'università e di tanti pur validi docenti; mi pare significativo che la commissione
abbia sollecitato, come richiesto esplicitamente dal sottoscritto, il governo ad
esercitare i necessari controlli ministeriali ponendo in essere le funzioni ispettive
sulla base anche di quanto avvenuto nella recente ispezione nell'università di Messina.
Credo che l'odierna votazione ha proseguito Garagnani - faccia giustizia di tutte
le strumentalizzazioni contro il sottoscritto e l'onorevole Raisi e confermi che abbiamo
svolto il nostro dovere di parlamentari, preoccupati unicamente del bene della nostra
università e della collettività bolognese".
"Parrà strano puntualizza Calzolari ma il Rettore condividendo la
sostanza della risoluzione approvata dalla Commissione VII della Camera, si trova
daccordo con lOn. Garagnani. La risoluzione impegna il Governo a
continuare ad esercitare, sulle presunte suddette irregolarità [si fa riferimento ai
concorsi] ed ogni qual volta si manifesteranno analoghe situazioni, tutte le funzioni
ispettive che l'ordinamento vigente consente nel rispetto dell'autonomia
universitaria. Basta riandare alla dichiarazione del Rettore di Bologna, rilasciata
in seguito alla conferenza stampa degli On. Raisi e Garagnani tenutasi a Bologna il 21
aprile scorso, per prendere atto che lUniversità di Bologna da sempre si è
dichiarata favorevole ad interventi ispettivi del Ministero che avrebbero il vantaggio di
mostrare a tutti, e rapidamente, la correttezza, in tema di concorsi, degli atti
amministrativi di competenza dellAmministrazione ma anche linfondatezza delle
accuse lanciate dagli On. Raisi e Garagnani su molti aspetti della gestione dellAlma
Mater.
LOn. Garagnani esulta. Buon per lui: ciascuno è libero di inventarsi i propri
trionfi. In realtà lequilibrata risoluzione della Commissione VII trasforma nella
sostanza la proposta originaria dellOn. Garagnani. Egli aveva auspicato una
indagine parlamentare sul sistema universitario italiano, ma la risoluzione non fa
alcun cenno ad indagini parlamentari. Aveva additato, con riferimento a Bologna,
situazioni amministrative particolarmente pesanti, ma la risoluzione ignora la
questione.
Aveva richiesto, nel corso del dibattito in Commissione, misure contro il Rettore
di (Cont.) |
Luciani: nel merito, siamo
tutti ipocriti, e ce n'è anche per il Ministro MUSSI, in questi giorni tornato a bandire
concorsi per ricercatori con le vecchie regole.
Quello che,al più, si può dire dell'Alma Mater è di
avere ancora le mura medievali, per quanto riguarda le "chiamate". I rimedi
?.
In sintesi l'On. Garagnani, "presunta" (vocabolo mio)
l'irregolarità del concorso in riferimento, vuole che il Rettore prenda provvedimenti nei
confronti dei presunti colpevoli e conclude invocando "una
modifica della legislazione attualmente in vigore per definire in modo preciso a chi
spettano i poteri sostitutivi in un caso come quello accaduto a Bologna di mancanza di
intervento del Rettore".
Di fronte alla richiesta del deputato, ma anche perchè i fatti lamentati
rientrano in un fenomeno pià generale dell'Università italiana, la Camera gli da
ragione. Già, anche il Governatore spagnolo FERRER, nei Promessi Sposi di A. Manzoni, per
la crisi del pane, ordinò di distribuire "pane buono". E Manzoni commentò:
poteva un Governatore ordinare di distribuire pane cattivo ?
E dunque, perchè Calzolari avrebbe dovuto non essere d'accordo con Garagnani
?
La verità è che siamo tutti ipocriti: il Parlamento, Garagnani, tutti noi,
e anche il Rettore.
Io non conosco nulla di specifico del fatto lamentato. Ma ragiono per tutti i fatti
simili allo stesso modo. Il rebus sta nella legge. e dunque nella forma non vi è nulla di
illegittimo.
La legge 210/98 l'ha fatta il Parlamento (su proposta di un Governo di
sinistra), che volle le commissioni di concorso elette per votazione di tutti i docenti
dei rispettivi gruppi, e in più volle "un membro" nominato dall'Università
banditrice. Dunque, le votazioni avvengono in base al programma (ad es., di sostenere un
dato indirizzo scientifico e dunque anche tale o tale candidato). Dunque, è naturale che
avvenga lo scannamento tra il votante e il votato, se in commissione questo non adempirà
allo impegno. Perchè dovrebbe essere diverso rispetto a quanto vale per i deputati
inadempienti ?
Altra cosa è osservare che la legge 210/98 è incostituzionale. Se (ex-art. 97)
alla P.A. si accede per concorso, perchè nei concorsi universitari i vincitori sono
designati prima del concorso ? Ma mi risulta che nessuno, dei legittimati, abbia mai
sollevato la questione di legittimità costituzionale alla Corte Costituzionale.
Anche Garagnani è un ipocrita, perchè all'epoca della Ministra Moratti, in
Commissione cultura delal Camera, egli era capo gruppo della maggioranza, per la scuola e
università, e se ne stette alla larga, pur sollecitato da me ad occuparsi della riforma
dello stato giuridico dei docenti.
Si deve unicamente all'On. M. Pepe e all'On.le E. Barbieri se la nuova legge
Moratti ha abolito il membro di nomina diretta locale e introdotto il sorteggio, e
tuttavia dentro un cappello che contiene 15 membri votati.
On. Garagnani, perchè ancora "15 membri votati", nonostante
i ripetuti "presunti" scandali ?
Ce n'è anche per il Ministro. Lo scorso anno, aveva ottenuto delega dal Parlamento
di emanare nuove regole entro il 31 marzo 2007 per l'assunzione di ricercatori.
E, invece, (pur partito bene, con idee ottime) non solo egli non ha ancora
adempiuto all'obbligo, ma ha bandito in questi giorni un concorso con le vecchie regole
(con le quali i concorsi sono solo nominali). Dunque, perchè prenderci in giro?
Torno a Bologna. Qui, c'è in più, che ha
ancora le mura medievali, per quanto riguarda le "chiamate". Non v'è
barba di Rettore che possa neppure bloccare i bandi anomali, più appariscenti. E chi non
fa parte della corporazione (se non figlio o nipote), dovrà ingoiare molto fiele, per
avervi accesso.
Ma, anche qui, il vero problema non è "bolognese", ma è
che tutti i rettori sono elettivi e corporativi.
Se Garagnani vuole innovare, proponga una di legge con cui i rettori
sono elettivi, magari per 5-7 anni, ma senza rinnovabilità immediata del mandato. NL |
(Cont. Rettore) Bologna, colpevole di non avere assunto provvedimenti disciplinari a
carico dei professori di Medicina già rinviati a giudizio, ed è stato
bacchettato dal SottoSegretario Modica e dal Presidente della Commissione Folena che gli
hanno ricordato che, allo stato, non risulta che a Bologna qualcuno sia già stato
rinviato a giudizio.
Su un particolare ha avuto successo: ha insistito affinché, in relazione alle indagini in
corso sulle presunte irregolarità in alcuni concorsi, fosse mantenuto nel testo della
risoluzione il riferimento alla Facoltà di Medicina dellUniversità di Bologna. Era
lunica cosa che gli premeva per davvero, tanto da minacciare di non approvare il
nuovo testo (naturalmente linformazione è dedotta dal verbale della seduta della
Commissione VII del 27/7) se quel riferimento fosse stato espunto, come viceversa era
stato consigliato dal SottoSegretario Modica. In questa strategia di aggressione contro
lAlma Mater (sei interpellanze parlamentari in un anno, una risoluzione della
Commissione, conferenze stampa, interventi a getto continuo sui quotidiani e nelle radio
locali) quello che interessa è gettare discredito sullAlma Mater e il suo Rettore,
indipendentemente dalla fondatezza delle accuse.
Rimane inevasa una domanda: uno sforzo così massiccio e unico nel nostro Paese (in Europa
la cosa sarebbe semplicemente impensabile) a che cosa punta realmente? Al bene della
nostra università e della collettività bolognese, come viene scritto
nellodierno comunicato? Nec pueri credunt". |
|
|
Ateneo di Bologna: completiamo l'analisi del bilancio (2001-2006) |
Frattanto,
il Rettore, "dopo" la proclamata crisi del bilancio,
ha perduto la roccaforte di "INGEGNERIA", passata ai "CIVILI"
nonostante la sua partecipazione attiva al voto
Aria nuova anche a Medicina: il Prof. Segio STEFONI, nuovo Preside |
P.Ugo Calzolari
|
Pier Paolo Diotallevi
|
Pier Paolo DIOTALLEVI*, nuovo Preside di Ingegneria.
Personalità silente, ma laboriosa e costruttiva
Attesa una fase di democratizzazione della Facoltà e la riqualificazione
delle sue lauree, dopo la triste fase dell'attuale ordinamento didattico
* Vedi
sotto alcuni elementi sulla figura
professionale e scientifica |
Cessa
il prof. Guido MASETTI, pupillo del Rettore, ma non rieleggibile (per Statuto).
Preside di ferro, gli va il ringraziamento per aver dato molto dato a Ingegneria
(soprattutto nei lunghi anni
come presidente della commissione didattica), pur se (a nostro avviso) non sempre
illuminato ( vedi:
larghezzza con gli amici e rigore con i "presunti non amici"; vedi
polverizzazione degli insegnamenti
e duplicazione dei corsi di studio: due lauree energetiche; due lauree gestionali,
quelle "facili" ...., fatte passare
(non da lui) per le lauree economiche di ingegneria, ma che non
hanno il corso (di base) di economia politica ...) |
Frattanto torniamo all'analisi storica del bilancio, guardando al lato "SPESA"
|
COSA RISULTA DALLA SPESA* dal 2001 al 2006
Quanto illustrato dimostra soprattutto dei dubbi sul
livello qualitativo della gestione (il riferimento è più alla Direzione amministrativa,
a parte il Rettore, come parte politica - n.d.r.). Infatti, in netto
contrasto con le filippiche della amministrazione sul costo dei professori e del
personale amministrativo, dalla analisi storica si trova (relativamente al 2001-2006) che
l'eccesso di spesa ha avuto la maggiore spinta dal programma edilizio, e dall'errato
"nuovo ordinamento didattico", con riflessi (in ordine decrescente) sulle spese
per il personale amministrativo, e poi docente. Ma distinguiamo il quadro
complessivo da alcune anomalie più specifiche.
QUADRO COMPLESSIVO. La tabella 1 mostra che:
a) per il personale docente, dal 2001 al 2006, la spesa è aumentata del 16%, e
dunque è stata appena in linea con l'inflazione. Infatti, tra il 2001 e il 2006 i prezzi
sono saliti, mediamente, del 12% (dati ISTAT, pur se la comune esperienza post-euro mostra
che il tasso è stato ben maggiore) ;
b) per il personale non docente la spesa è aumentata del 35%;
c) Per l'edilizia, la cifra impegnata nel 2006 è stata di
24.395.325,79, (quasi 50 MILIARDI di vecchie lire), una cifra non trascurabile. Ma
l'intenzione era ben maggiore, e lo si desume dal bilancio "assestato" a ottobre
2006, che indicava una volontà di spesa di 178.208.740,35 (il 200%, rispetto alla cifra del 2001).
Questa cifra è poi naufragata per la crisi del bilancio, ma anche per il fallimento di
un'accensione di prestito di 93.123.328,76.
NELLO SPECIFICO, si trova:
a) che le maggiori spese amministrative sono derivate dal
malgoverno della didattica (applicata da Calzolari), senza alcun contrasto da parte della
Direzione amministrativa. Si ricorda che, secondo il nuovo ordinamento di Zecchino e
Berlinguer, la vecchia laurea (di 4-5 anni) doveva essere sdoppiata in due lauree: una di
3 anni e una di 2 anni. Anzichè fare solo questo, sono stati frazionati anche gli
insegnamenti (peraltro, come in tutta Italia), e dunque moltiplicati gli insegnamenti. A
Bologna si è passati da 14.124 nel 2000 a 25.946 nel 2006.
A parte che la qualità delle lauree è collassata, l'effetto sul bilancio è stato un
maggior fabbisogno di aule e di personale (docente e amministrativo), anche con assunzioni
in modo maldestro (troppi contratti a termine: vedi 2.500 professori a contratto, ....
). Lo stesso è per il personale amministrativo (vedi dimissionamenti di persone a
tempo indeterminato e riassunzioni a tempo determinato.
Si conclude che il risanamento del bilancio ha senso partendo da una diversa
organizzazione della didattica. E', invece, un non senso puntare a economie reali
mediante il raschiamento del barile attuale (che contiene un ordinamento didattico in via
di sostituzione, e vero responsabile della crisi del bilancio). Ho letto il DOCUMENTO DI
RIEQUILIBRIO FINANZIARIO, presentato in CdA il 20 giugno u.s.. Non ha senso tagliare fondi
alle Facoltà, senza collegamento ad azioni locali virtuose, derivanti dall'attuazione
fedele dell'attesa riforma dell'ordinamento didattico.
b1) alcune spese meriterebbero, poi, una spiegazione (di
cui dovrebbero farsi carico i Consiglieri di Amministrazione):
1) le spese per incarichi dirigenziali sono aumentate del 100% (contro un aumento
medio del 16,7%, delle spese correnti);
b2) ricordato che la voce "Programmazione e sviluppo Sistema
Universitario" è finanziata in modo vincolato dal Ministero, si trova che l'entrata
accertata è stata di 1.858.043, mentre l'impegno di spesa è stato di
376.114,00 .
b3) Le "collaborazioni esterne" nel 2006 hanno
impegnato ben 2.618.278,20 ( e questo normalmente da anni). Ma il Regolamento di
contabilità art. 117 le vieta di norma.
b4) Il finanziamento della ricerca, da parte dell'Ateneo, è
calato del 16,8% dal 2001 al 2'006 (e questo fa il doppio con la disincentivazione dei
finanziamenti privati alla ricerca universitaria, ex-art. 66 DPR 382/8o - vedi: Finanziamento privato). Invece
quella del Ministero è aumentata del 64% (vedi tabella ). Tornando alla
riorganizzazione della didattica, ci sembra ovvio che essa libererebbe cifre anche per la
ricerca.
b5) Si percepisce l'esistenza di gestioni fuori bilancio (vedi Alma Mater,
..., e non solo questa ) che urge riportare (sotto forma di allegati) dentro il bilancio
generale.
ROMAGNA. Questa voce
richiederebbe non uno, ma molti chiarimenti. Si tratta di sapere se, a saldo tra entrate e
uscite, essa è a carico di Bologna, o a carico del MIUR (vedi legge sul frazionamento dei
Mega-Atenei) o degli enti locali. Ma non c'è un bilancio separato della
Romagna rispetto a Bologna, e questo conferma di nuovo le carenze della Direzione
amministrativa.
E' pur vero che, dal bilancio qualcosa si può ricavare. Si vede così
che Cesena, Forlì, Ravenna, Rimini hanno avuto da Bologna
11.263.245,56 nel 2001 e così via successivamente, in particolare
19.339.501,76 nel 2006, con un aumento del 71%. Ci sembra evidente che Bologna dia
anche dell'altro alla Romagna, ad es. in termini di prestazioni semigratuite dei docenti.
...
Ma questo non basta per capire se il saldo favorisca Bologna o la
Romagna. Ricorrendo a qualche congettura, si ricostruisce che se il FFO - Fondo statale di
Finanziamento Ordinario di Bologna - fosse ripartito tra la Bologna e la Romagna in
proporzione al numero dei rispettivi studenti, si troverebbe che spetterebbe a Bologna per
317.152.350,00 e alla Romagna per
72.182.722,00. Ma non si riesce ad andare oltre questi elementi. NL
*Fonte: Università di Bologna, Area della Ragioneria, Settore
Bilanci, CONTO CONSUNTIVO, 2001. *Idem 2002, 2003, 2004, 2005, 2006 (previsioni definitive
), 2007 (previsioni iniziali). |
|
|
Tabella
1
SPESE |
Previsioni
definitive 2001 |
Previsioni
definitive 2002 |
Previsioni
definitive 2003 |
Previsioni
definitive 2004 |
Previsioni
dopo assestamento in ottobre 2005 |
Previsioni
dopo assestamento in ottobre 2006 |
Variazione
2006/2001 |
|
|
|
|
|
|
|
|
spese correnti |
525.637.209,25
|
533.745.426,71 |
549.528.910,86 |
558.482.882,80 |
583.470.427,50 |
613.481.380,87
|
+
16,7% |
investimenti |
103.420.758,14
|
82.723.171,41 |
104.488.265,99 |
89.676.274,27 |
150.996.278,12 |
227.332.313,07
|
+
120,0% |
totale* |
629.057.967,39
|
616.468.598,12 |
654.017.176,85 |
648.159.157,07 |
734.466.705,62 |
840.813.693,94
|
|
* Escluse partite di giro e
rimborso prestiti |
|
SPESE IMPEGNATE ( qui stanno le spese
effettive), risultate minori delle previsioni (di solo qualche mese prima ! ) |
|
Impegnato
nel 2005 |
Impegnato nel
2006 |
spese correnti |
541.175.579,83 |
568.619.019,59
|
spese di investimento |
59.771.374,47 |
52.532.277,01
|
totale (escluse
partite di giro e rimborso prestiti) |
600.946.954,30 |
621.151.296,60
|
|
Tabella 2 - Romagna . Finanziamenti per la didattica |
ANNI |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
Corsi sedi
decentrate |
2.279.358,00 |
164.257,48 |
76.300,00 |
34.725,74 |
231.000 |
429.574,46 |
Polo di Cesena |
2.735.752,25 |
3.034.227,59 |
5.215.382,58 |
4.885.433,70 |
4.965.074,18 |
6.141.707,26 |
Polo di Forlì |
3.357.840,10 |
5.933.984,58 |
5.407.644,92 |
5.423.554,73 |
5.378.857,53 |
5.964.457,75 |
Polo di Ravenna |
1.351.168,18 |
2.734.951,54 |
2.686.135,01 |
2.916.855,29 |
2.785.343,57 |
3.046.504,86 |
Polo di Rimini |
1.539.127,04 |
2.582.518,34 |
2.800.329,18 |
3.584.889,77 |
3.317.023,19 |
3.757.257,43 |
Totale |
11.263.245,56 |
14.449.939,53 |
16.185.791,69 |
16.845.459,23 |
16.677.298,47 |
19.339.501,76 |
|
Tabella 3 - PERSONALE DOCENTE |
ANNI |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
Variazione
2006/2001 |
Retribuzione
professori |
151.637.002,24 |
160.432.886,09 |
168.414.964,26 |
169.539.856,71 |
173.767.274,20 |
181.780.000,00 |
|
Retribuzione
ricercatorI |
44.518.368,70 |
45.701.923,39 |
48.460.437,68 |
51.878.549,56 |
58.634.757,13 |
57.513.000,00 |
|
Supplenze |
5.897.012,82 |
3.502.412,11 |
3.432.018,20 |
3.423.927,23 |
2.280.647,15 |
2.374.745,08 |
|
Compensi accessori
e indennità di carica Professori e Ricercatori |
7.874.418,34 |
7.976.421,45 |
2.997.400,03 |
55.132,40 |
2.320.000 |
1.523.358,60 |
|
Professori a
contratto finanziati da Ateneo |
3.644.883,28 |
5.403.788,57 |
7.403.273,95 |
3.041.914,92 |
3.074.421,24 |
3.945.360,45 |
|
Professori a
contratto finanziati da altri |
806.291,45 |
1.270.676,42 |
1.072.833,29 |
998.581,13 |
469.817,98 |
915.174,00 |
|
Totale |
214.377.976,83 |
224.288.108,03 |
231.780.927,41 |
228.937.961,95 |
240.546.917,70 |
248.051.638,13
|
+ 15,8% * |
* Il tasso di inflazione ISTAT, dal 2001 al 2006, è
stato 12%. Si direbbe che c'è stato un mero adeguamento monetario |
Tabella 4 - Personale tecnico e amministrativo (voci:1.04,1.05,1.07) -
retribuzioni |
ANNI |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
Variazione
2006/2001 |
Collaboratori linguistici |
2.861.171,22 |
2.989.821,50 |
3.593.614,98 |
3.469.709,53 |
3.346.700,05 |
3.478.250,00 |
|
Formazione e sviluppo personale |
890.898,48 |
912.309,71 |
691.453,94 |
673.886,65 |
672.394,00 |
844.605,00 |
|
Personale tecnico e amministrativo |
67.028.504,86 |
73.251.139,39 |
76.793.892,99 |
78.891.057,86 |
78.443.222,00 |
88.016.358,53 |
+ 31% |
Trattamento accessorio da contrattazione dec. |
9.011.159,46 |
5.023.951,59 |
3.565.410,50 |
14.049.345,94 |
12.828.065,43 |
12.710.997,50 |
|
Retribuzioni variabili dirigenti a tempo
indeterminato |
240.152,46 |
497.865,06 |
552.118,33 |
623.205,90 |
506.450,65 |
595.264,84 |
|
Retribuzioni variabili dirigenti a tempo
determinato |
1.120.711,47 |
1.367.674,43 |
1.300.567,62 |
1.466.462,50 |
2.130.000,00 |
2.265.500,00 |
+ 100% |
Altri interventi per personale |
3.343.203,93 |
3.222.356,10 |
3.006.283,71 |
3.230.537,64 |
4.148.226,00 |
6.228.566,36 |
|
Personale tecnico e amministrativo a contratto |
4.845.866,52 |
4.755.668,75 |
6.303.567,17 |
6.709.586,61 |
8.590.366,16 |
6.914.703,25 |
|
TOTALE |
89.341.668,39 |
92.020.786,53 |
95.806.909,24 |
109.113.792,63 |
110.665.424,29 |
121.054.245,48 |
+35,5% |
Retribuzioni personale amm.ne
centrale per prestazioni c/terzi |
1.607.986,44 |
2.498.220,21 |
1.803.908,75 |
2.826.411,14 |
2.943.866,45 |
3.085.313,77 |
|
Retribuzioni personale presso enti
ospedalieri prestazioni c/terzi |
25.735.141,45 |
21.933.583,53 |
27.528.147,48 |
24.374.180,10 |
26.513.000,00 |
33.902.000,00 |
|
|
27.343.127,89 |
24.431.803,74 |
29.332.056,23 |
27.200.591,24 |
29.456.866,45 |
36.987.313,77 |
+35,3% |
|
Tabella 5 - EDILIZIA E SPAZI |
ANNI |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
Variazioni
2006/2001 |
Acquisto di
immobili |
2.046.790,45 |
1.734.945,24 |
490.634,05 |
10.643.055,17 |
10.395.659,05 |
5.154.561,74 |
|
Ricostruzioni di
immobili |
25.222.682,40 |
13.720.925,63 |
21.513.517,85 |
20.814.842,99 |
27.092.169,22 |
22.462.090,66 |
|
Nuove costruzioni |
- |
0,00 |
0,00 |
0,00 |
0,00 |
- |
|
Spese finanziate
da mutui |
649.492,40 |
437.011,71 |
388.448,92 |
374.075,40 |
374.075,40 |
93.497.404,16 |
|
Edilizia sportiva |
1.876.566,64 |
2.114.566,65 |
2.114.566,65 |
1.572.445,38 |
1.501.297,32 |
1.373.105,93 |
|
Previsioni definitive |
58.829.425,61 |
38.584.134,85 |
64.640.665,33 |
51.288.281,31 |
|
|
|
Previsioni assestate a ottobre |
- |
|
|
|
111.710.978,78 |
178.208.740,35 |
+ 200% |
Impegnato |
|
|
|
|
25.332021,09 |
24.395.325,79 |
|
ANNI |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
Programmaz.e sviluppo Sistema
Universitario. |
2.667.370,25 |
4.580.132,02 |
4.444.499,45 |
1.213.832,03 |
5.975.103,87 |
Previsione definitiva
4.638.952,00
impegnato
376.114,00 |
Quote associative a
enti,consorzi,fondazioni, ecc |
1.061.737,62 |
1.261.518,10 |
2.712.418,28 |
2.408.342,24 |
2.747.794,57 |
prevsione definitiva
2.776.300,57
impegnato
376.114,00 |
Spese per collaborazioni esterne |
1.265.359,27 |
1.845.124,83 |
2.253.898,21 |
2.750.509,81 |
3.574.871,77 |
impegnato
2.66.543,28
|
|
|
Tabella 7 - Finanziamento della ricerca |
|
ANNI |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
Finanziata da MIUR |
17.899.727,02 |
22.143.348,20 |
22.386.766,10 |
24.779.528,52 |
23.711.130,59 |
29.361.528,88 |
Finanziata da
altri enti pubblici |
1.077.785,31 |
2.477.842,36 |
4.469.236,03 |
379.050,94 |
217.671,03 |
197.960,16 |
Ricerca finanziata
da Ateneo |
13.812.411,36 |
10.908.527,97 |
6.791.073,52 |
5.994.946,07 |
5.806.203,96 |
11.487.647,00 |
TOTALE RICERCA |
32.789.923,68 |
35.529.718,53 |
33.647.075,65 |
31.153.525,53 |
29.845.825,58 |
41.181.976,04 |
|
* ALCUNE
INFORMAZIONI SULLA FIGURA DEL NUOVO PRESIDE
(TRATTI DEL WEB DELL'ATENEO)- Professore Ord. di
Tecnica delle costruzioni
- Membro del Senato Accademico dell'Ateneo
- Presidente della Commissione edlizia, Ateneo di Bologna
- Direttore del Dipartimento di Ingegneria delle Strutture, dei Trasporti, Delle
Acque, del Rilevamento, del Territorio - DISTART |
|
- Principali pubblicazioni:
1 Pier
Paolo Diotallevi, Luca Landi
"About influence of axial force on the non linear seismic response of R/C
frame", Proceedings of the Eleventh European Conference on Earthquake Enginnering
(Paris, 18/9/98-24/9/98) a cura di P. Bisch, P. Labbe', A. Pecker, pp. 176/1-176/15, A. A.
Balkema, Rotterdam, Netherlands, Parigi, 1999 [cod. 1017077/99]
2 Pier
Paolo Diotallevi, Luca Landi, Stefano Benni
"Adeguamento sismico di una struttura in c.a. esistente mediante isolamento alla
base: progettazione, modellazione ed analisi", 14° Congresso C.T.E. (Mantova,
7/11/2002-9/11/2002) a cura di C.T.E.
pp. 525-534, C.T.E., Mantova, 2002 [cod. 1017002/02]
3 Pier
Paolo Diotallevi, Luca Landi
"Analisi del danneggiamento di telai in c.a. progettati con gli Eurocodici e soggetti
ad azioni sismiche con componente orizzontale e verticale"
10° Convegno Nazionale "L'Ingegneria sismica in Italia" (Potenza, 9/9/2001-13/9/2001)
a cura di ANIDIS
pp. 116/1-116/12, Associazione Nazionale Italiana di Ingegneria Sismica, Potenza, 2001
[cod. 1017008/01]
4 Alessandro
Capra, Pier Paolo Diotallevi, Stefano Gandolfi, Giuseppe Lombardini, Antonio Zanutta,
"Analisi di deformazioni e sforzi sulla facciata nord del chiostro maggiore della
chiesa di S. Stefano (Bologna) mediante rilievo fotogrammetrico e misure
vibrometriche"
Atti della Terza Conferenza Nazionale ASITA (Napoli, 9-12 novembre 1999) a cura di
ASITA,pp. 1243-1244, Arte Stampa, Daverio (VA), 1999 [cod. 1017020/99]
5 P.
P. Diotallevi
"Approccio alla determinazione dello stato tensionale relativo alla Torre
Garisenda", Rapporto DISTART nell'ambito della convenzione tra Comune di Bologna e
Universita' di Bologna."
Distart, Bologna, 1997, pp. 1-30 [cod. 3017018/97]
6 Pier
Paolo Diotallevi, Luca Landi
"Coefficiente di struttura e comportamento a collasso di telai in c.a.: influenza
dello sforzo assiale e della componente verticale del sisma"
3a Conferenza Plenaria "La sicurezza delle strutture in calcestruzzo armato sotto
azioni sismiche con riferimento ai criteri progettuali di resistenza al collasso e di
limitazione del danno dell'Eurocodice 8 (Roma, 14/12/2001) a cura di G. Toniolo
pp. 17-26, Politecnico, Milano, 2002 [cod. 1017003/02]
7 Pier
Paolo Diotallevi, Luca Landi
"Effect of the axial force and of the vertical ground motion component on the seismic
response of R/C frames"
12* World Conference on Earthquake Engineering (Auckland - New Zealand, 30/1/2000-4/2/2000)
a cura di 2000 New Zealand Society for Earthquake Engineering, pp. 1026/1-1026/8, 2000 New
Zealand Society for Earthquake Engineering, New Zealand, 1999 [cod. 1017076/99]
8 Pier
Paolo Diotallevi, Nerio Tullini, Antonio Tralli, Antonio Paladin
"Identificazione strutturale di un edificio di muratura sottoposto a prove di
vibrazione forzata", 9* Convegno Nazionale "L'ingegneria Sismica in Italia"
(Torino, 20/9/1999-23/9/1999) a cura di ANIDIS
pp. 54/1-54/12, ANIDIS, Torino, 1999 [cod. 1017079/99]
9 Maria
Bignozzi, Franco Sandrolini, Pier Paolo Diotallevi, Diego Pagnini, "Il Calcestruzzo
di Zolfo", INARCOS, 602, n. , pp. 763-770 (1999), [cod. 4096033/99]
10 Pier
Paolo Diotallevi, Luca Landi
"Incidenza dello sforzo assiale normalizzato di progetto sulla risposta sismica di
telai in c.a. progettati secondo l'EC8"
3a Conferenza Plenaria "La sicurezza delle strutture in calcestruzzo armato sotto
azioni sismiche con riferimento ai criteri progettuali di resistenza al collasso e di
limitazione del danno dell'Eurocodice 8 (Roma, 14/12/2001) a cura di G. Toniolo, pp.
27-36, Politecnico, Milano, 2002 [cod. 1017004/02]
11 P. P.
Diotallevi , F. Campedelli
"Indice di danno ed energia isteretica quali criteri di progettazione di telai piani
di c. a. in zona sismica.", Ingegneria sismica, a, n. , pp. a-a (1997), [cod.
4017027/97]
12 Pier
Paolo Diotallevi, Luca Landi
"Interazione momento-sforzo normale nell'analisi sismica non lineare di telai in c.
a.", 9* Convegno Nazionale "L'ingegneria sismica in Italia" (Torino,
20/9/1999-23/9/1999) a cura di ANIDIS, pp. 98/1-98/12, Associazione Nazionale Italiana di
Ingegneria Sismica, Torino, 1999 [cod. 1017078/99]
13 Pier
Paolo Diotallevi, Odine Manfroni, Nerio Tullini
"On site dynamic test of a long span timber footbridge"
Footbridge 2002 (Parigi, 20-22 novembre 2002) a cura di AFGC-OTUA
pp. 1-11, AFGC-OTUA, Parigi, 2002 [cod. 1017006/02]
14 Pier
Paolo Diotallevi, Nerio Tullini, "Prove di vibrazione armonica forzata e
identificazione strutturale di un ponte in c. a. ad arco di grande luce dopo circa
cinquanta anni di esercizio", Giornate AICAP 2002 (Bologna, 6-8 giugno 2002) a cura
di AICAP, pp. 483-492, AICAP - Associazione Italiana Cemento Armato e Precompresso,
Bologna, 2002 [cod. 1017005/02]
15 Pier
Paolo Diotallevi, Nerio Tullini
"Prove di vibrazione forzata eseguite sull'edifico a torre della società Mercatone
Uno di Imola", Ingegneri Architetti Costruttori, 1, n. 616, pp. 21-27 (2001), [cod.
4017009/01]
16 Claudio
Ceccoli, Pier Paolo Diotallevi, Marco Savoia, Claudio Mazzotti, Tomaso Trombetti
"Seismic isolation retrofitting of historic buildings, a case study: the ex caserma
Zucchi in Reggio Emilia"
"Protezione sismica dell'edilizia esistente e di nuova edificazione attraverso
sistemi innovativi" - pubblicazione on line - (Napoli, giugno 2000) a cura di -, pp.
1-10, Edizioni De Luca, -, 2000 [cod. 1017024/00]
17 P. P.
Diotallevi, R. Poluzzi,et al., "Sperimentazione dinamica ed identificazione
strutturale: risultati salienti e considerazioni critiche relative ad un programma di
prove eseguite su viadotti autostradali"
Giornate AICAP in memoria di Cestelli Guidi (Roma, Ottobre 1997) a cura di vari, pp. 249-258,
in proprio, a, 1997 [cod. 1017061/97]
18 Pier
Paolo Diotallevi, Luca Landi
"Studio degli effetti dei carichi assiali e della componente verticale del sisma sul
comportamento di telai in c.a. progettati con l'Eurocodice 8"
2a Conferenza Plenaria "La sicurezza delle strutture in calcestruzzo armato sotto
azioni sismiche con riferimento ai criteri progettuali di resistenza al collasso e di
limitazione del danno dell'Eurocodice 8" (Firenze, 15/12/2000) a cura di G. Toniolo,
pp. 19-28, Politecnico, Milano, 2001 [cod. 1017010/01]
19 Pier
Paolo Diotallevi, Claudio Ceccoli, Tomaso Trombetti, Claudio Mazzotti, Marco Savoia, Nerio
Tullini, Nicola Cosentino, "Studio dell'isolamento di un edificio monumentale
italiano: la ex Caserma Zucchi di Reggio Emilia", 9 Convegno Nazionele
"L'ingegneria sismica in Italia" (Torino, 20-23/9/1999) a cura di ANIDIS
pp. 144/1-144/12, ANIDIS, Torino, 1999 [cod. 1017080/99]
20 P.
Ferrari, P. P. Diotallevi, "Su di un criterio di rinforzo antisismico realizzato con
nucleo di c. a. articolato al piede"
Giornate AICAP in memoria di Cestelli Guidi (Roma, Ottobre 1997) a cura di vari, pp. 73-82,
in proprio, Roma, 1997 [cod. 1017060/97]
21 Pier
Paolo Diotallevi, Luca Landi, "Sul comportamento a collasso e sulla determinazione
del coefficiente di struttura di telai in c.a. progettati con gli Eurocodici", 10°
Convegno Nazionale "L'Ingegneria sismica in Italia" (Potenza, 9/9/2001-13/9/2001)
a cura di ANIDIS
pp. 114/1-114/12, Associazione Nazionale Italiana di Ingegneria Sismica, Potenza, 2001
[cod. 1017009/01]
22 Pier
Paolo Diotallevi, Luca Landi, "Sull'influenza della componente verticale nella
risposta sismica di elementi strutturali in c.a.: confronto tra modelli analitici",
13* Congresso C.T.E. (Pisa, 9/11/2000-11/11/2000) a cura di C.T.E., pp. 79-88, C.T.E.,
Pisa, 2000 [cod. 1017025/00]
23 Pier
Paolo Diotallevi, Luca Landi
"Valutazione del grado di sicurezza sismica di strutture in c.a. progettate secondo
la normativa italiana e gli Eurocodici", 14° Congresso C.T.E. (Mantova, 7/11/2002-9/11/2002)
a cura di C.T.E.
pp. 515-524, C.T.E., Mantova, 2002 [cod. 1017001/02] |
ATENEO DI
BOLOGNA: il Rettore torna a soffiare
sulla crisi del bilancio |
Pier Ugo Calzolari
|
Rettore: "Senza misure, in qualche anno si chiude,
portiamo i libri in tribunale"
(testo ripreso da: http://bologna.repubblica.it/ del 28 marzo 2007)
LUCIANI: "Ma poi, da una analisi storica dei
bilanci dal 2001 al 2006, risulta che
le entrate non sono mancate (credo per merito delle scelte
"virtuose" preimpostate dal predecessore F. Roversi Monaco, rilevate dal
Ministro Zecchino in persona qui a
|
Numero studenti |
Bologna). Ne deriva che la crisi
attuale dipende dal fatto che, negli scorsi anni, il Rettore |
Anno |
Bologna |
Italia |
2001/02 |
102.311 |
1.707.121 |
2002/03 |
102.321 |
-- |
2003/04 |
101.951 |
-- |
2004/05 |
99.173 |
-- |
2005/06 |
96.323 |
-- |
2006/07 |
91.888 |
1.780.743 |
|
ha speso o impegnato più di quanto
poteva. Cova, poi, sotto la cenere il dubbio che sulla crisi soffi un "qualcuno"
per scaricarne le conseguenze sui professori, ancora bloccandone le assunzioni (
soprattutto di professori ordinari e associati), e ciò alimenta preoccupazioni sulla
tenuta della qualità del sistema universitario bolognese.
Le preoccupazioni sono coerenti col fatto che il numero degli studenti
(escluso il post-laurea) è calato non poco dal 2001 al 2006 per cui, l'Ateneo sembra
avere una guida che lo porta verso il declino. A fianco è riportata la relativa tabella
sugli studenti. |
COSA RISULTA DAI BILANCI*
dal 2001 al 2006
I dati riportati sono copiati direttamente dai bilanci
dell'Ateneo. A fianco di ogni riga è riportata la chiave del bilancio, per cui chiunque
può verificarne la fonte, andando direttamente all'originale.
La TABELLA 1 contiene i dati a prezzi correnti dal 2001 al 2006. In essa sono
riportate le "Entrate totali" e alcune sue voci significative, quali i
Contributi studenteschi, il Fondo statale di finanziamento ordinario (FFO), la quota (a
bilancio) del Finanziamento privato della ricerca (ex-art. 66 del DPR 382/80), le entrate
da vendite di immobili, i prestiti.
Le entrate ordinarie risultano quasi tutte crescenti, al passare degli
anni,. E qui emerge, in particolare, il forte sostegno del bilancio, da parte dei
contributi studenteschi. L'eccezione è data dalla quota dei finanziamenti privati della
ricerca, iscritta a bilancio (una entrata che dipende dalla intraprendenza dell'Ateneo).
Su questo punto, che va ricondotto ad una responsabilità di Calzolari Rettore e del
Direttore Amministrativo), rinvio ad un servizio a parte ( clicca su .NUOVA
PAGINA).
La TABELLA 2 fornisce i dati medesimi, ma in moneta a prezzi
costanti (del 2006).
Qui si viene confermato, ma più fondatamente, che le cifre sono
andate sempre crescendo, anche se di poco dal 2005 al 2006 (tranne il finanziamento
privato della ricerca).
I GRAFICI, che seguono, evidenziano la tabella stessa.
In esso le curve a zig zag rappresentano l'andamento dei valori
stessi, anno per anno, fatti uguale a 100 i dati del 2001.
La linea in grassetto ne è, poi, l'interpolazione per
regressione lineare. Questa che va guardata per un giudizio di sintesi.
Questa linea è sempre in crescendo, tranne che quella delle entrate,
collegate Finanziamento privato della ricerca (ex-art. 66 DPR 382), sulle cui
responsabilità del Direttore Amministrativo, oltre che del Rettore, dedichiamo un
servizio a parte (clicca su NUOVA PAGINA). NL
*Fonte: Università di Bologna, Area della Ragioneria, Settore
Bilanci, CONTO CONSUNTIVO, 2001. *Idem 2002, 2003, 2004, 2005, 2006 (previsioni definitive
), 2007 (previsioni iniziali). |
Il
nostro CONSIGLIO per uscire dalla crisi
è spiegare adeguatamente le spese ....
ma non solo ....
Se i conti oggi non tornano (ma non per mancanza di soldi), le
conseguenze non possono che ricadere sul Rettore, e
sicuramente molto di più sul Direttore Amministrativo, responsabile diretto della
gestione.
Soprattutto non si comprende:
1) Per quanta parte la crisi finanziaria dipende dalle spese per attività
istituzionali (lauree tri-, bi-ennali) e da spese per attività non strettamente
istituzionali non obbligatorie (master, alta formazione ...., e quant'altro affidato alla
gestione della Fondazione Alma Mater, che ha un bilancio autonomo);
2) Perchè, pur calando il numero degli studenti, sono tanto aumentate le
spese. Al passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento (ossia al (3+2), il numero
degli insegnamenti è aumentato in numero abnorme (risilterebbe da 14.124 nel 2000 a
25.946 nel 2006).Forse si è rascurato che, ad es., anche solo frazionando "un"
vecchio insegnamento in due, tre insegnamenti, aumenta più che in proporzione il tempo
delle prestazioni didattiche e la necessità di aule; e aumentano anche le operazioni
amministrative per registrazione degli esami, ecc. .Non è vero che l'informatizzazione
sia un grande soccorso per alleviare il personale amministrativo;
3) Perchè ha trascurato i finanziamenti privati alla ricerca
(ex-art. 66 DPR) come è provato dal calo del trend);
4) Perchè il bilancio è solo "globale", ossia relativo
all'intero Ateneo, senza distinzioni tra le sedi (di Bologna e di quelle della
Romagna), per cui non è possibile verificare dove sono i punti di sofferenza,
presupposto essenziale per eventuali interventi correttivi;
5) Perchè non ha "ridotto" le spese del bilancio inquadrando
tempestivamente in I
Fascia i professori associati "anziani", dopo il conseguimento
dell'idoneità alla I
Fascia, come per anni i sindacati hanno dovuto contestargli. E perchè in questo ha subito
il "niet" del Direttore amministrativo ?
6) Perchè l'Ateneo ha (16+1) top manager, mentre la Fiat ne ha 20. Per loro, in
aggiunta alla retribuzione
(chiave F.S.1.04.05), il bilancio ha stanziato:
- nel 2005 per "incarichi dirigenziali" la somma di 2.130.000,00 (chiave
F.S. 1.04.06) e la somma di 506.450,84 (chiave F.S. 1.04.05) per
"retribuzioni accessorie dirigenti";
- nel 2006 per "incarichi dirigenziali" la somma di 2.265.000,00 (chiave
F.S. 1.04.06) e la somma di 595.264,06 (chiave F.S. 1.04.05) per
"retribuzioni accessorie dirigenti";
7) Perchè l'Ateneo spende cifre imponenti per collaborazioni esterne :
3.574.871,77 nel 2005; 2.636.543,28 nel 2006. Vedi la chiave di bilancio: F.S.1.02.13.
A cosa servono i 17 alti dirigenti, se poi si deve valere di
tante consulenze esterne ? |
|
|
TABELLA 1 - Previsioni definitive*,
dopo lassestamento a settembre, in a prezzi correnti |
CHIAVE |
BILANCI |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
|
Entrate totali |
643.398.384,49 |
751.784.130,93 |
790.991.003,87 |
794.868.285,08 |
855.000.500,13 |
898.785.483,70 |
|
di cui: |
|
|
|
|
|
|
F.E.1.01+ F.E.1.02 |
Contributi studenteschi
(escluso post laurea) |
73.853.794,66
|
69.941.855,55
|
78.375.172,47
|
88.752.241,17
|
95.647.922,66
|
97.701.476,47
|
F.E.1.05.01 |
FFO-Fondo statale per
funzionamento ordinario |
322.824.456,30
|
332.525.877,14
|
339.515.951,29
|
358.385.181,00
|
381.197.215,00
|
389.335.072,00
|
F.E.1.13.02+
F.E.1.16.04 |
Finanziamento privato della
ricerca (ex- art. 66 DPR 382/80) |
945.856,85
|
1.001.106,52
|
1.025.273,46
|
1.185.455,11
|
1.134.341,69
|
906.660,84
|
F.E.3.25 |
ENTRATE STRAORD.:
Vendite di immobili |
5.858.394,23
|
180.759,91
|
0,00
|
0,00
|
300.000,00
|
2.800.000,00
|
F.E.4 |
ENTRATE STRAORD.:
Prestiti accesi |
20.658.275,96
|
774.685,34
|
0,00
|
0,00
|
0,00
|
0,00
|
* Abbiamo preso le "previsioni definitive"
(dopo lassestamento a settembre) come espressione del consuntivo effettivo, perché
le abbiamo ritenute una versione più attendibile del "consuntivo" in senso
formale. |
TABELLA 2 - Previsioni definitive, dopo lassestamento a settembre, in a
prezzi costanti 2006 |
BILANCI |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
Entrate totali |
714.365.226,30 |
814.933.997,93 |
836.789.382,99 |
824.516.872,11 |
872.100.510,13 |
898.785.483,70 |
di cui: |
|
|
|
|
|
|
Contributi studenteschi
(escluso post laurea) |
81.999.868,21
|
75.816.971,42
|
82.913.094,96
|
92.062.699,77
|
97.560.881,11
|
97.701.476,47
|
FFO-Fondo statale per
funzionamento ordinario |
358.431.993,83
|
360.458.050,82
|
359.173.924,87
|
371.752.948,25
|
388.821.159,30
|
389.335.072,00
|
Finanziamento privato per
ricerca per conto terzi art. 66 DPR 382/80 |
1.138.190,42
|
1.085.199,47
|
1.084.636,80
|
1.271.050,00
|
1.157.028,52
|
906.660,84
|
Vendite di immobili |
6.504.575,11
|
195.943,74
|
0,00
|
0,00
|
306.000,00
|
2.800.000,00
|
Prestiti accesi |
22.936.883,80
|
839.758,91
|
0,00
|
0,00
|
0,00
|
0,00
|
|
GRAFICI rappresentativi della TABELLA 2 (in moneta a prezzi
costanti) |
ATENEO DI
BOLOGNA: lettera del Rettore sulla situazione finanziaria |
Pier Ugo Calzolari
|
Resa pubblica
"la criticità della situazione finanziaria" (il testo è
più sotto)
Ma non c'è una analisi delle cause profonde della crisi,
anzi colpa solo del Governo, prima di destra e adesso di sinistra ....
..... che non manda soldi .... (cosa che, pure, è vera) ...
DUBBI SULLA LEGITTIMITA' DEL FATTO CHE I DIRIGENTI SIANO STATI
SOTTRATTI AL CONTROLLO DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE |
|
|
Le ragioni profonde
della crisi
(secondo noi)
1) Eccessivo quantità di discipline, per spezzettamento di quelle
orginarie e conseguente eccessivo impiego di personale docente esterno, anche a contratto
(si vegga la tabella sul bilancio e sul
personale, sotto). Ciò ha determinato non poco la dequalificazione delle lauree del
nostro Ateneo.
Criticabile anche l'aver ecceduto nell'assumere Ricercatori, non bilanciati
da professori di più alta qualità, perchè i Ricercatori non possono andare da nessuna
parte, senza una guida scientifica, ...
e poi per il bene degli studenti ....;
2) Mai affrontato adeguatamente, con gli Enti Locali romagnoli, il |
La lettera
del Prof. E. Lorenzini
Cari Colleghi, dopo le usuali comunicazioni , si è posto in votazione
l'approvazione del verbale della seduta |
|
precedente
......
Argomenti fondamentali sono stati:
...... |
|
problema delle sedi in Romagna (troppe e troppo
costose, per essere sostenibili da Bologna);
3) Caduta dei Finanziamenti privati alla ricerca (vedi
tabella sul bilancio). Qui gioca un
Regolamento locale (approvato da questo Rettore con D.R. n.378 del registro generale dell'Ateneo, in data 05/11/2001, artt. 4 e 5) che tassa col 21%
gli utili spettanti al ricercatore. La tassa va aggiunta all'imposta sul
reddito e agli oneri previdenziali, per cui i Ricercatori sono disincentivati a
collaborare col Rettore (ammesso che se ne occupi) per cercare finanziamenti privati. Col
gettito del 2001, ma nel 2006, non ci sarebbe disavanzo nel 2006 (anzi avanzo). |
-
Delibera 5.1 "Obiettivi dirigenziali 2005- esito della valutazione".
Dopo oltre un anno, si conosce semplicemente la valutazione degli
obiettivi più o meno raggiunti dai vari dirigenti, solo per gruppi e senza
caratteristiche qualificanti.
Comunque tale odg non è stato votato poichè lo stesso Rettore
ha attribuito alla delibera solo una valenza informativa, cioè di presa d' atto;
.....
.....
Con viva cordialità.
Enrico Lorenzini |
4) Una Dirigenza Amministrativa molto costosa
(dirigenti 17, retribuzione mensile lorda, in media, di 17.000 circa, e che
svolge (ahimè, per legge, senza responsabilità politica) compiti di grande rilevanza, in
autonomia dal Rettore, sulla cui efficienza non vi è motivo di dubitare, ma che il
Consiglio di Amministrazione vorrebbe verificare, come di dovere, per senso di
responsabilità verso gli elettori. Ultimamente il Rettore ha imposto al
C.d.A . la sola "presa d'atto" delle relazioni dei Dirigenti sullo stato di
attuazione degli obiettivi commissionati a suo tempo dal Consiglio stesso (vedi a fianco
la lettera del Prof. Enrico Lorenzini). Ciò contrasta con la legge (vedi sotto), che
obbliga al non rinnovo dell'incarico da parte del Consiglio, in caso di inadempienza, ma
da accertare (si vegga la nota sulla LEGGE SULLA DIRIGENZA,
sotto). |
|
LA LETTERA DEL RETTORE
Bologna, 31 gennaio 2007 |
Alcuni
dati sul bilancio e sul personale,
che il Rettore dovrebbe impararsi |
Care
Colleghe e cari Colleghi, la criticità della situazione finanziaria delle
università italiane - e dunque anche del nostro ateneo - va affrontata con grande senso
di responsabilità, conoscenza reale del problema, coraggio e spirito di cooperazione. A
nulla serve saettare sentenze senza aspettare di conoscere i termini del problema od
avendo dimenticato le premesse alla discussione del bilancio di previsione 2007 e le
valutazioni sintetiche fatte nella stessa apertura dellAnno Accademico.
Entro nella questione informando tutti voi sulla disponibilità dei punti di budget delle
Facoltà.
1. Budget di Facoltà. Come è già
stato ripetutamente dichiarato in Senato rimane nella disponibilità delle Facoltà quanto
fu già autorizzato dal Consiglio di Amministrazione. Più precisamente: le Facoltà che
non abbiano ancora assunto decisioni circa i punti disponibili entro il 31 maggio 2006 e
già autorizzati dal CdA possono procedere alla loro utilizzazione in base alle rispettive
programmazioni. I punti residui in questo contingente non sono molti (12,82 punti), ma
nemmeno trascurabili poiché equivalgono a 25 posti di ricercatore. Nel bilancio 2007 è
stata prevista la copertura finanziaria a partire dal 1° ottobre 2007.
Le Facoltà potranno impegnare questi punti in tre modi:
1. richiesta di bando per concorso per ricercatore,
2. chiamate di professori idonei,
3. richieste di bando per valutazioni comparative riguardanti posizioni di professori
di 1° o 2° fascia.
Ricordo che mentre per le operazioni 1. e 2. liter può procedere immediatamente,
con una decisione definitiva del SA alla fine di febbraio, le operazioni di cui al punto
3. devono attendere il decreto ministeriale che riaprirà i bandi.
2. Gli antecedenti del bilancio 2007. Vengo
ora alle questioni di prospettiva. Dovrò affliggervi con qualche numero, ma è
indispensabile che i principali elementi della questione finanziaria dellateneo
siano ben chiari a tutti.
Comincio dalla voce di spesa di maggior peso: quella del personale. Da quattro anni gli
aumenti annuali del personale docente e ricercatore, che in precedenza il MUR ripianava
con appositi trasferimenti, sono stati accollati pressoché interamente al bilancio
dellateneo. Se accanto a questo si considerano gli incrementi di carriera, ancora
del personale docente e ricercatore (globalmente le due voci corrispondono ad un
incremento di 50,1 M nel periodo 2003-6), e lincremento del costo fisso del
personale tecnico e amministrativo (26,6 M nellarco 2003-6), si arriva a
concludere che nel quadriennio 2003-2006 laumento globale del costo del nostro
personale è stato pari a 76,7 M. Poiché a titolo di copertura parziale dei
maggiori oneri di personale per quegli stessi anni lassegnazione ministeriale è
stata pari a 27,6 M, si conclude che il bilancio dellateneo ha dovuto
assorbire direttamente ben 49,1 M: lequivalente di circa 1000 posti di
ricercatore!
Per brevità non ricorderò altri minori incrementi di spesa come quelli connessi alla L.
43/2005 e relativi alladeguamentodegli stipendi dei
ricercatori non confermati. E necessario viceversa ricordare
che la spesa per il trattamento accessorio del nostro personale tecnico e amministrativo
è passata da 6,7 M nel 2003 a 8,8 M nel 2006 e che le tre tornate di
progressioni orizzontali effettuate (più di 4000 negli anni 2000-2006) hanno inciso per
3,4 M quanto a incremento della spesa fissa. Ancora in relazione al nostro personale
tecnico-amministrativo, la spesa per buoni pasto è passata da 1,3 M nel 2003 a
circa 3 M nel 2006.
Laumento del costo delle utenze ha ulteriormente e significativamente
appesantito il quadro finanziario: le utenze (compreso il riscaldamento) sono passate da 8
M nel 2003 a 14 nel 2005 e, nello stesso periodo, le manutenzioni ordinarie e le
pulizie sono passate da 13 a 20 M. Accanto allaumento delle tariffe, pesa in
questo dato lespansione di spazi che fortunatamente siamo riusciti a garantire
allateneo. Per dare unidea del peso, in termini di costo di gestione e di
servizi, di ogni nuova realizzazione edilizia, basti pensare che le sole utenze del nuovo
edificio di via Belmeloro (15 aule, 1800 posti) incideranno nel 2007 per non meno di
250.000 . Entro qualche mese entrerà in funzione il primo grande edificio
dellIngegneria al Lazzaretto e sarà una nuova grande spesa da assorbire. Questa
nostra Università di Bologna sarebbe stata capace di assimilare incrementi di spesa pur
così imponenti se negli ultimi anni non fossero radicalmente cambiati e poi
inopinatamente consolidati - gli orientamenti in tema di finanziamento delle
università.
3. Gli ulteriori tagli alle risorse. Poco
fa ho ricordato il mancato ripianamento, per quattro anni, dellaumento annuale del
personale docente e ricercatore; ma aggiungiamo:
-lazzeramento, delloperazione di riequilibrio, decisa dal Ministero, del FFO
tra gli atenei (il finanziamento di UNIBO veniva stimato per 13,5 punti al di sotto di
quello standard e il riequilibrio portava al bilancio 8-10 M ogni anno, pur non
riuscendo a colmare la distanza);
-la riduzione della quota consolidata (si noti il gioco lessicale), che ha sottratto 3,4
M nel 2006 alla cifra su cui si era sicuri di poter far conto;
-la riduzione netta del FFO per luniversità di Bologna pari a 5,7 M prevista
come piede di partenza nel 2007;
-linconcepibile innovazione del prelievo del 20% dai capitoli della spesa per
consumi intermedi (~ 10 M nel 2007 e 5 nel 2006);
-labolizione dei piani triennali di sviluppo delluniversità (a UNIBO,
nellultima versione 2004-6, 6,4 M consolidati e 1,1 M una tantum).
Lelenco è incompleto ma credo che sia già sufficiente per cogliere la drammatica
divaricazione tra landamento naturale della spesa e delle risorse in ingresso.
Se poi si considerano alcune disposizioni della Legge Finanziaria 2007 si rimane
dolorosamente colpiti: -20 M ai dottorati di ricerca, -12,5 % al Fondo Giovani, -15
M alledilizia, ecc. Di fronte al Ministro Bersani, nel discorso inaugurale
dellAnno Accademico, dichiarai che UNIBO era sì consapevole di doversi adeguare
alla due diligence del Ministro Padoa Schioppa, ma che gli interventi che si stavano
preparando nella nuova Finanziaria, da una parte, e i tagli già introdotti nei nostri
bilanci per far fronte alle riduzioni di risorse degli anni precedenti, dallaltra,
stavano conducendo gli atenei sullorlo dellingestibilità finanziaria.
4. Necessità di un confronto sui maggiori
temi di prospettiva. Come sia poi andata è ben noto. Malgrado il sostegno del
Min. Mussi, luniversità è stato il comparto più colpito dalla Finanziaria:
ricordiamo, per esempio, che dalla tassa dei consumi intermedi sono stati sollevati gli
enti di ricerca ma non luniversità, in coerenza con quellaffermazione
disperante che abbiamo dovuto ascoltare in quegli stessi giorni: sì risorse alla ricerca
ma non alluniversità. Pensate che nello stesso periodo di tempo giungeva la notizia
del progetto di 100 nuove università in India.
Care Colleghe e cari Colleghi, su questa difficoltà storica che sta attraversando
luniversità in generale e sulla necessità, nonché sulla possibilità di un suo
riscatto, vi manderò tra qualche giorno uno scritto con il quale desidero aprire un
dibattito in ateneo. Vi invito a prendervi parte e a farlo usando le possibilità di
dialogo, di confronto e di condivisione rese possibili dai nostri mezzi interni di
comunicazione (il Magazine, innanzi tutto), per evitare di alimentare ulteriormente
questimmagine delluniversità come un universo disgregato ed antropico,
che dà luogo a una percezione sociale negativa generalizzata che non permette di
distinguere tra ciò che funziona e ciò che non funziona, tra chi vuole innovare e chi
vuole consolidare i privilegi.
5. Urgenza di misure strutturali per
fronteggiare lemergenza. Torno alla nostra situazione. E possibile
mantenere in equilibrio il bilancio senza rinunciare ad immettere nuovi giovani nei nostri
ruoli e senza sacrificare pesantemente la ricerca? Allo stato, senza cioè interventi
dallesterno (del governo, voglio dire) e coraggiose riforme interne, limpresa
è alquanto problematica. Basti pensare che le disponibilità create dal turn-over
(cessazioni per raggiunti limiti detà, cessazioni anticipate, trasferimenti ed
altro), calcolati sia sulle cessazioni certe sia
su quelle statisticamente probabili, non sono nemmeno sufficienti a compensare
lincremento del costo complessivo del personale in servizio (aumenti annuali,
biennali e ricostruzioni di carriera). |
|
Bilancio ( a prezzi correnti) |
anno 2001 |
anno 2006 |
Entrate (al
netto partite di giro),
di cui: |
643.271.476
(consuntivo) |
680.873.081
(prev. assestata) |
- Prestiti |
0 |
93.123.329 |
- Fondi
privati per la ricerca
(art. 66 DPR/380) |
1.898.855 |
1.711.941 |
|
Spese (al netto
partite di giro),
di cui: |
643.271.476
(consuntivo) |
680.873.081
(previsione |
|
- incarichi
dirigenziali |
1.120.711 |
2.130.000 |
|
SALDO |
+121.099.044 |
-
54.456.445 |
|
Dati sul personale: |
Anno 2006 |
Personale
docente di ruolo dellUniv. di Bologna |
3.323 |
Personale
docente non di ruolo (Esterni di altre università, con incarico; Esterni privati, a
contratto) |
3.454 |
Personale
amministrativo e tecnico |
2.862 |
TOTALE |
9.639 |
LEGGE SULLA DIRIGENZA. La disciplina
attuale delle funzioni dei Dirigenti della Pubblica Amministrazione Italiana ha preso il
via con il D.Lgs. 29/1993, ed è stata modificata da successive leggi, da ultimo dalla L. 15
luglio 2002, n. 145, il cui Art. 5 (La valutazione del personale con incarico
dirigenziale), recita.
1. Le pubbliche amministrazioni, sulla base anche dei risultati del controllo di gestione,
valutano, in coerenza a quanto stabilito al riguardo dai contratti
collettivi nazionali di lavoro, le prestazioni dei propri dirigenti, nonché i
comportamenti relativi allo sviluppo delle risorse professionali, umane e organizzative ad
essi assegnate (competenze organizzative).
2.
.. Il procedimento per la valutazione è ispirato ai principi della diretta
conoscenza dell'attività del valutato da parte dell'organo proponente o
valutatore di prima istanza, della approvazione o verifica della valutazione da
parte dell'organo competente o valutatore di seconda istanza, della partecipazione al
procedimento del valutato.
3. Per le amministrazioni dello Stato, la valutazione è adottata dal responsabile
dell'ufficio dirigenziale generale interessato, su proposta del dirigente,
eventualmente diverso, preposto all'ufficio cui è assegnato il dirigente valutato . Per i
dirigenti preposti ad uffici di livello dirigenziale generale, la valutazione è adottata
dal capo del dipartimento o altro dirigente generale sovraordinato. Per i dirigenti
preposti ai centri di responsabilità delle rispettive amministrazioni ed ai quali si
riferisce l'art. 14, comma 1, lettera b), del decreto n. 29 la valutazione è effettuata
dal Ministro, sulla base degli elementi forniti dall'organo di valutazione e controllo
strategico.
STATUTO GENERALE DELL'ATENEO - Art 44
5. I dirigenti sono tenuti a presentare al Consiglio di Amministrazione
un
programma annuale di attività che deve tradurre in termini operativi gli obiettivi
stabiliti dal piano annuale per l'attività didattica e scientifica di cui all'art. 36.3
lettera b), per quanto di loro competenza, nonché del piano di attività adottato dal
Consiglio di Amministrazione ai sensi dell'art. 37.1 lettera b).
6. Il programma di attività di cui al comma precedente è approvato dal Consiglio di
Amministrazione, sentito l'ufficio per il controllo di gestione e il dirigente
interessato, e costituisce il riferimento per la valutazione della responsabilità
dirigenziale.
NOTA. All'Università di Bologna l'organo di valutazione dei dirigenti
è il direttore amministrativo. Ma, una cosa è la specifica competenza tecnica del
Direttore sul valore delle prestazioni, una cosa è la competenza politica del CdA, che è
il controllo sull'attuazione del programma.
Infatti, in base all'art. 44 dello Statuto, è prerogativa del Consiglio approvare
il programma di attività dei dirigenti. Così diviene compito del Consiglio il controllo
sullo stato di attuazione del programma medesimo. Fatto questo, il Consiglio passerà
all'organo di valutazione la relazione del Dirigente perchè sia valutata. Ma mai e poi
mai il Direttore potrebbe opporsi ad esigenze del Consiglio di avere notizie, adeguate,
prima di passare gli atti al valutatore.
Aggiungo che negli enti locali, la valutazione è affidata ad un Nucleo di
valutazione. Non sarebbe male che, in considerazione dell'autonomia delle università, si
facesse altrettanto a Bologna, e l'occasione è l'attesa modifica dello Statuto
dell'Ateneo.
Sempre per notizia, al dirigente valutato spetta una indennità di risultato,
diversificata per fascia. Non conosciamo i dati individuali di Bologna, ma dal bilancio
abbiamo tratto che (qui il Fondo per la indennità di risultato è di totali
2.130.000 vedi Bilancio di Previsione 2006, assestato al 30.09.2005, Tit. I, Cat.
4). Tenuto conto della retribuzione e di altre voci, in
media un dirigente percepisce mensilmente (al lordo delle imposte), 17.000.
E' interessante, infine, dare un'occhiata al CONTRATTO COLLETTIVO
DECENTRATO INTEGRATIVO DIRIGENTI UNIVERSITA CAFOSCARI - VENEZIA
(Ripreso da INTERNET, salvo buon fine)
.........
Art. 4)- Retribuzione di risultato
1. Le parti concordano di assegnare i seguenti valori retributivi individuali massimi da
collegare al raggiungimento dei risultati dei
singoli dirigenti:
a) complessivamente per gli anni 97-2000: fino ad un massimo di 7.500
b) per ciascun anno 2001 e 2002: 20% del valore annuo della retribuzione di posizione
definita con contratto individuale sulla base dellarticolazione delle posizioni
organizzative oggetto di concertazione tra le parti. Il verbale di concertazione è
allegato al presente contratto. (all. B)
2. La retribuzione di risultato di cui al punto a) verrà liquidata previa valutazione che
il Direttore Amministrativo produrrà con relazione descrittiva dellattività
richiesta e dei risultati raggiunti. Il valore della retribuzione individuale sarà
definito in coerenza con la valutazione effettuata.
3. La retribuzione di risultato di cui al punto b) verrà liquidata previa verifica da
parte del Direttore Amministrativo del raggiungimento degli obiettivi assegnati e della valutazione della prestazione di ciascun
dirigente secondo il sistema di valutazione dellattività oggetto di concertazione
tra le parti. Il verbale di concertazione è allegato al presente contratto (all. C).
ALLEGATO B) - ARTICOLAZIONE DELLE POSIZIONI ORGANIZZATIVE, DELLE FUNZIONI
E DELLE RESPONSABILITA AI FINI DELLA RETRIBUZIONE DI POSIZIONE DEI DIRIGENTI.
Pur in difetto di un dettagliato metodo di pesatura
traducibile in punteggi delle posizioni organizzative dei dirigenti, che si ritiene debba
comunque essere definito entro la fine dellanno e in occasione del rinnovo o diversa
attribuzione degli incarichi dirigenziali, le parti concordano sulla seguente
articolazione delle fasce cui vanno correlate le posizioni organizzative secondo i
parametri connessi al livello di collocazione nella struttura organizzativa, alla
complessità organizzativa e alle responsabilità gestionali interne ed esterne
I^ fascia: . 8.780,00 . 15.000,00 per le posizioni cui competono
attività di gestione di specifici progetti o direzione di unità organizzative non
complesse nonché funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca. In attesa della
valutazione di dettaglio soprarichiamata le parti ritengono equa e compatibile con le
disponibilità del bilancio lerogazione della somma di 11.500,00 (comprensiva
della somma di . 8.779,77 attribuita a titolo di retribuzione di posizione parte
fissa) a compenso di detta attività
II^fascia: 15.000,01 - . 25.000,00 per le posizioni cui competono attività
di direzione di unità organizzative complesse ma scarsamente articolate. In attesa della
valutazione di dettaglio soprarichiamata le parti ritengono equa e compatibile con le
disponibilità del bilancio lerogazione della somma di . 18.000,00
(comprensiva della somma di . 8.779,77 attribuita a titolo di retribuzione di
posizione parte fissa) a compenso di detta attività
III^fascia: . 25.000,01 .
42.350,00 per le posizioni cui competono attività di direzione di unità organizzative
complesse notevolmente articolate o diversificate. In attesa della valutazione di
dettaglio soprarichiamata le parti ritengono equa e compatibile con le disponibilità del
bilancio lerogazione della somma di .28.500,00 (comprensiva della somma di
. 8.779,77 attribuita a titolo di retribuzione di posizione parte fissa) a compenso
di detta attività.
ALLEGATO C) - SISTEMA DI VALUTAZIONE DELLATTIVITA DEI
DIRIGENTI AI FINI DELLA EROGAZIONE DELLA
RETRIBUZIONE DI RISULTATO
La valutazione delle singole performance dei dirigenti compete al Direttore Amministrativo
che valuterà il livello del risultato raggiunto considerando la correlazione tra
strategie dellAteneo e obiettivi assegnati a ciascuno.
La valutazione dellattività dei dirigenti, realizzabile anche mediante
rivisitazione critica del proprio ruolo da parte dei singoli dirigenti, è finalizzata al
miglioramento continuo delle prestazioni. Pertanto un ruolo fondamentale assume il
coinvolgimento dei singoli dirigenti nellattività di valutazione finalizzato ad
approfondire le attività svolte, le motivazioni degli eventuali scostamenti e a fornire
soluzioni per la conseguente attivazione dei necessari interventi di miglioramento.
Loggetto della valutazione riguarda sia larea del risultato sia larea
del comportamento organizzativo. Entrambe le aree hanno
lo stesso peso.
Area di risultato. Il modello prevede la definizione di obiettivi
assegnati e concordati ad inizio anno tra la direzione amministrativa e il singolo
dirigente. Tali obiettivi saranno declinati a cura del dirigente in dettagliati piani di
azione che dovranno prevedere titolo e descrizione del progetto, ambito puntuale
dellazione, matrice delle responsabilità, fasi di attuazione, criticità, livello di risultato atteso e definizione degli
indicatori di risultato in coerenza con i mezzi e le risorse dispomibili.
Il singolo obiettivo/progetto sarà pesato a priori a cura della direzione in rapporto al
valore complessivo dellarea di risultato assegnata al singolo dirigente.
Alla fine dellanno avverrà la consuntivazione del risultato mediante compilazione
di unapposita scheda.
.
....... |
Riferiamoci, per esempio, al caso del 2006. Le
cessazioni per limiti detà corrispondono a 24 punti, quelle per motivi imprevisti
fino al 31/5 a 16 punti, quelle successive al 31/5 per gli stessi motivi a 33,6 punti: in
totale 73,6 punti. Orbene, il solo aumento annuale di stipendio del 2006 corrisponde a 51
punti mentre quelli biennali e per ricostruzioni di carriera corrispondono a circa 23
punti, che in totale fanno 74 punti di budget.
Né, purtroppo, si può pensare che la situazione possa alleggerirsi granché negli anni
prossimi, poiché il turn-over prevedibile con certezza sarà pari a 30,3 punti nel 2007,
26,4 nel 2008 e 26,3 nel 2009.
Per non arrenderci alle conseguenze di questi dati e raggiungere i nostri obiettivi
di sviluppo, dobbiamo ricorrere a misure che incidano più in profondità sui i flussi
finanziari dellateneo. Nelle linee guida immaginate in preparazione del bilancio di
previsione 2007 le chiamammo misure strutturali. Attorno ad esse stiamo attualmente
lavorando, distinguendo quegli interventi che potranno avere un effetto immediato già nel
bilancio 2008 da quelli che potranno risultare efficaci soltanto in un secondo tempo. Ci
muoviamo con lobiettivo di garantire gli impegni già assunti (servizi fondamentali
per gli studenti, pagamento di stipendi, conclusione di opere edilizie indispensabili),
non arrestare linvestimento in ricerca, non bloccare limmissione dei giovani
ma, nello stesso tempo, salvaguardare la solidità del bilancio.
425 ricercatori immessi nei nostri ruoli in poco più di due anni, quasi 100 dei quali con
risorse aggiuntive tratte dal bilancio, lazione svolta in campo nazionale in difesa
del ruolo, anzi la battaglia per la trasformazione del ruolo in terza fascia docente,
tutto questo non consente di avere dubbi sul fatto che la questione dei giovani, in quanto
posta nel cuore stesso del tema della ricerca, è stato assunto come orientamento
principale dellazione di UNIBO.Tuttavia, non cè buon amministratore che, per
ricondurre ad un andamento stazionario la voce più pesante del bilancio e cioè quella
del personale docente e ricercatore, non cercherebbe di individuare risorse aggiuntive
nello stesso bilancio per eventuali controllate espansioni della spesa nei settori
ritenuti strategici. Mostrare di preoccuparsi per i giovani senza conoscere i fatti e
ripetendo, in maniera generica, che le risorse necessarie sono recuperabili, non aiuta né
la causa dei giovani né quella dellateneo.
Non è il caso che io anticipi oggi lelenco delle ipotesi che si sta analizzando, in
quanto esse verranno proposte e discusse tra breve al nostro interno: ciò che è certo,
tuttavia, è che su di esse si misurerà la volontà autentica di assumere su di noi i
problemi dellateneo, senza abbandonarsi ai feticci retorici più scontati o tentare
di riempire il tino vendemmiando soltanto nella vigna del vicino.Io confido
nellimpegno del Min. Mussi, confermato anche di recente, sulla necessità di
riportare nel 2008 luniversità e la ricerca scientifica al centro
dellattenzione del Governo, ma soprattutto sono fiducioso nella nostra capacità
affrontare questi difficili problemi con serenità e spirito cooperativo. Vi saluto con
affetto. Pier Ugo Calzolari |
|
Nuovo sistema
di "governance delle università" - 7
gennaio 2007 |
Guido Trombetti
|
Proposto dalla CRUI*:
"Il CONTROLLO DEI
RISULTATI"
in luogo del "CONTROLLO DEL PROCESSO"
LUCIANI:
il progetto può funzionare, purchè i Rettori acconsentano al
controllo democratico locale degli Atenei, oggi in mano a "poteri
occulti".
La via maestra è calare localmente l'Ordinamento dei Comuni, con
aggiustamenti. |
|
|
G.
TROMBETTI, "Governance e valutazione"
" L'Università è un bene pubblico e vive di risorse
pubbliche. Come garantire che le risorse date dallo Stato all'Università italiana siano
ben spese? È possibile formulare regole generali che vadano bene per tutti? È possibile
farlo lasciando contemporaneamente agli Atenei la possibilità di valorizzare le proprie
specificità?
................................... ......
È necessaria una considerazione preliminare. Il sistema universitario
italiano è una struttura complessa. Atenei specialistici ed Atenei generalisti. Atenei
piccoli e giovani. Atenei antichi e mega. Atenei statali e non statali...
La diversità di vocazioni presenti nel sistema è una ricchezza
che va preservata. Specialmente in periodi di forti cambiamenti della società e
dell'economia nel contesto internazionale. L'ingresso dei Paesi dell'Est nell'Unione
Europea, la prossima area di libero scambio del Mediterraneo, l'intensificarsi dei
rapporti con la Cina e l'estremo oriente. Tutto ciò in presenza di rivoluzioni
scientifiche e tecnologiche profonde, che sollecitano la cooperazione tra ambiti
disciplinari fino ad ieri lontanissimi. In questi cambiamenti si annidano mille nuove
domande di formazione e di conoscenza. Mille nuove possibilità di ricerca. Perché tali
opportunità possano essere esplorate ed opportunamente sfruttate, la diversità e
l'autonomia dei singoli Atenei va preservata, un'autonomia - è bene sempre rammentarlo -
costituzionalmente garantita ma non sempre normativamente preservata.
Per questa ragione il rapporto tra controllo centrale ed
autonomia va ridefinito, assumendo una nuova prospettiva culturale. Definendo un nuovo
patto tra controllore e controllato.
Vi sono due possibili modi per esercitare il controllo. Controllare i
processi o controllare i risultati. Nel primo caso il controllore fissa le modalità con
cui utilizzare le risorse: le tipologie di spesa, i tetti da rispettare, le risorse
professionali e tecniche da acquisire. Nel secondo caso indica gli obiettivi da
conseguire, le loro modalità di valutazione, lasciando libero il controllato di
individuare i processi più idonei a conseguirli.
Fino ad ieri l'orientamento era che bisognasse controllare i processi.
Magari introducendo nuove regole, che correggessero leggine, decreti, emendamenti,
regolamenti, circolari, note di indirizzo. Ancora oggi, nella Finanziaria, sono sparsi
innumerevoli vincoli sui bilanci delle Università: vincoli di destinazione e vincoli di
utilizzo come quelli sulle spese per i convegni scientifici, sui servizi e sulle stesse
risorse per la contrattazione decentrata.
Come si può facilmente intuire ogni regola riduce la libertà
d'azione ed indirizza i comportamenti verso una determinata direzione. E ciò può essere
un bene, perché aumenta l'efficienza dell'azione. Ma un numero di regole eccessive è un
male. Si rischia l'asfissia per overdose di norme. Pensate all'internazionalizzazione. Gli
Atenei che coraggiosamente si sono avventurati in programmi internazionali sanno quanto
devono patire per sciogliere lacci amministrativi di ogni tipo. Un giorno proverò a
raccontare la quotidiana epopea per realizzare una Facoltà di Medicina in Uganda.
Operazione ad esclusivo fine socio-umanitario. Ogni piccola azione sembra proibita. Ci
vuole una speciale ingegnosità amministrativa per superare con cavillose interpretazioni
i divieti che sbarrano il passo.
A mio avviso è venuto il momento di compiere una decisiva svolta
culturale. Che richiede una buona dose di coraggio. Si tratta semplicemente di rinunciare
a progettare il funzionamento del sistema universitario in tutti i suoi particolari.
Limitandosi a predisporre per contro centralmente solo obiettivi e principi molto
generali, lasciando liberi i soggetti di applicarli come meglio credono. E valutare infine
con severità e precisione i risultati ottenuti. La sfida della nuova governance sta tutta
in questa terna di concetti: progetto generale "di massima" (oserei dire
"imperfetto", per rubare l'idea a Rita Levi di Montalcini); esplorazione delle
possibilità ambientali da parte dei singoli soggetti, che completano le regole imperfette
con proprie regole ad hoc; valutazione dei risultati raggiunti.
Il cardine non sta nel progetto iniziale. Sta tutto nel
sistema di valutazione. Per questa ragione abbiamo apprezzato la novità importante della
creazione dell'Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema universitario. La valutazione
potrebbe trasferire il peso del controllo dal processo ai risultati. Potrebbe valorizzare
la diversità tra gli Atenei. Potrebbe incentivare comportamenti virtuosi e aiutarci a
correggere e modificare comportamenti non all'altezza o francamente da censurare.
Potrebbe insomma veramente generare un nuovo sistema di governance negli Atenei. Una
valutazione siffatta deve peraltro rispettare alcuni principi. Innanzitutto la valutazione
deve svolgersi con un meccanismo a cascata. L'Agenzia
valuta le strutture. Queste a loro volta valutano i risultati individuali, del personale
docente e del personale tecnico -amministrativo. Un sistema di valutazione che non arriva
ad incidere sui comportamenti dei singoli è inefficace. Ma arrivare a definire cosa deve
fare una singola persona dal centro che sta lontano è impossibile. Per un difetto di
razionalità insita nella nostra natura umana. La stessa razionalità limitata che ha
condannato i piani quinquennali di sovietica memoria al fallimento. È il singolo Ateneo
che può e deve individuare un proprio sistema di valutazione interno, idoneo a
valorizzare i propri punti di forza e a conseguire i propri obiettivi strategici. Anche
nel caso della valutazione della ricerca è necessario evitare accuratamente inefficaci
tentazioni dirigistiche. Tutti sanno che le diverse comunità scientifiche hanno
sedimentato nel tempo pratiche di ricerca e criteri di valutazione dell'eccellenza molto
diversi tra loro. L'Impact Factor e il Citation Index possono andare bene per la Fisica.
Sono assolutamente inapplicabili, per il momento almeno, in molte aree umanistiche.
Piuttosto che inventarsi regole generali per tutti, l'Agenzia potrebbe contribuire a
esplicitare, migliorare e generalizzare i criteri che i gruppi accademici già si sono
dati in ambito internazionale. Insomma, il principio fondamentale che deve essere alla
base della valutazione è rispettare la diversità.
Per essere efficace la valutazione dovrebbe adottare un ulteriore
principio: quello della condivisione. Quando si valutano attività complesse,
come quelle della ricerca e della formazione, è praticamente impossibile innescare
comportamenti virtuosi senza un qualche coinvolgimento del soggetto valutato nella
definizione dei criteri e degli obiettivi e senza concordare tra centro e periferia piani
di miglioramento delle prestazioni, che possono essere diversi per ogni Ateneo.
Voglio sottolineare che la valutazione non deve limitarsi a premiare i
migliori e punire í peggiori, ma deve ricercare il miglioramento complessivo del sistema.
E la qualità media del sistema universitario aumenta non se il primo rimane primo, ma se
l'ultimo ha fatto un passo avanti. Quindi, utilizzare la valutazione non per fare
classifiche, che servono a ben poco, ma per innescare percorsi di miglioramento. Valutare
l'entità dello sforzo insieme al livello di qualità raggiunto. Infine, ed è questo il
punto cruciale, la valutazione deve prevedere incentivi significativi per i comportamenti
virtuosi. L'incentivo ha diverse valenze. Aiuta í soggetti a raggiungere gli obiettivi.
Ma, soprattutto, rende credibile il processo di valutazione. Prova in modo tangibile che
si sta facendo sul serio.
Insomma, è dalla valutazione che può nascere un nuovo sistema di
governance dell'Università italiana. Una valutazione che sia tollerante nella
sperimentazione quanto inflessibile nei giudizi di merito e nei criteri relativi."
* Dalla Relazione Annuale 2006 sullo stato delle Università
italiane |
|
Come potrebbe impostarsi un
progetto siffatto di "Governance"
(nostra elaborazione)
Il progetto in
sintesi:
1) Separazione tra proprietà e gestione. La proprietà rimane allo Stato; la gestione va
totalmente alle Università. Inoltre, lo Stato conserva la figura di utente, in
rappresentanza delle famiglie, pagatrici delle imposte che finanziano la spesa statale per
l'università;
2) lo Stato, in quanto utente (rappresentante delle famiglie):
a) finanzia le università per obiettivi commissionati dallo Stato
stesso;
b) fa il controllo dei
risultati didattici e della ricerca;
c) il controllo dei risultati didattici è fatto anche dagli studenti,
in quanto pagatori diretti;
3) lo Stato, in quanto proprietario:
a) controlla la redditività (saldo di bilancio);
b) riceve un canone per l'uso dei fabbricati e attrezzature
date in uso alle Università.
4) L'Università, in quanto
gestore:
a) attua gli obiettivi
commissionati dallo Stato;
b) controlla il processo interno;
c) risponde allo Stato
(proprietario), a consuntivo, dell'uso del finanziamento ricevuto. |
LUCIANI, Breve introduzione e
commento ....
Affinchè il progetto funzioni .... occorrerà che risultati (pareggio del
bilancio, didattica e ricerca) ci siano sul serio, che funzioni il controllo democratico
locale sulla Amministrazione, e che le università abbiano i requisiti strutturali minimi
per ottenere il finanziamento statale.
Interessante, a Bologna, il controllo dei risultati didattici, fatto dagli
studenti, e questo già nello Statuto di Ateneo del Rettore Fabio Roversi Monaco, in
proseguimento della tradizione medievale locale, quando il Rettore era eletto dagli
studenti.
1. Premessa. Il
passaggio dal controllo di processo al controllo dei risultati è
già disposto da una legge dello Stato (la riforma Bassanini), entrata in vigore il 1
gennaio 2000, tra laltro, con esonero della Corte dei Conti dal controllo di
legittimità degli atti amministrativi del Governo.
Questa legge prefigura per lo Stato una organizzazione per processi
produttivi, la contabilità economica per centri di costo ed il budget per obiettivi, alla
dirigenza.
Come idea di base, la legge "cerca" di estendere al campo pubblico
uno schema che già c'è nel mercato, quale la separazione tra proprietà e gestione (tra
le altre forme di organizzazione: vedi imprese individuali, ...). Dunque, questo dovrebbe
farsi anche tra Stato e Università, purchè siano trovare soluzioni ai punti critici,
perchè lo schema non è esportabile tout court dal settore privato a quello pubblico.
2. Risultati di bilancio e
risultati produttivi. Nel settore privato, i risultati di bilancio ( ricavi
e costi, redditività definita come saldo tra i due) sono legati ai risultati reali (ossia
alla produzione, venduta sul mercato).
Invece nella Pubblica Amministrazione non
cè una prestazione di servizi simultaneamente ad una controprestazione (pagamento).
Questa caratteristica ha determinato, come regola nella Pubblica Amministrazione, la netta
preminenza del controllo di processo sul controllo dei risultati.
Pertanto, volendo invece adottare oggi, come regola, il controllo dei
risultati, occorre essere consapevoli della sua intrinseca debolezza e dunque il
controllo di processo interno dovrà almeno avere una sua prefigurazione
ex-lege, per garantire i risultati, in primis la effettività del controllo
democratico sullamministrazione universitaria e dati requisiti strutturali.
Il nodo fondamentale da sciogliere è definire i risultati da
controllare, e come collegare i risultati di bilancio con i risultati
reali (produzione di didattica e ricerca).
a) Risultati di bilancio. In un sistema di
separazione tra proprietà e gestione, non ci sono grandi difficoltà per definire i
risultati di bilancio. Per lAteneo, i ricavi sono costituiti dal budget statale
(finanziamento) alle Università, in cambio delle prestazioni di didattica e ricerca, a
loro commissionate dallo Stato. I costi sono le spese annuali per lacquisto di beni
e servizi intermedi, di capitali (ammortamento, affitto), di personale.
Nella tradizione della P.A. il budget è determinato dalle previsioni dei
costi (si ipotizza che la P.A. non sia guidata dal profitto, e dunque si determini il
ricavo, ossia il budget, ponendolo uguale al costo).
Ma, per coerenza col criterio di valutare lefficienza
delluniversità in base ai risultati, il calcolo dei costi è un problema interno
delle Università. Si dovrà, invece, partire dalla valutazione delle prestazioni che lo
Stato vuole commissionare e definire il budget ponendolo uguale al valore delle
prestazioni. Ne deriva che il saldo di bilancio (a consuntivo) è la misura
dellefficienza finanziaria dellUniversità (positivo, nullo, negativo). In
caso di saldo positivo, esso potrebbe restare acquisito come premio,
dallAteneo, (pur se spettante allo Stato-proprietario). Qualora negativo, si aprirà
una discussione tra Stato e Università, per capire i motivi.
b) Come calcolare il budget. Esso va calcolato
in base alloutput e al suo valore unitario.
Loutput degli Atenei è costituito dalle oredi didattica e
ricerca. Il numero totale delle ore didattiche è una questione di
calcolo del tempo necessario per dare la laurea ad un dato numero degli studenti. E
siccome, detto numero è diverso a seconda del numero degli studenti ed esso determina
anche la qualità della laurea, il presupposto è definire il numero standard (rapporto
tra studenti e professori), da prendere a riferimento. Questo aspetto viene ripreso più
avanti, a proposito del controllo di processo.
(Nella pratica attuale della valutazione delle
Università, sulla cui base ripartire il FFO, sono usati parametri come il numero
degli studenti, o il numero delle lauree. In senso relativo sono poco omogenei. Ad es., il
numero degli studenti di giurisprudenza non è omogeneo al numero degli studenti di
ingegneria. Là, per le materie di base, ci sono 1000 studenti per unora di
insegnamento. A Ingegneria ci sono al massimo 50-200 studenti nelle materie di base. E
allora (a parità di tempo di lezione), finanziando le università in base al numero degli
studenti, sarebbero premiate quelle che fanno lezioni-comizio, anziché lezioni vere in
cui lo studente abbia modo di colloquiare col professore. Finanziando le università in
base al numero delle lauree, sarebbero premiate le università con lauree numerose e
scadenti, piuttosto che lauree meno numerose e di qualità).
Il valore delle ore di lezione è, invece, un problema di contrattazione tra le
parti (Università/Stato), distintamente per qualità del personale.
Le ore per la didattica non valgono come quelle per la ricerca.
Nel caso della didattica potremmo, in qualche modo, fare riferimento al mercato, o ad
università pubbliche di altri Paesi.
Invece, per la ricerca, la valutazione deve seguire un suo
specifico percorso. Essa è molto rischiosa e, di solito, essa dà risultati innovativi
solo per il 5-10% dell'investimento. Se si dovesse pagare il ricercatore in base a
risultati, sono pochi i casi da pagare e nessuno farebbe ricerca.
Una via di uscita è fare riferimento alle ore, ossia pagarle al costo
del lavoro in modo uguale per tutti, e riservarsi una ponderazione (diciamo un
prezzo) da parte di Commissioni scientifiche, a cui fare seguire avanzamenti in carriera
retributiva (tra i docenti non vè gerarchia di funzioni, e dunque uno può rimanere
nel posto già coperto). In più, chi ottiene un brevetto, dovrebbe poter avere anche il
relativo compenso.
Un argomento discusso è l'uso di speciali parametri, come il "citation
index" e lo "impact factor". Molti si riempiono la bocca di queste cose.
Sono certo che contengono molte ipocrisie (tra cose vere), e che sono disomogenei da
settore a settore. Il fare riferimento alla concorrenzialità delle
ricerche è poi un caso estremo di stupidità, perché la concorrenza ha un senso se tra
prodotti omogenei, a meno che si faccia un bando su un singolo argomento di ricerca e si
dia un premio al risultato migliore. Infatti ogni ricerca, di solito, ha un suo diverso
argomento, vale dire è una cosa unica, e per arrivare fondatamente ad un
confronto occorre rimettersi ad un terzo che omogeneizza i prodotti con i
parametri solo della sua testa, rispetto ad un qualcosa. Questo è lunico modo serio
(purchè le commissioni siano terze, e il modo meno peggio è il sorteggio dei
componenti, tra quanti hanno titoli oggettivi validi).
3.- Collegamento tra risultati di bilancio e risultati produttivi. Lesperienza di Bologna. Il risultato di
bilancio a pareggio o positivo, merita apprezzamento solo se lAteneo ha
anche realizzato la produzione commissionata dallo Stato. Ma, come detto allinizio,
nella P.A. non cè prestazione e controprestazione, in modo simultaneo. Qui compare
il tallone di Achille del sistema: nel senso che il dirigente, per essere
"bello" (ossia per mostrare che aveva speso nei limiti del budget) è tentato di
ridurre la produzione, o di fare produzione di bassa qualità). Mi sia consentito di
dire che questo fenomeno è divenuto piuttosto comune negli ospedali, anche perché la
riforma, qui, è stata anticipata da alcuni anni (vedi liste di attesa ..., la sporcizia
delle lenzuola,
).
Mancando il collegamento diretto tra prestazione e controprestazione, bisogna
trovare una soluzione sostitutiva: quella di inserire lutenza nel controllo dei
risultati. A questo proposito, va ricordato che già lutenza ha inventato soluzioni:
lassociazione dei diritti del malato, le unioni dei consumatori, i reclami della
stampa. Tutto Ok, ma si deve fare di più: occorre istituzionalizzare queste presenze.
Lo Stato, come utente-pagatore, ne ha ben diritto e dovere. Non basta, però,
il controllo dei burocrati ministeriali, non basta il cartellino orario per i professori.
Anzi da questo, per la varietà delle attività dei professori (consigli di facoltà, di
dipartimento, lezioni in |
tutte le ore, ricevimento
studenti, convegno di studio,
.) deriverebbe un grave impaccio al loro lavoro.
Sarebbe come applicare un pedaggio ad ogni incrocio nelle vie della città. I tempi di
percorrenza sarebbero proibitivi della circolazione. In cambio i professori hanno, di
solito, un grande attaccamento al lavoro, nonostante retribuzioni basse, perchè i
professori sentono il loro lavoro come una vocazione.
Voglio, invece, ricordare una innovazione molto importante dello Statuto
dell'Università di Bologna, voluta dall'ex-rettore F. Roversi Monaco, padre
dell'autonomia dell'Ateneo di Bologna, ripresa da altri Atenei, e che a Bologna funziona
sul serio. L'innovazione consiste nell'aver inserito gli studenti (ossia l'utenza)
nella struttura organizzativa dell'Ateneo. Essi sono presenti nel Consiglio di
Amministrazione, nel Senato, e nel Consiglio Studentesco (organo di livello costituzionale
pari agli altri due, anche se con soli poteri consultivi). Inoltre, gli studenti sono
presenti con "un osservatore" in Giunta di Ateneo. Essi sono, poi, presenti nel
Consiglio di Facoltà, di corso di laurea, di dipartimento.
Non è finita. Alla fine di ogni periodo di
insegnamento, compare "uno studente" che
sottopone a tutti gli studenti dell'insegnamento un questionario con domande specifiche
sulla serietà e bravura del docente, e dal quale scaturisce infine un punteggio sul
docente, reso pubblico.
4. Sul controllo di processo. Se il Rettore o il Direttore Amministrativo
fossero pagati in base alla effettività delle prestazioni dei servizi universitari, si
potrebbe senzaltro affidare a loro totalmente il controllo interno di processo. Ma
non è così. E pertanto, pur rinunciando al controllo di processo, lo Stato-utente non
dovrà rinunciare a fissare i requisiti, che le università devono impegnarsi ad avere,
per avere il finanziamento statale: in primis la effettività del controllo democratico
sullamministrazione e i requisiti minimi strutturali.
a) Controllo democratico sullAmministrazione
universitaria. La premessa è che la burocrazia statale, ferme le proprie
prerogative di vigilanza sulle università, non può svolgere il suo compito se non ha dei
sostituti locali. Questi sostituti sono gli organi collegiali di rappresentanza del corpo
docente (Consiglio di Amministrazione e Senato Accademico).
Nelle esperienze, fin qui fatte, questo controllo è totalmente mancato,
diciamo che essi sono stati di fatto dei meri organi di ratifica, perfino in vecchie
università come Bologna. Il motivo sta in una certa muro di gomma che l'Alta Dirigenza
oppone ai membri eletti negli organi, e nel sistema elettivo, per cui chi
è eletto è ricattabile nella carriera, se è poco ubbidiente. Le eccezioni si trovano
tra i professori ordinari, perché non hanno nulla da perdere, e nei rappresentanti
sindacali. Inoltre la presenza degli studenti nel Consiglio di Amministrazione ha rivelato
conflitti di interesse (quando sono sorretti da cooperative di servizi,
venduti allAteneo). C'è, poi, la circostanza che il Rettore può
"cooptare" molti membri esterni, portati d'istinto ad approvare tutto, tranne
cose dell'ente "particulare" che rappresentano. Non discuterò
ulteriormente questa cosa.
Direi, poi, che un altro punto nero è la debolezza dei Rettori nei confronti
dell'Amministrazione (o perchè l'Ateneo è troppo grande, per cui le forze umane non
bastano, o perchè sono molto sprovveduti sulla normativa, o per motivi caratteriali,
difficili da contro-bilanciare, data la mentalità poco democratìica dell'ambiente
accademico).
Direi, pertanto, che lo Stato non può, non deve rinunciare al controllo di
processo senza avere, prima, stabilito alcune linee-guida ex-lege. In primo luogo il
controllo democratico sull'Amministrazione, e una struttura organizzativa efficente
dell'Ateneo, a livello centrale.
Direi chi lordinamento comunale sia unottimo riferimento, per la
esperienza democratica millenaria dei nostri Comuni. Il Consiglio Comunale è eletto dal
popolo per liste contrapposte (nelluniversità si dovranno fare adattamenti, data la
peculiarità del corpo elettorale universitario); il Sindaco è eletto direttamente dal
popolo, la Giunta è scelta dal sindaco al di fuori del Consiglio, ed ogni Assessore è
delegato dal sindaco ad un macro-settore con potere di firma.
b) Requisiti strutturali. Lo
Stato non dovrà finanziare le università che non abbiano i requisiti minimi strutturali,
prefissati dentro un range.
a) il rapporto tra superficie edilizia e numero degli studenti, o numero dei professori,
deve stare a certi standard.
b) Lorganico dei docenti deve stare in una determinato rapporto col numero degli
studenti, e con le opportune distinzioni tra lauree tecniche e lauree umanistiche
.
Si dice che il parametro ottimale medio sia di 20 studenti per ogni docente di ruolo (oggi
esso è 30:1). Non dovrebbe essere finanziato un corso di insegnamento che avesse 1000
studenti ... nè un altro con meno di 5 studenti. Va, poi, da sé che l'indicazione va
data per valori medi, distinguendo accuratamente tra le materie umanistiche, quelle
tecniche, quelle strategiche per la nazione. Ad es., si dovrà chiudere un occhio sulla
ingegneria elettrica, se vi fossero pochi studenti, perchè la nazione ha un bisogno
vitale di ingegneri elettrici. Si dovrà anche fare delle eccezioni, temporaneamente, per le Università delle aree
depresse, in attesa che possano camminare con le proprie gambe.
c) il rapporto tra i docenti dei differenti livelli deve seguire un dato standard. Molte
Università assumono da tempo solo ricercatori, non perché amino i giovani, ma perché
costano poco. Ma ovviamente, la qualità delle prestazioni cade, in confronto a quella dei
docenti più maturi, e che comunque sono necessari per la formazione dei giovani
d) il rapporto tra ore di didattica e ore di ricerca deve avere una sua regola. Oggi è in
uso la presunzione del fifty-fifty. Ma poi, a causa di un organico è
troppo basso, in confronto al numero delle lezioni, accade che il docente non
può fare ricerca. Tenuto delle difficoltà di prefigurare, settore per settore, il
rapporto necessario, una via ragionevole è stabilire che il numero degli
insegnamenti annuali di un docente non possa superare una certa soglia.
Non mi allargo sui requisiti, perché essi devono essere veramente minimi, per non
soffocare lautonomia e la fiducia. NL |
|
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moneta, banche, economia, finanza, bilancio, conferenza |
|
Nino Luciani*, Dopo la svolta dell'UE, che vieta alla BCE,
il fare da "prestatore di ultima istanza", per gli Stati,
LA VIA ESTREMA E' PUNTARE SU
DI NOI
creando un "ombrello fiscale"
|
a) Per un "ombrello fiscale" in Italia, per i BTp non collocati;
b) I BTp - day siano coordinati con l'ombrello
c) E se, poi, i due nuovi fondi europei potranno essere usati in questo
modo mirato, sarebbe il modo giusto, per il bene di tutti
.
* Professore Ordinario di scienza dlele finanze |
1.- Per un "ombrello fiscale". Nella nuova situazione che si
è determinata nell'UE in queste settimane, in particolare il veto fermo della Germania a
che la BCE possa fare da prestatore di ultima istanza, la via che rimane
(per la crisi finanziaria dell'Italia) è creare qualcosa che ne svolga la stessa: tale è
un "ombrello fiscale" per i BTP non collocati sul mercato.
Ma, prima di chiarire di cosa si tratti, riassumo le proposte
delle precedenti edizioni: le vie di uscita, per affrontare il debito pubblico e
pareggiare il bilancio in tempi brevi, "dovrebbero" essere:
a) la
fiscalità (vero essendo che
l'Italia ha un sistema fiscale rispettabile) :
- per lo Stato, un'imposta straordinaria sul reddito delle
persone fisiche (secondo un criterio di progressività, art. 53 della Costituzione);
- per gli Enti locali, l'ICI (+IMU) in esclusiva, ma
aliquota moderata (tale da essere pagata col reddito), e riduzione dei trasferimenti
statali agli Enti locali;
- l'abolizione dell'imposta sul reddito dei Buoni del
Tesoro (gravosa partita di giro, che va a disturbare
i tassi di interesse sul mercato);
- no al taglio della spesa pubblica corrente (la domanda
sul mercato non va depressa ... e lo Stato sociale di base va salvaguardato nei suoi
caratteri portanti. Altro è il taglio strutturale della spesa pubblica nell'ordine del
10% del PIL, in una programmazione di 5-10 anni, che oggi sarebbe cosa fatta, se non
avevamo al governo dei "furbi", assolutamente inadeguati);
b) il
pareggio del bilancio statale in Costituzione, per gli Stati che hanno un rapporto debito/PIL non in regola con
Maastricht;
c) l'ombrello
della Banca Centrale Europea
per i bond degli Stati, eventualemte non collocati: in pratica, la fabbricazione di carta
moneta (magari fino a svalutare l'Euro del 20%, e arrivare ad un cambio /$ di 1:1 ).
A quanti invocano, rispetto al Governo Monti, una maggiore equità fiscale,
direi a loro che è una richiesta fondata se considerano anche i benerici della
spesa pubblica (stato sociale ...). L'imposta non è grandine.
Le eccezioni del medio-lungo termine (da affrontare subito) dovrebbero essere:
- la razionalizzazione del sistema pensionistico. Il sistema contributivo è il migliore in teoria, il più
difficile da applicare, per la difficoltà di garantire la coerenza tra la indicizzazione
e la sostenibilità delle future pensioni, mediante il PIL futuro. Pertanto, sul numero
degli anni necessari per andare in pensione, io non farei grandi questioni. Invece, non
approverei mai un sistema contributivo senza un "minimo" di garanzie, circa la
indicizzazione reale, eventualmente da controllare in determinate scadenze temporali);
- l'avvio della privatizzazzione degli immobili pubblici e delle attività
produttive pubbliche "non di rilevanza strategica" economica o sociale.
2.- Cos'è
l'ombrello fiscale. L'idea
dell'ombrello fiscale è fare uno strumento sostitutivo dell'ombrello monetario, negato
dall'UE, in base al criterio fondamentale europeo (evidenziato in queste
settimane) che ogni Stato "debba" fare da sè, senza contare sugli altri Stati.
Circa i due fondi europei (EMS e ETFS) torno più avanti
L'ombrello fiscale dovrebbe accompagnare le emissioni di BTp e CTZ ad un tasso
di interesse prefissato (non i BOT in quanto questi dovrebbero autofinanziarsi
normalmente nel corso dell'anno, trattandosi di titoli per la copertura di disavanzi di
cassa).
Precisamente, la legge dovrebbe autorizzare il Governo a coprire la quota di
titoli, eventualmente non collocata, mediante un prelievo fiscale straordinbario, in tempo
reale (diciamo mensile), con variazione proporzionale delle aliquote IRPEF, tanto quanto
serve per finanziare lo "scoperto".
Vediamo quanto potrebbe essere l'onere straordinario. Dai
"COMUNICATI" del Ministero dell'Economia e delle Finanza risulta che le
emissioni dei quattro trimestri del 2011 (salvo, dice il testo, "possibili ulteriori
emissioni, sulla base delle condizioni dei mercati", e dunque non per fabbisogni
assolutamente necessari) sono programmate in totali 80 miliardi.
Prendiamo in considerazione il gettito IRPEF. In un anno, esso è grosso modo
165 miliardi, pari all'11% del PIL.
Ipotizzando in 16 miliardi (vale dire, nel 20% di 80 miliardi), l'ammontare
di bond non collocato presso il pubblico, il prelievo IRPEF totale dovrebbe essere 181
miliardi in un anno, pari al 12% del PIL. Dunque l'ombrello dovrebbe consistere in una
addizionale IRPEF del 10%, eventualmente modulabile in modo differenziato per le classi di
reddito (meno del 10% per i redditi medio-bassi, più del 10% per i redditi medio-alti).
Sarebbe un prelievo straordinario eccessivo per impedire un disastro
finanziario per l'intero Paese ?
3.- Sui due Fondi
Europei EMS e ETFS. Questi
fondi, così come annunciati, appaiono avere poco più che la valenza generica della
seconda firma, nella cambiale. Non è poco, ma può non essere sufficiente in caso di
mancata collocazione di titoli per poi rimborsare dei titoli in scadenza. Suggerirei
che il meccanismo di impiego vada configurato specificamente come un "ombrello
fiscale" a supporto di quello particolare degli Stati.
Torno sul veto tedesco, a che la BCE faccia da prestatore di ultima
istanza. A mio avviso l'autorizzazione formale sarebbe importante alla BCE, in
termini di deterrenza, anche se accompagnata dalla raccomandazione di non farne uso, o di
farne uso solo con autorizzazione dell'UE caso per caso.
4.- Importanza del BTP-
Day.
a) In queste
settimane l'ABC - Associazione Bancaria Italiana ha lanciato il BTP-Day per il 28 nov. 2011 e per il 12 dic.
2011, vale dire un appello al patriottismo degli italiani per comprare (il 28 nov.)
i titoli di Stato, sul mercato secondario, senza l'onere della spesa di commissione
bancaria; e comprare il 12 dic. i titoli di nuova emissione (in prima emissione non c'è,
per definizione, la commissione bancaria).
Mi sembra una iniziativa importante e di grande senso di responsabilità,
anche ai fini del successo dell'ombrello (vedi sopra) che venisse adottato dal Tesoro.
N.Luciani |
Dall'
Unione Europea all' Italia, e dall' Italia all' Italia.
CONTRIBUTO AL DIBATTITO SULLA CRISI ECONOMICA |
|
Un commento agli ultimi
provvedimenti dell'U.E. |
Apprezzabile la solidarietà dell'UE ai Paesi a rischio insolvenza debito.
Criticabile, invece :
- il divieto alla BCE di essere prestatore di ultima istanza (l'attribuzione di
questa funzione, sia pur con raccomandazione di usarla solo in extremis, è essenziale per
evitare il rischio di panico dei depositanti delle banche );
- il non aver imposto agli Stati l'inserimento del vincolo del pareggio del
bilancio, in Costituzione, qualora con debito pubblico maggiore del 60% del PIL (vedi
Maastricht);
- il non avere aggiornato la definizione di "banca mista", o "banca
universale". |
|
|
Il criterio di decisione
per l'Italia è ( prima di tutto) puntare su se stessa, e precisamente : |
|
a) usare il potere
sovrano "fiscale" (sui redditi medio-alti) per il pareggio già nel bilancio
2011, in corso ;
b) autorizzare il Tesoro, all'occorrenza, a convertire obbligatoriamente i titoli
in scadenza, in nuovi titoli
a scadenza poliennale ( 5 anni ? ), al tasso medio delle ultime 5
aste. Questa conversione è pericolosa ?
c) mantenere (ma non aumentare) il livello attuale della spesa pubblica, ma dare
libertà ai Comuni... ;
d) cominciare a smussare il debito pubblico avviando la liquidazione del patrimonio
non strategico;
e) mettere in Costituzione l'obbligo del pareggio del bilancio, finchè il debito
supererà il 60% del PIL ; |
|
Quale
Governo dovrebbe fare queste cose ?
Qualunque Governo sotto elezioni (2013) si espone all'insuccesso elettorale e,
dunque, va in crisi già
di suo per questo tipo di decisioni (alzare le imposte; è improponibile il taglio
della spesa pubblica).
Perchè dovrebbe farlo Berlusconi, invece impegnato, da anni, a ridurre la
fiscalità, ma senza farlo ?
Per questo, all'estero nessuno crede più al "furbo" Berlusconi.
NO ALLE ELEZIONI ANTICIPATE. RESTEREBBERO COMUNQUE
I PROBLEMI. PER L'ITALIA SERVE UN GOVERNO PDL-PD.
C'è da fare anche la riforma della Governance dello Stato, prima delle
elezioni. |
|
|
1. Premessa. Il turbine monetario in corso è la conseguenza della guerra in
IRAQ e in AFGHANISTAN.
In termini economici, si tratta del fatto che la
"domanda pubblica" ha, a suo tempo, sollecitato il sistema economico a produrre
beni per la guerra, e adesso il sistema economico "deve convertirsi" per
produrre beni per la pace. Questo richiede qualche tempo, soprattutto negli Stati Uniti,
in rapporto al maggior sforzo bellico.
In termini finanziari, si tratta del fatto che il
debito pubblico, con cui è stata finanziata la guerra, pesa su noi come una montagna (in
primis sugli Stati Uniti, dove il debito pubblico è oggi il 100% del PIL). La crisi dei
mutui sub prime fu una conseguenza.
In passato, subito dopo la guerra il "grande debito" veniva
cancellato con l'inflazione, vale dire con potenti immissioni di liquidità nel sistema
economico, per il rimborso dei titoli. Qualcosa del genere, sia pur molto meno, è stato
già fatto in USA e difatti sono più avanti di noi nel passo al dopo crisi. Non così in
Europa, dove prevale la memoria dei tedeschi della loro grande inflazione del 1924, che
dissestò il sistema democratico e preparò l'avvento di Hitler.
2. Il primo passo, da cui ripartire. Il ritorno della pace permetterà sicuramente di
rimettere le cose apposto. Ma se il primo passo, da cui ripartire, dovrà essere lo
sviluppo (non la cancellazione, neppure in piccola parte, del debito), bisogna convincersi
che la crisi economca e finanziaria ha la sua causa primaria nella caduta della domanda
"effettiva", vale dire di una domanda che c'è potenzialmente, ma che non può
esprimersi perchè non accompagnata da potere di acquisto. Ci sono, però, i presupposti
per sostenera la domanda, perchè la capacità produttiva pre-crisi è rimasta intatta,
anzi il settore automobilistico si è già convertito dentro e fuori l'Italia.
La spiegazione lapalissiana è quella di Keynes: il danaro è finito
nelle mani di chi ha una relativa alta propensione al risparmio-tesaurizzazione. Ma
la soluzione non può essere, oggi, di tipo Keynesano in senso banale (vale
dire con spesa pubblica in disavanzo), ma comunque sempre di logica Keynesiana, vale dire:
a) Va sostenuta la domanda sotto forma di "non
diminuire" l'attuale spesa pubblica, perchè questo aggraverebbe i problemi di caduta
della domanda effettiva. E questo è esattamente l'opposto di quanto fatto dai tagli
lineari su tutto il settore pubblico, nel luglio dello scorso 2010 (applicati da Tremonti,
in applicazione delle raccomandazioni dell'U.E.);
b) Va pareggiato il bilancio statale 2011 mediante un
prelievo fiscale straordinario sui redditi medio-alti (perchè con alta
propensione al risparmio). In questa fase, infatti, lo Stato ritarda a
pagare i propri fornitori...
c) Avviare la vendita il patrimonio immobiliare
pubblico non strategico, sia pur con la necessaria gradualità.
Non mi occupo delle questioni economiche strutturali (vedi: la riforma del
mercato del lavoro), in quanto le ritengo fuori tema. Libera l'UE, di dire il proprio
parere, ma non si mischi più di tanto sui temi di politica economica, di competenza degli
elettori, purchè il debito sia fatto rientrare nei parametri di Maastricht.
3. La via scelta dall'U.E. . Il grande debito è il principale ostacolo alla riattivazione del
circuito del reddito, dal momento che si tratta di denaro che non torna a chi l'ha
prestato, e che genera a sua volta resistenze a nuovi prestiti e quindi alimenta la
tesaurizzazione.
Nella situazione di crisi di fiducia dei mercati, la via maestra doveva
essere un rimborso significativo del debito pubblico (diciamo, qualcosa nell'ordine del
20%) nell'unico modo possibile: vale dire con denaro tratto da sottoscrizione di titoli di
Stato da parte della BCE (osia con fabbricazione di carta moneta). Considerato che la
capacità produttiva pre-crisi è rimasta intatta, questa liquidità non si tradurrebbe in
inflazione di entità tale e quale.
Al contrario l'UE, nei confronti degli Stati, ha scelto di fare come
farebbe l'avallante di una cambiale, dare la seconda firma, pensando di rassicurare i
mercati circa la solvibilità del Paese debitore. Nei confronti delle banche, l'UE non ha
scelto nulla. Vediamo perchè.
- Fondo salva-Stati. Questo Fondo, portato a 1000 miliardi
di , dovrebbe essere costituito con versamenti degli Stati ed emissione di
obbligazioni (eurobond). Questo vuol dire che esso verrebbe alimentato dai gettiti fiscali
o da emissioni di titoli, e dunque costituito con moneta già in circolazione. L'unico
vantaggio di questa via è distogliere dal panico le famiglie detentrici di titoli del
debito pubblico. Al momento, esso sarebbe cosa più che sufficiente, se dentro le banche
non ci fossero voragini, a parte il problema insoluto, di fondo, che è l'ammortamento del
debito pubblico.
- Ricapitalizzazione delle banche. Per immunizzarle, queste sarebbero
obbligate ad avere un capitale proprio, grosso modo, pari al 9% dei prestiti fatti alla
clientela, nel presupposto che, in caso di insolvenza della clientela stessa, le banche
siano capaci di provvedere comunque (attingendo a questo fondo) a restituire il
denaro ai depositanti.
Questo fondo verrebbe costituito con denaro delle banche, con sottoscrizioni del
pubblico e degli Stati o, in ultima istanza, con sottoscrizoni del Fondo salva-Stati (con
queste ultime due vie, si avvia oggettivamentesi una parziale statitizzazione delle
banche). In soldoni, il patrimonio bancario verrebbe alimentato con moneta già in
circolazione.
4. Commento sulla via "raccomandata"
dall'UE all'Italia . Mi pare evidente che
la via trovata sia un potenzialmente boomerang. Oppure, si ritiene che l'UE sia troppo
grande per fallire ?
a) Stati. In se stesso il debito pubblico dello Stato italiano è
ammortizzabile in 20 anni con una rata pari al 10% del PIL, al tasso del 5%. Si direbbe
che non v'è motivo di allarme, a parte le banche.
Data la sua entità (120% del PIL) non in regola con Maastricht, l'UE avrebbe
dovuto imporre agli Stati di mettere in
Costituzione il vincolo del pareggio del bilancio, se con debito maggiore del del
60% del PIL. Questo vincolo assoluto non comporta il taglio della
spesa pubblica, purchè sia bilanciato da corrospondenti entrate.
b) Banche. Il coefficiente suddetto
di capitalizzazione è "niente e nessuno" in caso di panico del pubblico (per
timore di perdere i propri risparmi), e il rischio c'è in caso di fallimento di una
grossa banca. ( Ci sarebbe anche da ridire sul fatto che non sia stata ridiscussa la
riserva obbligatoria (oggi, per quanto ne so, si è nell'intorno del 10-12%, e che pemette
alle banche di creare moneta bancaria, grosso modo pari 8-10 volte l'ammontare dei
depositi bancari: veramente troppo).
In caso di rischio fallimento di banche, lo Stato sarebbe obbligato a intervenire,
soccorrendole, eventualmente attingendo al Fondo salva-Stati.
E poichè la crisi delle banche è stata generata dall'aver sottoscritto, con
denaro a breve, dei titoli a scadenza poliennale (anche titoli azionari), sarebbe stato il caso che l'UE rivedesse la definizione
di "banca mista" (o banca universale) .
Mi ha sorpreso che il governo italiano, che dovrebbe saperne qualcosa di suo
(dacchè per la analoga crisi degli anni '30, la legge bancaria del 1936, rimasta fino al
1993, fece la separazione tra banche a breve termine e banche a medio-lungo
termine, e tra banca e industria. Questa esperienza doveva
essere portata sul tavolo dell'U.E. .
c) Sul ruolo della BCE. In questa situazione, la BCE non
svolge il ruolo di prestatore di ultima istanza, ma potrà operare solo sul mercato
secondario. In passato, in Italia, nei tempi più bui (quelli dei vari dopo guerra) i
debiti venivano pagati con moneta aggiuntiva (via emissione di titoli del Tesoro,
sottoscritti dalla Banca d'Italia) a cui seguiva l'inflazione (che in pratica era come
cancellare il debito).
L'inflazione non piace a nessuno, ma è una necessità un minimo di respiro.
A mio modo di vedere, c'è l'urgenza di abbattere il grande debito almeno per il 20%.
Questo avrebbe anche riflessi sul cambio / $, e dunque effetti positivi sullo
sviluppo (... più esportazioni...).
Curiosità. Lo Stato italiano potrebbe
"riscontare" presso la BCE i titoli delle banche, acquistati per aiutarne la
ricapitalizzazione ? Se sì, (ammesso e non concesso che la BCE li trattenga in
portafoglio) si avrebbe l'equivalente di un intervento sul mercato primario, e (forse) una
qualche svalutazione dell'euro ... .
Ma tant'è che, ultimamente, il cambio / $ è tornato a salire ..., il
contrario di quanto riterrei auspicabile. NINO LUCIANI |
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Berlusconi
incartato, in quanto per l'emergenza finanziaria serve il fisco,
ma aveva promesso il contrario dal 1994 ... , e nel 2013 ci sono le elezioni |
L'ITALIA PUO' E DEVE SALVARSI DA SOLA,
ma con un governo PDL-PD (con o senza Berlusconi)
che salverebbe anche le unità (necessarie) del PDL e del PD
e salverebbe la legislatura. Poi ... si vedrà ... |
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- Perchè la fiscalità è la via maestra per affrontare le emergenze, legate
al debito, e precisamente quelle create dalle insolvenze bancarie;
- Perchè, se si vuole lo sviluppo, la priorità è sbloccare il commercio estero,
e anche qui serve usare la fiscalità, ma in forma di diversa struttura del sistema
fiscale;
- Perchè la svalutazione dell'Euro, nell'ordine del 30%, è una necessità.
Assurdo morire di asfissia monetaria, mentre è intatta la capacità produttiva del
sistema economico. |
|
1.- LE BASI PER
UNA IMPOSTAZIONE CORRETTA DEL PROBLEMA FINANZIARIO, ATTUALE. La
tesi qui sostenuta è che i problemi della grande emergenza finanziaria, attuale, si
possono affrontare correttamente solo con lo strumento fiscale. L'alternativa
(quella di abbattimenti immediati, consistenti della spesa pubblica) esporrebbe il
paese alla rivoluzione sociale, perchè metterebbe le famiglie sulla strada, dalla sera
alla mattina, e interromperebbe i servizi sociali essenziali.
Il potere fiscale è l'espressione massima del potere sovrano dello
Stato, e che lo distingue dai prezzi di mercato, che sono pagamenti volontari. Se lo Stato
c'è deve dimostare di essere capace di esercitare questo potere.
Mi parrebbe anche del tutto ovvio che la "fiscalità sopra le
righe" vada spiegata agli italiani solo come intervento straordinario. In
contemporanea deve partire il processo di abbattimento della spesa pubblica, e delle
privatizzazioni del patrimonio pubblico (escluse le imprese strategiche), ma in una
gradualità. Teniamo a mente che, dopo l'unificazione, la Germania dell'Ovest ha impiegato
20 anni per recepire nella propria economia di mercato la Germania dell'Est.
Rispetto a questo percorso, il Governo Berlusconi si trova
incartato. "Deve" usare la fiscalità", ma si era invece impegnato per la
riduzione della fiscalità, fin dal 1994 e per la riforma dello Stato (il federalismo
amministrativo e fiscale, sono solo nominali). Anzi, ha creato, anche ultimamente, dei
disavanzi annuali (vedi tabella sotto), che si sono aggiunti al debito.
Ma sia chiaro che la montagna del debito non è stata fatta da
Berlusconi ma dal "Centro-sinistra" (collusivi il vecchio PC e DS nelle Regioni
in cui governavano, e in parlamento ), ben inteso, per motivi importanti e nobili
(ne parliamo nel successivo par. 2). Lo si vede dagli anni in cui il debito si è formato
(vedi ancora la tabella del debito più sopra).
milioni di euro |
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
Entrate |
353.040 |
361.792 |
392.803 |
437.456 |
426.769 |
432.037 |
480.043 |
499.671 |
496.658 |
446.162 |
443.448 |
446.949 |
Spese |
-399.532 |
-414.287 |
-436.746 |
-451.628 |
-445.235 |
-462.487 |
-467.105 |
-490.346 |
-532.362 |
-517.796 |
-498.202 |
-486.602 |
Saldo |
-46.492 |
-52.495 |
-43.943 |
-14.172 |
-18.466 |
-30.450 |
12.938 |
9.325 |
-35.704 |
-71.634 |
-54.754 |
-39.653 |
Dunque, poichè oggi per l'Italia non c'è alternativa alla fiscalità,
la sola via onorevole per Berlusconi, per evitare di far morire SANSONE (cioè lui) e i
FILISTEI (cioè tutti noi), è lasciare spazio ad una coalizione di emergenza "PDL+PD
(con lui o senza di lui).
a) Debito pubblico. Preso da solo, il
debito attuale non è fuori le righe, più di tanto. Basti pensare che, se si ipotizza che
lo Stato voglia ripianare tutto il debito, (in condizioni di bilancio in pareggio, e
dunque il debito statale attuale non aumenti), un piano di ammortamento
totale in 20 anni comporta una rata di ammortamento, grosso modo, pari al 10% del PIL
attuale, al tasso di interesse del 5%.
Però, per il vincolo di Maastricht, si può conservare un debito fino
al 60% del PIL, e quindi la rata annuale è minore, più gli interessi sul debito
pendente.
Tuttavia siamo in una stagione anormale, in quanto lo Stato deve far
fronte anche al debito bancario.
b) Debito bancario. Per lo Stato il problema del
"suo" debito si ingrandisce se lo Stato debba affrontare casi di insolvenza
bancaria, che manderebbe in rovina i risparmiatori o fors'anche (a causa del possibile
panico generale) tutto il risparmio delle famiglie. Per questo lo Stato non può far
fallire le banche: si scatenerebbe una rivoluzione sociale (si pensi all'Albania, una
decina di anni fa ...).
L''attuale situazione di esposizione delle banche è la conseguenza di
una legge bancaria permissiva, quella che ha istituito la banca "mista" o banca
universale, e invece da rivedere (qualcosa che ripristini la distinzione tra il credito a
breve termine, dal credito a medio-lungo termine).
Fino a poco tempo fa, la riserva obbligatoria bancaria era nell'intorno del
10% dei depositi in moneta legale (adesso ci sono alcune restrizioni, in relazione alla
solvibilità specifica dei clienti). Questo vuol dire che le banche potevano creare moneta
bancaria, grosso modo, 10 volte i depositi dei clienti. Dunque se, per qualche accidente,
il pubblico impazzito, corresse in banca per prelevare i propri depositi in moneta legale,
le banche non avrebbero avuto il denaro sufficiente.
c) Commercio estero e sviluppo. Per il bilancio statale
c'è anche il problema di sostenere lo sviluppo. Nel caso dell'Italia, fin da quando
andavamo alla scuola media, abbiamo imparato che è povera di materie prime ma, che grazie
alla propria intelligenza e al proprio progresso tecnologico, poteva importare materie e
trasformarle aumentando il proprio PIL. Ma dal 2001 (anno di
arrivo dell'EURO) il commercio estero italiano si trova prigioniero in una gola profonda.
I prezzi italiani in EURO si sono trovati, in pochi mesi, in caduta di competitivà
nell'ordine del 25%. Questo vuol dire che, se non si rianima adeguatamente il commercio
estero, ogni manovra per lo sviluppo avrà meri effetti monetari.
Approfondiamo separatamente le tre tematiche.
2) LE ORIGINI DEL GRANDE DEBITO PUBBLICO. Storicamente, il grande "debito pubblico" è
nato per finanziare le grandi guerre. Questo è anche il caso recentissimo degli Stati
Uniti d'America per le guerre in IRAQ e in AFGHANISTAN, e di altri Paesi, pro-quota
concorso in queste guerre C'è dentro anche l'Italia (più per il Libano, la Libia).
Negli ultimi 50 anni abbiamo conosciuto una nuova causa del
"grande debito pubblico": quella di finanziare il welfare
(scuola, sanità) e le grandi infrastrutture (autostrade), uniformemente nel Paese.
E' anche il caso di paesi a democrazia recente (Grecia, Spagna ...) che hanno conosciuto
lo stadio dello sviluppo economico, ma accompagnato dal permanere di gravi disuguaglianze
sociali e territoriali.
Per l'Italia questa fase è iniziata nel 1961, con i Governi di centro-sinistra
('ingresso del PSI nella coalizione DC+PSDI+PRI), ed espulsione del PLI. Per
finanziare il grande welfare, i governi di centro-sinistra aveva due vie:
1) l'imposta straordinaria sul reddito (meglio dire un aumento consistente delle
aliquote, per un dieci, vent'anni);
2) il "grande debito pubblico", da restituire con piccole rate fiscali
per un dato tempo, come farebbe ogni famiglia che si fa la casa con un mutuo.
La seconda via fu pensata come la più comoda e praticabile per grandi investimenti
pubblici. Faceva contenti i capitalisti che potevano impiegare in modo sicuro il danaro
liquido ad un tasso di interesse conveniente, faceva comodo ai diseredati, che potevano
fruire gratis della scuola, della sanità e di tanti servizi sociali, e faeva comodo ai
grandi partiti, che potevano lucrare tangenti sulla grande spesa pubblica.
La tabella del debito, sopra riportata, dice tutto in estrema sintesi. Si
passa da un debito del 30% del PIL nel 1961, al debito del 120% nel 1994 (quando entra
Berlusconi sulla scena politica e i partiti del centro sinistra vanno in dissoluzione).
Nel seguito, il livello rimarrà alto, salvo poco poco
più che palliativi. Perchè ? Nella storia d'Italia il problema del grande
debito è stato risolto con la semplice cancellazione, vale dire con la grande inflazione.
Chi fosse ancora al mondo, di quei tempi, saprebbe che nel dopo guerra i risparmi
dell'ante guerra (titoli di Stato) erano diventati "pugni di mosche". Il
meccanismo era semplice. La banca d'Italia comprava, senza limiti, con fabbricazione di
carta moneta i titoli Stato. Passata la guerra, il debito veniva rimborsato con emissioni
straordinare di Buoni del Tesoro, comprati dalla Banca d'Italia, meglio dire con
fabbricazione di carta moneta aggiuntiva che andava a rimborsare debito rimasto uguale,
nominalmente.
Ma oggi, dopo l'adesione all'Euro, questo gioco non è più possibile. Dopo
Maastricht, la fabbricazione di carta moneta è a Francoforte. Adesso i debiti vanno
onorati, e non distrutti con l'inflazione. Questo ha costituito, per i Governi Italiani,
un imprevisto incidente di percorso.
Ma potrà essere sempre così ? Di fronte all'entità del monte debiti in
Europa (Italia, Grecia, Spagna,...), e al contagio bancario (che estenderebbe l'infezione
a Francia, Germania, ...) la "etica monetaria" non potrà essere salvaguardata
in toto. Non si può e non di deve morire di moneta, mentre il sistema produttivo ha
inalterata tutta la sua capacità di produzione. Ma neppure si può nè si deve
distruggere il risparmio delle famiglie.
Una svalutazione dell'euro, rispetto al dollaro, è gia nei fatti. E'
accettabile portare il cambio euro/dollaro verso 1:1 .
La via è che il "Fondo salva Stati" sia alimentato da
fabbricazione di carta moneta. Precisamente gli Stati con eccesso di debito dovrebbero
rimborsare al pubblico una parte del debito con nuova emissione di debito, sottoscritto
dalla BCE, vale dire con fabbricazione di carta moneta. Ciò darebbe al sistema economico
la necessaria liquidità, l'euro perderà un ulteriore x% nei confronti del dollaro.
Last but not list. Finchè non ci sarà una Unità Politica in Europa, il
vincolo del pareggio dei bilancio è in qualche modo un vincolo necessario, almeno per gli
Stati con debito debito elevato.
3 ) RUOLO DELLA LEVA FISCALE ANCHE PER AFFRONTARE I PROBLEMI DEL COMMERCIO
ESTERO.
Per l'Italia, povera di materie prime, è
vitale importare materie prime. Ogni stimolo monetario della domanda interna è soggetta a
scaricarsi in aumento dei prezzi, se non ci sono adeguate materie prime e semilavorati da
trasformare in beni finali di consumo e di investimento. Un tempo gli sbilanci dei conti
con l'estero erano sanati con la manovra del cambio. Ma oggi, in seguito all'Euro, questo
potere non c'è. C'è, però, lo strumento fiscale.
Una strada fondamentale di base, è sgonfiare i prezzi interni, sostituendo
le imposte indirette (che vanno ad aggiungersi ai prezzi) con le imposte dirette, a
parità di prelievo. Qui la maggiore indiziata è l'IVA, che Berlusconi ha portato al 21%.
Torniamo alle importazioni. Queste sono soggette all'IVA interna (mentre le
esportazioni sono soggette all'IVA estera)
Si conclude che gravando sulle importazioni, sono stati fatti guai
non da poco.
Ma un altro aiutino, fuori dall'area euro, potrà venire da un ulteriore sua
svalutazione.
NINO LUCIANI, Ordinario di scienza delle Finanze
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Relazione della Presidente
Dr.ssa Emma Marcegaglia
Roma 26 maggio 2011 (stralcio)
"Priorità a
stabilita' dei conti pubblici ed a crescita economica"
"Ma l'opera deve essere di lunga lena e costante
nel tempo, e non destabilizzare le aspettative delle famiglie e delle imprese con annunci
estemporanei a cui spesso non sono seguiti passi concreti" |
Emma Marcegaglia
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N. Luciani:
"E chi dovrebbe prendersi questo impegno ?
a) Berlusconi, a metà della sua seconda legislatura, è ancora al punto di
partenza;
b) Un Governo Bersani, di alternativa, è ancora lontano dall'aver
rassicurato l'elettorato, circa il ritorno di
certe "infamità" del Governo Prodi ( il farsi
percepire dall'elettoraro come un governo tassatore, un governo
incapace di prendere decisioni, un governo precario
in politica estera ). Ma potrebbe lavorarci sopra,
magari col concorso di Casini, in vista di mettere
in piedi il Terzo Polo nella successiva legislatura. |
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Dalla Confindustria - Assemblea Annuale
(Stralcio dalla Relazione. Per trovare l'originale,
integrale, clicca su: Marcegaglia
E. Marcegaglia, L'Italia. La stabilità dei conti pubblici.
" La politica economica italiana
deve essere guidata da due priorita' , due vere emergenze, da affrontare
contemporaneamente. La stabilita' dei conti pubblici e la crescita economica.
Senza la stabilita' rischiamo di diventare un Paese finanziariamente non
affidabile nei confronti dei partner europei e dei mercati finanziari.
Senza la crescita non daremo prospettive all'economia e alla societa' italiane. E
gli stessi obiettivi di finanza pubblica diventeranno irraggiungibili.
Intorno a queste due priorita' occorre estendere la consapevolezza
dell'opinione pubblica. Sono indispensabili l'unita' e la determinazione da parte della
politica, la capacita' di risposta delle istituzioni.
Consapevolezza, unita' e capacita' di risposta sono le tre condizioni che oggi
mancano. Serve un progetto condiviso. L'opera riformatrice deve essere di lunga
lena e costante nel tempo, per essere credibile e non destabilizzare le
aspettative delle famiglie e delle imprese con annunci estemporanei a cui spesso
non sono seguiti passi concreti.
La tenuta dei conti pubblici ci ha risparmiato di finire nell'occhio del ciclone
dell'eurodebito. Un merito che riconosciamo al Ministro dell'Economia e al Governo.
Ma nella vita pubblica e tra la gente non e' tramontata la convinzione che il
bilancio pubblico sia una stanza di compensazione delle tensioni sociali, la fonte diretta
della crescita dei posti di lavoro.
La stagione della spesa facile deve essere considerata chiusa per sempre.
Noi abbiamo sempre chiesto una riduzione della spesa pubblica.
Secondo gli obiettivi del Governo tra il 2010 e il 2014 la spesa pubblica al netto degli
interessi si deve ridurre in termini reali del 7% per raggiungere il pareggio di bilancio.
Tagli di spesa di questa entita' impongono un ripensamento
complessivo della funzione dello Stato e riforme profonde. Non si possono
risolvere i problemi con i tagli lineari nelle spese correnti e la scure sugli
investimenti pubblici.
Occorre scegliere. Occorrono interventi che non siano solo di quantita' ma
siano soprattutto di qualita' , per aiutare la crescita. Occorre coinvolgere tutte le
forze politiche e sociali. Occorre la revisione di tutte le voci che compongono le uscite
del bilancio, comprese quelle per il welfare e per il pubblico impiego, che rappresentano
i tre quarti della spesa primaria.
L'articolazione federalista dello Stato non e' in contrasto con l'Unita' e
deve servire a migliorare l'efficienza della macchina pubblica e a effettuare i necessari
risparmi.
Per ora si conosce la dimensione dei tagli, ma non gli interventi per
realizzarli. Senza un profondo cambiamento dei meccanismi che governano
la spesa nei principali comparti, nessuno puo' escludere che al freno di oggi non segua
puntualmente un grande rimbalzo della spesa domani, come piu' volte avvenuto in passato.
Occorre ridurre cio' che lo Stato fa oggi, lasciando piu' spazio ai privati e
al mercato. Uno Stato che smetta di fare male il troppo che fa e che invece faccia
bene l'essenziale che deve.
Ma cosi' non e' . Infatti, la presenza pubblica diretta nell'economia si e'
estesa in questi anni in ambiti sempre piu' impropri, con vere derive patologiche. E'
esemplare, a questo riguardo, la proliferazione delle societa' partecipate da
amministrazioni locali, alle quali non e' stato ancora posto rimedio nonostante i
ripetuti interventi normativi. Queste societa' fanno concorrenza sleale alle imprese
private e hanno un livello di efficienza inaccettabile: quattro quinti di esse sono in
perdita. Andrebbero vendute e i mercati di riferimento liberalizzati, con Autorita' di
regolazione forti e indipendenti, a tutela dei consumatori.
Tra poche settimane saremo chiamati a votare alcuni referendum che, se
approvati, metterebbero uno stop al gia' bassissimo grado di affidamento ai privati della
gestione dei servizi pubblici locali e impedirebbero gli investimenti nelle infrastrutture
idriche.
Va ricordato che gia' oggi la gestione degli acquedotti e' per oltre il 90%
nelle mani pubbliche, con livelli di dispersione che raggiungono punte del 40%. I
proponenti di questi referendum danno messaggi fuorvianti o addirittura falsi.
L'acqua come bene pubblico che sarebbe in pericolo e andrebbe difeso da
rapaci interessi privati. Al contrario, l'acqua e' e restera' un bene pubblico. Cio' che
va privatizzata e' la sua distribuzione. Ci dicano i proponenti del referendum: come
intendono poi gestire l'aumento del livello di inefficienza idrica e del debito pubblico?
Chi pagherebbe i 60 miliardi di investimenti che saranno necessari nei prossimi anni?
Legato alla spesa pubblica c'e' il tema dei costi della politica. Sappiamo
bene che questa voce incide relativamente poco sul bilancio pubblico, ma e' una questione
fondamentale.
Diciamolo chiaro: la politica a tutti i livelli in Italia da' ancora troppa
occupazione a troppa gente e in un momento cosi' grave in cui tutto il Paese e' chiamato a
fare grandi sacrifici e' del tutto impensabile che non sia la politica per prima a ridurre
drasticamente i suoi privilegi.
La precedente finanziaria aveva cominciato timidamente un percorso di
ridimensionamento. Quel che e' stato realizzato fino ad oggi e' insufficiente. Le
resistenze sono estese, radicate, fortissime. " E. M. |
Nino Luciani*, In margine
alle priorità della Pres. Marcegaglia, e sui modi di realizzarle. * Ordinario di
Scienza delle Finanze, Univ. di Bologna
_________________________
Sintesi. "Distinguere tra "manovra congiunturale" e "manovra
strutturale". Per sanare i conti pubblici, la prima vuole, oggi, l'uso immediato
dell'imposta. L'altra vuole il bisturi sulla spesa pubblica, ma in un orizzonte di 5-10
anni, perchè ben più problematica e dolorosa.
Dopo, si abbasserà (finalmente) la pressione fiscale.
Ma, si è visto, questo non lo può fare
TREMONTI.
1.- Le idee valide della Pres. Marcegaglia. Ritengo che le idee della Pres.
Marcegaglia siano patrimonio del 90% dei partiti italiani, e dunque ci metto dentro anche
il centro-sinistra, alla grande (altro è la estrema sinistra comunista). Ma da qui, a
dire che mi sento tranquillo su una alta probabilità (a destra o a sinistra) che siano
attuabili queste idee della Pres. Marcegaglia, ci passa molta acqua. Ma andiamo per gradi.
Perchè idee valide. Il fallimento dei sistemi comunisti (pur con tutti i mezzi che
avevano per attuarli ! ) ha evidenziato che questi sistemi non possono funzionare
democraticamente e che sono perdenti (in confronto all'economia di mercato), non tanto per
le idealità di uguaglianza, ma perchè lo strumento attuativo di cui si valgono è
l'eccesso di burocrazia. In queste condizioni è molto centrata l'opzione della Pres.
Marcegaglia, per " uno Stato che smetta di fare male il troppo che fa, e che invece
faccia bene l'essenziale che deve".
2.- Ma se è così, perchè non farlo subito ? Occorre distinguere tra manovre
congiunturali e manovre strutturali.
Per i problemi di bilancio, non puoi tagliare all'improvviso le spese correnti, perchè
non puoi mettere le famiglie (dei dipendenti pubblici) sulla strada, dalla sera alla
mattina (i casi estremi di disagio sociale, li vediamo in Grecia, Spagna, Portogallo).
Invece con un aumento dell'imposta dell'1% sul reddito di tutti, peschi
molto, e gravi poco individualmente. Ma dovevi farlo lo scorso anno.
La crisi dell'economia, poi, richiede il sostegno dei consumi. Se tagli i redditi
dei dipendenti pubblici, colpisci categorie con alta propensione al consumo. Invece i
redditi medio-alti hanno alta propensione al risparmio. A questi va chiesto di più (come
imposta) che ai redditi medio bassi.
Non vuoi gravare sui tuoi elettori (di centro destra) ? Ma allora è un problema
"non economico".
Congiunturalmente parlando, avresti anche larma della modifica della struttura
del sistema fiscale: lo sgravio da imposta indiretta, bilanciato da uguale
aggravio di imposta diretta. In questo caso, il moltiplicatore del PIL è grosso modo pari
alla "unità": vale dire, in un gradualità temporale, generi un aumento del PIL
pari allo sgravio. (Invece la riforma fiscale di Berlusconi punta all'incontrario).
3.- Torniamo alla manovra strutturale. Per riprendere a crescere, l'Italia deve
liberare risorse per gli investimenti, e questo pone un problema di alternativa tra Stato
e mercato, a favore del mercato (portare la spesa pubblica del 55% del PIL attuale al
45%).
La Germania Federale, nell'incorporare la Germania dell'Est (1990), aveva il problema di
farla transitare alla economia di mercato. Ha impiegato 20 anni. La Pres. Marcegaglia ne
è consapevole :"L'opera riformatrice (in Italia) deve essere di lunga lena e
costante nel tempo".
Per ridurre il debito pubblico, dovresti anche liquidare, cum grano salis, una
parte del patrimonio statale disponibile.
Ma attenzione, economicamente, il taglio della spesa pubblica non vuol dire
tagliare i servizi pubblici, bensì convertire le imprese pubbliche in imprese
private (posto che sia possibile internalizzare le "esternalità"), in
modo da garantire la continuità dei servizi. Non si è fatto così con l'Alitalia ? Non
solo questo...
Qui vale anche la lagnanza della Pres. Marcegaglia che lamenta "la
proliferazione delle societa' partecipate da amministrazioni locali". E' noto che
sono una fonte di disavanzi, che finanzia i partiti (non senpre).
In tema di federalismo, direi, invece, che la Pres. sia stata
troppo "sorvolante". Quì l'alternativa è tra Stato ed Enti locali.
Non è "federalismo" quello che aumenta le imposte locali, ma
non taglia (per un uguale ammontare) le imposte statali.
Ben altro che il federalismo che "unisce".
4.- E Chi dovrebbe applicare la ricetta della Pres. Marcegaglia ?
a) Berlusconi ha fallito sugli obiettivi fondamentali, perfino sul federalismo.
Bossi ha poco da ridere.
Ma egli torna a riproporci la riforma fiscale e Tremonti gli osserva che "non
si può fare la riforma del fisco in deficit".
La osservazione, anzichè suscitare la nostra lode, ci irrita. OK per la
tenuta dei conti pubblici. Ma Egli non ha lavorato, nei quasi otto anni al MEF, per
ridurre con gradualità la spesa pubblica, e realizzare oggi le condizioni per abbassare
la pressione fiscale.
Potrebbe Berlusconi usare i prossimi due anni per recuperare
? Se
vuole tentare il miracolo, la prima cosa da fare è mettere al MEF un ministro che creda
in queste cose, e licenziare TREMONTI.
b) Bersani è una alternativa valida ? Egli è politicamente sulla strada
giusta, quando mira a riunire la sinistra.
Ma, solo tre anni fa, un governo di sinistra è stato mandato a casa, a causa di
certe "infamità" ( a) farsi percepire come un governo tassatore; b) essere
incapace di prendere decisioni;c) essere poco affidabile in politica estera).
Veltroni era andato alle urne da solo, al più con IDV e con i RADICALI, per
sottrarsi a quelle "infamità". Ma, poi, Veltroni non ha vinto le elezioni.
Dunque Bersani dovrà fare sia una coalizione, sia rassicurare l'elettorato circa
le preoccupazioni di Veltroni (in primis la coalizione deve concordare alla
unanimità la regola di decisione, al suo interno).
c) Casini e il terzo polo ? E' una prospettiva legata al possibile
disfacimento del PDL e dovremo ancora attendere.
Al momento, sarebbe già tanto se Egli convergesse con Bersani per costruire l'alternativa
di governo, e rimediare alle inadempienze di Berlusconi. NL |
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BERLUSCONI
VUOLE "CAMBIARE LA COSTITUZIONE E
L'ARCHITETTURA ISTITUZIONALE" COL VOTO DETERMINANTE DEI
"RESPONSABILI" |
Pier Luigi Bersani
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Berlusconi:
"Magistratura eversiva"
Sì ad un accordo PDL- PD per fare la riforma della Governance
e ripristinare l'equilibrio tra i poteri forti dello Stato.
Per l'incoraggiamento, da parte dei poteri economici forti.
Se questo passaggio non funzionasse, il via del popolo
al PARTITO della NAZIONE è solo una questione di tempo |
Silvio Berlusconi
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SINTESI.
La magistratura appare determinata a completare la operazione mani pulite, di cui si
direbbe veda in Berlusconi lultimo sfuggito. Ma per Berlusconi: "La
Magistratura è eversiva". In realtà, è questione di sbilanciamento tra potere
giudiziario e potere politico, per caduta del ruolo costituzionale dei partiti..
Nei fatti, pur dopo ben due riforme
della legge elettorale, la contraddizione (nel Paese), tra Costituzione materiale e
costituzione formale, ostacola il normale funzionamento della Governance dello Stato.
In questa questione, lunica via di uscita del nostro uomo del
fare è la riforma, scendendo a patti col PD, il maggior partito della sinistra
laica (i vituperati comunisti), e che contiene anche la sinistra
democristiana.
Se questo passaggio non funzionasse, il via popolare al Partito della Nazione è solo una
questione di tempo. Sarebbe il ritorno ad una normale routine, di governance secondo
lattuale Costituzione, ma anche la cessazione (comunque auspicabile) dell'attuale
conflitto tra Costituzione formale e Costituzione materiale.
1.- Sullo straripamento della magistratura. La
questione dello straripamento della magistratura, in politica, è posta da più parti, dal
1992-94, quando l'operazione "mani pulite" spazzò via un'intera generazione
politica. Il medesimo straripamento è lamentato, a suo danno, da Berlusconi, quasi
appendice dell'operazione "mani pulite".
Che lo straripamento persista, anche a prescindere da B, è un fatto. Lo
abbiamo visto recentemente anche in Comuni medio-grandi, sotto elezioni amministrative,
con lo scattare di manette a carico di assessori uscenti, quasi ad orientare l'elettorato
verso l'alternanza (poi, magari, talvolta, qualcuno verrà assolto).
Sia chiaro, che la magistratura non opera motu proprio, ma perchè ci sono
denunce, che di solito vengono da avversari politici concorrenti. E sia anche chiaro che,
se lo straripamento supera determinate dimensioni, è perchè l'opinione pubblica lo
sostiene. I magistrati sono, in primo luogo, l'espressione dei comuni sentimenti. Questo
sentimento lo vediamo, in questi giorni, anche dentro il PDL (cos'altro signfica la
recente presa di distanza della MORATTI da TASSINI, a proposito di un appello di
quest'ultimo contro ... la "magistratura" ?).
Non è, poi, un gran discorso che "chi ha avuto il sostegno degli
elettori" abbia comunque il diritto di governare. Vale sempre la presunzione che
"egli" già in origine fosse in pace con la legge. Ma se, poi, la presunzione
risulta infondata... .
Nè si strumentalizzi troppo il fatto dei "numeri". Nel nostro caso
non si tratta di "voti maggioritari" nel paese, ma solo nel parlamento grazie al
premio di maggioranza dato alla "maggiore minoranza" (30% ? );
Concluderei per l'opportunità (e perchè non c'è altra via di uscita), che
B. rispetti la magistratura, nè tuoni troppo contro la "lentezza" dei processi,
se è vero che questa "lentezza" è (in parte) creata dal suo governo, in quanto
nega le risorse, necessarie al normale funzionamento. Si vegga la relazione, di
quest'anno, del Primo Presidente della Cassazione.
2.- Perchè il sistema politico va in tilt. I politici
sono dei comuni mortali. Essi fanno politica per i problemi di "interesse
generale", ma sono motivati da un "interesse personale" (un reddito,
l'ambizione di stare sul moggio, tanti altri motivi legittimi, così come fa un normale
imprenditore). Vi sono anche le eccezioni: santi, poeti, navigatori che lo fanno in modo
disinteressato, perchè hanno qualcosa "dentro". Ma, ahimè, se il
"sistema" li blocca, poco riescono a fare.
L'azione politica dà buon frutto se opera in un quadro virtuoso
competitivo, per cui i migliori sono premiati, e dunque, incoraggiati ad andare avanti; i
peggiori sono ritirati. Non sempre il meccanismo della sostituzione funziona, in
primo luogo perchè il grande pubblico non è in condizioni di capirci bene e ancor meno
di risolvere in modo diretto.
Nei sistemi democratici si è inventato il meccanismo dell'alternanza tra i
grandi partiti, perchè si ritiene che in generale chi ha governato per 5-10 anni
abbia già dato il meglio di se, e vada sostituito.
Quando questo meccanismo auto-salvifico si inceppa, il politico tende anzi a
catturare il consenso, strumentalizzando la Pubblica Amministrazione (es. fare assumere
personale, che gli assicura il voto; arricchirsi vincolando le imprese aspiranti alla
concessione dei lavori pubblici, al pagamento di tangenti al partito o a se stesso).
Tale è la situazione d'Italia, diagnosticata nei primi anni ' 90. Se questa
visione è corretta, lo straripamento della magistratura è stato qualcosa che attiene
agli equilibri tra i poteri costituzionali dello Stato. Ergo, il rientro nei
ranghi è soggetto solo alla legge della bilancia: il potere caricato su un piattello va
sotto, se quello sull'altro piattello è vuoto; e i due piattelli tornano a stare in
bilancia, se il potere mancante si ricostruisce su quello vuoto.
3. Come ripristinare l'equilibrio tra i grandi poteri dello Stato. Se è
vero che lo straripamento è una questione di sbilanciamento tra i grandi poteri, la
soluzione del rebus sta nel riposizionamento dei partiti al loro posto, sulla base di un
meccanismo virtuoso.
Torniamo, al concetto espresso: la via è la ricostituzione del meccanismo
dell'alternanza, come antidoto alla corruzione dei partiti, e con tutti i relativi nuovi
accorgimenti, suggeriti dalla esperienza ( le elezioni primarie "vere" per
ognuno dei partiti ..., il certificato penale in regola, la preferenza "unica"
tra le candidature, ...).
Non solo questo: l'alternanza va prefigurata per governi di
legislatura, per permettere ai cittadini un giudizio con buon fondamento, e
perchè i problemi di lungo termine richiedono governi di legislatura.
Per la veriità, questo lavoro è stato avviato, con due riforme della legge
elettorale, ma esso ancora non funziona:
- per un verso c'è una Costituzione materiale, fondata su
una legge ordinaria che vuole il candidato "Premier" indicato al momento delle
elezioni, e per l'intera legislatura, sia pur sostenuto da una maggioranza assoluta
bulgara, creata artificialmente per la coalizione di maggioranza relativa, senza qualche
soglia minima;
- per un altro verso, c'è una Costituzione formale che vuole la
conservazione del Premier, durante la legislatura, solo se ha la fiducia delle Camere.
E' essenziale sanare questo dualismo, e la strada sarebbe di adeguare la
Costituzione formale a quella materiale.
I partiti di minoranza oggi ritengono, invece, prioritaria la riforma della
legge elettorale. Ma Berlusconi, il 14 dic. 2010, ha detto alla Camera: "sono
disposto a discutere su tutto, fuori che sul bipolarismo". Su questo punto, io
concordo con Berlusconi: in assenza della riforma costituzionale della Governance, il
bipolarismo è la soluzione meno peggio, ma richiederà troppo tempo, per essere
metabolizzato dal sistema politico. Per questo serve un intervento anticipatore.
4.- Per un grande accordo PDL- PD, e per l'incoraggiamento da
parte dei poteri economici forti. L'eccezionalità storica dei problemi richiede
un accordo tra il PDL e il PD, in quanto sono le maggiori forze politiche in campo.
Voglio anche concedere che la Magistratura voglia capitalizzare il potere
accumulato, e dunque anch'essa (non operando i meccanismi automatici bilancianti, dentro
il CSM - Consiglio Superiore della Magistratura) sia incorsa nello stesso difetto dei
partiti di governo della prima repubblica: strumentalizzare la funzione pubblica per
auto-conservarsi.
Pertanto, ai fini di un ricacciamento all'indietro, serve doppiamente la
solidità delle grandi forze politiche.
Giunti a questo punto, ci ricordiamo che la rivoluzione francese ci aveva insegnato
che il potere politico, se non è sorretto dal potere economico-industriale, non va da
nessuna parte.
Anzi, la mancanza di una co-interessenza tra le due forze, fa cadere la politica.
Scopriamo qui che Berlusconi è debole non solo per mano di magistratura, ma anche perchè
non è sorretto dai poteri economici forti.
La Confindustria spesso si lamenta: "siamo stati
lasciati soli". Dentro il grande potere finanziario, ci sono segnali di presa di
distanza. Chi ha seguìto il ricambio del vertice della "Generali
Assicurazioni" ha motivo di pensarlo.
Si chiariscano le posizioni e, si incoraggi apertamente la riforma
costituzionale.
Se questo passaggio non funzionasse, il via popolare al PARTITO della NAZIONE
(i vari centristi ... fino a destra, anche per dissolvimento del partito di B.) sarebbe
solo una questione di tempo. Sarebbe un ritorno alla Costituzione della prima repubblica
... Non sarebbe forse un grande ritorno, pur se la cessazione del conflitto attuale tra
Costituzione formale e Costituzione materiale sarebbe comunque auspicabile. NL |
Dalla CEI
- Conferenza Episcopale Italiana
CONSIGLIO PERMANENTE,
Ancona, 24 - 27 gennaio 2011
PROLUSIONE DEL CARDINALE PRESIDENTE
Stralcio dei parr. 5, 6, 7
Venerati e cari Confratelli,
.........
5. La crisi economica e finanziaria che, a partire dal 2009, ha
investito in pratica il mondo intero non è finita. E che non sia esaurita lo dicono
studiosi ed economisti, ma del fatto abbiamo conferma anche nella concreta vicinanza alla
gente, nostra e dei nostri cari sacerdoti, ai quali indirizziamo il pensiero grato e
fraterno. Non mancano germi di nuovo, segnali di ripresa e di innovazione, con
esperimenti rilevanti nelle relazioni lavorative, ma persistono varie situazioni
impaludate. E dentro ciascuna di esse ci sono persone e, di conseguenza, famiglie
in grande allarme e in comprensibile sofferenza. Noi siamo anzitutto con loro.
Contribuisce poi ad impensierirci
ulteriormente il senso di spaesamento che perdura, non come un'atmosfera evidentemente
artificiosa e momentanea, ma come stato d'animo concreto, affatto passeggero. Per questo
resta sempre necessario ascoltare per meglio comprendere e opportunamente decidere. Ad
esempio, la contestazione studentesca, sviluppatasi nelle settimane
precedenti il Natale, è un fatto che merita una riflessione non scontata. Non si
è trattato di un evento ripetitivo del passato; troppo diverse le situazioni e le
condizioni.
Certo, hanno inquietato gli innesti di
violenza e di grave devastazione che si sono registrati. Si è parlato di infiltrazioni
improprie, e non tutti né ovunque sono stati pronti a dissociarsi dalla violenza. Ma in
ogni campo bisogna dare ascolto alle preoccupazioni reali e ai dubbi sinceri per meglio
capirsi e per poter procedere con l'apporto più ampio e onesto possibile. Riconoscendo
anche, come è accaduto non di rado, che l'esperienza diretta e concreta del nuovo ha
riservato sorprese positive, magari non subito colte nella concitazione degli animi e
degli eventi.
Resta l'esigenza evidente, comunque, che ogni
riforma richiede risorse indispensabili. La prospettiva infatti del ridimensionamento di
quello che ai giovani appare come il più consistente cespite di spesa che lo Stato
stanzia in loro favore, deve essere apparsa incomprensibile. Ma oltre a queste motivazioni
psicologiche - di impellenza immediata - ci sono quelle lunghe, ossia la consapevolezza
che essi hanno di arrivare alla ribalta in cui dovrebbe cominciare la vita adulta e
autonoma, quando una serie di condizioni sono diventate sfavorevoli.
Si dice che questa sia la prima generazione della decrescita, e la si chiama
generazione inascoltata o non garantita.
La disoccupazione giovanile
è un dramma per l'intera società, e non solo per i giovani direttamente interessati.
Stando alle statistiche, ci sono oltre due milioni di giovani tra i
15 e 34 anni che non studiano, non lavorano, né ormai cercano più un impiego.
Dicono di saper già di non trovarne uno stabile e sono poco disponibili ad abbracciarne
uno qualsiasi.
La svalutazione del lavoro manuale, anche specializzato, è evidente. E questo non
è un bene. Il mondo degli adulti, secondo le diverse responsabilità, è in debito nei
confronti delle nuove generazioni, "in debito di futuro".
I giovani non vogliono certo essere accarezzati come degli eterni
adolescenti, desiderano essere considerati responsabili e quindi trattati con serietà, ma
chiedono di non sentirsi soli, gettati nella vita e privi di possibilità.
6. In un documento del nostro Episcopato pubblicato trent'anni or
sono e che ebbe a suo tempo una notevole accoglienza (La Chiesa italiana e le prospettive
del Paese, 1981), si diceva icasticamente: "Il consumismo ha fiaccato tutti" (n.
11). Ed eravamo appena agli inizi di quel processo di trasformazione che interesserà
l'Italia e l'Occidente nei decenni a seguire, e troverà rappresentazione nella cosiddetta
"modernità liquida" dominata da quella che alcuni hanno definito
"ideologia del mercato".
Colpisce l'efficacia di quella predizione, dove ad apparire centrato è in
particolare il verbo usato: "fiaccare".
La desertificazione valoriale ha prosciugato l'aria e rarefatto
il respiro. La cultura della seduzione ha indubbiamente raffinato le aspettative ma ha
soprattutto adulterato le proposte. Ha così potuto affermarsi un'idea balzana della vita,
secondo cui tutto è a portata di mano, basta pretenderlo. Una sorta di ubriacatura, alle
cui lusinghe ha - in realtà - ceduto una parte soltanto della società. Però il calco di
quel pensiero è entrato sgomitando nella testa di molti, come un pensiero molesto che
pretende ascolto. Un ascolto peraltro che diventava sempre più improbabile, considerato
il nuovo clima sociale, determinato da un volano economico che senza tanti complimenti si
era messo a girare all'incontrario. Noi siamo testimoni della dignità con cui la nostra
gente sta normalmente reagendo alle difficoltà che si sono presentate, arrivando a
configurare un andamento diverso nel passo del mondo. Sembrava che il trend della crescita
dovesse tutto sommato aumentare sempre, in un movimento espansivo che avrebbe via via
incluso sempre nuove fette di popolazione.
Invece la crisi si è presentata come una sorta di
drenaggio generale, obbligando un po' tutti a rivedere le proprie ambizioni. C'è
una verità, forse non troppo detta, ma che la gente ha intuito abbastanza presto: si
stava vivendo al di sopra delle proprie possibilità.
Bisogna allora imprimere una moderazione complessiva dell'andamento di vita,
senza dimenticare - anzi! - tutti coloro che già prima vivevano sul filo e oggi si
trovano sotto.
Con bilanci meno ambiziosi, occorre far fronte a tutte le necessità di
una società moderna, per di più senza poter più contare sullo sfogo del debito pubblico
che invece dovrà rientrare.
Ma che fare se ognuno difende a spada tratta il livello di vita già
acquisito? Questo è il punto in cui i problemi dei giovani vengono a coincidere con le
questioni di ordine generale: bisogna infrangere l'involucro individualista e tornare a
pensare con la categoria comunitaria del "noi", perché tutto va ricalibrato
secondo un diverso soggetto.
Anziché una somma di tanti "io", sicuramente legittimi e forse un po'
pretenziosi, occorre insediare il plurale che abita in ogni famiglia, il plurale di cui si
compone ogni società. |
Nino Luciani, In
margine a "avventurismi", vale dire sulla crisi costituzionale della Governance
in Italia. Anche un mio consiglio personale a Berlusconi.
Premessa. Il
Cardinale ha detto: " E' possibile che taluni sottili veleni si insinuino nelle
psicologie come nelle relazioni, e in tal modo - Dio non voglia! - si affermino modelli
mentali e di comportamento radicalmente faziosi.
"Forse che questo non sarebbe un attentato grave alla coesione sociale?... È
necessario fermarsi in tempo - tutti - ..., dando ascolto alla voce del Paese che chiede
di essere accompagnato con lungimiranza ed efficacia senza avventurismi, a
cominciare dal fronte dell'etica della vita, della famiglia, della solidarietà e del
lavoro".
1.- Secondo me, il punto focale è aggiornare la Costituzione. La detta
"possibilità", ventilata dal Cardinale ha forse un suo fondamento, e tuttavia
per una governabilità "senza aventurismi", il punto focale è
partire dalla consapevolezza che la Costituzione della Repubblica ha prefigurato il solco
entro cui anche i veleni, nelle relazioni sociali, possono stare legittimamente. Infatti,
se è rispettata la Costituzione, i veleni stanno in bottiglia, e non arrivano a uccidere
il sistema politico.
In questa fase storica, il governo eletto è quello di Berlusconi, ma tutti
i giorni l'opposizione lo invita ad andare a casa.
E altrettanto faceva Berlusconi, tre anni fa, nei confronti del governo Prodi, e
anzi tramava, ai limiti dell'eversione, per attirare senatori a tradire la sua
"maggioranza".
Questo non depone bene per l'Opposizione.
Soprattutto si nota un accanimento sulla persona, mentre
servirebbero proposte sulle cose che il cardinale indica, per
tutti, come prioritarie: "etica, famiglia, solidarietà, lavoro".
2.- Dove aggiornare la Costituzione. Il motivo, per cui i veleni non stanno in
bottiglia, è dovuto al fatto che la classe politica è, oggi, molto eterogenea, in
confronto ai tempi della DC e del PSI, del PCI. Allora, si arrivava in parlamento
solo venendo dai "partiti", nei quali (art.49 della Costituzione) "i
cittadini si associavano ... per concorrere con metodo democratico a determinare la
politica nazionale" e i partiti avevano delle vere e proprie scuole. Di conseguenza
c'era anche un maggior senso delle istituzioni e dello Stato
Oggi, invece, il parlamento è "anche" un porto di mare, dove arrivano
"gabellieri" (nel senso del vangelo), imprese partito-familiari, anche
delinquenti ..., per vendere il voto, in cambio di un buono stipendio e dell'immunità
parlamentare.
In questa mutata situazione, buon senso vorrebbe che il PDL e il PD (i due
maggiori partiti antagonisti) si mettessero intorno a un tavolo per riformare il sistema
della Governance, in modo che anche in Italia accada (come negli USA, in Francia,
in Germania,...) che "chiunque sia eletto" (possibilmente col certificato penale
in regola) possa attuare il programma con il tempo necessario (appunto 5 anni), e sia
pienamente responsabilizzato a fine legislatura, sulle cose che ha fatto.
Ritengo che non sia prova di senso delle istituzioni chiedere
ogni giorno le dimissioni del Presidente del Consiglio, pur se:
1) solo due mesi fa, le Camere hanno confermato la fiducia;
2) non c'e' una sentenza della magistratura che lo dichiari decaduto dai pubblici
uffici.
Ritengo anche inqualificabile che la TV pubblica amplifichi la richiesta. E'
come spargere calunnie, senza mai piu' ripescarle in toto.
E ritengo non sia prova di senso delle istituzioni il fatto che Procuratori
della Repubblica colloquino con la stampa circa lo stato delle loro indagini. Un
"vero" funzionario dello Stato si esprime solo nelle forme e riti previsti dalla
legge.
3.- Adesso parliamo di Berlusconi. La Costituzione italiana è tra le più sagge
tra le Costituzioni al mondo. Soprattutto i Padri Costituenti sapevano che, per il
carattere latino, un italiano che abbia potere, cambia natura e vuole fare il dittatore.
Lo vediamo adesso anche da piccole cose: uno, appena diventato ministro, si mette a
fumare il sigaro cubano e fa sfoggio di superiorità. Potrei fare i nomi di miei comuni
amici, e che ho perso per sempre, dopo che sono divenuti ministri.
Lo vediamo dalle insofferenze (anzi dal discredito) di Berlusconi verso la Carta
Costituzionale.
Perchè lui dice che i giudici della Corte Costituzionale sono contro di lui
perchè sono "comunisti" ? Questo è veramente troppo.
Come possono, i cittadini pensanti, stare tranquilli se hanno un Presidente del
Consiglio che disprezza la Costituzione e i giudici costituzionali ?
4.- Andiamo oltre: Berlusconi lasci il governo e si dedichi al suo partito. Lui
ha una certa età, e certi by pass al cuore ...
L'opera storicamente più importante che è riuscito a fare, entrando in
politica, è stata di dare continuità alla Democrazia Cristiana e al PSI, vale dire
riempire (al centro) un vuoto di potere pericolissimo per l'Italia, e anche realizzare il
"bipolarismo", che è la via più prossima (pur se insufficiente) per la
governabilità (in assenza della elezione diretta del Premier).
Di ciò tenuto conto, egli dovrebbe pensare seriamente a stabilizzare questa
importante via che ha dato all'Italia.
E' chiaro (almeno a me) che, in caso di caduta politica traumatica, tutto il suo
impianto andrà in fumo, e Forza Italia si scioglierà e i suoi amici andranno in
diaspora..
Domando se Berlusconi ha mai pensato seriamente alla sua creatura.
Per questo, se Berlusconi lasciasse il Governo e si dedicasse al Partito (aprendo
fin da adesso ad un successore, se ce l'ha...), farebbe bene alla Italia perchè darebbe
un futuro alla sua creatura (Forza Italia) e forse renderebbe possibile subito un governo
di grande coalizione (PDL+PD) per le riforme costituzionali.
Nino Luciani |
Non sarà un'operazione facile, ma occorrerà convertire una parte di
ciò che eravamo abituati a considerare nella nostra esclusiva disponibilità, e metterlo
nella disponibilità di tutti. E naturalmente chi nel frattempo aveva accumulato di più,
qualcosa di più ora deve mettere a disposizione. Quando un anno e mezzo fa cercavamo di
trovare il senso di ciò che la crisi poteva richiedere, si parlò ad un certo punto di
una necessaria conversione degli stili di vita. Ora ci siamo arrivati. C'è
un'alfabetizzazione etica su questa nuova stagione che occorre saper alimentare anche al
livello dei nostri gruppi, delle nostre associazioni, dei nostri movimenti.
Se una parte di reddito va ridistribuita per poter corrispondere alle
essenziali attese delle ultime generazioni, che diversamente rimarrebbero sul lastrico,
ecco che c'è un lavoro di rimotivazione da compiere per dare un orizzonte convincente
alla dose di sacrifici che bisogna affrontare.
Si torna qui alla sfida educativa che ci siamo prefissi. Nella mentalità più diffusa, la sofferenza è l'ambito oscuro
della vita che è meglio mettere tra parentesi, e da cui in ogni caso è necessario
preservare i più giovani. Ma questo, pur scaturito dalle migliori intenzioni, è
l'autoinganno più fatale che si sia indotto nei figli, nei nipoti, nei discepoli.
Tentando di preservarli dalle difficoltà e dalle durezze dell'esistenza, si
rischia di far crescere persone fragili, poco realiste e poco generose.
Se a questo si aggiunge una rappresentazione fasulla dell'esistenza, volta
a perseguire un successo basato sull'artificiosità, la scalata furba, il guadagno facile,
l'ostentazione e il mercimonio di sé, ecco che il disastro antropologico in qualche modo
si compie a danno soprattutto di chi è in formazione. "Non esiste una vita
senza sacrificio", ammoniva il Papa parlando proprio ai giovani (Omelia nella
Domenica delle Palme, 5 aprile 2010), non si può diventare liberi da sé "senza
osare il grande Sì" (ib). E poi spiegava : "Se getto uno sguardo retrospettivo
sulla mia vita personale, devo dire che proprio i momenti in cui ho detto "sì"
ad una rinuncia sono stati momenti grandi ed importanti della mia vita" (ib).
Anche la crescente allergia che si registra nei confronti dell'evasione
fiscale è un segnale positivo, che va assecondato. Adesso più che mai è il
momento di pagare tutti nella giusta misura le tasse che la comunità impone, a fronte dei
servizi che si ricevono. Bisogna snellire e semplificare, ma nessuno è moralmente
autorizzato ad autodecretarsi il livello fiscale. Chi fa il furbo non va ammirato né
emulato. Il settimo comandamento, "Non rubare", resiste con tutta la sua
intrinseca perentorietà anche in una prospettiva sociale.
7. L'intelligenza collettiva ha il dovere di
riscattare l'istituto familiare dalle visioni ristrette e impacciate in cui è stato
relegato. I riconoscimenti che nell'ultimo periodo sono giunti da istituzioni
insospettabili alla famiglia italiana quale soggetto-baluardo della finanza nazionale e
salvadanaio in grado di riequilibrare la finanza pubblica agli occhi delle autorità
europee, acquistano oggi il valore di una riabilitazione culturale della famiglia stessa
dinanzi a quei grandi poteri da cui è stata spesso ignorata.
Conviene appena ricordare che tale esito non nasce in modo
accidentale, ma è il risultato paziente dell'antropologia di riferimento della nostra
cultura, per la quale da sempre noi viviamo anzitutto in una società di famiglie.
Questa è la campata sotto la quale l'Italia vive, avendo ? sotto il profilo
sociologico ? una connotazione sua propria, la quale ha ripercussioni decisive a livello
educativo, nel contenimento dei disagi giovanili, nella resa scolastica, nelle strategie
di prevenzione sociale, nel recupero dalle dipendenze, nella comunicazione
intergenerazionale.
Va da sé che una ricognizione lucida della condizione
nazionale deve portare il Paese a darsi una politica familiare preveggente, che mantenga
la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, e aperta alla vita, quale base per
rilanciare il Paese, e rilanciarlo sul proprio caratteristico equilibrio esistenziale,
dunque senza ossessivi cedimenti alla struttura del "soggetto singolare".
Le risultanze della Conferenza nazionale sulla
Famiglia, svoltasi di recente a Milano, vanno indubbiamente in questa direzione e meritano
- sia per il versante culturale sia per il versante politico-fiscale - la pronta
considerazione delle forze politiche.
L'individuazione del "fattore famiglia" come criterio ad oggi più
evoluto, in quanto più equilibrato rispetto ad ipotesi precedenti, suggerisce che
l'auspicata, urgente riforma del fisco dispone già di un elemento centrale di grande
convergenza. Diremo anche noi con Benedetto XVI che tutto ciò che si fa per sostenere il
matrimonio e la famiglia accresce la grandezza dell'uomo, rafforzando nel contempo la
società.
Come ho già più volte auspicato, bisogna che il nostro Paese
superi, in modo rapido e definitivo, la convulsa fase che vede miscelarsi in modo sempre
più minaccioso la debolezza etica con la fibrillazione politica e istituzionale, per la
quale i poteri non solo si guardano con diffidenza ma si tendono tranelli, in una logica
conflittuale che perdura ormai da troppi anni.
Si moltiplicano notizie che riferiscono di
comportamenti contrari al pubblico decoro e si esibiscono squarci - veri o presunti - di
stili non compatibili con la sobrietà e la correttezza, mentre qualcuno si
chiede a che cosa sia dovuta l'ingente mole di strumenti di indagine.
In tale modo, passando da una situazione abnorme all'altra, è
l'equilibrio generale che ne risente in maniera progressiva, nonché l'immagine generale
del Paese. La collettività, infatti, guarda sgomenta gli attori della scena pubblica, e
respira un evidente disagio morale. La vita di una democrazia - sappiamo - si compone di
delicati e necessari equilibri, poggia sulla capacità da parte di ciascuno di
auto-limitarsi, di mantenersi cioè con sapienza entro i confini invalicabili delle
proprie prerogative. "Muoversi secondo una prospettiva di responsabilità ? ammoniva
il Papa in occasione dell'ultima Settimana Sociale ? comporta la disponibilità ad uscire
dalla ricerca del proprio interesse esclusivo per perseguire insieme il bene del
Paese" (Benedetto XVI, Messaggio alla 46a Settimana Sociale dei cattolici italiani,
12 ottobre 2010).
Come ho già avuto modo di dire, "chiunque accetta di
assumere un mandato politico deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della
disciplina e dell'onore che esso comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda (cfr
art. 54)" (Prolusione al Consiglio Permanente, 21-24 settembre 2009, n. 8). Dalla
situazione presente - comunque si chiariranno le cose - nessuno ricaverà realmente motivo
per rallegrarsi, né per ritenersi vincitore. Troppi oggi - seppur ciascuno a modo suo -
contribuiscono al turbamento generale, a una certa confusione, a un clima di reciproca
delegittimazione. E questo - facile a prevedersi - potrebbe lasciare nell'animo collettivo
segni anche profondi, se non vere e proprie ferite.
La comunità nazionale ha indubbiamente una propria robustezza e
non si lascia facilmente incantare né distrarre dai propri compiti quotidiani. Tuttavia,
è possibile che taluni sottili veleni si insinuino nelle psicologie come nelle relazioni,
e in tal modo - Dio non voglia! - si affermino modelli mentali e di comportamento
radicalmente faziosi.
Forse che questo non sarebbe un attentato grave alla coesione sociale? E
quale futuro comune potrà risultare, se il terreno in cui il Paese vive rimanesse
inquinato?
È necessario fermarsi - tutti - in tempo, fare chiarezza in modo sollecito e
pacato, e nelle sedi appropriate, dando ascolto alla voce del Paese che chiede di essere
accompagnato con lungimiranza ed efficacia senza avventurismi, a cominciare dal fronte
dell'etica della vita, della famiglia, della solidarietà e del lavoro.
.........
........" |
|
PierLuigi Bersani
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Dopo il voto di fiducia del 14 dicembre 2010:
Il governo Berlusconi in atterraggio morbido,
in attesa del PARTITO DELLA NAZIONE
Ma per adesso e per i prossimi due anni
serve la
"GRANDE COALIZIONE" PDL + PD |
Silvio Berusconi |
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N. Luciani, Per la
"grande coalizione", per fare la riforma della Governance. Poi, verrà chi
verrà ...1.- Il problema sempre quello: la
debolezza di Governance dello Stato. La prima ragione per considerare
finita la stagione di questo Governo Berlusconi sta nei numeri: è un Governo da "3
voti" di maggioranza. Ma da qui a dedurre che è nell'interesse del paese andare alle
elezioni anticipate, corre molta acqua.
La seconda ragione è che anche Prodi soffrì della stessa malattia:
solo "3 voti" di maggioranza e dunque c'è in giro da anni una malattia
infettiva, la debolezza strutturale di Governance, a cui sarà soggetto anche in futuro
chiunque vincerà le nuove elezioni.
Mi parrebbe evidente, di conseguenza, che il voto della Camera vada
interpretato come un atterraggio morbido al Governo Berlusconi, in attesa delle elezioni,
le quali però hanno un senso compiuto solo dopo aver corretto le regole, in modo da porre
fine a questa malattia costituzionale, a parte considerazioni sui danni all'Italia, da
anni allo stesso punto di partenza, per i propri problemi economici e sociali.
Lo strumento per farlo è solo una "grande coalizione PDL+PD
", presieduta da "uno" del PDL . Andrebbe anche bene un
monocolore PDL, con appoggio esterno PD.
Berlusconi, quale Presidente del PDL, rompa la righe e
metta ognuno di fronte alle proprie responsabilità. Un NO sarebbe sarebbe solo una
"squalifica" per chi glielo oppone, e sicuramente non un demerito per lui.
Sia chiaro che si tratterebbe solo di una soluzione ponte, però
fondamentale per incidere su questa malattia.
2.- Bipolarismo riveduto e corretto, o nuova Governance ? Mi
parrebbe che la partenza, per qualunque idea costruttiva, siano le parole del Premier
BERLUSCONI, alla Camera il 14 dicembre 2010, per la fiducia. Berlusconi ha
detto:"Sono disposto a trattare su qualunque cosa ... ( programma, composizione del
governo, di tutto ...), ma non "sul bipolarismo".
Invece, dall'altra parte (diciamo tutti, meno la Lega), la
priorità assoluta è stata la "riforma della legge elettorale",
in funzione "anti-bipolarismo".
Ma il parlamento ha detto NO e allora bisogna fermarsi, e anzi capire
la follia di questa idea ..., e invece la saggezza delle parole di Berlusconi.
E se questo non viene capito dagli "altri", è meglio un
governo che non faccia nulla e lasci al paese reale di andare avanti in modo spontaneo con
le proprie forze, che il ritorno al caos finale della Prima Repubblica.
a) una "nuova Governance", in altermativa al bipolarismo ?
La legge elettorale attuale, con premio di maggioranza alla coalizione, non è un tabù,
ma al momento il "bipolarismo" è la via meno peggio per la
governabilità, visto che un referendum bocciò, a suo tempo, la riforma
costituzionale del secondo governo Berlusconi, che prevedeva l'elezione diretta popolare
del Premier; e visto che un referendum più recente ha bocciato il dispositivo che apriva
al "bipartitismo" (dando il premio di maggioranza al partito di maggioranza
relativa).
Ma, in alternativa, una via di uscita potrebbe fare eleggere
il Premier, dal parlamento, per un tempo prefissato di legislatura (in modo
analogo a come avviene per il capo dello Stato) e prevedere la possibilità della sfiducia
con maggioranza qualificata.
E se anche questa strada è sbarrata, il bipolarismo non si dovrebbe
toccare, e se lo vuole solo Berlusconi..., ben venga Berlusconi (a parte
questioni di altra natura, che addolorano tutti).
Beninteso, si può anche pensare di migliorare il
"bipolarismo" non disdegnando "mezzucci", purchè in quel senso, e per
esempio disporre che non sia ammessa la formazione di gruppi parlamentari con meno del 30%
dei membri della camera di appartenenza, e che il finanziamento pubblico sia dato ai
partiti solo attraverso un gruppo parlamentare.
3.- In attesa del Partito della Nazione. Il bipolarismo
è debole perchè l'Italia rimane un Paese dei campanili. Servirebbe uno sforzo verso la
coesione delle idee storicamente portanti, e verso regole di decisioni più moderne.
Sul primo punto (coesione delle idee), non può non riconoscere che
(pur tra tanti distinguo, da campanile), ci siano in Italia due grandi filoni storici: uno
è quello di centro-sinistra (che raccoglie comunisti, socialisti, liberal-sociali,
minoranze cattoliche), e l'altro è di centro destra (che raccoglie il grosso dei
cattolici, il grosso dei liberali, liberisti conservatori).
Del primo gruppo, l'idea che l'unisce è quella della moralità
sociale e della laicità e a-moralità dello Stato. C'è anche tutto il resto, ma
più o meno in ombra.
Del secondo gruppo, l'idea che l'unifica è quello della iniziativa
privata e della libertà, non avulse dall'etica e dalla religione
(soprattutto cattolica).
Rispetto alla possibilità di due grandi aggregazioni (una di centro
sinistra e una di centro destra), ci troviamo tuttora in una fase di transizione, che si
sarebbe già concluso se non ci fosse stato il flop del Governo di centro-sinistra di
PRODI, e che ha improvvisamente riaperto uno spazio al Berlusconismo, già allora, avviato
al suo termine.
Ma pur con questa prolunga, è solo una questione di tempo perchè il
collante del PDL è l'interesse privato e aziendalistico, non certo una formazione di base
etico-morale riferibile ai grandi filoni etico-sociali (a parte, persone singole ad esso
approdate). Dunque, venuto meno Berlusconi, il PDL è destinato ad una rapida
dissoluzione, a meno che spunti subito un successore, ed Egli riesca a reggere il
PDL (fronte giudiziario permettendo). In ogni caso, diviene di interesse per
l'Italia la prospettiva dell'annunciato partito della nazione, anche perchè fatto
di partiti provenienti da partiti radicati nella tradizione italiana.
Ma andiamo per gradi.
Perchè il Partito della nazione ? Perchè ha l'UDC e l'ex-AN sono
eredi naturali, anche di idee, del PDL. Ma non è detto che abbia successo. I fattori
determinanti saranno soprattutto tre:
a) il primo è il peso che l'etica economica e religiosa potrà avere
come collante, ciò che manca al PDL ;
b) il secondo è il peso che in esso potrà avere la regola
decisionale del Partito, dato per scontata la libertà di espressione dei suoi membri
(cosa che nel PDL, comunque, è parsa non esserci). Sono convinto che in questa area non
ci siano i contrasti economici e di coscienza esistenziali che hanno straziato la
"sinistra" dentro il Governo Prodi.
Tuttavia i suoi componenti vengono da esperienze politiche molto
diverse e dunque i dubbi sono fondati.
4.- E in attesa di cos'altro ? Un pensiero al PD per le prossime
elezioni. Il ruolo del PdN sarà sicuramente determinante per far perdere il PDL,
perchè toglierà voti da quella parte, e non è detto che non vinca le elezioni se
l'elettorato centrista cattolico punterà i piedi, considerandolo sostituto adeguato del
PDL.
Ma resta in piedi l'incognita PD. Se l'elettorato farà in tempo a
dimenticarsi il flop di Prodi e diventerà più attento sul fronte fiscale, non è escluso
che (grazie al successo del PdN nell'erodere voti sul PdL) non si ritrovi partito di
maggioranza relativa e vinca le elezioni. E, inoltre, anche il PD deve convincere di
essere capace di prendere decisioni. NL. |
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In coda alla Convention di Perugia (Bastia
Umbra) il 6-7 nov. 2010
La CRISI DI GOVERNO e la VICENDA "popolare" di FINI a Perugia
(Basta Umbra)
Adesso sopravvengono le manifestazioni degli studenti
universitari
a spingere per accelerare la fine del Berlusconismo in politica |
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La vicenda di FINI a Perugia (tutto pieno, all'interno di
un edificio immenso e, più, all'esterno): quella di trovarsi
circondato da quella folla di élite medio-alta, anche socialista,
che si risveglia in determinati momenti della storia d'Ialia
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PierLuigi Bersani
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BERSANI assecondi, senza strumentalizzazioni,
quanti vogliono portare a termine
la legislatura, meglio se con una "grande
coalizione" su un "programma obbligato".
Bossi partecipi, guardando avanti ...
I rapporti umani sono importanti...
ma la vita è breve e non c'è più tempo.
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Umberto Bossi
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A FINI la candidatura a Premier ?
Dipende dal peso che i partiti danno al fatto
che:
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- FINI è determinante per la revoca
della fiducia della Camera a Berlusconi;
- FINI è stato il cofondatore del PDL, partito che ha vinto le elezioni e viene secondo
in graduatoria, dopo B. ;
- FINI può attrarre l'elettorato-bene del PDL. |
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Il programma "obbligato" : |
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1) risolvere la crisi economica con azioni più forti
e chiare, che richiedono anche il sacrificio delle
classi di reddito medio-alte, oggi impossibile a Berlusconi perchè
sono il suo elettorato ;
2) fare le riforme costituzionali della Governance dello Stato e del Senato federale ;
3) modificare la legge elettorale ( proporzionale con sbarramento, "un" voto di
preferenza );
4) completare il federalismo fiscale ;
5) continuare nel migliorare la sicurezza dei cittadini, nel mondo globale . |
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N. Luciani, Nessuna demonizzazione di Berlusconi, ma bisogna guardare al
futuro. Il
solo governo per obiettivi costituzionali è una "grande
coalizione" PDL+PD+FLI+Lega+...1.- In questa fase storica dell'Italia. In questa fase, c'è un
"programma obbligato" del governo, se è vero che potè
cadere PRODI con pochi voti di margine, così come può cadere BERLUSCONI, con
molti voti di margine.
Il programma obbligato è:
- la a riforma costituzionale della Governance per "governi di legislatura";
- il connesso sistema elettorale (ma solo dopo ..) perche' chi è eletto non sia, con la
stessa facilità. un professore
universitario o un commerciante sia pur intelligentissimo, ma senza una
preparazione politica di base;
- la continuazione del programma per la crisi economica, anzi una azione più determinata,
che Berlusconi non può
o non vuol fare, perchè si dovrebbe chiedere sacrifici ai ceti sociali, che sono
il suo elettorato
Chi il nuovo capo del governo ? In via teorica,
potrebbe essere uno qualsiasi, tra i segretari dei partiti che ci stanno, ma FINI ha
titoli validi per alcune ragioni:
- FINI è il solo che, in questa fase, puo' determinare la revoca della fiducia
della camera, a Berlusconi;
- FINI è stato il cofondatore del PDL, partito che ha vinto le eleazioni e quindi,
dopo Berlusconi, viene lui in graduatoria.
Per la rilevanza del "programma obbligato", sono essenziali
le forze storiche d'Italia (cattolici, laici, socialisti), e quelle (pur se di formazione
politica recente) direttamente collegate alle antiche tradizioni comunali, a parte che la
Lega Nord è l'altro partito che ha vinto le elezioni e chiede la riforma federale dello
Stato.
La Lega, a sua volta, deve capire che, a causa della differente capacità
contributiva delle varie regioni del Paese,
diverrà temporaneamente più importante il ruolo equilibratore dell Stato centrale tra i
vari enti locali e quello per lo sviluppo economico del Mezzogiorno.
Sul ruolo di CASINI, e degli altri, ben vengano, se condividono il
programma, ma senza troppi bisantinismi. Casini, meno degli altri perchè, avendo lui
avuto a suo tempo la possibilita' di salvare PRODI (sostituendo i 3 voti di Mastella,
con i suoi 40 voti in Senato) non lo ha fatto. Se lo avesse fatto, ci avrebbe evitato un
governo tragi-comico (quello di Berlusconi, per le sue infinite palle al piede giudiziarie
- ahimè mi dispiace) e avrebbe posto le basi per la rinascita della DC (Democrazia
Cristiana, rinnovata moralmente e generazionalmente) e forse per la propria candidatura a
Premier,
nella successiva legislatura. Ma ha buttato via il bambino con le sue mani e da lì ho
capito che Casini non è un leader.
2.- Basta con una democrazia con
"investiture" in Italia ! Rimembrando, da Gregorio VII a Enrico IV, da
Fini a Berlusconi. Narra la storia che, l'imperatore germanico Enrico IV,
essendo stato scomunicato da papa Gregorio VII, ed essendo conseguentemente stato
dichiarato decaduto dai feudatari tedeschi, si recò a Canossa (1077), dove era il papa,
"protetto" dalla marchesa Matilde. Per tre giorni, narra la storia, (il castello
circondato di neve) l'imperatore implorò pentito, a piedi scalzi, il perdono del papa. Il
perdono sembrava non arrivare mai, finchè... arrivò.
Il motivo dello scomunica erano le investiture dei Vescovi. L'imperatore voleva
essere lui a proporre al papa i Vescovi da nominare, mentre il papa la pensava ben
diversamente. Alla fine, Enrico IV, per ottenere il perdono del papa e il reincarico a
imperatore, si dichiarò pentito e promise di rinunciare alle investiture dei Vescovi.
Ma, poi, narra la storia, una volta ristabilito nei poteri, egli piombò in
Germania, sottomise i feudatari e fu di nuovo in Italia per muovere guerra al grande papa,
fino a circondarlo prigioniero a Castel S.Angelo e nominare papa un "antipapa".
Di tutto questo mi sono ricordato, non per assimilare FINI a GREGORIO VII, ne'
BERLUSCONI ad ENRICO IV, ma per certe analogie che funzionano sempre.
E' un fatto che da anni abbiamo una Democrazia usurpata,
perchè:
1) ci sono anche noi delle INVESTITURE tutt'altro che papali in Parlamento; e ai
Parlamentari è chiesto solo di dire SI' al governo, sotto forma di questione di fiducia e
di minaccia di perdere il posto (o con elezioni anticipate, e mancata riproposizione della
candidatura);
2) la legge dà la "maggioranza assoluta" alla coalizione di
"maggioranza relativa", pur se solo col 30%, e questa è una anomalia che
si spiega solo con la perdita di ogni pudore antidemocratico. Basti pensare allo scandalo
che fu menato contro De Gasperi, quando ottenne una legge elettorale che dava un premio di
maggioranza al partito maggiore, purchè fosse già maggioritario di suo (50%+1 dei voti).
3.- Facciamo un passo indietro: la vicenda di Fini a Perugia (Bastia
Umbra). La grande stampa ha raccontato che Fini, a Perugia, ha inviato un
ultimatum a Berlusconi: "Dimettiti, perchè sei entrato in un vicolo cieco". Non
solo questo( segue una mia sintesi libera):
a) hai tradito il Sud, perchè sei prigioniero di Bossi. Voglio anch'io il federalismo, ma
con un occhio speciale alle aree
a bassa capacità contributiva;
b) il tuo programma economico è di conservazione della ricchezza per chi ce l'ha. Va bene
la salvaguardia del bilancio
dello Stato, ma dentro il bilancio occorre fare delle scelte guardando
al futuro. Tu demolisci lo Stato sociale. Non
vedi le istanze dei giovani che chiedono spazio. Non ti accorgi
dei troppi che non hanno il primum vivere: Sei troppo
duro con gli immigrati;
f) la tua moralità, quale "appare", non è apposto (poi, in privato, sono
fatti tuoi). Hai danneggiato l'immagine dell'Italia.
Per me la vicenda di Fini, a Perugia, è stata soprattutto un'altra cosa.
FINI ha molto faticato per pronunciare la fatidica frase
"Dimettiti". L'ha fatto alla fine di un discorso estenuante (un'ora e mezza,
elencando i lati positivi e negativi del governo Berlusconi) sicchè, alla fine, sui volti
del pubblico quasi si leggeva la delusione. E invece, alla fine quella parola
è venuta.
.Quel pubblico era un popolo oceanico, venuto da ogni parte di Italia. Era l'Italia
laica, cattolica, patriottica, e anche socialista (anche del PDL, di cui palesava la crisi
interna). Molti del Sud. Non avevo mai visto tanto popolo, dai tempi di Mario Segni a
Firenze, tanti anni fa: quello stesso tipo di popolo.
In sintesi, direi che la vicenda di Fini è stata di essersi trovato
circondato da quella élite medio-alta del nostro Paese, che si risveglia in determinati
momenti della storia d'Ialia, da lui stesso prefigurata o, forse, in cui era
venuto a trovarsi (un po' inconsapevolmente), che vedeva in lui una guida
per la rinascita democratica delle istituzioni democratiche.
A sostegno,
adesso sopravvengono le manifestazioni degli studenti universitari.
3. La "Ruota" di FINI. La
"Ruota" di Fini è l'Italia matura per alcuni aggiornamenti della Costituzione
che vada nel verso di dare risposte efficaci ai problemi annosi della Governance dello
Stato (dopo quelli, risolti degli enti locali), per:
- Governi di legislatura;
- una rappresentanza parlamentare della Italia "unitaria" e
"federalista";
- una legge elettorale proporzionale, con sbarramento significativo, così di dare
rappresentatività, ma non
polverizzazione del parlamento, ma anche certe modalità di
garanzia della scelta delle persone migliori, per
professione e moralità, da incaricare per la politica.
Tornando alla scelta delle persone, mi parrebbe fondamentale che
le persone abbiano il certificato penale pulito e che
ne siano resi pubblici titoli professionali e le esperienze. Sono per il voto di
preferenza, ma "un solo voto".
Per le carica di Presidente del Consiglio, auspicherei che ci sia l'elezione
diretta, ma di candidati che abbiano
preventivamene ottenuto un determinato consenso popolare in almeno tre regioni.
Per il Parlamento auspicherei una Camera a elezione universale, e un Senato delle
regioni. Nino Luciani |
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L'
IMPERATORE ENRICO IV penitente davanti al papa GREGORIO VII a Canossa,
1077
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Monito
di una vicenda conclusa con un grande errore di Gregorio VII, e da non ripetere |
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Gianfranco Fini
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Nino Luciani, Dopo Fini (a Mirabello) ..., "il re è
nudo", come già Prodi dopo Mastella,
ed il bipartitismo è risultato un artificio.
Ciò ripropone in Italia la attualità della
riforma della Governance dello Stato.
Per la "grande coalizione" (Monocolore PDL,
con appoggio esterno PD) per fare la riforma della Governance dello Stato, perchè anche
l'Italia abbia governi di legislatura !
Fatto questo, si potrà parlare
di riforma della legge elettorale |
Silvio Berlusconi
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N.Luciani, Le ragioni per continuare
la legislatura, ma con un'altra rotta: riforma della governance dello Stato e della legge
elettorale, continuità della politica congiunturale. Perchè la "grande
coalizione" PDL+PD
1.- Le ragioni per "non fare" le elezioni.
Ci sono almeno tre buone ragioni per fare subito un nuovo governo:
- la prima è la continuità della politica congiunturale, perchè la "crisi
economica" non può aspettare;
- la seconda è fare le essenziali riforme costituzionali perchè anche lItalia
abbia "governi di legislatura";
- la terza è che le eventuali elezioni sarebbero "devianti", perchè
finirebbero per essere poste come un plebiscito pro o contro Berlusconi, anzichè essere
incentrate sui problemi aperti.
a) La prima ragione è lesigenza di aumentare gli interventi
di politica congiunturale, anche tenuto conto che il saldo passivo della bilancia dei
pagamenti internazionali concorre a determinare una diminuzione della liquidità del
sistema economic. La via maestra è puntare a ricostituire il circuito del flusso del
reddito creando domanda "effettiva" (vale dire, accompagnata da potere di
acquisto). In questa fase, le soluzioni appropriate sono:
a) lo Stato paghi i propri fornitori;
b) in via temporanea, "sgravi fiscali" a favore dei redditi medio-bassi (perchè
con relativa alta propensione al consumo), e recupero del mancato gettito fiscale con
"aggravi fiscali" sui redditi medio-alti (perchè con relativa bassa propensione
al consumo). Le recenti statistiche, del risparmio impiegato in beni rifugio, avvalorano
queste indicazioni di soluzione.
b) La seconda ragione è fare la riforma della Governance dello Stato. Essa
viene dai motivi della crisi, che è la "defezione di una "costola"
della maggioranza", ma che è la stessa cosa già avvenuta per Prodi, e che ben
conosciamo annosamente. Pertanto sarebbe dovere di tutti, e primariamente dei partiti
eredi dellarco costituzionale, fare la riforma della Governance. Dopo Fini
(Mirabello), il "re è nudo" irrimediabilmentte ed il "bipartitismo per
l'Italia" è risultato un artificio (ahimè)..
Si può essere a favore o contro il governo. Ma il punto non è questo, bensì che, una
volta che le libere elezioni diano vita ad un governo, questo deve avere il tempo per
applicare il programma, compresi i punti che richiedono anni per essere avviati (le
privatizzazioni, le infrastrutture come ponti, strade, ...).
c) La terza ragione è che le eventuali elezioni finirebbero per essere un
plebiscito pro o contro Berlusconi, novello Napoleone III, e questo sarebbe il massimo
della "deviazione" rispetto ai problemi. C'è, poi, che anche il prossimo potrà
tornare a cadere, in seguito a nuove defezioni. E c'è che Berlusconi perderebbe le
elezioni, perchè :
- non è mai successo che "uno" vinca contro "tutti" ma, caso
mai, solo se riesce a dividere la controparte (gli "Orazi e Curiazi" restano
emblematici);
- Nel caso di Berlusconi ( come già nel caso di Prodi), il problema non è solo questione
di numeri. Prodi cadde perché già era classificato, nel Paese, come "governo
tassatore" che spaventò il ceto medio (sia pur mascherato come "lotta
allevasione fiscale"). Ce lo ricorda questa canzone: http://www.youtube.com/watch?v=DReqqnN9Mz0&feature=related.
- Berlusconi è annosamente deludente sul piano programmatico. Restano,
infatti, elusi i punti fondamentali del suo programma di abbattere la fiscalità, come
conseguenza di meno Stato e più mercato. E', però, una responsabilità che va condivisa
con TREMONTI, anzi quasi tutta di Tremonti. Questi rilievi non fanno venire meno la
qualifica del suo governo come di "governo del fare"
(la "monnezza
di Napoli" fu un problema enorme
);
- il suo elettorato è stanco di non vedere un termine al tempo che Berlusconi dedica a
difendersi dalla magistratura, trascurando di conseguenza il programma. Lo smarcamento di
Fini è anche questo.
2. - Quale Governance? Alcuni anni fa, ho fatto
un "Comitato per la nuova legge elettorale", e fui ricevuto dal Governo
(SottoSegretario Paolo Naccarato, del Governo Prodi). Clicca su: http://www.impegnopoliticocattolici.bo.it/
. La ratio era che la legge elettorale si poteva cambiare solo dopo avere riformato la
Governance dello Stato. Il motivo è che non si può buttare via anche quel poco di
stabilità dei governi, dataci dalla legge vigente, senza aver (prima) trovato di meglio.
Il progetto avanzato dal Comitato va, dunque, nel senso di cambiare la legge elettorale,
ma dopo aver riformato la Governance dello Stato.
a) Riforma della Governance. La soluzione proposta è il Semi-Presidenzialismo,
vale dire un Premier eletto dal popolo (o anche dal parlamento, però per l'intera
legilatura), rieleggibile una seconda volta, e che convive col Presidente della Repubblica
per la controfirma degli atti, sotto il profilo di costituzionalità.
La proposta ha avuto critiche dagli anziani, perchè temevano che un Premier forte possa
approfittare per fare una nuova dittatura in Italia.
Per tenere conto della osservazione, gli argomenti sono tantissimi. Quello più a portata
di mano è il ruolo del federalismo regionale come potere bilanciante il
maggior potere centrale. Infatti, il federalismo di Bossi va nel senso di
diminuire il potere centrale. Ma c'è anche chi non ama un federalismo che divide. In
questo senso con un Premier più forte, in associazione ad un maggiore potere
locale, si ha rispettivamente un antidoto contro la disgregrazione dello Stato e un
antidoto contro la dittatura.
b) Legge elettorale. La legge elettorale proposta è per una rappresentanza
proporzionale del parlamento, con sbarramento del 2%, ma col vincolo che la
costituzione dei gruppi parlamentari sia ammessa solo se il gruppo ha almeno il 10-15% dei
membri della camera di appartenenza.
Vorrei chiarire che questo vincolo, circa la possibilità di formazione dei gruppi
parlamentari, è in alernativa a sbarramenti alti (10% ?), che possono mortificare la
possibilittà di successo di idee nuove e di uomini nuovi.
E inoltre proposto il voto di preferenza per i candidati (ma "un" solo
voto), con obbligo di pubblicazione del curriculum vitae, autenticato da notaio.
Su questo punto, vorrei chiarire che la pubblicità del curriculum mira a separare i
"buoni" dai "cattivi" (si fa per dire, ma è un problema veramente
importante, quanto difficile), almeno per quanto è possibile.
3.- Quale governo. Per la "grande coalizione": "monocolore PDL, con
appoggio esterno PD
Mi sembra che un progrmma di questo tipo non sia attuabile in Italia senza l'apporto
dei due maggiori partiti, sia pure di opposto indirizzo poltico, e questo non solo per
fatto numerico (alla Camera, PDL seggi 237, PD seggi 206; al Senato,
PDL seggi 135, PD seggi 113). E' essenziale che l'appoggio dei due maggiori partiti (sia
pur di diverso indirizzo) sia reciprocamente da loro riconosciuto come determinante. Ben
venga l'apporto di altre forze.
La via, che mi sembrerebbe più opportuna (per evitare troppe complicazioni, soprattutto
di immagine), è un Governo monocolore, a guida PDL (Berlusconi), con
lappoggio esterno (determinante) del PD.
La nuova maggioranza dovrebbe proporsi i tre obiettivi: Governance, legge elettorale,
politica congiunturale.
Fatto questo, si dovrebbe passare a completare la legislatura secondo le
vie ordinarie. |
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BANCA
d'ITALIA, 31 maggio 2010: Assemblea Ordinaria dei Partecipanti |
Le "S-considerazioni" del Governatore a favore della manovra del Governo:
quelle che hanno dirottato sulla "evasione fiscale"
la responsabilità della "macelleria sociale" del Governo
LUCIANI:
Il taglio della spesa pubblica è vitale per l'Italia, ma non
va fatta con tagli a man bassa, bensì con le dismissioni del "patrimonio non
necessario" e dei "servizi non fondamentali" dello Stato agli enti locali e
al settore privato (vedi Alitalia non tagliata,
ma dismessa), seguendo il programma della già annunciata riforma fiscale federale. |
Silvio Berlusconi
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No a
macelleria sociale. Per subito, per fare cassa la retta via alternativa è un piccolo
aumento, per 2 anni, delle aliquote IRPEF, anche perchè, in un Paese civile, i
sacrifici vanno ripartiti su tutti i cittadini in base a capacità contributiva (art. 53
Cost.), non con "macelleria sociale". Va confermata la lotta alla evasione
fiscale come fatto di routine, non come pretesto per aumentare la pressione fiscale.* |
Il Decreto ha alterato il quadro politico dei rapporti tra la destra e la sinistra, in
quanto il settore pubblico è, per quest'ultima, una sorta di articolo di fede e dunque
tagliare a man bassa il settore pubblico è come toccare dei nervi scoperti. Il riflesso
è una rinnovata difficoltà di dialogo per fare la riforma federale dello Stato, per la
quale servono dei quorum di approvazione molto alti.
Lo stesso è dei rapporti tra PDL e Lega Nord, in quanto l'applicazione del
Decreto (causa resistenze sociali) impegnerà il Governo ore 24/24 nel 2011 e 2012, e
anche le battaglie frontali di Berlusconi per la riforma della giustizia turberanno la
dialettica tra la Lega e il PD e IDV. |
Direi,
a questo punto, che alla Lega Nord rimanga poca possibilità di salvare la riforma
federale.
La via per risolvere è solo una secca correzione del Decreto, nel
senso qui proposto, e invocare la priorità assoluta per la riforma federale, fino
a mettere sul tavolo il piatto della fiducia. |
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M. Draghi, Considerazioni ...
Stralcio dalle:
"Considerazioni finali", Assemblea Ordinaria dei Partecipanti Roma".
Roma, 31 maggio 2010
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..
" L'evoluzione della crisi e la cooperazione internazionale.
Un anno e mezzo fa il fallimento di Lehman Brothers apriva
scenari gravi per la finanza e l'economia del mondo. L'azione di autorità monetarie e
governi arginava il collasso della fiducia di operatori finanziari, risparmiatori,
investitori, consumatori. Nell'insieme dei paesi del G7 il sostegno dei bilanci pubblici
all'economia superava nel 2009 i 5 punti percentuali del PIL. I tassi reali d'interesse a
breve termine divenivano negativi, le banche centrali fornivano liquidità in misura senza
precedenti.
..
Disavanzi e debiti pubblici sono aumentati vistosamente. Al sollievo per la
catastrofe evitata è subentrata nei mercati finanziari internazionali l'ansia improvvisa
per la sostenibilità di debiti sovrani crescenti. Le vendite colpiscono titoli di Stati
che hanno ampi deficit di bilancio o alti livelli di debito pubblico; soprattutto, quelli
di paesi dove queste due caratteristiche si combinano con una bassa crescita economica.
Quanto più questa è debole, tanto più esigente, pressante, è la richiesta degli
investitori internazionali di un rapido rientro dagli squilibri nei conti pubblici.
Per questi paesi non c'è alternativa al fissare rapidamente un
itinerario di riequilibrio del bilancio, con una ricomposizione della spesa corrente e con
riforme strutturali che favoriscano l'innalzamento del potenziale produttivo e la
competitività.
..
Ma è probabile che il processo non avvenga in tempi rapidi; i
disavanzi dovranno essere finanziati, richiederanno mercati solidi e trasparenti.
Le lezioni della crisi.
La radice della crisi che investe il mondo da quasi tre anni sta in carenze
regolamentari e di vigilanza nelle piazze finanziarie più importanti.
La politica monetaria espansiva condotta negli Stati Uniti dalla fine
degli anni novanta ha contribuito a creare un ambiente finanziario favorevole all'aumento
esplosivo dell'indebitamento privato e all'aggravarsi degli squilibri globali; questi
fattori hanno acuito gli effetti della crisi e ne hanno favorita la trasmissione. Ne
discendono chiare indicazioni per il futuro, riguardo sia al sistema di regolamentazione
finanziaria, sia alle politiche monetarie.
Dall'inizio della crisi il Financial Stability Board (FSB) è stato
investito dalle massime istanze politiche mondiali della responsabilità di disegnare il
quadro regolamentare in cui opererà l'industria finanziaria negli anni a venire.
Ho più volte descritto le linee che hanno guidato, che guidano questo
disegno....
L'agenda si sviluppa su quattro filoni:
i) definire regole generali per le banche: un patrimonio più robusto, una
leva finanziaria più contenuta, il controllo dei rischi di liquidità ne sono i pilastri;
ii) introdurre disposizioni specifiche per gli intermediari sistemici,
dirette a ridurre la probabilità di un loro eventuale fallimento; a permetterne, ove
questo si produca, una gestione ordinata e arginarne il contagio;
iii) ridurre la rilevanza dei rating nella supervisione, al tempo
stesso accrescendo la concorrenza tra le agenzie di rating e controllando efficacemente
l'integrità dei loro processi decisionali, la trasparenza dei loro giudizi;
iv) aumentare la trasparenza delle contrattazioni sui mercati
finanziari già regolamentati; ricondurre i mercati over the counter entro un quadro di
regole globalmente condivise che impongano contratti standard e il regolamento delle
transazioni presso controparti centrali assoggettate a vigilanza.
Per il primo blocco di riforme la convergenza internazionale
deve essere massima, altrimenti l'arbitraggio regolamentare e l'integrazione tra i mercati
ne vanificheranno l'applicazione.
Per il secondo blocco è più opportuno parlare di armonizzazione
minima: tutti dovranno prendere delle misure nei confronti degli intermediari sistemici,
ma è illusorio pensare che modi e tempi di attuazione siano gli stessi per tutti i paesi,
perché troppo grande è la diversità di istituzioni, mercati, modelli di business,
storie economiche. Solo quando governi e regolatori potranno lasciar fallire le
istituzioni che lo meritano, senza provocare catastrofi come quella seguita al fallimento
di Lehman, essi avranno riacquistato vera indipendenza rispetto all'industria dei servizi
finanziari.
Negli Stati Uniti è in corso di definizione un ambizioso progetto
di riforma della regolamentazione del sistema finanziario; negli aspetti di cooperazione
internazionale esso è coerente con l'agenda del FSB. I lavori del Board si stanno
svolgendo secondo il calendario previsto. Ma gli appuntamenti di quest'anno sono decisivi.
La scadenza più importante è la presentazione al Summit del G20 di Seoul, il prossimo
novembre, delle nuove regole che riformeranno l'accordo di Basilea 2. .....
L'area dell'euro.
La politica monetaria dell'area è da tempo fortemente
espansiva. Ha assicurato condizioni ordinate nel sistema del credito, ha fornito sostegno
alla ripresa dell'economia in presenza di aspettative di inflazione moderate e saldamente
ancorate alla stabilità dei prezzi. Le misure eccezionali di espansione della liquidità
hanno evitato una crisi sistemica; hanno compresso i tassi di interesse sul mercato
monetario e contribuito alla riduzione di quelli sui prestiti alle imprese e alle
famiglie.
Per estendere l'accesso ai fondi da parte degli intermediari, le
operazioni di rifinanziamento sono state effettuate a tasso fisso e con pieno
soddisfacimento della domanda; è stata ampliata la gamma di attività finanziarie
utilizzabili come garanzia; la durata delle operazioni è stata allungata a 12 mesi.
Alla fine dell'anno scorso, il Consiglio direttivo, pur non rinnovando
alcune operazioni eccezionali ritenute non più indispensabili, ha continuato a garantire
tutta la liquidità necessaria al sostegno dell'economia e del sistema finanziario.
Ma negli ultimi mesi le conseguenze della crisi hanno messo alla
prova la coesione dell'area.
L'imponente creazione di debito pubblico, in una fase
in cui arrivano a scadenza sui mercati quantità straordinarie di obbligazioni bancarie,
ha improvvisamente accresciuto il premio di rischio su alcuni debitori sovrani.
Per la Grecia la questione si poneva da tempo: la perdita di
credibilità dei conti pubblici, l'entità del deficit, del debito, del disavanzo corrente
della bilancia dei pagamenti, la debole struttura industriale con dinamiche salariali
insostenibili precipitavano quel paese in una crisi fiscale che le autorità greche
tardavano a percepire. |
Nino Luciani, Una questione di fiducia nella capacità
dello Stato di pagare ..., ma da risolvere in altro modo
* professore ordinario di scienza delle finanze
*
Quadro macro-finanziario, 2009, in miliardi di
(Fonte Banca d'Italia, Relazione, per il
2009)
- pil 1.521;
- debito pubblico 1.761 ( di cui 42,7% sottoscritto
da non residenti in Italia)
- spesa pubblica 800, (52,5% pil), di cui:
- spesa pubblica locale 255,0 miliardi (31,9%);
- entrate totali pubbliche 718 (47,2% del pil)
- disavanzo di bilancio, coperto con indebitamento
per 80 miiardi (5,3% del pil). |
1.- Un problema di "credibilità", forse non ben risolto. La
manovra del Governo (Decreto Legge 31.5.2010) è stata giustificata dal Governatore come necessità di
rasserenare i mercati internazionali circa la solvibilità dello Stato italiano dei propri
debiti.
In premessa mi collego al particolare che, in campo monetario e
finanziario, ciò che più conta non è la effettiva solvibilità di un debitore, ma il
"credere" che egli sia capace di pagare.
Per quanto riguarda le banche ordinarie, esse creano "moneta
bancaria" (sono i vari "assegni" ...), grosso modo pari a 10-12 volte
l'ammontare dei depositi del pubblico* . Dunque se, all'improvviso (anche solo per panico)
il pubblico dubitasse della solvibilità delle banche e corresse per avere il
"contante" in moneta legale, tutte fallirebbero, per mancanza di disponibilità.
Questo spiega perchè, nei mesi scorsi, è sopravvenuta la garanzia
degli Stati, a fronte di insolvenze bancarie, e questo è bastato perchè il pericolo di
fallimento delle banche ordinarie rientrasse. Ma adesso sono gli Stati, in sofferenza
(Grecia,...) e dunque c'è un rebus ben più grave.
Il taglio della spesa
pubblica deve rimanere un punto fisso. La retta via non è, però, il taglio a man
bassa, ma la dismissione del "patrimonio non necessario" e dei servizi "non
fondamentali" dello Stato al settore privato (vedi Alitalia) e agli enti locali e
questo richiede tempo. La sede è la riforma federale dello Stato, come da programma
avviato. (Sul retto concetto di federalismo fiscale, clicca su Bossi).
Per l'immediato, la via più semplice (in sede di conversione del
D.L.) è applicare la regola già pronta: un piccolo aumento IRPEF, per 2 anni, su tutti
(art. 53 Cost.).
2.- Tradizionalmente
il piatto forte, che rende garanti gli Stati, è il potere fiscale. Il potere
fiscale è, infatti, il potere, di ultima istanza, che gli Stati hanno di pareggiare i
conti usando un potere di imperio sui cittadini, all'occorrenza.
La manovra del Governo italiano non ha, però, fatto leva sul potere
fiscale ..., ma sul taglio della spesa pubblica e, marginalmente, sul recupero
dell'evasione fiscale.
Gravando su un settore limitato (ma anche strategico), si è creato un
peso insopportabile su "una parte" dei cittadini, col rischio di boomerang, in
caso di rivolta. Questo comprometterebbe definitivamente la "credibilità" dello
Stato. Ne traggo che Tremonti è un temerario.
Non si è anche calcolato che il "risparmio di spesa"
(per mancato turnover) è solo apparente, perché lo Stato dovrà gravare su altro
capitolo la spesa per "ammortizzare" i disoccupati.
3.- Scaricare la
responsabilità della "macelleria sociale" sulla evasione fiscale, è ammettere
la impotenza fiscale dello Stato. Draghi ha denunciato mancata IVA per 30
miliardi all'anno. C'è, poi, la perdita di ICI, per un numero imprecisato di case
non iscritte i catasto.
Ha difeso il Governo, adducendo che avrebbe fatto "macelleria
sociale" per colpa dell'evasione fiscale.
Questa è una dichiarazione di "impotenza" dello Stato
(altro che "sovranità" !) e anche mendace.
Imposterei il problema in altro modo:
a) Il "ladrismo" dell'uomo (evasione
fiscale, inclusa) ha da sempre accompagnato l'uomo (a volte, per il piacere della
perversione, a volte per fame e per sopravvivere, a volte per rivendicare una qualche
ragione "santissima"). Per conservare il fenomeno in limiti fisiologici, basta
che lo Stato faccia la lotta anti-evasione come fatto di routine, senza inutili
schiamazzi.
b) Ma, allora, il nostro Stato è un colabrodo?
Le cifre, quelle vere, provano il contrario. Infatti la pressione
fiscale (p. 148 della Relazione B.d'I.) è il 47,2% del PIL. Questa è una prova di ferro;
c) No a una definizione "deviante" di evasione
fiscale. Una cosa è la evasione della "persona" da una
"singola" imposta, altra cosa è la evasione della "persona"
dall'insieme delle imposte.
Non esiste un "evasore totale". Se riesco a salvarmi
dall'IVA del dentista, perchè mi fa uno sconto senza fattura, non mi salvo dall'IRPEF,
dal bollo dell'automobile, dall'IVA sulla frutta del supermercato ... . Anzi le imposte
"meno evase" hanno aliquote alte per recuperare su quelle evase. E anche
ammesso, che d'ora in poi, tutti paghino l'IVA sul dentista, e siano calate le aliquote
sulle altre imposte, in totale uno pagherebbe come prima.
In altri termini, non è vero quanto dice Draghi (pag. 12), che la
"evasione fiscale richieda tasse più elevate per chi le paga".
d) C'è dell'altro. Una cosa è l'imposta come
giuridicamente definita, una cosa è l'imposta come pagata, a traslazione avvenuta. L'IVA
è ripartita di fatto tra produttore e consumatore in modo diverso dalla ripartizione
giuridica (dipende dal'andamento dei costi, e dalla elasticità della domanda). L'imposta
sui salari finisce, in parte, sulle imprese per effetto della traslazione regressiva,
perchè il sindacato fa le trattative sul netto, non sul lordo.
e) C'è ancora dell'altro. I grandi imprenditori di
Confindustria gridano contro l'evasione fiscale per schiacciare le piccole imprese. Sono
cose "notorie".
4.- La questione
della crescita. L'aumento dell'IRPEF per tutti sarebbe stato anche un modo di
sostenere la crescita.
Questa tesi è legata al presupposto della validità della prima legge
Keynesiana: "i redditi medio-alti risparmiano più che in proporzione, al crescere
del reddito". Poi, in tempi di insicurezza generale, la quota risparmiata
aumenta.
Si conclude che i tempi della ripresa economica si allungano a causa
dei ritardi di spesa di queste classi di redditieri.
Per stimolarli a tornare al più presto nel circuito dei capitali, la
politica degli incentivi su una serie di acquisti è stata un'ottima cosa. Ma forse è
stato poco.
Un aumento straordinario (sia pur piccolo) dell'IRPEF potrebbe essere
importante a quel fine. Meglio ancora se, esplicitamente, ci fosse anche un abbattimento
degli imponibili al di sotto di 20.000, perché questi redditi già vanno nel
circuito dei capitali, e quindi sono da evitare le spese amministrative per tassarli.
* Alla cifra "10 volte circa", si arriva per somma di: 2% ex-
disposizioni UE; 2% al fondo interbancario; un deposito da 0,09% a 10% disposto dalla
Banca d'Italia, a seconda della rischiosità delle operazioni ...
Nino Luciani |
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Così come, nel caso del debito privato
americano, le incertezze nella gestione politica e l'assenza di meccanismi di risoluzione
delle crisi aggravavano la situazione, nel caso greco la difficoltà in Europa di trovare
un accordo su un piano di salvataggio, ma anche l'indisponibilità di un processo che
permetta una gestione ordinata delle crisi debitorie degli Stati sovrani, hanno
amplificato il danno e il contagio, e insieme accresciuto l'azzardo morale.
A paralizzare i mercati era la prospettiva che la crisi
fiscale dello Stato greco si traducesse, attraverso il peggioramento nella
qualità delle garanzie, in un collasso del suo sistema bancario, che non
avrebbe più avuto accesso al rifinanziamento della BCE.
Si aggiungevano timori sul conto delle banche di altri
paesi più esposte nei confronti di controparti greche. Il rischio diveniva sistemico: la
liquidità interbancaria si inaridiva, le borse cadevano.
La BCE e le banche centrali nazionali intervenivano prontamente, conservando
la possibilità di accettare collaterale con rating più basso; riattivando l'offerta
illimitata di liquidità nelle operazioni di rifinanziamento a lungo termine; avviando,
con il Securities Markets Programme, acquisti di titoli per ripristinare il
funzionamento di mercati divenuti illiquidi.
I governi dei paesi dell'area e l'Unione europea, d'intesa con
il Fondo monetario internazionale (FMI), stanziavano 110 miliardi di euro per
finanziamenti a favore della Grecia; predisponevano uno schema di assistenza finanziaria
ai debitori sovrani dell'area che dovessero incorrere in una crisi di liquidità, in grado
di mobilitare risorse fino a 750 miliardi, con un contributo del FMI. I paesi
beneficiari dovranno predisporre programmi di risanamento che, se
approvati dal Consiglio europeo, verranno sottoposti a verifiche periodiche. Il Consiglio
direttivo della BCE, nel valutare le circostanze eccezionali che hanno giustificato
l'intervento sul mercato dei titoli pubblici, ha ritenuto che fosse a repentaglio il
funzionamento dei canali di trasmissione della politica monetaria, che la stabilità del
sistema finanziario dell'euro fosse a rischio.
La BCE sterilizza questi interventi, che non finanziano i disavanzi
pubblici. La sua indipendenza non è in discussione. Queste misure dovranno rientrare
al più presto, non appena i mercati torneranno a scambiare in maniera autonoma i
titoli dei paesi interessati.
....
Gli eventi recenti ripropongono con maggior forza l'antico problema di
un governo economico dell'Europa. È urgente un rafforzamento del Patto di stabilità e
crescita: l'impegno a raggiungere un saldo di bilancio strutturale in pareggio o in avanzo
va reso cogente, introducendo sanzioni, anche politiche, in caso di inadempienze; va
assicurata l'integrità delle informazioni statistiche, in particolare quelle di finanza
pubblica. Vanno introdotti anche per le politiche strutturali vincoli e impegni cogenti.
....
L'economia italiana.
L'esplodere della crisi greca potrebbe cambiare il quadro di riferimento.
Alcuni governi europei hanno preso misure dirette al rientro del disavanzo..
.
.
Il Governo italiano ha ribadito l'obiettivo di ridurre il deficit al di
sotto della soglia del 3 per cento del PIL nel 2012; ha confermato l'impegno al
raggiungimento del pareggio di bilancio su un orizzonte temporale più esteso; ha
anticipato la definizione delle misure correttive per il biennio 2011-12.
Secondo le valutazioni ufficiali, gli interventi recentemente
approvati dal Consiglio dei Ministri determinano una riduzione del disavanzo tendenziale
pari a 24,9 miliardi nel 2012; riguardano le principali voci di spesa, si concentrano sui
costi di funzionamento delle amministrazioni.
La manovra mira a portare la crescita della spesa primaria corrente al
di sotto dell'1 per cento annuo nel biennio 2011-12, determinando una riduzione della sua
incidenza sul PIL di oltre due punti. Negli ultimi dieci anni la spesa è cresciuta in
media del 4,6 per cento l'anno, aumentando di quasi 6 punti in rapporto al PIL. Quindi è
necessario un attento scrutinio degli effetti della manovra per garantire il conseguimento
degli obiettivi.
.
..
Competitività e crescita
..
In molte altre occasioni abbiamo affrontato il tema delle riforme
strutturali. La crisi le rende più urgenti: la caduta del prodotto accresce
l'onere per il finanziamento dell'amministrazione pubblica; i costi dell'evasione
fiscale e della corruzione divengono ancora più insopportabili; la stagnazione
distrugge capitale umano, soprattutto tra i giovani.
La gestione del turnover nel pubblico impiego e i tagli
alle spese discrezionali dei ministeri recentemente decisi dal Governo devono
fornire l'occasione per ripensare il perimetro e l'articolazione delle amministrazioni,
per razionalizzare l'allocazione delle risorse, riducendo sprechi e duplicazioni
tra enti e livelli di governo. Occorre un disegno esteso all'intero comparto
pubblico, che accompagni le iniziative già avviate per aumentare la produttività della
pubblica amministrazione attraverso la valutazione dell'operato dei dirigenti e dei
risultati delle strutture.
Il federalismo fiscale deve aumentare l'efficienza
nell'uso delle risorse. Solo un vincolo di bilancio forte, accompagnato
dalla necessaria autonomia impositiva, può rendere trasparente il costo
fiscale di ogni decisione e responsabilizzare i centri di spesa.
La definizione dei costi e dei fabbisogni standard a cui saranno
commisurati, con la necessaria componente di solidarietà, i trasferimenti statali dovrà
fare riferimento alle migliori pratiche; ciascun ente dovrà mantenere il proprio bilancio
in pareggio, al netto degli investimenti, come previsto dall'articolo 119 della
Costituzione; l'ammontare complessivo della spesa locale per investimenti
andrà fissato per un periodo pluriennale, in coerenza con gli obiettivi di indebitamento
netto delle Amministrazioni pubbliche.
Proseguendo lungo le linee tracciate per le regioni con disavanzi
sanitari, è opportuno rafforzare il sistema di vincoli e disincentivi per gli
enti che non rispettano le regole.
L'evasione fiscale è un freno alla crescita perché
richiede tasse più elevate per chi le paga; riduce le risorse per le politiche sociali,
ostacola gli interventi a favore dei cittadini con redditi modesti.
Il cuneo fiscale sul lavoro è di circa 5 punti
superiore alla media degli altri paesi dell'area dell'euro, il prelievo sui redditi da
lavoro più bassi e quello sulle imprese, includendo l'Irap, sono più elevati di 6 punti.
Secondo stime dell'Istat, il valore aggiunto sommerso ammonta al 16 per cento del PIL.
Confrontando i dati della contabilità nazionale con le dichiarazioni dei contribuenti, si
può valutare che tra il 2005 e il 2008 il 30 per cento della base imponibile dell'IVA sia
stato evaso: in termini di gettito, sono oltre 30 miliardi l'anno, 2 punti di PIL.
Il Governo ha introdotto misure di contrasto all'evasione
fiscale. L'obiettivo immediato è il contenimento del disavanzo, ma in
una prospettiva di medio termine la riduzione dell'evasione deve essere una leva di
sviluppo, deve consentire quella delle aliquote; il nesso fra le due azioni va reso
visibile ai contribuenti. .....Mario Draghi |
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Confindustria:
Convegno di Parma, 10 aprile 2010: Libertà e benessere:lItalia al
futuro |
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Nel corso di un discorso di economia industriale
alla presenza del Presidente del Consiglio
e mentre in Commissione Istruzione del
Senato si discuteva
se inserire o no dei membri esterni nei CdA delle Università
La Presidente di Confindustria lancia
un appello a salvaguardia della riforma GELMINI
dell'Università, e contro i "baroni" |
Emma Marcegaglia
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Nota. Come
professori universitari, soprattutto di economia, giriamo volentieri, quasi
di routine, all'interno dell'Università l'importante discorso della
Presidente di Confindustria, peraltro solo riassunto dai giornali (anche da "Il
Sole-24 ORE").
Ci ha, tuttavia, toccato negativamente il passo (nel suo discorso) contro le
"baronie universitarie",
alla presenza del Presidente del Consiglio, privilegio che, invece, non è dato ai
"baroni" universitari. Questo spiega il commento a fianco.Emma
Marcegaglia, Testo integrale del discorso
Presidente Berlusconi, Ministro Sacconi, Autorità, Cari colleghi,
permettetemi innanzitutto un grazie di cuore a un amico,
Daniele Pezzoni, presidente degli Industriali di Parma, che ha fatto un lavoro
straordinario. Questo evento è straordinario e molto del successo lo dobbiamo a te
Daniele, e all'Unione Industriali di Parma. Grazie per quello che avete fatto.
Oggi è un momento importante: con questo convegno vogliamo voltare
pagina. E chiedere al Paese di fare la stessa cosa. Guardando questa sala, posso
affermarlo con certezza, perché quello che vedo è incredibile. Non solo per numero,
perché siamo tantissimi, ma perché da questa sala si sente crescere un'energia vitale
vera, forte, seria. L'energia di chi sa di essere il motore dello sviluppo del paese. E di
chi sa che stiamo vivendo un momento chiave, in cui è necessario realizzare cambiamenti
veri, significativi. Noi siamo pronti. Questo è il nostro messaggio di oggi.
In questo convegno - che si inserisce nella serie di appuntamenti
dedicati al Centenario di Confindustria - abbiamo discusso del lavoro del Centro Studi che
ha analizzato la storia economica e sociale del paese, dall'Unità d'Italia ad oggi. Il
documento mette in evidenza i tanti punti di forza, ma sottolinea anche quelli che restano
punti di debolezza. Soprattutto, allunga lo sguardo sul futuro: abbiamo di fronte un mondo
nuovo e la consapevolezza che dobbiamo agire, e bene, se vogliamo vincere la sfida che ci
viene dal nuovo scenario. In questi 150 anni di storia l'Italia ha compiuto giganteschi
passi avanti. Lo ha ricordato ieri il direttore del nostro Centro Studi, Luca Paolazzi -
permettetemi di ringraziarlo, perché ha fatto un gran lavoro, così come tutto lo staff
di Confindustria - in questi 150 anni, il nostro reddito è cresciuto di 8 volte. Le
aspettative di vita di 2,6 ed è aumentata la popolazione. L'industria ha guidato questo
sviluppo. La grande, inizialmente, poi la piccola impresa che resta il motore fondamentale
per la crescita del paese.
Accanto a questi risultati importanti, però, la nostra analisi
dimostra che negli ultimi dieci anni l'Italia ha cominciato a declinare. Ha ragione il
presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi: ci sono imprese che, nonostante la crisi,
sono andate avanti, hanno continuato ad esportare e a vincere le sfide competitive. Ma se
guardiamo al paese nel suo complesso, se guardiamo al Pil pro capite, al costo del lavoro
per unità di prodotto, scopriamo che in questi ultimi dieci anni ci siamo fermati. Anzi,
siamo scivolati sulla china del declino. Ed è per questo che oggi, da questa sala, deve
salire forte la nostra voce: dobbiamo unire le forze e voltare pagina, perché questo è
quello che richiede la situazione.
In questi due anni abbiamo attraversato, come tutti i paesi del mondo,
una crisi devastante. La peggiore degli ultimi cinquant'anni. Il Governo, noi
imprenditori, i sindacati, tutti insieme abbiamo lavorato per evitare il peggio. Peraltro,
in condizioni svantaggiate, perché ci siamo trovati ad affrontare la crisi con un debito
pubblico elevato e quindi, con margini di manovra molto bassi. Ma ci siamo uniti: abbiamo
tenuto la barra dritta e soprattutto, abbiamo salvaguardato la coesione sociale. Noi, non
siamo finiti come la Grecia. Oggi, però, lo ribadisco, dobbiamo voltare pagina. I dati
scientifici ci dicono che nell'insieme il paese sta declinando. Ci sono problemi di Pil
pro capite: secondo il Csc, negli ultimi sette anni il nostro Pil pro capite è rimasto
fermo. Negli ultimi due anni è addirittura arretrato del 4%. Dobbiamo riprendere la
capacità di guardare al futuro, a un progetto di lungo termine, che, però, come tutte le
strategie di lungo respiro, va declinato giorno per giorno. Serve un progetto fatto non
solo di obiettivi a tre, quattro anni, ma anche di obiettivi da raggiungere tra uno-due
mesi, tra uno, due anni. Se ci uniamo, se lavoriamo insieme senza divisioni, possiamo
farcela. Possiamo tornare a crescere quanto e forse anche più degli altri. È un
obiettivo possibile.
Nel dibattito di ieri, ma anche in quello di questa mattina, questo
concetto è emerso in modo netto. Abbiamo davanti tre anni importanti, non ci sono
scadenze elettorali e c'è una maggioranza di governo chiara. È un momento eccezionale:
noi imprenditori siamo chiamati a uno sforzo enorme. L'agenda economica dei prossimi anni
la detteranno i paesi emergenti, Cina innanzitutto. Dobbiamo cambiare il nostro modo di
fare impresa. Lavorare sui costi e capire come raggiungere quei paesi, non solo per
vendere, ma anche per andare a produrre. Noi sentiamo il peso di questo sforzo, ma
vogliamo sostenerlo. È fondamentale, però, che il paese ci segua, si metta al nostro
fianco e ci aiuti a vincere la sfida. Non possiamo più essere lasciati soli. Il governo,
la politica, devono assumersi l'onere di decidere: e servono decisioni chiare, serie, da
prendere in fretta.
Dal sondaggio presentato dal Csc, emerge un dato preciso. Nonostante
gli imprenditori siano preoccupati per una crisi che resta molto forte, sono anche la
fetta più ottimista del paese. Il 52% degli imprenditori intervistati ritiene, infatti,
che la competitività delle proprie imprese da qui a cinque anni possa migliorare. Il 23%
sostiene che non peggiorerà. Se guardiamo alla popolazione, scopriamo maggiore pessimismo
e paura. Gli imprenditori ci credono. Noi vogliamo andare avanti ma, ribadisco, chiediamo
l'assunzione di decisioni dalle quali ormai non si può più prescindere.
Noi ti poniamo, presidente Berlusconi, e poniamo a tutto il paese, un
obiettivo comune. Ritornare a crescere almeno del 2% di Pil l'anno. In questi due anni
siamo decresciuti del 6%. Ma anche gli anni precedenti, siamo cresciuti dello 0,8%,
dell'1%, dell'1,2%. Se cresciamo del 2% di Pil l'anno per i prossimi 3 anni, significa
avere 50 miliardi di euro in più di ricchezza da distribuire. Significa creare 700mila
posti di lavoro in più. Significa tornare su quel percorso di crescita importante che
negli ultimi dieci anni abbiamo perso.
Lavoriamoci, insieme, sul serio. L'abbiamo già fatto in passato.
Possiamo tornare a farlo. Crediamoci. Muoviamoci in questa direzione, agendo su 3 livelli
diversi. Il primo, è il livello europeo: ci sono decisioni che vanno prese in Europa. Il
secondo, è il livello nazionale, quello delle decisioni che la nostra politica deve
prendere. Il terzo, è il livello delle scelte che dipendono da noi e dalla società
italiana nel suo complesso.
L'Europa. Oggi ho parlato con il presidente Trichet evidenziandogli un problema che
ci sta molto a cuore. Quello di una restrizione del credito - evidente e
chiara - che preoccupa molto i nostri imprenditori.
È vero. Confindustria, il governo, le banche, tutti insieme abbiamo fatto il
possibile: la moratoria, il Fondo di garanzia per le Pmi. Ma noi pensiamo che la
restrizione del credito possa peggiorare. A parte qualche caso raro, i bilanci del
2009saranno nettamente peggiori rispetto a quelli del 2008, il che vuol dire che la
qualità del credito di molte delle nostre imprese si abbasserà. Ma nello stesso tempo
avremo maggiore necessità di finanziamento proprio per cogliere i primi, piccoli segnali
di ripresa.
Sulle nostre teste, pende la spada di Damocle di Basilea 3. È
un tema importante, presidente Berlusconi, che sottopongo alla tua attenzione, perché di
questo noi siamo molto preoccupati. In una fase storica come l'attuale chiedere alle
banche di alzare troppo l'asticella dei requisiti patrimoniali, non va bene. In un momento
come questo la priorità deve essere ritornare a finanziare le imprese sane.
Quelle che scommettono sul futuro, anche in una |
Nino Luciani, L'appoggio diretto della Presidente
di Confindustria alla riforma Gelmini, conferma quanto da più parti sussurrato da mesi:
trattarsi di un progetto, che la Gelmini (per non saper nè leggere
nè scrivere di università) ha affidato a Confindustria, nota per la pesantezza
preconcetta contro la Pubblica Amministrazione e l'Università pubblica.
Direi, anzi, che "un bel tacer non fu mai scritto".
1.- Premessa. Il Convegno di Parma si caratterizza per la
"carica" della Presidente di Confindustria, nel dettare l'agenda al Presidente
del Consiglio, invitato e presente, e anche per alcuni allargamenti, alla Pubblica
Amministrazione (non tutti senza fondamento), e alla università (invece, tutti senza
fondamento), il che non vuole dire che l'università non abbia delle responsabilità.
Infatti, la Presidente:
a) da del "tu" al Presidente del Consiiglio;
b) elenca le "7" priorità di Confindustria;
c) chiede al Presidente Berlusconi di dare, a maggio, la risposta all'Assemblea
generale di Confindustria. E se sì, "è pronta a collaborare anche di più
di quanto fatto finora".
Nello specifico della "ricerca e innnovazione", la
Presidente ha "dato atto al ministro Gelmini di aver presentato una riforma
dell'università molto importante", e inveito contro "alcuni emendamenti che,
se approvati, annullerebbero ogni elemento innovativo" . Trattasi, (come è
stato precisato nei giorni successivi, da "Il Sole-24 ORE") di emendamenti per
abolire la presenza degli esterni nei Consigli di Amministrazione delle Università. Detti
esterni, pari al 40% nel testo originario, sono stati, poi, ridotti al 27% nel nuovo
testo, approvato dalla Commissione Istruzione del Senato. Ma vediamo
meglio, prima nel complesso e poi con qualche particolare.
2.- Il quadro nel complesso. Viene usata la legge ordinaria per svuotare tre principi
costituzionali:
1) l'autonomia universitaria (art. 33), centralizzando ulteriormente il
potere finanziario;
2) il diritto allo studio (art. 34), creando una sorta di élite dei
meritevoli, ma trascurando che le difficoltà finanziarie delle università ostacolano il
soccorso dei bisognosi e meritevoli; e data la diversità di situazioni da università a
università, il diritto allo studio non è applicato in modo uniforme nello Stato;
3) l'obbligo (come regola) delle assunzioni di personale mediante concorso,
nella Pubblica Amministrazione (art. 97). Con la nuova regola le assunzioni per contratto
saranno tre, quattro volte il personale di ruolo (a Bologna, adesso, è già doppio).
3. Qualche dettaglio:
- Sulla questione degli esterni. Va premesso che il Consiglio di
Amministrazione delle Università (così a Bologna) non è un organo esecutivo (come nel
diritto privato: vedi Società per Azioni), ma un organo di rappresentanza delle categorie
(professori di I, II, III Fascia, personale tecnico e amministrativo); e che il Senato
Accademico è un organo di rappresentanza delle Facoltà e dei Dipartimenti e delle aree
scientifiche.
Dunque, in un organo di rappresentanza, ha poco senso inserire degli
"esterni". Eppure a Bologna, ce li abbiamo messi da tempo, e funzionano quando
sono dei professori universitari, delegati dagli esterni per loro scelta. Nel caso di
Bologna il rappresentante del Governo è un professore.
Quando, invece, gli esterni non sono dei professori, i risultati sono
nulli, anzi dannosi perchè si annoiano, poco capiscono di quel che si dice e, di solito,
votano secondo le indicazioni del Rettore.
Ma nel caso del nuovo CdA (del DDL), le cose cambierebbero
radicalmente. Esso, diviene, infatti, un Organo Esecutivo, sul modello delle società per
azioni, ma con la differenza che nelle Università questi esterni non sarebbero motivati
dalla aspettativa di utili, per cui non vi avrebbero alcun interesse. (Andrebbe detto che
questo tipo di organo c'è già negli Atenei e si chiama "Giunta", eventualmente
allargata ai ProRettori, come a Bologna).
Per principio, sono favorevole comunque a mettere degli
esterni nel CdA (o Giunta, che dir si voglia). Ma attenzione
a non entrare nel ridicolo.
Il problema è favorire un rapporto organico permanente tra Università e
Industria. Ma quello che, fin qui, si è riusciti a fare è solo a livello
individuale con contratti di ricerca per conto terzi, ma con ostacoli immensi (perchè una
legge dello Stato autorizza le Università a trattenere, sulla pelle dei Ricercatori,
quasi il 30% dell'utile del Ricercatori, per cui (detratti anche gli oneri previdenziali e
le imposte sul reddito) al Ricercatore rimane quasi niente. E quindi, per arrivare un
domani, a presenze (non solo formali) di esterni nel CdA, bisogna partire dalla
costruzione di un vero e proprio sistema di rapporti individuali.
Dunque, la nostra Emma non sa proprio nulla di questo.
- Sulla questione della valutazione. La valutazione a cui fa
riferimento la Presidente è quella basata sul numero delle pubblicazioni, distinte anche
per qualità della collocazione editoriale.
Da anni, a Bologna l'abbiamo introdotta, ma non si creda che i risultati
siano il massimo. Il motivo è che il vino non si conosce dalla bottiglia, ma bevendolo.
Dunque, il problema è quello del corretto funzionamento delle Commissioni scientifiche
che vadano a guardare dentro gli elaborati. Ma, come si sa, da anni i concorsi per la
progressione in carriera sono molto rallentati, in primo luogo dal Governo.
C'è, poi, che le Commissioni sono "corporative"
(quelle, pur elette dai settori "nazionali", sono ben controllate dalle
istanze localistiche in base a pratiche di logrolling). Ma il DDL affida le formazione
delle commissioni interamente alle università locali, accrescendo il localismo. E allora
di cosa stiamo parlando?
Dunque anche qui la nostra Emma non sa proprio niente.
- Le contraddizioni esistenziali del DDL 1905. Esso vuole mettere
d'accordo il principio della autonomia dell'Università con l'aumento del controllo
finanziario statale sulla gestione locale.
Questo è un principio contraddittorio: vale dire, è improbabile che,
ad un tempo, si prendano decisioni dure a Roma, e che esse siano applicate fedelmente da
organi eletti localmente. E' anche contraddittorio pretendere che le Università facciano
bilancio e obbligarle a fare socialità (ossia, in nome del diritto allo studio, art, 34
Cost.) limitare la libertà di determinare i contributi studenteschi.
Ne consegue che (anche dopo l'aumento del controllo centrale, e che è
"lontano" per sua natura) la spesa locale continuerà a restare senza controllo
e, alla fine, dovrà essere ancora pagata a piè di lista, se non si vuole che scoppi la
rivoluzione.
Perchè questo schema funzioni occorre che il decisore locale sia nominato
dal centro.
Ma siccome, al contrario, il DDL Gelmini è costretta a rispettare la
Costituzione (che vuole la autonomia universitaria), la via che responsabilizza le
università (verso l'utenza) è:
- dotarle di autonomia finanziaria, con entrate proprie (i contributi
studenteschi), determinate liberamente agli stretti fini di pareggio del bilancio, fermo
il FFO - Fondo di finanziamento dello Stato, e sottoporre i bilanci universitari al
controllo preventivo e successivo della Corte dei Conti;
- il compito del diritto allo studio sia assunto dallo Stato, direttamente, creando
un apposito fondo presso il MIUR, eventualmente dando delega di gestione alle
Regioni. Nino Luciani |
situazione critica come l'attuale. È evidente che, nel medio-lungo termine,
servono banche più patrimonializzate. Ma ora porre ulteriori requisiti restringenti sulle
banche, vuol dire una cosa sola: andare tutti a fondo. Le banche dovranno fare scelte che
le costringeranno a erogare meno credito alle imprese e le imprese non avranno credito
adeguato per sostenere questo po' di miglioramento che c'è. Il che significherà appunto
andare tutti a fondo. Presidente Berlusconi, ti chiedo di farti carico di questo problema
e di portarlo a livello europeo. I banchieri centrali ragionano in un modo, noi dobbiamo
ragionare in maniera pragmatica e concreta. E chiediamo alla politica di assumere una
posizione forte a livello europeo per evitare che questo problema si trasformi in un
boomerang gravissimo. È un impegno molto forte, presidente, che ti chiedo a favore
dell'industria vera, di quella che produce e genera posti di lavoro.
C'è un secondo aspetto più ampio che voglio sottolineare e che
riguarda sempre l'Europa. Nel nostro Continente si respira un clima difficile. Di grande
criticità. È come se si fosse smarrita la logica dell'integrazione, che ha segnato anche
il successo dei nostri paesi. E come se in tutte le grandi capitali europee si respirasse
un'aria di nazionalismo, di voglia di tornare indietro, di egoismi. L'Europa oggi vive una
situazione di scarsa crescita, di disavanzi crescenti, di gap competitivi tra i paesi che
ne fanno parte: Germania e Grecia, per esempio, sono divise da un differenziale enorme. E
tutto quello che è stato fatto finora non ha ridotto questa distanza. Anzi, in un certo
senso l'ha ulteriormente accresciuta. E la crisi greca ha evidenziato questo aspetto. Se
agiamo esclusivamente tagliando i disavanzi e le retribuzioni all'interno dei singoli
paesi, andiamo nella direzione di distruggere l'Unione e il mercato europei. Sarebbe un
danno enorme, non solo per i paesi più deboli, ma anche per quelli più forti, Germania
compresa, che oggi non sembrano accorgersi con chiarezza di questo pericolo.
Confindustria ritiene che, insieme alla giusta politica del
rigore sui conti pubblici, che anche per il nostro paese è un valore importante, occorre
che l'Europa riprenda il suo percorso di crescita e si impegni a ridurre i gap tra paesi
più forti e paesi più deboli. Se non agiamo in questo senso, la situazione rischia di
sfuggirci di mano. E per noi, questo, è un altro elemento di grande preoccupazione.
Pensiamo, per esempio, che l'Europa potrebbe finalmente decidere di emettere gli Union
Bonds. Avere, cioè, accanto a debiti pubblici nazionali, un debito pubblico europeo. Che
non deve servire per andare a coprire la spesa pubblica improduttiva, ma deve essere
destinato agli investimenti in infrastrutture, in ricerca, innovazione, in sostenibilità
ambientale. Per ridare una crescita vera all'Europa. Presidente Berlusconi, so che è
difficile, ma ti chiediamo di intervenire anche su questo tema, perché se l'Europa
continuerà a stare ferma, il rischio è che si allontani ancora di più da imprese e
cittadini europei, che non la percepiranno più come una casa comune, ma come una gabbia.
Vengo ora al secondo livello, quello delle decisioni che dobbiamo
prendere a casa nostra. Credo sia chiaro a tutti - ed è stato ben evidenziato dalla
ricerca del Csc - che bassa crescita significa bassi salari, minor potere di acquisto,
difficoltà maggiore ad affrontare il problema del debito pubblico, significa non avere
capacità di migliorare la produttività del lavoro che, come ricordava prima Rubini, è
uno dei punti fondamentali per i quali l'Italia non cresce. Voglio ricordare un dato
abbastanza allarmante: da quando siamo entrati nell'euro, il costo del lavoro per unità
di prodotto è cresciuto in Italia di circa il 25% in più di quello dell'eurozona. Il che
vuol dire che, nonostante i salari italiani siano mediamente più bassi rispetto alla
media europea, la nostra produttività è ancora più bassa. C'è dunque non solo un
problema di produttività, ma anche di competitività. Come affrontarlo?
Le elezioni regionali sono finite. E, presidente, permettimi,
un'osservazione: la campagna elettorale è stata pessima. È stata una campagna di liti,
di screzi, di accuse anche alla più alta carica dello Stato, il presidente Napolitano. Di
tutto si è parlato, tranne che di programmi. Adesso, però, è alle spalle. Ed è
evidente che le urne hanno emesso un risultato chiaro: la maggioranza di governo ne esce
rafforzata. Contrariamente a quanto avvenuto in altri grandi paesi europei, la Francia,
per esempio, dove invece la maggioranza è stata sanzionata dal voto. Adesso - presidente
Berlusconi - dovete dimostrare di essere quel governo della cultura del fare per cui tanti
italiani vi continuano a dare fiducia. La vittoria alle politiche del 2008 vi ha affidato
un compito impegnativo. Queste elezioni regionali, in un certo senso, vi offrono una prova
ulteriore, ma è l'ultima. È quella senza appello. Perché oggi, tutti insieme, governo
in testa, dobbiamo dimostrare di voler superare i problemi dell'Italia. Oggi ci sono le
condizioni per farlo. Il governo deve dare prova di preferire i fatti alle polemiche. Le
decisioni ai rinvii, ai rimpalli di responsabilità. È venuto il momento di fare quello
che il paese non è stato in grado di fare negli ultimi quindici anni. E di farlo insieme
E vengo velocemente ai problemi che, dal nostro punto di vista, è fondamentale
affrontare.
Alle riforme istituzionali abbiamo sempre riconosciuto grande
importanza. E ci siamo battuti per realizzarle. Ma oggi - e lo sottolineano anche i
sondaggi - la priorità sono le riforme economiche, quelle che possono ridare slancio al
paese e rafforzare nelle imprese la capacità di stare sui mercati. Certo, resta
importante provare a realizzare anche le riforme istituzionali, cercando la maggiore
alleanza possibile con le forze sociali e l'opposizione. La storia di questo paese
dimostra che quando si è cercato di fare riforme a colpi di maggioranza, non si è fatto
nulla di buono. Penso, per esempio, allo scontro che ha prodotto la pessima riforma del
Titolo V nel 2001, di cui ancora paghiamo lo scotto. O alla mancata conferma della riforma
costituzionale del 2006. Ma la priorità sono le riforme economiche. Tu stesso, presidente
Berlusconi, hai ricordato una serie di provvedimenti adottati, sulle quali abbiamo
collaborato: gli ammortizzatori sociali, il fondo di garanzia, la Tremonti Ter. Misure che
hanno attenuato i colpi della crisi: del resto, i limiti del debito pubblico non ci
permettevano di fare di più. Ma oggi è tempo di assumere scelte più forti per
sprigionare energie e dare a questo paese la capacità di tornare a crescere. E gli ambiti
in cui serve decidere sono, a nostro avviso, sei.
Il primo: la macchina pubblica. Credo che questo
paese abbia un cancro enorme, un'ingerenza pubblica fortissima: lo Stato fa troppe cose
che non dovrebbe fare e quelle che dovrebbe fare, le fa male. Ci sono stati diversi
tentativi di riforma. Mi rendo conto che è più facile dirlo che farlo, ma imprese e
cittadini hanno urgente necessità di vedere, non più solo percepire, miglioramenti
concreti. Lavoriamo seriamente per semplificare la macchina burocratica e porre fine alla
logica di uno Stato che carica costi e inefficienze sulle spalle di imprese e cittadini.
Voglio citare un dato: spesso sentiamo dire che la spesa pubblica in Italia è difficile
da tagliare. Bene, in Italia la spesa pubblica corrente al netto degli interessi è stata
nel 2009 pari al 43,5%. 3,7 punti di Pil in più del 2005. 6,2 in più del 2000. Il che
vuol dire che la spesa corrente in questo paese continua a crescere. Durante la crisi noi
imprenditori, ma anche i lavoratori, i cittadini, abbiamo tutti stretto la cinghia.
Abbiamo ridotto i costi per cercare di far sopravvivere le imprese e mantenere il maggior
numero possibile di posti di lavoro. Adesso, presidente Berlusconi, deve stringere la
cinghia anche lo Stato: lavoriamo insieme per arrivare a un taglio della spesa pubblica
corrente di un 1% di Pil l'anno per i prossimi tre anni. In Germania lo hanno fatto,
diminuendo tra il 2003 e il 2007 di 4 punti percentuali la spesa corrente. Siamo
consapevoli che è difficile. E siamo pronti a mobilitarci. Il segretario Bonanni, prima
nel suo intervento, si è detto dello stesso avviso: le parti sociali sane di questo paese
sono pronte a collaborare per questo obiettivo, che è la vera, grande sfida che il paese
ha davanti. Gli sprechi non sono più tollerabili. Un esempio. Ieri il ministro Tremonti
ha ricordato che la spesa per pensioni di invalidità ammonta a 16 miliardi di euro e che
è aumentata moltissimo in questi ultimi anni. Ha anche ricordato che di questi 16
miliardi, 4 vanno agli invalidi, 12 non si sa bene a chi. Investiamo anche più risorse
per gli invalidi veri, per chi se ne occupa, ma staniamo quelli falsi. Facciamolo subito:
domani. Altro esempio. Gli enti inutili. Abbiamo parlato a lungo di abolirli. Anche
perché, oltre a rappresentare un costo economico, per giustificare la loro presenza
impongono ulteriore burocrazia sulle spalle di cittadini e imprese. Il ministro Calderoli
- che ha la stima di Confindustria - ha presentato, molti mesi fa, un disegno legge per
tagliare gli enti inutili, disegno che abbiamo condiviso e che adesso - ci risulta - sia
fermo in Parlamento. Approvatelo. Subito. Vi sosterremo e cercheremo di vincere insieme a
voi eventuali resistenze. Altro esempio ancora. È stato presentato un disegno di legge
per revocare qualche migliaio di consiglieri delle municipalizzate. Facciamolo. Perché
non è solo un problema di costi, che certo sono importanti: è anche un problema di
giustizia. In un momento in cui tutti stiamo tirando la cinghia, vedere un enorme apparato
pubblico che invece di fare sacrifici, continua ad aumentare i suoi costi, è
inaccettabile. Ultimo aspetto. Confindustria condivide l'idea di lavorare sul tema della
giustizia, perché una giustizia inefficiente e dai tempi lunghi allontana gli
investimenti e complica la vita di cittadini e imprese.
Secondo ambito, altrettanto importante:
le infrastrutture. Confindustria riconosce al governo di aver tentato strade
nuove, ad esempio con la Legge Obiettivo, e al ministro Matteoli di aver compiuto alcuni
positivi passi avanti, che abbiamo condiviso. I risultati, però, non sono ancora
soddisfacenti. E anche qui serve un'operazione verità. Il governo ha detto che le risorse
stanziate ammontano a 11,3 miliardi di euro. Di questi, ad oggi, ne è stato speso poco
più di un miliardo. Confindustria aveva sottolineato la necessità che un altro miliardo
fosse stanziato per le piccole opere, quelle che possono partire subito. Secondo i dati
dell'Ance di questo miliardo ne sono stati spesi solo 20 milioni di euro. Vogliamo sapere
a quanto ammontano realmente le risorse da spendere e poi vogliamo che vengano spese.
Anche su questo siamo pronti a mobilitarci, perché l'investimento in infrastrutture può
essere un ottimo volano di crescita per il paese. E su questo tema delle infrastrutture,
permettetemi una precisazione. I fondi strutturali europei 2007-2013 saranno gli ultimi
destinati all'Italia, perché poi verranno indirizzati ad altri paesi in ritardo di
sviluppo. Ci sono vari capitoli in questi fondi: uno dei fondamentali è proprio quello
sulle infrastrutture. E se guardiamo a quello che sta accadendo sulla programmazione
2007-2013, emerge una situazione preoccupante. Abbiamo speso solo il 6% di questi fondi e
ancora una volta nella logica di sempre: disperdendoli in mille rivoli. Proponiamo,
presidente Berlusconi, di rinegoziare questi fondi con l'Unione europea, concentrandoli su
poche opere infrastrutturali vere, forti, capaci disegnare una svolta. Evitiamo l'ennesimo
spreco, evitiamo che queste risorse finiscano disperse o, peggio, nelle mani della
criminalità organizzata che, soprattutto nel Mezzogiorno, avvelena la società civile e
l'imprenditoria. Anche su questo siamo disponibili a lavorare insieme: abbiamo già
elaborato alcune proposte, le mettiamo a disposizione del governo. Piano casa: siamo
d'accordo, ma variamolo. Oggi abbiamo nuovi presidenti regionali, eletti sia nelle file
della maggioranza che dell'opposizione: impegnateli a varare il piano casa nel più breve
tempo possibile. Stiamo parlando di 40-50 miliardi di euro da mettere in moto: è una
cifra importantissima.
Terzo ambito: ricerca e innovazione. È molto
probabile che la Cina detterà l'agenda economica del futuro, ma l'Italia, le imprese
italiane, possono reggere il confronto. Possono vincerlo. Non possiamo però pensare di
competere con i costi cinesi. Dobbiamo giocare su un altro fronte: prodotti più
innovativi, più tecnologici, dal design più ricercato. Serve una scelta strategica sui
temi della ricerca e dell'innovazione. Serve da parte delle imprese, ma anche da parte del
paese, del governo. Le imprese non chiedono strumenti particolari: gli strumenti ci sono
già. Bisogna farli funzionare. Il credito d'imposta per la ricerca, per esempio, c'è, ma
va finanziato. Senza soluzioni alla clic day, che umiliano gli imprenditori seri, che
investono. Su questo, presidente Berlusconi, ti chiedo di prendere un impegno di almeno 1
miliardo di euro a favore della ricerca per i prossimi tre anni, per dare la possibilità
agli imprenditori che vogliono investire di avere strumenti chiari, efficaci, automatici
che possano aiutarci a sviluppare meglio i nostri prodotti, le nostre innovazioni e la
nostra ricerca. Sempre in quest'ambito è determinante la formazione del capitale umano,
la scuola, l'università. Confindustria dà atto al ministro Gelmini di aver presentato
una riforma dell'università molto importante, perché per la prima volta, dopo anni,
riammette nell'università i meccanismi del merito, della valutazione, della
internazionalizzazione. E - finalmente - abbatte lo strapotere
delle baronie. Ma anche qui, c'è preoccupazione, perché ci risulta che
alcuni emendamenti presentati in Parlamento, se approvati, annullerebbero ogni elemento
innovativo della riforma. Quindi, attenzione: le scelte di coraggio, una volta assunte,
vanno portate avanti fino in fondo.
Quarto ambito: il fisco. In questi due giorni
abbiamo parlato molto di fisco. È noto che la situazione in Italia è molto problematica,
per i cittadini, per i lavoratori, per le imprese. In più, c'è un'enorme evasione
fiscale, per cui chi paga le tasse ne paga in quantità non più sostenibile. Dobbiamo
mettere mano a una seria riforma fiscale. Confindustria su questo è disponibile a
lavorare anche con il sindacato. Sono d'accordo con quanto detto dal segretario Bonanni:
lavoriamo insieme per arrivare entro tre anni a questa riforma. Con un'avvertenza: che la
riforma complessiva del fisco sia a tre anni, ma non possiamo aspettare tre anni per
vedere qualche segnale. Dobbiamo farlo prima: lavoriamo con davanti il traguardo dei tre
anni, ma diamo alcuni segni concreti il più velocemente possibile. E credo l'obiettivo
sia molto chiaro: vanno abbassate le tasse su chi tiene in piedi questo paese, cioè
imprese e cittadini. Per le imprese, il tema fondamentale è l'Irap, tassa assolutamente
ingiusta: cominciando da una graduale riduzione a partire dalla sua componente costo del
lavoro, rendendola progressivamente deducibile dalla base imponibile. Ragioniamoci.
Federalismo fiscale. È un'altra riforma molto
importante. E anche qui non è più tempo di parlare, ma di fare. E bene, lavorando sul
serio, senza aumenti di spesa pubblica, ma anzi, responsabilizzando gli amministratori
locali, riducendo gli sprechi e liberando risorse per la crescita. Dissipando alcuni
timori. Ci sono regioni che hanno significativi deficit sanitari, ebbene, queste regioni
non devono poter rinegoziare la spesa sanitaria, ma fare un percorso vero e chiaro di
rientro dei deficit, soprattutto quelle del Sud dove la sanità è uno scandalo nazionale.
Il federalismo fiscale è una grande occasione: vuol dire dare più poteri alle Regioni,
ai presidenti regionali, ma anche più responsabilità. C'è una cosa molto chiara che
voglio dire: i presidenti che non si dimostreranno capaci di mantenere i costi standard,
vanno mandati a casa, non devono essere più rieletti perché la responsabilità e la
buona amministrazione è il valore che deve fare la differenza.
Altro ambito: l'energia. Confindustria ha
fortemente appoggiato la scelta del governo di tornare al nucleare. È una scelta
imprescindibile per il nostro paese. Dobbiamo andare avanti, e farlo con serietà. E anche
qui, purtroppo, c'è una conflittualità istituzionale tra Stato e Regioni, con il
rischio, ancora una volta, di bloccare tutto e di pagare un conto pesante. Siamo l'unico
paese rimasto fuori dal nucleare. Oggi abbiamo un mix energetico che ci condanna ad avere
un costo dell'energia che è fino al 90% superiore alla Francia, fino al 70% della Spagna.
Numeri che conosciamo benissimo: per questo, l'opzione nucleare è irrimandabile. Ed è
importante coordinarsi con le Regioni per la scelta dei siti, ma se poi le Regioni non
decidono, bisogna andare avanti lo stesso. Anche su questo, presidente Berlusconi, siamo
pronti a mobilitarci, pure nei confronti dell'opinione pubblica, perché deve essere
chiaro a tutti che senza l'opzione nucleare non andiamo da nessuna parte.
Ultimo ambito: l'impegno a favore della legalità.
Ci siamo, siamo pronti a collaborare anche di più di quanto fatto finora, perché
è una scelta di campo fondamentale se vogliamo restituire dignità civile e crescita
economica a un territorio chiave del nostro paese che è il Mezzogiorno d'Italia.
Vengo alla conclusione: i problemi da affrontare e le risposte da
dare sono noti. L'importante però è capire che questo è il momento di andare
oltre le promesse. Tutti insieme dobbiamo assumerci impegni seri, darci una road
map, tempi di azione certi e rispettarli.
Questo è quello che oggi i 5mila imprenditori presenti chiedono al
governo. Ti chiedono, presidente Berlusconi, di ragionare sulle priorità che abbiamo
indicato e di assumerti impegni seri il prima possibile. Sarebbe bello che all'Assemblea
generale di Confindustria, a maggio, tu venissi e ci dessi una risposta.
Noi, la nostra risposta, la diamo oggi. Continueremo ad impegnarci
con coraggio e tenacia per mantenere le nostre imprese, i posti di lavoro, per aumentare
l'innovazione e la qualità dei nostri prodotti, per aumentare la nostra dimensione. Noi
ci siamo. Siamo pronti a fare ancora di più e non ci sottraiamo alla responsabilità
importantissima di contribuire alla crescita di questo paese. Noi questo impegno lo
assumiamo con forza.
Ma il paese deve fare altrettanto. Deve voltare pagina, cambiare e
sposare con coraggio le scelte del mercato, del merito, della concorrenza. Deve fare di
questi valori, scelte di vita forti e condivise, perché è da qui che può venire la
crescita. In proposito, voglio soffermarmi su alcune recenti dichiarazioni che
preoccupano: ci sono componenti importanti della società - penso ai commercianti o ai
professionisti - che stanno tentando di far fare un passo indietro alle liberalizzazioni,
invocando chiusure e protezioni. Non è accettabile. Lo ha sottolineato ieri il presidente
Catricalà in modo autorevole: sentire richieste di tariffe minime da parte dei
professionisti, non ha senso. Ci mettiamo tutti in fila per chiedere una tariffa minima?
Non è più immaginabile che una fetta di paese viva sussidiata dallo Stato scaricando
costi e inefficienze su chi invece vive di concorrenza e di mercato. Su questo, presidente
Berlusconi, ti prego di prestare la massima attenzione, perché non possiamo più
sopportare due pesi e due misure.
Cari amici, credo - e chiudo sul serio - che ogni tanto faccia bene
guardare alla storia passata. Bene, se guardo a quello che questo paese è stato capace di
fare dal dopoguerra ad oggi, ritrovo molta fiducia. Perché il paese ha avuto una grande
capacità di sviluppare crescita, innovazione, benessere, mobilità sociale. Erano in
molti a considerarci poco più che un paese rurale: noi invece abbiamo compiuto una specie
di miracolo.
Ecco, oggi dobbiamo cercare di ripercorrere quella strada. Noi ci
crediamo. La nostra Italia, l'Italia di cui noi facciamo parte, quella che vogliamo, è
un'Italia che ha idee, qualità, che si batte sui mercati e continua a credere nel futuro.
Che anche in questa crisi devastante è riuscita ad andare avanti. Noi non abbiamo paura.
E dobbiamo infondere al paese questo stesso coraggio. Questa stessa voglia di fare. Questa
stessa voglia di vincere. Questa stessa voglia di tornare ad essere un paese forte, che
guarda al futuro con fiducia e ottimismo.
Noi imprenditori ci crediamo e lavoreremo ogni giorno per questo
risultato. Grazie. Emma Marcegaglia |
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La questione dell'aggancio dei PROF alla DIRIGENZA STATALE
e quella del diritto alla pensione, per gli incarichi retribuiti
Due nuove SENTENZE: una a FAVORE, l'altra a SFAVORE |
Questa sentenza dispone che il
trattamento retributivo dei professori universitari
non è collegato a quello dei dirigenti statali |
Questa sentenza dispone un autonomo trattamento pensionistico per il servizio in qualità
di assistente ordinario, in aggiunta al servizio di prof. incaricato interno. |
TAR - Tribunale Amministrativo Regionale dell'Emilia Romagna, Sez. I - Sentenza n.
942/09, depositata il 11 giugno 2009
(Stralcio)
Sul ricorso proposto contro l'Università di Bologna,
I ricorrenti, tutti docenti universitari di vario livello, agiscono per il
riconoscimento del diritto alla corresponsione delle differenze retributive connesse agli
aumenti stipendiali previsti dall'art. 1 della L. n. 34/1997 per i dirigenti dello Stato.
Lamentano in buona sostanza, gli interessati, che nei loro confronti non sia stata fatta
applicazione dell'art. 36 del D.P.R n. 328/1980 il quale avrebbe sancito un chiaro e
diretto collegamento dei trattamenti economici relativi ai professori universitari e ai
dirigenti statali. Ne sarebbe derivato, a parere degli istanti, un mancato adeguamento
delle retribuzioni dei ricorrenti in dipendenza dell'omesso riconoscimento,
dell'indennità di posizione, invece, attribuita ai dirigenti generali dello Stato per gli
anni 1996 e 1997. Il ricorso é infondato.
La materia, peraltro assai risalente, è stata da tempo
affrontata e chiarita, sia dalla Corte Costituzionale che dalla giurisprudenza
amministrativa. Già con la sentenza n. 219 del 17 luglio 1975 la Corte aveva sancito, in
ordine al riassetto del pubblico impiego e in particolare con riguardo al trattamento
economico dei professori universitari, non una correlazione permanente ed immutabile, ma
soltanto una tendenziale equiparazione delle posizioni retributive. In questo senso è
stato chiarito che gli art. 73/3° c. L. n. 11 luglio 1984 n. 312 e 36/8° c. D.P.R. n.
382/1980 hanno esclusivamente commisurato il trattamento economico dei professori
universitari dell'ultima classe di stipendio a quello goduta dai dirigenti generali di
classe A dello Stato senza creare alcuna sovrapposizione o alcuna identità di situazioni
( Tar Piemonte n. 62/1993 ) E' stato ulteriormente precisato che equiparazione tendenziale
non significa uniformità totale né ingenera dubbi sull'obiettiva diversità delle
funzioni professionali anzidette con la conseguente possibilità di uno sviluppo
differenziato dei trattamenti economici, sempre nel rispetto dei canoni costituzionali di
riferimento (TAR Marche n. 349/1986 ).
In conclusione appare del tutto evidente che l'art. 36
della L. n. 382/1980, pur conservando ai professori universitari la già acquisita
equiparazione del trattamento dirigenziale, ha dettato una disciplina uniforme per tutti i
docenti, senza distinzione e dunque esso rilevi quale mero parametro di calcolo della
retribuzione di questi ultimi, essendo per ogni altro aspetto del tutto differenti le
retribuzioni delle due categorie di dipendenti pubblici. Ne discende che il riconoscimento
di emolumenti strettamente ed inscindibilmente correlati all'esercizio di funzioni proprie
della. dirigenza statale non appare compatibile con il quadro interpretativo appena
tracciato e quindi il ricorso deve essere respinto.
Per questi motivi, definitivamente pronunciando sul ricorso in
epigrafe lo respinge.
|
Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la Emilia Romagna - SENTENZA n. 996/06/C, depositata il 27.9.2006, confermata in
appello dalla SEZIONE PRIMA GIUR. CENTRALE con sentenza N. 446/2008/A.
(Stralcio)
Con
il provvedimento n. 26568 del 21.9.1995 il Rettore della Universita' di Bologna negava al
ricorrente trattamento pensionistico per il sevizio prestato dal prof.
in qualita'
di assistente ordinario dall' 1.11.1973 all' 1.8.1985, avendo costituito titolo per la
nomina a professore associato.
L' amministrazione pone a sostegno della propria
deliberazione la previsione dell' art. 133 del T.U. 29.12.1973, n. 1092, che, come e'
noto, prescrive il divieto di cumulo del trattamento di quiescenza rispetto a quello di
attivita' di servizio quando si sia in presenza di servizi che siano l' uno la
continuazione dell'altro, come ribadito nella compiuta memoria depositata l' 8.3.2006.
Risulta agli atti che il ricorrente era stato
dipendente dell' Universita' di Bologna con l' incarico di incaricato esterno
dall' 1.11.1966 al 30.10.1973 ed
interno dall' 1.11.1973 sino all' 1.8.1985, ed assistente
ordinario dall' 1.11.1973 all'1.8.1985, nonche' nominato professore associato
confermato dal 20.3.1985 ad oggi.
Risulta, altresi', che con deliberazioni E.N.P.A.S.
del 4.11.1991 e 22.4.1991, veniva riconosciuto al ricorrente indennita' di buonuscita
anche per il servizio prestato in qualita' di assistente ordinario, ma nulla gli era
corrisposto a titolo di indennita' sostitutiva di pensione per quel servizio.
Reputa questo Giudice che sia corretta l'
interpretazione fornita dalla parte ricorrente, secondo cui il solo servizio di professore
incaricato e' stato valutato ai fini della nomina a professore associato confermato, in
quanto l' art. 50 del D.P.R. n. 382 dell' 11.7.1980 pone come requisito per la
partecipazione al giudizio di idoneita' una delle due qualifiche di professore incaricato
o assistente ordinario alternativamente e non cumulativamente; nei fatti e' dato, inoltre,
rilevare che la nomina del prof.
e' avvenuta come professore associato
confermato, in prosecuzione del ruolo di professore incaricato e non di non
confermato, come sarebbe avvenuto in prosecuzione del ruolo di assistente ordinario.
Ancora, il riconoscimento di una buonuscita per il
servizio prestato dal ricorrente in qualita' di assistente ordinario, che invece e'
avvenuto con le citate delibere del 1991, non sarebbe giustificabile alla luce di una
continuazione professionale come invocata dall'amministrazione.
Resta assorbita ogni ulteriore censura.
Il ricorso, pertanto, si manifesta giuridicamente fondato e se ne dispone l'
accoglimento e per gli effetti si dichiara il diritto del ricorrente alla liquidazione di
autonomo trattamento pensionistico (assegno sostitutivo) per il servizio prestato presso
l' Universita' di Bologna, Facolta' di Scienze MM. FF. NN. in qualita' di assistente
ordinario dall' 1.11.1973 all' 1.8.1985.
.
Per questi motivi, la Corte
dei conti
accoglie il ricorso in
epigrafe, come in motivazione. |
|
La
sentenza sulla costituzionalità della legge sul Fuori Ruolo |
|
Avvertenza.
In precedente servizio avvevamo data informazione che a luglio sarebbe uscita la
sentenza della Corte Costituzionale sul ricorso di numerosi Tar, per presunta
incostituzionalità della legge statale sulla progressiva abolizione del Fuori Ruolo dei
docenti universitari. Questa Sentenza c'è stata il 16 luglio u.s. .
In questo servizio, riportiamo il dispositivo della sentenza, ed il commento di un Collega
esperto (che ha voluto conservare la riservatezza sul suo nome) sul grado di rilevanza
della sentenza.
SENTENZA N. 236, ANNO 2009, del 16 luglio 2009"
DISPOSITIVO: " La CORTE COSTITUZIONALE dichiara
l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 434, della legge 24 dicembre 2007, n.
244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato - legge finanziaria 2008), nella parte in cui si applica ai professori
universitari per i quali sia stato disposto il collocamento fuori ruolo con formale
provvedimento amministrativo e che hanno iniziato il corso del relativo periodo."Nei
ricorsi, il motivo più forte di opposizione alla legge era stata la sua presunta
"irretroattività".
Su questo la Corte ha precisato:
"La norma impugnata sembra porsi in violazione dell'art. 3 Cost
"per la retroattività dei suoi contenuti precettivi".
"Questa Corte ha affermato più volte che l'irretroattività della legge è
principio di carattere costituzionale soltanto per le norme penali, in quanto sancito
dall'art. 25 Cost.
Per le norme non penali la retroattività delle leggi è consentita, ma nel
rispetto dei principi di ragionevolezza e di eguaglianza.
In questo quadro sono,
- in primo luogo, legittimamente retroattive sul piano costituzionale le norme
interpretative, in quanto affermano una delle possibili varianti di senso già desumibili
dalla lettera della disposizione interpretata.
Anche norme innovative con efficacia retroattiva sono legittime (ad
eccezione delle norme penali punitive), purché la retroattività trovi adeguata
giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasti con altri valori ed
interessi costituzionalmente protetti, tra i quali va inclusa anche la tutela
dell'affidamento legittimamente sorto nei destinatari, in quanto principio connaturato
allo Stato di diritto".
In questo senso, una volta che un decreto rettorale è stato emanato
legittimamente e ha prodotto degli effetti, esso non può essere revocato se va a ledere "un
diritto legittimamente sorto nei destinatari". |
Anche Sentenza del Consiglio
di Stato sulla negazione dei 2 anni, dopo i 70 di età Nel nostro Ateneo di Bologna c'erano stati non pochi
ricorsi al TAR dellEmilia Romagna, che aveva sospeso i decreti rettorali relativi,
in attesa del giudizio.
I ricorrenti opponevano la illegittimità del dimissionamento generalizzato dei
docenti al limite dell'età pensionabile, senza riguardo alla applicazione prudente che la
nuova legge raccomanda, per prima, nel concedere i 2 anni aggiuntivi di servizio, ex-art. 16 comma 1 del d.lgs. n. 503 del
1992.
Sopravviene, in seguito a ricorso dell'Ateneo, una sentenza del Consigio di Stato che
conferma le decisioni del TAR.
In conclusione le negazioni del biennio sono legittime, solo se motivate da caso a
caso, in relazione alle necessità didattiche.
Questo comporta (N.d.R.) che, caso per caso, ogni decisione dovrà passare per le
Facoltà, gli organi competenti per valutare le relative esigenze.
Si potrebbe opinare che è solo una questione di ritardo. Questo accadrebbe se il
CdA confermasse i dimissionamenti motivando, a sua discrezione, caso per caso. E questo è
verissimo.
C'è, però, a Bologna un fatto nuovo: che è stato eletto un nuovo Rettore, che
entrerà in carica il 1 nov. 2009.
Vedremo come andrà a finire. |
|
|
Riferimento
all Art. 72 del Decreto legge n. 112 del 2008, di modifica
l''art. 16 comma 1 del d.lgs. n. 503 del 1992, relativo al
diritto ai 2 anni
di proroga del servizio, dopo l'età pensionabile
In attesa dell'esito dei ricorsi al TAR
contro l''Ateneo di Bologna
CIRCOLARE DEL MINISTERO DELLA FUNZIONE PUBBLICA
per la interpretazione corretta della legge |
NOTA.
L'università italiana subisce in questa fase la scure del Governo che taglia i posti di
professore senza un collegamento con l' inserimento dei giovani, così che la scienza
accumulata venga trasmessa a loro, che a loro volta ne proseguiranno l'incremento (senza
partire da zero) e la trasmissione ai loro successori.
Ma ecco che, da noi, subiamo anche la sindrome di Sansone. Calzolari vuole che:
"muoia Sansone con tutti i Filistei ". Cos'altro è il dimissionamento
generalizzato dei docenti al limite dell'età pensionabile, senza riguardo alla
applicazione prudente che la nuova legge raccomanda, per prima, nel concedere i 2 anni
aggiuntivi di servizio, ex-art. 16 comma 1 del d.lgs. n. 503 del
1992 ?
Si
ricorda, in proposito, che nel nostro Ateneo ci sono già stati non pochi ricorsi al TAR
dellEmilia Romagna, che ha sospeso i decreti rettorali relativi, in attesa del
giudizio.
CIRCOLARE N. 10 del DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA
Riferimento all Art. 72 - "Personale dipendente prossimo al
compimento dei limiti di età per il collocamento a riposo". Decreto legge n. 112
del 2008 - "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, la stabilizzazione delta finanza pubblica e la perequazione -tributaria».
Con il decreto legge n. 112
de! 2008, convertito con modifiche in legge n. 133 del 2008 sono state previste
innovazioni in materia di trattenimento in servizio dei pubblici dipendenti ed è stata
disciplinata la risoluzione dei contratto di lavoro per i dipendenti che abbiano maturato
40 anni di anzianità contributiva. Chi vi è interessato trova qui di seguito il punto 2
della Circolare Ministeriale, per favorire la corretta interpretazione della complessa
legge.
......
......
2. Disposizioni relative al
trattenimento in servizio (commi da 7 a 10).
La
modifica del regime del trattenimento in servizio.
I commi da 7 a 10 dellart. 72 del d.l.
n. 112 hanno innovato la disciplina di cui allart. 16 comma 1 del d.lgs. n. 503 del
1992, modificando il regime dei trattenimenti in servizio. Lart. 16 comma 1 del
citato decreto, come modificato, prevede: È in facoltà dei dipendenti civili
dello Stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio, con effetto
dalla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421, per un periodo
massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo per essi
previsti. In tal caso è data facoltà all'amministrazione, in base alle proprie esigenze
organizzative e funzionali, di accogliere la richiesta in relazione alla particolare
esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti ed in
funzione dell'efficiente andamento dei servizi. La domanda di trattenimento va presentata
all'amministrazione di appartenenza dai ventiquattro ai dodici mesi precedenti il
compimento del limite di età per il collocamento a riposo previsto dal proprio
ordinamento.
Mentre
secondo la disciplina previgente, in caso di domanda, lamministrazione non era
titolare di discrezionalità nel disporre il trattenimento, dovendolo in ogni caso
accordare, in base al nuovo regime listanza
di trattenimento è soggetta a valutazione discrezionale e quindi può non essere
accolta dal datore di lavoro. La valutazione deve tener conto di alcune condizioni
oggettive:
-
le
esigenze organizzative e funzionali dellamministrazione,
-
la particolare
esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti e
lefficiente andamento dei servizi.
In
proposito, è opportuno che ciascuna amministrazione adotti preventivamente dei criteri
generali per regolare i trattenimenti in servizio, tenendo conto delle proprie
peculiarità, in modo da evitare condotte contraddittorie o incoerenti.
Tali criteri si configurano quale atto di indirizzo generale e quindi,
in linea con quanto previsto dallart. 4, comma 1, lett. a) e b), del d.lgs. n. 165
del 2001 dovrebbero essere contenuti nellatto di programmazione dei fabbisogni
professionali o adottati dallautorità politica o dagli organi di indirizzo. Nel
compiere le valutazioni, che dovranno trovare riscontro nella motivazione dellatto,
sarà opportuno tenere in debita considerazione il parere del responsabile della struttura
nella quale il richiedente è inserito.
Considerato che, in base alla normativa vigente, il trattenimento in
servizio viene disposto in relazione alle esigenze dellamministrazione e che il
citato art. 16 stabilisce che esso può avere la durata massima di un biennio, lo
stesso può essere motivatamente accordato anche per un periodo inferiore al biennio.
La
nuova disposizione fissa poi dei termini per la presentazione dellistanza da parte
dellinteressato e, cioè, dai 24 ai 12 mesi antecedenti il compimento del limite di
età per il collocamento a riposo previsto dal proprio ordinamento. La previsione di tali
termini è funzionale alle esigenze organizzative dellamministrazione, che deve
poter compiere una valutazione a medio termine nellambito della programmazione dei
fabbisogni professionali. In tale contesto si spiegano anche le norme di cui ai commi 9 e
10, che prevedono interventi di riesame di fattispecie già concesse, in quanto riferite a
trattenimenti in servizio con decorrenze spostate nel tempo, che quindi devono essere
rivalutate anche al fine di rendere reale ed immediata lefficacia del nuovo regime.
La
fase transitoria.
Una volta enunciata la disciplina di regime
nel comma 7, i commi da 8 a 10 dettano le regole da applicare per gestire la fase
transitoria.
In particolare, il comma 9 dispone che: Le amministrazioni di
cui al comma 7 riconsiderano, con provvedimento motivato, tenuto conto di quanto ivi
previsto, i provvedimenti di trattenimento in servizio già adottati con decorrenza dal
1° gennaio al 31 dicembre 2009.
Il successivo comma 10
prevede invece che: I trattenimenti in servizio già autorizzati con effetto a
decorrere dal 1° gennaio 2010 decadono ed i dipendenti interessati al trattenimento sono
tenuti a presentare una nuova istanza nei termini di cui al comma 7..
Il comma 8, come risultante dalle modifiche apportate in sede di
conversione, recita: Sono fatti salvi i trattenimenti in servizio in essere alla
data di entrata in vigore del presente decreto e quelli disposti con riferimento alle
domande di trattenimento presentate nei sei mesi successivi alla data di entrata in vigore
del presente decreto..
Linterpretazione del comma 8 citato va compiuta tenendo
conto della complessiva disciplina e, quindi, la disposizione deve essere considerata in
relazione a quanto previsto dal precedente comma 7 e dai successivi commi 9 e 10.
Ciò
premesso, la modifica del comma, operata in sede di conversione, innanzi tutto consente di
superare una lacuna che presentava il testo originario del decreto legge in riferimento
allipotesi di istanza di trattenimento presentata da coloro i quali avrebbero
compiuto il limite di età per il collocamento a riposo prima di 12 mesi dopo
lentrata in vigore del decreto legge (25 giugno 2008), termine fissato dal terzo
periodo dellart. 16 comma 1 come modificato dal d.l. n. 112. Infatti, in base a
quanto previsto dal vigente comma 8 dellart. 72, anche coloro che compiono il limite
massimo di età prima del 25 giugno 2009, se non hanno già provveduto in precedenza a
presentare la relativa domanda, possono produrre istanza di trattenimento.
In sostanza, i dipendenti che compiono il limite massimo di età entro
il 25 giugno 2009 e che intendono chiedere il trattenimento in servizio debbono presentare
la relativa domanda allamministrazione di appartenenza entro il 27 dicembre 2008. Si
tratta di casi in cui il periodo di trattenimento in servizio può iniziare a decorrere
nellanno 2008 o nellanno 2009.
Peraltro, la disciplina relativa alla gestione della fase transitoria
di cui al comma 8 dellart. 72 rende possibile la presentazione della domanda di
trattenimento entro il termine del 27 dicembre 2008 anche a coloro che compiranno il
limite massimo di età entro il 27 dicembre 2009 che non hanno provveduto alla
presentazione della stessa rispettando il termine dei 12 mesi.
Se, ad esempio, un soggetto dovesse compiere il limite massimo di età
il 1° agosto 2009 e non avesse già provveduto a presentare la domanda di trattenimento,
ha facoltà di farlo entro il 27 dicembre 2008, in quanto la norma prevede espressamente
la deroga, durante la fase transitoria, al rispetto dei termini di cui al comma 7.
Resta
inteso che coloro che compiranno il limite massimo di età successivamente al 27 dicembre
2009 saranno tenuti al rispetto dei termini di cui al comma 7 dellart.72.
Inoltre, in base alla nuova norma, sono fatte salve le eventuali
istanze presentate prima del 25 giugno 2008 che ancora non fossero state esaminate
dallamministrazione.
Occorre precisare poi che le domande presentate entro la predetta data
del 27 dicembre 2008 sono soggette ad un regime differenziato a seconda che la decorrenza
del trattenimento sia precedente o successiva al 1 gennaio 2009. Infatti, il comma 8 in
esame deve essere letto in connessione con il successivo comma 9, il quale, come visto,
prescrive alle amministrazioni di riconsiderare i trattenimenti già disposti con
decorrenza 1 gennaio 2009 alla luce della nuova disciplina (di cui al comma 7). In tale
contesto, il regime applicabile alle domande di trattenimento con medesima decorrenza deve
essere analogo.
Quindi, le domande presentate nel periodo antecedente allentrata
in vigore del decreto legge non ancora evase dallamministrazione e quelle presentate
entro i 6 mesi successivi lentrata in vigore del decreto stesso debbono essere
valutate a seconda della data di decorrenza del trattenimento:
- se la decorrenza del
trattenimento è precedente al 31 dicembre 2008, listanza dellinteressato deve
essere accolta e il trattenimento deve essere disposto; in tal caso, infatti, trova
applicazione il precedente regime, di cui allart. 16 del d.lgs. n. 503 del 1992
prima della modifica operata con il d.l. n. 112, secondo il quale lamministrazione
non aveva discrezionalità nel concedere il trattenimento;
- se
invece la decorrenza del trattenimento è successiva al 31 dicembre 2008, allora la
domanda di trattenimento va valutata in base a quanto previsto dallart. 16 comma 1
del d.lgs. n. 503 del 1992 come modificato dal comma 7 dellart. 72 del d.l. 112 e,
conseguentemente, la decisione sul trattenimento deve essere il frutto di una ponderazione
discrezionale da parte dellamministrazione alla luce dei parametri individuati dalla
norma (esigenze organizzative e funzionali dellamministrazione, particolare
esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti e
lefficiente andamento dei servizi).
Da
quanto esposto risulta chiaro che la norma contenuta nel comma 8 dellart. 72 in
esame non consente di per sé di far salvi i trattenimenti che hanno decorrenza successiva
al 1 gennaio 2009, poiché questi sono assoggettati al nuovo regime, con la conseguenza
che laccoglimento dellistanza è subordinato alla valutazione discrezionale
positiva dellamministrazione stessa.
Resta inteso che, secondo quanto previsto dal citato comma 8,
rimangono comunque salvi i trattenimenti già in corso alla data di entrata in vigore del
decreto legge.
Inoltre, in base alla previsione del comma 10, i trattenimenti già
disposti con decorrenza 1 gennaio 2010 decadono automaticamente e le relative domande
debbono essere ripresentate nei termini di cui al novellato art. 16 comma 1 del d.lgs. n.
503 del 1992.
Il
raccordo con le previsioni di cui al comma 11 dellart. 72.
Occorre evidenziare che lapplicazione delle norme ora
esaminate deve essere raccordata con la nuova disciplina sulla risoluzione del contratto
di lavoro contenuta nel comma 11 dellart. 72 in riferimento a quei dipendenti che
hanno maturato il requisito dellanzianità contributiva di 40 anni, secondo quanto
si dirà nel paragrafo 3.
Trattenimento
in servizio del dipendente privo dei requisiti contributivi minimi per il diritto a
pensione.
Si segnala infine che, in linea con i principi enunciati
dalla Corte costituzionale, in caso di domanda, lamministrazione è comunque tenuta
a disporre il trattenimento in servizio per quei dipendenti che non hanno ancora raggiunto
il requisito di contribuzione minimo per la maturazione del diritto a pensione (Corte
costituzionale, n. 282 del 1991, nella quale si afferma che: Il principio
(
) secondo cui non può essere preclusa, senza violare lart. 38, secondo comma
della Costituzione, la possibilità per il personale (
) che al compimento del
sessantacinquesimo anno quale che sia la data di assunzione non abbia ancora
maturato il diritto a pensione, di derogare a tale limite per il collocamento a riposo, al
solo scopo di completare il periodo minimo di servizio richiesto dalla legge per il
conseguimento di tale diritto, non può che avere (
) valenza generale.. |
Riceviamo e giriamo dall'Associazione "AGORA"
(di E. Lorenzini e G. Porzi)
Le domande poste da AGORA' ai Candidati sono sotto riportate, ma in sintesi si
riducevano a rispondere al quesito della continuità o meno con questa gestione, che al di
là del cumulo di incarichi ad 'alcuni', ha fatto diminuire il numero degli studenti di
18.000 unità. Bisognerà che i Colleghi leggano tra le righe, perchè ciò che si
chiedeva era la concreta prova di quanto affermato. Auguri a tutti, nel bene supremo dell'
Ateneo, che si raggiunge non con sofisticate tecniche contabili, ma soprattutto con
capacità gestionali e tagliando sperperi e velleità inutili di 'grandeur '.
|
Enrico Lorenzini
|
|
QUESTIONARIO ai
CANDIDATI a RETTORE |
GC. Barbiroli |
Dario Braga |
G. Cantelli Forti |
Andrea Segrè |
G. Sassatelli |
Roberto Grandi |
Ivano Dionigi |
Due domande
|
1) in
quali delibere - quelle che rappresentano nel loro complesso l' attuazione della politica
rettorale - negli ultimi anni di tua permanenza in uno degli Organi Accademici hai
manifestato (o l' avresti manifestata se presente ) una significativa differenziazione
rispetto agli ODG presentati. Ricordane un paio. 2) quali delle attuali
scelte del Rettore ritieni siano state particolarmente negative rispetto alla difficile
situazione presente , come ti sei opposto e quale sarebbe una buona soluzione ( visto
anche quanto dichiarato da Roversi- Monaco su ''Il sole-24 ore'' di mercoledi passato: ''
Diversamente da quel che molti sostengono, l'ateneo di BO ha ricevuto finanziamenti in
abbondanza , non certo meno di altri Atenei. '' ) |
Nota. "Il prof. Barbiroli non ha risposto ai quesiti, ma
la sua posizione è chiarissima, ' di rifacimento totale ', e in più essendo partito in
forte ritardo ...deve svolgere in continuazione colloqui" (E.L.) |
|
Dario
Braga
Cari Lorenzini e Porzi vi
ringrazio molto per l' opera che svolgete di continuo stimolo al dibattito in Ateneo. Nel
merito dei vostri quesiti la mia risposta non sarà dettagliata vista la quantità di
delibere sulle quali si potrebbe aprire un dibattito. Il mio progetto è disponibile da un
anno e mezzo e ne ho pubblicato diversi stralci sulla stampa locale. Sono intervenuto di
volta in volta anche su argomenti "hot" quali la discussione sullo statuto, la
politica delle risorse, la FAM, la Romagna, il problema del finanziamento del dottorato di
ricerca, la "piramide di genere", il rapporto con il mondo delle imprese, la
questione edilizia e l'urbanistica universitaria. Sul "che fare ?" non posso che
rimandarvi a quella fonte, pubblica, aperta e dalla quale tanti hanno attinto. Su eventi
recenti, ci tengo, però, a darvi la mia opinione. Ho condiviso, ad esempio, la decisione
di adottare il limite dei 70 anni come da DL133 ma ho anche proposto (per ora inascoltato)
di introdurre una forma contrattuale snella e sostanzialmente non onerosa, legata alla
didattica e/o alla ricerca, per continuare ad avvalersi dei colleghi senior laddove utile
alle facoltà o ai dipartimenti. Non ho condiviso l'allarme sul dottorato di ricerca,
convinto come ero e sono che: a) le risorse avrebbero dovuto essere reperite da subito
attingendo ad altre voci di bilancio in apparenza "comprimibili" (comunicazione,
partime studentesco, tutorato ecc - dove sta scritto che il dottorato di ricerca deve
essere in carico esclusivamente all'area della ricerca ? ... il "bologna
process" lo colloca correttamente al terzo livello della formazione...) (b) si
sarebbe anche potuto adottare una politica più selettiva agendo sui dottorati
manifestatamente improduttivi dal punto di vista scientifico. Non ho condiviso i ritardi,
e nemmeno la bozza che ho avuto modo di vedere, per la formulazione dei contratti per
ricercatore. Abbiamo, però, bisogno di questo strumento con urgenza.(cont.) |
G.
Cantelli Forti
Cari Colleghi, con il programma che è in corso
di invio per e-mail, rispondo in maniera più ampia e più compiuta ai vostri quesiti. Dal
2000, le mie posizioni critiche sono ben note in quanto a differenza di altri Componenti
degli Organi accademici, ho ritenuto doveroso esprimerle pubblicamente e farle riportare
puntualmente nei verbali del Senato Accademico, prima, e del Consiglio di Amministrazione,
poi. Proprio il fatto di avere espresso ben prima dell'avvio della campagna elettorale
numerosi rilievi critici, necessari anche se impopolari, rende credibile l'impegno di
mettere a disposizione di tutta la Comunità Accademica le mie competenze gestionali e
amministrative. Queste sono documentate dai risultati ottenuti negli incarichi
istituzionali che ho ricoperto e ancora ricopro. Scorrendo l'ampio fascicolo di tutti i
miei interventi in Consiglio di Amministrazione 2005-2008, posso in particolare segnalare
la mia opposizione a: - programmi di interventi dell'Ufficio Tecnico, mancate o sospese
realizzazioni edilizie nell'ambito del Policlinico S.Orsola-Malpighi - trasferimento dei
beni dei Dipartimenti Universitari ai DAI (Dipartimenti ad attività integrata) -
riorganizzazione dell'Amministrazione con proposta di istituzione della figura del
Direttore Generale - proliferazione della nomina di Dirigenti - trasferimento di
consulenti esterni con assunzione in posizioni di EP - posizione critica sulla questione
UNIMATICA - "fattispecie" di selezione per la copertura della posizione di
Dirigente presso il Polo di Rimini - opportunità e modalità di selezione del nuovo
Direttore Amministrativo Per quanto concerne la seconda domanda, credo che gli esempi che
ho riportato siano indicativi di scelte da me non condivise in senso istituzionale e verso
le quali appunto mi sono opposto con interventi da me scritti e riportati a verbale. In
particolare, numerosi di questi interventi riguardano la gestione del bilancio, gli
sprechi e la non corrispondenza tra le costanti lamentele di mancanza di fondi assegnati
dal Ministero rispetto a quanto effettivamente risultato dalla tabelle ministeriali
stesse. Vi ringrazio e vi saluto cordialmente. Giorgio Cantelli Forti |
Andrea
Segrè
Cari
Colleghi, non ritengo di dover dare una risposta puntuale ai quesiti sollevati, piuttosto
mi preme sottolineare che la discontinuità da voi richiamata corre lungo tutto il mio
programma rettorale, senza tuttavia disconoscere ciò che ha reso grande la nostra
Università. Lo sforzo che intendo compiere insieme alla Comunità di docenti,
ricercatori, studenti e personale tecnico-amministrativo rappresenta un'occasione ed una
sfida per migliorare il sistema di governo del nostro Ateneo, che presenta accanto a
indubbi punti di forza, anche innegabili aspetti critici. Nel mio programma ho scritto che
occorre un progetto coraggioso, di rinnovamento e rilancio che si ponga in forte
discontinuità con la situazione attuale. Una discontinuità che pone, fra le funzioni
delle due amministrazioni, un salto di efficienza e di cambiamento dei meccanismi di
governo della nostra Università. Un'azione partecipata in grado di valorizzare l'eredità
storica e la vocazione nazionale e internazionale del nostro Ateneo in una logica mirata
al superamento di sterili contrapposizioni. Un caro saluto Andrea Segrè |
G. Sassatelli
Caro Lorenzini, scusa se rispondo solo ora al tuo messaggio del 7 aprile. Mi è facile
risponderti. Ho sempre tenuto in Senato Accademico una coerente posizione di vigilanza
critica su quanto veniva discusso e proposto. Sono stato coerentemente
"all'opposizione" tutte le volte (molte) in cui vedevoc ose che non andavano.
Poi vedo che recentemente "essere all'opposizione" è diventato di moda. Magari
se qualcuno dei receti "oppositori" si fosse "scoperto" un po' di
tempo fa...mi sarei sentito meno solo. Visto che mi fai domande precise...mi è facile
risponderti. Perchè sono state molte le occasioni in cui ho espresso una mia
"significativa differenziazione rispetto agli ODG presentati". Ne cito solo
alcune. Quando si è discusso del turn-over 2088, poco prima dell'estate. Qui, più o meno
da solo ho cercato di fare in modo che venissero dati più punti possibile alle Facoltà
visto che forse sarebbe stata l'ultima occasione di avere concorsi (e così è stato). Ho
scritto lettere al Rettore e ho sostenuto questa cosa in Senato, con molta convinzione.
Niente da fare, naturalmente Sulle modifiche di Statuto e in particiolare sulla
possibilità di prorogare gli organi per riuscire a fare la modifica di Statuo. Anche qui
ho avuto una posizione che è stata...battuta Sulle modalità di aumento delle tasse. Qui
invece in Senato, dopo accesa discussione nella quale ho avuto parte molto attiva siamo
riusciti a modificare una proposta della Giunta - unico caso che ricordo. Non sto a
ricordare altri episodi. Quanto alla tua seconda domanda "quali delle attuali scelte
del rettore siano state particolarmente negativa rispetto alla..." credo sia
sufficiente che tu tenga conto di quanto dico da un po' di mesi in campagna elettorale. E
magari se hai pazienza guarda un po' di documenti sul mio sito www.giuseppesassatelli.it
Cari saluti Beppe Sassatelli |
Roberto
Grandi
Cari Lorenzini e Porzi,
mi scuso per il ritardo ma in questo periodo le sollecitazioni sono numerose. Con
cordialità. 1. Qualche anno fa è stata approvata una delibera che attribuiva la
Palazzina della Viola alle Relazioni Internazionali, che non hanno una sede propria
nonostante debbano trattare le relazione con oltre 3000 studenti di scambio e il primo
approccio (di carattere amministrativo) con tutti i docenti e ricercatori che passano dal
nostro Ateneo. In qualsiasi parte del mondo è questa una sede prestigiosa perché
costituisce, con il Rettorato, il biglietto da visita di una università. Inoltre, questa
ristrutturazione avrebbe offerto all'Ateneo un'altra aula per conferenze a disposizione di
tutti. La mia differenziazione non è nei confronti della delibera, che condivido
totalmente, ma nei confronti di ciò che è avvenuto successivamente. Una delibera che
giudico positiva per l'Ateneo è rimasta sostanzialmente lettera morta per almeno cinque
anni. La Palazzina della Viola è tuttora inutilizzata e da ristrutturare e le Relazioni
Internazionali sono ancora prive di una sede. Mi domando se ho fatto tutto quello che
avrei potuto o dovuto fare perché, di solito, prima di imputare responsabilità agli
altri mi interrogo sulle mie. Un aspetto che mi lascia perplesso fa riferimento alla
questione del "rinnovo dello Statuto d'Ateneo". Non essendo riusciti ad
autoriformarci lo dovremo fare in seguito alla approvazione del decreto legge sulla
Governance. In questo caso la mia perplessità è sui tempi e sulle modalità. Anche in
questo caso mi domando se l'insuccesso è dovuto alla volontà di una sola persona o alla
responsabilità di tanti che, pur sedendo nella Congiunta di Ateneo e avendo la
possibilità di influenzare i temi e i tempi del dibattito, hanno fatto in modo che si sia
arrivati a un nulla di fatto? 2. Non ho letto il Sole 24 Ore a cui si fa riferimento e non
so quindi che cosa abbia dichiarato il collega Roversi Monaco. Per quanto riguarda quella
che definite la "difficile situazione presente" ho elaborato un programma (che
invito ciascuno di voi a leggere: www.robertograndi2009.it) molto dettagliato in cui sono
presenti: a) una analisi del contesto locale, nazionale e internazionale b) le misure
concrete che per ciascuna area tematica propongo. Il contesto in cui ci muoviamo è,a mio
avviso, radicalmente cambiato rispetto a quello degli ultimi otto anni, tanto che le
misure che propongo sono radicalmente diverse, nella maggioranza dei casi, da quelle
proposte in precedenza. Questo non per il gusto di marcare una qualche discontinuità, ma
perché la realtà che mi troverò davanti come Rettore, se sarò eletto, ha marcato una
ampia discontinuità con il passato. Roberto Grandi |
Ivano
Dionigi
Caro Enrico, ti ringrazio per la
sollecitazione, e mi scuso per non averti già risposto. Come tu sai, a più riprese e con
diversi ruoli sono stato negli Organi di Ateneo (Consiglio di Amministrazione e Senato
Accademico); è stata mia prassi rendere sempre conto ai Colleghi che mi hanno eletto
(avendo ricoperto solo cariche elettive) e consultarmi con loro anche a fronte di
decisioni delicate e impegnative; a quegli stessi Colleghi che nelle varie scadenze mi
hanno empre riconfermato la loro fiducia. E così ho fatto anche negli ultimi 6 alla guida
del Collegio dei Direttori: dove a fronte di diverse problematiche e anche molte
"anime" ho cercato sempre di adoperarmi per quello che mi ostino a chiamare e
credere "il bene comune". Capirai che anche in questa occasione, pur in presenza
della tua cortese e comprensibile istanza, desidero attenermi al mio comportamento
abituale. Con la cordialità e la stima di sempre. Ivano Dionigi
|
(Braga continua). Non ho condiviso le recenti scelte di
bandire un elevato numero di avanzamenti verticali e di nuovi posti di EP per la
riconversione di contratti di dirigenza, né ho condiviso la delibera che ha dato avvio
alla procedura di selezione del nuovo direttore amministrativo prima della elezione del
nuovo Rettore (fermo restando che il Rettore eletto potrà scegliere un candidato/a tra la
rosa proposta dalla commissione oppure chiedere che la selezione sia ribandita per
mancanza di idonei). Ho invece condiviso la politica di stimolo alla ricerca scientifica e
ho applaudito ai risultati ottenuti in sede di raccolta di finanziamenti europei - mentre
non condivido (con luci eombre) la gestione delle trattative sui tecnopoli con la Regione.
A proposito dei rapporti con la Regione, non condivido né la gestione delle trattative
sulla integrazione stipendiale del personale universitario con attività clinica, né -
complessivamente - la gestione del rapporto con il SSR e con le Aziende Sanitarie di
nostro riferimento. Ad esempio il personale universitario presso l' Azienda USL
andava/va/andrà molto meglio tutelato. Non condivido la spinta a realizzare i progetti di
ARIC "tutti e subito". Le risorse sono poche e occorre tempo per sperimentare le
diverse iniziative. Il "lancio simultaneo" di tutte le iniziative di ARIC -
prescindendo dal merito - non è una buona scelta organizzativa e gestionale. Meglio
sarebbe stato, anche in considerazione della transizione in atto, graduarne
l'implementazione. Non ho condiviso la gestione della vicenda "statuto", né ho
condiviso la decisione della congiunta, dove molte voci che oggi si fanno sentire hanno
taciuto quando si trattava di reclamare il voto per i ricercatori. In ultimo sottolineo
alcuni aspetti del bilancio. Il bilancio 2009 non è un "bilancio di guerra".
Sono necessarie delle razionalizzazioni e dei rientri di spesa, certamente è possibile
tagliare in maniera selettiva su alcune voci che ho già elencato in passato e
reindirizzare la spesa. La mia idea è quella di perseguire una massiccia liberalizzazione
per consentire ai dipartimenti di acquisire risorse direttamente. Ho invocato una
"Bassanini d'Ateneo" per la semplificazione burocratica, indispensabile per
rendere più efficace la capacità di attrarre finanziamenti dall'esterno sia dalla
ricerca sia dalla formazione. Avviando una tenace e "non guardo in faccia a
nessuno" campagna di razionalizzazione della spesa è possibile presentarsi ai tavoli
di trattativa - in particolare quello con il governo nazionale e con il governo regionale
- con le carte in regola e confrontarsi con i diversi governi avendo a cuore l'esclusivo
interesse dell'Università. Credo - e lo sostengo con vigore - che il Rettore Calzolari
abbia dato un contributo importante a radicare il concetto della necessità della
valutazione per decidere la politica di allocazione delle risorse. Molto c'è ancora da
fare, ma il lavoro è ben impostato.Credo anche che presentarsi oggi a un governo che sta
agendo in maniera severa sul sistema universitario (notate il termine "severo")
con il bilancio in ordine sia stato il miglior risultato che si potesse ottenere e ci dà
una grande carta da giocare su quel tavolo di trattativa. Come vedete coerentemente con la
mia scelta di totale autonomia né condivido né butto via a scatola chiusa. Ci sarebbe
ancora molto da dire: edilizia, reclutamento, offerta formativa, gestione del conto terzi,
ecc ma per questo non posso che rimandare al programma su www.dariobraga.it che sta
ricevendo l'appoggio palese di tanti colleghi di aree diverse. Sperando con questo di aver
contribuito alla vostra iniziativa cordialmente vi saluto Dario Braga |
Virginio Pilo'
|
Virginio
Pilo'
A parte la "parzialità"
di certa stampa che ha oscurato alcuni candidati ...
**** |
|
Chi andrà
al ballottaggio con
CANTELLI FORTI ?
DIONIGI * oppure SEGRE' ** ?
***
|
|
* appoggiato dal PD |
**appoggiato dalla CGIL e da ambienti cattolici |
|
Premessa.
Trovo la campagna elettorale riportata dai quotidiani locali assolutamente squilibrata e
ben lungi dal rappresentare una pur minima condizione di parità espressiva.
Quale differenza rispetto agli incontri pubblici con i Candidati a Rettore, patrocinati
dal Gruppo dei 30... !
Credo che le vistose lacune e, viceversa, gli spazi concessi dai quotidiani siano il
riflesso di una sottintesa etichettatura politica appiccicata addosso ai
candidati fin troppo schematica e poco adatta
ad un utile ragionamento sulla realtà universitaria.
Senza tornare sulle supposte appartenenze politiche, ribadisco, tuttavia, che
lestrema trasversalità politica della docenza universitaria mal si adatta ad una
lettura classica da scienze politiche; più conveniente è adottare lenti che
permettano di decifrare i vari committenti o sponsor dei
candidati, come ho già suggerito a proposito delle relazioni tra Regione
Emilia Romagna e Università nellera di Calzolari.
Tramite queste lenti è dunque possibile leggere il ruolo di partiti, sindacati ed
associazioni che, più o meno velatamente, supportano il proprio candidato.
Lo stato dellarte.
I miei ultimi ragionamenti, sicuramente aleatori e soggetti a rapida smentita,
sono maturati soprattutto dallimpressione ricevuta nei confronti pubblici promossi
dal Gruppo dei 30 e dai miei sondaggi personali che svolgevo a
margine di queste iniziative con i candidati e la loro efficacia argomentativa.
Ho dunque limpressione che, a pochi giorni dal primo turno di votazioni, la
lotta si sia fatta più serrata tra i due principali delfini della
continuità, Segrè e Dionigi, per la conquista del posto al ballottaggio, in opposizione
al principale candidato della discontinuità, Cantelli Forti.
A naso, infatti, direi che le principali possibilità di competizione si giochino in
questa terna.
E naturale immaginare i turni successivi caratterizzati da una frenetica ricerca di
apparentamenti tra i candidati esclusi dal ballottaggio con gli sfidanti
finali.
Analogamente a quanto avviene per le elezioni amministrative, è fisiologico che ciò
avvenga. Sarebbe bello, tuttavia, se ciò avvenisse in trasparenza ed a fronte di
affinità programmatiche, e non altro.
Mi pare anche di percepire un certo movimento anticipato rispetto a questi
accordi che, se possono ritenersi fisiologici DOPO il primo turno di
votazioni, appaiono quanto meno bizzarri PRIMA.
La geopolitica accademica.
Qui una nuova premessa è necessaria. Il partitone bolognese, il PD,
è oggi letteralmente terrorizzato dallidea della possibile perdita del Comune di
Bologna alle elezioni amministrative del 6 e 7 giugno p.v. . Destinato ad un sicuro
ballottaggio, il PD non può permettersi certo il lusso di perdere anche il nostro ateneo,
secondo ente per importanza cittadina e finanche regionale.
Immagino dunque una sua strategia che si articola in una trama tendente a ricucire e
trattenere, come la tela di un ragno, ambiti e personalità che, disincantati da nove anni
di reggenza calzolariana, difficilmente potrebbero sentirsi rappresentati fin dal primo
turno da un unico candidato. Tanto più, poi, se questi fosse diretta espressione del
rettore uscente.
E scontato, dunque, il lavoro sotterraneo del partitone bolognese in
appoggio di Dionigi. Rilevo invece una
simpatia più accentuata della CGIL nei confronti di Segrè. Questultimo, lho già detto,
gode della simpatia dellambiente cattolico/solidaristico, sicché è un prezioso
collettore da tenersi in alta considerazione.
Lapproccio, seppure possa apparire schizofrenico, è però articolazione di
ununica intelligenza. Sono questi, in fondo, gli apparati che muovono in
favore di una ricercata continuità.
Grandi, pur appartenendo a pieno titolo a certa
nomenklatura, non mi pare in grado di raggruppare grandi numeri, tali almeno da arrivare
al ballottaggio.
Le facoltà umanistiche, pur nellimbarazzo della scelta tra ben tre candidati,
paiono decisamente orientate verso una conservazione dellattuale establishement.
Parziale eccezione sembra incarnarla Braga,
eclettico e obliquo rispetto ai confini geoaccademici attuali, e raccoglitore
di un endorsement di tutto rispetto.
Braga, sostenuto per lo più dalla sua Facoltà (Scienze), ottiene infatti
lesplicito appoggio di un certo numero di docenti di Lettere, Scienze Politiche,
Giurisprudenza e, soprattutto, di Ingegneria. Potrebbe quindi scombinare certi asset che,
da questultima Facoltà, sono indispensabili per garantire la continuità di
Calzolari. Il possibile
Pierino della situazione diventa dunque oggetto di concupiscenza per certuni.
Per chi
?
Sarò malizioso, ma le visite di Braga al DEIS, lattuale cabina di regia
di Calzolari, mi paiono indirizzate fin da ora ad una convergenza su Dionigi,
il delfino su cui si stanno indirizzando gli sforzi ora più consistenti di Calzolari,
anziché su Segrè come parevano invece in un primo tempo.
Insieme a Grandi, dunque, potrebbe configurarsi un valido portatore
dacqua nel momento decisivo, ovvero al ballottaggio. In conclusione, non mi
stupirei se, subito dopo i primi turni di tutti contro tutti, dovessimo
assistere ad una convergenza di Braga, Grandi, Segrè e Dionigi sul più
votato tra loro. Sempre maliziosamente, credo che laccordo sia già esistente.
Personalmente rimango della mia iniziale convinzione, ovvero che Dionigi sia
lespressione finanche più dura della continuità calzolariana, mentre
Segrè ne rappresenta la versione più dialogante. In
ogni caso, entrambi sarebbero comunque rigidamente subordinati ad un quadro politico
capace di passare e decidere - tranquillamente sopra le loro teste.
Lopposizione allestablishement.
Se le cose stanno così, per ciò che riguarda la continuità, la possibile
discontinuità vede in posizione sicuramente privilegiata Cantelli Forti. Ben inserito e
conosciuto in ambito nazionale e profondo conoscitore dei meccanismi amministrativi (anche
più dei nostri stessi dirigenti
) e già capace oppositore di Calzolari,
è in grado di dialogare e lavorare allo sviluppo dellAteneo garantendo anche la
collaborazione delle Amministrazioni di sicura fede PD.
Lo sviluppo del Polo di Rimini, di cui è presidente, grazie alla collaborazione ottenuta
da parte del Comune e della Provincia di Rimini, dei principali soggetti economici e di
tutte le autorità locali, parla da sé. Un tangibile esempio di idee e concretezza
apprezzate da tutti, da destra a sinistra.
Il suo handicap, tuttavia, è lisolamento in caso di apparentamenti al secondo
turno.
Il fronte dellopposizione, infatti, pur avendo molti punti in comune non riesce a
fare squadra.
Barbiroli rappresenta la monotematicità dellistanza di riscrittura di regole di
trasparenza e pubblicità degli atti amministrativi. Ne condivido pienamente lo spirito e
la proposizione, per ragioni di idealità ed ancor più per esperienza vissuta.
Difficile, però, che il suo canto solitario possa avere soddisfazione se vince la
conservazione
Laltro personaggio forte, ascrivibile al fronte dei sinceri critici al
governo di Calzolari, Sassatelli, rilascia dichiarazioni di contrarietà ad accordi
per prorettorati ai turni successivi. Altra bella proposizione, ma segnale che mal
si concilia, purtroppo, per chi continua a sperare invece in una possibile squadra
di governo in cui lapporto di una persona come Sassatelli sarebbe un
preziosissimo valore aggiunto.
E se
? Fantarettorato o utopia?
Sono affascinato dallidea di un fantarettorato che potrebbe
disegnarsi intorno a Cantelli e Sassatelli.
Dato il contesto, mi pare questa, oggi,
la più sicura espressione di indipendenza, capacità di dialogo con tutti i soggetti
istituzionali e non, unita ad una collaudata capacità amministrativa.
Sono queste, in fondo, le condizioni essenziali per riacquisire lautorevolezza
necessaria per il rilancio di un Ateneo che, accanto alla gloria ed al blasone del più
antico Studio mondiale, vive un declino che oggi pare inarrestabile.
Ma è proprio necessario che rimanga, appunto, unidea fantastica
?
Virginio Pilò. |
Virginio Pilo'
|
Virginio Pilo'
LUniversità di Bologna,
cassa sussidiaria della Regione ?
Anche un profilo dei candidati,
uno per uno ...: |
|
- quelli del partito di
Calzolari" (Grandi, Dionigi, Segrè) e
- quelli delpartito di opposizione a Calzolari" (Sassateli,
Cantelli).
- Eclettico (Braga) |
|
|
1.- I partiti
della docenza. Se dobbiamo indicare, per economia di ragionamento, diversi
partiti a cui iscrivere i diversi candidati, possiamo individuare il
partito di Calzolari e il partito dellopposizione a
Calzolari. 2.- Il contesto politico e la vittoria del
partito di Calzolari. Il primo, va da sé, vede alla sua
testa un potente alleato, il partito della Direzione Amministrativa attuale,
che altri non è che il trait dunion con lEnte più forte sul territorio: la
Regione Emilia Romagna. Lo avrò scritto tantissime volte, ma è sempre bene ribadirlo: è
il rapporto assolutamente squilibrato tra lUniversità e la Regione una delle
principali cause dellattuale dissesto (e decadenza) del nostro ateneo, ad iniziare
dai pasticci più volte denunciati consumati intorno alla Facoltà di
Medicina e con spese che ancora lateneo si trascinerà per eredità. Un
rapporto che pagava proprio la stessa elezione di Calzolari in nome di una
riconquista del Partitone sullistituzione più importante e numerosa in
Emilia Romagna dopo la Regione, soprattutto dopo aver ricevuto la scoppola della sconfitta
amministrativa del Comune di Bologna ad opera di Guazzaloca.
La precedente esperienza imperiale di Roversi Monaco, dopo
uniniziale collaborazione, era stata mal tollerata dallallora PCI, poi PDS,
poi
., ed occorreva un fido in Via Zamboni 33. Calzolari,
coadiuvato (diretto) da una Direzione Amministrativa nota per la sua
amicizia coi piani alti di Viale Aldo Moro, si presentava come il candidato
ideale per eseguire interessi che, in realtà, poco e male si sarebbero conciliati con
lUniversità. Il finanziamento di importanti opere edilizie della Sanità
Regionale, non a caso, sarà infatti coperto dallateneo bolognese. Più volte è
stato detto che Bissoni, lAssessore Regionale alla Sanità, era il vero redattore di
tante discusse e discutibili delibere presentate in CdA. LUniversità di Bologna,
insomma, è diventata una cassa sussidiaria della Regione. A ciò si aggiunga una lunga
serie di spese per consulenze e/o progetti che, a seguito di puntigliose e
coraggiose denunce ed atti da parte di ALCUNI Consiglieri dAmministrazione e
Senatori Accademici, sono state oggetto di ricorsi, di interrogazioni parlamentari e
persino di condanne. Il profilo politico di Calzolari era, fin dal primo anno, sicuramente
imbarazzante. Già si intuiva chi e cosa avesse servito. Il bilancio di fine
mandato è divenuto poi talmente imbarazzante da indurre i suoi stessi delfini
a cercare di marcarne le distanze.
3.- Il partito dellopposizione a Calzolari.
Quanto mai eterogeneo, mi ha visto tra i suoi (ideali) aderenti. Dapprima in veste
di rappresentante sindacale, poi in veste istituzionale di Consigliere
dAmministrazione, sono stato tra coloro che (forse tra i primi) hanno denunciato
quanto qui sopra accennato. Premetto che non ho mai avuto, né ho adesso, difficoltà ad
esprimere la mia identità politica: sono comunista. Con tale premessa non ho mai nemmeno
incontrato difficoltà ad incontrare e confrontarmi con vari docenti che, al mio pari, pur
essendo di orientamento profondamente diverso dal mio, quando non addirittura opposto,
condividevano le identiche preoccupazioni sulla tenuta istituzionale
dellUniversità di Bologna retta da siffatta dirigenza. Le differenze di
vedute sui vari argomenti, dalla contrattazione nazionale a quella integrativa, restavano
evidentemente nellassunzione dei rispettivi ruoli di rappresentanti di diversi
ceti. Fisiologico e salutare, direi
Non fosse altro che una
totale armonia e sintonia contrattuale tra docenti e tecnici amministrativi, più che
difficile, la reputo innaturale nel contesto odierno.
Tuttavia
Le differenze di impostazione contrattuale, spesso, svanivano
allorquando si doveva discutere di utilizzo dei fondi (non indifferenti, vista
lentità
) per progetti che, come già detto, mal si conciliavano con gli
interessi dellUniversità. Intorno al tema del rispetto istituzionale
dellUniversità e della sua ragione sociale ho dunque sperimentato, non senza una
certa sorpresa, una concordanza con persone che mai avrei ritenuto possibili
alleati. Eppure è successo. Non sono stato, dunque, il solo a
denunciare ed opporsi a scelte operate da Calzolari & Co. Alcuni di questi, lo dico
con soddisfazione, sono oggi tra i candidati a Rettore oppure lo sostengono.
4.- Tre delfini, un pesce remora, due pesci pilota. E una sorpresa
dellultima ora. Per quanto sia dunque comodo e conveniente oggi dire:
io mi sono opposto, pochi lo possono realmente rivendicare. Il potere che si
è costruito intorno a Calzolari, grazie anche alla regia della Direzione Amministrativa
(ed anche alla connivenza di certi sindacati), ha visto e vede tuttora tra i suoi ranghi
alcuni degli attuali candidati Rettore.
a) I tre delfini (Grandi, Dionigi, Segrè), in ordine decrescente di
investimento.
- Roberto Grandi, Il Prorettore agli Esteri è di sicuro quello di
più lunga data e di più stretta osservanza, avendo collaborato praticamente,
per tutto il mandato di Calzolari, ed avendolo avuto anche come suo testimone di nozze. La
sua esperienza immediatamente precedente era stata quella di Assessore al Comune di
Bologna nella Giunta Vitali, dopo esser stato image maker di Romano Prodi.
Oggi, tra le altre, annovera la carica di Presidente dellAssociazione Collegio di
Cina ed è responsabile della Comunicazione per il Partito Democratico di Bologna. E
tra i sostenitori delle proposte di Aquis e, a parer mio, rappresenta lanima
tecnocratica dellattuale CRUI. Una continuità oggettiva, dunque, con lera
Calzolari.
- Ivano Dionigi è stato Consigliere Comunale di Bologna, dal 1990
al 1999, sotto le insegne del PDS. Soltanto nel 1994 viene chiamato presso il nostro
ateneo da Venezia, ateneo presso cui era docente. Persona sicuramente intelligente ma,
unitamente a Grandi, fin troppo di apparato perché possa garantire
allAteneo unindispensabile indipendenza da certi potentati politici. Mi pare
che rappresenti il rafforzamento (!!!) della gestione Calzolari.
- Andrea Segrè, autore di libri come Agricoltura russa e
sovietica. Tragedia di un'utopia. Libro edito dalla CUSL, ovvero Cielle, e
Albania, Balcani e dintorni, Viaggi nei paesi post-comunisti dopo la caduta del
muro. Si può definire un cattolico solidale. E stato tra i
firmatari a sostegno di Walter Veltroni per la segreteria del PD. Considerato un
enfant prodige per i suoi progetti su uneconomia sostenibile anche dal
punto di vista ecologico, appare come il principale tra i delfini, proprio per la scarsa o
minore compromissione col partitone oggi in affanno. Rappresenta la moderna
sinistra (quella con le avvertenze di cui sopra
) che si desidera in
certi ambiti: quella più che moderata e che tanto piace a Cielle. E su di
lui, innanzitutto, che si punta per una successione nel segno di una continuità appena un
po più temperata.
b) Un pesce remora.
Dario Braga ricopre attualmente la carica di Direttore
dell'Istituto Studi Avanzati. Non si segnala per attività extra accademiche, e ciò è
probabilmente un merito di questi tempi, ma non brilla nemmeno per alcun tipo di attività
o partecipazione a discussioni sul governo dellAteneo. Né in passato, né sulle
recenti proposte di Modifica allo Statuto di Ateneo. Più che inclassificabile, mi pare
che adotti un personalissimo eclettismo espositivo per agganciarsi ad altri nel tentativo
di acquisire una visibilità altrimenti difficile poiché privo di una precisa identità.
c) I due pesci pilota.
- Giuseppe Sassatelli, anche lui tra i firmatari per Veltroni
segretario, è tuttavia quello più distante dalla politica dei partiti parlamentari.
Sarà forse questa sua peculiarità che gli rende facile il dialogo con tutti, ad iniziare
dagli studenti, anche quelli più arrabbiati. Un low profile
politico, unautonomia di giudizio ed una sensibilità da vero umanista poco avvezza
ai tecnicismi, lo rendono però indigesto a certa parte politica che vuole
continuare a considerare lUniversità di Bologna un suo terreno di
conquista. La sua presidenza della Facoltà di Lettere, dal segno nettamente
differente del precedente Walter Tega (questultimo, non a caso, grande sostenitore
ed elettore di Calzolari), aveva fatto intuire a molti che un altro rettore
sarebbe stato possibile ed augurabile già dalle elezioni rettorali del
2005. Purtroppo, non volle tuttavia partecipare. Per questi motivi, se non altro, lo
possiamo annoverare se non tra gli oppositori, sicuramente tra i
critici di Calzolari.
- Giorgio Cantelli è comunque il candidato sicuramente più
indigeribile proprio per quella parte politica. Egli si era già presentato in
competizione, proprio contro Calzolari, nelle elezioni rettorali del 2000. Fu sconfitto
scontando, oltre letichettatura di delfino roversiano, una sua iniziale
partecipazione, in qualità di Assessore alla Sanità, alla Giunta Comunale di Bologna
capitanata da Guazzaloca, ovvero colui che per la prima volta aveva distrutto la
fortezza del partitone. Unonta che fece il giro del
mondo e che gli allora DS fecero di tutto affinché fosse lavata al più presto.
LUniversità fu appunto uno dei primi terreni su cui consumare la rivincita. Con gli
esiti che conosciamo
Seppure possa apparire un po troppo paludato, è pur vero
che è stato proprio lui in questi anni il docente più capace, competente e tenace
oppositore di Calzolari. La sua indubbia competenza lo ha portato ad
essere poi nominato, in qualità di Rappresentante del Governo, in Consiglio di
Amministrazione. Capace di intrecciare relazioni praticamente con chiunque e con reciproca
soddisfazione, si è rivelato un vero osso duro per il Rettore e la Direzione
Amministrativa. La sua promessa di rinnovamento poggia, dunque, sulle credenziali più
titolate.
d) E una sorpresa all'ultima ora ....
- Giancarlo Barbiroli, allimprovviso
. Da sempre
attivo, e promotore del Forum, attento sulla revisione e sulle modifiche da apportare allo
Statuto di Ateneo, propone in definitiva ununica istanza: il controllo democratico e
trasparente degli organi di governo, ad iniziare dai poteri del Rettore che sarà eletto.
Si inserisce a pieno titolo nel segno di opposizione al sistema di governo dei
nove anni di Calzolari. Quasi certamente sconterà questa apparizione estemporanea,
ma la sua istanza è comunque degna di considerazione e dovrebbe essere condivisa da tutti
gli aspiranti rettore.
5.- Postfazione. Sono consapevole che questi pochi elementi qui
raffazzonatamene assemblati non sono certo sufficienti a formulare un giudizio compiuto e
tale da indirizzare una scelta. Rappresentano soltanto, infatti, un sassolino in quello
stagno di dichiarazioni e propositi che rendono tutti i candidati rettore così simili -
troppo! - tra loro. Voi che leggete, almeno, potrete tenerne conto oppure no. Io, pur
avendo facoltà di giudizio, e per sballato che possa apparire, non lo potrò comunque
esercitare: sono solo un bidello, dunque non posso votare! VP |
ELEZIONI DEL
RETTORE
In tema di ri-finanziamento delle università pubbliche in italia,
con risorse "non statali": il caso di Bologna |
Giorgio
Cantelli Forti |
|
G. Cantelli
Forti, "In un momento di contrazione del
finanziamento statale,
sarà necessario attivarsi per reperire risorse aggiuntive a quelle dello Stato,
e sapersi rapportare con gli enti locali e il privato"
In passato l'Ateneo si era attrezzato di
strumenti al fine di reperire risorse
(la Fondazione Alma Mater, la Fondazione Alma Medicina, già AlmaGen,
partecipazione
a Società di capitale quali Inrnerio SpA e 13 spin off accademici,
ecc
..), ma poi ... |
Giorgio Cantelli Forti, Sulla
questione del ri-finanziamento del nostro Ateneo
1.- Il momento economicamente difficile che stiamo attraversando e
che sta investendo i Paesi avanzati è sotto gli occhi di tutti e non può quindi essere
ignorato. E' quindi necessario essere pronti ad anni in cui le risorse provenienti dallo
Stato saranno probabilmente destinate a diminuire.
Nell'ultimo decennio il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) ha subito un
progressivo incremento: si è passati infatti dai 302 Ml di Euro nel 2000 ai 402 nel 2008
(va notato che nell'ultima assegnazione sono inclusi 15,5 Ml di Euro per la copertura dei
maggiori oneri del personale e rinnovo contrattuali).
Dal prossimo anno è annunciata una contrazione dell'FFO e pertanto sarà
necessario operare con molta incisività sul fronte della razionalizzazione e
riqualificazione della spesa, ma sarà indispensabile anche attivarsi per reperire risorse
aggiuntive a quelle dello Stato. L'Ateneo dovrà quindi o rilanciare le iniziative già a
suo tempo messe in campo per reperire risorse nel territorio, se ritenute ancora valide,
oppure studiare nuove strategie alternative.
2.- In passato l'Ateneo si era attrezzato di strumenti al fine di reperire risorse
(la Fondazione Alma Mater, la Fondazione Alma Medicina, già AlmaGen, partecipazione a
Società di capitale quali Inrnerio SpA e 13 spin off accademici, ecc
..), ma
non mi è stato possibile sapere, anche in qualità di Rappresentante del Governo in CdA,
se abbiano o meno raggiunto l'obiettivo.
La Fondazione Alma Mater non mi risulta sia mai stata fonte di risorse per
l'Ateneo, anzi.
Inoltre i contratti di ricerca per conto terzi subiscono un prelievo del 20%
a favore dell'Amministrazione e ciò non incoraggia certo i finanziatori esterni, che tra
l'altro non sempre ricevono un consuntivo analitico del finanziamento erogato.
Anche delle Società Spin Off non sono noti i risultati: se ci sono delle
perdite chi dovrà coprirle?
Per rapportarsi col mondo esterno e chiederne il sostegno economico è
fondamentale che certe realtà, ad oggi sfuggite a qualsiasi controllo, vengano riportate
sotto il controllo dell'Ateneo.
Prioritariamente è necessario mettere ordine nei conti propri e in
quelli delle collegate/controllate (i bilanci delle quali non è dato conoscere, sebbene
ripetutamente richiesti), presentare un bilancio consolidato preventivo e anche, più
importante, quello consuntivo, presentare un bilancio sociale per dare la misura di quanto
l'azione dell'Ateneo sia stata efficiente ed efficace
.
3.- E' necessario quindi rivedere tutto il sistema messo in campo per reperire
risorse esterne, contestualizzarlo ed eventualmente attivare nuovi canali per raggiungere
l'obiettivo con strumenti idonei o rendere tali gli esistenti. Occorre mettere in campo
una vera e propria campagna di acquisizione di risorse esterne aggiuntive, ma è
fondamentale che vi sia una costante ed autorevole presenza dell'Ateneo in tutte le Sedi
locali dove vengono destinati i vari investimenti.
L'Ateneo deve partecipare con autorevolezza al tavolo insieme alle Istituzioni
pubbliche locali e rapportarsi con il Privato (Fondazioni di varia origine, Associazioni
di categoria, Associazioni sindacali,
) al fine di poter aprire trattative per
essere presente attivamente nei piani di sviluppo sia a livello locale che regionale. |
|
Bologna:
Iscrizioni studentesche ancora in calo
Il Rettore e il ProRettore per gli
studenti hanno illustrato , prima (4 dic. 2008),
dei risultati statistici positivi, e poi (9 dicembre 2008) hanno rettificato che
c'era
stato un errore, per colpa di un non meglio precisato "bug
dell'applicativo",
che avrebbe indotto "l'Ateneo a dare i numeri" (parole del Carlino del
17.12.08)
Protesta di Giorgio Cantelli Forti, candidato Rettore,
ripresa dal Carlino Bologna: "SI DIMETTA" |
|
Nota.
Qui sono riportate le due conferenze stampa, tenute dal Rettore P.U. Calzolari e dalla
Pro-Rettore agli studenti, Paola Monari, per presentare l'evento positivo (presunto)
e quello negativo. I relativi testi li ho ripresi tra due fonti, tra quante ho
ritenuto più rispecchianti quanto realmente accaduto nelle due conferenze.
Qui a destra, sono riportati i dati statistici delle iscrizioni di Bologna,
dal 2001 al 2008, ripresi dal MIUR, Ufficio Statistica.
Ha destato qualche curiostà l'enfasi positiva su entrambi gli eventi, di segno
opposto pur se, per quello "negativo", una interpretazione autentica dei dati
statistici sarebbe potuta (molto più semplicemente) venire da una indagine casuale (non
dico campionaria) presso gli studenti passati ad altri Atenei, per conoscere da loro
direttamente il motivo dell'abbandono. N. Luciani |
Numero studenti. Fonte MIUR
Anno |
Bologna |
Italia |
2001/02 |
102.311 |
1.707.121 |
2002/03 |
102.321 |
-- |
2003/04 |
101.951 |
-- |
2004/05 |
99.173 |
-- |
2005/06 |
96.323 |
-- |
2006/07 |
91.888 |
1.780.743 |
2007/08 |
87.982 |
1.808.665 |
|
|
Dalla conferenza stampa del 4 dic. 2008. Testo ripreso da
Unibo Magazine, Luigi Valeri) |
Un regalo per P.Monari |
Sono 20.870 gli immatricolati
allUniversità di Bologna al 28 novembre; 1.364 in più rispetto alla stessa data e
comunque sopra il dato definitivo del 2007: un balzo del +7 per cento. E la prima
volta da tre anni che le immatricolazioni allateneo registrano un incremento:
lanno passato la flessione era stata del -6,8%. Per iscriversi cè ancora
tempo fino al 31 dicembre.
Che stavolta tirasse unaria diversa si era cominciato
a sospettarlo già al primo rilevamento di fine settembre (-2,9%); il recupero di 20
giorni fa (-1,1%) aveva iniziato a far sperare i più ottimisti; la svolta è infine
arrivata con le ultime settimane di novembre.
"Lincremento spiega il rettore Pier Ugo
Calzolari - può essere dovuto alle lauree magistrali (quelle post-laurea triennale) e se
così fosse sarebbe la conferma del successo della strategia formativa dellateneo.
Noi puntiamo sulle lauree magistrali: sono quelle che attraggono i giovani più preparati,
motivati e brillanti".
"Per esserne sicuri però e capire la vera natura
della crescita precisa il prorettore agli studenti Paola Monari bisognerà
attendere dati definitivi, elaborazioni e andamento nazionale, anche se non ci aspettiamo
che il risultato di fine anno possa scostarsi molto dallattuale".
Il boom delle matricole trascina verso lalto quasi
tutte le Facoltà, con poche eccezioni. Conservazione dei beni culturali conferma il suo
primato (+51,3%), così come Economia a Forlì (+41%), che insieme alla sede di Rimini
(+20%), compensano e superano di 255 nuovi arrivati la riduzione più contenuta del
previsto di Economia a Bologna (-5,4%). Tra le altre Facoltà in crescita consistente
ritroviamo Scienze statistiche (+19,0%) e Psicologia (+17,2%) in testa allultima
classifica Censis tra le omologhe italiane. Buon risultato anche ad Ingegneria, che
sorprende a Bologna (+11,2%), incassando un saldo positivo di 226 studenti nonostante la
lieve flessione di Cesena (-2,5%). Grande rimonta di Scienze motorie (+15,5%), partita col
segno meno a fine settembre, e si attenua la diminuzione di Veterinaria (-6,8%)
interamente imputabile allabbassamento da parte del ministero del numero
programmato, comunque avviato a saturazione.
Tra le big sopra i 1000 immatricolati, oltre alla crescita
di Economia e Ingegneria, tengono Giurisprudenza (+0,7%) e Lettere (-0,7%), mentre salgono
Scienze (+8,5%), Scienze della formazione (+3,0%) e Medicina (+14,3%).
Tutti col segno più i campus in regione: Bologna cresce,
per la prima volta dallapertura delle iscrizioni, del +4,7% con 14.941 matricole;
Cesena del +4,6% (1.267 matricole), Forlì del +18,2% (2.057), Ravenna del +29% (947),
Rimini del +7% (1.658)." |
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Dalla conferenza stampa del 9.12.08
Testo ripreso da Corriere di Bologa,
Marina Amaduzzi, stralcio parte
pertinente) |
L'Alma Mater continua a perdere matricole,
seppure con una frenata rispetto all'anno scorso. Al 30 settembre le nuove iscrizioni alle
lauree triennali e a cielo unico (eccetto Economia che le chiude il 10 ottobre ed
Ingegneria il 31 ottobre) registrano un -2,9% (10.275 matricole, contro le 10.590 del
2007).
In discesa la sede centrale (-4,1%), il polo di Rimini (-11,2%) e quello di
Cesena (-1,5%), mentre sono in aumento Ravenna (+20,8%) e Forlì (+1,l%). "Non sono
dati definitivi", mettono in guardia il rettore Pier Ugo Calzolari e il pro-rettore
agli studenti Paola Monari, "le prenotazioni degli studenti sono in media il 4,5% in
più rispetto a quelli che hanno già pagato la rata, le famiglie aspettano l'ultimissimo
giorno, è l'effetto della crisi".
Al di là della girandola di numeri, elaborati in ritardo e tra varie
"difficoltà tecniche" da via Zamboni (per esempio le immatricolazioni dell'anno
scorso erano 13.397 un anno fa, in calo del 5,8% rispetto al 2006, e non quasi tremila in
meno come è stato detto ieri), l'Alma Mater continua a perdere iscritti, un fenomeno nato
almeno tre-quattro anni fa e che tuttavia non allarma i vertici. "Non fosse per le
ragioni finanziarie - dice il rettore - non saremmo preoccupati dal calo degli studenti,
che sono eccessivi rispetto al corpo docente, un rapporto che ci penalizza nelle
classifiche nazionali e internazionali". "È bene che si riducano gli
studenti", conferma Monari, "Bologna si qualifica con la ricerca e con le lauree
specialistiche e magistrali i cui iscritti raddoppiano ogni anno", precisa Calzolari.
Consola la ridistribuzione delle matricole in Romagna, "più
attrattiva di Bologna - riconosce il rettore -, con servizi più qualificati, grazie ai
forti interventi delle amministrazioni e degli enti privati locali". Le famiglie
iscrivono i figli vicino a casa, possibilmente in città meno care della nostra, dove uno
studente spende in media 1.050 euro al mese come dimostrò una ricerca presentata qualche
mese fa. Ciò nonostante l'Alma Mater mantiene la quota più alta di fuori sede (48,7%)
tra tutte le università italiane.
Tra le facoltà che vanno a gonfie vele spicca Psicologia (+21% di immatricolati),
facoltà in testa alle classifiche del Censis da un paio d'anni, e Conservazione dei beni
culturali a Ravenna (+37,2%), "beneficiata probabilmente da attività di ricerca
internazionale". Tra quelle in perdita ci sono Scienze motorie (-40%) e Veterinaria (
-34,6%), il cui dato è condizionato dalla riduzione da parte del ministero del numero
programmato e dai ritardi nei pagamenti. Scienze della Formazione (-13,7%) sconta invece
la cancellazione a livello nazionale della laurea in Scienze della formazione primaria.
Lettere e filosofia con 1.716 iscritti è la facoltà al top per numero di iscritti, ma
anch'essa in calo (-9,4%), "soprattutto nei corsi tipo il Dams - precisa Monari -
mentre vanno bene le lettere classiche".
II calo di Veterinaria infine "si spiega con il ritardo dei pagamenti,
perché la graduatoria era tutta coperta dopo il test d'ingresso". Seppure
desiderato, il calo di matricole in città avrà delle ripercussioni nel medio periodo, ma
"non incide né sulle tasse studentesche, che non sono mai legate al numero di
iscritti", come assicura Monari, "né sul piano degli interventi edilizi - dice
Calzolari -, le esigenze di spazi restano immutate, questi cali sono irrisori, semmai
abbiamo stabilito delle priorità, Farmacia e biotecnologia al Navile, un investimento da
circa 100 milioni di euro, e Scienze motorie al Terrapieno". |
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ATENEO DI BOLOGNA: in corso, dall'8 luglio u.s. e da concludere il 31 ott,
l'Assemblea Congiunta del CdA e del Senato per la modifica dello Statuto Generale di
Ateneo.
Ordine del giorno del Consiglio Comunale di Bologna a favore degli studenti |
La scelta di fondo ancora
aperta: DEMOCRAZIA o CENTRALISMO DEMOCRATICO ? |
Gianni Porzi,
Membro del Senato
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Gianni PORZI, SUL PROGETTO DI REVISIONE DELLO STATUTO
ALL'O.D.G. dell'ASSEMBLEA CONGIUNTA DEL CDA E DEL SENATO
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NOTA. La discussione per la modifica di
statuto ha avuto 5 riunioni, finora. Gli argomenti trattati hanno
riguardato aspetti generali e, ultimamente, le funzioni degli organi. Le decisioni sono
state in parte unanimi, e in parte a maggioranza, con opposizioni non trascurabili.
Qui sotto è riportato la esposizione critica riassuntiva di un Membro
della Assemblea Congiunta, con rilievi sull'accentuazione verticistica e centralistica del
potere rettorale, rispetto allo Statuto vigente. Se posso dire, la modalità per cui un
organo di vertice nomina tutti gli altri, a cascata, è il "centralismo democratico
dell'Unione Sovietica. Al contrario, una "governance"
democratica è fondata sulla separazione dei poteri, come delineato da Montesquieu
nell'opera "De l'esprit des lois" (Lo spirito delle leggi), e
dunque si richiede l'autonomia degli organi, e il loro armonico reciproco contrappeso, a
tutela delle libertà.
E' interessante al riguardo, l'emendamento preannunciato (vedi
documento per l' Assemblea Congiunta del 25.VII.08) dal Preside Sassatelli,
candidato Rettore, che, quale "meccanismo compensativo"
dell'eccesso di potere che andrebbe al Rettore, propone "un meccanismo di
sfiducia", per cui "il Rettore possa subire in qualsiasi momento un controllo
del suo operato, da parte degli Organi di governo."
Tuttavia (se posso dire) la vera battaglia per la
democrazia si fonda sulla autonomia degli Organi rispetto all'Esecutivo (mi riporto a
"l'esprit des lois") e dando a loro un Presidente diverso dalla persona del
Rettore (anche se proposto da lui). Così è nel Consiglio Comunale, alla Camera,
al Senato. L'ostacolo maggiore alla loro autonomia viene oggi dalla norma per la loro
elezione, perchè polverizza la rappresentanza ("un"
eletto per "ogni corporazione ammessa") e che sbilancia il potere degli
Organi, verso l'Esecutivo e l' Amministrazione. Dunque, va proposta una norma che aggreghi
le corporazioni, in base a qualche somiglianza. E' la stessa problematica della legge
elettorale nazionale, degli scorsi mesi, per i parlamentari. NL
ll nuovo Statuto non riguarda le
elezioni per il triennio 2008/2009-2010/2011,
indette per il 23 ott. 2008, per il rinnovo del
CdA e del Senato, ma solo la elezione
del prossimo rettore, nel 2009.
Tra i membri uscenti e
ri-candidati per il Consiglio di Amministrazione:
- l'ottima ANTONELLA ZAGO. |
Antonella Zago
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- la prof. LILLA MARIA CRISAFULLI
nota in tutta Italia per la sua grande battaglia, su "Il Sole 24 ORE" a
difesa della dignità dei professori, e che
raccolse 161 firme. |
Lilla Maria Crisafulli |
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Gianni Porzi. La proposta del nuovo Statuto appare
centralistica e verticistica poiché conferisce al Rettore un potere eccessivo, come risulta evidente dai punti seguenti :
- la Giunta, sulla quale è concentrato leffettivo potere, è sostanzialmente di
nomina Rettorale essendo composta dai pro-Rettori designati dal S.A., ma su
proposta del Rettore;
- il CdA, oltre al Vicario e al Dir. Amministrativo, è costituito da 8 membri nominati
dal S.A., ma su una rosa di nomi proposta dal Rettore, e da altri 4 membri
esterni anchessi nominati dal S.A.
- il Rettore presiede tutti e tre gli Organi (Senato, CdA e Giunta)
- il Rettore nomina anche i Presidenti del Consiglio di Polo.
Al Rettore verrebbe pertanto attribuito un potere quasi assoluto, cioè di
gran lunga maggiore di quello previsto dallattuale Statuto. Purtroppo, un tale
sistema di governance, secondo me, assomiglierebbe al tristemente noto centralismo
democratico o democrazia guidata oppure, per essere più attuali, si
potrebbe parlare di deriva autoritaria. Un tale sistema sarebbe accettabile, obtorto collo a mio parere, solo se il Rettore
fosse illuminato, come auspicato dal Prof. Capano in un suo articolo sul
Corriere della Sera; ma chi ci garantisce che sia e rimanga illuminato? E se
ciò non dovesse accadere?
A mio avviso, per realizzare una maggiore efficienza ed efficacia nel governo
dellAteneo non era necessaria una rivoluzione copernicana dellattuale Statuto
per il quale sarebbero state sufficienti alcune modifiche, ma, piuttosto sarebbe stata
molto importante una profonda revisione dei Regolamenti. Daltra parte lo stesso
Magnifico Rettore fino ad alcuni mesi fa in più di unoccasione affermava che un
nuovo Statuto non sarebbe stata la panacea. Ora, invece, sembra che il nuovo
assetto previsto dalla bozza Canestrari risolverebbe quasi tutti i problemi della
governance.
Io ne dubito fortemente, anzi, ritengo che si determinerà una più forte frattura
fra tutta la comunità accademica e i vertici decisionali, con conseguenze molto negative.
Sono daccordo con il pro-Rettore Gambetta quando afferma che molti dei difetti
attuali non sono certo responsabilità dello Statuto, ma del nostro comportamento
consolidato. Cambiamo lo Statuto, ma |
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COMUNE DI BOLOGNA
Consiglio Comunale
Ordine del giorno: "Composizione CDA Ateneo
e e rappresentanti degli studenti", approvato all'unanimità dal Consiglio Comunale
con 25 voti favorevoli, nessun contrario e nessuno astenuto.
NOTA della Redazione. Per gli studenti la rappresentanza è
nel Consiglio Studentesco, organo consultivo di rango statutario pari a quello del CDA.
Premesso
che il Senato Accademico e il Consiglio dAmministrazione dellUniversità di
Bologna hanno approvato le linee guida per la riforma dello Statuto generale dAteneo
che prevedono una nuova composizione del suddetto C.d.A..
Il nuovo testo, che a
breve si andrà ad approvare, richiederà criteri di competenza e non più di
rappresentatività e questo comporterà lesclusione dei rappresentanti degli
studenti in seno al Consiglio di amministrazione.
Fino ad oggi gli studenti
in tale Organo davano voce a 80.000 utenti, avevano la possibilità di incidere sulla
contribuzione studentesca e potevano, grazie ad azioni positive, indicare le priorità e
le necessità degli studenti che sceglievano Bologna come sede dei propri studi.
Valutato che il Consiglio
comunale ha sempre guardato con attenzione le problematiche che interessano gli studenti
universitari, concentrandosi in particolare su bisogni e richieste provenienti da quel
mondo.
Il Consiglio comunale:
incoraggia
sempre la rappresentanza come sinonimo di una cittadinanza attiva, consapevole e
responsabile, e non può escludere una categoria come gli studenti che alla nostra città
ha dato e continua a dare molto sotto tutti i profili;
valuta negativamente
lintendimento di escludere dal Consiglio di amministrazione, organo deputato a
discutere e decidere anche in materia di contribuzione studentesca, i Rappresentanti degli
studenti, considerando il ruolo fondamentale che essi hanno per lUniversità degli
studi di Bologna e per la nostra città.
Presentatori
dell'OdG: Valentina Castaldini , P. Foschini, D.Carella, L.Tomassini, G.Bignami e
F.Critelli |
chi cambierà la
testa delle persone? Secondo il prof. Gambetta bisogna fare molta attenzione
allequilibrio dei poteri ed aggiunge che quando si cercano maggiore
efficienza ed efficacia cè la strada verso la concentrazione dei poteri, ma anche
quella del decentramento e del principio di sussidiarietà.
La Commissione Canestrari ha scelto la concentrazione dei
poteri, scelta condivisa anche dal Magnifico Rettore, nonostante in più di
unoccasione avesse osservato che lattuale Statuto dava molto potere al
Rettore. Potere che ora verrebbe notevolmente aumentato in nome di una presunta maggiore
efficienza ed efficacia nel governo dellAteneo, senza peraltro prevedere alcun
contrappeso. Tale eccesso di potere andrebbe, a mio parere, decisamente attenuato, cosa
però non facile avendo, la bozza proposta, una struttura ben poco flessibile. Un
controbilanciamento potrebbe esser rappresentato dallintroduzione dellistituto
della sfiducia da parte però di un Organo eletto (come avviene nelle
democrazie rappresentative) e non nominato, perché in tal caso sarebbe più formale che
sostanziale.
Elezione e mandato del Rettore
Non condivido il metodo proposto per lelezione del Rettore (cioè in un turno
unico col sistema del voto supplementare) perché non consentirebbe, come da più parti
sostenuto, di convergere verso una scelta largamente condivisa. Il vincitore potrebbe
essere poco rappresentativo della volontà dellelettorato, a causa anche di una
seconda preferenza espressa probabilmente con una certa casualità. Riterrei invece
nettamente preferibile unelezione come quella del Sindaco (largamente collaudata e
condivisa) con leventuale ballottaggio tra i due Candidati più votati dopo una
settimana dal primo turno. In linea di principio non sono contrario a possibili accordi
fra Candidati nellarco di tempo tra il primo ed il secondo turno, purché non siano
solo elettorali, ma avvengano sulla base di una consistente condivisione del programma.
La durata del mandato sia del Rettore che dei membri degli OO.AA. dovrebbe essere uguale
(a mio avviso un triennio rinnovabile una sola volta) e si dovrebbe poter realizzare il
rinnovo contestuale del maggior numero possibile delle cariche accademiche (eccezion fatta
per Presidi e Direttori le cui cariche potrebbero essere sfasate).
Senato Accademico
Organo al quale verrebbe attribuita la funzione di programmare e vigilare (come? e con
quali strumenti? e quali sarebbero le eventuali sanzioni?) sugli indirizzi
generali per quanto concerne la didattica e la ricerca scientifica. Attenzione però,
perché spetterebbe al CdA stabilire i criteri per la distribuzione del personale docente
e ricercatore, per lattivazione dei corsi di studio e per la ripartizione dei
finanziamenti per la ricerca. Il S.A. elaborerebbe quindi la programmazione strategica e
il CdA avrebbe però la funzione di fissare i criteri per la distribuzione delle risorse
ed anche per lattivazione di corsi di studio.
Così come concepito, il S.A. sarebbe un Organo privato di poteri perché trasferiti alla
Giunta.
A mio avviso il S.A. dovrebbe essere composto da tutti i Presidi (e non da una
rappresentanza di 12, come previsto nella bozza) e da un pari numero di Direttori
eletti.
Non condivido inoltre che le eventuali modifiche di Statuto possano essere deliberate dal
solo S.A., sarebbe invece auspicabile un S.A. allargato a tutti i Direttori
che dovrebbe tuttavia sentire le varie componenti dellAteneo attraverso Facoltà e/o
Dipartimenti.
Consiglio di Amministrazione
Organo responsabile della programmazione amministrativa, finanziaria e patrimoniale
che trasforma i piani di sviluppo, elaborati dal S.A., in piani finanziari verificandone
la compatibilità finanziaria e che dovrebbe essere formato ed operare in
conformità al criterio di competenza.
La nomina dei membri del CdA verrebbe fatta dal S.A., cosa che non condivido perché tali
nomine sarebbero fortemente condizionate dal Rettore.
Ho forti perplessità anche sulla composizione del CdA, che, sostanzialmente, risulterebbe
in mano al Rettore : infatti, 8 membri non sarebbero eletti, ma nominati dal S.A. e anche
sulla nomina dei 4 membri esterni il Rettore potrebbe esercitare un notevole
condizionamento.
Non mi sembra accettabile che il CdA debba essere costituito da sole persone
qualificate e competenti nel campo dellamministrazione (*) (quindi
accesso possibile solo a giuristi ed economisti?) perché in CdA si trattano anche
questioni di politica universitaria (ad esempio, criteri per la ripartizione
del Personale docente e T.A., per lattivazione di corsi di studio, per la
ripartizione di finanziamenti per la ricerca) e non solo di tipo strettamente
economico/finanziarie. La dicotomia rappresentanza-competenza potrebbe essere risolta
mantenendo il principio della rappresentanza nel CdA (membri eletti fra Personale docente
e T.A. e studenti) ed istituendo una Commissione bilancio di soli competenti in materia
scelti dal pro-Rettore al bilancio, programmazione e finanziamenti, pro-Rettore che a sua
volta dovrebbe far parte di diritto del CdA.
Per quanto concerne i membri esterni riterrei doveroso riservare un seggio al
rappresentante del Governo, come peraltro previsto dallo Statuto vigente (essendo
lUniversità pubblica e lo Stato il maggior finanziatore) e almeno 2 seggi ai
finanziatori esterni più importanti o a loro rappresentanti.
Per quanto concerne la composizione del CdA, oltre al pro-Rettore vicario e ai 6
pro-Rettori (al decentramento, alla ricerca e relazioni internazionali, alla didattica e
formazione, al bilancio- programmazione-finanziamenti, alledilizia e infrastrutture,
nonché per gli studenti e al diritto allo studio), sarebbe auspicabile anche un
pro-Rettore alla programmazione, organizzazione, gestione amministrativa e del personale
T.A. che operi in sintonia con il Direttore Amministrativo.
Come già detto, il CdA verrebbe ad avere un certo potere di indirizzo sulla didattica in
quanto fra le varie funzioni vi sarebbe anche quella di stabilire i criteri per la
distribuzione del personale docente e ricercatore nonché per lattivazione dei corsi
di studio, mentre i criteri per la programmazione didattica spetterebbero invece al S.A.
Potrebbe sembrare una sovrapposizione di funzioni dei due Organi, ma in realtà così non
è perché il S.A. elaborerebbe la programmazione didattica, ma il CdA deciderebbe, in
base alle disponibilità economiche, sulla distribuzione del personale docente e
ricercatore nonché sullattivazione dei corsi di studio. Cioè linverso di
quanto accade attualmente. Comunque, la decisione ultima spetterebbe solo alla Giunta.
Giunta
La bozza di Statuto prevede che sia lOrgano esecutivo al quale spetterebbero
tutte le competenze.
Il concorso alla nomina dei membri della Giunta, cioè dei pro-Rettori, da
parte del S.A. è una foglia di fico perchè nella realtà tali nomine sarebbero
largamente gestite dal Rettore.
In particolare, alla Giunta spetterebbe non solo la ripartizione delle risorse finanziarie
relative al personale docente, ma anche lattivazione dei Corsi di studio sulla base
della programmazione didattica elaborata dal S.A. e dei criteri stabiliti dal CdA (criteri
che potrebbero però anche essere in parte disattesi e in tal caso, cosa accadrebbe?
Verrebbe estratto il cartellino giallo?).
Pertanto, appare evidente che essendo la Giunta lOrgano esecutivo, al quale
spetterebbero tutte le competenze, S.A. e CdA non avrebbero alcun potere effettivo, ma
solo funzioni di indirizzo (possono cioè deliberare criteri, indirizzi ed esprimere
liberamente pareri, ma non vincolanti).
Alla Giunta, e non al CdA, spetterebbe anche la nomina dei Dirigenti.
Risulta evidente che nella Giunta verrebbe concentrato il potere, sicuramente molto di
più di quello previsto dal vigente Statuto.
La questione Romagna
Sul tema scottante, quanto complesso, della Romagna, nella Congiunta del
26 settembre, si è sviluppato un dibattito piuttosto vivace originato da una
proposta del prof. Gambetta (pro-Rettore per le sedi decentrate) e fortemente sostenuta
dal Dr. Mingozzi (Rappresentante degli Enti locali delle sedi decentrate) e dal Dr.
Chicchi (Rappresentante degli Enti convenzionati con lAteneo per il funzionamento
delle sedi decentrate). La richiesta consisteva nel dare maggior peso alle sedi decentrate
nella governance dellAteneo prevedendo nello Statuto che la Giunta fosse espressione
della struttura multicampus dellAteneo
(cioè una presenza dei Poli romagnoli nella Giunta). La richiesta non è stata recepita
dalla Congiunta che ha ribadito la natura policentrica dellAteneo inserendo come
premessa nella bozza di Statuto la frase Per quanto concerne il funzionamento e la
composizione degli OO.AA. si dovrà tener conto della struttura policentrica
dell'Ateneo, garanzia che non è stata però ritenuta sufficiente dai due
rappresentanti degli Enti locali romagnoli.
Interessante e condivisibile, a mio avviso, è stato lintervento del Prof. Giorgio
Cantelli Forti che ha illustrato la sua visione del sistema
multicampus. Secondo il Prof. Cantelli ogni Polo dovrebbe avere una sua autonomia di
gestione tramite proprie Facoltà e Dipartimenti indirizzati su una precisa missione
didattico-scientifica basata su un obiettivo strategico e caratterizzante, al fine
di evitare inutili doppioni dannosi per lAteneo sia sul piano economico che delle
immatricolazioni.
Il Prof. Cantelli sostiene che le iniziative nelle sedi romagnole dovrebbero poter contare
sulla capacità di autogoverno gestionale al fine di drenare maggiori risorse dal
territorio, potendo dare in prima persona garanzie ai finanziatori locali. Una tale
visione costituirebbe inoltre un ostacolo per chi invece pensa ad unautonomia
politica della Romagna che porterebbe inesorabilmente alla divisione in due
Atenei.
Gianni Porzi
(*) A proposito della necessità da più parti invocata, Magnifico Rettore incluso, della
presenza nel CdA di persone qualificate e competenti nel campo
dellamministrazione, può essere utile ricordare quanto accaduto recentemente,
cioè in un periodo di notevoli difficoltà
finanziarie per lAteneo, come, da oltre due anni, ci ricorda spesso il Magnifico
Rettore.
Nellaprile 2008 il CdA deliberò a maggioranza
lattivazione di ben 22 contratti biennali, per una spesa di oltre 1.500.000 Euro,
per esigenze del portale dAteneo. La pratica fu presentata e sostenuta
dal Direttore Amministrativo (persona per definizione qualificata e competente nel campo
dellamministrazione) e i pochi contrari (tra i quali non mi risulta vi fosse il
Magnifico Rettore) appartenevano alla categoria delle così dette persone non
qualificate e non competenti (tralascio volutamente i nomi).
E fin qui non vi sarebbe nulla da eccepire se non tenessimo però
presente che il Personale T.A. che presidia lo sviluppo e la gestione dei servizi
informatici dellAteneo conta complessivamente 75 unità così distribuite : 52 nel
Centro Servizi Informatici dAteneo (CeSIA) che si occupano dello sviluppo e della
gestione dei servizi informativi, della sicurezza e della rete dAteneo, 15 nella
Direzione Sviluppo Attività Web (DSAW) che si occupano dello sviluppo e della gestione
dei siti e dei server web e 7 presso lUfficio Dirigenziale Progetto Sistema
Informatico dAteneo (SIA) che si occupa dellanalisi e della progettazione dei
sistemi informativi.
Ergo, è poi così
importante essere persone qualificate e competenti nel campo dellamministrazione?
Oppure, come afferma il prof. Gambetta, molti difetti attuali non sono imputabili allo
Statuto, ma al nostro comportamento? Comportamento che, io aggiungerei, non
sempre é in stretta relazione con la competenza specifica, competenza che se viene
richiesta ai membri del CdA dovrebbe essere pretesa anche per i Direttori e a maggior
ragione per il Rettore |
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ATENEO DI BOLOGNA: LA COMMISSIONE CANESTRARI HA TERMINATO I LAVORI
Convocata dal Rettore, per l' 8 luglio p.m. , l'assemblea "congiunta" di CdA e
Senato |
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Pubblichiamo il
testo della Commissione (peraltro già sulla stampa), seguendo la prassi
parlamentare, molto seria, che pubblica in originale i disegni di legge prima
della loro calendarizzazione per la discussione in parlamento, perchè i cittadini liberi e uguali
possano fare proposte migliorative
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Relazione
della Commissione tecnica per la revisione
dello Statuto generale dAteneo
Proposizioni normative
Premesse e principi
· Lo
Statuto generale di Ateneo determina lordinamento autonomo dellUniversità
degli Studi di Bologna al fine dellautodeterminazione e dellautogoverno del
corpo accademico.
· Gli organi di vertice dellAteneo non sono espressione
né diretta né indiretta di rappresentanza politica. I professori, i ricercatori, il
personale tecnico-amministrativo e gli studenti concorrono al funzionamento
dellAteneo ed al raggiungimento delle finalità in vista delle quali
lUniversità è stata istituita ed opera. Il personale tecnico-amministrativo svolge
le funzioni gestionali per tutti i profili tecnici ed amministrativi riguardanti
lazione dellAteneo.
· LAteneo promuove con appositi provvedimenti le pari
opportunità tra donne e uomini.
· Lamministrazione e lorganizzazione
dellAteneo garantiscono ed attuano i principi di non aggravamento e non duplicazione
delle procedure e delle competenze
· Qualora, in forza di determinazioni e deliberazioni
dellAteneo e delle relative strutture, ai professori, ai ricercatori, al personale
tecnico-amministrativo ed agli studenti vengano richiesti adempimenti, per il relativo
riscontro deve essere previsto un tempo ragionevole e modalità proporzionate.
· Nella ripartizione delle risorse, lAteneo rende
preventivamente e tempestivamente noti i requisiti ed i criteri per lattribuzione e
leventuale selezione tra una pluralità di aspiranti e mantiene fermi tali requisiti
e criteri per il tempo necessario alla messa in opera delle azioni e misure che
costituiscono la finalità dellattribuzione delle predette risorse.
· La richiesta e lattuazione di processi di
riorganizzazione nei metodi, nelle procedure e nelle strutture, così come i |
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No al Centralismo democratico
nella millenaria Alma Mater
Ad una prima lettura, il testo sembra
recepire la proposta del Grupppo dei 30, di nominare una Giunta dei Pro-Rettori analoga
alla Giunta Comunale.
Ma, poi, guardando dentro, scaturisce un progetto involutivo, perfino
rispetto allo Statuto vigente.
L'Università non è un ente strumentale organizzato secondo il principio di
gerarchia; il rettore non è organo di vertice, ma un primus inter pares; gli organi non
possono essere nominati "a cascata" (il senato nomina il CdA; il Rettore nomina
i prorettori che per statuto vanno far parte di diritto della Giunta; il rettore nomina il
presidente del Polo romagnolo), ecc.
Non può essere introdotto il centralismo democratico laddove
deve regnare la vera democrazia
Neppure si può confondere il governare con l'amministrare, come invece ivi
si fa.
Ci sono, poi, anche illegittimità ovvie. Il
CdA, ivi fatto nominare dal Senato, potrebbe anche essere migliore dell'attuale, ma la
legge lo vuole a elezione diretta. Infatti, in difformità a quanto
generalmente ritenuto, la legge n. 56/2002 ha disposto per la libera composizione di
entrambi (ossia non sono più obbligatorie le categorie), però non ha innovato circa la
elezione diretta. Infatti, l'art. 4, c. 2, recita solo: "Gli
statuti delle Università disciplinano l'elettorato attivo per le cariche accademiche e la
composizione degli organi collegiali".
Criticabile, poi, sotto il profilo dell'ingegneria costituzionale,
anche la mancata uniformazione della durata in carica del Rettore (oggi 4 anni) a quella
del CdA e del Senato (confermata a 3 anni, solo per questi).
NL |
meccanismi di valutazione, sono vincolati al
non aggravamento dei costi nonché degli impegni temporali del personale docente e
tecnico-amministrativo al fine della buona amministrazione e dellefficienza delle
azioni dellAteneo.
I. - LAteneo policentrico
· LAlma Mater Studiorum Università di
Bologna è un ateneo policentrico che si articola su cinque sedi: Bologna , Cesena,
Forlì, Ravenna e Rimini.
II . Sullelettorato attivo per l'elezione del Rettore
· L' elettorato attivo per l'elezione del Rettore spetta:
a) ai professori di ruolo e fuori ruolo;
b) ai ricercatori; (*)
c) al personale tecnico-amministrativo. I voti espressi saranno calcolati nella misura del
10% dei voti validi; (*)
d) ai rappresentanti degli studenti negli organi di Ateneo.
(*) per approfondimenti si rinvia al documento n. 6 allegato ("Partecipazione del
personale tecnico-amministrativo allelezione del Rettore") ed al documento n. 7
allegato ("Partecipazione dei ricercatori allelezione del Rettore").
III . Sulla votazione per l'elezione del Rettore
· Le candidature per lelezione del Rettore
debbono essere formalizzate entro il trentesimo giorno anteriore alla data stabilita per
la votazione.
· Lelezione del Rettore si svolge in un turno unico
mediante il sistema del voto supplementare, con le seguenti modalità:
a) ciascun elettore esprime due preferenze in un tassativo ordine di priorità;
b) risulta eletto il candidato che abbia raggiunto la maggioranza assoluta dei voti,
sommando le prime preferenze espresse;
c) qualora nessuno dei candidati abbia raggiunto la suddetta maggioranza assoluta, si
procede al computo dei voti espressi secondo un sistema di calcolo del voto supplementare.
Proposta
"a" per il computo dei voti
(voto supplementare rettificato con applicazione a scalare) |
Proposta
"b" per il computo dei voti
(voto supplementare standard) |
· Si procede al computo dei voti espressi secondo un
sistema rettificato di calcolo del voto supplementare, con applicazione a scalare.
· Ai fini di cui sopra, si formula la graduatoria preliminare
dei candidati secondo l'ordine del totale delle prime preferenze da ciascuno di essi
ottenute. Quindi si procede, nei confronti dei candidati ricompresi nella graduatoria,
all'attribuzione delle seconde preferenze risultanti dalle schede elettorali del candidato
che ha ottenuto il minor numero di prime preferenze, il quale viene contestualmente
escluso dalla procedura a scalare di computo dei voti.
· Qualora nessuno dei candidati abbia ottenuto la maggioranza
assoluta dei voti, si procede progressivamente con la formulazione di nuove graduatorie a
scalare e con attribuzione delle seconde preferenze risultanti dalle schede elettorali dei
candidati che si trovano all'ultimo posto delle graduatorie successivamente formulate, i
quali, graduatoria per graduatoria, vengono di volta in volta esclusi dalla procedura a
scalare di computo dei voti.
· Si procede alla formazione progressiva delle graduatorie a
scalare secondo il meccanismo di cui sopra, fino a che uno dei candidati non abbia
ottenuto la maggioranza assoluta dei voti. In caso contrario si proseguirà, nella
formazione progressiva della graduatoria, fino a che rimangano in competizione, per il
computo dei voti, due candidati; tra di essi risulta eletto chi abbia riportato il maggior
numero di preferenze. (*)
|
· Si procede alla formulazione della graduatoria sulla
base delle prime preferenze ottenute dai vari candidati e tenendo conto degli ex aequo.
· Ai primi due candidati risultanti dalla suddetta
graduatoria, vengono attribuite le seconde preferenze espresse nelle schede elettorali
degli altri candidati di cui alla graduatoria.
· Risulta eletto il candidato che, sulla base
dell'attribuzione supplementare delle preferenze, abbia riportato il maggior numero di
voti. (*)
|
(*) Un'ulteriore alternativa per il computo
dei voti, rispetto a quelle sopraindicate (voto supplementare rettificato con applicazione
a scalare; voto supplementare standard), potrebbe essere rappresentata dal computo dei
voti secondo il c.d. "full preferential voting". Si deve avvertire che questo
sistema risulta congruo con un numero ridotto di candidati, proprio perché tutti i
candidati debbono (pena la nullità della scheda) essere votati seppure in un ordine di
preferenza ("full" preferential voting); occorrerebbe dunque operare con
dinamiche che portino ad un numero ragionevolmente ridotto di candidati.
- Le candidature per l'elezione del Rettore debbono essere formalizzate
entro il trentesimo giorno anteriore alla data stabilita per la votazione.
- Lelezione del Rettore si svolge in un turno unico mediante il sistema
del voto preferenziale integrale, con le seguenti modalità:
a) ciascun elettore esprime il voto per tutti i candidati secondo un
ordine di preferenza. La mancata espressione anche di una sola preferenza determina la
nullità della scheda elettorale;
b) risulta eletto il candidato che abbia raggiunto la maggioranza assoluta
dei voti, sommando le prime preferenze espresse;
c) qualora nessuno dei candidati abbia raggiunto la suddetta
maggioranza assoluta, si procede al computo dei voti espressi, secondo un sistema di
calcolo che tiene conto di tutte le preferenze, come di seguito indicato:
- si formula la graduatoria preliminare dei candidati secondo l'ordine
del totale delle prime preferenze da ciascuno di essi ottenute. Quindi si procede, nei
confronti dei candidati ricompresi nella graduatoria, all'attribuzione delle seconde
preferenze risultanti dalle schede elettorali del candidato che ha ottenuto il minor
numero di prime preferenze, il quale viene contestualmente escluso dalla procedura a
scalare di computo dei voti.
- Qualora nessuno dei candidati abbia ottenuto la maggioranza assoluta
dei voti, si procede progressivamente con la formulazione di nuove graduatorie a scalare e
con attribuzione delle seconde o successive preferenze ai candidati ancora non estromessi
dalla graduatoria, in quanto non all'ultimo posto della medesima; le preferenze così
attribuite sono quelle risultanti dalle schede elettorali dei candidati che si trovano
all'ultimo posto delle graduatorie successivamente formulate, i quali, graduatoria per
graduatoria, vengono di volta in volta esclusi dalla procedura a scalare di computo dei
voti.
- Si procede alla formazione progressiva delle graduatorie a scalare
secondo il meccanismo di cui sopra, fino a che uno dei candidati non abbia ottenuto la
maggioranza assoluta dei voti.
IV.- Gli Organi generali di governo dellAteneo
· Gli Organi centrali di governo dell'Università sono il
Rettore, il Senato Accademico, il Consiglio di Amministrazione e la Giunta dAteneo.
Sono altresì organi di rilevanza generale per lAteneo, nell'ambito delle rispettive
competenze, il Consiglio studentesco e il Garante d'Ateneo.
V.- Il Rettore
· Il Rettore ha la rappresentanza legale ed istituzionale
dell'Ateneo e costituisce il vertice della relativa organizzazione.
· Il Rettore assicura il coordinamento dell'attività degli
Organi di Ateneo ed indirizza le attività di gestione delle strutture e degli uffici
dell'Università, al fine di garantirne
un'azione coerente, economica, efficiente ed efficace.
· Ai fini di cui al punto precedente, il Rettore annovera tra
le proprie attribuzioni quelle di convocazione e presidenza dei seguenti organi:
a) il Senato Accademico;
b) il Consiglio di Amministrazione;
c) la Giunta d'Ateneo.
· Spetta al Rettore:
- proporre al Senato la nomina dei Pro-rettori;
- proporre al Senato la nomina dei Presidenti dei poli scientifico-didattici;
- nominare il Direttore Amministrativo, sentito il Consiglio di Amministrazione;
- [le ulteriori funzioni del Rettore sono indicate nellart. 34 del vigente
Statuto generale dAteneo]
· Il Rettore designa direttamente un Pro-rettore vicario,
scelto fra i professori di ruolo di prima fascia. Il Pro-rettore vicario sostituisce il
Rettore in ogni sua funzione in caso di assenza o impedimento. Il Pro-rettore vicario è
componente di diritto del Consiglio di Amministrazione, del Senato Accademico e della
Giunta d'Ateneo.
VI. Il Consiglio di Amministrazione
Funzioni:
· Il Consiglio di Amministrazione è lorgano
responsabile della programmazione amministrativa, finanziaria e patrimoniale dell'Ateneo.
In questi ambiti generali di competenza, spetta in particolare al Consiglio di
Amministrazione deliberare in ordine ai seguenti oggetti:
- criteri di ripartizione delle risorse finanziare tra le strutture scientifiche,
didattiche ed amministrative;
- criteri per la ripartizione del personale tecnico-amministrativo tra le strutture;
- criteri per la distribuzione del personale docente e ricercatore alle strutture;
- criteri per lattivazione dei corsi di studio;
- criteri per la ripartizione dei finanziamenti per la ricerca;
- provvedimenti relativi alle contribuzioni studentesche su proposta della Giunta;
- Regolamento di Amministrazione, Finanza e Contabilità;
- Regolamenti relativi allOrganizzazione e al Personale tecnico-amministrativo;
- linee di indirizzo per la Contrattazione integrativa;
- Bilancio di previsione e Conto consuntivo;
- Piano edilizio;
- Sistema di valutazione dei dirigenti.
· Spetta, altresì, al Consiglio di Amministrazione esprimere
indirizzi e pareri sui Piani pluriennali di sviluppo in relazione alle proprie competenze;
· Il Consiglio di Amministrazione esercita le proprie funzioni
operando al fine di massimizzare lefficienza allocativa e la qualità delle
attività istituzionali dellAteneo nel rispetto dei criteri di economicità,
efficacia, buona amministrazione ed imparzialità.
· Il Consiglio di Amministrazione viene convocato dal Rettore
in via ordinaria almeno una volta ogni due mesi e, in via straordinaria, quando ne faccia
richiesta almeno un terzo dei suoi membri.
Composizione del Consiglio di Amministrazione:
· Il Consiglio di Amministrazione e' costituito con
Decreto del Rettore ed e' composto da:
a) il Rettore (che lo presiede);
b) il Pro-rettore vicario;
c) il Direttore amministrativo, che esercita anche le funzioni di segretario, assistito
per la verbalizzazione da un funzionario da lui designato;
d) 8 componenti, tra i soggetti interni allAteneo e non collocati in posizione di
aspettativa, quiescenza o simili, nominati dal Senato Accademico sulla base di una rosa di
nominativi formata dal Rettore con un numero almeno doppio di candidati (oppure su
candidatura libera);
e) 4 componenti tra soggetti esterni allAteneo individuati come segue:
Ipotesi a |
Ipotesi b |
Nomina del
Senato su proposta di "stake-holders" esterni, da individuare periodicamente a
seconda dei piani di sviluppo e degli obiettivi istituzionali che lAteneo intende
darsi.
Lista esemplificativa di possibili "stakeholders" esterni:
- le fondazioni bancarie che insistono sul territorio metropolitano della città di
Bologna (proposta avanzata di concerto dai presidenti delle fondazioni);
- le fondazioni bancarie che insistono nelle 4 sedi romagnole dellateneo (proposta
avanzata di concerto dai presidenti delle fondazioni);
- gli interessi economici che insistono sul territorio metropolitano della città di
Bologna (es. proposta avanzata di concerto dai presidenti della Confindustria, della
Camera di Commercio e
.. della provincia di Bologna);
- gli interessi economici che insistono sui territori delle 4 sedi romagnole
dellateneo, (es. proposta avanzata di concerto dai presidenti della Confindustria,
della Camera di Commercio e
.. della provincia di Bologna);
- le istituzioni politiche territoriali su proposta avanzata di concerto tra il presidente
della regione Emilia-Romagna e i sindaci delle cinque città in cui ha sede lateneo;
- il Ministro dellIstruzione, Università e Ricerca;
- il Ministro dellEconomia e Finanze
- il Ministro dei Beni e Attività Culturali
- il Presidente della Regione ER
- il Presidente della Provincia di
.
- le società e fondazioni di supporto del decentramento romagnolo (con proposta avanzata
di concerto dai presidenti delle società);
- lassociazione degli Alumni
- Abi
- Confindustria
.. |
Nomina del
Senato, su proposta del Rettore (oppure su candidature volontarie prodotte a seguito di
bando pubblico), di soggetti esterni allAteneo provvisti di curriculum altamente
qualificato nel campo della amministrazione o gestione presso enti pubblici o privati,
anche senza personalità giuridica |
La scelta dei componenti di cui alla lett. d) del punto che
precede viene operata sia da parte del Rettore che del Senato sulla base dei curricula
professionali dei candidati.
I componenti da designare tra soggetti esterni non possono essere componenti di
organi o dipendenti di altri Atenei italiani e non possono ricoprire cariche elettive o di
governo presso lo Stato, le Regioni, i Comuni o altri enti pubblici territoriali né
cariche direttive o gestionali presso partiti politici o associazioni sindacali e di
categoria.
Durata in carica:
Ipotesi A:
Il Consiglio di Amministrazione e' rinnovato ogni tre anni. I membri del Consiglio
non possono svolgere più di due mandati consecutivi.
Ipotesi B
Il mandato, non rinnovabile, dei consiglieri di amministrazione dura 6 anni. Ogni
tre anni si procede al rinnovo di metà dei membri del Consiglio di Amministrazione di cui
alla lett. d) sopra elencata sulla base di un meccanismo di rotazione stabilito con
apposito regolamento approvato dal Senato accademico.
In sede di prima attuazione, relativamente ai 12 consiglieri di cui alle sopra
riportate lett. d) ed e), sulla composizione del Consiglio di Amministrazione, il
meccanismo di rotazione è il seguente:
prima ipotesi
x) si procede alla nomina ex-novo dei 12 membri ed immediatamente si estraggono a sorte i
nominativi dei 6 consiglieri (4 di cui alla lett. d, 2 di cui alla lett. e, che dureranno
in carica 3 anni;
seconda ipotesi
y) si procede a nominare 6 consiglieri (4 di cui alla lett. d, 2 di cui alla lett. e) tra
i membri del Consiglio uscente che abbiano svolto solo un mandato. Tali soggetti così
nominati durano in carica per 3 anni.
VII. Il Senato Accademico
Funzioni:
· Il Senato Accademico è lorgano che, assieme
al Rettore, rappresenta unitariamente i professori, i ricercatori, il personale
tecnico-amministrativo e gli studenti dellAteneo. Ad esso compete la vigilanza
sullattuazione dello Statuto nonché lindirizzo generale di tutte le strutture
di Ateneo, al fine di assicurare da parte di esse la coerenza con le finalità e con la
funzione in relazione alle quali le stesse sono costituite e devono operare. Restano ferme
le funzioni di rappresentanza legale ed istituzionale che spettano al Rettore. Il Senato
Accademico è titolare della funzione di determinazione dellordinamento autonomo
dellAteneo e ad esso competono le deliberazioni recanti modifiche allo Statuto
generale dAteneo.
· Il Senato Accademico esercita tutte le competenze relative
alla programmazione e al coordinamento delle attività didattiche e di ricerca
dell'Ateneo, fatte salve le attribuzioni delle singole strutture didattiche e
scientifiche. In particolare spetta al Senato Accademico deliberare in ordine ai seguenti
oggetti:
- nomina dei membri del Consiglio di Amministrazione secondo quanto sopra previsto;
- concorso alla nomina dei membri della Giunta di Ateneo secondo quanto sotto previsto;
- Piano pluriennale di sviluppo sentito il Consiglio di Amministrazione;
- parere su Bilancio di previsione e sul Conto consuntivo;
- criteri per la programmazione didattica;
- [le ulteriori funzioni del Senato Accademico sono indicate nellart. 36 del
vigente Statuto generale dAteneo]
-
..
Composizione:
· Il Senato Accademico è composto da:
a) il Rettore (che lo presiede);
b) il Pro-rettore Vicario;
c) il Pro-rettore al Decentramento;
d) 12 presidi in rappresentanza delle strutture didattiche (oppure tutti i
presidi);
e) 12 Direttori di Dipartimento in rappresentanza delle strutture scientifiche;
f) 2 rappresentanti dei professori di ruolo di I fascia;
g) 2 rappresentanti dei professori di ruolo di II fascia
h) 2 rappresentanti dei ricercatori;
i) 5 rappresentanti degli studenti;
j) 5 rappresentanti del personale tecnico-amministrativo;
k) 2 Direttori delle Scuole di Dottorato di ricerca;
l) 1 (o 2) presidenti dei Poli scientifico-didattici delle sedi collocate in Romagna;
m) 1 Rappresentante dei dottorandi.
· I componenti di cui alle lett. d), e), k) sono
rispettivamente individuati sulla base di un procedimento di designazione collegiale da
parte dei Presidi o dei Direttori che si riuniscono con il solo compito di procedere alle
suddette designazioni.
· I componenti di cui alle lett. f), g), h), i), j), m) sono
eletti direttamente dalle componenti di riferimento.
· Il Direttore Amministrativo partecipa al Senato Accademico
con voto consultivo.
Durata in carica:
· Il Senato dura in carica tre anni.
Lavori del Senato Accademico:
· Il Senato Accademico è convocato dal Rettore in via
ordinaria almeno una volta ogni due mesi e, in via straordinaria, quando ne faccia
richiesta almeno un quarto dei suoi membri.
· Le modalità di funzionamento interno del Senato Accademico
sono stabilite da uno specifico regolamento che deve essere approvato dalla maggioranza
degli aventi diritto. Detto regolamento prevede la formazione di Commissioni istruttorie
(formate anche da membri dellAteneo esterni al Senato stesso, purché non
maggioritari) finalizzate ad approfondire lanalisi e le proposte sulle materie di
competenza del Senato. Dette Commissioni hanno il potere di acquisire
dallAmministrazione universitaria tutte le informazioni necessarie alla loro
attività e di ascoltare i Prorettori di settore e i Dirigenti delle Aree.
VIII. La Giunta dAteneo
· La Giunta di Ateneo è lorgano collegiale
esecutivo dellUniversità. Ad essa spettano tutte le competenze, escluse quelle di
gestione tecnico-amministrativa, che non siano attribuite dallo Statuto e dai Regolamenti
agli altri Organi generali dellAteneo, alle strutture dello stesso, quali Facoltà,
Dipartimenti, Scuole di Dottorato di ricerca e Poli scientifico-didattici ovvero al
Direttore Amministrativo e ai Dirigenti.
Funzioni:
· Spetta in particolare alla Giunta di Ateneo:
elaborare e gestire i Progetti esecutivi del Piano pluriennale di sviluppo;
attuare la ripartizione delle risorse finanziarie e quelle relative al personale docente
tra le strutture amministrative, didattiche e scientifiche sulla base dei criteri
stabiliti dal Consiglio di Amministrazione;
gestire le politiche del personale tecnico-amministrativo nel rispetto delle competenze
del Direttore Amministrativo e sulla base degli indirizzi stabiliti da Consiglio di
Amministrazione;
proporre annualmente al Consiglio di Amministrazione lammontare della contribuzione
studentesca;
decidere sullattivazione dei corsi di studio sulla base dei criteri definiti dal
Consiglio di Amministrazione;
nominare i dirigenti;
approvare gli obiettivi dirigenziali;
approvare i Regolamenti di organizzazione della struttura amministrativo-gestionale.
Composizione della Giunta di Ateneo:
· La Giunta di Ateneo è composta da:
a) il Rettore (che la presiede);
b) il Pro-rettore vicario;
c) il Direttore amministrativo, che esercita anche le funzioni di segretario, assistito
per la verbalizzazione da un funzionario da lui designato;
d) il Pro-rettore al Decentramento;
e) il Pro-rettore alla Ricerca e alle Relazioni Internazionali;
f) il Pro-rettore alla Didattica e Formazione;
g) il Pro-rettore al Bilancio, Programmazione e Finanziamenti;
h) il Pro-rettore allEdilizia e alle infrastrutture;
i) il Pro-rettore agli Studenti e al Diritto allo studio.
· I Pro-rettori di settore, con la sola esclusione del
Pro-rettore Vicario, sono designati dal Senato su proposta del Rettore. Essi restano in
carica per la durata del mandato rettorale.
· La carica di Pro-rettore è incompatibile con qualsiasi
carica istituzionale dellAteneo.
· Il Presidente del Consiglio Studentesco partecipa alla
Giunta di Ateneo con voto consultivo.
Funzionamento:
· La Giunta di Ateneo è convocata dal Rettore in via
ordinaria almeno una volta ogni mese.
· Le deliberazioni della Giunta sono valide se assunte con la
maggioranza degli aventi diritto. Tutte le deliberazioni della Giunta debbono essere rese
note, al Consiglio di Amministrazione ed al Senato Accademico, anche per estratto, entro
tre giorni dalla decisione; su richiesta di questi ultimi, nei tempi necessari per la
collazione amministrativa, viene fornita copia integrale della deliberazione.
· I Pro-rettori di settore indirizzano le attività delle Aree
di competenza con adeguata consultazione e informazione dei destinatari delle decisioni. I
Pro-rettori attivano altresì forme di consultazione e collaborazione permanente con i
Presidi, i Direttori di Dipartimento e i Direttori delle Scuole di dottorato di ricerca.
· Con apposito regolamento possono essere previste apposite
Commissioni consultive, rispettivamente in materia di "Studenti e Diritto allo
studio" e "Personale".
IX. Sulle Strutture
Le Strutture delluniversità:
· L'Ateneo si articola in strutture accademiche
(didattiche e scientifiche) e in strutture amministrative di servizio (centrali,
periferiche ed integrate)
· Le strutture di servizio centrali, periferiche ed integrate
sono disciplinate nella parte
.. del presente Statuto.
Le Strutture didattiche e scientifiche
· Le strutture didattico-scientifiche dellAteneo
sono le Facoltà, i Dipartimenti e le Scuole di dottorato di ricerca.
· Le Facoltà sono primariamente preposte al coordinamento e
allorganizzazione delle attività didattiche. I Dipartimenti sono primariamente
preposti allorganizzazione, alla gestione e allespletamento delle attività di
ricerca. Le Scuole di Dottorato di ricerca sono primariamente preposte al coordinamento,
all'organizzazione e alla gestione delle attività relative ai corsi di studio di terzo
livello.
· Al fine di garantire il necessario coordinamento fra
attività di didattica e di ricerca, ogni Consiglio di Facoltà individua i Dipartimenti
che dovranno fornire il supporto scientifico ed eventualmente anche organizzativo alle
attività dei singoli corsi di studio. Al fine del raggiungimento dei propri scopi
istituzionali, le Scuole di Dottorato di ricerca, di intesa con le Facoltà e i
Dipartimenti di riferimento, individuano gli impegni dei singoli docenti e ricercatori
nelle proprie attività.
· Le Facoltà, i Dipartimenti e le Scuole di Dottorato di
ricerca possono avvalersi, al fine di supportare le proprie attività istituzionali, dei
Centri di servizio integrati (poli scientifico-didattici).
Le Facoltà (*):
[si v. lart. 16 del vigente Statuto generale
dAteneo]
· Le Facoltà si coordinano con i
Dipartimenti e le Scuole di dottorato di ricerca al fine di poter garantire
ladeguata copertura didattica dei corsi di dottorato.
(*) La Commissione tecnica prende atto che esiste la questione delleventuale
allargamento ai ricercatori dellelettorato attivo per il Preside e della
composizione del Consiglio di Facoltà. In linea generale la Commissione osserva comunque
che leventuale allargamento della composizione del Consiglio di Facoltà dovrebbe
essere accompagnato da una revisione delle competenze e dei meccanismi di funzionamento
dello stesso (quorum strutturale e funzionale, composizione variabile in relazione agli
oggetti deliberativi).
I Presidi:
[si v. lart. 17 del vigente Statuto generale dAteneo]
· Il Preside è eletto a scrutinio segreto a maggioranza
assoluta dei votanti, che costituiscano la maggioranza assoluta degli aventi diritto, in
essi compresi tutti i professori fuori ruolo per raggiunti limiti di età, nelle prime due
votazioni; in caso di mancata elezione si ricorre al ballottaggio tra i due candidati che
abbiano riportato il maggior numero di voti nell'ultima votazione valida risultando
eletto, in caso di parità, il più anziano in ruolo e, in caso di ulteriore parità, il
più anziano di età. Le votazioni devono svolgersi nel periodo compreso tra i cinque e i
tre mesi prima della scadenza del mandato del Preside in carica.
· Al Preside possono essere stabilmente delegate funzioni di
ordinaria amministrazione da parte del Consiglio di Facoltà.
I Consigli di Facoltà (*):
[si v. lart. 18 del vigente Statuto generale dAteneo.
(*) La Commissione tecnica prende atto che esiste la questione delleventuale
allargamento ai ricercatori dellelettorato attivo per il Preside e della
composizione del Consiglio di Facoltà. In linea generale la Commissione osserva comunque
che leventuale allargamento della composizione del Consiglio di Facoltà dovrebbe
essere accompagnato da una revisione delle competenze e dei meccanismi di funzionamento
dello stesso (quorum strutturale e funzionale, composizione variabile in relazione agli
oggetti deliberativi).
I Dipartimenti:
· I Dipartimenti promuovono e coordinano, di norma tra
più Facoltà, le attività di ricerca di uno o più settori disciplinari omogenei per
finalità o per metodi di ricerca. Essi inoltre collaborano all'attività didattica con le
Facoltà e le Scuole di Dottorato mettendo a disposizione le proprie risorse umane e
strumentali, al fine della loro migliore utilizzazione.
[si v. lart. 21 del vigente Statuto generale dAteneo]
· Al Direttore possono essere stabilmente delegate funzioni di
ordinaria amministrazione da parte del Consiglio di Dipartimento.
Le Scuole di Dottorato di ricerca:
· Le Scuole di Dottorato di ricerca organizzano,
coordinano e gestiscono i dottorati di ricerca e possono collaborare, in pieno accordo con
le Facoltà e i Dipartimenti di riferimento, alle attività dei corsi di laurea magistrale
particolarmente finalizzati alla formazione alla ricerca.
· Le Scuole di Dottorato di ricerca si coordinano, per la
programmazione didattica e i contenuti formativi dei programmi dottorali, con le Facoltà
e i Dipartimenti di riferimento.
· A ciascuna Scuola di Dottorato di ricerca è preposto un
Direttore, nominato dal Rettore su proposta del Comitato direttivo, organo di governo
collegiale della Scuola. Il Direttore della Scuola di Dottorato di ricerca può essere
designato al di fuori del Comitato direttivo.
· Il Comitato direttivo delle Scuole è composto dai Presidi e
dai Direttori delle Facoltà e dei Dipartimenti di riferimento della Scuola, quali
risultanti dai relativi decreti istitutivi e dal Regolamento sui Dottorati di ricerca.
X. Le Strutture amministrative integrate
I Poli scientifico-didattici, in generale:
· Il Polo scientifico-didattico è una struttura
amministrativa per la gestione integrata dei servizi delle strutture didattiche e
scientifiche alla quale vengono attribuite specifiche e ben definite competenze.
· Ai Poli scientifico-didattici vengono assegnate le
risorse necessarie per il mantenimento della struttura organizzativa sulla base della
ripartizione delle risorse stabilita dal Consiglio di Amministrazione. Ai Poli vengono
altresì anche trasferite le risorse finanziarie spettanti, sempre sulla base dei criteri
stabiliti dal Consiglio di Amministrazione, alle strutture didattiche e scientifiche
gestite dai Poli stessi.
· I Poli scientifico-didattici possono reperire autonomamente
risorse provenienti da fonti esterne.
· I Poli scientifico-didattici costituiscono strutture
specifiche necessarie per il coordinamento e la gestione delle attività svolte nelle sedi
dellAteneo collocate in Romagna. Essi possono essere costituiti, con delibera del
Consiglio di Amministrazione, di intesa con il Senato Accademico, anche nella sede
bolognese qualora vi sia laccordo di un numero congruo di Facoltà e/o Dipartimenti,
sulla base di un piano organico di gestione amministrativa.
· Lassetto organizzativo ed istituzionale dei Poli
eventualmente costituiti nella sede di Bologna viene stabilito da un apposito Regolamento
approvato dal Consiglio di amministrazione, sentito il Senato Accademico.
XI. Sul Decentramento
· Il Polo scientifico-didattico costituisce la
struttura organizzativa principale per il coordinamento organizzativo e la gestione delle
attività didattiche e di ricerca svolte dallAteneo nelle sue sedi ufficiali in
Romagna.
· Il Polo scientifico-didattico in sede decentrata è retto
dal Consiglio del Polo.
Il Consiglio del Polo è formato da:
- il presidente del Consiglio di Polo;
- i responsabili delle strutture didattiche e scientifiche incardinate nella sede;
- un rappresentante per ciascuna Facoltà, incardinata nelle altre sedi dellAteneo,
che abbia attivato corsi di laurea nella sede decentrata (mediante regolamento approvato
dal Senato possono essere previste, laddove necessario e comunque nel rispetto del
principio di proporzionalità, forme di aggregazione della rappresentanza delle Facoltà);
- due rappresentanti degli studenti eletto dai rappresentanti degli studenti nei consigli
di corso di laurea attivati nella sede;
- un rappresentante del personale tecnico-amministrativo;
- un rappresentante nominato dallente di sostegno della sede.
· Il presidente del Consiglio di Polo è nominato dal Rettore
tra i professori ordinari incardinati nella sede, sentiti i responsabili delle strutture
didattiche e scientifiche ivi operanti
· Ai Poli scientifico-didattici delle sedi decentrate vengono
assegnate le risorse necessarie per il mantenimento della struttura organizzativa sulla
base della ripartizione delle risorse stabilita dal Consiglio di Amministrazione. Ai Poli
vengono anche trasferite le risorse finanziarie spettanti, sempre sulla base dei criteri
stabiliti dal Consiglio di Amministrazione, alle strutture didattiche e scientifiche
incardinate nella sede. I poli possono reperire autonomamente risorse provenienti da fonti
esterne.
· Le competenze generali del Consiglio di Polo sono:
- la programmazione organizzativa e finanziaria, sulla base delle risorse disponibili;
- il coordinamento organizzativo delle attività didattiche e scientifiche svolte nella
sede
- la programmazione dei progetti e dei servizi in materia di diritto allo studio -rivolti
agli studenti iscritti ai corsi di studio del Polo, nellambito degli obiettivi
stabiliti dalla programmazione strategica di Ateneo e delle linee guida approvate dagli
Organi di Ateneo;
- la definizione degli interventi di sviluppo e gestione del patrimonio edilizio del Polo
e, più in generale, degli interventi e dei servizi di supporto logistico,
nellambito dei piani e programmi di sviluppo edilizio di Ateneo;
- lapprovazione dellofferta formativa post lauream (master e corsi di
alta formazione), nellambito degli obiettivi stabiliti dalla programmazione
strategica di Ateneo e delle linee guida approvate dagli Organi di Ateneo;
· In particolare spetta al Consiglio di polo:
- definire i criteri per la ripartizione delle risorse finanziarie e di personale
tecnico-amministrativo tra le strutture didattiche, scientifiche e di servizio;
- formulare proposte in materia di contribuzione degli studenti;
- individuare e verificare la realizzazione degli interventi attuativi previsti dal piano
di sviluppo edilizio ;
- approvare i programmi dei dirigenti e dei responsabili delle strutture nel rispetto
delle disposizioni in materia.
· La posizione di vertice della struttura amministrativa dei
Poli è di tipo dirigenziale. La nomina del dirigente è effettuata di intesa con il
Presidente del Polo.
· Ulteriori autonomie spettano ai Poli che superino la soglia
dimensionale del
.. % studenti iscritti o che realizzino tra di loro forme di
integrazione funzionale e complessivamente superino la predetta soglia dimensionale . In particolari, in questi casi spettano
ai Poli:
- la gestione del piano di fabbisogno del personale tecnico-amministrativo (concorsi e
progressioni verticali), e del personale in servizio (fatte salve le competenze spettanti
agli altri organi e uffici dellAteneo, nellambito delle risorse attribuite al
Polo e nel rispetto delle linee guida di Ateneo,)
- la gestione delle procedure per docenti e ricercatori a contratto;
- la gestione autonoma, fatto salvo il necessario coordinamento con lamministrazione
centrale, delle relazioni internazionali e dei servizi agli studenti attinenti alla
mobilità studentesca internazionale;
- la completa gestione delle competenze in materia di diritto allo studio (fatto salvo il
necessario coordinamento e la ricerca di ogni possibile sinergia a livello di Ateneo);
- la completa gestione del patrimonio edilizio del Polo (tutte le procedure di gara e dei
contratti, anche di locazione) e, più in generale, degli interventi e dei servizi di
supporto logistico;
- la completa gestione dellofferta formativa post lauream (master e corsi di
alta formazione).
· Il presidente del Polo:
- convoca e presiede il Consiglio;
- rappresenta il Rettore nella sede e con gli enti di riferimento esterno, ivi compreso il
potere di firme di atti e convenzioni;
- indirizza le attività organizzative, gestionali e finanziarie di competenza del Polo
scientifico-didattico;
- al presidente di Polo possono essere stabilmente delegate funzioni di ordinaria amministrazione da parte del
Consiglio di Polo.
· Funge da organismo di coordinamento dei poli decentrati un
Comitato che comprende i Presidenti dei Consigli di polo e un rappresentante degli enti
territoriali interessati per ciascun Polo. Alle riunioni del comitato di coordinamento
partecipa uno studente designato dal Consiglio studentesco tra gli studenti iscritti ai
corsi di laurea delle sedi decentrate. Il comitato di coordinamento e' presieduto dal
Rettore o dal Pro-rettore al Decentramento.
In particolare il comitato di coordinamento esprime un parere obbligatorio relativamente
a:
a) i piani di sviluppo strategico dellateneo;
b) linee guida in materia di programmazione dei progetti e dei servizi in materia di
diritto allo studio;
c) i trasferimenti di personale docente e ricercatore da e per le sedi decentrate;
d) la definizione dellofferta formativa delle sedi decentrate.
· Il Comitato di coordinamento può avanzare proposte agli
organi di governo dellAteneo rispetto a questioni di comune interesse per le sedi
decentrate, ivi compresa la programmazione e la formazione del personale
tecnico-amministrativo. Gli organi collegiali sono tenuti a rispondere entro 60 giorni
dalla formalizzazione delle proposte.
XII. Sui Rapporti tra Università e Servizio Sanitario Nazionale
· Ai professori e ricercatori della Facoltà di Medicina e
Chirurgia che, per assolvere i compiti istituzionali di tipo didattico e scientifico,
debbono svolgere attività assistenziali lUniversità assicura laccesso e
lutilizzazione di adeguate strutture sanitarie, proprie o acquisite attraverso
rapporti convenzionali. I rapporti convenzionali sono instaurati, nel rispetto delle
normative comunitarie, nazionali e regionali, con le articolazioni nazionali, regionali e
locali del Servizio Sanitario Nazionale, le strutture private accreditate da detto
Servizio e gli istituti e centri di ricerca bio-medica nazionali e internazionali. Per
analoghe o complementari finalità istituzionali dei professori e ricercatori di altre
Facoltà (Farmacia, Medicina Veterinaria, Psicologia e altre interessate)
lUniversità può instaurare ulteriori rapporti convenzionali con i suddetti enti.
· Le attività assistenziali svolte dai professori e
ricercatori universitari sono finalizzate allassolvimento dei loro prioritari
compiti istituzionali didattici e scientifici. Gli atti convenzionali tutelano la
finalità istituzionale delle attività assistenziali svolte dal personale universitario,
nel rispetto dei criteri di economicità e produttività applicati nella gestione delle
strutture convenzionate.
· Lattribuzione di compiti e responsabilità
assistenziali a professori e ricercatori avviene nel rispetto delle prerogative del loro
stato giuridico e in coerenza con il principio della piena valorizzazione delle competenze
professionali (assistenziali, didattiche e scientifiche).
· La formazione degli studenti iscritti ai vari corsi di
studio della Facoltà di Medicina e Chirurgia (corsi di laurea, corsi di laurea
magistrale, Scuole di dottorato di ricerca, scuole di specializzazione) avviene in
coerenza con gli standard qualitativi e quantitativi definiti dalle normative comunitarie
e nazionali e dagli ordinamenti didattici dei vari corsi di studio.
· LUniversità può istituire, in attuazione della
programmazione sanitaria nazionale e regionale, proprie strutture clinico-sanitarie,
utilizzando idonei strumenti giuridici e finanziari, inclusa la partecipazione ad apposite
figure ed organismi di diritto pubblico o di diritto privato.
· LUniversità disciplina, attraverso il Regolamento
della Facoltà di Medicina e Chirurgia, lorganizzazione della didattica dei singoli
corsi di studio dellarea sanitaria nellambito di aree assistenziali omogenee
degli enti convenzionati. I rapporti convenzionali vengono di norma instaurati con enti
che assicurano lutilizzazione di aree funzionali organizzate in unità operative
coerenti con gli obiettivi formativi definiti dagli ordinamenti didattici dei corsi di
studio.
· I Regolamenti dellAteneo prevedono condizioni e
modalità di decentramento di attività amministrative a supporto delle attività svolte
nellambito delle suddette aree assistenziali omogenee. |
ATENEO DI BOLOGNA: premiati i Dirigenti |
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Premiati
i 17 Dirigenti in base ai risultati
(peraltro non resi noti detti risultati)
Il CdA ne ha "preso atto"
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Cda del 18 marzo 2008:
Nella seduta del 18 marzo il Direttore Amministrativo ha relazionato sulla
VALUTAZIONE DEI DIRIGENTI, circa gli obiettivi attuati nel 2007
I dirigenti valutati sono 17: Ersilia Barbieri, Laura Bertazzoni, Luisa
Consolini, Stefano Corazza, Alice Corradi, Michela Dalla Vite, Francesco Faina, Giovanna
Falsetti, Giovanna Filippini, Sanzio Gamberini, Morena Gervasi, Michele Menna, Monica
Passarini, Carlo Polacchini, Bruno Quarta, Maria Cristina Raboni, Paolo Vicini.
Eseguiti i conteggi dellinsieme degli obiettivi di comportamento e
degli obiettivi quantitativi assegnati, è risultato che:
- n° 13 dirigenti hanno ottenuto una valutazione "Sopra le aspettative"
che corrisponde a unindennità di risultato pari al 30% della propria indennità di
posizione;
- n° 2 dirigenti hanno ottenuto una valutazione "Conforme alle
aspettative" che corrisponde a unindennità di risultato pari al 25% della
propria indennità di posizione;
- n° 2 dirigenti hanno ottenuto una valutazione "Parzialmente conforme alle
aspettative" che corrisponde ad unindennità di risultato pari al 20% della
propria indennità di posizione.
La spesa trova copertura sugli stanziamenti previsti sulla Cat./Cap. F.S.
1.04.05 "Retribuzione variabile dirigenti a tempo indeterminato" (disponibilità
in bilancio 644.869,35, da ripartire tra 7 dirigenti) e sulla Cat./Cap. F.S.
1.04.06 "Retribuzione personale dirigenziale a tempo determinato"
(disponibilità in bilancio 2.370.675,18, da ripartire tra 10
dirigenti). Queste cifre sono qui riprese direttamente dal bilancio 2008. |
Perplessità su altri
aspetti, suscitati
dalla lettura del verbale del CdA: |
1) Il Cda "prende atto" (dunque non approva)
2) Compare un Collegio dei Dirigenti, non previsto in Statuto
3) Altro, da altra fonte: dirigenti divenuti 25 |
1.- La formula di approvazione finale recita: "Il Consiglio
di Amministrazione prende atto".
Questo vuol dire che il CdA non ha espresso alcun apprezzamento e ringraziamento ai
propri Dirigenti, e questo è abbastanza inquietante.
Ma, poi, ricordando che, sotto la direzione amministrativa FABBRO, c'è una
politica che mira a limitare il CdA nelle ingerenze sulla dirigenza, il tutto è
presto spiegato. Si ricorda che già, alcuni mesi, ci fu una diatriba, sollevata dal prof.
Lorenzini, sul fatto che il CdA fu costretto a prendere atto della endicontazione della
FABBRO sulla Dirigenza, circa l'attuazione degli obiettivi dirigenziali per il 2007.
Ciò ripropone l'annosa questione sulla esautorazione del CdA, nel senso che
se prende atto, non decide, e invece dovrebbe decidere e dunque la formula dovrebbe essere
"Il Consiglio di Amministrazione approva (oppure: non approva), e questo perché
cè una responsabile contabile dei Consiglieri verso la legge (Corte dei Conti).
Invece, dallo stesso verbale, per la proposta di OBIETTIVI DIRIGENZIALI
2008, "il Consiglio di Amministrazione approva".
2. Dal seguito del verbale del CdA risulta, poi, lesistenza di un
"Collegio dei Dirigenti".
Lesistenza di una struttura del genere non risulta nello Statuto
Generale di Ateneo. La cosa è rilevante perché un Collegio siffatto ha un potere
politico molto grande, che i dirigenti possono fare valere nei confronti dei professori, i
soli che a livello di Organi esecutivi (Gruppo dei Pro-Rettori, Giunta) dovrebbero avere
potere politico.
3.- Risulta, infine, da altre fonti che, frattanto, i Dirigenti sono divenuti
25, di cui 7 di ruolo, e 18 a contratto, di cui 2 sono comandati presso la Fondazione Alma
Mater.NL |
|
L'intervento
di Dario Braga, "uomo nuovo", proveniente da fuori degli organi
di Ateneo |
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Dario Braga
|
Dario Braga*:
Per uno Statuto di autonomia e di efficienza ...
.... e per un Governo dellAteneo, con un Rettore
primo ministro e Prorettori-ministri,
scelti dal Rettore con "portafoglio" e responsabilità
di firma, con nomina revocabile * Ordinario di Chimica della Facoltà di Scienze M. F. N., Direttore
dell'Istituto di Studi Avanzati
dell'Alma Mater Studiorum |
|
|
1. Premessa. Indirizzare verso uno Statuto di autonomia ed
efficienza
Ritengo più opportuno discutere, prima, di come aggiornare la
missione dell'Ateneo e i suoi obiettivi futuri e, poi, pormi il problema di come
modificare lo Statuto per consentire il raggiungimento degli obiettivi. Insomma ... prima
stabilire la meta e poi scegliere il percorso. Anzi, una volta stabilita la meta, il
percorso lo farei scegliere a giuristi, economisti e amministrativisti esperti, che
articolino il dettaglio istituzionale della nostra missione. Questi potrebbero anche
proporci più modelli di Statuto, diversi percorsi per raggiungere la medesima meta, fra i
quali il corpo docente potrebbe scegliere, magari mediante lo strumento referendario.(Non
dimentichiamo, tuttavia, che lart 11 c. 3 dellattuale statuto affida alla
maggioranza assoluta di CdA e SA la approvazione del nuovo. Bisogna quindi pensare anche a
una modifica transitoria).
2. Obiettivi fondamentali. In cerca dell'Università che vogliamo,
dobbiamo pensare in grande ma guardare a Bologna, per prima cosa, perchè lo statuto è
uno strumento per governare. In maniera schematica, quattro sono, a mio avviso, gli
obiettivi fondamentali:
a) rafforzamento della autonomia: autonomia dell'Università nei
confronti del Ministero e, allinterno dellAteneo autonomia delle strutture
rispetto agli organi centrali (cfr. art 42). L'autonomia di gestione genera
responsabilità mentre la centralizzazione porta alla rappresentanza: due modi opposti di
concepire il governo. L'autonomia politica e di spesa richiede inoltre efficienti
strumenti di valutazione e unamministrazione che lavori di concerto con la docenza.
b) Distinzione dei poteri e individuazione di responsabilità degli organi:
il CdA e il SA hanno al momento ruoli e poteri confusi, così come li hanno Facoltà e
Dipartimenti, cosicché direttori e presidi spesso agiscono da "rappresentanti"
degli interessi di aggregazioni di docenti piuttosto che da amministratori. Le
rappresentanze negli organi svolgono il più delle volte funzioni puramente notarili.
c) Trasparenza e tracciabilità dei processi decisionali: |
Ripartizione
dei votanti per Facoltà,
nella elezione del nuovo Rettore
(a cura della Redazione)
Facoltà di Agraria, |
188 |
Facoltà di Architettura "Aldo Rossi", Cesena, |
33 |
Facoltà di Chimica Industriale, |
101 |
Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali, |
63 |
Facoltà di Economia, |
117 |
Facoltà di Economia (Sede di Forlì), |
49 |
Facoltà di Economia (Sede di Rimini) |
49 |
Facoltà di Farmacia, |
120 |
Facoltà di Giurisprudenza, |
150 |
Facoltà di Ingegneria, |
354 |
Facoltà di Ingegneria II, |
71 |
Facoltà di Lettere e Filosofia, |
320 |
Facoltà di Lingue e Letterature Straniere, |
90 |
Facoltà di Medicina e Chirurgia, |
509 |
Facoltà di Medicina Veterinaria, |
105 |
Facoltà di Psicologia, |
52 |
Facoltà di Scienze della Formazione, |
98 |
Facoltà di Scienze Mat. Fisiche e Naturali |
416 |
Facoltà di Scienze Motorie, |
34 |
Facoltà di Scienze Politiche, |
106 |
Facoltà di Scienze Politiche II "R. Ruffilli", |
64 |
Facoltà di Scienze Statistiche, |
68 |
Scuola Superiore di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori, |
48 |
Totale |
3.205 |
|
diminuzione del numero dei tavoli, commissioni,
riequilibri ecc.
d) Efficienza gestionale, snellimento delle procedure e
de-burocratizzazione: Funzione guida della componente accademica esercitata su
basi di competenza. Condivisione delle procedure e ricerca di un linguaggio e un terreno
di lavoro comuni tra personale docente e tecnico-amministrativo. Analisi della
"sedimentazione normativa", riduzione del numero di ratifiche, revisione dei
profili professionali di accesso alle carriere PTA ecc., valutazione della performance,
incentivazione. Tutto questo modo farà crescere, non ci si sorprenda, la democraticità. |
3.- Qualche ipotesi sullo Statuto:
- Un governo, con un Rettore primo ministro e Prorettori-ministri scelti dal
Rettore con "portafoglio" e responsabilità di firma, con nomina revocabile. Il
Consiglio dei Prorettori sostituisce la Giunta. Il mandato del Rettore come ora
4+4 oppure di 5 anni non rinnovabile.
- Le Presidenze di Polo: delegati del Rettore (o, in alternativa,
un solo Prorettore per le sedi decentrate).(Incidentalmente: il concetto di "sedi
decentrate" va superato, è un po' come i "non-docenti", un non-qualche
cosa, in fondo che differenza fa se una facoltà è a Ozzano o a Forlì? O se un
Dipartimento è a Bologna o a Rimini. Semmai può far differenza avere una Facoltà a
Cesena e un Dipartimento di riferimento a Bologna
).
- Un Senato Accademico che indirizza lo sviluppo delle attività
accademiche, formazione e ricerca, fatto da Presidi, Direttori e semmai da Direttori di
scuole di dottorato (le Scuole di dottorato acquisiranno nel tempo sempre maggiore
rilevanza perché rappresentano il terzo livello del Bologna process). In SA anche
adeguate rappresentanze di studenti, dottorandi e assegnisti. (Il numero di senatori è
troppo ampio - occorre prevedere meccanismi di elezione per aggregazione e/o per soglia
che tengano conto sia della numerosità dei corsi sia del numero di afferenti).
- Consiglio di Amministrazione con potere deliberante su finanza e
bilancio, programmazione edilizia, ecc (come ora art 37). Composizione mista
universitaria-esterna, "stakeholders" (MIUR, Comune, Regione, organizzazioni
industriali, SSN, altro) e accademica. In CdA adeguate rappresentanze di personale tecnico
amministrativo.(Sempre al fine di aumentare efficienza e trasparenza non dovrebbe essere
consentito dallo Statuto, che i rappresentanti di "stakeholders" in CdA siano
dipendenti dell'Università di Bologna.).
- Elettorato del Rettore: professori e ricercatori tutti ! Quella
dei ricercatori dai consigli di facoltà e dallelettorato attivo del Rettore una
esclusione anacronistica e deresponsabilizzante.
Credo anche che l'estensione del voto al personale tecnico amministrativo con voto
ponderato (come hanno fatto altri grandi atenei, ad esempio a Padova è il 7%) vada fatta
e sia utile a generare senso di appartenza e di partecipazione. Credo anche che il voto
del personale non debba essere tale da condizionare il governo della formazione e della
ricerca che compete istituzionalmente al corpo docente.
4.- Risorse: attribuire il
personale docente e ricercatore, così come quello tecnico-amministrativo, ai
Dipartimenti, restituendo alle Facoltà il compito primario di organizzare i livelli
formativi.
(Per l'attività di ricerca ogni docente afferisce a un solo Dipartimento mentre
spesso tiene insegnamenti in Facoltà diverse e li muta nel tempo. Ciononostante il
"budget" dei posti è gestito dalle Facoltà e non dai Dipartimenti, come invece
avviene nella maggior parte dei sistemi accademici europei. Risolvere questa
contraddizione sarebbe una vera rivoluzione copernicana.)
- Multicampus: alle strutture della Romagna va data autonomia vera
e pari opportunità di sviluppo.
- Area sanitaria: una adeguata organizzazione interna e una parziale
autonomia statutaria per le facoltà di Area sanitaria (medicina ma anche veterinaria,
farmacia e psicologia) e i loro dipartimenti di riferimento per la peculiarità della
interazione con il SSN (in parte già delineata dall'art 55 attuale.)
5.- Conclusioni. La riforma dello Statuto è
una responsabilità grande: non possiamo né "partorire un topolino" né fare di
questa revisione una tela di Penelope che ognuno cuce e scuce a seconda dei propri
interessi.
Quanto farà l'Università di Bologna non riguarda solo noi. Siamo e restiamo
Università leader, le nostre scelte influenzeranno quelle di altri e quindi
influenzeranno il sistema universitario nazionale.
Nel richiamo conclusivo vorrei sottolineare che la complessità dei problemi
richiede senso pratico e onestà intellettuale. Forse non tutti i colleghi hanno compreso
che oggi il personale docente e quello tecnico mangiano nello stesso piatto,
accedono cioè alle stesse risorse. E che è compito di chi governa di volta in volta
decidere, ascoltando le varie istanze, se è più opportuno, ad esempio, un nuovo posto da
ricercatore o un nuovo posto di tecnico o di amministrativo, o la chiamata di un
professore o lacquisto di uno strumento, o lespansione di una biblioteca. Per
governare questa complessità serve uno strumento adeguato.
Abbiamo inoltre un problema di sovradimensionamento amministrativo e gestionale: 73
dipartimenti, decine di centri interdipartimentali e di altri centri di spesa
costituiscono un carico immenso sulla gestione e disperdono le energie e le competenze.
Anche qui occorre un ragionamento laico che abbia come algoritmo di
riferimento il buon uso delle risorse e non gli interessi di questa o quella parte.
Non dimentichiamo che lUniversità è cambiata. LUniversità oggi ha
quattro gambe, non più solo due. Non si deve occupare più solo di formazione e di
ricerca, che certo rimangono le funzioni principali, ma deve occuparsi oggi anche di
vendere le sue competenze (servizi, assistenza, attività per conto terzi,
spinoff e trasferimento di conoscenze) nonché di acquisire risorse dallesterno
(dallEuropa, dai sostenitori, dal territorio circostante). Sono compiti nuovi e
ineludibili, che richiedono una struttura di governo adeguata. DB |
Marina Marini
|
Marina Marini*,
A proposito di verbalizzazione degli esami
* Associato
di BIOLOGIA E GENETICA della Facoltà di
Medicina |
|
|
AVVERTENZA. Il problema di legittimità sollevato dal prof. Ghetti,
è ora ripreso dalla prof.ssa Marini con riferimento al fatto che il software dell'Ateneo,
preimpostato, non accetta più di 2 firme per commissione d'esami. Ma cosa succede se,
poi, nei fatti, l'insegnamento è costruito per integrazione dei moduli di piu di 2
docenti ? Marina Marini. "In un recente CdL di
Medicina si e' parlato della verbalizzazione Univex. Ho citato le critiche avanzate dal
prof. Ghetti e ne ho aggiunto una mia, ossia il fatto che bastano 2 firme per la
verbalizzazione elettronica, come peraltro per la verbalizazione cartacea, ma la
verbalizzazione elettronica sembra favorire situazioni in cui, in caso di corsi integrati
con piu' di 2 docenti di SSD diversi, i due docenti piu' "forti" (per numero di
crediti e/o per posizione accademica, es due ordinari con colleghi ricercatori o
associati), possano prevaricare sul/sui colleghi più deboli. Infatti l'esame (NON la sola
verbalizzazione) potrebbe anche essere fatto dai soli due docenti "forti",
ignorando del tutto la materia insegnata dagli altri docenti "deboli", che
potrebbero essere non invitati in commissione. Il fatto che la verbalizzazione non
richieda l'esplicito assenso dello studente e neppure la firma contestuale del secondo
commissario si presta potenzialmente ad ogni sorta di abusi (es. esami falsi). Di fronte a
questi dubbi di legttimità, molti docenti della Facoltà di Medicina hanno dichiarato di
attendere dei chiarimenti prima di aderire al sistema Uniwex. Mi risulta che le critiche
del prof. Ghetti siano state accolte dall'ammissione, decisamente naif, che i problemi di
illegittimità sono fondati, ma che modificare il software sarebbe troppo complesso! Se è
effettivamente così, sono veramente stupefatta del fatto che problemi gravi relativi al
rispetto della legalità vengano consapevolmente ignorati dai vertici del nostro ateneo!
Mi sembra un sintomo del diffondersi di una "cultura dell'illegalità
legalizzata" che sto avvertendo un po' dappertutto e che, a mio parere, fa da pendant
ad altri brutti costumi che stanno prendendo piede tra gli strati della nostra società
che dovrebbero essere quelli "pensanti" e costituire il baluardo delle
istituzioni, della convivenza e dell'eredità culturale dell'illuminismo. Mi riferisco a
continui tentativi di travisamento della realtà, riscrittura della storia, schiacciamento
delle minoranze, accoglimento di mitologie, dicerie, accettazione senza verifica di
"dati e fatti" semplicemente perché avanzati da persone autorevoli o portatrici
di istanze che si reputano giuste, abbandono del pensiero logico.... Sono convinta che la
tecnica (in questo caso il software) DEBBA e POSSA piegarsi alle esigenze dell'uomo e non
viceversa. Se la nostra amministrazione ha fatto la scelta di avvalersi di consulenti
informatici non sufficientemente abili e troppo "disinvolti" deve fare un passo
indietro e questi problemi vanno presentati in maniera ufficiale alle massime
istanze". MM |
Sulla
RIFORMA DELLO STATUTO GENERALE DI
ATENEO |
Documenti liberi di un Gruppo di lavoro
Nel giugno-luglio 2007, in
risposta all'invito del Rettore della primavera scorsa, un GRUPPO DI STUDIO ha messo
assieme una prima bozza di documento, data una proposta preparata dai proff. GHETTI e
LUCIANI. A queste riunioni hanno partecipato, a vario titolo (vale dire: a) come membri
del Gruppo; b) come Osservatori-membri del Senato e del Consiglio di Amministrazione),
rispettivamente:
a) CALBOLI GUALTIERO, CANTELLI FORTI GIORGIO, GHETTI
GIULIO, GUARNIERI ADRIANO, LORENZINI ENRICO, LUCIANI NINO, MARCATO PAOLO STEFANO, PILO'
VIRGINIO, PISI ANNA MARIA, POMBENI PAOLO, PORZI GIANNI, SANDROLINI FRANCO, TOMASI
VITTORIO, ZAGO ANTONELLA. Ci sono state (è forse opportuno farne mezione) varie
adesioni di Colleghi, impediti di partecipare.
b) MUCCINO MARIA, CRISAFULLI LILLA MARIA,
DIONIGI IVANO, CANESTRARI STEFANO
A conclusione dei lavoro, il GRUPPO ha costruito un primo documento, fondato
sulla ipotesi che l'Ateneo rimanga centralizzato (sia pur con forme di autonomia in
Romagna). Inoltre ha acquisito il vecchio documento della Commissione POMBENI (del 28
gennaio 2002), di cui si è fatto uno stralcio approvato da lui. Il documento è fondato
sull' ipotesi che l'Ateneo divenga federale. Per memoria, la Commissione era composta da Alberto Destro, Paolo Guidicini, Pier Luigi Parmeggiani, Paolo
Pombeni (Presidente), Eraldo Seren, Stefano Zamagni, Stefano Zunarelli.
il Documento
della Commissione POMBENI
per l'ipotesi di preferenza per un ATENEO FEDERALE.SINTESI. La struttura dell'Ateneo diviene
federale:
1- le unità di base sono 5 "aree disciplinari";
2- gli esecutivi locali sono retti da un rispettivo ProRettore-Presidente, eletto
dall'area;
3- gli organi collegiali deliberanti delle aree sono composti da: ProRettore,
Presidi, Direttori di Dip., 2 studenti, 2 tecnici o amministrativi, 2 docenti, rettore;
4- il Rettore è eletto da 5 grandi elettori: i Collegi dei proff. ordinari (con 7
voti), dei proff. associati (con 5 voti), dei Ricercatori (con 3 voti), degli studenti
(con 2 voti), del Personale amm.vo (con 2 voti);
5- Il Rettore si vale di un Gabinetto, composto da fiduciari, delegati per materia;
6- Il Consiglio di Amministrazione è composto da: 13 membri eletti, 7 esperti e 2
designati dalla assemblea unica dei grandi finanziatori;
7- Il Senato è composto da 21 membri elettivi (5 Presidi, 5 Direttori di Dip., 3
studenti, 3 amministrativi) e dai 5 ProRettori-Presidenti di area;
8- una Corte di equità fa da arbitrato amministrativo. |
*********** |
Documento della Commissione POMBENI per la riforma dello STATUTO dell'Ateneo
AVVERTENZA. Qui di seguito
è ripreso la parte del documento, strettamente relativa al sistema di Governance
dellAteneo. Si chiarisce anche che il documento della Commissione, dopo una premessa
di impostazione generale, individuava tre possibilità di riordino del sistema di
governance dellAteneo:
- una di "frazionamento" del Mega Ateneo in più Atenei, sul modello della legge
che portava quel nome;
- una di riordino per "Poli territoriali", collegati da una struttura centrale,
caratterizzati dalla condivisione di strutture;
- una per "aree scientifico disciplinari".
Delle tre, la Commissione optò (ma non in modo rigido) per la terza di cui,
qui si offre uno stralcio. |
|
Ipotesi di
GOVERNO "FEDERALE" DELL UNIVERSITA DI BOLOGNA E SEDI
DECENTRATE
CON UNITA' DI BASE COSTITUITE DA "AREE SCIENTIFICO-DISCIPLINARI"
1.- Per lipotesi di
una
comunità
che federa settori disciplinari specifici di di didattica e ricerca (il
significato originario della Universitas Studiorum è che federa le
"Scuole" o le "Arti", l'organizzazione preferibile è quella per Aree
Disciplinari.
LUniversità viene suddivisa in 5 Aree disciplinari, rette da un
ProRettore, rispondenti grosso modo alle seguenti partizioni: 1. Scienze Umane e della
Cultura; 2. Scienze Giuridiche, Politiche e Sociali; 3. Scienze Biologiche e Sanitarie; 4.
Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali; 5. Scienze della Tecnologia e della
Trasformazione
Di ciascuna Area fanno parte sia le Facoltà che i Dipartimenti.
Tutta l'attività di gestione e di governo ora accentrata a livello di Senato
e Consiglio di Amministrazione diverrebbe di competenza esclusiva delle Aree, salve quelle
attività generali e di indirizzo riservate a livello centrale.
L'Area sarebbe retta da un Consiglio di Area formato dal ProRettore Presidente
dell'Area, dai Presidi delle Facoltà aderenti, dai Direttori dei Dipartimenti aderenti,
da 2 rappresentanti degli Studenti (eletti per esempio dalle componenti studentesche
rappresentate nelle Facoltà), da 2 rappresentanti del Personale tecnico-amministrativo,
da 3 rappresentanti dei Docenti. Il Rettore è membro di diritto con voto di tutti i
consigli di Area.
Il ProRettore-Presidente è eletto con modalità da designarsi fra i
Professori di prima fascia . Si possono proporre due varianti: o disporre una uniformità
a livello di Ateneo, riproponendo il meccanismo di elezione del Rettore (vedi il punto
dedicato a questo tema); oppure lasciare che ogni Area nel suo regolamento individui le
modalità di elezione del proprio vertice.
L'Area ha competenza esclusiva nella gestione dei mezzi messi a disposizione
dallAteneo o che fosse in grado di procurarsi autonomamente (si potrebbe studiare
per questultimo caso un meccanismo di compensazione a favore dell'Ateneo, anche in
vista di una redistribuzione verso le componenti senza colpa più deboli: es. la ricerca
di base). In pratica gestirebbe per sé tutto quello che attualmente è gestito a livello
centrale. (In questo senso lAmministrazione centrale viene frazionata tra le Aree,
salvo per i compiti di indirizzo generale e regolazione propri del centro N.d.R.).
.....
Le singole Aree potranno, nellambito dei regolamenti di cui ciascuna si
doterà, prevedere, oltre a Facoltà e Dipartimenti, articolazioni specifiche ed originali
al proprio interno o anche in consorzio fra più Aree, sia per creare comparti
disciplinari funzionalmente omogenei, sia per gestire insediamenti decentrati sul
territorio, sia per dare maggiore capacità operativa a proprie componenti impegnate in
attività sperimentali di particolare interesse.
Per le sedi decentrate sul territorio al di fuori dell'Area
metropolitana di Bologna si potrà costituire un organismo denominato "Centro di
promozione e gestione dell'Insediamento universitario di
" (Forlì, Rimini,
Cesena, Ravenna, ecc.)" con il compito di raccogliere e gestire risorse aggiuntive
per le necessità dell'insediamento, di promuovere iniziative volte a radicare la nuova
realtà universitaria nel contesto territoriale, di realizzare il razionale sfruttamento
delle risorse e di promuovere l'idea di appartenenza alle nuove realtà di Studenti,
Docenti e Personale tecnico-amministrativo. Ogni "Centro" agirebbe nell'ambito
delle Aree disciplinari presenti nell'insediamento di riferimento e sarebbe l'interfaccia
operativa del Consiglio di amministrazione per gli interventi gestionali.
In quest'ottica anche la sede bolognese potrebbe avere un suo "Centro".
Tutti i Presidenti dei "Centri" sarebbero membri con diritto di voto delle
assise dei Senati di Area di pertinenza.
Unorganizzazione di questo tipo inevitabilmente cambia il quadro attuale
dellorganizzazione
Trasformazione della attuale "Giunta" di Ateneo. In uno
schema del tipo delineato essa non ha più alcuna ragion dessere, e soprattutto non
è più razionale sia composta da "ProRettori".
A nostro giudizio resterà un "ProRettore Vicario" di nomina Personale del
Rettore, esattamente come alter ego, anche se, in una situazione che vede la contrazione
decisa dellattività di ordinaria amministrazione, ce ne sarà minor bisogno. Si
potrebbe prevedere anche una delega di firma o di presenza che di volta in volta il
Rettore può dare, se necessario e a sua discrezione, ad uno dei ProRettori provenienti
dalle Aree.
La attuale Giunta andrebbe invece trasformata in un Gabinetto del Rettore, cioè in
una struttura ristretta di collaboratori qualificati e fiduciari del Rettore per un certo
numero di settori. I suoi membri avrebbero la qualifica di Delegati del Rettore per..
senza partecipare ad alcun organo, se non come invitati dallo stesso "ratione
materiae".
2.- Senato Accademico Centrale. Si avrà infine un Senato
Accademico Centrale formato dai ProRettori-Presidenti eletti ai vertici delle 5 Aree, più
5 Direttori di Dipartimento (uno per Area) eletti da tutti gli aderenti ai Dipartimenti
per ciascuna Area, più 5 Presidi di Facoltà (uno per Area) eletti da tutti i membri
delle Facoltà di ciascun Area, più 3 membri eletti dal Consiglio Studentesco. Ad essi si
dovrebbero aggiungere 3 membri eletti fra il Personale tecnico-amministrativo. (21
persone in tutto).
I ProRettori, Direttori di Dipartimento e Presidi di ogni area dovrebbero essere
incardinati ciascuno in una Facoltà diversa, al fine di garantire l'equilibrata
rappresentanza delle diverse componenti.
3. Il Consiglio di Amministrazione
Il Consiglio di Amministrazione andrà eletto
secondo un
principio per cui chi sceglie sono le componenti accademiche, ma non solo fra loro stesse,
bensì anche fra esperti esterni che possano garantire una certa "terzietà"
rispetto al corpo che amministrano.
Per l'individuazione di questi esperti esterni un meccanismo individuato per
una prima riflessione potrebbe essere il seguente. Ciascuna componente strutturata (dunque
o le Aree Disciplinari, o i Poli Territoriali + il Collegio dei Direttori di Dipartimento)
predispone liste di esperti nell'amministrazione dell'istruzione avanzata e della ricerca,
che andranno individuati al di fuori del Personale in servizio a qualunque titolo
nell'Ateneo di Bologna e al di fuori del Personale Docente di altri Atenei Nazionali.
All'interno di queste liste complessive vengono estratti i membri del Consiglio di
Amministrazione per la quota attribuita agli esperti esterni: l'incertezza del meccanismo
di estrazione obbliga tutti a fare designazioni il più "neutre" possibili per
garantirsi comunque una efficienza nello svolgimento dei compiti. Il numero di questi
membri dovrebbe essere limitato. per esempio 5. Costoro integrano la propria componente
eleggendo a maggioranza qualificata altri 2 membri che rispondano alla medesima tipologia.
Eventuali grandi finanziatori dell'Ateneo per il periodo in cui concorrono al
finanziamento potrebbero essere ammessi ad integrare il Consiglio di Amministrazione con
ulteriori 2 membri designati di comune accordo dall'assemblea dei grandi finanziatori.
Le rappresentanze delle categorie, previste per legge, saranno stabilite
nella seguente misura: 4 ai Professori ordinari, 3 ai Professori Associati, 2 ai
Ricercatori, 2 al Personale tecnico amministrativo, 2 agli Studenti. Eccetto che per gli
Studenti, gli altri membri sono eletti direttamente dalle categorie a suffragio universale
con preferenza unica. I rappresentanti degli Studenti sono eletti dal Consiglio
studentesco, anche al proprio esterno, sempre con preferenza unica.
Il Consiglio opera avendo alle sue dirette dipendenze tre Nuclei di Valutazione
(vedi punto 6), rispettivamente per la attività didattica dei Docenti e delle strutture,
alla valutazione della attività di ricerca dei Docenti e delle strutture e alla
produttività del sistema amministrativo-gestionale.
Compiti del Consiglio di Amministrazione. Presieduto dal Rettore, ed
elegge nel suo seno a maggioranza qualificata un Vice-Presidente scelto fra i membri
"esperti", sono la gestione finanziaria e patrimoniale dell'Ateneo,
l'individuazione dei criteri di distribuzione delle risorse disponibili fra le varie
componenti e la loro concreta ripartizione, nonché il controllo sulla correttezza
finanziaria e gestionale degli organismi amministrativi.
4. Il Rettore - Nuovo ruolo. Meno figura di gestione della macchina e
più "leader di riferimento" dell'Ateneo, sia come garante della "giustizia
interna" (bilanciato sviluppo fra le componenti, omogeneità delle regole generali,
ecc.), sia come interlocutore con la realtà "extra moenia". Possibilità per
lui di operare su progettualità e di essere l'organo che valorizza l'istituzione nel suo
complesso.
In uno schema come quello che stiamo immaginando il ruolo del Rettore risulta più
importante ed incisivo, ma anche, come già accennato, ridisegnato rispetto alla forma
attuale.
Il Rettore ricopre infatti contemporaneamente due funzioni: a) rappresentante
dell'Ateneo verso l'esterno, ma non nel semplice significato burocratico e
"giudiziario" attuale, bensì in quanto espressione della "missione"
che l'Ateneo si auto-assegna in ogni mandato; b) punto di equilibrio della federazione
scientifico-didattica sia nel rapporto fra le Aree o fra i Poli (a seconda della scelta
che si farà), sia nel rapporto fra le componenti della vita associata (Docenti delle
varie fasce, Studenti, Personale Tecnico-Amministrativo).
Per questo è estremamente importante che il sistema di elezione del Rettore
sia studiato in maniera appropriata e in modo tale da legittimare la sua investitura in
rapporto ai compiti particolarmente rilevanti che si sono appena delineati.
Suggeriamo le linee di una possibile riforma che, seppure un po' complessa,
potrebbe avere un suo fascino istituzionale.
1. Il Rettore è eletto fra i Professori ordinari dellUniversità di Bologna.
Dura in carica 5 anni
2. Il Rettore è eletto dai 5 Collegi elettorali che formano il corpo elettorale
dellUniversità di Bologna secondo quanto di seguito stabilito.
3. I Collegi elettorali che partecipano alla scelta del Rettore sono: il Collegio
dei Professori Ordinari, Il Collegio dei Professori Associati, Il Collegio dei
Ricercatori, Il Collegio del Personale tecnico amministrativo, Il Collegio degli Studenti.
Sono membri del Collegio dei Professori Ordinari tutti coloro che rivestono questa
qualifica presso lAteneo e che risultano nei ruoli al momento dello svolgimento
della prima operazione della tornata elettorale. Se un membro decade da questa qualifica
nel corso delle successive operazioni elettorali, mantiene comunque il diritto di voto
sino alla conclusione delle procedure elettorali . Se vi sono immissioni nei ruoli nel
corso delle operazioni elettorali, questi soggetti non partecipano alla tornata in corso.
Il Collegio elettorale dei Professori ordinari dispone di 7 voti elettorali.
Sono membri del Collegio dei Professori Associati tutti coloro che
rivestono questa qualifica presso lAteneo e che risultano nei ruoli al momento dello
svolgimento della prima operazione della tornata elettorale. Se un membro decade da questa
qualifica nel corso delle successive operazioni elettorali, mantiene comunque il diritto
di voto sino alla conclusione delle procedure elettorali. Se vi sono immissioni nei ruoli
nel corso delle operazioni elettorali, questi soggetti non partecipano alla tornata in
corso. Il Collegio elettorale dei Professori Associati dispone di 5 voti elettorali.
Sono membri del Collegio dei Ricercatori tutti coloro che rivestono
questa qualifica presso lAteneo e che risultano nei ruoli al momento dello
svolgimento della prima operazione della tornata elettorale. Se un membro decade da questa
qualifica nel corso delle successive operazioni elettorali, mantiene comunque il diritto
di voto sino alla conclusione delle procedure elettorali . Se vi sono immissioni nei ruoli
nel corso delle operazioni elettorali, questi soggetti non partecipano alla tornata in
corso. Il Collegio elettorale dei Ricercatori dispone di 3 voti elettorali.
Sono membri del Collegio del Personale tecnico-amministrativo tutti
coloro che fanno parte dei relativi ruoli e che sono in servizio al momento
dellespletamento della prima operazione della tornata elettorale. Se vi sono
immissioni nei ruoli nel corso delle operazioni elettorali, questi soggetti non
partecipano alla tornata già aperta. Il Collegio elettorale del Personale tecnico
amministrativo dispone di 2 voti elettorali.
Sono membri del Collegio degli Studenti tutti gli Studenti iscritti
allAteneo di Bologna al momento dellespletamento delle operazioni iniziali
della tornata elettorale, che siano in regola col pagamento delle tasse e che non
risultino essere iscritti oltre il secondo anno fuori corso. Il Collegio elettorale degli
Studenti dispone di 2 voti elettorali.
Meccanismo di Voto. Ogni Collegio vota in forma autonoma,
simultaneamente, con pubblicazione separata dei risultati. La responsabilità di
convocazione dei singoli collegi elettorali spetta ai decani di ciascuno dei tre corpi
accademici, al Direttore Amministrativo per il Personale tecnico-amministrativo, al
Presidente del Consiglio degli Studenti per quello degli Studenti.
In ciascun Collegio le operazioni di voto sono valide se ad esse partecipano
almeno il 65% degli aventi diritto, salvo per il Collegio degli Studenti dove per la
validità del voto è richiesta la partecipazione di almeno il 10% degli aventi diritto.
In prima votazione i voti elettorali a disposizione vengono così ripartiti:
- per il Collegio dei Professori ordinari i 7 voti disponibili vanno tutti
al candidato che abbia raccolto almeno il 65% dei voti espressi; ove nessun candidato
raggiunga questo quorum, 4 voti elettorali vengono assegnati al candidato più votato,
purché questi abbia raccolto almeno il 35% dei voti espressi e 3 voti elettorali vanno al
secondo candidato più votato, purché questi abbia raccolto almeno il 20% dei voti
espressi. Ove nessun candidato raggiungesse il quorum del 35% si avrebbe
lattribuzione di 2 voti elettorali ciascuno ai primi due candidati che avessero
raggiunto almeno la soglia del 20%; in caso di mancato raggiungimento di questa soglia i
voti elettorali non verrebbero assegnati.
Per il Collegio dei Professori Associati i 5 voti disponibili vanno tutti al
candidato meglio piazzato che abbia raccolto almeno il 65% dei voti espressi; ove nessun
candidato raggiunga questo quorum, 3 voti elettorali vengono assegnati al candidato più
votato, purché questi abbia raccolto almeno il 35% dei voti espressi e 2 voti elettorali
vanno al secondo candidato più votato, purché questi abbia raccolto almeno il 20% dei
voti espressi. Ove nessun candidato raggiunga il quorum del 35%, 2 voti elettorali
ciascuno vanno ai primi due candidati più votati, purché questi abbiano raccolto
ciascuno almeno il 20% dei voti espressi.; in caso di mancato raggiungimento di questa
soglia i voti elettorali non verrebbero assegnati.
Per il Collegio dei Ricercatori i 3 voti disponibili vanno tutti al
candidato meglio piazzato che abbia raccolto almeno il 65% dei voti espressi; ove nessun
candidato raggiunga questo quorum, 2 voti elettorali vanno al candidato più votato,
purché questi abbia raccolto almeno il 35% dei voti espressi., mentre 1 voto elettorale
va al secondo meglio piazzato purché abbia raccolto almeno il 20% dei voti espressi; se
nessuno raccoglie il quorum del 35%, 1 voto elettorale ciascuno va ai due candidati meglio
piazzati, purché ciascuno abbia raccolto almeno il 20% dei voti espressi; in caso di
mancato raggiungimento di questa soglia i voti elettorali non verrebbero assegnati.
Per il Collegio del Personale tecnico amministrativo i 2 voti
disponibili vanno tutti al candidato meglio piazzato che abbia raccolto almeno il 65% dei
voti espressi; ove nessun candidato raggiunga questo quorum, 1 voto elettorale ciascuno va
ai due candidati meglio piazzati purché ciascuno abbia raccolto almeno il 20% dei voti
espressi; in caso di mancato raggiungimento di questa soglia i voti elettorali non
verrebbero assegnati.
Per il Collegio degli Studenti i 2 voti disponibili vanno tutti al
candidato meglio piazzato che abbia raccolto almeno il 65% dei voti espressi; ove nessun
candidato raggiunga questo quorum, 1 voto elettorale ciascuno va ai due candidati meglio
piazzati purché ciascuno abbia raccolto almeno il 20% dei voti espressi; in caso di
mancato raggiungimento di questa soglia i voti elettorali non verrebbero assegnati.
I risultati dei singoli collegi con lattribuzione dei voti elettorali
vengono trasmesse al decano dei Professori ordinari che presiede tutte le operazioni
elettorali e che provvede a riunire lattribuzione dei voti ottenuti nei vari collegi
ai candidati.
A questo punto:
a) Se un candidato ha raccolto almeno 13 voti elettorali sui 19 disponibili
è proclamato vincitore della competizione elettorale e Rettore dellUniversità di
Bologna;
b) Se nessun candidato ha raccolto questa percentuale, si passa ad una
successiva votazione (seconda tornata), sempre per collegi e con le modalità di seguito
descritte, ma con possibilità di elettorato passivo solo per i primi tre migliori
piazzati nella prima tornata. Nel caso più di un candidato avesse raccolto lo stesso
numero di voti elettorali nelle prime tre posizioni, otterrà laccesso alla seconda
tornata quello fra i candidati con eguali voti che abbia avuto complessivamente un numero
maggiore di voti sommando tutti quelli raccolti nei vari collegi.
c) Se le operazioni elettorali non dessero alcun risultato in termini di voti
elettorali attribuibili, si andrebbe a una ultima tornata con gli stessi quorum di votanti
per la validità delle operazioni previsti per la prima tornata.
In questo caso però i voti elettorali di ciascun collegio vengono assegnati tutti al
candidato più votato, quale che sia la sua percentuale di voti.
Risulta eletto il candidato che raccoglie il maggior numero di voti elettorali.
6.- Nuclei di Valutazione. Sono istituiti tre Nuclei di Valutazione, uno per la
valutazione dell'Attività didattica dei Docenti e delle strutture dedicate alla
didattica, uno per la valutazione dell'attività di ricerca svolta dai Docenti e dalle
strutture, uno per la valutazione della produttività del sistema amministrativo e
gestionale.
I primi due Nuclei di Valutazione sono composti ciascuno di 7 personalità di
alto livello scientifico e di riconosciuta competenza, 6 estratte a sorte 3 da un elenco
di personalità attinenti alle discipline umanistiche e 3 da un elenco di personalità
attinenti alle discipline scientifiche, elenchi che vengono formati sommando le
indicazioni che provengono dal Senato Accademico, dai Senati di Area e dal Collegio dei
Direttori di Dipartimento. Il settimo membro è designato a maggioranza di due terzi dai
sei componenti ed assume il ruolo di Presidente.
I Nuclei valutano quanto di loro pertinenza direttamente o anche avvalendosi
di consulenze esterne qualora necessario. Sono dotati di un budget sia per il pagamento
dei propri membri che per le spese derivanti dalle consulenze.
I Nuclei stabiliscono scale di valutazione ed entro queste classificano sia i
Docenti che le strutture. Dalla valutazione per la ricerca scientifica sono esclusi i
Docenti che ricoprono cariche istituzionali per la durata del mandato e per i due anni
successivi. La valutazione dei Docenti sulla didattica riguarda i carichi effettivamente
assegnati e tiene conto delle modalità assegnate a ciascuno. I risultati finali di tutte
le indagini ordinarie, che devono avere cadenza almeno biennale, sono pubblici, mentre per
quanto riguarda gli iter di formazione delle valutazioni ed i lavori interni ai Nuclei i
membri sono tenuti al segreto professionale sotto pena di decadenza.
I membri dei nuclei debbono essere estranei ad ogni rapporto organico
di qualunque natura con l'Ateneo Bolognese. La loro durata nella carica e quadriennale e
non sono immediatamente rinnovabili.
..
7.- Corte di Equità .Il problema della tutela dei Diritti e
della risoluzione dei conflitti è una problematica rilevante, per ora trattata solo
marginalmente negli statuti, per lo più o in forma di "difensore civico"
(GARANTE DI ATENEO, nel nostro attuale statuto) per quel che riguarda i diritti degli
Studenti, o talora di "probi viri" per quanto riguarda i diritti dei Docenti
(mentre nulla è previsto per il contenzioso, piuttosto ricco, fra organismi interni,
specie fra autogoverno dei Docenti negli organismi e burocrazia di vertice).
A nostro giudizio la figura del GARANTE DI ATENEO non si è dimostrata
idonea, al di là dei meriti e della buona volontà delle persone che hanno rivestito e
rivestono la carica.
Al suo posto proponiamo la creazione di una Corte di Equità, cioè un organo
collegiale che consenta la risoluzione del contenzioso, di qualunque natura, che si
sviluppa in Ateneo.
.
In quest'ambito andrebbe risolta anche la questione che solitamente si
definisce del "difensore civico" degli Studenti. Al
consiglio studentesco si darà l'autorità di nominare un AVVOCATO DEGLI STUDENTI, il
quale potrà, di propria iniziativa o su segnalazione degli Studenti, istruire pratiche a
difesa di diritti violati da portare davanti alla Corte di Equità per una pronuncia. Ciò
creerà una effettiva garanzia, evitando l'attuale situazione in cui il Garante è un
raccoglitore di lamentele la cui veridicità non ci risulta venga sempre adeguatamente
valutata e che si limita a trasmettere vaghe raccomandazioni agli organi accademici.
Avremmo invece sempre il dovere dell'Avvocato degli Studenti di istruire la sua causa (se
perde anche lui ci rimette la faccia) e la pronuncia della Corte che finirebbe per
sanzionare anche i comportamenti scorretti di chi accusa senza fondamento.
La Corte di Equità è formata da 5 membri, qualificati per l'esercizio
del proprio compito (almeno 2 dovranno avere una comprovata cultura tecnico-giuridica) e
posti, se dipendenti dall'Università di Bologna, in servizio esclusivo presso le
attività della Corte. Essa agirebbe coi poteri del giudice arbitrale e senza vincolo di
formalità, tranne quello della pubblicazione delle sentenze. Chi scegliesse di adire a
questa corte dovrebbe contemporaneamente sottoscrivere una rinuncia ad adire le vie della
giustizia ordinaria e amministrativa. |
QUADRO DI SINTESI del Documento Pombeni, sopra presentato |
UNITA FEDERALI DELLATENEO
Area disciplinare 1: "Scienze umane e della Cultura" |
Area disciplinare 2: "Scienze giuridiche, politiche e sociali" |
Area disciplinare 3: "Scienze biologiche e sanitarie" |
Area disciplinare 4: "Scienze matematiche fisiche e naturali" |
Area disciplinare 5: "Scienza della
tecnologia
e trasformazione" |
Nota.
Le Aree divengono titolari dei poteri attuali del CdA e al Senato, escluse le attività
generali e di indirizzo centrali |
ESECUTIVI LOCALI
|
ProRettore-Presidente dellArea 1, eletto |
ProRettore-Presidente dellArea 2, eletto |
ProRettore-Presidente dellArea 3, eletto |
ProRettore-Presidente dellArea 4, eletto |
ProRettore-Presidente dellArea 5, eletto |
ORGANI COLLEGIALI DELIBERANTI DELLE AREE, A BOLOGNA o (aggiuntivamente) IN ROMAGNA,
con competenze amministrative, e di didattica e ricerca
|
Consiglio
di Area 1:
- ProRettore
- Presidi
- Direttori dei Dip.ti
- 2 studenti
- 2 tecnici o amministrativi
- 2 docenti
- Rettore (di diritto) |
Consiglio
di Area 2:
- ProRettore
- Presidi
- Direttori dei Dip.ti
- 2 studenti
- 2 tecnici o amministrativi
- 2 docenti
- Rettore (di diritto) |
Consiglio
di Area 3:
- ProRettore
- Presidi
- Direttori dei Dip.ti
- 2 studenti
- 2 tecnici o amministrativi
- 2 docenti
- Rettore (di diritto) |
Consiglio
di Area 4:
- ProRettore
- Presidi
- Direttori dei Dip.ti
- 2 studenti
- 2 tecnici o amministrativi
- 2 docenti
-Rettore (di diritto) |
Consiglio
di Area 5:
- ProRettore
- Presidi
- Direttori dei Dip.ti
- 2 studenti
- 2 tecnici o amministrativi
- 2 docenti
- Rettore (di diritto) |
ORGANI DELIBERANTI DI RIFERIMENTO DELLE SINGOLE AREE
(interfacce operative del Consiglio di Amministrazione per la gestione di risorse locali
aggiuntive)
|
Centro
di promozione e gestione della Sede di Bologna |
Centro
di promozione e gestione della Sede di Forlì |
Centro
di promozione e gestione della Sede di Rimini |
Centro
di promozione e gestione della Sede di Cesena |
Centro di
promozione e gestione della Sede di Ravenna |
ESECUTIVO CENTRALE
|
RETTORE
|
Eletto
con voto separato da 5 Collegi, che in totale dispongono di 19 voti elettorali:
- Collegio dei Proff. Ordinari, con 7 voti elettorali,
- Collegio dei Proff. Associati, con 5 voti elettorali
- Collegio dei Ricercatori, con 3 voti elettorali
- Collegio degli Studenti, con 2 voti elettorali
- Collegio del Personale Tecn. e Amm.vo, con 2 voti elettorali.
NOTA. I voti elettorali del Collegio sono ripartiti tra
i candidati attribuendo un premio ai voti riportati da loro, a seconda della percentuale
di voti, rispettiva. |
Gabinetto del Rettore
|
Struttura di fiduciari del Rettore, delegati "ratione materia" (sostituisce la
Giunta) |
ORGANI COLLEGIALI DELIBERANTI CENTRALI
|
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE |
Composizione:
13 membri elettivi, di cui 4 prof. Ordinari, 3 proff. Associati, 2 Ricercatori, 2
Tecnici o Amministrativi, 2 Studenti;
- 7 esperti esterni alle Università italiane, di cui 5 estratti a sorte e 2 votati tra
"liste di esperti" predisposte dalle Aree e dai Collegi dei Direttori di
Dipartimento;
- 2 designati dallassemblea dei grandi finanziatori.
Compiti: gestione finanziaria e patrimoniale dellAteneo, individuazione dei
criteri di distribuzione delle risorse, controllo sulla correttezza finanziaria e
gestionale degli organismi amministrativi. |
SENATO
|
Composizione:
21 membri, di cui 5 ProRettori-Presidenti di Area, 5 Presidi eletti dallArea, 5
Direttori di Dipartimenti eletti dallArea, 3 studenti eletti dal Consiglio
Studentesco, 3 tecnici e amministrativi eletti da tutto il relativo Personale. |
NUCLEI DI VALUTAZIONE
|
Nucleo
di Valutazione della Didattica |
Nucleo di
Valutazione della Ricerca |
Nucleo di
Valutazione Amministrazione |
CORTE DI EQUITA
|
(Struttura di arbitrato amministrativo interno, sostituisce lattuale
GARANTE DI ATENEO) |
|
Ateneo di Bologna - MANIFESTAZIONI e
OPINIONI |
Dal FORUM
Coordinatore: Prof. Giancarlo Barbiroli
Richiesta una programmazione pluriennale,
trasparente e condivisa, con criteri oggettivi, per l'attribuzione dei budget per la
ricerca e la didattica. |
Giulio Ghetti*
A proposito di verbalizzazione degli
esami
* Ordinario di diritto della
economia, Fac. di Economia |
|
|
A seguito della discussione
avvenuta durante l'incontro organizzato dal FORUM martedì 11 dicembre ("Quali
prospettive, e quali criteri, per lo sviluppo delle risorse umane nell'Università di
Bologna"), si è constatata una forte convergenza su alcuni aspetti che riteniamo
basilari per il futuro del nostro Ateneo e che così sintetizziamo. 1)
Lesigenza assoluta di avere certezze per il futuro, con riferimento al budget
disponibile ogni anno, ma in un'ottica pluriennale. Si avverte infatti la necessità di
una chiara programmazione basata sulla stretta correlazione tra offerta didattica e
attività di ricerca, da un lato, e dimensione del corpo docente e ricercatore (ed altre
risorse), dall'altro, come avviene in tutte le Università del mondo, superando
lanomalia tutta italiana del fare senza avere i mezzi. Occorre, quindi, avviare un
percorso di programmazione pluriennale, trasparente e condiviso,e basato su criteri
oggettivi,che tengano conto sia della ricerca che e della didattica.
In particolare, appare non accettabile il blocco del turnover dei Docenti e
Ricercatori, solo in parte superato con la decisione del Senato del 23 Ottobre, a fronte
dellinvecchiamento del personale e del continuo aggravamento dei carichi didattici.
2) Preoccupa la continua crescita numerica del personale amministrativo, a
scapito - come è facile dimostrare - del turnover del personale docente e ricercatore, ma
anche del personale tecnico. Ciò ha comportato anche una proliferazione talvolta
immotivata di uffici, con la moltiplicazione dei dirigenti contrattualizzati.
3) Infine è fortemente avvertita l'esigenza di una conoscenza diffusa
degli aspetti fondamentali della vita e delle dinamiche dell'Ateneo, con adeguati
strumenti di comunicazione, per dare concretezza e continuità ai rapporti
dinterazione tra corpo Docente e rappresentati eletti negli Organi. Se questo non si
verificherà,proseguirà e peggiorerà il distacco tra operato dei rappresentanti e le
sensibilità e le esigenze dei docenti. GB |
Da
tempo l'Ateneo di Bologna (e ora in particolare nella Facoltà di Economia) si chiede in
modo imperativo al docente che, in quanto titolare dell'insegnamento, presiede la
commissione degli esami di profitto, di procedere alla verbalizzazione degli stessi
utilizzando strumenti elettronici. Ora si chiede che lo stesso sistema venga utilizzato
per la compilazione del Registro delle lezioni e delle attività.
A fronte di queste richieste ho posto da subito una serie di quesiti giuridici, rimasti
senza risposta anche dopo una copiosa corrispondenza.
I quesiti giuridici partono da questo ordine di considerazioni:
1.- Sotto il profilo giuridico i verbali di esame sono atti amministrativi di un
organo collegiale amministrativo (si perdoni la ripetizione, ma il linguaggio giuridico
italiano è assai povero di termini specifici) con competenza alla valutazione; in quanto
tali e ad ogni fine sono "atti pubblici" (con la conseguenza che, ad esempio e
sotto il profilo penale, fanno piena prova di quanto in essi dichiarato fino a querela di
falso). Come ogni verbale di organo collegiale amministrativo, essi sono sotto la
responsabilità del segretario dell'organo, non del presidente. La ragione di questo
generale principio sta nel fatto che in questo tipo di organo il presidente non ha poteri
gerarchici e, dunque, la competenza data al segretario evita, per così dire, ogni
tentazione di utilizzare poteri che non sono attribuiti dalla normativa. Prima domanda:
perché deve essere il presidente della commissione il solo a disporre della card o
password di accesso ?
2.- I verbali sono altresì atti amministrativi recettizi, e cioè
raggiungono la propria efficacia solo se comunicati al destinatario; anche la
comunicazione (che ha luogo al momento in cui la commissione esprime il voto e di cui è
prova la firma che lo studente appone sul verbale) è nelle competenze e dunque sotto la
responsabilità del segretario della commissione. Seconda domanda: il programma
informatico utilizzato tiene conto di tutto questo, e in particolare dà la prova che il
procedimento amministrativo è stato regolarmente concluso |
trasmissione
compresa e registrazione della stessa, dal componente dell'organo collegiale che ne ha la
competenza e funzione ?
3.- I verbali vengono trasmessi alle Segreterie di Facoltà che li elaborano a vari fini
(ad esempio, per l'ammissione all'esame finale di laurea; per le borse di studio; per fini
statistici; per il calcolo dei crediti; ecc). La trasmissione non è dunque un mero atto
materiale, ma configura una ulteriore fase del procedimento amministrativo di valutazione,
rientrante nella cosiddetta "fase dell'efficacia", ed ancora una volta è di
competenza e sotto la responsabilità del segretario della commissione giudicatrice. Il
tutto nell'ambito di un sistema giuridico che da illegittimità amministrative fa
discendere l'obbligo di risarcimento dei danni derivati anche dalla lesione di interessi
legittimi: il che significa, a titolo di esempio, che se al momento della laurea si rileva
che un esame non pare sia stato sostenuto (ma invece è registrato nel libretto) perché
il sistema informatico non ha correttamente funzionato in qualche sua parte, il danno che
lo studente subisce deve essere risarcito. Terza domanda: il programma utilizzato
dà la prova che l'organo collegiale Commissione ha effettuato la trasmissione e così
completato la fase di propria competenza ? e, nel caso positivo, che la stessa è avvenuta
perfettamente ? e di questo rimane traccia per la commissione, a discarica di ogni
responsabilità del segretario della commissione al riguardo ?
4.- La card o password viene ora utilizzata anche per la compilazione del registro delle
lezioni e delle attività. Escluso che la registrazione informatizzata possa essere
utilizzata come sistema di controllo della presenza del docente (sotto il profilo
giuridico l'utilizzo di un tale strumento dovrebbe avere trovato il preventivo accordo
sindacale, ne viene la Quarta domanda: il programma utilizzato dà per ogni lezione
o attività spazio sufficiente per le annotazioni necessarie (e che in primis
servono al Preside per svolgere la funzione didattica di coordinamento tra gli
insegnamenti che a lui annualmente compete) ?
tra i doveri di un docente universitario non vi è certamente quello di avere competenze
per utilizzare macchine e programmi informatici, specie quando l'impiego di essi comporta
assunzione di responsabilità giuridiche nei confronti di terzi e della stessa
amministrazione di appartenenza. Non mi risulta che vi siano state modifiche, sotto questo
aspetto, al mansionario del corpo docente e, conseguentemente, allo stato
giuridico-retributivo. Quinta domanda: nel pretendere l'uso di questi mezzi
informatici l'Ateneo ha provveduto al riguardo (è materia di contrattazione collettiva)
o, nel caso negativo, ha messo a disposizione personale tecnico-amministrativo che svolga
queste funzioni giuridiche (non sono, infatti, meri atti materiali) ? GG |
|
Organizzato
da AGORA' - Associazione per il Governo Responsabile dellAteneo
Presidente Gualtiero Calboli |
Atti
dell'incontro-convegno del 15.2.07
al Dipartimento di Scienze Farmaceutiche
Quale governance? Quale
statuto?
con le relazioni di Giorgio Cantelli Forti,
Enrico Lorenzini,
Paolo Stefano Marcato, Giuseppe Sassatelli, Andrea Segré |
Gualtiero Calboli
|
Nel quadro di una
fase di studi e riflessioni sulla riforma della Governance dell'Ateneo di Bologna,
avviata dal Magnifico Rettore Pier Ugo Calzolari, pubblichiamo gli Atti del
convegno organizzato da Agorà
nel febbraio u.s., cominciando con le relazioni dei Presidi di Lettere e di Agraria |
Prof. Giuseppe
Sassatelli,
Preside della Fac. di Lettere1. Premessa. Sul problema
dei sistemi della "governance" dellateneo" il mio intervento
non potrà che essere costituito da una serie di considerazioni che derivano dalla mia
esperienza di membro del Senato Accademico, prima come rappresentante dei Direttori di
Dipartimento e poi come Preside di Facoltà, con tutti i limiti delle riflessioni che
derivano da una esperienza concreta e che in quanto tali possono rischiare di restare
episodici e privi di una visione complessiva del problema. Ma questo è nulla di più ho
promesso a chi mi ha invitato e questo cercherò di fare sperando comunque di portare un
contributo alla discussione.
La nostra Università (come del resto le altre Università del paese) sta
attraversando un periodo di grandi e continue trasformazioni sia per questioni esterne (si
pensi solo alle varie riforme della didattica, lultima delle quali è in procinto di
essere attivata e ci coinvolgerà nei prossimi mesi) sia per vicende interne al nostro
Ateneo caratterizzato da forti cambiamenti organizzativi e strutturali. Credo di poter
dire a questo riguardo, quasi anticipando le conclusioni della mia riflessione, che
lUniversità di Bologna ha subito in questi ultimi anni mutamenti continui e
profondi nella direzione dellampliamento e della complessità che si sono tradotti
il più delle volte in un aumento delle complicazioni. La maggiore complessità, che può
essere un valore positivo, si è tradotta infatti in maggiore complicazione che invece è
un valore fortemente negativo.
Vorrei ora cercare di esemplificare questo assunto attraverso 3 punti:
a) Considerazioni generali sullAteneo e sui suoi Organi di Governo; b)
Considerazioni sulla Romagna; c) Considerazioni sulla ricerca.
2) Ateneo e Organi di Governo. E opinione largamente condivisa
che lo Statuto di Ateneo debba essere modificato. E un impegno di vecchia data per
il quale era stata istituita una apposita Commissione i cui lavori, per quanto lunghi, non
hanno approdato ad alcuna proposta concreta. E anche in questo secondo mandato il Rettore
ha fatto più volte riferimento ad un gruppo di lavoro o comunque ad una serie di
riflessioni che si pongano come obiettivo la modifica dello Statuto. Pur in presenza di
tante legittime sollecitazioni e propositi lo Statuto è rimasto, nelle lettera, tale e
quale. Ma solo nella lettera perché di fatto sono state introdotte non poche modifiche.
Si pensi solo alla composizione e ai compiti della Giunta. Questa, a norma di Statuto
dovrebbe infatti essere composta dal Rettore, dal Pro-Rettore Vicario e dal Pro-Rettore
alle sedi decentrate e da 6/8 persone che dovrebbero corrispondere ai Presidenti della
Commissioni di Ateneo (Didattica, Ricerca, Bilancio, Edilizia, Personale, Rapporti con
Istituzioni Esterne). In realtà la Giunta è oggi composta dal Rettore, dai 6
Pro-Rettori, dai 6 Presidenti delle Commissioni di Ateneo, dal Direttore Amministrativo,
da un Rappresentante del Personale Tecnico-Amministrativo, da uno studente e da un
Rappresentante della facoltà di Medicina per un totale di 17 persone. Come si può notare
cè una evidente contraddizione tra quello che prevede lo Statuto e quello che in
realtà succede. E vero che nello stesso Statuto è compresa una norma che prevede
una presenza allargata nella Giunta di altri membri (peraltro senza diritto di voto), ma
questa norma è stata introdotta nel 2001 proprio come norma transitoria nellattesa
di procedere alla modifica dello stesso Statuto. Sono passati 6 anni, ma lo Statuto non è
stato modificato e la norma transitoria esiste ancora. Tutto questo rappresenta un
elemento di indubbia confusione al quale va aggiunto un meccanismo non sempre chiaro per
la concessione delle deleghe alla Giunta da parte del Consiglio di Amministrazione e del
Senato Accademico. Per cui esiste una Giunta la cui composizione non risponde a normative
precise e i cui compiti sono tuttaltro che definiti per cui molto spesso non sono
chiari né il ruolo né le funzioni dei vari Organi. Si può capire che si sia ricorso a
questo espediente per accelerare decisioni e processi di governo. Ma in questo modo il
rischio che si corre è quello di molta confusione nei processi decisionali e di
inevitabili sovrapposizioni (a volte anche contraddizioni) nelle funzioni dei vari Organi.
Per evitare tutto questo forse basterebbe una rigorosa applicazione dello Statuto attuale
anche per evitare che soprattutto il Senato si senta di fatto un poco svuotato dei suoi
compiti e delle sue funzioni con la netta impressione davvero molto negativa
che le decisioni che dovrebbero essere prese qui vengano in realtà prese altrove. Su
questa credo si auspicabile tornare allo Statuto o comunque chiarire dettagliatamente
funzioni e composizione dei vari Organi di governo dellAteneo, nellattesa
della tanto auspicata modifica di Statuto.
3) Romagna. Come sappiamo tutti il progetto di decentramento in
Romagna è stato un investimento di grande rilievo che ha avuto esiti molto felici e
risultati di grande importanza, sia per quanto riguarda gli studenti che ormai sono un
quarto degli studenti dellAteneo, sia per quanto riguarda i docenti che cominciano a
considerare lincardinamento in Romagna come un fatto positivo sul quale investire.
Al punto che in questi ultimi anni ci si sta ponendo concretamente un altro grande
problema che è quello del "decentramento della ricerca". Solo con un
consolidato e capillare decentramento della ricerca si potrà considerare completato il
processo che dovrebbe avere come risultato una presenza paritetica, rispetto a Bologna, di
strutture didattiche e scientifiche nelle diverse sedi romagnole. E per farlo forse sarà
necessario adottare soluzioni flessibili e diverse a seconda dei casi, dalla costituzione
di nuovi Dipartimenti quando si è in presenze di ambiti di ricerca assenti in Ateneo;
oppure di sedi o sezioni di Dipartimento quando invece si tratta di ambiti di ricerca già
presenti, evitando duplicazioni o proliferazioni di strutture che non avrebbero molto
senso; oppure anche altre soluzioni che tengano conto delle singole specificità. Ma al di
là di questo specifico problema vorrei portare la vostra attenzione su un aspetto di
carattere generale. Per la fase di avvio e di assestamento del decentramento in Romagna
sono stati costituiti i Poli Didattico-Scientifici, uno per sede: Forli, Cesena, Rimini e
Ravenna. Questi Poli hanno un Consiglio di Polo nel quale siedono rappresentanti delle
strutture didattiche e scientifiche ed esiste inoltre un Coordinamento dei quattro Poli.
Se questi organismi hanno avuto un ruolo positivo e propulsivo in una fase di avvio e di
radicamento del decentramento in Romagna ora rischiano di sovrapporsi o anche di collidere
con gli organi centrali dellAteneo, Senato e Consiglio di Amministrazione. Non è
sempre è facile infatti raccordare decisioni e progetti del Senato con quelli dei vari
Consigli di Polo che da strutture di controllo e con funzioni prevalentemente
organizzative si sono progressivamente trasformate in organi di decisone politica,
autonoma e distinta da quella degli organi centrali. Credo sia assolutamente
indispensabile una riflessione su questo punto e di conseguenza un coordinamento più
stretto fra la sede centrale dellAteneo e le sue articolazioni in Romagna allo scopo
di evitare sovrapposizioni, concorrenze immotivate e a volte anche contrasti tra sedi.
Penso soltanto alle proposte di nuovi Corsi di Laurea che dovrebbe essere oggetto di
decisioni fortemente coordinate allinterno dellAteneo anche per evitare una
assurda concorrenza tra centro e periferia che danneggia entrambi. A questo punto occorre
infatti pensare allUniversità di Bologna come ad una Università unica
allinterno della quale ci sono Facoltà che stanno a Bologna e Facoltà che stanno
in Romagna, che però vanno considerate pariteticamente e indipendentemente dalla loro
dislocazione topografica. Diverso è più complesso è il caso dei Corsi di Laurea
decentrati di Facoltà che hanno sede a Bologna. Ma anche su questo con una attenta
riflessione di carattere generale credo si possano trovare soluzioni accettabili e
condivise per i diversi problemi.
4) Ricerca. Questo è un problema di fondo allinterno della
nostra e di tutte le Università. Noi oggi siamo in presenza di un processo di valutazione
della ricerca che giustamente è entrato nelle nostre strutture universitarie con un
intreccio di metodi e di meccanismi che forse vanno affinati. Ci sono sia organismi
nazionali che organismi locali deputati a questo compito. Ma le difficoltà sono molte: si
pensi solo al problema di una valutazione unica della ricerca in presenza di tradizioni,
strutture e modalità molto diverse di fare la ricerca nei vari ambiti o settori
disciplinari. Occorre fare molta attenzione per evitare il rischio che metodi validi per
determinati gruppi non si sovrappongano ad altri, penalizzandoli. Ma su questo punto il
discorso si farebbe lungo e complicato. Vorrei invece soffermarmi su un altro punto che è
quello del rilancio della ricerca. E un punto fermo della politica del nostro
Rettore nel suo secondo mandato ed un punto salutato da tutti con grande adesione. E
giusto rilanciare la ricerca in una Università che rischia di essere assorbita e
stravolta dalla troppa didattica, recuperando una compito fondamentale del corpo docente e
delle nostre strutture. Anche perché, è banale, ma va ribadito: non ci può essere una
didattica di qualità, una didattica che si aggiorna e si rinnova continuamente se non
cè una buona ricerca. Questo giusto e condiviso rilancio della ricerca rischia
però di prendere una direzione pericolosa che occorre cambiare. Alla base di alcune
modifiche nei meccanismi di finanziamento della ricerca di Ateneo si sta pericolosamente
consolidando lidea che la buona ricerca è quella che si sostiene da sola o
addirittura quella che riesce ad attirare fondi. Questo può anche essere uno dei
parametri da considerare nella valutazione, ma occorre tenere presente che esiste anche
una ricerca di base che non può avere grandi riscontri su questo piano e che va
ugualmente sostenuta. Se non lo si fa si corre il rischio di incrementare solo la
"ricerca applicata" a scapito di settori fondanti della nostra "Universitas
dei saperi". Per rilanciare la ricerca occorre predisporre meccanismi che siano in
grado di distinguere la buona ricerca, indipendentemente dalle sue ricadute economiche, e
di sostenerla. E una buona ricerca significa una ricerca fortemente competitiva secondo
parametri e modalità consolidati allinterno delle singole aree disciplinari,
ovviamente in ambito internazionale. Se non si ha questo obiettivo o addirittura se a
questo obiettivo se ne sostituiscono altri di taglio per così dire più aziendale si
farebbe davvero un grave errore.
Come ho anticipato in apertura le mie sono solo poche considerazioni, parziali e
di dettaglio, su aspetti della vita e della organizzazione del nostro Ateneo, senza alcuna
pretesa di essere riflessioni di carattere generale o teorico e senza alcuna proposta di
soluzioni. Spero comunque che possano essere un utile contributo alla nostra discussione.
GS |
|
Prof. Andrea Segrè
Preside della Fac. di Agraria
1.- Le domande: dallautonomia partecipativa allo University Pride.
Perché da qualche tempo ci si interroga sulla Governance e sullo Statuto? È necessaria
una riforma complessiva, una nuova definizione del quadro normativo e
dellarchitettura del sistema? Può bastare solo un ritocco alla nostra
"Costituzione" per rilanciare l"Istituzione"? E ancora: la
governance (istituzionale) di Ateneo funziona bene? Se lUniversità è il
luogo "principe" dellalta formazione, in che misura il Sistema
Universitario risponde alle esigenze di formazione della società civile e ne serve lo
sviluppo?
Le domande si pongono perché si percepiscono le difficoltà del Sistema
Universitario a soddisfare i fabbisogni di formazione necessari allo sviluppo della
società civile. Si tratta di riportare lUniversità alle origini della sua missione
rimettendo il docente e lo studente al centro della vita universitaria, nel nuovo contesto
delle relazioni sociali ed alla luce delle nuove prerogative affidate
allIstituzione.
LUniversità deve ritornare ad essere una comunità ed essere percepita come tale
con il compito precipuo della promozione dellindividuo attraverso il libero
confronto delle idee, lo studio, lelaborazione e la trasmissione delle conoscenze e
la promozione della ricerca scientifica e tecnologica.
Allora: come utilizzare lautonomia al fine di riportare le
Università ad essere "entità distinte e diverse, ognuna con le sue
caratteristiche" (luoghi, tradizioni, competenze) senza ambiguità e contraddizioni,
ma con una larga e condivisa partecipazione? Lautonomia deve essere percepita
come valore ed essere attuata per rilanciare lo sviluppo non solo economico ma anche
sociale e culturale del paese: un autonomia partecipativa.
È necessario consolidare nellopinione pubblica la consapevolezza che
lUniversità è il luogo dellalta formazione e non delle baronie. Bisogna
attivare un processo virtuoso di consensi che, partendo dagli studenti e passando
attraverso le famiglie, le imprese (mondo produttivo) e le istituzioni (locali, nazionali,
internazionali) - che poi sono i nostri portatori di interesse, i nostri interlocutori -
arrivi al Parlamento e al Governo della Repubblica.
Non bastano più le rappresentanze istituite (CRUI, CUN
) a sollecitare
interventi finanziari e riforme strutturali a favore dellUniversità. Non è solo
questione dellFFO, pur sapendo che esso è tutto ciò che abbiamo, ma, essendo
lUniversità espressione di una rete di valori affidati ai soggetti che la
compongono, è necessario che tutti partecipino al rilancio dellIstituzione in modo
che situazioni paradossali non riassumano (con slogan) i suoi valori e non oscurino il suo
prestigio nei diversi ambiti delle arti e delle scienze.
Si tratta insomma di rivendicare di nuovo e con forza lorgoglio
dellUniversity: la nostra University Pride. Un percorso certamente
lungo che deve trovare con lintera società nuovi motivi dintesa, di
collaborazione, di sostegno finanziario per realizzare un progetto di comune interesse,
nella consapevolezza di aver contributo con lintero corpo accademico, gli studenti e
dottorandi e il management alla realizzazione della sua missione.
2.- Partecipazione, responsabilità e sostenibilità dellAlma Mater - Quali
sono, dunque, i fabbisogni di modifica del Governo e dello Statuto, anche alla luce del
dibattito politico in corso? Il tema della governance è sicuramente centrale nelle
problematiche del Sistema Universitario.
Per quanto ci riguarda, si tratta di ridefinire nuovi modelli di organizzazione e
conduzione dellAteneo, ovvero darsi strumenti operativi efficienti (e dunque
efficaci) per conseguire le finalità su linee strategiche - missione, visione, valori,
attributi distintivi e interlocutori - ed attuarne il governo attraverso
lattribuzione di responsabilità unicamente alla componente stabile
dellAccademia o con la possibilità di un maggior coinvolgimento della componente
studentesca e della società civile e delle imprese.
Allindividuazione di nuove modalità di governo sembra possa essere data
risposta con tre parole chiave: partecipazione, responsabilità e sostenibilità.
Parole, per me assai importanti, perché, se opportunamente aggettivate e declinate,
potrebbero darci una significativa misura di cosa si può fare per il nostro Ateneo.
Lautonomia ha rafforzato il potere della leadership, senza ben identificare le
responsabilità sulle scelte operate. Il sistema di valutazione centrale e periferico è
probabilmente inadeguato. Manca una partecipazione sentita, forte, autorevole del Corpo
Accademico. La verifica delle responsabilità non può essere lasciata alla conclusione
dei mandati degli Organi di Governo.
Al rito celebrativo dellinaugurazione dellAnno Accademico potrebbe
accompagnarsi un momento di confronto ampio, per esempio una verifica di indirizzo di
metà mandato. Che peraltro nel nostro caso potrebbe configurarsi come una fase
costituente per ridisegnare il governo di Ateneo.
Fra i punti critici dellattuale governance, tra gli altri, cè
lesplicita mancata attribuzione di compiti-responsabilità al Rettore. Nel nostro
statuto al Rettore è attribuita la funzione di rappresentanza mentre in altri a questa
sono esplicitamente attribuite funzioni di iniziativa, attuazione e vigilanza. Gli stessi
statuti in maniera esplicita attribuiscono al Senato Accademico le vere funzioni di
governo quali le azioni di indirizzo, programmazione e coordinamento. Nella chiarezza dei
ruoli, e nel richiamo della realtà, potrebbe essere opportuno attribuire esplicitamente
al Rettore la responsabilità della direzione della politica generale dellAteneo:
"il Rettore garantisce lunicità di indirizzo politico, promuovendo e
coordinando lattività del Senato Accademico".
Attribuendo al Rettore queste prerogative, ci si può allora interrogare
sulla ragionevolezza dellattuale Giunta, presente nello statuto bolognese e
non in altri. La Giunta ha ora sostanzialmente competenze di governo, mentre le dovrebbero
essere attribuite funzioni consultive. Il che pone indubbiamente qualche interrogativo
sullidentificazione dei ruoli e sovrapposizione di competenze e va oltre le stesse
funzioni degli Organi accademici.
Attribuendo alla Giunta il ruolo consultivo potrebbe essere opportuno
inserire due Pro-rettori rispettivamente per la Didattica e la Ricerca,
attribuendo a questultima quel ruolo istituzionale che le è proprio, e ridisegnando
le funzioni del Collegio dei Direttori attualmente di mera consultazione.
Come conseguire, nel quadro delle autonomie, la sostenibilità delle
scelte di governo del nostro Ateneo? Non credo si possa tornare indietro sulle scelte
allora fatte sul "Progetto del decongestionamento dellUniversità di
Bologna", riconosciuta fra le esperienze più significative di decentramento dei mega
Atenei. Ad un decennio di avvio del decentramento romagnolo si impone una verifica proprio
sulla sua sostenibilità.
Con la stessa logica perché non riflettere sul trasferimento alle Facoltà dellautonomia
finanziaria con lobiettivo di dare una prospettiva credibile agli allievi per
ristabilire quel rapporto fiduciario che questi devono avere con lIstituzione
Universitaria che tuttora mantiene un fascino non rintracciabile in altre.
Non si tratta solo di affrontare il problema del rientro dei cervelli, ma di
consentire alle Facoltà ed ai Dipartimenti indirizzi cogenti di programmazione delle loro
attività su lungo periodo in un ordinato equilibrio fra impegni dellattività
didattica e dellattività di ricerca.
E infine perché non coniugare autonomia finanziaria e sostenibilità
introducendo il Bilancio Sociale nel nostro Ateneo? Di questultimo ho avuto
modo di parlare in intervento che feci in occasione di un seminario organizzato da Agorà
sullUniversità e il mondo del lavoro (primavera 2004). Il tema oggi è ancora più
attuale perché ci porterebbe proprio a definire la responsabilità sociale del mondo
universitario in una visione che ponga particolare attenzione alle attività e ai
risultati in termini di utilità sociale appunto, rispondendo a criteri di eticità e
sostenibilità. Credo che di questi tempi sarebbe un esercizio utile e forse vitale. AS |
Delusione
per questa voce del bilancio, con trend calante,
e delle cui ragioni occorrerà discutere finalmente
e prendere provvedimenti, se si vuole che abbiano effetti positivi
le recenti defiscalizzazioni introdotte dalla legge finanziaria
Le responsabilità del Rettore e
del Direttore amministrativo:
aver gravato troppo sull'utile dei ricercatori, anzichè proseguire i
tentativi
di riforma avviati nell'Ateneo, alle fine del mandato di Fabio Roversi Monaco |
Contratti: il conto per un contratto di
1000 |
Relazione tra Prelievo % dell'Ateneo e Utile% del
ricercatore |
Nota. Sul significato delle
curve, vedi sotto. |
A |
Finanziamento (imponibile al netto
di IVA) |
|
1.000,00 |
B |
IVA (20%) |
|
200,00 |
C |
Utile (per esempio, deciso che sia
il 30%) |
|
300,00 |
D |
Costo (es., materiale, attrezzature) |
|
700,00 |
E |
1° Trattenuta per Fondo Comune (20%
dellutile |
|
60,00 |
F |
2° Trattenuta (1% dellutile) |
|
3,00 |
g |
3° Trattenuta (2,50% del
costo) |
|
17,5 |
|
|
|
|
1 |
Quota compensi* (C-E-F) |
|
237,00 |
2 |
Quota spese di funzionamento netto
D-G |
|
682,50 |
3 |
Quota complessiva trattenuta E+F+G |
|
80,50 |
4 |
Quota fondo comune (E) |
|
60,00 |
5 |
Quota al bilancio (F+G) |
|
20,50 |
* Sulla quota compensi al
ricercatore cè una ulteriore trattenuta del 9-10% dal Dipartimento |
|
|
STORIA
RECENTE
Il finanziamento privato della ricerca è la grande speranza
del futuro dell'Università italiana, ma finora senza vederla decollare. L'entrata al
bilancio di Bologna (1.100.000 di euro mediamente all'anno) non è da buttare, ma è
decisamente inconfrontabile anche solo con i contributi studentschi, vicini ai 100.000.000
di euro. Va richiamata l'attenzione sul fatto che questa voce indica l'entrata all'Ateneo
per trattenute varie sull'utile del ricercatore. Di conseguenza, per risalire al
finanziamento privato totale della ricerca per contratti con terzi, occorre moltiplicare,
grosso modo, per 10 volte la cifra suddetta.
Questa cifra, di anno in anno (come si è mostrato nella RUBRICA SPECIALE)
ha avuto un trend calante nel 2001-2006, come conseguenza di un Regolamento di questo
Rettore, che ha penalizzato i compensi dei ricercatori, e ciò contrasta con tutte le sue
dichiarazioni a favore della ricerca. La penalizzazione è consistita in un balzello sugli
utili da devolvere al personale amministrativo.
A causa di questa penalizzazione, si rischia di neutralizare, in
entrata, i benefici derivanti dagli incentivi fiscali a favore dei finanziamenti privati
della ricerca nelle università. A questo proposito, un esempio di incentivo è l'art. 280
della legge finanziaria n. 296 del 2006 che ha disposto un credito di imposta del
"15% dei costi di ricerca e sviluppo riferiti a contratti (di privati - n.d.r:)
stipulati con università ...". .
Vediamo in cosa consiste detta penalizzazione. Nella nostra Università (ma
non solo nella nostra, pur se ci sono delle differenze), oltre alle normali imposte sul
reddito e agli oneri previdenziali, c'è una tassa universitaria, che varia dal 21% al 40%
(dipende dalla % di utile, rispetto al finanziamento). Ciò rende poco appetibile
l'operazione, così che alcuni ricercatori (anzi molti, si dice) preferiscono stipulare
contratti direttamente (ad es., a nome di un struttura privata, a parte), ed evitare la
tassa universitaria.
In riferimento alle leggi recenti, l'art. 66 del DPR 382, seguìto
dalla legge 24.4.1981, disponeva che gli Atenei trattenessero una parte dell'utile per
alimentare un fondo comune da assegnare al personale dell'Amministrazione centrale oltre
che per recuperare spese sostenute dall'Università per l'espletamento delle prestazioni
medesime.
Da noi, negli ultimi del mandato del Rettore F. Roversi Monaco (ossia
dopo quasi 20 anni dal DPR 382), visti i risultati, emerse la preoccupazione di correggere
la tassa stessa. Fu incaricato il prof. Adriano Di Pietro di proporre un rimedio, che
fu di eliminare almeno gli oneri previdenziali (cosa che richiedeva una nuova
legge) o di ridurre la tassa, cosa che incontrò l'opposizione del Direttore amm.vo,
tutore degli amministrativi (allora ero Consigliere di Amministrazione con Giulio Ghetti,
che pure patrocinava una revisione della tassa) e non se ne fece più niente.
La questione fu portata, poi, a livello nazionale (tra cui da
me), anche perchè dopo la soppressione degli Istituti e l'istituzione dei Dipartimenti,
non c'era più il motivo di quel balzello all'Amministrazione centrale. Venne la legge n.
370/1999, art. 4, c. 5, che delegificò la materia, ossia la "rimise alla autonoma
determinazione degli Atenei".
Si perviene così al DECRETO RETTORALE del 5 nov. 2001, firmato da
Calzolari e dalla Fabbro (pubblicato qui di fianco). Con esso fu deciso che a
Bologna:
1) ci fosse una trattenuta del 20% sull'utile del ricercatore, a favore del
personale dell'Amm.ne Centrale;
2) che ci fosse una ulteriore trattenuta dell'1% sull'utile medesimo, a favore del
bilancio dell'Ateneo;
3) che ci fosse una ulteriore trattenuta del 2,5% sul costo, ossia sul residuo dopo
aver detratto l'utile).
3) che comunque l'utile annuo del ricercatore non potese superare il 100% (prima
era 30%) della retribuzione lorda.
4) C'è, poi, una prassi (non ne ho ancora trovato il fondamento giuridico), per
cui sull'utile cè una ulteriore trattenuta del 9-10% a favore del Segretario del
dipartimento del ricercatore, che trovo giusto, ma troppo.
In altri termini lo scopo innovativo della delegificazione è stato
vanificato, a parte l'aver portato il predetto tetto al 100% (ma inutilmente, dato la
somma degli oneri).
Più sopra, in questa "storia", è riportato un conto
pratico, relativo all'ipotesi di un contratto di 1000, in cui si ipotizza che il
ricercatore voglia avere un utile (lordo) del 30%. A fianco è riportato poi un grafico
che descrive l'entità del prelievo dell'Ateneo, per tutte le ipotesi di utile (dallo 0%
al 100% del finanziamento). Precisamente ci sono due curve: quella in basso è il prelievo
(in % dell'utile) dell'Amm.ne Centrale, e quello in alto è il prelievo % totale, ossia
comprensivo di quanto va al Dipartimento (di solito il 9-10%).
Preso a riferimento, la sola Amm.ne centrale, si vede che per
una % del 10%, l'Amm.preleva il 43,5% dell'utile (51,4% se aggiungiamo il Dip.); per una %
del 30% l'Amm.ne preleva il 26,8% (34,7% se aggiungiamo il Dip.); per una % del 100%,
l'Amm.ne preleva il 21% (28,9% se aggiungiamo il Dip.).
QUALE RIMEDIO ? A mio modo di vedere il rimedio è abbattere la tassa
locale, in modo da incentivare i ricercatori a cercare finanziamenti, ed a riportare in
Ateneo quelli usufruiti esternamente. Ciò farebbe aumentare le entrate, e di questo
trarrebbero vantaggio anche gli amministrativi. Mi fermo qui, perchè desidererei
preventivamente conoscere le idee dei Colleghi. NL |
Il
Regolamento dell'Ateneo di Bologna
per i contratti di ricerca per conto terzi
firmato dall'attuale Rettore il 5.11.2001
REGOLAMENTO INERENTE ALLE MODALITÀ DI RIPARTIZIONE DEI PROVENTI
DERIVANTI DALLE PRESTAZIONI DI CUI ALL'ART. 66 DEL DPR 382/80 E DALL'ART. 49 DEL T.U.
DELLE LEGGI SULL'ISTRUZIONE SUPERIORE
Provvedimento emanato con Decreto Rettorale in data 05/11/2001 n.
378 del registro generale dell'Ateneo n. 26 del registro interno dell'Ufficio
IL RETTORE VISTO il D.R. n. 84/2000 del 28.03.2000 relativo alla modifica del
regolamento inerente alle modalità di ripartizione dei proventi derivanti dalle
prestazioni di cui all'art. 66 del D.P.R. 382/80 e all'art. 49 del T.U. delle leggi
sull'Istruzione Superiore; VISTA la delibera del Consiglio di Amministrazione del
23.10.2001 avente ad oggetto la modifica degli articoli 3, 5 e 6 del regolamento inerente
alle modalità di ripartizione dei proventi derivanti dalle prestazioni di cui all'art. 66
del D.P.R. 382/80; PRESO ATTO che queste ultime implicano la revisione del regolamento,
alla luce delle modifiche apportate agli articoli 3, 5 e 6; QUANT'ALTRO VISTO E
CONSIDERATO;
DECRETA
Il regolamento inerente alle modalità di ripartizione dei proventi derivanti
dalle prestazioni di cui all'art. 66 del D.P.R. 382/80 e all'art. 49 del T.U. delle leggi
sull'Istruzione Superiore, di cui al D.R. n. 84/2000 del 28.03.2000, viene così
riformulato:
Articolo 1. È emanato il presente regolamento che
disciplina le modalità di ripartizione dei proventi derivanti da attività di ricerca e
consulenza, eseguite mediante contratti e convenzioni stipulati dall'Università di
Bologna con Enti pubblici o privati, ai sensi dell'art. 66 del D.P.R. 382/80, nonché le
attività svolte dalla Università medesima, ai sensi dell'art. 49 del T.U. delle Leggi
sull'Istruzione Superiore, approvate con R.D. 31.8.1933 n. 1592. Ai fini di cui al
presente regolamento per attività di ricerca e di consulenza per conto terzi si intendono
quelle prestazioni eseguite dall'Università, avvalendosi delle proprie strutture, che non
rientrino nei doveri istituzionali dell'Università stessa, ed in cui l'interesse del
committente sia prevalente. L'esecuzione di tali prestazioni sarà affidata, di norma, ai
Dipartimenti, alle Unità Complesse di Istituti, agli Istituti, ai Centri
interdipartimentali ed ai singoli docenti a tempo pieno. Non sono disciplinate dal
presente regolamento le prestazioni ambulatoriali e i servizi di diagnosi e cura
effettuati negli Istituti e Cliniche universitarie di ricovero e cura, anche se gestiti
direttamente dall'Università, poiché regolamentati dall'art. 10 del Decreto
Interministeriale 9/11/1982 (relativo all'approvazione degli schemi-tipo di convenzione
tra Regione e Università e tra Università e U.S.L.). Sono compresi nella presente
normativa l'organizzazione e lo svolgimento, richiesti da Enti pubblici o privati, di
corsi di formazione ed aggiornamento, che non rientrino fra i corsi di cui al D.P.R.
162/82 e non siano rivolti al personale universitario, e che non rientrino nei corsi
aventi le finalità di cui all'art. 92 del D.P.R. 382/80.
Articolo 2. Restano esclusi di norma dalla ripartizione
dei proventi i contratti e le convenzioni stipulati con il Ministero dell'Istruzione,
dell'Università e della Ricerca e con gli Enti pubblici di ricerca e sperimentazione di
cui alla L. 20.3.1975 n. 70. Sono altresì esclusi dal regime di ripartizione i contratti
e le convenzioni stipulati con Ministeri, con Enti pubblici o morali, anche esteri ed
internazionali, per lo svolgimento di programmi di ricerca, a condizione che in tali
attività risulti accertato, in maniera inequivocabile, il prevalente interesse
dell'Università e che le prestazioni eseguite siano pertinenti ai fini dell'Università.
Ai fini di cui al comma precedente, il Consiglio di Dipartimento, di Unità Complessa di
Istituti, di Istituto o di Centro Interdipartimentale, in sede di esame della proposta,
deve adeguatamente motivare se ritiene sussistere le condizioni illustrate; dovrà
comunque essere informato il personale non docente della decisione adottata mediante
affissione in apposito albo della relativa delibera. La decisione definitiva in merito
all'esenzione dal riparto spetta, per i soli Istituti, al Consiglio di Amministrazione.
Tale deroga al regime di cui all'art. 66 del D.P.R. 382/80 può essere consentita, solo in
casi eccezionali, per le convenzioni ed i contratti stipulati con Enti privati, e in
presenza delle condizioni stabilite per l'esenzione dal riparto dei corrispettivi
(prevalente interesse dell'Università, le attività eseguite sono pertinenti ai fini
dell'Università); la deliberazione del Consiglio di Amministrazione o del Consiglio di
Dipartimento o di Unità Complessa di Istituti o di Centro Interdipartimentale deve
comunque essere adottata dalla maggioranza dei 4/5 dei presenti. (segue con articolo 3). |
Articolo 3. Ai fini
della determinazione dei corrispettivi per l'esercizio delle attività indicate nel 1°
comma dell'art. 1, dovrà tenersi conto delle seguenti voci: A) Costi e spese Costo
sostenuto da Istituto, Unità Complessa di Istituti, Dipartimento o Centro
interdipartimentale per far fronte a tutte le spese correlate alla conduzione della
ricerca commissionata. L'ammontare delle spese generali, determinato in ragione del 2,5%
dell'ammontare complessivo delle spese correlate alla ricerca commissionata, viene
introitato a bilancio universitario. B) Utili in misura non inferiore al 30% della
sommatoria delle spese di cui al punto A). Fermo restando quanto previsto al punto B), le
spese di cui al punto A) possono essere compensate mediante cessione di attrezzature, ma
solo parzialmente, nella misura in cui queste fanno fronte alle spese; in tal caso - fermo
restando che deve essere assicurato, in denaro, un utile non inferiore al 30% della
sommatoria delle spese - è possibile non operare la trattenuta del 2,5% in favore del
Bilancio Universitario di cui all'art. 3/d, previa delibera del Consiglio di
Amministrazione, necessaria anche nel caso dei contratti stipulati direttamente dai
Dipartimenti, dalle Unità Complesse di Istituti e dai Centri Interdipartimentali. I
corrispettivi e le tariffe da richiedere ai committenti (e fissati al lordo dell'IVA) per
contratti e convenzioni sono stabiliti dai Consigli di Istituto o Dipartimento o Unità
Complessa di Istituti o Centro Interdipartimentale e approvati dai rispettivi organi
competenti. Gli Istituti, i Dipartimenti, le Unità Complesse di Istituti e i Centri
Interdipartimentali dovranno comunque contabilizzare accuratamente i costi al fine del
recupero dell'I.V.A. sugli acquisti. Per le prestazioni tariffabili si potrà fare
riferimento alle tariffe vigenti presso gli Enti locali territoriali e a quelle
determinate sulla base di disposizioni normative di carattere generale. Le tariffe vanno
comunque aggiornate annualmente secondo l'indice ISTAT; ugualmente i corrispettivi dei
contratti, qualora possibile. Il Consiglio di Amministrazione fissa annualmente l'importo
minimo per prestazioni a pagamento del tipo sperimentazioni farmaci, effettuate sia da
Istituti e Cliniche della Facoltà di Medicina e Chirurgia, sia da tutte quelle strutture
che eseguono sperimentazioni farmaci in generale. Articolo 4.
Una quota parte degli utili derivanti dall'esecuzione delle attività previste dall'art.
1, pari all'1% dell'utile medesimo, viene destinata dagli Istituti e dalle Unità
Complesse di Istituti alla copertura delle spese di carattere generale sostenute
dall'Università. Tale disposizione non si applica ai contratti e convenzioni stipulati
dai Dipartimenti e Centri Interdipartimentali.
Articolo 5. Ai fini dell'attuazione dell'art. 4 del d.l. del
28.5.1981 n. 255, convertito nella legge 24.7.1981 n. 391, una quota degli utili derivanti
dalle prestazioni di cui al presente regolamento, pari al 20% dell'utile medesimo, verrà
destinata al fondo comune di Ateneo e ripartita secondo i parametri di seguito indicati:
a) personale tecnico-amministrativo appartenente al ruolo dirigenziale e personale
tecnico-amministrativo cui è stato conferito l'incarico di funzioni dirigenziali: 4; b)
personale tecnico-amministrativo appartenente alle categorie D ed E.P.: 3; c) personale
tecnico-amministrativo appartenente alla categoria C: 2; d) personale
tecnico-amministrativo appartenente alla categoria B: 1,5. Al personale non docente che
collabora all'esecuzione delle prestazioni è comunque assicurato un compenso pari
complessivamente alla quota spettante sulla ripartizione del fondo comune. Il personale
non docente continua a concorrere alla ripartizione del fondo comune durante i periodi di
assenza nei quali mantiene l'intero trattamento stipendiale.
Articolo 6 .Il personale docente e non docente che collabora
all'esecuzione delle prestazioni disciplinate dal presente regolamento è compensato fino
al limite della quota percentuale residua degli utili e comunque in misura non superiore
al 100% della relativa retribuzione lorda. L'utilizzazione del personale non docente
avviene nell'ambito dei compiti assegnati in base agli artt. 85 e 87 del D.P.R. 382/1980.
I compensi spettanti ai sensi del 1° comma sono ripartiti tra il personale che ha
partecipato alla prestazione anche in rapporto all'impegno orario richiesto, secondo i
seguenti coefficienti comparativi: - personale docente di ruolo delle due fasce e
professori incaricati: 3; - personale del ruolo dei ricercatori e assistenti ad
esaurimento: 2,5; - personale tecnico-amministrativo appartenente alle categorie D ed
E.P.: 2; - personale tecnico-amministrativo appartenente alle categorie B e C: 1,5. Alle
persone che, sottoscrivendo la relazione finale, assumono responsabilità in proprio, i
valori dei rapporti delle relative categorie sono aumentati di una unità. Le proposte di
riparto dei proventi e quelle relative al personale che si intende utilizzare per
l'esecuzione della ricerca vengono affisse all'albo dell'Istituto, Unità Complessa di
Istituti, Dipartimento o Centro Interdipartimentale, a cura del Direttore del medesimo
almeno 5 giorni prima della riunione del relativo Consiglio, affinché il personale tutto
possa avanzare eventuali osservazioni, che dovranno comunque essere riportate a verbale
nella delibera di approvazione. L'elenco del personale partecipante potrà essere
aggiornato per eventuali esigenze emerse nel corso della ricerca.
Articolo 7. Il verbale relativo alla delibera del Consiglio di
Istituto, Unità Complessa di Istituti, Dipartimento o Centro Interdipartimentale deve
contenere: l'approvazione dell'esecuzione della prestazione, la ripartizione del
corrispettivo fra utili e costi ovvero la richiesta di esenzione dal riparto,
l'individuazione del responsabile scientifico e l'elenco del personale docente e non
docente che si prevede di utilizzare nel corso della prestazione stessa. La delibera
dovrà essere esposta all'albo dell'Istituto, Unità Complessa di Istituti, Dipartimento o
Centro Interdipartimentale. Gli Istituti dovranno trasmettere le delibere
all'Amministrazione centrale per l'inoltro al Consiglio di Amministrazione. Con la
delibera di cui al presente articolo, le Unità Complesse di Istituti, i Dipartimenti e i
Centri interdipartimentali autorizzano inoltre la stipula dell'atto dando mandato al
Direttore, o ad altri. Le Unità Complesse di Istituti, i Dipartimenti ed i Centri
interdipartimentali, inoltre, sono tenuti a comunicare all'Amministrazione i dati
concernenti la stipulazione di contratti e convenzioni (anche quelli non soggetti a
riparto), al fine di mantenere aggiornati i dati relativi alle attività di ricerca svolte
presso l'Ateneo.
Articolo 8. Gli utili residui che dovessero risultare
disponibili a seguito dei limiti della ripartizione di cui ai precedenti artt. 5 e 6 e
delle minori spese sostenute, nonché a seguito di rinuncia alle quote da parte degli
aventi diritto ai sensi dell'art. 6, devono essere destinati all'acquisto di materiale
didattico e scientifico ed alle spese di funzionamento dell'Istituto, Unità Complessa di
Istituti, Dipartimento o Centro Interdipartimentale che hanno eseguito le prestazioni di
cui al presente regolamento. Il Consiglio di Amministrazione dell'Università e i Consigli
dei singoli Dipartimenti, Unità Complesse di Istituti e Centri Interdipartimentali, in
sede di predisposizione del conto consuntivo annuale, accerteranno gli utili di cui al
primo comma, indicando, al contempo, la quota parte destinata a spese di investimento e
quella destinata a spese di funzionamento. A tal fine il Consiglio di Amministrazione
terrà conto delle indicazioni formulate dai predetti organismi.
Articolo 9. Entro il 30 aprile di ogni anno si procede alla
ripartizione del fondo comune di cui all'art. 5 derivante dai proventi introitati durante
il precedente esercizio. La quota di fondo comune non erogata a seguito dell'effettuazione
dei conguagli di cui al secondo comma dell'art. 5 andrà ad incrementare il fondo comune
dell'esercizio corrente.
Articolo 10. Le quote pari al 2,5% delle spese di cui all'art.
3, e pari all'1% degli utili a favore dei soli Istituti e Unità Complesse di Istituti, di
cui all'art. 4, vengono introitate dal bilancio universitario, rispettivamente: - alla
F.E. 01.16.09 "Percentuali al Bilancio per prestazioni conto terzi". La quota
pari al 20% dell'utile di cui all'art. 5, viene introitata dal bilancio universitario: -
alla F.E. 01.16.04 "Recupero 20% fondo comune art. 66 e prestazioni a pagamento"
con corrispondente disponibilità in spese, alla F.S. 01.20.02 "fondo comune
prestazioni conto terzi."
Articolo 11. Il presente regolamento ha validità per l'anno
finanziario, rinnovabile automaticamente di anno in anno, salvo eventuali proposte di
modifica da avanzare entro il 30 settembre di ogni anno.".
Il presente decreto è conservato nella raccolta dei regolamenti dell'Ateneo e
pubblicato nel bollettino ufficiale dell'Ateneo.
Dal Rettorato, addì 5 novembre 2001
IL DIRETTORE AMMINISTRATIVO (f.to Dott.ssa Ines Fabbro)
IL RETTORE (f.to Prof. Pier Ugo Calzolari) |
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A
conclusione della prima grave crisi politica del Governo PRODI |
Giorgio Napolitano
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La INDICAZIONE di NAPOLITANO
Presidente della Repubblica Italiana: |
"Mettere in conto, come
prossima fase politica a metà legislatura,
un Governo istituzionale per fare una nuova legge elettorale"
Frattanto FOLLINI votando il
Governo, da esterno,
è come si sia messo già al lavoro per la nuova fase |
Marco Follini
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LUCIANI: detta fase dovrebbe preparare le
basi per la ricostituzione dell'inter-classismo con 4-5 partiti, in Parlamento, ma
in modo nuovo rispetto a quello della vecchia DC (si vegga sotto).
FOLLINI, poi, votando il Governo, da esterno, è come si sia messo già
al lavoro per la nuova fase, a cominciare dallo scongiurare i baratri incombenti del
berlusconismo. L'UDC ci pensi bene, anche perchè l'UDC potrebbe votare il Governo da
esterno, ponendo esplicitamente come condizione l'impegno per una legge elettorale
proporzionale, con sbarramento, e l'otterrebbe. |
Gli
ingredienti della fase 2, a metà legislatura: 1) OBIETTIVI: chiudere definitivamente la
transizione dalla 1a alla 2a Repubblica, aperta nel 1992-94 con la
nascita di FI. Questa fase dovrebbe essere avviata con una legge proporzionale con
sbarramento, che porti 4 - 5 partiti in parlamento, e con una riforma
costituzionale per l'elezione diretta del Presidene del Consiglio, contemperata
da un rafforzamento dei poteri di garanzia costituzionale del Capo dello Stato.
2) STRUMENTI, per fare la legge:
a) la formazione del partito democratico;
b) la formazione del partito del centro (UDEUR+ UDC+ 30 partitini centristi già in lista
d'attesa);
c) un ri-orientamento di AN+FI verso il nuovo corso;
d) la formazione del partito unitario della sinistra, mediante armonizzazione di RC et
Company
La prova del 9, perchè il conto torni,
dovrebbe essere che Mister B sia lasciato libero di spifferare con le sue TV
(purchè senza esagerare nel far vedere che ROMA è MILANO), ma anche che non sia
trascurata una modalità mediatica stabile per spiegare al nostro popolo
la nuova direzione di marcia. |
PERCHE' QUESTE PROPOSTE
Ci troviamo in un grave
impasse istituzionale, anche pericoloso per la democrazia, e questo a causa (non solo
questo) di una legge elettorale fatta da Mister B, che santo non è, e credo
che gli italiani lo sappiano se, solo qualche mese fa, hanno respinto, con referendum, una
RIFORMA COSTITUZIONALE (del precedente Governo) che aveva creato apprensioni per la
continuità della democrazia in Italia e problemi seri per l'unità nazionale.
A riguardo
del primo punto, non credo che gli italiani abbiamo dimenticato che la Costituzione, |
LA LEGGE
ELETTORALE che qui si propone:
1.- Elezione del Parlamento
a) Il parlamento è eletto a suffragio universale con riparto dei seggi, tra i partiti,
proporzionalmente ai voti ottenuti, al netto di uno sbarramento del 5% dei voti elettorali
sia per il partito che si presenti da solo, sia per la coalizione.
b) La partecipazione dei partiti alle elezioni non richiede firme di presentazione.
c) Il diritto di voto include la possibilità di esprimere una preferenza.
2.- Rimborso delle spese elettorali dei partiti
a) i partiti hanno diritto al rimborso delle spese elettorali, proporzionalmente ai voti
riportati. Nel caso di partiti federati presentatisi in unica lista o in coalizione, il
partito che esca dalla federazione o dalla coalizione perde il diritto al rimborso fin
dallorigine.
3.- Elezione del Presidente del Consiglio
a) Il Presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale diretto,
tra i candidati che hanno ottenuto la nomina a candidato nelle elezioni primarie.
Qualora nessun candidato ottenga la maggioranza assoluta, si passa al ballottaggio tra i
due più votati.
Non è eleggibile chi abbia già svolto due mandati consecutivi.
Il Premier nomina e revoca i Ministri, che sono insediati, subordinatamente alla fiducia
delle Camere.
b) Elezioni primarie. Tre mesi prima delle elezioni del Presidente del
Consiglio, sono fatte, in base a disposizioni di legge, le elezioni primarie per scegliere
i candidati a Premier.
Le candidature possono essere presentate, con un rispettivo programma, da partiti e
associazioni annotate allUfficio del Pubblico Registro
c) Ottiene la nomina a candidato, per ogni rispettivo partito o associazione, chi abbia
ottenuto il maggior numero di voti, purchè il rispettivo partito o associazione abbia
ottenuto più del 10% dei voti degli elettori di almeno 5 Regioni
4.- Nuovi poteri del Presidente della Repubblica
Le leggi e gli atti del Governo, aventi forza di legge, possono essere rinviati
preventivamente alla Corte Costituzionale, per il parere di costituzionalità, dal Capo
dello Stato di propria iniziativa o su richiesta di 1/3 di una delle Camere o di 5
Consigli Regionali.
In caso di parere negativo non ha luogo la promulgazione. |
fatta da
Mister B, prevedeva lo scioglimento delle Camere, in caso di sfiducia al Premier, su
semplice sua richiesta. Questo voleva dire la demolizione della sovranità popolare,
giacchè il popolo può difendersi solo mediante un parlamento indipendente dal Governo.
A riguardo del secondo punto, non credo che gli italiani abbiano dimenticato che la
durezza fiscale ha la sua origine nel federalismo irresponsabile, già attuato dalla
precedente riforma costituzionale (era un Governo di sinistra), e che il federalismo
di Bossi-Berlusconi avrebbe reso ulteriormente incomprimibile la fiscalità (a
parte tutte le chiacchiere di cui si riempiono la bocca. Del resto, quante volte l'UE
aveva tirato le orecchie a Mister B !
Non credo poi che gli italiani abbiano dimenticato che Mister B aveva chiesto (nel
2001) il voto per un programma liberale (a cui anch'io avevo creduto, ma adesso non più),
che prevedeva la riduzione della pressione fiscale. E nemmeno hanno dimenticato che, poi,
al quarto anno di legislatura (vale dire, ormai sotto le nuove elezioni), voleva ridurre
l'imposta sul reddito, ma senza aver abbattuto nei precedenti tre anni la spesa pubblica e
fatte le privatizzazioni. E allora giustamente FOLLINI glielo ha impedito, se non si
voleva la bancarotta nei conti dello Stato, ed entrare in ulteriore rotta di collisione
con l'U.E.
E che dire della riforma universitaria, che doveva andare verso l'autonomia
all'Università pubblica (art. 33 della costituzione), e che invece è andata alla
centralizzazione, e inoltre verso la precarizzazione dei ricercatori (ma, per fortuna,
impedita dalla reazione compatta dei docenti e ricercatori).
E che dire della vicenda dell'EURO, il cui cambio con la LIRA era stato calcolato in modo
errato dal precedente Governo PRODI, ma che entrò in funzione sotto il Governo di Mister
B derubando il 50% del reddito fisso (col raddoppio dei prezzi) a favore del reddito
variabile. Qui dentro ci sono i commercianti, i liberi professionisti, e le sue imprese).
E cosa fece Mister B per impedire quel furto ? Non aveva il potere monetario, ma aveva
quello fiscale, e non fece nulla, salvo il "teatrino" al quarto anno ....
Non diremo, certamente, che MISTER B non abbia fatto nulladi buono nei 5 anni. Ad es.ha
fatto la riforma del diritto societario, il divieto di fumo nei luoghi pubblichi. BENE. Ma
questo è cosa diversa da un programma liberale.
E che dire di qualcuno (DE GREGORIO) che vota per lui , e che non è bollato per
traditore, mentre lo è FOLLINI perchè vota per il nuovo Governo ?
Ritengo che l'indicazione di NAPOLITANO sia quella di una obiettiva difficoltà
istituzionale della democrazia in Italia e dunque che, da questo momento, derivi per tutti
il dovere di operare per un nuovo corso politico per la patria, che comporta superare la
fase transitoria dalla prima alla seconda Repubblica, iniziat nel '92-'94 con la nascita
di FI (a suo tempo meritoriamente per la democrazia in Italia), ma che attualmente ha i
connotati dell'eversione (il potere per il potere).
Dunque, se c'è qualcuno (FOLLINI) che ha il solito difetto di vedere e fare le
cose in anticipo, dovremmo rendergli MERITO o DEMERITO ? Lo chiedo a Mister B, ma non per
me che già la penso come FOLLINI. NL |
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ELEZIONI
del CUN - Consiglio Universitario Nazionale |
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Risultati delle votazioni
dicembre 2006
Tra i professori ordinari e
associati, si impongono le "cupole"
(tra i professori associati, perde Paolo Manzini - Cipur).
Tra i "volenterosi" ottimo risultato per il CNRU: eletti 6 ricercatori su 14
Fanalino di coda tra i "volenterosi": Nino Luciani, I Fascia, 3 voti |
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AREA 01 - Scienze matematiche e informatiche
Professori Ordinari: ANZELLOTTI Gabriele Univ. TRENTO SCIENZE MAT.FIS.NAT. MAT/05
Professori Associati: MANGIONE Vittorio Univ. PARMA SCIENZE MAT.FIS.NAT. MAT/03
Ricercatori Universitari: CENCIARELLI Pietro ROMA "La Sapienza" SCIENZE
MAT.FIS.NAT. INF/01
AREA 02 - Scienze fisiche
Professori Ordinari: ROSSI Paolo Univ. PISA SCIENZE MAT.FIS.NAT. FIS/02
Professori Associati: CAPUZZO DOLCETTA Roberto Angelo ROMA "La Sapienza" SCIENZE
MAT.FIS.NAT. FIS/05
Ricercatori Universitari: FRATTINI Romana Univ. VENEZIA SCIENZE MAT.FIS.NAT. FIS/03
AREA 03 - Scienze chimiche
Professori Ordinari: NOVELLINO Ettore Univ. NAPOLI FARMACIA CHIM/08
Professori Associati: MENZIANI Maria Cristina Univ. MODENA e R. E. SCIENZE MAT.FIS.NAT.
CHIM/02
Ricercatori Universitari: MARINO Tiziana Univ. della CALABRIA SCIENZE MAT.FIS.NAT. CHIM/03
AREA 04 - Scienze della Terra
Professori Ordinari: MORRA Vincenzo Univ. NAPOLI SCIENZE MAT.FIS.NAT. GEO/07
Professori Associati: CAROSI Rodolfo Univ. PISA SCIENZE MAT.FIS.NAT. GEO/03
Ricercatori Universitari: CARMINATI Eugenio ROMA "La Sapienza" SCIENZE
MAT.FIS.NAT. GEO/03
AREA 05 - Scienze biologiche
Professori Ordinari: CUOMO Vincenzo ROMA "La Sapienza" FARMACIA BIO/14
Professori Associati: CUCCO Marco PIEMONTE ORIENTALE SCIENZE MAT.FIS.NAT. BIO/05
Ricercatori Universitari: NARO Fabio ROMA "La Sapienza" MEDICINA e CHIRURGIA
BIO/17
AREA 06 - Scienze mediche
Professori Ordinari: LENZI Andrea ROMA "La Sapienza" MEDICINA e CHIRURGIA MED/13
Professori Associati: AMORE Mario Univ. PARMA MEDICINA e CHIRURGIA MED/25
Ricercatori Universitari: REALACCI Massimo ROMA "La Sapienza" MEDICINA e
CHIRURGIA MED/04
AREA 07 - Scienze agrarie e veterinarie
Professori Ordinari: RUSSO Vincenzo Univ. BOLOGNA AGRARIA AGR/19
Professori Associati: SANESI Giovanni Univ. BARI AGRARIA AGR/05
Ricercatori Universitari: TOSCANO Attilio Univ. CATANIA AGRARIA AGR/08AREA 08 - Ingegneria civile ed Architettura
Professori Ordinari: SIVIERO Enzo IUAV - VENEZIA ARCHITETTURA ICAR/09
Professori Associati: LOSCO Giuseppe Univ. CAMERINO ARCHITETTURA ICAR/12
Ricercatori Universitari: MONTELLA Alfonso Univ. NAPOLI INGEGNERIA ICAR/04
AREA 09 - Ingegneria industriale e dell'informazione
Professori Ordinari:1 STELLA Andrea Univ. UDINE INGEGNERIA ING-IND/31
Professori Associati: POGGIOLINI Pierluigi Politecnico TORINO INGEGNERIA II ING-INF/03
Ricercatori Universitari: PIZZUTILO Fabrizio Politecnico MILANO ING. dei SISTEMI
ING-INF/06
AREA 10 - Scienze dell'antichita', filologico-letterarie e storico-artistiche
Professori Ordinari: COSTA Simona Univ. ROMA TRE LETTERE e FILOSOFIA L-FIL-LET/11
Professori Associati: TORTORELLA Stefano ROMA "La Sapienza" SC.UMANIST.(Lett...)
L-ANT/07
Ricercatori Universitari: RESTUCCIA Laura Univ. PALERMO LETTERE e FILOSOFIA L-FIL-LET/14
AREA 11 - Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche
Professori Ordinari: RUGGIU Luigi Univ. VENEZIA LETTERE e FILOSOFIA M-FIL/06
Professori Associati: BIAGIANTI Ivo Univ. SIENA LETTERE FILOSOFIA II M-STO/02
Ricercatori Universitari: ZILLI Sergio Univ. TRIESTE LETTERE e FILOSOFIA M-GGR/01
AREA 12 - Scienze giuridiche
Professori Ordinari: D'ANGELI Fiorella Univ. CASSINO GIURISPRUDENZA IUS/01
Professori Associati: BUSACCA Carlo Univ. MESSINA GIURISPRUDENZA IUS/18
Ricercatori Universitari: BASSU Giuseppe Francesco Univ. SASSARI GIURISPRUDENZA IUS/08
AREA 13 - Scienze economiche e statistiche
Professori Ordinari: FAVOTTO Francesco Univ. PADOVA ECONOMIA SECS-P/07
Professori Associati: PETRUCCI Alessandra Univ. FIRENZE PSICOLOGIA SECS-S/01
Ricercatori Universitari: RITROVATO Ezio Univ. BARI ECONOMIA SECS-P/12
AREA 14 - Scienze politiche e sociali
Professori Ordinari: FRUDA' Luigi Gabriele ROMA "La Sapienza" SC. COMUNICAZIONE
SPS/07
Professori Associati: AMORETTI Francesco Univ. SALERNO LETTERE e FILOSOFIA SPS/04
Ricercatori Universitari: D'ANDREA Dimitri Univ. FIRENZE LETTERE e FILOSOFIA SPS/01 |
Keys:
ricerca scientifica, didattica, leggi universitarie, miur, studenti, diritto allo studio,
moneta, banche, economia, finanza, bilancio, conferenza |
Publio Fiori
|
Di nuovo sulla "unità dei
cattolici" in politica
Importante Lettera aperta di Publio Fiori
"Il risveglio dei cattolici in politica"
* Avvocato, Uomo
della DC di Roma, Sottosegretario di Stato nei primi anni '90, professore
nell'Università di Roma. Per una nota più nel particolare, clicca su: http://it.wikipedia.org/wiki/Publio_Fiori |
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Nota introduttiva.
Propongo ai lettori del nostro Foglio una importante Lettera aperta di Pubblio Fiori.
Più volte su queste pagine, sono tornato sulla questione della ricostruzione di un
partito cattolico in Italia, e vi ha dato motivo di discussione recentemente il Card. Angelo Bagnasco, peraltro
confermando la posizione di altri presuli italiani, grosso modo riassumibili nella
formula: "sì al ritorno, ma in termini di apporti personali".
Publio Fiori è stato ed è una importante e nota personalità della cattolicità
di Roma, già uomo della DC e di governo. La sua lettera è mossa da alcuni convegni
recenti di varie associazioni cattoliche, laiche, riprese dai mass media.
La tesi di Fiori è netta, grosso modo così riassumibile: "senza
l'unione, non esiste proposta politica dei cattolici".
Ritengo questa tesi estremamente lucida e vera. Basti pensare che è
sufficiente l'unione politica, anche solo di poche persone di altro pensiero, per mettere
a tacere altro pensiero, pur se condiviso da tantissimi, ma espresso singolarmente.
Ritengo anche che la riportata posizione dei presuli italiani sia più
opportunistica, che vera. Magari venisse davvero qualcuno capace di dare unità politica
ai cattolici, s'intende in compagnia e dialettica con le "unità" di altre idee.
N.Luciani |
Publio
FIORI, Il risveglio dei cattolici in politica*
In poco più di un mese si sono svolti molti
convegni del cattolicesimo politico di cui quattro particolarmente interessanti: a Norcia
i cattolici del PDL, a Todi i cattolici "moderati", a Roma (Piazza di Pietra) i
"democristiani" per l'anniversario dell'unità d'Italia e sempre a Roma (Domus
Mariae) i "cattolici democratici". Nel momento in cui i cattolici sentono il
dovere di recuperare un proprio ruolo nella politica nazionale riemergono le distinzioni
che avevano animato la vita della DC. Si riparte, cioè, dalle correnti con un dibattito
che, anziché accentrarsi sulle cose da fare (politica di bilancio) per superare l'attuale
crisi con riforme ispirate ai principi della dottrina sociale cristiana e del popolarismo
sturziano, ci si sofferma sulla collocazione politica con riferimento agli attuali
schieramenti. Ieri, con la DC, le correnti si distinguevano prevalentemente sui contenuti
dell'azione politica; oggi l'impressione è che il problema di fondo sia quello di
difendere la propria posizione nello schieramento di appartenenza. Ma questo atteggiamento
nega in radice la possibilità di un recupero dell'unità politica dei cattolici perché
viene meno quel presupposto di fondo che fu la principale connotazione della DC, la
ricerca cioè di una mediazione tra le varie anime del partito per arrivare ad un progetto
condiviso che tenga conto delle varie rappresentanze sociali che si riconoscevano nello
Scudo Crociato. Da questi convegni è emerso, invece, il chiaro obiettivo di trovare una
mediazione con i componenti del partito e dello schieramento di cui quei cattolici fanno
parte. Illuminante è stata da questo punto di vista la brillante relazione del neo
Ministro Riccardi che ha sottolineato con forza la vocazione del cattolicesimo politico a
ricercare sempre intese, alleanze, mediazioni con gli altri partiti. Rievocazione vera (De
Gasperi con i centristi, Fanfani con i socialisti, Moro e la solidarietà nazionale) ma
che difetta di una considerazione preliminare. E' vero che la DC di allora ricercava e
trovava la collaborazione politica con gli altri partiti, ma prima garantiva l'unità dei
democristiani. E quando si profilava l'eventualità di rotture, o peggio, di scissioni,
prima lavorava per ricucire il tessuto interno del partito e, solo dopo, si concludevano
le mediazioni necessarie per aprire nuovi fronti politici. Oggi, invece, assistiamo ad un
approccio diverso, direi inverso.
Invece di ricostruire quell'unità che è
indispensabile per far uscire i cattolici dall'insignificanza politica, sembra prevalere
la spinta a "rivendicare" le scelte fatte in favore di questo o di quello
schieramento. Confermando così la legittimità della diaspora e la indisponibilità a
ricostruire una comune piattaforma etica, ideale, politica e programmatica. Perché siano
tutti d'accordo sui c.d. "principi non negoziabili", ma non basta. Perché, a
parte il sospetto che la sola adesione a tali principi possa essere talvolta anche
strumentale, rimane il fatto che l'impegno politico si caratterizza per i contenuti
programmatici. Infatti, se i principi etici non trovano un riferimento nei programmi
politici diventano enunciazioni astratte valide come propaganda volta a
"catturare" il consenso del Mondo cattolico. La "centralità" della
persona, i suoi diritti naturali e la sua dignità si difendono con un sistema di norme
che, nel rispetto della Costituzione, vadano in questa direzione. Ciò significa una serie
di leggi che riconoscano realmente la "Sovranità popolare" (nuova legge
elettorale) e che, ad esempio, rendano effettivi il principio di eguaglianza, il diritto
al lavoro, l'equità fiscale, la tutela della famiglia, il diritto a giuste retribuzioni e
pensioni, ecc. ecc. E' su questo versante che si gioca il futuro del cattolicesimo
politico e non "barricandosi" dentro il PDL, il PD o in un TERZO POLO di cui non
si riesce a comprendere la reale identità, stante la diversità culturale e politica dei
partiti che ne fanno parte. Dinanzi a tale scenario noi di RINASCITA POPOLARE non pensiamo
alla ricomposizione del partito dei cattolici ma, più semplicemente ad un partito di
cattolici o meglio ad una federazione di persone, iniziative e movimenti che, ispirandosi
ai principi della dottrina sociale cristiana e del popolarismo sturziano, intendano fare
politica in autonomia senza dover sottostare al ricatto dell'appartenenza ad uno degli
attuali schieramenti che hanno partecipato, comunque, allo sfascio di questa Seconda
Repubblica. E la nostra posizione si articola su due precise direttive: - il carattere
federale dell'organizzazione che garantisca l'autonomia: - e l'identità di chi aderisce e
il contenuto programmatico del progetto che testimoni l'apertura di una nuova fase della
politica nazionale fondata su concrete proposte per i problemi del Paese anziché sulle
formule e sugli schieramenti.
E' su questi due punti che va verificata la
possibilità di mettere insieme una rappresentanza politica di cattolici fondata sui
principi non negoziabili, ma articolata anche su un concreto programma di riforme che
siano la trasposizione in chiave politica di quei principi. A questo proposito ci tengo a
sottolineare che le ipotesi di "ammucchiate" senza anima e senza reali programmi
di cui si dibatte in varie sedi ("grande coalizione", "governo
istituzionale", "nuovo compromesso storico") tra forze politiche che hanno
tradizioni, valori e principi contrapposti e incompatibili non ci convincono. Riteniamo
che i governi e le coalizioni non possano essere occasionali e debbano nascere su una
"etica condivisa" che rispetti i valori di riferimento di tutte le componenti.
Da parte nostra, oltre ai "diritti non negoziabili" abbiamo fin dall'inizio
indicato le nostre linee programmatiche.
.....
.....
Attendo le Vostre considerazioni. Cordialmente. Publio Fiori
(N.d.R.: il seguito, 26 righe, prosegue con considerazioni
di tipo programmatico, collegate con il governo Monti.).
Roma 25 novembre 2011 |
MAROCCO
LA NUOVA COSTITUZIONE
IN LINGUA ITALIANA
Traduzione di Bouchaib Khaline* |
Re Mohammed VI e la sua famiglia
|
|
Nota. La nuova
Costituzione del Marocco è stata approvata dal corpo elettorale il 1 luglio 2011.
Avendone ottenuta la traduzione in lingua italiana, ci è sembrato di interesse dei
Colleghi porgerla loro in italiano, a parte che molti di essi l'hanno già letta in
inglese o francese.
Essa ha trasformato la governance del Marocco da monarchia
assoluta in monarchia costituzionale.
Non v'è alcun argomento per sostenere in assoluto la preferenza di
una forma di governo rispetto all'altra. Come, però, ci hanno insegnato gli storici della
rivoluzione francese, nessuna forma di governo può reggere se non è coerente con
l'evoluzione della cultura e dell'economia di un popolo.
In questo senso abbiamo ravvisato, nel Re, una grande
lungimiranza e saggezza l'aver scelto la via della monarchia costituzionale (noi in Italia
abbiamo iniziato il percorso democratico con una monarchia costituzionale nel 1848, con lo
Statuto Albertino), anche memori dei non pochi regicidi avvenuti in Paesi arabi, poi
sfociati in dittature feroci. Questo vuol dire che l'accelerazione dei processi politici
porta a guai, se i popoli non sono maturi.
Per la effettività della riforma, raccomanderei al Re di dare
molta importanza a proporre anche una buona legge elettorale e proporrei che il re nomini
il primo ministro, ma su designazione della camera dei rappresentanti. Il motivo è che
una eventuale sfiducia della Camera al primo ministro sarebbe una sfiducia anche al re che
l'ha nominato, cosa da evitare. |
|
IL SISTEMA DI GOVERNANCE (in breve)
Fonte: http://www.ambasciatadelmarocco.it/
Il Regno
del Marocco, Stato musulmano sovrano, la cui lingua ufficiale è lArabo, costituisce
una parte del Grande Magreb Arabo. È uno Stato Africano che inoltre, si prefigge, tra uno
dei suoi principali obbiettivi, la realizzazione dellUnità Africana.
Consapevole della necessità di collocare la propria azione nellambito
degli organismi internazionali, dei quali è membro attivo e dinamico, il Regno del
Marocco sottoscrive ai principi, diritti e obblighi derivanti dalle Carte dei suddetti
organismi e riafferma il suo rispetto dei diritti dellUomo come quelli
universalmente riconosciuti.
La Costituzione marocchina riafferma, tra laltro, la determinazione del Regno
a operare al fine del mantenimento della pace e della sicurezza nel mondo.
Il Marocco è una monarchia costituzionale, democratica e sociale. Le
revisioni Costituzionali che il Regno ha subìto si collocano nellambito di
unevoluzione costante delle istituzioni costituzionali fin dal periodo
dellindipendenza.
Il testo attuale della Costituzione rappresenta il raggiungimento di
unopera di sintesi avviata da Sua Maestà il Re Hassan II, negli anni 1962, 1970,
1972, 1992, 1996.
Lultima per data, ovvero quella del 13 settembre 1996, si è prefissata come
obbiettivo ladattamento delle istituzioni a uno spirito orientato verso la
salvaguardia delle tradizioni e dellautenticità del Regno.
Ciò si può vedere attraverso le innovazioni introdotte nel testo della Costituzione,
ossia :
1 Listituzione di un sistema parlamentare bicamerale
mediante la creazione di una Camera intitolata "Camera dei Consiglieri" composta
dai rappresentanti delle camere Professionali, dei lavoratori dipendenti, e delle
collettività locali. Questa Camera si avvale di poteri deliberativi simili a quelli della
Camera dei rappresentanti, con una posizione di primato per questultima, e si avvale
della facoltà di dimettere il governo secondo condizioni specifiche.
2 Lelezione di tutti i membri della Camera dei Rappresentanti al
suffragio universale diretto.
3 La reintroduzione dei "Piani di Sviluppo", che vanno a
sostituire i "Programmi Economici e sociali integrati". La loro elaborazione è
di competenza del Consiglio Superiore della Promozione Nazionale del Piano.
4 Linnalzamento dello statuto della Corte dei Conti, la quale è
ormai una istituzione costituzionale la cui missione è in particolare, quella di
garantire il controllo superiore dellesecuzione delle Leggi di finanze, in
contemporanea alla creazione di Corti dei Conti regionali.
5 Lelezione della Regione come Collettività locale, accanto
alle Prefetture, Province, e Comuni del Regno.
6 Il diritto di proprietà e la libertà di intraprendere sono
garantiti dalla Costituzione del Regno.
La Promozione dellUomo
Oltre ai diritti e protezioni riconosciuti e
garantiti nel primo titolo della Costituzione, una nuova disposizione riafferma
solennemente il rispetto del Regno del Marocco ai diritti dellUomo "come quelli
che sono riconosciuti." Questa aggiunta sancisce levoluzione che il Marocco ha
visto nel corso degli ultimi anni in fatto di rafforzamento e ampliamento delle libertà
individuali e collettive.
Tra laltro, la nuova Costituzione prevede lattuazione di un
Consiglio economico e Sociale. Questa nuova Istituzione simboleggia la prevalenza del
fattore sociale ed economico nelle scelte e nellazione politica del Marocco agli
albori del XXI ° Secolo.
Rapporti tra il Governo e Parlamento
Il Primo Ministro può impegnare la responsabilità del Governo dinanzi alla Camera dei
Rappresentanti, su una dichiarazione di politica generale oppure sul voto di un testo.
La fiducia può essere rifiutata, oppure il testo respinto, solo dopo la raggiunta
maggioranza assoluta dei membri componenti la Camera dei Rappresentanti.
Il voto può intervenire soltanto tre giorni interi dopo che la questione di fiducia sia
stata stabilita.
Il rifiuto di fiducia implica le dimissioni collettive del Governo.
La Camera dei Rappresentanti può mettere in discussione la responsabilità del Governo
mediante il voto di una mozione di censura. Tale mozione è approvata dalla Camera dei
Rappresentanti solo attraverso un voto ottenuto alla maggioranza assoluta dei membri che
la compongono. Il voto può intervenire solo tre giorni interi dopo la deposizione della
mozione.
Il voto di censura implica le dimissioni collettive del Governo.
Quando il Governo è stato censurato dalla Camera dei Rappresentanti, nessuna mozione di
censura della Camera dei Rappresentanti può essere accolta durante il termine di un anno.
La Camera dei Consiglieri può votare delle mozioni di ammonimento o delle mozioni di
censura del Governo.
La mozione di ammonimento al Governo deve essere firmata almeno dal terzo dei
membri della Camera dei Consiglieri. Deve essere votata alla maggioranza assoluta dei
membri che compongono la Camera. Il voto può intervenire solo dopo tre giorni interi dopo
la deposizione della mozione.
Il testo dellammonimento è immediatamente indirizzato dal Presidente della Camera
dei Consiglieri al Primo Ministro che dispone di un termine di sei giorni per presentare
dinanzi alla Camera dei Consiglieri la posizione del Governo sulle motivazioni
dellavviso.
La mozione di censura può essere accolta solo se firmata da almeno il terzo dei membri
che compongono la Camera dei Consiglieri. E approvata dalla Camera solo da un voto
preso alla maggioranza dei 2/3 dei membri che la compongono. Il voto può intervenire
soltanto tre giorni interi dopo la deposizione della mozione.
Il voto di censura implica le dimissioni collettive del Governo.
Quando il Governo è stato censurato dalla Camera dei Consiglieri, nessuna mozione di
censura della Camera dei Consiglieri può essere accolta durante il termine di anno.
Il Parlamento
Il Parlamento è composto di due Camere, la Camera dei
Rappresentanti e la Camera dei Consiglieri. I loro membri vengono eletti dalla
Nazione. Il loro diritto di voto è personale e non può essere delegato. (art. 36 della
Costituzione).
Modalità di elezione del Parlamento
I membri della Camera dei Rappresentanti sono eletti per cinque anni
al suffragio universale diretto. La legislatura ha termine allapertura
della sessione di ottobre del quinto anno successivo allelezione della Camera.
Il Presidente è eletto prima, allinizio della legislatura, e in seguito alla
sessione di aprile del terzo anno di questultima, e per il periodo rimanente a
decorrere dalla medesima.
I membri dellufficio di presidenza sono eletti alla rappresentazione proporzionale
dei gruppi per la durata di un anno.
La Camera dei Consiglieri comprende nella proporzione dei 3/5 dei
membri eletti in ogni regione da un collegio elettorale composto da rappresentanti delle
collettività locali, e in una proporzione dei 2/5 dei membri eletti per ogni regione da
collegi elettorali composti da eletti delle Camere Professionali, dei membri eletti a
livello nazionale da un collegio elettorale composto dai rappresentanti dei lavoratori
dipendenti.
I membri della Camera dei Consiglieri sono eletti per nove anni. La Camera dei Consiglieri
è rinnovabile per terzo ogni tre anni. I seggi oggetto del primo e del secondo rinnovo
saranno sorteggiati.
Il Presidente della Camera dei Consiglieri e i membri dellufficio di presidenza sono
eletti allinizio della sessione di ottobre, in occasione di ogni rinnovo della
Camera, i membri dellufficio sono eletti alla rappresentazione proporzionale dei
gruppi.
Il Parlamento tiene le proprie sedute durante due sessioni allanno, può essere
riunito in sessione straordinaria, sia su richiesta della maggioranza assoluta dei membri
delluna delle due Camere, sia per decreto.
Le sedute delle Camere del Parlamento sono pubbliche.
La legge è votata dal Parlamento.
Liniziativa delle leggi appartiene congiuntamente al Primo Ministro e ai membri del
Parlamento.
I progetti di legge vengono depositati presso una delle due Camere.
Ogni progetto o proposta di legge viene esaminato successivamente dalle due Camere del
Parlamento allo scopo di giungere alladozione di un testo unico. La Camera
consultata per prima esamina il testo del progetto di legge presentato dal Governo o della
proposta di legge iscritta; una Camera consultata con un testo votato dallaltra
Camera, delibera sul testo che le viene trasmesso.
La Camera dei Rappresentanti può mettere in discussione la responsabilità
del Governo mediante il voto di una mozione di censura. Tale mozione può essere accolta
solo se firmata da almeno il quarto dei membri componenti la Camera.
La mozione di censura è approvata dalla Camera dei Rappresentanti solo mediante un voto
ottenuto alla maggioranza assoluta dei membri che la compongono.
Il voto può intervenire solo tre giorni interi dopo la deposizione della mozione.
Il voto di censura implica le dimissioni collettive del Governo.
La Camera dei Consiglieri può votare delle mozioni di ammonimento oppure delle mozioni di
censura del Governo.
La mozione di ammonimento al Governo deve essere firmata da almeno il terzo dei membri
della Camera dei Consiglieri.
Essa deve essere votata alla maggioranza assoluta dei membri che compongono la Camera. Il
voto può intervenire solo tre giorni dopo la deposizione della mozione.
Il Governo
Il Governo è composto dal Primo Ministro e dai Ministri. E
responsabile dinanzi al Re e dinanzi al Parlamento. Garantisce lesecuzione delle
leggi e dispone dellamministrazione.
Il Primo Ministro è nominato dal Re.
I membri del Governo sono nominati dal Re, su proposta del Primo Ministro.
Il Primo Ministro ha liniziativa delle leggi; esercita il potere regolamentare e
assume la responsabilità della coordinazione delle attività ministeriali.
Il Primo Ministro può impegnare la responsabilità del Governo dinanzi alla Camera dei
Rappresentanti, su dichiarazione di politica generale o su voto di un testo.
Nessun progetto di legge può essere depositato a cura del Primo Ministro presso una delle
due Camere prima che vi sia stata delibera in sede di Consiglio di Ministri.
Il Consiglio dei Ministri viene consultato, previamente ad ogni decisione:
- su questioni riguardanti la politica generale dello Stato;
- sulla dichiarazione di stato di assedio;
- su la dichiarazione di guerra;
- sullimpegno della responsabilità del Governo dinanzi alla Camera dei
Rappresentanti;
- su dei progetti di legge, prima del deposito presso una delle due Camere;
- sui decreti regolamentari;
- sul progetto di piano;
- sul progetto di revisione della Costituzione . |
IL TESTO INTEGRALE DELLA
NUOVA COSTITUZIONE
PREAMBOLO
Fedele alla sua scelta irreversibile per costruire uno Stato
democratico costituzionale, il Regno del Marocco persegue con decisione il processo di
consolidamento e rafforzamento delle istituzioni di uno stato moderno, avendo fondato sui
principi della partecipazione, del pluralismo e del buon governo. Egli sviluppa una
società inclusiva in cui tutti godono della sicurezza, libertà, pari opportunità,
rispetto della dignità e della giustizia sociale nel quadro del principio di correlazione
tra diritti e doveri di cittadinanza .
Stato musulmano sovrano, impegnato per l'unità nazionale e l'integrità territoriale, il
Regno del Marocco intende preservare, nella sua pienezza e la diversità, l'identità
nazionale, una e indivisibile. L'unità, forgiata dalla convergenza dei suoi componenti
arabo-islamico, e amazigh sahariana-Hassani, è stata nutrita e arricchita dei suoi
affluenti africane, andaluse, ebraiche e mediterranee. Il rilievo dato alle Islam nel
deposito nazionale è accoppiato con l'impegno del popolo marocchino ai valori di
apertura, di moderazione, tolleranza e dialogo per la comprensione reciproca fra tutte le
culture e le civiltà del mondo.
Riconoscendo la necessità di rafforzare il ruolo che merita sulla scena mondiale, il
Regno del Marocco, membro attivo di organizzazioni internazionali, impegnate a
sottoscrivere i diritti, principi e gli obblighi sotto la loro rispettivi statuti e
convenzioni, si riafferma il suo impegno per i diritti umani universalmente riconosciuti,
e la sua volontà di continuare a lavorare per preservare la pace e la sicurezza nel
mondo.
Sulla base di questi valori e principi e sostenuta da sopportare il suo impegno a
rafforzare i legami di fratellanza, cooperazione, solidarietà e collaborazione
costruttiva con gli altri Stati, e di lavorare per il progresso comune, il Regno del
Marocco , Stati Uniti, pienamente sovrano, appartenente al Maghreb Grand, ribadisce la
seguente e comporti:
- Lavorare per la costruzione dell'Unione del Maghreb, come opzione strategica;
- Approfondire il senso di appartenenza al mondo arabo-islamico Ummah, e rafforzare i
legami di fraternità e di solidarietà con i suoi popoli fratelli;
- Rafforzare i rapporti di cooperazione e solidarietà con i popoli e paesi africani tra
cui il Sahel e del Sahara;
- Per intensificare i contatti in stretta collaborazione e partenariato con i paesi vicini
dell'area euro-mediterranea;
- Aumentare e diversificare le sue relazioni di amicizia e il suo rapporto con scambi a
livello umano, i legami economici, scientifici, tecnici e culturali con tutti i paesi del
mondo;
- Rafforzare Sud-Sud;
- Proteggere e promuovere le caratteristiche dei diritti umani e del diritto umanitario
internazionale e contribuire al loro sviluppo nella loro indivisibilità e
l'universalità;
- Banner e combattere la discriminazione contro chiunque in base al sesso, colore, credo,
cultura, origine sociale o di origine regionale, lingua, disabilità o di qualche
circostanza personale qualunque;
- Accordo con le convenzioni internazionali regolarmente ratificate da lui, secondo le
disposizioni della Costituzione e le leggi del Regno, secondo la propria identità
nazionale immutabile, e al momento della pubblicazione di queste convenzioni, la regola
sulla legge del paese, e di conseguenza allineare le disposizioni pertinenti del diritto
nazionale.
Questo preambolo è parte integrante della presente Costituzione.
PARTE I - DISPOSIZIONI GENERALI
ARTICOLO I
- Il Marocco è una monarchia costituzionale, democratica, parlamentare e sociale.
Il sistema costituzionale del Regno si basa sulla separazione, i rapporti di forza e di
collaborazione, così come la cittadinanza e la democrazia partecipativa e dei principi di
buon governo e la correlazione tra responsabilità e accountability.
La nazione si basa sulla sua costante vita collettiva unificante in questo caso l'Islam
moderato, l'unità nazionale, con molti affluenti, la monarchia costituzionale e la scelta
democratica.
L'organizzazione territoriale del Regno è decentralizzato, basato su una
regionalizzazione avanzata.
ARTICOLO 2
La sovranità appartiene al popolo che la esercita direttamente tramite referendum o
indirettamente attraverso i suoi rappresentanti.
La nazione sceglie i suoi rappresentanti nelle istituzioni elette attraverso il voto
libero, sincero e regolare.
ARTICOLO 3
L'Islam è la religione dello Stato, che garantisce a tutti il libero esercizio della
religione.
ARTICOLO 4
L'emblema del Regno è una bandiera rossa al centro di una stella a cinque punte verdi.
Il motto del Regno è DIO, IL PAESE, IL RE.
ARTICOLO 5
Arabo rimane la lingua ufficiale dello Stato.
Lo Stato lavora per proteggere e sviluppare la lingua araba, e la promozione del suo
utilizzo.
Analogamente, il amazigh è una lingua ufficiale dello Stato, come patrimonio comune di
tutti i marocchini, senza eccezioni.
Una legge organica definisce il processo di attuazione del carattere ufficiale di quella
lingua, e le condizioni della sua integrazione nelle aree di insegnamento e la priorità
della vita pubblica, al fine di consentirgli di svolgere la sua funzione di futuri lingua
ufficiale.
Lo Stato lavora per preservare la Hassani, come parte della cultura marocchina identità
uniti, e la protezione delle espressioni culturali e idiomi praticato in Marocco. Allo
stesso modo, si assicura la coerenza della politica linguistica e culturale nazionale e
l'apprendimento e la padronanza delle lingue straniere più comunemente usati in tutto il
mondo come strumento di comunicazione, integrazione e interazione con società della
conoscenza, e apertura alle diverse culture e civiltà contemporanea.
Ci deve essere una lingua nazionale e della cultura marocchina, responsabile in
particolare per la tutela e lo sviluppo di arabo e amazigh e marocchini diverse
espressioni culturali, che costituiscono un patrimonio autentico e una fonte di
ispirazione oggi.
Esso comprende tutte le istituzioni impegnate in questi settori. Una legge organica
determina le funzioni, la composizione e le procedure operative.
ARTICOLO 6
La legge è l'espressione suprema della volontà della nazione. Tutte le persone o
entità, compresi i governi, sono uguali dinanzi ad esso e obbligato a fornirle.
Le autorità pubbliche stanno lavorando per creare le condizioni per generalizzare
l'efficacia della libertà e dell'uguaglianza dei cittadini e la loro partecipazione alla
vita politica, economica, culturale e sociale.
Hanno affermato i principi di costituzionalità, di gerarchia e alla pubblicità
obbligatoria delle norme giuridiche.
La legge può avere effetto retroattivo.
ARTICOLO 7
I partiti politici stanno lavorando per l'inquadramento e della formazione dei cittadini,
promuovere la loro partecipazione alla vita nazionale e di governance. Essi contribuiscono
alla espressione della volontà degli elettori e partecipare all'esercizio del potere,
basata sul pluralismo e l'alternanza con mezzi democratici, attraverso le istituzioni
costituzionali.
La loro costituzione e le loro attività sono gratuite, in conformità con la Costituzione
e la legge.
Non ci può essere partito unico.
I partiti politici non possono essere e basate su religione, diritti linguistici, etnici o
regionali, o, più in generale, a qualsiasi titolo discriminatoria o contraria a uomo.
(cioè non possono essere di stampo religioso, etnico o regionale e esercitare qualsiasi
azione discriminatoria e contraria e lede la dignità del uomo)
Essi non possono essere progettati per minare l'Islam, la monarchia, principi
costituzionali, o le fondamenta democratiche di unità nazionale e dell'integrità
territoriale del Regno.
L'organizzazione e il funzionamento dei partiti politici devono attenersi a principi
democratici.
Una legge organica determina, secondo i principi enunciati nel presente articolo, comprese
le norme relative alla costituzione e attività dei partiti politici, i criteri per la
concessione del sostegno finanziario dello Stato, nonché le procedure per il monitoraggio
finanziamento.
ARTICOLO 8
Le organizzazioni sindacali dei lavoratori, camere professionali ( organizzazioni di
categoria e dell'imprenditoria) e associazioni di categoria dei datori di lavoro
contribuiscono alla difesa e promozione dei diritti e degli interessi di gruppi economici
che rappresentano. La loro costituzione e le loro attività, in conformità con la
Costituzione e la legge, sono libere
Le strutture e il funzionamento di queste organizzazioni devono attenersi a principi
democratici.
I governi lavorano per promuovere la contrattazione collettiva e l'incoraggiamento della
conclusione dei contratti collettivi previsti dalla legge.
La legge stabilisce le norme relative in particolare alla formazione di sindacati, le
attività ed i criteri per la concessione di sostegno finanziario dello Stato, nonché
meccanismi per il controllo del loro finanziamento.
ARTICOLO 9
I partiti politici e sindacati non può essere sospeso o sciolto dal governo e solamente
con un ordine dalla magistratura.
ARTICOLO 10
La Costituzione garantisce lo status dell'opposizione parlamentare conferendo gli stessi
diritti per permetterle di svolgere adeguatamente i suoi compiti relativi alla vita
parlamentare e politica. Essa garantisce, in particolare, l'opposizione il diritto di:
- Libertà di opinione, di espressione e di riunione;
- Airtime nei media ufficiali, in proporzione alla loro rappresentazione;
- Il beneficio di finanziamenti pubblici, in conformità della legge;
- L'effettiva partecipazione al processo legislativo, compresa la quotazione delle
bollette nell'ordine del giorno delle due Camere del Parlamento;
- Un'effettiva partecipazione al controllo del lavoro del governo, in particolare
attraverso i movimenti della censura e l'arresto del governo, così come le interrogazioni
orali al Governo e all'interno delle commissioni parlamentari d'inchiesta;
- Contributo per la proposta e l'elezione dei membri da eleggere alla Corte
Costituzionale;
- Una rappresentazione appropriata per le operazioni interne di entrambe le Camere del
Parlamento;
- Il presidente della commissione incaricata della legislazione della Camera dei
Rappresentanti;
- Avere mezzi adeguati per garantire le sue funzioni istituzionali;
- Partecipazione attiva diplomazia parlamentare per difendere la giusta causa della
nazione e dei suoi interessi vitali;
- Contributo per la gestione e la rappresentanza dei cittadini attraverso i partiti
politici che si formano e in conformità con le disposizioni di cui all'articolo 7 della
presente Costituzione;
- L'esercizio del potere a livello locale, regionale e nazionale, attraverso il
cambiamento democratico, e in base alle disposizioni della presente Costituzione.
I gruppi di opposizione si attende un contributo attivo e costruttivo nel lavoro
parlamentare.
Modalità di esercizio da parte di gruppi di opposizione dei diritti sopra sono attaccati,
a seconda dei casi, da leggi organiche o leggi o dalle norme di ciascuna Camera del
Parlamento.
ARTICOLO 11
La forma libera, onesta e trasparente la base della legittimità della rappresentanza
democratica.
Le autorità pubbliche sono tenute a rispettare un rigoroso la neutralità nei confronti
dei candidati e la non discriminazione tra di loro.
La legge definisce le norme per garantire un equo accesso ai media pubblici e il pieno
godimento dei diritti e delle libertà fondamentali relative a campagne elettorali e di
voto. Le autorità incaricate di organizzare le elezioni per garantire l'applicazione di
queste regole.
La legge definisce i termini e le condizioni di osservazione indipendente e neutrale delle
elezioni in conformità con le norme internazionalmente riconosciute.
Chiunque viola le disposizioni e le regole di correttezza e trasparenza delle elezioni è
punibile dalla legge.
I governi implementare i mezzi necessari per promuovere la partecipazione dei cittadini
alle elezioni.
ARTICOLO 12
Associazioni della società civile e organizzazioni non governative si formano e operare
liberamente, nel rispetto della Costituzione e della legge.
Non possono essere sospeso o sciolto dal governo che in un ordine del tribunale.
Associazioni interessate alla vita pubblica e le organizzazioni non governative,
contribuiscono, nel quadro della democrazia partecipativa, dello sviluppo, implementazione
e valutazione dei progetti e delle decisioni delle istituzioni elette e delle autorità
pubbliche. Queste istituzioni e le autorità devono organizzare questo contributo in
conformità con i termini e le condizioni stabilite dalla legge.
L'organizzazione e il funzionamento di associazioni e organizzazioni non governative
devono attenersi a principi democratici.
ARTICOLO 13
Le autorità pubbliche stanno lavorando per creare spazi di dialogo, di coinvolgere i
diversi attori sociali allo sviluppo, all'attuazione e alla valutazione delle politiche
pubbliche.
ARTICOLO 14
I cittadini hanno alle condizioni e termini stabiliti da una legge organica, il diritto di
presentare proposte legislative. Uno o più della Casa possono sponsorizzare le mozioni
parlamentari competenti e tradurle in proposte legislative o domanda il governo in virtù
dei poteri al Parlamento.
ARTICOLO 15
I cittadini hanno il diritto di presentare petizioni al governo.
Una legge organica determina le condizioni e le modalità di esercizio di tale diritto.
ARTICOLO 16
Il Regno del Marocco sta lavorando per proteggere i diritti e interessi legittimi dei
cittadini marocchini residenti all'estero, nel rispetto del diritto internazionale e le
leggi dei paesi ospitanti. Che attribuisce a mantenere e sviluppare i loro legami umani,
compresi culturale, con il Regno e per preservare la loro identità nazionale.
Si lavora per promuovere il loro contributo allo sviluppo della loro patria, in Marocco, e
più stretti legami di amicizia e di cooperazione con i governi e le aziende in paesi in
cui risiedono o di cui sono cittadini.
ARTICOLO 17
Marocchini residenti all'estero godono pieni diritti di cittadinanza, compreso il diritto
di elettorato attivo e passivo. Possono candidarsi alle elezioni le liste elettorali, e
locale, regionale e nazionale. La legge stabilisce criteri specifici per l'eleggibilità e
incompatibilità. Determina anche le condizioni e le modalità per l'esercizio del diritto
di elettorato attivo e passivo dal paese di residenza.
ARTICOLO 18
Le autorità pubbliche stanno lavorando per garantire la più ampia partecipazione dei
marocchini residenti all'estero, le istituzioni e la governance di consulenza creata dalla
Costituzione o dalla legge.
PARTE II - DIRITTI FONDAMENTALI E LIBERTÀ
ARTICOLO 19
Gli uomini e le donne godono di pari diritti umani e libertà di civili, politici,
economici, sociali, culturali e ambientali, come indicato in questa e altre disposizioni
della Costituzione, così come le convenzioni e patti debitamente ratificato dal Regno e
che, in conformità con le disposizioni della Costituzione, delle costanti e le leggi del
Regno.
Il governo marocchino sta lavorando per raggiungere la parità tra uomini e donne.
E 'creata per questo scopo, una Autorità per l'uguaglianza e la lotta contro ogni forma
di discriminazione.
ARTICOLO 20
Il diritto alla vita è il diritto primario di ogni essere umano. La legge tutela questo
diritto.
ARTICOLO 21
Tutti hanno diritto alla sicurezza delle loro persone, le loro famiglie ei loro beni.
Le autorità pubbliche garantire la sicurezza delle persone e del territorio nazionale in
conformità con i diritti fondamentali e le libertà garantite a tutti.
ARTICOLO 22
Non può essere privato della integrità fisica o morale di nessuno, in nessuna
circostanza da qualsiasi persona qualsiasi, privato o pubblico.
Nessuno può infliggere a un altro, sotto qualunque pretesto, crudeli, inumane, degradanti
o compromettere la dignità.
La pratica della tortura in ogni sua forma e da chiunque è un crimine punito dalla legge.
ARTICOLO 23
Nessuno può essere arrestato, detenuto, processato o condannato se non nei casi e modi
previsti dalla legge.
Detenzione arbitraria o sparizione forzata delitti e segreti sono di estrema gravità ed
esporre i loro autori per la punizione più severa.
Chiunque sia arrestato deve essere informato immediatamente, in modo che possano capire, i
motivi della sua detenzione e dei suoi diritti, compreso il diritto di rimanere in
silenzio. Deve avere, al più presto, assistenza legale e la possibilità di comunicazione
con i parenti, secondo la legge.
La presunzione di innocenza e il diritto a un processo equo è garantito.
Una persona detenuta godono dei diritti fondamentali e condizioni umane di detenzione. Si
può beneficiare di una formazione e la riabilitazione.
È vietato l'incitamento al razzismo, odio e violenza.
Genocidio, crimini contro l'umanità, crimini di guerra e di tutte le violazioni gravi e
sistematiche dei diritti umani è punito dalla legge.
ARTICOLO 24
Ogni individuo ha il diritto di proteggere la sua privacy.
Il domicilio è inviolabile. La ricerca può avvenire solo alle condizioni e modalità
previste dalla legge.
Comunicazioni private in qualsiasi forma, è segreto. Soltanto il giudice può
autorizzare, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla legge, l'accesso ai
contenuti, la divulgazione totale o parziale o invocazione a scapito di chiunque.
È garantito per tutti, la libertà di circolazione e soggiorno nel territorio nazionale,
di lasciare e tornare, a norma di legge.
ARTICOLO 25
Sono garantite la libertà di pensiero, di opinione e di espressione in tutte le sue
forme.
Sono garantite la libertà della creazione, la pubblicazione e la mostra nella ricerca
letteraria e artistica e scientifica e tecnica.
ARTICOLO 26
I governi di fornire, con mezzi adeguati, sostenere lo sviluppo della creazione culturale
e artistico, e la ricerca scientifica e tecnica, e la promozione dello sport. Essi
promuovono lo sviluppo e l'organizzazione di queste aree in modo indipendente e su base
democratica e professionale specifico.
ARTICOLO 27
I cittadini hanno il diritto di accedere alle informazioni detenute dalle autorità
pubbliche, istituzioni ed organi elettivi di un pubblico servizio.
Il diritto all'informazione non può essere limitata dalla legge, al fine di proteggere
tutti gli aspetti della difesa nazionale, sicurezza interna ed esterna dello Stato, e la
privacy delle persone, prevenire la violazione dei diritti e le libertà enunciati in
questa Costituzione e per proteggere le fonti e le aree specificamente determinati dalla
legge.
ARTICOLO 28
La libertà di stampa è garantita e non può essere limitato da alcuna forma di censura
preventiva.
Tutti hanno diritto di esprimere e diffondere liberamente i soli limiti espressamente
previsti dalla legge, informazioni, idee e opinioni.
Governi incoraggiano l'organizzazione del settore dei quotidiani in modo indipendente e su
base democratica, e che stabilisce le norme legali ed etiche che lo riguardano.
La legge stabilisce le regole di organizzazione e controllo dei mezzi di comunicazione.
Garantisce l'accesso a questi mezzi nel rispetto del pluralismo linguistico, culturale e
lo sviluppo politico della società marocchina.
Ai sensi dell'art 165 della Costituzione, l'Alta Autorità della Comunicazione Audiovisiva
garantisce la conformità con questo pluralismo.
ARTICOLO 29
Sono garantite la libertà di riunione, di riunione, manifestazione pacifica, di
associazione e l'appartenenza sindacale e politica. La legge stabilisce le condizioni per
l'esercizio di queste libertà.
Il diritto di sciopero è garantito. Una legge organica determina le condizioni e le
modalità del suo esercizio.
ARTICOLO 30
Hanno diritto di voto, tutti i cittadini che godono dei diritti civili e politici
importanti. La legge dispone provvedimenti per facilitare l'accesso paritario di donne e
uomini alle cariche eletti.
Il voto è personale e un dovere nazionale.
Stranieri godere della libertà concessa ai cittadini in Marocco, a norma di legge.Quelli
di loro che risiedono in Marocco possono partecipare alle elezioni locali in base alla
legge, l'applicazione delle convenzioni internazionali o da prassi di reciprocità.
Le condizioni per la concessione di estradizione e di asilo sono definiti per legge.
ARTICOLO 31
Le autorità statali, enti pubblici e locali stanno lavorando per mobilitare tutti i mezzi
disponibili per facilitare l'accesso paritario dei cittadini alle condizioni che
permettono loro di godere dei diritti:
- Assistenza sanitaria;
- Assistenza sociale, la copertura sanitaria e di solidarietà reciproca e organizzato
dallo Stato;
- Una formazione moderna, accessibile e di qualità;
- Istruzione per l'attaccamento all'identità nazionale marocchina e costanti immutabili;
- Formazione professionale e di educazione fisica e arte;
- Alloggio dignitoso;
- Al lavoro e il sostegno del governo per la ricerca di lavoro o di lavoro autonomo;
- Accesso al servizio pubblico in base al merito;
- L'accesso all'acqua e un ambiente sano;
- Sviluppo sostenibile.
ARTICOLO 32
La famiglia, fondata sul rapporto del matrimonio è l'unità fondamentale della società.
Lo Stato sta lavorando per garantire per legge la protezione della famiglia in materie
giuridiche, economiche e sociali, per garantire la sua unità, la stabilità e la
conservazione.
Essa garantisce pari tutela giuridica e sociale e morale eguale considerazione a tutti i
bambini, indipendentemente dal loro stato civile.
L'istruzione di base è un diritto del bambino e un obbligo verso la famiglia e lo Stato.
Ci sarà un Consiglio consultivo della famiglia e dell'infanzia.
ARTICOLO 33
Spetta ai governi di adottare tutte le misure appropriate per:
- Estendere e generalizzare la partecipazione dei giovani nello sviluppo sociale,
economico, culturale e politica;
- Aiuto ai giovani a integrarsi nella vita lavorativa e delle associazioni e fornire
assistenza ai bisognosi di educazione speciale, sociale o professionale;
- Facilitare l'accesso dei giovani alla cultura, scienza, tecnologia, arte, sport e tempo
libero, creando le condizioni per la completa diffusione della loro creative e innovative
in tutti questi settori;
E 'creato a questo scopo un Consiglio consultivo della Gioventù e l'azione della
comunità.
ARTICOLO 34
Governi a sviluppare e attuare politiche per individuali e gruppi con bisogni speciali.A
tal fine, essi includono:
- Curare e prevenire la vulnerabilità di talune categorie di donne e madri, i bambini e
gli anziani;
- Riabilita e integrarsi nella società civile e il fisicamente e mentalmente sensomotorie
e facilitare il godimento dei diritti e delle libertà per tutti.
ARTICOLO 35
Il diritto alla proprietà è garantito.
La legge può limitare la portata e l'esercizio, se le esigenze di sviluppo economico e
sociale della nazione lo richiedono. Non può essere effettuata l'espropriazione nei casi
e modalità previste dalla legge.
Lo Stato garantisce la libertà di impresa e della libera concorrenza. Si sforza di
raggiungere uno sviluppo umano sostenibile, in grado di consentire il consolidamento della
giustizia sociale e la conservazione delle risorse naturali e diritti nazionali delle
generazioni future.
Lo Stato deve garantire pari opportunità per tutti e una protezione specifica per le
persone socialmente svantaggiate.
ARTICOLO 36
Reati connessi ai conflitti di interessi, insider trading e tutti i reati finanziari sono
punibili dalla legge.
Le autorità pubbliche hanno l'obbligo di prevenire e punire secondo la legge, qualsiasi
forma di criminalità legati all'attività di governo e degli enti pubblici, l'utilizzo
dei fondi a loro disposizione, per l'aggiudicazione e la gestione dei contratti pubblica.
Commercio di influenza e privilegi, abusi di posizione dominante e di monopolio, e tutte
le altre pratiche contrarie ai principi di concorrenza libera e leale nei rapporti
economici, sono sanciti dalla legge.
Ci deve essere una integrità nazionale e la lotta contro la corruzione.
ARTICOLO 37
Tutti i cittadini dovrebbero rispettare la Costituzione e la legge. Essi devono esercitare
i diritti e le libertà garantite dalla Costituzione in uno spirito di responsabilità e
impegnati cittadinanza come l'esercizio dei diritti è correlata con l'esercizio delle
funzioni.
ARTICOLO 38
Tutti i cittadini contribuiscono alla difesa della patria e la sua integrità territoriale
contro ogni aggressione o minaccia.
ARTICOLO 39
Tutto il sostegno, in proporzione al loro potere contributivo, l'ufficio pubblico che solo
la legge può, secondo le modalità previste dalla presente Costituzione, creare e
distribuire.
ARTICOLO 40
Tutto il sostegno e solidalmente in proporzione ai loro mezzi, le spese che richiede lo
sviluppo del Paese, e quelle derivanti da calamità nazionale e disastri naturali.
TITOLO III - LE ROYALTY
ARTICOLO 41
Re, Comandante dei Credenti, assicura il rispetto per l'Islam. Egli è il garante della
libertà di culto.
Presiede il Consiglio superiore degli ulema, incaricato di studiare i problemi in esame.
Il Consiglio è l'unico organo autorizzato a imporre il punto di vista religioso (fatwa),
ufficialmente approvato, i problemi prima e che, sulla base dei precetti principi e
disegni tollerante dell'Islam.
L', le funzioni e le procedure di composizione del Consiglio è fissato dal decreto.
Gli esercizi da re prerogative dahirs religioso insito nella costituzione di Al Imarat
Mouminine assegnato esclusivamente da questo articolo.
ARTICOLO 42
Il Re, Capo dello Stato, il suo rappresentante supremo, simbolo dell'unità della nazione,
garante della perpetuazione e la continuità di Stato e di supremo arbitro tra le
istituzioni, assicura il rispetto della Costituzione, il diritto funzionamento delle
istituzioni costituzionali, la protezione della scelta democratica e dei diritti e le
libertà dei cittadini e delle comunità, e rispetto degli impegni internazionali del
Regno.
Egli è il garante della indipendenza del Regno e la sua integrità territoriale, entro i
suoi confini autentica.
Il re esegue queste operazioni usando i poteri espressamente conferiti dalla Costituzione
ed esercitare per decreto.
Regi decreti, ad eccezione di quelli di cui agli articoli 41, 44 (secondo comma), 47
(commi 1 e 6), 51, 57, 59, 130 (primo comma) e 174 sono controfirmati dal Capo del
Governo.
ARTICOLO 43
Corona del Marocco e dei suoi diritti costituzionali sono ereditati e tramandati di padre
in figlio, ai discendenti in linea diretta maschile e primogenitura SA MAJESTELE
ROIMOHAMMED VI, a meno che il re non si riferisce nella sua vita, un successore del suo
figlio, diverso dal suo figlio maggiore. Quando non ci sono discendenti maschi in linea
diretta di successione al trono è investito in linea collaterale più vicina maschile e
alle stesse condizioni.
ARTICOLO 44
Il Re è un minore fino a diciotto anni di età. Durante la minoranza del re, un Consiglio
di Reggenza esercita i poteri e diritti costituzionali della Corona, tranne quelle
relative alla revisione della Costituzione. Il Consiglio di Reggenza deve servire come
corpo consultivo del re fino a che non raggiunge l'età di venti anni di età.
Il Consiglio di Reggenza è presieduto dal Presidente della Corte Costituzionale. Si
compone, inoltre, il capo del governo, il presidente della Camera dei Rappresentanti, il
presidente della Camera dei Consiglieri, il Presidente e Delegato del Consiglio Superiore
della Magistratura, il Segretario Generale del Consiglio Superiore degli Ulema e dieci
persone nominate dal re stesso.
Le regole di funzionamento del Consiglio di Reggenza è stabilito dalla legge organica.
ARTICOLO 45
Il Re ha una lista civile.
ARTICOLO 46
La persona del Re è inviolabile e il rispetto che merita.
ARTICOLO 47
Il re nomina il capo del governo in seno al partito è uscito in vista delle elezioni alla
Camera dei Rappresentanti, e alla luce dei loro risultati.
Su proposta del capo del governo, nomina i membri del governo.
Il Re può, a sua discrezione, e previa consultazione del Capo del Governo, revocare la
nomina di uno o più membri del governo.
Il capo del governo può chiedere al re di revocare la nomina di uno o più membri del
governo.
Il capo del governo può chiedere al re di revocare la nomina di uno o più membri del
governo a causa della loro dimissioni individuali o collettivi.
A seguito delle dimissioni del capo del governo, il Re terminato le funzioni dell'intero
governo.
Il governo si è dimesso affari correnti fino alla formazione del nuovo governo.
ARTICOLO 48
Il re presiede il Consiglio dei ministri composto dal Capo del Governo e dei Ministri.
Il Consiglio dei ministri si riunisce a iniziativa del Re o su richiesta del capo del
governo.
Il Re, sulla base di un ordine del giorno specifico, delegato per il capo del governo,
presiederà una riunione del Consiglio dei ministri.
ARTICOLO 49
Il Consiglio dei ministri esamina:
- Indirizzi strategici della politica dello Stato;
- Progetto di revisione della Costituzione;
- Progetti di legge organica;
- Guida generale del disegno di legge finanziaria;
- Disegno di legge quadro di cui all'articolo 71 (secondo comma) della Costituzione;
- La legge di amnistia progetto;
- Progetti di testi relativi alla militare;
- La dichiarazione di legge marziale;
- La dichiarazione di guerra;
- Il progetto di cui al punto 104 della presente Costituzione;
- La nomina sulla nomina del capo del governo e su iniziativa del ministro interessato,
alla civile Wali della Banca Al Maghrib, ambasciatore, Wali e Governatore, e capi di
amministrazioni di Homeland Security del Regno, così come funzionari delle istituzioni
pubbliche e aziende strategiche. Una legge organica stabilisce l'elenco delle imprese
strategiche e delle istituzioni.
ARTICOLO 50
Il re promulga la legge entro trenta giorni dalla trasmissione al Governo della legge
definitivamente approvata.
La legge emanata così deve essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del Regno entro un
termine non superiore a un mese, a decorrere dalla data di Dahir della sua promulgazione.
ARTICOLO 51
Il Re può sciogliere con proprio decreto, entrambe le Camere del Parlamento o uno di essi
ai sensi degli articoli 96, 97 e 98.
ARTICOLO 52
Il Re può inviare messaggi alla nazione e al Parlamento. I messaggi vengono letti di
fronte ad uno e l'altra e non può essere alcun dibattito.
ARTICOLO 53
Il Re è il Capo Supremo delle Forze Armate Reali. Egli nomina i membri e può delegare
tale diritto.
ARTICOLO 54
Ci sarà un Consiglio supremo per la sicurezza, come un forum per il dialogo sulle
strategie per la sicurezza interna ed esterna del paese, e la gestione delle situazioni di
crisi, che assicura anche l'istituzionalizzazione di norme di buon governo safe .
Il re presiede il Consiglio e può delegare al capo del governo della riunione di
Presidenza del Consiglio, sulla base di un ordine del giorno specifico.
Il Consiglio supremo per la sicurezza comprende, oltre al Capo del Governo, il Presidente
della Camera dei Rappresentanti, il presidente della Camera dei Consiglieri, il Delegato
capo del Consiglio superiore della magistratura e dei Ministri degli Affari Interni
Esteri, Giustizia e amministrazione della difesa nazionale, e funzionari delle autorità
competenti in materia di sicurezza, alti ufficiali delle Forze Armate Reale e qualsiasi
altra persona la cui presenza è utile nel lavoro del Consiglio.
Le regole del consiglio stabilisce le regole della sua organizzazione e il funzionamento.
ARTICOLO 55
Il Re accredita gli ambasciatori di potenze straniere e organizzazioni internazionali.
Ambasciatori o rappresentanti di organizzazioni internazionali sono accreditati presso di
lui.
E 'segni e ratifica i trattati. Tuttavia, i trattati di pace o di unione, o quelli
relativi alla delimitazione delle frontiere, gli accordi commerciali, o quelle che
coinvolgono le finanze dello Stato o la cui attuazione richiede una legislazione ed ai
trattati sui diritti umani e delle libertà individuali e collettive dei cittadini, può
essere ratificata solo dopo essere stato approvato dalla legge.
Il Re può presentare al Parlamento qualsiasi altro trattato prima della sua ratifica.
Se la Corte costituzionale, su istanza del re o del Presidente della Camera dei Deputati o
del Presidente della Camera dei Consiglieri o il sesto membro della Camera o del primo
trimestre dei membri della Seconda Sezione, ha detto che un impegno internazionale
contiene una disposizione contraria alla Costituzione, la ratifica può avvenire solo dopo
la revisione della Costituzione.
ARTICOLO 56
Re presiede il Consiglio superiore della magistratura.
ARTICOLO 57
Il re approva la nomina di Dahir giudici da parte del Consiglio Superiore della
Magistratura.
ARTICOLO 58
Il re ha la prerogativa di misericordia.
ARTICOLO 59
Quando l'integrità del territorio nazionale è minacciata o se si verificano eventi che
ostacolano il normale funzionamento delle istituzioni costituzionali, il Re, previa
consultazione con il capo del governo, il presidente della Camera dei Rappresentanti, il
presidente della Camera di Consiglieri e il Presidente della Corte Costituzionale, e ha
inviato un messaggio alla nazione da decreto che dichiara lo stato d'emergenza. Di
conseguenza, il Re ha il potere di prendere misure imposte dalla difesa dell'integrità
territoriale e ritorno in meno tempo, il normale funzionamento delle istituzioni
costituzionali.
Parlamento non può essere sciolta durante l'esercizio dei poteri eccezionali.
I diritti e le libertà fondamentali in questa Costituzione deve essere garantita.
Si è conclusa lo stato di emergenza nello stesso modo come la sua proclamazione, non
appena le condizioni che hanno giustificato non esistono più.
PARTE IV - IL LEGISLATORE
L'organizzazione del Parlamento
ARTICOLO 60
Il Parlamento ha due camere, la Camera dei Rappresentanti e la Camera dei Consiglieri. I
loro membri tenere il loro mandato dalla Nazione. Il loro diritto di voto è personale e
non può essere delegato.
L'opposizione è una componente essenziale delle due Camere. Partecipa alle funzioni di
legislazione e di controllo, come previsto, soprattutto in questo titolo.
ARTICOLO 61
Ogni membro di ciascuna Camera che dà la sua appartenenza politica per conto del quale ha
corso per l'elezione o di un gruppo o di un gruppo a cui appartiene, viene spogliato del
suo mandato.
La Corte costituzionale, su istanza del Presidente della Camera interessata, ha detto che
il posto vacante e in conformità con il regolamento interno della casa in questione, che
fissa anche i termini e le modalità di ricorso alla Corte costituzionale.
ARTICOLO 62
I membri della Camera dei rappresentanti sono eletti per cinque anni a suffragio
universale diretto. Il mandato scade in occasione dell'apertura della sessione di ottobre
del quinto anno dopo l'elezione della Camera.
Il numero dei rappresentanti, il sistema elettorale, i principi di riorganizzazione, i
requisiti di idoneità, il regime delle incompatibilità, le norme che limitano il numero
di incarichi di amministratore e l'organizzazione delle controversie elettorali, sono
fissati da una legge organica.
Il presidente e gli ufficiali della Camera dei rappresentanti e dei presidenti delle
commissioni permanenti ei loro uffici sono eletti all'inizio del periodo, poi il terzo
anno di esso in occasione della riunione di aprile e il restante periodo di tale termine.
L'elezione dei dirigenti avviene in rappresentanza proporzionale dei gruppi.
ARTICOLO 63
La Camera dei Consulenti comprende almeno 90 membri e un massimo di 120, eletto a
suffragio universale indiretto per sei anni, secondo il seguente:
- Tre quinti dei membri che rappresentano gli enti locali. Questo numero è destinato alle
regioni del Regno in proporzione alle rispettive popolazioni e di equità osservando tra
le regioni. Il terzo riservato per la regione è eletto in ogni regione dal consiglio
regionale tra i suoi membri. I restanti due terzi sono eletti da un collegio elettorale
composto nella regione da parte di membri dei consigli comunali, provinciali e
prefettizie;
- Due quinti dei membri eletti in ciascuna regione da collegi elettorali composti da
rappresentanti eletti delle organizzazioni professionali e le organizzazioni dei datori di
lavoro ', e membri eletti a livello nazionale da un collegio elettorale composto da
rappresentanti dei lavoratori.
Il numero dei membri della Camera dei Consiglieri e il loro sistema elettorale, il numero
di quelli da eleggere per ciascuna delle circoscrizioni, la ripartizione dei seggi per
regione, i requisiti di ammissibilità e il regime delle incompatibilità, le regole che
limitano la cumulativa mandati, e l'organizzazione delle controversie elettorali, sono
fissati da una legge organica.
Il Presidente della Camera dei Consiglieri e dei membri del Bureau e dei presidenti delle
commissioni permanenti ei loro uffici sono eletti all'inizio del periodo, poi dopo la
metà della legislatura e per il restante periodo del termine .
L'elezione dei dirigenti avviene in rappresentanza proporzionale dei gruppi.
ARTICOLO 64
Nessun membro del Parlamento può essere perseguito, arrestato, detenuto o giudicato per
un parere o un voto nell'esercizio delle sue funzioni, tranne se il parere set perché la
forma monarchica di governo, la religione musulmana o costituisce una violazione del
rispetto dovuto al re.
ARTICOLO 65
Il Parlamento è in sessione per due sessioni all'anno. Il re presiede l'apertura della
prima sessione di iniziare il secondo Venerdì del mese di ottobre. La seconda sessione
inizia il secondo Venerdì del mese di aprile.
Quando il Parlamento si riunisce almeno quattro mesi, durante ogni sessione, la sessione
può essere aggiornato con decreto.
ARTICOLO 66
Il Parlamento può essere convocata in sessione straordinaria, sia per decreto o su
richiesta di un terzo dei membri della Camera dei Rappresentanti o la maggioranza della
Camera dei Consiglieri.
Sessioni speciali che il Parlamento tiene sulla base di un ordine del giorno
specifico.Quando si è esaurita, la sessione è terminata per decreto.
ARTICOLO 67
I ministri hanno accesso a ciascuna Camera e dei loro comitati. Essi possono farsi
assistere da commissari nominati da loro.
Oltre alle Commissioni permanenti di cui al paragrafo precedente, può essere creato su
iniziativa del re o la richiesta di un terzo dei membri della Camera dei rappresentanti, o
di un terzo dei membri della Camera dei Consiglieri, all'interno di ogni entrambe le
Camere, le commissioni d'inchiesta costituita per raccogliere le informazioni su questioni
specifiche o la gestione dei servizi, imprese e istituzioni pubbliche, e presentare i loro
risultati alla Camera in questione.
Non può essere creato commissione d'inchiesta in cui i fatti hanno portato ad azioni
legali fino a quando tali procedimenti sono in corso. Se una commissione è già stata
creata, la sua missione scade l'apertura di una inchiesta giudiziaria sui fatti che ha
motivato la sua creazione.
Commissioni di inchiesta sono temporanei. La loro missione si conclude con la
presentazione del loro rapporto per l'Ufficio della Casa in questione e, se del caso,
rinvio alla corte del Presidente di questa Assemblea.
Un incontro pubblico è riservata dalla Camera dei rispettivi per la discussione dei
rapporti delle commissioni d'inchiesta.
Una legge organica determina le modalità di funzionamento di questi comitati.
ARTCOLO 68
Le sedute delle Camere del Parlamento sono pubbliche. Il verbale dei dibattiti è
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Parlamento.
Ciascuna Camera può tenere riunioni private su richiesta del capo del governo o di un
terzo dei suoi membri.
Le riunioni del Comitato del Parlamento sono segreti. Regolamenti interni delle due Camere
del Parlamento di cui il caso e le regole per lo svolgimento di queste Commissioni
pubbliche riunioni.
Il Parlamento tiene riunioni congiunte delle due Camere, in particolare nei seguenti casi:
- L'apertura del Re della sessione parlamentare, il secondo Venerdì del mese di ottobre,
e gli indirizzi dei messaggi Royal al Parlamento;
- L'adozione della revisione della Costituzione, in conformità con la sezione 174;
- Le dichiarazioni del capo del governo;
- La presentazione della legge annuale progetto di bilancio;
- I discorsi dei capi di Stato e di governi stranieri.
Il capo del Governo può anche chiedere al Presidente della Camera dei Rappresentanti e
del Presidente della Camera dei Consiglieri di tenere riunioni congiunte di entrambe le
camere per la presentazione delle informazioni sui casi con un carattere di importanza
nazionale.
Le riunioni congiunte si svolgono sotto la presidenza del Presidente della Camera dei
Rappresentanti. Regole interne di entrambe le Camere determina le modalità e le regole di
tali riunioni;
Oltre alle sessioni congiunte, le Commissioni permanenti del Parlamento può tenere
riunioni congiunte per ascoltare le informazioni relative ai casi con un carattere
significativo nazionale e in conformità con le regole stabilite dalle norme interne di
entrambe le Camere.
ARTICOLO 69
Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento di procedura e di voto. Tuttavia, non può
essere attuato fino a quando non vengono dichiarati dalla Corte costituzionale secondo le
disposizioni della presente Costituzione.
Due rami del Parlamento sono tenuti, nello sviluppo dei loro rispettivi regolamenti,
tenendo conto degli imperativi della loro armonizzazione e la complementarità, per
garantire l'efficienza dei lavori parlamentari.
Il regolamento interno deve contenere:
- Le regole di appartenenza, l'appartenenza e il funzionamento dei gruppi e dei gruppi
parlamentari e dei diritti specifici concessi ai gruppi di opposizione;
- Gli obblighi di effettiva partecipazione dei membri delle commissioni e sessioni
plenarie, comprese le sanzioni per le assenze;
- Il numero, le finalità e l'organizzazione delle commissioni permanenti, riservandosi la
presidenza di uno o due di queste commissioni per l'opposizione, fatte salve le
disposizioni di cui all'articolo 10 della presente Costituzione.
Poteri del Parlamento
ARTICOLO 70
Il Parlamento esercita il potere legislativo.
Passa leggi, monitoraggio e valuta l'azione di governo delle politiche pubbliche.
L'attivazione di legislazione può permettere al governo, per un periodo limitato e per un
obiettivo specifico, che dovrà assumere decreto misure che sono normalmente una questione
di diritto. Gli ordini sono efficaci loro pubblicazione, ma deve essere presentata entro
il termine fissato dalla delegazione legislativa, la ratifica del Parlamento. La legge
delega si estingue sullo scioglimento delle due Camere del Parlamento o di uno di loro.
ARTICOLO 71
Sono una questione di diritto, in aggiunta alle materie espressamente assegnate in altri
articoli della Costituzione:
- I diritti e le libertà fondamentali contenute nel preambolo e altri articoli di questa
Costituzione;
- Stato di famiglia e stato civile;
- I principi e le regole del sistema sanitario;
- Il sistema dei media audiovisivi e la stampa in tutte le sue forme;
- Amnesty International;
- Nazionalità e condizione dello straniero;
- La determinazione dei reati e delle sanzioni ad essi applicabili;
- La magistratura e la creazione di nuove categorie di giurisdizione;
- Procedura civile e procedura penale;
- Il sistema carcerario;
- Lo stato generale del servizio pubblico;
- Le garanzie fondamentali riconosciute ai civili e militari;
- Lo stato dei servizi e delle forze dell'ordine;
- Il sistema di governo locale, i principi della delimitazione dei loro territori;
- Il sistema elettorale degli enti locali, i principi dei confini elettorali;
- Il sistema fiscale e, i tassi di base e le modalità di riscossione delle imposte;
- Lo status giuridico della questione della moneta e lo stato della banca centrale;
- Il sistema delle dogane;
- Il sistema degli obblighi civile e commerciale, diritto societario e delle cooperative;
- I diritti reali immobiliari e programmi pubblici, privati e collettivi;
- Il sistema di trasporto;
- I rapporti di lavoro, la previdenza sociale, infortuni sul lavoro e malattie
professionali;
- Il sistema di banche, compagnie di assicurazione e di mutuo;
- Il sistema delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione;
- Pianificazione urbana e regionale;
- Le norme in materia di gestione ambientale, tutela delle risorse naturali e sviluppo
sostenibile;
- Il sistema di acqua e di silvicoltura e pesca;
- Determinare la direzione e l'organizzazione generale dell'istruzione, della ricerca
scientifica e formazione professionale;
- La creazione di istituzioni pubbliche e le altre persone giuridiche di diritto pubblico;
- La nazionalizzazione delle imprese e il sistema di privatizzazione.
Oltre alle materie di cui al comma precedente, il Parlamento ha il potere di emanare leggi
relative al conseguimento degli obiettivi di base della vita economica, sociale, stato
ambientale e culturale.
ARTICOLO 72
Materie diverse da quelle in materia di diritto sono in campo normativo.
ARTICOLO 73
Testi presi in forma legislativa può essere modificata per decreto, previo parere
conforme della Corte costituzionale, quando si sono verificati in un'area dedicata per
l'esercizio del potere regolamentare.
ARTICOLO 74
Lo stato di assedio può essere dichiarata dal regio decreto controfirmato dal Capo del
Governo, per un periodo di trenta giorni. Questo periodo può essere prorogato solo per
legge.
ARTICOLO 75
Parlamento ha approvato la legge di bilancio, presentata da priorità alla Camera dei
Rappresentanti, come previsto da una legge organica. Ciò determina la natura delle
informazioni, i documenti ei dati necessari ad arricchire i dibattiti parlamentari sul
disegno di legge finanziaria.
Spese in conto capitale necessario per realizzare i piani strategici di sviluppo o
programmi pluriennali, sono passati solo una volta, dopo l'approvazione dello stesso da
parte del Parlamento e sarà rinnovata automaticamente per tutta la durata. Solo il
governo ha il diritto di file bollette di modificare il programma e adottato.
Se alla fine dell'anno fiscale, il disegno di legge finanziaria è passato o meno superato
a causa della sua presentazione alla Corte Costituzionale ai sensi della sezione 132 di
questa Costituzione, il governo apre con decreto i fondi necessari per lo svolgimento dei
servizi pubblici e l'esercizio della loro missione, secondo le proposte di bilancio
presentate per l'approvazione.
In questo caso, i ricavi continuano ad essere applicate in conformità alle leggi e
regolamenti riguardanti l'eccezione, però, le entrate per l'eliminazione proposto nel
disegno di legge finanziaria. Quanto a coloro per i quali il progetto ha detto comporta
una riduzione dei tassi, sarà applicata la tariffa nuova proposta.
ARTICOLO 76
Il Governo presenta annualmente al Parlamento una legge per risolvere la legge finanziaria
per l'anno precedente. Questa legge prevede lo stock dei bilanci di capitale il cui
mandato è scaduto.
ARTICOLO 77
Il parlamento e il governo deve garantire la conservazione dell'equilibrio delle finanze
statali.
Il governo può opporsi le proprie ragioni, l'inammissibilità di qualsiasi proposta o
modifica introdotta dai membri del Parlamento in cui la loro adozione sarebbe risultato in
relazione alla legge finanziaria, una riduzione delle risorse pubbliche e la creazione o
peggioramento cariche pubbliche.
L'esercizio del potere legislativo
ARTICOLO 78
L'iniziativa legislativa appartiene congiuntamente al capo del governo e membri del
Parlamento.
Le fatture sono depositate in primo luogo sul tavolo della Camera dei Rappresentanti.
Tuttavia, le fatture per le quali enti locali, lo sviluppo regionale e degli affari
sociali si depositano principalmente l'ufficio della Camera dei Consiglieri.
ARTICOLO 79
Il governo può dichiarare l'inadeguatezza di qualsiasi proposta o emendamento che non è
una questione di diritto.
In caso di disaccordo, la Corte costituzionale decide, entro otto giorni, su richiesta del
Presidente della due Camere del Parlamento o il capo del governo.
ARTICOLO 80
Progetti e proposte legislative presentate per l'esame alle commissioni il cui lavoro
continua tra le sessioni.
ARTICOLO 81
Il governo può prendere tra le sessioni, con l'accordo delle commissioni competenti delle
due Camere, decreto-legge che deve essere durante la successiva sessione regolare del
Parlamento, soggetta a ratifica di essa.
La bozza di decreto-legge è previsto sulla tabella della Camera dei Rappresentanti.E
'considerato successivamente dalle commissioni competenti delle due Camere per raggiungere
una decisione congiunta entro sei giorni. In caso contrario, la decisione viene presa
dalla commissione competente della Camera dei Rappresentanti.
ARTICOLO 82
L'agenda di ogni camera è determinata dalla sua presidenza. Esso comprende le fatture e
le bollette, la priorità secondo l'ordine che il governo ha impostato.
Un giorno al mese almeno è riservata per l'esame di progetti di legge, compresi quelli
dell'opposizione.
ARTICOLO 83
I membri di ciascuna Camera del Parlamento e il governo hanno il diritto di emendamento.
Dopo l'apertura del dibattito, il governo può opporsi all'esame di qualsiasi emendamento
che non è mai stato presentato alla commissione interessata.
Se la richiesta del governo, la Camera che fare con il testo in discussione, si pronuncia
con un solo voto su tutto o parte di esso, conservando solo gli emendamenti proposti o
accettati dal Governo. La Camera può opporsi a tale procedura a maggioranza dei suoi
membri.
ARTICOLO 84
Qualsiasi progetto di legge o disegno di legge è esaminato successivamente dalle due
Camere del Parlamento per ottenere l'adozione di un testo identico. La Camera dei
Rappresentanti delibera sulle bollette primo e proposte legislative avviate dai membri
della Camera dei Consiglieri deve discutere prima le bollette iniziata dai suoi membri.
Una casa in un testo approvato dalla Camera altri, discute il testo è stato trasmesso.
La Camera dei Rappresentanti in ultima analisi, ha adottato il testo discusso. Il voto
può avvenire a maggioranza assoluta dei membri presenti, nel caso del testo relativo agli
enti locali e settori collegati allo sviluppo regionale e affari sociali.
ARTICOLO 85
I progetti di legge organico e le proposte sono oggetto di una votazione dalla Camera dei
Rappresentanti solo dopo un periodo di dieci giorni dal deposito presso l'ufficio della
Camera e la stessa procedura di cui all'articolo 84. Sono infine adottato a maggioranza
dei presenti che del Consiglio. Tuttavia, quando un progetto o una proposta di legge
organica sulla Camera dei Consiglieri, o alle autorità locali o degli affari sociali, la
votazione ha luogo a maggioranza dei membri della Camera.
Leggi organiche relative alla Camera dei Consiglieri deve essere passato in termini
identici da entrambe le Camere del Parlamento.
Leggi organiche sarà promulgata finché la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla
loro conformità con la Costituzione.
ARTICOLO 86
Leggi organiche in questa Costituzione sono stati presentati per l'approvazione al
Parlamento in un periodo non superiore alla durata della legislatura successiva alla
promulgazione della Costituzione.
TITOLO V - POTERE ESECUTIVO
ARTICOLO 87
Il governo è costituito dal Capo del Governo e dei Ministri, e può includere anche i
segretari di Stato.
Una legge organica definisce, in particolare, le norme che disciplinano l'organizzazione e
lo svolgimento di attività di governo, e lo status dei suoi membri.
Determina anche se in contrasto con la funzione di governo, le norme che limitano
l'accumulo di funzioni, così come quelle che disciplinano la spedizione, da parte del
governo uscente, da parte del governo uscente, gli affari istituzionali
ARTICOLO 88
Dopo la nomina di membri del governo dal re, il capo del governo e mostre prima di due
rami del Parlamento, il programma da realizzare. Questo programma deve chiare linee guida
per l'azione che il Governo intende condurre nei vari settori dell'attività nazionale,
anche in settori rilevanti per la politica economica, sociale, ambientale, culturale e
degli affari esteri.
Questo programma è oggetto di dibattito in entrambe le Camere. E 'seguita da un voto
della Camera dei Rappresentanti.
Il Governo è investito dopo guadagnando la fiducia della Camera dei Rappresentanti, ha
espresso con il voto della maggioranza assoluta dei componenti di quella casa, a favore
del programma di Governo
I ministri sono responsabili, ciascuno nella zona sotto la sua carica e come parte del
governo di solidarietà, l'attuazione della politica del governo.
Ministri svolgere le missioni assegnate loro dal capo del governo. Essi riferiscono al
Consiglio di Governo.
Essi possono delegare alcune delle proprie responsabilità ai segretari di Stato.
ARTICOLO 94
I membri del governo sono penalmente responsabili dinanzi ai giudici delle Nazioni Unite
per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni.
La legge determina le modalità di questa responsabilità.
TITOLO VI - RAPPORTI TRA I POTERI
Il rapporto tra il Re e il legislativo
ARTICOLO 95
Il Re può applicare a entrambe le Camere del Parlamento ha reso una nuova lettura di
qualsiasi legge o proposta di legge.
La richiesta di una nuova lettura è fatta a mezzo posta. Questa nuova interpretazione non
può essere rifiutata.
ARTICOLO 96
Il Re, previa consultazione con il presidente della Corte Costituzionale e ha informato il
Capo del Governo, il Presidente della Camera dei Rappresentanti e del Presidente della
Camera dei Consiglieri, dal decreto di scioglimento delle due Camere o una di esse
soltanto.
Lo scioglimento avviene dopo il messaggio dal re alla nazione.
ARTICOLO 97
L'elezione del nuovo Parlamento o la Casa nuova arriva due mesi, al più tardi, dopo lo
scioglimento.
ARTICOLO 98
Quando una casa è sciolto, il suo successore potrebbe essere solo un anno dopo la sua
elezione, a meno che non maggioranza di governo non può essere raggiunto entro la Camera
dei rappresentanti appena eletto.
ARTICOLO 99
La dichiarazione di guerra, ha deciso in Consiglio dei Ministri, a norma dell'articolo 49
della presente Costituzione, avviene dopo la notifica da parte del re in Parlamento.
I rapporti tra legislativo ed esecutivo
ARTICOLO 100
Una sessione a settimana è riservata a ciascuna Camera di priorità alle domande dei
membri di questi ultimi e le risposte dei governi.
Il governo deve rispondere entro venti giorni dalla data in cui è stato sequestro della
questione.
Le risposte alle domande di politica è dato dal capo del governo. Una seduta al mese è
riservata a coloro domande e le risposte possono essere presentate alla Camera interessato
entro trenta giorni dalla data di trasmissione al capo del governo.
ARTICOLO 101
Il capo del Governo presenta al Parlamento una relazione sull'andamento dei lavori per
l'azione di governo, di propria iniziativa o su richiesta di un terzo dei membri della
Camera dei Rappresentanti o la maggioranza della Camera dei Consiglieri.
Una riunione annuale è riservato dal Parlamento per la discussione e valutazione delle
politiche pubbliche.
ARTICOLO 102
Le commissioni competenti in entrambe le Camere possono chiedere un funzionari udito e
istituzioni governative e imprese, in presenza e sotto la responsabilità dei ministri
responsabili per loro.
ARTICOLO 103
Il capo del Governo può impegnare la responsabilità del governo alla Camera dei
Rappresentanti, una dichiarazione di politica o di una votazione sul testo.
La fiducia non può essere rifiutata o ha respinto il testo a maggioranza assoluta dei
membri della Camera dei Rappresentanti.
La votazione si svolgerà tre giorni chiaro dopo la questione della fiducia è stata
sollevata.
Il rifiuto della fiducia comporta le dimissioni del governo.
ARTICOLO 104
Il capo del governo può sciogliere la Camera dei rappresentanti, con decreto del
Consiglio dei ministri, sentito il Re, il presidente della Camera e il Presidente della
Corte Costituzionale.
L'attuale capo del governo alla Camera dei Rappresentanti dichiarazioni comprese le
ragioni e gli scopi della presente decisione.
ARTICOLO 105
La Camera dei Rappresentanti può mettere in discussione la responsabilità del governo
attraverso il voto di una mozione di censura. Questo è ammissibile solo se è
sottoscritta da almeno un quinto dei membri della Camera uno.
La mozione di censura è approvata dalla Camera dei rappresentanti con il voto della
maggioranza assoluta dei suoi membri.
Il voto può avvenire solo tre giorni dopo il deposito della mozione. Il voto di censura
comporta le dimissioni del governo.
Quando il governo è censurato dalla Camera dei Rappresentanti, nessuna mozione di
sfiducia della Camera è ammissibile per un periodo di un anno.
ARTICOLO 106
La Camera dei Consiglieri può interrogare il governo per mezzo di una mozione firmata da
almeno un quinto dei suoi componenti. Non può essere passato, tre giorni dopo la sua
presentazione, a maggioranza assoluta dei componenti di questa Assemblea.
Il testo della mozione interpellanza è immediatamente rivolto dal Presidente della Camera
dei Consulenti del capo del governo, che ha un periodo di sei giorni a comparire dinanzi
alla Camera la risposta del governo. Questa è seguita da un dibattito senza votazione.
TITOLO VII - LA MAGISTRATURA
L'indipendenza della magistratura
ARTICOLO 107
La magistratura è indipendente dal potere legislativo e potere esecutivo.
Il re è il garante dell'indipendenza della magistratura.
ARTICOLO 108
I giudici sono nominati a vita.
ARTICOLO 109
Ogni intervento è vietata nei casi portati davanti alla giustizia. Nella sua funzione
giurisdizionale, il giudice non può ordinare o ricevere istruzioni o essere sottoposti ad
alcuna pressione.
Ogni volta che ritiene che la sua indipendenza è minacciata, il giudice deve entrare nel
Consiglio superiore della magistratura.
Il mancato dal giudice nel suo dovere di indipendenza e imparzialità, è una colpa grave
professionale, fatte salve le eventuali conseguenze legali.
La legge punisce chiunque cerchi di influenzare il giudice illegalmente.
ARTICOLO 110
I giudici sono tenuti a fare solo l'applicazione della legge. Le decisioni della Corte
sono fatte esclusivamente sulla base della applicazione imparziale della legge.
I pubblici ministeri sono tenuti all'applicazione della legge e deve essere conforme alle
istruzioni scritte da parte dell'autorità gerarchica.
ARTICOLO 111
I giudici hanno la libertà di espressione, compatibile con il loro dovere di riservatezza
e di etica giudiziaria.
Essi possono appartenere a associazioni o per creare associazioni professionali, in
conformità con i doveri di imparzialità e di indipendenza previsti dalla legge.
Essi non possono unirsi a partiti politici o sindacati.
ARTICOLO 112
Lo stato dei giudici è fissato da una legge organica.
Il Consiglio supremo della magistratura
ARTICOLO 113
Il Consiglio supremo della magistratura applica le garanzie accordate ai giudici, con
particolare riguardo alla loro indipendenza, la loro nomina, promozione, il pensionamento
e la loro disciplina.
Su sua iniziativa, prepara relazioni sullo stato della giustizia e del sistema
giudiziario, e formula raccomandazioni appropriate al riguardo.
Su richiesta del re, del governo o del Parlamento, i pareri del Consiglio su questioni di
questioni relative alla giustizia, fatto salvo il principio della separazione dei poteri.
ARTICOLO 114
Singole decisioni del Consiglio supremo della magistratura è oggetto di ricorso per abuso
di potere, prima il più alto tribunale amministrativo del Regno.
ARTICOLO 115
Il Consiglio supremo della magistratura è presieduto dal re. Si compone di:
- Il Primo Presidente della Corte Suprema di Presidente designato;
- Re del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione;
- Il presidente della Prima Sezione della Corte di Cassazione;
- 4 eletti, tra i quali, da parte dei giudici magistrati di appello;
- 6 eletti, tra i quali, dai magistrati dei tribunali di primo grado;
La rappresentanza dei giudici donne deve essere assicurato tra i dieci membri eletti, in
proporzione alla loro presenza nel corpo della magistratura.
- Il mediatore;
- Presidente del Consiglio Nazionale dei Diritti Umani;
- 5 persone nominate dal re, noti per la loro competenza, imparzialità e integrità,
oltre che per il loro contributo distinti a favore della indipendenza della magistratura e
dello Stato di diritto, un membro viene nominato dal Segretario generale del Consiglio
superiore degli ulema.
ARTICOLO 116
Il Consiglio supremo della magistratura è di almeno due sessioni all'anno.
Ha l'autonomia amministrativa e finanziaria.
In ambito disciplinare, il Consiglio supremo della magistratura è frequentato da giudici,
ispettori esperti.
L'elezione, l'organizzazione e il funzionamento del Consiglio superiore della magistratura
ed i criteri per la gestione delle carriere dei giudici e le regole del procedimento
disciplinare è fissata da una legge organica.
Nei casi che riguardano magistrati, il Consiglio supremo della magistratura considera la
valutazione relazioni preparate dall'autorità gerarchica a cui riferire.
I diritti dei contendenti,
regole della giustizia
ARTICOLO 117
Il giudice è responsabile della tutela dei diritti e delle libertà e la sicurezza
giuridica degli individui e dei gruppi, così come l'applicazione della legge.
ARTICOLO 118
L'accesso alla giustizia è garantito ad ogni persona per difendere i loro diritti ed
interessi tutelati dalla legge.
Tutti gli atti giuridici, normativi o individuale, prese in materia amministrativa, può
essere oggetto di ricorso dinanzi al giudice amministrativo competente.
ARTICOLO 119
Ogni persona accusata è presunto innocente fino a condanna da un tribunale passata in
giudicato.
ARTICOLO 120
Ogni individuo ha diritto ad un processo equo e una decisione in tempi ragionevoli.
I diritti della difesa garantito in tutti i tribunali.
ARTICOLO 121
Nei casi in cui previsto dalla legge, la giustizia è gratuito per coloro che non hanno le
risorse per citare in giudizio.
ARTICOLO 122
Danni causati da errori giudiziari sono indennizzabili a spese dello Stato.
ARTICOLO 123
Le udienze sono pubbliche, salvo che la legge disponga altrimenti.
ARTICOLO 124
Le sentenze sono resi ed eseguite in nome del re e secondo la legge.
ARTICOLO 125
Tutte le sentenze devono essere motivate e pronunciate in pubblica udienza, come previsto
dalla legge.
ARTICOLO 126
Sentenze definitive sono vincolanti per tutti.
Le autorità pubbliche dovrebbero fornire la necessaria assistenza quando viene richiesto
durante il processo. Essi sono inoltre tenuti a fornire assistenza alla esecuzione delle
decisioni.
ARTICOLO 127
Organi giurisdizionali ordinari o speciali sono stati creati dalla legge.
Non può essere creato in tribunale speciale.
ARTICOLO 128
La polizia che agisce sotto l'autorità dei pubblici ministeri e giudici per tutte le
questioni relative alle indagini e verifiche necessarie per l'accertamento dei reati, i
trasgressori l'arresto e l'istituzione della verità.
TITOLO VIII - DELLA CORTE COSTITUZIONALE
ARTICOLO 129
Ci sarà una Corte costituzionale.
ARTICOLO 130
La Corte costituzionale è composta da dodici membri nominati per un periodo di nove anni.
Sei membri sono nominati dal re, tra cui un membro nominato dal Segretario Generale del
Consiglio Superiore degli Ulema, e sei membri sono eletti, per metà dalla Camera dei
Rappresentanti, la metà della Camera dei Consiglieri tra i candidati nominati
dall'Ufficio di ogni casa, dopo un voto segreto e la maggioranza dei due terzi dei
componenti di ciascuna Camera.
Se entrambe le Camere del Parlamento o di uno di essi non si eleggono i membri del di cui
sopra entro il periodo necessario per il rinnovo, la Corte esercita le sue funzioni e
prende decisioni sulla base di una membri del quorum ignorando non ancora eletto.
Ogni classe di appartenenza può essere rinnovato per un terzo ogni tre anni.
Il presidente della Corte costituzionale è nominato dal re fra i membri che compongono la
Corte.
I membri della Corte costituzionale sono scelti tra persone con alta formazione in campo
giuridico e in una sentenza giudiziaria, dottrinale o amministrativa, che hanno esercitato
la loro professione da oltre quindici anni, e noti per la loro imparzialità ed integrità
.
ARTICOLO 131
Una legge organica determina le regole di organizzazione e funzionamento della Corte
costituzionale, e la procedura da seguire prima e la situazione dei suoi membri.
Determina inoltre le funzioni incompatibili, comprese quelle relative ai professionisti,
stabilisce le condizioni dei primi due tre anni rinnovi e le procedure per la sostituzione
di membri inattivi, si è dimesso o è morto mentre era in carica.
ARTICOLO 132
La Corte costituzionale esercita i poteri ad essa attribuiti dagli articoli della
Costituzione e le disposizioni di leggi organiche. Essa inoltre decidere sul corretto
svolgimento delle elezioni dei membri del Parlamento e del referendum.
Leggi organiche, prima della loro promulgazione e dei regolamenti della Camera dei
Rappresentanti e la Camera dei Consiglieri, prima della realizzazione, deve essere
presentata alla Corte Costituzionale di pronunciarsi sulla loro conformità con la
Costituzione.
Allo stesso fine, le leggi e gli impegni internazionali può essere deferita alla Corte
costituzionale prima della loro promulgazione o ratifica da parte del Re, il capo del
governo, il presidente della Camera dei Rappresentanti, il presidente della Camera dei
Consiglieri, o il quinto membro della Camera dei Rappresentanti o quaranta membri della
Camera dei Consiglieri.
Nei casi previsti dai commi secondo e terzo del presente articolo, la Corte Costituzionale
si pronuncia entro un mese dalla notifica. Tuttavia, su richiesta del governo, se c'è
urgenza, tale termine è ridotto a otto giorni.
In questi casi, rinvio alla Corte costituzionale sospende il termine per la promulgazione.
Si decide sulla legittimità della elezione dei membri del Parlamento entro un anno dalla
data di scadenza del termine legale di ricorso. Tuttavia, la Corte può, al di là di
questo periodo per giusta causa, se il numero dei ricorsi o natura richiede.
ARTICOLO 133
La Corte costituzionale è competente a intrattenere un 'eccezione di incostituzionalità
sollevata nel corso di un processo, quando supportate da una delle parti che la legge su
cui l'esito del caso, viola i diritti e le libertà garantiti dalla Costituzione.
Una legge organica determina le condizioni e le modalità di applicazione del presente
articolo.
ARTICOLO 134
Una disposizione dichiarata incostituzionale sulla base dell'articolo 132 della presente
Costituzione è promulgata o attuate. Una disposizione dichiarata incostituzionale sulla
base dell'articolo 133 si estingue alla data fissata dalla Corte nella sua decisione.
Le decisioni della Corte costituzionale non sono soggette ad appello. Essi sono vincolanti
per le autorità pubbliche e tutte le autorità amministrative e giudiziarie.
TITOLO IX - REGIONI E ENTI LOCALI
ARTICOLO 135
Le autorità locali del Regno sono le regioni, prefetture, province e comuni.
Essi sono persone giuridiche di diritto pubblico e di gestire i propri affari in modo
democratico.
I Consigli delle regioni e dei comuni sono eletti a suffragio universale diretto.
Qualsiasi altra autorità locale è creato per legge, se del caso, in sostituzione di uno
o più località di cui al primo comma.
ARTICOLO 136
L'organizzazione territoriale del Regno si basa sui principi di autonomia, la cooperazione
e la solidarietà. Assicura la partecipazione delle popolazioni colpite a gestire il loro
business e il loro contributo per la promozione integrata e lo sviluppo umano sostenibile.
ARTICOLO 137
Regioni e altri enti locali coinvolti nell'attuazione della politica generale della
politica statale e regionale attraverso i loro rappresentanti alla Camera dei Consiglieri.
ARTICOLO 138
I presidenti dei consigli regionali e i presidenti di altre collettività territoriali
eseguono le deliberazioni e decisioni di questi consigli.
ARTICOLO 139
Meccanismi partecipativi di dialogo e concertazione sono fissati dai Consigli delle
regioni e degli altri Consigli territoriali per favorire la partecipazione dei cittadini e
delle associazioni nello sviluppo e monitoraggio dei programmi di sviluppo.
I cittadini e le associazioni possono esercitare il diritto di petizione per richiedere
l'iscrizione all'ordine del giorno del Consiglio, una questione di interesse.
ARTICOLO 140
Sulla base del principio di sussidiarietà, gli enti locali hanno competenze specifiche,
competenze, condivise con lo Stato e coloro che sono trasferibili da lui.
Regioni e altri enti territoriali hanno nei loro rispettivi campi e nella loro
giurisdizione, l'autorità di regolamentazione per l'esercizio delle loro funzioni.
ARTICOLO 141
Regioni e altre autorità locali hanno le proprie risorse finanziarie e le risorse
finanziarie assegnate dallo Stato.
Qualsiasi trasferimento di poteri dallo Stato alle amministrazioni locali devono essere
accompagnati da un corrispondente trasferimento di risorse.
ARTICOLO 142
È stato creato per un determinato periodo, alle regioni, un fondo di promozione sociale
per l'inversione di deficit nello sviluppo umano, infrastrutture e attrezzature.
Ci sono, inoltre, un interregionale fondo di solidarietà per un'equa distribuzione delle
risorse per ridurre le disparità tra le regioni.
ARTICOLO 143,
Nessuna autorità locale non può esercitare autorità su un altro.
Nello sviluppo e monitoraggio dei programmi di sviluppo regionale e dei modelli regionali
di pianificazione territoriale, la regione offre, sotto la guida del presidente
dell'Associazione, un ruolo preminente rispetto ad altre comunità, nel rispetto delle
competenze proprio loro.
Quando l'assistenza di numerose autorità locali è necessario per un progetto, le
comunità colpite concordare le modalità della loro cooperazione.
ARTICOLO 144
Le autorità locali possono formare gruppi per la condivisione delle risorse e programmi.
ARTICOLO 145
Negli enti locali, i walis di regioni e i governatori di province e prefetture
rappresentano il governo centrale.
A nome del governo, essi assicurano l'applicazione delle leggi, mettono in opera i
regolamenti e le decisioni del governo ed esercitano il controllo amministrativo.
I Walis e governatori hanno assistono i presidenti delle autorità locali tra cui i
presidenti dei consigli regionali per l'attuazione di piani e programmi di sviluppo.
Sotto l'autorità dei ministri interessati, coordinano le attività dei servizi decentrati
del governo centrale e garantire il corretto funzionamento.
ARTICOLO 146
Una legge organica dello Stato:
- Le condizioni per una gestione democratica della loro affari da parte delle regioni e di
altre autorità territoriali, il numero dei consiglieri, le regole di ammissibilità,
incompatibilità e dove proibito il cumulo dei mandati, e il sistema elettorale e
disposizioni volte ad assicurare una maggiore partecipazione delle donne in questi
consigli;
- Le condizioni per l'attuazione delle deliberazioni e decisioni dei consigli regionali e
altre autorità locali, ai sensi del punto 138;
- Le condizioni per l'esercizio del diritto di petizione ai sensi dell'articolo 139
sezione;
- Le competenze, le abilità, condiviso con lo Stato e quelli che loro sono trasferibili
alle regioni e altri enti locali, ai sensi dell'articolo 140;
- Il sistema finanziario delle regioni e degli altri enti locali;
- L'origine delle risorse finanziarie delle regioni e degli altri enti territoriali, a
norma dell'articolo 141;
- Le risorse e le procedure dei fondi per migliorare la solidarietà sociale e
inter-regionale di cui al punto 142;
- I termini e le condizioni di formazione dei gruppi di cui all'articolo 144;
- Le disposizioni di promuovere lo sviluppo delle intercomunale ed i meccanismi per
garantire l'adattamento della organizzazione territoriale a tale scopo;
- Regole di governance per il corretto funzionamento del self-government, il controllo
della gestione dei fondi e dei programmi, la valutazione delle azioni e responsabilità.
TITOLO X - LA CORTE DEI CONTI
ARTICOLO 147
La Corte dei conti è l'istituzioni superiori di controllo del Regno. La sua indipendenza
è garantita dalla Costituzione.
La Corte dei conti è responsabile per la tutela dei principi e dei valori del buon
governo, trasparenza e responsabilità dello Stato e degli enti pubblici.
La Corte dei conti il compito di monitorare le prestazioni delle leggi finanziarie di alto
livello. Assicura la regolarità delle spese e delle entrate agenzie sotto il suo
controllo in base alla legge e valuta la gestione. E le sanzioni, se del caso, le
violazioni delle norme che regolano tali operazioni.
La Corte dei Conti controlla e monitora le dichiarazioni di beni, revisioni dei conti dei
partiti politici e verifica la regolarità delle spese delle elezioni.
ARTICOLO 148
La Corte dei conti assiste il Parlamento in materia di controllo della finanza
pubblica.Lei risponde alle domande e consultazioni legate alle funzioni di legislazione,
controllo e valutazione, effettuata da parte del Parlamento e della finanza pubblica.
La Corte dei conti assiste il giudice.
La Corte dei conti assiste il governo in settori di sua competenza ai sensi di legge.
Si pubblica tutti i suoi lavori tra cui relazioni speciali e delle decisioni giudiziarie.
Esso presenta una relazione annuale al Re di tutte le sue attività, trasmette anche al
Capo del Governo e dei Presidenti delle due Camere del Parlamento. Questo rapporto è
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Regno.
Una dichiarazione di attività della Corte è presentato dal suo Presidente prima al
Parlamento. E 'seguita da una discussione.
ARTICOLO 149
La Corte dei Conti Regionale è responsabile per l'audit e la gestione delle regioni e
degli altri enti territoriali e loro raggruppamenti.
Essi eventuale sanzione, violazioni delle norme che regolano le operazioni finanziarie
pubbliche.
ARTICOLO 150
La composizione, organizzazione, funzioni e procedure di lavoro della Corte dei conti e
dei tribunali regionali dei conti sono stabilite dalla legge.
TITOLO XI - DEL CONSIGLIO ECONOMICO, SOCIALE E AMBIENTALE
ARTICOLO 151
È istituito un Comitato economico, sociale e ambientale.
ARTICOLO 152
E' istiruito Economico, sociale e ambientale può essere consultato dal governo, la Camera
dei Rappresentanti e la Camera dei Consiglieri su tutte le questioni della vita economica,
sociale o ambientale.
Dà il suo parere sugli orientamenti generali dell'economia nazionale e dello sviluppo
sostenibile.
ARTICOLO 153
La composizione, l'organizzazione, le funzioni e le procedure operative del Consiglio
economico, sociale e ambientale sono determinate da una legge organica.
TITOLO XII - BUON GOVERNO
Principi generali
ARTICOLO 154
I servizi pubblici sono organizzati sulla base della parità di accesso dei cittadini, la
copertura equa del territorio nazionale e la continuità dei servizi.
Sono soggetti a standard di qualità, trasparenza, responsabilità e responsabilità, e
deve essere governato da principi e valori democratici sanciti dalla Costituzione.
ARTICOLO 155
Gli agenti svolgono le loro funzioni secondo i principi dello Stato di diritto,
neutralità, trasparenza, correttezza, e di interesse generale.
ARTICOLO 156
I servizi pubblici siano adattate ai loro utenti e tenere traccia delle loro osservazioni,
suggerimenti e reclami.
Essi rappresentano per la gestione dei fondi pubblici in conformità della legislazione in
vigore e soggetti a questo proposito, gli obblighi di monitoraggio e valutazione.
ARTICOLO 157
Una carta dei servizi pubblici stabilisce tutte le regole di buon governo per l'operazione
del governo, regioni e altri enti locali ed enti pubblici.
ARTICOLO 158
Qualsiasi persona eletta o nominata, pubblici uffici deve stabilire, con le modalità
previste dalla legge, una dichiarazione scritta di beni e le attività da essa detenute,
direttamente o indirettamente, al suo insediamento, durante l'attività e cessazione della
stessa.
ARTICOLO 159
Gli organismi incaricati di buon governo sono indipendenti. Hanno il sostegno di organi
statali. La legge può, se necessario, creare istanze aggiuntive di regolamentazione e
buona governance.
ARTICOLO 160
Tutte le istituzioni e gli organismi di cui agli articoli da 161 a 170 di questa
Costituzione deve presentare una relazione sulla propria attività almeno una volta
all'anno. Questi rapporti sono presentati al Parlamento e sono oggetto di dibattito.
Istituzioni e gli organismi a tutela dei diritti e delle libertà, del buon governo,
sviluppo umano e sostenibile e la democrazia partecipativa
Le istanze di tutela e promozione dei diritti umani
ARTICOLO 161
Il Consiglio nazionale per i diritti umani è un'istituzione indipendente e pluralista
nazionale, costituito per affrontare tutte le questioni relative alla difesa e alla tutela
dei diritti umani e delle libertà, la garanzia di piena e la promozione e la
conservazione della dignità, i diritti e le libertà individuali e collettive dei
cittadini, e questo nel rispetto di riferimento nazionale e universale nel campo.
ARTICOLO 162
Il mediatore è una missione indipendente nazionale e specializzate, come parte della la
relazioni tra amministrazione e utenti, per difendere i diritti, per rafforzare lo Stato
di diritto e di diffondere i principi della giustizia e della correttezza, e dei valori
morali e trasparenza nella gestione del governo, istituzioni pubbliche, enti locali e le
agenzie investiti di potere pubblico.
ARTICOLO 163
Il Consiglio della comunità marocchina all'estero, è il principale responsabile per il
rilascio di pareri sulla direzione delle politiche pubbliche per assicurare i marocchini
che vivono all'estero di mantenere stretti legami con la propria identità marocchina,
misure volte per garantire i loro diritti e salvaguardare i loro interessi, e contribuire
allo sviluppo umano sostenibile dei loro paesi di origine e il suo progresso.
ARTICOLO 164
L'autorità responsabile per le pari opportunità e la lotta contro ogni forma di
discriminazione, istituito ai sensi dell'articolo 19 di questa Costituzione, provvedono in
particolare il rispetto dei diritti e delle libertà previste in quella sezione, fatte
salve le responsabilità del Consiglio nazionale per i diritti umani.
Le istanze di buon governo e di regolazione
ARTICOLO 165
L'Alta Autorità della Comunicazione Audiovisiva è un'istituzione responsabile per
assicurare il rispetto per l'espressione pluralistica di opinione e di pensiero e il
diritto d'informazione nel settore degli audiovisivi e questo, secondo il valori di
civiltà e le leggi fondamentali del Regno.
ARTICOLO 166
Il Consiglio della concorrenza è un'autorità amministrativa indipendente, come parte
della organizzazione di una concorrenza libera e leale, per garantire trasparenza e
correttezza nelle relazioni economiche, in particolare attraverso l'analisi ed il
controllo della concorrenza di mercato, controllo delle pratiche anticoncorrenziali,
pratiche commerciali sleali e le operazioni di concentrazione economica e del monopolio.
ARTICOLO 167
L'integrità nazionale e la lotta contro la corruzione, istituita ai sensi della sezione
36, tra cui la missione di coordinare, controllare e monitorare l'attuazione delle
politiche per prevenire e combattere contro corruzione, per raccogliere e diffondere
informazioni in questo settore, di contribuire alla moralizzazione della vita pubblica e
rafforzare i principi di buon governo, cultura del servizio pubblico e dei valori della
cittadinanza responsabile.
Organi di promuovere lo sviluppo umano sostenibile e la democrazia partecipativa
ARTICOLO 168
Ci sarà un Consiglio supremo di istruzione, formazione e ricerca scientifica.
Questo Consiglio è un organo consultivo competente per il rilascio il proprio parere su
tutte le politiche pubbliche e sulle questioni di interesse nazionale per la ricerca, la
formazione e scientifica, così come gli obiettivi e il funzionamento delle agenzie
responsabili di queste aree. Essa contribuisce inoltre alla valutazione delle politiche
pubbliche e programmi condotti in questi settori.
ARTICOLO 169
Il Consiglio consultivo della famiglia e bambini, istituito ai sensi della sezione 32
della presente Costituzione, ha la missione di monitorare la situazione della famiglia e
dei bambini, per dare il suo parere sui piani nazionali per queste zone, a condurre il
dibattito pubblico sulle politiche familiari e per monitorare l'attuazione dei programmi
nazionali avviati da vari dipartimenti, strutture e agenzie.
ARTICOLO 170
Il Consiglio della Gioventù e l'azione comunitaria istituito ai sensi dell'articolo 33
della presente Costituzione, è un organo consultivo in materia di tutela dei minori e la
promozione della vita comunitaria. E 'responsabile per lo studio e monitoraggio di tali
aree e temi di avanzare proposte su qualsiasi argomento di uno sviluppo economico, sociale
e culturale di diretto interesse per i giovani e l'azione della comunità, e lo sviluppo
delle energie creative dei giovani , e incoraggiare la partecipazione alla vita nazionale,
in uno spirito di cittadinanza responsabile.
ARTICOLO 171
Le leggi determineranno la composizione, l'organizzazione, i poteri e le regole di
funzionamento delle istituzioni e degli enti di cui alle sezioni 160-170 di questa
Costituzione e, se del caso, le situazioni di incompatibilità.
TITOLO XIII - REVISIONE DELLA COSTITUZIONE
ARTICOLO 172
L'iniziativa di modifica della Costituzione appartiene al Re, il capo del governo alla
Camera dei Rappresentanti e la Camera dei Consiglieri.
Il Re può fare riferimento direttamente al referendum il progetto di revisione che prende
l'iniziativa.
ARTICOLO 173
La proposta di revisione presentata da uno o più membri delle due Camere del Parlamento
sono adottate a maggioranza dei due terzi dei suoi membri.
Questa proposta è soggetta alla Casa altri che adotta la stessa maggioranza dei due terzi
dei suoi membri.
La proposta di modifica formulate dal Capo del Governo è soggetta alle Gabinetto previa
delibera del Consiglio di Governo.
ARTICOLO 174
Progetti e proposte di revisione della Costituzione sono oggetto di un referendum per
decreto.
La revisione della Costituzione sarà definitiva dopo l'approvazione con un referendum.
Il Re, previa consultazione con il presidente della Corte Costituzionale, presentata per
decreto in Parlamento un progetto di revisione di talune disposizioni della Costituzione.
Il Parlamento, convocato dal re in entrambe le camere insieme, che approva la maggioranza
dei due terzi dei membri.
Il Regolamento della Camera dei Rappresentanti stabilisce le modalità di applicazione
della presente disposizione.
La Corte costituzionale controlla il processo a causa della revisione e proclamare i
risultati.
ARTICOLO 175
Nessuna recensione non può contenere disposizioni relative al Islam, la forma monarchica
di governo, la scelta democratica della nazione o l'acquis in materia di libertà e
diritti fondamentali sanciti nella Costituzione.
TITOLO XIV - DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
ARTICOLO 176
Fino alla elezione delle Camere del Parlamento ai sensi della presente Costituzione, le
Camere attualmente in servizio continuano ad assumere le loro responsabilità, anche
passando le leggi necessarie per l'attuazione delle nuove Camere del Parlamento, fatte
salve le ai sensi della sezione 51 della presente Costituzione.
ARTICOLO 177
Il Consiglio costituzionale in conformità continuare ad esercitare le sue funzioni fino a
quando l'installazione della Corte costituzionale le cui abilità e criteri per la nomina
dei membri sono stati determinati dalla presente Costituzione.
ARTICOLO 178
Il Consiglio superiore della magistratura, attualmente in servizio continuano ad
esercitare i suoi poteri fino a quando l'installazione del Consiglio superiore della
magistratura in base alla Costituzione.
ARTICOLO 179
I testi in vigore relative alle istituzioni e agli organi di cui al titolo XII, così come
il Consiglio economico e sociale e il Board of Education, restano in vigore finché non
verrà sostituito in conformità con le disposizioni della presente Costituzione.
ARTICOLO 180
Fatte salve le disposizioni transitorie in questo titolo, è abrogato il testo della
Costituzione revisionata, promulgata dal Dahir n ° 1-96-157 del 23 Jumada I 1417 (7
ottobre 1996). |
* Fonte: http://www.ajyalitalia.it/forum/discussioni-generali-vf45/traduzione-italiano-della-nuova-costituzione-del-regno-del-marocco-vt4639.htm |
Ripreso dalla CEI - Conferenza Episcopale
Italiana
http://www.chiesacattolica.it/ |
Angelo Bagnasco
|
Nuova
"prolusione" del Card. Angelo Bagnasco
al Consiglio della Conferenza dei Vescovi
Ancona 24-27 gennaio 2011 (stralcio da:
" ...
deterioramento del costume e del linguaggio pubblico, nonché
la reciproca, sistematica denigrazione, poiché così è il senso civico a
corrompersi, complicando ogni ipotesi di rinascimento anche politico".
"racconti che, se confermati rilevano stili di vita incompatibili con la dignità
delle persone e il decoro delle istituzioni ..." |
Perdono di Ambrogio a Teodosio, 309.
Duomo di Milano - Tela di A. van Dick |
Dalla CEI - Conferenza Episcopale Italiana
CONSIGLIO PERMANENTE,
Ancona, 26 - 29 settembre 2011
PROLUSIONE DEL CARDINALE PRESIDENTE
(Stralcio dei
paragrafi 8, 9, 10)
|
Venerati
e cari Confratelli,
......................................................................
......................................................................
8. Conosciamo le preoccupazioni che pulsano nel
corpo vivo del Paese, e non ci sfugge certo quel che, a più riprese, si è tentato di
fare e ancora si sta facendo per fronteggiarle.
L'impressione tuttavia è che, stando a quel che s'è visto, non sia
purtroppo ancora sufficiente. Colpisce la riluttanza a riconoscere l'esatta serietà della
situazione al di là di strumentalizzazioni e partigianerie; amareggia il metodo
scombinato con cui a tratti si procede, dando l'impressione che il regolamento dei
conti personali sia prevalente rispetto ai compiti istituzionali e al portamento richiesto
dalla scena pubblica, specialmente in tempi di austerità.
Rattrista il deterioramento del costume e del linguaggio
pubblico, nonché la reciproca, sistematica denigrazione, poiché così è il senso civico
a corrompersi, complicando ogni ipotesi di rinascimento anche politico.
Mortifica soprattutto dover prendere atto di comportamenti non solo contrari
al pubblico decoro ma intrinsecamente tristi e vacui.
Non è la prima volta che ci occorre di annotarlo: chiunque sceglie la
militanza politica, deve essere consapevole "della misura e della sobrietà, della
disciplina e dell'onore che comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda"
(Prolusione al Consiglio Permanente del 21-24 settembre 2009 e del 24-27 gennaio 2011). Si rincorrono, con mesta sollecitudine,
racconti che, se comprovati, a livelli diversi rilevano stili di vita difficilmente
compatibili con la dignità delle persone e il decoro delle istituzioni e della vita
pubblica.
Da più parti, nelle ultime settimane,
si sono elevate voci che invocavano nostri pronunciamenti. Forse che
davvero è mancata in questi anni la voce responsabile del Magistero ecclesiale che
chiedeva e chiede orizzonti di vita buona, libera dal pansessualismo e dal relativismo
amorale?
Annotava giorni fa il professor Franco Casavola, Presidente emerito
della Corte Costituzionale: "L'unica voce che denuncia i guasti della società della
politica è quella della Chiesa cattolica" (Corriere della sera, 20 settembre 2011).
Lo citiamo non per vantare titoli, ma per invitare tutti a non cercare alibi. Ci commuove
sentire la fiducia e la gratitudine che vengono espresse quando, come Vescovi, ci rechiamo
nei molteplici ambienti di lavoro delle nostre città, campagne, porti. Ci commuovono
soprattutto le parole della gente più semplice, dei lavoratori più umili: noi vi siamo
grati per la vostra gratitudine che ci riconosce Pastori e amici, riferimenti affidabili
là dove, per voi e le vostre famiglie, guadagnate un pane spesso difficile e a volte
incerto.
I vostri sentimenti ci invitano all'umiltà, responsabili
come siamo del patrimonio di fiducia che ci confidate. Ci incoraggiano a esservi sempre
più vicini ovunque, per raccogliere le ansie e le gioie dei vostri cuori, continuando a
dar loro voce ed espressione. Noi nulla chiediamo, se |
Nino Luciani, In margine alla richiesta di "pronunciamenti" della CEI su
"racconti che, se comprovati, rilevano stili di vita incompatibili con la dignità delle
persone e il decoro delle istituzioni e della vita
pubblica".
1.- Premessa. La Prolusione centra fatti di costume di persone impegnate nelle
istituzioni. Questi fatti attengono sia alla morale pubblica, sia al costume pubblico, tra
cui la denigrazione reciproca e sistematica tra i leader ... per arrivare, infine, alla
evasione fiscale, resa oggi più attuale a causa della crisi finanziaria italiana, europea
e americana.
Insomma, nelle considerazioni del Cardinale ce n'è per tutti e dunque, quasi
quasi (aggiungiamo noi): "Chi è senza peccato, lanci la prima pietra".
2.- Sui "racconti che, se comprovati ...".
Preferisco azioni puntuali, altrimenti è meglio non vedere.
Le considerazioni, a voce alta, del Cardinale , sono mosse da detti
"racconti", che la stampa ha collegato, inequocabilmente, al Presidenre
Berlusconi. Per riferirsi a detti "racconti", evidentemente il Cardinale si è
fatto qualche convinzione, pur con la riserva: "se comprovati".
Siccome, racconti con questo argomento vanno in giro da un anno e mezzo, mi
aggiungerei a quelli che hanno chiesto "pronunciamenti" al Cardinale.
Il Vescovo Ambrogio (390 d.c.) non ci pensò due volte a fermare Teodoso,
all'ingresso della sua Chiesa, credendolo colpevole del massacro di Salonicco ( 7000
persone), fino a imporgli di fare penitenza e di fare la domanda pubblica di perdono.
Così raccontano gli storici.
Se il Cardinale avesse fatto tempestivamente una uguale, chiara, azione verso
Berlusconi, questi forse si sarebbe fermato e avrebbe già domandato perdono agli
Italiani, e tutto l'inghippo già sarebbe stato chiuso.
3.- Sarebbero utili anche raccomandazioni più mirate, ad es.:
a) in favore della osservanza della Costituzione... .
Questa dice che le elezioni si fanno ogni 5 anni, e il Governo è eletto per 5 anni, e
comunque fino a quando ha la fiducia delle Camere.
Riprendiano le accennate "denigrazioni" tra i leader.
Perchè non dire chiaramente ai partiti di opposiziobe che chiedere a
Berlusconi di dimettersi (pur avendo la la fiducia delle Camere) è contrario alla
Costituziobe ?
Questo vale anche per Berlusconi, quando faceva lo stesso nei confronti di Prodi.
Questa opposizione, che adesso vuole prendere anzi tempo il posto di
Berlusconi, pensa che ci siamo dimenticati che due anni e mezzo non è stata confermata
dall'elettorato.
b) in favore della osservanza di princìpi etici nel fare la elettorale. La
legge elettorale attuale manda in parlamento gente non sempre la migliore. Non sarà
il voto di preferenza che fa individuare i migliori, perchè il grande pubblico non
conosce i candidati. Servono alcuni requisiti preventivi.
Per il parlamento:
a) i candidati devono avere il certificato penale pulito;
b) va data la precedenza a candidati che già esperienze politiche negli enti locali.
Ci sono, poi, regole specifiche ordinate alla "buona politica":
a) Servono governi di legislatura perchè i problemi richedono anni, con:
a1) il Presidente del Consiglio eletto dalle camere o eletto direttamente dal
popolo per l'intera legislatura, tra una rosa di nomi che, preventivamente, siano stati i
più votati in almeno 5 Regioni.
a2) un parlamento capace di prendere decisioni, vale dire non polverizzato.
Preferirei:
- niente sbarramenti all'entrata:
- il premio di maggioranza (su base nazionale, sia alla camera che al senato)
alla coalizione maggiore;
- il divieto di formare gruppi parlamentari con numero di membri minore del
20% della camera di appartenenza;
- si sancisca per legge che è immorale cambiare casacca, durante il mandato e che
sia dimesso chi lo fa (invece, si può, si deve fare tutta la opposizione che si vuole, ma
all'interno del partito o del gruppo). Nino Luciani |
non di starvi accanto con il rispetto e l'amore di
Cristo e della Chiesa. Tornando allo scenario generale, è l'esibizione talora a colpire.
Come colpisce l'ingente mole di strumenti di indagine messa in campo su questi versanti,
quando altri restano disattesi e indisturbati. E colpisce la dovizia delle cronache a ciò
dedicate. Nessun equivoco tuttavia può qui annidarsi. La responsabilità morale ha
una gerarchia interna che si evidenzia da sé, a prescindere dalle strumentalizzazioni che
pur non mancano. I comportamenti licenziosi e le relazioni improprie sono in se
stessi negativi e producono un danno sociale a prescindere dalla loro notorietà.
Ammorbano l'aria e appesantiscono il cammino comune. Tanto più ciò è destinato ad
accadere in una società mediatizzata, in cui lo svelamento del torbido, oltre a essere
compito di vigilanza, diventa contagioso ed è motore di mercato. Da una situazione
abnorme se ne generano altre, e l'equilibrio generale ne risente in maniera progressiva.
È nota la difficoltà a innescare la marcia di uno sviluppo che
riduca la mancanza di lavoro, ed è noto il peso che i provvedimenti economici hanno
caricato sulle famiglie; non si può, rispetto a queste dinamiche, assecondare scelte
dissipatorie e banalizzanti. La collettività guarda con sgomento gli attori della scena
pubblica e l'immagine del Paese all'esterno ne viene pericolosamente fiaccata.
Quando le congiunture si rivelano oggettivamente gravi, e sono rese ancor
più complicate da dinamiche e rapporti cristallizzati e insolubili, tanto da inibire
seriamente il bene generale, allora non ci sono né vincitori né vinti: ognuno è
chiamato a comportamenti responsabili e nobili.
La storia ne darà atto. Solo comportamenti congrui ed esemplari,
infatti, commisurati alla durezza della situazione, hanno titolo per convincere a
desistere dal pericoloso gioco dei veti e degli egoismi incrociati.
9. La questione morale, complessivamente intesa,
non è un'invenzione mediatica: nella dimensione politica, come in ciascun altro ambito
privato o pubblico, essa è un'evenienza grave, che ha in sé un appello urgente.
Non è una debolezza esclusiva di una parte soltanto
e non riguarda semplicemente i singoli, ma gruppi, strutture, ordinamenti, a proposito dei
quali è necessario che ciascuna istituzione rispetti rigorosamente i propri ambiti di
competenza e di azione, anche nell'esercizio del reciproco controllo.
Nessuno può negare la generosa dedizione e la limpida rettitudine di
molti che operano nella gestione della cosa pubblica, come pure dell'economia, della
finanza e dell'impresa: a costoro vanno rinnovati stima e convinto incoraggiamento.
Si noti tuttavia che la questione morale, quando intacca la politica, ha
innegabili incidenze culturali ed educative. Contribuisce, di fatto, a propagare la
cultura di un'esistenza facile e gaudente, quando questa dovrebbe lasciare il passo alla
cultura della serietà e del sacrificio, fondamentale per imparare a prendere
responsabilmente la vita.
Ecco perché si tratta non solo di fare in maniera diversa, ma di
pensare diversamente: c'è da purificare l'aria, perché le nuove generazioni - crescendo
- non restino avvelenate.
Chi rientra oggi nella classe dirigente del Paese deve sapere
che ha doveri specifici di trasparenza ed economicità: se non altro, per rispettare i
cittadini e non umiliare i poveri. Specie in situazioni come quella attuale, ci
è d'obbligo richiamare il principio prevalente dell'equità che va assunto con rigore e
applicato senza sconti, rendendo meno insopportabili gli aggiustamenti più austeri. È
sull'impegno a combattere la corruzione, piovra inesausta dai tentacoli mobilissimi, che
la politica oggi è chiamata a severo esame. L'improprio sfruttamento della funzione
pubblica è grave per le scelte a cascata che esso determina e per i legami che possono
pesare anche a distanza di tempo. Non si capisce quale legittimazione possano avere in un
consorzio democratico i comitati di affari che, non previsti dall'ordinamento, si
auto-impongono attraverso il reticolo clientelare, andando a intasare la vita pubblica con
remunerazioni - in genere - tutt'altro che popolari. E pur tuttavia il loro maggior costo
sta nella capziosità dei condizionamenti, nell'intermediazione appaltistica, nei
suggerimenti interessati di nomine e promozioni. Al punto in cui siamo, è essenziale
drenare tutte le risorse disponibili - intellettuali, economiche e di tempo -
convogliandole verso l'utilità comune. Solo per questa via si può salvare dal discredito
generalizzato il sistema della rappresentanza, il quale deve dotarsi di anticorpi
adeguati, cominciando a riconoscere ai cittadini la titolarità loro dovuta.
10. Laltro fronte vitale per la nostra democrazia è
limpegno di contrasto allevasione fiscale. Difficile
sottrarsi allimpressione che non tutto sia stato finora messo in campo per rimuovere
questo cancro sociale, che sta soffocando leconomia e prosciugando
laffidabilità civile delle classi più abbienti. Il grottesco sistema delle
società di comodo che consentono labbattimento artificioso dei redditi
appare alla luce dei fatti non solo indecoroso ma anche insostenibile sotto
il profilo etico. Bisogna che gli onesti si sentano stimati, e i virtuosi siano premiati.
Sono tanti i cittadini per bene e le famiglie che adempiono positivamente i
loro compiti. A una osservazione attenta, le ragioni per cui guardare avanti ci sono: la
strada si è fatta più impervia e il consumismo potrebbe averci fiaccato, ma il popolo
italiano odierno sa di non essere da meno delle generazioni che lhanno preceduto. E
sa anche che le conquiste di ieri hanno oggi bisogno di essere riguadagnate: il
«parassitismo esistenziale» infatti è solo istinto di psicologie fragili e derelitte.
Il brontolio sordo non aiuta a vivere meglio, demotiva anzi ulteriormente.
La gente di questo Paese dà il meglio di sé nei momenti difficili:
certo, le occorre per questo un obiettivo credibile, per cui valga la pena impegnarsi.
Questo obiettivo cè, e coincide con il portare lItalia fuori dal guado in cui
si trova anche per un certo scoramento. Portarla fuori perché sia allaltezza delle
proprie responsabilità storiche e culturali. Il che significa darle il futuro che merita,
e che serve al mondo intero. LItalia ha una missione da compiere, lha avuta
nel passato e lha per il futuro.
Non deve autodenigrarsi! Bisogna dunque reagire con freschezza
di visione e nuovo entusiasmo, senza il quale è difficile rilanciare qualunque crescita,
perseguire qualunque sviluppo. La Chiesa pellegrina in Italia non intende sottrarsi alle
attese e alle responsabilità che le competono. Negli ultimi anni, in coincidenza col
dispiegarsi della crisi, essa ha intensificato la propria capillare presenza, a cerniera
tra il territorio e i bisogni della gente. Le iniziative molteplici e straordinarie delle
diocesi e quella stessa «Il prestito della speranza» promossa dalla
Conferenza Episcopale Italiana, si sono aggiunte alla fitta rete di vicinanza e di
solidarietà quotidiana; e testimoniano la partecipazione sincera della comunità credente
alle ansie comuni. Nel frattempo, anche il moltiplicarsi di impegni a favore delle
popolazioni più colpite e quelle più derelitte del mondo documenta la tensione che ci
pervade, e ci ha indotti a operare ogni risparmio e potare poste di bilancio consolidate
per concentrarci sui fronti oggi più esposti.
Fidandoci dellaiuto di Dio che mai manca, siamo intensamente
grati alla Caritas e alla Migrantes per quanto fanno ogni giorno, al di fuori di qualsiasi
pubblicità, canalizzando e dando sbocchi ravvicinati e credibili alla carità della
Chiesa e di molti italiani. Quanto alla discussione, non sempre garbata e informata, che
cè stata negli ultimi tempi circa le risorse della Chiesa, facciamo solo notare che
per noi, sacerdoti e Vescovi, e per la nostra sussistenza, basta in realtà poco. Così
come per la gestione degli enti dipendenti dalle diocesi: essa si ispira ai criteri della
trasparenza, senza i quali non potrebbe sussistere lestimazione da parte di molti.
Se abusi si dovessero accertare, siano perseguiti secondo giustizia, in linea con le norme
vigenti. Per il resto, ci affidiamo allintelligenza e allonestà degli uomini,
segnalando che risposte a nostro avviso esaurienti, seppur non troppo considerate, sono
già state offerte allopinione pubblica: segnalo per tutte la pagina a firma di
Patrizia Clementi, pubblicata su Avvenire lo scorso 21 agosto.
:::::::::::::: |
|
PER INDAGINE CONOSCITIVA
SUL "VALORE LEGALE" DEL TITOLO DI STUDIO
L'Intersindacale Nazionale Universitaria in audizione al Senato
UNA
DICHIARAZIONE CHIARA E MOTIVATA, IN FAVORE
|
ADU,
ANDU, CISAL-Docenti universitari, CISL-Università, CNRU, CNU, CoNPAss, FLC-CGIL, LINK,
RETE29Aprile, SNALS-Università, SUN - Universitas News, UDU, UGL-Università, UILPA-UR,
USB-Pubblico impiego
Roma, 7 giugno 2011
Comunicato unitario sul Valore legale del
titolo di studio.
Letto e consegnato alla Commissione Istruzione del Senato
Come associazioni e organizzazioni della docenza e degli studenti, crediamo che il valore
legale del titolo di studio rappresenti un elemento di certezza indispensabile nel nostro
Paese e una funzione di garanzia dello Stato sullequità e sulla correttezza dei
rapporti tra i cittadini, che individua con certezza i contenuti di conoscenza da
acquisire nellUniversità.
Riteniamo, inoltre, che laudizione di oggi abbia ad oggetto un argomento che non
pare coerente neanche con gli stessi contenuti della legge 240/10. Infatti, pur non
condividendo questa Legge, evidenziamo come già vi si preveda lattribuzione
allANVUR di competenze funzionali alla verifica della qualità dei corsi di studio.
Consideriamo il
mantenimento del valore legale del titolo di studio un dato centrale del sistema
universitario italiano e paventiamo che la sua abolizione possa incrementare le
diseguaglianze sociali ed economiche.
Ricordiamo, infine, come
la raccomandazione del Consiglio dei Ministri europeo del 16 maggio 2007 esalti la
responsabilità pubblica nellistruzione superiore; in particolare dette
responsabilità non debbano essere orientate esclusivamente al mercato e non possano
essere demandate in nessun modo ai privati nelle loro funzioni essenziali, soprattutto
riguardo alle attività di valutazione. |
CRUI
- Conferenza dei Rettori Italiani |
Marco Mancini
|
La CRUI si dà un nuovo
Presidente:
MARCO MANCINI *
* Nato nel 1957, prof.
ordinario di Glottologia e Linguistica nellUniversità degli studi
della Tuscia (Viterbo) |
|
LE PRIME DICHIARAZIONI DEL NEO-ELETTO
(Testo ripreso dal sito della CRUI)
Il mio mandato inizia in una fase molto delicata per
luniversità. ha detto Mancini subito dopo lelezione
Lapplicazione della 240/10 richiede attenzione e responsabilità. Se condotta
con la dovuta partecipazione e con grande senso delle istituzioni può trasformarsi in una
vera e propria opportunità per il rinnovamento e il rilancio delle università. E il
ruolo della CRUI in questa fase sarà cruciale.
Daltra parte lopinione pubblica ha delluniversità
unimmagine opaca e puramente difensiva, costruita spesso sullenfasi ossessiva
dei difetti e sullassordante silenzio rispetto ai risultati e alle eccellenze
ha aggiunto il nuovo Presidente della CRUI Questa logica va ribaltata.
La CRUI dovrà farsi amplificatore di una nuova visione delluniversità, basata sui
fatti e non sugli slogan, che porti a conoscenza della politica e dellopinione
pubblica ciò che luniversità sta facendo e continuerà a fare per il Paese.
Tuttavia sarebbe ingenuo pensare che qualunque progetto di rilancio possa essere
fatto a costo zero ha concluso Mancini Accanto allimpegno
delluniversità nei confronti della società è necessaria una rinnovata presa di
coscienza da parte dello Stato e della politica rispetto alla partita che si sta giocando
sul piano internazionale. Il progressivo definanziamento delluniversità sta
conducendo linnovazione nel nostro Paese a minimi epocali, che difficilmente potremo
recuperare se la tendenza non si inverte immediatamente. Proseguire sulla strada che vede
lalta formazione e la ricerca come spese e non come investimenti equivale a mettere
una pesantissima ipoteca sul futuro di intere generazioni. Nellanno in cui ricorre
il centocinquantesimo anniversario della nostra storia comune sarebbe auspicabile un
segnale evidente, e non semplicemente accennato, di un cambiamento di tendenza. |
Nino
Luciani, Alcuni riferimenti per riprendere il cammino, anzi
una lettera di Piero Tosi del dic. 2005
La vicenda, del dissolvimento del sistema universitario attuale, nasce dalla
sottomissione della CRUI, all'idea (del Governo) della "valutazione basata su dati
oggettivi", in cambio della promessa del rifinanziamento dell'università, ma solo
dopo.
In realtà si trattava di un trucco mediatico, che usava strimentalmente alcuni
scandali concorsuali (veri !), per dissolvere il sistema universitario pubblico.
Per memoria, si sappia che il cosiddetto sistema della valutazione fu una
invenzione della "sinistra", proposta in parlamento sul finire della
approvazione della legge Moratti nel 2005, allora respinta dalla Moratti, e poi ripresa
dalla Gelmini. Questo spiega perchè destra e sinistra marciarono d'amore e d'accordo fino
al 29 luglio 2010, quando la legge Gelmini ebbe il primo test in Senato.
Solo più tardi subentrerà il divorzio tra destra e sinistra, quando quel
trucco fu scoperto.
Tutti i Rettori e professori sanno che quella "valutazione" è una
ricognizione statistica di indizi oggettivi di produzione di ricerca, che sono utili alla
valutazione "vera", se sono soggetti a giudizio di commissioni scientifiche.
Direi, a questo punto, se CRUI di nuovo ci deve essere, che
occorra un risveglio, e riprendere il cammino laddove fu interrotto (quello di Piero TOSI), in primis, e seguire
"attivamente" la formazione dei decreti attuativi della nuova legge. Questo
vuole dire ricostituire l'unità dei Rettori e richiamare le associazioni unversitarie al
tavolo della CRUI.
Direi che i punti di comune memoria dovrebbero essere:
1) L'università è "una" e deve aver sedi uniformemente nel Paese:
almeno una università "regionale", e che dovrà essere finanziata
aggiuntivamente se non ha i mezzi (questo per un periodo transitorio, in attesa della
maturazione dei numeri).
2) ll FFO gira attualmente intorno a 7 miliardi lanno. Nel 2002 (anno delle
prime turbolenze didattiche delle Università italiane) il FFO fu di 6,2 miliardi. Tenuto
conto che, a causa dellEuro, in quegli anni scoppio la grande inflazione che
dimezzo' il potere dacquisto del reddito fisso (lavoro
dipendente e pensionati, in generale), il FFO, se fosse riportato in termini
reali a quello del 2002, dovrebbe essere di 12 miliardi;
4) Il DPEF - Documento di programmazione economica e finanziaria del Governo (Allegato,
pag. 37, luglio 2010) indica in 15,8 (ripreso da un documento dell'OCSE) il rapporto
tra studenti e professori di ruolo da applicare nelle Università. Si chiarisca cosa
intendeva il Governo con questo parametro. |
Roma, 21 dicembre 2005
Da Piero TOSI, Presidente della CRUI
Ai Rettori delle Università ed Istituti Universitari Italiani
Cari Colleghi, facendo seguito alla discussione nell'Assemblea del 15
dicembre, mi permetto qui, di seguito, di riprendere con voi il discorso sulla
"Costituente per l'Università" riassumendo le impostazioni che abbiamo
convenuto di adottare ed insieme uno schema di lavoro per i singoli gruppi nei quali si
articolerà 1'attività che intendiamo sviluppare. Lo scopo che ci si propone con la
Costituente non è tanto quello di mettere a punto od affinare le proposte che la CRUI ha
sviluppato nell'ultimo periodo sui singoli argomenti e di farli conoscere all'esterno.
In realtà, "la Costituente" dovrebbe avere un diverso
scopo: essa dovrebbe rappresentare l'occasione per provocare un dibattito ordinato sui
temi che ci stanno più a cuore evitando che tale dibattito si esaurisca
nell'improvvisazione e nella povertà degli slogan.
Lo scopo è di far sì che la CRUI, con tale iniziativa, si trovi a guidare
ed indirizzare un vero e proprio movimento di riflessione comune della società italiana,
in sue significative articolazioni, sull'Università. Non ci nascondiamo che lo scopo sia
ambizioso, ma sappiamo che sarà tanto più compiutamente raggiunto quanto più
riusciremo, pur senza rinunciare ad un ruolo di forte presenza e di guida discreta e ferma
del dibattito, ad aprire la riflessione sui temi dell'università ad un pubblico ampio e
variegato, espressione di sensibilità diverse e anche antagoniste: nella misura in cui
sapremo coinvolgerle e chiamarle al confronto, infatti, potremmo proporre, alla fine del
processo, il risultato di sintesi del dibattito come frutto di un confronto senza
pregiudizi ed ostilità, che certamente non potrà essere accusato di autoreferenzialità.
Ed è dunque essenziale che ci si impegni da parte nostra più nello svolgere tale ruolo
di stimolo e di indirizzo che non nel riproporre nuovamente ipotesi di soluzioni che, se
anteposte al dibattito, sarebbero percepite come il frutto di un pregiudizio o, peggio, di
un preconcetto.
Credo non sia necessario ribadire che, nelle forme ritenute più congrue, ciascuno
dei Colleghi del Comitato di Presidenza che guiderà i singoli gruppi si porrà il
problema di realizzare forme di coinvolgimento di esponenti della società civile e del
mondo della cultura che, nei singoli casi, appaiano più adeguati a partecipare ad un
dibattito a più voci. La scelta di tali esponenti sarà, naturalmente, frutto della
iniziativa e della responsabilità di ciascun gruppo: ma credo che nessuno di noi farà a
meno del suggerimento e dell'ausilio dei Colleghi, nel faticoso compito di individuare gli
interlocutori più adatti.
È essenziale, inoltre, comprendere che la "Costituente", nel suo
valore oggettivo e nei suoi esiti, si accrediterà con tanta maggior forza quanto maggiore
sarà il coinvolgimento di esponenti autorevoli della società civile e delle diverse
componenti del nostro mondo universitario. La Conferenza, dal canto suo, sarà tanto più
fortemente legittimata a sostenere rispetto all'opinione pubblica ed alle stesse forze
politiche le proprie richieste quanto più queste saranno adeguatamente supportate dal
convinto sostegno di significative componenti dell'insieme dei protagonisti del dibattito
che saremo stati in grado di suscitare e promuovere. Stabilire se il coinvolgimento delle
componenti delle università debba essere limitato alla organizzazione di alcuni momenti
di confronto interno ai singoli organi di ciascun Ateneo, ovvero estesa sino a comprendere
l'espressione di contributi come elementi di arricchimento del dibattito da parte di
alcune componenti quali Dipartimenti o Facoltà delle diverse sedi, è questione che può
trovare soluzioni diverse. a seconda della tipologia dei temi e della concreta
disponibilità delle strutture universitarie a rendersi protagoniste di tale dibattito.
Va osservato, infine, che l'iniziativa, per i caratteri appena descritti, va
considerata un processo che si apre ora ma che è destinata a chiudersi solo nei prossimi
mesi, dopo l'insediamento del nuovo Governo. In conformità a quanto fu annunciato nella
Relazione di settembre, la Costituente dovrebbe essere infatti la struttura organizzativa
di un dibattito che abbia anche, come propria finalità, quello di richiedere alle forze
politiche che vinceranno le prossime elezioni l'impegno a promuovere gli Stati
generali dell'Università: sede di confronto adeguata per
ottenere impegni precisi per il futuro del nostro sistema universitario. Sul piano più
propriamente operativo, i lavori della Costituente dovranno essere dunque sviluppati
attraverso una serie di incontri di carattere istruttorio per la stesura di un documento
finale.
.....
.....
Con i migliori auguri di buon lavoro, un cordiale saluto a tutti, confidando per
tutti in un anno 2006 più sereno.
PIERO TOSI, Presidente della CRUI |
|
|
Nel 150°
anniversario dell'Unità d'Italia:
Ulteriori motivi di orgoglio e felicità per la gente d'Italia |
|
In piena unione con tutti gli italiani,
Universitas news vuole concorrere a festeggiare l'unità politica d'Italia, con
due contributi:
1 - |
con due passi del Canzoniere
di F. Petrarca, imparato a scuola,
fin da piccoli; |
2- |
offrendo un lungo elenco, pur se "incompleto",
delle invenzioni degli Italici, fin dalle origini storiche |
|
Francesco Petrarca
|
Dal CANZONIERE DI FRANCESCO PETRARCA (1300)
" Italia mia, benché 'l parlar sia indarno
a le piaghe mortali
che nel bel corpo tuo sí spesse veggio,
piacemi almen che ' miei sospir' sian quali
spera 'l Tevero et l'Arno,
e 'l Po, dove doglioso et grave or seggio.
Rettor del cielo, io cheggio
che la pietà che Ti condusse in terra
Ti volga al Tuo dilecto almo paese.
Vedi, Segnor cortese,
di che lievi cagion' che crudel guerra;
e i cor', che 'ndura et serra
Marte superbo et fero,
apri Tu, Padre, e 'ntenerisci et snoda;
ivi fa che 'l Tuo vero,
qual io mi sia, per la mia lingua s'oda.
....... |
.....
" Non è questo 'l terren ch'i' toccai pria?
Non è questo il mio nido
ove nudrito fui sí dolcemente?
Non è questa la patria in ch'io mi fido,
madre benigna et pia,
che copre l'un et l'altro mio parente?
Perdio, questo la mente
talor vi mova, et con pietà guardate
le lagrime del popol doloroso,
che sol da voi riposo
dopo Dio spera; et pur che voi mostriate
segno alcun di pietate,
vertú contra furore
prenderà l'arme, et fia 'l combatter corto:
ché l'antiquo valore
ne gli italici cor' non è anchor morto. |
INVENZIONI DEL
"GENIO DEGLI ITALICI"
Elenco incompleto, ricostruito in
modo libero, di elementi presi dal libro di: Rino Camilleri,
Doveroso elogio degli Italiani, Ed. BUR, 2001) e qui riorganizzato in
ordine alfabetico |
-
Acido salicilico, inventato d al Raffaele Piria, e che con aggiunta di acido acetico (nel
1897, da parte di Felix Hoffman) diverrà l'aspirina, nel XIX secolo; - Acqua di
colonia, inventata da Giovanni Maria Farina nel XVIII secolo;
- Aereo a reazione inventato da Giovanni Caproni e Secondo Campini nel XX secolo;
- Albero a camme, compare in Toscana nel X secolo;
- Albero di bompresso (che permette di navigare col vento di fianco) , inventata dai
Romani nel I secolo d.C..;
- Aliscafo inventato da Enrico Forlanini nel XX secolo.;
- Ammoniaca (prima, solo gassosa) liquefatta da Liberato Giovanni Baccelli, nel
XIX secolo;
- Anatomia patologica, fondata da Giovanni Battista Morgagni (1761);
- Anello di fidanzamento con diamante, compare a Venezia nel XV secolo;
- Anticiclone delle Azzorre, scoperto da Luigi De Marchi, nel XIX secolo;
- Armi da fuoco portatili compaiono in Italia nel XIII secolo;
- Assicurazioni sulla vita, inventate da Lorenzo Tonti nel XVII secolo ;
- Asteroide, Cerere, il primo è scoperto da Giuseppe Piazzi, nel XIX secolo.;
- Autostrada del mondo, la prima nel mondo è la Milano-Laghi nel XX secolo;
- Bagni termali nel II secolo a.C., a Roma;
- Balestra, inventata dai Romani nel I secolo d.C.;
- Banca moderna, la prima nasce a Genova nel XV secolo;
- Barile, inventato dai Romani nel I secolo d.C.;
- Barometro inventato da Evangelista Torricelli nel XVII secolo;
- Bicicletta, ideata da Leonardo da Vinci nel XV secolo;
- Bilancia idrostatica, ottenuta da Archimede, in base al principio di Archimede, nel
III secolo a.C.;
- Bodoni, caratteri tipografici, ideati da Giambattista Bodoni nel XVIII secolo ;
- Bombarda compare in Italia nel XIII secolo;
- Caffettiera moka express, inventata da Alfonso Dialetti) nel XX secolo;
- Calcestruzzo, entra in uso a Napoli, fatto con pietra vulcanica (pozzolana, da
Pozzuoli), calce e acqua, nel II secolo a.C.;
- Calcio fiorentino, primo gioco di palla a squadre nasce a Firenze nel XIII secolo ;
- Calendario ""giuliano", introdotto da Giulio Cesare nel 46 a.C.";
- Calendario "gregoriano" (ancora valido) nel 1582 dal papa Gregorio
XIII.";
- Calzini (udones) compaiono a Roma nel IV secolo a. C. ;
- Campo magnetico rotante, inventato da Galileo Ferraris, nel XIX secolo;
- Canale di Suez, progettato da Luigi Negrelli, nel XIX secolo ;
- Cannocchiale astronomico, inventato da Galileo Galilei nel XVII secolo;
- Carrello cinematografico inventato da Giovanni Pastrone nel XX secolo;
- Carrucola, inventata nel IV secolo a.C. da Archila di Tarante;
- Carta stagnola, compare in Italia nel XV secolo;
- Cellule cancerogene, individuate da Renato Dulbecco (Nobel per la medicina) nel XX
secolo ;
- Champagne, inventato dal benedettino Francesco Scacchi (1335), tre secoli prima di
Perignon;
- Compasso, inventata dai Romani nel I secolo d.C.;
- Concerto musicale , creato dal bolognese Adriano Banchieri nel XVI secolo;
- Corsivo, inventato da Aldo Manuzio nel XV secolo;
- Crema emolliente inventata da Galeno nel II secolo d.C.;
- Cruciverba inventato da Giuseppe Airoldi nel XIX secolo ;
- Cupola (la prima è quella del Pantheon), inventata dai Romani nel I secolo d.C. ;
- Declinazione magnetica, intuita da Cristoforo Colombo nel XV secolo;
- Dentiera inventata nel VIII secolo a.C dagli etruschi (che trapiantano anche denti
d'oro, d'avorio e d'osso).;
- Dizionario alfabetico, il primo è compilato dal bergamasco Ambrogio Calepino nel XVI
secolo. ;
- Docente universitaria donna, Laura Bassi, la prima nella storia ;
- Elettroshock, inventato da Ugo Cerletti nel XX secolo. ;
- Elicottero moderno inventato da Corradino d'Ascanio nel XX secolo.;
- Enciclopedia delle scienze, la prima ("Naturalis Historia") è di Plinio il
Vecchio nel 77 d.C.;
- Energia elettrica per via geotermica, ottenuta da Piero Ginori Conti nel XX secolo
(1904);
- Fattore di crescita neurale, scoperto da Rita Levi Montalcini (Nobel per la medicina)
nel XX secolo;
- Fecondazione artificiale, ideata da Lazzaro Spallanzani, nel XIX secolo. ;
- Ferro da stiro, inventata dai Romani nel I secolo d.C.;
- Fisarmonica, inventata da Paolo Soprani, nel XIX secolo.;
- Forchetta, compare in Toscana nell'XI secolo;
- Fotografia della corona solare, la prima - 1842 - è fatta di Maiocchi, nel XIX
secolo;
- Funicolare, la prima a Napoli, nel XIX secolo ;
- Futurismo inventato da Filippo Tommaso Marinetti nel XX secolo.;
- Gelato, inventato dal toscano Bernardo Buontalenti nel XIV secolo;
- Generatore di corrente (dinamo), inventato da Antonio Pacinotti , nel XIX secolo;
- Gioco del lotto, il primo, nasce a Genova nel XVI secolo;
- Lampadina di Edison, migliorata da Arturo Malignani (portandone la durata da 100 ore
a 800 ore, e da luce rossastra a luce bianca e intensa), nel XIX secolo;
- Legge di Avogadro (volumi uguali di gas, alla stessa temperatura e pressione,
contengono lo stesso numero di molecole), scoperta da Amedeo Avogadro, nel XIX secolo. ;
- Libri tascabili, inventati da Aldo Manuzio nel XV secolo ;
- Macchia rossa di Giove, scoperta da Giandomenico Cassini nel XVII secolo ;
- Macchina da scrivere, inventata da Giuseppe Ravizza, nel XIX secolo.;
- Macchina seminatrice, inventata dal bolognese Taddeo Cavallini nel XVI secolo;
- Malattie infettive, individuate, per primo, da Gerolamo Fracastoro nel XVI secolo;
- Mappa di Marte, la prima è disegnata da Francesco Fontana nel XVII secolo;
- Martello pneumatico, inventato da Ernesto Curri nel XX secolo; |
-
Melodramma, ideato da Jacopo Peri XVI secolo; - Metodo scientifico moderno: i suoi
caratteri sono dettati per primo da G. Galilei nel XVII secolo;
- Microchip, inventato da Federico Faggin ) nel XX secolo;
- Moderna elica navale, ideata da Giuseppe Ludovico Ressel, triestino, nel XIX secolo;
- Moto alternato in rotatorio e altro: la macchina per la trasformazione dell'uno
nell'altra è inventata da Leonardo da Vinci nel XV secolo;
- Motore a scoppio, creato da Felice Matteucci ed Eugenio Barsanti nel XIX secolo;
- Motore a stella per aerei inventato da Alessando Anziani nel XX secolo.;
- Motore elettrico, ideato da Galileo Ferraris nel XIX secolo (1883);
- Musica "Jazz" , inventata dall'italo-americano Nick La Rocca (1917, primo
disco) ) nel XX secolo;
- Neuroni, scoperti da Camillo Golgi (premio Nobel per la medicina) , nel XIX secolo ;
- Nitroglicerina (su cui lavor, poi, Alfredo Nobel per ottenere la dinamite -
1867), inventata da Ascanio Sobrero nel XIX secolo;
- Notazione musicale è ideata da . Guido d'Arezzo nell'XI secolo;
- Novella, genere letterario creato da Giovanni Boccaccio nel XIV secolo;
- Nutella, inventata da Michele Ferrero) nel XX secolo;
- Ocarina, costruita da Giovanni Donati, nel XIX secolo.;
- Occhiali compaiono a Pisa nel XIII secolo ;
- Orologio meccanico, detto ""svegliatore monastico"" perchè in
uso nei monasteri, compare nell'XI secolo";
- Orologio pubblico: i primi comparvero su campanili, in Italia, nell'anno 1000;
- Oscillazioni isocrone del pendolo: le relative leggi sono intuite da Galileo Galilei
nel XVII secolo;
- Pantaloni, i primi sono fatti a Venezia nel XVI secolo nel XVI secolo;
- Pantelegrafo (antenato del fax) creato da Giovanni Caselli nel XIX secolo.;
- Particelle Zeta, individuate da Carlo Rubbia (Nobel per la fsica) nel XX
secolo.;
- Partita doppia della contabilità è creata da Luca Pacioli nel XV secolo;
- Periodo di rotazione di Venere, scoperto da Giovanni Schiaparelli, nel XIX secolo;
- Pianoforte, costruito da Bartolomeo Cristofari nel XVIII secolo;
- Pila elettrica, inventata da Alessandro Volta, nel XIX secolo;
- "Pinocchio", il libro più tradotto dopo la Bibbia, scritto da Carlo
Lorenzini (""Collodi""), nel XIX secolo;
- Pistola a tamburo (nel 1833, due anni prima di Colt), inventata da Francesco Antonio
Broccu, nel XIX secolo.;
- Pizza, compare a Napoli nel X secolo ;
- Pneumotorace artificiale per la cura della tubercolosi, inventato da Carlo Forlanini,
nel XIX secolo.;
- Polipropilene (cioè, la plastica) inventato da Giulio Natta nel XX secolo.;
- Polo nord, sorvolato la prima volta Da Umberto Nobile, con un dirigibile, nel XX
secolo;
- Portolano, il primo compare a Pisa nel XIII secolo;
- Preservativo moderno, ideato da Gabriele Falloppio nel XVI secolo;
- Prospettiva, le sue regole sono elaborate e codificate, rispettivamente, da Filippo
Brunelleschi e da Leon Battista Alberti nel XIV secolo;
- Protuberanze solari scoperte da Angelo Secchi , nel XIX secolo;
- Quotidiano, introdotto nel I secolo a. C. da Giulio Cesare con gli Acta Diurna che
informano delle decisioni del Senato;
- Radio, inventata da Guglielmo Marconi nel XX secolo;
- Radiogoniometro (determina la provenienza dei campi magnetici e il trasmettitore che
li emette), inventato da Alessandro Artom nel XX secolo;
- Raggi cosmici , scoperti da Bruno Rossi nel XX secolo.;
- Reazione nucleare a catena, provocata da Enrico Fermi nel XX secolo;
- Riscaldamento centralizzato, inventata dai Romani nel I secolo d.C.;
- Rubinetto creato dai romani nel I secolo a.C.;
- Ruota da bicicletta lenticolare, inventata da Antonio Dal Monte ) nel XX secolo;
- Salsa piccante compare a Roma nel III secolo a.C.;
- Satelliti di Giove, scoperti da Galileo Galilei nel XVII secolo;
- Sciopero (il primo della storia - 1378 - a Firenze, da parte dei "ciompi"
fiorentini, lavoratori della lana; il secondo a Londra - 1396 - da parte dei marinai
veneziani)";
- Scooter inventato da Corradino d'Ascanio nel XX secolo;
- Sfigmomanometro, inventato da Scipione Riva Rocci, nel XIX secolo. ;
- Siluro, inventato da Giovanni Battista Luppis, nel XIX secolo.;
- Sismografo, inventato da Luigi Palmieri , nel XIX secolo;
- Sonetto è inventato dal siciliano Jacopo da Lentini nel XIII secolo;
- Spaccio pubblico di acquavite, il primo compare a Modena nel XV secolo;
- Stenografia inventata nel 63 a.C. Marco Tullio Tirono.;
- Suole per scarpe in gomma, create da Vitale Bramani nel XX secolo. ;
- Telefono, inventato da Antonio Meucci, nel XIX secolo;
- Telescrivente inventata da Luigi Cerebotani nel XX secolo.;
- Teorema di Pitagora, inventato da Pitagora, nel VI secolo a.C , a Crotone.;
- Termocoppia (che misura piccole differenze di temperatura) ideata da Leopoldo Nobili,
nel XIX secolo.;
- Termodinamica, le relative leggi sono scoperte da Galileo Galilei nel XVII secolo;
- Termometro inventato da Santorio Santorio nel XVII secolo;
- Torta nuziale (che viene buttata addosso alla sposa) introdotta da Romani nel I
secolo a.C..;
- Trapianto di pelle, il primo è eseguito da Gaspare Tagliacozzo nel XVI secolo;
- Trasporto pubblico a trazione elettrica, il primo a Firenze, nel XIX secolo (1890);
- Trattato di architettura, il primo è di Vitruvio nel I secolo d.C. ;
- Università, la prima nasce a Bologna nel XI secolo (988 ?);
- Vaccino contro la pertosse (tramite ingegneria genetica), scoperto da Rino Rappuoli)
nel XX secolo;
- Vento solare, scoperto da Bruno Rossi nel XX secolo.;
- Violino, costruito da Gasparo Bardotti nel XVI secolo;
- Vite, inventata nel IV secolo a.C. da Archila di Tarante. ;
- Vite senza fine, ottenuta da Archimede, nel III secolo a.C.;
-Volta a crociera, compare a Roma nel II secolo d.C. |
Federalismo fiscale municipale
Boomerang
per la Lega Nord |
La
cartina di tornasole perchè il federalismo sia
una cosa vera è il taglio
delle unghie dello Stato, a favore dei Comuni, almeno sul fronte fiscale,
vale dire una diversa ripartizione delle attuali imposte, tra lo Stato e i Comuni.
Ma questo non sta avvenendo, anzi si va verso la creazione di
imposte
aggiuntive per i Comuni, con danno grave per tutti i cittadini (Nord e Sud).
|
Nino Luciani*, Federalismo
fiscale, boomerang sulla Lega Nord
Premessa. In questo articolo, integro quello
della precedente edizione ( "FEDERALISMO
FISCALE" DEI COMUNI ? ) . Il punto è che la legge delega
(vista per quell'articolo) mi era apparsa un buon viatico per il federalismo fiscale dei
Comuni, perchè pareva farsi carico anche dei problemi "negativi" creati dal
federalismo, e accettabili se minimizzati.
Ma in chiusura del sipario, le cose stanno prendendo un'altra piega,
per cui il negativo prevarra' sul positivo. E questo spiega il cambiamento di posizione
(adesso contrario) del Sen. Mario Baldassarri, prof. ordinario. di economia.
Riprendo da alcuni punti.
1) I grandi Comuni svolgono oggi compiti fondamanetali per i
servizi sociali e per l'economia, e tuttavia sono costretti ad operare in grande
compressione, a causa del fatto che le loro finanze dipendono largamente da trasferimenti
dallo Stato e dalle Regioni.
Dalla Relazione Generale sulla situazione economica del Paese (2009,
Ministero dell'economia e delle finanze, vol. III, pag. 224) risulta che le entrate
totali dei Comuni sono 75 miliardi di euro, di cui solo 21 miliardi da entrate tributarie,
e la differenza (54 miliardi) viene da trasferimenti dallo Stato e dalle Regioni.
Il fatto che la differenza venga da trasferimenti, vuol
dire che, per programmare le spese, debbono prima attendere tutte approvazioni annuali
delle leggi di bilancio (di Stato e Regioni), che arrivano localmente con grandi ritardi.
Ne deriva anche che i Comuni sono costretti a ricorrere alle banche per anticipazioni,
almeno per l'urgenza, e questo fa sì una parte dei soldi si perda in interessi pagati
alle banche (3 miliardi).
Si conclude che è necessario dotarli di entrate fiscali proprie,
almeno per un 60-70% ( in luogo del 28% attuale ). 2)
NO ad una fiscalità troppo differenziata, e aggiuntiva, da Comune a Comune. A
causa delle diverse capacità contributive e dei diversi gusti locali, ci sarà una
fiscalità troppo differenziata, che finirà per distorcere la libera circolazione delle
persone, dei capitali, delle merci. E' tornare ai dazi fiscali, aboliti nel 1931.
E' una problematica analoga a quella che si è posta agli Stati europei
quando si sono proposti di fare il Mercato Comune e poi l'Unione Europea.
Per fare un esempio, l'imposta di soggiorno fu abolita 20 anni fa, su richiesta
della Germania. Perchè adesso la si vuole rimettere ? L' IMU sulle seconde case graverà
sui non residenti, che (non votando) non potranno controllare i Sindaci dove insistono le
case e ne deriveranno degli abusi fiscali, e anche un incentivo per i Comuni turistici ad
espandere l'edificabilità, senza più rispetto per il territorio (vedi Lidi di
Comacchio).
In generale ogni fiscalità differenziale (ossia in più o in meno) da
Comune a Comune crea una distorsione, tra territori, incompatibile con l'economia di
mercato, perchè non vi corrispondono automaticamente maggiori servizi comunali.
Ma siccome i Comuni vanno dotati di entrate proprie, il solo modo di minimizzare
gli effetti distorsivi è definire un sistema fiscale nazionale unitario, e su
questa base ripartire le varie imposte tra gli enti dei vari livelli.
Questo è un discorso molto semplificato e ci sarebbero molte precisazioni da
fare... .
Tuttavia, non si sta facendo così. Il motivo è che lo Stato,
trovandosi in difficoltà, vuole conservare le proprie entrate fiscali. La conseguenza è
che il federalismo viene fatto con imposte aggiuntive, ma questa è una
contraddizione rispetto al concetto di federalismo, che ha un senso solo se lo Stato
diminuisce il proprio spazio, a favore degli enti locali..
Non è finita. Alcune di queste imposte sono, poi, relativamente di gettito
modesto, rispetto al costo amministrativo di riscossione. A cosa serve una imposta che
procura 100 euro, se il prelevarle costa 150 ?
3) Il criterio per la quantificazione del riparto. Nel
programma di governo, l'abbattimento della fiscalità sarebbe dovuto essere conseguente
all'abbattimento della spesa pubblica. E una cosa di questo genere richiede un programma
graduale di riforma strutturale dello Stato, in più anni (almeno 10).
I Governi di Berlusconi stanno avvicinandosi ai 10 anni, ma da
Tremonti abbiamo visto solo tagli congiunturali a man bassa, molto dannosi. Non si fa
così.
Il risultato è che il federalismo di Tremonti, non essendo
successivo alla riforma dello Stato, può essere solo un aggravio di fiscalità per il
cittadino, e quindi un inganno rispetto a come era stato giustificato.
Qualora si persistesse nel farlo in queste condizioni, e
quindi con imposte aggiuntive, i cittadini del Nord non rideranno: in questo senso il
federalismo fiscale si sta risolvendo in boomerang per la Lega Nord.
Entrate dei Comuni - 2008
|
milioni di |
% |
Entrate tributarie |
20.985 |
28,1% |
Trasferimenti statali |
16.911 |
22,7% |
Trasferimenti da altri enti pubblici |
13.302 |
17,8% |
Altr entrate |
23.379 |
31,3% |
Totale |
74.577 |
100,0% |
|
Una idea per la quantificazione del riparto delle entrate tra Stato e
Comuni, viene dalla tabella, qui a fianco.
Si vede che, in totale, i trasferimenti pubblici sono il 40,5% delle
entrate dei Comuni.
Di essi, i trasferimenti statali sono il 22,7% del totale.
Teoricamente, questi dovrebbero cessare ed essere sostituiti da quote di tributi erariali
ceduti direttamente ai Comuni.
Ci sono, poi, trasferimenti da enti pubblici per il 17,8%. Presumo che,
per gran parte, siano soldi trasferiti dallo Stato alle Regioni, e da queste girati ai
Comuni. Teoricamente, anche questi dovrebbero cessare ed essere sostituiti da quote di
tributi erariali ceduti direttamente ai Comuni. |
4) Rimane da considerare la partita dei trasferimenti statali ai Comuni
( poca roba al Nord). Questa impostazione vale, però, solo come criterio di
base, perchè rimane aperto il problema che ci sia un fondo statale perequativo. Infatti,
pur a federalismo attuato, sopratutto in prima attuazione, lo Stato dovrebbe di
garantire ai Comuni almeno la stessa cifra, di prima della nuova legge (in attesa di
finanziarli in base al costo standard, a tempo debito).
Dei suddetti trasferimenti, la metà circa (pari al 20% del totale delle
entrate) potrebbe costituire il Fondo perequativo totale, di cui uno Statale e uno
Regionale. Anche questo criterio, qui indicato velocamente, andrà perfezionato con cifre
di dettaglio, di cui non si dispone, dai documenti ufficiali.
La detta garanzia varrà, però, in pratica, soprattutto per il Sud, perchè
con relativa bassa capacità contributiva.
5) Conclusioni. Il federalismo fiscale può partire validamente solo
se fondato su un diverso riparto delle "attuali imposte", tra Stato e Comuni.
No a imposte aggiuntive.
Se così non fosse, i cittadini della Lega Nord rischierebbero di
essere doppiamente gabbati: pagherebbero imposte aggiuntive, ma perderebbero parte dei
trasferimenti statali, senza avere servizi aggiuntivi, senza considerare che la
correlazione "maggiori imposte, maggiori servizi" non è automatica.
Nino Luciani
* Professore Ordinario di Scienza delle Finanze |
Nino Luciani*, Auspicabile la partenza del federalismo
fiscale,
in uno spirito unitario nazionale, viatico per riforma Governabilità dello Stato
* Ordinario di scienza delle finanze
. |
1.- "Federalismo fiscale" versus Governabilità dello Stato. Mi
parrebbe importante dare il via al federalismo fiscale municipale, in uno spirito unitario
dei partiti di maggioranza e di opposizione. Non è un fatto solo della Lega Nord.
Non è, poi, trascurabile che, esso può essere di grande apporto alla
rasserenamento della politica, in favore della riforma della Governabilità dello Stato.
Tutto più difficile se i Comuni stanno male.
Ma andando indietro nella storia dello Stato unitario, fino a
150 anni fa, si trova che lo Stato unitario ha represso, in alternanza di periodi, le
autonomie e l'ha fatto con lo strumento finanziario: da un lato obbligare Comuni a molte
funzioni, dall'altro far dipendere dal centro il grosso del finanziamento. Ma lasciamo il
pianto e pensiamo al futuro.
E' un fatto che i grandi Comuni svolgono oggi compiti fondamentali per
la socialità e per lo sviluppo del Paese. Si pensi alle varie imprese municipalizzate, di
area ampia, per l'acqua, il gas, la nettezza urbana, la tutela ambientale.
Pertanto, il dare una adeguata autonomia finanziaria ai Comuni,
con entrate fiscali certe, è non solo una necessità funzionale e programmatica, ma anche
una ragione di economia di costi. Basti pensare al monte "interessi" su debiti,
che i Comuni debbono pagare a titolo di anticipazione finanziaria alle banche, per ritardo
dei finanziamenti statali.
2.- Tuttavia l'autonomia fiscale crea problemi nuovi, che vanno
minimizzati.
a) Le ragioni dello Stato unitario richiedono la libera
circolazione delle merci, delle persone e dei capitali nel territorio dello Stato. Per
questo i dazi comunali furono aboliti nel 1931. Essi erano anche diversi da Comune a
Comune.
Però, una pluralità di imposte diversificate da Comune a Comune, e
da Stato a Comune, possono essere l'equivalente del ritorno ai dazi. Il modo di
minimizzare questo impatto è definire preliminarmente un sistema fiscale
unitario e, dentro questo sistema, ripartire le fonti fiscali tra Stato e Comuni,
con facoltà di variare le aliquote dentro un range.
Nella tradizione della scienza delle finanze, andrebbero date ai
Comuni le imposte sul patrimomio e le imposte sui consumi (o quote di essi).
b) Il federalismo fiscale è per definizione fondato su una
pluralità degli enti tassatori (Stato, Regioni, Province, Comuni),
mentre "la tasca del contribuente è unica". Questa
pluralità crea per sua natura una "concorrenza" tra enti. Chi arriva primo è
avvantaggiato nel portare via ....e l'ultimo può rimanere asciutto. Per questo, una
qualche decisione ci dev'essere a monte, sulla pressione fiscale globale massima,
non superabile, eventualmente distintamente tra grandi aree del Paese.
La decisione potrebbe essere presa dal parlamento, su proposta
delle Regioni, in un orizzonte temporale quinquennale, a inizio legislatura
c) la capacità contributiva nei Comuni è diseguale da area ad area.
Ne deriva che nei vari Comuni, il gettito è differenziato, e questo è un impedimento
alla prestazioni di servizi sociali uniformemente nel Paese.
Al tempo tesso, questa uniformità è un interesse generale. Infatti:
- se un bergamasco ha bisogno dell'ospedale mentre si trova a Palermo, deve
potersi curare a Palermo e subito, non dovere tornare a Bergamo, quando sarà troppo
tardi;
- se i servizi ortopedici del Sud sono inefficienti, i meridionali
intaseranno gli ospedali di Bologna, cosa che avviene, con grosse fila di attesa per
tutti, compreso per gli Emiliani..
Per questo il riequilibrio finanziario dello Stato rimane
fondamentale, per cifre consistenti, e con vincolo di destinazione.
d) I nostri Comuni sono tanti e molto diversi come dimensione. Precisamente
ci sono 8.150 Comuni, di cui il 75% ha meno di 2000 abitanti, e altri ulteriormente
meno. Ne deriva l'attribuzione del potere fiscale uniforne è spesso un non senso, come
pure la distribuzione del fondo statale perequativo in base al costo standard è non ha
senso.
Se devono calare i costi amministrativi, occorre ridisegnare le
dimensioni comunali "di base" per l'attribuzione di funzioni. Si potrebbe
prendere a riferimento l'area provinciale, e attribuire al Comune di area provinciale
"tutte" le funzioni comunali, ma con facoltà di delegare, a cascata, ai Comuni
minori ricompresi nell'area, parte delle funzioni medesime in ragione della dimensione.
Sarebbe lo stesso schema del decentramento attuale dei Comuni nei confronti dei quartieri
e frazioni).
Non credo alle soluzioni, tipo incentivo alle associazioni tra comuni
e alle consorziazioni.
In ogni caso, in prima attuazione, lo Stato deve garantire che il
fondo perequativo a ciascun "Comune di area provinciale" un finanziamento non
minore del costo storico.
Conclusione. Direi che l'attuale legge sul federalismo
fiscale vada largamente nel senso sopra indicato, meno per il riordino territoriale dei
Comuni.
Direi anche che, una volta che si assumesse come riferimento locale il
Comune di area provinciale, si dovrebbero attribuire a questo grande Comune anche le funzioni
delle Province, invece da abolire. Nino Luciani |
Sulla politica economica del
Governo |
VISTOSE INSUFFICIENZE DEL GOVERNO NEL
RISOLVERE LA CRISI ECONOMICA
Serve una decisa politica di rilancio dei consumi e delle esportazioni
LE CIFRE CHE PARLANO DA SOLE SU TREMONTI
***
|
1.- "Crisi
economica". La ricostituzione del flusso circolare del reddito passa
per il rilancio dei consumi. Questo richiede l'apporto delle classi di reddito medio-alte,
notoriamente con relativa più alta propensione al risparmio, anzi ulteriormente aumentata
nell'attuale periodo di incertezzza generale. Lo vediamo dal risveglio degli acquisti di
beni rifugio.
Il Governo non lo fatto, verosimilmente, perchè quelle classi
sono l'elettorato di Berlusconi. Anzi il governo ha chiesto sacrifici (con la manovra
d'estate) solo ai dipendenti pubblici, vale dire a classi di reddito medio-basse, che non
hanno alta propensione al risparmio (ma al consumo). Dunque ha anche contribuito ad
aggravare la crisi economica.
Quanto agli investimenti, li dovrebbero fare gli imprenditori, che però
nella presente congiuntura sono pessimisti, perchè non vedono come a collocare i loro
prodotti.
L'unica grande eccezione è il settore automobilistico, poichè quello
americano ha reagito (anche aiutato dal governo federale) perchè era un settore diventato
obsoleto a causa del caro-petrolio (precisamente, le loro automobili consumavano troppa
benzina, divenuta molto cara), e questo ha giocato a favore della nostra FIAT, già
esperta nel fare automobili a basso consumo.
C'è, poi, il problema del commercio estero, in sofferenza dai primi
tempi dell'euro (2001-2002). Lo riprendo al par. 4 .2.- Le vie
teoriche risolvere. Le vie classiche, per risolvere la crisi, sono l'immissione
di liquidità nel sistema e l'azione combinata della spesa pubblica, secondo la classica
ricetta Keynesiana.
La prima via è stata applicata, ma non è bastata da sola perchè il
"il cavallo non beve", vale dire gli imprenditori non chiedono prestiti anche a
tasso zero, salvo che per evitare il fallimento.
Serviva la mano pubblica per contrastare il ciclo in modo deciso. Ma in Italia il
settore pubblico non è in condizioni di smuovere alcunchè. Lo Stato non paga neppure i
propri fornitori (ovvero li paga con ritardi inimmaginabili).
Classicamente parlando, prima dell'euro la situazione finanziaria dello Stato
italiano non è stata mai un grande problema, in caso di necessità di espandere la spesa
pubblica, perchè il tandem Stato-Banca d'Italia permetteva allo Stato di finanziarsi
tramite fabbricazione di carta moneta (anticipazioni di corrente e ombrello della Banca
d'Italua per titoli del debito pubblico, eventualmente non collocati presso il pubblico),
con il risultato accessorio di creare inflazione e di cancellare in parte il debito
pubblico.
Non solo questo. L'inflazione interna veniva annullata nei confronti
dell'estero, con la manovra del cambio, e così le esportazioni non ne soffrivano. (In
pratica, lo Stato sanava se stesso derubando il cittadino.) Ma dopo l'euro, gli Stati sono
stati ricondotti a normali operatori economici. In caso di insolvenza saranno esposti al
fallimento, come tutti i comuni mortali.
Questo, ... solo sul piano dei princìpi. In realtà, se fallisse uno Stato,
una grossa banca ..., sarebbero dolori per tutti i cittadini. E allora la BCE non
potrebbe stare a guardare .... E infatti la BCE è tornata a fare qualcosa anche verso gli
Stati (acquisto di titoli del debito pubblico). Ma questo è poco, per cui non può essere
rinviato un qualche ricollegamento diretto del potere monetario col potere fiscale, a
livello europeo.
Ma torniamo alla situazione reale. |
3.- Sui margini per intervenire.
a) Alcune cifre essenziali. Per individuare le possibii vie per
interventi efficaci, dobbiamo partire dalle cifre, sia pure in essenziale. La parte
colorata è relativa agli anni dei Governi Berlusconi.
Nella tabella 1, si vede che dal 2001 al 2005 le entrate sono aumentate,
ma le spese sono aumentate piu' che in proporzione, cosi che il saldo negativo è pure
aumentato. Lo stesso è avvenuto nel 2008 e 2009: Nel 2010 il saldo negativo diminuisce,
però è ben maggiore che nei due anni di Prodi.
Nella tabella 2 (ultima riga), si vede che il debito pubblico è
salito dal 2001 al 2005, e dal 2008 al 2011 (ed è salito anche nei due anni di Prodi, ma
con una dinamica ben minore che durante i governi Berlusconi).
Tabella 1 |
STATO - Spese in milioni di Euro (bilancio di
competenza)
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
Entrate** |
353.040 |
361.792 |
392.803 |
437.456 |
426.769 |
432.037 |
480.043 |
499.671 |
496.658 |
446.162 |
443.448 |
446.949 |
Spese* |
399.532 |
414.287 |
436.746 |
451.628 |
445.235 |
462.487 |
467105 |
490.346 |
532.362 |
517.796 |
498.202 |
486.602 |
Saldo |
-46.492 |
-52.495 |
-43.943 |
-14.172 |
-18.466 |
-30.450 |
12.938 |
9.325 |
-35.704 |
-71.634 |
-54.754 |
-39.653 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
PIL a prezzi di mercato |
1.191 |
1.249 |
1.295 |
1.335 |
1.392 |
1.429 |
1.485 |
1.546 |
1.568 |
1.521 |
1.536* |
------ |
|
|
Tabella 2 |
STATO - Debito pubblico, di
anno in anno in milioni di Euro, e totale accumulato*
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
Entrate |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Prestiti accesi |
176,7 |
205,5 |
212,2 |
237,5 |
209,7 |
195,4 |
182,1 |
182,7 |
222,5 |
296,1 |
224,7 |
210,0 |
Prestiti rimborsati |
165,4 |
189,1 |
192,7 |
232,8 |
183,7 |
174,0 |
158,1 |
167,0 |
189,0 |
216,0 |
284,7 |
260,9 |
Saldi annuali |
11,3 |
16,3 |
19,4 |
4,8 |
25,9 |
21,3 |
24,0 |
15,8 |
33,7 |
80,1 |
-60,0 |
-51,0 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
DEBITO PUBBLICO Accumulato |
1.256 |
1.310 |
1.319 |
1.322 |
1.445 |
1.513 |
1.582 |
1.600 |
1.663 |
1.761 |
1.824 |
------ |
|
* stima
** in conto corrente e in conto capitale.
Fonti: ISTAT, Annuario statistico italiano, anni da 2002 a 2008 - Cifre al netto
del rimborso dei prestiti pubblici.
Ragioneria Generale dello Stato,
per le cifre relative a 2009-10-11. |
b) Le vie praticabili efficaci. In tempi di saldo molto rosso del
bilancio, ma anche di crisi economica per mancanza di "domanda effettiva", il
classico modo, da parte dello Stato, è un aumento della pressione fiscale, quanto basta
per mettere in sicurezza la solvibilità dello Stato.
Ma occorre anche fare qualcosa per il futuro. Preso atto che i lavori
pubblici avranno ancora bisogno di tempi lunghi, mentre servono interventi di sblocco
subito; preso atto che i vari incentivi per il risparmio energetico e per la
micro-edilizia non hanno prodotto risultati sufficienti, la via è lo sgravio fiscale per
i redditi medio-bassi, da finanziare con un uguale aggravio fiscale dei redditi
medio-alti.
Questa via è suggerita dalla considerazione che le classi di reddito
medio-alte non stanno spendendo (anzi stanno investendo in beni rifugio), e che le classi
di reddito medio-basse hanno una relativa maggior propensione al consumo, ma non
dispongono di potere d'acquisto..
4.- Commercio estero. Solo 4 mesi dopo l'arrivo
dell'euro (2001), la Banca d'Italia rilevava una perdita di competitività dell'8%, del
commercio estero; e dopo 8 mesi, del 25%. Il motivo era che i prezzi interni erano saliti
rispetto ai prezzi esteri.
Allo stato attuale, in cui lo Stato italiano non può più svalutare il
cambio, la sola alternativa è la politica fiscale: non quella di alterare la concorrenza
(ad es., ammortamenti fiscali accelerati per le imprese esportatrici, perchè in contrasto
con i trattati), ma quella di strutturare il sistema fiscale in modo da sterilizzarne gli
effetti monetari.
La premessa è che le imposte indirette hanno effetti immediati sui
prezzi; non le imposte dirette. Su questa base, un modo è ridurre di 1-2% tutte le
aliquote delle imposte indirette, e aumentare di 1-2% tutte le aliquote delle imposte
dirette.
Il prelievo fiscale non cambia, ma diminuisce l'impatto sui prezzi
interni. Questo aiuta le esportazioni.
Ma, a questo proposito, l'annunciata riforma fiscale del governo punta
ad aumentare le imposte indirette, e a ridurre le imposte dirette. E questo è il
contrario di quello che serve.
5.- Last but not least: il nostro debito è meno rosso di quanto
"appare". Il debito pubblico italiano, pur essendo fuori margine (120%
del PIL, in luogo di 60% come d'obbligo, in base ai trattati europei) è meno rosso di
quanto "appare".
Il motivo è che (Fonte: Relazione annuale della Banca di Italia, dove però
non ho trovato la cifra esatta), grosso modo, il 60% del PIL è posseduta da soggetti
esteri, e il 60% da sogetti italiani.
In qualche modo, la cifra posseduta da cittadini italiani va
considerata "meno rossa" dell'altra, nel senso che il debito verso cittadini
italiani è pagato con imposte a carico di cittadini italiani (in altri termini, grosso
modo, il medesimo cittadino è, ad un tempo, creditore e debitore verso lo Stato), come
dire, l'una mano lava l'altra. Nino Luciani |
Dalla CEI - Conferenza Episcopale
Italiana |
Dalla C.E.I. - Conferenza Episcopale Italiana |
|
La prolusione del Card. Angelo Bagnasco
al Consiglio della Conferenza dei Vescovi
Roma 27-30 sett. 2010, stralcio dei paragrafi 7, 8, 9, 10
"L' Italia sembra, su alcuni fronti,
tornare sempre al punto di partenza" |
Angelo
Bagnascoo |
|
CONSIGLIO
PERMANENTE, Roma, 27 - 30 sett. 2010
Fonte: http://www.chiesacattolica.it/
PROLUSIONE DEL CARDINALE PRESIDENTE
Venerati e cari Confratelli,
.........
.........
7. Nonostante alcuni risultati nel tempo, la nostra
amata Italia sembra, su alcuni fronti, tornare sempre al punto di partenza:
istruisce i problemi, comincia a metter mano alle soluzioni, ma non riesce a restare
concentrata sull'opera fino a concluderla.
Da decenni si parla di riforme, le si scandisce, e - tuttavia -
quando saranno varate? Quando si arriverà al confronto serio e decisivo, quello che non
è perdita di tempo, ma ricerca della mediazione più alta e sollecita possibile? Il Paese
non può attardarsi: povero di risorse prime, più di altri deve far conto sull'efficienza
del sistema e su una sempre più marcata valorizzazione delle risorse umane.
Bisogna, per questo, avviare meccanismi di coinvolgimento e di
partecipazione non fittizi. Qui, qualche interessante segnale c'è, seppure molte restano
ancora le resistenze. Le sfide derivanti dalla globalizzazione impongono una quota di
flessibilità e adattabilità che non può essere artificiosamente ostacolata, ma neppure
strumentalmente usata per indebolire la dignità di chi lavora. Se partecipazione si
vuole, ed è sempre più necessaria, occorre che vi siano i requisiti perché ogni parte
in causa esprima il meglio - non il peggio - di sé.
È il momento di deporre realmente i personalismi, che mai hanno a che
fare con il bene comune, e di mettere in campo un supplemento di reciproca lealtà e una
dose massiccia di buon senso per raggiungere il risultato non di individui, gruppi o
categorie, ma del Paese. La fiducia che i cittadini esprimono verso chi li rappresenta è
un onore e una responsabilità che non ammette sconti di nessun tipo. Cambiare si può. Le
famiglie reagiscono, le persone crescono, e anche la collettività può farlo nella misura
in cui comprende che l'esito di progresso diventa pane condiviso. E bisogna far presto! Il
nostro vigoroso invito a rilevare la moralità intrinseca ai processi di innovazione non
nasconde alcun conformismo. Lo facciamo non per un'idea esorbitante del nostro ruolo, ma
per il comandamento che impone anche a noi di amare Dio sopra ogni cosa, e insieme - ma è
solo l'altra faccia della medaglia - di difendere chi è indifeso, sia che si veda sia che
non si veda ancora. Bisogna comprendere che se si ritardano le decisioni vitali, se non si
accoglie integralmente la vita, se si rinviano senza giusto motivo scadenze di
ordinamento, se si contribuisce ad apparati ridondanti, se si lasciano in vigore norme non
solo superate ma dannose, se si eludono con malizia i sistemi di controllo, se si falcidia
con mezzi impropri il concorrente, se non si pagano le tasse, se si disprezza il
merito
si è nel torto, si cade nell'ingiustizia. Ma lo scopo di ogni partecipazione
politica è proprio la giustizia, e per questo occorre produrre lo sforzo necessario - cui
la Chiesa non mancherà moralmente di contribuire - per superare la logica del
favoritismo, della non trasparenza, del tornaconto. A tutela della società ci sono le
forze dell'ordine, ma è vile scaricare su di loro ciò che meglio si risolve attraverso
relazioni sociali vigili e coscienziose. Quando le risorse si fanno più misurate, anche
gli sprechi e il lusso ostentato diventano meno tollerabili. In qualunque campo, quando si
ricoprono incarichi di visibilità, il contegno è indivisibile dal ruolo. Quando si ha
responsabilità di scrittura o di parola pubblica, si può essere penetranti senza
sfiorare il sopruso o scivolare nella contesa violenta. Il linguaggio in uso nella
scena pubblica deve essere confacente a civiltà ed educazione. Fa malinconia
l'illusione di risultare spiritosi o più "incisivi", quando a patire le
conseguenze è tutto un costume generale. Svuotare le parole, o renderle equivalenti
quando non lo sono, è - a modo suo - un furto. Come Vescovi, sentiamo di dover esprimere
stima e incoraggiare quanti si battono con abnegazione in politica; facciamo pressione
perché si sappiano coinvolgere i giovani, pur se ciò significa circoscrivere ambizioni
di chi già vi opera. Ai cattolici con doti di mente e di cuore diciamo di buttarsi
nell'agone, di investire il loro patrimonio di credibilità, per rendere più credibile
tutta la politica. Lasciamo volentieri ai competenti il compito di definire i modi di
ingaggio e le regole proprie della convivenza. A noi tocca però segnalare come una
"città" la si costruisca tutti insieme, dall'alto e dal basso, in una sfida che
non scova alibi nella diserzione altrui. Le maturazioni generali hanno bisogno di
avanguardie: ognuno deve interrogarsi se è chiamato a un simile compito.
8. Volendo tuttavia indicare con un concetto sintetico ciò che è essenziale ad
ogni "città", dobbiamo per forza evocare il bene comune, fulcro dinamico di
questa visione, fondamentale baricentro di una comunità che voglia essere equilibrata. In
una recente occasione mi ero permesso di confidare un "sogno", di quelli che si
fanno ad occhi aperti: ossia che, senza disconoscere quanto di positivo già c'è, e
magari con la cooperazione scaturente dalle esperienze presenti sul campo, possa sorgere
una generazione nuova di italiani e di cattolici che sentono la cosa pubblica come fatto
importante e decisivo, che credono fermamente nella politica come forma di carità
autentica perché volta a segnare il destino di tutti (cfr Prolusione al Consiglio
Permanente, 25 gennaio 2010). Torneremo anche in seguito su questo tema. Fin d'ora vorrei
però dire quello che è il cuore, il motore di quanto andiamo ad auspicare: l'ideale
cioè del bene comune (cfr Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 7).
L'Italia, nel suo complesso, ha bisogno di riscoprire la bellezza del bene comune
perseguito nell'azione politica come nella vita quotidiana dei cittadini. Ha bisogno di
una leva di italiani, e di cattolici, che senza presunzioni aderiscono al discrimine del
bene comune, danno lucentezza alla sua plausibilità, così che aiuti ad individuare le
soluzioni che meritano di essere perseguite. Alla luce di questo ideale, e nella data
"realtà storica i cristiani, agendo come singoli cittadini, o in forma associata,
costituiscono una forza benefica e pacifica di cambiamento profondo, favorendo lo sviluppo
delle potenzialità interne alla realtà stessa" (Benedetto XVI, Omelia per il
Bicentenario della nascita di Leone XIII, Carpineto Romano, 5 settembre 2010). Si profila
così la figura di un protagonismo costruttivo per quanti credenti, ma anche non-credenti,
intendono fare la propria parte nella vita nazionale come nei municipi, nelle istituzioni
sociali come nella vivace realtà civile, nella realtà del non profit come nelle
associazioni culturali, oltre che naturalmente nel campo dei doveri propri del singolo:
ovunque ci si collochi, la ricerca del bene comune concreto diventa una sorta di bussola,
l'indice per misurare urgenze e priorità.
Non a caso esso facilita, di volta in volta, l'individuazione del punto di arrivo
potenzialmente più ragionevole (cfr Benedetto XVI, Discorso alle Autorità civili in
Westminster Hall, 17 settembre 2010).
Ricorrente è, nella nostra cultura pubblica, un certo interrogarsi
sui cattolici: dove sono, come si pongono, cosa fanno. Anche nell'ultima estate
queste domande sono ritornate. Risposte, magari interessanti, suonano spesso unilaterali,
condizionate fatalmente dal punto di osservazione. Ebbene, vorremmo che fosse il bene
comune la bandiera che nel cuore si serve, la divisa che consente di identificare là dove
sono i cattolici, ma - ripeto - non solo loro.
Non dimentichiamo, infatti, che "la
ragione è capace" di distinguere "ciò che è bene fare e ciò che è bene non
fare |
Nino Luciani, In margine, su due punti:
- Perchè l'immobilismo su importanti decisioni, in Italia, pur tra tanto fervore
delle parole ?
- E quale può essere, nella cultura pubblica, il ruolo dei cattolici ?1.- Sull'immobilismo sulle decisioni ... .
Penso derivi:
- a) da un sistema di poteri (Esecutivo, Parlamento, Magistratura) non
adeguato ai tempi;
- b) da una legge elettorale furbesca, per la scelta delle persone, che non
permette vere scelte.
Cominciamo dal primo punto. Qui troviamo che:
a) il sistema costituzionale fonda il governo sulla fiducia delle Camere,
revocabile in ogni momento. Ma le Camere non hanno, spesso, cognizione di causa dei
problemi;
b) la magistratura ha la possibilità di incursione a 360° sugli altri poteri, sia
pur indirettamente colpendo le persone, e non sempre con fondamento.
Questa, diciamo, elasticità dei rapporti tra i tre poteri concorre a
determinare la instabilità permanente degli equilibri politici, e la ricerca di un altro.
E poichè l'evolvere degli equilibri alimenta aspettative di vantaggio per i
partiti e loro gruppo interni, a seconda dell'evolvere della situazione, ecco che essi
sono in mobilitazione permanente per influenzare la sua evoluzione in un senso o
nell'altro.
In particolare, poi, l'attuale quadro politico porta ancora in sè il fiele
dell'interruzione traumatica del Governo Prodi, complice l'intraprendenza del successore,
nel promettere "opportunità" di carriera politica agli eventuali traditori. Ma,
come dice il Vangelo, "chi di spada ferisce, di spada perisce". Questa
faida, tuttavia, va assolutamente interrotta.
Sul piano generale, le intemperanze di ogni genere, di questi tempi, sono
il frutto di una specie di disadattamento ambientale politico. Quei politici che trovi normali
persone nella vita quotidiana, le ritrovi agire in modo strano nello scenario politico, e
non le riconosci più.
Fatta la diagnosi, il richiamo del Cardinale ad un "linguaggio in uso nella scena pubblica, confacente a
civiltà ed educazione" è, più che per le persone, per i responsabili
delle modifiche del sistema di Governance.
Penso che, se si dà stabilità al sistema di Governance, tutte le azioni
che traggono vantaggio dalla instabilità (comprese quelle di eventuali magistrati),
dovrebbero automaticamente normalizzarsi.
2.- Verso la riforma della Governance ?
Magistratura. Nei rapporti tra i poteri, la magistratura
non può essere zittita. Tuttavia la decisione di inizio di procedimenti, nei confronti di
autorità politiche, si dovrebbe ammettere solo se presa da collegi di almeno 3
giudici.
Governo. Penso che sarebbe errato cambiare la
legge elettorale disgiuntamente dal sistema di governance (lo vediamo nel fatto che la
legge attuale, pur dando un premio di maggioranza alla coalizione maggiore, non ha dato
stabilità a Prodi, nè la dà a Berlusconi, e in più schiavizza i parlamentari).
In questo senso la riforma della Governance dovrebbe venire prima.
Penso che si dovrebbe modificare la Costituzione per prevedere un "governo
di legislatura", eletto direttamente dal popolo o dal parlamento.
Per la legge elettorale del Premier, l'elettorato dovrebbe votare tra i
candidati che abbiano superato un determinato quorum in almeno tre regioni: una del Nord,
una del Centro, una del Sud.
Parlamento. La sua struttura dovrebbe riflettere l'assetto
regionale: la Camera dei deputati potrebbe essere a rappresentanza universale; il Senato a
rappresentanza delle regioni, magari col solo potere consultivo (parere obbligatorio, ma
non vincolante) alla Camera dei deputati.
Per la legge elettorale del parlamento:
a) Va applicata la proporzionalità della
rappresentanza?
Il problema non va risolto
aprioristicamente, ma con un compromesso tra "rappresentatività" e
"capacità decisionale" dell'organo.
Un parlamento polverizzato può essere incapace di prendere decisioni in
tempo reale. Un quorum elevato è un ostacolo alle decisioni e immorale se incentiva
logrolling contro natura (io voto per te, e tu voti per me, anche se abbiamo idee
diverse). Si potrebbe proporre il quorum del 50%+1 in prima lettura, e la maggioranza
relativa (ma non minore di ...), in seconda lettura.
b) ci dev'essere la possibilità, per l'elettore, di
esprimere la preferenza per i candidati ? Un referendum, anni fa, abolì
le preferenze (4, allora), perchè erano divenute un fattore inquinante delle scelte.
- sono inquinanti se l'elettore, che la esprime, non conosce i candidati (e questo
è il caso generale, per un comune elettore) e, poi, su questa ignoranza si inserisce
l'abilità "deviante" dei capi-partito.
Lo vediamo nel fatto che una persona normale non potrà mai avere più di
50-100 preferenze (quelle della famiglia, dei parenti, degli amici). Invece il
capo-corrente di un partito può contare su associazioni culturali e professionali, per
cui i propri candidati riescono sempre a battere un candidato isolato;
- possono essere inquinate se la lista è bloccata sulle scelte di un capo di un
partito, che vuole candidare solo i propri seguaci. E' l'accusa facile, di moda oggi, a
Berlusconi. Ma pochi partiti sono senza peccato.
Conclusione. La via potrebbe essere una mistione, ossia:
- che, in ogni partito, la scelta dei candidati sia fatta da una commissione di
probiviri a elezione universale, dentro il partito; e che la scelta sia in base a criteri
oggettivi;
- che, in sede di elezioni, l'elettore possa esprimere una
preferenza tra i candidati.
3.- Quale può essere, nella
cultura pubblica, il ruolo dei cattolici ? Su questa domanda (del Cardinale, e
allora del card. Tettamanzi), ho seguìto a Bologna, alcuni anni fa, la settimana sociale
dei cattolici. Su per giù, anche nella settimana sociale di Reggio Calabria di questi
giorni, ritroviamo l'invito della Gerarchia, ai cattolici, a occuparsi di politica,
ma non nella forma di un partito. Ho letto cose analoghe, di Padre Bartolomeo
Sorge, qualche tempo fa.
Sono del parere che questa indicazione sia, ad un tempo, un pò
furbesca e un pò retorica.
- un pò furbesca. Essa evita, alla Gerarchia. gli strali dei
cattolici sparsi tra i vari partiti, se c'è l'indicazione ecclesiastica a favore di un
partito specifico;
- un pò retorica. La promozione efficace di una idea, di un
programma, c'è solo se i credenti si coalizzano sull'idea e sul programma.
A mio modo di vedere, promuovere un partito dei cattolici non vuol
dire mirare ad uno Stato teocratico o confessionale. La Turchia ha,
tuttora, al governo un partito islamico, ma che è prima di tutto "laico".
Il governo dell'Italia della DC cadde perchè la DC era divenuta corrotta, e
per mancato rinnovamento. Come è caduta la DC, così potrebbe rinascere una nuova DC e
non è detto che essa torni a prevaricare, nè a prevalere. Dovrà guadagnarsi il pane col
sudore, come tutti.
Ma un partito dei cattolici non nasce all'improvviso. La via potrebbe essere
quella di promuovere una associazione politica dei cattolici, guidata da quelli che hanno
avuto in questi anni la regia della "settimana sociale dei cattolici", e
che sia aperta a tutti i cattolici.
Per una idea dei miei sforzi "inutili" in questo campo,
clicca su: http://www.impegnopoliticocattolici.bo.it/
. NL |
per il conseguimento di quella felicità che sta
a cuore a ciascuno, e che impone anche una responsabilità verso gli altri"
(Benedetto XVI, All'Udienza generale, 5 agosto 2010). È proprio l'esperienza
condotta dal di dentro delle cose, in nome della ragione e quindi della morale naturale,
che diventa il giudizio più evidente sul relativismo secondo cui non ci sarebbero
riferimenti etici da privilegiare né alcuna gerarchia di valore. Parlando di questo tema,
il Santo Padre si chiedeva se non fosse proprio qui il punto dov'è agganciata la
spiegazione dei "valori non negoziabili". Che tali sono non in ragione di una
pregiudiziale cattolica, che vizierebbe la comprensione oggettiva dei fatti della vita. La
Chiesa, in realtà, nel suggerire valutazioni per la ricerca biomedica o sulle formazioni
sociali e familiari, attinge al patrimonio comune dell'umanità, ricordando la linea di
confine oltre la quale l'umanesimo si fa apparente, e il progresso si rivela essere un
regresso, non rispettando i valori primi e costitutivi della civiltà: vita, famiglia,
libertà religiosa e libertà educativa. Beni che sono il fondamento che garantisce ogni
altro necessario valore, declinato sul versante della giustizia e della solidarietà
sociale, che da sempre è nel cuore del Vangelo e della Chiesa. Quale solidarietà, ad
esempio, se si rifiuta o si sopprime la vita, specialmente la più debole? È nella morale
naturale che le istituzioni internazionali possono trovare un "terreno solido e
duraturo" per elaborare e perfezionare la dottrina dei diritti; infatti "come
potrebbe esserci un dialogo fecondo tra le culture senza valori comuni, diritti e principi
stabili, universali, intesi allo stesso modo da tutti?" (Benedetto XVI, Discorso al
Consiglio d'Europa, 8 settembre 2010). Il dogmatismo quale imputazione, in pratica, non
regge. In una fase politica nella quale si comincia a ragionare di agenda bioetica come
"rastrello" ancora schematico di un'antropologia completa da portare al
confronto tra le forze politiche, e dove i cattolici variamente dislocati sono chiamati a
giocare un ruolo convergente e propulsivo, non sarà male avere in serbo queste
prospettive provenienti anche di recente dal Magistero. Dai responsabili nazionali
dell'associazionismo cattolico sono venute, nell'ultimo periodo, indicazioni confortanti
in questo senso. Confidiamo che la prossima Settimana Sociale, in programma a Reggio
Calabria dal 14 al 17 ottobre, non farà mancare, dalla visuale che le è propria, un
apporto di sviluppo coerente. La presenza peraltro in terra calabra di una considerevole
compagine ecclesiale, rappresentativa del Paese, è fin d'ora segno della stima che tutti
abbiamo verso una regione in cui si va esprimendo un'importante reazione al fenomeno
malavitoso. I magistrati e le forze dell'ordine, sotto tiro proprio per la progressiva
efficacia della loro azione, sappiano che la Chiesa è con loro contro la violenza oscura
che uccide la speranza. Le comunità di Calabria, come di tutto il Meridione, devono
sentirsi sostenute dalla solidarietà e dall'ammirazione delle Chiese sorelle, impegnate a
loro volta nel far fronte ad una propagazione del fenomeno malavitoso della quale non è
più lecito ormai dubitare. 9. Una parola mi permetto di dire su alcune
questioni aperte, e che hanno un chiaro rilievo antropologico. Sul versante della crisi
economica, innegabile è la percezione di una più marcata fragilità, benché
talune fasce di popolazione sembrino non essere state toccate dalla crisi. Da queste pure
è ragionevole attendersi standard di vita consoni alla condizione generale, e una
sensibilità verso le indubbie esigenze di solidarietà. Alle banche presenti nel nostro
territorio sentiamo di dover chiedere che, anche sfidando un apparente paradosso, adottino
criteri del massimo favore razionalmente possibile nel valutare le richieste di
finanziamento avanzate dalle imprese. L'impatto sociale della crisi, per come essa si sta
evolvendo, dipende ora in buona misura da un loro più sensibile interessamento. Ci
auguriamo, altresì, che il diritto dei lavoratori disoccupati, in mobilità o licenziati,
sia tenuto nel debito conto e il loro potenziale possa essere quanto prima reintegrato. La
disponibilità delle parti a dialogare costruttivamente esiste, e non mancano in questo
campo segnali concreti. È fondamentale che, nel frattempo, non siano ritirati dallo Stato
gli ammortizzatori sociali. Deve in particolare stare a cuore a tutti il destino dei
giovani: non si procede ignorando le loro legittime aspettative. La nostra agricoltura ha
bisogno di alcuni interventi che la rinforzino, facendola tornare un settore che attrae
vocazioni, non le espelle: che il territorio sia lavorato, e da esso si ricavino prodotti
di qualità, è interesse generale. Qui si situa la domanda di tracciabilità dei
prodotti, attraverso filiere limpide e plausibili, possibilmente più corte. La
scuola vive settimane importanti: uniamo la nostra voce a quella dei Vescovi che
già si sono rivolti ai diversi attori scolastici, augurando una stagione fervida di
impegno, così che i risultati superino i problemi. Non mancano, per l'università
come per le scuole superiori, novità importanti che meriterà sperimentare, cogliendone
tutte le possibili virtualità. Decisiva ci appare una concorde insistenza sulla qualità
della scuola, attorno a cui preparazione personale dei docenti, riconoscimento della
specifica professionalità, sistema di valutazione e adeguate risorse convergono quali
fattori interdipendenti. Su tutto, però, è la dignità della scuola-istituzione che va
salvata per ciò che, a cascata, ne deriva. Ci sono potenzialità inespresse che vanno
sprigionate, al fine di realizzare una concreta libertà di educazione da parte delle
famiglie, garanzia a sua volta di autentica qualità, consolidando in una logica
anti-sprechi la rete di scuole e tradizioni educative di cui è ricco il nostro
territorio. Lo stesso problema dei cosiddetti "precari" andrà
risolto su vie di giustizia e solidarietà, prendendo tutti coscienza che meditate regole
di sistema devono nel futuro impedire il riprodursi di situazioni problematiche e
dolorose. Diversi sono stati gli episodi dolorosi in ambito sanitario,
con vittime innocenti e famiglie disperate. Trovare la morte per negligenza o
inadeguatezza là dove si va per nascere o ricevere cure, è uno spregio non tollerabile,
che offusca la dedizione di tanti professionisti. I morti sul lavoro sembrano in via di
diminuzione, ma ogni singolo caso è di troppo, insopportabile per la coscienza del Paese.
In particolare, è nei subappalti che va condotta la disamina in grado di condurre
definitivamente fuori dall'emergenza. La condizione delle carceri è
stata e resta un fardello pesante non solo per noi - sacerdoti e Vescovi - che le
visitiamo, e per coloro che quotidianamente vi operano, ma per tutti. Da tempo si parla di
un "piano carceri", intanto però ogni cittadino, anche colpevole, conserva la
dignità su cui far conto per il riscatto. Ci sono imprenditori illuminati che, insieme
all'autorità carceraria, stanno sperimentando formule interessanti di lavoro all'interno
e di commercializzazione esterna per quanto prodotto in carcere. È una via di speranza,
poiché include prospettive di riabilitazione e di concreto reinserimento. La violenza
sulle donne è drammatico fenomeno che porta a mettere sotto accusa in genere
l'uomo, spesso giovane, che si fa attore di comportamenti irragionevoli e talora bestiali.
C'entra qui l'educazione, ma anche l'auto-educazione che ciascuno deve acquisire per
sapersi controllare, stabilendo con ogni persona rapporti di pari dignità. Anche altri
gruppi sociali sono stati, purtroppo, presi di mira da gesti assurdamente violenti e
discriminatori, qualche volta anche a sfondo razzista. La questione, poi, dell'ospitalità
che va offerta ai Rom si è di recente imposta a livello europeo, il più
idoneo ad evitare soluzioni che umilino il senso di responsabilità del continente. Sono
scenari diversi di quella frontiera educativa che oggi attraversa ogni comunità, eludere
la quale significa arrendersi non in una singola controversia, ma alla sfida trasversale e
decisiva circa il nostro futuro.
10. Il federalismo è l'importante riforma in via di
definizione, delicata sotto diversi profili, anche perché irreversibile. Bisogna non
nascondersi che col federalismo cresce lo spessore delle responsabilità da esercitare
localmente. Gestire un Paese come il nostro in chiave federalista presuppone una diffusa
capacità di selezionare con rigore gli obiettivi, scadenzarli, argomentare le scelte, e
saper dire dei no anche a chi si conosce. Riuscire a rispettare i vincoli di bilancio,
rimanendo attenti alle implicanze umanistiche connesse con l'amministrazione politica,
diventerà un'attitudine inderogabile, che presuppone sì un'abilità tecnico-gestionale,
non però questa soltanto. Diversamente prevarranno le spinte ad un contrattualismo
esasperato e ad una demagogia variamente declinata. È il momento insomma di sviluppare
quel confronto ampio che è richiesto dal salto culturale senza il quale non si dà
riforma. E questa potrà prendere positivamente forma in una logica di lealtà reciproca,
in verticale e in orizzontale, estranea alle forme del ricatto come alla catena dei
risarcimenti interminabili. Meglio che tra le pieghe non si annidino equivoci o ipocrisie
che nel nuovo assetto non mancherebbero di appesantire il passo comune. La riforma non
deraglierà se potrà incardinarsi in un forte senso di unità e indivisibilità della
Nazione: il tricolore è ben radicato nel cuore del nostro popolo. È poi una
consapevolezza acquisita che si debba procedere con una concomitante riforma
fiscale. Se non si combinano insieme federalismo e sussidiarietà, ma anche
sviluppo e unità nazionale, col superamento di entrambe le sindromi, del vittimismo da
una parte e dell'elargizione dall'altra, la sfida difficilmente si potrà vincere. La
Chiesa, con la sua capillarità e la rete delle sue istituzioni, intende fare per intero
la propria parte, come in altri momenti cruciali, perché si realizzi un federalismo
solidale. Preferiamo ricordare in partenza che ci sono condizioni morali e culturali
indispensabili, non perché si nutrano riserve sull'ipotesi in sé, ma perché
l'esperienza fa edotti su virtù e debolezze. Se ciascuna parte non si sforzerà di
percepire le fondate preoccupazioni degli altri, e non sarà disposta a farsene
ragionevolmente carico, non riusciremo a stringere un nuovo, necessario patto nazionale
che ci vincoli moralmente e ad un tempo liberi le energie migliori. Nel centocinquantesimo
dell'Unità d'Italia nulla di meno serve, come già ci permettevamo di annotare in una
precedente occasione. Le celebrazioni, che nel frattempo si vanno succedendo, ci rendono
ancor più persuasi che l'unità politica e istituzionale include un'unità interiore e
spirituale che merita di essere perseguita come contributo vitale offerto a tutto il
Paese. Il rinforzato profilo istituzionale assegnato a "Roma capitale" non può
certo eludere la domanda di esemplarità, inclusiva di una vocazione unica rispetto alla
coscienza del mondo. Si accennava in precedenza alla riforma fiscale che presto sarà in
cantiere. Sono in molti a sperare in criteri di maggiore equità, in un disegno di Stato
né astratto né anonimo. Va da sé che, in una democrazia anche economica, chi più
possiede più deve contribuire. Per il bene concreto dell'Italia, ci auguriamo sia
finalmente l'occasione per centrare una riforma a vantaggio del soggetto che per tutti -
aziende, sindacati, scuola
- è decisivo, cioè la famiglia, e si provveda così ad
arrestarne l'impoverimento in atto da tempo, e che rischia di simboleggiare il suo declino
culturale. I dati demografici possono illudere solamente coloro che vogliono illudersi. Di
recente non sono mancate, come non mancheranno domani, le provocazioni che inducono a un
certo risveglio. Con queste riforme lo Stato dirà ai cittadini come pensa di proiettarsi
in avanti. È pur vero che nella decisione di avere figli entrano in gioco motivazioni
varie e complesse di tipo culturale, e tuttavia, se dobbiamo dar credito alle statistiche,
già oggi le coppie desiderano in media 2,2 figli, mentre ne nascono solo 1,4. Il che
dimostra ciò che peraltro è eloquente anche dall'esperienza di Paesi prossimi al nostro:
le misure economiche, messe o non messe a sostegno della famiglia, sono un fattore
decisivo. Assegnare alla famiglia ciò che le serve, e non illudersi che questa farà ad
oltranza scelte eroiche o - a seconda dei punti di vista - autolesionistiche, non può da
alcuno essere ragionevolmente scambiato per un'opzione ideologica. La Chiesa è impegnata
per promuovere anche culturalmente l'istituto familiare e per questo fortemente sconsiglia
"iniziative legislative che implichino una rivalutazione di modelli alternativi della
vita di coppia e della famiglia" (Benedetto XVI, Discorso al nuovo Ambasciatore di
Germania, 13 settembre 2010). |
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Corrado Calabrò
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RELAZIONE annuale al Parlamento
del Presidente Corrado Calabrò, 6 luglio 2010 |
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SOMMARIO 1.- Telecomunicazioni: il processo di
liberalizzazione dà i suoi frutti. 2.- La televisione di oggi è già digitale. 3.-
Libertà di informazione / Servizio pubblico. 4.- Le tecnologie ridisegnano l'editoria:
governare la trasformazione. 5.- Informazione, trasparenza e correttezza alla base della
tutela del consumatore. 6.- Indipendenza. 7.- Pensare digitale. 8.- La visione - di
sistema - che ancora manca. 9.- Investire per uscire prima dalla crisi e tornare a
crescere. 10.- Il contributo dell'Autorità: regole e suggerimenti per un'agenda per
l'Italia. 1.- Telecomunicazioni: il processo di liberalizzazione
dà i suoi frutti. Persino nel 2009, annus horribilis, il settore delle
telecomunicazioni ha sostanzialmente tenuto. Nel mondo, il settore delle telecomunicazioni
ha generato ricavi per 980 miliardi di euro. Anche in Italia le telecomunicazioni hanno
confermato il loro peso, quantificabile intorno al 3% del PIL. Continua l'espansione dei
volumi anche se i ricavi totali del settore, pari a quasi 44 miliardi di euro, sono
diminuiti del 3,3% rispetto al 2008. Tutti i principali operatori hanno chiuso i loro
bilanci in attivo. E questo malgrado la pressione competitiva garantita dalle nostre
regole abbia portato all'ulteriore diminuzione dei prezzi. Le telecomunicazioni sono state
e sono l'unico servizio con una dinamica marcatamente anti inflattiva. Dal 1995 all'aprile
2010 l'indice dei prezzi al consumo del settore è diminuito da 100 a 69, a fronte di un
aumento dell'inflazione di oltre il 30%. I prezzi di tutti gli altri servizi sono
considerevolmente aumentati. "Nella telefonia la liberalizzazione ha
funzionato". Nel comparto della telefonia mobile abbiamo uno dei mercati più
competitivi del mondo. Dal 2002 a fine marzo 2010 più di 24 milioni di utenti hanno
cambiato gestore. In esito alla nostra tenace azione ora si può cambiare gestore in tre
giorni trasferendo il credito residuo. Ciò non toglie, ovviamente, che i costi della
terminazione mobile debbano essere rivisti alla luce della Raccomandazione europea. I
cittadini non devono pagare un costo superiore a quello efficiente, anche se questo
surplus viene poi in parte restituito all'utente mediante gli sconti promozionali e i
pacchetti. Inoltre la discesa delle chiamate fisso mobile per l'utenza non riflette
appieno la discesa dei prezzi all'ingrosso. Se il mercato non dovesse funzionare
interverremo. E' incessante l'introduzione di innovazioni (dall'IP TV al 3G, dalla larga
banda mobile agli smartphone intelligenti), che stanno determinando una vera e propria
trasformazione della società. Nella rete fissa la quota di mercato di Telecom Italia è
scesa sotto il 74%, con un calo di quasi 20 punti in 5 anni. Il nostro sistema
regolamentare ha portato l'Italia ad essere fra i leaders europei nel full unbundling, con
oltre 4,3 milioni di linee attive a marzo 2010. Dopo le incomprensioni iniziali, Open
Access si candida ad essere un benchmark per l'Europa, come già Open reach; e la
puntualità degli interventi correttivi dell'Organo di vigilanza per la parità di accesso
alla rete lo conferma. Ma alla validità del modello deve indefettibilmente e
indilazionabilmente corrispondere la coerenza dei comportamenti, che spetta
prioritariamente a questa Autorità valutare.
2.- La televisione di oggi è già digitale. Il 2010
rappresenta un anno di svolta per il sistema televisivo italiano. La tecnologia analogica,
che ha accompagnato gli italiani negli ultimi 50 anni, è ormai in via di avanzata
sostituzione da parte del sistema digitale. Sono già all digital sei Regioni d'Italia.
Nel corso di quest'anno è prevista la completa digitalizzazione del Nord Italia. Nel 2011
avverranno gli switch-off nelle Regioni del versante adriatico ed, infine, nel 2012
passeranno al digitale la Toscana, l'Umbria, la Sicilia e la Calabria. Con uno sforzo, la
digitalizzazione potrebbe essere completata entro il 2011, come indica una recente
Raccomandazione europea e come auspica il Vice Ministro Romani. Alla fine del 2010 il 70%
delle famiglie sarà digitalizzato. Già oggi l'ascolto della TV digitale su tutte le
piattaforme (terrestre, satellite, IPTV) ha superato, con il 51,2%, l'ascolto della TV
analogica. Il numero delle famiglie dotate di almeno un ricevitore digitale terrestre è
salito a gennaio di quest'anno a oltre 15 milioni, mentre una quota consistente dei nuovi
decoder viene acquistata per adeguare al digitale anche i secondi e terzi televisori di
casa. I ricavi del comparto televisivo si mantengono consistenti, segnando un incremento
dell'1,7% rispetto al 2008. I ricavi complessivi da pay-tv (in crescita) e da pubblicità
(in discesa) si sono ulteriormente avvicinati. La modifica delle regole sulla pubblicità
ha indotto la Commissione europea a chiudere la procedura d'infrazione pendente nei
confronti dell'Italia. Continuiamo a vigilare monitorando le trasmissioni. Lo spostamento
delle risorse pubblicitarie dalla TV tradizionale ad internet non è stato della stessa
portata che in altri Paesi. Il settore televisivo italiano è essenzialmente tripartito:
Rai- Mediaset-Sky, con gli altri operatori minori e le TV locali che faticano a trovare
spazi concorrenziali. Si conferma che la TV digitale multicanale frammenta l'audience
anche dei canali generalisti tradizionali; nondimeno Rai e Mediaset conservano quote di
ascolti ancora assai rilevanti sulle quali l'avvento della pay tv sta incidendo
lentamente. Ci siamo battuti affinché la produzione indipendente di contenuti audiovisivi
venga tutelata. In questo quadro la TV locale -che gioca un ruolo importante ai fini del
pluralismo dell'informazione- con il digitale può concentrarsi sulla qualità e
sull'informazione locale. Riempire l'etere di monoscopi o programmi ripetuti è
un'occupazione dello spettro che non serve a nessuno e danneggia l'insieme. Il mese scorso
abbiamo approvato il piano delle frequenze. Non ci credeva nessuno. E' la prima volta che
un piano delle frequenze che abbia un'effettiva probabilità di attuazione viene adottato
in Italia: permette risorse per le TV nazionali (con 5 nuovi multiplex a gara), per l'alta
definizione, per le TV locali (con almeno 13 mux, che corrispondono a 65 programmi locali
per ogni Regione), per la radio, e consente di liberare 9 canali TV da destinare alla
larga banda wireless, come chiede la Commissione europea. L'Italia è il secondo Paese
europeo per diffusione della banda larga mobile. Ma se non interveniamo rapidamente, con
il tasso attuale di diffusione degli smartphones, la nostra rete mobile rischia il
collasso. L'AGCOM, con vivo apprezzamento della commissaria Kroes, sta portando avanti, in
Europa e in Italia, una politica finalizzata alla liberazione in tempi brevi delle
frequenze radio. Contiamo di rendere disponibili circa 300 Mhz da mettere all' asta per la
larga banda. La radio rimane l'insostituibile compagna di tanti italiani e
un'indispensabile risorsa per il pluralismo. Il piano delle frequenze garantisce anche
risorse per la radio digitale. Abbiamo attuato quest'anno la nuova disciplina sulla
vendita collettiva dei diritti sportivi. 3.- Libertà di informazione / Servizio pubblico.
La libertà d'informazione è forse una libertà superiore ad altre costituzionalmente
protette, e come tale va difesa da ogni tentativo di compressione. Il Trattato di Lisbona
pone il pluralismo dell'informazione alla base dei principi fondanti dell'Unione europea.
Si tratta di un parametro di legittimità della legge che deve essere valutato con
attenzione in qualunque intervento normativo nazionale. Lo stesso Trattato peraltro
include tra i diritti fondamentali dell'Unione il rispetto della dignità umana e della
vita privata e familiare nonché il diritto a un processo equo. In uno Stato di diritto
solo la verità processuale dopo un giudizio definitivo può privare l'uomo della dignità
e dell'onorabilità. La verità televisiva, mediatica, la diffusione di indiscrezioni e
illazioni pongono sotto nuovi aspetti il problema della tutela della dignità umana. La
via che l'Autorità ha privilegiato è quella dell'autogestione. In base al Codice di
autoregolamentazione sulla rappresentazione in TV di fatti relativi a indagini e processi
in corso, l'apposito Comitato -costituito dai rappresentanti delle emittenti televisive ma
anche dell'Ordine dei giornalisti e della Federazione nazionale della stampa e presieduto
da un ex presidente della Corte costituzionale- ha richiamato l'esigenza di attenersi alla
veridicità, alla completezza, all'imparzialità ed al rispetto del contraddittorio,
verificando e garantendo che i fatti e le circostanze rappresentati trovino rispondenza
obiettiva in fonti suscettibili di riscontro, secondo le varie fasi delle indagini o dei
processi. L'accesso senza discriminazioni ai mezzi di informazione delle forze politiche e
sociali va tutelato; specialmente in un sistema concentrato (tripolare) come quello
italiano. La Rai non ha le risorse sufficienti per migliorare la rete trasmissiva, per
investire nell'alta definizione e nella televisione su internet, svolgendo quel ruolo di
pivot delle nuove tecnologie segnato nelle nostre Linee guida. Si liberino quindi gli
elementi imprenditoriali con un assetto diverso della governance, svincolato dai partiti,
che valorizzi la capacità gestionale e decisionale (con le correlative responsabilità);
si chiarisca e si renda più trasparente ed accountable agli utenti il ruolo della TV
pubblica. La Rai, comunque, deve acquisire effettivamente le risorse del canone, con un
sistema di riscossione che riduca l'evasione, anche per migliorare la qualità; la
soluzione c'è; basta volerla. Finalmente il mini-qualitel ci ha fornito indicazioni che
la Rai dovrebbe tenere in conto nel formare il palinsesto del servizio pubblico. Sistemi
diversi di formazione delle regole sulla comunicazione politica per la TV pubblica e per
quella privata danno adito a sfasature e distorsioni. Gli orientamenti della Corte
costituzionale sui programmi di informazione sono stati ribaditi dalla recente
giurisprudenza del TAR. Ad essi si è immediatamente conformata questa Autorità, che alla
giurisdizione del TAR è soggetta. Non così la Rai, in quanto le regole dettate dalla
Commissione parlamentare di vigilanza non sono sottoposte al vaglio del giudice
amministrativo. Ma le considerazioni da questo espresse dovrebbero essere criteri guida
per tutti. Internet trasforma la televisione e la radio e queste a loro volta trasformano
internet. Le maggiori emittenti nazionali hanno iniziato a rendere disponibile la
programmazione su internet, il che muta il palinsesto tradizionale in una serie di clips
audio-video fruibili singolarmente, in diretta o in differita. L'Autorità ha avviato una
consultazione pubblica su queste nuove forme di televisione (catch-up e over the top TV)
al fine di determinare se il regime giuridico debba essere differenziato da quello per la
TV tradizionale. I seri problemi generati da internet non obliterano la sua insostituibile
funzione informativa. È stato giustamente osservato che se ci fosse stato internet
l'Olocausto non avrebbe potuto essere ignorato. Anche nell'analisi di mercato che abbiamo
avviato per verificare la situazione del pluralismo in Italia emerge, dai primi risultati,
il ruolo crescente di internet. In considerazione di ciò e dell'eterogeneità dei
riferimenti attuali si palesa la necessità di una ridefinizione per via legislativa delle
aree economiche rilevanti ai fini del Sistema integrato delle comunicazioni (SIC).
4.- Le tecnologie ridisegnano l'editoria: governare la trasformazione.
L'editoria, specie quella quotidiana, rappresenta ancora il secondo mezzo di diffusione
dell'informazione, e, quindi, un forte presidio per il pluralismo. Ma la lettura dei
quotidiani è in strutturale diminuzione e nulla è avvenuto in questo anno per
incentivarla. Non c'è stato recupero di risorse pubblicitarie dei giornali da internet,
nel quale invece crescono le risorse attratte dai motori di ricerca. I principali giornali
ormai integrano la versione cartacea con i servizi on line, che vengono aggiornati
continuamente. Due mesi fa il premio Pulitzer per il giornalismo investigativo è stato
assegnato ad un sito internet, ProPublica.org. La rete non cancella l'industria del
giornalismo; la cambia. E' essenziale che la funzione del giornalista non venga meno; il
giornalista ha un compito informativo indeclinabile e non sostituibile dal flusso di
notizie che scorre nella rete. Le nuove applicazioni tecnologiche (e-readers o tablet-pc,
come l'i-pad) sono un'occasione per riavvicinare i giovani alla lettura dei giornali e dei
libri; può esserci una nuova stagione per la lettura, in un nuovo formato. Opportunamente
il Governo ha previsto incentivi ai giovani per la larga banda. Se nella prossima
finanziaria si prevedesse che gli studenti possono fruire di un bonus governativo per
l'abbonamento gratuito a un quotidiano on line, si potrebbero centrare due obiettivi:
diffusione della larga banda e diffusione dei giornali. Diffondere i libri di testo in via
elettronica comporterebbe un risparmio per le famiglie e potrebbe arricchire i libri di
contenuti multimediali, suscitando l'interesse dei ragazzi.
5.- Informazione, trasparenza e correttezza alla base della tutela del
consumatore. La trasparenza e le certezze per il consumatore sui prezzi e sulla
qualità dei servizi non sono ancora sufficienti. Siamo intervenuti ripetutamente per
reprimere comportamenti che danno effimeri benefici ma che in definitiva danneggiano la
credibilità del settore. Le chiamate tariffate a scatti dai cellulari possono far
lievitare i costi delle chiamate, specialmente nelle aree dove la copertura è difficile.
Abbiamo preteso che ogni operatore introduca e mantenga un piano tariffario al secondo,
con il prezzo massimo degli SMS in linea con il Regolamento europeo. L'utente deve avere
il controllo della spesa telefonica; non possono esserci automatismi che portino a
bollette esorbitanti. Abbiamo introdotto un sistema di accreditamento di motori di ricerca
che faciliti il confronto delle tariffe telefoniche. I costi per la navigazione internet
in roaming sono altissimi. Insisteremo presso la UE per l'abbattimento di questi costi. I
cittadini non conoscono la qualità della propria connessione a larga banda. Da ottobre
sarà possibile scaricare un software sviluppato da AGCOM per misurare la qualità. L'anno
trascorso ha visto un importante passo in avanti nell'attuazione dell'articolazione
territoriale dell'Autorità, con il conferimento di ulteriori deleghe ai Co.re.com. . In
tal modo, i Co.re.com. si profilano quali garanti e mediatori tra le istituzioni
regionali, gli operatori del settore e i cittadini; in coerenza con la logica di governo
del territorio, ridefinita con la riforma del Titolo V della Costituzione, che ha nella
sussidiarietà il principio cardine. Le istanze presentate dagli utenti ai Co.re.com. sono
state 43.095 (a fronte delle 38.590 dell'anno precedente); il tasso di efficacia del
processo di conciliazione è aumentato fino al 62% (nel 2008 era di circa il 50%). E' un
modello paragiurisdizionale che funziona, come riconosciuto anche dalla Corte di giustizia
europea. I procedimenti sanzionatori avviati dall'Autorità nel 2009 (96) sono stati il
doppio di quelli nel 2008. Il totale delle sanzioni irrogate è stato di 5,2 milioni di
euro. Grazie alle Associazioni dei consumatori per la loro costante azione di vigilanza e
di stimolo. Preziosa è la collaborazione della Guardia di finanza e della Polizia
postale.
6.- Indipendenza. Le Autorità indipendenti non nascono dalla
mente di Zeus, come Atena. Ma o sono indipendenti o non hanno motivo di essere.
L'indipendenza va verificata ogni giorno. Nessuno degli atti istituzionali e delle
decisioni collegiali adottati dall'Autorità ha risentito delle pressioni e insistenze che
possono essere state esercitate, da qualsiasi parte. Peraltro, l'indipendenza può e deve
essere rafforzata - nel concetto, nei requisiti e nelle garanzie per i membri
dell'Autorità, nonché nelle consequenziali responsabilità di questi- conformandosi al
paradigma della Direttiva UE, che va recepita sollecitamente (come abbiamo fatto presente
al Governo), anche perché da quest'anno l'Autorità è parte integrante del sistema
europeo delle Autorità indipendenti di settore. L'indipendenza si preserva pure con
l'autonomia economica e finanziaria. Noi non viviamo col finanziamento dello Stato,
viviamo sostanzialmente col contributo degli operatori. Ogni distoglimento di tale
contributo dalla sua destinazione si traduce in una tassazione occulta e si pone in
contrasto col diritto comunitario, il quale prevede che il finanziamento degli operatori
di settore sia imputabile ad un numerus clausus di attività, puntualmente elencate nelle
Direttive europee.
7.- Pensare digitale. Da qualche settimana l'Europa ha
un'Agenda digitale. A pochi mesi dal lancio del broadband plan americano, la Commissione
europea ha varato la sua manovra che mira a recuperare la minore velocità di sviluppo
delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, realizzando un mercato digitale
europeo alimentato da reti internet ultraveloci e da applicazioni interoperabili. E
l'Italia? Ancora una volta noi abbiamo prefigurato prima degli altri la realtà in
divenire, ma poi questa ha sorpassato la nostra capacità realizzatrice. Le
telecomunicazioni sono nella più grande fase di trasformazione da 70 anni in qua. Finora
il servizio in voce ha fornito il 70% dei ricavi e parte preponderante degli utili, ma i
volumi di traffico in rete crescono vigorosamente ogni anno, anche in un sistema-Paese
ancora poco digitale qual è il nostro. La rete attuale presenta ormai molteplici
situazioni di saturazione sia per la rete fissa che per quella mobile. Il futuro
presuppone l'ultra banda, le reti di nuova generazione in fibra ottica con capacità di
trasmissione sopra i 50 Mbit/s. Ma gli stessi dati che ci vedono ai primi posti in Europa
sul fronte dei prezzi dei servizi tradizionali e della concorrenza infrastrutturata, ci
classificano sotto la media UE per diffusione della banda larga; siamo sotto la media
anche per il numero di famiglie connesse a internet, oltre che per la diffusione degli
acquisti on-line e per il contributo dell'ICT al PIL. Il nostro Paese è il fanalino di
coda nel commercio e nei servizi elettronici. Le nostre imprese vendono poco sul web; la
quota di esportazioni legate all'ICT è pari al 2,2% e relega l'Italia al penultimo posto
in Europa.
8.- La visione - di sistema - che ancora manca. A cosa si deve
una situazione così depressa nonostante il livello e i bassi prezzi del nostro sistema di
telecomunicazioni? Sono molteplici i fattori che influiscono sulla domanda. L'UE ha
tuttavia rilevato che l'Italia ha il record degli acquisti on line dei biglietti del treno
e dell'aereo. Come mai? Oltre a non fare più la coda, l'utente non paga i diritti di
emissione e non deve necessariamente stampare il biglietto. Se l'Italia vuole essere on
line deve rimuovere le remore mentali e azzerare i balzelli digitali. Su questo tema
devono collaborare le Autorità di settore (AGCM, AGCOM, Banca d'Italia) e il Governo. Il
ragionamento secondo logiche passatiste, per cui bisognerebbe creare le condizioni della
domanda prima di investire in nuove infrastrutture, riduce all'immobilismo. Per le nuove
tecnologie, i percorsi di creazione e stimolo di domanda e offerta vanno di pari passo. In
un ecosistema ogni singola parte cresce con il tutto; è una visione olistica delle reti e
delle relazioni che si sviluppano. Il tema chiave dell'Agenda europea è proprio la
visione unitaria dell'ecosistema digitale. Vodafone, Wind e Fastweb hanno avanzato
congiuntamente uno schema di piano, cui ha aderito anche Tiscali, che postula, in una
prima fase, investimenti (propri e altrui) per 2,5 miliardi di euro al fine di realizzare
una rete in fibra destinata a connettere una parte rilevante della popolazione entro 5
anni. Telecom Italia, a sua volta, ha illustrato il 10 giugno scorso all'Autorità il suo
piano che annuncia fino a 7 miliardi di investimenti nei primi 3 anni (2010-1012), inclusi
gli interventi necessari per il rilegamento in fibra delle centrali (backhauling), che ha
carattere prioritario. L'obiettivo immediato, per quanto riguarda la rete di accesso, è
quello di collegare con la fibra ottica le unità immobiliari nelle 13 maggiori città
italiane entro il 2015. In altre 125 città l'accesso in fibra arriverebbe
successivamente. Lo switch off è legato al raggiungimento di determinate soglie di
traffico. Ogni imprenditore ha diritto di fare i suoi piani industriali e l'Autorità
asseconderà ogni iniziativa, nel rispetto delle regole, in particolare di quelle
sull'accesso. Ma rilevo che l'Agenda digitale europea prevede che almeno il 50% delle
famiglie europee utilizzi un collegamento superiore ai 100 Mbps entro il 2020. I piani
proposti portano a questo risultato? Il piano Telecom consiste in parte in un progetto
industriale che tende a uno sviluppo della rete ad alta velocità strettamente
dimensionato sulle richieste attuali dell'utenza e su quelle ravvicinatamente attese.
Questa è la parte in atto finanziata e scadenzabile in piani esecutivi. Da parte sua lo
schema di piano degli operatori alternativi non è certo in uno stadio più avanzato di
attuabilità, subordinato, com'è, ad alcune condizioni, prima fra tutte a quella del
finanziamento. L'impressione è dunque che le pur apprezzabili idee progettuali proposte
offrano una visione di quello che si può fare, ma non ancora di quello che concretamente
ci si impegna a fare. C'è, inoltre, parziale sovrapposizione delle aree geografiche
d'intervento, senza coordinamento delle opere di posa. Per raggiungere gli obiettivi
dell'Agenda digitale servono piani operativi. Ci vuole quindi -sia pure, se del caso,
integrativamenteun'iniziativa complessiva, un progetto Italia per una fiber Nation, che
eviti costose duplicazioni delle infrastrutture civili e faccia fare al Paese il salto di
qualità di cui ha bisogno. Per centrare l'obiettivo della Digital Agenda sono necessari
accordi, coordinati a livello nazionale, tra operatori di telecomunicazioni,
Amministrazioni territoriali, altri eventuali imprenditori, finalizzati alla progressiva
conversione alla fibra di determinate aree territoriali. Ciò darebbe al progetto
prospettive di redditività con il carattere di certezza tipico delle utilities e
aprirebbe potenzialmente la porta al finanziamento di investitori istituzionali, quale, in
primis, la Cassa depositi e prestiti. Seguiamo con attenzione e interesse il tavolo
tecnico a tal fine convocato dal Vice ministro Romani. Non stiamo suggerendo progetti
lunari. La Regione Lombardia e la Provincia di Trento hanno già in corso progetti di tale
tipo. Progetti sperimentali sono stati avviati anche in alcuni quartieri urbani. In
Francia il Governo ha lanciato un piano nazionale per l'economia digitale e l'ultra banda;
i principali operatori hanno deciso di coordinarsi per realizzare una rete in fibra; la
legge ha imposto a tutti gli operatori la condivisione delle cablature condominiali; il
regolatore ha posto a consultazione pubblica il quadro regolamentare per lo sviluppo della
fibra che differenzia le regole per le aree urbane da quelle a bassa densità di traffico.
9.- Investire per uscire prima dalla crisi e tornare a crescere. Ma
è compatibile il progetto di una fiber Nation con l'obiettivo -assolutamente prioritario
e non compromettibile- della stabilità? "Una stabilità duratura dei mercati si ha
solo con la ripresa della crescita, perché non va dimenticato che questa crisi è
soprattutto una crisi di competitività". L'Italia non cresce da 15 anni. La crescita
dei Paesi è legata a fattori strutturanti fondamentali. La rivoluzione della larga banda,
dell'alta velocità trasmissiva, è comparabile con le grandi rivoluzioni industriali del
secolo scorso. Certo è tempo di risparmi. Ma l'investimento in fibra ottica è visto
negli USA e altrove anche come una exit strategy. Da noi l'OCSE ha stimato che basterebbe
un risparmio annuo fra l'1,41% e l'1,7% per 10 anni sulle spese effettuate nei settori
dell'elettricità, sanità, trasporti e educazione per giustificare in Italia la
costruzione di una nuova rete. Secondo uno studio di Confindustria, i risparmi ottenibili
nel sistema sanitario mediante l'utilizzazione della larga banda si aggirerebbero sul 10%:
cifra importante se si tiene conto dell'enorme ammontare della spesa sanitaria. E sarebbe
di circa 10 miliardi l'anno il risparmio applicabile alla bolletta energetica nazionale
per effetto dell'ottimizzazione del controllo dei consumi e delle erogazioni. L'Autorità
(col programma di ricerca ISBUL) ha commissionato a qualificati atenei italiani una
valutazione dell'impatto di una nuova rete in fibra sull'economia nazionale, ottenendo
stime coerenti con gli studi internazionali. Rinunciare a un tale progetto non comporta
dunque solo la rinuncia del nostro Paese a svolgere un futuro da protagonista
nell'innovazione, ma anche una sua minore capacità di reazione alla crisi economica
contingente, realizzando dei risparmi. Il tessuto socio-economico dell'Italia (reti di
piccole e medie imprese, prodotti ad alto valore aggiunto, concentrazione per distretti
industriali, turismo e servizi) beneficerebbe della larga banda più di altri Paesi
europei. Bisogna saper fare delle scelte, privilegiando i fattori strutturali di sviluppo
che internazionalizzino la nostra economia.
10.- Il contributo dell'Autorità: regole e suggerimenti per un'agenda
per l'Italia. Come negli USA, e come hanno fatto di recente l'UE e i principali
Paesi europei, serve quindi un'Agenda digitale su misura per l'Italia, che concentri lo
sforzo e colga le specificità del sistema produttivo e sociale nazionale e fissi gli
obiettivi normativi e programmatici dei prossimi 3-5 anni. L'Autorità farà la sua parte,
dettando regole che, garantendo l'accesso: - riconoscano, con fini incentivanti, un premio
di rischio per il capitale investito; - favoriscano gli investimenti condivisi; -
garantiscano la neutralità tecnologica e la parità di condizioni nell'utilizzazione
delle infrastrutture comuni. Affronteremo anche il tema della transizione dal rame alla
fibra dando certezza delle modalità e dei tempi. Ma questo non basta. Il settore pubblico
può fare molto, anche in tempi di rigore di bilancio. Innanzi tutto coordinando gli
interventi. Ci vuole un riordinamento radicale, un organico disegno legislativo che
componga ed essenzializzi molteplici misure: - Norme quadro per la costruzione e
condivisione delle infrastrutture che affranchino dalle molteplici autorizzazioni e/o
concessioni; - Completamento delle norme sull'interoperabilità dei servizi della PA e
sanità on line; - Norme per la liberalizzazione delle transazioni on line e il commercio
elettronico; - Norme sulla sicurezza delle reti; - Liberazione delle radiofrequenze per la
larghissima banda e meno vincoli per il Wi-fi; - Utilizzazione di parte dei proventi delle
aste delle radiofrequenze per gli incentivi alla larga banda e per la riduzione del
digital divide; - Contributi per la rottamazione degli apparati informatici obsoleti; -
Elevazione del tetto del credito d'imposta per gli investimenti delle imprese e riduzione
delle imposte sui finanziamenti a lungo termine per interventi strutturali. Agevolazioni
fiscali per l'impiego di capitali privati nel finanziamento di progetti di lungo periodo
con forti esternalità positive (tra cui le reti NGN) possono rappresentare una valida
alternativa all'impiego di risorse di bilancio sempre più scarse. Subito dopo andrà
affrontata la riforma del diritto d'autore, bilanciando, come evidenziato dall'Autorità
nella sua recente indagine conoscitiva, i diritti degli autori e quello degli utenti che
navigano in rete. Daremo seguito alla regolamentazione che la legge ci affida; ma non ci
si può nascondere che la pirateria informatica è diventata un problema di portata
enorme. Gli autori sono privati della remunerazione loro dovuta e gli investimenti nella
rete vengono scoraggiati quando l'accesso non avviene nei modi normali ma tramite motori
di ricerca e aggregatori di contenuto che si sottraggono a ogni pagamento sia agli autori
che agli operatori proprietari della rete. L'Autorità non ha il ruolo che il presidente
Obama ha assegnato all'omologa Autorità statunitense (la Federal Communications
Commission). Tuttavia sia la sua legge istitutiva che la recente legge sulla Concorrenza
le attribuiscono la facoltà di fare segnalazioni al Governo. Assolveremo a questo compito
di "segnalatore". Le autostrade delle nuove comunicazioni sono il fertilizzante
principale di quell'economia della conoscenza che si attesta come nuovo paradigma di
modello capitalistico partecipato. Ma senza lo stock di capitale infrastrutturale fisico
nelle reti di nuova generazione i nuovi investimenti renderanno sempre meno, accrescendo
il divario con i Paesi a maggiore velocità. Per realizzare una rete in fibra ottica ci
vogliono dai quattro agli otto anni. Bisogna dunque pensarci oggi. Perché domani l'oggi
potrebbe essere ormai, irrecuperabilmente, l'ieri. |
|
Disegno di Legge sulle
intercettazioni telefoniche - Senato n. 1611
Approvato dal Senato, con modificazioni, il
10 giugno 2010. Passa alla Camera
|
NOTA. Questo Disegno di legge è stato molto
contrastato, dentro e fuori la "maggioranza". Da alcuni (soprattutto del mondo
della stampa) ritenuto "liberticida", da altri un mezzo di difesa dei cittadini
dal cannibalismo di magistrati e stampa.
Francamente, non abbiamo la preparazione tecnica per un giudizio,
anche perchè è stata sollevata molta polvere, che ha ostacolato un filtro sulle
argomentazioni.
Trattandosi, tuttavia, di materia di libertà, lo giriamo tale e quale senza
commento, dentro l'università perchè ognuno si faccia del disegno la convinzione che
crede.
A loro volta, i Colleghi della materia, se vogliono, potranno darci qualche
lume, che pubblicheremmo volentieri. |
Senato - Legislatura 16º
- Disegno di legge N. 1611
Art. 1.
1. Allarticolo 36, comma 1, del codice di
procedura penale, dopo la lettera h) è aggiunta la seguente:
«h-bis) se ha
pubblicamente rilasciato dichiarazioni concernenti il procedimento affidatogli».
2. Allarticolo 53 del codice di procedura penale sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2, nel primo periodo,
dopo le parole: «lettere a), b), d), e)» sono inserite le seguenti: «e h-bis),
nonché se risulta iscritto nel registro di cui allarticolo 335 per il reato
previsto dallarticolo 379-bis del codice penale, in relazione al procedimento
assegnatogli, sentito in tale caso il capo dellufficio competente ai sensi
dellarticolo 11, al fine di valutare la effettiva sussistenza di ragioni oggettive
per provvedere alla sostituzione»;
b) al comma 2, è
aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il procuratore generale procede allo stesso modo
se il capo dellufficio e il magistrato assegnatario risultano indagati per il reato
previsto dallarticolo 379-bis del codice penale, ovvero hanno rilasciato
dichiarazioni pubbliche in merito al procedimento.»;
c) dopo il comma 2 è inserito il
seguente:
«2-bis. Di ogni iscrizione di magistrati nel
registro di cui allarticolo 335 per il reato previsto dallarticolo 379-bis del
codice penale, il procuratore della Repubblica informa immediatamente il capo
dellufficio presso cui il magistrato indagato presta servizio ovvero il procuratore
generale nellipotesi che indagati risultino il capo dellufficio e il
magistrato assegnatario».
3. Allarticolo 103 del codice di procedura penale sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 5 è aggiunto, in fine,
il seguente periodo: «Il divieto opera anche nel caso di intercettazione eseguita su
utenza diversa da quella in uso al difensore o agli altri soggetti incaricati.»;
b) dopo il comma 5 è
inserito il seguente:
«5-bis. Ferma restando leventuale
responsabilità penale, costituiscono illecito disciplinare lannotazione,
linformativa, anche verbale, e lutilizzazione delle conversazioni o
comunicazioni di cui al comma 5».
4. Allarticolo 114, comma 2, del codice di procedura penale
è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Di tali atti è sempre consentita la
pubblicazione per riassunto».
5. Allarticolo 114 del codice di procedura penale,
dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:
«2-bis. È vietata la pubblicazione, anche
parziale, per riassunto o nel contenuto, della documentazione e degli atti relativi a
conversazioni, anche telefoniche, o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche
ovvero ai dati riguardanti il traffico telefonico o telematico, anche se non più coperti
dal segreto, fino alla conclusione delle indagini preliminari ovvero fino al termine
delludienza preliminare.
2-ter. È vietata la pubblicazione, anche
parziale, per riassunto o nel contenuto, delle richieste e delle ordinanze emesse in
materia di misure cautelari. Di tali atti è tuttavia consentita la pubblicazione nel
contenuto dopo che la persona sottoposta alle indagini o il suo difensore abbiano avuto
conoscenza dellordinanza del giudice, fatta eccezione per le parti che riproducono
la documentazione e gli atti di cui al comma 2-bis».
6. Dopo il comma 6-bis dellarticolo 114 del
codice di procedura penale è inserito il seguente:
«6-ter. Sono vietate la pubblicazione e la diffusione dei
nomi e delle immagini dei magistrati relativamente ai procedimenti e processi penali loro
affidati. Il divieto relativo alle immagini non si applica allipotesi di cui
allarticolo 147 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del
presente codice, nonché quando, ai fini dellesercizio del diritto di cronaca, la
rappresentazione dellavvenimento non possa essere separata dallimmagine del
magistrato».
7. Allarticolo 114 del codice di procedura penale, il comma
7 è sostituito dal seguente:
«7. È in ogni caso vietata la pubblicazione, anche
parziale o per riassunto, della documentazione, degli atti e dei contenuti relativi a
conversazioni o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche di cui sia stata
ordinata la distruzione ai sensi degli articoli 269 e 271. È altresì vietata la
pubblicazione, anche parziale o per riassunto, della documentazione, degli atti e dei
contenuti relativi a conversazioni o a flussi di comunicazioni telematiche riguardanti
fatti, circostanze e persone estranee alle indagini, di cui sia stata disposta
lespunzione ai sensi dellarticolo 268, comma 7-bis».
8. Allarticolo 115 del codice di procedura penale, il comma
2 è sostituito dal seguente:
«2. Di ogni iscrizione nel registro degli indagati per
fatti costituenti reato di violazione del divieto di pubblicazione commessi dalle persone
indicate al comma 1, il procuratore della Repubblica procedente informa immediatamente
lorgano titolare del potere disciplinare, che nei successivi trenta giorni, ove
siano state verificate la gravità del fatto e la sussistenza di elementi di
responsabilità, e sentito il presunto autore del fatto, dispone la sospensione cautelare
dal servizio o dallesercizio della professione fino a tre mesi».
9. Al comma 2 dellarticolo 240 del codice di procedura
penale, nel secondo periodo, dopo le parole: «per i documenti formati attraverso la
raccolta illegale di informazioni» sono aggiunte le seguenti: «e per i documenti, i
supporti e gli atti relativi alle riprese e registrazioni fraudolente di cui
allarticolo 616-bis del codice penale, salvi i casi in cui la punibilità è
esclusa ai sensi del secondo comma del medesimo articolo».
10. Larticolo 266 del codice di procedura penale
è sostituito dal seguente:
«Art. 266. - (Limiti di ammissibilità). 1. Lintercettazione
di conversazioni o comunicazioni telefoniche, di altre forme di telecomunicazione, di
immagini mediante riprese visive e lacquisizione della documentazione del traffico
delle conversazioni o comunicazioni sono consentite nei procedimenti relativi ai seguenti
reati:
a) delitti non colposi per i quali
è prevista la pena dellergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque
anni determinata a norma dellarticolo 4;
b) delitti contro la
pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore
nel massimo a cinque anni determinata a norma dellarticolo 4;
c) delitti concernenti sostanze
stupefacenti o psicotrope;
d) delitti concernenti le armi e le
sostanze esplosive;
e) delitti di contrabbando;
f) reati di ingiuria, minaccia,
usura, abusiva attività finanziaria, abuso di informazioni privilegiate, manipolazione
del mercato, molestia o disturbo delle persone col mezzo del telefono, atti persecutori;
g) delitti previsti
dallarticolo 600-ter, terzo comma, del codice penale, anche se relativi al
materiale pornografico di cui allarticolo 600-quater.1 del medesimo codice.
2. Negli stessi casi è consentita
lintercettazione di comunicazioni tra presenti solo se vi è fondato motivo di
ritenere che nei luoghi ove è disposta si stia svolgendo lattività criminosa.
Tuttavia, qualora dalle indagini svolte emerga che lintercettazione potrebbe
consentire lacquisizione di elementi fondamentali per laccertamento del reato
per cui si procede o che dallintercettazione possano emergere indicazioni rilevanti
per impedire la commissione di taluno dei reati indicati nel comma 1, e la stessa debba
essere eseguita in luoghi diversi da quelli indicati dallarticolo 614 del codice
penale, il pubblico ministero, con decreto eventualmente reiterabile ricorrendone i
presupposti, dispone le operazioni per non oltre tre giorni, secondo le modalità indicate
nellarticolo 267, comma 3-bis».
11. Allarticolo 267 del codice di procedura penale sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dai
seguenti:
«1. Il pubblico ministero richiede lautorizzazione a
disporre le operazioni previste dallarticolo 266 al tribunale del capoluogo del
distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente, che decide in composizione
collegiale. La richiesta contiene, a pena di inammissibilità, lassenso scritto del
procuratore della Repubblica ovvero del procuratore aggiunto o del magistrato
appositamente delegati. Lautorizzazione è data con decreto, motivato
contestualmente e non successivamente modificabile o sostituibile, quando ricorrono
congiuntamente i seguenti presupposti:
a) sussistono gravi indizi di
reato;
b) nei casi di
intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche o di altre forme di
telecomunicazione, le utenze sono intestate o effettivamente e attualmente in uso a
soggetti indagati ovvero sono intestate o effettivamente e attualmente in uso a soggetti
diversi che, sulla base di specifici atti di indagine, risultano a conoscenza dei fatti
per i quali si procede e sussistono concreti elementi per ritenere che le relative
conversazioni o comunicazioni siano attinenti ai medesimi fatti;
c) nei casi di acquisizione della
documentazione del traffico relativo a conversazioni o comunicazioni telefoniche o ad
altre forme di telecomunicazione, le utenze sono o sono state intestate o effettivamente
in uso a soggetti indagati ovvero a soggetti diversi che, sulla base di specifici atti di
indagine, risultano a conoscenza dei fatti per i quali si procede;
d) nei casi di intercettazioni di
immagini mediante riprese visive, i luoghi appartengono a soggetti indagati o sono agli
stessi effettivamente e attualmente in uso, ovvero appartengono o sono effettivamente e
attualmente in uso a soggetti diversi che, sulla base di specifici atti di indagine,
risultano a conoscenza dei fatti per i quali si procede e sussistono concreti elementi per
ritenere che le relative condotte siano attinenti ai medesimi fatti;
e) le operazioni sono assolutamente
indispensabili ai fini della prosecuzione delle indagini.
1.1 Nel decreto con cui autorizza le operazioni,
il tribunale deve, con autonoma valutazione, dare conto dei relativi presupposti, che
devono essere espressamente e analiticamente indicati.
1.2. Il pubblico ministero, insieme con la
richiesta di autorizzazione, trasmette al tribunale il fascicolo contenente tutti gli atti
di indagine fino a quel momento compiuti.»;
b) il comma 1-bis è
sostituito dal seguente:
«1-bis. Nella valutazione dei gravi indizi di reato si
applicano le disposizioni di cui agli articoli 192, commi 3 e 4, 195, comma 7, e 203.»;
c) il comma 2 è sostituito dal
seguente:
«2. Nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di
ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il pubblico
ministero dispone le operazioni previste dallarticolo 266 con decreto, motivato
contestualmente e non successivamente modificabile o sostituibile, che va comunicato
immediatamente e comunque non oltre tre giorni al tribunale indicato nel comma 1. Il
tribunale, entro tre giorni dalla richiesta, decide sulla convalida con decreto, motivato
contestualmente e non successivamente modificabile o sostituibile. Se il decreto del
pubblico ministero non viene convalidato nel termine stabilito, le operazioni previste
dallarticolo 266 non possono essere proseguite e i risultati di esse non possono
essere utilizzati.»;
d) il comma 3 è sostituito dai
seguenti:
«3. Il decreto del pubblico ministero che dispone
lintercettazione indica le modalità e la durata delle operazioni per un periodo
massimo di trenta giorni, anche non continuativi. Il pubblico ministero dà immediata
comunicazione al tribunale della sospensione delle operazioni e della loro ripresa. Su
richiesta motivata del pubblico ministero, contenente lindicazione dei risultati
acquisiti, la durata delle operazioni può essere prorogata dal tribunale fino a quindici
giorni, anche non continuativi. Una ulteriore proroga delle operazioni fino a quindici
giorni, anche non continuativi, può essere autorizzata qualora siano emersi nuovi
elementi, specificamente indicati nel provvedimento di proroga unitamente ai presupposti
di cui al comma 1. Quando, sulla base di specifici atti di indagine, emerge
lesigenza di impedire che lattività delittuosa sia portata a conseguenze
ulteriori, ovvero che siano commessi altri reati, il pubblico ministero può richiedere
nuovamente una proroga delle operazioni fino a quindici giorni, anche non continuativi.
3-bis. Se dalle indagini emerge che le operazioni
di cui allarticolo 266 possono consentire lacquisizione di elementi
fondamentali per laccertamento del reato per cui si procede o che da esse possono
emergere indicazioni rilevanti per impedire la commissione di taluno dei reati indicati
nel comma 1 dellarticolo 266, e sono scaduti i termini indicati nel comma 3 del
presente articolo, il pubblico ministero, con decreto eventualmente reiterabile
ricorrendone i presupposti, dispone le operazioni con le modalità di cui al comma 2, per
non oltre tre giorni. In tal caso trasmette al tribunale gli atti rilevanti ai fini della
convalida, anche per via telematica.
3-ter. Quando le operazioni di cui allarticolo 266
sono necessarie per lo svolgimento delle indagini in relazione a delitti di cui
allarticolo 51, commi 3-bis e 3-quater, lautorizzazione di cui
ai commi precedenti è data se vi sono sufficienti indizi di reato. Nella valutazione dei
sufficienti indizi si applica larticolo 203. La durata delle operazioni non può
superare i quaranta giorni, ma può essere prorogata dal tribunale con decreto motivato
per periodi successivi di venti giorni, qualora permangano gli stessi presupposti, entro i
termini di durata massima delle indagini preliminari. Nei casi di urgenza, alla proroga
provvede direttamente il pubblico ministero ai sensi del comma 2. Lintercettazione
di comunicazioni tra presenti di cui al comma 2 dellarticolo 266, disposta in un
procedimento relativo ai delitti di cui al presente comma, è consentita anche se non vi
è motivo di ritenere che nei luoghi ove è disposta si stia svolgendo lattività
criminosa.
3-quater. Nel decreto di cui al comma 3 il pubblico
ministero indica lufficiale di polizia giudiziaria responsabile del corretto
adempimento delle operazioni, nei casi in cui non vi procede personalmente.»;
e) al comma 4 è
aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nei casi di cui al comma 3-ter il
pubblico ministero e lufficiale di polizia giudiziaria possono farsi coadiuvare da
agenti di polizia giudiziaria.»;
f) il comma 5 è
sostituito dal seguente:
«5. In apposito registro riservato tenuto in
ogni procura della Repubblica sono annotati, secondo un ordine cronologico, la data e
lora di emissione e la data e lora di deposito in cancelleria o in segreteria
dei decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano le intercettazioni e, per
ciascuna intercettazione, linizio e il termine delle operazioni».
12. Allarticolo 268 del codice di procedura penale sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) i commi 1, 2 e 3 sono sostituiti
dai seguenti:
«1. Le comunicazioni intercettate sono registrate e delle
operazioni è redatto verbale. I verbali e i supporti delle registrazioni sono custoditi
nellarchivio riservato di cui allarticolo 269.
2. Il verbale di cui al comma 1 contiene
lindicazione degli estremi del decreto che ha disposto lintercettazione, la
descrizione delle modalità di registrazione, lannotazione del giorno e
dellora di inizio e di cessazione dellintercettazione; nel medesimo verbale
sono altresì annotati cronologicamente, per ogni comunicazione intercettata, i
riferimenti temporali della comunicazione e quelli relativi allascolto, la
trascrizione sommaria del contenuto, nonché i nominativi delle persone che hanno
provveduto alla loro annotazione.
3. Le operazioni di registrazione sono compiute per mezzo
degli impianti installati nei centri di intercettazione telefonica istituiti presso ogni
distretto di corte dappello. Le operazioni di ascolto sono compiute mediante gli
impianti installati presso la competente procura della Repubblica ovvero, previa
autorizzazione del pubblico ministero, presso i servizi di polizia giudiziaria delegati
per le indagini.»;
b) dopo il comma 3-bis
è inserito il seguente:
«3-ter. Ai procuratori generali presso la corte
dappello e ai procuratori della Repubblica territorialmente competenti sono
attribuiti i poteri di gestione, vigilanza, controllo e ispezione, rispettivamente, dei
centri di intercettazione e dei punti di ascolto di cui al comma 3.»;
c) i commi 4, 5 e 6 sono sostituiti
dai seguenti:
«4. I verbali e le registrazioni sono immediatamente
trasmessi al pubblico ministero. Entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni,
il pubblico ministero deposita in segreteria i verbali e le registrazioni attinenti al
procedimento insieme con i decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o
prorogato lintercettazione, rimanendovi per il tempo fissato dal pubblico ministero,
comunque non inferiore a quindici giorni, salvo che il tribunale, su istanza delle parti,
tenuto conto del loro numero nonché del numero e della complessità delle
intercettazioni, non riconosca necessaria una proroga.
5. Se dal deposito può derivare un grave
pregiudizio per le indagini, il tribunale autorizza motivatamente il pubblico ministero a
ritardarlo non oltre la data di emissione dellavviso della conclusione delle
indagini preliminari.
6. Ai difensori delle parti è immediatamente dato avviso
che, entro il termine di cui ai commi 4 e 5, hanno facoltà di prendere visione dei
verbali e dei decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato
lintercettazione e di ascoltare le registrazioni ovvero di prendere visione delle
videoregistrazioni o cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche. È
vietato il rilascio di copia dei verbali, dei supporti e dei decreti.»;
d) dopo il comma 6 sono
inseriti i seguenti:
«6-bis. È vietato disporre lo stralcio delle
registrazioni e dei verbali attinenti al procedimento prima del deposito previsto dal
comma 4.
6-ter. Scaduto il termine, il pubblico ministero
trasmette immediatamente i decreti, i verbali e le registrazioni al tribunale, il quale
fissa la data delludienza in camera di consiglio per lacquisizione delle
conversazioni o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche indicati dalle
parti, che non appaiono manifestamente irrilevanti, procedendo anche dufficio allo
stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata lutilizzazione. Il
tribunale decide in camera di consiglio a norma dellarticolo 127.»;
e) i commi 7 e 8 sono
sostituiti dai seguenti:
«7. Il tribunale, qualora lo ritenga necessario ai fini
della decisione da assumere, dispone la trascrizione integrale delle registrazioni
acquisite ovvero la stampa in forma intelligibile delle informazioni contenute nei flussi
di comunicazioni informatiche o telematiche acquisite, osservando le forme, i modi e le
garanzie previsti per lespletamento delle perizie. Le trascrizioni o le stampe sono
inserite nel fascicolo per il dibattimento.
7-bis. È sempre vietata la trascrizione delle
parti di conversazioni riguardanti esclusivamente fatti, circostanze e persone estranei
alle indagini. Il tribunale in ogni caso dispone che i nomi o i riferimenti identificativi
di soggetti estranei alle indagini siano espunti dalle trascrizioni delle conversazioni.
8. I difensori possono estrarre copia delle trascrizioni e
fare eseguire la trasposizione delle registrazioni su supporto informatico. In caso di
intercettazione di flussi di comunicazioni informatiche o telematiche i difensori possono
richiedere copia su idoneo supporto dei flussi intercettati, ovvero copia della stampa
prevista dal comma 7».
13. Allarticolo 269 del codice di procedura penale
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal
seguente:
«1. I verbali e i supporti contenenti le registrazioni
sono conservati integralmente in un apposito archivio riservato tenuto presso
lufficio del pubblico ministero che ha disposto lintercettazione, con divieto
di allegazione, anche solo parziale, al fascicolo.»;
b) al comma 2, primo periodo, dopo
le parole: «non più soggetta a impugnazione» sono aggiunte le seguenti: «e delle
stesse è disposta la distruzione nelle forme di cui al comma 3»;
c) ai commi 2 e 3, la
parola: «giudice», ovunque ricorre, è sostituita dalla seguente: «tribunale».
14. Allarticolo 270 del codice di procedura
penale, il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. I risultati delle intercettazioni non possono essere
utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali le intercettazioni sono state
disposte, salvo che risultino indispensabili per laccertamento dei delitti di cui
agli articoli 51, commi 3-bis e 3-quater, e 407, comma 2, lettera a),
del presente codice, nonché per laccertamento dei delitti di cui agli articoli 241,
256, 257, 416-ter, 419, 600-ter, secondo comma, e 600-quinquies del
codice penale, e non siano state dichiarate inutilizzabili nel procedimento in cui sono
state disposte».
15. Allarticolo 271, comma 1, del codice di procedura
penale, le parole: «e 268 commi 1 e 3» sono sostituite dalle seguenti: «e 268, commi 1,
3, 5, 6 e 6-bis».
16. Allarticolo 271 del codice di procedura
penale, dopo il comma 1 è inserito il seguente:
«1-bis. I risultati delle intercettazioni non
possono essere utilizzati qualora, nelludienza preliminare o nel dibattimento, il
fatto risulti diverso e in relazione ad esso non sussistano i limiti di ammissibilità
previsti dallarticolo 266».
17. Allarticolo 292 del codice di procedura penale, dopo il
comma 2-ter é inserito il seguente:
«2-quater. Nellordinanza le intercettazioni di
conversazioni, comunicazioni telefoniche o telematiche possono essere richiamate soltanto
nel contenuto e sono inserite in un apposito fascicolo allegato agli atti».
18. Allarticolo 293 del codice di procedura penale, al comma
3 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In ogni caso i difensori possono prendere
visione del contenuto integrale dellintercettazione, richiamata nellordinanza
per lapplicazione delle misure».
19. Allarticolo 295, comma 3, del codice di
procedura penale, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Non si applica il
limite di durata massima delle operazioni previsto nellarticolo 267, comma 3».
20. Allarticolo 329, comma 1, del codice di procedura
penale, le parole: «Gli atti dindagine» sono sostituite dalle seguenti: «Gli atti
e le attività dindagine».
21. Allarticolo 329 del codice di procedura penale, il comma
2 è sostituito dal seguente:
«2. Quando è necessario per la prosecuzione
delle indagini, il pubblico ministero può chiedere al giudice lautorizzazione alla
pubblicazione di singoli atti o di parti di essi. In tal caso gli atti pubblicati sono
depositati presso la segreteria del pubblico ministero».
22. Alla parte seconda, libro V, titolo I, del codice di procedura
penale, dopo larticolo 329 è aggiunto il seguente:
«Art. 329-bis. - (Obbligo del segreto per le intercettazioni).
1. I verbali, le registrazioni e i supporti relativi alle conversazioni o ai
flussi di comunicazioni informatiche o telematiche custoditi nellarchivio riservato
previsto dallarticolo 269, non acquisiti al procedimento, nonché la documentazione
comunque ad essi inerente, sono sempre coperti dal segreto.
2. I documenti che contengono dati inerenti a
conversazioni o comunicazioni telefoniche, informatiche o telematiche, illecitamente
formati o acquisiti, e i documenti redatti attraverso la raccolta illecita di
informazioni, ove non acquisiti al procedimento, sono sempre coperti dal segreto; i
medesimi documenti, se acquisiti al procedimento, sono coperti dal segreto fino alla
chiusura delle indagini preliminari».
23. Allarticolo 380, comma 2, lettera m),
del codice di procedura penale, dopo le parole: «o dalle lettere a), b), c), d),»
sono inserite le seguenti: «e), e-bis),».
24. Allarticolo 89 delle norme di attuazione, di
coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo
28 luglio 1989, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è
abrogato;
b) al comma 2, le parole:
«I nastri contenenti le registrazioni» sono sostituite dalle seguenti: «I supporti
contenenti le registrazioni e i flussi di comunicazioni informatiche o telematiche» e
dopo le parole: «previsto dallarticolo 267, comma 5» sono inserite le seguenti:
«, nonché il numero che risulta dal registro delle notizie di reato di cui
allarticolo 335»;
c) dopo il comma 2 è aggiunto il
seguente:
«2-bis. Il procuratore della Repubblica designa
un funzionario responsabile del servizio di intercettazione, della tenuta del registro
riservato delle intercettazioni e dellarchivio riservato nel quale sono custoditi i
verbali e i supporti».
25. Allarticolo 129 delle norme di attuazione, di
coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo
28 luglio 1989, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, primo periodo, dopo
le parole: «dellimputazione» sono aggiunte le seguenti: «, con espressa menzione
degli articoli di legge che si assumono violati, nonché della data e del luogo del
fatto»;
b) il comma 2 è
sostituito dal seguente:
«2. Quando lazione penale è esercitata
nei confronti di un ecclesiastico o di un religioso del culto cattolico,
linformazione è inviata allautorità ecclesiastica di cui ai commi 2-ter e
2-quater.»;
c) dopo il comma 2 sono
inseriti i seguenti:
«2-bis. Il pubblico ministero invia
linformazione anche quando taluno dei soggetti indicati nei commi 1 e 2 è stato
arrestato o fermato, ovvero quando è stata applicata nei suoi confronti la misura della
custodia cautelare; nei casi in cui risulta indagato un ecclesiastico o un religioso del
culto cattolico invia, altresì, linformazione quando è stata applicata nei suoi
confronti ogni altra misura cautelare personale, nonché quando procede allinvio
dellinformazione di garanzia di cui allarticolo 369 del codice.
2-ter. Quando risulta indagato o imputato un
vescovo diocesano, prelato territoriale, coadiutore, ausiliare, titolare o emerito, o un
ordinario di luogo equiparato a un vescovo diocesano, abate di unabbazia
territoriale o sacerdote che, durante la vacanza della sede, svolge lufficio di
amministratore della diocesi, il pubblico ministero invia linformazione al cardinale
Segretario di Stato.
2-quater. Quando risulta indagato o imputato un sacerdote
secolare o appartenente a un istituto di vita consacrata o a una società di vita
apostolica, il pubblico ministero invia linformazione allordinario diocesano
nella cui circoscrizione territoriale ha sede la procura della Repubblica competente.»;
d) il comma 3-bis è
abrogato.
26. Allarticolo 147 delle norme di attuazione, di
coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo
28 luglio 1989, n. 271, il comma 2 è sostituto dal seguente:
«2. Lautorizzazione può essere data, anche senza il
consenso delle parti, dal presidente della corte dappello, quando sussiste un
interesse sociale particolarmente rilevante alla conoscenza del dibattimento».
27. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) larticolo 379-bis è
sostituito dal seguente:
«Art. 379-bis. - (Rivelazione illecita di segreti inerenti a
un procedimento penale). Salvo che il fatto costituisca più grave reato,
chiunque rivela indebitamente notizie inerenti ad atti o a documentazione del procedimento
penale coperti dal segreto, dei quali è venuto a conoscenza in ragione del proprio
ufficio o servizio svolti in un procedimento penale, o ne agevola in qualsiasi modo la
conoscenza, è punito con la reclusione da uno a sei anni.
Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della
reclusione fino a un anno.
Chiunque, dopo avere rilasciato dichiarazioni nel corso delle
indagini preliminari, non osserva il divieto imposto dal pubblico ministero ai sensi
dellarticolo 391-quinquies del codice di procedura penale è punito con la
reclusione fino a un anno.
Le pene sono aumentate se il fatto concerne comunicazioni di
servizio di appartenenti al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza o ai servizi
di informazione per la sicurezza.
Per i reati di cui al presente articolo la competenza è
determinata ai sensi dellarticolo 11 del codice di procedura penale.»;
b) allarticolo 614,
primo comma, le parole: «di privata dimora» sono sostituite dalla seguente: «privato»;
c) dopo larticolo
616 è inserito il seguente:
«Art. 616-bis. - (Riprese e registrazioni
fraudolente). Chiunque fraudolentemente effettua riprese o registrazioni di
comunicazioni e conversazioni a cui partecipa, o comunque effettuate in sua presenza, è
punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni se ne fa uso senza il consenso degli
interessati.
La punibilità è esclusa:
a) quando le riprese o
registrazioni di cui al primo comma sono utilizzate nellambito di un procedimento
innanzi allautorità amministrativa ovvero giudiziaria ordinaria o amministrativa o
nellambito di un procedimento volto alla definizione di una controversia;
b) quando le riprese o
registrazioni di cui al primo comma sono effettuate nellambito delle attività di
difesa della sicurezza dello Stato;
c) quando le riprese o le
registrazioni di cui al primo comma sono effettuate ai fini della attività di cronaca da
giornalisti appartenenti allordine professionale.
Il delitto è punibile a querela della persona
offesa.»;
d) allarticolo 617 è
aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque
pubblica intercettazioni in violazione dellarticolo 114, comma 7, del codice di
procedura penale è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.»;
e) dopo larticolo 617-sexies
è inserito il seguente:
«Art. 617-septies. - (Accesso abusivo ad atti del procedimento
penale). Chiunque mediante modalità o attività illecita prende diretta
cognizione di atti del procedimento penale coperti dal segreto è punito con la pena della
reclusione da uno a tre anni. Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o
incaricato di pubblico servizio la pena è della reclusione da due a sei anni.»;
f) allarticolo 684, le
parole: «con lammenda da euro 51 a euro 258» sono sostituite dalle seguenti: «con
lammenda da euro 1.000 a euro 5.000»;
g) allarticolo 684
sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
«La stessa pena di cui al primo comma si applica per la
violazione dei divieti previsti dallarticolo 114, comma 6-ter, del codice di
procedura penale.
Se il fatto di cui al primo comma riguarda le
intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche o di altre forme di
telecomunicazione, le immagini mediante riprese visive o lacquisizione della
documentazione del traffico delle conversazioni o comunicazioni stesse, la pena è
dellarresto fino a trenta giorni o dellammenda da euro 2.000 a euro 10.000.»;
h) al libro III, titolo
I, capo I, sezione III, paragrafo 1, dopo larticolo 685 è aggiunto il seguente:
«Art. 685-bis. - (Omesso controllo in relazione alle
operazioni di intercettazione). Salva la responsabilità dellautore della
pubblicazione e fuori dei casi di concorso, i soggetti di cui agli articoli 268, comma 3-ter,
del codice di procedura penale e 89, comma 2-bis, delle norme di attuazione, di
coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo
28 luglio 1989, n. 271, che omettono di esercitare il controllo necessario ad
impedire lindebita cognizione di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni
telefoniche, di altre forme di telecomunicazione, di immagini mediante riprese visive e
della documentazione del traffico della conversazione o comunicazione stessa di cui
allarticolo 266, comma 1, del codice di procedura penale, sono puniti con
lammenda da euro 500 a euro 1.032».
28. Larticolo 25-novies (Induzione a non rendere
dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci allautorità giudiziaria) del
decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, è sostituito dai seguenti:
«Art. 25-decies. - (Induzione a non rendere dichiarazioni o a
rendere dichiarazioni mendaci allautorità giudiziaria). 1. In relazione
alla commissione del delitto di cui allarticolo 377-bis del codice penale, si
applica allente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote.
Art. 25-undecies. - (Pubblicazione arbitraria di atti
di un procedimento penale). 1. In relazione alla commissione del reato previsto
dallarticolo 617, quarto comma, del codice penale, si applica allente la
sanzione pecuniaria da cento a trecento quote.
2. In relazione alla commissione del reato previsto
dallarticolo 684 del codice penale, si applica allente la sanzione pecuniaria
da cento a duecento quote».
29. Allarticolo 8 della legge 8 febbraio 1948,
n. 47, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il terzo comma è inserito
il seguente:
«Per le trasmissioni radiofoniche o televisive, le dichiarazioni
o le rettifiche sono effettuate ai sensi dellarticolo 32 del testo unico dei servizi
di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005,
n. 177. Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici
diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro
quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa
metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si
riferiscono.»;
b) al quarto comma, dopo le parole:
«devono essere pubblicate» sono inserite le seguenti: «, senza commento,»;
c) dopo il quarto comma
è inserito il seguente:
«Per la stampa non periodica lautore dello
scritto, ovvero i soggetti di cui allarticolo 57-bis del codice penale,
provvedono, su richiesta della persona offesa, alla pubblicazione, a proprie cura e spese
su non più di due quotidiani a tiratura nazionale indicati dalla stessa, delle
dichiarazioni o delle rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini o ai
quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della
loro reputazione o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non
abbiano contenuto di rilievo penale. La pubblicazione in rettifica deve essere effettuata,
entro sette giorni dalla richiesta, con idonea collocazione e caratteristica grafica e
deve inoltre fare chiaro riferimento allo scritto che lha determinata.»;
d) al quinto comma, le parole:
«trascorso il termine di cui al secondo e terzo comma» sono sostituite dalle seguenti:
«trascorso il termine di cui al secondo, terzo, quarto, per quanto riguarda i siti
informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, e
sesto comma» e le parole: «in violazione di quanto disposto dal secondo, terzo e quarto
comma» sono sostituite dalle seguenti: «in violazione di quanto disposto dal secondo,
terzo, quarto, per quanto riguarda i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani
e periodici diffusi per via telematica, quinto e sesto comma»;
e) dopo il quinto comma
è inserito il seguente:
«Della stessa procedura può avvalersi lautore
delloffesa, qualora il direttore responsabile del giornale o del periodico, il
responsabile della trasmissione radiofonica, televisiva, o delle trasmissioni informatiche
o telematiche, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica,
non pubblichino la smentita o la rettifica richiesta».
30. Al titolo I, capo VI, delle norme di attuazione, di
coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo
28 luglio 1989, n. 271, dopo larticolo 90 è aggiunto il seguente:
«Art. 90-bis. - (Spese di gestione e di amministrazione in
materia di intercettazioni telefoniche e ambientali). 1. Entro il 31 marzo di
ogni anno ciascun procuratore della Repubblica trasmette al Ministro della giustizia una
relazione sulle spese di gestione e di amministrazione riferite alle intercettazioni
telefoniche e ambientali effettuate nellanno precedente. Ai fini del controllo sulla
gestione amministrativa di cui alla legge 14 gennaio 1994, n. 20, la relazione è
trasmessa dal Ministro della giustizia al procuratore generale della Corte dei conti».
31. Allarticolo 4 della legge 20 giugno 2003, n. 140,
dopo il comma 4 sono aggiunti i seguenti:
«4-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano
anche quando lautorità giudiziaria esegue nei confronti di soggetti diversi da
quelli indicati nel comma 1 intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o
comunicazioni, ovvero acquisisce tabulati di comunicazioni, allorché da qualsiasi atto di
indagine emerga che le operazioni medesime sono comunque finalizzate, anche
indirettamente, ad accedere alla sfera delle comunicazioni del parlamentare.
4-ter. I verbali e i supporti contenenti le
operazioni di cui al comma 1 sono inseriti in fascicolo separato e conservati in apposita
sezione dellarchivio riservato di cui allarticolo 269, comma 1, del codice di
procedura penale».
32. Allarticolo 6 della legge 20 giugno 2003,
n. 140, dopo il comma 6 è aggiunto il seguente:
«6-bis. I verbali e i supporti contenenti le registrazioni
di cui al comma 1 sono immediatamente trasmessi al procuratore della Repubblica, che ne
dispone linserimento in un fascicolo separato, conservato in apposita sezione
dellarchivio riservato di cui allarticolo 269, comma 1, del codice di
procedura penale. Salvo quanto previsto al comma 1, della loro sussistenza è data
riservata comunicazione al parlamentare interessato alla conclusione delle indagini
preliminari».
33. Con decreto del Ministro della giustizia, sentito il Consiglio
superiore della magistratura, è stabilito annualmente lo stanziamento complessivo massimo
di spesa per il servizio riguardante le operazioni di intercettazione ripartito per
ciascun distretto di corte di appello. Il procuratore generale della corte di appello
provvede alla ripartizione dello stanziamento tra le singole procure della Repubblica. Il
limite di spesa può essere derogato su richiesta del procuratore capo al procuratore
generale per comprovate sopravvenute esigenze investigative.
34. Al fine del contenimento della spesa pubblica per
operazioni di intercettazione, con decreto dei Ministri della giustizia, dello sviluppo
economico e per la pubblica amministrazione e linnovazione, da adottare entro
centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le
tariffe per la fornitura dei servizi connessi allesecuzione delle operazioni di
intercettazione da parte delle società concessionarie di pubblici servizi di telefonia.
35. Allattuazione del comma 33 si provvede nellambito
delle risorse previste a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico del
bilancio dello Stato.
36. Larticolo 13 del decreto-legge 13 maggio 1991,
n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e
successive modificazioni, è abrogato.
37. Al codice in materia di protezione dei dati personali, di cui
al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) allarticolo 139,
il comma 5 è sostituito dai seguenti:
«5. In caso di violazione delle prescrizioni contenute nel
codice di deontologia o, comunque, delle disposizioni di cui agli articoli 11 e 137 del
presente codice, il Garante può vietare il trattamento o disporne il blocco ai sensi
dellarticolo 143, comma 1, lettera c).
5-bis. Nellesercizio dei compiti di cui
agli articoli 143, comma 1, lettere b) e c), e 154, comma 1, lettere c) e
d), il Garante può anche prescrivere, quale misura necessaria a tutela
dellinteressato, la pubblicazione o diffusione in una o più testate della decisione
che accerta la violazione, per intero o per estratto, ovvero di una dichiarazione
riassuntiva della medesima violazione.
5-ter. Nei casi di cui al comma 5-bis, il Consiglio
nazionale e il competente consiglio dellOrdine dei giornalisti, anche in relazione
alla responsabilità disciplinare, nonché, ove lo ritengano, le associazioni
rappresentative di editori possono far pervenire documenti e la richiesta di essere
sentiti.
5-quater. La pubblicazione o diffusione di cui al comma 5-bis
è effettuata gratuitamente nel termine e secondo le modalità prescritti con la
decisione, anche per quanto riguarda la collocazione, le relative caratteristiche anche
tipografiche e leventuale menzione di parti interessate. Per le modalità e le spese
riguardanti la pubblicazione o diffusione disposta su testate diverse da quelle attraverso
le quali è stata commessa la violazione, si osservano le disposizioni di cui
allarticolo 15 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11
luglio 2003, n. 284.»;
b) allarticolo 170,
comma 1, dopo le parole: «26, comma 2, 90,» sono inserite le seguenti: «139, comma 5-bis,».
38. Allarticolo 2, comma 1, del decreto legislativo 23
febbraio 2006, n. 109, dopo la lettera h) è inserita la seguente:
«h-bis) linserimento nella
motivazione di un provvedimento giudiziario di circostanze relative a fatti personali di
terzi estranei, che non rilevano a fini processuali».
39. Salvo quanto previsto ai commi 40, 41 e 42, le disposizioni di
modifica del codice di procedura penale contenute nella presente legge non si applicano,
nei procedimenti pendenti alla data della sua entrata in vigore, alle operazioni di cui
allarticolo 266 del codice di procedura penale per le quali è già stato emesso il
provvedimento di autorizzazione o di proroga. In tali casi, fatta salva la validità delle
operazioni precedentemente disposte, le stesse non possono ulteriormente proseguire, a
decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, per un tempo superiore
alla durata massima stabilita nellarticolo 267 del codice di procedura penale, come
modificato dal comma 11 del presente articolo.
40. Le disposizioni di cui agli articoli 114, 268, comma
7-bis, 329 e 329-bis del codice di procedura penale, nonché le disposizioni
di cui agli articoli 129 e 147 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie
del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271,
come modificate o introdotte dal presente articolo, si applicano anche ai procedimenti
pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge.
41. Le disposizioni di cui allarticolo 267, comma 1, del
codice di procedura penale, limitatamente allattribuzione della competenza al
tribunale del capoluogo del distretto e alla composizione collegiale dello stesso,
acquistano efficacia decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge. Fino a tale data continuano a trovare applicazione le disposizioni precedentemente
vigenti.
42. Le disposizioni di cui al comma 3 dellarticolo 268 del
codice di procedura penale, come sostituito dal comma 12 del presente articolo, si
applicano decorsi tre mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dellapposito
decreto del Ministro della giustizia che dispone lentrata in funzione dei centri di
intercettazione telefonica di cui al medesimo comma 3 dellarticolo 268. Fino a tale
data continuano a trovare applicazione le disposizioni del comma 3 dellarticolo 268
del codice di procedura penale nel testo vigente prima della data di entrata in vigore
della presente legge. |
Dalla CEI - Conferenza Episcopale Italiana
e della Diocesi di Genova:
in un recente convegno di preparazione alle celebrazioni per l'unità d'Italia |
Giriamo dentro l'Università un recente messaggio del
Presidente della Conferenza Episcopale Italiana |
o |
Il messaggio del Card. Angelo Bagnasco:
"Per un nuovo
innamoramento del nostro
essere italiani, dentro lEuropa unita e in
un mondo più equilibratamente globale" |
Angelo
Bagnasco |
|
Convegno per i 150 anni dell'Unità d'Italia Promosso dal Comitato
per le Settimane Sociali della CEI e dall'Arcidiocesi di Genova . 3.5.2010
Documento: "Messaggio
del Card. Bagnasco"
Fonte: http://www.chiesacattolica.it/
Cari Confratelli nell'Episcopato, Autorità, Amici, ringrazio tutti
per la presenza di oggi e per il conforto che anche così date ai nostri sforzi ed al
nostro cammino.
1.- Perché questa celebrazione. Come mons.
Miglio e gli amici del Comitato Scientifico ed Organizzatore delle Settimane Sociali dei
Cattolici Italiani possono testimoniare, in qualità di arcivescovo di Genova ho accettato
con grande convinzione la proposta di realizzare insieme un incontro dedicato
all'imminente 150.mo anniversario dell'unità politica d'Italia. Credo infatti fermamente
che sia opportuno partecipare con tutte le nostre energie culturali, e nelle forme più
varie, alle celebrazioni del prossimo anno. Per questo occorre prepararsi seriamente, e
questo è lo scopo cui l'incontro di oggi intende recare un contributo. Non ci sfuggono i
rischi, già in qualche caso visibili, cui quel dibattito è esposto. Ma non ci sfuggono
neppure i grandi valori e le grandi verità storiche che una seria ricerca ed un confronto
adeguato potrebbero illuminare. Vi invito tutti a ritenere che quest'ultimo sia uno scopo
per cui vale la pena affrontare quei rischi e impegnare tutte le energie intellettuali e
morali di cui disponiamo perché quei rischi siano evitati. L'unica cosa che dobbiamo
temere è una cattiva ricerca storica, una propaganda ideologica - di qualsiasi segno -
spacciata per verità storica. Se invece sapremo cogliere in modo adeguato questo
appuntamento, che cade proprio in un momento in cui anche il nostro Paese è alle prese
con dure prove, renderemo un grande dono a tutti quegli uomini e quelle donne, quelle
famiglie e quelle associazioni, quelle istituzioni, che con generosità si stanno
spendendo per la ripresa. Sapremo donare loro una maggiore coscienza del fondamento e del
valore del loro sforzo e della loro generosità ordinaria e non di rado straordinaria.
Glielo dobbiamo - innanzitutto lo debbono i Pastori - e per altre ragioni lo debbono gli
studiosi, tanto a coloro che quotidianamente si impegnano per il bene comune alla luce e
con la forza della fede cristiana, quanto a coloro che spalla a spalla con questi portano
il peso e l'onore della stessa responsabilità in virtù di ragioni diverse cui va tutto
il nostro rispetto. La scorsa settimana, con una sobrietà esemplare ed eloquente,
Benedetto XVI ed il Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, ci hanno
testimoniato come la causa della concordia e del bene comune del Paese valga la dedizione
personale della preghiera e dell'azione. Con gli amici del Comitato condivido senz'altro
che una matura coscienza storica sia una condizione essenziale per la ricerca di questa
concordia e per il servizio al bene comune. È per questa nobile ragione, e non per
conformismo, che ci lasciamo interpellare da un anniversario. Come il Novecento ci ha
duramente insegnato, tanto la banale dimenticanza della storia quanto l'oblìo della
memoria intenzionalmente prodotto e diffuso, o ancora la sua deformazione e la produzione
di miti, sono precondizioni della barbarie che, inevitabilmente, prende la forma della
negazione della vita umana e della sua dignità.
2.- Funzione e valore della coscienza storica di
questi 150 anni. Non è mio compito entrare nel merito delle questioni che
affronteremo oggi, e ringrazio il professore Ganpaolo Romanato ed il rettore Giuseppe
Dalla Torre per l'aiuto che ci daranno. Sento però il dovere di sottolineare che fare
memoria ed esercizio di seria analisi storiografica a riguardo di questi 150 anni di
storia politica unitaria d'Italia ci aiuta a comprendere, tra le altre, due ragioni per
cui una matura e critica coscienza storica alimenta una misura alta di concordia civile e
l'esercizio condiviso della responsabilità per il bene comune. In primo luogo è evidente
a tutti che la storia di questi 150 anni di unità politica d'Italia testimonia in modo
inequivoco come, a condizione di una elevata tensione morale, anche nei momenti più
difficili, certo non meno di quelli attuali, sia possibile perseguire e conseguire accordi
che per lunghi periodi consentono una convivenza civile di grande qualità. Tali accordi
si riconoscono perché da un lato segnano l' incontro tra differenze, e dall'altro
consentono a queste differenze di svilupparsi secondo quello che don Luigi Sturzo chiamava
il "sano agonismo della libertà". Tali accordi, e la storiografia più seria
concordemente ce lo ribadisce, non sono mai accordi eticamente neutri, accordi tecnici,
astratti proclami, ma patti di amicizia civile consapevolmente contratti ed esplicitamente
fondati su specifiche opzioni di valore. Volendo essere efficaci, questi patti sanno
essere anche storicamente determinati. Ma proprio per questo ci obbligano: se qualcosa del
genere è stato reale, certamente è anche possibile, e dunque dovrebbe essere ricercato
anche per l'oggi. E allora, come non riconoscere qualcosa del genere nel patto
costituzionale stipulato nel 1948, per il quale tanti cattolici, insieme a tanti uomini e
donne di buona volontà seppero spendere intelligenza ed anche versare il proprio sangue?
La grandezza di quel patto non sta in una sua astratta perfezione, ma nell'averci
consentito di andare avanti per una strada buona. Esso diede certezza e sostanza, sin
dall'inizio, tanto all'orientamento quanto alla possibilità della riforma e
dell'aggiornamento. In secondo luogo, una matura coscienza storica serve la ricerca della
concordia e la responsabilità per il bene comune, perché libera da miti e di conseguenza
dalla coazione a ripetere. La ricerca storica svela continuamente quell'impasto di
intuizione e limite, di bene e di male, da cui la vicenda umana è formata. Una rigorosa
analisi storica, a suo modo, serve così anche il riconoscimento dello spazio della
trascendenza e di una trascendenza anche storicamente rilevante. Una seria analisi
storica, infatti, per un verso relativizza sempre personalità, eventi, processi e
giudizi, e per altro verso esige l'uso di criteri svelando che non è la realtà che li
produce né che li detta. Duro ed esemplare è il lavoro dello storico, di grande valore
umanistico ed umanizzante: lo insegnarono dapprima i grandi dell'umanesimo cristiano e
prima ancora i primi maestri della storia in senso moderno che non a caso vanno cercati
tra i Padri della Chiesa. Una matura coscienza storica sa comporre passione e distacco
critico. Non a caso alcuni dei più grandi italiani, alcuni di coloro che - in ogni senso
- più si sono spesi per il paese ed il suo futuro hanno prodotto critiche severe ma
costruttive. Questo non ne ha fatto in alcun modo dei revisionisti o dei nostalgici, ma
alcuni tra i più affidabili ed afficaci leader culturali e politici della avventura
nazionale unitaria. Ancora una volta il mio pensiero va al prete di Caltagirone, don Luigi
Sturzo, ma sappiamo anche che tutte le più grandi tradizioni culturali e politiche del
nostro paese possono vantare - a comune beneficio - la ricchezza di maestri le cui lezioni
hanno trasmesso passione e responsabilità emendate da ingiustificate mitizzazioni,
schiettezza di critica esente da nostalgia e da revisionismo.
3.- Un servizio alla speranza di cui oggi abbiamo
bisogno. Per queste ed altre convergenti ragioni, lo ripeto, la ricorrenza
dei 150 anni dall'Unità dell'Italia dovrebbe trasformarsi in una felice occasione per un
nuovo innamoramento del nostro essere italiani, dentro l'Europa unita e in un mondo più
equilibratamente globale. A questo scopo la diocesi di Genova ed il Comitato delle
Settimane Sociali hanno voluto dare un primo positivo contributo. Storici ed esperti vari
hanno discusso negli ultimi mesi sul carattere dei festeggiamenti e sulle opere da
lasciare a ricordo. Noi pensiamo che ci sia qualcosa di importante da far succedere nelle
coscienze: far riemergere il senso positivo di un essere italiani. Servono visioni grandi,
non per fare della retorica, ma per nutrire gli spiriti e seminare nuovo, ragionevole
ottimismo. Il modo di ricordare questo prossimo anniversario deve alimentare la cultura
dello stare insieme. In questo, le nostre comunità cristiane sono chiamate a fare la loro
parte.
L'Italia deve scoprire ancora una volta che può contare sempre sulla Chiesa, sulla
sua missione, sul suo spirito di sacrificio e la sua volontà di dono. Ma un tale nuovo
ottimismo (con il Comitato si può e forse si deve parlare di |
Nino Luciani, C'è un rapporto tra questo
messaggio e il federalismo fiscale di Bossi ? Distinzione
tra federalismo che unisce e quello che divide l'Italia, e imprescindibilità di uno
"zoccolo duro" per le "entrate fiscali dello Stato. 1.- Per un federalismo che
unisce. Nel messaggio del cardinale, la parola "federalismo" non è
nominata. Ma, a cos'altro si riferirebbe il suo appello allo "innamoramento del
nostro essere italiani", mentre da più parti si leva, nel Paese, la domanda se il
federalismo di Bossi è in contrasto con l'unità nazionale ? Perchè Napolitano (1
maggio) aveva ritenuto di precisare che il federalismo non è in contrasto con l'unità
nazionale ?
Dell'alternativa tra federalismo e centralismo si discute fin dai tempi del
Risorgimento per l'unità di Italia, e proprio in relazione al modo migliore di fare
l'unità di Italia. Non è forse vero che, allora, lo Stato Pontificio fu il maggiore
ostacolo all'unificazione mediante un patto federale tra gli "stati regionali"
di allora ? Dunque è molto opportuno questo inserimento del cardinale, in quanto
introduce la distinzione tra "Chiesa cattolica" e "Stato Pontificio".
E non è forse vero che la Costituzione repubblicana ha prefigurato un
sistema di autonomie locali, che unisce ?
Evidentemente, c'è un federalismo che unisce e un federalismo che divide...
. Ma andiamo per gradi
2.- I requisiti essenziali di un federalismo fiscale che unisce.
Ferme le ragioni teoriche in favore del federalismo (vale dire esso responsabilizza i
cittadini e gli enti locali, ecc. ecc.), tuttavia la prima cartina di tornasolè è capire
come è prefigurato il sistema fiscale.
Il nodo è che mentre in uno stato federale subentrano all'unico
decisore (Stato) più livelli di enti territoriali tassatori (Stato,
Regioni, Province, Comuni) la tasca del contribuente rimane "una sola".
Cosa accadrebbe se lo Stato, come ente più forte, pescasse per sè tutta la
capacità fiscale del contribuente?
In questi anni, lo Stato ha compensato il taglio dei propri trasferimenti
agli enti locali con la "riattribuzione" di nuovo potere fiscale, ma poi molto
enti locali non hanno trovato il modo di esercitarlo, in quanto la pressione fiscale
globale era già sopra il limite di sopportabilità.
Si conclude che l'unitarietà della decisione di prelievo è una
condizione per un federalismo che unisce e questo va fatto in modo coerente col vincolo
dell'unicità della tasca del contribuente, la cui capacità contributiva ha un limite.
Ciò postula un sistema fiscale unitario. Dopo avere fatto questo,
gli enti dovranno contrattare e competere correntemente per spartirsi la disponibilità
totale delimitata, e dunque controllare reciprocamente la validità economica delle loro
rispettive richieste, e tuttavia al netto di uno zoccolo duro delle
entrate fiscali dello Stato, che il parlamento decide originariamente.
Questo "zoccolo duro" è la garanzia del ruolo dello
"Stato unitario" e della "unità dell'Italia del Nord e dell'Italia del
Sud".
La prima conclusione è che il federalismo che
"unisce" si fonda:
- su un sistema fiscale unitario;
- su una pressione fiscale "totale" che va decisa unitariamente (dal
Parlamento nazionale ?), sia pur in modo variabile nel tempo (di legislatura in
legistatura ?);
- su un criterio di riparto delle fonti fiscali, tra lo Stato ed i livelli
inferiori di Enti.
3.- I requisiti essenziali del
criterio di ripartizione dei compiti tra lo Stato e gli altri Enti. Qui, Il
criterio di base è affidare allo Stato i compiti di interesse nazionale e agli Enti
minori i compiti di interesse locale.
Il criterio, facile da enunciare (ma necessario), è pieno di falle nel caso
degli enti locali. Ci sono gli "spillover" che, nel mondo interdipendente e
globale di oggi, sono la regola, e non più l'eccezione. Chi non vede che sull'autobus (a
basso ticket) delle nostre città circolano normalmente dei giapponesi ? E chi non
vede che negli ospedali del nord vanno molto normalmente dei meridionali ? Chi paga in
questi casi ?
Direi che l'elenco dei compiti che la nostra Costituzione (art. 115) affida
alle Regioni sia efficace e più che sufficiente. In questo elenco non c'è la
sanità, la scuola, l'università.
La seconda conclusione è il federalismo che unisce non decentra
queste funzioni.
C'è dell'altro. Il fatto che lo Stato abbia dato (da anni) la delega di
gestione della sanità alle Regioni, ha creato danni infiniti. Chi non vede la difformità
di servizi degli ospedali, da Regione a Regione ? E che dire dei "costi di
intermediazione infiniti delle "sanità regionali", incluso probabile
finanziamento occulto dei partiti politici ? Ho sempre pensato che la burocrazia statale
(in quanto selezionata solo per concorso pubblico) sia 10 volte migliore di quella
regionale (esclusa, forse, qualche Regione che viene dalla tradizione austriaca)
4.- I requisiti del criterio di
dimensionamenro degli Enti territoriali. Poco dopo l'unità d'Italia, furono
istituite le Province (un centinaio). Era l'unco modo di realizzare il colloquio veloce
tra lo Stato e i Comuni, data l'impossibilità per lo Stato di un colloquio veloce con
più di 8.000 Comuni.
Ben venga l'ulteriore semplificazione creando una ventina di Regioni. Ma
allora è venuta a cessare la ragione per conservare le Province (ma su
queste torno più avanti).
Degli 8000 e più Comuni, quelli capoluogo di provincia (poco
più di 100 ) hanno più di 20.000 abitanti.
Di tutti gli altri 2.400 hanno meno di 2.000 abitanti; e 6.000 si
avvicinano a 5000 abitanti.
Le ragioni storiche dell'origine di Comuni così piccoli sono note. Allora
aveva significato che capillarmente esistessero tanti centri di servizio. Ma è anche
evidente che quelle situazioni sono radicalmente mutate.
Vediamo le dimensioni minime, necessarie, per alcuni servizi comunali:
- per un'area giochi ed attrezzature sportive per ragazzi di 11-14 si richiedono,
per una gestione efficiente, circa 10.800 abitanti servibili;
- per un'area dello stesso tipo per ragazzi di età superiore ai 14 anni si
richiedono 20.000 abitanti;
- per un centro polisportivo si richiedono 250.000 persone: - per un asilo nido si
richiedono 2000-4000 abitanti servibili;
- per una scuola elementare, 600-7.000 abitanti;
- per una scuola media, 2.000-16.000 abitanti;
- per una scuola secondaria superiore, 50.000 abitanti; - per un centro sanitario
elementare, 10.000 abitanti; - per un ospedale di II grado, 150.000-350.000 abitanti;
In rapporto a queste dimensioni, solo 1.000 Comuni
sono idonei per un'area giochi per ragazzi di 11-14 anni; solo 292 sono idonei per un'area
giochi per ragazzi di età su-periore a 14 anni; solo 42 sono idonei per un centro
polisportivo; solo 80 per un ospedale di II grado.
In conclusione, il presupposto, per riattribuire agli enti
locali il potere fiscale, è porre mano alla inadeguatezza della dimensione di gran parte
degli attuali Comuni ad essere soggetti efficienti di autonomia amministrativa.
Va ricordato che già varie leggi hanno cercato di porre rimedio a questa
polverizzazione, ma invano.
Penso che un criterio valido sia insistere sull'idea delle aree
metropolitane, e precisamente:
a) i grandi Comuni capoluoghi di Provincia andrebbero unificati con le
corrispondenti Province, in modo da avere dei Comuni metropolitani che assommano le
funzioni Comuni capoluoghi di Provincia e della Provincia;
b) Prefigurare il rapporto, tra il Comune metropolitano e tutti gli altri,
nello stesso modo come oggi è prefigurato il rapporto tra grandi Comuni e i relativi
quartieri e frazioni.
Questo comporta che il Comune metropolitano divenga titolare primario
di tutti i compiti comunali svolti nel proprio territorio, e li ripartisca ex-novo in base
alla idoneità dei Comuni minori (oggi), a seconda della loro dimensione.
5. Conclusioni. I requisiti elencati sono
essenziali per ottenere un federalismo che rispetta il contribuente e responsabilizza la
spesa.
Troviamo qualcosa di questi requisiti essenziali nel federalismo di Bossi ?
Direi nessuno. E allora è un federalismo che divide. |
speranza) non matura se non nel crogiolo
del pensiero animato da domande impegnative. Sostiamo un attimo, allora, e proviamo a
pensare. Riflettiamo su noi stessi, su quello che eravamo, e su quello che oggi dopo tanti
e rapidi successi rischiamo di compromettere. Stiamo progressivamente perdendo la fiducia
in noi stessi, stiamo assumendo stati d'animo e stili di vita che finiscono col
destrutturare la società intera? Quella energia morale che avevamo dentro ed ha
consentito ad una nazione, uscita dalla guerra in condizioni del tutto penose, di
ritrovarsi in qualche decennio tra le prime al mondo, quella forza vitale che fine ha
fatto? Perché il vincolo che ci aveva legato nella stagione della ricostruzione
post-bellica e del lancio del Paese stesso sulla scena internazionale, ed aveva retto
nonostante profondi dislivelli sociali e serie fratture ideologiche, è sembrato da un
certo punto in avanti non unirci più? Una matura coscienza storica, e la pazienza del
pensiero, sono indispensabili per affrontare questi interrogativi. Non sono sufficienti,
certo, ma sono necessari per mantenere allo stesso tempo un orientamento certo ed una
vivace disponibilità alla riforma, al rinnovamento, all'aggiornamento. Ancora una volta
siamo di fronte all'arduo imperativo etico e spirituale di comporre fedeltà e riforma,
che nella storia sempre vivono solo insieme. Non lo si prenda come una espressione di
campanilismo, e del resto in questa scelta sono stato preceduto dal Comitato. A me pare
molto appropriato che questo incontro di studi abbia luogo in questa città. Genova è
città di antiche tradizioni cristiane, città tra le prime nell'avventura della forma
repubblicana, città che molto (molto sangue, molta anima, e molto intelletto) ha dato
all'Italia dal Risorgimento, alla liberazione, agli anni duri della lotta al terrorismo.
Genova è da sempre città aperta all'Europa ed al mondo. Città attraverso cui sono
passati i processi e le novità, città che è stata più movimento che vertice, porto e
ponte più che punto di arrivo e di stasi. 4.-
Cosa comprendere meglio. Noi oggi chiediamo a chi studia di aiutarci a
comprendere, non risparmiando in serietà scientifica, severità, attitudine critica ed
autocritica, gli eventi che abbiamo alle spalle, ed in particolare quelli che hanno
immediatamente preceduto e quelli successivi all'unità politica di una Italia non nata
certo 150 anni fa e la cui vita civile non è mezzo ma fine, mentre ad essere mezzo e non
fine sono le forme delle istituzioni che in ogni ambito civile operano e la cui
adeguatezza va sempre di nuovo valutata con la misura del concorso reale e non
semplicemente dichiarato al bene comune. Chiediamo di aiutarci a prendere atto che
ciascuno degli eventi di questa storia ha un suo volto, e che acquista significato anche
in relazione alle alternative possibili. Chiediamo loro di aiutarci a comprendere come -
anche in queste vicende - si è dipanato quanto è visibile del mistero grande e
drammatico della libertà umana che agisce in contesti concreti. Chiediamo di aiutarci a
riconoscere il nostro debito nei confronti di coloro - noti e ignoti - che in questa
storia sono stati fedeli servitori del bene comune, non di rado pagando per ciò prezzi
altissimi. Già sappiano, del resto, che la Chiesa ha saputo riconoscere in alcuni di
questi protagonisti i segni della Santità. In modo sempre più cosciente dobbiamo essere
fieri e grati per quanto le generazioni precedenti hanno fatto con ammirevole spirito di
sacrificio e senso di grande responsabilità. Esse hanno operato avendo nel cuore non
solamente il miglioramento delle loro condizioni di vita, ma anche il desiderio di
consegnare ai propri figli - a noi, dunque - un futuro più vivibile e degno, impostato
sul benessere come su valori morali autentici e solidi. La loro opera ha consentito a
ciascuno di sentirsi parte di un "noi". Chiediamo agli studiosi di aiutarci a
comprendere meglio quello che il nostro popolo forse in modo intuitivo, ma a volte con una
prontezza ed uno slancio profetici, sa riconoscere senza indugio. Da Vescovo ho vissuto
episodi drammatici, penso alla tragedia di Nassirija, e penso anche alle recenti calamità
naturali che hanno segnato alcuni regioni d'Italia. Il nostro popolo, specialmente la
gente semplice che tira la vita, sa sempre quando è in gioco la causa comune, il bene
comune. In un certo senso, questo 150.mo anniversario, senza indulgere ad alcuna retorica,
deve aiutare anche un nuovo incontro tra quelle che - con una espressione molto imprecisa,
ma efficace - qualcuno ha chiamato cultura "alta" e cultura "diffusa".
Chiediamo a chi fa ricerca di aiutarci a crescere nella consapevolezza del valore umano e
civile delle istituzioni, politiche, economiche, familiari e di altro tipo. L'indifferenza
verso le istituzioni è una mancanza grave e crescente, e prelude alle più varie forme di
frattura nel Paese ("verticali" ed "orizzontali") che lo renderebbero
incapace di affrontare le sfide che gli si presentano. Anche in questo caso, ed anche
dalla lezione della memoria, dobbiamo essere aiutati a declinare insieme fedeltà.
4.-
Prospettiva della Settimana Sociale e senso concreto delle celebrazioni. Noi
intendiamo tutto questo come indispensabile per corrispondere al caldo invito a spenderci
per il bene comune che di recente Benedetto XVI ci ha rivolto. Esso non è un invito impersonale o qualunquistico, ma rivolto a
persone concrete: «È prendersi cura, da una parte, e avvalersi, dallaltra, di quel
complesso di istituzioni che strutturano giuridicamente, civilmente, politicamente,
culturalmente il vivere sociale, che in tal modo prende la forma di polis, di città»
(Caritas in veritate, n. 7).
Il bene comune deve essere la stella polare per tutti, al fine di costruire un futuro
veramente umano per tutti. Lesito del grande sforzo di discernimento che in questi
mesi il Comitato per le Settimane Sociali ha promosso e stimolato nelle nostre Chiese, e
non solo, ora ci conforta restituendoci la testimonianza che una tale tensione è
largamente condivisa, forse più di quanto potessimo immaginare. A me pare molto
significativo che noi tutti siamo arrivati a desiderare e poi a realizzare il momento di
studio di oggi pomeriggio dentro questo percorso di discernimento, di declinazione del
bene comune, di elaborazione di una agenda di speranza per il nostro Paese.
Credo che proprio questo sia lo spirito giusto per affrontare lanniversario ormai
vicino. La tensione al bene comune può avvelersi grandemente di una matura coscienza
storica di questo tratto di storia politica unitaria. Elaborare lagenda di speranza
sulla quale siamo al lavoro e la cui pubblicazione è ormai imminente richiede e sviluppa
quellequilibro di spirito di fedeltà e spirito di riforma cui grandemente giova una
memoria storica critica, severa, accurata, aperta, scevra da denigrazioni e da
mitizzazioni, da nostalgie revisioniste come da fanatismi infantili e massimamente
pericolosi.
5.- A servizio del valore
anche civile dellamicizia della Chiesa. La missione stessa della Chiesa ha
bisogno di occasioni come quella di oggi. Anche
quando per la propria missione la Chiesa è chiamata ad annunciare una verità scomoda,
essa resta con chiunque amica. Essa infatti non ha avversari, ma davanti a sé ha solo
persone a cui parla in verità. Questo servizio non può non essere colto nel suo
intreccio di verità e carità, e rimane vivo e libero da qualsiasi possibile
strumentalizzazione di parte. Esso è illuminato dalla luce di Cristo e, nel contempo,
dalla consapevolezza che «la ragione e la fede collaborano (
), indica la grandezza
delluomo, ma anche la sua miseria quando egli disconosce il richiamo della verità
morale» (Caritas in veritate, n. 75). Daltro canto, come Vescovi, avvertiamo
necessaria una costante e umile verifica della condotta nostra e delle nostre comunità.
Dunque, per sua natura, un dialogo serio sulla storia condivisa ci aiuta a praticare un
confronto schietto ed a mantenere viva un umile vigilanza anche su noi stessi. Così, esso
ci aiuta anche, e non in piccola parte, a praticare e sostanziare quella amicizia
cristiana che vuole essere, e storicamente in Italia è stata, soprattutto nei momenti
più difficili, cemento di amicizia civile.
NellEtica nicomachea
Aristotele ci insegnava che è lamicizia che tiene insieme le città. Ecco, noi,
come Chiesa, non ci sentiamo estranei a questa idea ed a questa esperienza. Cerchiamo di
viverla, sia come fedeltà che come riforma, ed in ciò proviamo a spendere tutti il
nostro amore, che in Gesù è amore a Dio ed amore alluomo.
Il fare memoria critica della storia non esaurisce certo il nostro impegno, ma contribuisce a predisporci allopera di un
futuro da condividere, che è opera cu la Chiesa è chiamata in quanto segno e strumento,
allo stesso tempo, «dellintima unione con Dio» e «dellunità del genere
umano». |
|
Dalla CEI - Conferenza Episcopale Italiana, Documento
sull'Italia e il meridione |
Giriamo all'interno dell'Università un recente documento della
Conferenza Episcopale Italiana |
Silvio Berlusconi
|
CEI, La Chiesa in Italia
e la questione meridionale
|
Le parole
chiave di questo Documento sono "questione meridionale", "federalismo",
"classe dirigente", "soggetti del proprio
sviluppo" |
Angelo
Bagnasco |
|
Cei Conferenza Episcopale Italiana.
DDocumento dell'Episcopato italiano, 24
feb 2010
Clicca su: http://www.chiesacattolica.it/
Voce: Documenti ufficiali
1. La Chiesa in Italia e la questione meridionale
A ventanni dalla pubblicazione del documento Sviluppo
nella solidarietà.
Chiesa italiana e Mezzogiorno,
vogliamo riprendere la riflessione sul cammino della solidarietà nel nostro Paese, con
particolare attenzione al Meridione dItalia e ai suoi problemi irrisolti,
riproponendoli allattenzione della comunità ecclesiale nazionale, nella convinzione
«degli ineludibili doveri della solidarietà sociale e della comunione ecclesiale
[
] alla luce dellinsegnamento del Vangelo e con spirito costruttivo di
speranza» .
Torniamo sullargomento non solo per celebrare lanniversario del documento, né
in primo luogo per stilare un bilancio delle cose fatte o omesse, e neppure per registrare
con ingenua soddisfazione la qualificata presenza delle strutture ecclesiali nella vita
quotidiana della società meridionale, ma per
intervenire in un dibattito che coinvolge tanti soggetti e ribadire la consapevolezza del
dovere e della volontà della Chiesa di essere presente e solidale in ogni parte
dItalia, per promuovere un autentico sviluppo di tutto il Paese. Nel 1989
sostenemmo: «il Paese non crescerà, se non insieme» . Anche oggi
riteniamo indispensabile che lintera nazione conservi e accresca ciò che ha
costruito nel tempo. Il bene comune, infatti, è molto più della somma del bene delle
singole parti .
Ci spingono a intervenire la constatazione del perdurare del problema meridionale,
anche se non nelle medesime forme e proporzioni del passato, e, strettamente connessi, il
nostro compito pastorale e la responsabilità morale per le Chiese che sono in Italia. A
ciò si aggiunge la consapevolezza della travagliata fase economica che anche il
nostro Paese sta attraversando. Questi fattori si coniugano con una
trasformazione politico-istituzionale, che ha nel federalismo un punto nevralgico,
e con unevoluzione socio-culturale, in cui si combinano il crescente pluralismo
delle opzioni ideali ed etiche e linserimento di nuove presenze etnico-religiose per
effetto dei fenomeni migratori. Non si può, infine, tralasciare la trasformazione della
religiosità degli italiani che, pur conservando un carattere popolare, fortemente
radicato soprattutto nel Sud, conosce processi di erosione per effetto di correnti di
secolarizzazione.
Affrontare la questione meridionale diventa
in tale maniera un modo per dire una parola incisiva sullItalia di oggi e sul
cammino delle nostre Chiese. Tanti sono gli aspetti che si impongono allattenzione:
anzitutto il richiamo alla necessaria solidarietà nazionale, alla
critica coraggiosa delle deficienze, alla necessità di far crescere il senso civico di
tutta la popolazione, allurgenza di superare le inadeguatezze presenti nelle classi dirigenti. Questi
aspetti rendono difficile farsi carico della responsabilità di essere soggetto
del proprio sviluppo. Sul versante pastorale, vogliamo anche cogliere
loccasione per incoraggiare le comunità stesse, affinché continuino a essere
luoghi esemplari di nuovi rapporti interpersonali e fermento di una società rinnovata,
ambienti in cui crescono veri credenti e buoni cittadini. A richiamare, poi, la nostra
attenzione - e non per ultime - sono le molteplici potenzialità delle regioni
meridionali, che hanno contribuito allo sviluppo del Nord e che, soprattutto grazie ai
giovani, rappresentano uno dei bacini più promettenti per la crescita dellintero
Paese.
Facciamo appello alle non poche risorse presenti nelle popolazioni e nelle comunità
ecclesiali del Sud, a una volontà autonoma di riscatto, alla necessità di
contare sulle proprie forze come condizione insostituibile per valorizzare tutte
le espressioni di solidarietà che devono provenire dallItalia intera
nellarticolazione di una sussidiarietà organica. La prospettiva della condivisione
e dellimpegno educativo diventa in questa ottica lunica veramente credibile ed
efficace. |
Nino
Luciani, Come avere una "classe dirigente" ?
Serve una nuova legge elettorale ..., e serve anche
(per subito) il buon comportamento personale di rispetto delle regole sui rapporti tra le
istituzioni dello Stato. E serve la riforma della magistratura 1.- Classe dirigente. Riprendo, tra le parole chiave,
quella che presuppone le altre, nel senso che, senza "classe dirigente", non si
va da nessuna parte.
a) Il punto di maggior debolezza è, per me, la legge elettorale,
che non permette una adeguata selezione della classe dirigente. A quando una legge
elettorale, con un Premier, a elezione diretta popolare, magari preceduta da una
pre-selezione regionale ? E con un Parlamento con legge proporzionale, su base nazionale,
ma con sbarramento del 10% dei voti ? In Italia il bipolarismo è prematuro, come si è
visto da un recente referendum, ma la strada va preparata.
b) Ma sembrerebbe anche che un altro punto di debolezza sia il non avere un buon
livello generale "professionale" dei politici.
Attualmente l'effetto più distruttivo di questa mancanza di
professionalità "politica" è il conflitto tra potere esecutivo e
magistratura della giustizia, senza più il rispetto delle regole dei rapporti tra le
istituzioni. Eppure, la vecchia saggezza biblica ci aveva detto: "Serba ordinem et
ordo servabit te".
Non va confusa la conflittualità tra
organi dello Stato, con la dialettica tra Maggioranza e Opposizione
parlamentare, e tra le parti sociali, e tra i movimenti di opinione. Questa rientra nella
normalità della democrazia e dei relativi strumenti di comunicazione sociale.
Poi, altra cosa sono i processi nei tribunali, altra cosa sono i processi
giornalistici, in TV, senza garanzie di contradittorio tra le parti, per il pubblico
divertimento sulle spalle altrui. I tempi dei gladiatori, al Colosseo, non erano finiti ?
2.- L'unità dello Stato non ammette conflitti tra istituzioni.
Sotto il profilo della definizione, lo Stato è unitario, pur se le sue funzioni sono
ripartite tra organi "separati". Per risolvere il problema del conflitto
giornaliero tra Governo e Magistratura, facendo affidamento sulle persone, basterebbe
riportarsi ai due compiti primari della magistratura:
a) "ne cives ad arma ruant";
b) attuare la giustizia secondo la legge.
Pur in caso di carenza del secondo, dovrebbe comunque prevalere il primo.
Quante volte, ogni giorno, ognuno di noi manda giù qualche rospo, per evitare
complicazioni maggiori !
Invece, siamo afflitti tutti i giorni da un Presidente del Consiglio che si
incozza con la Magistratura (e viceversa, pur se sotto il manto "candido" del
dovere applicare la legge).
Come può la magistratura operare "ne cives ad arma ruant", se il
Presidente la prende di petto ogni giorno ?
3.- Però il problema della giustizia va affrontato. Ma la
prevalenza del primo compito, sul secondo, non deve fare chiudere gli occhi sulle carenze
dei Giudici (lentezza dei processi, politicizzazione di alcuni giudici, selezione
inadeguata dei giudici).
L'organo abilitato a riportare ad unità le cose è il parlamento,
insieme col Governo.
Non c'era in Parlamento una legge già approvata, durante il
precedente Governo Berlusconi, e che Mastella fece sospendere all'ultimo momento ?
Su questo, il Ministro Alfano, anzichè essere "più realista del
re", potrebbe ri-presentare in Parlamento quella riforma e farlo pensando alla
giustizia per un uomo comune, anche per Berlusconi, ma per quando non sarà più
Presidente del Consiglio.
Per evitare le gaffe più frequenti dei nostri giudici, sarebbe urgente una
disposizione che dica che "nessuna ipotesi di reato, compreso l'avviso di garanzia,
può avere corso se non è ratificata da un collegio di tre giudici, a maggioranza".
NL |
|
L'attentato a Berlusconi è la punta
dell'iceberg dell'ingorgo dello Stato.
ADESSO BERLUSCONI DEVE AFFRONTARE L'ICEBERG, SOTT'ACQUA |
Silvio Berlusconi
|
N. LUCIANI* |
La
cartina di tornasole per Berlusconi è colpire la "grande corruzione",
che ha radici nella "spesa pubblica". Tagli
queste radici ... |
|
-
Un'occhiata alla crisi finanziaria della Francia, sotto rivoluzione de 1789.
- Anche un'occhiata alle "cose che di possono fare per la giustizia",
secondo Vincenzo Carbone, Primo Presidente della Corte di Cassazione.
|
* Prof.
ordinario di Scienza delle Finanze nell'Università di Bologna |
|
Giorgio
Spini, La crisi finanziaria
e la società francese, 1789*.
* Stralcio da: Disegno storico della civiltà italiana, Vol. III, Cremonese
editore, Roma, 1958, p.
"Il caos raggiungeva l'apice nel campo della pubblica finanza. Per
le guerre affrontate durante tutto il secolo XVIII e per le spese esorbitanti della corte,
i monarchi francesi avevano dovuto imporre forti contributi ai propri sudditi. Ma poiché
nobiltà e clero erano esenti o quasi da imposte, tutto il carico fiscale si riversava sul
resto dei cittadini o Terzo Stato. Per di più l'apparato fiscale era così corrotto, che
buona parte del denaro versato dal contribuente non raggiungeva le casse dello Stato, ma
si perdeva nelle tasche degli appaltatori dell'esazione dei tributi. E quindi, benché
l'esazione risultasse estremamente gravosa per il contribuente e fosse condotta con metodi
addirittura barbarici, la corona non arrivava mai ad avere mezzi a sufficienza e doveva
perciò ricorrere a prestiti di banchieri privati, che approfittavano della corruzione
della burocrazia per esigere interessi altissimi, aggravando il marasma finanziario dello
Stato. Pur così prospera economicamente, la Francia dal punto di vista finanziario, era
ai limiti della bancarotta. (Continua: Giorgio Spini ) |
Vincenzo
Carbone, Le cose che si possono fare per la giustizia*.
Stralcio del par. VI, dalla "Relazione sulla amministrazione della Giustizia
nell'anno 2009" del Primo Presidente della Corte di Cassazione". Omesse
note e tabelle. 1)
Auto-organizzazione e capacità
di gestione: competenza e diligenza del Magistrato.
A cominciare da quello che possiamo fare già a normativa vigente: migliorare
lorganizzazione e ottimizzare lattività tenendo conto dei risultati raggiunti
in alcune sedi, le cd. best-practices. Se il servizio-Giustizia ha certamente
le sue peculiarità, sarebbe un errore trascurare, come troppo spesso è stato fatto in
passato, i rilevanti profili attinenti alla efficienza, allefficacia e alla
economicità e alla organizzazione, che in questo accomunano gli uffici giudiziari agli
altri uffici pubblici che rendono servizi pubblici diversi (ma, in questo,
analoghi) dal servizio-Giustizia. La soluzione del problema dei
problemi che affligge il nostro sistema giudiziario, dato dalla necessità di
ridurre i tempi processuali, richiede certamente riforme di ordine strutturale, che
involgono la distribuzione delle risorse umane e materiali sul territorio,
larchitettura del
(Continua: Vincenzo Carbone ) |
Nino Luciani, Sotto la punta dell'iceberg, all'origine dello attentato a Berlusconi, ... 1. La premessa: la "grande corruzione" in
Italia nasce dalla "grande spesa pubblica". L'attentato a Berlusconi
(13 dic. 2009) è solo il segnale più appariscente dell'ingorgo dello Stato, da 20 ormai
(1992, Governo Amato), e che prende nome di crisi del commercio estero, intasamento della
giustizia, taglio delle spese per l'università e la ricerca, crisi finanziaria dello
Stato. Attualmente, non è più solo questione di una pressione fiscale arrivata al 43%
del PIL (30% nel 1960) e di un debito pubblico arrivato al 118% del PIL (29% nel 1960), ma
anche di uno Stato che non paga i propri fornitori (si discorre di 60-70 miliardi di
euro), con arretrati finanche di 2 anni e rischi di insolvenza, che evocano quelli della
Grecia.
Come è possibile che lo Stato, pur manovrando un fiume immenso di
danaro, si sia ridotto a non pagare i fornitori?
La risposta semplice è che dentro la "grande spesa" pubblica
si annida la grande corruzione, frutto della complicità tra Stato e Industria, per la
spartizione del denaro pubblico. La la modalità è la moltiplicazione artificiale dei
costi, inclusivi di tangenti agli uni e |
di super-profitti agli altri per compensarli
della complicità. In questo modo il denaro del contribuente, una volta arrivato alle
casse dello Stato, viene intercettato e deviato dai "politici del male" verso
rivoli "privati".
Inoltre, sempre dentro lo Stato, c'è l'uso strumentale della Pubblica
Amministrazione per la cattura del consenso. La modalità è l'assunzione diretta di
personale senza concorso, sulla base della affidabilità partitica, oppure la concessione
della gestione di pubblici servizi ad enti esterni (soprattutto cooperative): in questo
secondo caso, l'assunzione senza concorso è legale.
Ci sono anche politici di grande integrità morale, ma sono incatenati se il
difetto è nel "sistema".
2. Brevi riferimenti ai primi correttivi, e alla storia recente
dello Stato. Il primo rimedio tentato è stato il finanziamento pubblico dei
partiti, poi abrogato nel 1993 da un referendum (votanti 77% degli aventi diritto, 90% dei
voti per l'abrogazione), e reintrodotto (1996) sotto forma di rimborso delle spese
elettorali ai partiti. Altro rimedio è l'attribuzione di buone remunerazioni ai
parlamentari, per liberarli dalle preoccupazioni delle prime necessità (molte per i
parlamentari, checchè se ne dica con troppa faciloneria).
Secondo gli storici dell'economia, il capitalismo moderno (inteso come
grande concentrazione di capitali in poche mani private) nasce con le grandi opere
pubbliche.
Queste "deviazioni" si mantengono in limiti relativamente
modesti, finchè lo Stato svolge i compiti stretti, propri dello Stato. Essa avrà,
invece, un terreno fecondo con l'ampliamento dei compiti dello Stato nel sociale. Nell'Italia
moderna la grande svolta è avvenuta nel 1961 con i governi di centro-sinistra (entrata
dei Socialisti nel governo, espulsione dei Liberali) e che, in una gradualità, faranno
dell'Italia un Paese para-socialista (il peso dello Stato nell'economia passerà dal 30%,
nel 1960, al 60% nel 2000 - oggi 55%).
Nel 1960 fu ritenuto che, grazie al boom economico (1958), l'Italia
avesse raggiunto uno straordinario sviluppo industriale, ma che l'aumento del PIL
fosse andato in poche tasche, mentre permanevano ampie aree di sottosviluppo nel
mezzogiorno e mancanza di servizi essenziali (scuola, sanità, elettricità) che andavano
erogati in modo uniforme in tutte le aree del Paese, per fare dell'Italia un Paese
moderno. (Personalmente ho masticato queste cose molto da vicino, perchè il mio primo
lavoro fu al CIR-Comitato Interministeriale per la Ricostruzione, poi divenuto CIPE -
Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica).
2.- La via per colpire la grande corruzione sta nel taglio della spesa
pubblica. Sono tuttora convinto che (quella del 1961) sia stata una scelta
storica fondamentale, ma anche che ne sia conseguita una deriva fuori limite, e questo in
primo luogo perchè il sistema politico-costituzionale (soprattutto, la mancanza di
correttivi, quale l'alternanza tra i partiti in Governi di legislatura) non fu forte
abbastanza da incanalare gli eventi. Il detto di G. ANDREOTTI, secondo cui "il potere
logora chi non ce l'ha" è lo specchio massimo della sfacciataggine e
dell'incoscienza dell'ultimo periodo di quei governi in Italia. Ma non dimentichiamo che,
prima, il massimo dell'arroganza era stata la "teoria della irreversibilità del
centro-sinistra", di A. MORO.
Torniamo agli storici dell'economia. Penso che la grande spesa pubblica sia
stata la via della grande corruzione della politica e dell'industria, e che questo abbia
aperto la via all'intervento della magistratura nella politica italiana.
Ma sono passati anni, e tuttora l'onda della giustizia non appare rientrare
in limiti normali, segno evidente di un perdurante sovraccarico di lavoro. Per sbloccare,
dobbiamo raddoppiare il numero dei magistrati ?
Bisogna distinguere i casi personali, dal problema di massa. Sui casi
personali, la giustizia deve fare il suo corso.
Invece sul problema di massa, occorre fermarsi un attimo. Raddoppiare lo
sforzo punitivo ci metterebbe sulla stessa deriva, in cui si imbattè l'Unione Sovietica.
Per spiegare questo, va fatto passo indietro. Nei sistemi a
pianificazione centralizzata, manca l'incentivo personale (tipo, il profitto che c'è
nelle imprese del mercato), per ottimizzare l'efficienza. Là gli obiettivi sono dettati
dall'Ufficio di pianificazione, le strutture produttive sono organizzate in base a
parametri standard, gli strumenti di attuazione degli obiettivi sono soprattutto le pene
per i non ottemperanti. Non occorre ricordare le lacrime e sangue di quei regimi.
Torniamo alla corruzione in Italia. Raddoppiare i magistrati ci metterebbe
in una deriva, tipo Unione Sovietica, anche perchè, se essa viene dalla spesa pubblica,
l''uso "deviato" della spesa pubblica sarà senza fine. In questo senso, il male
va aggredito riportando la spesa pubblica in limiti più normali per l'Italia (penserei ad
una spesa pubblica da ricondurre al 40-45% del PIL, in luogo dell'attuale 55%),
concentrando l'azione dello "Stato sociale" sulle cose veramente importanti e
necessarie (scuola, università, sanità, giustizia).
Ma ci dovrà essere anche qualche ritocco costituzionale, inclusa la
rivisitazione dell'uso del concorso pubblico per l'assunzione di personale. Esso dovrà
essere assoluto sia nella Pubblica Amministrazione, statale e locale (art. 97,
Costituzione), ed essere esteso agli enti "privati" nei quali la partecipazione
pubblica, al capitale, sia maggioritaria.
3.- Ma nessuna illusione, sarà un compito difficile. Non è
facile abbattere la spesa pubblica. Il "segreto" per realizzarala non è
abbattere i servizi della Pubblica Amministrazione, ma privatizzarli, e questo richiede
una gradualità.
Già il secondo Governo Berlusconi aveva assunto impegno di abbassare
la spesa pubblica e, di conseguenza, le tasse. Ma non vi è riuscito. Poi ci ha provato
Prodi, e siccome è più facile (per sanare il bilancio) aumentare le tasse, che ridurre
le spese (anche perchè le une sono ripartite proporzionalmente tra molte persone, e
toccano i sacrifici marginali; invece le spese hanno un nome e cognome, e i loro tagli
suscitano subito violente reazioni), egli ha scelto la prima strada. Ma storicamente era
una strada antistorica, e ha pagato elettoralmente, prima, e in parlamento, poi.
Abbiamo un nuovo Governo Berlusconi, ancora per ridurre la spesa
pubblica. Vi riuscirà ? Il problema è se ha capito il "segreto"
(privatizzazioni). Poi c'è il problema se il suo elettorato lo seguirà.
Esso è fatto di coloro che si sono arricchiti, dal 2001 in qua, e che
non vogliono arretrare. I fornitori di beni allo Stato e agli enti locali storcerebbero il
naso. Ma nei liberi professionisti, commercianti, grande pubblico c'è l'attesa della
conseguente riforma fiscale (livello e struttura delle imposte).
C'è dell'altro. Quella lotta all'evasione fiscale, così accanita,
del governo Prodi, ha fatto tremare quell'elettorato, perchè essa null'altro era che la
rivendicazione (da parte della sinistra) di una fetta della torta andata agli imprenditori
(Berlusconi incluso?) dalla spartizione del danaro pubblico o comunque dalla Pubblica
Amministrazione, sia pur legittimamente.
Torniamo all'attentato. Cos'altro è, ancora oggi, la guerra a Berlusconi se
non, ancora, la coda di quella rivendicazione del presunto "mal tolto" ?
Poi,... i motivi si trovano sempre.
Tutt'altro problema è la riforma della Giustizia. E'
un vecchio problema, che va ben oltre Berlusconi-persona, perchè è collegato al fatto
che, cronicamente, la Giustizia italiana è molto "ingiusta" sia nei confronti
dei "giusti" (per tardività), sia nei confronti dei colpevoli, perchè il
ritardo li favorisce.
Anche un'occhiata alla crisi finanziaria della Francia, sotto
rivoluzione (1789). Sono convinto che andiamo incontro a tempi ulteriormente
difficili. Riporto qui a fianco un passo dello storico Giorgio Spini, che ci racconta
la situazione finanziaria della Francia, sotto la rivoluzione (1789). Vi ho trovato
qualche analogia con l'Italia di oggi. Ma c'è chi pensa che "erano altri tempi e
altre situazioni", e poi ... che "oggi siamo sotto la tutela
della U.E." . N.L.
Giorgio Spini, Disegno storico della civiltà italiana, Vol.
III, Cremonese editore, Roma, 1958, p.
(continua) L'unico rimedio a questo stato di cose consisteva in una
radicale riforma delle strutture politiche e sociali del paese. La convinzione della
necessità indilazionabile di una tale riforma cominciava ormai a penetrare in seno agli
stessi ordini privilegiati del clero e della nobiltà, portando in essi una profonda
divisione fra i sostenitori di quell'andazzo tradizionale di cose, che una fortunata
espressione doveva battezzare in seguito come l'Ancien Régime per antonomasia, ed i
partigiani delle nuove idee di eguaglianza, di umanità e di libertà, seminate
dall'Illuminismo.
Da secoli la nobiltà francese era divisa fra i nobili di spada, discendenti
dalle casate feudali, e i nobili di toga francese, composti dagli alti magistrati dello
Stato, soliti a trasmettersi di padre in figlio i propri uffici e le prerogative nobiliari
ad essi connesse. E da secoli, inoltre, era tradizionale nella nobiltà di toga
l'insofferenza per gli arbìtri della corona e le dissipazioni della corte.
Tutt'altro che cordiali erano però anche i rapporti fra la grande nobiltà
divoratrice insaziabile di prebende, e la piccola nobiltà delle province, ovvero la massa
dei cadetti dell'aristocrazia, esclusi dalla successione a favore dei primogeniti, e
costituenti quindi una vera e propria plebe nobiliare, ròsa dalla miseria e dallo
scontento. A spingere, infine, una quantità di nobili nel campo dei novatori avevano
contribuito la propaganda degli illuministi, accolta con applauso negli stessi salotti
aristocratici, e l'esempio suggestivo della vicina monarchia costituzionale d'Inghilterra
o della repubblica degli Stati Uniti, per cui più di un nobile francese - come il
marchese di Lafayette e i fratelli De Lameth - era accorso a combattere nella guerra
d'Indipendenza.
Non meno divisi erano gli ecclesiastici, fra l'alto clero, reclutato
nell'aristocrazia e con questa solidale nelle idee e negli interessi, e il basso clero,
quasi sempre reclutato nel Terzo Stato, che di esso condivideva tutte le miserie e gli
aneliti di giustizia. Né spente infine erano le secolari dispute fra i Gesuiti e i
Giansenisti, ovvero fra gli Ultramontani, sostenitori dell'assoluta potestà
del papa, e i Gallicani, fautori dell'autonomia del clero francese, da Roma.
Di fronte a meno di 300.000 privilegiati, stava invece la massa enorme del
Terzo Stato, unanime nel proprio sdegno e nella propria richiesta di riforme. Di esso il
grosso, dal punto di vista numerico, era formato dai contadini, la vera bestia da soma
della società francese, su cui tutti i più pesanti carichi venivano a gravare, dalle
imposte del re alle decime del clero, dai censi alle corvées della nobiltà. A causa
appunto di questo sfruttamento, i campagnoli francesi conducevano una vita in genere assai
grama, quantunque fossero passati, quasi dovunque, dallo stato di servi della gleba a
quello di liberi affittuari. Universale, pertanto, ne era lo spirito di ribellione e il
desiderio di raggiungere un tenore di vita più sopportabile, mediante la propria
trasformazione, da fittavoli della nobiltà, in proprietari della terra lavorata.
Misere erano anche le condizioni degli operai e degli artigiani. Nel Settecento,
tuttavia, erano rare le grandi fabbriche, e, quindi, la maggior parte degli operai si
trovava sparpagliata in una infinità di piccole imprese semi-artigianali e tale
dispersione, unita alla mancanza di tradizioni politiche e di organizzazione del
proletariato francese, faceva sì che minimo ne fosse il peso nella vita pubblica. In
pochi centri soltanto, come Parigi, esistevano notevoli masse operaie, capaci
all'occasione di far sentire la propria voce attraverso violente agitazioni di piazza. .
Di tutto il Terzo Stato, dunque, la parte più colta, politicamente matura ed
insieme più influenzata dall'esempio anglo-americano e della idee illuministiche, era la borghesia
degli affari e delle professioni liberali. Attiva, intraprendente, non di rado assai
ricca, essa era al tempo stesso sufficientemente colpita nei propri interessi
dall'anacronistico sistema politico-sociale vigente e sufficientemente forte e preparata
per reagire. Proprio alla borghesia (corrispondente, oggi, all'elettorato
più affezionato a Berlusconi - N.d.R.), pertanto, doveva spettare l'iniziativa
piú vivace del movimento rivoluzionario e della sua guida politica." |
Vincenzo Carbone, Le cose che si possono fare per la giustizia
Per il testo integrale della Relazione,
clicca su: http://www.cortedicassazione.it/DocumentiPrimaPag/InaugurazioneAG/InaugurazioneAG.asp(continua) sistema processuale
che oggi consente la generalizzata esperibilità dei diversi mezzi di gravame, la
realizzazione del processo telematico e, più in generale, la diffusione in tutte le sedi
giudiziarie delle moderne tecnologie, per citare solo alcuni dei possibili ambiti di
intervento.
I modelli organizzativi devono valorizzare il "principio di
responsabilità" del giudice. Occorre ripensare alle ragioni che costituiscono il
fondamento e la giustificazione del ruolo del giudicante: costui non solo deve esercitare
la facultas ius dicendi , decidendo le singole controversie sottoposte al suo esame in
applicazione della legge; il Giudice deve anche essere consapevole di erogare un servizio
essenziale ai cittadini, servizio che deve essere reso in tempi ragionevoli, secondo i
bisogni della moderna società civile. Ogni ingiustificato ritardo nella definizione della
controversia, oltre a produrre dei costi economico-sociali, ha, infatti, una ulteriore,
immediata e negativa ricaduta su di un bene fondamentale: la fiducia che la collettività
ripone nel corpo magistratuale. La responsabilità del Magistrato, nell'esercizio delle
funzioni giudiziarie, non si limita al contenuto della decisione, ma deve involgere anche
la qualità del servizio reso, nel senso di preservare la fiducia tra i cittadini e la
magistratura, bene prezioso che il mondo anglosassone individua con l'icastica espressione
public confidence. La percezione che della giustizia ha ogni singolo cittadino rappresenta
di per sé un valore e deve essere adeguatamente tutelata da ogni " operatore del
diritto". Le norme di riferimento sono gli artt. 97 (sul "buon andamento")
e 111 Cost. (laddove stabilisce che la legge assicura la " durata ragionevole"
del processo), nonché l'art. 47- quater dell'ordinamento giudiziario, cui ora si aggiunge
l'art. 47 della Carta dei diritti contenuta nel Trattato di Lisbona. La "ragionevole
durata" del processo prevista dall'art. 111, comma 2, Cost. è oggi ribadita
nell'attuale art. 47 della Carta dei diritti, che ha "lo stesso valore giuridico dei
Trattati", con il riconoscimento che sussiste il diritto di ogni persona ad un
ricorso effettivo "esaminato equamente, pubblicamente entro un termine
ragionevole" da un Giudice imparziale. L'obbligo della "durata ragionevole"
del processo, quindi, sorto come principio innovativo della CEDU, introdotto
nell'ordinamento italiano come elemento portante del "giusto processo" (art.
111, commi 1 e 2, Cost.), assurge oggi a principio fondamentale del sistema giuridico
europeo, con tutte le ulteriori conseguenze e ripercussioni che ciò potrà comportare.
Ebbene, proprio il contenuto dei compiti organizzativi e di vigilanza che la legge
ordinamentale assegna al presidente di sezione evidenzia che ogni singolo Giudice è
destinatario di un preciso dovere di cooperazione, rispetto alla funzionalità
dell'ufficio giudiziario di appartenenza. Il Giudice ha il dovere di curare adeguatamente
l'organizzazione del proprio lavoro - la c.d. agenda del Giudice - secondo modelli
gestionali non limitati alla mera attività di udienza od improntati al modello
organizzativo-comportamentale di tradizione individualistica. Diversamente, ogni Giudice
deve farsi manager di se stesso, consapevole del fatto che la propria attività si
inserisce coralmente nel contesto dell'ufficio in cui il medesimo Magistrato si trova ad
operare. Il Giudice interagisce, infatti, nell'ambito di una rete istituzionale plurale di
relazioni (si pensi ai rapporti con i pool investigativi, alle conferenze di servizi con i
cancellieri, ai protocolli con gli Ordini professionali ed alle intese con altri
ausiliari). La funzionalità del servizio richiede che ogni Giudice coordini
consapevolmente la propria attività con quella dei colleghi, delle parti, del personale
amministrativo. La diffusione capillare della cultura dell'organizzazione non solo ha una
immediata positiva ricaduta sulla funzionalità del sistema giudiziario; essa rappresenta
per il singolo Giudice un preciso valore aggiunto, in termini di qualificazione
professionale. Solo organizzando adeguatamente la propria attività nei termini ora
accennati il Giudice può verificare costantemente il rapporto tra sopravvenienze e cause
definite, affrontare le emergenze di settore, assicurare decisioni in tempi solleciti,
salvaguardandone la qualità tecnica e la adeguatezza motivazionale. Occorre, sul punto,
considerare che a seguito delle recenti riforme ordinamentali la capacità organizzativa
costituisce un proprium del bagaglio professionale del Magistrato. L'art. 11, d.lgs. n.
160/2006, nel delineare i parametri che vengono in rilievo nella valutazione della
professionalità dei magistrati espressamente richiama, oltre alla preparazione giuridica
ed al relativo grado di aggiornamento, in relazione alle funzioni concretamente
esercitate, il "possesso delle tecniche di argomentazione e di indagine, anche in
relazione all'esito degli affari nelle successive fasi e nei gradi del procedimento e del
giudizio ovvero alla conduzione dell'udienza da parte di chi la dirige o la presiede,
all'idoneità a utilizzare, dirigere e controllare l'apporto dei collaboratori e degli
ausiliari". E la Circolare consiliare n. 20691/2007, recante Nuovi criteri per la
valutazione di professionalità dei magistrati a seguito della legge 30 luglio 2007, n.
111, ha inserito tra gli indicatori della capacità professionale l'< attitudine del
Magistrato ad organizzare il proprio lavoro. L'ordinamento stabilisce che il Magistrato
può essere chiamato a rispondere in ragione dei " risultati " della propria
attività, sotto il profilo disciplinare, oltre che civile e contabile. In altri termini,
coerentemente rispetto alla descritta cornice ordina mentale, il legislatore ha attribuito
una specifica rilevanza anche ai " risultati" dell'attività giudiziaria svolta
dal singolo Magistrato, incidenti sul piano della funzionalità dell'ufficio, trattandosi
di evenienze discendenti dal mancato rispetto dei predetti obblighi di diligenza
organizzativa che rientrano nel complessivo profilo professionale del giusdicente. Ed
invero, il reiterato, grave e ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi
all'esercizio delle funzioni costituisce illecito disciplinare, ai sensi dell'art. 2,
comma 1, lett. q), del d. lgs. n. 109/2006. Oltre a ciò, il medesimo art. 2, d.lgs. n.
109/2006, con specifico riferimento ai dirigenti degli uffici, ai presidenti di sezione o
di un collegio (comma 1, lett. dd), sanziona disciplinarmente l'omessa comunicazione agli
organi competenti di fatti che possono costituire illecito disciplinare compiuti da
magistrati dell'ufficio, della sezione o del collegio. Si può, quindi, affermare che
l'inefficienza del singolo Magistrato refluisce anche verso i dirigenti giudiziari, i
quali vengono sanzionati per l'omessa segnalazione di fatti di rilievo disciplinare
compiuti dai magistrati dell'ufficio, atteso che, come ora considerato, tra le condotte
deontologicamente rilevanti, si rinviene il ritardo nel compimento degli atti relativi
all'esercizio delle funzioni giurisdizionali. Le disposizioni in tema di responsabilità
disciplinare dei dirigenti giudiziari confermano, allora, la fondatezza dei rilievi sopra
svolti circa la necessità di superare sistemi organizzativi di tradizione
individualistica, per approdare ad un modello di ufficio giudiziario, nel quale
l'attenzione venga posta sulla funzionalità del servizio reso ai cittadini e quindi sui
" risultati" che il sinergico intervento dei singoli magistrati consente in
concreto di garantire. Sotto il profilo della responsabilità contabile, deve poi
ricordarsi la disposizione di cui all'art. 5, L. n. 89/2001, c.d. legge Pinto, ove si
prevede che il decreto di accoglimento della domanda di equa riparazione, in caso di
accertata violazione del termine ragionevole di durata del processo, venga comunicato al
procuratore generale della Corte dei Conti " ai fini dell'eventuale avvio del
procedimento di responsabilità", nonché ai titolari dell'azione disciplinare dei
dipendenti pubblici comunque interessati dal procedimento. Anche detta disposizione induce
a ritenere che l'ordinamento ponga a carico del Magistrato una precisa clausola generale
di responsabilità per la qualità del servizio giudiziario reso, responsabilità da
declinarsi sotto i diversi profili - disciplinare o contabile - ora esaminati. Deve
rilevarsi che i principi ora richiamati in tema di " responsabilità del
Giudice" per i " risultati " dell'attività giudiziaria trovano espresso
riscontro in diverse fonti sovranazionali. L'art. 6, della Convenzione per la salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali , firmata a Roma il 4 novembre 1950,
riconosce, invero, il diritto di ogni persona ad un processo equo, celebrato in un "
tempo ragionevole", da parte di un tribunale indipendente ed imparziale. Si osserva
poi che l'art. 6, comma 1, del Trattato sull'Unione europea - nella versione consolidata a
seguito delle modifiche introdotte dal Trattato approvato a Lisbona il 13 dicembre 2007 -
stabilisce che " l'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12
dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo steso valore giuridico dei trattati ". E l'art.
47 della richiamata Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, corrispondente al
contenuto dell'art. 6, par. 1, della Convezione EDU, riconosce il diritto di ogni persona
" a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine
ragionevole da un Giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge". Le
disposizioni ora richiamate collocano sistematicamente il diritto ad un processo equo tra
i diritti fondamentali della persona e consacrano il principio in forza del quale la
domanda di Giustizia deve necessariamente essere evasa in un tempo ragionevole: perciò
può fondatamente affermarsi che justice delayed is justice denied. Conseguentemente, le
richiamate disposizioni vieppiù giustificano la diretta responsabilità del Magistrato
per la qualità del servizio erogato nei confronti dei cittadini, trattandosi di un
servizio immediatamente incidente sui diritti fondamentali delle persona. Occorre,
altresì, considerare che l'attenzione da parte di ogni Giudice ai problemi organizzativi
della propria attività, anche in relazione alle possibili ricadute sulla "
immagine" di efficienza del sistema giudiziario complessivamente inteso, rappresenta
uno " standard etico" che caratterizza l'attività dei singoli giudici - e
quindi l'azione della magistratura - generalmente condiviso nelle moderne democrazie: si
richiamano, al riguardo, i noti " Principi di Bangalore". Nei noti
"principi di Bangalore", il Giudice ha il dovere non solo di essere
"imparziale e indipendente" ma anche, con la stessa intensità,
"competente" e "diligente", cioè "preparato in diritto" e
"capace di risolvere problemi organizzativi". I principi di Bangalore, ed il
relativo Commentario, sono stati elaborati dal Gruppo giudiziario per il rafforzamento
dell'integrità dei giudici (JGSJI), operante in seno alle Nazioni Unite. L'elaborazione
dei Principi di Bangalore è maturata nell'ambito della specifica azione di contrasto alla
corruzione giudiziaria svolta dall'ONU ed è avvenuta in un ambiente di common law. Non di
meno, i Principi ambiscono ad assurgere a punto di riferimento, di natura sovra-nazionale,
per la deontologia giudiziaria ed anche per la codificazione, in sede nazionale, delle
ipotesi di responsabilità disciplinare dei magistrati. Ai fini di interesse, si rileva
che tra i Principi inseriti nel c.d. Codice di Bangalore si rinvengono la Competenza e la
Diligenza del Giudice. Nel Commentario al Codice di Bangalore si chiarisce, in
particolare, che la " diligenza" involge anche la capacità del Giudice di
risolvere i problemi relativi all'organizzazione delle risorse umane e materiali di cui
l'ufficio dispone; si sottolinea che nell'ambito della propria formazione permanente il
Magistrato deve specificamente curare gli aspetti relativi all'organizzazione degli uffici
giudiziari; e si evidenzia che il Giudice deve adoperarsi per garantire effettività al
principio della durata ragionevole del processo. A quest'ultimo riguardo nel Commentario
ai Principi di Bangalore si dichiara espressamente: che il Giudice deve depositare i
propri provvedimenti senza ritardo; e che deve farsi promotore di protocolli che
consentano alle parti litiganti di conoscere lo stato di trattazione delle cause e dei
prevedibili tempi di definizione. Le considerazioni ora svolte evidenziano che viene
delineandosi un sistema normativo integrato di fonti capace di coniugare principi presenti
nei diversi ordinamenti giuridici nazionali - e che trova espressione in documenti
internazionali - fondati sul comune intento di garantire effettiva tutela ai diritti
fondamentali della persona umana, nell'ambito degli ordinamenti democratici. Ciò è
particolarmente verificabile con riferimento ai principi del giusto processo e della
ragionevole durata dei procedimenti giudiziari, ai quali è intimamente connesso, come si
è visto, quello della diretta responsabilità dei giudici rispetto ai " risultati
" della attività svolta: è in tale ambito, infatti, che si registra un quadro di
modelli concettuali e di soluzioni giuridiche che perseguono il comune obiettivo di
garantire ad ogni persona il diritto " a che la sua causa sia esaminata equamente,
pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un Giudice indipendente ed
imparziale" (Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, art. 47, comma II,
cit.). Non mancano le prime, spontanee applicazioni. Si indicano alcuni esempi concreti: -
"agenda del processo", in cui il Giudice, a seguito della ricognizione della
controversia concorda con le parti un percorso processuale differenziato a seconda della
tipologia della controversia a valle del tentativo di conciliazione (precisazione delle
conclusioni di causa documentale, nomina del consulente in caso di problemi tecnici, prova
per testi negli altri casi); - accorpamento dei fascicoli per materia e in considerazione
della serialità e, talvolta, della provenienza geografica; - udienze tematiche, evitando
quelle di mero rinvio; - uso accorto della condanna alle spese e delle preclusioni
processuali; - motivazioni stringate (secondo l'esperienza francese e tedesca), da
adottare, per i giudici collegiali, in camera di consiglio; - leale collaborazione con le
cancellerie per una efficiente ripartizione del lavoro tra giudici e personale
amministrativo; - uso del "diagramma di flusso" (cd. flow chart) negli uffici
giudiziari, per monitorare lo stato dei singoli fascicoli, evidenziando i punti - e i
soggetti - del procedimento di maggiore sofferenza; - organizzazione informatica del
processo e degli uffici.
2) Uno sforzo straordinario per la riduzione
dell'arretrato. Urge un "piano straordinario" per l'eliminazione
dell'arretrato, separato dalla trattazione della pendenza fisiologica, che "porti a
sistema" le best practices, da raccogliere e pubblicare on line. Si potrebbe fornire,
così, la massima conoscibilità e diffusione alle "migliori pratiche" che già
oggi, se adottate estensivamente, potrebbero migliorare il servizio-Giustizia "a
costo zero". Il "piano straordinario" potrebbe anche essere strutturato in
maniera differenziata a seconda dei diversi uffici. L'importante è una strategia
"mirata": - accorpare le trattazioni per materia o per altri criteri; affidarsi
ad appositi collegi-stralcio, o a magistrati volenterosi, che siano disponibili oltre il
normale lavoro di ufficio; - fornire adeguata assistenza, come già avviene in altri
Paesi, con strutture di supporto e/o giovani la cui attività potrebbe essere equiparata
al tirocinio obbligatorio. Si dovrebbero anche immaginare forme di incentivazione,
quantomeno sul piano della valutazione di merito. Con una buona sinergia tra
organizzazione e giurisdizione, e con una forte collaborazione di tutti i soggetti
coinvolti (Corti, CSM, Ministero), si possono raggiungere risultati ambiziosi. Al di là
della degiurisdizionalizzazione di procedure, un'inversione di tendenza è possibile anche
a legislazione vigente, ma ciò richiede una condizione dove ampia sia la convergenza di
tutti gli utenti del servizio. Va considerato che l'"arretrato" non deve
confondersi con la "pendenza", ovvero il "magazzino esistente",
perché in quest'ultimo sono ricompresi anche i procedimenti iscritti il giorno prima, che
rientrano nella pendenza "fisiologica". Nel settore civile, già adesso, con gli
opportuni investimenti nel settore informatico, è possibile realizzare la
informatizzazione delle procedure per i decreti ingiuntivi e per le cause seriali; è
possibile una gestione separata delle cause che hanno come parte processuale i c.d.
"grandi utenti", (INPS, INAIL, etc.). L'arretrato va affrontato e gestito
secondo una pluralità di criteri, sistematicamente coordinati, che non sono soltanto
quello temporale, ma anche quello per materia, per collocazione geografica, per tipologia
di azione, per stato del processo, etc., facendo ricorso a qualsiasi elemento utile per
accorpare la trattazione dei casi analoghi. Inoltre, il problema dell'efficienza e
dell'efficacia del lavoro degli uffici giudiziari, cui si lega quello dei carichi
esigibili, è ricchissimo di sfaccettature. Infatti investe: a) un problema di rapporto
con gli standard di rendimento; b) il problema dei tempi di svolgimento dei processi; c)
quello dei tempi di deposito dei provvedimenti; d) quello dei profili disciplinari che
possono avere rilievo a causa di situazioni di carico insostenibile; e) quello
dell'immagine della giurisdizione dinanzi ai cittadini, dinanzi alle istituzioni
nazionali, dinanzi alle istituzioni europee.
Particolare attenzione va dedicata al riassorbimento
dell'arretrato presso la Corte di Cassazione. La selezione dei processi cui assicurare una
trattazione adeguata alla funzione nomofilattica, è prioritaria. Occorre, però,
distinguere tra processo civile e penale, perché in Cassazione quest'ultimo risponde ai
canoni del giusto processo ed è definito in un tempo ragionevole, pur se è costretto a
scontare le criticità dei gradi di merito. In penale, il ruolo della Settima Sezione si
sta rivelando fondamentale con la realizzazione di veri uffici spoglio presso le singole
sezioni, una rotazione tra i magistrati addetti alla Settima, in modo da evitare inutili
duplicazioni di letture processuali, e creare posizioni di disaffezione lavorativa. Ha
trovato adesso una disciplina legislativa anche la struttura che è stata realizzata per
l'esame preliminare dei ricorsi civili. È un intervento che ha suscitato anche dubbi e
perplessità. Rimane essenziale evitare quegli errori che hanno ritardato la messa a
regime della Settima penale, sovrapponendo i problemi risolubili attraverso
l'interpretazione giurisprudenziale con quelli strettamente organizzativi. Importante
rimane la valorizzazione del sistema di governo orizzontale della Corte, per adeguare la
sua organizzazione ai compiti, con il coinvolgimento dei Presidenti non titolari
nell'organizzazione della sezione, per la formazione dei ruoli d'udienza, per
l'individuazione dei filoni seriali delle cause, per la fissazione e trattazione di cause
collegate. Per questo occorrono anche spazi di agibilità nell'ufficio. Con queste
condizioni il servizio Giustizia può funzionare. Queste affermazioni trovano riscontro
proprio dall'esperienza maturata in Cassazione, dove una situazione di grave sofferenza
della giurisdizione è stata resa compatibile con gli standard del giusto processo.
Facciamo parlare i dati di un caso esemplare: quello della seconda Sezione penale. Con la
sinergia di un (moderato) rafforzamento del contingente di magistrati, della cancelleria e
della logistica, una robusta pianificazione centralizzata in stretto raccordo con la
presidenza della Cassazione, una riorganizzazione dell' "ufficio spoglio" e
soprattutto la richiesta di sforzi straordinari a tutti (anche con doppi collegi nella
stessa giornata, per definire quanto più possibile in un'unica udienza, protratta fino a
tarda sera), entro aprile 2010 l'arretrato della sezione (7.000 cause nel 2008) sarà
completamente smaltito e, dopo l'intervento straordinario, il tempo stimato tra l'arrivo
in sezione e la celebrazione di un processo è ridotto da cinque anni a cinque-sei mesi.
La celebrazione di un processo giusto in tempo ragionevole è una realtà. Alla fine di
ottobre 2008 la Seconda sezione penale presentava una capacità di risposta alla domanda
di Giustizia assolutamente deficitaria: 6914 processi pendenti, tra cui alcune centinaia
pervenuti nel 2004 e non ancora fissati per il dibattimento, un organico di magistrati
ridotto a 12 rispetto ai 22 previsti, una cancelleria incapace di fare fronte ad una
simile emergenza per difficoltà operative ed insufficienza di personale addetto, una
percentuale di processi rinviati per nullità delle notifiche pari al 25%, un ruolo
dell'Ufficio spoglio insoddisfacente rispetto alla potenziale utilizzazione della Settima
sezione; soltanto una percentuale inferiore al 25% dei ricorsi spogliati veniva infatti
trasmessa per la declaratoria d'inammissibilità. Questa situazione è stata affrontata
con una serie di provvedimenti che in modo sinergico sono confluiti verso l'obiettivo
comune di un giusto processo in tempi ragionevoli. È stato cioè elaborato un progetto di
intervento condiviso dalla Prima Presidenza, dal Presidente di sezione e da tutti i
consiglieri e dal personale amministrativo, con la consapevolezza che, in ogni caso, a
tutti sarebbe stato richiesto, seppur per un tempo limitato, circa un anno, uno sforzo
straordinario. Il primo intervento ha riguardato il riallineamento dell'organico dei
magistrati della sezione e quello del personale amministrativo, con l'assegnazione di
ulteriori dieci consiglieri e di un presidente non titolare (organico 22 consiglieri e 2
presidenti) e la copertura del posto della dirigente amministrativa, l'assegnazione di
alcuni elementi amministrativi in via definitiva e di un altro in applicazione temporanea.
Si è proceduto poi al riesame di tutti processi già formalmente spogliati e in attesa di
fissazione in pubblica udienza. Sono stati estrapolati i processi che avrebbero in realtà
meritato la destinazione alla Settima sezione in ragione della chiara inammissibilità dei
ricorsi. Sono stati così realizzati ruoli di udienza pubblica numericamente pesanti
(fissazione anche di 80 processi), ma comunque definibili in un'unica udienza, seppur
protratta fino a tarda sera. Sono stati organizzati doppi collegi nella stessa giornata in
modo da incrementare il numero delle udienze. E' stato poi riorganizzato l'Ufficio
spoglio. I magistrati addetti sono passati da due a cinque. Sono stati fissati criteri per
lo spoglio condivisi e rigorosi. La percentuale dei processi trasmessi alla Settima
sezione ha superato la percentuale del 50%. A ciascuno dei magistrati addetti allo spoglio
è stata assegnata una stanza. Ciò ha consentito di lavorare in maniera dignitosa e,
soprattutto, di assicurare quotidianamente la presenza in sezione di almeno quattro
magistrati, oltre quella del Presidente e dei magistrati impegnati in udienza. È stata
così incrementata la sinergia lavorativa tra i magistrati e il personale amministrativo e
si sono ottimizzati i risultati della nuova organizzazione lavorativa degli uffici di
cancelleria. Risultati eccellenti sono derivati dall'individuazione di un responsabile per
la verifica della ritualità delle notifiche. Questo intervento, unito alla scelta di
utilizzare la possibilità prevista dall'art. 148, comma 2 c.p.p. di eseguire le notifiche
a mezzo fax, ha portato ad un abbattimento verticale della percentuale delle nullità, che
nel mese di settembre 2009 è stata pari allo 0%. Sono stati poi rivisti i criteri di
assegnazione dei magistrati alla Settima sezione. È stato deciso che i processi trasmessi
per la declaratoria di inammissibilità fossero trattati dagli stessi spogliatori di
sezione. Si è evitata una duplicazione di lettura e, con l'introduzione di un sistema di
rotazione, tra tutte le sezioni della Corte, nella composizione dei collegi per i
rispettivi processi, si è eliminato il pericolo di una disaffezione lavorativa dei
magistrati addetti alla Settima. Ad ottobre 2009 l'obiettivo fissato inizialmente può
dirsi raggiunto. I numeri assoluti dei processi fissati e non definiti sono diminuiti di
oltre il 33%, da 6914 a 4336. I processi di competenza della Seconda sezione sono stati
tutti fissati per la definizione entro l'aprile 2010, ad eccezione di settecento processi
pervenuti negli ultimi due mesi del 2009 che rappresentano la fisiologica pendenza; il
tempo stimato tra l'arrivo in sezione e la loro celebrazione è di cinque - sei mesi,
utile per assicurare la rituale notifica degli avvisi. Presso la Seconda Sezione non
esiste più arretrato. Può essere assicurata all'utenza una laboriosità intelligente.
3) Autonomia gestionale e contabile, con conseguente
incremento della responsabilizzazione e dei controlli. Le "buone idee"
vanno accompagnate da più flessibilità e autonomia gestionale. È necessario allentare
la centralizzazione della spesa e responsabilizzare gli uffici della Cassazione e delle
Corti d'Appello. L'autonomia conferisce al soggetto una forte responsabilizzazione con
attenta e doverosa attività di controllo, realizzando in tal modo un sistema "a
rete" più moderno ed efficiente di quello burocratico-piramidale che spinge verso
l'irresponsabilità e il compromesso. Da anni si chiede l'autonomia contabile già
concessa ad altre Corti o organi indipendenti (Corte costituzionale, Consiglio di Stato, i
singoli TAR, Corte dei conti, Avvocatura dello Stato e numerose Authority), per gestire in
modo efficiente e responsabile gli uffici, pur tenendo conto di un bilancio sempre più
ristretto. Dal bilancio consuntivo 2009, si evince che per la Corte di Cassazione vi è
stato un impegno di spesa pari ad euro 114.442.904,42 comprensivo delle somme destinate al
funzionamento dell'Ufficio e di quelle volte al pagamento di stipendi ed emolumenti
accessori da corrispondere ai magistrati ed al personale giudiziario. La predetta somma ha
un'incidenza sul bilancio del Ministero della Giustizia pari all' 1,519% e su quello dello
Stato pari allo 0,023%. Le sole spese di gestione dell'Ufficio (esclusi i costi relativi
al personale) ammontano ad euro 2.411.171,39. Tra le voci di spesa più significative si
distinguono le spese postali (circa 1.366.553,57 euro), quelle per la gestione del
servizio automezzi (euro 158.265,37), per lo smaltimento rifiuti (euro 153.495,89), per il
funzionamento degli uffici (euro 202.945,73), per i foto-riproduttori (euro 169.238,50),
per le spese d'ufficio (euro 189.172,50), per l'informatica (euro 584.277,74) ed infine
per l'acquisizione di beni e macchinari vari (euro 314.300,58). I risultati di alcune
indagini di mercato effettuate informalmente dagli uffici amministrativi della Corte
inducono a ritenere che, al di là delle indicazioni fornite dall'ultima finanziaria, sono
comunque possibili ulteriori interventi volti all'eliminazione degli sprechi. Ad esempio,
sarebbe possibile intervenire, alla luce della più recente normativa volta a promuovere
l'uso della posta elettronica e ad attuare il processo telematico, per ridurre le spese
postali, stipulando nuovi contratti più vantaggiosi per l'Amministrazione. Analogamente,
risulta auspicabile la riduzione delle spese per lo smaltimento dei rifiuti mediante una
più attenta analisi dei relativi contratti. Importante contrazione di spesa potrebbe
realizzarsi a mezzo della riorganizzazione del servizio di accompagnamento dei magistrati,
il quale ben potrebbe essere affidato a società private, come ormai in uso presso
numerosi enti ed imprese. Tale esternalizzazione, non solo produrrebbe cospicui risparmi
per la dismissione dei parco auto e l'eliminazione dei relativi costi di gestione e
manutenzione, ma consentirebbe il recupero dei dipendenti attualmente addetti al servizio,
da impiegarsi più proficuamente presso gli uffici e le cancellerie della Corte o, in
alternativa, nella sorveglianza degli accessi alle cancellerie, esigenza questa fortemente
sentita negli ultimi tempi ed evidenziata da numerose inchieste giornalistiche. Tale
mansione risulterebbe peraltro in linea con i nuovi profili professionali individuati nel
contratto integrativo appena stipulato e, allo stato, al vaglio della Corte dei Conti. I
risparmi di spesa appena descritti e gli altri che si potrebbero di certo realizzare
nell'anno 2010, trovano ostacolo nella limitata autonomia gestionale e
finanziario/contabile della Corte. Dover dipendere dall'Amministrazione centrale significa
impedire ai singoli uffici ed in particolare alla Corte di Cassazione ed alle diverse
Corti d'Appello, di assumere qualunque iniziativa manageriale tesa al risparmio. Certo,
risultati apprezzabili sono stati raggiunti anche senza richiedere alcun sostegno
economico. La realizzazione, nel giro di un mese, dell'enorme archivio presso i locali
assegnati dall'Amministrazione centrale in una zona periferica della città, è avvenuta a
costo zero, poiché la Corte, è riuscita ad impiegare risorse interne per trasporto,
catalogazione atti e creazione di un sistema informatizzato di gestione e collegamento tra
gli uffici di piazza Cavour e l'anzidetto archivio. Tra le iniziative finalizzate ad una
maggiore efficienza dei servizi, senza alcun stanziamento da parte dell'Amministrazione
centrale, si distingue anche quella che ha portato alla stipula di convenzioni con diverse
università italiane aventi lo scopo di acquisire la collaborazione di tirocinanti
qualificati per l'assistenza al Magistrato nelle ricerche di informatica giuridica, senza
così distogliere il personale dalle cancellerie. E' pure allo studio la possibilità di
siglare accordi con altre amministrazioni pubbliche al fine di migliorare il servizio
complessivo da rendere al cittadino-utente. È doveroso, infine, segnalare che la recente
istituzione dell'Ufficio relazioni con il pubblico e dei correlati sportelli periferici è
avvenuta senza sovvenzione alcuna: persino i corsi di formazione sono tenuti
gratuitamente, come spesso accade, da funzionari direttivi della Corte. Tutto ciò
rappresenta però una minima parte di quanto si sarebbe potuto fare. Se le Corti fossero
guidate da dirigenti responsabilmente impegnati a garantire, non solo un corretto
svolgimento dei processi nel più breve tempo possibile, ma anche a combattere gli sprechi
che da sempre caratterizzano la pubblica amministrazione senza esclusione del sistema
Giustizia, potrebbero raggiungersi sorprendenti obiettivi. Decentrare e responsabilizzare
la Corte di Cassazione e le Corti d'Appello nella gestione autonoma della spesa, sono le
uniche strade percorribili per favorire in concreto l'applicazione di sistemi di gestione
manageriali da parte dei dirigenti; avrebbe termine anche quella strana prassi che porta i
diversi Uffici a spendere più di quanto necessario per non rendere le somme in avanzo
all'Amministrazione centrale. Tale diffusa tendenza è dettata dal concreto timore di
vedersi ridurre gli stanziamenti futuri, atteso che le necessità degli uffici sono di
norma preventivate in base a quanto risultato necessario nei passati esercizi. La maggiore
autonomia degli Uffici, con conseguente possibilità di gestire somme preventivamente
assegnate, diventa allora non più procrastinabile anche ai fini della razionalizzazione
della spesa pubblica. Sul punto, occorre precisare che ogni Ufficio incamera gettiti
attraverso 1'esazione del contributo unificato e dei diritti di cancelleria per il
rilascio di copia degli atti. La sola Corte di Cassazione ha percepito, nell'anno 2009,
euro 6.339.250,04 di contributo unificato ed euro 545.827,00 di diritti di copie. Inoltre,
i canoni di abbonamento alla banca dati giuridica ItalgiureWeb hanno portato introiti per
euro 431.306,00. Il totale riscosso dalla Corte di Cassazione ammonta dunque, per l'anno
2009, ad una somma pari ad euro 7.316.383,09. Tale considerevole gettito deve essere
rapportato a quanto stanziato per la Cassazione per il funzionamento dell'Ufficio,
nell'anno 2009, che allo stato, risulta pari ad euro 2.411.171,39. Il virtuale bilancio
dell'Ufficio chiude dunque con un attivo di euro 4.905.211,70 che sicuramente avrebbe
fatto registrare ulteriori attività se si fosse realizzata la auspicata autonomia. Se
queste osservazioni possono dirsi valide per la suprema Corte, a maggior ragione, visto il
diverso numero dei procedimenti e la possibilità di incamerare maggiori somme per il
contributo unificato, possono ritenersi idonee per le Corti territoriali. Del resto è
ormai noto che la riconosciuta maggiore autonomia non può che rafforzare comportamenti di
tipo imprenditoriale, orientati all'innovazione e, non da ultimo, al risparmio. Non sembra
però sufficiente che siano concesse solo contabilità generale e bilancio d'esercizio,
occorrendo interventi normativi per la realizzazione di ambiti di autonomia sostanziale,
sotto i diversi profili dell'autonomia gestionale, organizzativa e almeno parzialmente
finanziaria, ovviamente confermando una responsabilità complessiva sui risultati
conseguiti. A tal fine, dovrebbero essere sviluppati idonei strumenti di indirizzo e
controllo da parte dell'Amministrazione centrale. Solo dalla combinazione tra
decentramento/responsabilizzazione e valutazione/controllo potrà derivare l'auspicato
salto di qualità di cui il servizio "Giustizia" nutre forte bisogno. Non si
chiedono più risorse o elargizioni, ma si vuole utilizzare al meglio quelle esistenti,
evitando una gestione burocratica, lontana dalle esigenze del servizio che la Cassazione
deve rendere al Paese.
4) I risparmi "interni" al sistema e
l'eliminazione degli sprechi. Oltre a chiedere risorse aggiuntive si deve evitare
di disperdere quelle oggi disponibili. Gli sprechi di risorse non derivano solo da
inefficienze organizzative, ma anche da norme obsolete e onerose. Con l'ultima legge
finanziaria (l. n. 259 del 2009) è stato fatto un primo e parziale tentativo per ridurli.
Si è intervenuti - ma, si ripete, solo in parte - sui costi delle intercettazioni, sulle
spese di Giustizia, sulla irrazionalità della pubblicazione delle sentenze penali a mezzo
stampa. In particolare, sono stati effettuati i seguenti interventi: a) in materia di
intercettazioni, l'art. 2, comma 211, prevede la gratuità del rilascio delle informazioni
contenute nei tabulati relativi al traffico telefonico in materia di intercettazioni.
L'analisi dei costi sostenuti in materia di intercettazioni negli ultimi sei anni
evidenzia, per i tabulati, un costo medio di 17 milioni di euro, che costituisce il
risparmio di spesa annuo fino all'emanazione del decreto di fissazione del ristoro di tali
costi. b) in materia di spese di Giustizia, l'art. 2, comma 212, modificando la vigente
normativa contenuta nel comma 2 dell'articolo 13 del decreto del Presidente della
Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, dispone che i processi esecutivi mobiliari di valore
inferiore ad euro 2500 vengano sottoposti a contributo unificato per un importo pari ad
euro 30. c) si prevede inoltre l'introduzione del contributo unificato per i processi di
opposizione alle sanzioni amministrative di cui all'articolo 23 della legge 24 novembre
1981, n. 689. La normativa in vigore prevede che gli atti del processo e la decisione sono
esenti da ogni tassa ed imposta; la nuova disciplina prevede, invece, che gli atti del
processo siano soggetti al pagamento del contributo unificato di cui all'articolo 13 del
decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, nonché delle spese
forfetizzate secondo l'importo fissato all'articolo 30 del medesimo D.P.R. La disposizione
prevede altresì l'introduzione del contributo unificato anche nelle cause di lavoro o
concernenti rapporti di pubblico impiego, e nelle cause in materia di previdenza e
assistenza obbligatorie, limitatamente, però, al ricorso per Cassazione. Sulla base dei
dati della Direzione generale di statistica del Ministero della Giustizia, si può stimare
che il numero dei procedimenti esecutivi mobiliari fino a 2500 euro, per l'anno 2008, è
pari a 250.000; tali procedimenti risulterebbero, dunque, sottoposti al pagamento di un
contributo unificato pari a 30 euro. Si può stimare, inoltre, che, per lo stesso anno, il
numero dei procedimenti per opposizione a sanzioni amministrative attualmente, esenti dal
pagamento del contributo, ammonti a circa 1.250.000. Di questi, circa l'70% rientrerebbe
nel primo scaglione (contributo unificato pari a 30 euro) e il 30% nel secondo scaglione
(contributo unificato pari a 70 euro). È possibile stimare in circa 7.000 all'anno il
numero dei ricorsi per Cassazione concernenti le cause di lavoro o rapporti di pubblico
impiego, nonché previdenza e assistenza obbligatoria. Si prevede un importo unitario del
contributo unificato di 103,30. Le modifiche proposte determinerebbero, dunque, un nuovo
gettito pari a un totale di 60.723.100 euro. d) l'art. 2, comma 213, prevede la
possibilità di provvedere, tramite convenzioni, alla gestione dei crediti relativi alle
spese di Giustizia conseguenti ai provvedimenti passati in giudicato al 31 dicembre 2007.
Tali gestioni afferiscono, in particolare, alla definizione di modalità più celeri per
la gestione amministrativa dei citati crediti, attualmente curata dagli stessi uffici
giudiziari presso i quali sono maturati, con conseguente inevitabile andamento oggi
condizionato dalle necessità di assicurare contemporaneamente le ordinarie incombenze
amministrative funzionali all'espletamento delle attività giudiziarie. Con il
perfezionamento delle nuove modalità di gestione indicate, invece, si consentirà di
assicurare le attività gestionali occorrenti per assicurare l'effettivo recupero del
credito attraverso l'ausilio di soggetti specializzati del settore e che svolgeranno tali
attività con risorse a tal fine dedicate, senza dovere limitare il relativo impegno a
quanto ordinariamente residuale rispetto ad altre incombenze amministrative (come detto,
quelle connesse all'ordinario funzionamento delle altre, spesso impellenti e
indifferibili, competenze essenziali per lo svolgimento della funzione giudiziaria).
Attraverso la valorizzazione di tali apporti, sarà concretamente possibile rendere più
efficiente la gestione amministrativa dei crediti indicati, aumentando la percentuale di
riscossione degli stessi, oltre a recuperare importanti risorse per l'ordinaria attività
amministrativa a supporto della funzione giudiziaria. Al fine di quantificare le risorse
che deriveranno dall'affidamento della gestione, si evidenzia che dall'analisi dei dati
comunicati dalla Direzione generale di statistica, l'ammontare delle somme rimaste da
recuperare è pari complessivamente a 3.372.352.314,17 di cui euro 3.368.767.125,35
riguardante la materia penale e 3.585.188,82 riguardante la materia civile. Si precisa che
i dati relativi all'anno 2004 sono frutto di una stima. Considerato che il tasso di
recupero medio oscilla tra l'8 e il 9 %, è ragionevole ritenere che l'affidamento del
credito a soggetti privati possa consentire incremento percentuale delle somme recuperate
del 5%, pari ad una percentuale complessiva del 13,5 (8,5% + 5%)da recuperare. Il recupero
complessivo ammonterebbe quindi ad euro 455.267.562, con un maggior introito di
168.617.616 euro nel triennio 2010/2012 (56.205.872 euro all'anno). e) l'art. 2, commi
216-218, interviene sulla semplificazione della pubblicazione delle sentenze penali a
mezzo stampa, disponendo la pubblicazione del provvedimento sul sito internet e la
contestuale pubblicazione di un avviso di dimensione ridotte contenente la sola
indicazione degli estremi della sentenza e dell'indirizzo del sito internet di
pubblicazione. L'andamento delle spese di pubblicazione delle sentenze degli ultimi
quattro anni evidenzia un costo medio di 3.692.029,15, con un picco di circa 5 milioni di
euro sostenuto nell'anno 2008. Il risparmio complessivo annuo, al netto delle spese che si
dovranno sostenere per gli avvisi di dimensione ridotta, è pari a circa 3 milioni di
euro, ipotizzando una spesa pari al 20% del costo totale attualmente sostenuto. Ma si
può, e si deve, fare di più. Si può fare di più nei settori in cui si è già
intervenuti: spese di Giustizia, il cui recupero è ancora troppo basso rispetto al
dovuto; spese per le intercettazioni, su cui paghiamo i canoni più alti d'Europa;
pubblicazione obbligatoria sulla stampa a pagamento e non gratuita sul sito istituzionale
di svariate sentenze. Si può intervenire in svariati altri settori, pure da tempo
individuati dai Magistrati: ad es., in materia di processi agli imputati irreperibili, che
vengono celebrati con il rito più dispendioso, quello dibattimentale, senza che ciò sia
di alcuna utilità né per l'imputato né per il sistema, ovvero in materia di
ripartizione di funzioni tra magistrati e personale amministrativo, essendoci oggi molte
competenze che potrebbero essere svolte dalle cancellerie e non ai giudici.
Le disfunzioni più gravi ed evidenti riguardano
l'organizzazione territoriale delle sedi giudiziarie e la cd. "legge Pinto". a)
l'organizzazione territoriale delle sedi giudiziarie Occorre con urgenza un riordino delle
circoscrizioni giudiziarie, la cui distribuzione ottocentesca contrasta con i principi di
buona organizzazione degli uffici pubblici. In Italia ci sono 165 Tribunali e relative
procure, di cui non pochi istituiti con leggi speciali ad hoc, e 220 sezioni distaccate di
Tribunali. Di questi, 93 Tribunali e Procure, che rappresentano il 56% degli uffici
giudiziari, hanno non più di 20 Magistrati, e circa 60 hanno sede in territori che già
possono contare sull'esistenza di un Tribunale nella sede del capoluogo provinciale
(abbiamo 19 Tribunali in Sicilia, con 4 Corti d'Appello, e 17 Tribunali in Piemonte; a
Sulmona il Tribunale più piccolo ha 1 Presidente e 3 Giudici). Ciò provoca costi di
gestione altissimi e continui rischi di blocco nelle sedi più piccole, per l'assenza
anche di un solo Giudice. La strada era stata già aperta con la soppressione delle
preture e degli uffici circondariali del p.m. con il dlg.s 19 febbraio 1998 n. 51 (artt. 1
e 2), determinando, all'art. 33, il nuovo organico dei magistrati presso gli altri uffici
giudiziari. Si comprendono le resistenze locali, ma non sono sostenibili 93 circoscrizioni
giudiziarie (circa il 56% del totale) con meno di 20 magistrati. In attesa di un riordino
organico, si potrebbero almeno trasformare, in via transitoria, i Tribunali periferici in
sezioni distaccate del Tribunale del capoluogo di Provincia. Ciò consentirebbe di
conservare intatta la rete territoriale, ma di centralizzare in capo al presidente del
Tribunale provinciale la gestione del personale e delle risorse, con ben maggiore
efficienza e flessibilità, rendendo un servizio migliore, anche nelle stesse sedi
distaccate. In altri paesi si è già provveduto sia all'accorpamento dei Tribunali
piccoli e medio-piccoli sia alla ripartizione nel 2007 dei Tribunali grandi come quello di
Parigi, suddiviso in quattro sedi più funzionali ed efficienti in virtù del principio di
" une organisation territoriale rationalisée". b) la improcrastinabile riforma
della legge-Pinto. Quanto ai gravissimi e assurdi costi della legge-Pinto, il Governo -
raccogliendo l'invito che l'anno scorso proveniva da quest'Aula - ha presentato in
Parlamento (il 10 marzo 2009) un intervento organico di riforma nell'ambito del disegno di
legge A.S. n. 1440. Si propone (art. 23 dell'A.S. n. 1440) una nuova disciplina, ben
articolata ed equilibrata, volta ad accelerare sia il processo principale che l'intero
procedimento-Pinto. Quest'ultimo, rispetto all'attuale strutturazione interamente
giurisdizionale contenziosa - che grava oggi abnormemente sul lavoro delle corti di
appello, ossia sull'ufficio giudiziario già di gran lunga più oberato dal carico di
lavoro arretrato e, pertanto, troppo spesso vittima e allo stesso tempo carnefice
dell'irragionevole durata dei processi - verrebbe dalla riforma ripartito in una prima
fase necessaria di tipo monitorio e paragiurisdizionale (in certo assimilabile a un
procedimento di volontaria giurisdizione) assai agevolmente gestibile dai presidenti delle
corti di appello con l'ausilio, ivi espressamente previsto, degli uffici di cancelleria e
di magistrati delegati appartenenti a qualsiasi ufficio giudiziario del Distretto; ed in
una seconda fase propriamente giurisdizionale che, però, sarebbe meramente eventuale -
nonché, prevedibilmente, piuttosto infrequente, alla stregua del complessivo disegno
legislativo - solo quest'ultima in effetti gravante sulle corti di appello. L'approvazione
della riforma porterebbe una significativa riduzione delle domande di equa riparazione,
nonché del carico oggi gravante sulle Corti di appello (tra il 50% e il 90%). Inoltre, si
azzererebbero quegli incresciosi fenomeni della c.d. "Pintobis", ossia la
richiesta del danno anche per il ritardo nella conclusione del procedimento-Pinto. E ci
sono ormai casi anche di Pinto- ter e di Pinto- quater. I vantaggi potenziali per la
finanza pubblica sono evidenti. Ciò viene confermato dalla relazione tecnica della
Ragioneria generale dello Stato. In realtà, a un beneficio economico senz'altro
notevolissimo (peraltro senz'altro assai maggiore di quello minimale riscontrato dalla
RGS, dovuto al fatto che quest'ultima non si deve discostare da stime prudenzialissime) si
sommerebbe un beneficio assai maggiore per l'aggravio degli uffici giudiziari che - non
dovendo disperdere ulteriori energie anche umane per indennizzare i ritardi già
verificatisi - potrebbero profondere gli stessi mezzi (oltre a quelli patrimoniali
risparmiati da una riduzione degli indennizzi da liquidare) per far fronte all'ordinario
lavoro e aggredire l'arretrato già formatosi, così riducendo l'angolo di quel piano
inclinato sul quale, a velocità finora sempre maggiori, stanno scivolando l'efficienza e
l'efficacia dell'amministrazione della Giustizia in Italia. Il ricordato testo, però, non
ha fatto molta strada in Parlamento. Le medesime disposizioni sono state inserite
nell'A.S. n. 1880 (ora A.C. n. 3137), approvato dal Senato e trasmesso alla Camera.
L'auspicio è che la riforma della legge-Pinto possa quanto prima divenire legge dello
Stato. Altrimenti, i 267 milioni di debito e gli 11.343 procedimenti pendenti per
legge-Pinto continueranno ad incrementarsi a ritmo esponenziale, sottraendo sempre più
energie al bilancio pubblico e all'ordinario svolgimento della funzione giurisdizionale.
Perché continuare a sprecare tante risorse per risarcire i danni dell'arretrato, quando
potrebbero essere destinate a smaltirlo? Il Ministero della giustizia ha pagato, fino al
2009, 150 milioni di euro di risarcimento per legge- Pinto, ha un debito ancora esistente,
fino al 2008, di 86 milioni di euro e per il solo anno 2009, sono già stati contratti 31
milioni di debiti, per un totale ammontante a 267 milioni di euro. L'unica notazione da
aggiungere, ad ulteriore riprova dell'incremento esponenziale dei costi e
dell'impressionante tetto, ormai raggiunto, è che il fabbisogno delle Corti, delegate al
pagamento per debito Pinto, pari, a gennaio 2009, ad euro 56.777.439,23, nello stesso
periodo dell'anno da poco iniziato è passato ad euro 89.195.741,59 con un incremento
complessivo del 69,96 %. Oltre ai costi l'ingorgo giudiziario a causa della legge Pinto si
dimostra superiore ad ogni previsione: solo nel primo semestre del 2009 le corti d'appello
hanno definito 11.343 procedimenti per Legge Pinto e per la prima volta risultano ricorsi
Pinto per controversie davanti al Giudice di pace: 115 nel 2009 (fonte: Ministero della
Giustizia, Dipartimento per gli affari di Giustizia). Peraltro, nel primo semestre del
2009 risultano sopravvenuti 18.033 procedimenti a fronte dei 13.784 del medesimo periodo
dell' anno precedente, con un incremento, in generale, del 30,8 % che tocca, in alcune
sedi, punte considerevoli fra le quali spiccano il 521 % di Trieste, il 217,4 % di
Cagliari, il 156,6 % di Genova e, infine, il 120, 6 % di Potenza. Conseguentemente, nel
primo semestre del 2009, l'incremento delle pendenze finali è stato del 43,1 % (grazie
anche a sedi, come Brescia, in cui si registra un decremento del 45%). Complessivamente,
nel primo semestre del 2009 risultano pendenti 37.393 procedimenti, con un incremento del
43,1 % rispetto al medesimo periodo del 2008 (in cui risultavano pendenti 26.132
procedimenti).
5) La comunicazione e il silenzio: i processi al di
fuori degli uffici giudiziari. Il lavoro del Giudice - e il mio vuole essere un
invito tanto sereno quanto determinato - richiede decoro e riservatezza. I "Principi
di Bangalore sulla deontologia giudiziaria" (adottati nell'ambito del Comitato dei
diritti dell'uomo presso l'ONU) affermano che " un giudice, come qualsiasi altro
cittadino, ha il diritto alla libertà d'espressione, di convinzione, di associazione e di
riunione, ma nell'esercizio di tali diritti ogni giudice si condurrà sempre in modo da
salvaguardare la dignità e la funzione giurisdizionale e l'imparzialità e indipendenza
della magistratura". Il Diritto non si applica nel dibattito sui media. Desta
perplessità la partecipazione di giudici ai talk show televisivi ove si ricostruiscono
delitti oggetto di indagini, e persino di processi in corso, alla ricerca di una verità
"mediatica" diversa da quella processuale. Siffatta tipologia di programmi -
assistita, a quanto pare, da elevati indici di gradimento - non può, di certo, ritenersi
vietata dall'ordinamento, ancorché debba costantemente aversi cura che sia adeguatamente
rappresentato il fenomeno come strutturato per offrire soltanto una realtà immaginifica o
virtuale, eventualmente idonea a sovrapporsi, per forza di persuasione, negli utenti a
quella diversa accertata nelle sedi a ciò deputate. Del pari l'ordinamento, in via di
principio, non pone divieti a che il Magistrato, svolga in piena libertà quelle attività
che costituiscono espressioni di diritti fondamentali, quali la libera manifestazione del
pensiero, di associazione, di esplicazione della personalità e ciò al di là del
condivisibile principio assiomatico secondo il quale "i processi si fanno in
tribunale e non in televisione" e del bonario, provocatorio monito di recente,
autorevolmente formulato a lavorare di più e ad andare meno in televisione o a convegni
mediatici. Il Magistrato che partecipi a siffatte trasmissioni deve tener conto degli
obblighi del codice deontologico (art. 6) che impongono, nei rapporti con la stampa e
altri mezzi di comunicazione di massa, di ispirarsi sempre a criteri di equilibrio e
misura, a pena di sanzioni disciplinare (art. 2 lett. v, z, aa, bb). La Giustizia non ha
bisogno di audience, ma di fiducioso rispetto. Si deve, peraltro, prendere atto con
compiacimento che, con singolare sintonia, la Corte in sede penale, di recente, ha
statuito, nella subjecta materia (v. Cass. sez. V.n.1558/2009), principi affatto
coincidenti con gli approdi cui è pervenuto il codice di autoregolamentazione adottato a
conclusioni dei lavori svolti presso l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni,
frutto dell'accordo tra l'Ordine dei giornalisti e la Federazione nazionale della stampa,
sottoscritto anche da Rai, Mediaset, Telecom Italia media s.p.a. ed altri. Detto accordo
risulta comunicato in data 25 maggio 2009 al CSM che, nella seduta del 22 luglio 2009, ne
ha preso atto con viva soddisfazione. Le regole elaborate nelle sedi sopra citate
contemplano, esemplificativamente: - il rispetto del contraddittorio e del principio di
non colpevolezza; - l'adozione di modalità espressive e tecniche comunicative che
consentano all'utenza adeguata comprensione della vicenda; - il rispetto della
riservatezza, dignità e decoro altrui ed in special modo della vittima o di altri
soggetti non indagati; - il dovere di una chiara informazione circa le differenze tra
documentazione e cronaca, tra cronaca e commento, tra indagato, imputato e condannato, fra
pubblico ministero e Giudice, tra carattere definitivo e non definitivo dei provvedimenti;
- l'obbligo di completezza e approfondimento della notizia con la imprescindibile
precisazione, se del caso, che eventuali ipotesi coltivate non hanno trovato alcuna
conferma in sede di investigazione; - la verifica dell'attualità della notizia ed
attualità dell'interesse pubblico, anche al fine di definire un giusto contemperamento
col diritto all'oblio consistente nel giusto interesse di ogni persona a non restare
indeterminatamente esposta ai danni ulteriori che arreca al suo onore ed alla sua
reputazione la reiterata pubblicizzazione di notizie che, in passato, sono state
legittimamente divulgate. La comprovata, abituale osservanza delle suddette regole,
condivise dalle parti, dovrà costituire un preciso parametro di valutazione da parte del
Magistrato anche in ordine alla valutazione di compatibilità della sua presenza e
partecipazione con il prestigio dell'ordine giudiziario. Fermo il principio di piena
libertà di manifestazione del pensiero, il Magistrato si ispira a criteri di equilibrio e
misura nel rilasciare dichiarazioni ed interviste ai giornali e agli altri mezzi di
comunicazione di massa. " |
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Togliere l'RAP e l'IMPOSTA sugli interessi
dei BUONI del TESORO ? |
Silvio Berlusconi
|
Nino Luciani*, Sugli ulteriori interventi per l'uscita dalla crisi economica
* Prof. ordinario di
Scienza delle Finanze nell'Univ. di Bologna
|
Le priorità:
a) azione per il commercio estero, volano principale per l'Italia;
b) riduzione del debito pubblico (in questi giorni, 1.787 miliardi). |
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Gli strumenti, più a portata di mano:
a) abolizione dell'IRAP;
b) abolizione dell'imposta sugli interessi dei titoli di Stato. |
Anche un occhio alla legge
bancaria, per filtri ai rapporti tra mercati monetario e finanziario. |
|
1.-
Ripartiamo da una sommaria diagnosi della crisi economica. Nessun
intervento è razionalmente proponibile se non si riparte da una diagnosi della crisi
economica. Su questo, in precedente nota, ho
ragionevolmente ipotizzato che le ragioni della crisi finanziaria (da cui è derivata
quella economica) sia la conseguenza di due eventi:
1) uno di natura economica, collegata a vari fattori, e
specificamente:
a) alla fine della guerra in IRAQ, che ha creato un brusco calo della
domanda pubblica di prodotti per la guerra (un caso analogo si era visto, precedentemente,
nei primi anni ' 90 a seguito della fine della guerra fredda), e di conseguenza una
crisi strutturale delle industrie produttrici per la guerra;
b) all'aumento del prezzo del petrolio, come conseguenza della sua scarsità
relativa, per il surriscaldarsi della domanda dei grandi paesi asiatici e
per le esigenze della guerra;
c) alla crisi delle industrie automobilistiche, come conseguenza del caro
petrolio, a partire dai Paesi nei quali maggiore era lo spreco dei carburanti da petrolio;
e alle conseguenze sull'indotto;
2) uno di natura finanziaria, collegata a vari altri fattori,
quali:
a) il sostegno finanziario ad oltranza degli investimenti nelle industrie
per la guerra, del tutto al di fuori di quella sana visione, per la quale la moneta a
breve termine non va impiegata per il lungo termine (tali i finanziamenti di investimenti
in impianti produttivi per la guerra);
b) l'accumularsi di liquidità presso mani con relativa alta propensione al
risparmio (in questo caso, soprattutto i paesi produttori di petrolio).
In queste condizioni il circuito dei capitali si è bloccato, e da
qui si è generata una serie di effetti paralizzante a domino: la disoccupazione, il mutuo
per la casa non pagato, le banche in crisi, e così via.
Il tutto potrà avere una attenuazione dalla eventuale
intensificazione della guerra in Afganistan, ma di nuovo, dopo la guerra, una nuova crisi
si replicherà, in proporzione.
2.- Cosa ha fatto di importante il
nostro Governo. In questo scenario la crisi più preoccupante è stata quella
delle banche, anche perchè, di norma, le banche prestano danaro in misura pari al 90%
circa dei depositi. Pertanto, in caso di diffusione di sfiducia sulle banche, se il
pubblico accorresse massiccio a chiedere i proprio denaro a breve, le banche non sarebbero
in condizioni di pagare.
Di fronte alla prospettiva di una catastrofe tanto grave (la perdita
dei propri risparmi, da parte delle famiglie) il Governo ha retto con grande decisione
assumendo la garanzia della solvenza bancaria. Ma noi, in Italia, avevamo
già sperimentato le crisi bancarie degli anni '30 e sapevamo. Penso,
però, che sia stata solo quello l'intervento (ma determinante) del Governo.
E' stato anche fondamentale la creazione di moneta da parte della BCE.
Ma se "il cavallo non beve", l'offerta di liquidita non basta. E lo vediamo col
senno di poi: in questo senso è necessaria la manovra del bilancio pubblico.
Il secondo intervento, più ovvio, sarebbe dovuto essere l'aggravio
fiscale temporaneo sui redditi medio-alti (1-2% del reddito) bilanciato da sgravio a
favore dei redditi medio-bassi: perchè gli uni hanno propensione relativamente alta al
risparmio, e gli altri propensione relativamente alta alla spesa. Ma questo non poteva
essere fatto da un Governo che ha avuto i voti dalle classi di reddito medio-alto.
Ci sono stati i poco più che simbolici "ammortizzatori
sociali", e le bravate di Berlusconi, in TV, in favore dell'ottimismo.
C'è stata una legge per la detassazione degli utili reinvestiti. Ma
questa è una manovra per il lungo termine, non per l'immediato (che è ciò che serve).
C'è stato il via per un elenco di investimenti pubblici. Ma anche questo,a
causa della lentezza,agisce nel lungo termine.
L'unico fatto di vero rilievo, immediato, è stato il turismo estivo.
E' stata questa la maggiore occasione in cui i nostri cittadini con relativa alta
propensione al risparmio hanno rimesso in circolo il loro danaro. E' questo che ha creato
un vantaggio all'Italia, in confronto agli altri Paesi Europei.
3. Quali ulteriori interventi, al più presto
possibile. Nel caso dell'Italia, il volano più importante è il
commercio estero, che però è in sofferenza strutturale, accumulata fin dai primi passi
dell'Euro. Rispetto a questo problema, la via da percorrere è agire sul livello dei
prezzi interni, e questo ci porta ad alcune manovre fiscali.
a) Abolizione dell'IRAP. Essa è possibile e necessaria.
A riguardo della possibilità, quanti si stracciano le vesti
argomentano che si creerebbe un vuoto finanziario per la sanità, nei bilanci delle
Regioni, trascurano che da troppo tempo si spreca troppo denaro pubblico per una sanità
che non c'è. Forse sono un mistero le lunghe file di attesa per una visita specialistica,
una radiografia ... anche in Regioni importanti come l'Emilia Romagna ?
Si può, magari, argomentare che non sarebbe buono demolire la sanità
pubblica dalla sera alla mattina. D'accordo, si faccia con gradualità, ma non troppo.
C'è, poi, anche l'impegno fondamentale elettorale del Governo al taglio della spesa
pubblica). La sanità pubblica, se deve funnzionare ancora come adesso, è
meglio restringerla alla cose veramente necessarie: gli interventi chirurgici, le malattie
contagiose, l'assistenza medica gratuita ai cittadini con reddito inferiore al minimo
vitale. Da altra parte, conviene a tutti pagare meno
imposte, ma avere davvero la sanità, a pagamento (di sicuro inferiore alle imposte, oggi
pagate).
A riguardo della necessità di abolire l'IRAP,
occorre avere in mente che essa è una imposta sul valore aggiunto, e che si scarica sui
prezzi (anche se la legge non crea un diritto di scarico, come per l'IVA).
In Italia l'abolizione avrebbe effetti deflazionistici, benefici per
agevolare la concorrenza delle nostre imprese esportatrici e benefici per incentivare la
domanda interna, grazie allo sgonfiamento dei prezzi.
b) Abolizione dell'imposta sugli interessi dei titoli del debito
pubblico. In Italia il debito pubblico è il maggior ostacolo al libero mercato.
L'imposta sugli interessi del debito pubblico aumenta fittiziamente l'ingessamento di
tutto il sistema. Una sua abolizione farebbe calare anche le spese dello Stato e, dunque,
nel caso esaminato, aiuterebbe l'abolizione dell'IRAP.
Già, ... perchè l'investitore guarda agli interessi "netti da
imposta". Dunque, l'imposta sugli interessi è, di fatto, pagata dallo Stato sotto
forma di interessi maggiori di quelli dovuti, se l'investitore non fosse soggetto di
imposta. Anche questa manovra ridurrebbe la spesa pubblica, e dunque andrebbe per il verso
di agevolare l'abolizione dell'IRAP.
c) Rimane, sul tappeto, il problema di rivedere la legge bancaria.
Serve meglio delineare i rapporti tra mercato monetario e mercato finanziario, alla luce
degli eccessi di "deviazione" avvenuti, soprattutto negli USA (ma con
contagi su alcune banche italiane). Va mantenuta la "banca mista" così come
adesso ? Le anticipazioni su titoli vanno sottoposte a regole meglio definite ? Le
partecipazioni incrociate tra banche e imprese sarebbero da vietare ? L'Italia, per la sua
specifica esperienza, dal 1936 al 1993, potrebbe avere qualcosa da dire anche agli
altri Paesi. NLUCIANI |
Il
tema di cui si discute: "Se L' ITALIA va VERSO UNA DITTATURA" |
Silvio Berlusconi
|
Democrazia in pericolo
in Italia ? No, democrazia anomala, e da anni ...
Il motivo è che, in luogo del controllo del parlamento sul governo,
- negli anni '90 il controllo è stato fatto dalla Magistratura;
- adesso è fatto dai mass media, in misura prevalente;
- e, per necessità, c'è l'azione sopra le righe, del Capo dello Stato.
Il nodo da sciogliere è restituire al parlamento le sue funzioni, ma anche dare al
governo una stabilità, costituzionalmente regolata con binario molto diritto |
|
|
Le vie per sciogliere
il nodo sono:
a) l'attuazione di un bipolarismo coeso al proprio interno, e ciò richiede che ognuno dei
due poli sia capace di prendere decisioni sulla base di una regola condivisa (questo
anche in considerazione che il "bipartitismo" è stato respinto da un
recente referendum popolare);
b) la riforma costituzionale del sistema di governo, con l'elezione diretta del Premier. |
1.- La crisi della democrazia in Italia.
Stando agli storici, la democrazia è quella "cosa", che Milziade conquistò per
la Grecia e per noi Europei, nel 490 a.C. a Maratona sconfiggendo Dario I, Gran Re dei
Medi e dei Persiani; ed è ancora quella "cosa" che Temistocle consolidò
definitivamente nel 480 a.C., a Salamina, sconfiggendo Serse (successore di Dario).
Quella "cosa" è la democrazia, che è il diritto dei popoli alla
libertà, con il solo limite di chinare il capo davanti alla legge.
In termini filosofici, la democrazia è quel sistema politico in cui la
"opposizione" è legittimata, ha piena libertà di critica del Governo, ed è
titolata all' alternanza rispetto al partito che fa il Governo.
Ma, allora, di cosa ci lamentiamo ? Il nodo dell'impasse è che la
"opposizione" ha un senso, politicamente, se vive mediante il parlamento, vale
dire mediante la rappresentanza del popolo per "maggioranza" e
"minoranza", preso atto che la democrazia diretta non può esistere
materialmente. Appunto..., il nodo è la questione del parlamento, che oggi è
completamente controllato dal Governo, e dunque non svolge più la sua funzione.
In Italia, la fine della prima Repubblica per mano
giudiziaria, negli anni '90, ha segnato la prima crisi della democrazia in Italia. Già
..., perchè i Governi cadevano ogni 6 mesi, e la strumentazione della "cosa
pubblica" (non l'alternanza, e la moralizzazione conseguente) era divenuta la via,
attraverso la quale il potere politico catturava il consenso e si auto-alimentava. Ed, a
quel punto, ecco il potere giudiziario a demolirne i presunti responsabili: tali i grandi
partiti (la "Democrazia Cristiana" e il PSI, che già erano stati l'architrave
della democrazia subentrata al fascismo, oltre al PCI).
Il controllo della Magistratura sul Governo è stata la prima
anomalia della nostra democrazia.
2. Berlusconi ha salvato la democrazia ? E' un fatto che la
nascita del partito di Forza Italia ha in qualche modo riempito il vuoto di potere,
lasciato dagli scomparsi DC e PSI e, inoltre, ha impedito al PCI di succedere alla DC.
E' stato un bene impedire al PCI di assumere il Governo? Personalmente, non
ho avuto più dubbi, dopo gli anni '70, sulla vocazione assolutamente democratica del PCI
(rifiuto della lotta armata, come mezzo di conquista del potere; numerose prese di
distanza dai metodi dell'URSS, anche anteriormente,
).
Tuttavia, tant'è che le cose sono andate diversamente. Anzi, sono stato fra
quelli che hanno benedetto Forza Italia e poi anche le successive alternanze delle
coalizioni.
Invece ho avuto riserve su Berlusconi, da quando è stato anche lui
investito dalla Magistratura.
E adesso che abbiamo visto il seguito... possiamo dire che il vuoto
lasciato dalla DC sia stato riempito efficacemente, in termini di democrazia ?
E' un fatto che il potere di Berlusconi si regge sul collegamento diretto
col popolo sulla base di una nuova "moralità pubblica", quella di chiedere il
voto impegnandosi su un programma. Questo può avvenire grazie al progresso tecnico nel
campo della comunicazione.
E come Berlusconi si vale dei mass media per colloquiare col popolo, così
"altri" si valgono dei mass media per il controllo del Governo. Questo controllo
è la seconca anomalia della democrazia, (dopo quella relativa alla
Magistratura negli anni '90.
L'interrogatorio del Premier, ieri sera (martedì 15 sett) sul primo
canale della televisione pubblica, è la prova visibile che il controllo del governo è
fatto, oggi, da una sorta di tribunale del popolo, i cui giudici sono i
giornalisti della grande INFORMAZIONE, e il capo del governo è chiamato a rispondere
direttamente al popolo.
Ritengo che sia assolutamente da respingere un meccanismo che ha, come
effetto conseguente, che il Premier si occupi di rintuzzare personalmente i mass media,
magari distraendosi dal "buon governo".
Direi anche che le dimissioni "obbligate" del direttore di
AVVENIRE sia un caso di intimidazione grave e di arroganza, questa volta sulla
Chiesa Cattolica, da parte di un giornalista che rientra nel suo sistema di potere.
E chissà quanti altri casi ci sono di persone che si sentono potenzialmente intimidite,
soprattutto imprenditori, i più vulnerabili tra quelli che osassero esprimere
"opinioni".
Infine il fatto, che non ci sia stato (martedì) il plebiscito
dell'audience, confligge con i sondaggi d'opinione del Premier.
2.- In queste anomalie, la Costituzione c'entra
molto, per fortuna. I Padri Costituenti, nel prefigurare il sistema democratico
per l'Italia, si preoccuparono di introdurre alcuni meccanismi atti a scongiurare il
ritorno di un nuovo dittatore in Italia, quali:
a) il Premier vive sulla fiducia del Parlamento, revocabile in ogni momento;
b) il Capo dello Stato firma gli atti del Governo, a garanzia della loro
costituzionalità;
c) la stampa è libera;
d) la magistratura è indipendente dal Governo, sia pur subordinatamente a talune
grane procurabili dal Governo (perché ha la competenza di finanziarne ... le spese di
funzionamento, e dunque la possibilità di limitarle ...).
Dei meccanismi elencati, il primo vive oggi solo sulla carta, da
anni. Se permane democrazia in Italia, è solo perchè sono intervenuti
surrettiziamente gli altri meccanismi, prefigurati dai Padri Costituenti.
Questa non è la normalità, ma la via non è il taglio della testa a
Berlusconi. La storia romana ci racconta che Giulio Cesare, tornato vincitore dalle
Gallie, volle comandare a Roma. E siccome solo la riviviscenza del Senato avrebbe potuto
condizionarlo, egli riformò il Senato, portando a 900 il numero dei Senatori (tutti
"amici suoi", dicono gli storici), così da diluire il potere dei residui
Senatori (del partito aristocratico), vecchi amici di Pompeo.
La storia romana ci racconta anche di un manipolo di ribelli (tra cui Marco
Bruto, "figlio suo"), che uccise Cesare, ritenendo che questo sarebbe stato
l'unico modo di salvare la Repubblica. Sappiamo che le cose andarono ben diversamente,
perchè il popolo amava Cesare e perché il motivo della crisi della repubblica non era
Cesare, ma la debolezza del Senato, non più capace di prendere decisioni al passo coi
tempi.
4. Rivitalizzare il parlamento. Torniamo a
noi. Una democrazia entra in crisi quando non riesce a prendere decisioni al passo coi
tempi. Nel caso dei Romani c'era da rivitalizzare il Senato in rapporto ad un grande
impero, da salvaguardare, con problemi mondiali. Nel caso nostro il compito è assai più
limitato: quello di continuare a stare attaccati ad un grande "impero" che c'è
già ed è solido: l'U.E. .
Ai tempi nostri, gran parte della debolezza del parlamento va riferita alla
sinistra, perchè non rappresentata nel suo intero. Peggio: prima, il Governo Prodi è
stato lo specchio della incapacità della sinistra di prendere decisioni: troppe
discussioni e finanche, dopo le "poche" decisioni, trovare in piazza alcuni
ministri a marciare contro il Governo, alle cui decisioni avevano partecipato poco prima.
Penso che il Governo Berlusconi sia un regalo della sinistra (meglio dire,
della situazione che dura da anni).
Ma adesso che abbiamo un Governo capace di prendere decisioni, la sinistra
ci lasci in pace per i quattro anni che spettano a questo Governo legittimo (avevano detto
le stesse cose, a suo tempo, contro Berlusconi che tramava contro Prodi).
Al punto in cui siamo, il fatto, che Berlusconi non sia molto democratico,
non significa che non meriti rispetto perché è stato eletto legittimamente. C'è, poi,
che la storia ci ha dato delle dittature illuminate. La Chiesa Cattolica è una monarchia
assoluta e il nostro Papa non è forse un "dittatore illuminato" ?
Direi che, se motivi di lamento ci sono, la cosa va centrata sulla qualità
delle sua decisioni, più che sulla persona.
4.- Nella ricostruzione del parlamento, il ruolo della sinistra c'entra
molto. Il parlamento non potrà riappropriarsi delle sue funzioni, se la sinistra
non svolgerà al suo interno la propria funzione in modo credibile.
La sinistra (tutti i partiti che dal centro guardano verso sinistra) si
caratterizza per una gran bella cosa: quella di discutere dal basso i problemi, e anzi
discutere sempre, sempre, sempre, dalla mattina alla sera.
La sinistra ha, però, anche un grande difetto: quello di essere divisa, e
questo le impedisce di prendere decisioni
).
Molto dipende dall'estremo attaccamento di molti alle proprie idee. Ma le
decisioni bisogna prenderle
e allora il nodo è un grande dibattito tra loro per
concordare le regole di decisione. Per alcune cose (che ne identificano
le caratteristiche esistenziali) serve la unanimità (ma che sono una, due, tre al
massimo). Per le altre, la regola della maggioranza assoluta basta e avanza. Dopo la
discussione, in cui si possa sostenere tutto e il contrario di tutto
poi, una volta
presa la decisione, questa va portata avanti unanimemente. Questa è la grande
scommessa della sinistra.
Senza una "grande sinistra" capace di prendere decisioni,
non riavremo un parlamento secondo la Costituzione.
5. Ricostruito il parlamento, potremo porre mano alla Costituzione.
Negli USA, l'elezione diretta del Presidente non impedisce al Parlamento di funzionare.
Anzi, questo guadagna in autonomia, perché dalle proprie decisioni non è generata la
caduta del Presidente.
Questo è un grande nodo che va affrontato, se non si vuole tornare a
far cadere i governi ogni 6 mesi.
A quanti (come me) sono preoccupati e temono che una repubblica
presidenziale ci porti direttamente alla dittatura di Berlusconi, dico che potremmo
salvaguardare la figura del Capo dello Stato, anzi rafforzarne i poteri di controllo
diretto costituzionale sugli atti del Governo.
E dico che oggi c'è un potere delle Regioni, che conta molto per il
bilanciamento dei poteri, c'è un quadro europeo di riferimento, c'è una accresciuta
educazione scolastica della popolazione e ci sono dei sindacati dei lavoratori molto
forti.
Nino Luciani |
La lettera del Papa al Presidente del G8, On. Dr.
Silvio Berlusconi
"PER INVESTIMENTI SULL'UOMO"
e "per lo sradicamento delle cause della povertà
estrema"
|
Joseph Alois Ratzinger, papa
|
Di
questa lettera, sono state dette molte parole sui giornali. Per un apporto alla
chiarezza e alla verità, ho ritenuto di riprodurre l'originale per i Colleghi
universitari.
La chiave del messaggio è un appello all'aiuto ai poveri, ma non in termini
di beneficenza, bensì di investimenti sull'uomo. Anche la premura per
l'Africa mi è sembrata opportuna, ma da collegare alla chiosa si Obama, nel G8: "il
futuro dell'Africa dipende dall'Africa" - N.d.R.), che ci riporta agli
"investimenti sull'uomo".
A ridosso di questo mio commento, voglio ricordare la "Populorum
progressio" del papa Paolo VI, perchè fu una rigorosa impostazione della
problematica della povertà in termini di investimenti per lo sviluppo, direttamente nei
Paesi poveri. Direi che questo genere di aiuto, oltre che umanitario, è anche più
"conveniente", e che la spesa, per ricacciare in mare i migranti, è
contro natura perchè, nel medio-lungo periodo, nessuno potrà soffocare il diritto delle
persone ad una vita migliore nei luoghi dove "vedono" possibile una vita
migliore.
Con l'occasione mi sono ricordato di un grande progetto di
irrigazione, di moda 30 anni fa, di cui non ho più sentito parlare. Si trattava di
canalizzare verso il Sahara l'acqua dei Grandi Laghi sotto l'equatore, che va perduta
nell'Oceano. N.L. |
Chi vuole può trovare
l'originale della Populorum progressio, cliccando su: http://www.vatican.va/holy_father/paul_vi/encyclicals/documents/hf_p-vi_enc_26031967_populorum_it.html
Per una prima occhiata, ne riporto qui sotto i titoli del Sommario |
Onorevole
Signor Presidente,
in vista del prossimo G8 dei Capi di Stato e di Governo del Gruppo dei Paesi più
Industrializzati, che si svolgerà all'Aquila nei giorni 8-10 luglio prossimi sotto la
presidenza italiana, mi è gradito inviare un cordiale saluto a Lei e a tutti i
partecipanti.
Colgo poi volentieri l'occasione per offrire un contributo alla
riflessione sulle tematiche dell'incontro, come in passato ho già avuto modo di fare.
Sono stato informato dai miei collaboratori circa l'impegno con cui il
Governo, che Ella ha l'onore di presiedere, si sta preparando a quest'importante
appuntamento, e so quale attenzione abbia riservato alle riflessioni, che, sulle tematiche
dell'imminente Vertice, hanno formulato la Santa Sede, la Chiesa Cattolica in Italia e il
mondo cattolico in generale, nonché Rappresentanti di altre religioni.
L a partecipazione di Capi di Stato o di Governo, non solo del G8 ma
di molte altre Nazioni, farà sì che le decisioni da adottare, per trovare vie di
soluzione condivise sui principali problemi che incidono su economia, pace e sicurezza
internazionale, possano rispecchiare più fedelmente i punti di vista e le attese delle
popolazioni di tutti i Continenti.
Questa partecipazione allargata alle discussioni del prossimo Vertice appare
pertanto quanto mai opportuna, tenendo conto delle molteplici problematiche dell'attuale
mondo altamente interconnesso e interdipendente. Mi riferisco, in particolare, alle sfide
della crisi economico-finanziaria in corso, così come ai dati preoccupanti del fenomeno
dei cambiamenti climatici, che non possono non spingere a un saggio discernimento e a
nuove progettualità per "'convertire' il modello di sviluppo globale" (cfr.
Benedetto XVI, Angelus , 12 novembre 2006), rendendolo capace di promuovere, in maniera
efficace, uno sviluppo umano integrale, ispirato ai valori della solidarietà umana e
della carità nella verità.
Alcune di queste tematiche vengono affrontate anche nella mia terza
Enciclica Caritas in veritate , che proprio nei prossimi giorni verrà presentata alla
stampa.
In preparazione al Grande Giubileo del 2000, su impulso di Giovanni
Paolo II, la Santa Sede ebbe a prestare grande attenzione ai lavori del G8. Il mio
venerato Predecessore era infatti persuaso che la liberazione dei Paesi più poveri dal
fardello del debito e, più in generale, lo sradicamento delle cause della
povertà estrema nel mondo dipendevano dalla piena assunzione delle
responsabilità solidali nei confronti di tutta l'umanità, che hanno i Governi e gli
Stati economicamente più avanzati. Responsabilità che non sono venute meno, anzi sono
diventate oggi ancora più pressanti.
Nel passato recente, in parte grazie alla spinta che il Grande
Giubileo del 2000 ha dato alla ricerca di soluzioni adeguate alle problematiche relative
al debito e alla vulnerabilità economica dell'Africa e di altri Paesi poveri, in parte
grazie ai notevoli cambiamenti nello scenario economico e politico mondiale, la
maggioranza dei Paesi meno sviluppati ha potuto godere di un periodo di straordinaria
crescita, che ha consentito a molti di essi di sperare nel conseguimento dell'obiettivo
fissato dalla Comunità internazionale alla soglia del terzo millennio, quello cioè di
sconfiggere la povertà estrema entro il 2015.
Purtroppo, la crisi finanziaria ed economica, che investe
l'intero Pianeta dall'inizio del 2008, ha mutato il panorama, cosicché è reale il
rischio non solo che si spengano le speranze di uscire dalla povertà estrema, ma che anzi
cadano nella miseria pure popolazioni finora beneficiarie di un minimo benessere
materiale.
I noltre, l'attuale crisi economica mondiale comporta la minaccia della
cancellazione o della drastica riduzione dei piani di aiuto internazionale, specialmente in
favore dell'Africa e degli altri Paesi economicamente meno sviluppati. E
pertanto, con la stessa forza con cui Giovanni Paolo II chiese il condono del debito
estero, vorrei anch'io fare appello ai Paesi membri del G8, agli altri Stati rappresentati
e ai Governi del mondo intero, affinché l'aiuto allo sviluppo, soprattutto quello
rivolto a ' valorizzare' la ' risorsa umana', sia mantenuto e potenziato, non
solo nonostante la crisi, ma proprio perché di essa è una delle principali vie di
soluzione. Non è infatti investendo sull'uomo - su tutti gli uomini e le donne della
Terra - che si potrà riuscire ad allontanare in modo efficace le preoccupanti prospettive
di recessione mondiale?
Non è in verità questa la strada per ottenere, per quanto
possibile, un andamento dell'economia mondiale a beneficio degli abitanti di ogni Paese,
ricco e povero, grande e piccolo? I l tema dell'accesso all'educazione è intimamente
connesso all'efficacia della cooperazione internazionale.
Se allora è vero che occorre 'investire' sugli uomini,
l'obiettivo dell'educazione basica per tutti, senza esclusioni, entro il 2015,
non solo va mantenuto, bensì rafforzato generosamente. L'educazione è condizione
indispensabile per il funzionamento della democrazia, per la lotta contro la corruzione,
per l'esercizio dei diritti politici, economici e sociali e per la ripresa effettiva di
tutti gli Stati, poveri e ricchi.
Ed applicando rettamente il principio della sussidiarietà, il
sostegno allo sviluppo non può non tener conto della capillare azione educatrice che
svolgono la Chiesa cattolica e altre Confessioni religiose nelle regioni più povere e
abbandonate del Globo. |
POPULORUM PROGRESSIO
LO SVILUPPO DEI POPOLI
26 marzo 1967
Introduzione, LA QUESTIONE SOCIALE È OGGI MONDIALE
Sviluppo dei popoli
Insegnamento sociale dei papi
Il fatto maggiore
I Nostri viaggi
Giustizia e pace
Prima parte, PER UNO SVILUPPO INTEGRALE DELL'UOMO
1. I dati del problema
Aspirazioni degli uomini
Colonizzazione e colonialismo
Squilibrio crescente
Aumentata presa di coscienza
Urti di civiltà
Conclusione
2. La chiesa e lo sviluppo
L'opera dei missionari
Chiesa e mondo
Visione cristiana dello sviluppo
Vocazione e crescita
Dovere personale e comunitario
Scala dei valori
Crescita ambivalente
Verso una condizione più umana
L'ideale da perseguire
3. L'opera da compiere
La destinazione universale dei beni
La proprietà
L'uso dei redditi
L'industrializzazione
Capitalismo liberale
Il lavoro e la sua ambivalenza
L'urgenza dell'opera da compiere
Tentazione della violenza
Rivoluzione
Riforma
Programmi e pianificazione al servizio dell'uomo
Alfabetizzazione
Famiglia
Demografia
Organizzazioni professionali
Pluralismo legittimo
Formazione culturale
Tentazione materialistica
Conclusione
Verso un umanesimo plenario
Seconda parte, VERSO LO SVILUPPO SOLIDALE DELL'UMANITÀ
Fraternità dei popoli
1. L'assistenza dei deboli
Lotta contro la fame, oggi e domani
Dovere di solidarietà
Il superfluo
Programmi
Fondo mondiale: vantaggi e urgenza
Dialogo da instaurare: sua necessità
2. Equità nelle relazioni commerciali
Distorsione crescente, al di là del liberalismo
Giustizia dei contratti a livello dei popoli
Misure da prendere
Convenzioni internazionali
Ostacoli da superare: nazionalismo e razzismo
Verso un mondo solidale
Tutti i popoli artefici del loro destino
3. La carità universale
Doveri connessi con l'ospitalità
Dramma dei giovani studenti e dei lavoratori emigrati
Senso sociale
Missione di sviluppo
Qualità degli esperti
Dialoghi di civiltà
Appello ai giovani
Preghiera e azione
Conclusione: Lo sviluppo è il nuovo nome della pace
Uscire dall'isolamento
Verso un'autorità mondiale efficace
Fondate speranze in un mondo migliore
Tutti solidali
APPELLO FINALE
Cattolici
Cristiani e credenti
Uomini di buona volontà
Uomini di stato
Uomini di pensiero
Tutti all'opera
PAOLO PP. VI |
A gli illustri partecipanti all'incontro
del G8, mi preme altresì ricordare che la misura dell'efficacia tecnica dei provvedimenti
da adottare per uscire dalla crisi coincide con la misura della sua valenza etica. Occorre
cioè tener presenti le concrete esigenze umane e familiari: mi riferisco, ad esempio,
all'effettiva creazione di posti di lavoro per tutti, che consentano ai lavoratori e alle
lavoratrici di provvedere in maniera degna ai bisogni della famiglia, e di assolvere alla
primaria responsabilità che hanno nell'educare i figli e nell'essere protagonisti nelle
comunità di cui sono parte. "Una società in cui questo diritto sia sistematicamente
negato, - ebbe a scrivere Giovanni Paolo II - in cui le misure di politica economica non
consentano ai lavoratori di raggiungere livelli soddisfa - centi di occupazione, non può
conseguire né la sua legittimazione etica né la pace sociale" ( Centesimus annus,
43; cfr. Id., Laborem excercens, 18).
E proprio a tale scopo, si impone l'urgenza di un equo sistema commerciale internazionale,
dando attuazione - e se necessario persino andando oltre - alle decisioni prese a Doha nel
2001, in favore dello sviluppo. Auspico che ogni energia creativa venga impiegata per
assolvere agli impegni assunti al Vertice Onu del Millennio circa l'eliminazione della
povertà estrema entro il 2015.
È doveroso riformare l'architettura finanziaria internazionale per assicurare il
coordinamento efficace delle politiche nazionali, evitando la speculazione creditizia e
garantendo un'ampia disponibilità internazionale di credito pubblico e privato al
servizio della produzione e del lavoro, specialmente nei Paesi e nelle regioni più
disagiati. L a legittimazione etica degli impegni politici del G8 esigerà naturalmente
che essi siano confrontati con il pensiero e le necessità di tutta la Comunità
Internazionale.
A tal fine, appare importante rafforzare il multilateralismo, non solo per le questioni
economiche, ma per l'intero spettro delle tematiche riguardanti la pace, la sicurezza
mondiale, il disarmo, la salute, la salvaguardia dell'ambiente e delle risorse naturali
per le generazioni presenti e future.
L'allargamento del G8 ad altre regioni costituisce senz'altro un importante e
significativo progresso; tuttavia nel momento dei negoziati e delle decisioni concrete ed
operative, bisogna tenere in attenta considerazione tutte le istanze, non solo quelle dei
Paesi più importanti o con un più marcato successo economico. Solo questo può infatti
rendere tali decisioni realmente applicabili e sostenibili nel tempo.
Si ascolti pertanto la voce dell'Africa e dei Paesi meno sviluppati economicamente! Si
ricerchino modi efficaci per collegare le decisioni dei vari raggruppamenti dei Paesi,
compreso il G8, all'Assemblea delle Nazioni Unite, dove ogni Nazione, quale che sia il suo
peso politico ed economico, può legittimamente esprimersi in una situazione di
uguaglianza con le altre.
V orrei infine aggiungere che è quanto mai significativa la scelta del Governo Italiano
di ospitare il G8 nella città dell'Aquila, scelta approvata e condivisa dagli altri Stati
membri ed invitati.
Siamo stati tutti testimoni della generosa solidarietà del Popolo italiano e di altre
Nazioni, di Organismi nazionali ed internazionali verso le popolazioni abruzzesi colpite
dal sisma. Questa mobilitazione solidale potrebbe costituire un invito per i membri del G8
e per i Governi e i Popoli del mondo ad affrontare uniti le attuali sfide che pongono
improrogabilmente l'umanità di fronte a scelte decisive per il destino stesso dell'uomo,
intimamente connesso con quello del creato.
O norevole Signor Presidente, mentre imploro l'assistenza di Dio su tutti i presenti al
prossimo G8 dell'Aquila e sulle iniziative multilaterali intese a risolvere la crisi
economico-finanziaria e a garantire un futuro di pace e di prosperità per tutti gli
uomini e le donne senza nessuna esclusione, colgo volentieri l'occasione per esprimerLe
nuovamente la mia stima e, assicurando la mia preghiera, Le porgo un deferente e cordiale
saluto. Benedetto XVI |
|
CRISI
ECONOMICA : "Una questione di soldi veri ?"
Berlusconi fa del teatrino,
finanche nei consessi internazionali,
perchè pensa che la crisi sia soprattutto psicologica. Invece,
serve incisività |
Silvio Berlusconi
|
Nino Luciani*, CRISI. La via per ritrovare
"soldi veri",*
vale dire per ricostruire il mercato monetario:
1) Presupposto è ripristinare
la separazione tra il
mercato monetario e il mercato finanziario;
2) impiegare la leva fiscale in senso redistributivo;
3) il deficit spending, finanziato da fabbricazione di carta
moneta aggiuntiva, in un quadro europeo,
per fare una
parziale svalutazione dell'euro, tanta quanta quella del
dollaro (grosso modo, il 20% in due anni),
anche per
salvaguardare il cambio.
|
Elena Marcegaglia, Confindustria
|
1.- Separazione tra mercato monetario e mercato finanziario. La
crisi che stiamo attraversando nasce dal fatto che la montagna di moneta legale, già in
precedenza in circolazione nel mondo, è sparita come se questa montagna sia finita
sott'acqua. Ma la moneta c'è, non è stata distrutta. A dispetto di questo fatto, le
merci restano in giacenza nei magazzini. Il motivo è che la domanda non è
"effettiva" (direbbe Keynes), ossia non è accompagnata da potere d'acquisto (da
"soldi veri", dice Marcegaglia).
Alle origini del vuoto monetario è la commistione tra mercato monetario
(mercato a breve) e mercato finanziario (mercato a medio-lungo termine), e sicuramente
molto ha giocato, sullo sfondo, il problema del finanziamento della guerra in IRAQ. Cadendo
la domanda (statale) di prodotti di guerra, le relative imprese devono chiudere o
convertirsi. Lo stesso vale per le industrie incompatibili con l'uso eccessivo del
petrolio (automobili americane).
Ma pur preso atto che lo scenario della guerra va allontanandosi, rimane il
problema della separazione tra mercato monetario e mercato finanziario, perchè quanto
successo, non succeda più. Guarda caso, noi italiani, a partire dalla legge bancaria del
1936, la separazione l'avevamo, ma (per adeguarci al resto del mondo) l'abbiamo abolita
nel 1993, inserendo la "banca mista".
Torniamo al mercato monetario.
Perchè la moneta legale è sparita ? Sotto il profilo
tecnico-ingegneristico è come se, in un grande canale circolare, piano, sia stata immessa
acqua in una determinata imboccatura, verso una determinata direzione, ma essa non ritorna
(in cambio di merci) dopo aver fatto il giro completo, per poi ricominciare a fare il
giro. La prima spiegazione è che la moneta è saltata nel circuito del mercato
finanziario, che non solo ha un orizzonte temporale medio-lungo, ma è stato anche
afflitto dalle insolvenze del settore produttivo dei beni per la guerra in IRAQ, in via di
cessazione. E' qualcosa di simile al principio di azione e reazione, proprio della fisica:
non ci può essere azione (della moneta), se non c'è una reazione uguale e contraria
(delle merci). La seconda spiegazione, quasi banale, data da J.M. Keynes, è che la moneta
è finita nelle mani di redditieri che hanno relativa alta propensione al risparmio,
intesa anche come tesaurizzazione perchè, in tempi di aspettative pessimistiche, chi ha
moneta buona se la tiene.
Se la diagnosi è corretta, il problema "monetario" consiste
semplicemente nel riattivare la circolazione, ma separatamente da quella del mercato
finanziario. Questa operazione, oggi, è molto più facile che in passato, perchè la
moneta è cartacea, e dunque è facile da produrre. Ben altra difficoltà ci sarebbe
se si dovesse produrre l'oro, come moneta; o se la crisi economica fosse una carenza di
produzione di merci.
Posto il problema in questi termini, tutto sembra ridursi ad una banalità. In
realtà la cosa è complicata, ma più si aspetta ad intervenire, e peggio è.
Ricominciamo.
2.- Come intervenire ? Nel panorama economico, ci sono delle
persone che, pur avendo potere di acquisto, non spendono; e ci sono persone che vorrebbero
spendere ma non hanno potere d' acquisto. In questo senso, il problema diviene quello di
rompere il dualismo. Per l'Italia, il punto di riferimento è la banca centrale europea, e
con essa la banca d'Italia.
Tuttavia, se il "cavallo non beve", la via del credito a buon
mercato, è utile solo per rinviare fallimenti in atto. Anche la "moral suasion"
di Berlusconi, a spendere, ha una valenza solo teorica, in quanto la gente tornerà a
spendere solo se trova rimossi i motivi di decelerazione della spesa, sia per consumi sia
per investimenti.
Il modo che rompe il dualismo è: a) attivare la leva fiscale in senso
redistributivo; b) immettere moneta aggiuntiva tramite il disavanzo di bilancio,
finanziato da moneta aggiuntiva, per svalutare intenzionalmente. Tutto questo, in via
transitoria, per sbloccare il sistema economico, dopo di che lo Stato dovrà ritirarsi.
Tuttavia, la dimensione "globale" della crisi pone all'Italia quanto meno
un coordinamento al livello europeo. Invece, guarda caso, dobbiamo assistere a duetti
"Francia-Germania", senza l'Italia. Eppure la Merkel è passata per l'Italia
qualche mese fa. E anche Sarkosy è passato da noi qualche settimana fa. E' una questione
di scarsa capacità di convincimento di Berlusconi nei confronti dei leader
"europei", o è il contrario ? Torniamo sugli strumenti.
a) la via fiscale in senso redistributivo. Da soli, l'unica
via, importante, che potremmo applicare, è quella fiscale in senso redistributivo, vale
dire va impiegata la tassazione per togliere moneta ai redditi medio-alti, perchè con
relativa alta propensione al risparmio, e sgravare i redditi medio-bassi perchè con
relativa alta propensione al consumo. Questo permette al bilancio di mantenere i pregressi
impegni di spesa, ed in poco tempo.
Negli USA, un'area piena di dollari è quella che ricomprende i settori, che
hanno prodotto beni per la guerra. Anche questi settori dovranno cedere alla fiscalità
una parte dei "superprofitti".
Tuttavia, qui c'è una problematica a double face.La prima fase della crisi
economica è nata in questi settori perchè, al venir meno della domanda pubblica di
prodotti per la guerra, essi hanno dovuto licenziare personale. E ciò ha innescato, a
domino, tutta una serie di inadempienze, da parte delle famiglie (mutui, ecc.). Questi
settori hanno adesso dei problemi di conversione industriale per prodotti di pace.
Dunque, questi settori dovranno cedere alla fiscalità una parte dei
"superprofitti", ma in un secondo tempo, dopo che avranno risolto i loro
problemi di conversione industriale
b) il deficit spending. La seconda via importante è
il deficit spending, ma a causa dei suoi effetti "monetari", essa è praticabile
sono in un concerto europeo di euro.
Esso serve a creare svalutazione monetaria. Questa politica ha due
risvolti: quello di prelevare "rispamio forzoso", attraverso l'aumento dei
prezzi; e quello di permettere allo Stato di spendere.
Nell'area del dollaro (dunque, anche fuori degli USA) il pieno di dollari sta
presso i Paesi petroliferi. Dunque, poichè la tesaurizzazione in dollari è fuori
dagli USA, nei confronti di questi Paesi non è applicabile la manovra fiscale. In questo
senso il solo modo di tassarli è svalutare il dollaro. Qualcosa del genere potremmo fare
in Europa per l'Euro, ma in coordinamento col dollaro, in modo da mantenere il cambio,
fisso.
Il risvolto del deficit spending, anche grazie alla sua entità, è di
permettere il finanziamento della spesa pubblica, soprattutto in lavori pubblici.
Questa via, però, non ha effetti immediati (salvo che in termini di
"aspettative" degli operatori), perchè passa per i procedimenti burocratici,
lenti per loro natura. L'importante è, comunque, che i processi siano avviati presto, in
modo da consolidare quanto avviato per la via fiscale (vedi punto a).
Una seconda via di spesa è il finanziamento delle povertà. Questa via può
essere rapidamemte attuata, se i percettori sono già nei ruoli amministrativi dello
Stato.
3.- COSA FA IL NOSTRO GOVERNO RISPETTO A QUESTE
INDICAZIONI ? Fa molto in termini di numero di decisioni, ma
poco in termini operativi. Vediamo qualche caso:
a) nulla in termini fiscali in senso redistributivo, che sarebbe
la via più efficace. Questa via sarebbe anche un "atto dovuto" da parte del
governo Berlusconi. Non abbiamo ancora dimenticato la "rapina del secolo",
lasciata passare sotto i suoi occhi, nel 2002-2003 ai danni del reddito fisso, a causa del
raddoppio dei prezzi, causa Euro (per errato calcolo del cambio lira/euro da parte del
pregresso governo Prodi e del governatore Fazio);
b) rilancio delle opere pubbliche. Esse sono di là da venire, a
causa della lentezza dei meccanismi burocratici;
c) sostegno delle banche. Anche questo va benissimo, perchè serve
ad impedire insolvenze verso i depositanti, e quindi evitare una catastrafe a domino.
Tuttavia questo serve solo a creare argini. Siamo ancora molto lontani dall'aggredire la
crisi finanziaria delle imprese.
d) sostegno dell'edilizia con mezzi amministrativi. Anche questo
va bene. Ma chi farà queste piccole opere, se non ha liquidità primaria ?
e) esportazioni. Queste sono assolutamente allo sbaraglio, perchè
la domanda estera non dipende da noi, almeno in modo diretto. Per questo settore, l'unico
modo nostro sarebbe di usare la politica fiscale come sostituto della politica monetaria
(che non è più nelle nostre mani). Usare la politica fiscale, in modo monetario, vuol
dire convertire (in parte) il sistema fiscale, sostituendo le imposte indirette con
imposte dirette, a parità di gettito.
C'è, poi, la questione del modesto appeal dell'Italia nei confronti della Francia
e della Germania. Questo è un grosso fattore di debolezza, per l'Italia. *Nino Luciani, Ordinario di scienza delle
finanze, Università di Bologna. |
Stato della giustizia in Italia |
Vincenzo Carbone
|
Vincenzo Carbone*, "Le principali cause della
crisi"
(Stralcio dalla relazione, Parte III).
* Primo Presidente della Corte di Cassazione |
Vincenzo Carbone, Relazione, Parte III - LE PRINCIPALI CAUSE DELLA CRISI
Sommario: "Le
cause principali della crisi"
1. Le cause esterne: 1.1. L'irrazionale distribuzione delle sedi
giudiziarie; 1.2. Le risorse (scarse) della Giustizia e le rigidità nel loro utilizzo;
1.3. Le modalità di accesso al sistema della Giustizia e l'"abuso del processo; 1.4.
Le ulteriori disfunzioni della domanda di Giustizia (mancanza di filtri equi ed efficaci,
che genera troppi avvocati)
2. Le cause interne: a) uso mediatico della Giustizia, da parte di
Giudici; b) politica di "potere" e "personalismo"; c) "carriere
parallele" da parte di Giudici, fuori ruolo a domanda per un tempo abnorme; d)
mancanza di una cultura dell'organizzazione e dell'efficienzaPremessa. Per affrontare una crisi è sempre necessario,
innanzitutto, individuarne e comprenderne con impietosa lucidità le cause, nella
consapevolezza che la Giustizia, come ogni sistema aperto, è sottoposta, come si è
detto, alla regola della causazione complessa: occorre analizzare tutti i fattori critici
e tenere presenti le loro interazioni, per agire consapevolmente in modo organico ed
evitare gli effetti inattesi e le conseguenze indesiderate, che così spesso si
accompagnano all'azione riformatrice. Per invertire il calo di fiducia non basta
individuare una criticità e aggredirla, ma occorre agire contestualmente sia sulle cause
esterne che su quelle interne al sistema stesso. Per rimuovere, o almeno correggere, le
prime è necessario innanzitutto un impegno del Parlamento e del Governo, che porti ad una
ridefinizione delle politiche. Per rimuovere le seconde è necessario, invece,
innanzitutto uno sforzo di tutti gli operatori, ai diversi livelli.
1 - LE CAUSE "ESTERNE": OFFERTA E DOMANDA DI
GIUSTIZIA
1.1. L'irrazionale distribuzione delle sedi giudiziarie. Una grave causa
di disfunzione è l'irrazionalità della attuale distribuzione delle sedi giudiziarie, che
sfugge ai più elementari principi di buona organizzazione degli uffici pubblici. In
Italia ci sono 165 Tribunali e relative procure, di cui non pochi istituiti con leggi
speciali ad hoc, e 220 sezioni distaccate di Tribunali. Di questi, 93 Tribunali e Procure,
che rappresentano il 56% degli uffici giudiziari, hanno non più di 20 Magistrati, e circa
60 hanno sede in territori che già possono contare sull'esistenza di un Tribunale nella
sede del capoluogo provinciale (abbiamo 19 Tribunali in Sicilia, con 4 Corti d'Appello, e
17 Tribunali in Piemonte; a Sulmona il Tribunale più piccolo ha 1 Presidente e 3
Giudici).
Ciò provoca costi di gestione altissimi e continui rischi di blocco dei
processi negli uffici più piccoli, per l'assenza anche di un sol Giudice. Si comprendono
le forti resistenze e le pressioni locali per mantenere un presidio di Giustizia sul
territorio. In attesa di un riordino organico (sulla base della "dimensione
organizzativa ottimale" degli uffici giudiziari), si potrebbero almeno trasformare
subito, in via transitoria, i circa 60 Tribunali periferici in sezioni distaccate del
Tribunale del capoluogo di Provincia. Ciò consentirebbe di conservare intatta la rete
territoriale, ma di centralizzare in capo al presidente del Tribunale provinciale la
gestione del personale e delle risorse, con ben maggiore efficienza e flessibilità,
rendendo un servizio migliore, anche nelle stesse sedi distaccate. In altri paesi si è
già provveduto sia all'accorpamento dei Tribunali piccoli e medio-piccoli sia alla
ripartizione nel 2007 dei Tribunali grandi come quello di Parigi, suddiviso in quattro
sedi più funzionali ed efficienti in virtù del principio di "une organisation
territoriale rationalisée".
1.2. Le risorse della Giustizia e le rigidità nel
loro utilizzo. Da molte parti si lamenta la scarsità delle risorse. Il problema
esiste, ma non si tratta di quello più grave, (anche in considerazione di quanto accade
negli |
Nino Luciani, Quattro osservazioni in libertà, ma anche un pò di
delusione per l'inadeguatezza della relazione
Questo commento è quello di "uno" (non del campo), che da
anni sente la cantilena della lentezza dei processi, ma che non ha mai guardato dentro,
per capire cosa succede. Ed ecco che, infine, mi sono letto tutta la relazione del
Procuratore Generale, e ne riporto solo la parte che riguarda i rimedi.
CAUSE ESTERNE. In breve sintesi, secondo il relatore, la gran parte dei
mali deriva da carenze strutturali:
1) Troppe sedi, di cui la gran parte di dimensione troppo piccola.
Questo non permette un impiego flessibile dei pochi giudici e cancellieri,(di
questi, ne servirebbero 2 per 1 giudice), ripartendoli all'occorrenza per le varie
esigenze. Una prima soluzione starebbe nel superare la frammentazione, ridefinendo
opportunamene le dimensioni delle varie sedi.
2) Scarsità delle risorse. Per il relatore il problema esiste,,
ma non è quello più grave. Davvero c'è da rimanere perplessi. Non c'è una cifra da cui
risulti quanti sono i giudici e i cancellieri mancanti (risulterebbe che per un giudice,
servono due cancellieri), e nemmeno c'è una cifra da cui risulti la necessità di
Computer e attrezzatire varie. Eppure dai giudici ci sono non poche voci, che lamentano
questo tipo di carenze.
3) Abuso del processo. Ci sono molte cause civili e penali, perchè
poco costose. Il relatore suggerisce un filtro (?), ma poi invoca lumi dalla teoria
delle scelte collettive, ma non va oltre.
Su questo versante, nel campo civile, secondo
detta teoria, una via è richiedere il pagamento anticipato del valore presunto della
causa, e da restituire in caso di vittoria. Tuttavia, poichè il servizio della giustizia
è un bene misto (pubblico e privato, con prevalenza del privato), solo una parte del
costo va addebitato al ricorrente (70% ?), eventualmente differenziando per classi di
redditieri.
Nel campo penale, il relatore tace. Qui è notorio che la
numerosità delle cause deriva dalla obbligatorietà dell'azione penale e dal periodo di
prescrizione dei reati, che incentiva azioni ritardanti i processi. C'è, poi, la
tipologia del processo penale, che è un processo "parlato", ossia in cui la
documentazione esterna conta poco, e dunque facilmente rivoltabile ("confessi, e poi
ritratti; confessi di nuovo, e di nuovo ritratti, e così il tempo passa). Anche qui il
Primo Presidente non si spreca.
A proposito della obbligatorietà dell'azione penale, si potrebbe forse
mettere qualche limite: ad esempio, separare le cause per tipologia di reati, e
sorteggiarne un 50%, per ogni tipologia.
A riguardo della prescrizione, si potrebbe farla decorrere solo dall'inizio del
processo, in modo da responsabilizzare i giudici in modo diretto, ed eventualmente
penalizzarli nella retribuzione, in caso di scatto della prescrizione.
3) Avvocati. Secondo il relatore ci sono troppi avvocati, non sempre
all'altezza del compito. Serve una migliore selezione nei concorsi per l'accesso
all'Ordine.
CAUSE INTERNE. Su queste il relatore è molto superficiale e breve.
1) Carriere parallele. Il Relatore lamenta l'abuso di giudici ("non
pochissimi"), che ottengono facilmente la collocazione "fuori ruolo", per
fare attività di giudici privati, e questo dà luogo a vere e proprie "carriere
parallele" a quelle dei giudici in servizio di ruolo.
Il relatore non propone rimedi. Ci si sarebbe almeno aspettato
che proponesse l'abolizione del fuori ruolo durante la carriera;
2) Mancanza di cultura dell'organizzazione e dell'efficienza da parte dei
Giudici. Il relatore non va oltre questo lamento.
Credo che ci sarebbe un modo di incentivare i giudici ad organizzarsi per
accelerare i processi: ad es. dare una retribuzione variabile al giudice, in base al
numero dei processi. La retribuzione, tuttavia, dovrebbe essere relativamente bassa (per
non incentivare la frettolosità)
P.S. Nella relazione è deplorato l'uso mediatico delle sentenze,
da parte di alcuni giudici, con effetto devastante sul buon nome della giustizia.
Nulla si dice della politicizzazione dei giudici e della separazione
delle carriere. NL |
altri Paesi). In effetti,
negli ultimi anni la spesa per la Giustizia risulta recessiva sia in valore assoluto sia
in relazione alle altre spese pubbliche. L'incidenza delle complessive spese per la
Giustizia sul Bilancio dello Stato oscilla dall' 1,11% del 2005, l'1,22% del 2006 e
l'1,15% del 2007, poi scende all' 1,07% del 2008 e, infine, all' 1,00% del 2009.
L'incidenza sul bilancio dello Stato delle spese di Giustizia (solo spese di
Giustizia, non includendo le spese per la Magistratura onoraria) oscilla, negli ultimi
anni, dallo 0,07 % (del 2005), allo 0,10 % (del 2006), allo 0,08% (del 2007) allo 0,06%
(del 2008 e del 2009).
La spesa per abitante è stata, così, ridotta da 134 euro nel 2008 a 127
euro nel 2009. In valore assoluto, gli stanziamenti per spese di Giustizia, negli anni
2006, 2007, 2008, si sono andati progressivamente riducendo dagli 8,22 miliardi di euro
del 2006, ai 7,26 miliardi del 2008, ai 6,55 miliardi di euro del 2008.
In crescente aumento è poi il costo per il Patrocinio a spese dello Stato
nel processo penale (d.p.r. n. 115 del 2002) I dati statistici disponibili (relativi
all'anno 2007) evidenziano, infatti, un elevato numero di persone interessate (109.330) ed
ammesse (94.041), con un totale di costi pari ad euro 84.916.200 di cui 79.431.890 per
onorari ai difensori.
Altri Paesi hanno scelto la via non degli incrementi "a pioggia",
ma degli investimenti "mirati" per il recupero dell'efficienza: si tratta di un
esempio che merita comunque attenzione.
In Francia, parte degli stanziamenti del bilancio francese per la Giustizia è
stata espressamente preordinata a rendere decisioni giudiziarie più rapidamente ed
efficacemente, a tal fine indicando l'aumento del bilancio dei servizi giudiziari (del
3,8%), la destinazione di 427 milioni d' euro alla reforme de la carte judiciaire, il
reimpiego dei mezzi e lo sviluppo delle nuove tecnologie allo scopo di migliorare
l'efficacité della Giustizia (con un aumento del bilancio per l'informatica del 7,6%).
Ciò che appare più preoccupante è la rigidità e la
burocratizzazione delle forme di utilizzo delle risorse medesime, che spesso non consente
di svolgere le pur minime e necessarie funzioni strumentali, né di premiare il personale
più meritevole. Un sistema privo di una logistica razionale non può che essere
disfunzionale e lo spreco di risorse connesso a questa criticità potrebbe essere
fortemente ridotto con misure organizzative relativamente facili da assumere. Tali misure
richiedono, però, da parte dell'intera collettività e dei suoi rappresentanti, la
consapevolezza che è utile e necessario rinunciare alle "esternalità" che nel
tempo sono state caricate sul sistema Giustizia, con la moltiplicazione di sedi ispirata
da ragioni di campanile o di esigenze degli operatori, piuttosto che dei destinatari del
servizio. Sono necessarie regole più flessibili, anche in considerazione di esigenze non
omogenee degli uffici sul territorio. Va anche stigmatizzato il mancato raccordo tra
l'allocazione del potere di spesa, collegato al Ministero della Giustizia, e quella del
potere di organizzazione, che in parte fa capo al C.S.M: occorrerebbe avviare un dialogo
costruttivo tra entrambe le Istituzioni. 1.3.
Le modalità di accesso al sistema della Giustizia e l'"abuso del processo".
Se l'"offerta di Giustizia", pur con i problemi evidenziati, non è
differente da quella degli altri Paesi, ben diversa è la situazione della "domanda
di Giustizia". La moltiplicazione abnorme dei procedimenti pendenti deriva, in misura
considerevole, dalla mancanza, in Italia, di qualsiasi meccanismo di "filtro"
alla rilevanza e alla qualità delle controversie che possono essere portate dinanzi al
Giudice. La quantità di risorse che ciascun procedimento impegna è indipendente dalla
sua rilevanza, sociale od economica, e l'accesso alla Giustizia si rivela così,
illusorio, perché - come si è evidenziato all'inizio - la stessa facilità di accesso
diventa la causa prima di blocco del sistema. A ciò si aggiunga che la gestione dei
procedimenti è oggi di tipo pulviscolare: la stessa questione viene riproposta infinite
volte, impegnando ogni volta l'intero meccanismo di soluzione della controversia, in modo
che eventuali risposte non omogenee diventino fonti di ulteriori controversie. Si produce,
così, al tempo stesso, uno spreco di risorse e la produzione di orientamenti
contraddittori, che aumentano l'incertezza e diventano ulteriori fattori di
moltiplicazione del contenzioso. Un'ulteriore caratteristica del nostro tempo è il
passaggio dall'abuso del diritto all'abuso del processo, per il raggiungimento di scopi
diversi dalla soluzione della lite o per conseguire vantaggi economici. Si assiste sempre
più spesso, infatti, ad un fenomeno di distorsione nell'utilizzo del processo, non più
come strumento per risolvere una controversia ed accertare la regola applicabile al caso
concreto, ma piuttosto come strumento di dilazione dei tempi nell'adempimento di
obbligazioni e, ancor peggio, di strumento volto ad assicurare utilità del tutto estranee
alla funzione del processo stesso. Se la tutela dell'interesse sostanziale è la ragione
della attribuzione della potestas agendi e ne segna il confine, l'esercizio dell'azione in
forme eccedenti, o devianti, rispetto alla tutela attribuita configura abuso del processo
e lede il principio del giusto processo, inteso come risposta alla domanda della parte.
L'abuso della situazione sostanziale, in quanto attuata nel e tramite il processo si
risolve in abuso dello stesso e viola il precetto dell'art. 111 Cost. . Il principio,
affermato in riferimento al divieto di frazionamento giudiziale di un credito unitario -
derivante dalla regola generale di correttezza e buona fede nei rapporti obbligatori, in
relazione al dovere inderogabile di solidarietà di cui all'art. 2 Cost. - si arricchisce
di un ulteriore profilo di contrarietà allo stesso 111 Cost. dal punto di vista della
ragionevole durata del processo. L'effetto inflattivo, riconducibile alla possibile
moltiplicazione dei giudizi, lede la ragionevole durata per l'evidente antinomia tra la
moltiplicazione dei processi e il contenimento della loro durata. Si realizza così per la
Giustizia, come per altri beni pubblici, il fenomeno dei "free riders": soggetti
che usufruiscono di un bene pubblico, il cui costo è sostenuto da tutta la
collettività - estraendone utilità private ed aggravando, quindi, il costo per gli altri
soggetti. Nel caso di specie, tale costo non deriva soltanto dallo spreco di risorse che
un ricorso distorto allo strumento del processo comporta, ma anche da un ulteriore e forse
più grave effetto: la moltiplicazione di controversie produce, infatti, un intasamento
del sistema, che non solo eroga il servizio ad un costo più alto di quello dovuto, ma
spesso non riesce neanche più ad erogare il servizio in tempi ragionevoli. L'illusione di
un accesso del tutto indiscriminato al servizio Giustizia si traduce, così, in effetti,
in una restrizione del servizio per chi ne ha davvero bisogno e nella distrazione di un
bene pubblico dalla sua vera e propria funzione. Anche per la Giustizia occorrerebbe,
dunque, affrontare, come è stato fatto sulla base della teoria delle scelte collettive
per altri servizi e beni pubblici, il problema delle condizioni per la fruizione del bene
pubblico stesso, conciliando l'ampiezza dell'accesso con misure volte ad evitare un uso
distorto del bene ed un'appropriazione parziale dei vantaggi del servizio.
1.4. Le ulteriori disfunzioni della domanda di
Giustizia. Il dato numerico relativo agli avvocati in Italia risente, invero, di
una rilevante oscillazione ove si raffrontino gli iscritti al Consiglio degli Ordini
Forensi d'Europa, il CCBE (Conseil des Barreaux Européens - Council of Bars and Law
Societies of Europe), con gli iscritti alla Cassa nazionale forense (al 31 dicembre 2007,
gli iscritti al CCBE erano 213.081, a fronte dei 136.750 e 143.976 iscritti alla Cassa
nazionale forense, rispettivamente, alla fine del 2007 e del 2008). L'inagevole
reperimento di un dato univoco, dimostra, peraltro, la necessità di una riforma della
professione forense che non trascuri, tra l'altro, la mera gestione degli elenchi dei
singoli Ordini in diretto collegamento con l'Ordine nazionale, con la Cassa di previdenza
forense e con il CCBE. Muovendo dal dato fornito dalla Cassa nazionale forense, aggiornato
al 31 dicembre 2008, vi sono 143.976 iscritti, di cui 41.931 iscritti all'Albo speciale
degli avvocati cassazionisti, 313 avvocati dell'INPS, 253 avvocati dell'INAIL ed altri
avvocati di enti pubblici), oltre 389 tra avvocati e procuratori dello Stato.
Fa comunque riflettere il dato complessivo, fornito dal CCBE, del numero
degli avvocati italiani comparato al numero degli avvocati europei: solo l'Italia supera
la soglia dei 200.000 avvocati (più del 30% del totale europeo calcolato dal CCBE),
mentre gli altri Paesi si attestano ben al di sotto di questa cifra (la Spagna con
154.953, la Germania con 146.910, il Regno Unito con 139.789, seguite dalla Francia con
solo 47.765 avvocati). Il CCBE rappresenta più di 700.000 avvocati europei attraverso gli
ordini forensi suoi membri, appartenenti a 31 Stati membri e a 10 paesi osservatori.
Il divario aumenta, e di molto, se si considerano gli avvocati patrocinanti
dinanzi alle Corti di suprema istanza: in Italia vi sono 41.921 cassazionisti, ma manca
l'albo nazionale con le condizioni di assunzione che non sia il mero dato anagrafico, in
Francia essi sono solo 95 (Cour de cassation, Annuaire 2008, pag. 149-153) e in Germania,
al 1 agosto 2007, appena 44 (www.Bundesgerichtshof.de).
Significativa l'esperienza tedesca: il numero degli avvocati non è previsto
espressamente, tuttavia sussiste una specifica procedura di selezione per l'abilitazione
al patrocinio dinanzi al Bundesgerichtshof (artt. 164 e segg. della legge federale
sull'avvocatura - Bundesrechtsanwaltsordnung [BRO] approvata il 1 agosto 1959), tramite
una selezione effettuata da un comitato (Wahlausschuss) composto dal Presidente del
Bundesgerichtshof, dai presidenti delle dodici sezioni civili della Corte, da membri del
consiglio federale dell'ordine degli avvocati e dai membri del consiglio dell'ordine degli
avvocati abilitati al patrocinio dinanzi al Bundesgerichtshof. Sulla proposta di
designazione formulata dal suddetto comitato decide il Ministro della Giustizia.
Con recente ordinanza (Bundesverfassungsgericht, Beschluss 27.02.2008, 1 BvR
1295/07) la Corte costituzionale federale ha dichiarato la legittimità costituzionale di
tale disciplina, sottolineando, in particolare, che l'obbligo degli avvocati abilitati di
concentrare la loro attività esclusivamente sui processi in materia civile dinanzi al
Bundesgerichtshof ed il limitato numero degli stessi, garantiscono la loro perfetta
conoscenza della giurisprudenza del Bundesgerichtshof e la loro elevata qualificazione
giuridica e consente loro di esercitare una funzione di garanzia e promozione della
giurisprudenza al più alto livello L'ordinanza riconosce altresì la funzione di filtro
esercitata dagli avvocati abilitati al patrocinio dinanzi al Bundesgerichtshof. Ulteriori
elementi di riflessione provengono dal confronto di questi dati con il numero di
Magistrati e notai, nei quali l'Italia non si discosta di molto dalla media europea: nel
2008, si hanno "soltanto" 4.675 Notai e 8.359 Magistrati (così ripartiti: 6.242
giudicanti e 2.117 requirenti). Come appare dal grafico, su 100.000 abitanti vi sono circa
241 avvocati, 15 giudici e 8 notai.
Nella relazione scritta è documentato, in forma grafica, il tasso di
litigiosità, presso i Tribunali, in rapporto al numero di avvocati e al bacino di utenza
dei Tribunali aggiornati con i dati ISTAT sulla popolazione al 31 dicembre 2007.
I dati si riferiscono ai giudizi di cognizione ordinaria (tav. 1) e al contenzioso
previdenziale (tav. 2); seguono, per i giudizi innanzi al Giudice di pace, la tav. 3 con
riferimento alle opposizioni a sanzioni amministrative e la tav. 4 con riferimento al
risarcimento danni da circolazione stradale.
In un libero mercato di servizi, la moltiplicazione del numero degli
operatori è sempre un dato positivo. Ma nel caso della Giustizia gli avvocati da un lato
offrono un servizio alle parti, dall'altro lo richiedono al sistema pubblico. Occorre,
allora, valutare, anche avvalendosi dell'esperienza degli altri Paesi, fino a quando tale
abbondanza di operatori sia davvero funzionale a dar voce alle giuste pretese dei
cittadini, e quando invece l'assenza di un numero chiuso (come accade per Notai e Giudici)
non comporti, invece, un surplus di domanda di Giustizia, rispondente non più solo, e non
più tanto, alle suddette pretese. Tale surplus ricade a carico del sistema, e potrebbe
costituire una delle cause per le quali le risorse destinate dall'Italia risultano
insufficienti rispetto ad altri Paesi con analoga "offerta" di Giustizia ma con
ben minore, e più "filtrata", "domanda". Nessun intervento di
riorganizzazione della Giustizia appare credibile se si concentra solo sullo stock di
processi esistente e non si fa carico di porre filtri - equi ed efficaci - al flow dei
nuovi accessi.
2 - LE CAUSE "INTERNE".
a) uso mediatico della Giustizia, da parte di Giudici;
La crisi di fiducia nella Giustizia deriva, come si è già detto, anche da
cause interne alla Magistratura. Si tratta di pochi e isolati casi, ma che purtroppo hanno
una rilevanza clamorosa, anche per l'enfasi mediatica che inevitabilmente li circonda.
C'è stato un cambiamento di rotta, ma l'impegno deve essere ampliato, rafforzato e
condiviso da tutti. In più di un caso, si avverte la carenza, o l'insufficienza, di
quello che dovrebbe essere un "costume comune" di tutti i Giudici, che abbia
alla sua base la responsabile condivisione di valori etici e comportamenti istituzionali
da assumere come propri, caratteristici, inviolabili e inscindibilmente connessi alla
stessa funzione giudiziaria. Quello del Giudice è un "mestiere" difficile:
immersi nel mondo, nel "contesto" sociale, per assicurare la Giustizia con
altruismo e con sacrificio, ma senza anelare a fama e potere. In primo luogo, il Giudice
deve evitare "tentazioni mediatiche".
Le Juge ne parle que de son siège: il Giudice comunica all'esterno
il proprio lavoro attraverso la qualità e la tempestività dei provvedimenti che emana,
non grazie alla popolarità delle trasmissioni cui partecipa o delle interviste che
rilascia. Queste esternazioni personali rischiano di costituire, nella maggior parte dei
casi, fonte di equivoci, se non di possibili strumentalizzazioni, perché forniscono a
queste dichiarazioni, non istituzionali, una notorietà maggiore di quella rivolta alle
decisioni del Magistrato, e fanno perdere di vista la finalità propria dell'attività
giudiziaria che è quella di pervenire, con solerzia e tempestività, ad una decisione che
sia - ma che anche appaia - super partes, pronunciata nell'ambito del processo, e non al
di fuori di esso. Certo, come abbiamo già avuto modo di rilevare, con il conforto di
altri autorevoli interventi, oltre a un più rigoroso richiamo dei Giudici ai propri
doveri di riservatezza, occorrerebbe, contestualmente, evitare la realizzazione di veri e
propri "processi mediatici", simulando al di fuori degli uffici giudiziari, e
magari anche con la partecipazione di Magistrati, lo svolgimento di un giudizio mentre è
ancora in corso il processo nelle sedi istituzionali. La Giustizia deve essere
trasparente, ma deve svolgersi nelle sedi proprie, lasciando ai media il doveroso ed
essenziale compito di informare l'opinione pubblica, ma non di sostituirsi alla funzione
giudiziaria.
b) politica di "potere" e "personalismo".
Un'altra disfunzione deriva dal considerare, talvolta, l'esercizio della giurisdizione
alla stregua dell'esercizio di un "potere", con la conseguente distrazione dal
senso del servizio pubblico che sempre deve accompagnarci. Vi sono vari modi in cui tale
disfunzione si realizza, ad esempio: - come esercizio di potere nei confronti delle parti,
che devono alla fine "subire" passivamente le inefficienze o la pigrizia di
alcuni nella conduzione del processo; - come esercizio di potere nei confronti di altri
colleghi, come dimostrano purtroppo casi recenti di scontri, tutti interni alla
Magistratura, ai quali mai avremmo voluto assistere; - come esercizio di potere nei
confronti della società, come avviene nei casi di "auto-indagini" condotte solo
nel perseguimento di una personale ricostruzione accusatoria. A tale grave problematica
corrisponde, però, una duplice e altrettanto grave incapacità del sistema. Da un lato,
un'incapacità degli altri poteri pubblici di migliorare l'esercizio delle proprie
funzioni istituzionali, fino ad arrivare a casi di rottura del principio di legalità, che
inducono lo stesso sistema a spingere i Magistrati ad una impropria funzione di
"supplenza". Dall'altro, un'incapacità di provvedere sollecitamente, in sede
disciplinare, nei confronti del Magistrato che sbaglia, sì da restituire all'indipendenza
della Magistratura il ruolo di valore essenziale di rilievo istituzionale e non di opaco
scudo posto a difesa di privilegi corporativi. Solo così si realizza la migliore garanzia
contro ogni tentazione di assoggettamento della Magistratura ad altri e diversi poteri.
Non mancano, poi, manifestazioni di una sorta di "narcisismo autoreferenziale",
che induce, tra l'altro, all'emanazione di quelle che il compianto collega Borré definiva
"sentenze corsare", le quali si pongono in palese e talvolta immotivato
contrasto con consolidati indirizzi giurisprudenziali. Ciò, da un lato, costringe le
parti - se ancora possibile - ad un ulteriore, defatigante grado di giudizio e,
dall'altro, aumenta l'incertezza e anche il degrado istituzionale.
c) "carriere parallele" da parte di Giudici, fuori ruolo a
domanda per un tempo abnorme. Vi è, poi, il rischio di "carriere
parallele". Ritengo che una permanenza temporanea al servizio delle Istituzioni
pubbliche possa arricchire il bagaglio culturale e professionale del Giudice e costituire
una costruttiva esperienza. Ma il fatto che vi siano colleghi, anche non pochissimi, ai
quali la disciplina vigente - tra le pieghe delle varie regole e nell'assenza di
considerazione dei periodi già trascorsi - consente di restare collocati fuori ruolo per
molti e molti anni, sottraendosi così per buona parte della loro carriera ai fondamentali
compiti istituzionali, rischia di trasformare tale costruttiva esperienza in una sorta di
"carriera parallela", alla quale non dovrebbe accedersi tramite il concorso in
Magistratura.
d) mancanza di una cultura dell'organizzazione e dell'efficienza.
Ma la causa a mio avviso più grave di tutte - poiché è anche la più diffusa, la meno
avvertita, la più giustificata - risiede nella mancanza, nell'ambito della Magistratura,
di una cultura diffusa dell'organizzazione e dell'efficienza, che si affianchi alla
cultura del Diritto. Troppo spesso il Magistrato, ancora oggi, continua intimamente a
ritenere di dover essere solo un bravo giurista, non anche un efficiente dispensatore del
servizio. Il meglio è spesso nemico del bene; il riconoscere Giustizia tardivamente
equivale spesso a non riconoscerla; la realizzazione di sentenze ponderose, dotte e
giuridicamente impeccabili, ma cronicamente tardive, è grave quanto la perpetrazione di
un'ingiustizia.
Come diceva De Nicola "giustizia lenta non è giustizia". La
mancanza di una cultura di direzione dell'ufficio, di imposizione di regole più
efficienti, di prevenzione e sanzione dei ritardi, di informatizzazione del lavoro, ci
induce a considerare come eccezionali i risultati - noti come best practices, anche in s
ede internazionale - ottenuti da alcuni uffici giudiziari grazie ad un'efficace
organizzazione laddove tali risultati dovrebbero costituire, invece, la regola, e cioè la
conseguenza naturale di un'applicazione diffusa, negli uffici giudiziari, del principio di
buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione.
Come per tutte le organizzazioni complesse, occorre accettare sino in fondo
la logica di sistema e di servizio della Giustizia, con la conseguente condivisione ed
implementazione di modelli organizzativi volti ad assicurare la funzionalità e
l'efficienza dell'attività giudiziaria, ed evitare invece il doppio rischio dell'anomia
organizzativa - che consente a ciascuno di sottrarsi a logiche di funzionamento collettivo
per perseguire percorsi individuali - e della burocratizzazione, attenta solo alle
"voci di dentro" della corporazione e non alle esigenze e alle aspettative dei
cittadini e della collettività.VC |
|
CRISI ECONOMICA : diagnosi e consigli al Governo |
Silvio Berlusconi
|
Nino Luciani*, "Le conseguenze economiche della
pace"
e la via per contrastare il
ciclo
1) Rilancio dei lavori pubblici.
(Tra le opere prioritarie, la Nuova Romea, E55,
in considerazione del numero di morti, sulla "vecchia
statale 309");
2) sostegno delle esportazioni, usando la politica fiscale come sostituto
della politica monetaria, non più tra i poteri diretti
dello Stato.
* Ordinario di scienza delle finanze, Università di Bologna |
Giulio Tremonti
|
Il titolo "Le conseguenze economiche della pace" è ripreso da un celebre
opuscoletto di J.M.Keynes, scritto al ritorno della conferenza di Parigi, del 1919, a cui
non potè restare fino alla fine (per il Governo inglese), per problemi di salute.
Quel titolo era stato da lui ripreso da un rapporto del conte
Brockdorf-Rantzau, alle Potenze alleate, "sugli effetti delle condizioni di pace
sulla situazione della popolazione tedesca".
Quel volumetto è ben noto per aver suggerito di non punire la
Germania con l'imposizione del pagamento di danni di guerra, che avrebbero impedito alla
Germania un pronto ristabilimento del suo sistema industriale, e dunque di aiutare
l'Inghilterra con la ripresa reciproca del commercio internazionale.
Questa via è quella, che viene seguita oggi nel mondo. Tralasciamo, dunque,
questo quadro, e vediamo cosa dovrebbero fare, al loro interno, i Paesi in
recessione. Questo pone un problema di diagnosi, per poi giustificare degli strumenti, sia
pur in interpretazione molto semplificata, per un grande pubblico, e per Tremonti
(giurista tributario).
1.- Motivi. Allora si proveniva dalla prima
guerra mondiale. Guarda caso, anche adesso proveniamo da una guerra: quella in IRAK. Ma
separiamo l'Italia dall'area del dollaro (USA) e vediamo come la crisi finanziaria vada
collegata alla recessione indotta dalla pace.
- Negli USA ( e Paesi sostenitori), c'è stata una fase 1, il
momento in cui è nata la guerra. C'è una domanda pubblica di prodotti per la guerra, e
il sistema produttivo americano viene impegnato alla produzione di beni per la guerra. Ma
l'impegno sarà superiore alle previsioni (la guerra durerà 7 anni). Lo sforzo viene
sostenuto dalle banche d'affari, molto anche al di là delle regole (con la connivenza dei
pubblici poteri).
- Segue una fase 2, in cui la guerra comincia a cessare. La
domanda pubblica di beni per la guerra decelera. Il sistema produttivo di guerra si trova
in crisi. Cominiciano le prime insolvenze verso le banche. Cominciano i primi
licenziamenti di mano d'opera. Seguono le insolvenze delle famiglie verso le banche (mutui
casa, ecc.). Il sistema bancario si trova in difficoltà nella restituzione dei depositi.
In Europa, la caduta della domanda dall'area del dollaro lo
vediamo subito dal calo del cambio dell'Euro in Dollari: per un Euro si scende da un
massimo di Dollari 1,60 (nel luglio 2008) ad un minimo di Dollari 1,26.
In Italia, preesiste l'onda lunga dell'inflazione, causa Euro,
dal 2001-02. Quell'inflazione impoverì del 50% i cittadini a reddito fisso, e arricchì
(corrispondentemente) quelli a reddito variabile (professionisti, commercianti, imprese).
Per la prima legge Keynesiana, cade la domanda dei percettori di reddito fisso, perchè
non "effettiva" (ossia non accompagnata da potere di acquisto). Ma essa non è
controbilanciata da quella dei cittadini a reddito variabile medio-alto. Questi hanno una
propensione al risparmio, più che proporzionale al salire del reddito.
Sotto il profilo congiunturale, il risultato finale è la recessione:
la merce c'è, ma rimane nei magazzini.
In Italia, preesiste (sempre come effetto dell'inflazione, causa
Euro), una situazione strutturale pesante delle imprese che vendono per l'estero, non più
protette dalla svalutazione della lira. Questa situazione è stata in parte recuperata col
progresso tecnico (aumento di produttività), ma pare inarrestabile. L'Export è il 23%
del PIL. Si direbbe un settore strategico, e del resto lo sappiamo fin da quando andavamo
a scuola che l'Italia è povera di materie prime e non potrebbe sopravvivere se non
operando sull'estero.
2. Gli strumenti. In recessione
congiunturale, per parte bancaria (BCE) lo strumento classico (già in via di
applicazione) è la riduzione del tasso di interesse. Ma il credito passa soprattutto per
il sistema produttivo e, in tempi di pessimismo, il "cavallo non beve". La
moneta offerta, anche se a tasso zero, non viene domandata.
Dopo Kyenes, la via che risolve è l'intervento, esogeno, dello Stato.
Tre sono le tipologie che raccomanderei per creare una domanda "effettiva":
a) l'attuazione dei progetti già pronti di lavori pubblici e
l'uso della politica fiscale, come sostituto della politica monetaria (un potere
che l'Italia ha ceduto alla BCE).
b) i lavori pubblici dovrebbero essere finanziati con aumento
temporaneo dell'aliquota IRPEF sui redditi medio-alti, perchè con relativa alta
propensione al risparmio, e (se necessario) con BPT decennali.
c) le esportazioni dovrebbero essere sostenute stabilmente con una
politica fiscale deflattiva (ossia che riduca il livello generale dei prezzi interni). Si
tratterebbe di ridurre le imposte indirette "non trasferibili", e recuperare la
perdita gravando le imposte dirette. Nel nostro caso, andrebbe abolita subito l'IRAP
(imposta indiretta, sul valore aggiunto) e recuperato il gettito con la tassazione diretta
dei redditi. NL |
In margine al DDL delega del Governo sul "
FEDERALISMO FISCALE" |
Silvio Berlusconi
|
Nino Luciani*, Federalismo fiscale per l'Italia:
Regioni o Comuni ? Ovvero l'importanza:
- di una preventiva verifica
dell'idoneità territoriale dei Comuni a spendere
bene il gettito, derivante dai maggiori poteri
fiscali;
- di un
"tetto alla pressione fiscale "globale" dei vari enti tassatori, che
aumentano, mentre la tasca del contribuente rimane
"unica";
-
di attribuire solo alle Regioni il potere fiscale "locale" che, poi, lo
riattribuiranno ai Comuni, in base alle
idoneità territoriali a dati compiti
* Ordinario
di scienza delle finanze, Università di Bologna |
Umberto Bossi
|
Il Consiglio dei Mnistri del 3 ott. 2008 ha approvato un disegno di legge delega per il
federalismo fiscale.
A mio modo di vedere questo disegno dovrebbe tener conto della
cornice locale, in cui esso si colloca. Questa nota ha lo scopo di segnalare questa
cornice, come contributo al dibattito per una migliore efficacia del progetto.
In premessa, direi la opportuntà di dare un'occhiata (almeno per
conoscerla) alla precedente grande riforma radicale del sistema fiscale, quella del 1970,
di cui al rapporto del Presidente della Commissione per la riforma tributaria, Cesare
Cosciani (pubblicata da Giuffrè ed. nel 1965, se ben ricordo), che portava la tradizione
della scienza delle finanze italiana. La proposta fu, poi, inserita nel primo
"Progetto di programma di sviluppo economico per il 1965-69 (Ministero del Bilancio,
Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1965). Ne traggo alcuni spunti, con altri miei
personali, tratti da due miei Saggi sul federalismo fiscale, sulla Rivista TRIBUTI, n.
8/1997 e n. 5/1999, Ministero Finanze, Roma.
1) Più tassatori, una sola tasca del contribuente. La Commissione
avvertì preliminarmente che, anche in un processo che allarghi il numero degli enti
tassatori, oltre lo Stato (e nel federalismo fiscale, questo avviene per definizione), il
potere fiscale deve essere esercitato in modo armonico, rispetto alla tasca del
contribuente che, comunque, rimane "unica". Se (poniamo) l'ente più forte
prelevasse tutta la capacità contributiva di un cittadino, gli enti più deboli sarebbero
costretti a raschiare nel barile del contribuente, con le conseguenze che si lasciano
immaginare per questi enti e per il cittadino.
2) Dimensioni territoriali efficienti degli enti. Il potere fiscale va attribuito agli enti, previa la
verifica della loro capacità di spendere in modo economico le entrate.
Ricordo che i Comuni sono 8153, e di
essi 2.400 hanno meno di 2.000 abitanti; e 6.000 si avvicinano a 5000 abitanti.
Le ragioni storiche dell'origine di Comuni così piccoli sono note. Allora
aveva significato che capillarmente esistessero tanti centri di servizio. Ma è anche
evidente che quelle situazioni sono radicalmente mutate.
Ma vediamo le dimensioni minime,
necessarie, per alcuni servizi comunali:
- per un'area giochi ed attrezzature sportive per ragazzi di 11-14 si richie-dono, per una
gestione efficiente, circa 10.800 abitanti servibili;
- per un'area dello stesso tipo per ragazzi di età superiore ai 14 anni si ri-chiedono
20.000 abitanti;
- per un centro polisportivo si richiedono 250.000 persone:
- per un asilo nido si richiedono 2000-4000 abitanti servibili;
- per una scuola elementare, 600-7.000 abitanti;
- per una scuola media, 2.000-16.000 abitanti;
- per una scuola secondaria superiore, 50.000 abitanti;
- per un centro sanitario elementare, 10.000 abitanti;
- per un ospedale di II grado, 150.000-350.000 abitanti.
In rapporto a queste dimensioni, solo 1.000 Comuni sono idonei per un'area giochi per
ragazzi di 11-14 anni; solo 292 sono idonei per un'area gio-chi per ragazzi di età
superiore a 14 anni; solo 42 sono idonei per un centro polisportivo; solo 80 per un
ospedale di II grado, e così via.
3) Le corrette conseguenze dei due
punti.
3.1) Punto 1).
Per l'armonia delle pressioni fiscali degli enti, il riparto delle imposte, tra loro,
dovrebbe avvenire dopo avere definito un sistema fiscale unitario sul piano nazionale, e
il parlamento dovrebbe di fissare il tetto della pressione fiscale globale, in
un orizzonte pluriennale (almeno tre anni). A sua volta, il riparto percentuale del
gettito dovrebbe aver luogo con contrattazione tra Stato e Regioni.
Ricordo, poi, che il potere politico si identifica largamente
nel potere fiscale. E poichè il riordino territoriale dei Comuni dovrebbe essere
tipicamente un compito regionale (già lo è, ma funziona poco) , suggerirei che il potere
fiscale locale sia dato solo alle Regioni. Queste, a loro volta, ripartiranno le imposte
regionali tra i rispettivi Comuni.
Ricordo anche che, già in sede di rapporto della Commissione
economica del Ministero per la costituente (1946), la sezione finanza rilevò che i Comuni
sono dei pessimi tassatori, in ragione dei rapporti di amicizia e parentela locale tra il
sindaco e assessori verso i cittadini locali. Anche sotto questo aspetto, l'esclusiva del
potere fiscale alle Regioni sarebbe importante. D'altra parte, già attualmente i Comuni
minori delegano a grandi concessionari la riscossione.
3.2) Punto 2). Un rimedio istintivo
potrebbe essere la eliminazione di tutti i Comuni con una dimensione inferiore ad un
determinato limite. Ma va ricordato che una legge, sul decentramento comunale, permette ai
Comuni maggiori di ulteriormente decentrare a Frazioni e Quartieri dati compiti. Queste
legge ha dato buoni frutti, perchè ha stimolato la partecipazione dei cittadini alla vita
democratica.
Per questo, la mia proposta è di ridefinire i Comuni-capoluogo di
Provincia come Comuni metropolitani con i poteri propri e con quelle
delle Province (da abolire, di conseguenza) e di riconfigurare i rapporti di tutti i
Comuni minori, con quello metropolitano, allo stesso modo dei quartieri e frazioni con il
Comune maggiore.
Su questa base, il Comune metropolitano assumerebbe tutti i poteri dei
Comuni minori e riattribuirebbe a loro solo i compiti amministrabili in modo efficiente,
in base alla dimensione.
I campi nei quali maggiormente si evidenzia la necessità dell'accorpamento non
sono solo i vari servizi sociali, ma anche l'accertamento e la riscossione delle imposte.
4. Quali imposte attribuire agli enti locali.
4.1) La Commissione tributaria del 1965 suggerì di dare agli enti locali
due imposte: a) l'imposta sui redditi patrimoniali (ciò non impedisce di esentare la
prima casa); e l'imposta monofase sui consumi finali.
Sono di questa stessa idea. Riguardo alla imposta monofase, la Commissione
la propose in affiancamento all'IVA, ma per ridurre l'aliquota di quest'ultima.
Questa idea è cosa saggia perchè l'evasione dall'IVA è in gran
parte dovuta alla sua aliquota, troppo vistosa.
Voglio anche chiarire che la somma dei valori aggiunti parziali di un
bene è uguale al valore finale del medesimo. Dunque, sono due imposte di uguale gettito,
a parità di aliquota. Muta, invece, il procedimento di esazione: nel caso dell'IVA, per
uno stesso bene, l'imposta gira per i territori dove nascono i valori aggiunti parziali.
Invece, nel caso dell'imposta monofase l'imposta è solo locale.
4.2) Uniformità di determinati servizi sul piano nazionale.
Tenuto conto che una pressione fiscale locale uniforme genera gettiti diversificati da
ente a ente, ma anche della assoluta necessità che dati servizi ci siano in tutti i
Comuni, la Commissione suggerì il finanziamento statale, dei Comuni, sulla base di
parametri oggettivi inversamente proporzionali al grado di sviluppo locale.
Sono di questa stessa idea, ossia di usare parametri oggettivi,
perchè l'attribuzione di una vera autonomia deve escludere la discrezionalità del
finanziatore che cambia idea di anno in anno. Penso anche che il finanziamento statale
debba coprire l'interezza dei costi di detti servizi, sulla base di parametri di costo
standard. NL |
Ateneo di Bologna
SOLLEVAZIONE DEI PROFESSORI CONTRO "Il Sole 24
ORE".
Al giornale, che aveva scritto: "Al Professore
bastano 3 ore di lavoro al giorno", i proff. replicano:
"Al Professore non bastano 24 ore di lavoro al
giorno" |
|
Hanno firmato il testo:
(testo aggiornato in tempo reale)
Lilla Maria Crisafulli, Keir Douglas Elam, Gianfranco
Pasquino, Niva Lorenzini, Roberto Grandi, Paola Monari, Maurelio Boari, Dario Braga,
Giuseppe Olmi, Donna Miller,Vera Negri Zamagni, Antonio Corradi, Domenica Tonelli,
Adalberto Falaschini, Patricia Brasili, Carlo Ferrari, Giorgio Corazza, Piero Pieri,
Andrea Fassò, Enrico Santarelli, Mauro Fabrizio, Michele La Rosa, Nino Luciani, Gian
Paolo Brizzi, Mauro Pesce, Luciano Margara, Louann Haarman, Sandro De Maria, Stefano
Ciurli, Giovan Francesco Lanzara, Giuseppe Sassatelli, Fabrizio Frasnedi, Elisabetta
Magni, Moreno Paolini, Anna Maria Gentili, Ruggero Campagnoli, Paolo Sorcinelli, Fabio
Panzieri, Alberto Martelli, Mauro Perani, Diego Savoia, Ignazio Druidi, Angela Donati,
Emilio Tagliavini, Piera Carla Cicogna, Giorgio Dragoni, Luciano Bononi, Giorgio
Tassinari, Agostino Trombetti, Marco Dalla Rosa, Piergiorgio Battistelli, Rafael Lozano
Miralles, Luisa Avellini, Roberto Laschi, Claudio Sartori, Alberto Destro, Aldo Andreani,
Roberto Guidorzi, Gabriella Campadelli-Fiume, Piero Piazzi, Carmelina Imbroscio, Daniela
Gallingani, Cecilia Pietropoli, Umberto Mazzucchi, Alessandra Giovagnoli, Carla Corradi,
Ignazio Masulli, Lorenzo Quilici, Maria Teresa Rodriguez Estrada, Fabio Foresti, Pier
Giorgio Ardeni, Loretta Gregorini, Elisabetta Alvoni, Cristina Bragaglia, Pierfrancesco
Callieri, Stefano Toso, Federico Carpi, Alfredo Cottignoli, Vinicio Tammaro, Giorgio
Sartor, Carlo Guarnieri, Giuliana Cardillo, Giuseppe Monsagrati, Vincenzo Giulio Albano,
Scialpi Fabio, Marina Colangelo, Giorgio Basevi, Romano Zannoli, Gianni Faccioli,
Annamaria Billi, Victor Ugo Ceccherelli, Rita Gatti, Carlo Filippucci, Bruno Andrea
Melandri, Achille Franchini, Giuseppina La Face, Rossella Capozzi, Pierpaolo Donati,
Teresa Ciapparoni, Maria Zalambani, Francesco Bossi, Carla Consolini, Giliberto Capano,
Antonio Genovese, Mariagrazia Contini, Claudio Ciavatta, Luciano Formisano, Patrizia
Caraffi, Emma Beseghi, Paolo Edgardo Todesco, Giovanni Cimbalo, Anna Mandich, Fulvio
Pezzarossa, Gilmo Vianello, Marie Rieger, Francesco La Polla¸ Massimo Pavarini, Federico
Bertoni, Valentina Poggi, Gualtiero Calboli, Antonella Ceccagno, Maria Giuseppina
Muzzarelli, Francesca Emiliani, Fabio DallOlio, Pierluigi Lenzi, Carminella Biondi,
Stefano Maini, Andrea Battistini, Paolo Leonardi, Giovanni Gentile Marchetti, Eraldo
Seren, Luigi Contadini, Maurizio Fabbri, Andrea Battista Vai, Paola Filippi, Andrea Lodi,
Anna Maria Ferreri, Achille Umani Ronchi, Giuliana Benvenuti, Maria Gioia Tavoni, Maurizio
Ascari, Luisa Brunori, Laura Landi, Donatella Serafini-Fracassini, Anna Laura Trombetti,
Roberto Mulinacci, Carlo Bertucci, Roberto Amici, Lorenzo Gradoni, Cosimo Caneve, Danilo
Montesi, Renzo Davoli, Antonio Messina, Alan Bertossi, Srefano Ferretti, Davide Sangiorgi,
Claudio Sacerdoti Coen, Paola Salomoni, Fabio Vitali, Vittorio Ghini, Ugo dal Lago, Ozalp
Babauglu. |
|
Nota.
Come economista della finanza pubblica sono abbonato, da anni, al "Il Sole 24
ORE", perchè quotidiano di alto valore professionale nel campo economico e
finanziario in Italia e nel mondo.
Ma, in totale dissonanza con questa intonazione di alto profilo, alberga,
invece in esso, anche abbastanza spesso un qualche brusio, che rispecchia la tradizione
sindacale "padronale" dei suoi proprietari contro la cultura e la scuola. Già,
perchè il popolo istruito prende coscienza dei diritti umani e del lavoro, e allora
sciopera ...
In particolare alberga nel giornale una certa maldicenza, direi di moda,
contro i professori universitari. Qui, sotto, i colleghi di Bologna hanno messo nero su
bianco.
Ma, per parte mia, voglio anche ricordare alcuni dati statistici che
dovrebbero parlare da soli a chiunque, se non chiude le orecchie:
- i docenti di ruolo sono 62.000 circa;
- gli insegnamenti-annuali equivalenti sono 117.000-120.000 circa ;
- gli studenti sono 1.809.000 circa
- i laureati sono 300.000 all'anno, circa.
Dunque, si direbbe che il lavoro non manchi.
Quanto ai doveri di stato giuridico:
a) il compito primario del docente universitario è la ricerca. Qui non
c'è un limite di orario, come di un operaio che stacca il lavoro in un determinato
orario. La ricerca è tale che il docente continua a pensare, anche in privato alle cose
che "cerca". C'è anche chi si alza di notte per prendere appunti su un problema
che il cervello gli ha risolto in automatico;
b) le 350 ore di didattica frontale, richieste dallo stato giuridico,
sono il "minimo dovuto" all'interno del tempo della ricerca. Questo vuol
dire che le ore effettive di didattica possono essere di più. Sono talmente di più, in
media, che spesso uno aspetta le vacanze con un senso di liberazione, perchè finalmente
potrà terminare in pace una ricerca, mai conclusa a causa dell'eccesso di didattica;
c) ci sono le riunioni del Consiglio di Facoltà almeno una volta al
mese (5 ore); ogni docente appartiene ad almeno due Consigli di corso di laurea, ad un
consiglio di dipartimento. ....;
d) occorre partecipare ai congressi, per la discussione collegiale dei
contributi scientifici.
Mi fermo, ma ci sarebbe da parlare anche delle retribuzioni... NL |
Hanno inoltre aderito:
Francesco Saverio Trincia (Roma La Sapienza);Alessandro Gebbia (Roma
La Sapienza); Isabella Imperiali (Roma La Sapienza); Marina Caffiero (Roma La Sapienza);
Biancamaria Frabotta (Roma La Sapienza); Alonso Marini (Roma La Sapienza); Marina Beer
(Roma La Sapienza); Lidia Capo (Roma La Sapienza), Alfonso Archi (Roma La Sapienza),
Francesco Silva (Milano Bicocca), Giovanna Silvani (Università di Parma); Diego Saglia
(Università di Parma); Annamaria Sportelli (Università di Bari), Lia Guerra (Università
di Pavia), Roberto Francavilla (Università di Siena), Francesca Saggini, (Universita
della Tuscia,Viterbo), Sandra Puccini (Universita della Tuscia, Viterbo), Barabara Piqué
(Universita della Tuscia,Viterbo), Saverio Ricci (Universita della Tuscia, Viterbo),
Raffaele Caldarelli (Università della Tuscia, Viterbo), Mariagrazia Russo (Università
della Tuscia, Viterbo), Guido Samarani (Università Ca Foscari, Venezia), Federico
Alberto Greselin (Università Ca Foscari, Venezia), Carlo M. Bajetta, (Universita'
della Valle d'Aosta, Michele Marrapodi (Università di Palermo), Elio Di Piazza
(Università di Palermo), Camilla Miglio (Università di Napoli, lOrientale), Gemma
Persico (Università di Catania), Sebastiano Grasso (Università di Catania), Carmela
Nocera (Università di Catania), Massimo Schilirò (Università di Catania),Gioia
Zaganelli (Università di Urbino), Paolo Mariti, (Università di Pisa), Gianfranco Lotito. |
Il testo sottoscritto dai
113 docenti
AVVERTENZA. I Colleghi in Italia e
all'estero che volessero dare l'adesione, scrivano
alla prof.ssa CRISAFULLI (e-mail: lilla.crisafulli@unibo.it), Senatrice Accademica, prima
firmataria.
"Al Professore
non bastano 24 ore di lavoro al giorno"
Premessa: un insieme di pregiudizi e luoghi comuni
I sottoscritti docenti dellAlma Mater - Università degli Studi di Bologna, a
seguito dell'ennesimo articolo apparso su un quotidiano italiano ("Al
Professore bastano 3 ore di lavoro al giorno", Il Sole 24 Ore, 26 maggio 2008), denigratorio
nei confronti dell'Università pubblica italiana e dei docenti che lavorano al suo
interno, con sempre maggiore fatica e sempre meno incentivi e
considerazione, desiderano esprimere la loro amarezza e la loro indignazione. Il
contesto nel quale larticolo è apparso è quello della proposta riforma del
Pubblico Impiego, e il suo titolo, che dovrebbe riassumere lo sfascio
pubblico, appunto da riformare, riguarda in primo luogo lUniversità
pubblica italiana.
Tuttavia, al di là della discutibile qualità dellarticolo, ciò che seriamente
preoccupa i sottoscritti è il quadro del tutto inesatto che offre della situazione
attuale negli atenei italiani, nonché i preconcetti e pregiudizi che larticolo,
come altri precedenti interventi mediatici, tradisce nei confronti di tutta una categoria
professionale. Il docente universitario, si legge nellarticolo, ha un impegno
didattico di 250 ore/anno per il tempo parziale, e 350 per il tempo pieno. Dati che sono
falsati alla radice, perché tengono conto solo di una normativa
ministeriale che nulla a che fare con il reale stato delle cose.
I dati reali
Si dovrebbe partire da ben altri dati, quelli presentati nel corso del convegno svoltosi a
Modena il 29 maggio del consorzio universitario AlmaLaurea, che annovera 51 università
italiane, sul profilo dei laureati 2007, dove sono emersi invece risultati molto
lusinghieri. Il Consorzio ha presentato un rapporto che costituisce un punto di
riferimento importante per coloro che guardano al sistema di istruzione superiore del
Paese come ad un fattore nevralgico dello sviluppo. La popolazione osservata, in 46 dei 51
atenei consorziati, sfiora complessivamente le 185 mila unità. Il campo di osservazione
copre oltre il 64 per cento del sistema universitario italiano e garantisce la sostanziale
rappresentatività a livello nazionale per gruppo disciplinare, per genere e per
ripartizione territoriale (Nord, Centro e Sud),
La situazione presenta quasi ovunque segnali di netto miglioramento nei confronti dei
laureati del 2001 ed anche dellanno 2006. Si è osservato innanzitutto il contrarsi
delletà alla laurea (da 28 a 27 anni). Il dato è tanto più apprezzabile perché
si realizza in simultanea con lelevarsi delletà allimmatricolazione (da
20,0 a 20,9 anni), frutto dellaccesso agli studi universitari di nuove fasce di
popolazione. È aumentata, parallelamente, la percentuale dei laureati in età inferiore
ai 23 anni, che riguarda oggi 18 laureati su cento. Diminuisce il ritardo alla laurea, che
in media consisteva nel 69 per cento in più del tempo previsto dagli ordinamenti nel
2001, e che è divenuto oggi pari al 45 per cento. La stessa percentuale di laureati in
corso, 9,5 per cento allinizio del periodo considerato, raggiunge nel 2007 il 37,9
per cento. Inoltre, fra i laureati dellultima generazione osservata, 72 su cento
acquisiscano con la laurea un titolo che entra per la prima volta nella famiglia
dorigine.
E migliorata, inoltre, la frequenza alle lezioni: per 65 laureati su cento riguarda
più dei tre quarti degli insegnamenti previsti, e la diffusione nel bagaglio formativo
dei laureati degli stage (che riguardano nellultimo anno 51 laureati su cento).
Migliorano anche le conoscenze linguistiche (nellintervallo la conoscenza
almeno buona dellinglese scritto e parlato continua ad aumentare,
seppure di poco) e quelle informatiche (aumenta di 10 punti la conoscenza dei fogli
elettronici e di quasi 3 la conoscenza di strumenti multimedia). 87 laureati su cento, si
dichiarano complessivamente soddisfatti dellesperienza di studi compiuta. Anche se
solo 69 laureati su cento la ripeterebbero nello stesso corso e nello stesso ateneo.
Completano il quadro la crescente domanda di formazione post-laurea (che nel 2007 ha
riguardato 66 laureati su cento), così come aumentano le esperienze di studio
allestero (12 per cento).
Concluso il corso di primo livello, 80 laureati su cento dichiarano lintenzione di
proseguire gli studi. Nellesperienza formativa dei laureati specialistici
puri si riscontrano indici particolarmente elevati di frequenza alle lezioni
(79 laureati su cento dichiarano di avere frequentato regolarmente più dei tre quarti
degli insegnamenti previsti). Lesperienza compiuta anche con la laurea specialistica
risulta ampiamente apprezzata (se sono decisamente soddisfatti 42 laureati su cento, altri
48 esprimono comunque una valutazione positiva) tanto che la gran parte (78 per cento) la
ripeterebbe nelle stesse condizioni (stesso corso e stesso ateneo).
Lesperienza di tirocinio e stage, poi, è più che raddoppiata fra i laureati
dallavvio della riforma. Nel 2007 ha riguardato, infatti, oltre la metà del
complesso dei laureati, sottolineando il crescente impegno delle università e la positiva
collaborazione con il mondo del lavoro (l80 per cento dei tirocini sono stati svolti
al di fuori delluniversità). Nei laureati specialistici a ciclo unico letà
media alla laurea raggiunge complessivamente i 26,7 anni. Particolarmente positive
risultano le performance di questi laureati sintetizzabili: nella votazione di laurea (in
media 106,2 su 110); nella regolarità con cui riescono a concludere gli studi quasi la
metà di loro (48 per cento); e nellesperienza di studi allestero con
programmi comunitari (che riguardano 8 laureati su cento contro 6 per il complesso dei
laureati).
Lattuale realtà della ricerca
Inoltre, i luoghi comuni che vengono frequentemente ripetuti o riciclati come
in questo caso - sui docenti universitari si riferiscono ad una presunta realtà che
risponde soltanto ad una inesatta o superficiale conoscenza della situazione universitaria
italiana.
Chi scrive indagini sullo stato delluniversità pubblica italiana
dovrebbe, come minimo impegno professionale, aggiornarsi sullo stato di questa
istituzione, cosa che invece avviene molto raramente. Qualche decennio fa, prima delle
molteplici riforme che si sono succedute, era forse possibile per un docente universitario
italiano limitare limpegno didattico ad un solo corso annuale; godersi lunghi
periodi di ricerca; avere assistenti che lo affiancavano sia per la ricerca sia per la
didattica, tanto che, nei confronti dei colleghi europei, sembrava vantarsi qualche
privilegio (mai quello dello stipendio, da sempre fra i più bassi in Europa). Oggi, tale
quadro si è totalmente rovesciato. Oggi, i docenti italiani fanno più ore di lezioni
frontali, di esami, di tesi, di amministrazione di molti loro corrispettivi europei e
nordamericani, senza voler rinunciare minimamente al tempo dedicato alla ricerca che è
missione principale del docente universitario, e fondamentale anche per realizzare una
docenza e didattica a livello adeguato. Tuttavia, oggi il tempo realmente a disposizione
per la ricerca si è drammaticamente ridotto, pur essendosi imposto anche in Italia il
diktat anglosassone del Publish or Perish, grazie allintroduzione (per
altri versi sacrosanta) di sistemi di valutazione della produttività scientifica. Il
risultato è la sempre più impellente richiesta di una costante performance di ricerca,
da una parte, e dallaltra dei margini sempre più ristretti di tempo per adempiervi.
Per non parlare dellimpossibilità di formare le nuove leve, di portare avanti gli
studenti più bravi e meritevoli e di dar loro qualche prospettiva, a causa del taglio
drastico del numero delle borse di studio, della riduzione dei posti di dottorato e della
esiguità dei posti di ricercatori.
Le Università italiane sono state lasciate in totale solitudine a cavarsela di fronte a
continue e talvolta contraddittorie riforme (riforme non accompagnate da adeguate
risorse finanziarie), anzi, in soli due anni
più di 500 milioni di euro sono stati stornati dalle sue legittime finalità - cioè dal
budget destinato ad incrementare l'FFO alle Università e ad incrementare i fondi per la
ricerca scientifica e per l'offerta didattica - e invece spostati ad altre voci di
spesa (emergenze trasporti). Nonostante questo, limpegno profuso dai ricercatori ha
fatto sì che le agenzie internazionali abbiano posto diverse università pubbliche
italiane in posizioni di medio-alto livello nel 'ranking' degli atenei mondiali.
e della didattica
Lultima (per ora) riforma universitaria ha imposto a molte Facoltà il doppio
percorso di laurea triennale e laurea specialistica (il cosiddetto 3+2), e, di
conseguenza, una maggiore tipologia di corsi e moduli (triennali, specialistici, corsi
professionalizzanti) e un impegno didattico trasversale e spesso interdisciplinare. Del
resto, anche in quelle Facoltà dove non è stata adottata la riforma 3+2, è stato
aumentato il numero degli anni complessivi, e sono stati introdotti altresì corsi brevi e
nuovi percorsi professionali che hanno obbligato i docenti a moltiplicare e diversificare
il loro impegno didattico.
Questo comporta che se si vuole fare una didattica di livello universitario, le lezioni vanno preparate e diversificate sulla base della
popolazione studentesca cui si rivolgono, con studio ed aggiornamento costanti che si
quantificano in molte ore di lavoro e di ricerca quotidiana. A tutto ciò si devono
aggiungere le ore ufficiali e ufficiose di ricevimento studenti, di correzione e
discussione di tesi e tesine, di preparazione e correzione di esami scritti e orali,
nonché per creare contatti e sottoscrivere convenzioni con il mondo del lavoro per lo
svolgimento efficace di stage e tirocini. Si aggiungano poi le ore spese in varie
commissioni didattiche e di ricerca, in sedute sempre più frequenti di Corso di laurea,
di Indirizzo, di Facoltà, di Ateneo, e limpegno profuso presso scuole e collegi di
Dottorati e di Master e di commissioni di concorso locali e nazionali.
Non solo, ma lindicazione governativa a costruire percorsi sempre più specialistici
e professionalizzanti ha obbligato le strutture, e dunque i docenti che vi afferiscono,
nonostante gli alti numeri degli studenti iscritti ai singoli corsi delle Università
pubbliche, a cercare quanto più possibile di avviare una didattica che sia insieme
frontale e individuale, tutoriale e di laboratorio, a fronte di un personale praticamente
dimezzato rispetto a qualche anno fa a causa del prolungato blocco del turnover
(pochissime nuove assunzioni e ondate sempre più grandi di pensionamento, che porteranno
peraltro gli Atenei italiani ad un preoccupante svuotamento entro il 2012-2015), e a
fronte degli adempimenti amministravi e burocratici sempre più pressanti e numerosi.
Cosa
dire poi dellimpegno sul fronte dellinternazionalizzazione, voluta giustamente
dai governi locali e nazionali, e che presso le Università italiane ha ottenuto risultati
eccellenti (nel numero di scambi studenti nellambito dei programmi Socrates-Erasmus,
di convezioni Overseas, di titoli congiunti, di Marie Curie, etc, e, di conseguenza, di
fondi assegnati al sistema universitario dalle Commissioni Europee) e che ha permesso a
migliaia di studenti italiani di fare utili esperienze di studio e di ricerca
allestero arricchendo la propria personalità e un necessario quanto spendibile
curriculum professionale. Risultati che si devono anche allimpegno profuso e mal
riconosciuto, dei docenti e ricercatori dei nostri Atenei, e che hanno
fatto acquisire allItalia diversi punti nella valutazione europea.
Una situazione incomprensibile e dannosa
Nonostante limpegno nella ricerca e nella didattica di tutti i suoi componenti,
l'Università italiana pubblica resta da tempo al centro di un tiro al bersaglio dal quale
non esiste un organo accademico nazionale che sembri capace di difenderla. Siamo
lasciati sempre più soli, quando non addirittura attaccati e umiliati dalle istituzioni e
dai media, e così lo sono i nostri studenti: isolati da e in una società che ha
dimenticato che il valore fondamentale del mondo civile è quello
dell'istruzione. Mentre in altri paesi europei, come la Francia, la Gran Bretagna e la
Spagna, linvestimento nella ricerca e nella formazione universitaria è una
priorità di governo, in Italia la parola dordine sembra quella di svilire ricerca,
cultura e formazione.
Anche se i fondi per la ricerca e per la didattica sono sempre meno e le
richieste di impegno orario, di pre-pensionamento, di imparare a fare a meno di contratti,
di lettori, di tecnici capaci, di nuovi posti di ricercatori, sono sempre maggiori, i
docenti non vogliono essere una corporazione e non vanno trattati come lobbisti.
Infine, se l articolo di legge che
riguarda limpegno orario dei docenti è contenuto nel d.p.r. 382/1980, art. 10, i
dati sono estratti dalla Ragioneria dello Stato che quantifica il nostro lavoro partendo da minimi ministeriali, ed introducendo poi un
correttivo per ulteriori attività istituzionali, incrementando tali minimi di un fattore
arbitrario (per un professore a tempo pieno da 350 a 950). Ma dal rapporto non si evince
in alcun modo se la ricerca debba essere inglobata in questo monte ore o se non sia tenuta
in conto del tutto, e proprio la ricerca
che resta dovere fondamentale dellUniversità.
Così come abbiamo visto nel caso della didattica e delle attività ad essa
connesse, ci si chiede ancor di più per la ricerca come possano essere calcolabili tutte
le attività che essa implica e che sono ormai ritenute indispensabili: i progetti di
ricerca, strategici, nazionali e internazionali, la sperimentazione di laboratorio, la
consultazione di archivi e biblioteche, il tempo di osservazione, di riflessione e di
scrittura, i contatti, le collaborazioni, la disseminazione dei risultati, e, non ultimo,
le pubblicazioni di volumi, articoli in riviste o lorganizzazione di e la
partecipazione a convegni nazionali e internazionali? Tutte attività che richiedono un
lungo e continuativo lavoro, non misurabile in modo convenzionale con un orario, ma certo
non compreso nel monte ore indicato.
Chiediamo che la attività della Università e degli operatori della ricerca sia valutata
e considerata in modo realistico, e non in base a parametri di minimo ministeriali,
Chiediamo che finalmente si sostenga il comparto ricerca e istruzione, chiediamo di non
parlarne più in modo approssimativo o, peggio, dispregiativo, ma che si avvii una seria
politica di rilancio dellUniversità pubblica italiana.
I docenti universitari italiani sono fieri di essere educatori e ricercatori,
una fonte di progresso intellettuale, morale e sociale, e chiedono di non essere
sottoposti a continui processi. La ricerca scientifica italiana, e forse la nostra
coscienza sociale e comunitaria, oggi e ancor più domani, dipendono anche dalla
conservazione e dal miglioramento della qualità del nostro lavoro. E se ovunque, specie
allUniversità, la qualità dovrebbe prevalere sulla quantità, in realtà non
basterebbero neppure le 24 ore giornaliere per tener testa a quello che la coscienza del
docente e l'immaginazione e curiosità del ricercatore che è in ognuno di noi ci spingono
a fare, per l'evoluzione scientifica dei nostri studenti e l'aggiornamento e
approfondimento delle conoscenze nei nostri settori disciplinari. |
L' ITALIA del dopo ELEZIONI
POLITICHE: larga maggioranza a BERLUSCONI |
Silvio Berlusconii |
L'Italia della "maggioranza" in euforia, ma con
Bossi "cruciale"
(Lega Nord: 60 seggi alla Camera e 26 seggi al Senato, essenziali per fare
maggioranza)
Per la scossa del sistema politico sono stati
determinanti i mass media e anche alcuni modi,
quasi eversivi, del futuro Premier che prometteva collocazioni
politiche ai traditori di Prodi.
Ma voglio domandare:
"E' molto diverso conquistare il potere con l'uso delle armi
o con la manipolazione delle coscienze incaute, con l'uso delle televisioni di
massa ?" |
|
I
fattori più profondi della scossa al sistema politico sono stati: |
1) |
Da un lato, la
rabbia dei percettori di reddito fisso, rimasti impoveriti dalla grande inflazione del
2001-2003, causa l'EURO; e, dall'altro, la preoccupazione dei percettori di
redditi variabili (beneficiati) di non arretrare per mano fiscale; |
2) |
La sprovvedutezza
politica della sinistra italiana, fattasi capire a rovescio rispetto all'intenzione
di soccorrere il reddito fisso (vedi punto 1), fino a trovarsi contraria la somma
dei danneggiati e dei beneficiati dall'inflazione; |
3) |
Gli interventi
preconcetti della magistratura sul Ministro della Giustizia, Mastella, questa volta preso
dal panico; |
4) |
Fors'anche la
debolezza del Presidente Napolitano, che ha sciolto entrambe le camere,
anzichè solo quella (Senato) che non funzionava (ex-art. 88 Cost.). |
|
17
apr. 2008, Il giudizio dell'Economist su Berlusconi
(e, en passant, sulle università italiane,
con estensione impropria, quasi da vomito. Ma perchè ? - N.d.R.)
"Italy embraces
Silvio, again and again"
(stralcio dalla traduzione di http://bnoise.wordpress.com/
2008/04/18/economist-e-la-vittoria-di-berlusconi/
Silvio Berlusconi è la scatola a
sorpresa ( jack-in-the-box) della politica Europea. Nelle elezioni politiche del 13 e 14
aprile, gli elettori italiani hanno deciso e la sua figura sempre sorridente è spuntata
ancora una volta. Deriso, circondato per anni da domande sulla sua probità e sul
conflitto di interessi tra il suo impero mediatico e il suo incarico politico, Berlusconi
è stato tuttavia scelto per diventare primo ministro per la terza volta.
In un paese abituato a indebolire le coalizioni (il governo uscente di
centro-sinistra guidato da Romano Prodi è durato meno di due anni) gli elettori hanno
dato al Popolo della Libertà di Berlusconi e ai suoi alleati uninusuale, solida
maggioranza.
......
Il successo principale di Prodi è stato far scendere il deficit di bilancio
fino al 3% del PIL, come richiesto dalle regole dellUnione Europea. Ma ne ha pagato
il prezzo. Il ministro delle finanze uscente, ..., ha alzato le tasse e combattuto
levasione fiscale - una combinazione che ha reso il governo estremamente impopolare.
..
Gli italiani si svegliano il 15 aprile e si ritrovano in un paese ancora una
volta dominato da conservatori. Ma di che tipo? Il progressi della Lega Nord, un naturale
serbatoio di voti di protesta, suggeriscono che un gran numero di elettori cercano rifugio
dai terrori della globalizzazione. Il partito di Umberto Bossi è sia anti-immigrati che
protezionista.
.
Quella italiana resta una delle economie più regolamentate
dellEuropa occidentale. E anche bloccata da uninflazione più
alta e una più bassa crescita di produttività di ogni altro paese nella zona Euro, ed
ha, come risultato, costantemente perso competitività. Limpatto della lenta
crescita si nutre di se stesso. Se lItalia fosse cresciuta con la media europea nel
passato decennio, il suo debito pubblico sarebbe passato da più del 100% del PIL a circa
l80%; e non avrebbe avuto bisogno di alzare il carico fiscale al 43.5% del PIL per
soddisfare gli obiettivi fissati dal patto di stabilità dellUE.
..
Leconomia conta troppo sulle piccole e medie imprese nelle industrie
tradizionali come il tessile, le calzature, elettrodomestici e mobili. Queste industrie
sono le più esposte alla concorrenza a basso costo proveniente dalla Cina e dal resto
dellAsia.
I servizi sono sottosviluppati. Anche nel turismo, dove ha un vantaggio
naturale, negli ultimi 30 anni lItalia è scesa dalla prima alla quinta posizione
come meta turistica più popolare. Listruzione è un disastro. LItalia fa
peggio di qualsiasi altro nellEuropa occidentale nel PISA test dellOCSE. Le
università sembrano mandate avanti per il beneficio dei
professori. LItalia non ha sue università nella top 100 mondiale. Nel 1970, il 30%
dei professori universitari erano sopra i 45 anni; oggi sono il 70%.
...
Ci sono alcuni motivi di speranza, comunque.
Loccupazione in Italia è buona: la disoccupazione è al minimo
storico in 30 anni. Le esportazioni sono in pieno boom, nonostante leuro forte,
perché le compagnie puntano sul valore aggiunto (non si dice, però che il deficit del
commercio estero è rimasto incolmabile, dopo l'euro, perchè l'import è aumentato più
dell'export - N.d.R). La più grande società privata del paese, la Fiat, si è rialzata.
Le banche italiane hanno migliorato sotto lo stimolo della competizione, e hanno in gran
parte evitato il debito che sta trascinando giù i rivali in Europa.
Se il nuovo governo desse il via libera agli imprenditori italiani,
sicuramente questi risponderebbero (positivamente). Lo farà? A volte Berlusconi è
sembrato cogliere la gravità della condizione italiana. Ma quello che rimane in dubbio è
se egli è veramente votato alle riforme liberali, o addirittura se capisce che queste
sono incompatibili col nazionalismo economico.
Il suo passato incarico non è stato incoraggiante. Niente
è stato fatto per scuotere la miriade di categorie protette in Italia, dai tassisti ai
notai alle farmacie ai piccoli commercianti. Scuole e università sono rimaste in larga
parte non riformate; la pubblica amministrazione è stata appena sfiorata. Le
privatizzazioni sono state realizzate con maggior determinazioni dai governi di
centro-sinistra ..... |
|
Nino
Luciani*, Ma adesso, una volta che il popolo ha votato, basta contorcersi
sull'esito....
Se il programma annunciato è una cosa vera, ben venga una politica aperta al
mercato e di riforma dello Stato, a partire dalle autonomie locali e dal federalismo
fiscale.
Quello, però, che l'Economist non sa ... è che Berlusconi è un
solista perchè è senza il supporto delle istituzioni, e che non si è ancora reso conto
di quanto questo fatto peserà sulle sue quotazioni di statista... * professore ordinario di scienza delle
finanze nell'Università di Bologna
Vedo anch'io il "berlusconismo" come
il dilettantismo in politica, ma sarebbe il caso di guardare più a fondo e di dargli più
consiglio che un rigetto, visto che gli italiani l'hanno scelto.
Il "berlusconismo" ha avuto ingresso in Italia per riempire un
vuoto creatosi drammaticamente negli anni 92-94, con la caduta della DC e del PSI. Quella
caduta era fisiologica perchè (per una serie di ragioni storiche: la guerra fredda nel
mondo, una legge elettorale proporzionale), la corruzione aveva invaso lo Stato e i
rapporti tra Stato e Industria. Essa era la conseguenza del fatto che, per troppo tempo,
non c'era stato la normale alternanza tra i partiti al governo (che, invece, c'era negli
Stati Uniti e nei principali paesi europei). L'aspetto pù deteriore di quelle
deviazioni era la cattura del consenso mediante l'uso spregiudicato della spesa pubblica.
Tra le deviazioni, una risulterà, poi, determinante nella caduta della
qualità della politica: un massiccio pensionamento anticipato dell'alta dirigenza statale
('incentivato da un governo Andreotti), così da interrompere la regolare trasmissione
delle competenze ai "giovani" (diciamo) subentranti. Per lunga tradizione, lo
Stato aveva goduto di una qualificata classe dirigente burocratica, grazie all'uso
sistematico del pubblico concorso nelle assunzioni di personale (cosa che, ad es., non
c'era negli enti locali). In quel periodo, poi, (quello che va dal dopo guerra agli anni
92-94), c'era anche il fatto che i partiti avevano dei quadri dirigenziali allevati con
cura e metodo. Così era della DC e del PSI, ma non sarà affatto così per Forza Italia e
per la Lega Nord, partiti senza strutture organizzate.
Tornando a Berlusconi, le cose dette da lui in ogni dove (ad es. contro i
"post-comunisti, incrollobabili come vecchia testa, a parte le parole
"nuove") hanno perfino la mia simpatia, ossia dice cose vere (ma non sempre, ad
es., è fuori discussione che il PCI abbia concorso alla salvezza della democrazia in
Italia).
Ma oggi, ricomparendo in politica mettendo in conto la riforma dello Stato
senza l'aiuto delle istituzioni, ha confermato di essere ancora un dilettante. Anzi nelle
scorse settimane ha perfino dichiarato di avere, contro, le istituzioni e di volere
sburocratizzare la Pubblica Amministrazione e licenziare un gran numero di
dipendenti, .
Egli ha pensato di passare ... posizionando, quanto più ha potuto, i posti
di parlamentare e di ministri in base a criteri di stretta lealtà personale, quasi la via
sicura per imporsi aprioristicamente. Dire, invece, che occorra, prima, definire la
nuova struttura dello Stato in rapporto alle prestazioni di beni e servizi pubblici da
preservare in mano pubblica, ed a quelle da privatizzare.
Dentro la riforma dello Stato, la prima grande partita, storicamente
matura, sarebbe il riordino delle autonomie locali e il connesso "federalismo
fiscale". Già ..., perchè la creazione delle Regioni nel 1970 non è stato
accompagnato da una simultaneo alleggerimento dei compiti identici, già dello Stato, nè
dal riordino (sempre in simultanea) del sistema dei comuni (infatti, rimasti oltre 8.000,
di cui il 75% con una popolazione minore di 2000 abitanti, e strumentalizzati dallo Stato
per controbilanciare le Regioni). Il problema non è l'abolizione del 75% dei Comuni, ma
una loro armonizzazione rispetto ai Comuni metropolitani. Si dovrebbero anche abolire le
Province, trasferendone i compiti ai Comuni metropolitani.
Torniamo all'inizio. Berlusconi rimarrà un "dilettante in
politica"? Di recente ha dichiarato che si appresta a ripartire valendosi delle
precedenti esperienze di governo. Queste sono un fatto reale, e almeno questo non gli si
può contestare. NL |
|
ITALIA VERSO LE ELEZIONI POLITICHE ANTICIPATE |
Silvio Berlusconi |
Nino LUCIANI, Due parole, in libertà...
TROVANDO DUE GRANDI PARTITI, tra loro ALERNATIVI,
L'ELETTORE AVRA' LA POSSIBILITA' DI SCEGLIERE DIRETTAMENTE il PROGRAMMA e il GOVERNO
Questo è un passo avanti fondamentale per una democrazia governante nel nostro Paese
|
Walter Veltroni |
Tuttavia con questa
legge elettorale, al Senato i seggi saranno ripartiti al 50%, tra i 2 grandi partiti
Questo attribuirà un ruolo di bilancia al partito di Casini
(UNIONE DI CENTRO),
perchè in posizione mediana e più vicino ai due come programma |
Le POSSIBILITA' REALI, diverranno, di conseguenza:
1) un GOVERNO di Centro-Destra (Berlusconi - Casini);
2) un GOVERNO di Centro-Sinistra (Veltroni - Casini)
Guiderà il Governo
chi dei due avrà la "maggioranza" alla Camera,
grazie al premio al partito maggiore, anche per un solo voto, e che avrà il 55%
dei seggi.
Questa previsione si fonda sulla ipotesi che al Senato la soglia di sbarramento
(8%)
sarà superata solo da: PD, PDL, Sinistra ARCOBALENO, UDC, LEGA NORD
E per l'università cosa ci sarà di buono? Credo nulla, se nella legislatura
che si apre, non trova l'unità e un ministro "professore universitario" |
Due parole, in libertà...
1. Quale programma ? Nelle elezioni
politiche, l'indirizzo programmatico è il punto principale. Ma su questo non mi sento
molto preoccupato, perchè ritengo che le altermative reali oggi in campo (Berlusconi,
Casini, Veltroni - in ordine alfabetico) siano tutte centrate sul proposito di restituire
all'economia di mercato il suo spazio vitale, ma senza tornare indietro rispetto alle
fondamentali conquiste civili del nostro popolo (direi 55% al mercato e 45% allo Stato).
Spero che sia davvero così anche per Berlusconi.
Questo loro convincimento comune viene, credo, anche dal fatto che la
vicenda del Governo Prodi ha evidenziato l'errore, per l'economia del Paese, di volere
sanare il bilancio con una ulteriore aumento della pressione fiscale, in luogo
dell'abbattimento della spesa pubblica, pur se il recupero dell'evasione avrebbe
abbondantemente risolto il problema del pareggio ( col famoso, ma anche scandaloso,
"tesoretto").
2. Veltroni ha anticipato il risultato dei referendum di Segni e Guzzetta.
Questo va apprezzato. Dalle vicende degli scorsi anni è
risultato che la possibilità di scegliere tra "due coalizioni eterogenee" era
un ritorno all'indietro, come ai tempi della DC, in cui i governi si facevano dopo le
elezioni, e cadevano ogni 6 mesi. Prodi è caduto dopo due anni, ma questo non cambia di
molto le cose.
A quel punto, l'unica via era una nuova battaglia referendaria, in
modo che il premio di maggioranza fosse dato al partito maggiore (anzichè alla
coalizione). I referendum sono stati rinviati, per il precipitare delle elezioni.
Ma qualcuno, che ha nome VELTRONI, ha fatto l'atto coraggioso,
proprio di un giovane, di volere presentare, da solo, il PD, per cui avremo la stessa cosa
... come se il referendum abbia avuto luogo. Gli va dato anche merito di aver indotto
Berlusconi a seguirlo.
3. Un Governo che rivaluterà Casini ? La legge
elettorale darà a qualcuno una maggioranza netta alla Camera. Invece al Senato i due
partiti maggiori (PD; PDL ?) saranno alla pari, poco più poco meno, compresa la
possibilità dell'inverso di quanto avverrà alla Camera. Questo aprirà un ruolo di
bilancia ai partiti minori, che però saranno pochissimi (perchè uno sbarramento dell'8%
è veramente un ostacolo molto grande).
Si possono fare molte congetture ma, in tale ipotesi, la
probabilità più alta è che ci sarà un ruolo di bilancia per Casini perchè in
posizione mediana e vicino ad entrambi come programma.
Non si può, poi, escludere che gli elettori daranno un input, che avvii a
chiudere la fase transitoria apertasi al centro, nel 1992-94, con la scioglimento della DC
e del PSI. Credo che un voto significativo all'Unione di Centro (UDC - ROSA BIANCA)
aprirebbe stabilmente la via ad un bipartitismo democratico in Italia, grazie alla
partecipazione dei Cattolici, oggi polverizzati, ma ai quali - nella storia d'Italia -
spetta "un" posto (non ho detto due) al tavolo della politica.
4. E per l'Università cosa ci sarà di buono ? Non c'è
nulla che possa far pensare a qualcosa di buono. L'abbiamo constatato con un Governo di
centro-destra (vedi la Moratti), ma anche col successivo Governo di centro-sinistra
(Mussi-Modica). Avendo noi (intendo i nostri vari spezzoni) lavato i panni sporchi in
piazza, anzichè in famiglia, e per troppo tempo, abbiamo accumulato una pessima
reputazione e non sarà facile tornare indietro.
L'unica grande esperienza positiva è stato il lavoro di
riaggregazione svolto dalla CRUI-Presidenza Piero TOSI, di fronte al "comune
nemico" (la MORATTI). Dunque, ancora l'unica speranza positiva è che la CRUI torni a
svolgere quel ruolo, perchè solo l'unità e proposte innovative possono imporre al nuovo
Governo, di essere considerati. NL |
GOVERNO IN DIFFICOLTA' AL SENATO, a causa del "voto di
scambio" ?
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA, art. 88: "Il Presidente della Repubblica può,
sentiti i loro presidenti, sciogliere le Camere o ANCHE UNA SOLA DI ESSE". |
R. Prodi
|
PRODI: "Cado perchè hanno corrotto alcuni
senatori"
BERLUSCONI:
"Offro una collocazione politica
a chi si sente escluso dal Partito Democratico" |
S. Berlusconi
|
LUCIANI: "Si sciolga quella, delle due camere, presa in ostaggio col voto di scambio,
a parte che l'UDC potrebbe pensare un pò più da grande (vedi le "due parole",
qui sotto),
e valersi dell'attuale posizione strategica nel "mezzo del parlamento" |
LUCIANI,
Governo in difficoltà al Senato ? 1.-
L'Università non ha avuto nulla, da anni, sia dal Governo di centro destra di Berlusconi,
sia da questo Governo. E allora dovrebbe stare con le mani in mano, mentre la democrazia
politica dell'Italia è in difficoltà, per l'inceppamento del sistema, che impedisce
perfino ai politici buoni (di destra e sinistra) di prendere decisioni per il Paese ?
Direi proprio di NO. Anzi, c'è un motivo in più per soccorrere la patria, che vuole che
il governo democraticamente eletto abbia i 5 anni per attuare il suo programma.
Le dichiarazioni di questi giorni, del Presidente del Consiglio, ("cado
perchè hanno corrotto alcuni senatori") gridano allerta al cospetto degli italiani,
unici depositari della "sovranità popolare". Anche nella fase di decadenza della DC, c'era il commercio dei voti, ma in
segreto, e chi veniva scoperto era quanto meno criticato. Ora non c'è più neppure il
pudore e lo si dice apertamente.
2.- Gli studi più moderni di public choice hanno messo in luce che anche i
politici sono dei comuni mortali. E, dunque, anche i politici, come gli imprenditori,
fanno politica per un profitto, per un arricchimento personale, sia pur mediante una opera
finalizzata al soddisfacimento dei bisogni pubblici.
Tuttavia come, nel mercato, ci sono delle "deviazioni" per
catturare il consumatore con la concorrenza sleale (basso prezzo, ma di prodotti
adulterati), o con la conquista di posizioni dominanti (monopoli, cartelli ...,) così
anche in politica ci sono "deviazioni" per catturare il voto.
Nella attuale fase storica, si è acquisito che l'alternanza tra le cariche,
alle scadenze elettorali, è il miglior contrasto alle "deviazioni".
Si è anche acquisito che la durata delle legislature deve permettere delle scelte
di medio-lungo andare. E allora anche il giudizio degli elettori sul governo è fondato
solo se passano i 5 anni. Sono, questi, dei superiori valori per
il bene di tutti, e che giocheranno anche a favore della opposizione quando, domani,
tornerà al governo. E chi è anziano deve capire .....
e avere fiducia nei giovani. Il suo turno è passato. NL |
|
Solo
due parole all'UDC ...
1) Il Governo deve restare per i 5 anni, perchè eletto
democraticamente.
2) Frattanto, si dovrebbe:
a) votare le leggi buone (per se stesse, non per gli effetti sulla durata del
governo
b) modificare la costituzione disponendo per la
elezione diretta del Premier ; |
P.F. Casini,
Presidente UDC
|
c)
fare una legge elettorale proporzionale, con voto di preferenza ai candidati e abolizione
delle firme per la presentazione delle candidature.
(Clicca su nuova legge). |
MOTIVAZIONI
1.- Nel sistema politico italiano, permane una contraddizione tra la volontà degli
elettori di scegliere direttamente il Presidente del Consiglio (nella legge vigente già
devessere indicato il candidato Premier) e la Costituzione che ancora richiede la
successiva fiducia al Governo, da parte del Parlamento, cosicché subito dopo le elezioni
cè chi lavora per fare cadere il Governo. Questa fase dovrebbe essere chiusa
adeguando la Costituzione alla maturità della coscienza popolare: vale dire con
l'elezione diretta del Premier, contemperata da maggiori poteri di garanzia costituzionale
del capo dello Stato.
2.- Il secondo passo è ricostruire la rappresentanza unitaria del
ceto medio in parlamento e questo richiede una legge elettorale proporzionale, che
tuttavia non pone problemi di durata del governo, se il Premier è eletto direttamente dal
popolo.
Per spiegare questa idea, occorre portare il pensiero alla nostra storia recente. Dal
1992-94, in seguito alla caduta della DC e del PSI, si è formato un vuoto al centro dello
schieramento politico italiano, per il venir meno della mediazione inter-classista,
tradizionalmente svolta da quei partiti. Oggi i partiti di centro, riemersi nel frattempo,
sono caduti in ostaggio dentro due, rispettive, grandi coalizioni "bipolari" di
appartenenza, che tuttavia vivono con grande difficoltà al proprio interno.
Per ricostruire il ruolo inter-classista dei partiti di centro |
(salvo
quello dellelezione del Premier, che dovrebbe passare definitivamente al popolo), è
necessario cambiare la legge elettorale in senso proporzionale. 3.- C'è, poi,la circostanza che, nelle elezioni 2006, si sono presentati 74
partiti, sia pur afferenti alle due principali coalizioni, dei quali solo un piccolissimo
numero (i partiti che hanno superato la soglia di sbarramento) ha potuto ottenere una
rappresentanza in Parlamento. E molti altri partiti si sarebbero presentati, se la
procedura voluta dal governo Berlusconi non avesse strozzato i tempi tecnici per la
raccolta delle firme. Questa anomalia va sottoposta a discussione perché le
"piccole" forze sono il seme nuovo che fa rinascere la politica.Una buona legge
elettorale deve farsi carico della inclusione dei piccoli partiti, favorendone
laggregazione e al tempo stesso evitando ostacoli odiosi, come uno sbarramento
troppo alto, o la raccolta delle firme di presentazione delle candidature.
4. La storia, "magistra vitae", ci dice che la
classe politica al governo "deve" coincidere con le forze economiche e sociali
dominanti e, quando si realizza un distacco da questa fattispecie, (ad esempio, a seguito
di grandi mutamenti tecnologici), è inevitabile che subentrino vuoti di potere e anche
rivoluzioni, finchè la coincidenza suddetta torni a riprodursi in contenuti nuovi,
conformi ai mutamenti avvenuti. La rivoluzione francese è rimasta "maestra", su
questa problematica. Nel caso dell'Italia di oggi, il 75% della forza economica è
riferibile al "ceto medio", che numericamente è anche il 75% dell'elettorato.
Questa area trova nel "centro degli schieramenti politici" la sua rappresentanza
naturale. Pertanto, una legge proporzionale (con sbarramento), ricostruendo il
"centro", sarebbe un sicuro apporto alla stabilità del quadro politico, e
darebbe a ognuno il suo, anche alle ali estreme della politica e alle diverse etnie
regionali.
5. Nella attuale situazione storica dellItalia, anche
il "bipartitismo" sarebbe prematuro. E pur vero che tra le forme di
democrazia parlamentare, il sistema "bipartitico" è teoricamente il più vicino
alla democrazia diretta, perché permette all'elettorato la chiara scelta del governo e
del programma già fin dal momento delle elezioni e genera una efficace competizione tra i
due partiti concorrenti.
Tuttavia, il bipartitismo riesce a svolgere detto ruolo se i "due partiti"
girano intorno al 50% dei voti, frutto di una omogeneità al loro interno, dopo un
adeguato un processo storico di confronto e armonizzazione tra i partecipanti
socio-geografici. Questo non è ancora il caso dellItalia e pertanto, il forzare il
bipartitismo (ad es. con premi di maggioranza al partito di maggioranza
"relativa" col 30%"), genererebbe linstabilità politica, perchè
metterebbe in minoranza la "maggioranza", costituita dalla somma degli esclusi.
Ben diverso potrebbe essere il giudizio se il partito di maggioranza relativa fosse
nell'intorno del 50% dei voti. NL |
|
TESORO: "Libro verde sulla
spesa pubblica" (università inclusa)
Spendere meglio: alcune prime indicazioni |
Tommaso Padoa Schioppa
|
Nel Rapporto della Commissione Tecnica per la
Finanza Pubblica,
inclusa dal Ministro Padoa Schioppa anche la parte universitaria
La Commissione: G. MURARO (Presidente),
M. BORDIGNON, C. BURATTI, D. MARCHETTA, V. PERRONE, G. PISAURO, G. POLA, R. RIZZO, S.
VISALLI, A. ZANARDI
|
Gilberto Muraro
|
Ministero
dellEconomia e delle Finanze - Commissione Tecnica per la Finanza Pubblica.
Misure per il risanamento finanziario e
la incentivazione dellefficacia e dellefficienza del sistema universitario.
Roma, 31 luglio 2007 INDICE
1. I problemi del sistema universitario italiano - 2. I criteri di finanziamento - 2.1 Il
Fondo di Finanziamento Ordinario - 2.2 Il modello del CNVSU - 3. Interventi da attuarsi
nel breve termine - 3.1 Interventi per la stabilità finanziaria - 3.2 Interventi per
lefficacia della programmazione finanziaria - 3.3 Interventi per leffettiva
applicazione delle regole - 3.4 Interventi per lincentivazione e il riequilibrio -
4. Conclusioni
1. I problemi del sistema universitario italiano
LUniversità italiana ha attraversato negli ultimi 15 anni un profondo cambiamento,
le cui tappe più significative sono rappresentate dallattribuzione
dellautonomia finanziaria (legge 537/1993), dal decentramento dei concorsi (legge
210/1998) e dalla riforma degli ordinamenti didattici (cosiddetto 3 + 2, di cui al Dm
509/1999). Il quadro degli effetti di tali trasformazioni è variegato. Alcuni risultati
sono positivi. La riforma didattica, in base ai dati disponibili, sembra avere avuto
successo nel correggere alcune storture del nostro ordinamento. E aumentata la
percentuale degli studenti delle superiori che hanno scelto di proseguire gli studi
iscrivendosi allUniversità; sono calati gli abbandoni; si è ridotta
lincidenza dei fuori corso sul complesso degli iscritti e, parallelamente, è
aumentato il numero degli studenti che si laureano negli anni di studio previsti
dallordinamento; è cresciuto rapidamente il numero di laureati, avvicinando
lItalia agli altri paesi europei. Sono tutti esiti confortanti, anche se, per
esprimere un giudizio definitivo, bisognerà attendere qualche anno, per poter analizzare
più compiutamente pure gli esiti delle lauree specialistiche (o magistrali) e per
verificare le tendenze che emergono dai dati sugli anni accademici 2004-05 e 2005-06 che,
in termini di immatricolati, sono in controtendenza, mostrando una riduzione della
percentuale di studenti delle superiori che proseguono gli studi.
Altri aspetti appaiono critici, anche se non si presentano con la |
|
LUCIANI,
Breve introduzione. Dopo tanti anni di
estrema aria di sufficienza del Ministero del Tesoro nei giudizi sulla Università
italiana (TREMONTI permane il massimo della follia "razionale", solo sua), viene
finalmente da quella parte una diagnosi valida sulla situazione reale dell'Università e
sulle sue aspirazioni.
Non poteva avvenire altrimenti anche solo pensando al Presidente della
Commissione, tra l'altro, già Rettore dell'Università di Padova e ivi caduto, al momento
del rinnovo della carica, per eccesso di rigore.
D'altra parte, credo e spero non me ne vorranno i numerosi Colleghi di
Scienza delle Finanze, in Commissione, se chiedo a loro (ma anche al Ministro) di
appellare ai contributi critici della comunità scientifica, come del resto apparsi già
in passato, su questo Foglio, per questi problemi.
Personalmente ritengo che il rapporto pecchi troppo di verginità di
accademia, laddove neppure lontanamente si accorge dei motivi dei mali principali
dell'Università italiana:
- proliferazione degli atenei;
- frammentazione degli insegnamenti;
- dequalificazione della ricerca nei campi umanistici ed economici;
- colonizzazione del sapere italiano da parte del mondo di lingua inglese;
- censimento dei docenti effettivi (anche di quelli non strutturati, almeno tre
volte i professori di ruolo), ai fini del calcolo del rapporto reale tra docenti e
studenti.
Frattanto gli interessati trovano qui a fianco il testo integrale della
Commissione, note escluse (Doc.2007/3 BIS, 31 luglio
2007). NL |
stessa intensità
in tutti gli atenei. Si ricordano in particolare:
la proliferazione dei corsi di laurea triennale e specialistica, non sempre
rispondenti ai bisogni della società e del sistema produttivo, con conseguente aumento
del carico didattico a danno dellattività ricerca e con la moltiplicazione dei
professori a contratto e delle supplenze: fenomeni che hanno giustamente portato il
Ministero dellUniversità e della Ricerca ad imporre requisiti minimi per
lattivazione di corsi di studio;
la diffusione di sedi universitarie di modeste dimensioni, scarsamente dotate di
strutture e di personale di ruolo incardinato nellateneo;
il rapporto docenti/studenti inadeguato (più basso che negli altri paesi avanzati)
e che non è migliorato, nonostante lassunzione di numerosi docenti e ricercatori,
perché il numero di docenti è cresciuto in linea con quello degli studenti iscritti;
gli scarsi servizi accessori (mensa, alloggi, ecc.) messi a disposizione degli
studenti fuori sede, forse anche a causa di difficoltà di coordinamento fra le Regioni,
responsabili per il diritto allo studio, e le Università;
un numero di borse di studio insufficiente e di importo inadeguato, cosicché
lItalia è oggi lunico paese avanzato a razionare le borse ai meritevoli;
nel complesso, una prevalenza troppo forte dei finanziamenti agli atenei sui
finanziamenti agli studenti;
lo scarso ricorso a meccanismi di selezione degli studenti allingresso
(matricole), salvo poche eccezioni riguardanti nuove Facoltà e alcuni corsi di laurea;
la mancata attivazione dei servizi di supporto agli studenti per il recupero di
eventuali debiti formativi accertati alla loro iscrizione;
il tardivo avvio della valutazione delle attività didattiche e di ricerca (i cui
risultati dovrebbero essere diffusi per guidare le scelte degli studenti);
una bassa mobilità degli studenti dalla loro provincia di residenza e a maggior
ragione da e verso lestero; in particolare, la presenza di studenti stranieri è ben
al di sotto di quella che si osserva in Inghilterra, Francia e Germania, probabilmente
anche in conseguenza del fatto che la quasi totalità dei corsi è in italiano. Nel
complesso, per leffetto congiunto di alcune carenze sopra esposte, nel sistema
universitario italiano si registra la sostanziale assenza di qualunque meccanismo
concorrenziale che premi gli atenei meglio in grado di rispondere adeguatamente alla
domanda proveniente dalle famiglie e dalle imprese.
Per quanto riguarda le risorse disponibili, oltre al già ricordato basso rapporto tra
docenti e studenti, lItalia si segnala per:
unincidenza della spesa per lUniversità sul PIL ai valori minimi fra i
paesi di area OCSE, con laggravante di un tasso di crescita fra il 2000 e il 2003
fra i più bassi in assoluto5;
un costo per studente di soli 5.658 dollari a parità di potere di acquisto, contro
la media UE 19 di 6.962 e una media OCSE di 8.093, largamente inferiore a quella di
singoli paesi con cui lItalia compete sui mercati internazionali.
Altri aspetti negativi legati alla gestione delle Università sono:
un sistema di governance delle Università con una marcata tendenza
allautoreferenzialità, riflessa nella composizione e nei ruoli del Senato
accademico e del Consiglio di amministrazione;
un sistema di remunerazione "rigida" dei docenti, che non ricompensa il
maggiore impegno e la qualità del lavoro prestato né nella didattica né nella ricerca;
meccanismi concorsuali inefficienti, che non sempre hanno premiato la qualità dei
candidati;
una composizione del corpo docente inadeguata, con troppi professori ordinari e
associati rispetto al numero dei ricercatori. In effetti, oggi la docenza universitaria -
con 18.000 ordinari, altrettanti associati e 21.000 ricercatori6 - appare più simile ad
un cilindro che non ad una piramide. Per anni le Università hanno preferito spendere
risorse per garantire la progressione di carriera dei docenti piuttosto che assumere nuovi
ricercatori: linvecchiamento del corpo docente dipende sostanzialmente da questo. A
questi problemi strutturali se ne sono recentemente aggiunti altri di natura
economico-finanziaria, legati in parte allinsufficiente e discontinua dinamica dei
finanziamenti pubblici e in parte alluso disinvolto, da parte di vari atenei,
dellautonomia universitaria, in particolare nei riguardi del reclutamento e della
promozione del personale docente. Molto sinteticamente, la situazione finanziaria, che in
termini complessivi è illustrata in Tabella 1, si presenta in questi termini:
il sistema universitario soffre di una generale carenza di finanziamento,
aggravatasi negli ultimi anni a seguito dei tagli imposti dalle leggi finanziarie;
il finanziamento è prevalentemente basato sulla spesa storica: il Fondo di
Finanziamento Ordinario (FFO) ha collegamenti modesti con lattività di ricerca e
didattica;
nonostante lesistenza fin dal 1998 di un vincolo relativo alla quota massima
del 90% delle spese fisse per il personale di ruolo sul FFO, peraltro attenuato con un
metodo di calcolo meno stringente a partire dal 2004, alcune Università hanno superato
questo tetto;
la crescita della spesa per il personale è stata favorita dal processo accelerato
di reclutamento e di promozione, avvenuto con unampia sottostima dei costi medi a
regime da parte di alcune Università;
vi sono in prospettiva seri problemi di squilibrio finanziario, anche nelle
Università gestite in modo più oculato, qualora dovesse perdurare la dinamica
discontinua del FFO dellultimo periodo, con bassi o nulli tassi di crescita in
alcuni anni, che hanno addossato ai bilanci delle Università il costo degli aumenti
automatici delle retribuzioni (scatti stipendiali per anzianità, adeguamento annuale alla
media degli incrementi per il personale non contrattualizzato delle pubbliche
amministrazioni, incrementi stipendiali per i contratti nazionali del personale tecnico-
amministrativo );
le Università possono esercitare solo parzialmente la propria autonomia per quanto
riguarda le entrate derivanti dal finanziamento da parte degli studenti, in quanto è
previsto che tali entrate non possano superare il 20% del FFO (anche se, in pratica, il
vincolo sembra essere stato superato da alcuni atenei con vari accorgimenti); e tale
vincolo è diventato più stringente a fronte della dinamica dei costi e della mancata
crescita del FFO;
desta infine preoccupazione la consistenza dellindebitamento di alcune
Università a fronte di rilevanti investimenti e delle riduzioni dei finanziamenti statali
per ledilizia.
2. I criteri di finanziamento
Alle anzidette criticità del sistema universitario si è cercato di porre rimedio, almeno
in parte, con una serie di misure di contenimento della spesa e di incentivazione di
comportamenti di sana gestione, ma con risultati non del tutto soddisfacenti per la loro
ridotta entità e, soprattutto, per la loro variabilità negli anni. Si illustrano di
seguito gli interventi normativi e amministrativi più rilevanti.
2.1. Il Fondo di Finanziamento Ordinario Come è noto, le premesse dellattuale
sistema di finanziamento del sistema universitario sono state poste con la riforma avviata
con la legge 537/93 che, introducendo lautonomia finanziaria degli atenei, ha
definito un sistema basato sul FFO, quantificato in base al criterio della spesa storica
per singole voci, sulla cui allocazione interna le Università hanno avuto piena
autonomia. Parallelamente, e quale logico complemento dellautonomia, sono state
introdotte attività di valutazione da utilizzare per orientare gli atenei verso il
conseguimento degli obiettivi sottesi al finanziamento del sistema universitario. La prima
applicazione di interventi finanziari predisposti sulla base di valutazioni quantitative e
qualitative è stata attivata nel 1995, con la ripartizione della "quota di
riequilibrio" del FFO, destinata a correggere gradualmente il criterio della spesa
storica attraverso la previsione di quote crescenti dello stesso FFO da destinare a
finalità di riequilibrio tra gli atenei7. Il FFO è cresciuto nel corso degli anni ma con
una dinamica che in alcuni degli anni più recenti è risultata inferiore al tasso di
inflazione e, soprattutto, alla dinamica delle retribuzioni, delle quali, in base
allart. 5 della legge 537/93, si sarebbe dovuto tener conto annualmente per
incrementare le assegnazioni del FFO ( Tabella 2). Parallelamente, la quota di
riequilibrio è cresciuta dall1,5% nel 1995 al 9,5% nel 2003, dando luogo ad una
riduzione degli squilibri che, alla fine del 2003, risultavano contenuti nella fascia del
± 20 % (Figura 1). Ladozione di criteri stabili nel tempo ha fornito inoltre a
ciascun ateneo incentivi al miglioramento della propria gestione e dei propri risultati
nonché elementi di consapevolezza della propria posizione relativa nellambito del
sistema. Dal 2004 è in vigore un nuovo modello di valutazione proposto dal Comitato
Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario (CNVSU), di cui si dirà in
seguito, che è stato applicato su un ammontare di risorse molto modesto e variabile negli
anni, volendo garantire prioritariamente assegnazioni corrispondenti al FFO consolidabile
dellanno precedente: 29 mln. di euro nel 2004, 150 mln. nel 2005, 250 mln. nel 20068
e solo 40,6 mln. nel 2007. Nel contempo, in aggiunta alle assegnazioni con finalità di
riequilibrio, nel corso del tempo sono state attribuite agli atenei risorse, in alcuni
casi consolidate nel FFO e in altri casi una tantum, destinate alla generalità degli
atenei per finalità varie (accelerazione del riequilibrio, assistenza ai disabili,
contratti con studiosi impegnati allestero, mobilità dei docenti, assegni di
ricerca, collaboratori linguistici, cooperazione interuniversitaria, banda larga GARR,
ecc. ) e a sostegno di specifici atenei sulla base di accordi tra di essi e il Ministero.
Nellanno 1998 (con la legge 449/97) sono stati invece introdotti vincoli per le
assunzioni del personale a tempo indeterminato, sia docente che non docente: è stato
fatto divieto alle Università di procedere a nuove assunzioni nei casi in cui la spesa
per assegni fissi al personale di ruolo risultasse eccedente il 90% del FFO, se non nel
limite del 35% del risparmio determinato dalle cessazioni dellanno precedente. A
fronte di queste disposizioni, comunque, come rilevato dal CNVSU, non sono state ancora
applicate procedure per garantire il rispetto della norma, con precise sanzioni nei casi
di inosservanza della stessa. Anzi, il vincolo del 90% delle spese per il personale sul
FFO è stato indebolito con la legge 143/04 che lo ha ridefinito in modo
"virtuale", non tenendo conto per il suo calcolo degli incrementi stipendiali
annuali e di 1/3 della spesa per il personale convenzionato con il Servizio Sanitario
Nazionale (SSN). Il vincolo è stato allentato anche intervenendo sul denominatore del
rapporto, precisamente tenendo conto nella quantificazione del FFO anche delle risorse a
disposizione delle Università in conseguenza di convenzioni stabili per assunzione di
personale. In termini quantitativi, il correttivo che ha inciso finanziariamente di più
è quello relativo alla riduzione di 1/3 della spesa per il personale convenzionato con il
SSN (pari al 5,52% del FFO), seguito dalla riduzione per incrementi stipendiali annuali
(pari al 2,54%). Pur con questa definizione "debole" del vincolo, quattro
Università,9 anche di rilevanti dimensioni, hanno superato il limite del 90% ( Tabella
3). Peraltro, indipendentemente dalle motivazioni contingenti che hanno indotto
allallentamento del vincolo, la natura obbligatoria delle anzidette due voci di
spesa deve indurre a guardare oltre il mero rispetto formale della disposizione normativa,
in base al quale il problema sembrerebbe avere una portata circoscritta. Ai fini della
valutazione della stabilità finanziaria del sistema, infatti, va sottolineato che
lindicatore più appropriato è il vincolo quale originariamente definito dalla
legge n. 449/1997; e rispetto a questo il numero delle Università con più del 90% del
FFO assorbito dalle spese per il personale risulta ben maggiore,10 coinvolgendo atenei di
grande dimensione, particolarmente esposti dal punto di vista del personale convenzionato
con il SSN anche in ragione della disomogenea trasformazione di policlinici
originariamente a gestione diretta. Le implicazioni negative sulla rigidità della
struttura finanziaria del sistema sono evidenti. E oggetto di ampio dibattito se il
sistema universitario sostenga oneri impropri per il personale convenzionato con il SSN,
in quanto tale personale svolge attività di assistenza oltre che di insegnamento e
ricerca; ma la soluzione al problema non può consistere nello scorporo
"virtuale" di questa spesa. In assenza di soluzioni strutturali che
eventualmente riconducano al SSN questi oneri, gli stipendi del personale universitario
convenzionato con il SSN vanno inclusi interamente nella spesa fissa di personale degli
atenei per evitare di sottovalutare il problema della rigidità dei bilanci delle
Università. Rispetto allevoluzione critica della situazione finanziaria degli
atenei, sono stati operati tentativi di rendere più stringente il controllo sui conti
delle Università. Si ricorda, a questo proposito, che la legge 30 dicembre 2004, n. 311
(legge finanziaria 2005) ha escluso le Università dal blocco delle assunzioni di
personale ma con il comma 105 dellart. 1 ha stabilito lobbligo per le
Università di predisporre programmi triennali del fabbisogno di personale (docente,
ricercatore e tecnico-amministrativo, a tempo determinato e indeterminato), tenuto conto
delle risorse a tal fine stanziate nei rispettivi bilanci, da sottoporre al MIUR per la
valutazione della coerenza con le risorse stanziate nel FFO e del rispetto del vincolo del
90%. Considerati gli sfondamenti dei tetti di spesa per oneri di personale, appare
evidente come tali disposizioni non siano state puntualmente applicate e come il sistema
non sia stato, in effetti, adeguatamente tenuto sotto controllo nonostante
lintroduzione di una procedura informatica (denominata Proper) a ciò finalizzata11.
Successivamente, con la legge 31 marzo 2005, n. 43, di conversione del D.L. 31 gennaio
2005, n. 7, si stabilì che, a decorrere dal 2006, le Università, anche al fine di
perseguire obiettivi di efficacia e qualità dei servizi, entro il 30 giugno di ogni anno
adottassero programmi triennali coerenti con le linee generali di indirizzo definite con
decreto del Ministro dellistruzione, dellUniversità e della ricerca
scientifica, sentita la CRUI, il CUN e il Consiglio nazionale degli studenti universitari,
tenuto altresì conto delle risorse acquisibili autonomamente dai singoli atenei. Questa
previsione normativa non si è tuttavia concretizzata nei tempi previsti , in quanto il
primo decreto di attuazione, relativo alla Programmazione 2007-2009, è stato appena
emanato ( D.M. 3 luglio 2007, n. 362/2007, registrato dalla Corte dei Conti il 27 luglio
2007). Infine va rilevato che per la stabilità finanziaria del sistema un altro elemento
che merita attenzione è il peso dellindebitamento. La legge 168/89 art. 7, comma 5,
disponeva limiti allindebitamento delle Università e precisamente stabiliva che
lonere dellammortamento annuo dei mutui (unica forma di indebitamento
previsto) non dovesse eccedere il 15% delle spese di funzionamento. Oggi, in conseguenza
delle modifiche introdotte dalla legge 105/2003, la voce "spese di
funzionamento" non è più calcolabile in quanto tutte le voci di finanziamento prima
previste sono confluite in capo al FFO; sicché il vincolo andrebbe definito con
riferimento al ben più ampio FFO. In sostanza, oggi manca una norma di controllo sulla
sostenibilità dellindebitamento e cè da temere che alcune Università
abbiano raggiunto, con diverse modalità, livelli di debito preoccupanti. La valenza di
questo problema varia in ragione della condizione specifica di ciascun ateneo: se
lonere dellammortamento è elevato in atenei che già hanno sforato o sono
prossimi a sforare il vincolo del 90%, la stabilità finanziaria è compromessa. In
generale, comunque, il problema dellindebitamento va considerato con attenzione per
tutto il sistema universitario in quanto aggiunge un forte elemento di rigidità a quelli
già esistenti. La situazione di crescente squilibrio finanziario aiuta a capire perché
negli ultimi anni il FFO sia stato allocato quasi esclusivamente sulla base delle quote
storiche di spesa, nonostante la predisposizione, da parte del CNVSU, di un modello di
ripartizione basato su criteri di valutazione ampiamente condivisi dagli attori coinvolti
(MIUR e CRUI). Dal punto di vista della "qualità" della spesa, le implicazioni
di questo orientamento per quanto riguarda lallocazione delle risorse tra i diversi
atenei sono molto significative. Infatti, rispetto ad una ripartizione teorica del FFO
secondo la formula del CNVSU, la situazione attuale presenta marcate differenze:
Università finanziate in eccesso (fino al 36%) e Università finanziate per difetto (fino
al 43,1%)12 ( Tabella 4). Anche se è comprensibile che ladozione di un nuovo
modello avvenga con gradualità per consentire agli atenei di assumere consapevolezza dei
cambiamenti che ne derivano sul proprio posizionamento, la scelta di intervenire soltanto
con un ammontare di risorse molto limitato, peraltro addizionale rispetto al FFO, ha
sostanzialmente comportato, pur senza unesplicita abrogazione, linterruzione
del processo positivo innescato dalla legge 537/93 verso luso efficiente ed efficace
della spesa pubblica. Anzi, può considerarsi un risultato negativo il fatto che anche
atenei sovradimensionati finanziariamente in base al modello del CNVSU abbiano ricevuto
comunque una quota di tali risorse, anche se soltanto in proporzione al loro
"peso" calcolato nel sistema.
2. 2. Il modello del CNVSU
La formula del CNVSU ha sostituito i criteri di riparto del fondo di riequilibrio
utilizzati fino al 2003. Il modello di ripartizione del FFO elaborato dal CNVSU
rappresenta uno strumento efficace, che può probabilmente essere ancora migliorato,
accrescendo gli effetti positivi sullefficacia ed efficienza del sistema
universitario. Il modello, formulato nel 2004 e modificato nel 2005 accogliendo parte
delle osservazioni formulate dalla CRUI, tiene conto dei seguenti elementi:
30% - domanda da soddisfare (numero di iscritti);
30% - risultati di processi formativi (CFU acquisiti dagli studenti);
30% - risultati della ricerca scientifica;
10% - incentivi speciali.
La domanda è espressa in termini di studenti full time equivalenti (FTE) pesati per la
classe di Corso di laurea (i C.L. sono raggruppati in classi omogenee), ulteriormente
pesati per un fattore di correzione di Ateneo, KA, legato al rispetto dei requisiti minimi
dei corsi e al "fattore qualità" nella fornitura del servizio13. Dal 2004 al
2006, tuttavia, gli studenti part-time, non essendo omogenee tra le Università le
possibilità di iscrizione, hanno avuto lo stesso peso degli studenti full time. Si sono
ignorati, inoltre, gli iscritti al primo anno, perché i numerosi abbandoni entro il primo
anno14 potrebbero creare distorsioni (sono possibili comportamenti opportunistici delle
Università miranti alla massimizzazione delle entrate derivanti da nuovi immatricolati
che non proseguono gli studi). Si è quindi tenuto conto solo degli studenti iscritti agli
anni successivi. I risultati dei processi formativi sono misurati:
per il 20%, dai CFU guadagnati (si considerano solo i CFU guadagnati in n+1 anni di
corso, dove n indica la durata legale del corso di laurea);
per il 10%, dal numero di laureati dellanno ponderati con dei coefficienti
che tengono conto del tempo impiegato per conseguire il titolo rispetto alla durata
"normale" del corso di studi.
In applicazioni successive, quando saranno pienamente operative le Anagrafi degli studenti
e dei laureati, il "fattore qualità didattica" dovrebbe tener conto, secondo
quanto indicato dal CNVSU, di:
accreditamento del corso;
riscontro occupazionale dei laureati;
successo negli studi successivi;
gradimento ex post da parte dei laureati.
Nel 2004, 2005 e 2006 il fattore correttivo di ateneo KA è stato utilizzato soltanto per
modulare la "domanda", e i coefficienti di ponderazione dei C.L. nel calcolo dei
risultati sono stati assunti uguali a 1. Circa il peso da attribuire ai risultati della
ricerca, la formula del CNVSU considera il "potenziale di ricerca" in base al
numero di docenti, ricercatori, borsisti, assegnisti, ecc., opportunamente pesati secondo
la categoria di appartenenza e ulteriormente ponderati per indicatori di partecipazione e
di successo nella richiesta di fondi PRIN nel triennio precedente, cui si aggiunge il
numero di ricercatori "virtuali" calcolato in base ai fondi esterni ottenuti
dallateneo per attività di ricerca.15 Per il 2006 la valorizzazione del fattore
"ricerca" tiene conto dei risultati della valutazione operata dal CIVR. Il 10%
per incentivi specifici non è stato assegnato. Il modello CNVSU sommariamente illustrato
ha ottenuto in prevalenza giudizi positivi, pur essendo considerato passibile di
miglioramenti, come messo in evidenza nella valutazione espressa dalla CRUI (doc. 1/04 e
doc. 04/05). Su questo piano si attende la costituenda Agenzia di valutazione del sistema
universitario e della ricerca (ANVUR), che si troverà dunque a gestire uneredità
impegnativa.
3. Interventi da attuarsi nel breve termine
Parte dei problemi evidenziati nei paragrafi precedenti può essere risolta soltanto con
interventi di medio-lungo termine di varia natura, che vanno dalla riforma dello stato
giuridico dei docenti alla individuazione di nuove forme di governance e agli interventi
nelledilizia per il diritto allo studio. Nel breve periodo è tuttavia possibile,
attraverso il ricorso allo strumento finanziario, introdurre nel sistema elementi di
incentivazione verso luso efficiente ed efficace delle risorse. Coerentemente con
lincarico ricevuto dal Ministro delleconomia e delle finanze, la Commissione
si è mossa proprio in tale direzione e ha cercato quindi di individuare una serie di
interventi urgenti diretti a:
assicurare la stabilità finanziaria degli atenei attraverso la dinamica
pluriennale delle entrate e ladozione sistematica del metodo della programmazione;
garantire leffettiva applicazione delle regole di sana gestione degli atenei;
rafforzare i meccanismi di incentivazione dei comportamenti virtuosi.
Le misure specifiche per il conseguimento di tali obiettivi vanno definite in coerenza con
i principi di autonomia e responsabilità che devono presiedere al finanziamento del
sistema universitario, cioè consentendo alle Università di assumere decisioni
sullallocazione delle risorse e subendone poi le conseguenze positive e negative. In
altre termini, occorre passare da un sistema prescrittivo, che si è dimostrato di fatto
inefficace, ad un rigoroso sistema di valutazione costante dei risultati cui commisurare
il finanziamento statale. 3.1. Interventi per la stabilità finanziaria Come già
sottolineato, esiste il rischio concreto di dissesto finanziario per un certo numero di
atenei, ed esso è destinato ad accrescersi e a coinvolgere un numero crescente di
Università se non si provvederà ad assicurare nei prossimi anni un ammontare di risorse
adeguato alle necessità di funzionamento del sistema universitario. Bisogna evitare che
si ripeta in questo settore quanto si è verificato per la sanità, ovvero una spirale di
sottovalutazioni del fabbisogno, sfondamenti dei vincoli di bilancio, interventi a
sanatoria che conducono inevitabilmente a forme di irresponsabilità gestionale. Le
risorse a disposizione del sistema universitario sono definite con la legge finanziaria di
anno in anno, sia per quanto riguarda la spesa corrente che la spesa in conto capitale, e
questo non consente agli atenei di esplicare capacità di programmazione e sviluppare
comportamenti responsabili. Assicurare risorse adeguate su un orizzonte almeno triennale
è condizione necessaria per pretendere il puntuale rispetto dei vincoli di spesa per il
personale e per lindebitamento imposti agli atenei e per sanzionare, anche
severamente, gli eventuali comportamenti devianti. In linea con quanto detto sopra, per
quanto riguarda la spesa di parte corrente, la Commissione ritiene necessario garantire
una dinamica certa dellandamento del FFO per tenere conto dellincremento annuo
automatico del costo del lavoro, esclusi i maggiori oneri che derivano dalle decisioni
delle singole Università in merito a nuove assunzioni o a passaggi ad un ruolo di livello
superiore mediante concorso; esclusi, cioè, i maggiori costi che conseguono alle
decisioni discrezionali dei singoli atenei riguardo alla politica del personale. La
Commissione, inoltre, ritiene corretto garantire la copertura con il FFO
dellincremento degli altri costi dovuto allinflazione. Nel definire la formula
per lindicizzazione, occorre pensare allincidenza tipica di tali oneri sul
FFO, astraendo dai casi anomali per eccesso e per difetto. La misura dell85% appare
allora appropriata. Occorre peraltro scomporre la spesa tra personale docente, soggetto ad
aumenti di legge, e personale tecnico amministrativo, soggetto ad aumenti in base a
contratto nazionale. In mancanza di indicazioni prescrittive, conviene basarsi sulla media
del sistema e adottare quindi le percentuali del 68% per docenti ( pari a circa il 58% sul
FFO) e del 32% per i tecnici e amministrativi ( circa il 27% sul FFO). andrebbe definito
uno stanziamento almeno triennale, in tal modo definendo lambito nel quale il MUR
può assumere impegni finanziari e consentendo alle Università di programmare il proprio
sviluppo con certezza delle risorse disponibili. Sarebbe inoltre auspicabile un
ampliamento dellautonomia degli atenei per quanto riguarda le tasse universitarie.
In coerenza con il livello medio della contribuzione studentesca negli altri paesi
europei, si suggerisce di consentire che gli atenei aumentino le tasse, fino ad
unincidenza pari al 25% del FFO16, con vincolo di destinazione di almeno il 50% dei
maggiori introiti ai servizi agli studenti e alle borse di studio per i meritevoli.
3.2 . Interventi per lefficacia della programmazione finanziaria
La Commissione sottolinea la necessità che, congiuntamente allaumento delle risorse
consolidate del FFO e alla previsione pluriennale delle spese per ledilizia, siano
assunte misure adeguate a garantire la stabilità finanziaria degli atenei. Il
conseguimento di questo obiettivo richiede, ovviamente, che tutte le Università
rispettino i vincoli previsti dalla normativa vigente, richiamati nella sezione
precedente, ma richiede anche che ciascun ateneo consideri le particolari condizioni
strutturali proprie che possono suggerire o di promuovere unincisiva azione di
reperimento di altre entrate oppure di rendere ancora più restrittivi, nel caso
specifico, i vincoli previsti a livello nazionale (per esempio, in presenza di elevate
spese di manutenzione ordinaria per il patrimonio edilizio o di oneri di ammortamento di
mutui consistenti, il tetto del 90%, in carenza di altre entrate, può essere non
compatibile con le altre previsioni di spesa). Laccurata programmazione della spesa,
con particolare riguardo agli oneri del personale, è di fondamentale importanza per
assicurare gli equilibri di bilancio, in quanto:
a) le assunzioni di personale (in particolare quello docente) danno origine a un costo
fortemente crescente nel tempo, sia per lordinaria dinamica automatica delle
retribuzioni, sia per i passaggi di ruolo/livello conseguenti allo svolgimento dei
concorsi che con lautonomia dellUniversità sono passati sotto il controllo
esclusivo degli atenei;
b) le Università hanno, in genere, scarsi margini di manovra per acquisire entrate con
caratteri di stabilità nel tempo.
Come si è detto precedentemente, lobbligo della programmazione è espressamente
previsto dal comma 105 dellart. 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge
finanziaria 2005), in base al quale le Università devono predisporre programmi triennali
del fabbisogno di personale docente, ricercatore e tecnico-amministrativo, a tempo
determinato e indeterminato, tenuto conto delle risorse a tal fine stanziate nei
rispettivi bilanci. I programmi vanno sottoposti al MIUR per la valutazione della coerenza
con le risorse stanziate nel FFO e del rispetto del vincolo del 90%. Inoltre, la legge 31
marzo 2005, n. 43 di conversione del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, prevede che, a decorrere
dal 2006, le Università, anche al fine di perseguire obiettivi di efficacia e qualità
dei servizi, entro il 30 giugno di ogni anno adottino programmi triennali coerenti con le
linee generali di indirizzo definite con decreto del MIUR, tenuto altresì conto delle
risorse acquisibili autonomamente dai singoli atenei. Si è tuttavia detto che questa
disposizione comincia solo ora ad essere operante, dato che è proprio in questi giorni, e
quindi con forte ritardo, che viene ufficialmente diffuso il decreto di attuazione,
relativo alla Programmazione 2007-2009. Inoltre, i programmi predisposti dalle Università
ai sensi del comma 105 dellart. 1 della legge finanziaria 2005, così come quelli
predisposti sulla base della precedente normativa, ancorché analizzati 16 Sembra
opportuno fare riferimento al FFO calcolato piuttosto che a quello annuale, anche
considerando che il dato annuale viene generalmente conosciuto solo ad esercizio avanzato.
attraverso apposita procedura informatica del Ministero, non hanno ancora dato luogo, per
quanto risulta alla Commissione, a nessuna forma di intervento né ex ante né ex post. La
Commissione ritiene essenziale riaffermare con decisione il ruolo della programmazione e
altresì migliorare la qualità della programmazione stessa. A questo proposito, il
vincolo del 90% delle spese fisse e obbligatorie di personale sul FFO, reso meno
restrittivo dalla legge 4 giugno 2004, n.143 e successive proroghe annuali, dovrebbe
tornare alla formulazione originaria contenuta nellart. 51 della legge 27 dicembre
1997, n. 449. In altri termini, le spese fisse e obbligatorie andrebbero calcolate tenendo
conto anche dei maggiori costi derivanti dagli incrementi retributivi di docenti e
ricercatori e del personale tecnico e amministrativo, nonché di quel terzo delle spese,
attualmente decurtato, per il personale universitario, docente e non docente, che presta
servizio in regime convenzionale con il SSN17. Si tratta di una misura necessaria al fine
di assicurare la trasparenza sulle effettive condizioni della gestione degli atenei e
coerente con la garanzia di una dinamica minima del FFO commisurata alla dinamica delle
retribuzioni (vedi punto 3.1). La Commissione ritiene invece che sia opportuno, nella
quantificazione del rapporto tra spese fisse di personale e FFO, mantenere i correttivi
volti a tenere conto della differenza tra FFO consolidato e FFO "teorico"
(derivante dallapplicazione della formula CNVSU) e delle maggiori risorse a
disposizione delle Università in conseguenza di convenzioni per assunzione di
personale18. Per quanto riguarda questultimo elemento correttivo, la Commissione
ritiene che tali convenzioni debbano avere durata ventennale e debbano essere accompagnate
da adeguate garanzie. In secondo luogo, per evitare il riproporsi della situazione
attualmente esistente, cioè lassunzione di decisioni di spesa basate sulla
sottovalutazione ex ante della spesa a regime, la Commissione ritiene che vadano imposti
agli atenei comportamenti uniformi e di maggiore cautela. Bisogna assicurarsi che le
Università, nel programmare i concorsi e le assunzioni di personale, tengano conto del
costo prospettico che graverà sui loro bilanci, confrontandolo con le risorse che il
turn-over atteso renderà disponibili. In carenza di ciò, la forte dinamica delle
retribuzioni dovuta alle progressioni di carriera, oltre che ai rinnovi contrattuali e
agli scatti automatici, porrebbe una seria ipoteca sui conti degli esercizi futuri. Oggi,
a fronte di alcuni atenei virtuosi, ve ne sono altri che si sono comportati e si
comportano in modo meno oculato, confidando nellintervento dello Stato a sanatoria
delle proprie posizioni debitorie. Il problema può essere affrontato adottando
limpiego di una delle due metodologie seguenti: 1. nei programmi triennali le
Università, attraverso unopportuna integrazione dei criteri utilizzati
nellattuale procedura Proper, imputano per ogni nuova posizione i relativi costi
medi calcolati sullarco della intera carriera, destinando a un fondo di riserva i
risparmi di spesa che si verificheranno nei primi anni (quando il costo effettivo del
personale è inferiore a quello medio utilizzato nella programmazione); il fondo di
riserva garantirà il pagamento delle retribuzioni negli ultimi anni della carriera,
quando gli oneri effettivi saranno superiori al costo medio. Le risorse stanziate sul
fondo di riserva possono essere utilizzate soltanto in impieghi che consentano con
certezza il rientro dei capitali entro il termine in cui dovranno presumibilmente rendersi
disponibili per coprire i maggiori costi retributivi; 2. le Università che si ritengono
in grado di effettuare stime attendibili dei costi futuri del personale predispongono
piani decennali a scorrimento (in luogo di quelli triennali), da sottoporre ad
approvazione ministeriale, in cui venga dimostrata, anno per anno, la copertura degli
aumenti retributivi per ricostruzioni di carriera e scatti di anzianità con risorse certe
(tipicamente quote di cessazioni future non utilizzabili in seguito per reclutamento).
Questa procedura è ammissibile solo se da parte di MEF/MUR si renderà disponibile un
software per assicurare ladozione di una metodologia omogenea di calcolo della
dinamica retributiva su un arco decennale. Nel contempo, va monitorata lattuazione
di tali programmi, al fine di verificarne la correttezza e lattendibilità. La prima
soluzione è quella che probabilmente garantisce di più la certezza dei risultati, anche
se i controlli sulluso temporaneo dei fondi di riserva può essere problematico. Si
prospetta tuttavia anche la seconda, perché si confida che nuove regole, congrue e
condivise, rendano possibile, affidabile e controllabile la programmazione decennale da
parte degli atenei. Unultima nota riguarda i limiti allindebitamento. La
stabilità finanziaria del sistema richiede che venga introdotto un vincolo effettivo
allindebitamento, superando la previsione ormai obsoleta dellart. 7, comma 5
della legge 168/89. La nuova regola va definita sulla base di ulteriori approfondimenti,
che dovranno consentire anche di capire meglio il fenomeno del crescente ricorso degli
atenei alla costituzione di enti e fondazioni collaterali che aumentano positivamente le
possibilità operative ma potrebbero anche agevolare il non rispetto dei vincoli. La
Commissione ritiene comunque che il nuovo limite per rimborsi e interessi dovrebbe essere
compreso nellintervallo 2- 4% del FFO. Tale limite più severo al livello di
indebitamento dovrebbe daltro lato consentire di ampliare le forme possibili di
indebitamento, al di là dei mutui, e dovrebbe accompagnarsi a opportune regole di rientro
graduale per gli atenei che lo avessero già superato.
3.3 Interventi per leffettiva applicazione delle regole
Come si è visto nel paragrafo 2.1, la regola del 90% di incidenza massima delle spese
fisse e obbligatorie di personale sul FFO non è stata rispettata da quattro atenei,
nonostante tale regola sia stata allentata dallart 5 della legge n. 143/2004. Le
Università non in regola nel 2006 sarebbero state addirittura diciannove se la regola non
fosse stata modificata. Tra gli atenei che avrebbero sfondato il tetto del 90% senza le
correzioni del 2004, alcuni presentano anche un elevato indebitamento. Si prospettano
quindi difficoltà finanziarie di una certa gravità che si sarebbero potute evitare con
una gestione più accorta da parte degli atenei e con un migliore sistema di controllo. La
Commissione suggerisce quindi di dare piena attuazione al disposto della legge 449/97 che
restringe la possibilità di nuove assunzioni, per gli atenei che abbiano già superato il
limite del 90% delle spese di personale su FFO, al 35% dellimporto liberatosi a
seguito di cessazioni; ma con la rinnovata avvertenza di determinare lincidenza di
tali spese tenendo conto, come nella disposizione originaria, dei maggiori costi derivanti
dagli incrementi retributivi nonché dellintera spesa per il personale universitario
convenzionato con il SSN (e concedendo la sola attenuazione, rispetto alla formulazione
originaria, di considerare le convenzioni almeno ventennali). Si intende che questo
vincolo deve operare per tali atenei in aggiunta allobbligo generale qui proposto
della programmazione decennale o del fondo di riserva: nel senso che per essi, finché non
scendano sotto il menzionato limite del 90%, vale il limite più restrittivo tra quello
emergente dal vincolo del 35% e quello emergente dal metodo della programmazione o della
riserva. La Commissione ritiene, inoltre, che misure specifiche vadano previste per gli
atenei che hanno già superato il limite del 90% delle spese di personale sul FFO e sono
in stato di potenziale dissesto perché negli ultimi due anni hanno avuto, al netto delle
poste finanziarie, un saldo di bilancio negativo (ovviamente calcolando lincidenza
nel modo appena detto). Per queste Università va previsto lobbligo di presentare un
Piano di risanamento, da sottoporre allapprovazione congiunta del MUR e del MEF, di
durata non superiore a 10 anni, compatibilmente con un livello di turn-over del 20% da
calcolare in base ai costi medi. Considerata la recente esperienza caratterizzata da norme
disattese, la Commissione ritiene che vada riposta particolare attenzione nella
definizione delle procedure di monitoraggio e nella previsione di eventuali sanzioni per
la mancata attuazione del piano stesso. Il monitoraggio dovrebbe essere affidato al
Collegio dei revisori: il Collegio, nel quale va ovviamente mantenuto il rappresentante
del MEF ( con spese a carico dellUniversità, anche se da queste lasciato in
soprannumero), dovrebbe certificare con cadenza almeno trimestrale losservanza del
Piano. In caso di grave inadempienze rispetto agli obblighi di attuazione del Piano,
lateneo potrebbe essere sottoposto a sanzioni adeguate senza escludere
lipotesi estrema del commissariamento. Leffettiva applicazione delle regole di
buona gestione può essere anche ottenuta in una certa misura, senza costrizione del
livello di autonomia delle Università, premiando gli atenei che abbiano conseguito
positivi risultati, in linea con quanto prevedeva
3.4. Interventi per lincentivazione e il riequilibrio La Commissione ritiene
essenziale che, accanto alle misure di stabilizzazione e di risanamento finanziario del
sistema, riprenda adeguato spazio la quota di finanziamento attribuibile sulla base di
schemi incentivanti e riequilibranti. Va ricordato a tale riguardo come il processo di
riequilibrio avviato nel 1994 con la formula Giarda, che produceva in sostanza un
progressivo avvicinamento delle dotazioni finanziarie di ciascun ateneo al rispettivo
costo standard della didattica, non sia stato completato. Daltro lato, la scelta
strategica di premiare gli atenei con maggiore volontà e capacità di formulare e
realizzare una buona programmazione è ribadita nellart 1-ter della legge 31 marzo
2005, n. 43, di conversione del DL 31 gennaio 2005, n. 7. Al contempo va di nuovo
sottolineato come la ripresa dellincentivazione a livelli importanti richieda che
sia garantita una crescita sufficiente e certa del FFO. Se così non fosse, laumento
della quota destinata allincentivazione sottrarrebbe risorse al finanziamento della
quota consolidata del Fondo, con il risultato che talune Università potrebbero trovarsi
in difficoltà per quanto riguarda il rispetto del vincolo del 90% e gli equilibri di
bilancio in generale. In questa situazione, caratterizzata da validi indirizzi strategici
ma anche da pesanti vincoli, la Commissione ritiene di poter realisticamente formulare due
raccomandazioni. La prima è che la formula definita dal CNVSU (con le eventuali modifiche
indicate di seguito) possa essere utilizzata per allocare già nel 2008 una quota del 5%
circa del FFO tra le Università non soggette a piani di risanamento e che tale quota sia
gradualmente aumentata secondo un sentiero di crescita definito ex ante su base
pluriennale. La seconda è che, considerando come il divario tra atenei in termini di
dotazione di risorse sia molto marcato rispetto alla ripartizione teorica del CNVSU (vedi
par. 2.1), la ripartizione di risorse addizionali sia destinata esclusivamente agli atenei
sottofinanziati con riferimento al modello teorico, in modo da attenuare le distorsioni
ancora oggi derivanti dalla spesa storica19. Si riprenderebbe così, a distanza di qualche
anno, un percorso virtuoso che è stato bruscamente interrotto con evidenti conseguenze
negative sul sistema. A questa finalità potrebbero essere destinate le risorse del Fondo
per la programmazione e lo sviluppo, che diventerebbero consolidate nel FFO. Si ritiene
peraltro ragionevole proporre le modifiche di seguito indicate alla già pregevole formula
del CNVSU, in base alla futura disponibilità di dati attendibili. Esse si segnalano alla
costituenda ANVUR, cui si raccomanda anche di incorporare nel Modello gli indicatori
ministeriali menzionati nel citato D.M. 362/2007 sulla programmazione universitaria
2007-2009 in modo da fornire agli atenei un riferimento univoco.
Per quanto riguarda la domanda:
pesare di più gli studenti che provengono da sedi distanti e abbiano conseguito il
diploma di scuola superiore con un punteggio elevato e/o abbiano superato i test di
accesso alla Facoltà (ove previsti) con un punteggio elevato, nonché gli studenti
stranieri;
pesare di più gli studenti dei C.L.S. che provengono da altre Università e
abbiano conseguito la laurea triennale negli anni previsti dallordinamento aumentati
di una unità. Per quanto riguarda i risultati dei processi formativi, nulla è possibile
nel breve termine, perché bisogna completare la rilevazione longitudinale (per coorti)
della carriera degli studenti e il follow up nel mondo del lavoro. Nel medio termine, si
suggerisce di tenere conto dei risultati degli studenti in corsi di laurea successivi e
dellinserimento nel mondo del lavoro, in particolare considerando:
la percentuale di laureati occupati a un anno dalla laurea sul totale dei laureati
della medesima coorte;
la percentuale di studenti che ottengono la laurea specialistica (magistrale) tre
anni dopo la laurea triennale. Per quanto riguarda i risultati della ricerca:
aumentare il peso delle valutazioni ex post del CIVR, opportunamente integrate dai
risultati - in termini di partecipazione e successi - conseguiti dagli atenei
nellambito dei bandi di cofinanziamento comunitario del VI Programma Quadro
conclusosi nel 2006(allargando in futuro lesame ai risultati conseguiti più in
generale nei progetti europei formulati su base competitiva)20. Inoltre si può utilizzare
il 10% per progetti speciali per:
incentivare la mobilità studentesca;
sostenere i centri di eccellenza;
premiare linternazionalizzazione (scambio di docenti e studenti; doppia
laurea, italiana e straniera; uso della lingua inglese nei corsi, ecc.)
incentivare ladozione di strumenti per la valutazione degli studenti al
momento dellimmatricolazione, non necessariamente con funzioni selettive ma per
verificarne le potenzialità;
incentivare le azioni di supporto per il recupero di eventuali debiti formativi
accertati;
premiare le Università che si sottopongano volontariamente allaccreditamento
da parte di agenzie indipendenti che operino secondo standard internazionali.
Ultimo, ma davvero non meno importante, strumento di incentivazione per gli atenei , una
più generosa politica del diritto allo studio che venga finalizzata allaumento
della mobilità dei migliori studenti, in tal modo attivando una positiva concorrenza tra
le sedi. Essa può avvalersi di stimoli indiretti, attraverso lampliamento delle
residenze e delle strutture di servizio per studenti. 20 La valutazione del CIVR si basa
sui prodotti 2001-2003. E ovvio attendersi dalla costituenda ANVUR una sollecita
riedizione del processo valutativo che potrebbe utilmente estendersi , magari su base
campionaria, al confronto tra risultati attesi e risultati conseguiti nei progetti PRIN.
Ma serve anche un intervento diretto sulle borse di studio, che ne ampli il numero e ne
aumenti limporto unitario, soprattutto per i non residenti. La richiesta di
aumentare il finanziamento erogato direttamente agli studenti rispetto a quello dato agli
atenei è stata formulata da più parti da tempo , sulla scorta di positive esperienze
estere, e ha acquisito di recente maggior vigore. E una strada che va in realtà
attentamente esplorata prima di seguirla, come ogni rilevante novità straniera ancora non
sperimentata nellambito della nostra struttura. Tuttavia non ci sono dubbi che
qualche passo in tale direzione possa essere fatto con alta probabilità di risultati
positivi. La Commissione auspica pertanto una comune riflessione tra Stato, Regioni e
Università sul tema del diritto allo studio, volta a potenziare il Fondo integrativo
nazionale e a definire nuovi criteri che stimolino la mobilità degli studenti migliori,
esplorando anche lipotesi di un sistema di valutazione del merito omogeneo su base
nazionale. Pure lo strumento dei prestiti donore, da assegnare in base al puro
merito, andrebbe utilizzato estesamente : le delusioni sin qui registrate non devono
impedire il tentativo di rilancio, considerando che tali prestiti possono contribuire
efficacemente alla mobilità studentesca e aiutano in ogni caso a diffondere tra i giovani
lassunzione di autonoma responsabilità. E appena il caso di notare come
simile prospettiva di potenziamento della politica del diritto allo studio avvalori la
raccomandazione sopra formulata di consentire un innalzamento di tasse e contributi fino
ad unincidenza del 25% sul FFO con il vincolo di destinare almeno la metà del
maggior introito a borse di studio e servizi per gli studenti.
4. Conclusioni
La Commissione, pur consapevole della natura non finanziaria di vari e rilevanti problemi
della formazione universitaria in Italia, ritiene che interventi per la razionalizzazione
del finanziamento del sistema universitario siano necessari e non differibili. Ritiene
altresì che tali interventi vadano disegnati alla luce dei seguenti obiettivi:
a) rafforzare lautonomia delle Università;
b) garantire la stabilità finanziaria del sistema;
c) potenziare il modello incentivante. In questa prospettiva la Commissione formula le
raccomandazioni che seguono. Come insieme di diritti e doveri, esse vogliono configurare
la base di un nuovo "patto" tra Governo e Università, capace di conferire un
maggiore livello di efficacia e di efficienza allattività di formazione superiore e
di ricerca, che è fattore cruciale per la crescita del Paese.
1. Gli atenei devono subire le conseguenze finanziarie delle proprie decisioni autonome ma
non sopportare i costi di decisioni assunte allesterno, con leccezione di
misure transitorie ed effettivamente sopportabili dal sistema universitario che siano
imposte dalla politica di risanamento del bilancio pubblico.
2. La dinamica del FFO deve essere garantita nel tempo per tenere conto degli aumenti
automatici degli oneri del personale di ruolo nonché dellaumento degli altri costi
a causa dellinflazione. Agli atenei dovrebbe quindi essere tendenzialmente garantita
( restando aperta la questione se la situazione di finanza pubblica consenta o meno di
applicare per intero la regola già per il 2008) una dinamica del FFO pari almeno alla
media ponderata delle variazioni dei seguenti indici: indice delle retribuzioni del
personale non contrattualizzato delle pubbliche amministrazioni, stabilito con DCPM (peso
0,58); indice delle retribuzioni del personale tecnico amministrativo ( peso 0,27); indice
generale dei prezzi al consumo (peso 0,15).
3. Il finanziamento delledilizia va garantito su base almeno triennale, con
valutazione attendibile e trasparente del fabbisogno comparato degli atenei.
4. Va reso molto più stringente il vincolo allindebitamento degli atenei, ivi
incluso il debito degli enti da questi controllati, imponendo che lonere annuo, per
rimborsi e interessi, non possa superare una bassa percentuale del FFO ( da definirsi ma
comunque nellintervallo 2- 4%), daltro lato consentendo forme di debito
diverse dai mutui e prevedendo opportune regole per il graduale rientro entro il nuovo
limite, se già superato.
5. Gli atenei devono poter aumentare le tasse universitarie fino alla concorrenza del 25%
del FFO, con vincolo di destinazione di almeno il 50% dei maggiori introiti ai servizi
agli studenti e alle borse di studio per i meritevoli.
6. La programmazione del fabbisogno di personale docente va effettuata utilizzando una
misura effettiva del vincolo del 90% di incidenza di tali spese sul FFO, senza escludere
quindi gli aumenti stipendiali e il 33% della spesa per il personale convenzionato con il
SSN. Le spese per il personale finanziate da entrate derivanti da convenzioni non vanno
prese in considerazione nella quantificazione del vincolo, purché tali convenzioni
abbiano durata almeno ventennale e siano accompagnate da adeguate garanzie.
7. Le decisioni di spesa in materia di personale devono essere assunte con una valutazione
realistica dei costi futuri, che tenga conto della crescita delle retribuzioni nel tempo
per aumenti automatici e sviluppi di carriera. Questo obiettivo può essere conseguito con
strumenti alternativi: i) ogni nuova posizione va quantificata con riferimento al costo
medio calcolato sullarco della intera carriera, destinando a un fondo di riserva i
risparmi di spesa che si verificheranno nei primi anni (quando il costo effettivo del
personale è inferiore a quello medio utilizzato nella programmazione); ii) ogni nuova
posizione può essere quantificata al costo iniziale a condizione che lUniversità
formuli, ottenendo esplicita approvazione ministeriale, un programma decennale a
scorrimento per il personale docente e tecnico-amministrativo, da cui risulti la
sostenibilità finanziaria delle assunzioni attraverso la dimostrazione, anno per anno,
della copertura degli aumenti retributivi per ricostruzioni di carriera e scatti di
anzianità con risorse certe (tipicamente con quote di cessazioni future, che diventano
quindi non utilizzabili in seguito per reclutamento). La metodologia sub ii) offre
adeguate garanzie per la stabilità finanziaria del sistema solo se da parte di MEF/MUR
sarà reso disponibile un software per assicurare lomogeneità della metodologia
nella predisposizione dei programmi e ne sarà controllata lapplicazione, al fine di
verificarne la correttezza e lattendibilità.
8. Le Università che hanno superato il limite del 90% delle spese di personale sul FFO
vanno sottoposte al vincolo di assunzioni limitate al 35% dellimporto liberato dalle
cessazioni: vincolo già in vigore, che va applicato calcolando le spese nel modo indicato
al punto 6. e non con le attenuazioni attuali.
9. Le Università che, oltre ad avere superato tale limite, appaiano in stato di
potenziale dissesto, perché negli ultimi due anni hanno avuto un saldo di bilancio
negativo (al netto delle poste finanziarie), devono presentare un Piano di risanamento di
durata non superiore a 10 anni da sottoporre alla approvazione congiunta del MUR e del
MEF. Il Piano deve prevedere la limitazione delle assunzioni entro il 20% delle cessazioni
e laumento obbligatorio e graduale delle tasse di iscrizione fino al 25% del FFO.
E fatto obbligo al collegio dei revisori, in cui va ovviamente mantenuto il
rappresentante del MEF ( con spese a carico dellUniversità, anche se da queste
lasciato in soprannumero), di certificare con cadenza almeno trimestrale losservanza
del Piano. Linosservanza del suddetto Piano dovrebbe comportare adeguate sanzioni,
senza escludere nel caso estremo il commissariamento dellateneo.
10. A partire dal 2008 va ripreso il percorso virtuoso, secondo un sentiero di crescita
dei finanziamenti definito ex ante su base pluriennale, che porta a riequilibrare la
dotazione degli atenei nonché a premiare gli atenei con i migliori risultati sul piano
della ricerca e della didattica (con lovvia avvertenza che la parte relativa al
riequilibrio si consolida mentre quella relativa al premio è valutata e riassegnata
periodicamente).
11. In attesa dellentrata in funzione della costituenda ANVUR e delle regole che
essa detterà, già per il 2008 una quota del 5% del FFO va ripartita tra le Università
non soggette a piani di risanamento sulla base della formula CNVSU (eventualmente
modificata in base alle indicazioni del punto 13).
12. Le risorse del Fondo per la programmazione e lo sviluppo devono confluire nel FFO,
essere ripartite integralmente secondo la formula CNVSU ( e in futuro secondo le
indicazioni dellANVUR) ed essere destinate esclusivamente agli atenei che rispetto
al modello teorico risultano sottofinanziati.
13. Sempre in attesa di future indicazioni da parte dellANVUR, la formula CNVSU va
modificata nel tempo, in base alla disponibilità di dati attendibili, in modo da rendere
maggiore il peso della qualità dellinsegnamento e della ricerca nella
determinazione delle quote spettanti ai singoli atenei. Per quanto riguarda i risultati
della ricerca, già da ora va aumentato il peso delle valutazioni CIVR, integrate dai
risultati conseguiti nel VI Programma Quadro europeo. Si propone anche di destinare il 10%
a progetti speciali per incentivare la mobilità studentesca,
linternazionalizzazione degli atenei, lintroduzione di meccanismi di
valutazione degli studenti che chiedono limmatricolazione, le azioni di supporto per
il recupero di eventuali debiti formativi accertati nonché per premiare i centri di
eccellenza e le Università che si sottopongano volontariamente allaccreditamento da
parte di agenzie indipendenti che operino secondo standard internazionali.
14. Si raccomanda infine un rafforzamento della politica del diritto allo studio, sia sul
fronte dei servizi sia su quello del finanziamento erogato direttamente agli studenti. Si
auspica che un accordo tra Stato, Regioni e Università porti ad aumentare il Fondo
integrativo nazionale e a definire nuovi criteri che stimolino la mobilità degli studenti
migliori, in tal modo potenziando la positiva competizione tra atenei. Anche lo strumento
dei prestiti donore erogati in base al puro merito andrebbe rilanciato, nonostante
le delusioni del passato, poiché tali prestiti possono contribuire efficacemente alla
mobilità studentesca e aiutano in ogni caso a diffondere tra i giovani lassunzione
di autonome responsabilità. |
|
"Chiudere la fase di transizione dalla prima
alla seconda repubblica, con l'elezione diretta del
Presidente del Consiglio e legge elettorale proporzionale"
LIQUIDARE PRESTO IL
BERLUSCONISMO "DILETTANTE"
E RIPORTARE AL GOVERNO IL CETO MEDIO
|
I
have a dream:
the regicide
|
Pubblichiamo
qui una proposta di legge elettorale, mirante a porre un porre un termine
alla lunga transizione, dalla prima alla seconda repubblica, iniziata nel 1992 e
mai conclusa
La proposta è stata avanzata da un
"COMITATO promotore della nuova elettorale",
costituito a Bologna il 27 marzo 2007, da 20 piccoli partiti, che
non hanno rappresentanza in Parlamento, e il cui nome non indichiamo, per evitare code, e
invece privilegiare il contenuto, come fatto di tutti.
Detto Comitato è stato ricevuto e ascoltato dal Governo il 1 giugno 2007,
nella persona del SottoSegretario di Stato Dr. Paolo Naccarato. Dell'incontro è stato
reso un comunicato congiunto, ripreso dalle principali agenzie.
Sono stimolato a pubblicare la proposta, in reazione alla tristezza del dover
subire, ogni giorno ormai, il linguaggio tra dilettante ed eversivo, senza più
limiti, di Berlusconi, leader del maggior partito di opposizione. Non entro nel merito
delle sue idee politiche (anzi le condivido in parte, a cominciare dall'opposizione
all'eccesso di fiscalità), ma ritengo sia eversivo chiedere ogni giorno le elezioni
anticipate, senza che abbia avuto luogo un voto di sfiducia di almeno una delle camere, al
governo; anzi che egli faccia una opposizione pregiudiziale, in parlamento, saltando i
problemi, a danno dell'Italia. E trovo doppiamente eversivo scherzare con certe parole di
altri tempi (il regicidio: vedi Corriere della Sera, 15 giugno 2007), in cui l'uccisione
del tiranno era moralmente giustificata (vedi il canonico BOTERO, nel 1700), come l'unica
via per liberare il popolo da eccesso di soprusi di ogni tipo, e tornare alla normalità
della vita quotidiana. Mi meraviglio che nessun giudice si sia occupato di quella parola,
anche perchè usata per aizzare il popolo.
Che si tratti di persona pericolosa per la democrazia già era emerso quando
fece una riforma costituzionale (bocciata da un referendum) che prevedeva il potere del
Presidente del consiglio di sciogliere le camere, in caso di sfiducia al governo.
Aggiungerei che è anche sbagliato, da parte di una certa stampa, confondere l'opposizione
attuale di molti al governo, col richiamo di Berlusconi al governo, anche perchè già è
stata sperimentato l'infedeltà al programma liberale, per il quale già aveva avuto il
voto nel 2001. NL |
La
PROPOSTA di NUOVA LEGGE ELETTORALE
In estrema sintesi la proposta vuole:
1) l'elezione diretta del Presidente del Consiglio, contemperata da maggiori poteri di
garanzia costituzionale del Presidente della Repubblica.
2) la proporzionalità, con sbarramento del 2%, per l'elezione dei membri del Parlamento.
3) il voto di preferenza sui candidati (un solo voto).
4) labolizione delle firme per la presentazione delle candidature.
MOTIVAZIONI
La proposta vuole chiudere la fase di transizione dalla
prima alla seconda Repubblica. Precisamente:
a) vuole eliminare la contraddizione attuale tra la volontà degli
elettori di scegliere direttamente il Presidente del Consiglio (la legge vigente
dispone che sia indicato il candidato Premier) e la Costituzione che ancora richiede la
successiva fiducia al Governo, da parte del Parlamento, cosicché subito dopo le elezioni
può cadere il Governo;
b) vuole riportare il "ceto medio" (la forza
economica maggiore) nel governo del Paese, ricostruendo un grande "partito
democratico di centro" (analogo al "partito democratico" dei
DS+DL-Margherita, sul centro-sinistra), dopo il vuoto che si è formato dal 1992-94, in
seguito alla caduta della DC e del PSI. Oggi il ceto medio, essendo rappresentato
frazionatamente all'interno di due, rispettive, grandi coalizioni "bipolari", è
caduto in ostaggio delle aree estreme delle rispettive due coalizioni.
IL TESTO DELLA PROPOSTA DI LEGGE
1.- ELEZIONE DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
(da approvare con modifiche costituzionali e con legge ordinaria)
a) Il Presidente del Consiglio è eletto a suffragio
universale diretto, tra i candidati che hanno ottenuto la nomina a candidato
nelle elezioni primarie. Qualora nessun candidato ottenga la maggioranza assoluta, si
passa al ballottaggio tra i due più votati. Non è eleggibile chi abbia già svolto due
mandati consecutivi. Il Premier nomina e revoca i Ministri, che sono insediati dopo la
loro presentazione alle Camere. Le Camere, con voto motivato, possono esprimere la
sfiducia a singoli Ministri.
b) Elezioni primarie. Tre mesi prima delle elezioni
del Presidente del Consiglio, sono fatte, in base a disposizioni di legge, le elezioni
primarie per scegliere i candidati a Premier. Le candidature possono essere presentare,
con un rispettivo programma, da partiti e associazioni annotate all'Ufficio del Pubblico
Registro
c) Ottiene la nomina a candidato, per ogni rispettivo partito o
associazione, chi abbia ottenuto il maggior numero di voti, purchè il rispettivo partito
o associazione abbia ottenuto più del 10% dei voti degli elettori di almeno 5 Regioni.
2.- NUOVI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA. Le leggi
e gli atti del Governo, aventi forza di legge, possono essere rinviati preventivamente
alla Corte Costituzionale, per il parere di costituzionalità, dal Capo dello Stato di
propria iniziativa o su richiesta di 1/3 di una delle Camere o di 5 Consigli Regionali. In
caso di parere negativo non ha luogo la promulgazione.
3.- ELEZIONE DEL PARLAMENTO
a) Il parlamento è eletto a suffragio universale con
riparto dei seggi, tra i partiti, proporzionalmente a voti ottenuti, al netto di
uno sbarramento del 2% dei voti elettorali sia per il partito che si presenti da solo, sia
per la coalizione.
b) La partecipazione dei partiti alle elezioni non richiede firme di
presentazione.
c) Il diritto di voto include la possibilità di esprimere una
preferenza
d) Rimborso delle spese elettorali. I partiti hanno diritto al
rimborso delle spese elettorali, proporzionalmente ai voti riportati. Tuttavia, nel caso
di partiti federati presentatisi in unica lista o in coalizione, il partito che
esca dalla federazione o dalla coalizione perde il diritto al rimborso. |
All'Università
di Bologna, su invito dell'AIDU - Associazione Italiana Docenti Universitari |
Carlo Caffarra, Cardinale
|
Sulla scia di Papa Joseph RATZINGER all'Università di Regensburg |
Il Cardinale di Bologna scende
nell'AGORA' universitaria e parla ai professori
di "FEDE e RAGIONE" |
|
|
Prima lezione* - 15 novembre 2006
"Fede e ragione: una difficile ma
necessaria convivenza"
* La seconda e la terza lezione si
trovano in: http://www.caffarra.it/2006.php
C. CAFFARRA, Proemio.
Il problema dei rapporti fra ragione e fede, nella cultura dellOccidente, può ben
essere detto un nido di difficoltà senza fine e si presenta come il nodo di tutti i
problemi sulla risoluzione ultima della verità dellesistenza per luomo
itinerante nel tempo [C. Fabro, in Ass. Teol. Ita ( a cura di) I teologi del Dio vivo, ed.
Ancora, Milano 1968, pag. 245].
La difficoltà posta da questo binomio nasce dal fatto che esso fa sorgere da sé come
molteplici centri concentrici, la tensione fra filosofia e teologia, scienza e fede,
ragione e rivelazione
fino alla dimensione politica del rapporto fede e sfera
pubblica, Chiesa e Stato.
Ovviamente in tre lezioni non posso che affrontare qualche aspetto di questo "nido di
difficoltà". Procederò comunque nel modo seguente.
Inizierò da una riflessione sulla famosa conferenza tenuta da Benedetto XVI
allUniversità di Regensburg. Proseguirò poi riflettendo sui due momenti essenziali
del rapporto: la ragione in ricerca, in cammino verso la fede [intellectus
quaerens fidem]; la fede che chiede di penetrare sempre più intensamente la
ragione [fides quaerens intellectum]. Lincontro di fede-ragione
avviene due volte. Prima volta: preparazione della ragione per latto del credere;
seconda volta: cooperazione della ragione colla fede allinterno della comunità dei
credenti per avere una qualche intelligenza dei divini Misteri.
Come vedete, parlo del "matrimonio damore e daccordo": non di
"separazioni [consensuali o conflittuali], né di "divorzi" [rottura del
vincolo vera e propria]. Non ne abbiamo il tempo; mi limiterò a qualche accenno nella
prima riflessione.LEZIONE PRIMA: L'incontro
fede-ragione: urgenza improrogabile
Nella prima lezione prenderemo come pagina di riferimento la lezione tenuta
da Benedetto XVI allUniversità di Regensburg. È unottima base per tutte le
riflessioni seguenti. Ne suppongo la lettura attenta.
Partiamo da un fatto storico: allinizio dellevangelizzazione
fuori dai confini geografici e culturali della religione ebraica è accaduto
unincontro fra la fede cristiana e la parte migliore del pensiero greco. È stato un
incontro che per la nascita e lo sviluppo del cristianesimo ha avuto un significato
decisivo. È uno di quegli eventi storici nei quali si rivela unesigenza strutturale
dello spirito: un evento appunto denso di significato.
Non è ora il caso di descrivere questo incontro in tutto ciò che lo
costituisce e nelle sue alterne vicende. Né il Papa lo fa nella sua conferenza. Ma la
domanda di fondo è la seguente: lincontro Gerusalemme-Atene che cosa significa in
sostanza? Per essere meglio guidati a cogliere la risposta che il Papa dà a questa
domanda, richiamo anche lattenzione su una circostanza in cui è avvenuto
lincontro. I missionari cristiani, ad iniziare da Paolo, quando annunciavano il
Vangelo agli Ebrei entravano nei loro luoghi di culto, le Sinagoghe: era un dialogo sul
piano squisitamente della fede religiosa. Quando invece si rivolgono ai pagani, il loro
interlocutore non è "il sacerdote": è il "filosofo"; e normalmente i
luoghi di annunci sono le "agorá". Al greco cioè essi
presentano la loro fede come vera, e quindi meritevole di essere accolta da chi ha la
passione della ricerca della verità mediante lunico mezzo di cui la natura ha
dotato luomo, la ragione. Se volessimo esprimere brevemente e sommariamente il
contenuto della coscienza che il missionario cristiano aveva di se stesso, lo potremmo
fare colle seguenti parole: "ciò che annuncio è vero e quindi lo posso e lo
devo dire ad ogni persona".
La cosa diventa ancora più chiara se teniamo presente che cosa il greco
intendeva parlando di "filosofia". "La filosofia appariva
come un
esercizio del pensiero, della volontà, di tutto lessere, per cercare di pervenire
ad uno stato, la sapienza, che daltronde era quasi inaccessibile alluomo"
[P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, Einaudi, Torino 2005, pag. 156].
Vorrei fermarmi ancora un momento su questo punto poiché mi sembra una delle fondamentali
chiavi di lettura della conferenza di Regensburg, e quindi uno dei nodi della nostra
riflessione.
Laccettazione di una proposta religiosa può accadere non a causa del fatto che sia
ritenuta vera. Ma perché la si può ritenere "socialmente utile", oppure
"psicologicamente beatificante". Si può perfino ritenere che la domanda sulla
verità della proposta religiosa sia priva di senso, allo stesso modo che se chiedessi:
"che colore hanno le sinfonie di Mozart". Come estendere
la categoria del colore alludibile è un non senso, così estendere la categoria
della "verità-falsità" al messaggio religioso è unindebita estensione
di quella categoria medesima. Ebbene, lincontro Vangelo-grecità è avvenuto in un
piano completamente diverso da questo appena schizzato, poiché si è giocato sul piano
della ragione, e dunque circa ciò che è vero ciò che è falso. E siamo al nodo
centrale, credo, della conferenza di Regensburg.
Il fatto storico di cui stiamo parlando il dinamismo intrinseco della
missione presso il greco non è accaduto per caso; costituisce il concreto
realizzarsi di unesigenza strutturale, intrinseca sia alla fede cristiana sia alla
ragione umana: quella di incontrarsi e non di scontrarsi; quello di allearsi e non di
confliggere; quello di conoscersi e non di ignorarsi.
Che cosa concettualmente queste metafore significhino, cercherò precisamente di dirlo nel
corso di queste lezioni. Per il momento voglio riprendere su alcuni punti la formulazione
metaforica sopra enunciata.
Ho parlato di "esigenza strutturale della fede cristiana". Per
completezza non bisogna dimenticare come precisamente non fa il S. Padre che
è unesigenza, questa, che possiamo verificare anche nella fede ebraica, se leggiamo
con attenzione la S. Scrittura. In una parola: il Dio biblico si rivela come
"Logos" e come "logos" agisce.
Ho parlato di "esigenza strutturale". Ciò significa che la fede cristiana non
si giustappone alla ragione come estranea alla medesima, ma è dal suo interno stesso che
chiama la ragione. Vedremo meglio in seguito che cosa significa tutto questo. Ma
come dice il S. Padre, ed è un punto di somma importanza anche la ragione come
tale incontra la fede cristiana, a meno che essa, la ragione, non decida di restringere il
suo ambito ed il suo uso; a meno che non decreti unautolimitazione del suo
esercizio al verificabile nel senso stretto del termine. Ovviamente, se
non superiamo questa limitazione autodecretata della ragione, questa non avrà alcuna
possibilità di incontrarsi colla fede. Ma anche questo tema, centrale
nella riflessione del S. Padre, lo riprenderò in seguito.
Fatte queste sintetiche sottolineature che sarebbero bisognose di ben più prolungati
approfondimenti, ritorniamo allaffermazione secondo la quale lincontro storico
del Vangelo colla parte migliore del pensiero greco rivela unesigenza strutturale
della fede cristiana e della ragione umana. Se così stanno le cose, lavvicinamento
interiore, che si è avuto tra fede biblica e linterrogarsi proprio del pensiero
greco sul piano filosofico, è un dato che ci obbliga anche oggi. Come e se cristiani;
come persone ragionevoli.
Come cristiani e quindi come credenti. Il patrimonio greco,
debitamente purificato è una parte integrante della fede cristiana. In che senso? Nel
senso che agire contro ragione è in contraddizione con la natura di Dio.
Non è solo questa unidea greca culturalmente da relativizzare, ma è tale
sempre ed ovunque [È questo il significato vero della citazione di Manuele II Paleologo].
E pertanto latto del credere è un atto ragionevole e non irragionevole [contro
la ragione], e quindi libero. Dire che credere è irragionevole equivale a dire
"circolo quadrato". Esiste una profonda sintonia, armonia fra la ragione umana e
la natura divina. Noto di passaggio: è la grande intuizione di Agostino sulla quale
egli costruisce la sua dottrina della conoscenza; intuizione sostanzialmente ripresa
da Tommaso e che come annota il S. Padre cominciò ad oscurarsi nella
filosofia e teologia nominalista. |
|
N. LUCIANI, Un breve commento ...
1.-Metodo corretto e profondità di analisi. Pur se il cimentarsi all'Università in materia di
fede è una gara dura per chiunque (perchè alla Università si accetta solo il metodo
scientifico), il Cardinale è apparso presto all'altezza della situazione, perchè egli si
è proposto alla stessa stregua dei "filosofi" che discutevano
nell'"agorà" greca con metodo scientifico.
Anche la serietà del metodo, e la
profondità della analisi, sono apparse fuori discussione, così da suscitare nei
professori un sentimento di simpatia e anche di gratitudine per aver egli cercato di
portare luce in un campo, che per molti ancora rimane buio. E sia benedetto lui che ha
questa luce.
E' pur vero che nella terza lezione, egli si
rivelerà "dogmatico" non poco (e con qualche difficoltà per il dialogo con
altre religioni - su questo, torno alla fine), ma non senza fondamento, date le ipotesi.
Il teorema del Cardinale è stato: "La nostra fede non è vana, se Gesù è
risorto". "Questa ipotesi è vera perchè è testimoniata da 12 apostoli".
Daltro canto tutte le verità storiche sono basate sulla testimonianza dei fatti:
noi conosciamo gli eventi perché qualcuno li ha riferiti.
2.- La ragione dovrebbe auto-limitarsi? Nella sua analisi, il Cardinale
ha posto, come condizione (perchè la ragione incontri la fede), che la ragione non si
auto-limiti, ossia non rifiuti di accettare
tutto ciò che non è dimostrato scientificamente.
Se per "dimostrazione
scientifica" si intende solo quanto verificato con la sperimentazione, la ragione non
potrebbe incontrarsi anche con discipline scientifiche come l'economia, la filosofia, la
matematica.
Se, invece, per dimostrazione
scientifica si intende anche quanto dimostrato in via logica deduttiva o induttiva, a
partire da date ipotesi (qualsiasi), nulla osta ad un incontro della ragione con la fede.
Anzi sarebbe una miopia scientifica limitarsi
per scelta. Ci sono casi di fisica, visti in teoria pura con molto anticipo, rispetto alla
possibilità della sperimentazione, (le onde elettromagnetiche furono percepite nel sec.
XIX da Maxwell, e poi da Hertz, ma sperimentate da G. Marconi, nel sec. XX).
3.- Potrebbe, invece, la fede porre
dei limiti alla ragione ? Il
Cardinale ha giustificato dei limiti alla ragione, qualora le azioni ad essa conseguenti
arrechino danno al "bene comune umano". Questo, lo trovo contraddittorio, se la
motivazione è un pretesto per interventi ex-cathedra fuori confine (ma qual'è il saggio
che non cade in contraddizione?). Qui il pensiero corre ai molti freni del potere
religioso, non solo cattolico, al progresso scientifico (e con molte sofferenze umane,
quali il rogo, la prigione, la tortura). Col senno di poi, direi anzi che la scienza abbia
dato molti contributi alla "rosa della fede", sgravandola di petali che non le
appartenevano (i presunti "misteri di fede"), e ciò ha permesso di andare più
vicino al suo nocciolo. In questo senso la scienza ha facilitato la convivenza tra
fede e ragione.
Oggi il pensiero corre anche alla
controversia sulla ricerca scientifica sulle cellule staminali. Sto col Cardinale, al
momento, perchè, in questo campo, non abbiamo certezza scientifica delle opposte tesi (se
esse contengano o non un uomo intero).
Invece, vi sono stati storicamente molti casi
che non si sono rivelati fondati scientificamente. Ad es., fu destituito di verità
scientifica che "il sole giri intorno alla terra", perchè è risultata non vera
l'ipotesi (legittima, come possibile presupposto, ma con riserva di conferma) legata al
grido di Giosuè: "Fermati, o Sole!".
4.- Quid se la ragione sragionasse, per carenza di intelletto? Ci sono
altri casi in cui mi ritrovo pienamente col
Cardinale. Nel caso della recente guerra dei Balcani, "tutti" pensavano di avere
ragione: chi per motivi etnici, chi per motivi religiosi, chi per motivi di povertà. E
così quei popoli si sono fatti la guerra, fino a massacrarsi, e trovarsi in casa un
esercito invasore. Quando, in base alla "ragione", si arriva alla catastrofe,
direi che ci sono errori di valutazione, e va fatto un passo indietro.
Ma chi giudica della ragione, se all'origine
c'è una carenza di intelletto dell'uomo ? Ci
sono, come estrema risorsa, i tribunali ("ne cives ad arma ruant"). Devono
essere "tribunali della
Inquisizione"o "tribunali laici"
(ossia super-partes)? In quali limiti va oggi riaffermato una "infallibilità"
del magistero ecclesiale" in materia di "fede", dopo i molti successi della
scienza ?
Davanti alla difficoltà del giudizio,
l'umiltà e il sano pragmatismo sono supremi princìpi per tutti.
5.- Quid se fosse, invece, la fede a risultare contro il "bene comune
dell'uomo"? Il caso degli
ostacoli ai matrimoni tra persone di diversa religione è molto rilevante ai fini della
"non integrazione" sociale.
Coloro che hanno una fede si sentono
investiti del dovere di proclamarla e raccomandare di divulgarla.
Taluna religione sconsiglia il
matrimonio. Altra fa delle differenze, a seconda che l'appartenente sia uomo o donna.
Altra fa raccomandazioni più o meno rigide e,
per esempio, che si spieghino ai figli le differenze tra le due religioni, perchè
facciano una scelta, quando possibile.
Nei Paesi
con diversa etnia e diversa religione, spesso le etnie sono rimaste divise, a volte
convivendo pacificamente per secoli, altre volte sfociando in sanguinosi conflitti (guerre
dei balcani).
Invece, in altri Paesi con
diversa etnia, ma uguale religione, le etnie si sono mescolate fino a determinare
una nuova popolazione. E' il caso dell'Inghilterra (tra Sassoni e Normanni), è
il caso dell'Italia (un caso estremo di mescolanza di razze).
Direi dunque che il dogmatismo dovrebbe
fare un passo indietro, nei casi specifici di "male comune dell'uomo". Non è
questione di sostenere il "relativismo" delle religioni pur di far avanzare il
dialogo interreligioso, ma di riesaminare il fondamento dello "assolutismo", se
l'effetto è contrario al "bene comune dell'uomo". Ciò prescinde dal
considerare che lo Stato-laico dovrebbe comunque rimuovere gli ostacoli alla libertà
personale. NL |
Come
persone ragionevoli. Riprendo un tema appena accennato sopra. In fondo la domanda è
la seguente: possiamo accettare che la ragione umana non giudichi, non verifichi la
verità della risposta ai grandi interrogativi propriamente umani, cioè quelli del
"da dove" e del "verso dove", e quelli etici circa lesercizio
della propria libertà? È questa oggi una domanda che non può più essere censurata;
anzi esige una risposta urgente, data la situazione storica in cui lOccidente è
venuto a trovarsi. Richiamo lattenzione su due possibili sviluppi argomentativi.
Ho già avuto occasione altre volte di richiamare lattenzione sul fatto
che unidea ed un esercizio di ragione mutilata sta rendendo impossibile una vita
comune fra le persone anche della stessa città. Se la ragione non è competente a
pronunciarsi sulla validità delle concezioni di vita buona poiché queste sono solo
espressioni di preferenze soggettive, ne deriva che in senso forte
non esiste alcun bene umano comune; se non esiste bene comune umano, può
tenerci assieme solo lutilità e linteresse.
Una ragione mutilata diventa inoltre incapace di un vero dialogo delle
culture e delle religioni, di cui oggi abbiamo un così urgente bisogno. Solo un accenno
argomentativo. Come è possibile un dialogo con culture profondamente impregnate di senso
religioso da parte di chi ritiene che lesperienza religiosa sia un fatto meramente
privato o da privatizzare? La necessità del dialogo coincide con la necessità di
ritrovare lintera misura della ragione.
Tuttavia una corrente profonda di pensiero, a partire soprattutto dalla
Riforma protestante, ha contestato lobbligo teoretico e culturale di custodire nel
suo significato più profondo lincontro della fede cristiana con la grecità. È
istruttivo che richiamiamo nei suoi elementi essenziali questa contestazione, sempre
seguendo il testo della conferenza di Regensburg.
Storicamente laffermazione della totale estraneità della ragione
dalla fede coincide colla Riforma luterana. La salvaguardia di ciò che la Parola detta da
Dio alluomo rivela, è possibile solo se viene sacrificata dal credente la ragione,
dal rifiuto cioè di un modo di pensare che non derivi esclusivamente dalla Rivelazione
stessa. Lopposto di ciò che scrisse S. Gregorio di Nazianzo: "la fede è il
compimento [plerosis] del nostro logos" [Discorso teol., III, 21; PG36, 104]. È la
purezza della fede sia in quanto scelta del singolo sia nei suoi contenuti che esige di
non allearsi col logos umano.
Il secondo momento è costituito dallaffermazione che
è necessario ritenere estranea al cristianesimo ogni costruzione speculativa tesa ad
avere una intelligenza sempre più profonda della Rivelazione cristiana. Questa infatti
più precisamente il messaggio autentico di Gesù è un messaggio morale
umanitario. Esso, mediante lesercizio della ragione storico-critico, deve essere
svestito di tutta la dogmatica cristiana, come per esempio la fede nella divinità di
Gesù e nella Trinità di Dio. Si ha indubbiamente un esercizio della ragione
allinterno della fede cristiana, ma di una ragione che come dicevo si
è automutilata. Nel senso che essa si riduce ad essere usata come puro strumento di
critica storica.
Il terzo momento è costituito dalla consapevolezza, oggi
assai acuta, della molteplicità di culture e della necessità che il cristianesimo non si
identifichi con nessuna di esse. Ne deriva la necessità che si deve "svestire"
il cristianesimo della sua veste occidentale ed in primo luogo della sua veste greca;
ritornare così al punto che precedeva questo "abbigliamento"; ed in seguito
inculturare la fede cristiana nelle varie culture. Cè una esigenza assolutamente
accettabile in questa ultima posizione.
Tuttavia essa non può, non deve ignorare in primo luogo che la prima predicazione
cristiana si è espressa nella lingua greca e porta quindi impresso in sé stessa lo
spirito greco. In secondo luogo, e soprattutto, lincontro della fede cristiana colla
grecità ha espresso alcune esigenze fondamentali attenenti al rapporto fede-ragione come
rapporto costitutivo dellesperienza cristiana. Ed è a questo livello che
lincontro della fede cristiana col logos greco costituisce un punto di non ritorno
per chi affronta il cristianesimo e per la Chiesa stessa. Dobbiamo allora alla fine di
questa riflessione costruita sulla conferenza di Regensburg esprimere in maniera
concettualmente la più rigorosa possibile le questioni fondamentali che sono emerse nella
coscienza delluomo a causa dellincontro della fede col logos greco, e che sono
impreteribili per chiunque voglia acconsentire liberamente alla proposta cristiana di
vita.
In sintesi. La questione fondamentale è quella di definire
il paradigma della ragionevolezza della fede cristiana per mostrare che: a) la scelta di
credere alla predicazione cristiana è ragionevole [la ragione che va verso la fede]; b)
la fede cristiana esige di essere pensata dalla ragione [la fede che va verso la ragione].
In altre parole, dal punto di vista cristiano come già dissi il rapporto
fede-ragione si istituisce due volte, o avviene in due momenti: prima come
"preparazione alla fede" da parte della ragione in ordine allaccettazione
della fede medesima; poi come collaborazione, cooperazione della ragione allinterno
della fede per lappropriazione del contenuto della fede medesima.
Perché la definizione del paradigma di ragionevolezza presupposta nella decisione di
credere sia possibile, è necessario mostrare che: a) non esiste un modello di
razionalità univoco ed esclusivo, quello cioè della ragione impersonale; b) la fede
cristiana non può essere relegata nellambito dellemozione, del sentire oppure
della funzionalità sociale e/o psicologica.
Voglio terminare con un testo di S. Gregorio di Nazianzo: "Al Logos soltanto resto
attaccato, come servitore del Logos, e non potrei mai volontariamente dimenticarmi di
questo bene, ma lo onoro, lo prediligo e me ne rallegro più di tutte quelle cose insieme
di cui la folla è solita rallegrarsi" [Orazione 6,2].
I Padri amavano dire che la fede cristiana era la filosofia vera e la vera paideia. CC |
|
Disegno
di LEGGE FINANZIARIA 2007, art. 26 - Biocarburanti |
Pier Luigi Bersani
Ministro per lo SVILUPPO
|
Seguire il referendum della CALIFORNIA ?
Il
Governo dice: PRODURRE SOIA, MAIS e quant'altro
PER FARE BIOCARBURANTI ...
Ma conviene ? Qui sotto si trova un articolo di Ugo Bertone,
a proposito di un Referendum in California, che potrebbe
essere di qualche lume per la nostra Italia
|
Dopo un interesse, più o meno convinto, dell'U.E. a favore dei
biocarburanti, come additivo alla benzina
Nella legge finanziaria cresce l'opzione a favore dei
"biocarburanti" (rispetto alle indicazioni della U.E., accolte dal precedente
governo). Questo viene fatto mediante l'applicazione ad essi di una aliquota fiscale
ridotta (ossia il 20%, e temporaneamente, di quella applicata sul gasolio per
autotrazione).
E' un passo ancora timido, ma importante, da segnalare. Il motivo di questa
timidezza è il dubbio che l'agricoltura non sia in condizioni di supportare il relativo
compito (quello di fare, a costi competitivi, le relative produzioni da trasformare in
bio-carburanti).
Ahimè, questa timidezza non tiene in conto che il costo del petrolio ha
superato da anni il costo sopportabile per le economie occidentali. Infatti il suo costo
non è più solo il prezzo del petrolio, ma anche i costi per la sicurezza interna e
internazionale (basti pensare alle guerre che facciamo ormai in tutto il mondo, per
assicurarci le forniture di petrolio), per parare quel terrorismo che ci piomba addosso
per le nostre presunte colpe nei confronti dei popoli dei Paesi produttori di petrolio.
(Siamo "colpevoli" di pagare poco il petrolio e siamo colpevoli di dare i soldi
(del petrolio) a governi dittatoriali, che se ne servono per conservare il potere, tenendo
in povertà i loro popoli).
Per una visione larga del
problema, sottoponiamo ai lettori liberi l'allegato articolo, che va a commentare un
referendum, celebrato in CALIFORNIA in questo mese di novembre, circa l'alternativa tra
petrolio e produzioni agricole tra trasformare in carburanti per i trasporti.
"Il
sogno di liberarsi dalla dittatura del petrolio"... , di Ugo Bertone
(stralcio da: http://quelchemipiace.blogspot.com/2006/09/il-ruolo-delletanolo-la-lunga-strada.html, 17
sett. 2006 )
Per alimentare un decimo delle macchine americane servirebbe un terzo
dellattuale produzione di zucchero e cereali negli Stati Uniti. Nel suo bestseller
"The Coming Oil Crisis", Colin Campbell, geologo laureato ad Oxford, 40 anni di
lavoro nellindustria, sostiene che ormai il petrolio finirà prima che emerga una
qualche convincente forma di alternativa energetica. Non tutti sono così pessimisti di
fronte al pericolo del greggio energetico. Nella palestra del futuro vale pure
limmagine muscolare che viene dal governatore della California, Arnold
Schwarzenegger, uno che di muscoli se ne intende. "Credo ci voglia un grosso sforzo
ha detto per consumare di meno ma ce la possiamo fare. Come non lo so, ma
una cosa mi è chiara: se voglio perdere dieci chili entro lestate devo darmi da
fare in palestra. Certo, in quel caso il grasso protesta: non mi attaccare, io ti voglio
bene. Ora sono le compagnie petrolifere a protestare. Fanno il loro mestiere".
Così Schwarzy, alla ricerca di una causa popolare e vincente, si schiera in
vista del referendum di novembre, quando i cittadini della California dovranno
pronunciarsi sulla "Proposition 87", che prevede di imporre una tassa di
estrazione su ogni barile che le compagnie petrolifere tirano fuori dai pozzi dello stato
per un gettito, si prevede, di almeno quattro miliardi di dollari che, secondo il comitato
che ha lanciato la proposta, dovranno essere spesi per incentivare luso dei
carburanti alternativi. Una calamità, dicono naturalmente le Big Oil (Chevron,
ExxonMobil, Shell e Occidental Petroleum) che, per scongiurare limposta, si sono
tassate per 30 milioni di dollari per finanziare la campagna per il no. E cè chi
sospetta che la grande scoperta petrolifera di Chevron nel Golfo del Messico, annunciata
con grande enfasi in settimana, sia una mossa pubblicitaria per migliorare
limmagine, pessima, delle Big Oil presso lopinione pubblica Usa. Sul fronte
dei nemici dei petrolieri, a sostegno del referendum, ci sono infatti nomi importanti:
gente del cinema, come il produttore Stephen Bing, venture capitalist di Silicon Valley
come John Doerr o Vinod Khosla, uno dei pionieri della new economy, tra i fondatori nel
1982 di Sun Microsystems e il primo a credere a suo tempo in Amazon o in Netscape, il
navigatore da cui nacque Aol. Oggi, per lui, indiano di Phuna,
come per i compagni di cordata, la nuova " Big Thing" non passa dalla Grande
Rete o da un chip. Ma dalletanolo, ovvero dal carburante estratto dai cereali o
dallo zucchero che, fino al 2012, potrà godere di incentivi governativi che lo rendono
competitivo rispetto ai carburanti tradizionali. La scommessa, insomma, è di migliorare,
entro cinque anni, tecniche e carburanti al punto da sfidare la concorrenza del petrolio.
Purché, naturalmente, il prezzo del petrolio si mantenga alto, almeno sopra i 50 dollari.
Altrimenti, il risveglio sarà amaro. Lindiano di Silicon Valley, uno
che ha saputo ai tempi trasformare gli otto milioni affidatigli dai banchieri di San
Francisco in due miliardi di dollari sonanti, sa però che la partita non si giocherà in
laboratorio. In palio ci sono tanti soldi ma, più ancora la sicurezza nazionale. E non a
caso lindiano che ama letanolo ha arruolato un luogotenente deccezione:
R. James Woolsey, 65 anni, già direttore della Cia tra il 93 e il 95. Chi
meglio di lui per spiegare al Congresso che non si può star con le mani in mano in attesa
di una congiura di palazzo a Riyad o di un blitz dei pasdaran di Ahmadinejad.
Khosla, nella sua battaglia per letanolo, è in buona compagnia: lo
stesso Bill Gates ha investito nella Pacific Ethanol, di cui oggi è lazionista
numero uno. Certo, per uno come lui, unoperazione da 87 milioni di dollari (tanto
cè voluto per diventare lazionista numero uno dellazienda , per cui lui
ha grandi ambizioni) è ben poca cosa. Ma la tendenza è chiara: lAmerica che ha
vinto la sfida della produttività grazie al software e al Web accetta la sfida
dellenergia. A suon di dollari, di venture capital, di speculazioni in Borsa e
fuori. Con qualche sorpresa. Indovinate, ad esempio, chi ha finanziato (600 milioni di
dollari) il prototipo della Tesla Roadstar, la prima auto elettrica con prestazioni degne
di una Ferrari: da zero a 90 allora in quattro secondi, 200 allora la
velocità massima, più di 340 dopo una ricarica supplementare. Si tratta nientemeno che
di Larry Page e Sergej Brin, i due fondatori di Google, assieme ad una schiera di top
manager di eBay e Pay-Pal. Anche loro, a modo loro, sono coinvolti nel grande rodeo
dellenergia, la partita più globale che ci sia, la palestra per scienziati
visionari, spie in pensione, tecnologi visionari e finanzieri a caccia della grande
avventura.
La realtà è che si parla molto, come è giusto, degli scenari politici o
strategici provocati dal caro greggio. E ancor di più si tenta di indovinare il giusto
prezzo delloro nero, districandosi a breve tra le mosse di Caracas o di Teheran,
oppure, a medio-lungo termine, tra le previsioni dei catastrofisti che annunciano la fine
del petrolio (il "peak oil", cioè il massimo della produzione è già stato
toccato per qualcuno, per altri lo sarà entro il 2010) e quelli che, come Leonardo
Maugeri, brillante testa duovo dellEni che gode di audience mondiale, ci
rassicura ricordandoci come in Iraq, dallinizio del XX secolo, sono stati trivellati
solo 2.500 pozzi contro un milione circa in Texas, a dimostrazione che il medio oriente
(ma non solo) può darci ancora tante sorprese e preziosi barili (ce ne sono almeno 2.000
milioni di miliardi, il doppio di quanto prodotto finora secondo lo Us Geological Survey).
Ma si parla poco degli effetti che la stagione dei rialzi sta provocando risvegliando
ricerche vecchie e sepolte o eccitando nuovi appetiti in questa corsa alla pietra
filosofale del XXI secolo che si svolge in tanti, spesso inattesi palcoscenici, talora
frutto inatteso di una storia che arriva da lontano. Il film della moderna alchimia può
cominciare dai laboratori del Mit, dove Gregory Stephanopoulos, docente di Ingegneria
chimica, "allena" i microbi che dovranno trasformare le biomasse in etanolo da
mettere nel motore.
Anche questa, come spesso capita nella storia dellinnovazione (vi
ricordate lorigine di Internet) è una storia che nasce dallincrocio tra le
esigenze del Pentagono e la genialità degli scienziati. Tutto comincia, infatti, nel 1950
quando lesercito americano incarica un microbiologo, Elwyn T. Reese, di trovare un
modo per annientare uno strano fungo tropicale che si era letteralmente mangiato le
uniformi dei marine a Guadalcanal.
Ma Reese si guardò bene dal fare il killer, convincendo Washington che
era assai più sensato cercare di capire quali enzimi permettevano al fungo di spezzare le
strutture molecolari dei tessuti o della cellulosa liberando cellule di zucchero. Da
allora le ricerche sono andate avanti, con alterna fortuna e interesse. Fino ad oggi. Ora,
infatti, quel microbo può cambiare il mondo, cancellando buona parte degli handicap che
frenano lo sviluppo delletanolo. Per alimentare un decimo del parco macchine
americano, infatti,sarebbe necessario un terzo dellattuale produzione di cereali
Usa. E il discorso è ancora più complicato per lEuropa: per sostituire il 5,75 per
cento del carburante usato nella Ue, occorre il 19 per cento della superficie arabile
dellUnione europea. Tutto potrebbe cambiare, però, se il nostro microbo fosse in
grado di trasformare in zucchero da carburante tutti gli scarti del grano o di altre
biomasse. A crederci sono in tanti, almeno in trenta. E tra questi cè la Iogen ,
una società dello Iowa che già oggi produce etanolo da cellulosa, ma ancora a prezzi
troppo elevati. Ma attenzione. In Iogen, benedetta dai programmi dello stesso George W.
Bush, cè nientemeno che Goldman Sachs, il colosso delle banche daffari Usa. E
a volere un forte investimento della banca nel settore è stato nientemeno che Henry Hank
Paulson, oggi segretario del Tesoro a Washington.
Non è certo lunico caso di matrimonio tra Wall Street e
lecocombustibile. Anzi, la storia di maggior successo lha scritta finora un
giovane banchiere di Morgan Stanley, Leigh Abramson, oggi 37 anni. Quando Abramson,
laureato in storia allAmherst Institute è approdato a Peoria, Illinois, per
studiare uneventuale acquisto (a mo di garanzia) di una quota della Aventine
Renewable Energy, non sapeva nemmeno cosa fosse lMtbe, il biocombustibile prodotto
da metanolo di sintesi. Ma il prezzo era buono , il venditore, travolto dallo scandalo
Enron, costretto a vendere a meno della metà del costo sostenuto per trasformare un
vecchio zuccherificio in un impianto per la benzina verde. E dopo otto mesi di clausura a
Pekin, Illinois, Abramson convinse i superiori a sospendere i 66 milioni richiesti: oggi
Aventine vale in Borsa poco meno di 800 milioni di dollari. Storie di soldi, oltre che di
tecnologia. Come quella della Platinum Energy Resources di Houston, fondata da Barry
Kostiner, 34 anni, faccia dangelo, fegato dacciaio. Di petrolio, confessa, ne
sa poco.
Ma con una laurea in matematica del Mit in saccoccia, Kostiner ha
capito che la fortuna saprà arridere a chi troverà il sistema di far fruttare in
quattrini sonanti il greggio che sta ancora sottoterra. E ha inventato un sistema niente
male: lo Spac (special purpose acquisition company). Si tratta di società in cui si
investe senza sapere come e dove i quattrini verranno investiti. Solo in un secondo
momento, il finanziere sceglierà la "preda" (con lassenso di un comitato
di garanti). In questo modo Kostiner ha raccolto più di 100 milioni di dollari al Pink
Sheets, il mercato più speculativo tra le Borse Usa, dove, dice la Sec, "sono
quotate le società più rischiose"e li ha in vestiti in una piccola società
petrolifera, la Tandem Energy che possiede alcune vecchie concessioni mai sfruttare in
Texas. Sembra la storia di James Dean nel "Gigante": speriamo che Kostiner non
si sfracelli pure lui sulle strade del Texas. Difficile trovare un matematico altrettanto
simpatico.
Ma guai a pensare che la corsa al Santo Graal dellenergia pulita
sia cosa appannaggio solo di università Usa o di centri di potere della finanza Usa.
Certo, alla caccia grossa partecipano gli scienziati che hanno fatto gavetta
nellamministrazione militare. Come Erik Straser, solo 36 anni ma un passato ai
segretissimi National laboratory di Los Alamos lasciati per sviluppare, con i quattrini
raccolti dal solito venture capitalist batterie ad energia solare. Ma la soluzione può
venire dal carbone ripulito secondo i procedimenti studiati dagli scandinavi della
Vattenfall. O nascondersi nella savana di Secunda, a due ore e mezza di jeep da
Johannesbugh dove i moderni alchimisti della Sasol trasformano il carbone in carburante.
Non stupisca la scoperta di un Sud Africa ad alta tecnologia. Per
decenni gli scienziati hanno scartato, perché troppo costosa, la pista della
trasformazione del carbone in benzina o gasolio. Ma il Sud Africa dellapartheid,
colpito dallembargo dellOpec, negli anni Settanta ha investito una fortuna
(sei miliardi di dollari dellepoca), per procurarsi il carburante. Oggi, a questi
prezzi, quellinvestimento si è rivelato una fortuna. E Sasol ha appena chiuso un
contratto monstre con la Cina: 27 mini impianti da costruire nella Mongolia cinese, a
ridosso delle miniere di carbone. Già, i cinesi, i nuovi consumatori che hanno sconvolto
la mappa del petrolio più degli sceicchi o di Hugo Chávez. Sono affamati di petrolio,
non dimenticano i buoni affari. Hanno cominciato a produrre etanolo, grazie allaiuto
del Brasile e agli incentivi del governo.
Allimprovviso, per merito di centinaia di impianti
"pirata"cresciuti per sfruttare gli incentivi di stato, il Drago è diventato il
secondo produttore al mondo e il primo esportatore di etanolo. Perché gli aiuti al
settore di Washington (che, per le pressioni dei farmers, im-Il Brasile è lunico
paese al mondo dove nelle stazioni di servizio è possibile scegliere tra carburante
tradizionale ed etanolo semplice porta con il contagocce dal Brasile) si sono rivelati una
calamita formidabile per i petrolieri del grano di Pechino. Anche in Brasile la fortuna è
nata da una decisione "politically uncorrect". La decisione di puntare su una
soluzione autarchica nacque negli anni Settanta, sotto il tallone del regime militare.
Oggi il Brasile è lunico paese al mondo dove, alla stazione di
servizio, si può scegliere tra la benzina normale, la miscela (etanolo più benzina) o
letanolo semplice. E nella sterminata prateria del sud il colosso di stato, la
Petrobrás, ha costruito la fabbrica di Araucária, un impianto così importante che
Ignacio Lula da Silva lha scelto, nello scorso giugno, come palcoscenico per
annunciare, in via ufficiale, la sua candidatura per un secondo mandato presidenziale.
Difficile trovare un luogo più solenne: quel giorno, infatti,
cominciava in via ufficiale pure la produzione dellH-bio, il brevetto più
importante mai uscito dai laboratori brasiliani. H-Bio, in sintesi, è un estratto
dellolio di soia o di girasole che, mescolato con un comune diesel, può funzionare
da carburante per un qualsiasi motore, senza alcuna modifica: il sogno di liberarsi dalla
dittatura del petrolio, insomma, non è più remoto dellincubo di restare a secco.
Perché, se non avete ancora deciso se essere ottimisti o pessimisti, se credere che il
"peak oil" (cioè il punto massimo della produzione) sia stato ormai raggiunto o
no, potete divertirvi con i tanti blog sulla materia (the oil drum, Aspo, Energy Bulletin
per citare i più noti).
Troverete di tutto: ingegneri ecologisti a favore delleolico,
ecologisti animalisti che denunciano i crimini delleolico (le pale delle turbine
ammazzano molti uccelli protetti); repliche degli ingegneri che sostengono che i gatti
uccidono più delle pale; altri animalisti che scendono in difesa dei gatti. Difficile
raccapezzarsi. Ma una cosa emerge: il petrolio andrà su e giù. Ma quella
dellenergia non è una bolla come quella della tecnologia, assicurano Khosla e
amici, gente che di bolle se ne intende. UB |
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Consiglio di Amministrazione dell'Ateneo: riceviamo e giriamo |
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Dalla
"Lettera del 4 ottobre, del Cons. Prof. Enrico
Lorenzini" a tutti i Colleghi
Verso la revisione dello Statuto ?
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Cari Colleghi,
nel CDA del 3 ottobre c.a.si è
aperta un'ampia discussione sul punto n. 4 dellO.D.G. "Assetto e valutazione
della dirigenza- informativa" . L'ODG è stato inserito a seguito della
interrogazione presentata in Luglio da sei Consiglieri.
Tuttavia l'interpellanza non chiedeva una informativa, ma proponeva che
il CDA esaminasse gli obiettivi dirigenziali per il 2006, evitando i ritardi già avvenuti
sia nel 2004 che nel 2005.
Secondo il parere di alcuni di noi, il CDA, pur essendo
responsabile come da statuto delle nomine dirigenziali e dell'approvazione degli obiettivi
annuali dei dirigenti, non è messo nella condizione di essere informato in proposito.
La stessa interrogazione riguardava anche il "sistema di
attribuzione delle deleghe e riparto delle competenze": l'ODG n 5 ha lo stesso titolo
con l'aggiunta di "informativa". Tale delibera non è stata neppure illustrata e
quindi non vi è stata nessuna discussione.
Mi corre infine l'obbligo di precisare che l'argomento "Revisione
dello Statuto su linee di indirizzo condivise (maggiore democrazia e partecipazione del
Corpo Accademico, ecc)" riscuote anche l'interesse del Rettore e pertanto penso che
vi sarà presto l'avvio di un dibattito generale.
Con viva cordialità.
ENRICO LORENZINI
Bologna, Ateneo, 4 ottobre 2006 |
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Lettera
del Cons. Prof. Enrico Lorenzini a tutti i Colleghi dell'Ateneo Segnalata la richiesta di 6 Consiglieri di
inserire 3 argomenti all'o.d.g:
1) Assetto e valutazione della dirigenza
2) Sistema dell'attribuzione delle deleghe e riparto delle
competenz
3) Revisione dello Statuto su linee di indirizzo
condivise |
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Cari Colleghi,
dopo alcune brevi comunicazioni del Rettore, si è trovata
una accettabile soluzione al problema, già sollevato dai rappresentanti sindacali,
inerente al recupero delle somme legate al contenzioso ex-lege 63/89, a seguito di una
sentenza del Consiglio di Stato.
La seduta è stata poi incentrata finalmente anche su tematiche di grande
rilievo e quindi non solo sull'ordinaria amministrazione.
Si segnala, a tal proposito, che sei Consiglieri hanno presentato, ai sensi
dell'Art 2 Comma 1 del regolamento di funzionamento del CDA, la richiesta di inserimento
(vedi a destra, N.d.R.), all'ordine del giorno dei Consigli di Amministrazione dei
prossimi mesi di Settembre e Ottobre, degli argomenti che riguardano:
- sistema dell'attribuzione delle deleghe e riparto delle competenze (ad esempio in
riferimento alla Giunta, mai attribuite);
- assetto, discussione e valutazione del quadro dirigenziale;
- revisione dello Statuto su linee di indirizzo condivise (maggiore democrazia e
partecipazione del Corpo Accademico- vedi decisioni ex-60%).
In realtà penso che questi siano alcuni degli argomenti che un
Consiglio di Amministrazione, da solo o con il Senato, dovrebbe trattare prioritariamente,
poichè di grande valenza.
Tra l'ordinaria amministrazione, segnalo che sono stati ratificati gli
ODG 9.2, 9.3, 9.4 che trattano dei contributi per le pubblicazioni di Riviste e Monografie
e per Convegni di rilievo internazionale. Pare opportuno che anche i relativi
regolamenti per l'assegnazione siano aggiornati come accennato durante la
discussione.
L'ODG 10.2 "Servizio Studenti disabili: resoconto attività 2005 e
programmazione anno 2006" è stato approvato all'unanimità, pur essendo state
sollevate alcune perplessità. Infatti questo argomento merita una maggiore
concertazione con i molti Colleghi che mi scrivono anche perchè interessati direttamente
e perchè hanno le competenze di realizzare un vero servizio efficace. Nello specifico,
sulle barriere architettoniche, siamo purtroppo ancora all'anno zero.
E' stato approvato il punto 10.4 "Giornate dell'Orientamento 2007",
tema sul quale lo stesso Rettore ha proposto un futuro approfondimento. EL
Bologna 18 luglio 2006 |
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7 luglio 2006
Consiglio di Ammistrazione dell'Ateneo
Le richieste dei 6 Consiglieri **
Oggetto: Richieste
presentate ai sensi dell'art. 2 comma 1 del Regolamento di funzionamento del
CdA" su argomenti specifici, ed in particolare:
- Sistema dell'attribuzione delle deleghe e riparto delle competenze;
- Assetto e valutazione della dirigenza;
- Revisione dello Statuto su linee di indirizzo condivise.
In Consiglio tali argomenti sono stati affrontati solo parzialmente
in forma estemporanea:
pertanto i sottoscritti * chiedono al Magnifico Rettore di voler convocare
un'apposita seduta del CdA nel mese di settembre con tali voci all'ordine del giorno,
ovvero di portare in discussione questi argomenti distribuiti nelle prossime sedute
calendarizzate.
Cantelli
forti Giorgio
Longo
Giovanni
Lorenzini
Enrico
Manzo
Patrizia
Muccino
Maria
Zago
Antonella
* (qui elencati in ordine alfabetico - N.d.R)
**NOTA: I 3 argomenti sono stati, poi, inseriti dal Magnifico Rettore all'o.d.g.
del 19 sett., con lo impegno di una loro discussione in una successiva riunione |
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REFERENDUM COSTITUZIONALE - Risultati
rilevanti per l'ITALIA |
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Dopo il NO alla riforma
costituzionale, appianata la via alla Governabilità del Paese
E aperta una fase storica che,
con l'espulsione graduale di Berlusconi
dalla scena politica, crea un vuoto al "grande centro", e si conclude
col ritorno dei cattolici, socialisti e liberali nell'area storica naturale, in
vista
delle elezioni politiche del 2011, senza più il pericolo di "salvatori della
patria" |
Verso il
riassetto al centro dello schieramento politico in Italia, con due "grandi
partiti" al centro ?
Come risultato delle elezioni, il primo a partire dovrà essere quello sull'emisfero
destro del centro:
"PARTITO NUOVO dei DEMOCRATICI e LIBERI", dentro il PPE - Partito Popolare
Europeo
Il modo come si sono svolte le elezioni del 2006, e con il
relativo sistema elettorale, ha confermato il permanere di anomalie gravi nella formazione
dellalternanza tra le forze politiche al GOVERNO, e dunque ha anche evidenziato la
necessità, per l'Italia, di una democrazia normale, in cui il popolo possa
scegliere, già in origine, tra due grandi partiti, eventualmente preceduto da elezioni
primarie.
Per la individuazione di una soluzione, un punto di partenza obbligato è la
considerazione che, in seguito alla demolizione nel 1992-94 di grandi partiti della storia
dItalia, come la DC e il PSI, si è creato un vuoto politico riempito
artificialmente (perchè senza basi morali e culturali storiche) da Silvio BERLUSCONI con
FI, partito-azienda molto portatore di interessi personali e poco portatore degli
interessi generali del Paese.
Sta, poi, di fatto che le elezioni politiche 2006 (e più radicalmente il referendum
costituzionale) hanno estromesso Silvio BERLUSCONI dal Governo, e ciò apre ad uno
scenario totalmente nuovo in Italia che, in una gradualità, e probabilmente per le
prossime elezioni politiche del 2011, produrrà un riassetto, al Centro, nello
schieramento dei partiti in Italia.
In questo quadro va valutata la possibilità che la democrazia in Italia trovi una sua
normalizzazione, mediante la formazione di due grandi partiti nazionali e inter-classisti,
e che dovranno avere, rispettivamente, un riferimento europeo nel PPE Partito
Popolare Europeo e nellINTERNAZIONALE SOCIALISTA.
Questa idea dà per scontato che sia storicamente non più proponibile per lItalia
lobiettivo di un solo grande centro inter-classista (come la vecchia DC) che si
presenta come tale alle elezioni, e che dopo le elezioni sceglie le alleanze per fare il
Governo. La tesi da privilegiare è, invece, che lelettorato di oggi si sente
sufficientemente maturo per scegliere direttamente il Governo, già al momento delle
elezioni politiche.
Nelle elezioni 2006, si sono presentati 74 partiti, sia pur afferenti a due principali
COALIZIONI, dei quali solo un piccolissimo numero (i partiti che hanno superato la soglia
di sbarramento) ha potuto ottenere una rappresentanza in Parlamento. Questo esercito
costituisce il bacino naturale più immediato di aspiranti all'avvio della costruzione di
un PARTITO NUOVO al centro, orientato verso uno dei due grandi partiti da
costruire come tappa finale. Ma non va, al tempo stesso, mai dimenticato che lUDC
costituisce al momento la fetta più importante della ricostruzione visibile della DC pur
se, al momento, non sufficientemente matura per avventurarsi in grandi compiti storici in
Italia, come quello illustrato in queste linee. E dunque, prima o poi, lUDC non
potrà non prendervi parte, in itinere.
I risultati elettorali hanno altresì ammonito coloro che, con grave e infondata
presunzione, hanno fondato le loro fortune su nomi storici importanti, come quello di
DEMOCRAZIA CRISTIANA, ma senza avere una squadra numerosa e valida, così da ottenere
credito dallelettorato.
La stessa prospettiva si apre a sinistra, sia pur con qualche rallentamento, imposto dalla
necessità di tenere in piedi la squadra di Governo.
In questo scenario dovrà essere delineata una nuova legge elettorale per il
parlamento nazionale.
1) Come un Partito Nuovo. La costruzione di un
PARTITO NUOVO sul centro-destra dello schieramento politico italiano, è qui considerata
quale soluzione ad un problema vitale della democrazia in Italia, che sembrava presentarsi
nel medio termine, e che invece, dopo le elezioni politiche 2006 si rivela possibile con
la rioccupazione del proprio spazio naturale, lasciato libero da FI. Il processo,
tuttavia, potrà essere attuato solo in una gradualità, che inizialmente è fondato
sullemisfero destro del centro. In un secondo tempo, i risultati del dialogo tra i
due emisferi di destra e sinistra del centro, potranno divenire una base per il dialogo con le rispettive estreme, a destra o
sinistra.
I due emisferi di sinistra e destra del centro contengono i ¾ dellelettorato e
della ricchezza totale del paese, per cui la prospettiva di un bipolarismo moderato ha un
fondamenti di probabilità per lItalia. In questa prospettiva molto dipenderà dalla
possibilità di un accordo di tutti i centristi per una legge elettorale ad hoc, e dunque
con uno spazio anche per i partiti estremi, a destra e sinistra, ma senza possibilità di
ricatti, come avviene da anni dentro il centro-destra e il centro-sinistra..
2) Un dato da cui partire è la debolezza
strutturale di Forza Italia. Una volta preso atto, anzi solo in quanto ciò, che la
debolezza di FI delinea la realizzazione della condizione per il ridisegno del
centro-destra, su basi nuove, si pone il
problema di uno strumento valevole a pilotare in modo ragionato il fatto nuovo. Questo
strumento è un PARTITO nuovo, collocato al CENTRO, che ha come riferimento europeo il PPE
- Partito Popolare Europeo, alternativo allINTERNAZIONALE SOCIALISTA, invece
riferimento dell'altro emisfero del centro.
Questo dato viene suggerito dal fatto che, tuttora, Forza Italia non ha la struttura
organizzativa di un partito, nel senso tradizionale. Essa è quella di un partito-azienda,
che vive (attraverso i mass media) sullimmagine della persona del suo Leader, e
dunque appare verosimile che, al venir meno del personaggi, quel partito si scioglierà.
Da qui la prospettiva del nuovo vuoto, e che dovrà essere riempito dai partiti
tradizionali, organizzati. In questo senso loperazione non va intesa come contro
qualcuno (come Forza Italia), ma come problematica di riequilibrio dentro il centro
destra, come conseguenza del possibile movimento del suo elettorato.
3) Lapporto dei Cattolici e Laici. In questa costruzione è di grande importanza
valutare quale possa essere lapporto dei Cattolici e Laici. Qui va ricordata la
domanda di partecipazione dei Cattolici alla vita politica, come emersa nel corso della
Settimana sociale dei Cattolici, a ottobre del 2004 a Bologna.
In quella circostanza il clero, il papa, i cardinali hanno sollecitato il ritorno dei
Cattolici ad occuparsi di politica, pur se in un modo nuovo che nel passato, in cui essi
avevano come riferimento un unico partito la Democrazia Cristiana esperienza
che, tuttavia, la Chiesa considerava esaurita.
Questa circostanza, collegata col problema del vuoto al Centro, che è atteso in
prospettiva, indica la possibilità del rientro organizzato dei Cattolici per
lapprontamento del nuovo strumento di riempimento di quel vuoto. Inoltre, questa
stessa possibilità va considerata con riferimento alla confluenza di altre culture, che
già hanno dato contributi storici fondamentali allunità di Italia: quali i
Repubblicani, i Liberali, i Socialisti, Socialdemocratici, la cui concezione laica dello
Stato ha sempre permesso una costruttiva collaborazione tra la cultura Laica e quella
Cattolica e Cristiana, in generale. Il PARTITO NUOVO, dunque, ha valori cristiani e laici
ed è primo amico delleconomia di mercato, ma tiene fermi alcuni paletti sul fronte
del sociale e dei diritti naturali (FAMIGLIA, SCUOLA, EDUCAZIONE, GIOVANI, VECCHI,
AMMALATI, BENI PRIMARI, e non solo per gli Italiani). NL
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ELEZIONI POLITICHE - Risultati rilevanti per
l'ITALIA |
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Diradato il fumo, troviamo infine l'arrosto ...
E' stata restituita al Parlamento la sua
funzione,
con un sufficiente ruolo guida del Governo
Ma la via della Governabilità
sarà appianata solo con il No
nel Referendum del 25 giugno alla Costituzione di Bossi-Berlusconi
( e risanando i conti statali solo con meno spesa pubblica. NO TAX ) |
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Per un REGIONALISMO AMMINISTRATIVO, senza poteri legislativi regionali
Per la salvaguardia della COSTITUZIONE DEMOCRATICA del 1948
In RIASSUNTO, la governabilità passa per la capacità di risanamento dei conti pubblici e
di sviluppo della economia. Sono due obiettivi che presuppongono il ripensamento totale
del sistema delle autonomie regionali, provinciali e comunali, secondo il concetto che
l'autonomia è cosa buona se comprende la responsabilità fiscale.
Queste scelte passano per il NO al Referendum del 25 giugno sulla
Costituzione di Bossi-Berlusconi, perchè il dissesto dei conti pubblici ha il suo primo
fattore nel federalismo regionale introdotto dal precedente Governo di centro-sinistra e
che la Costituzione di Bossi ha ampliato fuori misura.
C'è, poi, la questione della nuova forma di governo, introdotta dalla
Costituzione di Berlusconi, che è pericolosa per la democrazia, e questo è un secondo
motivo per il No nel Referendum. |
Nino LUCIANI. Diradato il fumo
post-elettorale, troviamo l'arrosto: è restituita al Parlamento la sua funzione,
ed è lasciato al Governo un sufficiente ruolo guida, se lo vuole. Tuttavia, la via
della governabilità sarà appianata solo con il referendum costituzionale sul federalismo
regionale di Bossi e la forma di governo di Berlusconi.
1) Perchè il Parlamento ha recuperato la sua funzione. Il fumo
post-elettorale è la rabbia degli "esclusi", che è un fatto di persone, non di
interessi popolari, ma del tutto normale per lunga tradizione, nel dopo elezioni: tanto
più se i perdenti sono a un tiro di schioppo dai "vincitori". La sostanza che
rimane acquisita è invece che il Parlamento ha recuperato (dopo molto tempo) la sua
funzione di rappresentanza forte dei cittadini, e questo grazie al fatto che, in Senato,
la "maggioranza" governativa è risicata: nel senso che non sarà possibile al
Governo "imporre" al Parlamento qualsiasi "colpo di mano", con l'abuso
dei voti di fiducia (cosa su cui hanno eccelso sia i governi di destra che di sinistra).
Esso dovrà, invece, trattare con la propria "maggioranza", ma anche con la
"minoranza", sulle questioni rilevanti per la democrazia e le libertà, come le
modifiche della Costituzione e per le tasse.
Negli Stati Uniti, questo è molto normale, anche perchè in Senato c'è una
maggioranza diversa da quella del Congresso. Ciò non ostacola il buon funzionamento del
sistema democratico, anzi accresce le possibilità di saggezza per le grandi scelte.
Ma, naturalmente, non va preso sottogamba il problema della governabilità.
Negli USA, il problema non si pone, perchè il Presidente è eletto direttamente dal
popolo. Da noi, esso è stato, oggi, risolto col fatto che il Governo ha 2 voti di
maggioranza al Senato: quanto basta per stare in piedi, e quanto necessario per non
prevaricare sul Parlamento.
Ma la governabilità è anche il frutto di come si impostano i problemi.
Molto dipende dal non dimenticare mai quel 5-10% di elettorato, che ha lasciato PRODI
all'ultimo momento, preoccupato di scansare le tasse minacciate da BERTINOTTI. (Quelle
tasse sulle rendite finanziarie .... sono abbastanza ridicole, anche solo a pensare che è
lo Stato a generare quelle rendite, direttamene e indirettamente, come conseguenza del suo
debito - Ma vi tornerò in altra occasione). Recuperare in Parlamento la fiducia di questo
elettorato è essenziale per PRODI, anche perchè esso sarà sempre più il fattore da
bilancino, nelle elezioni politiche, così da determinare la maggioranza. C'è, poi, lo
"strano" buon senso dell'italiano medio, per il quale un governo vale l'altro.
2) Ma, poi, c'è la questione del referendum del 25 giugno, sulla
Costituzione di Bossi-Berlusconi.
La crescita della spesa pubblica ha nelle autonomie regionali la sua falla
primaria, perchè disgiunta (ma non si può fare diversamente) da responsabilità fiscale.
Questa falla era stata già aperta dal precedente Governo di centro-sinistra, ma con la
Costituzione di Bossi la spesa pubblica diverrebbe totalmente ingovernabile. Per questo,
la bocciatura della devolution, oltre che necessaria, dovrebbe essere
solo il primo passo per ridiscutere tutto, tra maggioranza e opposizione, in modo da
pervenire ad un testo largamente condiviso. Motivi ?
a) l'ulteriore ampliamento dei poteri legislativi delle Regioni
(la sanità, la scuola, sicurezza, ecc.), non essendo controbilanciato da responsabilità
fiscale, incentiva i Governi regionali (per catturare il consenso locale) a spendere
senza limiti automatici. In questo sistema, è il Governo nazionale che, invece, è
incaricato di affrontare l'impopolarirà di applicare le imposte, e finanche incolpato
dalle Regioni di non trovare soldi sufficienti.
Il nostro federalismo attribuisce alle Regioni un potere legislativo, e
questo accentua la babele delle lingue tra i cittadini delle diverse Regioni.
Per creare un freno alla spesa occorrerebbe dare alle Regioni il potere
fiscale. Ma l'attribuzione di potere fiscale, è, però, solo la conseguenza di
una corretta definizione astratta di federalismo. In pratica, quando (come da noi) le
dimensioni dei territori è piccola, esso diviene un rimedio peggiore del male. Infatti,
il federalismo fiscale da origine, per sua natura, ad una pluralità di tasse tra
Regione a Regione, a seconda delle preferenze e delle diverse entità della spesa, le cui
conseguenze più immediate sono:
- l'alterazione della concorrenza tra le imprese delle diverse Regioni, e la
discriminazione contro le Regioni più povere;
- l'accentuazione della concorrenza fiscale tra più enti tassatori (Stato, Regioni,
Province, Comuni), mentre la tasca del contribuente è "unica". Se l'Ente più
forte (lo diverrebbe la Regione) prelevasse da solo il 50% del reddito dei cittadini, gli
altri Enti dovrebbero aggiungersi comunque, in quella tasca, per prelevare soldi ? E'
dunque evidente che, in senso lato, il federalismo fiscale non è attuabile nei piccoli
Stati (come l'Italia).
Si conclude che il federalismo regionale va definito in stretti limiti, ed
associato ad una responsabilità fiscale nell'ambito di un sistema fiscale nazionale
unitario. Le integrazioni perequative dello Stato vanno, poi, definite su quote certe del
"PIL", differenziate da Regione a Regione, da permettere la programmazione
economica locale.
Inoltre, un sano federalismo va fondato su un regionalismo
amministrativo, senza poteri legislativi, e riguarda solo compiti di interesse regionale.
La sanità, la scuola, la sicurezza sono, invece, problemi nazionali.
Nel campo amministrativo ci sarebbe tanto lavoro da fare per limitare le
spese e recuperare efficienza. Basti pensare che in Italia i Comuni sono oltre 8.000, e di
essi i 3/4 hanno meno di 10.000 abitanti, per cui è impossibile fornire servizi sociali
efficienti, a basso costo. Occorre riordinare gli enti locali, accentrando molti compiti
nei Comuni metropolitani. Le Province dovrebbero essere abolite e, i loro compiti, dati ai
Comuni metropolitani.
c) La Costituzione di Berlusconi tocca anche la forma di
Governo, con un potenziale ruolo eversivo del Primo Ministro. Infatti:
- con l'art. 26 la candidatura a Primo Ministro è posta nelle elezioni politiche,
collegatamente, ai partiti che a lui si richiamano (grosso modo come è attualmente per il
Sindaco, nei Comuni);
- ma poi, con l'art. 28, il Primo Ministro deve avere la fiducia delle Camere. (Si
domanda: se egli è, in pratica, eletto direttamente dal popolo, a cosa gli serve la
fiducia delle Camere? Negli USA questo non avviene. Il motivo lo si trova nell'art. 23).
- con l'art. 23, in caso di sfiducia, "su richiesta del Primo
ministro, che ne assume la esclusiva responsabilità", "il Presidente della
Repubblica decreta lo scioglimento della Camera dei deputati ed indice le elezioni".
Questo significa che Berlusconi vuole un Primo Ministro che, con l'avallo del
popolo, tiene sempre sotto scacco il parlamento con la minaccia dello scioglimento; e
questo è molto peggio di adesso, in cui il Governo può abusare dei voti di fiducia.
Personalmente vorrei l'elezione diretta popolare del Primo Ministro, ma senza toccare il
ruolo del parlamento, quale rappresentante diretto del popolo, e presidio permanente delle
libertà democratiche. NL |
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ELEZIONI POLITICHE
2006
N. LUCIANI, Difendere la democrazia
in Italia, tornando al rispetto
del PARLAMENTO
Ma il primo passo è superare presto
il "POST-BERLUSCONISMO |
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Nino
LUCIANI. Chiedo venia ai Colleghi se, (in contrasto con la
tradizione), ma avendo non poco travagliato per le riforme universitarie con ministri e
parlamentari per tutto il tempo della legislatura, voglio adesso esternare la mia
opinione, sotto elezioni.
1.- Tornare al rispetto del Parlamento. Al di là dell'idea, che ognuno
di noi può avere, se BERLUSCONI abbia o non abbia, attuato il programma promesso o se
l'Unione di PRODI voglia aumentare le tasse, le coscienze democratiche sono state turbate
dal poco rispetto di Berlusconi per il Parlamento. Lo si è visto dai molti di voti di
fiducia, con cui (pur avendo una larga "Maggioranza") ha carpito al Parlamento
leggi importantissime (vedi: la riforma federale dello Stato, la riforma della
Magistratura, la legge elettorale, la riforma universitaria).
Cè dell'altro: la nuova Costituzione della Repubblica darà al Premier il
potere di sciogliere il Parlamento, in caso di sfiducia delle Camere. Questo fatto desta
preoccupazione, se associato a precedenti storici "ammonitori":
- in Italia la dittatura fascista iniziò (nel 1924) carpendo al
Parlamento i pieni poteri;
- in Francia, Carlo Luigi Bonaparte sciolse l'Assemblea Legislativa il 2 dicembre
1851, e promulgò una Costituzione, sancita dal plebiscito del 2 dicembre 1852, che lo
portò alla restaurazione imperiale col nome di Napoleone III .
Direi, poi, (passando solo apparentemente ad altro) che l'Italia non può più
permettersi, anche di fronte al mondo, di avere un Premier sempre sotto attacco
dalla Magistratura. A meno che, in Italia, vogliamo passare tutti alla legge
della giungla, dove lo Stato abolisce la Magistratura, e vince chi ha più forza o più
fantasia. |
2.- Spiego adesso il sotto-titolo
("superare presto il "post-Berlusonismo"). Esso è conseguenziale
al titolo, ma per poi allargarsi a questioni più minute.
Definisco "berlusconismo" il dilettantismo in politica, associato a
promozione di propri interessi, ai limiti delle righe, e magari con la voce grossa. E
definisco "post-berlusconismo" i tempi supplementari, seguìti alla disfatta
delle elezioni regionali dello scorso anno, di Forza Italia&C, che hanno confermata
esaurita la capacità propulsiva del "berlusconismo" (mi riferisco alla parte
qualificante del suo programma: "meno Stato, più Mercato").
Non si tratta di non apprezzare un lavoro imponente, che pure è stato fatto nei
più disparati campi (vedi: la riforma dei concorsi universitari, la riforma
dellart. 18 sul lavoro, il riordino del diritto societario, la riforma dei diritti
di proprietà industriale,
). Da ultimo, ma non ultimo, la legge SIRCHIA antifumo
nei locali pubblici, anzi forse la sola legge veramente importante del Governo Berlusconi,
perchè tocca direttamente la salute delle persone.
Ma il Governo non ha abbassato la spesa pubblica e la pressione fiscale,
come promesso. E c'è stata anche l'inazione del Governo in campi strategici, da cui sono
derivati infiniti guai ai lavoratori e pensionati. E' il caso dello aumento dei
prezzi, a causa dell''Euro. Quella inflazione ha diminuito del 50% il potere d'acquisto
del reddito fisso (stipendi, salari, pensioni) a vantaggio di altre mani, ed ha creato
grandi difficoltà alle esportazioni verso l'estero.
Nel complesso, prevale (almeno in me) il giudizio che il programma
qualificante non è stato attuato. E siccome, andando all'indietro, questo non
sarebbe il primo Governo che non attua il programma o che sgoverna, ebbene per questi casi
il criterio migliore resta quello dell'alternanza, perchè si impari anche in Italia
che, non applicando il programma, si è licenziati. Non ci si rattristi più di tanto
perchè, in politica, la sola scelta possibile è, di solito, la scelta "meno
peggio". 3.- E
che dire al possibile Governo PRODI ? Direi che rimane ferma la domanda
dell'elettorato centrista di avere un'Italia con meno Stato e più Mercato, purchè questo
non significhi tornare indietro rispetto ai diritti civili fondamentali conquistati a duro
prezzo dagli Italiani, negli ultimi 30 anni.
E' sicuro (per me) che la Sinistra ama più aumentare le
tasse, che ridurre le spese pubbliche. Ma il crollo dei Paesi
comunisti dell'Est ha, già, molto insegnato alla "sinistra italiana",
tantè che essa si presenta in associazione ad una forza centrista rilevante.
Sotto questo aspetto lalternanza, che ci viene prospettata, è più di
uomini che di programmi. Questo aspetto diviene tre volte rilevante se si somma
alla necessità di chiarezza per la democrazia e di ammonire chiunque ad applicare il
programma.
E quanto alla fede democratica della sinistra, mi stupisco che si debba
trovare ancora qualcuno che non si è accorto che, senza il soccorso dell'ex-PCI alla DC,
nei passati "anni bui", la democrazia non si sarebbe salvata in Italia.
Direi, infine, a PRODI che egli non dovrebbe ripetere
l'errore (del suo primo Governo, 10 anni fa), di pareggiare il bilancio dello Stato
iniziando, in un primo tempo, con l'errore di aumentare le imposte; e di rinviare alla
fase 2 la riduzione della spesa pubblica, per poi (forse) tornare a ridurre le imposte
alla fine. E' più impopolare ridurre la spesa che aumentare le imposte, per cui
(politicamente) conviene fare, prima, l'una cosa, quando ci sono davanti 5 anni di
legislatura e, dopo, ridurre le imposte (5-10%).
Direi anche a Bertinotti che non ho scordato che (a suo tempo)
egli tolse il sostegno a Prodi, solo due anni dopo il mandato di Governo... |
4.- Indicherei quattro punti strategici, urgenti, che il
"Post-Berlusconismo" avrebbe dovuto considerare nell'ultimo anno, e che
passerei al prossimo Governo: a) un diverso
comportamento verso l'Università pubblica (bastava a Berlusconi fare quanto promesso nel
suo CONTRATTO CON GLI ITALIANI, ma non mantenuto), perchè l'Università è la fabbrica
della classe dirigente del Paese e della ricerca scientifica. Questo comportava un
vero ridisegno delle Lauree, dequalificate dal precedente Governo. E comportava il
rifinanziamento dell'Università pubblica, con una particolare attenzione a quelle del Sud
, in modo che in ogni Regione si realizzi via via "una" Università di
dimensioni adeguate. In quale altro modo si vorrebbe anche combattere la criminalità
organizzata locale, se non formando nuova classe dirigente ?
b) il soccorso del commercio estero, in sofferenza da 4 anni.
Già da quando andavamo a scuola, abbiamo imparato che l'Italia è povera di materie
prime, ma che essa può riscattarsi importando e riesportando, previa trasformazione. Le
esportazioni (23% del PIL) sono il motore, numero 1, dell'intero sistema Italia.
Il Governo, è vero, non poteva più svalutare il cambio della Lira per sostenere
le esportazioni, ma aveva lo strumento fiscale, che avrebbe potuto usare con effetti
equivalenti (a parità di gettito). Le imposte da ridurre dovevano essere quelle
"indirette" (non quelle "dirette", secondo il
"berlusconismo") perchè esse riducono i prezzi interni e questo fa bene alle
esportazioni. La Germania (nostro partner di più diretto riferimento) ha un'IVA del 16%
(noi del 20%, oltre all'IRAP del 4,5%);
c) una politica per l'energia, che vada presto a sostituire
il petrolio con prodotti agricoli. Raoul GARDINI ci aveva detto che dalle produzioni
agricole (soia, mais, ecc.) possiamo ottenere subito carburanti. Solo in queste settimane
abbiamo avuto un piccolo provvedimento del Governo in tal senso, ma solo perchè in
applicazione di indicazioni della U.E. . Facendo molto di più in tal senso, soccorriamo
anche l'agricoltura, in crisi storica;
d) sanare il bilancio statale rimane un obbligo europeo per
qualunque Governo, e questo fa bene all'Italia, quale politica per accompagnare l'Euro in
senso "non inflazionistico". La via primaria è un abbattimento significativo
(7-8%) della spesa pubblica (48,8% nel 2001, 48,5% nel 2004), quale presupposto per
passare veramente anche alla riduzione della pressione fiscale (45,7% nel 2001, 45,2% nel
2004) (e non all'incontrario, come voleva fare il "berlusconismo"). Faccia
attenzione che la tassazione dei Buoni del Tesoro è controbilanciata, per traslazione sul
Tesoro, da una corrispondente spesa pubblica, perchè il risparmiatore guarda agli
"interessi netti". E faccia attenzione (ma dico a PRODI, perchè BERTINOTTTI
ascolti) che la giustizia fiscale non va impostata senza tener conto anche degli effetti
sugli investimenti e loccupazione. NL |
|
Stefano Follesa
|
Lettera di un giovane Architetto che vuole diventare
professore,
ma frattanto deve lavorare all'esterno dell'Università
|
Stefano
FOLLESA, "Mi è stato riferito che in qualche commissione di concorso
la mancanza del titolo di dottore di ricerca sia diventata un ostacolo al superamento del
concorso, a dispetto delle pubblicazioni e delle docenze svolte. Ritengo che ciò non sia
corretto e mi auguro che qualcuno possa battersi per i giusti diritti di chi
dall'Università ha avuto moltissimi oneri e pochi onori.
Nel corso di circa quindici anni dimpegno costante
allinterno (da esterno) delluniversità ho attraversato tutte le possibili
forme di precariato (collaboratore alla didattica dopo la laurea, cultore della materia,
modulista nei laboratori, tutore universitario, docente a contratto ).
Per le tante ore trascorse nelle aule e nei corridoi della mia facoltà
ho avuto in cambio poche lire (poi euro) di rimborsi spese, ma la ricchezza del rapporto con gli studenti è stata forse più importante dei
soldi .
Non ho mai partecipato al concorso per dottorato di ricerca, sia perchè i
pochi posti erano veramente limitati (e spesso già assegnati), sia perchè ciò
mi avrebbe impedito di svolgere una attività lavorativa (non tutti nasciamo con
le spalle coperte). Ciò non mi ha comunque impedito di portare avanti le mie ricerche e
di programmare le pubblicazioni necessarie per affrontare il concorso per ricercatore.
Nel settore in cui opero (architettura - disegno industriale),
linsegnamento è strettamente legato all'attività professionale e personalmente non
ritengo si possano insegnare le discipline
progettuali senza aver mai praticato la professione.
Da qualche anno ho un mio corso allinterno della laurea triennale in
disegno industriale, corso che mi viene annualmente rinnovato attraverso bandi per
affidamenti ad esterni.
Limpegno che dedico alla didattica è ben superiore alle ore previste
nel contratto perché la preparazione delle lezioni, le revisioni desame, le
revisioni di tesi, lorganizzazione delle dispense e lorganizzazione dei contributi esterni impongono un impegno
consistente (se si ha rispetto per gli studenti) sia che uno sia esterno o strutturato.
Nel corso di laurea in cui opero la maggioranza delle docenze sono tenute da
contrattisti, studiosi e professionisti giovani o meno giovani che tengono le lezioni,
seguono le revisioni, sono tutori universitari per gli stage, gestiscono i propri esami e
partecipano alle commissioni dei colleghi,
seguono le tesi di laurea (dove poi però compaiono come correlatori), partecipano ai consigli di facoltà e a tutte le attività
interne; il tutto in cambio di un rimborso spese che talvolta non copre nemmeno le spese
per gli spostamenti.
Tutti i docenti esterni svolgono il proprio ruolo con una dedizione e una
passione talvolta superiori a quelle di qualche strutturato (le schede di valutazione che
gli studenti compilano spesso dicono questo). Nonostante una gestione del corso di laurea
affidata in massima parte ad esterni, ma sopratutto grazie alloperato dei pochi
strutturati e del preside, le lamentele degli studenti sono indirizzate quasi totalmente
alla mancanza di attrezzature e di strutture e solo in minima parte a carenze nella
didattica.
Il mio percorso è comune a quello di tante persone giovani o meno
giovani sulle cui spalle regge il presente e forse il futuro di molti corsi universitari.
Riterrei corretto che, visto che l'Università non è in grado di garantire un futuro da
strutturati a tutte queste persone (anche se dei minimi retributivi sarebbero veramente
auspicabili), possa perlomeno dare un segnale preciso con un riconoscimento del valore
delle docenze a contratto in sede concorsuale (cosa che attualmente non avviene) e un
inserimento di rappresentanti dei contrattisti nelle commissioni gestionali e decisionali
degli atenei. Questo rappresenterebbe una forma di rispetto per limpegno e la
passione delle tante persone che, pur consapevoli delle possibilità minime di inserimento
in ruolo, svolgono ugualmente il proprio lavoro(?) con estrema serietà." SF |
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO, ma non solo ... |
|
LETTERA della prof.ssa Elena FERRACINI
per difesa dell'A.d.D.U. *
* ASSOCIAZIONE
"donne" DOCENTI UNIVERSITARIE
|
Caro Nino,
ora che si sono (quasi) spenti gli echi delle recenti elezioni per il rinnovo del CdA e
Senato Accademico, gradirei conoscere le motivazioni e/o gli antefatti che hanno ispirato
i tuoi interventi-commenti sulle candidature femminili; mi preme soprattutto dirti che la
discriminante da te usata, è, a mio avviso, becera e maldestra;
tuttavia, ognuno è libero di esprimersi come crede purchè lo faccia a titolo personale:
nel caso in questione deve essere chiaro che il "Comitè de Patronage" (la prof.
ne fa parte -N.d.R.) non c'entra affatto!
Ti chiedo perciò di pubblicare questa mia nel suddetto Foglio elettronico.
Colgo l'occasione per inviarti i miei saluti più cordiali ed i miei migliori auguri per
le prossime festività. Elena FERRACINI |
Cosa
era successo ?
Era successo
che, in un articolo relativo alle elezioni del Rettore, avevo titolato:
"BATTIAMOCI
PER LA RIFORMA DEGLI ORGANI !" Inoltre, la Associazione delle
Donne dovrebbe smettere di invitare le DONNE a votare CANDIDATE-DONNE, solo in
quanto DONNE."
e infine, dentro l'articolo, c'era scritto:
" Ciò inquina da anni il processo democratico dell'Ateneo. Ma fortunamente la
stragrande maggioranza delle DOCENTI universitarie non subisce questi inviti." NL
Cara Elena,
mi chiedi le motivazioni e/o gli antefatti del mio intervento, che (ti preciso) era
a titolo personale.
Premesso che ritengo l'AdDU una associazione legittima, perchè "non è
segreta" (come vuole la Costituzione della Repubblica) e perchè ha un obiettivo
bello (la "pari opportunità" per uomo e donna"), è però
notorio che |
l'Associazione è anche
una "lobby", che dà indicazioni di voto alle proprie iscritte nelle
elezioni del Rettore.
Nel caso delle recenti elezioni del Rettore, è notorio che c'era un
candidato-DONNA, ed è notorio che l'associazione ha concentrato il proprio voto su un
candidato-UOMO, facendolo vincere al primo turno, anzichè al secondo turno. Forse
ha fatto bene, per il superiore interesse dell'Ateneo, ma è una cosa diversa dalla
"pari opportunità" ... .
In generale, rientra nella logica della "pari opportunità"
anche il votare un uomo per una posizione, per ottenere in cambio da lui la collocazione
di una donna in un'altra posizione. Credo, però, che in questo caso si sia al limite
della coerenza con l'obiettivo principale (la "pari opportunità" per la
donna). Anche questo criterio di comportamento è, però,
legittimo, come sono sono legittimi, in politica, gli accordi di voto per avere più
forza.
Tuttavia, una volta che l'associazione entri nell'agone della politica,
diviene normale esporsi a plausi o a critiche da chiunque, a seconda del punto di
vista, circa gli interessi protetti o avversati.
Dovrei, forse, anche aggiungere che, nella civilissina Bologna, la
"donna" non alcun problema di protezione rispetto all'uomo. E direi anche
che nell'Ateneo di Bologna (almeno in dati settori - vedi l'Amministrazione) è caso, mai,
l'uomo che avrebbe bisogno di una propria "associazione per le pari
opportunità". NL |
|
Guido Masetti, Preside
|
RELAZIONE PER L'INAUGURAZIONE DEI CORSI AA-2005/06 - 16 nov. 2005
|
Breve
presentazione. Nel 70° anniversario dell'edificio storico della attuale Facoltà
di Ingegneria di Bologna, il Preside MASETTI ha svolto una relazione, che proponiamo
all'attenzione della comunità scientifica nazionale per due motivi:
a) il primo è l'interesse, per molti, ad avere notizie sulla storia della
Facoltà. Tra l'altro, si coglie un intreccio con G. Marconi, al quale la Facoltà
conferì la laurea ad honorem, e che indirettamente ricorda a tutti l'importanza della
ricerca individuale nel patrio lido italico, a parte che G. Marconi dovette andare
all'estero per fare i propri esperimenti in grande (Si clicchi, per curiosità, in questo
web su "GENIO DEGLI
ITALICI")
Si riporta alla fine la fotografia dell'edificio del 1935 (anche quello
attuale).
b) Il secondo motivo è che il Preside fa un primo rapporto sui
risultati del nuovo ordinamento didattico nella Facoltà nel momento di passaggio dal DM
509 al DM 270. Benchè il breve rapporto del Preside riguardi solo la propria Facoltà,
oggettivamente esso può essere un punto di riferimento per altri che, a casa propria, si
preoccupino di andare avanti, correggendo i gravi difetti dell'attuale ordinamento delle
lauree.
La relazione integrale è visibile sul web della Facoltà, cliccando su
Inaugurazione .
Qui di seguito c'è uno stralcio limitato agli aspetti didattici, che si
intende sottoporre alla comune riflessione. NL |
STRALCIO dalla Relazione (Parte
didattica) - Parole chiave commentate oralmente
1) Correlazione tra crediti acquisiti
(I° anno) e test di ingresso.
Dal confronto tra Crediti e Test, si direbbe che, in carriera, lo
studente si ritroverà con lo stesso punteggio ottenuto in ingresso, al momento del test,
prima di iscriversi nella Facoltà (N.d.R.)
2. - Flussi studenteschi
- Laurea triennale verso Laurea Specialistica |
|
Laureati della Laurea Triennale
entro dicembre |
22% (delle iscrizioni in origine) |
Laureati della Laurea Triennale
in 3 anni |
45% |
Laureati della Laurea Triennale
(stima) |
74% |
*** |
|
Iscritti alla Laurea
Specialistica |
54% dei provenienti dalla LT |
- Laureati della Laurea Triennale
|
39% in 3 anni |
- Laureati della Laurea Triennale |
15% in 4 anni |
*** |
|
3. - Carriera degli
Studenti della Laurea Triennale |
|
Realizzano 38-40 crediti/anno |
|
Nota: Essendo 60 i crediti
acquisibili, 30-40 sono troppo pochi !!! |
|
*** |
|
4.- Perché risultati
così modesti ? |
|
DIFETTI STRUTTURALI |
|
- Eccessiva frammentazione delle
discipline |
|
- Numero degli esami: troppi |
|
- Corrispondenza CREDITI/Ore di
lavoro |
|
- Scarsa abitudine allo studio |
|
- Discipline di base ?? |
|
*** |
|
5.- Qualità didattica:
dove migliorare |
|
LABORATORI |
|
- Aule, Sale studio |
|
TUTORI:
competenza/responsabilità |
|
CORSI DI RECUPERO per chi sta
perdendo il passo |
|
PERCORSI DI ECCELLENZA |
|
VALUTAZIONE STUDENTI: 70/100 |
|
AZIONI |
|
- Mancato rinnovo contratti con
esterni |
|
- Analisi con docenti e
Rappresentanze Universitarie |
|
*** |
|
6.- Risorse: richieste
Corsi di Studio |
|
180 Crediti per Laurea Triennale:
Crediti 210 (medio), sinergie |
|
120 Crediti per Laurea
Specialistica: Crediti 160 (medio) |
|
*** |
|
7.- Organico e carico
didattico della Facoltà di Ingegneria |
|
- 349 docenti e ricercatori |
|
- Carico didattico medio: 2,3
moduli/docente equivalente (140 ore) |
|
*** |
|
8.- Come salvaguardare la
ricerca ? |
|
Ossia, come salvaguardare la
didattica avanzata ? |
|
Carico didattico medio: 2,3
moduli/docente equivalente (140 ore) |
|
*** |
|
9.- 2006 è
lanno giusto per valutazione e "rivisitazione della didattica" |
|
CESURA Lauree
Triennali e e Lauree Magistrali (LM non è 2, non +2) |
|
Significato
"anno comune in ingresso"
|
|
*** |
|
10.- Futuro/Risorse:
alcune problematiche |
|
RICONSIDERARE il numero dei Corsi
di Studio |
|
Laurea Magistrale < Laurea
Triennale |
|
Attivazioni ? |
|
Contenere il numero degli
Insegnamenti |
|
Nuove Tecnologie |
|
*** |
|
11.- Alcune ipotesi per
Lauree Specialistiche/Lauree Magistrali |
|
PIU CREDITI PER LE TESI DI
LAUREA |
|
PROGETTI PER GRUPPI INSEGNAMENTI |
|
MAGGIORE ATTIVITA DI
LABORATORIO |
|
|
Keys:
ricerca scientifica, didattica, leggi universitarie, miur, studenti, diritto allo studio,
moneta, banche, economia, finanza, bilancio, conferenza |
Bologna-Università,
"Flop" a Giurisprudenza
sulle nomine di nuovi Professori Emeriti.
"Gelata" in altre Facoltà sulle istruttorie in atto |
Nota. Il 21 nov. 2011 era all'o.d.g. della Facoltà di
Giurisprudenza la nomina di "sei professori ordinari", tutti "pezzi da
90". La delibera non ha prodotto i voti sufficienti per essere valida.
Una apposita Commissione aveva esaminato positivamente le
candidature. La delibera del Consiglio di Facoltà aveva avuto luogo con unica decisione,
ma mediante apposizione di crocetta (da parte dei singoli votanti) a fianco dei nominativi
dei singoli candidati.
L'elettorato attivo del Consiglio è stato composto dagli aventi diritto,
ivi inclusi i Ricercatori. Probabilmente la ragione, credo fondata, è che non era in
gioco la regola del giudizo da "pari a pari" in quanto, al
momento del riconoscimento, le persone sotto esame non erano più professori ordinari (in
quanto già erano cessati dal servizio).
Questo fatto ha indotto alcune Facoltà a ritirare i remi in barca,
circa le proposte già istruite, in attesa di chiarimenti; ed altri già a domandarsi come
potranno "passare" ..., dentro la stessa Giurisprudenza, personalità già in
lista d'attesa, che hanno illustrato l'Università di Bologna nel mondo, ma anche (a suo
tempo) prodotto resistenze di potere, all'interno.
Commento.
a) Sotto l'aspetto formale, la legge attribuisce alle
Facoltà (in futuro, ai Dipartimenti) la potestà di dare il riconoscimento e lo limita al
requisito che il professore ordinario abbia almeno 20 anni di servizio espletato come
ordinario. Nel caso degli impiegati statali, in generale, c'è il conferimento del diploma
al merito di servizio, subordinato al requisito di avere almeno 40 anni di servizio.
Ma, poi, le Facoltà universitarie italiane hanno aumentato i
requisiti di legge, richiedendo il vaglio dei contributi originali d'ordine scientifico,
didattico ed accademico.
Risulta, tuttavia, che la considerazione dei requisiti sia avvenuta,
di solito, in modo generico (dire, senza dire), sia pur da parte di apposite commissioni.
Aggiuntivamente, nel caso della Facoltà di Giurisprudenza, si è
inserito ultimamente il Rettorato senza tener conto del vento che ha sconvolto
l'università italiana negli ultimi 10 anni e che ha portato la legge Gelmini a richiedere
modi totalmennte nuovi di valutare il merito dei professori.
Quanto sia stato forte e sconvolgente questo vento, può darne
valida testimonianza la registrazione del dibattito del Senato della Repubblica, il 29
luglio 2010 (si veggano gli atti, tuttora pubblicati), nel quale i Senatori hanno motivato
la votazione della legge Gelmini col chiaro richiamo di fatti "devianti" dei
professori (gonfiati fuori misura), come concorsopoli, parentopoli, la dilapidazione del
danaro pubblico con la proliferazione dei posti e delle sedi.
Pur in questo mutato quadro, il Rettorato aveva fatto (giugno
2011) delle "Linee guida" estremamente maldestre, perchè hanno complicato le
cose solo dal lato procedurale, senza toccare i criteri di valutazione, il fatto nuovo del
nuovo corso dell'Università italiana. Meglio era, forse, lasciare le Facoltà sulla loro
libera strada.
Ad aggravare il clima interno accademico c'è, oggi, anche il
fatto che, in Italia, dal 2008 al 2011, sono venuti meno 7000 posti di docente di ruolo,
senza poter intravvedere quando saranno ricoperti. Probabilmente, la minore torta da
ripartire ha inasprito (pro quota) i rapporti interni, e dunque non si può escludere che
il voto negativo dei Ricercatori nasconda qualche "soddisfazione personale", che
qualcuno si è preso contro persone oggi fuori dai giochi.
b) Quali soluzioni. Può anche darsi che il
conferimento del titolo di emerito non vada fondato su criteri di valutazione alla maniera
dell'ANVUR. Ma, in tal caso, il Rettorato dovrebbe affermarlo chiaramente e dire
quale sia la propria impostazione della valutazione, aggiuntivamente a quelli del
TU del 1933. Su questa strada, si potrebbero individuare due livelli di valutazione:
- un livello di assoluta eccellenza, basato su qualcosa di
molto sintetico e assolutamente rilevante ed evidente. Penso a casi di
"chiara fama scientifica nazionale o internazionale" o specificamente
l'aver conseguito un premio per una "particolare grande scoperta
scientifica", a casi di "opere di grande rilevanza umanitaria" (come
l'aver soccorso vite altrui, con dispregio della propria), a "cariche di alto
prestigio dentro e fuori dall'università" (come l'aver svolto l'incarico di Rettore,
di Presidente del Consiglio dei Ministri);
- un livello normale eccellenza, per i professori e
ricercatori, comuni mortali (con cumulo di tutti gli anni di docente di ruolo), che mai sono
venuti meno al loro dovere, molti dei quali anche paghi di risultati innovativi
ma nel silenzio.
Questo riconoscimento, da esprimersi sotto forma di accoglienza in una
ASSOCIAZIONE del tipo ex-allievi, dovrebbe servire a tenere legati all'università coloro
che l'hanno amata e che desiderano rimanere legati, e valorizzare scoperte scientifiche
rimaste nascoste, ripescando i vari studi dai cassetti impolverati.
Ultimo ma non ultimo. In ogni caso le
innovazioni vanno introdotte non con "linee guida" del Senato, ma deliberate con
Regolamento delle Facoltà, e sottoposto ad approvazione del Senato, secondo il disposto
dello Statuto Generale dell'Ateneo.
Vedi anche:
Associazione
Cosa dice la legge LA LEGGE
(R.D. 1592/1933)
Art. 111. Ai professori ordinari, che siano stati collocati a riposo o dei quali
siano state accettate le dimissioni, potrà essere conferito:
- il titolo di "professore emerito", qualora abbiano prestato
almeno venti anni di servizio in qualità di professori ordinari;
- il titolo di "professore onorario" qualora tale servizio abbia
avuto la durata di almeno quindici anni.
Detti titoli sono concessi con decreto reale, su proposta del ministro, previa
deliberazione della facoltà o scuola cui l'interessato apparteneva all'atto della
concessione dal servizio.
Ai professori emeriti ed onorari non competono particolari prerogative accademiche."
|
Cosa dice il Rettorato* Linee
guida del Rettorato per il riconoscimento del titolo di professore emerito
" Poiché fino ad oggi non è stata individuata una disciplina uniforme
relativamente alle modalità con cui le Facoltà propongono la candidatura di un docente
all'emeritato (ai sensi dell'art. 111 del R.D. 31 agosto 1933 n. 1592, e alle relative
fasi procedurali), al fine di definire un percorso uniforme a livello di Ateneo, sono
state approvate dal Senato alcune linee guida che prevedono che il titolo di professore
emerito possa essere proposto per professori di prima fascia cessati dal servizio da non
più di due anni, che abbiano maturato almeno 20 anni di ordinariato e si siano distinti
per profili etici e scientifici. La proposta deve essere sostenuta da tre lettere redatte
da professori non appartenenti all'Ateneo, di cui almeno due stranieri, e dalle firme di
almeno 20 professori di prima fascia dell'Ateneo di cui almeno la metà appartenenti
all'Area scientifico disciplinare del candidato. Dopo la verifica da parte di una
commissione appositamente istituita la proposta deve essere approvata a maggioranza dei
2/3 degli aventi diritto al voto del dipartimento di appartenenza del candidato. Nelle
more dell'istituzione dei nuovi dipartimenti tali funzioni saranno svolte dalla
Facoltà."
Giugno 2011 |
*Fonte:http://www.unibo.it/Portale/Ateneo/RapportoAteneo/Rapporto+di+Ateneo+Aprile+-+Giugno+2011/giugno/emeriti.htm |
|
Bologna Università,
Consiglio di Ammnistrazione dell'8 nov. 2011 |
All'OdG
la richiesta di contributi strardinari consortili da parte del
CEUB - CENTRO UNIVERSITARIO RESIDENZIALE DI BERTINORO Srl
Intervista
al prof. Gianni Porzi
(con riserva di integrazione dopo la riunione del CdA)
1.- Domanda:
Professore, risulta che l'8 novembre il CdA ha all'ordine del giorno il
rifinanziamento del CeUB. Di cosa si tratta ?
Risposta
L'argomento ha il titolo "- RICHIESTA DI CONTRIBUTI STRAORDINARI
CONSORTILI IN RELAZIONE AGLI INVESTIMENTI PER OPERE DI RECUPERO E RESTAURO REALIZZATI E
REALIZZANDI NONCHÉ IN RELAZIONE AL PIANO DI RILANCIO STRATEGICO RIFLESSO NEL BUSINESS
PLAN 2011-2014".
Si tratta in sostanza di una richiesta di un conferimento straordinario
per il risanamento del bilancio del CeUB che ha accumulato passività dal 2009.
Attualmente il CeUB risulta infatti notevolmente esposto per quanto
concerne l'indebitamento sia a breve sia a lungo termine: nel biennio 2009-2010 la
Società si è fortemente indebitata con il sistema bancario per far fronte agli oneri di
ristrutturazione e anche per sopperire alle esigenze della gestione corrente che consumava
risorse finanziarie in maniera importante.
Alla fine del 2010 la Posizione Finanziaria Netta di CeUB risulterebbe
negativa per oltre 1.000.000 di Euro, tant'è che ha scatenato aspre polemiche, apparse
sulla stampa locale poco tempo fa, da parte di un Consigliere del Comune di Bertinoro
contro l'ex Sindaco che è stato Amministratore delegato del Centro fino a pochi mesi fa.
2.- Domanda
Il CeUB cos'è precisamente ?
Risposta
Il Centro Universitario di Bertinoro è una Società Consortile a
Responsabilità Limitate costituita il 10 aprile 2001 e il capitale sociale ammonta a
61.974,00 così suddiviso : - Unibo 33,33%; - Ser.In.Ar. 26,66%; - Comune di
Bertinoro 20,00%; - Fondazione Flaminia 6,67%; - Romagna Acque 6,67%; - Associazione degli
Industriali di Forlì-Cesena 6,67%.
3. Domanda
Il CeUB cosa fa ?
Risposta
Il CeUB svolge la sua attività prevalentemente nel campo dell'alta formazione e,
in misura minore, nel campo della promozione della ricerca attraverso agenzie che ad essa
fanno capo. |
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|
.
Lettera della CISL-Università al
Rettore
(tramite chi per Lui):
"Ti ritiriamo la firma. Non hai mantenuto l'impegno
di consultarci per la riorganizzazione dell'Ateneo" |
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Bologna, dal Consiglio di Amministrazione,
27 maggio 2011 |
|
.
Costituito
il "Collegio di disciplina", che la legge 240
"istituisce in ogni università",
e modificato lo Statuto Generale di
Ateneo |
. |
|
Ma, seduta stante, il Consigliere prof. Porzi, Rappresentante del Governo, esprime riserve
sulla legittimità della
decisione. Secondo il Consigliere, in base al principio dell'autonomia
universitaria, ogni modifica di Statuto deve
seguire la prassi della delibere del CdA e del Senato, in seduta
congiunta, comprese quelle che recepiscono leggi.
Egli presenta, poi, in subordine due emendamenti, che non sono stati
messi in discussione. |
|
TESTO DELLA LEGGE 30
dicembre 2010, n. 240
Art. 10, "Competenza disciplinare":
" Presso ogni università è istituito un collegio di disciplina, composto
esclusivamente da professori universitari in regime di tempo pieno e da ricercatori a
tempo indeterminato in regime di tempo pieno, secondo modalità definite dallo statuto,
competente a svolgere la fase istruttoria dei procedimenti disciplinari e ad esprimere in
merito parere conclusivo.
Il collegio opera secondo il principio del giudizio fra pari, nel rispetto del
contraddittorio.
La partecipazione al collegio di disciplina non dà luogo alla corresponsione di compensi,
emolumenti, indennità o rimborsi spese."
MODIFICA INTEGRATIVA ALLO STATUTO GENERALE DI
ATENEO. ISTITUZIONE DEL COLLEGIO DI DISCIPLINA EX ART. 10 L. 240/210
ART. 49bis
(Collegio di disciplina)
1. Nei procedimenti disciplinari riguardanti professori e ricercatori, la fase
istruttoria del procedimento e il parere conclusivo in merito competono ad un Collegio di
disciplina composto da docenti a tempo indeterminato ed in regime di tempo pieno. Il
Collegio di disciplina svolge la propria attività sulla base di relazioni e referti
predisposti dal competente ufficio dellAmministrazione generale di Ateneo, che
assicura ove necessario il supporto segretariale al Collegio.
2. Il Collegio di disciplina esercita le proprie competenze in conformità e nei limiti
di quanto previsto dalle disposizioni dellart. 10 della legge 30 dicembre 2010, n.
240 e delle altre vigenti in materia disciplinare.
3. Il Collegio di disciplina è articolato in tre sezioni, ciascuna composta da tre
membri effettivi e tre supplenti. La prima sezione è formata da professori ordinari ed
opera solo nei confronti dei professori ordinari; la seconda sezione è formata da
professori associati ed opera solo nei confronti dei professori associati; la terza
sezione è formata da ricercatori ed opera solo nei confronti dei ricercatori. In caso di
rinvio del procedimento ad una nuova seduta il Collegio di disciplina prosegue la propria
attività, fino alla decisione, con la stessa composizione della prima seduta.
4. I componenti del Collegio di disciplina sono scelti dal Senato Accademico con voto
riservato ai soli docenti e nominati con decreto rettorale. Essi durano in carica tre anni
e sono rinnovabili per una sola volta.
5. Qualora il procedimento disciplinare coinvolga docenti appartenenti a diverse fasce,
ovvero, insieme, professori e ricercatori, il Collegio opererà «a sezioni congiunte»,
composte da tutti i componenti delle sezioni competenti.
6. Ciascuna sezione è presieduta dal componente più anziano nel ruolo. In caso di
seduta «a sezioni congiunte», la presidenza del collegio spetta al decano di fascia più
elevata. In caso di assenza o di impedimento del componente effettivo, subentra il
supplente della stessa sezione più anziano nel ruolo.
7. Le delibere del collegio sono assunte a maggioranza assoluta dei componenti e, in
caso di parità di voti, prevale il voto del docente più anziano in ruolo.
8. Il Collegio di disciplina opera secondo il principio del giudizio fra pari, nel
rispetto del contraddittorio. |
Intervista al prof. Gianni Porzi
sullistituzione dei Collegi di disciplina
D. Nellultimo
CdA è stata deliberata listituzione dei Collegi di Disciplina. Cosa puoi dirmi su
tale delibera che è stata anche riportata con una certa enfasi dalla stampa locale?
R. Sì, la delibera è passata a larga maggioranza, con solo tre contrari,
io ed altri due Consiglieri.
D. Perché hai votato contro?
R. Le ragioni sono più duna e provo a chiarire la mia posizione.
Innanzi tutto ritenevo che la modifica di Statuto proposta doveva essere fatta dal
Consiglio di Amministrazione e dal Senato Accademico in seduta congiunta, come previsto
dal comma 3 dellart. 11 dello Statuto vigente. In secondo luogo ritenevo che
listituzione dei Collegi di disciplina, così come proposta, non rispondesse a quei
principi di democraticità sui quali lIstituzione universitaria dovrebbe fondarsi.
D. E cioè?
R. La disposizione, introdotta nello Statuto vigente, prevede tre Collegi di
disciplina distinti (uno per i prof.ri di I fascia, uno per i prof.ri di II fascia e uno
per i Ricercatori) costituiti da tre membri effettivi e tre supplenti "scelti"
dal Senato Accademico. E qui siamo in presenza di un esempio di "falsa
democrazia" in quanto il Rettore proporrà al S.A. i nominativi e poiché non mi
risulta si sia mai verificato che un OO.AA. non accetti i nomi proposti dal Rettore, i
Collegi risulteranno de facto nominati dal Rettore. Cosa per me inaccettabile in
quanto tali organismi dovrebbero essere "veramente terzi".
Inoltre i tre Collegi opererebbero separatamente, la seduta a sezioni congiunte è
prevista solo nel caso in cui il procedimento disciplinare dovesse coinvolgere docenti
appartenenti a diverse fasce.
D. Qual è stata quindi la tua proposta?
R. Premesso sempre che a mio avviso permanevano perplessità sulla
correttezza della procedura, poiché non condivido in toto la proposta, ho chiesto
le due seguenti modifiche:
a) che i membri del Collegio vengano votati dal S.A. a "scrutinio
segreto" (non a voto palese) sulla base di una "lista aperta" ottenuta
attraverso una procedura pubblica di acquisizione di disponibilità da parte degli
interessati a far parte del Collegio (una sorta di autocandidatura), avendo lUfficio
Personale o lUfficio Legale controllato che i requisiti dei candidati rispondano
alla Legge;
b) che le tre sezioni proposte esplichino solo la fase istruttoria e la decisione
finale venga assunta a sezioni congiunte. Questo, sia perchè la Lg.240 parla di Collegio
e non di Collegi di disciplina, sia perché i pareri conclusivi (cioè i giudizi finali)
siano omogenei, cosa molto importante.
Ma il Rettore non ha ritenuto opportuno mettere in discussione i miei
emendamenti e quindi sono stato costretto a votare contro.
D. Potresti motivare
in modo più dettagliato la tua posizione ?
R. Ribadisco che, a mio avviso, essendo materia che deve essere regolata
dallo Statuto vigente a da quello che verrà, doveva essere sottoposta
allapprovazione della Congiunta. Poiché fino allapprovazione del nuovo
Statuto dovevano e devono comunque svolgersi i procedimenti disciplinari, lAteneo
avrebbe dovuto attivare il Collegio di disciplina allentrata in vigore della Lg 240
(cioè il 29/1/2011 e non quattro mesi dopo) con una modifica dello Statuto vigente, salvo
poi riprendere la norma nel nuovo Statuto. Ciò nel rispetto del principio di continuità
e perché la giurisprudenza amministrativa impone che la sanzione sia comminata nel minor
tempo tecnico necessario dalla commissione del fatto. Ritengo che il ritardo con il quale
è stato attuato lart. 10 della Lg 240, impedirà di applicare sanzioni
disciplinari, anche per fatti gravi, come ad esempio i danni allimmagine
subiti recentemente dallAteneo. |
Gli emendamenti del Cons.
Porzi:
- che i
membri del Collegio vengano votati dal S.A. a "scrutinio segreto" sulla base di
una "lista aperta" ottenuta attraverso una procedura pubblica di acquisizione di
disponibilità da parte degli interessati a far parte del Collegio, avendo lUfficio
Personale o lUfficio Legale controllato che i requisiti dei candidati rispondano
alla Legge;
- che le tre
sezioni proposte esplichino solo la fase istruttoria e la decisione finale venga assunta a
sezioni congiunte. Questo, sia perchè la Lg.240 parla di Collegio e non di Collegi di
disciplina, sia perché i pareri conclusivi (cioè i giudizi finali) siano omogenei.. |
In coda alle vicende di Flavio
Delbono |
Stefano Zamagni
|
La vera storia del "plagio "ZAMAGNI" *, da Lui
raccontata ai "nuovi membri" del suo Dipartimento,
ma anche la necessità di integrazioni
(almeno dire se la inchiesta della SIE si fermò,
pur avendo egli dato il consenso per la "privacy")
Nota. La questione del prof. Stefano Zamagni,
gia Direttore del Dip. di Scienze Economiche, gia Preside (1993-96 della
Facolta di Economia dell'Ateneo di Bologna, e riesplosa ultimamente, in
associazione al caso Delbono (ma non per reati politici, bensi per presunto plagio
letterario). La questione è stata improvvisamente calda per una sorta di necessario
riesame oggi, dopo che i mass media hanno evidenziato in Germania una vicenda dello stesso
tipo, per un Ministro, e che la pubblica sensibilità ha indotto alle dimissioni. Parrebbe
che, in quel Paese la moralità pubblica sia una cosa diversa che in Italia. Ma non è
così. Il punto è che qui le vie di uscita sono ancora quelle medievali.
Ritengo giusto dare diffusione alla parola, che il diretto interessato ha rivolto
ai "nuovi membri" del suo dipartimento, ma necessario anche per i vecchi, in
modo che ci sia (se si vuole) il necessario contraddittorio, pro bono veritatis. |
Per quanto ne so, e ricordo, il
fatto fu motivo di grande turbamento dell'Ateneo di Bologna, perche Zamagni era
l'astro nascente dell'Ateneo, ed era considerato il naturale successore del rettore
F.Roversi Monaco.
Ma quella "attesa" candidatura fu drasticamente stroncata. Da chi
? La questione del plagio fu posta anche ai massimi livelli scientifici nazionali:
nel senso che un numero ragguardevole di docenti della S.I.E. (Societa Italiana
degli Economisti) denuncio il presunto plagio alla S.I.E. e chiese una Commissione
di inchiesta, che fu nominata, ma che poi si inceppo. La motivazione fu che, per
ragioni di privacy, non si poteva procedere senza il consenso dell'interessato.
Fatta menzione di questi elementi, la lettera esplicativa di ZAMAGNI, se non
vuole essere classificata come "minimalista" ed anche confermativa di un
personaggio, diciamo "ambizioso" ma anche "insicuro" (temeva, cosa ?),
deve essere integrata da Lui con i seguenti elementi:
a) considerato che, di solito, le pulci dei presunti colpevoli vengono dallo
"interno" delle istituzioni di comune appartenenza" (in questo caso, dal
Dip. di Scienze Economiche), allo scopo di sbarrargli la carriera, voglia dirci se
ci fu un primo motore della grande rivelazione (la domanda non e peregrina,
perche gia allora "voce di popolo" ne fece nome e cognome, e
giravano anche voci di sue aspirazioni a posizioni di livello nazionale, anch'esse
stroncate);
b) se Egli "dette" o "non dette" il consenso alla
Commissione della SIE, in modo che si sappia se vi fu la complicita della SIE.
Sono certo che, se almeno questa "sua verita fosse stata da Lui
"provata" a suo tempo, l'Ateneo non avrebbe avuto il danno ricevuto, compreso
l'essere stato privato della sua candidatura a Rettore. Nino Luciani |
|
La lettera di Stefano Zamagni
al Dipartimento di Scienze Economiche
Cari amici del Dipartimento,
mercoledì 9 marzo non mi è stato possibile partecipare alla riunione del Dipartimento,
nel corso della quale
il prof. ... ha sollevato di nuovo, dopo averlo fatto già
molti anni fa, la questione del "plagio" (a mio carico, NdR). A beneficio di
coloro che sono entrati in Dipartimento successivamente a quella vicenda e per fare
memoria agli altri, sintetizzo, in breve, i fatti.
Mi ero impegnato a consegnare alla redazione di "Note
Economiche", entro il settembre 1981 (data in cui ero già ordinario da un paio di
anni), un articolo di rassegna sulla metodologia della scuola di pensiero austriaca. Pochi
anni prima, era uscito un articolo, pure di rassegna, del filosofo americano Robert Nozick
sul medesimo argomento ("On Austrian Methodology", Synthese, 1977) ed il mio
intento era di criticare la posizione ivi espressa. Stavo ultimando la stesura del mio
testo quando la scomparsa di mio padre - avvenuta il 25 agosto 1981 - mi costrinse a
dedicarmi ad altro. Chiesi allora ad un giovane collaboratore di aiutarmi nel lavoro di
editing e poi nella correzione delle bozze. Avevo richiamato la sua attenzione su una nota
in cui scrivevo all'incirca: "II contenuto di questo e dei due paragrafi successivi
riprende e riorganizza, con alcune varianti, l'argomento sviluppato da R. Nozick in ....
" (Si trattava di sei pagine su un totale di trentanove). Purtroppo, non solamente il
mio articolo venne pubblicato sul primo numero di Note Economiche del 1982 senza tale
nota, ma in bibliografia venne indicato, anziché il saggio del 1977, il celebre libro di
R. Nozick del 1974, Anarchy, State, Utopia, che nulla ha a che vedere col tema. Mi resi
conto della cosa solamente diversi anni dopo, quando, dovendo partecipare con il filosofo
americano alla Summer School di Siena del luglio 1991, ripresi in mano il mio saggio.
Ricordo ancora la smorfia di irrilevanza che fece Nozick quando gli raccontai l'accaduto.
La stessa reazione ebbero altri colleghi cui raccontai l'episodio.
A questi fatti si può dare una duplice interpretazione. Per un verso, vi
sono coloro che, non credendo alla mia buona fede, pensano che io l'abbia fatto apposta e
allora parlano di plagio, anche se il termine non è in questo caso corretto, come bene
spiega Richard Posner, The little book of plagiarism, New York, Pantheon Books, 2007. Per
l'altro verso, vi sono coloro che credono alla tesi dell'errore, e ciò anche sulla base
della considerazione seguente: perché mai non avrei dovuto citare nella mia rassegna un
articolo dell'autore che intendevo criticare? Va da sé che ognuno è libero di scegliere
l'interpretazione che ritiene vera. Da parte mia, ribadisco che si è trattato di un
errore, bensì grave, di cui mi sono assunto fin da subito la responsabilità, ma libero
da ogni intenzionalità "piratesca". Da quando, a partire dal 1996, la vicenda
è diventata di dominio pubblico - entro e fuori dell'Accademia - essa è stata esaminata
dal Dipartimento nel 1999, e poi dal Senato Accademico nell'anno successivo, quando
l'allora Rettore Fabio Roversi Monaco istituì una Commissione d'inchiesta dal cui
verdetto scaturì un'ammonizione nei miei confronti. Come a dire, la "sanzione"
è stata irrogata e dunque "giustizia è stata fatta". Mi piace ricordare a tale
riguardo che, a differenza del giustizialismo, la giustizia è una bilancia, nei cui due
piatti si mettono virtù e vizi; pregi e difetti; opere buone e azioni malvage; benefici
generati e costi arrecati; etc. Non è forse vero che giusto è il giudice che sa
bilanciare, tenendo conto delle circostanze specifiche ?
Come sapete, sono prossimo al pensionamento, dopo aver servito con
gioia e passione il Dipartimento in vario modo e in varie forme per tanti anni. Questo mi
consente di trasmettervi, in tutta serenità, un solo pensiero: la deriva dell'accanimento
giustizialista è una slippery slope che - come la storia insegna - conduce sempre al
disastro o, comunque, al declino tanto di una organizzazione quanto di una comunità. Ne
conosciamo tutti il meccanismo perverso. Meglio allora attenersi all'antico monito:
concordia parvae res crescunt, nella concordia anche le piccole cose crescono.
Questo è, in ogni caso, il mio augurio.
Vi chiedo scusa per l'incomodo (e la pazienza). Ricevete un saluto
caro e amicale, Stefano Zamagni
Bologna 11 marzo 2011
* Stefano Zamagni, Ordinario di economia politica nell'Università di Bologna
Avvertenza. La lettera fa parte di un dossier, inviato da
un Collega. Per la visione, clicca su: Zamagni |
Per il piacere dei Colleghi
PROFESSORI e RICERCATORI |
Salvatore Gallo
|
Salvatore Gallo*, 400 aforismi e citazioni celebri
* Dott. Generale della Guardia di Finanza. Clicca su biografia |
0 - Lex est servanda: ut bibeas aut abeas (La
legge va osservata: bevi o te ne vai). (Cicerone). Ripresa
dalla Prefettura di Bari.
1 - A
chi è saggio necessita poca istruzione. (Seneca).
2 - A giudicare per induzione
e senza la necessaria cognizione dei fatti si fa alle volte gran torto anche ai birbanti.
(Alessandro Manzoni da "I promessi sposi" Cap. X).
3 - A minori bisogni
luomo che ha minori desideri. (Seneca).
4 - A questo punto della
nostra storia noi non possiamo fare a meno di non fermarci qualche poco, come il
viandante, stracco e tristo da un lungo camminare per un terreno arido e selvatico. Si
trattiene e perde un po di tempo allombra di un bellalbero,
sullerba, vicino a una fonte dacqua viva. La sua vita è come un ruscello che,
scaturito limpido dalla roccia, senza ristagnare né intorbidarsi mai, va limpido a
gettarsi nel fiume. (da "I promessi sposi" di Alessandro Manzoni - Cap.
XXII).
5 - A sommo imperator non lice
scandalo farsi dei minori (Omero, Iliade, II, 304 - 305).
6 - A volte una giornata è
matrigna, a volte è madre. (Esiodo, da "Le opere e i giorni).
7 - Abbiamo davanti agli
occhi i vizi degli altri, mentre i nostri ci stanno di dietro. (Seneca, in
"Lira").
8 - Accade che qualche volta
i pazzi fanno maggiori cose che i savi. (Francesco Guicciardini).
9 - Accettare un beneficio
equivale a vendere la libertà. (Publilio Siro).
10 - Accidere ex una
scintilla incendia passim (Da una sola scintilla scoppiano incendi, diffusamente, qua e
là). (Lucrezio, in "De rerum natura").)
11 - Acta est fabula ( Lo
spettacolo è finito) sono queste, secondo la tradizione, le parole pronunciate da Augusto
sul letto di morte. Nessuno è tanto vecchio che non pensi di poter vivere ancora un anno.
(Cicerone, in "De Senectude").
12 - Ai numi è caro chi dei
numi al voler piega la fronte. (Omero, Iliade, libro I 289 - 290).
13 - Al povero mancano molte
cose, allavido manca tutto. (Seneca).
14 - Alma mater .
Lespressione latina "Alma mater" che significa "benigna
madre" è ora usata per indicare le università ed in particolare quella di
Bologna, che è la più antica università del mondo.
15 - Altro diletto, che imparar,
non provo. (Francesco Petrarca, in "Trionfo dellamore" I, 21).
16 - Ama il bello con misura
e il sapere senza mollezza. (Tucidide).
17 - Amore è desiderio di
conoscenza (Cesare Pavese in "Il mestiere di vivere")
18 - Anche la mancanza di
precedenti costituisce un precedente (Stanislao Lec in "Pensieri spettinati)
19 - Anche la scintilla che è in
un piccolo uomo può scoppiare in una fiammata. (Steinbeck, da "La luna è
tramontata").
20 - Anche se, cauto, si
copre di ferro e di bronzo, la morte scoprirà, tuttavia, quella testa protetta. (Properzio,
poeta latino).
21 - Ars gratia artis
(Larte per larte) (Motto della Metro Goldiwn - Mayer).
22 - Bada di possedere i
contenuti, le parole verranno. (Catone).
23 - Beato luomo che
teme il Signore e cammina sulle sue vie. (dal "Libro dei Salmi").
24 - Benedico Iddio di avermi
concesso queste due ricchezze che mancano a molti ricchi: il lavoro che mi rende libero e
il pensiero che mi rende degno. (Victor Hugo, da "I miserabili").
25 - Bisogna seminare con la
mano e non con lintero sacco. (Plutarco).
26 - Breve è la vita e lunga
è larte;/a chi altamente oprar non è concesso/forma tentino almen libere carte. (Ugo
Foscolo).
27 - Chi aggiunge conoscenze,
aggiunge affanni. (Ecclesiaste).
28 - Chi ama la disciplina
ama la scienza; chi odia il rimprovero è stolto. Ogni fatica reca il suo guadagno, ma
chiacchierare reca indigenza. E meglio poco con giustizia che molti profitti senza
giustizia. Il pigro tuffa la mano nel piatto ma stenta persino a riportarla alla bocca. La
vera saggezza è nella capacità di distinguere tra il vero e il falso. Luomo
accorto vede il pericolo e si nasconde, gli inesperti passano oltre e la pagano (Salomone
Re, Proverbi di Re ).
29 - Chi cerca un amico senza
difetti resta senza amici. (Proverbio turco).
30 - Chi comprende qual è la
sua natura può vivere a lungo, e morire, ma non perire. (Lao-Tse in "Il libro
della Norma e della sua azione").
31 - Chi conosce gli altri è
intelligente, ma chi conosce se stesso è saggio; chi conquista gli uomini è forte, ma
chi conquista se stesso è potente. (Lao-Tse in "Il libro della Norma e della sua
azione").
32 - Chi è buono non può
commettere unazione cattiva. (Menandro).
33 - Chi ha diritto non
ringrazia. (Carlo Cattaneo "Le cose dItalia nel 48").
34 - Chi ha soldi naviga con
venti tranquilli. (Petronio).
35 - Chi non ha talento
invidia sempre chi ne ha. (Cecov, da "Il gabbiano").
36 - Chi non ha talento
invidia sempre chi ne ha. (Cecov, da "Il gabbiano").
37 - Chi non si sente
abbastanza forte di memoria deve evitare di essere bugiardo. (Montaigne).
38 - Chi onora gli altri
onora se stesso. (S. Giovanni Crisostomo).
39 - Chi pecca, pecca a suo
danno; chi commette lingiustizia, fa ingiuria a sé medesimo, facendo sé malvagio.
(Marco Aurelio).
40 - Chi semina tra le
lacrime mieterà nella gioia. (da "I Salmi" ).
41 - Chi vuole liberarsi da
un male sa sempre quello che vuole; chi vuole qualcosa di meglio di ciò che possiede ha
le cateratte negli occhi. (Goethe, in "Affinità elettive", I, cap. 2).
42 - Chiunque fa grandi
regali vuole grandi ricompense. (Marziale).
43 - Ci fissiamo sempre su
ciò che è proibito, desideriamo le cose che ci sono negate. (Ovidio, in
"Amores").
44 - Ciò che è fatto non
può diventare non fatto. (Plauto, in "La commedia della pentola").
45 - Ciò che è lecito non
ha fascino, ciò che è proibito eccita desiderio. (Ovidio, in "Amores, II").
46 - Ciò di cui non si può
parlare si deve tacere. (Ludwig Wittgenstein, filosofo austriaco in "Pensieri
diversi").
47 - Cogli lattimo
fuggente. (Orazio, "Odi").
48 - Colui che ha esperienza
ha timore. (Orazio).
49 - Comandare a se stessi è
la forma più grande di comando. (Seneca).
50 - Con cattive leggi e
buoni funzionari si può sempre governare. Ma con cattivi funzionari le buone leggi non
servono niente. (Ottone Von Bismarik, dai "Discorsi").
51 - Con la concordia le
piccole cose crescono, con la discordia le più grandi sfumano. (Sallustio, in "De
bello iugurtino").
52 - Confondere la libertà
con lanarchia porta al disordine una società troppo libera cade fatalmente nella
più dura servitù. (Platone, "Repubblica").
53 - Conoscere è toccare. (Amedeo
Maiuri, archeologo napoletano).
54 - Considera sempre le cose
umane come effimere e senza valore. Questo tempo brevissimo vivilo secondo natura e
finisci sereno la tua vita, come luliva, divenuta natura, cade, benedicendo la terra
che lha generata e serbando riconoscenza allalbero che lha nutrita. (Marco
Aurelio, in "Ricordi" - a se stesso).
55 - Contra miglior voler,
voler mal pugna. (Dante, Purgatorio, XX, 1).
56 - Credo per comprendere,
non comprendo per credere. (SantAnselmo).
57 - Devi imparare a
sopravvivere alla sconfitte. E in quei momenti che si forma il carattere. (Richard
Nixon).
58 - Di tutte le cose che la
saggezza procura per ottenere unesistenza felice, la più grande è lamicizia.
(Epicuro).
59 - Dio è il dolore che
nasce dalla paura della morte. (Dostoewski).
60 - Dio perdona tante cose
per unopera di misericordia (Manzoni).
61 - Diventa leggero il peso
che si sopporta pazientemente. (Ovidio, in "Amores").
62 - Dove uno soffre li tiene
anche la mano. (Plutarco).
63 - Dovunque cè in
mezzo il cielo. (Petronio, scrittore latino).
64 - Due cose riempiono
lanimo di ammirazione e di venerazione sempre nuova e crescente: il cielo stellato
sopra di me e la legge morale che e in me. (Emanuele Kant).
65 - E bello obbedire
alle leggi del proprio Paese. (Sentenza della Grecia antica).
66 - E consolazione per
i disgraziati aven avuto compagni di sventura. (Spinoza, in "Etica").
67 - E così futile,
così piccola cosa ciò che abbatte o risolleva un animo avido di lodi. (Orazio,
Epigrammi, II 1, 179 - 180).
68 - E da individui
bassi e pigri cercare solo luoghi sicuri: la virtù cerca strade ardue e scoscese. (Seneca,
in "Dialoghi").
69 - E difficile
vincere la calunnia, ma anche la verità è molto potente. (Wiston Churcill).
70 - E dolce e
onorevole morire per la Patria. (Orazio, "Odi").
71 - E felice e grande
solo chi non ha bisogno di comandare o di obbedire per essere qualcuno. (Goethe).
72 - E lecito imparare
anche da un nemico. (Ovidio, in "Le metamorfosi").
73 - E più difficile
scrivere buoni libri per il popolo che per i dotti (Vincenzo Gioberti)
74 - E più facile essere
saggi per gli altri che per se stessi (Francesco della Rochefoucauld in
"Massime")
75 - E proprio del buon
pastore tosare le pecore, non scorticarle. (Svetonio, in "Vita di Tiberio").
76 - E una cattiva
decisione quella che non si può cambiare. (sentenza di Publilio Siro citata dallo
erudito latino Aulo Gellio del II secolo).
77 - E veramente ricco chi
sa sempre accontentarsi. (Lao-Tse in "Il libro della Norma e della sua
azione").
78 - Fa un brutto parlare sia
chi contraddice sia chi adula lascoltatore. (J. Wolfgang Goethe, in
"Massime").
79 - Fai di necessità
virtù. (San Girolamo, in "Lettera a Rufino").
80 - Fai i fatti tuoi e
conosciti. (Platone).
81 - Fidarsi di un malvagio
è dargli il mezzo di nuocere. (Seneca, in "Edipo").
82 - Filosofare non è altro
che prepararsi alla morte. (Cicerone).
83 - Finché io starò in
questo ufficio non sono per avermi alcun amico se non la giustizia. (Francesco
Guicciardini).
84 - Finché sarai fortunato
conterai molti amici, se ci saranno nubi sarai solo. (Ovidio, in "Tristia").
85 - Finchè sarai fortunato
conterai molti amici; se ci saranno nubi sarai solo. (Ovidio, in
"Tristezze").
86 - Giustizia vuole e pietà
mi ritiene. (Dante, in "Purgatorio" canto X, 93).
87 - Gli amici si dicono
sinceri, i nemici lo sono. (Schopenhauer).
88 - Gli esseri umani debbono
sopportare pazientemente le loro sventure. (Euripide, dalla tragedia
"Medea").
89 - Gli occhi sono guide in
amore. (Properzio).
90 - Gli occhi sono testimoni
più fedeli delle orecchie. (Eraclito, filosofo graco).
91 - Gli spiriti mediocri di
solito condannano tutto ciò che non è alla loro portata (Francesco della
Rochefoucauld in "Massime")
92 - Gli uomini dimenticano più
presto la morte del padre che la perdita del patrimonio (Nicolò Machiavelli, in
"Il Principe", XVII, 3)
93 - Gli uomini sono come
bambini: quando vengono viziati diventano maleducati. (Schopenhauer).
94 - Gli uomini sono come
canne al vento. Il vento soffia e le piega come vuole. Ma perché il vento soffia e
distrugge? Chi lo sa? Solo Dio lo sa. (Grazia Deledda, da "Canne al vento").
95 - Ho gareggiato in una
bella gara, ho concluso la mia corsa, ho mantenuto la mia fede. (San Paolo).
96 - Ho limpressione
che questa mia opera, Novum Organum del 1620 durerà finché dureranno i libri. (Francesco
Bacone, filosofo e statista inglese).
97 - I debiti di riconoscenza
si pagano entro 24 ore con lantipatia (Leo Longanesi)
98 - I delitti piccoli sono
puniti, quelli grandi portati a trionfo. (Orazio).
99 - I diritti hanno la
sicurezza di non essere mai tralasciati soltanto laddove gli interessati posseggano essi
stessi la forza di difenderli. (John Stuart Mill, Londra 1806 Avigno 1873).
100 - I diritti maturano
automaticamente per chi abbia eseguito scrupolosamente i propri doveri (Ghandi)
101 - I doni offerti a titolo di
compenso da chi detiene il potere hanno in sé la forza di un comando. (Tacito,
"Annali", libro 14).
102 - I ladri dei beni
privati conducono la vita in carcere e in catene, i ladri dei beni pubblici vivono
nelloro e nella porpora. (Catone).
103 - I mortali non possono
infrangere le leggi non scritte e immutabili che non sono né di oggi, né di ieri, ma
vivono eterne; e nessuno sa da quando esistono. (Sofocle, in "Antigone").
104 - I pensieri che vengono
in un secondo tempo di solito sono più saggi. (Cicerone, in "Filippiche").
105 - I ricchi sono come le
pentole che vanno usate con cautela: se ci sei troppo vicino ti sporchi; se sei troppo
lontano non mangi. (Francesco Iovine, in "le terre di Sacramento").
106 - I ricordi sono come
giardini senza confine (Apollinaire).
107 - Il bisogno rende forti
anche i paurosi. (Sallustio, in "La congiura di Catilina").
108 - Il bugiardo deve avere
memoria. (Quintiliano, retore latino).
109 - Il cuore cela misteri
che nessun ragionamento può penetrare. (Guy Maupassan ).
110 - Il cuore di una madre
è un abisso in fondo al quale si trova sempre un perdono (Honorè de Balzac in
"La donna di trentanni")
111 - Il cuore ha le sue ragioni
che la ragione non conosce (Biagio Pascal).
112 - Il diritto secondo
natura è il patto dellutilità che consiste nel non fare alcun danno né riceverlo.
(Epicuro).
113 - Il discorso che mira
alla verità deve essere semplice e senzarte. (Seneca, in "Epistole").
114 - Il discorso falso trae
le mosse da una falsa premessa. (Aristotole).
115 - Il dolore affina
lintelligenza e fortifica il sentimento. (F. Schubert, musicista).
116 - Il falso amico è come
lombra che ci segue finchè dura il sole (Carlo Dossi in "Note
azzurre")
117 - Il giudice ottimo è quello
in cui, sulla cauta cerebralità, prevale la pronta intuizione umana (Piero Calamandrei)
118 - Il giusto è tranquillo;
lingiusto è colmo di inquietudine. (Epicuro).
119 - Il maggior frutto
dellauto sufficienza è la libertà. (Epicuro).
120 - Il miglio modo di
vendicarsi duna ingiuria è di non rassomigliare a chi lha fatta. (Marco
Aurelio).
121 - Il mondo deve salvare
la democrazia e la pace deve poggiare sulle collaudate basi della libertà politica. (Woodrow
Wilson, Presidente degli Stati Uniti dAmerica).
122 - Il mondo è una campana
che ha una crepa: fa rumore ma non suona. (Goethe).
123 - Il mondo ti giudica per
quello che hai e non per quello che sei. (Cronin, da "La cittadella").
124 - Il moto e
lattività del corpo eccitano mirabilmente le facoltà spirituali. (Plinio il
Giovane, in "Lettere a Tacito").
125 - Il peccato contro i nostri
simili non è lodio ma lindifferenza (George Bernard Shaw)
126 - Il più grande dei mali è
commettere ingiustizia. (Platone, "Gorgia").
127 - Il premio delle buone
opere è la vendemmia della Chiesa. (S. Ambrogio).
128 - Il primo dei doveri è
senza dubbio di essere giusti; il primo dei beni è la pace dei nostri cuori. (Voltaire).
129 - Il reciproco amore fra
chi apprende e chi insegna è il primo e più importante gradino verso la conoscenza (Ersamo
da Rotterdam)
130 - Il rigore delle pene deve
essere giustificato. (Cesare Beccaria).
131 - Il rispetto delle leggi
è indizio di civiltà. (Cassiodoro uomo politico e letterato del VI secolo).
132 - Il saggio adatta sé
stesso al mondo. Il pazzo pretende di adattare il mondo a sé stesso. Perciò il
progredire è opera dei pazzi. (Gorge Bernard SHAW).
133 - Il saggio per parlare
deve prima molto meditare. (SantAmbrogio).
134 - Il saggio pone un
limite perfino alle cose buone. (Giovenale).
135 - Il sapere e la ragione
parlano, lignoranza e il torto urlano. (Arturo Graf).
136 - Il sole risplende per
tutti. Sol omnibus lucet. (Petronio).
137 - Il sonno è per luomo
ciò che è la carica dellorologio. (Schopenhauer, in "Il mondo come
volontà e rappresentazione", II, 277 ).
138 - Il successo si misura
nel modo in cui i tuoi figli ti descrivono agli amici. (Martin Baxbaum).
139 - Il tempo è divoratore
delle cose. (Ovidio, in "Le metamorfosi").
140 - Il tempo in questa vita
non è che una corsa alla morte. (SantAgostino).
141 - Il tempo porta via
tutto. (Virgilio, in "Bucoliche").
142 - Il timore delle pene
più gravi non basta a domare la passione nel cuore delluomo. (Tucidide).
143 - Il trono è un pezzo di
legno ricoperto di velluto. (Napoleone Bonaparte).
144 - Il valore della vita
non consiste nella sua lunghezza ma nelluso che se ne fa. La vita non è mai tutta
buona o tutta cattiva. (Guy Maupassant, da "Une vie" ).
145 - Il valore di un uomo
non dipende dalla sua condizione sociale; la sua nobiltà è data dalla virtù. (Seneca).
146 - Il vero amore è
luminoso come laurora e silenzioso come la tomba. (Victor Hugo).
147 - Il vero rimedio contro
le offese è la magnanimità. (Seneca, "La costanza del saggio").
148 - Il volere con lentezza
è tipico di chi non vuole. (Seneca, in "I benefici").
149 - Il volto è
limmagine dellanima, gli occhi ne sono rivelatori. (Cicerone, in
"Delloratore").
150 - Invecchio imparando
sempre molte cose. (Solone, legislatore ateniense).
151 - Io non condivido le tue
idee, ma lotterò con tutte le mie forze perché tu, come me, possa liberamente esprimere
il tuo pensiero. (Voltaire).
152 - Io so bene quali sono i
mali che commetterò; ma la passione è più forte dogni mia risoluzione. (Euripide,
in "Medea").
153 - Labitudine è
potentissima signora di tutte le cose (Plinio, in "Storia naturale").
154 - Ladulazione
procura gli amici, la sincerità i nemici. (Terenzio, nella commedia "La fanciulla
di Andro").
155 - Lambizione,
benché sia per sé stessa un vizio, pure è sovente promotrice di virtù. (Quintiliano,
in "Institutio oratoria").
156 - Lamicizia che è
potuta finire non è mai stata vera. (San Girolamo).
157 - Lamicizia non è
niente altro che una grande armonia di tutte le cose umane e divine, insieme con la
benevolenza e laffetto. (Cicerone, "De amicitia").
158 - Lamico sicuro si
vede quando la situazione è incerta. (Ennio, poeta latino).
159 - Lamore brucia la
vita e fa volare il tempo. (Vincenzo Cardarelli).
160 - Lamore non fa
alcun male al prossimo: è dunque lamore il compimento della legge. (San Paolo -
Lettera ai Romani).
161 - Lanima ha la
strana capacità di ragionare quasi freddamente nei frangenti più violenti. (Victor
Hugo, da "I miserabili").
162 - Lautorità di
stabilire le leggi spetta soltanto a tutto il corpo dei cittadini o alla loro parte
prevalente (Marsilio da Padova in "Defensor pacis")
163 - Lautorità è la
facoltà di comandare secondo ragione (papa Giovanni XXIII).
164 - Lesperienza è la
somma dei disinganni (Leonardo da Vinci).
165 - Lignoranza
produce baldanza, la riflessione indugio. (Tucidide, storico greco).
166 - Limposta che
ognuno deve pagare dovrebbe essere certa e non arbitraria. Il tempo e il modo del
pagamento, lammontare dovuto. Tutto dovrebbe essere chiaro e semplice sia per ogni
contribuente, come per qualsiasi altra persona. (Adamo Smith, in "La ricchezza
delle Nazioni" V, II).
167 - Lindifferenza è
gemella della crudeltà. (Proverbio turco).
168 - Lingiuria lascia
un pungiglione che agli uomini saggi e buoni riesce assai difficile sopportare. (Cicerone).
169 - Linnocenza ha in
proprio favore soltanto la ragione e la ragione è sovente impotente di fronte agli animi
prevenuti dei giurati. (Balzac).
170 - Linvidia si
alimenta fra i vivi e si quieta dopo la morte. (Ovidio, in "Gli amori").
171 - Linvidia viene
immediatamente dopo la gloria. (Sallustio, in "La guerra giugurtina").
172 - Lorgoglio è una
cattiva fata: non dobbiamo lasciarci toccare dalla sua bacchetta (Manzoni - "I
promessi sposi" - Il Cardinal Borromeo rivolto a don Abbondio).
173 - Luguaglianza è
il primo fondamento dellequità. (Montaigne).
174 - Lunica guida per
un uomo è la sua coscienza: la sola sua difesa sono la rettitudine e la sincerità delle
azioni. Protetto da questo scudo, comunque volga il destino, luomo avanza sempre nei
ranghi dellonore. (Winston Churchill, dal discorso alla Camera dei Comuni il
9.11.1941).
175 - Luomo che non
viene strigliato non si educa. (Menandro).
176 - Luomo conta per
ciò che è più che per ciò che ha. (Papa Giovanni Paolo II).
177 - Luomo è per
natura un animale destinato a vivere in comunità. (Aristotele).
178 - Luomo è un lupo
per laltro uomo. (Thomas Hobbes).
179 - Luomo è un mondo
in miniatura. (Severino Boezio, in Della definizione").
180 - Luomo giusto dal
buon tesoro del suo cuore cava fuori il bene. (Vangelo di Luca, 6, 45).
181 - Luomo più
potente è colui che ha potere su se stesso. (Seneca, in "Epistole").
182 - Luomo propone ma
Dio dispone. (Tommaso da Kempis, in "Imitazione di cristo").
183 - Luomo ragionevole
cerca non il piacere ma lassenza del dolore. (Aristotele, in "Etica
Nicomachea, VII, 12").
184 - Luomo tanto può
quanto sa. (Francesco Bacone).
185 - Luomo tanto può
quanto sa. (Francesco Bacone, filosofo e statista inglese).
186 - Lusignolo in
gabbia non canta. (Filostrato, in "Vite dei sofisti").
187 - Lutilità del vivere
non è nella durata ma nelluso. (Montaigne, in "Saggi").
188 - La bellezza è ombra
divina di un fiore. (Giovanni Prati, in "Incantesimo").
189 - La bellezza è un bene
fragile. (Ovidio, in "Arte di amare").
190 - La bellezza è una
lettera aperta di raccomandazione che ci accattiva i cuori in anticipo (Arthur
Schopenauer in "Aforismi per una vita saggia")
191 - La bellezza è una lettera
aperta di raccomandazione che ci accattiva i cuori in anticipo. (Arthur Schopenhauer).
192 - La bellezza salverà il
mondo. (Dostoewski).
193 - La brama di ricchezze
è la radice di tutti i mali. (San Paolo).
194 - La buona fortuna degli
uomini è spesso il peggior inimico che abbino, perché gli fa diventare spesso cattivi,
leggeri, insolenti (Francesco Guicciardini in "Ricordi politici e civili")
195 - La capacità di cogliere e
di esprimere dal vivo gli stati danimo fa il poeta. (Goethe).
196 - La cosa più difficile
ma necessaria è amare la vita, perchè amare la vita vuol dire amare Dio e amare Dio vuol
dire amare la vita. (Tolstoi, da "Guerra e Pace").
197 - La coscienza contiene
abissi in cui la luce umana penetra soltanto attraverso la confessione dei colpevoli. (Balzac,
da "Un tenebroso affare").
198 - La coscienza del dovere
compiuto è per noi una musica nel cuore della notte. (George Herbert, poeta inglese
del secolo XVII).
199 - La democrazia è basata
sul consenso e sulla tolleranza. (Teodoro W. Adorno, filosofo tedesco ).
200 - La donna è come lo
specchio di cristallo lucido e chiaro; ma è soggetta ad appannarsi e a diventare opaca a
un fiato che la sfiora. (Miguel de Cervantes, in "Don Chisciotte della
Mancia").
201 - La fama è basata in
sostanza sul rapporto fra ciò che uno è e ciò che sono gli altri, e dunque è
essenzialmente unentità relativa e non può avere che un valore relativo. Essa non
è altro che il boccone più raro e prelibato che si offra al nostro orgoglio e alla
nostra vanità. (Schopenhauer, in "Aforismi per una vita saggia").
202 - La fama, ultima
debolezza degli animi nobili, è lo sprone che incita lo spirito illuminato a disdegnare i
piaceri e a vivere giorni laboriosi. (Milton, in "Lycidas", 70).
203 - La fame insegna a
trovare espedienti. (Seneca).
204 - La favella è concessa
a tutti; la sapienza a pochi. (Catone).
205 - La fede comincia là
dove la ragione finisce (Soren Kierkegaard)
206 - La fede è sostanza di cose
sperate. (Giosuè Carducci).
207 - La felicità non è un
sogno, il dolore è reale. (Voltaire, in "Lettera al marchese de Florian" del
16.3.1774).
208 - La fortuna dà a molti
troppo, a nessuno abbastanza. (Marziale).
209 - La fortuna è di vetro:
proprio quando riluce si rompe. (Publilio Siro).
210 - La fortuna è una
cortigiana schietta. (Napoleone Bonaparte).
211 - La forza capace di dare
parole vere è la stessa che è necessaria per tacere, per non parlare troppo, per non
analizzare interminabilmente (Sergio Quinzio in "La croce e il nulla")
212 - La giustizia è per
povero, Crestina. Le condanne pe lui so sempre pronte. Sai la miseria che tiè scritto in
Fronte. Questa è carne da boja; e cindoniva! (G. G. Belli, in "La giustizia
del monno, dai Sonetti").
213 - La giustizia nella
distribuzione dellimposta si misura con la bilancia grossolana dellocchio e
della mano, non con quella delicata dellorafo. (Luigi Einaudi, in "Miti e
paradossi della giustizia tributaria").
214 - La legge è come una
ragnatela: se vi cade qualcosa di leggero essa la trattiene, mentre ciò che è pesante la
rompe e scappa via. (Valerio Massimo).
215 - La legge è come una
ragnatela: se vi cade qualcosa di leggero essa trattiene, mentre ciò che è pesante la
rompe e scappa via. (Valerio Massimo).
216 - La legge è
lombra scura della giustizia. (Emilio Zola, in "Nanà").
217 - La legge è ordine. E
una buona legge è un buon ordine. (Aristotele, "Politica, VII, 4, 5).
218 - La lettera uccide, lo
spirito rende vivi. (San Paolo).
219 - La libertà consiste
nel poter fare tutto ciò che non nuoce agli altri. (art. 4 della "Dichiarazione
dei diritti delluomo").
220 - La libertà e
linnocenza non hanno nulla da temere dalla pubblica indagine a patto che regni la
legge e non luomo. (Robespierre Massimiliano).
221 - La libertà non è la
licenza delle passioni affrancate dalla legge, la libertà è lobbedienza volontaria
alla legge. è il diritto di fare il proprio dovere. (Alphonse Louis Constant).
222 - La lode è quanto di più
dolce si può ascoltare. (Senofonte, in "I memorabili").
223 - La maldicenza è frutto
dellinvidia; e linvidia è rifugio degli infecondi. Evita con delicatezza
tutto ciò che possa ferire il cuore degli altri. Non permettere mai che cresca
lerba cattiva sul cammino dellamicizia: sii leale. Mai fare agli altri ciò
che non vorresti essi facessero a te. Colui il quale è tanto sollecito ad adularti in tua
presenza, sarà altrettanto bravo a diffamarti in tua assenza. Per superare gli altri, un
uomo deve prima superare se stesso; per criticare gli altri, prima deve criticare se
stesso; per fare commenti sugli altri, deve prima commentare se stesso. I guai vengono
bensì spesso, ci si è dato cagione, ma la condotta più cauta e più innocente non basta
a tenerli lontani; e quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li
raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore. (da "I promessi sposi"
di Alessandro Manzoni - Cap. XXXVIII).
224 - La matematica è
lalfabeto nel quale Dio ha scritto luniverso (Galileo Galilei)
225 - La migliore interprete
delle leggi è la consuetudine. (Callistrato).
226 - La morte pareggia
tutti. (Seneca).
227 - La morte raggiunge
anche luomo che fugge. (Orazio "Odi").
228 - La necessità non ha
giorni di festa. (Palladio, in "Lagricoltura").
229 - La Patria è dovunque
si stia bene. (Pacuvio).
230 - La paura della colpa ci
conduce al male. (Orazio, in "Ars poetica").
231 - La poesia è la parola
quando si fa forte, intima e sublime (Sergio Quinzio in "Diario profetico")
232 - La prima punizione è che
nessun colpevole può assolversi di fronte a se stesso. (Giovenale, poeta latino).
233 - La ricchezza
dellanima è la sola vera ricchezza; tutto il resto arreca più molestie che
vantaggi. (Luciano, in Anth. I, 67).
234 - La ricerca della
verità e della conoscenza è una delle più alte attività umane, anche se spesso ne
menano vanto quelli che meno vi partecipano (Albert Einstein)
235 - La roba offerta gratis
puzza. (San Girolamo).
236 - La scienza è
conoscenza organizzata, la saggezza è vita organizzata (Emanuele Kant)
237 - La scienza è il capitano e
la pratica sono i soldati (Leonardo da Vinci)
238 - La società ricompensa più
spesso meriti apparenti che reali (Francesco della Rochefoucauld in
"Massime")
239 - La speranza è una cosa
bella, e le cose belle non muoiono mai. (dal film "Le ali della libertà").
240 - La speranza supera ogni
cosa, vince ogni difficoltà: la terribilità umana comincia quando questa voce non parla
più. (Corrado Alvaro).
241 - La stoltezza è un
primo grado di imbecillità o di follia (Niccolò Tommaseo)
242 - La storia non deve andare
oltre la verità e la sola verità basta alle azioni di valore. (Plinio il Giovane, in
"Lettere a Tacito").
243 - La terra ha dei limiti,
la stupidità umana non ne ha. (Flaubert).
244 - La venerazione
tributata al saggio fa onore a chi la esercita. (Epicuro).
245 - La vera saggezza è
nella capacità di distinguere tra il vero e il falso. (Salomone).
246 - La virtù non ha
padroni: quanto più ciascuno la onora tanto più ne avrà; quanto meno la onora tanto
meno ne avrà. (Platone).
247 - La virtù rende
lanimo più forte, più elevato, più grande. (Seneca).
248 - La virtù si contenta
di sé stessa. Senza regole, senza parole, senza azioni. (Antistene, filosofo ateniese
morto nel 360 a.c.).
249 - La vita delluomo
è un filo di seta sospeso in un gioco di rasoi (Emilio Cecchi in "Pesci
rossi")
250 - La vita è come il gioco
degli scacchi. Noi elaboriamo un piano; ma quel piano è condizionato da ciò che piacerà
fare, nel gioco, allavversario, nella vita al destino. (Schopenhauer).
251 - La vita è un insieme
di piccoli tubi attraverso i quali circola la luce: questa luce che è la forza della vita
è Dio e questi tubi siamo noi, tutti gli essere umani. (Tolstoi).
252 - La vita è una milizia.
(Seneca).
253 - La vita e
missione; e quindi il dovere è la sua legge suprema. (Giuseppe Mazzini).
254 - La vita in sé non è
né un bene né un male: è la sede del bene e del male secondo quale voi decidete di
accogliere. (Montaigne, in "Saggi").
255 - La vita non deve essere
una festa per pochi ed un peso per molti, ma per tutti ladempimento di un dovere. (Alessandro
Manzoni).
256 - La vita si può capire
solo allindietro, ma si vive in avanti (Soren Kierkegaard)
257 - La vita umana nel suo
insieme non è che un gioco: il gioco della pazzia (Erasmo da Rotterdam)
258 - La vita vista dai giovani
è un futuro infinitamente lungo, vista dai vecchi è un passato brevissimo. (Schopenhauer).
259 - Le buone leggi nascono
dai cattivi costumi. (Macrobio, scrittore latino).
260 - Le cose che
maggiormente bisogna evitare sono lodio, linvidia e il disprezzo. (Seneca).
261 - Le finzioni sono nobili
menzogne. (Eschilo).
262 - Le grandi emozioni sono
mute: la perfetta felicità non conosce il riso, come linfelicità assoluta non ha
lacrime. (Victor Hugo).
263 - Le ingiurie sono come le
processioni che ritornano sempre là donde sono mosse. (Vincenzo Monti).
264 - Le leggi devono
assicurare la massima felicità divisa sul maggior numero di cittadini. (Cesare
Beccaria, in "Dei delitti e delle pene").
265 - Le leggi frettolose
partoriscono nuove leggi intese ad emendare, perfezionare, ma le nuove, essendo dettate
dallurgenza di rimediare a difetti propri di quelle male studiate, sono
inapplicabili se non a costo di sotterfugi, e fa duopo perfezionarle ancora, sicché
ben presto il tutto diventa un groviglio inestricabile, da cui nessuno cava più i piedi.
e si è costretti a scegliere la via di minore resistenza che è di non far niente. (Luigi
Einaudi, in "Prediche inutili").
266 - Le leggi non sono che le
condizioni del vivere civile (Jean Jaques Rousseau in "Il contratto sociale, libro
II, cap. VI)
267 - Le leggi sono gli argini
delle nostre azioni. (Schiller, in "I masnadieri").
268 - Le onorificenze sono
cambiali tratte sulla pubblica opinione; il loro valore dipende dal credito di cui gode il
traente. (Schopenhauer, in "Aforismi per una vita saggia").
269 - Le preoccupazioni
leggere fanno parlare. Le grandi ammutoliscono. (Seneca, dalla tragedia
"Fedra".
270 - Le rivoluzioni sono
figlie di idee e di sentimenti prima che di interessi. (Luigi Sturzo).
271 - Le vie del pensiero
divino vanno al loro scopo attraverso fitte ombre che lo sguardo umano non può penetrare.
(Eschilo, in "Le supplici").
272 - Lo sciocco che ama se
stesso non avanzerà mai nella saggezza. (SantAgostino, in "Vera
religione").
273 - Lo studio, la dura
fatica, la coscienza scrupolosa sono i principi delleducazione di se stessi. Colui
che li pratica può dominare gli uomini e gli imperi. (Confucio).
274 - Ma la bellezza è un
vano instabile bene/spesso cagione dinfiniti mali. (Domenico Balestrini, poeta
milanese del 1700).
275 - Meglio essere poveri in
terra che ricchi in mare. (Antifane).
276 - Meglio rischiare di
salvare un colpevole che condannare un innocente. (Voltaire, da "Zading").
277 - Mentre tutti i vizi
hanno dentro un non so che di piacere, linvidia, radice di tutti i mali, tarlo delle
virtù, porta disgusto, rancore e rabbia. (Miguel de Cervantes).
278 - Migliore è più sicura
è una pace certa di una vittoria solo sperata. (Tito Livio).
279 - Molte sono le cose
straordinarie, ma nulla vè di più straordinario delluomo. (Sofocle, in
"Antigone").
280 - Molti sono chiamati,
pochi sono i prescelti. (dal Vangelo di Matteo).
281 - Muor giovane colui che
al cielo è caro. (Menadro).
282 - Negli affari di grande
importanza è possibile piacere a tutti. (Solone).
283 - Nel mondo regnano tre
poteri: la saggezza, la forza, la fortuna. (Motto antico).
284 - Nella giovinezza
prevale listruzione, nella vecchiaia il pensiero. La giovinezza è lepoca
della poesia, la vecchiaia è piuttosto lepoca della filosofia. la prima è
letà dellirrequietezza, la seconda è letà della quiete. (Schopenhauer).
285 - Nella maggioranza degli
uomini la gratitudine è solo un velato desiderio di ricevere maggiori benefici (Francesco
della Rochefoucauld in "Massime")
286 - Nella solitudine sii per te
stesso una folla. (Tibullo, poeta latino).
287 - Nelle case degli uomini
giusti la prosperità genera sempre bella prole. (Eschilo, in "Agamennone").
288 - Nessun atleta conquista
la corona senza faticare. (San Girolamo).
289 - Nessun mortale è
saggio a tutte le ore. (Plinio il Vecchio).
290 - Nessuno è amico di chi
ha molti amici. (Aristotele, in "Etica Eudemea).
291 - Nessuno è esente dal dire
sciocchezze. Il male è dirle con pretensione. (Montaigne, in "Saggi").
292 - Nessuno è più fragile di
un altro né più certo del suo domani. (Seneca).
293 - Nessuno è profeta
nella sua Patria. (motto evangelico).
294 - Nessuno è tanto
vecchio che non possa onestamente sperare in un giorno di più. Anche un giorno è gradino
della vita. (Seneca, in "Lettera a Lucilio, 12").
295 - Nessuno può servire
due padroni. (S. Matteo, Vangelo).
296 - Niente basta a chi non
basta ciò che è sufficiente. (Epicuro).
297 - Niente è tanto grande,
niente tanto mirabile dapprima, che a poco a poco non si guardi con minor stupore. (Lucrezio,
poeta latino).
298 - Niente può giungere
inaspettato i bisogna aspettarsi tutto. (Euripide, poeta tragico greco).
299 - Noi tutti, quanti
viviamo, non siamo niente altro che fantasmi o vane ombre. (Sofocle, in
"Aiace").
300 - Non arrabbiarsi, non
stupirsi, ma comprendere. (Spinoza).
301 - Non bisogna adirarsi
contro i fatti: le nostre collere non si toccano. (Plutarco).
302 - Non cedere ai mali ma
affrontali audacemente. (Virgilio, Eneide VI, 95).
303 - Non conosce chi cerca,
bensì chi sa cercare. (Luigi Einaudi, in "Prediche inutili").
304 - Non distruggere la
gioia di vivere col tormento dellambizione insoddisfatta. La vita se la sai
utilizzare è lunga. (Seneca).
305 - Non è facile soffiare
ed inghiottire nello stesso tempo. (Plauto, da "La commedia degli spiriti").
306 - Non è possibile
trovare la vita di uno che sia priva di dolore. (Menandro).
307 - Non esiste legame più
fastidioso di quello della gratitudine. (Basil Liddel Hart, da "Scipione
lAfricano").
308 - Non gettate le vostre
perle davanti ai porci. (Vangelo di Matteo).
309 - Non ho mai piegato la
mia intelligenza, ma ho piegato spesso le mie ginocchia. (Michel de Montaigne).
310 - Non il vivere è da tenere
in massimo conto, ma il vivere bene. E il vivere bene è lo stesso che il vivere con
giustizia e con virtù. (Platone, "Critone").
311 - Non leggete, come fanno
i bambini, per divertirvi o, come gli ambiziosi, per istruirvi. No, leggete per vivere (Gustave
Flaubert)
312 - Non morirò del tutto, ho
costruito un monumento più duraturo del bronzo. (Orazio).
313 - Non puoi attraversare
il mare semplicemente stando fermo e fissando le onde. Non indulgere in vani desideri. (Rabindranath
Tagore).
314 - Non ragionare dinanzi
agli stolti: essi disprezzeranno i tuoi assennati ragionamenti. (Re Salomone).
315 - Non serve a nulla usare
la lanterna in pieno giorno. (Cicerone, da "Il sommo bene e il sommo male").
316 - Non si ha meriti
nellabbondanza, né colpe nella povertà. (Apuleio, in "Apologia").
317 - Non sono le briglie
doro che rendono migliore un cavallo. (Seneca, "Lettere a Lucilio").
318 - Non usare il potere per
sopprimere le opinioni perché in tal caso saranno le opinioni a sopprimere te. (Bertrand
Russell).
319 - Non vè nessun
male che non sia accompagnato da un pò di bene. (Plinio il Vecchio).
320 - Nonostante tutto io
credo ancora che la gente sia buona. (Anna Frank, da "Il diario").
321 - Nulla è più grato ma
anche più fugace della bellezza. (detto dallimperatore Domiziano, in "le
vite dei Cesari di Svetonio").
322 - Nulla lex satis commoda
omnibus est (Nessuna legge si adatta ugualmente bene a tutti). (Tito Livio, "Ub
urbe condita, XXXIV, 3).
323 - Nulla nasce dal nulla.
(Persio, scrittore latino).
324 - Ogni atto che non
derivi da assoluta necessità è tirannico. (Montesquieu).
325 - Ogni cosa ha il suo tempo.
(Ecclesiaste).
326 - Ogni giorno si muore,
poiché ogni giorno viene meno una parte della vita, e anche quando si cresce, la vita
decresce. (Seneca, in "Lettere a Lucilio, 24").
327 - Ogni piacere presuppone
una qualche attività, limpiego, cioè, di una qualche energia, né può sussistere
senza di essa. (Aristotele, in "Etica Nicomachea" I, 7).
328 - Ogni poeta mira ad
attrarre e a sedurre gli animi, ma non a insegnare. (Eratostene, filosofo e scienziato
greco del III secolo d.c.).
329 - Ogni punizione
esemplare comporta qualche iniquità verso i singoli, che viene compensata
dallutilità pubblica. (Tacito, in "Annali" XIV).
330 - Ognuno di noi vive nel
riflesso di quello che fu ragazzo ... . Solo linfanzia è la stagione in cui si
capisce tutto, il mondo non ha segreti e tutti i misteri si affacciano alla mente come sul
punto di sciogliersi
. (Corrado Alvaro).
331 - Ognuno faccia il
mestiere che sa fare. (Aristofane, in "Le vespe").
332 - Omnia munda mundis (
Tutto è puro per i puri). (San Paolo).
333 - Ovè la Patria
ivi è vero riposo. (così è scritto sulla tomba di Lorenzo dei Medici, a cura di
Michelangelo).
334 - Parlare senza pensare
significa solo fare del rumore (massima cinese).
335 - Pensieri profondi hanno
bisogno di nobile forma (Augusto von Platen)
336 - Per quanto cammino tu
faccia, non potrai mai raggiungere i confini dellanima: così profonda ne è la
ragione. (Eraclito, filosofo greco del V sec. a.c.).
337 - Poeti si nasce, oratori su
diventa. (detto latino).
338 - Preferisco morire
piuttosto che essere causa di morte. (detto dallimperatore Tito, secondo
Svetonio).
339 - Qualsiasi proponimento
tu farai dovrai mantenerlo come se fosse una legge e un punto di religione. (Epitteto).
340 - Qualunque azione tu
compia, devi compierla con questa intenzione: di essere e di rimanere sempre, ad ogni
costo, una persona onesta. (Marco Aurelio).
341 - Quando ci sono le armi
le leggi tacciono. (Cicerone, dallorazione "Pro Milone").
342 - Quanto la pena sarà
più pronta e più vicina al delitto commesso ella sarà tanto più giusta e tanto più
utile. (Beccaria, in "Dei delitti e delle pene").
343 - Quanto meno bisogni
avete più liberi siete. (Cesare Cantù).
344 - Quanto più cresce la
ricchezza tanto più cresce lamore per il denaro. Giovenale).
345 - Rimedio alle offese è
dimenticarle. (Publilio Siro).
346 - Sapere le leggi non è
ricordarne le parole ma comprenderne la forza e lo spirito. (Giustiniano,
"Digesto").
347 - Saprai comandare quando
avrai imparato a ubbidire. (Solone).
348 - Saprai comandare quando
avrai imparato ad ubbidire. (Solone).
349 - Sbagliare è umano, ma
perseverare nellerrore è diabolico. (SantAgostino).
350 - Scriviamo e
rispondiamo: le lettere passano il mare, e mentre la nave solca il mare, ad ogni flutto
che essa attraversa, diminuiscono i momenti della nostra vita. (San Gerolamo, in
"Epistola ad Eliodoro").
351 - Se a ciascun
linterno affanno - si leggesse in fronte scritto, quanti mai che invidia fanno - ci
farebbero pietà. (Metastasio).
352 - Se devi violare la
giustizia, fallo per regnare; per ogni altro motivo rispetta la legge. (Euripide, poeta
tragico greco).
353 - Se la natura ti invita
ad essere buono verso il prossimo, non per questo ti impone di essere crudele verso te
stesso. (Tommaso Moro).
354 - Se vôi l'ammirazione de
l'amichi, nun faje capì mai quello che dichi. (Trilussa).
355 - Se vuoi offendere un
avversario, lodalo a gran voce per le qualità che gli mancano (Ugo Ojetti)
356 - Sempre ogni giorno fa
imparare qualcosa. (Euripide).
357 - Senza gerarchia e senza
disciplina si sfasciano anche le associazioni a delinquere. (Cicerone).
358 - Senza un legame morale
tra governante e governati ogni Stato si appoggia sopra i piedi di argilla. (Teodoro
Momsen).
359 - Si direbbe che le teste
dei grandi uomini si restringano quando si riuniscono e che dove sono più savi vi sia
meno saggezza. (Montesquieu, da "Lettera persiana").
360 - Siate prudenti come
serpenti e semplici come colombe. (Vangelo di Matteo).
361 - Signore, dacci la forza
di cambiare le cose che si possono cambiare e di sopportare quelle che non si possono
cambiare. (Tommaso Moro).
362 - Sii ilare nella
tristezza, triste nell ilarità. (Giordano Bruno).
363 - Sol chi non lascia eredità
daffetti/poca gioia è dellurna. (Ugo Foscolo, in "I sepolcri"
40-41).
364 - Solo da Dio viene la
vera rivoluzione, il cambiamento decisivo del mondo. Perciò occorre volgersi senza
riserve a Dio che è la misura di ciò che è giusto. (Papa Ratzinger, Benedetto XVI).
365 - Solo la miseria è
senza invidia (Boccaccio)
366 - Soltanto la perdita di un
bene ce ne fa capire il valore. (Schopenhauer).
367 - Sono le ricchezze a
procurare gli onori. (Ovidio, in "Gli amori").
368 - Sono un uomo e ho
sbagliato: non è strano. (Menandro).
369 - Sono un uomo: nulla
delluomo reputo da me estraneo. (Terenzio).
370 - Spesso dalle vicende
che a primo aspetto appaiono di poco conto, prendono le mosse eventi di grande portata. (Tacito,
in "Annali" IV).
371 - Spesso i talenti più
insigni sono quelli che hanno meno ammiratori (Georg Christopl Lichtenberg, pensatore
tedesco del XVIII secolo).
372 - Spesso le sofferenze
traggono in inganno il giudizio. (Teognide, poeta greco).
373 - Spesso per luomo il
tacere è il più saggio dei pensieri. (Pindaro, poeta greco, in "Nemee").
374 - Summum jus, summa injuria
("il massimo del diritto è il massimo dell'ingiustizia") (Cicerone).
375 - Tanto più cresce la
ricchezza tanto più cresce lamore per il denaro. (Giovenale, poeta satirico
latino).
376 - Tre sono le cose che
bisogna maggiormente evitare: lodio, linvidia, il disprezzo. (Seneca).
377 - Tutti ci giudicano da
ciò che sembriamo, nessuno per ciò che siamo realmente. (F. Schiller, da "Maria
Stuarda").
378 - Tutti i vizi scoperti
sono più lievi, ma sono molto pericolosi quando si nascondono sotto unapparenza
sana. (Seneca, in "Epistole" 56).
379 - Tutto è puro per i
puri. (San Paolo).
380 - Tutto scorre. (Eraclito).
381 - Un gran proverbio caro
al potere dice che lessere sta nellavere (Giuseppe Gusti)
382 - Un grande animo si esprime
con più calma e serenità . (Seneca, in "Epistole").
383 - Un piccolo debito crea
un debitore, un debito grande crea un nemico. (Seneca).
384 - Un piccolo debito crea
un debitore, un grande debito crea un nemico. (Seneca).
385 - Un profeta non è
disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua. (dal "Vangelo
secondo Marco", 6, 1 - 6).
386 - Un uomo con Dio
raggiunge sempre la maggioranza. (Lutero).
387 - Un uomo fa ciò che è
suo dovere; e questa è la base di tutta la morale umana. (J.F. Kennedy).
388 - Un uomo non può
chiamarsi reo prima della sentenza del giudice, né la società può togliergli la
pubblica protezione, se non quando sia definito chi egli abbia violati i patti con i quali
le fu accordata. (Cesare Beccaria, in "Dei delitti e delle pene").
389 - Una feroce forza il
mondo possiede e fa nomarsi "Diritto". (Alessandro Manzoni da
"Adelchi").
390 - Uomini come mio padre
non possono morire (dal film "Comera verde la mia valle).
391 - Vi sono più cose in
cielo e sulla terra di quelle che noi sogniamo nel nostro filosofare. (F. Schiller, da
"Il visionario").
392 - Viviamo non come
vogliamo ma come possiamo. (Menandro, poeta greco).
393 - Volete avere molti in
aiuto? Cercate di non averne bisogno (da "I promessi sposi" di Alessandro
Manzoni - Cap. XXV).
|
Breve biografia del Gen. Dr. Salvatore GALLO
Salvatore GALLO è nato a Zinga di Casabona (Kr) nel 1930.
Generale in congedo della Guardia di Finanza nel ruolo d'onore, Laureato in
Giurisprudenza, in Scienze Politiche e in Scienze della sicurezza economico-finanziaria.
Per oltre un trentennio ha insegnato materie tecnico-professionali e
giuridiche presso la Scuola di Polizia Tributaria e presso l'Accademia della Guardia di
Finanza ed è stato per anni docente di Diritto tributario presso la Facoltà di Economia
dell'Università di Parma, e di Diritto Pubblico presso l'European School of Economics a
Roma.
Negli ultimi anni ha svolto le funzioni di giudice tributario regionale
prima in Bologna e poi in Roma.
E' autore di opere assai note ed affermate a livello nazionale quali "La
polizia giudiziaria", "Il diritto penale e processuale tributario",
"L'accertamento dei reati tributari nel nuovo codice di procedura penale",
"Il sistema dei tributi in Italia", "Le visite fiscali", "Il
manuale pratico di diritto tributario".
E' collaboratore del "Novissimo Digesto Italiano" edito dalla UTET,
della "Enciclopedia Giuridica Treccani" e di numerose riviste di carattere
tecnico giuridico e tributario.
Ha partecipato quale relatore a decine di convegni di studio organizzati da
Ordini professionali, da Enti pubblici, da istituti privati e da Associazioni culturali. |
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Organizzato dal Prof. Giorgio Cantelli Forti, Presidente del Polo Riminese
Convegno : "Ricerca Universitaria
e trasferimento tecnologico"
Venerdi' 28 gennaio 2011
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Anche
inaugurazione di nuovi laboratori di ricerca
Presenti le autorità locali, Luciano Chicchi (presidente di
UniRimini) e il vescovo di Rimini mons. Francesco Lambiasi, sono stati inaugurati (28
gennaio 2011) nuovi laboratori di ricerca alla Università Rimini, nel quadro del convegno
su "Ricerca universitaria e trasferimento tecnologico", svoltosi a Palazzo
Briolini, ed organizzato dal presidente del Polo riminese, Giorgio Cantelli Forti.
Nei nuovi laboratori saranno fatte ricerche sui "nuovi tessuti e sulla
green economy".
Hanno svolto relazioni:
- Antonello Scorci, professore di Politica economica, sul tema "Impatto
economico dell'Università nel territorio riminese";
- e Vincenzo Tumiatti (responsabile scientifico dell'Unità operativa di ricerca di
tecnologie innovative per la moda) e Luciano Morselli (direttore del Centro
interdipartimentale di ricerca industriale energia e ambiente), sul tema "Tecnopoli e
territorio".
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Costituire il Club di tutti i professori dell'Alma Mater:
"Associazione pro universitate" ?
Per uno strumento che riunisca i
professori
di tutte le Facoltà in servizio e cessati dal servizio |
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LETTERA APERTA
A TUTTI I COLLEGHI dell'ALMA MATER
in servizio e cessati dal servizio
Cari Colleghi, fare la
"Associazione pro Bononiae Universitate" ?
LETTERA APERTA
A TUTTI I COLLEGHI dell'ALMA MATER
in servizio e cessati dal servizio
Cari Colleghi, condividete l'idea di fare la "Associazione
pro Bononiae Universitate" ?
1.- Premessa. Ultimamente c'erano più Associazioni
nell'Ateneo, anche vive, e tutte con il fine di dare ai Colleghi la possibilità di
incontrarsi e discutere su argomenti di interesse universitario. Anche le elezioni del
Rettore sono state occasione di dibattiti interessanti ma, come accade spesso per le
elezioni politiche, in cui c'è chi si schiera da una parte e chi dall'altra, si sono
incrinati i rapporti cordiali esistenti.
Coloro che vincono la competizione elettorale raramente si ricordano, poi,
di chi li ha sostenuti e infatti alcuni cominciano a sentire la mancanza delle vecchie
Associazioni ormai dissoltesi.
E' forse il caso di ricordare che il precedente Rettore Pier Ugo Calzolari
ebbe ad auspicare una Asssociazione generale, un club, alla Palazzina della Viola, dove i
Professori di tutte le Facoltà potessero periodicamente ritrovarsi.
Una tale Associazione sarebbe comunque cosa diversa dall'Associazione degli
Emeriti, perchè non ristretta agli "emeriti", ma anzi aperta a tutti i
professori, compresi quelli cessati dal servizio.
2.- A proposito degli Emeriti. L'Università di Bologna, a
partire dal 1933, proclamò Emeriti alcuni dei propri Professori, al momento della
cessazione dal servizio. Dal sito web dell'Ateneo risulta che nel 2010, su iniziativa
privata di "sei" Professori Emeriti, sia stata istituita l'"Associazione
Almae Matris Emeriti" alla quale hanno aderito altri Emeriti, per un totale di 78
membri.
Sotto è riportato l'elenco. Questa lodevole iniziativa appare,
tuttavia, lontana da un senso compiuto delle cose, perchè una medaglia ha una ragione se
corredata dai relativi meriti scientifici giustificativi, condizione che non risulta dal
web. Anzi, leggendo l'atto costitutivo e lo Statuto pare trattarsi di fatti meramente
cartolari, addirittura senza date.
3.- Motivi per una associazione aperta a tutti i Docenti dell'Alma
Mater. E' fondato presumere che nella Università di Bologna vi siano numerosi
quanto valorosi studiosi che, alieni istintivamente dagli ermellini, dai cappelli
lampeggianti e dall'amore per il potere, hanno dato una intera vita all'Università, al
sapere e alla educazione dei giovani: quelli cioè grazie ai quali il nostro Ateneo vanta
il primato in Italia.
Ebbene, disperdere le menti pensanti dell'Alma Mater sarebbe un grave
errore e quindi occorre creare un'opportunità che consenta loro di ritrovarsi e mettere
ancora una volta al servizio della collettività la loro cultura e la loro esperienza. In
questo senso, nulla togliendo agli "Emeriti" de quo, parrebbe opportuno creare
un'Associazione parallela, aperta a tutti i Professori e Ricercatori in servizio e già in
servizio.
Nello specifico, lo scopo dell'Associazione dovrebbe
essere:
- quello di promuovere l'amicizia tra i Docenti delle diverse
discipline e tenere il collegamento con quelli in quiescenza;
- quello di promuovere la discussione su contributi scientifici
originali (poco noti ai non addetti ai lavori) per riportarli all'attenzione degli amanti
del bello, dell'arte, della scienza, per un rinnovato riconosciuto valore.
4. Un appello a manifestare la propria opinione. Sul fare una
tale Associazione si è già discusso tra alcuni di noi. Ma sarebbe importante conoscere
se e quanto essa sia condivisa dai Colleghi e anche le loro idee per una eventuale
iniziativa alternativa, migliore e più condivisibile.
Occorrerebbe anche stimolare la fantasia per trovare la denominazione
più confacente e immediatamente espressiva dello scopo principale, quello cioè di
appellarsi a tutte le forze vive, inclusi i Colleghi in quiescenza che, a seguito dei
dimissionamenti forzati indotti delle recenti leggi, sono relativamente numerosi, ed
ancora scientificamente attivi.
Ritenete che possa andar bene chiamarla: "Associazione pro
universitate" ? oppure: "Associazione "Bononiae universitas jura et
scientias querens semper"? ...................................
...................................
Il sottotitolo della denominazone prescelta, dovrebbe essere:
"Libera Associazione dei Docenti dell'Università di Bologna in servizio e cessati
dal servizio "
Cari Colleghi, se volete, potete inviare i vostri graditissimi
suggerimenti via e-mail al seguente indirizzo:
nino.luciani@unibo.it
.
Cordialita'.
Bologna 18 gennaio 2011
NINO LUCIANI
|
MEMBRI DELLA ASSOCIAZIONE ALMAE MATRIS
EMERITI"
- Altieri
Biagi Maria Luisa 2007 Lettere storia lingua italiana
- Baldini
Enrico 1997 Agraria Arboricoltura Generale
- Baraldi
Gualtiero 2010 Agraria Meccanizzazione agricola
- Barozzi
Giulio Cesare 2007 Ingegneria Analisi matematica
- Bortolami
Ruggero 2003 Medicina Veterinaria Anatomia vet. sist. e comp.
- Brunelli
Benito 2001 Ingegneria Macchine elettriche
- Cacciari
Emanuele 2006 Medicina e Chirurgia Clinica pediatrica
- Cainelli
Gianfranco 2009 Scienze Chimica organica e biologica
- Calandrino
Leonardo 2010 Ingegneria Comunicazione elettriche
- Calboli
Gualtiero 2009 Lettere Lingua e lett. Latina
- Caldarera
Claudio Marcello 2005 Medicina e Chirurgia Chimica Biologica
- Calzolari
Pier Ugo 2010 Ingegneria Elettronica applicata
- Canestrari
Renzo 2000 Medicina e Chirurgia Psicologia
- Capecchi
Vittorio 2010 Scienze Formazione Sociologia generale
- Capitani
Ovidio 2006 Lettere Storia
medievale
- Castellarin
Alberto 2010 Scienze Geologia strutturale
- Cavazza
Luigi 2000 Agraria Agronomia
- Celli
Giorgio 2009 Agraria Entomologia
- Ciampolini
Filippo 2003 Ingegneria Elettrotecnica
- Cocchi
Alessandro 2010 Ingegneria Fisica tecnica
- Corazza
Gian Carlo 2001 Ingegneria Campi elettromagnetici
- Curi
Fausto 2007 Lettere Letteratura italiana moderna
- D'Amico
Claudio 2009 Scienze Petrografia
- Del
Gaudio Antonio 2007 Medicina e Chirurgia Patologia speciale chirurgica
- De
Vergottini Giuseppe 2010 Giurisprudenza
Diritto pubblico comparato
- Di
Federico Giuseppe 2003 Scienze Politiche Ordinamento giudiziario
- Di
Sandro Giancarlo 2006 Economia Economia Politica Agraria
- Domini
Remigio 2006 Medicina e Chirurgia Clinica Chirurgica pediatrica
- Eco
Umberto 2009 Lettere Semeiotica del testo
- Facchini
Fiorenzo 2007 Scienze Antropologia
- Fiume
Luigi 2009 Medicina e Chirurgia Patologia generale
- Focardi
Sergio 2004 Scienze Fisica generale
- Freddi
Giorgio 2009 Scienze Politiche Analisi politiche pubbliche
- Galgano
Francesco 2009 Giurisprudenza Diritto civile
- Galligani
Ilio 2010 Scienze Analisi numerica
- Giacomelli
Giorgio Maria 2007 Scienze Fisica generale
- Graffi
Sergio 2009 Ingegneria Elettronica applicata
- Grandi
Mario 2007 Economia Diritto del lavoro
- Intrieri
Cesare 2009 Agraria Viticoltura
- La
Placa Michele 2002 Medicina e Chirurgia Microbiologia
- Lorenzoni
Gianni 2007 Economia Tecnica industriale commerciale
- Lugaresi
Elio 2002 Medicina e Chirurgia Clinica neurologica
- Magnani
Bruno 2003 Medicina e Chirurgia Cardiologia
- Manfredi
Enzo 1998 Agraria Meccanica agr.
- Mariotti
Italo 2006 Lettere Filologia greco
latina
- Marcato
Paolo Stefano 2010 Medicina Veterinaria Patologia Gen e Anatomia pat. Veterinaria
- Marrano
Domenico 2006 Medicina e Chirurgia Clinica chirurgica
- Matteucci
Anna Maria 2006 Lettere Storia Arte moderna
- Minelli
Giorgio 2010 Ingegneria Macchine a fluido
- Molinari
Vincenzo 2005 Ingegneria Fisica reattori nucleari
- Morra
Gianfranco 2003 Scienze Politiche Sociologia della conoscenza
- Negri
di Montenegro Giorgio 2003 Ingegneria Macchine
- Parmeggiani
Pier Luigi 2005 Medicina e Chirurgia Fisiologia umana
- Pazzaglia
Mario 2003 Lettere Lingua e letteratura italiana
- Pierangeli
Angelo 2007 Medicina e Chirurgia Chirurgia del cuore
- Pisi
Emilio 2002 Medicina e Chirurgia Clinica medica generale
- Poni
Carlo 2006 Scienze Politiche Storia economica
- Pozzati
Piero 1997 Ingegneria Tecnica delle costruzioni
- Principi
Maria Matilde 1994 Agraria Entomologia agraria
- Prodi
Paolo 2009 Lettere Storia moderna
- Puddu
Paolo 2005 Medicina e Chirurgia Medicina interna
- Raimondi
Ezio 2000 Lettere Letteratura italiana
- Ripamonti
Alberto 2005 Scienze Chimica generale e inorganica
- Rubatta
Antonello 2006 Ingegneria Idraulica
- Salmon
Paolo 2007 Scienze Matematiche elementari sup
- Sansavini
Silviero 2009 Agraria Coltivazioni Arboree
- Scardovi
Italo 2006 Statistica Statistica
- Simoni
Luciano 2006 Ingegneria Tecnologie elettriche
- Stirpe
Fiorenzo 2007 Medicina e Chirurgia Patologia generale
- Tagliaventi
Ivo 2001 Ingegneria Architettura tecnica
- Traina
Alfonso 2001 Lettere Letteratura latina
- Trombini
Giancarlo 2010 Medicina e Chirurgia Psicologia clinica
- Tura
Sante 2006 Medicina e Chirurgia Ematologia
- Varotti
Claudio 2010 Medicina e Chirurgia Dermatologia
- Vasina
Augusto 2006 Lettere Storia medioevale
- Zanobetti
Dino 1997 Ingegneria Impianti elettrici
- Zichichi
Antonino 2006 Scienze Fisica superiore
- Zucchi
Giulio 2009 Agraria Zooeconomia |
* Clicca su:
1) Statuto dell'Associazione Almae Matris Emeriti
2) http://www.unibo.it/NR/rdonlyres/C751416F-4FE0-4D10-9814-75734AE22EC1/190692/ATTOCOSTITUTIVO_AME.pdf |
|
Università di Bologna - Dal Consiglio di
Amministrazione
*
|
Gianni Porzi*, Lettera al Rettore e ai Consiglieri
"Due episodi inquietanti" e una "postilla"
*Rappresentante del Governo nel CdA dellUniversità di Bologna
_______________________________________________________________________
Magnifico
Rettore, gentili Consiglieri, |
Gianni Porzi
|
nell'ultimo Consiglio del 19
ottobre si sono verificati due episodi che definirei inquietanti, entrambi sintomi di
situazioni di disagio vissute dal Personale Tecnico e Amministrativo. Poiché mi hanno
lasciato perplesso, e in una certa misura sconcertato, ho preferito evitare qualsiasi
commento riservandomi un esame più attento e quindi una ponderata riflessione.
Per quanto concerne la dichiarazione del Dr. Pontieri (Rappresentante
del personale tecnico e amm.vo - NdR) ritengo sia stata inopportuna in quanto non è
tecnicamente possibile modificare il proprio voto dopo l'approvazione del verbale.
Probabilmente il Dr. Pontieri voleva mandare un messaggio ai Colleghi che rappresenta
affinché fossero informati che si era reso conto di aver commesso un errore
nell'esprimere quel voto a favore e quindi la sua dichiarazione ritengo sia stata una
semplice esternazione di tipo politico che non poteva tuttavia modificare nulla della
delibera assunta dal CdA il 13 luglio (bando di "selezione per il conferimento di un
incarico di lavoro autonomo -NdR). Capisco lo stato d'animo del Dr. Pontieri, anche
perché io votai contro quella delibera, e gli riconosco che l'ammettere di aver sbagliato
è un atto apprezzabile perché indice di onestà intellettuale, ma nel caso specifico non
poteva avere alcun riscontro pratico.
In merito all'intervento della Consigliere Zago mi limito ad
esprimere qualche perplessità in relazione al contesto in cui è stato fatto
l'intervento. Collegare certe vicende giudiziarie, che riguardano il Direttore, prima di
venire all'Alma Mater, con la contestata delibera del 13 luglio mi sembra una forzatura
essendo la delibera in questione soggetta al controllo preventivo della Corte dei Conti
che, come in altre occasioni dichiarato, rappresenta dal punto di vista legale una tutela
per il CdA. Trovo inoltre opinabile la scelta di dare la notizia alla stampa in quanto si
è trasmesso all'esterno un messaggio negativo, cioè che in Ateneo "circolano
veleni". Comunque, non è mia intenzione entrare nel "terreno scivoloso"
del se un certo agire è o non è corretto, anche perché non vorrei alimentare polemiche.
La mia riflessione infatti ha il solo scopo di dare un contributo a che si possano
ricucire palesi fratture tra il personale T.A. e i Vertici dell'Ateneo prima che si giunga
ad un vero e proprio scontro che sarebbe dannoso per tutti.
L'Alma Mater ha bisogno di serenità, di rispetto reciproco e di
una fattiva collaborazione fra tutto il Personale e i Vertici. Tutti, senza distinzione di
ruolo, dobbiamo tendere al miglioramento di questa Istituzione e ciò è possibile solo se
si instaura un rapporto di reciproca fiducia, stemperando le tensioni, abbattendo quegli
steccati che non contribuiscono certo a creare l'atmosfera e l'equilibrio giusti per una
proficua collaborazione tra tutte le componenti dell'Ateneo. Ritengo che tra i nostri
doveri vi sia anche quello di impegnarci affinché questo Consiglio, al di là delle
diversità di opinioni che a volte animano e dovrebbero arricchire il dibattito, possa
operare nel migliore dei modi per produrre quei risultati positivi che tutti auspichiamo.
Dovremmo tutti adoperarci affinché venga superata quella contrapposizione, purtroppo a
volte aspra, il cui risultato é di avvelenare l'ambiente. E in un ambiente non sereno
tutti rendono al di sotto delle proprie possibilità recando danno all'Istituzione. Come
in genere accade, le responsabilità o le presunte colpe o le rigidità che a volte
trapelano, non sono mai tutte da una sola parte e quindi mi rivolgo sia ai Vertici
dell'Ateneo che al Personale T.A. affinché si stemperi questo clima teso, prima che abbia
a degenerare in conflittualità, si instauri un clima di serena collaborazione nel
reciproco rispetto e si presti attenzione alla voce di coloro che dimostrano di avere come
obiettivo la crescita dell'Alma Mater.
Ritengo che tra i doveri di questo Consiglio vi sia anche
quello di fare tutto il possibile per superare i momenti critici offrendo la massima
disponibilità ad un dialogo sereno e costruttivo. A tale scopo, e facendo leva sulla
consapevolezza dei Consiglieri di essere chiamati a svolgere un compito di grande
responsabilità, anche morale, mi permetto di proporre a questo Consiglio, e in
particolare mi rivolgo al Magnifico Rettore, la costituzione di un tavolo per comporre
quelle fratture che sono emerse nelle recenti riunioni del CdA, prima che abbiano a
degenerare. Ad un tale tavolo, ovviamente informale, potrebbero partecipare il Magnifico
Rettore (o il pro-Rettore Vicario), il Direttore, il Presidente della Commissione
Personale, i quattro rappresentanti del Personale T.A. ed un altro volenteroso
Consigliere. A mio avviso, una tale iniziativa servirebbe anche a dimostrare a tutti la
volontà del CdA di smussare le tensioni e creare un clima più disteso, non solo in
Consiglio, ma nell'Ateneo tutto, specialmente in un momento molto delicato di
trasformazione dell'assetto amministrativo. In realtà, si percepisce un certo disagio tra
il Personale T.A. e non mi sentirei di escludere che alcuni possano essere rimasti delusi
nelle loro aspettative. Mi chiedo anche se in questo scenario non possano essere
inquadrate le improvvise, quanto impreviste, dimissioni di un valido Dirigente quale la
Dott.ssa Consolini.
Mi si conceda, a chiusura, una banale osservazione. In questo
Consiglio a volte, a fronte di interventi eccessivamente lunghi, si notano segni di
insofferenza con la conseguenza che chi interviene non raggiunge l'obiettivo che è quello
di essere ascoltato e capito. E' ben noto che interventi chiari e concisi riscuotono
maggiore attenzione da parte dell'ascoltatore e sono garanzia di una migliore comprensione
del messaggio. Nella speranza che lo spirito del mio messaggio sia condiviso, ringrazio
tutti per l'attenzione. Gianni Porzi
Bologna 23/10/2010 |
Ancora in tema di lavori
del CdA
A volte viene invocata la "cultura del sospetto"
come se qualcuno avesse l'insano desiderio di "pensar male a prescindere".
Prendiamo come esempio recente il caso del Bando per il posto di
Dirigente del Centro Servizi Informatici dell'Ateneo (CeSIA).
Nel Consiglio di Amministrazione del 27/7 u.s. il Direttore
informò i Consiglieri che la Dott.ssa Luisa Consolini aveva rassegnato le dimissioni
dall'incarico di Dirigente del CeSIA, senza altro aggiungere, quando, appena 4 giorni
prima cioè il 23/7, era stato emesso il Decreto Dirigenziale n°1914 per il Concorso
pubblico finalizzato alla copertura del posto di Dirigente che si sarebbe liberato a
partire dal primo settembre. Come mai il Direttore Amministrativo di dimenticò di dare
anche tale notizia? Il Bando è stato poi pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 3 agosto
con scadenza il 2 settembre, cioè è rimasto aperto al pubblico il mese di agosto,
periodo in cui gran parte degli italiani è in ferie e non credo presti una particolare
attenzione alla G.U. Non ritengo quindi si sia scelto il periodo migliore per dare ampia
pubblicità al Bando.
Mi preme pertanto precisare, specialmente per i non addetti ai lavori ai
quali potrebbe sorgere qualche lecito sospetto, che in tale materia (contenuto del Bando,
data di emissione, nomina della Commissione) il Consiglio di Amministrazione non ha voce
in capitolo, ma è tutto in capo al Direttore Amministrativo, come previsto dallo Statuto
in base al quale al CdA spetta solo "definire, attribuire e revocare le funzioni
dirigenziali".
Per la cronaca, la selezione dei vari concorrenti è ancora in corso e la
Direzione del CeSIA è stata assunta ad interim dal Direttore. Gianni Porzi
Bologna 23 settembre 2010 |
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Università di Bologna - Su Centro Studi di Buenos Aires e Azienda
Agraria
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Gianni Porzi*, Un paio di esempi significativi
e documentati della gestione Calzolari/Fabbro
*Rappresentante del Governo nel CdA dellUniversità di Bologna
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Centro Studi di Buenos Aires
Il prof. Manaresi, assunta la Direzione del Centro di Studi di Buenos
Aires, tenne unaudizione in CdA sulla Sede argentina e nella relazione produsse un
documento relativo alla situazione finanziaria al 31/12/09 da cui risultava un disavanzo
di 172.346 Euro dovuto a debiti, soprattutto verso fornitori (cioè fatture non
pagate), per circa 331.000 Euro.
E vero che la Sede vanta crediti per un analogo importo (circa
280.000 derivanti da contributi degli studenti non pagati e 55.000 da situazioni varie),
ma questi sono in larga parte inesigibili per varie ragioni (risalgono a vari anni
indietro, debitori irreperibili e, per i debiti più antichi, assenza di documentazione
probatoria a supporto). Pertanto, il CdA è stato costretto a ripianare i debiti
assegnando alla Sede di Buenos Aires due tranches di 180.000 Euro ciascuna, una per
lanno correte ed una per il 2011.
Lex Rettore Calzolari non mi risulta abbia mai fatto presente
agli OO.AA. le difficoltà finanziarie della Sede di Buenos Aires. Perché?
Va comunque spezzata una lancia a favore dellex Direttore della
Sede di Buenos Aires perché, come risulta chiaramente dai verbali del Revisori dei Conti
(verbale n° 153 del 6/12/02, n° 166 del 3/4/03, n° 188 del 2/2/05 e n° 198 del
25/10/05), i finanziamenti destinati alla Sede di Buenos Aires passavano attraverso la
Fondazione Alma Mater (FAM) che, inspiegabilmente, tratteneva una parte di ciò che doveva
trasferire alla Sede argentina. Era forse uno stratagemma per incamerare risorse per
aiutare il risanamento del Bilancio della FAM, anche quello in affanno?
Al riguardo va ricordato e sottolineato che :
- il MIUR assegna annualmente allAteneo un fondo di 361.519,83 Euro affinché
sia trasferito al Centro di Studi di Buenos Aires; |
Azienda
Agraria dellUniversità
Per chi non ne fosse al corrente, va premesso,
molto sinteticamente, che lAzienda agraria, nata nel 1974, si estende su una
superficie complessiva di 600 ettari e fino alla fine del mese di giugno
2010 è stata gestita da un Comitato formato dallex pro-Rettore (Presidente)
coadiuvato dai Presidi di Agraria e Veterinaria, mentre la Direzione era in capo al Dr.
Donnini.
Nella seduta dell27/7/2010, il CdA ha approvato la
riorganizzazione dellAzienda e contestualmente un nuovo Regolamento di gestione.
Lattuale Comitato di gestione è costituito dal pro-Rettore Ferrari e
dai Presidi di Agraria e Veterinaria, mentre Direttore (che nelle sue funzioni è ora
equiparato ad un Direttore di Dipartimento) è stato nominato il prof. Nasuelli, Docente
della Facoltà di Agraria.
Nellultimo CdA del 30 settembre, il pro-Rettore Ferrari ha
presentato la situazione finanziaria dellAzienda e anche in questo caso si è venuto
a sapere che lAzienda ha un deficit di 180.000 Euro dovuto a fatture non pagate.
Pertanto, il CdA ha dovuto stanziare tale somma per ripianare i debiti accumulati dalla
precedente gestione.
E pensare che anche lex pro-Rettore Busetto (Presidente del
precedente Comitato di gestione) affermava che lAzienda non aveva problemi e che
tutto andava bene. Certo, se non si pagano i fornitori e le relative fatture non vengono
riportate a bilancio non risulta alcun disavanzo di gestione e quindi è
tutto OK.
Ma il Direttore Dr. Donnini, che per tale incarico riceveva un
adeguato compenso, ha informato gli Organi competenti della situazione finanziaria?
Immagino di no, perché se ne fossero stati a conoscenza si
sarebbero resi complici e questo, quantomeno non farebbe loro onore. GP |
- a partire dal 2000 il MIUR (grazie al precedente Rettore Roversi
Monaco) accredita un finanziamento annuo di 387.342,67 Euro, consolidato sul bilancio
dellAteneo, finalizzato allacquisto della Sede per il Centro di Studi di
Buenos Aires, cosa mai avvenuta essendo la Sede ancora in affitto;
- nel verbale dei Revisori dei conti n°198 del 25/10/05 veniva segnalato con
urgenza il deficit economico riportato nella contabilità del 2004
di 459.416 Pesos, pari a circa 110.000 Euro, e veniva previsto che nellanno 2005 il
deficit sarebbe aumentato.
Vorrei chiedere a coloro che allepoca sedevano nel CdA,
tali importanti segnalazioni dei Revisori dei conti sono mai state portate a loro
conoscenza?
A sentire lex Rettore Calzolari, coadiuvato dallallora
Direttrice Fabbro, andava tutto a gonfie vele a Buenos Aires, sotto tutti punti di vista!
Ma ora i nodi sono venuti al pettine e lAteneo si trova a dover ripianare i debiti e
per di più in un momento economicamente non facile. GP |
|
Università di Bologna - Su un "Concorso per l'assunzione di personale
amministrativo"
|
Delibera del
13 luglio 2010 del Consiglio di Amministrazione
Decisione contrastatata, finita sui giornali
Nota. Il bando è stato
approvato a larga maggioranza del CdA. Si vegga, sotto, una nota del prof. Porzi,
Rappresentante del Governo. Un punto di attacco degli oppositori (ripreso all'esterno, da
FLC-CGIL e RdB) riguarda l'opportunità della spesa (alta), in un momento in cui non ci
sono soldi per i contratti di ricerca. Si notano, poi, la non richiesta di laurea, pur se
per un incarico di alto profilo e il fatto contraddittorio di un concorso "aperto a
tutti", ma "con precedenza agli interni". |
AVVISO
PUBBLICO DI SELEZIONE PER IL CONFERIMENTO DI UN INCARICO DI LAVORO AUTONOMO PER SUPPORTARE
IL MAGNIFICO RETTORE NELLE INIZIATIVE COLLEGATE ALLE STRATEGIE DI ATENEO PER IL
MIGLIORAMENTO DEI SERVIZI FUNZIONALI A DIDATTICA E RICERCA.
Scadenza domande: 7 agosto 2010E indetta una procedura comparativa, per titoli e
colloquio, per laffidamento di un incarico di lavoro autonomo per supportare il
Magnifico Rettore nelle iniziative collegate alle strategie di Ateneo per il miglioramento
dei processi organizzativo - gestionali e dei servizi funzionali a didattica e ricerca.
Articolo 1 - Progetto nellambito del quale viene richiesto laffidamento
dellincarico. Oggetto dellincarico.
Il Progetto Supporto
al Magnifico Rettore nelle iniziative collegate alle strategie di Ateneo per il
miglioramento dei servizi funzionali a didattica e ricerca (arco temporale
2011-2013) ) nasce dalla necessità di un forte presidio operativo per le numerose
iniziative connesse al riassetto
organizzativo e ordinamentale. Sullo sfondo di tale iniziativa si sviluppano temi di
rilevante interesse, che vedono impegnato lAteneo in attività sempre più
articolate, nellintento di assicurare, anche nei rapporti con le organizzazioni e le
istituzioni esterne, le migliori sinergie per lo sviluppo di idee e progetti condivisi,
funzionali al miglioramento dei servizi agli studenti e allinnovazione della
didattica e della ricerca. Le iniziative e le attività citate promosse e gestite dal
Magnifico Rettore sono caratterizzate sia da una rilevante dimensione relazionale verso
lesterno sia da una forte condivisione tra tutti gli attori coinvolti a vario titolo
allinterno dellAteneo.
Completano il quadro descritto le attività previste per la riforma
statutaria in coordinamento con gli sviluppi legati al progetto di riordino del sistema
universitario. (Disegno di legge n. 1905 Norme in materia di organizzazione delle
Università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per
incentivare la qualità e lefficienza del sistema universitario, cosiddetto
disegno di legge Gelmini). |
Dal Consiglio di
Amministrazione
Nota del prof. Gianni Porzi
L'Alma Mater non ritiene necessaria
la Laurea per un incarico paragonabile a quello di un Dirigente. |
Il 13 luglio u.s. il CdA a larga maggioranza, con il voto contrario del
sottoscritto, deliberò un incarico triennale di lavoro autonomo per supportare il Rettore
nelle iniziative collegate alle strategie di Ateneo per il miglioramento dei servizi
funzionali a didattica e ricerca.
Motivai il mio dissenso in quanto ritenevo il compenso di 230.630,4 Euro per
il triennio 2011-2013, pari cioè a 76.876,8 Euro annui, non giustificabile ed eticamente
non corretto nei confronti dei prossimi ricercatori a contratto, del personale
tecnico-amministrativo e degli stessi Dirigenti.
Infatti, il compenso proposto è dell'ordine di grandezza di quello di un
Dirigente (che va dai 70.000 ai 90.000 Euro, esclusa la retribuzione di risultato).
Inoltre, avrebbe potuto causare una comprensibile indignazione da parte anche del corpo
docente.
Una tale delibera, oltre a non conciliarsi con il principio di economicità,
faceva sorgere il lecito sospetto che si volesse istituire una posizione dirigenziale
senza dichiararlo apertamente perché in palese contrasto con la Lg. 165. Il 22 u.s. Solo
9 giorni dopo la seduta del CdA, senza che fosse ancora approvato il verbale (approvazione
avvenuta il 27 luglio) e senza alcun motivo di urgenza in quanto l'incarico triennale
decorrerà dal 2011, è stato pubblicato il Bando, reperibile nel sito dell'Ateneo, dal
quale risulta (art.4) che come requisito non è richiesta la Laurea, ma solo un diploma di
scuola secondaria di II grado. .
Ritengo imbarazzante che l'Ateneo di Bologna proponga un compenso di 76.876,8
Euro annui per un incarico per il quale non è richiesta la Laurea, essendo tale cifra
confrontabile con lo stipendio lordo sia dei Professori che dei Dirigenti e nettamente
superiore a quello dei Ricercatori universitari, posizioni tutte che richiedono come
titolo di studio la Laurea. GP |
I principali
interventi nellarco temporale 2011-2013 riguardano:
- gestione e organizzazione di gruppi e/o tavoli di lavoro;
- raccolta dei materiali necessari a supportare il lavoro del Magnifico Rettore e loro
organizzazione con modalità funzionali allo svolgimento delle attività;
- supporto operativo delle diverse iniziative promosse e gestite direttamente dal
Rettorato;
- programmazione e gestione delle relazioni con gli interlocutori esterni;
- raccordo tra le attività del Rettorato e la Direzione Amministrativa.
Lincarico avrà ad oggetto le seguenti attività:
- organizzazione e coordinamento dei rapporti con gli Enti Esterni (Comune, Regione,
Ministeri,
CRUI, Università italiane, Ambasciate, Istituti di formazione superiore nazionali e
internazionali) per i relativi collegamenti promossi e gestiti direttamente dal Magnifico
Rettore, finalizzati principalmente allo sviluppo di progetti congiunti a supporto dei
servizi agli studenti,
dellinnovazione della didattica e della ricerca;
- coordinamento operativo alle attività di condivisione delle iniziative e delle
strategie del Rettorato
allinterno dellAteneo (es. condivisione e attuazione del Piano Strategico
2010-2013);
- organizzazione e coordinamento operativo dei tavoli di lavoro nellambito
della riorganizzazione
delle strutture di didattica e di ricerca anche in relazione alla revisione statutaria in
corso;
- potenziamento dei canali di ascolto da parte del Magnifico Rettore nei confronti
dei principali
interlocutori interni (studenti e colleghi tutti) ed esterni (enti, istituzioni, aziende)
al fine di migliorare
la qualità dei servizi resi;
- raccordo delle attività del Rettorato con la Direzione Amministrativa.Articolo 2 - Durata ed efficacia del
contratto
La prestazione avrà una durata pari a 36 mesi.
Ai sensi dellart. 17 comma 30 del D.L. 78/2009, convertito con modificazioni nella
Legge 102/2009, gli atti e i contratti di cui allart. 7 c.6 del d.lgs. 165/2001 e
s.m.i. sono soggetti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei Conti.
Lefficacia del contratto sarà subordinata al parere positivo della Corte dei Conti
o al silenzio assenso.
Al presente bando potranno partecipare sia i dipendenti a tempo indeterminato
dellAteneo che i soggetti esterni.
Lattribuzione dellincarico a personale esterno avrà ad oggetto la stipula di
un contratto di lavoro autonomo.
Alla selezione dei candidati esterni si procederà solo nel caso in cui non vi sia la
disponibilità dei dipendenti a tempo indeterminato dellAteneo o nel caso in cui
questi non risultino idonei alla
selezione.
Articolo 3 - Dipendenti
dellAteneo
I dipendenti a tempo indeterminato dellAteneo potranno manifestare la propria
disponibilità, utilizzando il modulo di cui allallegato 2 e con le modalità
specificate nel successivo articolo 5.
A pena di esclusione, la domanda del dipendente deve essere integrata dal visto del
proprio Responsabile di Struttura utilizzando il modello allegato 3.
Lo svolgimento dellattività da parte di un dipendente dellAteneo potrà
avvenire solo nel rispetto degli istituti contrattuali previsti dal contratto collettivo
del comparto università e nel rispetto della disciplina vigente, con particolare
riferimento al d.lgs. 165/2001 e s.m.i.
Lincarico verrà svolto dal dipendente in orario di ufficio e non prevede
lerogazione di compensi aggiuntivi in quanto considerato nellambito
dellattività attinente al servizio prestato.
Articolo 4 - Requisiti per lammissione
I requisiti di ammissione alla presente valutazione comparativa sono i seguenti:
1) diploma di scuola secondaria di secondo grado di durata quinquennale;
2) esperienza professionale di almeno 10 anni maturata presso organizzazioni pubbliche e/o
private, a livello nazionale e internazionale, nei seguenti ambiti: organizzazione,
gestione del cambiamento, gestione e sviluppo risorse umane, condivisione della
conoscenza,
facilitazione processi, pianificazione strategica. Si richiede che almeno cinque anni
dellesperienza professionale siano maturati nel contesto universitario.
3) età non inferiore agli anni 18;
4) non aver riportato condanne penali e non aver procedimenti penali pendenti (in caso
contrario indicare quali);
5) ottima conoscenza della lingua inglese e sufficiente conoscenza di almeno un'altra
lingua straniera a scelta del candidato (francese, spagnolo e tedesco) ;
6) conoscenza della lingua italiana, se cittadini stranieri. I requisiti prescritti devono
essere posseduti alla data di scadenza del presente avviso. Il mancato possesso dei
requisiti di ammissione o la mancata dichiarazione degli stessi comporta lesclusione
del candidato dalla procedura di selezione. Il candidato escluso sarà avvisato via
e-mail.
Articolo 5 - Domanda di
partecipazione
....
....
Articolo 6 - Ammissione e modalità
di selezione
La selezione avverrà sulla base della valutazione dei titoli e di un colloquio di
carattere tecnicopratico e motivazionale attitudinale.
La selezione dei candidati sarà svolta da una commissione di esperti.
Lammissione al colloquio sarà stabilita dalla commissione previa verifica della
sussistenza dei
requisiti di ammissione previsti all'art. 4 dedotti dal curriculum e dalla
documentazione presentata
dai candidati.
I candidati esclusi dalla procedura saranno avvisati tramite e-mail.
Durante il colloquio verranno accertate conoscenze e competenze sui seguenti ambiti:
a) gestione del cambiamento;
b) gestione e sviluppo risorse umane;
c) condivisione della conoscenza e facilitazione processi;
d) negoziazione e gestione dei conflitti;
e) comunicazione interpersonale e organizzativa.
Verrà inoltre discusso il curriculum professionale del candidato e accertata la
conoscenza delle
lingue straniere.
Per essere ammessi a sostenere il colloquio i candidati dovranno essere muniti di un
documento di
riconoscimento in corso di validità.
.......
......
Si procederà alla selezione dei candidati esterni solo nel caso in cui non risultino
idonei i
dipendenti a tempo indeterminato dellAteneo.
LAmministrazione si riserva, nel caso abbia necessità nel corso dellanno
di selezionare persone
dello stesso profilo a cui attribuire un incarico di collaborazione, di rivolgersi ai
candidati non
vincitori della presente selezione ma che hanno positivamente superato il colloquio.
Articolo 7 - Compenso e specifiche modalità di esecuzione della prestazione per il
personale esterno
Il compenso annuo previsto è pari ad euro 76.876,80
(settantaseimilaottocentosettantasei/80)
inclusi gli oneri a carico del collaboratore e dellente.
....
.....
Articolo 8 - Conferimento
dellincarico
LAmministrazione si riserva di non procedere alla stipula del contratto nel caso
in cui pervenga o sia ritenuta valida una sola domanda. LAmministrazione si riserva
altresì di non procedere alla stipula qualora sussistano o intervengano motivi di
pubblico interesse o nel caso in cui le domande non siano ritenute idonee ad insindacabile
giudizio dellAmministrazione.
Individuata la persona a cui affidare lincarico, lAmministrazione, verificata
la veridicità delle
dichiarazioni presentate, procederà alla stipula del contratto.
...
...
Articolo 9
Trattamento dei dati personali
....
.... |
|
Università di Roma "La
Sapienza" |
Vito D'Andrea
|
Proposta di emendamento al DDL Gemini, Senato 1905
Vito D'Andrea*, Per
la messa ad esaurimento della Fascia
degli Associati, non del ruolo dei Ricercatori
* Professore
Associato di Chirurgia Generale.
Presidente del Comitato Promotore della FPA - Federazione dei
Collegi dei Professori
Associati. Per un curriculum, clicca su: http://vitodandrea.it/breve_cv.htm |
1.- Premessa.
Il titolo III del Disegno di Legge governativo di riforma dell'Università, approvato il
28/10/2009 in Consiglio dei Ministri e presentato al Senato il 03/12/2009, mette ad
esaurimento il ruolo dei Ricercatori universitari e, pertanto, penalizza i giovani che
aspirano a diventare Ricercatori di ruolo, gli stessi Ricercatori di ruolo, che vengono
messi ad esaurimento, ed i Professori Associati, che vengono retrocessi dal II al I
livello della carriera universitaria.
L'Italia ha 2 Ricercatori per mille lavoratori, Francia,Germania e
Gran Bretagna ne hanno 4 per mille, Giappone,Svezia ed U.S.A. ne hanno 6 per mille ed
infine la Finlandia ne ha 7 per mille!
L'Italia ha pochi ma buoni Ricercatori: se consideriamo l'indice di
citazioni dei lavori scientifici dei nostri Ricercatori nel Science Citation Index,
l'Italia è al 2° posto tra i Paesi OCSE subito dopo la Gran Bretagna.
Nel testo originario del DDL non c'era scritto, come affermato
nel D.P.R. 382/1980, che "l'Università è la sede primaria della Ricerca
Scientifica": il DDL sembra privilegiare il modello di "Teaching
University" piuttosto che quello di "Research University". L'Università
Italiana necessita di più Ricercatori, come avviene in Francia ( 20.000 Ordinari + 37.000
Ricercatori) ed in Germania ( 37.000 Ordinari + 131.000 Ricercatori). In questi due Paesi,
il ruolo del Professore Universitario è unico e non è distinto in due fasce. E' più
ragionevole, dunque, mettere ad esaurimento la II fascia dei Professori Associati anziché
il ruolo dei Ricercatori. 2.- Storia. Lo Stato
Giuridico dei Professori Associati è disciplinato dalle norme relative ai Professori
Ordinari" : è l'Art.22 del D.P.R. 382/1980, tutt'ora vigente; "
sono
riservate ai professori ordinari le funzioni di rettore, preside di facoltà, direttore di
dipartimento e di consiglio di corso di laurea, nonché le funzioni di coordinamento dei
corsi di dottorato di ricerca e le funzioni di coordinamento di gruppi di
ricerca
" : è l'Art. 16 del D.P.R. 382/1980. " Nell'assegnazione dei posti
di professore ordinario da mettere biennalmente a concorso, il Ministro della pubblica
istruzione deve tenere conto, anche in deroga ai criteri programmatici stabiliti nel piano
formulato ai sensi del precedente art. 2 e nel limite del 20 per cento dei posti da
assegnare, delle eventuali richieste avanzate, per le discipline ricoperte, da professori
associati che abbiano maturato nove anni di insegnamento in qualita' di professore
incaricato nella stessa disciplina o gruppi di discipline. Tali richieste, presentate alle
facolta', devono essere inoltrate unitamente alle richieste della facolta'" : è
l'Art.5 del D.P.R. 382/1980. Pertanto il ruolo del Professore Universitario è unico e
distinto in due fasce, la I fascia degli Ordinari e la II fascia degli Associati: tra le
due fasce c'è una sottile differenza, limitata all'elettorato passivo per le cariche
accademiche, mentre c'è una sostanziale equiparazione didattica e scientifica.
Il Parlamento ha voluto approvare una norma di legge,
l'Art.5 del D.P.R. 382/1980, per riconoscere che dopo 9 anni di titolarità d'insegnamento
i professori associati confermati hanno diritto di entrare nella I fascia dei professori
ordinari.
Lo stipendio di un Professore Associato Confermato dopo 9 anni nel
ruolo è superiore a quello di un Professore Straordinario: pertanto il passaggio dalla II
alla I fascia non comporta un aumento di spesa, ma, al contrario, un risparmio per
l'Amministrazione dello Stato.
Tale risparmio si avrebbe non solo all'atto della presa di servizio
nel nuovo ruolo, ma continuerebbe negli anni successivi considerando il differenziale tra
lo stipendio del professore associato che permanesse nel suo ruolo e quello che avrebbe se
transitato nella I fascia. Il sorpasso stipendiale si otterrebbe solo a partire dal 18°
anno di permanenza nel ruolo di professore ordinario (cosa improbabile considerando l'età
media degli associati con 12 anni di anzianità, tre anni prima della conferma + 9 anni
dopo la conferma) come evidenziato in uno studio del CIPUR di cui si allega il link: http://www.cipur.it/Studi%20e%20pubblicazioni/quaderno1.pdf
.
3. Considerazioni e proposta di emendamento. Un ulteriore
risparmio per l'Amministrazione dello Stato deriva dalla riduzione del numero di concorsi
da espletare: i "budget" che si liberano, unitamente al differenziale di spesa
risparmiato per ciascun associato che transiti nel ruolo unico, possono essere interamente
destinati al reclutamento dei giovani ricercatori anche al fine di attuare un rapido
ricambio generazionale.
Se la norma, già introdotta con la legge "Moratti"
n°230/2005, che ha messo ad esaurimento il ruolo dei Ricercatori a partire dal 1°
Ottobre 2013, dovesse essere confermata ed anzi, anticipata dalla riforma del Ministro
Gelmini ( Atto Senato DDL n°1905 ), quella sottile differenza esistente tra Ordinari e
Associati diventerebbe un abisso incolmabile, perché gli Associati sarebbero retrocessi
dal II al I livello della carriera universitaria, andando a costituire la fascia
d'ingresso e di reclutamento nei ruoli universitari.
Chi conosce l'Università, sa bene che i motivi per cui un
Professore Associato Confermato non diventa Ordinario dopo 9 anni di titolarità
d'insegnamento possono essere molteplici e quasi mai riconducibili al demerito
didattico-scientifico: 1) non c'è il "budget" disponibile: il passaggio dalla
II alla I fascia costa all'Università 30 punti di "budget"; 2) il
"Maestro" è andato in pensione o è morto: nei concorsi universitari, il ruolo
del "Maestro" è fondamentale; 3) il candidato non fa parte della
"cordata" giusta.
L'ultimo censimento dei docenti universitari italiani ha dato i seguenti
risultati ( fonte: La Stampa, 07/09/2009 ): ORDINARI = 19.625 ASSOCIATI = 18.733 .
Nei prossimi 8 anni, il 50% dei docenti universitari italiani andrà
in pensione: pertanto, lo scorrimento degli Associati con 12 anni di anzianità nel ruolo
( 9 + 3 prima della conferma ) nella I fascia degli Ordinari non determina un aumento
dell'organico della I fascia e libera risorse da destinare al reclutamento dei giovani.
Proposta di EMENDAMENTO AL DDL n°1905
TITOLO III
1.La fascia dei Professori Associati è messa ad esaurimento. I Professori
Associati transitano nella I fascia dei Professori Ordinari al compimento dei 9 anni nel
ruolo. |
Ateneo di Bologna: Rendiconto 2009,
approvato dal Consiglio di Amministrazione |
Relazione del prof. Gianni Porzi*
*
Membro del Consiglio di Amministraziobe, Rappresentante del Governo
|
1.- Premessa.
Nellesame del bilancio consuntivo 2009 mi è stata molto utile non solo la relazione
del Collegio dei Revisori dei Conti, ma anche quella allegata al bilancio stesso
predisposta dallArea di Ragioneria e redatta in modo chiaro.
Ringrazio di nuovo il M.R. per aver accolto la mia richiesta (nella
precedente seduta) di rinvio dellapprovazione del bilancio essendo un atto
amministrativo molto importante (non solo economico, ma anche politico perché offre anche
loccasione per utili riflessioni) e la cui lettura richiede un tempo adeguato. In
tal modo mi è stato possibile un esame più accurato del consuntivo 2009 grazie al quale
ho potuto individuare alcuni elementi degni di nota e che ritengo di dover sottolineare.
2.- Per quanto concerne il capitolo Servizi di supporto (sistemi informativi, servizi
bibliotecari, cultura e comunicazione), si nota che :
a) al 31/12/08 il personale che operava nellambito dei sistemi informativi
dellAteneo ammontava a 79 unità così suddivise:
- 58 unità al CeSIA (Centro Servizi Informatici dAteneo)
- 15 unità al DSAW (Direzione Sviluppo Attività Web)
- 6 unità al SIA (Sistema Informativo di Ateneo), per una spesa globale lorda di circa
3,2 Ml, alla quale va ovviamente aggiunto limporto relativo alla dotazione.
b) al 31/12/09 detto personale ha subito un notevole incremento (oltre il 40%) avendo
raggiunto le 112 unità così suddivise:
- 66 unità al CeSIA
- 35 unità al DSAW, più che raddoppiate
- 11 unità al SIA, quasi raddoppiate, per una spesa globale lorda di circa 4,25 Ml (cioè
1 Ml in più rispetto allanno precedente) alla quale va aggiunto limporto
relativo alla dotazione che ammonta a circa 10,3 Ml.
Mi viene spontaneo chiedermi quante borse di dottorato potevano essere
attivate con 1 Ml di Euro. Sono certamente scelte politiche delle quali però il CdA
dovrebbe essere portato a conoscenza e sulle quali i Consiglieri dovrebbero poter assumere
decisioni ponderate essendo stati opportunamente informati sulle varie situazioni. Era
numericamente così scarso il personale in tale settore da richiedere un aumento così
consistente?
Da notare poi che in tale valutazione non sono stati presi in considerazione
il Centro e-learning, il Sistema Bibliotecario dAteneo (SBA) e il Centro
Inter-Bibliotecario (CIB) che nel complesso contano 37 unità di personale per una spesa
lorda di 1,35 Ml.
Ritengo che laumento di personale addetto, sotto varie forme,
allinformatizzazione dellAteneo sia eccessivo e ciò è dovuto, probabilmente,
ma non solo, al fatto che le assunzioni del Personale T.A. non vengono fatte in base ad
una programmazione avendo ben presente la situazione globale dellimpiego di tale
Personale, cioè una fotografia della sua distribuzione che consenta una valutazione
oggettiva delle necessità dei vari settori. Non é possibile né accettabile
navigare a vista. Ritengo infine che il frazionamento del personale dedicato
ai sistemi informativi in più strutture non giovi allefficienza, ma anzi abbia come
conseguenza un numero di addetti superiore alleffettiva necessità. Pertanto, oltre
al SIA, ritengo auspicabile, in occasione della ristrutturazione amministrativa, che anche
il DSAW venga inglobato nel CeSIA.
- Nel 2009 si è raggiunto un rapporto Personale T.A./Personale docente di 0,97 e ciò a
causa di un significativo calo del Personale Docente : a fronte infatti di 108 cessazione
si sono registrate solo 12 assunzioni, contro le 145 del Personale T.A. (slide 18).
Ritengo che tale rapporto sia già abbastanza elevato e quindi non vada superato, anzi.
E indubbio che un Ateneo grande come il nostro comporti una gestione
tecnico/amministrativa complessa e quindi necessiti di un adeguato numero di Personale
T.A., ma non dimentichiamo che la funzione primaria è quella della didattica e della
ricerca, senza le quali verrebbe meno la missione fondamentale.
- La spesa per i T.A. a contratto nel 2009 è stata di 4,22 Ml a fronte dei 2,3 del 2008,
cioè si è registrato un notevole aumento (83,5%) che mi chiedo se sia adeguatamente
giustificato.
- Al 31/12/09 si registra un numero consistente di EP a tempo indeterminato, cioè 191, ai
quali vanno aggiunte 2 unità a tempo determinato. Sarebbe utile sapere se per tale figura
si è raggiunto il numero massimo oppure vi sono concorsi in atto e in caso affermativo
quanti sono.
3.- Per quanto riguarda la voce Economie è
molto evidente lo scostamento, in certi casi per nulla trascurabile, tra il previsto e
laccertato.
Sono state registrate maggiori entrate per circa 18 Ml di Euro, rispetto alla
previsione, dovute in larga misura ad un maggior trasferimento di risorse dallo Stato (+14
Ml). Tale scostamento, a mio avviso, è da attribuire ad una previsione eccessivamente
cauta, anzi direi pessimistica. Nel 2009 abbiamo infatti assistito allenfatizzazione
dellemergenza che ha inciso negativamente in particolare sugli investimenti in
edilizia.
E significativo laumento delle entrate contributive studentesche (+2,65 Ml
rispetto alle previsioni) che ha portato a sforare, seppur di poco, il limite del 20% del
FFO imposto dalla Legge. Si impone quindi una certa attenzione su questo fronte.
Sul fronte delle spese, sono abbastanza sorprendenti le economie che si
riscontrano. A fronte di economie in competenza, che ammontano globalmente a circa il 10%
rispetto alle previsioni definitive (slide 15), la voce che si discosta maggiormente, sia
in termini assoluti (-33,4 Ml) che in termini percentuali (-26,8%) è quella relativa alle
attività strumentali in cui la parte del leone, con 15,18 Ml, viene fatta dal
capitolo fondi e accantonamenti.
Significative, quanto sorprendenti, sono anche le economie in competenza nel capitolo di
spesa Risorse umane, in particolare per quanto concerne il personale a tempo
determinato (-34,2%).
Leconomia netta globale si attesta alla non trascurabile somma di 21,5 Ml.
Vorrei infine spendere due parole sulledilizia sottolineando che non è
stato fatto alcun investimento in tale settore. La ricerca scientifica ha bisogno non solo
di Ricercatori e di tecnici, ma anche di strutture adeguate, altrimenti non è possibile
accedere ai finanziamenti europei; mi risulta vi siano ancora strutture non a norma. Ci si
è limitati alla manutenzione e alla gestione dellesistente. Di conseguenza, non
sono stati accesi prestiti in un momento peraltro favorevole dal punto di vista dei tassi
di interesse.
4.- Concludo dichiarando il mio voto favorevole e chiedendo al M.R. una particolare
attenzione, aggiungerei anche coraggio, per quanto concerne gli investimenti in edilizia.
Chiedo inoltre al M.R., e non solo, di attivarsi al massimo per reperire risorse esterne
da Enti pubblici e privati, in questo momento più che mai necessarie. Nel 2009 si è
infatti registrato un consistente calo di finanziamenti su questo fronte rispetto al 2008
(-35%) ed ancor più rispetto al 2007 (-41%).
Ritengo sia necessaria una maggiore attenzione nelle assunzioni del Personale T.A. e nella
sua distribuzione nei vari settori; la riorganizzazione dellamministrazione va vista
anche come occasione per una razionalizzazione e un impiego ottimale delle risorse umane.
Vorrei infine invitare il M.R. a informare tempestivamente il CdA sui trasferimenti di
fondi governativi affinché si possano, in corso dopera, fare gli opportuni
aggiustamenti di bilancio, evitando scostamenti tra previsto e accertato quali quelli
emersi nel bilancio 2009. |
Nota della Redazione.
Si riporta un prospetto riassuntivo del rendiconto finanziario del 2009, in confronto a
quello dell'anno precedente, in cui sono evidenziati alcuni elementi significativi. |
Bilancio
consuntivo dell'Ateneoo: quadro complessivo ( milioni di ) |
Anno |
2008
|
2009
|
Spese correnti e in conto
capitale (al netto da partite di giro) |
708,1 |
704,5 |
Entrate correnti (al
netto da partite di giro), di cui: |
732,5 |
691,6 |
Avanzo (+) , Disavanzo (-) |
+24,4 |
- 12,9 |
FFO-Fondo di Finanziamento Ordinario |
402,4 |
406,4 |
Contributi studenteschi (al netto rimborsi anni precedenti) |
107,4* |
84,5* |
Rapporto contributi studenteschi/FFO |
26,9% |
20,7% |
* Si precisa che questi dati "apparentemente" troppo diversi tra loro,
non sono omogenei ai fini del confronto, perchè la "diversità" è, almeno in
parte, dovuta al mutamento del sistema di applicazione dei contributi. |
Antica Diocesi di Comacchio |
Patrocinio
Istituto di Cultura Antica Diocesi di Comacchio
e Parco del Delta del Po, con la partecipazione di Docenti dell'Università di
Bologna e del CNR, e del Direttore del Parco Delta |
|
Presentazione di due libri: |
- V. FERRONI, Per non
dimenticare ...
- A. GALVANI, I Lidi sulla costa del Delta del Po |
Resoconto della Conferenza di
Comacchio sui due libri:
rispettivamente, di storia sulla vita di don Vito e di ambiente
Pubblicazione delle relazioni del Dott. Giorgio Tomasi
e di Don Pier Giorgio Zaghi, Vicario Foraneo del Vicariato di San Cassiano |
|
Nota. Il primo libro, di carattere religioso e sociale, racconta la vita di un prete,
collegata con quella della Diocesi di Comacchio e della citta', dall'anteguerra ai giorni
nostri. Don Vito era stato Vicario della Diocesi.
Il secondo libro (di una ricercatrice dell'Universita' di Bologna, nota in ambienti
internazionali) esamina il modo come il Delta del Po ha trovato il proprio sviluppo, in
seguito a grandi modificazioni del paesaggio (per urbanizzazione, motorizzazione,
turismo), ma sconfinando in fenomeni di invivibilità (inquinamento del mare,
attraversamento della mortale strada Romea negli abitati di Vaccolino e San Giuseppe,
ingorgo al ponte di Portogaribaldi).
Più di recente, preso atto della impossibilità di autorità locali di governare
grandi eventi, una legge regionale ha istituito il "Parco Delta del Po".
La Conferenza è stata seguìta con molto interesse (sala 70 posti, tutti occupati,
più una decina di posti in piedi). Dal dibattito, è risultato che le relazioni, sul
libro di don Vito, hanno toccato alcuni nervi, tuttora scoperti, quali la scomparsa dei
Salesiani e la soppressione della Diocesi (clicca su testamento).
Alla domanda sulle possibilità di ricostruire la Diocesi (circa il relativo
territorio, clicca su Carta di Amsterdam),
Don Zaghi non ha potuto rispondere, dovendo assentarsi per celebrare la Messa, a
Portogaribaldi. Vi ha supplito il prof. Luciani, che attingendo al libro di don Vito, ha
ricordato:
- come la Diocesi sia venuta meno per la totale mancanza di preti del Delta;
- che la chiusura del Seminario è stata determinta dalla concorrenza delle scuole
pubbliche, diffuse dallo Stato capillarmente nel Delta dal 1961 in poi;
- che il fenomeno della assenza di vocazioni locali permane, pur se è comparso
recentemente un fenomeno di vocazioni tra laureati delle Università statali;
- ma che è prematura ogni previsione di ricaduta positiva locale, nel breve-medio
termine.
Secondo Luciani ha, invece, fondamento la proposta di separazione del
patrimonio della ex-Diocesi di Comacchio da quello della Diocesi di Ferrara (trattasi:
delle chiese, del vescovado, del seminario, delle biblioteche ..., beni di cui la gran
parte non produce reddito, e tutti comportano delle grandi spese di manutenzione, perchè
vecchi edifici). Per una problematica analoga, l'Università di Bologna ha istituito dei
rispettivi Consigli di Polo nelle Sedi di Forlì, Rimini, Ravenna, infine resi "ad
unum" dal Consiglio di Amministrazione dell'Alma Mater. In modo analogo si potrebbe
istituire un Consiglio di Amministrazione della Sede di Comacchio, e rappresentato nel
Consiglio della Diocesi di Ferrara. Tra, l'altro, sul piano giuridico, c'è il problema di
garantire la destinazione dei redditi di alcuni lasciti, di privati, a favore di
specifiche "chiese" della ex- Diocesi. Questa separazione potrebbe, poi, più
tardi, facilitare la ricostruzione della Diocesi di Comacchio, nuove condizioni
permettendo. NL |
Pier Giorgio Zaghi
|
G.
Zaghi, Il metodo religioso di don Vito, la sua opera per il recupero
del peso socio-educativo della chiesa locale e il suo testamento per la
"diocesi" di Comacchio |
Premesse:
1.- Questo mio intervento è un doveroso omaggio a Mons. Vito Ferroni,
figura eminente che ha onorato il presbiterio della Diocesi di Comacchio prima e di
Ferrara-Comacchio poi. A lui mi lega una consuetudine ultracinquantennale di vita, che ha
fatto sgorgare in me ammirazione, devozione e riconoscenza per lEducatore prima e
per il Confratello e Superiore poi, in un lungo tratto di cammino sacerdotale
percorso insieme.
2.- In questa breve esposizione mi affido, ovviamente, alle luminose e
puntuali risposte che Mons. Vito Ferroni offre alle domande dellintervistatore,
Dott. Giorgio Tomasi, e al ricco corredo di documenti, raccolti le une e gli altri nel
volume Per non dimenticare che stiamo presentando questa sera. Sicuramente la
mia relazione è lacunosa per la mia scarsa preparazione ma anche, in un certo senso,
parziale perché filtrata inevitabilmente dalla mia sensibilità. Chiedo pertanto,
preventivamente, scusa se deluderò qualche aspettativa.
3.- Mi preme, infine, ribadire la mia intenzione di rendere omaggio a
Mons. Vito Ferroni, escludendo qualsiasi altra finalità più o meno indiretta e/o
nascosta.
1. Il metodo religioso di Don Vito.
La locandina di presentazione di questo incontro indica
tre punti per questa rilettura del libro Per non dimenticare, il primo dei
quali recita: Il metodo religioso di don Vito.
Francamente non so dire quanto le scelte pastorali operate dal nostro
sacerdote siano state frutto di precise analisi e di conseguenti scelte o piuttosto
derivate da una naturale inclinazione dellanimo e suggerite dalle circostanze
ambientali e temporali in cui lattività sacerdotale di Don Vito si è svolta.
Larco di sessantanni è molto vasto e molto variegato e va
dallultimo periodo anteguerra a tutto il periodo bellico, dal fervore della
rinascita intorno agli anni cinquanta del secolo scorso allevento solare del
Concilio Ecumenico Vaticano II°, dal post-Concilio alle prime luci del nuovo millennio.
Mi rendo conto che sarebbe importante una precisa e diretta collocazione delloperato
di Don Vito in questi diversi contesti con riferimenti al quadro storico, sociologico,
culturale ed ecclesiale: mi dispiace di non esserne capace e di dovermi limitare agli
accenni che ne fa Don Vito stesso nel suo libro.
Il primo elemento che mi piace sottolineare è il periodo di
formazione del futuro sacerdote presso il Seminario Regionale di Bologna. Monsignore
scrive in proposito: Gli studi presso il seminario regionale portarono un respiro
nuovo ed ampio, la formazione spirituale e culturale era più completa ed adeguata ai
tempi. (
) Andare a scuola per certe materie, come litaliano e la storia in
liceo, la S. Scrittura, la morale e la storia ecclesiastica in teologia, era un
incanto (p. 19).
Questo respiro nuovo ed ampio è sicuramente una
caratteristica, se non una chiave interpretativa, di tutta lazione pastorale di Don
Vito. I primi passi, dopo un breve periodo come segretario del Vescovo Babini e poi come
cappellano a San Cassiano, li muove alla Chiesa del Rosario in Comacchio. Scrive:
Mons. Babini (
) mi nominò rettore ed amministratore del S. Rosario in
Comacchio. Per me fu un incarico graditissimo perché consideravo il servizio di
cappellano in duomo come provvisorio ed invece la rettoria del Rosario come servizio
permanente. Era una chiesa che amavo fin da giovane seminarista, una chiesa che poi in
seguito mi avrebbe dato tante soddisfazioni spirituali perché mi permetteva di esprimere
il mio zelo in tutta libertà(p.21). E, ancora, ad una nuova domanda
dellinterlocutore, risponde: Il rettorato della Chiesa del Rosario e
linsegnamento in Seminario furono le due esperienze che (
) contrassegnarono
lintero mio apostolato. Il Rosario mi preparò alla parrocchia (
). Avevo
ventisei anni: un forte desiderio di lavorare come pastore; in duomo non mi era consentito
perché il mio incarico era giuridicamente provvisorio e
temporaneo: mi dedicai in toto al Rosario, non dico a fare il parroco, ma
quasi. E questo purtroppo mi procurò fastidi ed incomprensioni (
). A parte le
sofferenze e i richiami, da me mal tollerati, furono anni spiritualmente fervidi. (
)
Per me, sacerdote, era una vera gioia quotidiana il vivere quella vita(p. 24).
Sono proprio questi fastidi ed incomprensioni,
sofferenze e richiami che, per contrasto, fanno risaltare quel respiro
nuovo ed ampio che animava lapostolato del giovane sacerdote, che si esprimeva
anche nel curare lAzione Cattolica: Venni nominato assistente diocesano della
gioventù maschile di Azione Cattolica, così il mio campo di lavoro si allargò
allintera diocesi (p. 21).
Il lavoro apostolico nellAzione Cattolica si è sviluppato negli
anni, con mansioni ed incarichi diversi (vedi curriculum vitae a pag. 53): anni definiti
da Monsignore fervidi e gloriosi (p. 28) e scrive: il servizio di
delegato per lAzione Cattolica mi ha permesso di vivere sempre più a contatto con i
laici più impegnati, di ammirare la loro fede ed il loro spirito di sacrificio, di vivere
con loro quel famoso trinomio che era scritto sulle prime bandiere dellAzione
Cattolica: P.A.S. ossia preghiera, azione, sacrificio (p. 29).
Momento privilegiato del suo porsi nella Chiesa con un respiro
nuovo ed ampio è stato per don Vito lesperienza di parroco a Massafiscaglia
(18.1.1948-28.9.1957): Quando nel 1948 sono arrivato a fare il Parroco di
Massafiscaglia mi sono sentito a mio agio
finalmente si realizzava il mio
sogno (p. 27). I miei quasi 10 anni di Massa sono indimenticabili. Non sono
state tutte rose né tutto un successo, ma sono stati anni ricchi di attività pastorali
per tutte le categorie di persone (p. 28). Ritornerò più avanti sulla esperienza
parrocchiale di Massafiscaglia. Ora mi preme continuare a delineare per brevi cenni il
metodo religioso di don Vito.
Nel settembre del 1957 Monsignore viene nominato Rettore del Seminario
Vescovile di Comacchio, succedendo a Mons. Luigi Carli: questa è una ulteriore tappa
fondamentale per cogliere lo spirito, il modo di porsi di don Vito in un ambito di
responsabilità così importante e delicata quale è la formazione dei candidati al
sacerdozio. E anche qui appare il respiro nuovo ed ampio che porta Monsignore
a definire il suo decennio di rettorato come una svolta (p. 32), così
descritta: Mi sono sforzato di instaurare in seminario uno spirito di famiglia,
considerandomi padre nei confronti dei seminaristi per aiutarli a realizzare la loro
vocazione, e fratello nei confronti dei collaboratori ed insegnanti nella comune ricerca
di quelle formule educative che meglio potevano tornare vantaggiose per la formazione
seminaristica (p. 33). I tempi tuttavia incalzano, a Roma si celebra il Concilio
Vaticano II°, nuovi fermenti si affacciano nella società e nella Chiesa. Monsignore,
vigile ed aperto come sempre, avverte il cambiamento ed annota: Già il 26 luglio
1965, con mia lettera, avevo segnalato a mons. Mocellini le difficoltà del reclutamento
per il seminario minore, ed anche le critiche che già si diffondevano nei riguardi dei
superiori del seminario considerati dei superati. Al compiersi del mio
decennio di rettorato, in data 12 febbraio 1967, io presentai al vescovo le mie dimissioni
per fine giugno 1967, motivandole non come una fuga dalle responsabilità, ma la
logica conclusione di una mia personale riflessione , questa: per realizzare i nuovi
adattamenti che i seminari minori esigono, simpone anche il cambiamento delle
persone (p. 34).
Queste dimissioni sono un atto altamente significativo che da le
dimensioni della sensibilità, della apertura e della generosa abnegazione di quel
respiro nuovo ed ampio che ha legato come filo rosso il metodo religioso di
don Vito e che ritroviamo puntualmente nellultima tappa, la più importante,
delicata e prestigiosa, del suo servizio pastorale: la esperienza di Vicario Generale dal
1961 al 1987 (26 anni!), al fianco di ben quattro vescovi. Già questo dato è
estremamente significativo e mostra la grande capacità di Monsignor Ferroni di ascolto
paziente, di adattamento responsabile, di mediazione efficace. Questi 26 anni furono per
la diocesi di Comacchio particolarmente densi di avvenimenti, di cambiamenti, di attese,
di speranze e di delusioni: torneremo su questi aspetti. Monsignore ha attraversato questi
eventi non da burocrate, ma da uomo di Dio vigile e sapiente, aperto e generoso.
Nella omelia delle sue nozze di diamante, rivolgendosi ai sacerdoti
suoi collaboratori e primi destinatari del suo servizio vicariale, così si esprime:
Non dimentico soprattutto voi, sacerdoti carissimi, confratelli anziani e giovani
che mi avete accettato e sopportato per tanti anni; mi avete aiutato mirabilmente
nel mio servizio di rettore del Seminario e di vicario generale della ex Diocesi di
Comacchio - nei quali ho sempre ammirato ed apprezzato lo spirito di sacrificio e la
dedizione al ministero, spesso ingrato, e la fedeltà nellamicizia (p. 99). |
G. Tomasi, Mons VITO FERRONI
e LOPERA SALESIANA
a COMACCHIO |
Giorgio Tomasi
|
Per devozione e amicizia ho accettato volentieri
lincarico di parlarvi molto semplicemente di mons. Vito Ferroni e della presenza dei
salesiani in Comacchio.
Conosco mons. Vito Ferroni da almeno 70 anni e quando circa 15 anni fa mi chiese se
volevo collaborare con lui a ricordare i salesiani gli risposi che la mia memoria era
limitata allinfanzia. Età nella quale avevo frequentato loratorio, avendo
anche il piacere di conoscere don Brusasca, a Comacchio dal 1932 al 1937, il direttore
delloratorio salesiano, un sacerdote umile e paterno, amico di Don Bosco.
Mons. Ferroni allora aprì un armadio e mi mostrò una quantità di scritti,
lettere e articoli ben conservati. Qui, mi disse, troverai tutta la storia dei
salesiani di Comacchio, cè solo da metterli in ordine. Falli vedere anche a mons.
Samaritani che potrà fare il commento.
E così nacque lidea di scrivere il libro I Salesiani e Comacchio.
Vito Ferroni è nato nel 1915 a Comacchio. Dotato di fede profonda e modesto di
comportamenti, nel corso la sua lunga missione sacerdotale ha ispirato e ancora ne sono
convinto ispira le menti e i cuori di molti nostri compaesani. Credo si possa dire che da
ragazzo è stato spiritualmente allevato dai salesiani.
La venuta dei salesiani a Comacchio è stata voluta dal vescovo Tullio
Sericci, che ne aveva fatto una prima richiesta già a don Bosco nel 1886 e
successivamente con insistenza al successore don Rua.
Mons. Sericci voleva che essi realizzassero un oratorio e una scuola di arti e mestieri
per leducazione e la formazione professionale dei fanciulli della città.
Occorreva trovare un appannaggio economico sufficiente per il mantenimento e
la crescita della famiglia salesiana.
Il problema fu in parte risolto grazie alla generosità della concittadina Teodolinda
Pilati, la quale aveva personalmente conosciuto don Giovanni Bosco.
Il primo sacerdote salesiano, don Notario, arrivò a Comacchio nel 1894, e in pochi
anni nel 1899 crearono un oratorio che sarà forse il principale centro di formazione
religiosa e di sviluppo della personalità per centinaia di fanciulli, nati e cresciuti
durante la loro intensa attività missionaria in città.
I sacerdoti erano evidentemente dotati di una preparazione culturale capace di
convivere con le più varie differenze di carattere dei ragazzi. Inoltre essi erano
riusciti a formare e unire un gruppo di giovani moralmente solidi, ai quali avevano
affidato il compito di sorvegliare che durante i giochi spesso molto vivaci non
insorgessero litigi o scontri violenti.
Alloratorio un gruppo di giovani attori metteva in scena commedie a
volte serie a volte burlesche, aperte a tutti con grande successo di pubblico.
Don Brusasca, don Rubino, don Pietro Cabiati sono stati ricordati a lungo con
sincera gratitudine dalla popolazione comacchiese, che comprendeva ed apprezzava
leducazione morale, religiosa e anche scolastica che trasmettevano alla gioventù.
Per aiutarli si era formato in paese un gruppo di Dame Patronesse che offrivano
cooperazione e aiuto economico.
Leducazione ricevuta e soprattutto lesempio di vita ha certamente reso
tutti coloro che li hanno conosciuti degli uomini migliori. Fra essi desidero ricordare in
particolare quelli che sarebbero divenuti sacerdoti: don Gaetano Carli, don Appiano Guidi,
don Gino Cinti, un grande studioso e benemerito storico di Comacchio come mons. Antonio
Samaritani, i vescovi Giacinto Tamburini e Luigi Maria Carli.
Un ricordo particolare merita il salesiano don Francesco Mariani che durante la
guerra 1939 1945, incurante del pericolo a cui si esponeva a causa delle milizie
tedesche, diede ospitalità e aiuti economici a numerosi prigionieri inglesi in fuga da
campi di concentramento.
Giustamente nel 1955 lamministrazione comunale riconobbe il suo grande eroismo e gli
conferì la medaglia doro al valor civile.
Loratorio fu veramente una resurrezione per un paese allora povero e da
secoli isolato dalle valli, ma ricco di bambini.
Quale combinazione migliore, formatori entusiasti della fede e giovani cuori ancora
puliti.
Ma il paese povero non offriva ai salesiani risorse economiche sufficienti alla loro
missione. Così vivevano miseramente di saltuarie offerte.
La congregazione salesiana riteneva necessario che alla famiglia dei
sacerdoti salesiani di Comacchio fosse affidata la cura di una parrocchia.
Il vescovo Mosconi nel 1953 aveva promesso quella del Rosario.
Seguirono tentativi di accordi che però non trovarono soluzione. Per questo nacquero e si
approfondirono degli attriti fra la congregazione salesiana e lamministrazione
diocesana. Attriti che dopo 62 anni di permanenza salesiana in città, si conclusero con
la chiusura delloratorio e la partenza dei sacerdoti il primo dicembre 1956.
Un grande malumore era diffuso tra la popolazione.
Si costituì un comitato di exallievi salesiani e ad esso si associò anche il vescovo. Si
scrisse al papa e al rettor maggiore salesiano. Anche il sindaco di Comacchio scrisse al
rettore.
Ma la decisione salesiana evidentemente era stata presa dopo una matura
valutazione della situazione comacchiese e soprattutto per la mancato affidamento della
parrocchia del Rosario. Così scrisse agli exallievi salesiani di Comacchio Antonio
Zarattini (fratello di mons. Giuseppe Zarattini) il
giorno stesso del suo incontro con il rettor maggiore dei salesiani il primo dicembre
1956.
Alla fine del 1957 entra in scena don Vito venuto a Comacchio, essendo finito
il suo mandato di arciprete a Massafiscaglia, ove risiedeva dal 1948.
Nominato vicario generale della diocesi nel 1961 e direttore diocesano del movimento
salesiano, inizia rapporti epistolari con il delegato salesiano regionale don Ceresa.
Nel 1978 larcivescovo di Ferrara e vescovo di Comacchio mons. Franceschi scrive al
sindaco di Comacchio proponendo modifiche al piano regolatore, per poter dare ai salesiani
attività sportive in valle Raibosola.
Nel 1980 mons. Ferroni scrive ancora allispettore salesiano
sollecitando linvio di salesiani nella nuova parrocchia di valle Raibosola. E
finalmente l11 gennaio 1981 al salesiano don Gianni Caimi viene affidata la
parrocchia di valle Raibosola, dopo una assenza di 25 anni.
Per la popolazione tutta e soprattutto per il numeroso gruppo degli exallievi salesiani fu
una vittoria di mons. Vito Ferroni.
Un articolo del primo settembre sul Bollettino Salesiano intitolato Don
Bosco ritorna a Comacchio dà un giusto riconoscimento e scrive chi più di
tutti si è impegnato per riavere don Bosco a Comacchio è il vicario mons. Vito
Ferroni.
Cera veramente da rimanere meravigliati al vedere lentusiasmo che
don Gianni sollevava tra la persone di qualsiasi età e di ogni credo politico.
Purtroppo larrivo del sacerdote era semplicemente una missione esplorativa. I
dirigenti della congregazione ritenevano che venisse loro affidata una parrocchia estesa
che potesse ospitare e sostenere una famiglia salesiana numerosa, di almeno 4 5
sacerdoti, che avrebbero creato un centro educativo e sportivo per i giovani di Comacchio.
Mons. Ferroni ancora una volta fece insistenti pressioni sui dirigenti diocesani perchè
si venisse incontro alle richieste dei superiori salesiani.
Ma la diocesi di Comacchio, dopo unesistenza di 1.500 anni, era arrivata alla sua
fine.
Fine che venne segnata da un decreto pontificio dell8 ottobre 1986, che decideva la
chiusura del vescovado di Comacchio.
Tramontò così anche la possibilità che i salesiani avessero una adeguata
sistemazione.
L8 dicembre 1987 don Gianni dovette obbedire ai superiori e abbandonò la città.
Ricordo le lacrime sincere che rigavano il volto di molte persone che assistevano alla sua
messa di addio.
Ma la cura pastorale di mons. Vito Ferroni per il suo gregge non venne meno.
Egli riuscì a mantenere in una associazione di circa 200 250 exallievi salesiani
la devozione verso Don Bosco, invitandoli a partecipare a conferenze ecclesiastiche e
incontri mensili.
Tuttora gli exallievi sono almeno un centinaio e con gratitudine pensano a mons. Vito
Ferroni che con le sue solide convinzioni li ha mantenuti sulla retta via morale e
religiosa.
Grazie mons. Vito Ferroni e grazie a voi ascoltatori. GT |
Risaltava la sua tenacia di
voler comunque trovare sempre laspetto positivo in ogni situazione guidato da quel
respiro nuovo ed ampio della sua formazione e anche, bisogna sottolinearlo, da
un grande senso di umiltà avulso da ogni ambizione carrierista: scrive a riprova:
Qualcuno, osservando i miei 60 anni di sacerdozio (
) potrà pensare che io
abbia lavorato per fare carriera. E unipotesi che non regge. Io sono il prete
che ha desiderato sempre e solo di fare il parroco. I miei incarichi li ho sempre
conseguiti esclusivamente per chiamata dei superiori (p. 27). Ulteriore conferma di
quest ultimo aspetto sono le varie lettere di dimissione dai propri incarichi
presentate da Monsignore ai vari Vescovi, specie in occasione dei loro avvicendamenti,
riportate in appendice nel libro da pag. 100 a pag. 104. A conclusione
di questo punto mi piace riportare una affermazione di Don Vito, in riferimento alla sua
mancata nomina ad arciprete della cattedrale di Comacchio nel 1941, che a mio parere
sintetizza molto bene il suo metodo religioso, definito come di taglio pastorale
più conciliante che politicamente combattivo, più formativo che impegnato nel
sociale (p. 26). Quasi per paradosso, questa definizione mi permette di introdurmi
nel secondo punto della mia relazione. 2. La
sua opera per il recupero del peso socio-educativo della Chiesa locale.
Due premesse veloci a questo aspetto importante dellopera
sacerdotale di Monsignor Ferroni: - Anzitutto è da notare che, salvo casi molto
eccezionali, lopera di qualsiasi sacerdote, soprattutto se a diretto contatto con la
gente come, ad esempio, quella di un parroco in genere, pur essendo specificamente
religiosa nelle motivazioni di partenza e nelle finalità, ha comunque un risvolto
socio-educativo più o meno accentuato e caratterizzato, a seconda delle circostanze di
persone, di luoghi e di tempi. - Seconda premessa: proprio a questo riguardo, sarebbe
indispensabile un chiaro e puntuale riferimento alle situazioni e condizioni sociali e
culturali che formano il contesto ambientale in cui lopera pastorale di Monsignore
si colloca e con cui inevitabilmente interagisce. E, ahimè, questo riferimento non sono,
purtroppo, in grado di offrirvelo. Come dicevo, devo limitarmi ai pochi elementi cui si
accenna nel libro di Don Vito.
Affidiamoci alla testimonianza di Monsignore, il quale, riferendosi
alla sua opera a Massafiscaglia, nel dopoguerra, scrive: Sono riuscito a sanare
tante situazioni matrimoniali irregolari, a portare in chiesa tanti uomini, ad entrare in
tutte le famiglie, se non per ragioni spirituali, per ragioni umanitarie come: far
ottenere la pensione di guerra o di vecchiaia, aiutarli a fare la denuncia dei redditi, ad
ottenere lassegnazione di un podere del Delta ecc. Tutte le vie erano buone pur di
arrivare a dialogare, a parlare di Dio a chi non ci pensava (p. 28). Queste erano
situazioni non solo frequenti ma addirittura comuni nelle nostre terre in quei tempi e la
Chiesa con i suoi sacerdoti, i suoi mezzi limitati, le sue strutture, si è resa presente
fattivamente, senza clamori. Era comunque sempre la finalità religiosa la molla, come
sottolinea Don Vito, aggiungendo che queste esperienze sono servite a realizzare la
mia personalità di pastore (
), a toccare con mano, da vicino, le fatiche, le croci
della gente, a lottare con loro contro le ingiustizie e i soprusi, ma anche a godere con
loro per le nascite, i successi dei figli, i matrimoni, ecc.(p. 28-29).
Già abbiamo visto Monsignore impegnato per lunghi periodi come
Assistente dellAzione Cattolica e in questa veste ha notevolmente contribuito alla
formazione cristiana e quindi anche umana e culturale specialmente della gioventù, sia a
Comacchio che a Massafiscaglia e in tutta la diocesi e annota: Assieme agli
assistenti diocesani dei rami e ai dirigenti curammo molto la cultura religiosa e la
formazione cristiana (p. 30). E ancora: Il mio impegno era soprattutto rivolto
alla cultura religiosa, ai corsi di esercizi spirituali, specie per la gioventù,
allorganizzazione dellannuale convegno o assemblea diocesana (p. 28).
A rimarcare la ispirazione religiosa che, in maniera limpida e
lineare, ha sempre guidato loperato di don Vito, merita segnalare quanto scrive a
riguardo del rapporto tra attività pastorale della Chiesa e gli organismi politici. Cito
abbondantemente: Avevo imparato che lA.C. andava mantenuta al di sopra e al di
fuori di ogni movimento politico e solo diretta a formare dei cattolici praticanti e degli
apostoli per la diffusione del regno di Dio. Durante il mio servizio pastorale a
Massafiscaglia e sempre nel mio ministero per lA.C. diocesana tenni presente questo
principio e mai confusi lA.C. con la politica. (
) Quanto ai Comitati Civici mi
sono limitato ad accettarli e a permettere che svolgessero il loro servizio pubblicitario
in parrocchia, ma autonomamente. (
) La comunità di Massafiscaglia, allora, era
rossa più che mai. Era necessario non confondere lattività religiosa con quella
civile e politica. (
) Più che attività di propaganda facemmo preghiere e
sensibilizzammo i pochi credenti che frequentavano la Chiesa. (
) I tempi erano
difficili e pericolosi: bisognava difendere soprattutto la libertà della Chiesa (p.
30-31).
3. Il suo testamento per la
diocesi di Comacchio.
Nel libro intervista di Monsignor Ferroni ci sono due temi
delicati, che, sia le domande dellintervistatore che le risposte
dellintervistato mettono in relazione tra di loro: la contestazione sessantottina in
senso lato e la fine dellautonomia della diocesi di Comacchio in quanto tale. Io,
ovviamente, debbo limitarmi a relazionare, pur avendo vissuto abbastanza da vicino quegli
eventi.
Scrive Monsignore: La contestazione cominciò nel 1964 con il rifiuto
da parte di alcuni giovani prossimi al sacerdozio di venire a trascorrere le vacanze, come
era consuetudine, nella villa del Seminario a Loiano (BO) ed ebbe una manifestazione
clamorosa a Vallombrosa (FI) durante una serie di incontri estivi sul tema della
pastorale e si concretizzò nei fatti pratici particolarmente negli anni
1969-1975. Io interpreto quel periodo in sé - (continua Monsignore) come ricco di
grazia per la chiesa comacchiese e da ricordare come uno dei più vivi ed efficienti anche
se turbato da comuni difficoltà. In ordine alla temuta fusione della diocesi è certo che
la contestazione dellultimo periodo (1964-1969) dellepiscopato di Mons.
Mocellini lo indusse a chiedere alla Congregazione dei Vescovi, nella seconda visita ad
limina del 1967, quale era la sorte della diocesi di Comacchio: se lautonomia o la
fusione con Ferrara. Credo che la contestazione sessantottina abbia affrettato la nomina
dellamministratore apostolico nella persona di Mons. Mosconi, allora arcivescovo di
Ferrara (p. 39-40).
Fin qui la parola di Monsignore. Io penso, a questo punto, che meriti di
essere riportata parte della domanda numero 16 di pagina 41: Come visse quegli anni
segnati da disobbedienze disciplinari e da gruppi contestatori che portarono il vescovo a
chiedere a Roma la fusione della diocesi di Comacchio con Ferrara, anche per carenza di
sacerdoti e di risorse economiche?.
Ci sarebbe da chiedersi quanto quell anche per renda
giustizia alla gerarchia dellimportanza delle cose citate in domanda. Monsignore,
tra laltro, risponde: Tutti abbiamo sofferto in quel troppo lungo travagliato
periodo e Monsignor Mosconi più di noi. (
) Le sue decisioni trovarono opposizione
nei laici di Comacchio che diedero vita, a sua insaputa, ad un Comitato per il
vescovo residenziale a Comacchio e che il 13 agosto 1970, festa del patrono San
Cassiano, inviarono un esposto al S. Padre chiedendo un vescovo residenziale. Mons.
Mosconi ne fu fortemente amareggiato e minacciò le dimissioni. Io, vivendo accanto a
Mons. Mosconi che ho sempre profondamente amato ed ammirato per il suo zelo, la sua fede,
la sua generosità senza limiti, ho condiviso le sue pene, ma non sempre le sue scelte e
decisioni. Esistono, nellarchivio della Curia, le mie lettere di dissenso e i miei
interventi in Consiglio presbiterale che confermano quanto vi dico (p. 41-42).
Credo importante ed illuminante riportare per esteso quanto Monsignore
lesse davanti ai membri dei Consigli presbiterale e pastorale della diocesi, riuniti in
seduta congiunta il 7 novembre 1974:
1 - Sono convinto che la Chiesa svolge la sua missione di
evangelizzazione e di santificazione più facilmente in una Diocesi di modeste
proporzioni che in una Diocesi vasta. Non mi fermo a darne le ragioni che sono facilmente
intuibili.
2 - Come sacerdote nato a Comacchio e che ha esercitato in Diocesi di
Comacchio il ministero pastorale per ben 36 anni, riconfermo il mio amore alla Diocesi,
e manifesto il mio rammarico nel constatarne la smobilitazione e lormai imminente
fine.
3 - Mi è stato riferito che la maggioranza del clero diocesano ha espresso
la volontà, per motivi diversi - credo preminente quello di una miglior
sistemazione pastorale ed economica del clero giovane - di una unione totale con
Ferrara; non mi oppongo alla volontà della maggioranza che oggi trova corrispondenza
anche nella volontà della S. Sede manifestata attraverso documenti a S. E. Mons.
Arcivescovo, nostro Ammini-stratore Apostolico, e mi dichiaro lealmente disponibile al
lavoro che deve portare allunione.
4 - Esprimo il voto che si tratti di una unione totale che - pur tenendo
presenti le diversità sociologiche delle nostre popolazioni - non mantenga in piedi
discriminazioni o diffidenze, ma tenda, gradualmente, da parte nostra e di Ferrara, alla
unione totale e completa nel reciproco rispetto e nella generosa collaborazione (p.
69).
Allamministrazione apostolica di Mons. Mosconi fece seguito, nel
1976, la designa-zione di Monsignor Filippo Franceschi ad Arcivescovo di Ferrara e a
Vescovo di Comacchio, con due nomine distinte. Monsignore scrive: La sua nomina a
vescovo di Comacchio, avvenuta dopo una così lunga amministrazione apostolica e con bolla
distinta da quella di arcivescovo di Ferrara, pur comportando lunione nella sua
persona delle due diocesi, mi illuse che potessimo conservare lautonomia della
diocesi. (
) Perché non sperare? (p. 43). Fu quella una speranza breve. Mons.
Franceschi, ormai in partenza per la sua nuova sede vescovile, Padova, dovendo
rispondere al Card. Baggio, prefetto della Congregazione dei Vescovi, che gli aveva
mandato per conoscenza e con richiesta di un suo parere in merito, una copia della
supplica inviata al S. Padre dai nostri Consigli Presbiterale e Pastorale, mi chiamò e mi
informò che avrebbe risposto, contrariamente a quanto io speravo, che la diocesi
mancava di effettive strutture e del necessario ad una vita autonoma
(p. 44).
Ed arrivò nel settembre 1986, da attuare nel maggio 1987, il decreto
romano della fusione delle due diocesi di Ferrara e di Comacchio nella Arcidiocesi di
Ferrara-Comacchio. Questa la valutazione di Monsignor Ferroni: A malincuore
obbediamo
E forte il timore di una caduta pastorale e religiosa. Oggi, a
dodici anni dal provvedimento, già si riscontra, almeno nel nostro territorio, un calo di
interesse per tutto quello che è vita cristiana. Sì, durante questi dodici anni sono
nate a Comacchio due nuove istituzioni: il 21 settembre 1988 lIstituto di Cultura
Antica Diocesi di Comacchio per la salvaguardia dei grandi valori culturali
del nostro territorio, e l8 dicembre 1993 la Confraternita Santa Maria in Aula Regia
per conservare ed accrescere, se è possibile, la devozione alla Madonna e la pietà
popolare. Mi auguro vivamente che servano a vivificare il tessuto religioso del nostro
popolo (p. 46).
Sollecitato dallintervistatore a condividere il suo sogno per
Comacchio (vedi domanda n.19 di p. 47), Monsignor Vito così risponde: Coltivo il
sogno che Comacchio possa riavere, col tempo, la sua autonomia,
con un vescovo proprio, il suo seminario e tutte le attività pastorali che hanno reso
glorioso il nostro passato sia come vita religiosa sia come organizzazione. Ovviamente è
un sogno, ma lasciatemi morire sognando. Nulla contro Ferrara. La
fusione, laccentramento di tutte le attività a Ferrara: tutto conforme
alla volontà della Chiesa italiana in questo momento storico, ma sappiamo che la storia
ha i suoi ritorni, è già avvenuto in passato, può ripetersi in futuro,
perché non è detto che la Chiesa non si accorga che le diocesi di media grandezza, come
era Comacchio al momento della fusione, servano meglio alla evangelizzazione
delle diocesi vaste e popolose (p. 49).
Giunto al termine di questa carrellata di citazioni, mi rendo conto
quanto essa sia lacunosa e parziale: rinnovo la mia richiesta di scuse alla Vostra bontà
e pazienza. Mi piace concludere con alcune parole pronunciate, quasi come un commiato, da
Monsignor Vito Ferroni nella omelia per il suo giubileo di diamante nella concattedrale di
Comacchio il 17 luglio 1998: Ho servito Dio e la Chiesa ininterrottamente per 60
anni: ho lavorato con le ginocchia, pregando; con la mente escogitando ogni mezzo per
annunciare le verità del vangelo, ma soprattutto ho lavorato con il cuore, amando
sinceramente, e volendo bene sempre a quanti Dio mi ha fatto incontrare, a
Comacchio, a Massafiscaglia, ovunque sono andato come sacerdote, da Volano a Spina, da
Gorino a Medelana, prima della fusione, ed ora nellintera diocesi di
Ferrara-Comacchio (p. 98). Don Piergiorgio Zaghi |
|
CARTA DI AMSTERDAM, 1705.
La carta di Amsterdam, utilizzata da Napoleone per la campagna d'Italia del 1798 (
qui sotto riportata) dà un'idea efficace del territorio della ex-Diocesi, in quanto
coincideva largamente con quello del Delta Po (a sud del Po).
Le parrocchie storiche, sia pur acquisite in una successione temporale,
erano: Comacchio, Vaccolino, San Giovanni, Campolungo, Ostellato, Libolla, Pomposa,
Codigoro, Mezzogoro, Massenzatica, Lagosanto, Mesola, Bosco Mesola, Goro, Medelana,
Rovereto, Alberlungo, Migliarino, Migliaro, Santa Margherita, Fiscaglia e Massafiscaglia.
Le località cerchiate sono relative a parrocchie storiche, salvo alcune
acquisite più di recente, come Medelana (1947).
|
Un
altro caso su cui discutere nel nostro Ateneo |
Adriana Galvani
|
Lasciata scadere una "idoneità" a "Professore Associato".
Per Geografia non c'era un posto di II Fascia
La Dr.ssa Galvani è
Ricercatrice di Geografia Economica presso la Facoltà di Economia.
Ella, pur avendo ottenuto l'idoneità, punti 5/5, nel settore M-GGR-01
presso l'università di Macerata, non è stata inquadrata come "professore
associato" per l'insegnamento di Geografia dalla propria Facoltà di Economia, prima
della scadenza della validità dell'idoneità.
|
Nota. Risulta
che il mancato inquadramento sia stato determinato dalla valutazione della Facoltà,
Preside il prof. GianLuca Fiorentini, di non ritenere necessario destinare alla Geografia
un posto di IIa Fascia.
Si direbbe sorprendente questa motivazione nei tempi odierni in cui, in
tutto il mondo, è centrale la lotta per il clima, e dunque per la difesa ambientale,
posto che la geografia è la base nello studio dell'ambiente, della pianificazione
economica e dello sviluppo eco-sostenibile.
Quanto avvenuto è anche colpevole perchè, non solo, c'era la
disponibilità di budget, ma la candidata (in caso di inquadramento in IIa
Fascia), sarebbe costata all'Ateneo meno di prima, per il fatto che sarebbe stata
collocata al I° livello stipendiale dei prof. associati, che è più basso di quello di
provenienza. In tal caso, infatti, la legge prevede l'attribuzione di un assegno ad
personam, così da far percepire una retribuzione uguale a quella di provenienza. Così,
per tanti anni fino a far recuperare (all'Università) il credito (assegno ad personam).
In pratica, per il personale avanti con l'età, il recupero non avviene neppure totalmente,
perchè maturano gli anni per la collocazione in quiescenza.
Questa anomalia, per cui ad uno viene negato l'inquadramento per motivi pretestuosi
di costo, era stata a suo tempo rappresentata dai sindacati al Rettore Calzolari e al
Direttore Amministrativo, come ingiustizia generale che colpisce tutti i ricercatori e
associati anziani. Egli si era impegnato a correggerla, ma poi non mantenne. Nino Luciani |
Profilo scientifico e didattico di Adriana
Galvani
(Fonte: http://www.unibo.it/SitoWebDocente/default.htm?upn=adriana.galvani%40unibo.it&TabControl1=TabCV
)
- Ricercatore di Antropogeografia, con idoneità a
professore associato, alla Facoltà di Economia di Bologna, dove tiene gli incarichi di
Geografa del Turismo al corso teledidattico NETTUNO e di Sociologia del Turismo alla
Facoltà di Lingue.
- Incaricata dell'insegnamento di Project Management e di Didattica della
Geografia presso l'Università di Bolzano.
- Svolge l'insegnamento di Ecoturismo presso l'Università di Scutari in Albania.
- Ha numerosi titoli post-laurea e parla cinque lingue.
- Conta 300 pubblicazioni in tre lingue, tra cui quattro volumi ed è nel comitato
scientifico di quattro riviste, di cui tre straniere, oltre a collaborare con altre
riviste ed associazioni scientifiche.
- E' direttore didattico del consorzio interuniversitario di formazione INFORMENT.
- Ha gestito una summer school ed ha insegnato alla SSIS e al CTS.
- E' coordinatrice di tre progetti Erasmus ed ha avuto borse COMETT, LEONARDO, COST,
Socrates, Grundtvig.
- Collabora al progetto CNR Italia-Cina di gestione integrata e comparata delle coste ai
fini della salvaguardia costiera. E' membro di UNeECC, gruppo di studio sulle capitali
europee della cultura.
- Esperto valutatore per l'Unione Europea per "the Education, Audiovisual and Culture
Executive Agency in the framework of the management of the Community programmes in the
fields of education, audiovisual, culture, youth and citizenship".
- Ha vinto una selezione per progetti dell'European Science Foundation e due selezioni
della National Science Foundation degli USA in cui è l'unica italiana.
- Diploma di merito scientifico della National Science Foundation della Georgia;
- Collabora con l'Università di Cluj Napoca (Romania) per progetti di sviluppo
territoriale e con European Travel Commission e con la UNWTO.
- Partecipa ai progetti di sviluppo della ECOSOC (Commissione Economico Sociale dell'ONU).
- Coordinatore del gruppo Tourism, Travel, Transport dell'European Association of
Geographers, dove è l'unica italiana.
- Fa parte dell'European Tematic Network HERODOT.
- E' stata visiting Professor alla Freie Universität di Berlino, alla University of
Scutari (2003, 2006, 2007, 2009), a Yale, Wien, Monash (Melbourne), ANU (Canberra), UHA
(Mulhouse), al Karolinska Insitute of Stockholm, Oujda (Morocco), all'Autonoma de Madrid,
a Waseda (Tokyo), alla Brown University (Providence-USA), a University of Chicago,
University of Auckland, University of Girona, University of York (UK), University of
Granada.
Elenco delle Pubblicazioni
1) Storia del vecchio catasto ferrarese, in «La Pianura», n.4, Ferrara, 1985, pp.74-75.
2) Tipologia del sistema di vendita al minuto in provincia di Ferrara, La Pianura, n.1,
Ferrara, 1986, pp.49-51.
3) Una fotocopia per la geografia, In «Scuola e Didattica», Anno XXXI, n.8, 5 gennaio
1986, pp.38-39.
4) I tetti di Montagna, In «Economia e Ambiente», Anno V, n.1-2, gennaio-giugno 1986,
pp.79-86.
5) Il censimento delle abitazioni, Ferrara, 1986, n. 8-9, pp. 41-44.
6) Il post-industriale a Ferrara, La Pianura, n.3-4, Ferrara, 1986, pp. 41-44.
7) Andamento e fenomeni dei matrimoni a Viterbo, in «Tuscia Economica», n.1, 1986,
pp.21-23.
8) Nota sullo Stato Civile degli Ampezzani, Cortina Oggi, Anno XI, n.3, marzo 1986, p.15.
9) Proposte per il tempo libero uno Cortina, Cortina Oggi, Anno XI, n.6, giugno 1986,
pp.9-11.
10) La Pianura ferrarese ricca e fertile Come la favolosa California, A Ferrara n.71986,
p.13.
11) A Ferrara la coppia resiste: solo l'1% di separati o divorziati, Ferrara, 1986, n.8-9,
pp.45-46.
12) Disoccupazione uno Cortina? Cortina Oggi, Anno XI, n.11, pag.11 novembre 1986,.
13) Cortina nel Mirino degli esperti stranieri, Cortina Oggi, Anno XI, 12, dicembre 1986,
pp.13-14.
14) Lo sviluppo edilizio dei Lidi di Comacchio, La Pianura, n.4, 1987, pp.42-49.
15) Economia e psicologia nel movimento turistico di Cortina d'Ampezzo, In Atti del Coll.
Intern: "Immagine soggettiva e ambiente", Milano, Unicopli, 1987, pp.415-424.
16) L'invecchiamento della Popolazione Ferrarese-Tendenze e Squilibri territoriali, La
Pianura, n.3, Ferrara, 1987, pp.36-47.
17) Désequilibres dans l'edificazione di una zona d'une récent développement
touristique, In «Atti del Convegno UGI»: «Le développement du tourisme dans les
espaces voisins des grandes de zone touristique frequentazione", Sousse, ONTT, 1987,
pp.132-152.
18) Origine et mouvements de la main-d'oeuvre touristique à Cortina d'Ampezzo, Universite
'de Lille, «Hommes et Terres du Nord», n.4, 1987, pp. 240-246.
19) La nuova mappa dei servizi nel territorio ferrarese, La Pianura, n.1 Ferrara, 1988,
pp.19-27.
20) Nota sull'antropizzazione Litoraneo del territorio emiliano, in Bondesan M., Elmi C.,
Nesci O., Dal Cin R., Veggiani A., (a cura di) «Guida alle escursioni»Del Gruppo
Nazionale di Geografia Fisica e geomorfologia, Riccione-Delta del Po, 21-24 giugno 1988,
Bologna, Lo Scarabeo, 1988, pp. 83-89.
21) Consistenza e della provenienza turistica Manodopera uno Cortina d'Ampezzo, In
Rassegna di Studi Turistici, Anno XXIII, n.3-4, luglio-dic. 1988, pp. 255-277.
22)Tra passato e futuro Turismo, in "Atti del Convegn Naz.:« Turismo e ambiente
Nella società post-»Industriale, Milano, 9-10 marzo 1989, Milano, FAST-TCI, 1989,
pp.273-282.
23) "I Toponimi, segni del passato nel territorio ferrarese", «La Pianura»,
n.3, Ferrara, 1989, pp.47-55.
24) Dal numero al Concetto, in Atti del XXV Congr. Geogr. Ital., Taormina, 3-7ottobre 1989,
vol.IV, pp.443-454.
25) Albertville 1992, in «Cortina Oggi», XV, n.5, maggio 1990, p.9.
26) Rivisitiamo Il concetto di Sviluppo, in «La Geografia nelle Scuole», XXXV, (1990),
pp.147-151.
27) L'analfabetismo nel Ferrarese, In Studi in onore di Osvaldo Baldacci, La lettura
geografica, il linguaggio geografico, i contenuti geografici a servizio dell'Uomo,
Bologna, Patron, 1991, pp.411-428.
28) L'organizzazione dell'insegnamento della geografia ei testi scolastici della Germania,
in «La Geografia nelle Scuole», XXXVI (1991), n.2, pp.196-198.
29) Aspetti socio economici di Un'area Destinate uno Parco", In CREMONINI S., (a cura
di)," Atti delle Giornate di Studio: Pianura della Romanità", S. Pietro in
Casale, 7-8 aprile 1990, bologn uno, Comune di S. Pietro in Casale, Ministero per i Beni
Culturali e Ambientali, 1991, pp.445-470.
30) Turismo ed Industria nelle Dolomiti, In Atti della XII Conferenza Italiana di Scienze
Regionali, Messina-Taormina, 21-24 ottobre 1991, dell'AISRe, 1991, vol.II, pp.243-266.
31) I Francesi a Ferrara, «Rassegna di Studi Turistici», 1991, XXVI, n.3-4, pp.287-300.
32) Il Turismo a Cortina d'Ampezzo-Dalle origini agli anni'90, Bologna, Lo Scarabeo, 1992.
33) La GeografiaNelle Università francesi. Una valutazione tematica, «Geografia», XV,
1992 n.58-59, pp.52-62.
34) Bicicletta, che passione! in «La Pianura», n.2, Ferrara, 1992, pp.41-44.
35) Turismo di montagna a Cortina d'Ampezzo: la sostenibilità e la saturazione,
«Simposio della Commissione Turismo dell'IGU:" Da saturazione per la sostenibilità
», Denver, agosto 1992, in« Tourism Recreation Research », Lucknow, Vol.XVIII, n.1,
1993, pp.27-32.
36) Spazio geografico e Attrazione Nelle discoteche, «Politica del Turismo», Anno X,
n.2-3, marzo-giugno 1993, pp.50-58.
37) Intelligenza del territorio, In Bencardino F., (a cura di) Oriente Occidente, Scritti
in memoria di V. Langella, Istituto Univ.. Orientale, Dipartimento di Studi Asiatici
Università di Napoli, Napoli, 1993, pp. 521-539.
38) I trasporti nel Camerun, In «Boll.Soc.Geogr.Ital.», Roma, Serie X, vol IX (1993),
pp.403-414.
39) L'acquicoltura "una rivoluzione azzurra", In «La Pianura», n.1, 1994,
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40) Acquicoltura L'a Goro, In F. Citarella, (a cura di), «Studi in onore di Domenico
Ruocco", Napoli, Loffredo, 1994, pp.179-194.
41) Turismo in Camerun: aspetti quantitativi, in Actes du Colloque de Marrakech 20-24/10/91,
in «Revue de la Faculté des Lettres et des Sciences Humaine», Université Cadi Ayyad,
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42) Sustainable Tourism Development, In «Bollettino tematico», OMT / WTO, Centro di
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43) Il Consiglio Europeo per il Turismo, In «Boll.Soc.Geogr.Ital.», Serie XI, vol. XII,
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44) Un'analisi dell'economia ferrarese Tramite i dati CERVED delle Camere di Commercio, In
«La Pianura», Ferrara, n. 3, 1995, pp.20-33.
45) Tra Ferrara centralità e marginalità nei processi di internazionalizzazione, in F.
Dini (a cura di), Industria e Geografia, Torino, Giappichelli, 1995, pp.315-322.
46) L'idea vincente: il "Villaggio Globale" e l'indifferenza
localizzativa", In« La Pianura », Ferrara, n.2, 1996, pp.23-26.
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49) Un Simposio Sull'evoluzione Italia-Cina e la Tutela delle zone costiere, In
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Francesco Chiodo |
Nel
nostro Ateneo è scoppiato il caso "CHIODO",
ovvero:
G. Ghetti*, IL PROBLEMA DELLA SALVAGUARDIA DELLE "SCUOLE"
quando tutto (anche il ddl del Ministro) ti rema contro
* Ordinario di diritto
pubblico, dell'Università di Bologna |
Giulio Ghetti
|
|
Giulio GHETTI, Il caso "Chiodo" e il problema delle
"Scuole"
1.- UNA NECESSARIA PREMESSA. In un tempo assai lontano,
che ci appare quasi appartenere alla preistoria, le Università si distinguevano tra loro
per la presenza di "maestri" cui il titolo spettava, perché
riconosciuto dalla comunità scientifica a motivo della originalità delle loro ricerche e
dell'impegno nella vita accademica; intorno ad essi si formavano "allievi"
legati da un idem sentire che andava al di là del credere in certe teorie o in altre, e
si estendeva al modo di vivere e di operare non solo nell'Università.
Maestri e allievi formavano le Scuole, e i risultati
della ricerca in esse svolto era poi trasferito in una didattica di alta qualità. Le
Scuole e chi le componeva costituivano l'Accademia, e cioè l'eccellenza all'interno del
mondo universitario.
Intorno agli anni '70 del secolo scorso nelle Facoltà di Medicina molti
"maestri" erano in realtà "baroni", e giustificavano questo mutamento
di status con la necessità di avere allievi ubbidienti e ligi perché l'assistenza
sanitaria - abbinata all'essere docenti universitari - lo richiedeva visto che alla fin
fine ogni responsabilità ricadeva sul "maestro" che era pure primario
ospedaliero; le Scuole mediche divennero così "gruppi di potere/pressione" e i
baroni premiavano i loro vassalli per motivi che quasi sempre ben poco avevano a che fare
con la meritocrazia scientifica, e ingaggiavano guerre con altre pseudoscuole per la
conquista del territorio (gli ospedali).
Tutto questo avvenne nelle Facoltà mediche e in qualche più limitata misura
si trasferì ad altre Facoltà; certo è che portò ad una situazione generale
deprecabile e deprecata la quale favorì la riforma generale attuata con il d.p.R. 382 del
1980: abbiamo scritto "situazione generale" perché non si riparò la
situazione delle sole Facoltà di Medicina e cioè non si incise la dove era il bubbone,
ma si fece di ogni erba un fascio e si gettarono le basi della situazione a cui oggi
vorrebbe in parte porre rimedio il progetto di legge Gelmini.
2.- UNA ULTERIORE NECESSARIA PREMESSA. Sempre in quei
tempi le Università erano poche e pochi erano i professori universitari, tanto che erano
definiti gli happy few. Fra queste persone di notevole livello vigevano regole di
educazione e di comportamento anche amministrativo, per cui era tra l'altro tipico che in
ogni Facoltà venisse riconosciuto al docente che aveva ben meritato, una sorta di diritto
di indicare il proprio successore affinché potesse realizzarsi la continuità didattica e
di ricerca, e al contempo garantire i più giovani tra gli allievi che rimanevano orfani
del "maestro". Nella mia esperienza anche questa regola di vita comune si è
andata affievolendo dopo il d.p.R. 382/1980, e oggi non viene più rispettata, se non in
casi sporadici, per lo più come effetto di un pesante "gioco di corridoio".
3.- IL CASO "CHIODO". La Facoltà di Medicina
di Bologna ha avuto spazio, spesso, sulla stampa non solo locale per i comportamenti di
alcuni suoi docenti in materia di concorsi.
E' accaduto in questi giorni che la stampa ha dato risalto ad una
situazione denunciata da un illustre docente medico bolognese, Francesco Chiodo,
che è stato professore ordinario di malattie infettive e direttore dell'Istituto di
malattie infettive dell'Università di Bologna: a lui, tra l'altro, è attribuito un
particolare contributo alla scoperta della possibilità di una significativa riduzione del
tasso di infezione HIV nei bambini nati con parto cesareo, rispetto ai nati per via
naturale.
Per "caso CHIODO" si intende quel grido di dolore
che egli ha lanciato quando, per essere andato in quiescenza per sua volontà un anno
prima della scadenza giuridica (per inciso: durante il Rettorato Calzolari si è cercato
in ogni modo di ottenere questo brillante risultato di allontanare anzitempo i migliori,
motivandolo con ragioni di maggior costo del docente anziano), ha visto contrapporre al
proprio allievo un SUCCESSORE, che non proviene dalla sua Scuola, anzi viene da fuori.
Il concorso non si è ancora svolto, ma la relativa certezza denunciata da
Chiodo scaturisce dalla modalità del bando che è di un concorso per trasferimento, vale
dire riservato a coloro che già occupano in Italia un posto di Ordinario, anziché per
concorso aperto a "tutti". In caso di "trasferimento", decide la
Facoltà, su proposta del Dipartimento. In caso di concorso "aperto", decide una
Commissione nazionale, con quanto ne consegue.
Sul piano della legittimità della decisione nulla possiamo dire perché non
conosciamo gli atti ed anche perché, a seguito della denuncia pubblica di Chiodo,
potrebbe aprirsi una inchiesta non solo amministrativa e in questi casi, come è noto, si
rompono tutti gli schemi formali tipici del diritto amministrativo e si guarda alla
sostanza dei fatti.
Sul piano della trasparenza, è evidente che un regolare concorso, aperto a
tutti, avrebbe certamente dato una opportunità anche agli allievi del prof. Chiodo, e
anzi avrebbe escluso il presunto predestinato per trasferimento. Già ... perchè in
Italia, per l'art. 2, lettera m), della legge 210/98 c'è "il divieto, per i
professori ordinari, associati e per i ricercatori, di partecipare in qualità di
candidati a valutazioni comparative per posti del medesimo livello".
Ma, ripetiamo, non esprimiamo alcun giudizio: le persone
che la stampa ha indicato come partecipanti a questa contestata decisione sono tutte
uomini d'onore, come Antonio disse di Bruto, e allo stato non vi è indizio o motivo
di dubitare che esse abbiano agito nello "interesse primario di Roma". Quel che
ci sembra emergere è che anche in questo caso l'antico costume del "maestro" di
indicare il proprio "successore" non ha trovato spazio: ma come si è detto, non
è il solo caso perché da anni questa regola di fair play è stata abbandonata.
4. IL PROBLEMA DELLA SALVAGURDIA DELLE SCUOLE. Da
sempre quando una amministrazione pubblica fa scelte di principio su procedimenti che
favoriscono qualcuno e danneggiano qualcun altro nascono discussioni, ma questo rientra
nella problematica tipica del diritto amministrativo e degli umani. Dunque, allo stato e
per quello che ci riguarda, nulla quaestio.
Ci interessa, invece (in un periodo in cui il governo vuole riformare
il reclutamento del personale docente) capire se l'Università guadagna o perde
da questo fatto, e come verrebbe regolato un simile problema se la riforma del ministro
Gelmini fosse già legge.
Innanzitutto, Ci pare che il fatto che il prof. Chiodo non abbia un ordinario
suo allievo, già pronto per la chiamata, va fatto risalire alle ristrettezze dei posti, a
cui i Governi da anni costringono le Università. Già il ministro Moratti bloccò le
assunzioni, a suo tempo, e così di seguito. Soprattutto sono state privilegiati i posti
di Ricercatore, anziché le selezioni dei Ricercatori e Associati già in servizio: di
questo non positivo risultato a Bologna siamo particolarmente debitori alla politica
squilibrata dell'ex-rettore Calzolari e degli Organi accademici che lo hanno affiancato.
Inoltre ci sembra che il "misfatto" abbia le sue prime origini nella
politica centralistica che da Roma vuole regolare tutto e tutti, e spesso è una politica
populistica.
Abbiamo detto in via di premessa che il creare e sviluppare delle scuole di
pensiero e di metodo è altamente meritorio per il progresso scientifico e per
l'educazione/formazione dei giovani studiosi. In questo senso è una aspirazione legittima
del fondatore della scuola che la scuola stessa continui e questo può aver luogo solo
attraverso gli allievi.
In tutti gli altri casi, se si vuole rinvigorire il "sangue" di una
Facoltà occorre attingere all'esterno, specie nel momento in cui - e sono anni che i vari
Ministri lo dicono - nel sistema universitario vanno introdotte meritocrazia e
concorrenza. Se si condividono questi principi generali di buon senso,
allora se ne deve condividere anche un terzo, e cioè che la valutazione
pregiudiziale se si sia in presenza dell'un caso o dell'altro caso deve essere del tutto
trasparente e motivata, anche in senso comparativo, e dunque non può essere
lasciata a decisioni che avvengano al di fuori degli organi collegiali amministrativi per
legge competenti, e cioè ai Dipartimenti, ai corsi di studio e alle Facoltà.
Nel caso delle Cliniche universitarie il fatto che il docente sia anche
primario per un certo reparto, divisione, ecc. coinvolge anche l'amministrazione
ospedaliera: non mancano nella legge generale sul procedimento amministrativo tempi e modi
in cui essa possa far valere le proprie oggettive esigenze. Ma, come si è già detto, nel
nostro sistema normativo, tutto questo non può accadere perchè nel caso di concorso
aperto a tutti (quello voluto dall'art. 97 della Costituzione per accedere ai pubblici
uffici: mai norma costituzionale fu tanto violata con continue eccezioni, e non solo nel
sistema universitario), un professore che sia già ordinario non può partecipare
al concorso. Il DDL Gelmini, presentato in questi giorni e che ha raccolto vasti
consensi bipartisan, privilegia la mobilità, sia pur con alcune eccezioni: in questo
cerca di porre rimedio a quelle carriere tutte interne, da "polli di stia", che
sono state favorite dai precedenti sistemi di selezione del corpo docente, tutti rivolti a
favorire il candidato interno per il quale era stato bandito il posto. In questo senso il
DDL Gelmini fa quello che può per chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati:
o, meglio, insediati, e lo rimarranno per anni, perpetuando abitudini di fatto che - non
si illuda il ministro - una norma di legge non può cambiare.
Ma così facendo il Progetto Di Legge (vogliamo usare l'acronimo PDL, così
estendiamo l'osservazione anche al partito politico di appartenenza del ministro ?) non si
accorge della contraddizione che pone in essere nel momento in cui vuole iniettare nel
sistema universitario dosi di meritocrazia e di concorrenza (e questo è certamente
necessario), però non solo non si pone neppure lontanamente il problema della
salvaguardia delle scuole scientifiche, ma neppure si preoccupa di abrogare l'art. 2,
lettera m), della legge 210/98, e cioè di una norma nata per ovviare a taluni limitati
casi di "sorpruso" che hanno fatto testo e che sono ben noti a chi abbia
memoria.
Forse il PDL si fida delle sole strutture burocratico-formali, e cioè dei
dipartimenti, delle Facoltà e dei corsi di studio (al riguardo è ben strano che
neppure il coraggioso ministro Gelmini - che per di più fa parte di un Governo che cerca
di attuare la semplificazione amministrativa - non abbia affrontato il problema della
convivenza/doppione tra Facoltà e corsi di studio quanto a competenze sulla didattica:
già il dpR 382 del 1980 evidenziava questa problematica ma non ebbe il coraggio di
sciogliere le Facoltà) e non ha fiducia in quelle strutture non formali quali
sono le Scuole accademiche che furono all'origine della fama delle nostre Università
medievali e che ancora sono presenti in molti settori disciplinari, che pure sono attive
all'estero e tanto contribuiscono a fare grandi e noti quegli Atenei che nelle varie
classifiche internazionali ci precedono, per non dire che ci distaccano. Il "caso
Chiodo" solleva questo problema e c'è da auspicare che il PDL se ne faccia carico. G.
GHETTI |
REGOLAMENTO DEL VOLONTARIATO PRESSO L'ALMA MATER STUDIORUM
Il Regolamento è stato deliberato dal CdA
il 16.06.2009. Esso, pur se rivolto a "chiunque", può essere di interesse
per i Docenti "senior" che desiderano rimanere nella struttura
dipartimentale.
L'art. 10 dispone, poi, che il volontario è coperto da assicurazione
a carico della Struttura ospitante. |
REGOLAMENTO DEL VOLONTARIATO PRESSO L'ALMA MATER STUDIORUM
Art.
1 Stato giuridico dei volontari
I volontari prestano attività occasionali e non sono vincolati da nessun obbligo di
prestazioni lavorative, né da alcun rapporto di lavoro con l'Ateneo.
L'attività dei volontari deve rivestire il carattere della complementarietà occasionale
e deve mantenere il requisito della non obbligatorietà per il volontario.
Le modalità e i tempi della prestazione devono essere definiti di comune accordo tra
volontario e struttura. Il volontario potrà interrompere la propria attività in
qualsiasi momento comunicandolo preventivamente e con un preavviso minimo, tale da non
pregiudicare lo svolgimento delle attività, al responsabile della struttura presso cui
opera.
La collaborazione dei volontari nelle attività dell'Ateneo non può essere sostitutiva di
mansioni proprie del personale dipendente né può prevedere l'esercizio di alcun potere,
potestà, autorità pubblica.
Art. 2 Soggetti che possono prestare attività di volontariato
presso l'Ateneo
Possono essere ammessi a prestare la propria opera di volontariato i cittadini italiani,
comunitari, extracomunitari purché legittimamente residenti nel territorio della Stato,
di ambo i sessi in possesso dei seguenti requisiti:
- età non inferiore agli anni 18;
- idoneità fisica all'attività, certificata dal medico di base;
- non aver riportato condanne penali per reati dolosi;
- avere adeguata conoscenza della lingua italiana.
Art. 3 Attivazione della procedura di richiesta di volontari
La procedura per ospitare uno o più volontari può essere attivata da una singola
struttura di Ateneo, da più strutture associate o dall'Ateneo in generale.
La struttura (o le strutture) interessata deve redigere un breve profilo del volontario (o
dei volontari) indicando le principali caratteristiche dell'attività e la sede in cui
l'attività verrà svolta.
Il profilo verrà tradotto in un avviso cui dovrà essere data pubblicità con una
comunicazione sul portale di Ateneo.
Art. 4 - modalità di presentazione della domanda da parte del volontario
I soggetti interessati a svolgere attività di volontariato devono presentare domanda
secondo le modalità indicate nell'avviso di cui al precedente articolo 3.
Alla domanda deve essere allegato il curriculum dell'aspirante volontario.
Art. 5 Modalità di valutazione delle domande
Le domande pervenute verranno inserite in un elenco di aspiranti volontari. La struttura
interessata ad ospitare il volontario procederà a chiamate nominative dei volontari
inseriti in elenco.
La chiamata potrà avvenire:
in base alla mera valutazione del curriculum degli aspiranti volontari;
a seguito di un breve colloquio (in aggiunta alla valutazione del curriculum) con gli
aspiranti volontari secondo le modalità indicate nell'avviso;
con altre modalità indicate nell'avviso.
Il volontario individuato deve presentare al responsabile della struttura che lo ospita:
il certificato del medico di base con il quale si attesta lidoneità psico-fisica
allo svolgimento delle attività che verranno svolte. Tale certificato verrà conservato
presso la struttura stessa e dovrà essere rinnovato annualmente a cura del volontario.
Qualora le attività svolte lo richiedano il volontario dovrà presentare il libretto
sanitario;
un'autocertificazione che dichiari il possesso dei requisiti di cui al presente
regolamento e di quelli eventualmente richiesti dall'avviso di cui all'art. 3
Il responsabile della struttura conserva un fascicolo nominativo del volontario contenente
tutta la documentazione che lo riguarda.
Art. 6 Validità degli elenchi di disponibilità
La validità degli elenchi degli aspiranti volontari è di 12 mesi.
Art. 7 Referente per i volontari
Ad ogni volontario è assegnato un referente con cui deve coordinarsi per quel che
riguarda lo svolgimento delle proprie attività. Il referente è, di regola, il
responsabile della struttura presso cui il volontario opera. Il responsabile della
struttura può indicare, in sua vece, un altro funzionario della struttura stessa. In
referente deve in particolare:
coordinare e indirizzare il volontario nello svolgimento delle attività;
accertare che i volontari siano in possesso dei requisiti previsti dal presente
regolamento, dall'avviso di cui all'art. 3, delle necessarie certificazioni tecniche e
pratiche, delle idoneità psico-fisiche eventualmente necessarie allo svolgimento delle
specifiche attività;
vigilare sullo svolgimento delle attività, avendo cura di verificare che i volontari
operino in modo tale da non ledere i diritti, gli interessi, le prerogative degli
eventuali utenti e/o fruitori, gli interessi, il buon nome, il decoro
dell'Amministrazione, che le attività siano svolte con modalità tecnicamente corrette e,
qualora previsto, nel rispetto delle normative specifiche di settore;
verificare i risultati delle attività concordate;
mantenere i collegamenti con gli uffici dell'Amministrazione, curando tra laltro il
controllo e la trasmissione di eventuale documentazione ai fini del rimborso spese.
verificare la corretta tenuta del fascicolo del volontario.
Allinizio delle attività il referente predispone, di comune accordo con il
volontario, il programma operativo per la realizzazione delle attività stesse.
I volontari si atterranno alle disposizioni convenute con il referente per quanto riguarda
le modalità di svolgimento delle attività e luso degli strumenti a ciò necessari.
Art. 8 Svolgimento delle attività
Qualora le attività richiedessero competenze particolari e specifiche, diverse da quelle
già in possesso dei volontari, lAmministrazione si impegnerà a fornire occasioni
concrete di formazione ed aggiornamento, secondo modalità da concordare con i volontari
stessi, che saranno tenuti a partecipare alle iniziative di cui sopra.
Per garantire la necessaria programmazione delle attività, i volontari dovranno
impegnarsi affinché le prestazioni siano rese con continuità, per il periodo
preventivamente concordato, pur mantenendo il carattere occasionale del rapporto.
I volontari si impegneranno a dare tempestiva comunicazione, al responsabile della
struttura presso cui prestano la propria opera, delle interruzioni che dovessero
intervenire nello svolgimento delle attività.
La Struttura cui il volontario afferisce è tenuta a comunicargli tempestivamente ogni
evento che possa incidere sullo svolgimento delle attività.
I volontari impegnati in attività che prevedano il contatto con il pubblico saranno
provvisti, a cura dellAmministrazione stessa, di cartellino identificativo che
consenta limmediata riconoscibilità da parte dellutenza.
Art. 9 Compensi e rimborsi
Lattività dei volontari è prestata a titolo gratuito.
L'amministrazione, previa verifica della regolarità della documentazione presentata dal
volontario, potrà rimborsare spese sostenute, per lo svolgimento del l'attività di
volontariato o le attività ad essa accessorie (es. le spese per la partecipazione a corsi
di formazione o per missione). Le attività che comportano spese da parte del volontario
devono essere espressamente e preventivamente approvate dal referente e dal responsabile
della struttura.
Per quel che riguarda i rimborsi si rinvia alle regole applicate per i rimborsi delle
spese del personale TA.
Art. 10 Coperture assicurative
Tutti coloro che prestano la propria opera per attività di volontariato saranno
assicurati, con spesa a carico della struttura ospitante, contro i rischi di infortunio in
cui potrebbero incorrere, in servizio o in itinere, nonché contro i rischi di
responsabilità civile verso terzi conseguente a colpa nello svolgimento delle mansioni
loro affidate.
I volontari svolgeranno la loro attività in conformità con quanto disposto dal D.LGS.
626/94 e successive modificazioni ed integrazioni. Sarà cura dei referenti informare i
volontari sul contenuto delle normative vigenti in materia di sicurezza sul lavoro e
sullutilizzo di eventuali dispositivi di protezione individuali.
Art. 11 Cessazione dellattività
L'attività dei volontari può cessare:
- per loro espressa rinuncia
- qualora, per qualsiasi motivo, venisse meno per la struttura ospitante l'esigenza di
utilizzare il volontario, o qualora il comportamento del volontario non fosse consono
all'attività svolta: in questo caso la struttura ospitante provvede, con comunicazione
motivata all'interruzione del rapporto con il volontario;
- per accertata perdita dei requisiti e delle condizioni necessarie per lo svolgimento
delle attività.
I volontari saranno cancellati dagli elenchi:
- per loro espressa rinuncia;
- per accertata perdita dei requisiti e delle condizioni necessarie per liscrizione.
Art. 12 Norme finali
LAteneo si impegna a promuovere ogni possibile momento e occasione di confronto tra
il volontariato organizzato e i singoli volontari, affinché questi ultimi possano
accogliere le complesse e ricche sollecitazioni offerte dalla vita associativa.
Il presente regolamento del Volontariato presso lAlma Mater Studiorum
Università di Bologna, potrà essere aggiornato, sulla base di eventuali esigenze non
attualmente prevedibili, al fine di consentire ulteriori opportunità. |
A rinforzo del dibattito alla "Tavola"
del Senato, domani 14 luglio |
Bruno Lunelli
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"GIAVAZZI MI E' PIACIUTO ...
ma si è dimenticato delle spese per il personale amministrativo, pari o superiore
a quella per la docenza"
e c'è anche che i laureati ante (3+2)
erano migliori ...
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Francesco Giavazzi
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Bruno Lunelli*, A proposito
delle verità di Giavazzi L'articolo di Giavazzi,
"Prova di verità per gli atenei" in Corriere 24.06.09, mi appare largamente
condivisibile, ma non considera due punti a mio avviso rilevanti:
1. L'enorme spesa amministrativa degli atenei, in parecchi casi pari o superiore
a quella per docenza e ricerca, che sono i prodotti dell'università. Dovrebbe essere
ridimensionata, altrimenti viene di fatto modificata la funzione degli atenei e non c'è
finanziamento che basti.
Come corollario, occorre ridare il ruolo centrale che gli spetta
all'attualmente irrilevante funzione docente, che, se è a reale livello universitario, è
molto impegnativa (difficile tenere più di un corso), ma è quella che dà i risultati
più utili al Paese sia ell'immediato che a tempi lunghi ("formazione di capitale
umano").
2. Riferendomi soprattutto alle facoltà scientifiche e tecnologiche, gli
attuali programmi sono talmente ridotti e mal congegnati da dare laureati di livello
nettamente inferiore a quelli ante 3+2, quando le lauree italiane facevano aggio sui PhD
stranieri. L'università per essere utile alla nazione deve fornire competenze, non
titoli, che avendo in Italia riconoscimento giuridico, servono in troppi casi a trovare
una sinecura in qualche pubblica amministrazione.
Come corollario, occorre riconoscere che una laurea (effettiva) non è
per tutti, ma per chi sia adatto allo studio e disposto al notevole impegno e sacrificio
che tale attività comunque comporta. Diversamente, si creano solo spostati.
*Professore di chimicafisica 1961-2005 nelle Università di Padova e Bologna |
Per memoria: il testo a cui B.
Lunelli si riferisce
(Francesco Giavazzi , I COMPORTAMENTI DA CAMBIARE,
Prova di verità per gli atenei, Corriere della Sera, 24 giugno 2009)
"La legge finanziaria dello scorso anno ha ridotto drasticamente i finanziamenti alle
università: meno 10% circa nel 2010, fino al 18% l'anno successivo. E' evidente che con
le regole attuali, e con il 18% di finanziamenti in meno, la maggior parte delle
università chiuderebbe. Non penso fosse questa l'intenzione del governo, bensì quella di
obbligare i nostri atenei a modificare radicalmente i loro comportamenti e ad adottare
riforme profonde.
Tre sono i problemi da affrontare:
1) cambiare la governance delle università. Oggi i rettori sono eletti da una
platea amplissima che include anche i bidelli. Una volta eletti, non sono liberi perché
debitori dei loro grandi elettori. Sono anche "irresponsabili " perché
controllano il cda delle università, l'organo che in teoria dovrebbe valutarli;
2) ripensare i criteri con cui sono ripartiti i finanziamenti, perché se i tagli
colpissero nello stesso modo atenei buoni e cattivi, il risultato sarebbe un decadimento
generale della didattica e della ricerca. Per farlo occorre mettere in piedi un buon
sistema di valutazione;
3) correggere le modalità di reclutamento dei professori perché i concorsi
pubblici hanno fallito e si sono dimostrati non riformabili.
In questo primo anno il ministro Gelmini ha preso qualche decisione
coraggiosa: in autunno ha bloccato una tornata di concorsi che si preannunciava tutta
truccata (ma dopo aver cambiato con un decreto le regole per la scelta delle commissioni,
di quei concorsi non si sa più nulla); ha deciso che il 5% dei fondi pubblici per il
correnteanno accademico (l' anno è praticamente
finito, ma i fondi alle università non sono |
ancora
stati assegnati) venga ripartito sulla base dei risultati della ricerca.
Il ministro ha anche preparato un disegno di legge (circola in rete)
che innova le modalità di reclutamento, eliminando i ricercatori e adottando il metodo,
basato sulle effettive attività di ricerca, della tenure track comune nelle migliori
università al mondo.
.....
.....
Ma la legge del ministro Gelmini, annunciata da mesi, viene
rimandata di settimana in settimana. Perché?
Un ostacolo sono i gattopardi delle università (rettori e molti
professori) che premono perché nulla cambi. Un altro sono i sindacati tetragoni nella
difesa dell'ope legis. Un altro infine è il ministro dell'Economia che non rinuncia ai
tagli.
Non possiamo fare gli struzzi: anche se le riforme del ministro Gelmini
andranno in porto, l'unico modo per tenere aperte le università con i fondi previsti in
finanziaria è alzare significativamente le rette degli studenti, introducendo nello
stesso tempo borse di studio di pari valore per i meno abbienti. Io sono d'accordo,
perché l'università di fatto gratuita è un trasferimento dai poveri ai ricchi, ma se
questa è la strada occorre il coraggio di dirlo.
Ciò che non si può fare è aspettare senza far nulla, e lasciare che
a novembre le università chiudano." |
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RESOCONTO della
Conferenza regionale sulle Università delle Romagne
avvenuta a Bologna, Fac. di Ingegneria, il 5 maggio 2009 - Breve resoconto |
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Tema: " Secessione, Federazione, Unione con
Bologna ?"
Incontro con i Presidenti degli Enti Finanziatori
(Prof. Piero Gallina ( Serinar), Rag. Giannantonio Mingozzi (Fondazione Flaminia),
Dott. Luciano Chicchi ( Uni.Rimini SpA)
Introduzione storica del prof. Giulio Ghetti
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Giulio Ghetti
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Giulio Ghetti, Introduzione
storica 1.- I primi monenti. Perdonerete alcuni
ricordi personali, che credo utili all'attuale dibattito.
Il mio primo incontro con la questione (o, se si preferisce, il
problema) "Università delle Romagna" è stato all'inizio degli anni '70, in una
Commissione di studio voluta dalla Regione che era stata appena costituita.
La Commissione era presieduta da Umberto Romagnoli e ne facevano parte per
Bologna Fabio Roversi Monaco e Marco Cammelli, per Modena Marco Onado, per Parma - se non
erro - Giancarlo Forestieri: io rappresentavo Ferrara, della quale ero il Prorettore.
Eravamo tutti giovani professori universitari, i nostri ragionamenti
non erano "politici" ma tecnici. Il mondo della ricerca e della didattica di
quegli anni va ricordato: Internet non esisteva e gli studiosi corrispondevano tra loro
con posta e telefono, libri on line non se ne potevano consultare, al più si faceva
riferimento alla Biblioteca Nazionale, l' E-learning non era diffuso. Un
insediamento universitario richiedeva dunque moltissimi mezzi, libri, spazi.
In quella situazione concludemmo e scrivemmo nella nostra
relazione finale, che "si potevano fare" (dunque parlavamo di più Sedi, così
prendendo atto che la Romagna non era un corpo unico ed omogeneo, ma bensì "le
Romagne"), ma a due condizioni essenziali affinché l'esperimento avesse successo:
- che in quelle Sedi si istituissero corsi specialistici non presenti a
Bologna (e, in parte, a Ferrara, per certe vocazioni vicine a quelle ravennati) per
evidenti motivi di non concorrenza e di corretta allocazione delle risorse umane e
finanziarie;
- e che fossero università non solo per la didattica ma anche per la
ricerca (Umberto Romagnoli suggerì che per ottenere questo risultato occorreva un impegno
degli Enti locali nell'utilizzare per consulenza i docenti della Sede, in modo da
"ancorarli" alla comunità locale).
Non doveva essere una colonizzazione. Eravamo anche
tutti d'accordo che non si doveva trattare di una colonizzazione: Bologna, per dimensioni
e localizzazione la più vocata a realizzare l'intervento, avrebbe poi dovuto ritirarsi e
lasciare totale autonomia alle nuovo Sedi romagnole, il tutto all'interno di un organico
sistema regionale dell'istruzione universitaria.
2.- Gli ulteriori incontri. Come si vede, la questione è
antica; comunque la relazione sparì in qualche cassetto anche perché la materia
"istruzione universitaria" non era tra quelle di competenza legislativa
regionale concorrente.
Il secondo incontro ebbe luogo il 18 marzo 1980, appena fui nominato
Preside della Facoltà di Economia e Commercio dell'Università di Bologna, nella quale
nel frattempo mi ero trasferito. Subito il prof. Gola richiamò la
mia attenzione su due necessità:
- riformare la Scuola della Facoltà a fini speciali sul turismo che
esisteva in Rimini;
- e chiamare a Bologna due macroeconomisti, Stefano Zamagni e D'Adda.
Aggiunse che Stefano, per capacità, carattere e conoscenza
dell'ambiente visto che era riminese, poteva essere la persona giusta anche per riformare
la Scuola.
Feci entrambe le cose, e Stefano Zamagni iniziò la riforma della
Scuola, ma i tempi furono lunghi: basti pensare che è solo del 1993 la mia nomina a
presidente dell'appena istituito Corso di laurea in Economia del turismo in Rimini.
Il terzo incontro è stato assai più ampio, nel clima generale
del frazionamento dei Mega Atenei: coadiuvando il Rettore prof. Roversi Monaco che questo
innovativo sviluppo ideò e sostenne nel Progetto Multicampus, me ne sono occupato dal
1995 al 2002, per un primo triennio quale componente del Senato accademico e della Giunta
d'Ateneo e presidente della Prima Commissione d'Ateneo Bilancio e Programmazione (dunque,
quella che "aveva in mano la cassa"), poi per il successivo triennio quale
componente del Consiglio di Amministrazione e della Giunta d'Ateneo e presidente della
Commissione d'Ateneo per il Personale Tecnico Amministrativo.
3.- Anche contributi personali. A queste attività
ufficiali se ne sono aggiunte di personali: per anni sono stato consulente legale del
Comune di Rimini, Sindaco il dr. Giuseppe Chicchi, e questo mi ha enormemente facilitato
per meglio consolidare l'insediamento di Rimini; sempre nello stesso periodo sono stato
consulente legale della Provincia e talora anche del Comune di Ravenna, e con il carissimo
amico dr. Benito Venturi operammo di comune accordo nel cercare di consolidare
quell'insediamento che la tragica scomparsa di Raoul Gardini aveva improvvisamente
lasciato in stato di precarietà.
Richiamate queste esperienze personali ed aggiungendo che io sono di
origine faentina e dunque sensibile alla questione romagnola, non posso che ripetere
quelle che da sempre sono state le mie convinzioni:
3. 1. L'istruzione universitaria è un
importante fattore di sviluppo economico nazionale e locale, se bene e
scientemente gestita; lo è tanto più da quando appartenere o meno al mondo della ICT
segna il confine tra sviluppo e stasi (o sottosviluppo) ;
3. 2. occorre riconoscere e valorizzare le specificità dei singoli
territori in cui le Sedi sono collocate, il che significa che si devono
realizzare Università delle Romane.
Lo stato attuale della informatizzazione nelle sue varie forme
(E-learning, collegamenti di rete, accesso a biblioteche online, ecc.) e quello che è
subito dietro la porta riduce grandemente i problemi finanziari;
3. 3. E' stato un errore di cui paghiamo ancora oggi
i frutti avvelenati, che in queste Sedi e in contemporanea non siano stati
istituiti anche i Dipartimenti, che sono le strutture di ricerca: e senza ricerca
non vi è didattica di qualità.
Non mi soffermo, per carità di patria, sulle ragioni pratiche di
ciò: voglio soltanto ricordare a chi lo avesse dimenticato che in parte questo errore
nasce anche dall'attuazione del dpR 382 del 1980, quando la Commissione Mengozzi fece
passare nell'Università di Bologna il solo modello del Dipartimento unisettoriale e non
accettò i Dipartimenti fra più settori di ricerca, quelli interdisciplinari, che proprio
nelle Romagne avrebbero potuto meglio collocarsi e dare i migliori risultati ;
3.4. Altro errore è stato il modo di attuare il dpR 382/80
nella parte in cui disegna il rapporto tra Dipartimenti di riferimento, e Facoltà che
tali li dichiarano: i Dipartimenti sono stati resi "innocui", trasformati nei
"serbatoi" dai quali la Facoltà trae i propri docenti.
Il disegno normativo era del tutto opposto: nel Dipartimento si
determinano gli indirizzi di ricerca e la si svolge, è dunque il luogo in cui si
determinano le basi degli indirizzi per una didattica di qualità.
3. 5. Ha complicato le cose l'accettare che gli "enti di
sostegno" avessero forme giuridiche diverse tra loro, perché ciò ha
complicato i rapporti e i "linguaggi" tra essi e un ente pubblico monolitico
come è l'Ateneo di Bologna;
3. 6. la mancanza di un sistema informatizzato con moduli di
contabilità analitica, economico-patrimoniale, e direzionale-strategica, ha da tempo reso
assai difficile - per non dire impossibile - conoscere e misurare da Bologna l'esatta
situazione delle Sedi romagnole nei rapporti con la Casa madre. |
Breve resoconto
della Conferenza
Il 5 maggio 2009, nell'Aula Magna della Facoltà di
Ingegneria, si è svolto l'incontro che il Gruppo dei 30 ha organizzato con gli esponenti
degli "Enti di sostegno" delle Sedi di Romagna. Infatti, sugli incontri tenuti
dai candidati al rettorato nelle Sedi la stampa bolognese ha riportato notizie
contraddittorie rispetto a quelle della stampa locale; a ciò si aggiunge, a parere dei
30, che i programmi dei candidati sulla questione dello sviluppo delle Sedi non sono del
tutto chiari.
Da ciò l'incontro per dare spazio alla voce degli "Enti di
sostegno" e la domanda loro rivolta: cosa vi attendete dal nuovo Rettore ? Nonché
per poter orientare gli elettori nella scelta del nuovo Rettore. Per gli Enti di sostegno
hanno partecipato il prof. Piero Gallina, Presidente di SERINAR (Forlì-Cesena); il dr.
Luciano Chicchi, presidente di Uni.Rimini SpA (Rimini); il rag. Giannontonio Mingozzi
della Fondazione Flaminia (Ravenna).
Tra i candidati al rettorato erano presenti i proff.ri G. Barbiroli, G.
Cantelli Forti, R. Grandi, G. Sassatelli.
L'incontro e le motivazioni di esso sono state brevemente illustrate
dal prof. Nino Luciani; il prof. Giulio Ghetti ha poi ripercorso la nascita e lo sviluppo
di quella che ancora oggi è la "questione" o il "problema"
dell'università in Romagna, partendo dalle conclusioni raggiunte alla fine degli anni '60
da una commissione di studio voluta dall'appena istituita Regione Emilia Romagna e
presieduta dal prof. Umberto Romagnoli e della quale egli stesso fece parte (la Relazione
Ghetti viene pubblicata a parte).
Nei loro interventi gli esponenti degli enti di sostegno hanno
ricordato che ognuno di loro ha acquisito negli anni esperienze e competenze di come si
partecipa e come si opera in organi collegiali di amministrazioni pubbliche e private, e
sulla base di queste personali esperienze hanno definito del tutto inaccettabili i
procedimenti decisionali, i tempi con i quali vengono condotti e conclusi, il
funzionamento complessivo dell'Amministrazione centrale bolognese che essi ben conoscono
quali componenti del Consiglio di Amministrazione dell'Ateneo e nelle riunioni congiunte
con il Senato Accademico.
Il tutto aggravato, come ha sottolineato il dr. Mingozzi, da un sentimento
di acredine nei confronti delle Sedi romagnole, che spesso traspare nei dibattiti.
Altrettanto unanime è stata la risposta alla domanda principale: la Romagna, che è
realtà economica e sociale non omogenea, in questi anni ha avuto un ulteriore forte e
diffuso sviluppo economico al quale non si è accompagnato un pari e altrettanto diffuso
sviluppo dello spessore culturale, e cioè proprio di ciò che aveva motivato e motiva gli
enti pubblici e le forze economiche locali a sostenere con cifre di tutto rilievo le Sedi
universitarie, le quali solo in parte e in misura diversa a seconda degli insediamenti
hanno saputo inserirsi nella realtà culturale, sociale ed economica locale.
In pratica e negli ultimi anni, quella che all'inizio era partita come
una operazione di deconcentrazione si è trasformata via via in una operazione di mero
decentramento. Da ciò la comune richiesta ai candidati che il nuovo Rettore si ponga in
posizione di netta discontinuità rispetto a questo andazzo, e ponga la "questione
Romagna" tra le sue priorità.
Al riguardo il prof. Gallina, partendo dall'esperienza di Forlì-Cesena che
è quella maggiormente articolata anche per la presenza di tre Dipartimenti locali, ha
ricordato che al momento della legge sul frazionamento dei Mega Atenei l'Università di
Bologna aveva circa 80.000 studenti; che oggi nelle Sedi romagnole vi è circa il 25%
degli iscritti complessivi; e che nonostante tutto questo la Sede di Bologna non è
riuscita a diminuire il numero dei propri iscritti.
Ha anche ricordato che in una importante relazione pubblicata
all'estero l'esperienza del Multicampus è stata segnalata tra quelle più originali e
positive.
Di particolare interesse è stato l'intervento del dr.
Chicchi, il quale ha ribaltato la domanda iniziale: è la Romagna che, per poter
poi prendere le proprie decisioni, chiede a Bologna di dire con grande urgenza (non più
di due anni prima che il fenomeno sia irreversibile) "cosa vuol fare da grande",
visto che la città sta sempre più trasformandosi in un mero centro di burocrazia
regionale, nel quale l'Ateneo non ha saputo mantenere quel ruolo di centro di formazione e
di trasferimento culturale di alta qualità che aveva potenziato con l'esperienza del IX
Centenario, della cosiddetta Carta di Bologna, ecc. Il dr. Chicchi ha aggiunto che in
questo più vasto contesto e considerato che oramai l'Emilia gravita nell'ambito del Nord
dell'Italia e dell'Europa, la Romagna è rimasta l'unica reale opportunità per Bologna -
dunque anche per la Sede universitaria di Bologna - di poter uscire dalla stasi alla quale
inevitabilmente segue il declino anche economico.
Perciò ed a loro volta le Sedi di Romagna non possono in alcun
modo essere considerate un problema, né si deve trascurare quanto in esse è stato
investito dagli enti pubblici e dalle forze economiche locali, anche attraverso l'acquisto
e la ristrutturazione di importanti edifici storici che poi sono stati destinati
all'Università.. Il dr. Mingozzi, richiamata brevemente l'esperienza di Ravenna, ha
sottolineato come alcuni dei corsi di laurea ivi consolidatisi costuiscono un esempio per
la Sede di Bologna, anche per la capacità di rispondere a reali esigenze della società
civile e per la dimostrata capacità di inserire rapidamente il laureato nel mondo del
lavoro. Nei propri interventi i candidati al Rettorato hanno preso atto di quanto
dichiarato dagli esponenti degli Enti di sostegno, ed hanno confermato il proprio impegno
per la Romagna, rinviando a quanto esposto nei propri programmi elettorali. |
Ancora oggi la Relazione ARag2009 al Bilancio 2008 fornisce un
quadro assai approssimativo di questo rapporto, né potrebbe fare diversamente a fronte di
un sistema contabile inadeguato.
Ma, ripeto, queste sono mie personali convinzioni. Mi sembra
significativo che nella ampia (108 pagine) Relazione ARag 2009 al Bilancio consuntivo 2008
solo due pagine siano dedicate al Multicampus; così come ha una valenza simbolica che le
elezioni del Rettore abbiano un seggio solo a Bologna, e che i Colleghi che sono
incardinati nelle Sedi delle Romagne debbano venire a Bologna per esprimere il proprio
voto.
Dalla Relazione ARag 2009 si trae poi conferma che la maggior
parte dei grandi programmi e progetti (e della spesa relativa) riguarda direttamente la
Casa madre; al più questi programmi potranno avere una "ricaduta" sulle Sedi.
La mancanza di un "bilancio consolidato" rende arduo ogni raffronto tanto che
ARag si limita a dare notizia che ogni Polo ha autonomia di bilancio, e perciò un proprio
conto consuntivo, che viene "allegato al rendiconto di Ateneo". Ci viene solo
detto che i trasferimenti sono drasticamente diminuiti: dai 19.244.310,19 Euro del 2006 ai
16.564.640,84 del 2008, anche se a questi trasferimenti devono aggiungersi gli affitti
pagati direttamente dalla Amministrazione Generale per locali situati nei Poli della
Romagna (3,53 ml euro nel 2008 e 3,38 ml euro nel 2007) e tasse ed imposte varie (0,21 ml
euro nel 2008 e 0,22 ml euro nel 2007). La differenza tra le varie Sedi è evidenziata da
dati numerici sui trasferimenti: di qualità non si parla, del resto non spetta ad ARag
(che però in altre parti della Relazione dà precisi giudizi di merito, qualità e bontà
dei progetti sostenuti) A fronte di questa situazione ognuno è libero di dare
l'interpretazione che vuole e si può andare tra due estremi, vi è chi ritiene che le
Romagne siano costate troppo alla Sede di Bologna in termini non solo finanziari, ma anche
di risorse umane; e chi ritiene l'esatto contrario. Saperlo con esattezza non è
possibile. I programmi dei candidati al Rettorato sulla questione "Romagna" (di
"Romagne" non mi sembra si parli, almeno nel senso che io dò alla diversa
terminologia) si differenziano a seconda delle personali esperienze condotte in loco,
della adesione totale o parziale all'una o all'altra opinione diffusa fra gli elettori
(costo eccessivo, oppure no). Anche la stampa collabora a questa situazione confusa: gli
incontri tra i candidati e quanti nelle Sedi vi hanno partecipato a vario titolo, sono
stati riportati dalla cronaca di Bologna in un modo, nella cronaca locale in modo assai
diverso e per lo più critico (almeno per quanto io ho potuto leggere). Indice che vi è
una diversa percezione. Da tutto questo nasce l'incontro di oggi: il Gruppo dei 30, del
quale mi onoro di fare parte e che mi ha chiesto questa breve introduzione, ha
riconosciuto la necessità che in piena campagna elettorale per il nuovo Rettore, in un
clima in cui tutti i candidati dichiarano di voler una più o meno pronunciata
discontinuità rispetto a un passato che sta per concludersi, abbiano voce proprio a
Bologna coloro che rappresentano gli "enti di sostegno". Vogliamo che essi ci
dicano cosa ne pensano del rapporto con la Casa di Bologna, se la sentano madre o
matrigna; quale modello hanno in mente (secessione, federazione, unione ?) e
sull'opportunità, o non, della scelta del decentramento di Bologna, o della esplorazione
della possibilità di rivisitare la legge sui mega atenei (frazionamento), se questo è
sentito come un bene per tutti . Giulio Ghetti |
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Tema: " Secessione, Federazione, Unione con
Bologna ?"
Incontro con i
Presidenti degli Enti Finanziatori
(Serinar, Fondazione Flaminia, Uni.Rimini SpA)
Introduzione storica del prof. Giulio Ghetti
Il 5 maggio 2009, ore 17,15 alla
Facoltà di Ingegneria
Viale Risorgimento 2, Aula Magna
Aperto a tutti: personale docente, tecnico e
amministrativo, stampa |
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La lettera inviata ai Presidenti
degli Enti
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Signori
Presidenti degli Enti Finanziatori |
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Vi ringrazio di avere accettato di venire, come relatori in prima persona,
alla conferenza in oggetto.
In questo mesi di dibattito pubblico per la elezione del nuovo Rettore,
l'argomento "ROMAGNA" è emerso ripetutamente nei vari incontri, anche
all'interno di temi molto diversi.
Tuttavia, una cosa è il punto di vista dei docenti (ossia dal lato offerta
didattica), una cosa è il punto di vista degli enti finanziatori delle Sedi Romagnole
(ossia dal lato domanda). In questo senso è emersa la opportunità e necessità di
ottenere il punto di vista degli Enti Finanziatori, circa la loro visione organizzativa
delle sedi locali, per il futuro.
Unicamente a titolo di aiuto alla omogeneità degli interventi (in quanto non
sono state fatte riunioni preliminari preparatorie) segnalo due riferimenti:
1) il primo è un recente articolo del prof. Farneti (già Preside a Forlì)
che riporta e commenta il pensiero del
Sen. Melandri, messo su carta, prima di lasciarci.
Per vederlo, si clicchi su: http://www.universitas.bo.it/rubrica2008.htm#RUBRICA%20Speciale;
2) il secondo è ricordare il dibattito nelle origini, sulle scelte di
Bologna per la Romagna.
In quella fase di pre-impianto, una legge nazionale voleva che i Mega Atenei
fossero frazionati, e destinava (allo scopo) dei finanziamenti. Precisamente, un Ateneo
con più di 40.000 studenti doveva essere frazionato, e anche una facoltà con più di
7.000 studenti doveva essere frazionata.
Nei fatti, circolava una interpretazione parallela della legge medesima,
secondo la quale l'uguale risultato si sarebbe potuto ottenere mediante il decentramento
di Facoltà nei Comuni periferici. Nel senso che la sede centrale avrebbe ceduto personale
e studenti alle sedi periferiche, e quindi si sarebbe smagrita per via naturale.
A prescindere dalla correttezza delle previsioni (e oggi, col senno di poi,
sappiamo come sono andate le cose), sotto il profilo giuridico le conseguenze sarebbero
state molto diverse, vale dire:
a) in caso di frazionamento, l''onere sarebbe dovuto essere tutto a carico
dello Stato;
b) in caso di decentramento, si imponeva quanto meno una partecipazione della
Università-madre a favore delle sedi decentrate, oltre che una partecipazione degli enti
locali.
Anche su questo sappiamo, col senno di poi, come sono andate le cose.
Vi attendo il 5 maggio 2009.
Cordialità.
Nino Luciani |
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Università
di Bologna: ELEZIONI DEL RETTORE
Incontro degli Studenti con i 7 candidati a
Rettore
Mercoledì 22 aprile, ore 17-19, via
Belmeloro 14, Aula A
(Ingresso davanti alla Johns Hopkins University)
Aperto a tutti: personale
docente, tecnico e amministrativo, stampa |
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Giancarlo Barbiroli
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Patronage del "Gruppo dei Trenta"
(già-Gruppo per la riforma
dello Statuto di Ateneo, meno i candidati a rettore)
Bolletta Fabrizio, Bollino Fernando, Carlo Borghi, Bruggi Diego, Bugiardini Raffaele,
Calboli Gualtiero, Carinci Franco Catizone Pietro, Di Pietra Anna Maria, Di Pietro
Adriano,
Dragoni Giorgio, Fabrizio Mauro, Frabboni Franco, Ghetti Giulio, Guarnieri Adriano,
Lorenzini Enrico, Luciani Nino, Marcato Paolo Stefano, Marini Marina, Muccino Maria,
Nicoletti Roberto, Pilo' Virginio, Pisi Anna Maria, Pombeni Paolo, Porzi Gianni,
Prosperi Santino, Pupillo Paolo, Sandrolini Franco, Tomasi Vittorio, Zago Antonella
|
Dario Braga |
G. Cantelli Forti |
Andrea Segrè |
G. Sassatelli |
Roberto Grandi |
Ivano Dionigi |
Le domande degli Studenti
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Gli studenti intercettati appartengono ad associazioni di differente
orientamento culturale. La cose migliore è consentire a loro di illustrare le rispettive
domanda direttamente. Gli argomenti da loro preannunciati sono: 1) Didattica:
aggiornamento corsi; passaggio dal decreto 509 al 270; recupero crediti passaggio tra le
facoltà da laurea triennale a triennale, o da triennale a magistrale; pubblicazione
risultati test sulla didattica relativo ai docenti; taglio del 50% didattica anno
accademico 2009/2010);
2) Tasse: aumento tasse superiore all'inflazione, e non
controbilanciato da aumento di servizi;
3) Sprechi: acqua, riscaldamenti, rifiuti da reinvestire in
raccolta differenziata, uffici non utili (esempio consegna telefoni), economie mediante
informatizzazione delle procedure;
3) Servizi: apertura segreterie più ampia;
informatizzazione maggiore; rafforzamento e miglioramento tecnologico dei laboratori;
fondi per l'internazzionalizzazione; convenzione con la mensa, prezzi alti;
trasporti e convenzione con l'ATC ;
4) Spazi: apertura serale delle facoltà per eventi culturali e
per dare gli sapzi giusti agli studenti; più aule studio e luoghi nei quali studiare
fuori dall'orario universitario;
5) Affidamento, alle associazioni studentesche, dei servizi di
supporto e dei servizi agli studenti, indicando ipotesi concrete di lavoro che
rendono possibile detto affidamento. |
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Sono in programma 4 incontri di Ateneo, nei prossimi quattro
mesi, con i 6 candidati rettore.
Gli incontri hanno come oggetto argomenti specifici, preceduti da una relazione tecnica.
Di questi, il 1° incontro ha avuto luogo 1l 22 gennaio a Economia
Il 3°
incontro pubblico è stato martedì 17 mar. ore 16-19
presso il CIAMICIAN, Aula IV (al piano terra ), via Selmi 2
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La terza domanda: "Governance"
"Amministrare
in un periodo di riforme da attuare e di crisi economica richiede una governance capace di
affrontare tale situazione senza sacrificare la collegialità e il confronto, specie
quando si tratta di governare un Ateneo policentrico come il nostro.
Come intendono i candidati affrontare questa sfida?"
Nota. Nella due campagne elettorali, l'attuale Rettore prof.
Calzolari promise di giungere in tempi brevi alla riforma dello Statuto, soprattutto sotto
gli aspetti fondamentali della riforma della governance centrale di Ateneo, del rendere
effettiva la partecipazione alle scelte fondamentali, di allargare la rappresentatività
negli Organi, di garantire la separazione tra compiti di governo, che spettano agli Organi
accademici a tutti i livelli (da quello centrale a quelli periferici), e compiti di
amministrazione.
Nulla è stato fatto e tutti questi argomenti sono ancora oggetto di
dibattito in questa campagna elettorale, con l'aggravante che in questi anni si è
verificata una sorta di appiattimento degli Organi deliberanti (Senato, CdA) verso
l'Esecutivo, e ciò ha svuotato l'indirizzo politico e il controllo degli Organi nei
confronti dell'Esecutivo. Dentro l'Esecutivo, poi, c'è stata una netta dominanza
dell'Apparato Amministrativo sui Professori (Rettore, ProRettori, Giunta).
Poco efficace si è rivelato anche il ruolo degli
studenti nel Consiglio Studentesco per scarsa capacità propositiva nei confronti degli
Organi.
Si tratta dunque di risolvere problemi antichi, via via aggravatisi, e
per di più in un periodo di incisive riforme dell'istruzione universitaria che si basano
sulla reale capacità di essere autonomi e innovativi, e di favorire il merito. |
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Patronage del
"Gruppo dei Trenta"
(ex-Gruppo per la riforma dello Statuto di Ateneo, meno i candidati a rettore)
Barbiroli Bruno, Bolletta Fabrizio, Bollino Fernando, Bruggi Diego,
Bugiardini Raffaele, Calboli Gualtiero,
Carinci Franco Catizone Pietro, Crisafulli Lilla Maria, Di Pietra Anna Maria, Di
Pietro Adriano, Dragoni Giorgio,
Fabrizio Mauro, Frabboni Franco, Ghetti Giulio, Guarnieri Adriano, Lorenzini
Enrico, Luciani Nino, Marcato Paolo Stefano, Marini Marina, Muccino Maria, Nicoletti
Roberto, Pilo' Virginio, Pisi Anna Maria, Pombeni Paolo,
Porzi Gianni, Prosperi Santino, Pupillo Paolo, Sandrolini Franco, Tomasi Vittorio,
Zago Antonella
I sei Candidati a Rettore |
Dario Braga |
G. Cantelli Forti |
Andrea Segrè |
G. Sassatelli |
Roberto Grandi |
Ivano Dionigi |
Sono in programma 4 incontri di Ateneo, nei prossimi quattro
mesi, con i 6 candidati rettore.
Gli incontri hanno come oggetto argomenti specifici, preceduti da una relazione tecnica.
Di questi, il 1° incontro ha avuto luogo 1l 22 gennaio a Economia
Il 2°
incontro è in programma per mercoledì 18 feb. ore 16-19
presso la Facoltà di LETTERE, Aula V (al 2° piano), via Zamboni 38
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La seconda domanda
"Come pensano i candidati di rendere proficui i rapporti
fra Ateneo, territorio ed enti locali e imprese, e costruire, con questi, dei solidi
programmi collaborazione?
E quali pensano i candidati che possano essere le strategie per
reperire risorse finanziarie e salvaguardare la natura pubblica e generalista del nostro
Ateneo?"
E visto che, per il reperimento di risorse finanziarie private,
il nostro Ateneo ha predisposto da tempo degli strumenti potenzialmente importanti,
pensano che questi strumenti possano ancora rappresentare una speranza per il
rifinanziamento dell'ateneo ?"
P.S. Esempi degli strumenti accennati: la Fondazione Alma
Mater, la partecipazione a Società di capitali ( Irnerio SpA; 13 Società Spin Off ),
Contratti di ricerca per conto terzi ex-art. 66 dpr 382/80, Enti finanziari della Romagna.**
* |
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Patronage del
"Gruppo dei Trenta"
(ex-Gruppo per la riforma dello Statuto di Ateneo, meno i candidati a rettore)
Barbiroli Bruno, Bolletta Fabrizio, Bollino Fernando, Bruggi Diego,
Bugiardini Raffaele, Calboli Gualtiero,
Carinci Franco Catizone Pietro, Crisafulli Lilla Maria, Di Pietra Anna Maria, Di
Pietro Adriano, Dragoni Giorgio,
Fabrizio Mauro, Frabboni Franco, Ghetti Giulio, Guarnieri Adriano, Lorenzini
Enrico, Luciani Nino, Marcato Paolo Stefano, Marini Marina, Muccino Maria, Nicoletti
Roberto, Pilo' Virginio, Pisi Anna Maria, Pombeni Paolo,
Porzi Gianni, Prosperi Santino, Pupillo Paolo, Sandrolini Franco, Tomasi Vittorio,
Zago Antonella
I sei Candidati a Rettore |
Dario Braga
|
Giorgio Cantelli Forti
|
Andrea Segrè
|
Giuseppe Sassatelli
|
Roberto Grandi
|
Ivano Dionigi
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Sono in programma 4 incontri di Ateneo, nei prossimi quattro
mesi, con i 6 candidati rettore.
Gli incontri hanno come oggetto argomenti specifici, preceduti da una relazione tecnica.
Il 1° incontro si è svolto
giovedì 22 gennaio, presso la Fac. di Economia,
è stata fatta ai 6 candidati una sola domanda: |
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"Cari
Candidati,
in ogni organizzazione le persone che vi lavorano costituiscono il capitale
umano, e perciò devono
riconoscersi in essa e sentirsi orgogliosi di farne parte. Ritenete che questo
sentimento sia diffuso nell'Ateneo di Bologna e che si sia fatto abbastanza
in questi anni per alimentarlo, sia tra il personale docente che tra il
personale amministrativo e tra gli studenti ? E quali azioni voi adottereste
per promuoverlo ulteriormente? "
La RISPOSTA (riassunta da loro
stessi, ex-post) è stata: |
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Dario Braga
Rispondo "NI".
O, meglio, rispondo:
- un "sì" convinto quando mi si chiede se il personale si riconosce
nell'Istituzione universitaria e se è orgoglioso di farne parte;
- e un "no" altrettanto convinto quando mi si chiede se si è fatto abbastanza
per alimentare il senso di appartenenza.
Il "sì" deriva dal fatto che la maggior parte di noi crede nella
istituzione universitaria e non lesina sforzi, né tempo, per realizzarne la missione.
A differenza dalla vulgata di questo periodo molti docenti e molti tecnici e
amministrativi lavorano molto, anzi lavorano sempre.
Il tempo libero viene spesso investito sulla produzione di sapere, scrivere
un libro, una pubblicazione, correggere esami scritti, leggere la letteratura ecc. .
Ma tutto questo non va bene, non è fisiologico, non si può costruire in modo
duraturo sul volontarismo.
Parafrasando Berthold Brecht "sventurata l'istituzione che ha bisogno di
eroi".
E veniamo alla seconda domanda. Cosa è che alimenta e rafforza il senso di
appartenenza?
Ho pensato a tre termini: trasparenza, responsabilità e pari opportunità.
La trasparenza è alla base del rapporto fiduciario tra amministratori ed
amministrati e tra aree culturali dell'Ateneo.
In questi anni questo rapporto si è andato incrinando per effetto del martellante
attacco esterno alla struttura accademica, del calo oggettivo delle risorse, ma anche di
una certa incapacità nostra di reagire in modo propositivo e costruttivo.
La ricostruzione del rapporto fiduciario passa per la riscoperta delle
ragioni dei nostri mestieri Il "che stiamo qui a fare?"
I docenti sono per produrre e trasferire conoscenza - giusto? Questi sono i
compiti dei docenti.
Il personale tecnico e amministrativo è qui per consentirci di fare tutto questo
al meglio. Aggiungo anche che oggi dobbiamo sempre più trovarci
da noi le risorse per la ricerca e quindi ancora di più ci occorre un rapporto fiduciario
con il personale tecnico e amministrativo e la condivisione degli obiettivi. Quindi - per
essere chiari:
- non va bene quando i docenti affrontano la amministrazione in via gerarchica ;
- e non va bene quando la amministrazione lavora per se stessa e perde il collegamento con
gli obiettivi primari quando non addirittura scarica sui docenti buona parte del lavoro di
tutti i giorni.
Banale? Ma la vita di tutti i giorni è fatta di cose banali. Potremmo
snocciolare il quotidiano cahier de doléance di rivoli di burocrazia quotidiana (basta
nominare le sigle UNIWEX, CONSIP ecc). La fiducia si costruisce sulla
trasparenza, sulla responsabilità e sulle pari opportunità.
Il sistema si opacizza - perde trasparenza - quando ha paura.
Guardate la questione della nomina del nuovo direttore amministrativo?
E' mai possibile che da noi, a Bologna, nel cuore dell'Italia vivace e
produttiva, dobbiamo stare a tremare e tramare e girare attorno a un elemento di così
lineare chiarezza quale la scelta di un nuovo direttoreamministrativo?
Si può pensare che il direttore amministrativo non sia scelto dal prossimo rettore
o insieme al prossimo rettore?
Possiamo mai pensare di far partire un nuovo corso con dei separati in casa?
Non ha senso.
Il senso di appartenenza riguarda anche gli studenti.
In primo luogo gli studenti. Studenti che blandiamo, che forse temiamo.
Ma gli studenti - anche loro e le loro famiglie - chiedono trasparenza,
chiedono qualità, chiedono regole e chiedono che noi si sia i primi a rispettarle.
Gli studenti sono l'anima dell'università, gran parte del suo capitale
umano, del capitale umano del Paese.
Lo studente che si riconosce nella sua università la ricorderà per tutta la
vita.
|
G. Cantelli Forti
La valorizzazione del capitale umano riveste una
importanza fondamentale per raggiungere l'efficienza, l'efficacia e la qualità di una
Istituzione quale il nostro Ateneo.
Per ottenere il miglior risultato possibile, e con p iena soddisfazione di tutti,
bisogna valorizzare il Personale nel suo complesso motivandolo ed impegnandolo su
obiettivi il più possibile condivisi.
Allo scopo occorre che le persone siano coinvolte nei progetti e messe in
condizioni di operare condividendo anche le scelte del modello organizzativo di lavoro.
Inoltre, un aspetto non meno rilevante è la progressione economica attraverso la
quale si possono premiare i meritevoli dando il giusto riconoscimento alla competenza e
all'impegno.
Questo è un primo importante atto per ridare l'orgoglio di appartenenza
all'Istituzione che in molti casi è purtroppo andato perso.
Vi sono molte situazioni nel nostro Ateneo che vanno profondamente riviste;
é indispensabile una globale riorganizzazione dello apparato amministrativo e una forte
attenzione per quanto concerne la riqualificazione tramite la valorizzazione delle
competenze.
In questi anni abbiamo assistito ad una ingiustificata proliferazione delle cariche
dirigenziali a contratto (anche in presidi di minore rilevanza, nonostante la situazione
economica) che ha contribuito non poco all'aumento di potere dei Vertici amministrativi,
come peraltro testimoniato anche dalla distribuzione del personale Tecnico e
.Amministrativo eccessivamente concentrato nella sede centrale, penalizzando così le
strutture periferiche.
Infatti, più della metà fa capo alla Amministrazione centrale ed il
rimanente svolge la sua attività presso le Facoltà e i Dipartimenti, cioè nei luoghi
vitali per l'Ateneo essendo deputati all'attività didattica e di ricerca.
Pertanto, è urgente una più razionale distribuzione e gestione del
Personale al fine di raggiungere una maggiore efficienza, produttività e quindi
economicità delle singole azioni amministrative.
L'attuale sistema non ha infatti portato ad un miglioramento della qualità
della amministrazione dell'Ateneo, da più parti invocata, e il Personale è stato più
volte disperso in "progetti di innovazione" che, oltre ai costi in assoluto, non
sono quasi mai stati valutati a posteriori.
Al nostro Ateneo oggi fanno capo 2905 unità di Personale tecnico e amministrativo
a tempo indeterminato oltre a 16 Dirigenti a contratto, contro solo 7 di ruolo.
Al numero eccessivo di Dirigenti vanno aggiunti 154 EP (Elevata Professionalità)
che presto aumenteranno grazie ai nuovi bandi voluti dal Direttore amministrativo, senza
considerare il personale con contratti a vario titolo.
Sono fermamente convinto che il ruolo del Personale tecnico e amministrativo è di
fondamentale importanza purché si realizzi una piena sintonia con il Corpo docente al
fine di rendere tutto il sistema il più armonioso possibile.
Occorre pertanto instaurare una maggior collaborazione tra Docenti e Amministrazione nel
rispetto reciproco delle funzioni e superando quella contrapposizione che non giova al
buon funzionamento dell'Istituzione.
Al Personale docente va riconosciuto quel ruolo centrale che istituzionalmente gli
compete e che in questi anni ha perso.
Pertanto, vanno forniti gli strumenti necessari affinché i Docenti tutti possano
svolgere al meglio le loro fondamentali attività (didattica e ricerca) per ridare
prestigio all'Alma Mater.
In questi anni si è purtroppo registrato uno scollamento tra i Colleghi e i
Vertici dell'Ateneo perché non si è realizzato il necessario dibattito sulle decisioni
strategiche e sulle procedure conseguenti; è venuta così a mancare un condizione
importante, cioè la condivisione da parte del Personale delle scelte operate dai Vertici.
Infine un Rettore deve farsi carico della politica del Personale
docente affinché, nei limiti concessi dal bilancio e dalle leggi vigenti, venga garantita
la progressione di carriera ai Colleghi meritevoli e si possano immettere giovani
promettenti, non solo facendo ricorso al "turn over", ma anche attraverso
l'acquisizione di finanziamenti da Istituzioni pubbliche e private. |
Andrea Segrè
Le prime tappe del mio
"viaggio" fra le sedi del nostro Ateneo sono state entusiasmanti.
Ho potuto approfondire i piccoli e grandi problemi della nostra Comunità, ma anche
di riconoscere la forte passione e l'impegno che connotano il lavoro della stragrande
maggioranza dei colleghi.
L'orgoglio, invece, mi sembra assai basso. In un altro incontro sullo Statuto, di
un paio di anni fa, avevo fatto riferimento al cosiddetto University Pride che in qualche
modo dovevamo "tirare" fuori.
Da allora non si è fatto molto, anzi. E anche l'immagine dell'Università nel
Paese non è migliorata. Del resto nel nostro Paese si parla molto di Università
("malata e denigrata" è il titolo di uno studio condotto dal collega Regini
delle Statale di Milano), ma l'Università parla poco al Paese.
Per essere uno strumento davvero efficace di sviluppo e di promozione sociale in un
paese avanzato, l'Università deve cogliere, con coraggio, la richiesta di rinnovarsi,
rendersi trasparente nella condotta e nei risultati, dimostrare con la forza dei fatti di
saper progettare, con impegno, un futuro degno della nostra tradizione.
Un progetto coraggioso, un progetto di rinnovamento e rilancio che si ponga in
forte discontinuità con la situazione attuale e con una visione di lungo periodo. Così
è anche, e sarà, per l'Alma Mater.
La Comunità dell'Alma Mater - gli studenti, i docenti e ricercatori, il personale
tecnico e amministrativo, il personale non strutturato - deve sostenere una forte azione
riformatrice e rinnovatrice per il rilancio della nostra Università.
Un'azione endogena e partecipata, perché soltanto la
nostra esperienza ci permetterà di trovare le soluzioni più adatte a valorizzare
soprattutto la straordinaria pluralità dei saperi che riesce ad esprimere.
È proprio da questa diversità culturale che dovremo estrarre nuova ricchezza,
fondamentale in un quadro di risorse sempre più limitate. Dovremo
uscire da una logica di sterili contrapposizioni e fare della complessità - sedi,
strutture, discipline - un valore aggiunto, che possa differenziare il nostro Ateneo da
altre realtà universitarie italiane.
Se il nostro futuro dovrà essere - e sarà - all'insegna della qualità e della
valutazione, due parole chiave che dovremo declinare operativamente con grande cura
applicandole a tutto il lavoro della Comunità (offerta formativa, ricerca scientifica,
didattica, amministrazione, servizi), saremo certamente capaci sia di migliorare la
qualità della nostra vita lavorativa sia di lavorare in un'ottica premiale e di
riallocazione delle risorse. Tutto questo in vista di un vantaggio concreto, un
"premio" speciale per tutti: lavorare in un ambiente migliore, più sano,
sicuro, curato, accessibile, abbattendo le barriere (non solo quelle architettoniche),
alleggerendo il peso di una burocrazia spesso eccessiva, riducendo e qualificando il
carico didattico, garantendo più tempo da dedicare utilmente alla ricerca. Un processo di
semplificazione che qualificherà e (ri)motiverà il lavoro di tutti noi, ciascuno nel
proprio ruolo e per le proprie responsabilità.
Il vero risultato sarà questo. Il resto, le risorse, verranno di conseguenza. Ma
soprattutto così ci riprenderemo anche il nostro orgoglio di appartenere all'Alma Mater.
|
G. Sassatelli
(atteso il testo)
|
Roberto Grandi
Mi riferisco ai dati di alcune
ricerche sul clima organizzativo e il benessere lavorativo realizzate allinterno del
nostro Ateneo.
Accanto ad aspetti positivi, ne emergono alcuni particolarmente critici:
a. un senso di scarsa condivisione delle scelte e delle politiche attuate
e una certa sfiducia sulla possibilità di vedere valorizzato in pieno il contributo
professionale e operativo di ciascuno;
b. una percezione problematica degli stili di direzione: favoritismi,
mancanza di feedback da parte dei superiori, poca chiarezza sugli spazi di manovra
personali;
c. la percezione di bassa equità organizzativa, ossia la sensazione di
investire nel proprio lavoro più di quanto si ottenga in cambio, di ricevere ricompense
non proporzionali al proprio investimento e di mettere più energia nel proprio lavoro di
quanto ne valga la pena.
Per incrementare il senso di appartenenza del personale amministrativo
interverrò, se sarò eletto Rettore, con immediatezza e decisione su diversi livelli:
a) riaffermare lidentità dellAlma Mater quale università
pubblica la cui missione fa riferimento alla diffusione della formazione, allo sviluppo
della ricerca e alla consapevolezza della responsabilità sociale che abbiamo nei
confronti della società;
b) organizzare nuove forme di governance che prevedano processi
decisionali semplificati, efficaci, inclusivi, partecipati e trasparenti con forme di
controllo condivise sulle decisioni prese, in maniera tale che ciascuno, a qualsiasi
livello gerarchico appartenga, debba rispondere del proprio operato;
c) distinguere in maniera chiara tra chi, per ruolo, ha
la responsabilità delle decisioni politiche (i docenti) e chi ha la responsabilità di
definire le procedure per attuarle con efficacia (il corpo amministrativo).
d) promuovere un ambiente di lavoro caratterizzato da stili di direzione
che tendano a valorizzare gli apporti di ciascuno, premiando la qualità e rifuggendo da
pratiche di favoritismo;
e) promuovere un ambiente di lavoro con una percezione diffusa di alta
equità organizzativa per fare sì che ciascuno di noi abbia la percezione di ricevere
dalla istituzione quanto dà e che lenergia posta venga riconosciuta;
f) ripensare la struttura amministrativa partendo dalle esigenze dei
Dipartimenti, Facoltà e Corsi di Studio in modo che lamministrazione centrale sia
funzionale alle strutture dove si porta avanti la didattica e la ricerca e non viceversa;
g) investire sulla professionalità di chi opera nellAteneo
adeguandola alle esigenze di una struttura che si è modificata radicalmente negli ultimi
anni. Queste sono alcune delle indicazione che, se sarò nominato Rettore, darò al nuovo
Direttore Amministrativo per orientare i suoi interventi sulla macchina amministrativa.
|
Ivano Dionigi
(atteso il testo)
|
|
RICEVIAMO
E GIRIAMO una libera introduzione di Gianni Porzi, all'incontro già avvenuto |
Gianni Porzi*, Quale Rettore per l'Università di Bologna ?
* Il Prof. Porzi, già Membro del Senato nel 2002-08, è stato nominato dal
Ministro Gelmini quale Delegato del Governo nel Consiglio di Amministrazione dello Ateneo.
Egli succede al Prof. Giorgio Cantelli Forti, resosi indisponibile per la conferma, in
quanto è candidato a Rettore. |
Prof. Gianni Porzi
|
Il prossimo 12 maggio
saremo chiamati ad eleggere il nuovo Rettore e quindi immagino che molti di noi si stiano
interrogando su come dovrebbe essere il Rettore del quale ha bisogno il nostro Ateneo. A
mio avviso, oggi più che mai, l'Ateneo ha bisogno di un Rettore che sia un vero leader.
Occorre una "leadership del fare e non solo del dire" (come auspicato anche dal
prof. Capano in un suo corsivo sul Corriere di Bologna), cioè una persona che agisca
senza eccedere in proclami (mi verrebbe da dire "meno sermoni e più azioni").
Un Rettore forte in quanto capace di gestire una macchina così
complessa quale il nostro Ateneo tenendo sempre ben saldo il timone, specialmente nei
momenti difficili o conflittuali, per perseguire gli obiettivi del programma elettorale.
Un Rettore in grado di tenere ben distinte e separate le due fondamentali funzioni,
cioè quella decisionale e quella esecutiva. Funzioni che, purtroppo, si sono sempre più
accentrate nelle mani dei vertici amministrativi i quali dovrebbero invece rappresentare
il "braccio esecutivo" dell'Istituzione.
Le responsabilità degli Organi Accademici, e quindi anche del
Rettore, nella scelte di "politica universitaria" sono completamente diverse da
quelle strettamente amministrative.
La macchina amministrativa deve realizzare, nel rispetto dello Statuto
e delle Leggi vigenti, le decisioni assunte dagli Organi Accademici ed il Rettore esserne
il garante. In sostanza, occorre un Rettore che torni ad affermare il "primato"
dei docenti e rimetta gli Studenti al centro della missione dell'Ateneo (come riportato
nelle Linee guida del Governo per l'Università). E' necessario voltare pagina, occorre
una netta discontinuità con un passato non particolarmente brillante sul piano della
gestione, della qualificazione della spesa, della razionalizzazione delle risorse
finanziarie e umane; alle parole e ai proclami non sempre ha fatto seguito un'adeguata
azione di governo. All'Università di Bologna non serve un Re, ma un Governatore, cioè un
Collega con esperienza e capacità gestionali di sistemi complessi ben comprovata dagli
incarichi ricoperti e da quanto realizzato. Un Rettore che abbia coraggio e capacità di
riorganizzare tutta la macchina Amministrativa valorizzando quelle professionalità che
non sempre sono state adeguatamente riconosciute. Un Collega, cosa non meno importante,
noto e apprezzato negli ambienti nazionali ed internazionali che contano e conoscitore di
quei meccanismi e canali indispensabili per reperire le risorse necessarie. Un Rettore che
sappia ridare il senso di appartenenza a tutto il Personale, Docente e non, che in questi
anni ha smarrito. Un Rettore che sappia tessere un "rapporto paritetico" con le
Amministrazioni locali (Comuni, Province e Regione) salvaguardando gli interessi
dell'Ateneo che rappresenta una risorsa per tutti. Un Rettore in grado di circondarsi di
validi collaboratori con i quali stabilire un rapporto dialettico costruttivo, perché la
complessità del sistema da gestire richiede inevitabilmente una caratteristica
fondamentale, cioè la capacità di demandare, e in Ateneo vi sono tante competenze di
Colleghi di alto profilo che rappresentano una grande risorsa. Un Rettore che sia garante
non solo della legalità, ma anche della equità e della trasparenza di tutti gli atti e
delle decisioni assunte, la trasparenza essendo garanzia di correttezza non solo formale,
ma anche sostanziale. Un Rettore, infine, che sia in condizioni tali da non poter mai
essere sospettato di nepotismo, ma che abbia come unico interesse e obiettivo quello di
togliere dalle secche il nostro Ateneo, dando prospettive concrete a tutti coloro che in
esso hanno operato ed operano con dedizione, passione e capacità. Gianni Porzi |
|
RICEVIAMO E GIRIAMO il
commento di Gianni Porzi sul 1° INCONTRO, già avvenuto |
Gianni Porzi, Questi incontri saranno tanto
più interessanti
in quanto siano incentrati meno sul "dire", e più sul
"fare"
L'incontro del 22 gennaio con i sei Candidati al Rettorato
(organizzato dai proff. Luciani, Calboli, Crisafulli, Ghetti e il sottoscritto) ritengo
sia stato molto utile perché è servito a mettere in evidenza le non marginali differenze
fra gli aspiranti alla carica di Rettore.
Ciò che è risultato palese è che tutti i Candidati sono critici verso
l'attuale gestione.
Ma alcuni di essi si dimenticano di aver "partecipato" e/o
"contribuito" a vario titolo e in varia misura all'attuale gestione dell'Ateneo
ricoprendo cariche per nomina diretta del Rettore, contrariamente ad altri che, invece,
sono sì stati negli Organi Accademici, ma in quanto eletti dai Colleghi o nominati dal
MIUR. La differenza non è marginale. |
L'atteggiamento dei primi (di
nomina rettorale) mi fa tornare alla mente certi comportamenti dell'On. Ugo La Malfa
(politico di grande spessore) che prima delle elezioni usciva tempestivamente dal Governo
e poi criticarlo in campagna elettorale (ma almeno lui aveva la correttezza di dimettersi
prima di "sparare" sull'esecutivo del quale aveva fatto parte).
Vi sono poi i critici dell'ultima ora, anche perché adesso è facile
criticare dal momento che i Vertici dell'Ateneo sono in scadenza, e quelli che invece sono
critici da anni e che hanno fatte battaglie anche difficili e si sono impegnati per un
cambiamento che appariva sempre più necessario. Quindi, a mio avviso va fatta una chiara
distinzione sia sulle responsabilità che sugli atteggiamenti che in certi casi ritengo
siano piuttosto strumentali : "l'elettorato è critico verso i Vertici ? e allora
critichiamoli, si guadagnano consensi."
Ritengo che i Candidati vadano giudicati su due fondamentali
indicatori : le proposte che mettono sul tappeto e ciò che hanno dimostrato di saper fare
nel passato.
Le idee possono anche essere valide, ma ciò che più conta è la capacità
nel saperle realizzare, la coerenza nei comportamenti e l'onestà intellettuale di
mantenere le promesse (cosa non accaduta in passato).
La cartina al tornasole ritengo siano gli atteggiamenti e i comportamenti
tenuti nelle varie sedi istituzionali locali, nazionali e internazionali e ciò che i
Candidati hanno concretamente realizzato in passato.
A mio avviso, vanno valutati non tanto per la loro attività scientifica,
per quanto importante essa sia, ma anche e soprattutto per quanto riguarda le capacità
manageriali perché la macchina che saranno chiamati a gestire è molto complessa e
richiede doti anche di tipo aziendalistico/imprenditoriale.
L'Ateneo sta sempre più diventando un'Azienda complessa che ha come compito
istituzionale quello di produrre laureati di buono/ottimo livello. Un giudizio sui
Candidati andrebbe quindi fatto su quello che hanno dimostrato di saper fare nei ruoli e
negli gli incarichi ricoperti (in merito a questo il recente passato dovrebbe averci
insegnato qualcosa). E proprio su questo aspetto ritengo che i Colleghi più attenti
avranno notato le non piccole differenze fra i sei sfidanti.
I prossimi incontri poi saranno ancora più interessanti, se
prevalentemente incentrati non tanto sul "dire", ma sul "fare", cioè
su come concretamente intendono realizzare le loro idee. In sostanza, come pensano di
tirare fuori dalle secche il nostro Ateneo. Gianni Porzi |
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Keys:
ricerca scientifica, didattica, leggi universitarie, miur, studenti, diritto allo studio,
moneta, banche, economia, finanza, bilancio, conferenza |
In margine al DL 6 luglio 2011, sui limiti
minimi
al numero degli alunni per Preside, nelle scuole di II grado |
Cinzia Bocaccini
|
Mentre l'Università si interroga sulla
Scuola di II grado del "dopo riforme" Gelmini
Cinzia Boccaccini*, E' questa la scuola che vogliamo ?
* Professoressa
di "Latino e Materie Letterarie", Liceo Classico
"Ariosto" di Ferrara
|
Nota. Le riforme dell'ex-ministro Gelmini
hanno impresso grandi mutamenti nella scuola italiana, anche danni incalcolabili, quando
conseguenza di affrettate riforme organizzative, motivate dai tagli finanziari dall'alto,
del Ministero.
In questo articolo viene ripresa quella parte che riguarda la soppressione
delle Presidenze di scuole aventi un numero di alunni inferiore ad una determinata soglia
e, indirettamente, la soppressione dei centri scolastici, relativamente minori.
A parte questioni relative alla qualità dei mega plessi scolastici, al fatto
che il Preside di un Liceo non è "qualificato" per un Istituto tecnico e al
fatto che i Presidi hanno dei limiti umani alla quanità del lavoro, dovrebbe essere
evidente al Miur che la dimensione ottimale, di riferimento, delle scuole deve tener conto
sia del costo della scuola in senso stretto, sia del
costo del trasporto degli alunni e docenti per accedere alla scuola.
Il territorio del Delta del Po (kmq 893) è una delle vittime di questo modo
di fare: nel senso che la centralizzazione dei plessi scolastici ha già determinato
grandi costi di trasporto alle aziende pubbliche di trasporto e grandi sofferenze umane ai
giovani, troppo tempo sulla strada anzichè ai tavoli di studio, dopo le ore di lezione.
Ricordo, già di tre anni fa, il dissesto finanziario dell'azienda pubblica provinciale di
trasporto, poi incorporata in altra, solo per non farla fallire.NL |
La legge di riferimento:
D.L. 6 luglio 2011 n. 98,
come modificato dalla legge
di stabilità n. 148 del 2011 Art.
19, c. 4. Per garantire un processo di continuità didattica nell'ambito dello
stesso ciclo di istruzione, a decorrere dall'anno scolastico 2011-2012 la scuola
dell'infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono aggregate in
istituti comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche
autonome costituite separatamente da direzioni didattiche e scuole secondarie di I grado;
gli istituti compresivi per acquisire l'autonomia devono essere costituiti con almeno
1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni
montani, nelle aree geografìche caratterizzate da specificità linguistiche.
Art. 19, c. 5. Alle istituzioni scolastiche autonome costituite
con un numero di alunni inferiore a 600 unità, ridotto fino a 400 per le istituzioni site
nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografìche caratterizzate da
specificità linguistiche, non possono essere assegnati dirigenti scolastici con incarico
a tempo indeterminato. Le stesse sono conferite in reggenza a dirigenti scolastici con
incarico su altre istituzioni scolastiche autonome. |
|
Cinzia Boccaccini, E' questa
la scuola che vogliamo ?
L'istruzione non è questione di numeri. E' questo che dai piani alti non si
vuole capire.
Chi decide, del resto, in genere non appartiene al mondo della scuola e non
lo conosce se non per essere stato studente, non ha mai insegnato ad una classe, non si è
mai trovato alle prese con le difficoltà connesse con la gestione della didattica, degli
studenti, della struttura scolastica e di tutto ciò che la riguarda.
E come può chi non ha una conoscenza delle dinamiche scolastiche
prendere delle decisioni adeguate in merito? Il governo si affanna a parlare di conti e
della necessità di tagli. La domanda che sorge però, spontanea, a fronte di questo è :
- perchè tagliare in campi fondamentali come sanità e istruzione e non
intervenire piuttosto, per esempio, sui famigerati costi della politica?
Ciò rende evidente che chi dovrebbe mettere se stesso al servizio della
comunità fa invece proprio l'operazione contraria !
Il problema ha raggiunto il picco con le ultime indicazioni della legge
Gelmini che sta operando su diversi piani: studenti, docenti, personale tecnico e
amministrativo.
E allora ecco classi da 30 studenti e oltre, riduzione conseguente del
corpo insegnanti e tagli in campo amministrativo. Con quali conseguenze?
Solo chi ha avuto esperienza di insegnamento conosce le difficoltà di
gestire classi tanto numerose: stare al passo di tutti, correggere compiti, fare
interrogazioni ecc. Alla fine ne risente la didattica e il livello dell'insegnamento non
può, conseguentemente, che abbassarsi.
Ma è questa la scuola che vogliamo? Una scuola di qualità invece paga
sempre, come dimostrano i casi di India e Cina, Paesi in forte sviluppo che
sull'istruzione hanno puntato. Non si vedranno forse frutti immediati, anzi i tagli
operati negli ultimi tempi dal governo italiano avranno certo una ricaduta positiva in un
primo momento sui conti pubblici, ma alla lunga non potrà che registrarsi un abbassamento
di livello di conoscenze e competenze con effetti negativi per tutto il Paese e in tutti i
campi.
Per non parlare dell'infausta manovra varata a luglio che prevede la
riduzione poderosa delle piccole scuole ed elimina gli istituti con un numero di studenti
inferiore alle 500 unità e per la quale è stato addirittura proposto un ulteriore
ritocco che nelle intenzioni doveva portare il numero a 600 studenti.
Una ulteriore aberrazione che si propone di ridurre il numero dei
dirigenti scolastici e i loro costi, ma che non potrà che avere ripercussioni pesanti su
molti istituti. Un caso emblematico nel territorio di Ferrara è, ad esempio, quello
dell'Istituto "Remo Brindisi" di Lido degli Estensi. Da sempre considerata una
"scuola di confine", quella degli Estensi ha perso nell'ultimo anno la reggenza
ed è stata unito all'Istituto Guido Monaco di Pomposa di Codigoro, con cui condivide oggi
la dirigente scolastica. |
Ebbene già in passato l'istituto si è
trovato alle prese con una dirigenza condivisa a scapito della qualità e
dell'organizzazione e alle prese con grandissime difficoltà .
Sono stati anni difficili, a cui si sperava fosse stata posta la parola
fine.
E invece ora ci si trova di nuovo alle prese con una reggenza unica.
L'istituto di Lido degli Estensi ha delle proprie specificità sia per la posizione
geografica sia per la struttura della scuola che prevede un'offerta formativa articolata e
varia (Liceo linguistico, istituto alberghiero, IPSIA) e necessita di una conoscenza
approfondita per la gestione e della presenza costante di un dirigente scolastico. Sarebbe
uno spreco?
Qualcuno potrebbe anche pensarlo, ma non di questo si sta parlando,
nessuno è favorevole agli sprechi. A livello di governo si ritiene forse che non ci sia
soluzione alternativa, ma ogni realtà va valutata il più possibile in se stessa e, se
interventi si debbono fare, vanno certamente ragionati e previsti in altra direzione.
Ci sono possibilità di ridurre gli attuali costi della scuola? La
risposta è sicuramente affermativa, ma deve essere salvaguardato l'insegnamento, la
crescita degli studenti, che sono il nostro futuro e che solo ben formati, ben preparati e
seguiti potranno in futuro gestire i nostri territori locali e la nostra Italia in
generale in maniera più adeguata.
Il messaggio che il Governo Berlusconi ha trasmesso in questo modo è
invece quello che nel valore dell'istruzione non ci si crede più, ma la storia e la vita
dimostrano che educazione e istruzione sono basilari per la vita sociale e per lo sviluppo
dell'individuo in se stesso e come cittadino. CB |
|
Giorgio Cantelli Forti
|
A Giorgio Cantelli Forti la medaglia d'oro
del Presidente della Repubblica 18 ottobre 2011* |
La medaglia è stata consegnata al Professore dal Ministro Carfagna.
Il riconoscimento era stato consegnato al professore, domenica 23 ottobre al
Teatro Novelli di Rimini, nel corso della 42° edizione delle Giornate internazionali di
studio del Centro Internazionale Pio Manzù**.
Innovazione e ricerca nelle scienze della vita costituiscono un
caposaldo della crescita economica e sociale delle nazioni. Questo il punto di partenza
che ha dato origine alla motivazione con la quale il Comitato scientifico internazionale
del Centro Pio Manzù ha deciso di conferire la prestigiosa medaglia al docente di
farmacologia e farmacoterapia dellAlma Mater.
Nella motivazione del Comitato Scientifico del Centro,
il professore è "personalità di riferimento nel pianeta della farmacologia italiana
e internazionale. Di questa scienza ha tracciato uno dei solchi più importanti, seminando
sapere attraverso 661 pubblicazioni su riviste internazionali.
Dalla metà degli anni 80 fino ad oggi, il suo percorso
accademico si dipana attraverso incarichi via, via più prestigiosi sino ad assumere il
rilevante impegno presso il polo riminese.
Allo scienziato e al docente il Centro Pio Manzù ha porto doveroso
omaggio, specchiandosi nella vocazione comune alla ricerca che è linfa del progresso
civile e con ciò celebrandone il prestigio attraverso lassegnazione della medaglia
doro del Presidente della Repubblica italiana".
______________________________________
* Fonte: Unibo Magazine
** Il Centro Internazionale Ricerche Pio Manzù è un organismo in status
consultivo generale con le Nazioni Unite che opera per lapprofondimento dei temi
economici e scientifici di interesse cruciale per il futuro dellumanità.
PUBBLICAZIONI di
GIORGIO CANTELLI FORTI
Fimognari C., Lenzi M., Cantelli-Forti G., Hrelia P., Induction of
differentiation in human promyelocytic cells by the isothiocyanate sulforaphane.,
«IN VIVO», 2008, 22(3), pp. 317 - 320 [articolo]
ANGELINI S., KUMAR R., CARBONE F., BERMEJO J.L., MAFFEI F., CANTELLI FORTI G.,
HEMMINKI K., HRELIA P., Inherited susceptibility to bleomycin-induced micronuclei:
Correlating polymorphisms in GSTT1, GSTM1 and DNA repair genes with mutagen sensitivity,
«MUTATION RESEARCH. FUNDAMENTAL AND MOLECULAR MECHANISMS OF MUTAGENESIS», 2008, 638, pp.
90 - 97 [articolo]
MAFFEI F., CARBONE F., ANGELINI S., CANTELLI FORTI G., NORPPA H., HRELIA P., Micronuclei
frequency induced by bleomycin in human peripheral lymphocytes: Correlating BLHX
polymorphism with mutagen sensitivity, «MUTATION RESEARCH. FUNDAMENTAL AND MOLECULAR
MECHANISMS OF MUTAGENESIS», 2008, 639, pp. 20 - 26 [articolo]
A.Tarozzi, F. Morroni, A. Merlicco, C. Angeloni, S. Hrelia, G. Cantelli Forti,
P. Hrelia, Neuroprotective effects of sulforaphane in an in vitro model of
Parkinsons disease, in: , Oxidants and Antioxidants in Biology, s.l, s.n, 2008,
pp. 124 (atti di: A Meeting of the Oxygen Club of California, Santa Barbara (CA-USA),
12-15 marzo 2008) [atti di convegno-abstract]
Brevetto n. RM2007A000668, Associazione tra un isotiocianato e levodopa per
il trattamento della malattia di Parkinson.
Fimognari C., Lenzi M., Sciuscio D., Cantelli-Forti G., Hrelia P., Cell-cycle
specificity of sulforaphane-mediated apoptosis in Jurkat T-leukemia cells., «IN
VIVO», 2007, 21, pp. 377 - 380 [articolo]
Fimognari C., Lenzi M., Sciuscio D., Cantelli Forti G., Hrelia P., Combination
of doxorubicin and sulforaphane for reversing doxorubicin-resistant phenotype in mouse
fibroblasts with p53Ser220 mutation., «ANNALS OF THE NEW YORK ACADEMY OF SCIENCES»,
2007, 1095, pp. 62 - 69 [articolo]
L. Marabini, S. Frigerio, E. Chiesara, F. Maffei, G. Cantelli Forti, P. Hrelia,
AM. Buschini, A. Martino, P. Poli, C. Rossi, S. Radice., In vitro cytotoxicity and
genotoxicity of chlorinated drinking waters sampled alomg the distribution system of two
municipal networks, «MUTATION RESEARCH. GENETIC TOXICOLOGY AND ENVIRONMENTAL
MUTAGENESIS», 2007, 634, pp. 1 - 13 [articolo]
A. Tarozzi, F. Morroni, S. Hrelia, C. Angeloni, A. Marchesi, G. Cantelli Forti,
P. Hrelia, Neuroprotective effects of anthocyanins and their in vivo metabolites in
SH-SY5Y cells., «NEUROSCIENCE LETTERS», 2007, 424, pp. 36 - 40 [articolo]
Sapone A., Gustavino B., Monfrinotti M., Canistro D., Broccoli M., Pozzetti L.,
Affatato A., Valgimigli L., Cantelli Forti G., Pedulli G.F., Biagi G.L., Abdel-Rahman
S.Z., Paolini M., Perturbation of cytochrome P450, generation of oxidative stress and
induction of DNA damage in Cyprinus carpio exposed in situ to potable surface water.,
«MUTATION RESEARCH. GENETIC TOXICOLOGY AND ENVIRONMENTAL MUTAGENESIS», 2007, 626, pp.
143 - 154 [articolo]
HRELIA P., ANGELINI S., MARTINELLI G., CANTELLI FORTI G., Polimorfismi
genetici come determinanti della risposta farmacologica ad Imatinib., «FARMACI &
TERAPIA», 2007, XXIV (suppl. 1), pp. 38 (atti di: 24° Congresso Nazionale della Società
Italiana di Chemioterapia, Verona25-28 Novembre 2007) [atti di convegno-abstract]
Maffei F, Tarozzi A, Carbone F, Marchesi A, Hrelia S, Angeloni C, Cantelli Forti
G, Hrelia P., Relevance of apple consumption for protection against oxidative damage
induced by hydrogen peroxide in human lymphocytes., «BRITISH JOURNAL OF NUTRITION»,
2007, 97, pp. 921 - 927 [articolo]
CANTELLI FORTI G., ZOTTI C.A., Risposte tossiche del sistema oculare e
visivo, in: , Casarett and Doull's Tossicologia. I fondamenti dell'azione delle
sostanze tossiche, ROMA, E.M.S.I. Ed. Mediche Scientifiche Internazionali, 2007, pp. 591 -
623 [capitolo di libro (traduzione)]
P. HRELIA, A. TAROZZI, F. MORRONI, A. MERLICCO, C. ANGELONI, S. HRELIA, G.
CANTELLI FORTI, Sulforaphane counteracts oxidative stress induced apoptosis in human
neuronal cells, in: , Proceedings of the International Congress of Toxicology , s.l,
s.n, 2007, pp. 181 (atti di: ICT XI - International Congress of Toxicology, Montreal,
Canada, 15-19 luglio 2007) [atti di convegno-abstract]
Biagi P.L., Hrelia S., Hrelia P., Festi D., Cantelli Forti G., "Alimentazione
e salute: Strategie nutrizionali per la prevenzione delle malattie. 19 gennaio 2006
- Oratorio San Filippo Neri Via Manzoni, 5 - Bologna., 2006.
[ideazione/progettazione di manifestazione]
Coordinamento del progetto: Analisi di biomarcatori di esposizione, effetto
e suscettibilità per la valutazione del rischio in popolazioni esposte a xenobiotici.
Studio dei polimorfismi genetici degli enzimi coinvolti nel metabolismo dei farmaci.
Valutazione del rischio tossicologico da esposizione a contaminanti alimentari e
ambientali..
A. Tarozzi, S. Hrelia, C. Angeloni, F. Morroni, P.L. Biagi, M. Guardigli, G.
Cantelli Forti, P. Hrelia, Antioxidant effectiveness of organically and non
organically grown red oranges in cell culture systems, «EUROPEAN JOURNAL OF
NUTRITION», 2006, 45, pp. 152 - 158 [articolo]
Maffei F., Angelini S., Carbone F., Cantelli Forti G., Kumar R., Hemminki K.,
Violante F.S., Hrelia P., Biomarcatori genetici e di suscettibilità per la
valutazione del rischio da benzene ambientale in agenti di polizia., in: , ISTISAN
Congressi, ROMA, Istituto Superiore di Sanità, 2006, pp. 44 (atti di: XIV Congresso
Nazionale della Società Italiana di Tossicologia, Roma, 6-9 febbraio 2006) [atti di
convegno-abstract]
R. Mandrioli, F. Bugamelli, C. Baccini, M. Conti, G. Cantelli Forti, M.A. Raggi,
Dosaggio di ecstasy, amfetamine e cannabinoidi in fluidi biologici, in: , ISTISAN
Congressi - XIV Congresso Nazionale della Società Italiana di Tossicologia, ROMA,
IStituto Superiore di Sanità, 2006, pp. 122 (atti di: XIV Congresso Nazionale SITOX
(Società Italiana di Tossicologia), Roma, 6-9 Febbraio 2006) [atti di convegno-abstract]
Morroni F., Tarozzi A., Cantelli Forti G., Hrelia P., Effetti antiapoptotici
e antiossidanti della cianidina-3-O-beta-glucopiranoside e del suo aglicone in una linea
neuronale umana., in: , ISTISAN Congressi, ROMA, Istituto Superiore di Sanità, 2006,
pp. 238 (atti di: XIV Congresso Nazionale della Società Italiana di Tossicologia, Roma,
6-9 febbraio 2006) [atti di convegno-abstract]
Sciuscio D., Fimognari C., Cantelli Forti G., Hrelia P., Effetti citostatici
e citotossici dell'isotiocianato sulforafane su linee cellulari caratterizzate da un
diverso status molecolare del gene P53., in: , ISTISAN Congressi, ROMA, Istituto
Superiore di Sanità, 2006, pp. 247 (atti di: XIV Congresso Nazionale della Società
Italiana di Tossicologia, Roma, 6-9 febbraio 2006) [atti di convegno-abstract]
Marchesi A., Tarozzi A., Cantelli Forti G., Hrelia P., Effetti della
cianidina-3-O-beta-glucopiranoside sul danno cellulare indotto dai raggi UVA in
cheratinociti in coltura., in: , ISTISAN Congressi, ROMA, Istituto Superiore di
Sanità, 2006, pp. 237 (atti di: XIV Congresso Nazionale della Società Italiana di
Tossicologia, Roma, 6-9 febbraio 2006) [atti di convegno-abstract]
Lenzi M., Fimognari C., Cantelli Forti G., Hrelia P., Effetti sul ciclo
cellulare e induzione di apoptosi dell'isotiocianato sulforafane su colture di cellule
T-linfoblastoidi., in: , ISTISAN Congressi, ROMA, Istituto Superiore di Sanità,
2006, pp. 234 (atti di: XIV Congresso Nazionale della Società Italiana di Tossicologia,
Roma, 6-9 febbraio 2006) [atti di convegno-abstract]
CANTELLI FORTI G., Effetti tossici e meccanismi di azione delle micotossine.,
in: , ISTISAN Congressi, ROMA, Istituto Superiore di Sanità, 2006, pp. 13 (atti di: 2°
Congresso Nazionale "Le micotossine nella filiera agro-alimentare", Roma, 16-18
Ottobre 2006) [atti di convegno-abstract]
Affatato A.A., Cantelli Forti G., Abdel-Rahman S.Z., Legator M.S., Effetto
dei polimorfismi del gene XPD sul danno genotossico basale e indotto dalla nitrosamina
tabacco-specifica NNK, in: , ISTISAN Congressi, ROMA, Istituto Superiore di Sanità,
2006, pp. 217 (atti di: XIV Congresso Nazionale della Società Italiana di Tossicologia,
Roma, 6-9 febbraio 2006) [atti di convegno-abstract]
Mandrioli R., Cantelli Forti G., Raggi M.A., Fluoxetine metabolism and
pharmacological interactions: the role of cytochrome p450., «CURRENT DRUG
METABOLISM», 2006, 7, pp. 127 - 133 [articolo]
G. Cantelli Forti, S. Hrelia, I farma-alimenti: attività farmacologica dei
componenti nutraceutici., in: , Atti del I Congresso Nazionale Associazione
Ricercatori Nutrizione e Alimenti (ARNA), BOLOGNA, s.n, 2006, pp. 112 (atti di: ARNA - I
Congresso nazionale, Bologna, 23-25 marzo 2006) [atti di convegno-abstract]
Fimognari C., Lenzi M., Cantelli-Forti G., Hrelia P., Isothiocyanates as
promising chemopreventive and antioxidant agents, in: , New developments in
antioxidants research, NEW YORK, Nova Science Publisher, 2006, pp. 43 - 59 (Nova
Biomedical) [capitolo di libro]
A. SAPONE, M. TORRETTA, L. VALGIMIGLI, D. CANISTRO, M. BROCCOLI, G.L. BIAGI, G.
CANTELLI-FORTI, S. TRESPIDI, A. LIMIDO, G. STEFANO, E. VERNA, I. CAICO, S. GHIRINGHELLI,
S. PRAVASOLI, J.A. SALERNO-URIARTE, M. PAOLINI, Levosimendan e stress ossidativo,
in: , Atti del XIV Congresso Nazionale della Societa Italiana Tossicologia , s.l,
s.n, 2006, pp. 278 (atti di: XIV Congresso Nazionale della Societa Italiana
Tossicologia, Istituto Superiore di Sanità, Roma, 6-9 Febbraio 2006) [atti di
convegno-abstract]
CANTELLI FORTI G., MAFFEI F., Micotossine: aspetti tossicologici, in:
ACCADEMIA DEI GEORGOFILI, Micotossine e Alimentazione umana e zootecnica, FIRENZE,
Accademia dei Georgofili, 2006, pp. 127 - 139 (I Georgofili - Quaderni) [capitolo di
libro]
CANTELLI FORTI G., TOFFANO G., Molecular Approaches to Neuronal
Regeneration: Opportunities in Neurodegenerative Diseases, Bologna, 27 Ottobre 2006,
Oratorio San Filippo Neri, Via Manzoni 5, 2006. [ideazione/progettazione di
manifestazione]
TORRETTA M., A. SAPONE, A. LIMIDO, L. VALGIMIGLI, G.L. BIAGI, G. CANTELLI FORTI,
M. PAOLINI, J.A. SALERNO-URIARTE, Oxidative stress status and levosimendan in acute
heart failure., «ACUTE CARDIAC CARE», 2006, 8, pp. 103 (atti di: Acute Cardiac Care
Congress, Prague21-24 October 2006) [atti di convegno-abstract]
Angelini S., Carbone F., Kumar R., Maffei F., Cantelli Forti G., Hemminki K.,
Hrelia P., Polimorfismi in geni dei sistemi di riparazione del DNA, genotossicità e
radiosensibilità., in: , ISTISAN Congressi, ROMA, Istituto Superiore di Sanità,
2006, pp. 218 (atti di: XVI Congresso Nazionale della Società Italiana di Tossicologia,
Roma, 6-9 febbraio 2006) [atti di convegno-abstract]
Carbone F., Maffei F., Tarozzi A., Hrelia S., Marchesi A., Cantelli Forti G.,
Hrelia P., Potenziale azione protettiva e antiossidante delle mele nei confronti del
danno genetico indotto dal perossido di idrogeno in linfociti umani., in: , ISTISAN
Congressi, ROMA, Istituto Superiore di Sanità, 2006, pp. 224 (atti di: XIV Congresso
Nazionale della Società Italiana di Tossicologia, Roma, 6-9 febbraio 2006) [atti di
convegno-abstract]
C. Sabbioni, A. Ferranti, F. Bugamelli, G. Cantelli Forti, M.A. Raggi, Simultaneous
HPLC analysis of glycyrrhizin and glycyrrhetic acid in licorice roots and confectionery
products, «PHYTOCHEMICAL ANALYSIS», 2006, 17, pp. 25 - 31 [articolo]
Fimognari C., Nuesse M., Lenzi M., Sciuscio D., Cantelli-Forti G., Hrelia P., Sulforaphane
increases the efficacy of doxorubicin in mouse fibroblasts characterized by p53 mutations.,
«MUTATION RESEARCH. FUNDAMENTAL AND MOLECULAR MECHANISMS OF MUTAGENESIS», 2006, 601, pp.
92 - 101 [articolo]
FIMOGNARI C.; SANGIORGI L.; CAPPONCELLI S.; NUESSE M.; FONTANESI S.; BERTI F.;
SODDU S.; CANTELLI-FORTI G.; HRELIA P., A mutated p53 status did not prevent the
induction of apoptosis by sulforaphane, a promising anti-cancer drug,
«INVESTIGATIONAL NEW DRUGS», 2005, 23, pp. 195 - 203 [articolo]
Biagi P.L., Hrelia S., Hrelia P., Festi D., Cantelli Forti G., Alimentazione
e salute: Linee guida per il Consumatore Romagnolo. 23 maggio 2005 - Aula Magna del
Polo Scientifico Didattico di Rimini Via Angherà, 22 - Rimini, 2005.
[ideazione/progettazione di manifestazione]
Coordinamento del progetto: BIOMARCATORI DI EFFETTO E SUSCETTIBILITA' NELLA
VALUTAZIONE DEL DANNO DA RADIAZIONI IONIZZANTI IN POPOLAZIONI ESPOSTE.
Cantelli Forti G., Cancerogenesi., in: , Elementi di Tossicologia,
ROMA, E.M.S.I., 2005, pp. 97 - 121 [capitolo di libro (traduzione)]
SAPONE A; POZZETTI L; CANISTRO D; BROCCOLI M; BRONZETTI G; POTENZA G; AFFATATO
A; BIAGI G.; CANTELLI-FORTI G; PAOLINI M., CYP superfamily perturbation by
diflubenzuron or acephate in different tissues of CD1 mice., «FOOD AND CHEMICAL
TOXICOLOGY», 2005, 43, pp. 173 - 183 [articolo]
Fimognari C., Berti F., Cantelli Forti G., Hrelia P., Effect of sulforaphane
on micronucleus induction in cultured human lymphocytes by four different mutagens.,
«ENVIRONMENTAL AND MOLECULAR MUTAGENESIS», 2005, 46, pp. 260 - 267 [articolo]
Maffei F., Hrelia P., Angelini S., Carbone F., Cantelli Forti G., Barbieri A.,
Sanguinetti G., Mattioli S., Violante F.S., Effects of environmental benzene:
micronucleus frequencies and haematological values in traffic police working in an urban
area., «MUTATION RESEARCH. GENETIC TOXICOLOGY AND ENVIRONMENTAL MUTAGENESIS», 2005,
583, pp. 1 - 11 [articolo]
Capponcelli S., Pedrini E., Cerone M.A., Corti V., Fontanesi S., Alessio M.,
Bachi A., Soddu S., Ribatti D., Picci P., Helman L.J., Cantelli Forti G., Sangiorgi L., Evaluation
of the molecular mechanisms involved in the gain of function of a Li-Fraumeni TP53
mutation., «HUMAN MUTATION», 2005, 26, pp. 94 - 103 [articolo]
Cantelli Forti G., Fitofarmaci e sicurezza degli alimenti, in: ,
Alimenti e salute. I nutrienti strategici, BOLOGNA, CLUEB, 2005, pp. 147 - 158 (Educazione
Continua in Medicina) [capitolo di libro]
Fimognari C., Berti F., Nuesse M., Cantelli Forti G., Hrelia P., In vitro
anticancer activity of cyanidin-3-O-beta-glucopyranoside: effects on transformed and
non-transformed T lymphocytes., «ANTICANCER RESEARCH», 2005, 25, pp. 2837 - 2840
[articolo]
Fimognari C., Berti F., Nuesse M., Cantelli-Forti G., Hrelia P., In vitro
antitumour activity of cyanidin-3-O-beta-glucopyranoside., «CHEMOTHERAPY», 2005,
51, pp. 332 - 335 [articolo]
Cantelli Forti G., Hrelia P. (a cura di): , Le Biotecnologie e la qualità
della vita, BOLOGNA, Patron Editore, 2005, pp. 1-337 (Alimentazione ed Ambiente).
[curatela]
ANGELINI S.; R. KUMAR; F. CARBONE; F. MAFFEI; CANTELLI FORTI G.; F.S. VIOLANTE;
V. LODI; S. CURTI; K. HEMMINKI; P. HRELIA, Micronuclei in humans induced by exposure
to low level of ionizing radiation: influence of polymorphisms in DNA repair genes.,
«MUTATION RESEARCH. FUNDAMENTAL AND MOLECULAR MECHANISMS OF MUTAGENESIS», 2005, 570, pp.
105 - 117 [articolo]
C. FIMOGNARI; F. BERTI; R. IORI; G. CANTELLI FORTI; P. HRELIA, Micronucleus
formation and induction of apoptosis by different isothiocyanates and a mixture of
isothiocyanates in human lymphocyte cultures., «MUTATION RESEARCH. GENETIC
TOXICOLOGY AND ENVIRONMENTAL MUTAGENESIS», 2005, 582(1-2), pp. 1 - 10 [articolo]
Cantelli Forti G., Maffei F., Principi di Tossicologia, in: ,
Farmacologia. Principi di base e applicazioni terapeutiche, TORINO, Edizioni Minerva
Medica SpA, 2005, pp. 859 - 864 [capitolo di libro]
Tarozzi A., Marchesi A., Hrelia S., Angeloni C., Andrisano V., Fiori J.,
Cantelli Forti G., Hrelia P., Protective effects of cyanidin-3-O-beta-glucopyranoside
against UVA-induced oxidative stress in human keratinocytes., «PHOTOCHEMISTRY AND
PHOTOBIOLOGY», 2005, 81, pp. 623 - 629 [articolo]
Tarozzi A., Morroni F., Marchesi A., Angeloni C., Hrelia S., Merlicco A.,
Cantelli Forti G., Hrelia P., Protective effects of sulforaphane against oxidative
stress-induced apoptosis in human neuronal cells, in: , Oxidants and Antioxidants in
Biology, s.l, s.n, 2005, pp. 215 (atti di: Oxidants and Antioxidants in Biology - A Joint
Meeting of Oxygen Club of California and University of Turin, Alba (CN), 7-10 settembre
2005) [atti di convegno-abstract]
Sabbioni C., Mandrioli R., Ferranti A., Bugamelli F., Saracino M.A., Cantelli
Forti G., Fanali S., Raggi M.A., Separation and analysis of glycyrrhizin,
18beta-glycyrrhetic acid and 18alfa-glycyrrhetic acid in licorice roots by means of
capillary zone electrophoresis., «JOURNAL OF CHROMATOGRAPHY A», 2005, 1081, pp. 65
- 71 [articolo]
Coordinamento del progetto: STRATEGIE FARMACOLOGICHE E NUTRIZIONALI PER LA
PREVENZIONE DI PATOLOGIE CRONICO-DEGENERATIVE CON ISOTIOCIANATI DA CRUCIFERE..
Maffei F., Buschini A., Rossi C., Poli P., Cantelli Forti G., Hrelia P., Use
of the Comet test and micronucleus assay on human white blood cells for in vitro
assessment of genotoxicity induced by different drinking water disinfection protocols.,
«ENVIRONMENTAL AND MOLECULAR MUTAGENESIS», 2005, 46, pp. 116 - 125 [articolo]
CANTELLI FORTI G., Valutazione tossicologica e sicurezza degli alimenti,
in: , Rapporti ISTISAN, ROMA, Istituto Superiore di Sanità, 2005, pp. 29 - 35 (atti di:
Atti 1° Congresso nazionale "Le micotossine nella filiera agro-alimentare",
Roma, 29-30 novembre 2004) [atti di convegno-relazione]
A. SAPONE, M. PAOLINI, L. POZZETTI, D. CANISTRO, M. BROCCOLI, G.L. BIAGI, G.
CANTELLI FORTI., Ventricular fibrillation after omeprazole treatment: a case control.,
in: , Libro degli Abstracts, TORINO, Ed. Minerva Medica, 2005, pp. 227 (atti di: 32°
Congresso Nazionale della Società Italiana di Farmacologia, Napoli, 1-4 Giugno 2005)
[atti di convegno-abstract]
FIMOGNARI C.; NUESSE M.; BERTI F.; IORI R.; CANTELLI-FORTI G.; HRELIA P., A
mixture of isothiocyanates induces cyclin B1- and p53-mediated cell-cycle arrest and
apoptosis of human T lymphoblastoid cells., «MUTATION RESEARCH. FUNDAMENTAL AND
MOLECULAR MECHANISMS OF MUTAGENESIS», 2004, 554(1-2), pp. 205 - 214 [articolo]
HRELIA P.; F. MAFFEI; S. ANGELINI; CANTELLI FORTI G., A molecular
epidemiological approach to health risk assessment of urban air pollution.,
«TOXICOLOGY LETTERS», 2004, 149, pp. 261 - 267 [articolo]
Coordinamento del progetto: BIOMARCATORI DI EFFETTO E SUSCETTIBILITA' NELLA
VALUTAZIONE DEL DANNO DA RADIAZIONI IONIZZANTI IN POPOLAZIONI ESPOSTE.
Maffei F., Angelini S., Cantelli Forti G., Carbone F., Violante F.S., Kumar R.,
Hemminki K., Hrelia P., Biomarker study to assess health risk in human occupationally
exposed to environmental benzene., «DISEASE MARKERS», 2004, 20, pp. 31 (atti di:
ICTX Satellite Meeting on Molecular Epidemiology, Haikko, Porvoo, Finland8-10 July, 2004)
[atti di convegno-abstract]
TAROZZI A.; A. MARCHESI; CANTELLI FORTI G.; P. HRELIA, Cold-storage affects
antioxidant properties of apples in Caco-2 cells., «JOURNAL OF NUTRITION», 2004,
134, pp. 1105 - 1109 [articolo]
FIMOGNARI C.; F. BERTI; CANTELLI FORTI G.; P. HRELIA, Effect of cyanidin
3-O-beta-glucopyranoside on micronucleus induction cultured human lymphocytes by four
different mutagens., «ENVIRONMENTAL AND MOLECULAR MUTAGENESIS», 2004, 43, pp. 45 -
52 [articolo]
Fimognari C., Berti F., M. Nuesse, Cantelli Forti G., Hrelia P., In vitro
anticancer activity of cyanidin-3-O-beta-glucopyranoside: effects on transformed and
non-transformed T lymphocytes., «ANTICANCER RESEARCH», 2004, 24, pp. 3487 (atti di:
Seventh International Conference on Anticancer Research, Corfu, GreeceOctober 25-30, 2004)
[atti di convegno-abstract]
FIMOGNARI C.; F. BERTI; M. NUESSE; CANTELLI FORTI G.; P. HRELIA, Induction
of apoptosis in two human leukemia cell lines as well as differentiation in human
promyelocytic cells by cyanidin-3-O-betaglucopyranoside., «BIOCHEMICAL
PHARMACOLOGY», 2004, 67, pp. 2047 - 2056 [articolo]
PAOLINI M.; P. PEROCCO; D. CANISTRO; L. VALGIMIGLI; G.F. PEDULLI; R. IORI; C.
DELLA CROCE; CANTELLI FORTI G.; M.S. LEGATOR; S.Z. ABDEL-RAHMAN, Induction of
cytochrome P450, generation of oxidative stress and in vitro cell-transforming and
DNA-damaging activities by glucoraphanin, the bioprecursor of the chemopreventive agent
sulforaphane found in broccoli., «CARCINOGENESIS», 2004, 25, pp. 61 - 67 [articolo]
FIMOGNARI C.; M. NUESSE; F. BERTI; R. IORI; CANTELLI FORTI G.; P. HRELIA, Isothiocyanates
as novel cytotoxic and cytostatic agents: molecular pathway on human transformed and
non-transformed cells., «BIOCHEMICAL PHARMACOLOGY», 2004, 68, pp. 1133 - 1138
[articolo]
C. Sabbioni, R. Mandrioli, A. Ferranti, F. Bugamelli, R. Masi, G. Cantelli
Forti, S. Fanali, M.A. Raggi, Separation and analysis of Glycyrrhizin,
18beta-Glycyrrhetic Acid and 18alpha-Glycyrrhetic Acid in licorice by means of capillary
zone electrophoresis, in: , Proceedings of the 14th International Symposium on
Capillary Electroseparation Techniques, ROMA, s.n, 2004, pp. 14 (atti di: 14th
International Symposium on Capillary Electroseparation Techniques, Roma, 12-15 settembre
2004) [atti di convegno-relazione]
MAFFEI F.; S. ANGELINI; CANTELLI FORTI G.; F.S. VIOLANTE; V. LODI; S. MATTIOLI;
P. HRELIA, Spectrum of chromosomal aberrations in peripheral lymphocytes of hospital
workers occupationally exposed to low doses of ionizing radiation., «MUTATION
RESEARCH. FUNDAMENTAL AND MOLECULAR MECHANISMS OF MUTAGENESIS», 2004, 547, pp. 91 - 99
[articolo]
FIMOGNARI C.; M. NUESSE; R. IORI; CANTELLI FORTI G.; P. HRELIA, The new
isothiocyanate 4-(methylthio)butylisothiocyanate selectively affects cell-cycle
progression and apoptosis induction of human leukemia cells., «INVESTIGATIONAL NEW
DRUGS», 2004, 22, pp. 119 - 129 [articolo]
Coordinamento del progetto: VALORIZZAZIONE NUTRIZIONALE E FUNZIONALE DELLE
ARANCE ROSSE DI SICILIA E DELLE LORO COMPONENTI ANTIOSSIDANTI.
Angelini S., Kumar R., Maffei F., Cantelli Forti G., Violante F.S., Hemminki
K., Hrelia P., Variability in the adaptive response induced in human lymphocytes by
occupational exposure to low doses of ionizing radiation: influenced by polymorphisms in
DNA repair genes?, «DISEASE MARKERS», 2004, 20, pp. 21 (atti di: ICTX Satellite
Meeting on Molecular Epidemiology, Haikko, Porvoo, Finland8-10 July 2004) [atti di
convegno-abstract] |
|
Carlo Caffarra
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Un mese
fa, l'Arcivescovo aveva preannunciato per il 4 ottobre,
a San Petronio il suo più importante messaggio, l'ottavo dallo
insediamento nell'antica Diocesi di Bologna ;
" Per un Consiglio permanente per la
sussidiarietà"
composto da: "Municipalità, Imprese, Terzo settore"
|
C. Caffarra,
Abbandonare il pregiudizio della contrapposizione tra pubblico e privato e
riconoscere pienamente la funzione sociale del privato.
La Solennità del Santo Patrono della nostra città ci riunisce ogni anno nella sua
basilica, vanto ed onore di ogni bolognese e delizia dei nostri occhi. Momento grave e
solenne questo, che non. Alla luce della Parola di Dio appena proclamata, anchio
desidero offrire a voi tutti qualche spunto di riflessione.
1. «Come in un solo
corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione,
così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo».
La forza originaria che costituisce la città è la coscienza di essere «ciascuno per la
sua parte
membra gli uni degli altri». È la coscienza di una reciproca
appartenenza, la quale genera quella profonda amicizia civile che è il legame più forte
di ogni città, come già la sapienza pagana aveva affermato [cfr. Aristotele, La politica
1262 b, 9-14; cfr. anche il commento di S. Tommaso: «tutti comunemente pensiamo che
lamicizia civile è il più grande bene della città»].
Esiste ancora nel cuore di ogni bolognese quellamore per la sua città
che non consente che sia sfregiata e deturpata nella sua bellezza? Se così fosse, non
vedremmo la nostra città ridotta ad un degrado tale, quale forse non ha mai
conosciuto nella sua storia recente. Sporcizia e conseguente degrado sono il segno di un
disinteresse per la propria città; più profondamente, di estraneità al bene comune. Ma
non posso non compiacermi e non lodare quanti nei mesi scorsi si sono impegnati perché
potessimo vivere in una città semplicemente più pulita.
La comunità cittadina è costituita, come dicevo, dallamicizia civile,
poiché essa [lamicizia civile] è condivisione dei beni umani fondamentali e
precede ogni legittima cura degli interessi particolari ed individuali, impedendo al
necessario confronto democratico di degenerare in una lotta tra avversari. Ma in che cosa
consiste lamicizia civile intesa come forza di intima coesione sociale?
Essa è in primo luogo la consapevolezza che ciascuno di noi è
originariamente relazionato agli altri. La relazione fra le persone non è semplicemente
il risultato di una contrattazione fra individui naturalmente separati, ma è una
dimensione costitutiva della nostra persona: «ciascuno per la sua parte siamo membra gli
uni degli altri», ci ha detto pocanzi lApostolo.
Vari secoli di visione individualista della persona umana hanno
progressivamente oscurato la coscienza che luomo ha di se stesso, del suo essere
in relazione. Hanno inaridito, di conseguenza, il terreno di cultura della
vera amicizia civile.
Essa tuttavia non è solamente consapevolezza di una verità circa luomo. È anche e
soprattutto una modalità di esercitare la propria libertà.
Cari fratelli e sorelle: forse questo è il cuore del dramma che anche la
nostra città sta attraversando.
Tre sono state le grandi esperienze storiche che hanno generato il nostro modo occidentale
di pensare e di esercitare la libertà: la liberazione del popolo ebreo dalla schiavitù
egiziana; lesperienza della polis greca; la costruzione giuridica edificata da Roma.
Tutte e tre sono state fatte proprie dalla fede cristiana, poiché in ciascuna di esse la
fede cristiana ha intravisto la stessa logica, una sorta di grammatica elementare della
libertà. E cioè: la libertà è un bene condiviso; non si è liberi da soli, a
prescindere dagli altri. Portando a perfezione lintuizione comune a quei tre grandi
eventi fondatori della nostra libertà, la fede cristiana le ha dato il nome di capacità
di donarsi.
La corruzione che ha subito lidea e lesperienza di
libertà è stato ed è il principale fattore di mortificazione dellamicizia civile,
anche nella nostra città. |
Caro
Cardinale, sarebbe utile puntare, dentro il terzo settore, a una seconda università di
Bologna, "laica" e vicina al mondo produttivo e dell'occupazione
1. La premessa.
L'ottavo messaggio del Cardinale, in San Petronio, preannunciato da lui stesso (qualche
settimana fa) come il più importante, dopo i 7 messaggi precedenti, ha preso le mosse:
- dalla constatazione, nella città, di "un degrado tale, quale
forse non ha mai conosciuto nella sua storia recente. Sporcizia e conseguente degrado sono
il segno di un disinteresse per la propria città; più profondamente, di estraneità al
bene comune;
- per passare a proporre a Bologna di "diventare un vero laboratorio
sociale della sussidiarietà" per affrontare adeguatamente i propri problemi;
- e concludere nell'indicare, come strumento, la istituzione di
"un Consiglio permanente per la sussidiarietà", composto da
"Municipalità, Imprese, Terzo settore".
Considerato che, dentro il Terzo Settore, la Chiesa bolognese ha presenze
forti (basti accennare ai "Ciellini" (vale dire C.L., Comunione e Liberazione, a
cui si dice appartenere il Cardinale), alla "Caritas Diocesana"..., la offerta
del Cardinale si configura come la richiesta del riconoscimento (per la chiesa locale) di
un ruolo politico-sociale dentro il Comune, nel momento giusto (il Comune è in uno stato
di bisogno finanziario).
Dalla stampa risulta che l'offerta ha fatto discutere per alcuni giorni. Si
è notato un "sì" obbligato da certi ambienti (si può rispondere NO ad una
offerta generosa del Cardinale ?); un "NO, grazie" da altri ambienti, in qualche
modo "concorrenziali"; taluna diffidenza per conclusioni forzate, rispetto alle
citazioni aristoteliche, tomistiche, paoline, ... in premessa, o per contestazioni che
va superato il pregiudizio della contrapposizione tra pubblico e privato ... .(
Direi, infatti, che è pacifico, oggi, che il pubblico e il privato sono di reciproca
complementarietà).
2. Una nostra proposta al Cardinale: approfondire, dentro il terzo settore,
la possibilità di istituire, a Bologna, una seconda università.
Della istituzione di una seconda università a
Bologna, si parla da almeno 10 anni. E ci sono vari motivi:
1) L'Alma Mater ha perduto circa 30.000 studenti (erano 120.000 all'inizio del
Rettorato di Calzolari);
2) Negli ultimi 3 anni ha dimesso anticipatamente almeno 400 professori ordinari,
ancora in forma, in seguito alla cura dimagrante dei vari governi di Berlusconi.
3) Ci sono sulla piazza 4000 ricercatori precari, la gran parte preparatissimi, ma
dei quali pochi saranno ammessi alla carriera universitaria di ruolo.
Ci sono, poi, alcune questioni di fondo:
1) il collegamento tra ricerca scientifica universitaria e imprese è sempre
stato difficile, a causa della rigidità della attuale università nel rapportarsi
all'esterno, ma è cosa opportuna e necessaria;
2) vive, con ostentazione, in alcuni settori dell'ateneo, una cosiddetta
"ideologia" (parte di sinistra, parte di Curia) che riesce a catturare il
consenso nei momenti elettorali, fino ad eleggere il Rettore. Tale è Ivano Dionigi, pur
se nei comportamenti è risultato tutt'altro che di quella ideologia "mista",
salvo per le forme di ossequio formale alla curia e al partito (va alla Festa dell'Unità,
e non in silenzio).
In queste condizioni, che si direbbero propizie al grande
salto, servirebbe un finanziatore (e dei locali), per far partire la seconda
università di Bologna. Si tratta di occupare spazi completamente liberi,
ma con un rinnovato slancio teso:
- a creare un rapporto vivo con il mondo industriale e culturale, e del lavoro;
- a seguire una linea "laica", vale dire pariteticamente aperta
alle varie istanze della società civile ed unicamente scientifica, sia umanistica sia
tecnologica. Nino Luciani |
Certamente la municipalità così come le altre
istituzioni pubbliche non è in grado di far rifiorire lamicizia civile. In
ragione della sua competenza specifica non è in possesso di mezzi adeguati a tale scopo.
Ma essa deve riconoscere e promuovere quelle comunità nelle quali il carattere amicale
dellesistenza è favorito. In primo luogo la famiglia. Essa infatti non è solo un
luogo di consumo. È sorgente di quei beni umani immateriali senza dei quali è
impossibile lamicizia civile.
Lapostolo Paolo,
sempre nella seconda lettura, non si limita a dire che «siamo un solo corpo», ma fa
unaggiunta decisiva: «in Cristo». Agostino aveva ragione quando scrisse: «il
genere umano è
il più incline alla discordia per passione e il più socievole per
natura» [De civitate Dei 12, 27, 1].
In questo contesto si comprende quale sia il primo servizio che la comunità cristiana
può offrire alla città. Esso non consiste principalmente nelloffrire una dottrina
morale; nellessere portatrice di unetica civile. Il primo servizio è
introdurre nella nostra città la realtà di una vera comunione fra le persone; far
accadere dentro alla nostra vita cittadina levento di una vera fraternità. «Voi
non chiamate nessuno Rabbì, poiché uno solo è il vostro maestro, e voi
siete tutti fratelli» [Si può vedere la mia Omelia della Solennità di Pentecoste, dove
ho sviluppato più a lungo questo tema].
Il primo e fondamentale servizio della comunità cristiana è pertanto la celebrazione
dellEucarestia, sacramento della passione del Signore. «Colui che fu steso sulla
croce» infatti «nel momento della morte è colui che unisce a sé ed armonizza ogni
cosa, conducendo le diverse nature degli esseri ad ununica cospirazione ed armonia»
[S. Gregorio di Nissa, Oratio catechetica 32,61; GNO III/4,80].
2. Lamicizia
civile non basta. Non basta infatti evitare che il bene comune sia avvertito come
meno interessante del proprio individuale profitto. Lamicizia civile
deve generare il coinvolgimento operativo di tutti per il bene comune della nostra città,
senza restringerlo dentro gli schemi utilitaristici, della legalità per la legalità, di
ideologie astratte e false.
Cari fratelli e sorelle, ciò che in questo momento tanto difficile anche per
la nostra città è richiesto, è un vero e profondo cambiamento culturale, una vera e
profonda trasformazione di mentalità. È a questo che ci invita la Parola di Dio:
«Abbiamo
doni diversi secondo la grazia data a ciascuno».
La conversione culturale, la trasformazione di mentalità ha un nome: si
chiama sussidiarietà.
Cari fratelli e sorelle, se questa conversione accade, è larchitettura stessa della
nostra cittadinanza, della nostra civile convivenza, che cambia profondamente. Non abbiamo
forse il diritto di sperare che Bologna possa diventare un vero laboratorio
sociale della sussidiarietà ? Altre volte essa si è mostrata capace di essere
un vero laboratorio sociale. Non è certamente questo il luogo ed il contesto per
sviluppare come meriterebbe questo tema. Mi limito ad un paio di riflessioni.
La prima. Sussidiarietà significa che «tutte le società
di ordine superiore devono porsi in atteggiamento di aiuto [
], quindi di sostegno,
promozione e sviluppo rispetto alle minori» [Compendio della Dottrina sociale della
Chiesa, 186]. Sussidiarietà significa corrispondentemente che il bene comune della nostra
città è raggiunto solo mettendo assieme sui contenuti essenziali del medesimo bene municipalità,
imprese, e la società civile organizzata nel cosiddetto terzo settore.
Questa architettura sociale favorisce la responsabilità delle singole
persone e dei gruppi sociali; impone ai tre soggetti suddetti di cooperare secondo la
propria natura e la finalità propria. Né la municipalità, né limpresa, né la
società civile nel senso suddetto da sole, ossia considerate separatamente, possono
rispondere in modo soddisfacente alle necessità della nostra città. Come dicevo, è una
vera conversione culturale che solamente può rigenerarla.
Non sarebbe forse utile che si istituisse un «Consiglio permanente
per la sussidiarietà» che aiuti a progettare questa nuova architettura sociale
di cui la nostra città ha così urgente bisogno?
La seconda. Perché la nostra vita cittadina possa
edificarsi secondo questo modello di sussidiarietà, dobbiamo abbandonare definitivamente
due pregiudizi.
Il primo è costituito dalla contrapposizione tra pubblico e privato. È
un vecchio pregiudizio ideologico, falso sul piano di dottrina della società, devastante
sul piano pratico, e che la storia stessa si è già incaricata di condannare. Va
pienamente riconosciuta la funzione sociale del privato: si pensi alla famiglia.
Trattasi di un riconoscimento
che non va pensato in termini di una conciliazione fra due ambiti della vita
tendenzialmente confliggenti. Ma va pensato in termini di una armonia che vede
pubblico e privato nella loro diversità, reciprocità e complementarietà.
Il secondo è una concezione ancillare del rapporto della società
civile colle istituzioni pubbliche. È una sorta di sussidiarietà rovesciata: imprese,
società civile diventano semplicemente funzionali allamministrazione, alla sua
programmazione ed organizzazione.
Cari amici, la nostra città non può rassegnarsi a gestire
leredità passata. Essa sarà capace di costruire il nuovo, solo se vorrà veramente
ripensare e riprogettare larchitettura spirituale della sua convivenza. È questo
anche un grave dovere verso le nuove generazioni, che non possono essere private del loro
diritto di sperare.
Non lasciarci, Signore; non abbandonarci: illumina su questa città il
tuo volto, e saremo salvi. Amen |
|
Dalla
Fondazione della Cassa dei Risparmi di Forlì - ENTE FINANZIATORE
(con SERINAR) DELL'UNIVERSITA' DI FORLI' e CESENA, mentre in CdA
prosegue ( 21 giugno) iter approvazione nuovo Statuto Ateneo di Bologna |
PierGiuseppe Dolcini
|
Mentre in CdA il prof. Gallina "ama" il progetto del Rettore,
il Presidente DOLCINI:
vede "segnali non incoraggianti nella bozza
del nuovo statuto, riguardo alla dimensione autonoma".
e chiede"UN DECENTRAMENTO AUTONOMISTICO".
e di "sfruttare" le opportunità della legge Gelmini
per i "decentramenti meritevoli e virtuosi" |
Nota. Nelle
scorse settimane, docenti della Romagna avevano invocato:
1) L'autonomia gestionale dei Campus (già Poli), nel rispetto delle norme
istitutive del sistema Multicampus concordate con il MIUR;
2) i Presidenti-Coordinatori dei Campus siano eletti (non
"designati" dal Rettore) dai membri del Campus tra i Docenti incardinati.
3) il Campus abbia un Dirigente amministrativo, l'autonomia di bilancio e il
supporto amministrativo ai Dipartimenti/ Facoltà della Romagna, senza
vincoli da Dipartimenti di Bologna.
4) Il ProRettore per le sedi decentrate della Romagna sia designato dal
rettore "tra i presidenti-coordinatori" dei Campus. |
|
Dalla
Corte di cassazione: stato di amministrazione della giustizia |
|
Inaugurazione
dell'anno giudiziario 2011
RELAZIONE DEL PRIMO PRESIDENTE
Dr. Ernesto Lupo |
|
Nino Luciani. Per la riforma della "giustizia", la premessa è partire dalle
proposte dei Magistrati.
Propongo ai Colleghi la relazione del Dr. E. LUPO,
perchè mi è sembrata ( tra le relazioni ascoltate negli scorsi anni), incisiva
("tre parole", dirette al segno) e vera, quale espressione della situazione
della giustizia in Italia.
Emerge che il nodo di base (tra tanti nodi) è quello della scopertura
dell'organico. Non si va avanti perchè non c'è personale, e questo viene affermato con
ragionamenti sicuramente fondati, perchè prendono a riferimento un organico minimale,
(quello attuale), fatto per l'Italia di anni fa, quando la popolazione era minore di
quella attuale, e non c'era la popolazione estera, sopravvenuta in questi anni. Peggio, a
causa del blocco del turnover, non ci sarà una normale trasmissione delle competenze dai
magistrati attuali ai giovani successori, e quindi peggiorerà la qualità dei futuri
giudici.
Tra i politici, all'inaugurazione ha parlato il Vice Presidente del Consiglio della
Magistratura Michele Vietti, ed ha parlato il Ministro Angelino Alfano. Non è neppure il
caso di riportare alcunchè del discorso del Ministro, tanto mi è sembrato balbettante,
non so se per eccesso di inesperienza in confronto alle "spalle" dei Magistrati
(ha parlato anche il Procuratore generale Dr. Vitaliano Esposito), o se (più
probabilmente) per la limitatezza degli spazi che Berlusconi e Tremonti lasciano al
giovane Ministro.
Va anche detto che la spesa pubblica in Italia è pari al 52% del PIL, e dunque non
c'è parola che possa giustificare la detta ristrettezza di personale, che i Governi (non
da adesso) assegnano ad un settore (la giustizia) che rientra tra i compiti
fondamentali dello Stato (difesa, ordine pubblico, grandi infrastrutture), e che per
questo è nata con lo Stato, già da millenni. Alla fine mi domando verso quale altra
parte vadano i soldi dello Stato (ma su questo mi riservo uno studio, che farò, prima o
poi), considerato che il 52% del PIL è veramente tanto.
La relazione qui riportata è quella "letta" dal Primo
Presidente. Chi volesse ulteriormente leggere, clicchi su:
http://www.cortedicassazione.it/DocumentiPrimaPag/InaugurazioneAG/InaugurazioneAG.asp#
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Ernesto Lupo, Relazione sullamministrazione della giustizia nellanno
2010
Testo orale, in inaugurazione dellanno giudiziario 2011, Roma, 28 gennaio 2011
..........
..........
2.- Lo stato dellamministrazione della giustizia non differisce molto da
quanto riportato nella Relazione dellanno precedente.
Va rilevata soprattutto la preoccupante situazione di scopertura
dellorganico della magistratura, frutto in primo luogo dei ritardi con cui a
partire dallanno 2002 sono stati banditi i concorsi per lingresso di nuovi
magistrati.
Gli effetti di tali ritardi non sono stati ancora superati dallimpegno dellattuale
Ministro, Angelino Alfano, che ha messo a concorso 713 posti, che si aggiungono ai
253 magistrati assunti nel 2010.
Nellanno decorso vi sono stati 414 pensionamenti, di cui 227 anticipati
rispetto al limite detà e, perciò, presumibilmente favoriti dallentrata in
vigore delle misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria. (Sono andati in
pensione anticipata ben 24 magistrati della Corte di cassazione e della Procura
generale!).
Non meno preoccupante è il decennale blocco di assunzioni del personale amministrativo
e tecnico: lorganico del personale, nellarco di dieci anni, è passato da
oltre 46.000 unità a poco più di 39.000 presenze.
3. - Tra i tanti problemi posti dalle corti dappello ritengo che priorità
assoluta debba essere data al tema dei tempi della giustizia. Il Comitato
dei Ministri del Consiglio dEuropa, nella risoluzione del 2 dicembre 2010, ha
rivolto per lennesima volta la sua attenzione al nostro Paese per ribadire
che i tempi eccessivi nell'amministrazione della giustizia italiana "un grave
pericolo per il rispetto dello Stato di diritto, conducendo alla negazione dei diritti
consacrati dalla Convenzione" europea dei diritti delluomo.
La durata media dei giudizi penali e, ancor più, dei giudizi civili supera
notevolmente quella ritenuta ragionevole dalla Corte europea dei diritti delluomo,
come risulta dalle più precise informazioni che sono state fornite nelle parti IV e V
della relazione scritta, in cui lo stato della giustizia è stato analizzato soprattutto
sotto la prospettiva dei tempi della giustizia. La conseguenza è che, dall'entrata
in vigore della c.d. legge Pinto, sono stati promossi dinanzi alle corti d'appello
quasi 40.000 procedimenti camerali per l'equa riparazione dei danni derivanti
dall'irragionevole durata del processo, con costi enormi per le finanze dello Stato, il
quale, inoltre, ritarda nel pagamento degli indennizzi già liquidati in via giudiziale,
tanto che, sempre nel mese scorso, la Corte di Strasburgo ha pronunziato 475 sentenze di
condanna dellItalia per ritardati pagamenti di indennizzi. La realizzazione di una
durata ragionevole dei processi, secondo le concordi prescrizioni dellart. 111 della
Costituzione italiana, dellart. 6 della CEDU e dellart. 47 della Carta dei
diritti fondamentali dellUnione europea, è essenziale:
- per il rispetto di un diritto fondamentale di ogni persona, il diritto alla
giustizia, che costituisce una sorta di precondizione per la tutela di ogni altro diritto,
una sorta di "diritto ai propri diritti";
- per limmagine dellItalia nel panorama europeo e internazionale;
- per gli effetti sulleconomia e sulla competitività internazionale del
sistema Italia.
Il Presidente della Repubblica, nel discorso pronunciato il 20 dicembre scorso
nellincontro al Quirinale con le Alte Magistrature della Repubblica, ha rivolto una pressante
sollecitazione ad un "nuovo spirito di condivisione", che conduca
tutti "a individuare, fuori da ogni schema e contrapposizione pregiudiziale, i
temi, le esigenze, le sfide ineludibili per qualsiasi soggetto rappresentativo
responsabile".
Non intendiamo sottrarci a questo esercizio di responsabilità, a cui tutti siamo
chiamati. Sul tema della crisi di complessiva efficienza che è il vero problema
del nostro sistema giudiziario nessuno può chiamarsi fuori, limitandosi ad additare
le colpe altrui. Tutte le istituzioni sono coinvolte e tutte debbono sentire come propria
responsabilità, su ogni altra prevalente, lesigenza di ridurre la durata dei
processi civili e penali.
Vi è allora da chiedersi: cosa fare? La risposta è nella stessa risoluzione del
Comitato dei Ministri del Consiglio di Europa il quale ha invitato lItalia ad
adottare "una strategia a medio e lungo termine" per risolvere "il
problema strutturale" della durata dei processi "che esige un forte
impegno politico".
Questa strategia ritengo che debba essere adottata attraverso lelaborazione
di un vero e proprio Piano per la durata ragionevole dei processi che impegni tutti
i soggetti che hanno responsabilità nel sistema giudiziario e che prenda in
considerazione, in modo organico, tutti i fattori che incidono sui tempi del processo.
Il Piano deve mirare a rendere compatibili, da un lato, lentità
complessiva della domanda di procedimenti giudiziari civili e penali e,
dallaltro, la capacità dellapparato di soddisfare tale domanda nei
tempi che, in relazione ai vari tipi di procedimenti, sono stati specificamente indicati
dalla Corte di Strasburgo. Se questi tempi vengono in concreto rispettati dalla gran
parte degli altri 46 Stati che hanno aderito alla Convenzione sui diritti umani, questo
risultato può e deve essere raggiunto anche dal nostro Paese.
Rispetto alla situazione attuale, e nellimmediato, lobiettivo del Piano si
deve concretizzare sia nel diminuire lentità della domanda di procedimenti,
sia nellaumentare la capacità di risposta degli uffici giudiziari. Nella
relazione scritta sono state date talune indicazioni per perseguire i detti obbiettivi,
nellintento di fornire un contributo agli organi politici competenti, ai quali il
Consiglio di Europa ha chiesto "un forte impegno".
3.1. Per quanto riguarda la giustizia civile occorrono strumenti deflattivi
della domanda. Merita consenso liniziativa governativa della mediazione realizzatasi
con il d. lgs. 4 marzo 2010, n.28, in attuazione di orientamenti dell'Unione europea.
E essenziale, pertanto, che si superino, prima dellentrata in vigore del
provvedimento (prevista per il 20 marzo 2011), le difficoltà applicative segnalate dal
Consiglio nazionale forense.
Occorre, purtroppo, rilevare che la Pubblica Amministrazione, come parte in un
numero elevato di controversie, non fornisce un apporto di tipo conciliativo, pure
possibile di fronte ad indirizzi giurisprudenziali ormai consolidati, ma tende a riversare
sulle pronunce giurisdizionali la soluzione di controversie che potrebbero essere, se non
eliminate, quantomeno semplificate attraverso una fase conciliativa pre-contenziosa.
Come significativa eccezione può essere segnalato il comportamento dellINPS
che, coinvolto in circa 1.000.000 di cause civili pendenti (circa il 20% del totale),
sta pervenendo, secondo quanto affermato di recente dal suo presidente, grazie a una più
attenta vigilanza e a una migliore organizzazione interna dellIstituto, a una
drastica riduzione di quella che è stata efficacemente definita una "domanda
drogata" di giustizia.
Più in generale, non si può ignorare unanomalia che ci caratterizza
rispetto ad altri Paesi: lelevatissimo e crescente numero di avvocati.
Secondo il rapporto della Commissione europea per lefficacia della giustizia del
Consiglio d'Europa dellanno 2010, il rapporto giudici/avvocati, nel 2008, era
in Italia di 32,4 avvocati per ogni giudice, in Francia di 8,2 e in Inghilterra di 5.
Anche nel rapporto avvocati/abitanti, lItalia surclassa la Francia con 332
avvocati per 100.000 abitanti, contro 75,8 della Francia.
3.2. Nel settore della giustizia penale lafflusso di procedimenti è
necessariamente correlato al numero dei reati commessi. Si impone, allora, un
restringimento dellarea degli illeciti penali, mediante il proseguimento della
politica di depenalizzazione, che non ha più visto interventi organici dopo il d.
lgs. 30 dicembre 1999, n. 507: non esiste sistema processuale che possa far fronte in
tempi ragionevoli allabnorme numero di fatti che sono considerati reati nel nostro
ordinamento.
Per quanto riguarda il processo penale, nella relazione scritta vengono individuati
diversi fattori di rallentamento del corso della giustizia, alcuni di tipo
normativo, altri di tipo culturale, che si concretano in prassi distorte
delluso di strumenti processuali.
Con riferimento ad auspicabili interventi normativi, mi limito qui a indicare il processo
contumaciale, che, comè emerso da molte annotazioni provenienti dai distretti,
continua a rappresentare una delle più rilevanti cause di ritardo dei procedimenti
penali. Si è perciò proposta una riforma dellistituto la sospensione
dei procedimenti nei confronti degli irreperibili che conseguirebbe un duplice obiettivo:
- innanzitutto, di evitare la trattazione di processi molto spesso destinati a
essere prolungati a seguito del meccanismo della restituzione in termini (oggi ormai
praticamente inevitabile per gli irreperibili), riducendo così lo spreco di risorse
giudiziarie inutilmente impiegate;
- conformare, poi, il nostro sistema processuale ai principi della CEDU. Al di là
dei temi affrontati e degli interventi proposti, mi preme osservare che dotarsi di un
piano per la durata ragionevole dei processi non comporta che debba precedersi alla sua
realizzazione operando contemporaneamente tutte le innovazioni ritenute necessarie, ma significa
soprattutto cambiare metodo nello studio e nella realizzazione di tutti gli interventi
legislativi e strutturali futuri. Occorre prestare la massima attenzione agli effetti che
ogni innovazione può avere sulla durata dei giudizi.
E necessario sempre ricercare quel giusto equilibrio tra diritti delle parti
ed esigenze di funzionalità del processo che Vittorio Grevi al quale va il mio
commosso ricordo ha posto, specie negli ultimi tempi, al centro della sua riflessione
scientifica e del suo impegno civile.
4. In relazione agli obiettivi del piano strategico è bene precisare che
linefficienza del sistema giustizia non dipende dallassetto
ordinamentale e dallequilibrio dei poteri delineato dalla Costituzione repubblicana,
concretamente realizzato a partire dallistituzione della Corte
costituzionale e del Consiglio superiore della magistratura. Questi organi, nei
rispettivi ambiti di competenza, hanno costituito e costituiscono componenti
fondamentali per la connotazione della Repubblica come Stato costituzionale di
diritto.
Chiunque abbia dimestichezza con le istituzioni di altri paesi sa che il modello
ordinamentale italiano costituisce un punto di riferimento nel mondo. Nel panorama
internazionale prescindendo dal sistema professionale anglosassone, derivante da
tradizioni secolari del tutto peculiari si contrappongono due modelli ordinamentali: quello
gerarchico-piramidale di discendenza napoleonica e quello italiano, noto come modello
orizzontale, caratterizzato dalla pari dignità di tutte le funzioni, dal governo
autonomo della giurisdizione, dallindipendenza del Pubblico Ministero
dallinfluenza del potere esecutivo, principi di cui è garante il Consiglio
superiore della magistratura.
Questo modello orizzontale ha meritato al sistema italiano grande attenzione in ambito
internazionale, come risulta dai tanti atti ufficiali adottati nellambito delle
Nazioni Unite e del Consiglio di Europa (alcuni dei quali recentissimi) che sono stati
citati nella relazione scritta.
Da tali documenti emerge la considerazione che in campo internazionale si ha per il sistema
di equilibrio di poteri realizzato nel nostro Paese, in attuazione del disegno che
i nostri saggi Padri Costituenti tracciarono per costruire uno Stato costituzionale di
diritto, in cui nessun potere è assoluto, neppure il potere del popolo, che la
sovranità "esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione".
Di quel delicato equilibrio che merita di essere salvaguardato e tutelato perché è
elemento decisivo della democrazia costituzionale e ha garantito la vita democratica del
nostro Paese è parte essenziale il principio di legalità come indefettibile
connotato dellesercizio di ogni potere.
Come ha reiteratamente affermato la Corte costituzionale, il principio di legalità, in un
sistema fondato sul principio di eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla
legge, non può essere salvaguardato se non attraverso l'obbligatorietà dell'azione
penale, principio che costituisce "il punto di convergenza di un complesso di
principi basilari del sistema costituzionale, talché il suo venir meno ne altererebbe
l'assetto complessivo".
Lindipendenza garantita da questo modello ordinamentale ai magistrati ha permesso al
sistema di giustizia di affermare il primato della legalità nellesercizio del
potere politico, amministrativo ed economico, a prescindere dalle variabili e contingenti
maggioranze politiche.
Lesercizio di tali rilevanti compiti da parte di giudici e pubblici
ministeri, garantiti da uno statuto di indipendenza, richiede piena consapevolezza
del ruolo proprio della giurisdizione, elevata qualificazione e competenza professionale,
rispetto delle regole deontologiche, massima attenzione alle ragioni degli altri, costume
di sobrietà e di rigore istituzionale e professionale.
La collettività, per potere nutrire fiducia nellistituzione giudiziaria, deve poter
apprezzare tutte queste qualità in ogni magistrato, dal Primo Presidente della Corte
di cassazione al più giovane giudice che inizia la sua attività nella più piccola
sezione distaccata di tribunale. In un sistema democratico, fondato sul bilanciamento dei
poteri con pesi e contrappesi, anche lesercizio dellattività giudiziaria e
giurisdizionale è liberamente valutabile, ma va ribadito che i processi (civili,
penali, disciplinari) si svolgono nelle sedi proprie, dinanzi agli organi
giurisdizionali, e che il sistema processuale assicura le più ampie facoltà di ricorso e
dimpugnazione, a garanzia della compiuta applicazione delle norme di diritto
sostanziale e della piena osservanza delle regole procedimentali.
5. Lultima parte della relazione è dedicata alla situazione della
Corte di cassazione.
Qualunque valutazione sullandamento dellattività giudiziaria svolta presso la
Corte nel 2010 non può ignorare la gravissima situazione di vacanze nellorganico
dei magistrati, che si protrae ormai da tempo e si è aggravata nellultimo anno.
Lorganico dei magistrati risulta oggi scoperto del 26%.
La scopertura del personale amministrativo, che era dell8,74% nel 2009, è
aumentata nel 2010 al 13,44%.
Questa situazione di minori risorse personali si è unita a un aumento sensibile delle sopravvenienze
dei ricorsi. Nel 2010 sono stati presentati: 30.382 ricorsi civili (incremento del 7%
rispetto al 2009), 51.137 ricorsi penali (incremento del 9%).
Affluiscono alla Corte, in media, 320 ricorsi in ogni giornata lavorativa. Si tratta di
numeri che non trovano corrispondenza in alcunaltra Corte di legittimità e che
costituiscono unassoluta anomalia della giustizia italiana (un unicum nel
panorama europeo !).
E perciò indifferibile ladozione di provvedimenti volti a ridurre
lafflusso di procedimenti in Cassazione, che non può essere trasformata da
Corte suprema, garante dei diritti, della legalità e delluniforme applicazione
del diritto, in un "sentenzificio" di scadente qualità.
Lo richiede il decoro della Corte come istituzione, la dignità professionale dei
magistrati e degli avvocati che vi operano e, soprattutto, il rispetto dei diritti dei
cittadini che rivolgono al massimo organo della giurisdizione domande di giustizia.
Nonostante lenorme carico di lavoro, va segnalato che la Cassazione penale riesce
a mantenere tempi ragionevoli quasi unoasi nel deserto della lentezza
della giustizia italiana giacché la durata media per la definizione dei ricorsi
penali è di circa 7 mesi.
Ben diversi sono i tempi di definizione dei ricorsi civili: 35 mesi, diminuiti
peraltro rispetto al 2009 (37 mesi).
Il futuro della Cassazione civile dipenderà dal funzionamento della Sesta sezione
prevista dalla legge n.69/2009, che ha introdotto un filtro interno per la cui
operatività è stato messo in opera un apposito sistema informatico. La nuova
organizzazione è ancora in fase iniziale, ma il giudizio che va espresso sul filtro dei
ricorsi civili è di cauto ottimismo: esso potrà consentire di selezionare e
portare a rapida decisione i ricorsi che pongono questioni di notevole importanza sociale
o economica; potrà anche favorire lapplicazione costante dei principi giuridici in
precedenza enunciati dalla stessa Corte.
Malgrado la diminuzione nel 2010 dei procedimenti definiti, la produttività media dei
consiglieri è aumentata del 2,8% nel settore civile e dell1,6% nel penale.
Tale dato sta a dimostrare che la diminuzione delle definizioni nel 2010 non è dipesa da
una minore produttività dei magistrati, che hanno anzi incrementato il loro impegno in
termini assoluti e percentuali, ma da un sensibile aumento delle scoperture e da una
conseguente riduzione del numero dei magistrati impegnati nella trattazione delle cause.
In questa situazione non si può aggravare ulteriormente limpegno e la
disponibilità individuale dei consiglieri.
Lobiettivo perseguibile è che i magistrati della Corte lavorino
non di più, ma meglio. Una più alta produttività della Corte nel suo complesso è
conseguibile attraverso una migliore organizzazione e una più efficiente
informatizzazione dei servizi, verso cui è stato orientato il programma della Prima
Presidenza fin dallatto del mio insediamento.
In tale direzione si sono indirizzati i primi interventi della Presidenza:
a) una nuova struttura del Segretariato generale, configurato come centro di
coordinamento dellorganizzazione complessiva della Corte;
b) un progetto per la progressiva riduzione dellarretrato civile (in alcune
sezioni sono ancora pendenti ricorsi presentati nel 20052006);
c) listituzione di un ufficio per il procedimento preparatorio delle
decisioni dei ricorsi delle Sezioni unite civili: si è, tra laltro, prevista (e
già iniziata ad attuare) la diffusione delle ordinanze di rimessione alle Sezioni unite,
al fine di provocare sulle relative questioni un dibattito nella dottrina e nel foro,
prima della decisione della Corte;
d) lelaborazione di una bozza di provvedimento sulla previsione di "motivazioni
semplificate" civili, previa deliberazione collegiale, nei casi in cui il motivo
di ricorso prospetti soltanto un vizio di motivazione ovvero una questione giuridica già
decisa e meritevole di essere confermata.
Linnovazione, attualmente oggetto di discussione allinterno e allesterno
della Corte, è coerente con lorientamento della legge n. 69/2009 e segue le
riflessioni che, già nel 1989, elaborò il mio predecessore Antonio Brancaccio, la
cui lunga ed efficace presidenza della Corte costituisce un modello per la mia azione.
Per quanto riguarda, infine, il sistema informatico della Corte, la necessità di un
intervento di riorganizzazione è stata affermata dal CSM con delibera del 28 luglio 2010,
che ha criticato lassetto dato al Centro Elettronico di Documentazione in
anni recenti.
Per una valutazione attenta delle critiche e dei possibili miglioramenti ho istituito un
gruppo di lavoro che ha concluso nei giorni scorsi la propria attività e consegnato una
relazione ove sono proposte linee dintervento. Nelle prossime settimane saranno
predisposti gli schemi degli opportuni provvedimenti riorganizzativi, da sottoporre alla
valutazione di tutte le componenti che hanno partecipato al gruppo di lavoro. 14
6. Questa apertura dellanno giudiziario cade in una fase particolarmente
delicata e critica della vita del nostro Paese, in cui sembrano prevalere
contrapposizioni, frammentazioni e interessi settoriali, mentre è necessario fortificare
il senso della dimensione comune e della coesione collettiva, come presupposto per
uscire dalle difficoltà che lItalia vive. Nella relazione ho tentato di offrire in
nome dei magistrati di questa Corte un contributo di razionalità da immettere nel
dibattito pubblico e istituzionale, che nasce dallesperienza di un lungo esercizio
di funzioni giurisdizionali, esperienza che identifica nelleffettività del
principio di legalità, inteso in tutta la sua ricchezza costituzionale, la precondizione
della libertà e del rilancio economico, sociale e morale del paese.
Per quanto ci compete, assicuriamo
che i magistrati continueranno ad adempiere
alle loro funzioni con serenità e con impegno, fedeli al modello di giudice che
efficacemente un nostro filosofo del diritto ha delineato come proprio dello Stato
democratico costituzionale: "un giudice capace, per la sua indipendenza, di
assolvere un cittadino in mancanza di prove della sua colpevolezza, anche quando il
sovrano o la pubblica opinione ne chiedono la condanna, e di condannarlo in presenza di
prove anche quando i medesimi poteri ne vorrebbero l'assoluzione". ERNESTO LUPO |
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