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tag : legge elettorale Italia, nuove proposte, premio di maggioranza,
ballottaggio, soglia sbarramento partiti, voto di preferenza |
RICOMINCIATA
LA GIRANDOLA SULLA LEGGE ELETTORALE |

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IL PUNTO
DELLA SITUAZIONE. |
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1) nel testo già approvato dalla Camera il 12
marzo 2014 |
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2) nelle direttive della Corte Costituzionale il 13
gen. 2014, modificative della legge |
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GLI ELEMENTI PRINCIPALI RIMESSI IN DISCUSSIONE (per la CAMERA) :
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1) Il premio di maggioranza al
partito con almeno il 40% dei voti |
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2) il ballottaggio tra i primi
due partiti, in secondo turno, se nessun partito ottiene il 40% dei voti |
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3) la soglia di sbarramento ai
singoli partiti in coalizione (che scende al 3%) |
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4) sono ammesse le preferenze
(sia pur, più per principio che nei fatti) |
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Berlusconi e Renzi
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La sentenza 1/2014 e la relazione della Corte
costituzionale sul Porcellum ( legge n. 270 del
2005.) La pronuncia è contenuta nella sentenza n. 1 del 2014,
depositata il 13 gennaio. (Stralcio)
Le censure della Corte si sono appuntate su due aspetti del sistema
elettorale:
- il premio di maggioranza;
- e le liste bloccate.
Va precisato però che la sentenza specificamente ...
Nel vigente sistema elettorale proporzionale, il premio di maggioranza,
come disciplinato per la Camera, secondo la Corte, è foriero di
una eccessiva sovra-rappresentazione della lista di maggioranza relativa, in quanto
consente ad una lista che abbia ottenuto un numero di voti anche relativamente esiguo di
acquisire la maggioranza assoluta dei seggi. In tal modo si può verificare in concreto
una distorsione fra voti espressi ed attribuzione di seggi che, pur essendo presente in
qualsiasi sistema elettorale, nella specie assume una misura tale da comprometterne la
compatibilità con il principio di eguaglianza del voto.
Questo meccanismo, che si aggiunge alle previsioni in materia di soglie
per laccesso al sistema proporzionale di attribuzione dei seggi, pur finalizzato al
legittimo obiettivo di favorire la formazione di stabili maggioranze parlamentari e
quindi di stabili governi non solo compromette, ma addirittura, secondo la Corte,
rovescia la ratio della formula elettorale prescelta dallo stesso
legislatore del 2005, che è quella di assicurare la rappresentatività
dellassemblea parlamentare.
Leffetto che ne deriva è quello di una eccessiva
divaricazione tra la composizione dellorgano della rappresentanza politica, che è
al centro del sistema di democrazia rappresentativa e della forma di governo parlamentare
prefigurati dalla Costituzione, e la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto,
che costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare,
secondo lart.
1, secondo comma, Cost..
Questo effetto è incompatibile non solo con lart.
1 Cost., ma anche con lart.
67 Cost. che configura le Camere come sedi esclusive della rappresentanza
parlamentare titolari di funzioni esclusivamente proprie, tra cui quella di
revisione costituzionale.
In queste valutazioni la Corte inserisce la dirimente constatazione
dellassenza nella vigente legge elettorale di una ragionevole soglia di voti
minima per competere allassegnazione del premio: questa mancanza determina
unalterazione del circuito democratico definito dalla Costituzione, basato sul
principio fondamentale di eguaglianza del voto stabilito dallart.
48, secondo comma, Cost.. Infatti, nei sistemi proporzionali, gli elettori hanno
la legittima aspettativa che non si determini uno squilibrio sugli effetti del voto,
e cioè una diseguale valutazione del peso del voto in uscita, ai
fini dellattribuzione dei seggi, che non sia necessaria ad evitare un pregiudizio
per la funzionalità dellorgano parlamentare.
...
In definitiva, secondo la Corte costituzionale, il legislatore nel
perseguire discrezionalmente lobiettivo di rilievo costituzionale della stabilità
del governo del Paese e dellefficienza dei processi decisionali in ambito
parlamentare deve rispettare il vincolo del minor sacrificio possibile degli altri
interessi e valori costituzionalmente protetti, quali la sovranità popolare,
luguaglianza anche del voto, la rappresentanza politica nazionale.
Per il Senato, lattribuzione del premio
è irragionevole per mancanza di una soglia minima di voti per conquistarlo
incidendo anche sulleguaglianza del voto, in violazione degli artt. 1,secondo
comma, 3, 48, secondo comma, e 67 Cost, già richiamati per le disposizioni relative alla
Camera; inoltre, lattribuzione su base regionale realizza leffetto che
la maggioranza in seno allassemblea del Senato sia
(CONTINUA QUI SOTTO, stesso colore) |
TESTO di riforma elettorale approvato dalla Camera il 12 marzo 2014, dopo
la sentenza della Corte Costituzionale del 13 gennaio 2014. In questo testo risulta tolta
la parte relativo all'elezione del Senato.
Per l'elezione della Camera dei deputati, le
principali caratteristiche del sistema sono:
- il territorio nazionale è diviso in circoscrizioni regionali, ciascuna
delle quali suddivisa in collegi plurinominali;
- le liste di candidati sono presentate nei collegi plurinominali; possono
presentarsi singolarmente o in coalizione con un unico programma di Governo;
- le soglie di sbarramento per accedere alla attribuzione dei seggi sono
basate sulla percentuale dei voti validi a livello nazionale: 12% per le coalizioni, 4,5%
per le liste coalizzate e 8% per le liste non coalizzate; resta ferma la soglia al 20% dei
voti validi della circoscrizione per la lista rappresentativa di minoranza linguistica
riconosciuta;
- alla coalizione o lista vincente che supera il 37 per cento dei voti
validi a livello nazionale è attribuito un premio di maggioranza fino a un massimo di 340
seggi;
- nel caso in cui la coalizione o lista vincente non raggiunga il 37 per
cento dei voti, si procede al ballottaggio tra le due liste o coalizioni che hanno
ottenuto il maggior numero di voti validi; in questo caso alla lista o coalizione vincente
sono attribuiti 321 seggi;
- i seggi sono attribuiti alle coalizioni ed alle liste a livello nazionale
e distribuiti sul territorio proporzionalmente ai voti ottenuti nelle circoscrizioni e nei
collegi.
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NINO LUCIANI, La
spiegazione delle tesi, più sopra. 1.- Dovremo
rassegnarci a un nuovo pasticcio. Dopo la caduta della DC abbiamo sperimentato
due leggi elettorali per il parlamento, ma ancora non siamo apposto, soprattutto dopo la
sentenza della corte costituzionale, che ha azzoppato il Porcellum.
La pregiudiziale è il criterio su cui basarsi, anche per eventuali forzature su
principi fondamentali (come la corretta rappresentatività dell'elettorato),
dovrebbe essere la governabilità e non la conquista di posti in parlamento.
a) la governabilità, come criterio. Se la condizione primaria di
qualunque proposta è la sua "costituzionalità" (complessiva) e se le camere
sono due, mi pare che la legge debba prevedere una soluzione, rispettiva, per entrambe.
Poi se, in seguito, cesserà il bicameralismo, una parte della legge decadrà
automaticamente.
- Il premio di maggioranza su base nazionale anche al Senato ? Nel caso
del Porcellum, il premio su base nazionale (adesso anche il ballottaggio) fu disposto solo
per la Camera, arguendone la incostituzionalità per il Senato. Ma poi si disse che questa
seconda motivazione non aveva fondamento, in quanto il premio modifica il peso comparato
dei partiti, ma non delle Regioni.
Ci si decida.
E siccome, sicuramente nessun partito supererà il 40%, sarebbe opportuno di
risolvere su base nazionale per il Senato, anche per il ballottagio, vale dire la conta
dei partiti da ammettere a ballottaggio si faccia sommando i risultati parziali regionali
di ogni partito.
- Come sanare la frammentazione dei partiti. Essa, in questa fase, non è
rimediabile con gli sbarramenti in entrata ai piccoli partiti. Lo si è sperimentato
ampiamente negli anni, per via della proliferazione dei gruppi parlamentari, nel corso
delle legislature.
b) In caso di modifiche minime in Costituzione.
Il fondamento della frammentazione dei partiti sta nella Costituzione,
laddove essa dispone:
- che il parlamentare esercita le funzioni senza vincolo di mandato;
- e che governi vivono sulla fiducia delle camere, revocabile in ogni momento: nel
senso che, rivendicando una propria autonomia, il parlamentare riesce ad ottenere favori
personali, ricattando il governo.
In questo senso (considerato che è difficilissimo modificare la costituzione), le
misure costituzionali minime potrebbero essere:
- vincolare il potere di auto-organizzazione delle camere ad un minimo di coerenza
con la governabilità dello Stato (es. un gruppo parlamentare che non supera la soglia
minima, sia tenuto ad afferire ad uno dei due gruppi maggiori);
- disporre (volendo restare nell'ambito di una repubblica parlamentare) che
il Premier sia eletto da entrambe le camere (in seduta congiunta) per l'intera
legislatura, e sia sfiduciabile solo per casi gravissimi (attentato alla Costituzione,
immoralità gravi), e comunque non per dissensi sul sopravvenuti sul programma del
governo;
- disporre che il Premier possa nominare e revocare i ministri.
Con l'occasione delle modifiche costituzionali, se il Senato rimane tale e
quale, si potrebbe sanare il dubbio sulla legittimità costituzionale del premio
elettorale su base nazionale.
c) Sulle preferenze. E' forse il caso di mettere in chiaro che la
possibilità delle preferenze ai candidati non cambia molto rispetto alla impossibilità
delle medesime, ossia al fatto che il candidato sia scelto dal partito.
Infaffi, per lunga esperienza, solo le lobby (ossia associazioni culturali,
professionali, di impresa...) riescono ad esercitare con luce il voto, perchè solo le
lobby riescono a distinguere tra i candidati.
Per contro il grande pubblico non conosce i candidati, e l'eventuale esercizio
della preferenza è una azione molto superficiale e generica
NINO LUCIANI |
il risultato casuale di una somma di premi
regionali, che può finire per rovesciare il risultato ottenuto dalle liste o coalizioni
di liste su base nazionale, favorendo la formazione di maggioranze parlamentari non
coincidenti nei due rami del Parlamento, pur in presenza di una distribuzione del voto
nellinsieme sostanzialmente omogenea. Questo effetto, che rischia di
compromettere il funzionamento della forma di governo parlamentare e lesercizio
della funzione legislativa delle Camere, risulta secondo la Corte lesivo degli stessi
articoli della Costituzione sopra richiamati. Quanto al meccanismo
delle liste bloccate, la pronuncia evidenzia che, sia per la Camera
che per il Senato, il voto dellelettore ha ad oggetto una lista
nella quale lordine dei candidati è sostanzialmente deciso dai partiti;
inoltre, l'ampio numero dei candidati, in alcuni casi, è tale da renderli
difficilmente conoscibili dallelettore stesso. Se poi si tiene conto
della possibilità di candidature multiple e della facoltà delleletto di optare per
altre circoscrizioni sulla base delle indicazioni del partito, anche laspettativa
dellelettore che conti su un certo ordine di lista può essere delusa.
Queste caratteristiche della disciplina elettorale hanno leffetto di
escludere che lelettore abbia margini di scelta, che invece è totalmente
rimessa ai partiti , pur non essendo desumibili nel nostro ordinamento attribuzioni
costituzionali ai medesimi partiti, i quali con la presentazione di alternative
elettorali e con la selezione dei candidati alle cariche elettive
pubbliche consentono di raccordare il diritto, costituzionalmente riconosciuto
ai cittadini, di associarsi in una pluralità di partiti con la rappresentanza
politica.
Secondo la Corte, questo sistema ferisce la logica della
rappresentanza perché alla totalità dei parlamentari eletti, senza alcuna
eccezione, manca il sostegno della indicazione personale dei cittadini e il rapporto
di rappresentanza fra elettori ed eletti non si costituisce correttamente e direttamente:
la coartazione della libertà di scelta degli elettori contraddice il principio
democratico, incidendo sulla stessa libertà del voto di cui allart.
48 Cost..
La sentenza precisa che queste caratteristiche rendono la disciplina in
esame non comparabile né con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per una
parte dei seggi, né con altri caratterizzati da circoscrizioni elettorali di dimensioni
territorialmente ridotte, nelle quali il numero dei candidati da eleggere sia talmente
esiguo da garantire leffettiva conoscibilità degli stessi e con essa
leffettività della scelta e la libertà del voto (al pari di quanto accade nel caso
dei collegi uninominali).
La sentenza si sofferma sul carattere autoapplicativo della
disciplina elettorale che risulta allesito delle declaratorie di
illegittimità: resta infatti un sistema proporzionale depurato
dellattribuzione del premio di maggioranza; e le norme censurate riguardanti
lespressione del voto risultano integrate in modo da consentire un voto di
preferenza che assicura il rinnovo degli organi e del quale è impregiudicata la
valutazione dellopportunità e/o dellefficacia.
La Corte non ha tuttavia scelto di indicare puntualmente le
singole disposizioni di legge conseguentemente incostituzionali, ma si è limitata ad
affrontare tre aspetti della disciplina di risulta.
Il primo riguarda la disposizione che stabilisce che sono
proclamati eletti, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha diritto, i candidati
compresi nella lista medesima «secondo lordine di presentazione»: essa non appare
alla Corte incompatibile con lintroduzione del voto di preferenza, dovendosi
ritenere lordine di lista operante solo in assenza di espressione della
preferenza.
Il secondo riguarda le disposizioni sulla redazione delle schede
elettorali su cui devono essere riprodotti i contrassegni di tutte le liste regolarmente
presentate nella circoscrizione: esse, secondo la Corte, non escludono che le schede siano
integrate da uno spazio per lespressione della preferenza. Il terzo aspetto riguarda
il carattere unico della preferenza: tale carattere secondo la Corte risulta in
linea con quanto risultante dal referendum del 1991, ammesso con sentenza n. 47 del 1991,
in relazione alle formule elettorali proporzionali.
Comunque, il legislatore non solo potrà compiere interventi
normativi secondari, meramente tecnici ed applicativi della sentenza per risolvere
altri simili eventuali inconvenienti ma, ove lo ritenga, potrà
correggere, modificare o integrare la disciplina residua.
La pronuncia infine chiarisce la questione degli effetti
della declaratoria di illegittimità sugli organi parlamentari in
funzione, specificando che, sia in conseguenza della speciale retroattività delle
dichiarazioni di illegittimità che colpiscono solo i rapporti pendenti e non quelli già
chiusi, sia per il principio della continuità dello Stato, in particolare dei suoi organi
costituzionali, essi si produrrano solo in occasione di una nuova consultazione
elettorale e non toccheranno gli atti posti in essere in conseguenza di quanto
stabilito durante il vigore delle norme annullate, compresi gli esiti delle elezioni
svoltesi e gli atti adottati dal Parlamento eletto |
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Con questa riforma, il governo Renzi vuole abolire la potestà legislativa
regionale in materia concorrente (Stato/Regioni)..., e abolire le Province.
Più sotto è possibile trovare il testo integrale del testo del Senato. |
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Tuttavia, pur se questa riforma avrà un impatto importante sul piano
politico, non l'avrà sul risanamento del bilancio dello Stato, come invece vuol fare la
Francia e che, dunque, ha un motivo valido ritardare la austerity. Una riforma vera delle
Regioni richiederebbe, invece, di revisionare l'impianto Stato-Regioni. Vediamo come. |
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Matteo
Renzi |
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LUCIANI: STATO o REGIONI ? LE REGIONI
come enti amministrativi (ossia, non legislativi)
con i compiti delle province (abolite) e di riordino generale dei
Comuni ? |
MOTIVI : |
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1) le Regioni sono un doppione dello Stato (a parte quelle
"speciali" o per ragioni etniche);
2) la gestione delegata della sanità ha creato una sanità non uniforme nel territorio
dello Stato;
3) l'abolizione delle Province è stata sostituita da costosi mini enti, anzichè da
"enti intermedi" di dimensione regionale. |
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SPESA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE NEL
COMPLESSO dal 1960 AL 2009.
SI NOTA LO SBALZO DAL 1977 (entrata in funzione delle Regioni) |
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CAMERA DEI DEPUTATI N. 2613
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
APPROVATO, IN PRIMA DELIBERAZIONE,
DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
l8 agosto 2014 (v. stampato Senato n. 1429)
PRESENTATO DAL GOVERNO RENZI.
Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario,
la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle
istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della
Costituzione.
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CAPO IV
MODIFICHE AL TITOLO V
DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE
ART. 28.
(Abolizione delle Province).
1. Allarticolo 114 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: " dalle Province, " sono soppresse;
b) al secondo comma, le parole: " le Province, " sono soppresse.
ART. 29.
(Modifica allarticolo 116 della Costituzione).
1. Allarticolo 116 della Costituzione, il
terzo comma è sostituito dal seguente:
" Ulteriori forme e condizioni particolari
di autonomia, concernenti le materie
di cui allarticolo 117, secondo comma,
lettere l), limitatamente allorganizzazione
della giustizia di pace, n), s) e u), limitatamente
al governo del territorio, possono
essere attribuite ad altre Regioni, con legge
dello Stato, anche su richiesta delle stesse,
sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi
di cui allarticolo 119, purché la
Regione sia in condizione di equilibrio tra
le entrate e le spese del proprio bilancio.
La legge è approvata da entrambe le
Camere, sulla base di intesa tra lo Stato e
la Regione interessata ".
ART. 30.
(Modifica dellarticolo 117 della Costituzione).
1. Larticolo 117 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
" ART. 117. La potestà legislativa è
esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel
rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dallordinamento
dellUnione europea e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle
seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali
dello Stato; rapporti dello Stato
con lUnione europea; diritto di asilo e
condizione giuridica dei cittadini di Stati
non appartenenti allUnione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le
confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza
dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e
mercati finanziari e assicurativi; tutela
della concorrenza; sistema valutario; sistema
tributario e contabile dello Stato;
armonizzazione dei bilanci pubblici; coordinamento
della finanza pubblica e del
sistema tributario; perequazione delle risorse
finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi
elettorali; referendum statali; elezione del
Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici
nazionali; norme sul procedimento
amministrativo e sulla disciplina giuridica
del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche tese ad assicurarne
luniformità sul territorio nazionale;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad
esclusione della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali;
ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti
civili e sociali che devono essere garantiti
su tutto il territorio nazionale; disposizioni
generali e comuni per la tutela della
salute, per la sicurezza alimentare e per la
tutela e sicurezza del lavoro;
n) disposizioni generali e comuni sullistruzione;
ordinamento scolastico; istruzione
universitaria e programmazione
strategica della ricerca scientifica e tecnologica;
o) previdenza sociale, ivi compresa la
previdenza complementare e integrativa;
p) ordinamento, legislazione elettorale,
organi di governo e funzioni fondamentali
di Comuni e Città metropolitane;
disposizioni di principio sulle forme associative
dei Comuni;
q) dogane, protezione dei confini nazionali
e profilassi internazionale; commercio
con lestero;
r) pesi, misure e determinazione del
tempo; coordinamento informativo statistico
e informatico dei dati dellamministrazione
statale, regionale e locale; opere
dellingegno;
s) tutela e valorizzazione dei beni
culturali e paesaggistici; ambiente ed ecosistema; ordinamento sportivo;
disposizioni generali e comuni sulle attività culturali e sul turismo;
t) ordinamento delle professioni e
della comunicazione;
u) disposizioni generali e comuni sul
governo del territorio; sistema nazionale e
coordinamento della protezione civile;
v) produzione, trasporto e distribuzione
nazionali dellenergia;
z) infrastrutture strategiche e grandi
reti di trasporto e di navigazione di interesse
nazionale e relative norme di sicurezza;
porti e aeroporti civili, di interesse
nazionale e internazionale.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa
in materia di rappresentanza in Parlamento
delle minoranze linguistiche, di pianificazione
del territorio regionale e mobilità al suo interno, di dotazione infrastrutturale,
di programmazione e organizzazione
dei servizi sanitari e sociali, di promozione dello sviluppo economico locale
e organizzazione in ambito regionale
dei servizi alle imprese; salva lautonomia
delle istituzioni scolastiche, in materia di
servizi scolastici, di istruzione e formazione
professionale, di promozione del
diritto allo studio, anche universitario; in
materia di disciplina, per quanto di interesse
regionale, delle attività culturali,
della promozione dei beni ambientali, culturali
e paesaggistici, di valorizzazione e
organizzazione regionale del turismo, di
regolazione, sulla base di apposite intese
concluse in ambito regionale, delle relazioni
finanziarie tra gli enti territoriali
della Regione per il rispetto degli obiettivi |
programmatici regionali e locali di finanza
pubblica, nonché in ogni materia non
espressamente riservata alla competenza
esclusiva dello Stato.
Su proposta del Governo, la legge dello
Stato può intervenire in materie non riservate
alla legislazione esclusiva quando
lo richieda la tutela dellunità giuridica o
economica della Repubblica, ovvero la tutela
dellinteresse nazionale.
Le Regioni e le Province autonome di
Trento e di Bolzano, nelle materie di loro
competenza, partecipano alle decisioni dirette
alla formazione degli atti normativi
dellUnione europea e provvedono allattuazione e allesecuzione degli
accordi internazionali e degli atti dellUnione europea,
nel rispetto delle norme di procedura
stabilite con legge dello Stato, che disciplina
le modalità di esercizio del potere
sostitutivo in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo
Stato e alle Regioni secondo le rispettive
competenze legislative. È fatta salva la
facoltà dello Stato di delegare alle Regioni
lesercizio di tale potestà nelle materie e
funzioni di competenza legislativa esclusiva.
I Comuni e le Città metropolitane
hanno potestà regolamentare in ordine
alla disciplina dellorganizzazione e dello
svolgimento delle funzioni loro attribuite,
nel rispetto della legge statale o regionale.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo
che impedisce la piena parità degli
uomini e delle donne nella vita sociale,
culturale ed economica e promuovono la
parità di accesso tra donne e uomini alle
cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della
Regione con altre Regioni per il migliore
esercizio delle proprie funzioni, anche con
individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la
Regione può concludere accordi con Stati
e intese con enti territoriali interni ad
altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato ".
ART. 31.
(Modifiche allarticolo 118 della Costituzione).
1. Allarticolo 118 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, la parola: " Province,
" è soppressa;
b) dopo il primo comma è inserito il
seguente:
" Le funzioni amministrative sono esercitate
in modo da assicurare la semplificazione
e la trasparenza dellazione amministrativa,
secondo criteri di efficienza e
di responsabilità degli amministratori ";
c) al secondo comma, le parole: " , le
Province " sono soppresse;
d) al terzo comma, le parole: " nella
materia della tutela dei beni culturali "
sono sostituite dalle seguenti: " in materia
di tutela dei beni culturali e paesaggistici ";
e) al quarto comma, la parola: " ,
Province " è soppressa.
ART. 32.
(Modifica dellarticolo 119 della Costituzione).
1. Larticolo 119 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
" ART. 119. I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia
finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dellequilibrio dei relativi bilanci,
e concorrono ad assicurare losservanza dei
vincoli economici e finanziari derivanti
dallordinamento dellUnione europea.
I Comuni, le Città metropolitane e le
Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono
e applicano tributi ed entrate propri
e dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro
territorio, in armonia con la Costituzione
e secondo quanto disposto dalla legge dello Stato ai fini del coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario.
La legge dello Stato istituisce un fondo
perequativo, senza vincoli di destinazione,
per i territori con minore capacità fiscale
per abitante.
Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai
commi precedenti assicurano il finanziamento
integrale delle funzioni pubbliche
dei Comuni, delle Città metropolitane e
delle Regioni, sulla base di indicatori di
riferimento di costo e di fabbisogno che
promuovono condizioni di efficienza.
Per promuovere lo sviluppo economico,
la coesione e la solidarietà sociale, per
rimuovere gli squilibri economici e sociali,
per favorire leffettivo esercizio dei diritti
della persona, o per provvedere a scopi
diversi dal normale esercizio delle loro
funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive
ed effettua interventi speciali in favore
di determinati Comuni, Città metropolitane
e Regioni.
I Comuni, le Città metropolitane e le
Regioni hanno un proprio patrimonio,
attribuito secondo i princìpi generali determinati
dalla legge dello Stato. Possono
ricorrere allindebitamento solo per finanziare
spese di investimento, con la contestuale
definizione di piani di ammortamento
e a condizione che per il complesso
degli enti di ciascuna Regione sia rispettato
lequilibrio di bilancio. È esclusa ogni
garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi
contratti ".
ART. 33.
(Modifica allarticolo 120 della Costituzione).
1. Allarticolo 120, secondo comma,
della Costituzione, dopo le parole: " Il
Governo " sono inserite le seguenti: " ,
acquisito, salvi i casi di motivata urgenza,
il parere del Senato della Repubblica, che
deve essere reso entro quindici giorni dalla
richiesta, " e sono aggiunte, in fine, le
seguenti parole: " e stabilisce i casi di
esclusione dei titolari di organi di governo
regionali e locali dallesercizio delle rispettive
funzioni quando è stato accertato lo
stato di grave dissesto finanziario dellente
".
ART. 34.
(Limiti agli emolumenti dei componenti
degli organi regionali).
1. Allarticolo 122, primo comma, della
Costituzione, sono aggiunte, in fine, le
seguenti parole: " e i relativi emolumenti
nel limite dellimporto di quelli attribuiti
ai sindaci dei Comuni capoluogo di Regione
".
ART. 35.
(Soppressione della Commissione
parlamentare per le questioni regionali).
1. Allarticolo 126, primo comma, della
Costituzione, lultimo periodo è sostituito
dal seguente: " Il decreto è adottato previo
parere del Senato della Repubblica ". |
NINO
LUCIANI, Per un opportuno inquadramento della situazione locale, serve ripartire dal
"compronesso storico" di Moro e Berlinguer, e dal 1865.
1.-Premessa. La riforma del titolo V della Costituzione dovrebbe essere un passo
fondamentale verso la riduzione della spese inutili dello Stato, seguendo il criterio di
eliminare i doppioni della Pubblica Amministrazione e gli enti inutili (più che
taglieggiare i singoli uffici, paralizzandoli).
La riforma Renzi abolisce la potestà delle Regioni in "materia
concorrente con lo Stato" e abolisce le Province. Ciò è importante.
Ma, poi, guardando più a fondo, ci si accorge che si tratta dei soliti
compromessi, per cui rimane il problema di fondo: le Regioni rimarranno un duplicato dello
Stato, che è un lusso che non possiamo più permetterci. Alle Province subrentrano
piccoli enti locali, non elettivi. Non cambia molto dal lato costi.
2.- Perchè furono fatte le Regioni e le Province. La corretta impostazione della
riforma richiede ritrovare la memoria. Cari giovani del Governo, avete studiato ?
Perchè furono fatte le Regioni ? C'è sempre un
"motivo dichiarato" nobile nel fare le cose. Nel caso delle regioni il motivo
nobile della Costituzione del 1948 fu di valorizzare l'autonomia locale e il
controllo diretto dei cittadini sulla Pubblica Amministrazione, ottenendo minori costi, in
luogo della inefficienza delle macro-strutture, quali lo Stato.
Ma dal 1948 al 1970 non se ne fece nulla, perchè gli enti locali erano fin
troppi per la autonomia locale: oltre 100 Province e oltre 8.000 Comuni.
La ragione primaria, vera, per cui verso il 1970 si attuarono le
Regioni, fu un'altra. Nel 1970 la DC era al potere da oltre 20 anni, e con molte
disfunzioni da corruzione e vecchiaia, a causa della mancanza di alternanza tra i grandi
partiti al governo, l'ossigeno delle democrazie moderne.
Il caso storico vuole che, in quella fase, il partito di alternanza era il
PCI e questo, oltre al divieto degli americani, incontrava lo scandalo dei ben pensanti,
visto come funzionavano le cose dove comandava il PCI (ossia in Unione Sovietica).
Ed ecco l'inventiva degli italiani: Moro e Berlinguer fecero un compromesso
storico tra la DC e il PCI:
a) lo Stato separava i propri compiti in funzioni di
interesse statale e funzioni di interesse regionale (quelle già
prefigurate, ma mai attuate, nella Costituzione del 1948;
b) lo Stato cedeva, poi, alle Regioni queste ultime, che avrebbero creato dei
propri uffici regionali ed esercitato un potere legislativo, accanto a
quello dello Stato ( in seguito, anche allargato).
Lo Stato, a sua volta, avrebbe chiuso i propri uffici, corrispondenti;
c) inoltre lo Stato avrebbe delegato (come torta grossa) alle Regioni la gestione
della sanità, pur essendo una funzione di interesse nazionale, in base all'art.
32 della Costituzione, e dunque da erogare uniformemente nel territorio nazionale.
2.- I fatti. In realtà, a partire dalla attuazione dello
ordinamento regionale (1977), di botto le spese della Pubblica Amministrazione aumentarono
del 15%, in termini di PIL. Lo vediamo dalla tabella sopra (clicca su: Spesa P.A. ) che abbiamo ricostruito sulla base di dati forniti dalla
Ragioneria dello Stato.
I fatti negativi più gravi furono:
- che lo Stato non abolì i propri i uffici delle funzioni trasferite,
cosicchè ci fu un doppione (si ricorderà il caso macroscopico del ministero
dell'agricoltura, successivamente abolito con referendum, ma poi ripristinato con il nome
di Ministero delle politiche agricole;
- i 20 parlamenti regionali sono stati un doppione rispetto a quello del parlamento in
materia concorrente, ed hanno generato una infinità di leggi diverse, per le stesse cose,
in ogni regione.
- le Regioni sono state una fonte di spese senza controllo, a favore dei partiti locali al
potere. Gli scandali emersi ultimamente lo hanno segnalato (in Emilia Romagna, ERRANI si
è dimesso; nel Lazio ci fu l'episodio analogo con le dimissioni della Presidente
Palombelli).
3.- Stato o Regioni ? Non sarà la magistratura a contenere un oceano. In
generale, i problema è un taglio drastico delle fonti dello spreco.
Visto che il marcio sta nel doppione Stato le Regioni, la retta via è
abolire l'uno o l'altro. Quelli che vogliono la secessione o il referendum del Veneto
pensano ad abolire lo Stato unitario, per tornare a qualcosa che somigli agli Staterelli
pre-unitari.
Chi vuole questo, sappia che non sarebbe solo la fine dell'unità politica
dell'Italia, ma ma anche lo sbracamento totale dal lato spesa pubblica e la
moltiplicazione della disuglianza sociale tra gli italiani delle varie Regioni.
Proviamo a guardare cosa è avvenuto per la sanità. Non tornerò
sulla mala sanità dal lato spese, perchè già evidenziata in altro nostro servizio
(clicca su: sanità ), e ad abundantiam dagli
specialisti. Voglio solo mostrarenelle tabelle più sopra le diseguaglianza per singole
prestazioni significative, quali:
- i posti letto per abitante delle strutture pubbliche per abitante;
- gli ambulatori e laboratori pubblici per abitante;
- le prestazioni di cardiologia per abitante. come enti legislativi (il parlamento
italiano basta e avanza).
Rispetto al problema di fondo, che è di ridisegnare la struttura dello Stato
nel suo complesso la riforma del Governo è solo un pannicello caldo.
Vediamo per le Province. Queste furono fatte nel 1865 quale
ente intermedio tra lo Stato unitario e i Comuni. E' evidente che le cose sono cambiate
dal lato delle distanze tra le città, nel senso che la modernizzione dei mezzi di
trasporto ha praticamente annullato le distanze e quindi l'ente intermedio dovrà avere
territori più ampi (ossia regionali). Invece, la riforma va sostituire le Province con
enti non elettivi non molto diversi, come dimensione, dalle Province.
Infine, i Comuni. Il problema del loro ridisegno territoriale è
stato già affrontato in modo più o meno diretto (incentivcare le unioni..., aree
metropolitane ...): tutte cose utilissime, ma sempre impostate a metà
4.- Conclusioni. Direi che le Regioni vadano abolite come
enti legislativi e che la sanità torni alla gestione dello Stato.
Direi, invece, che:
a) le Regioni vadano ridefinite come enti amministrativi, a cui va affidata tutta la
materia della amministrazione locale;
a) Le competenze delle Province (abolite) vadano alle Regioni;
b) Le competenze dei Comuni vadano alle Regioni, che le eserciteranno mediante delega ai
Comuni, da caso a caso.
NINO LUCIANI |
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EDIZIONI PRECEDENTI
UNIVERSITA': prosegue il dialogo sindacale in preparazione
di nuovi eventi, dal Miur |

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ADI, ADU, ANDU, ARTeD, CIPUR, CISAPUNI, CISL-Universita',
CNRU, CNU, CoNPAss, CSA-CISAL Universita', FLC-CGIL, LINK, RETE29Aprile, SNALS-Docenti,
SUN-Universitas News, UDU, UGL-INTESA FP, UIL RUA .
Il COMUNICATO DELLA RIUNIONE DEL 29 MAGGIO A ROMA
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- numero chiuso;
- reclutamento alla spagnola;
- unipertutti;
- censura al Rettore
dell'Università di Messina |
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Nella riunione unitaria del 29 maggio
2014 si sono affrontate diverse questioni, tra le quali:
1. Numero chiuso. La dichiarata intenzione del Ministro di
introdurre presto la 'selezione alla francese' ha fatto ritenere opportuna la elaborazione
di un comunicato unitario che sara' 'abbozzato' presto da Jacopo Dionisio, Nunzio Miraglia
e Mario Nobile e proposto alle Organizzazioni prima della sua diffusione. Se l'idea del
Ministro dovesse diventare qualcosa di piu' concreto, sara' convocata una specifica
riunione unitaria per discutere a fondo sul numero chiuso e sulle sue ipotizzate modifiche
dei meccanismi di selezione. Anche in questa riunione e' stata ribadita la richiesta
comune dell'abolizione del numero chiuso in tutti i corsi di laurea.
2. Reclutamento alla spagnola. L'intenzione del Ministro e'
di adottare il meccanismo di reclutamento e avanzamento della docenza in vigore in Spagna:
tre ruoli con passaggi legati a una valutazione continua e 'automatica'. Si e' anche
discusso sulla proposta del CUN di sostituire le due figure di ricercatore a termine con
quella del "professore iunior".
3. Unipertutti. L'iniziativa ha avuto un'adesione e un
interesse elevati, nonostante il poco tempo di 'preavviso' e di preparazione, nonostante
il numero relativamente limitato di coloro che hanno 'gestito' l'iniziativa e nonostante
che non tutte le Organizzazioni abbiano espresso un sostegno adeguato. L'orientamento
sarebbe quello di farne una scadenza almeno annuale e di realizzare una 'piattaforma web'
stabile dove riportare liberamente le esperienze e le proposte dei docenti che non si
rassegnano alla consunzione dell'Universita'. Naturalmente una simile scelta deve passare
da una verifica tra e nelle Organizzazioni per stabilire chi e' disponibile a impegnarsi
in questa 'impresa'. I partecipanti all'inziativa hanno ricevuto una lettera di
ringraziamento con l'invito a esprimere opinioni e informazioni. In calce e' riportato il
link con le loro risposte. Questo link e' 'riservato' e quindi si prega di non diffonderlo
oltre i responsabili delle Organizzazioni.
4. Censura a Messina. Si e' discusso della censura del rettore di
Messina nei confronti di Mauro Federico. Si e' approvato il testo riportato subito a
seguire dopo il punto 5.
5. Come e' gia' noto, si e' ricordato al prof. Marco Mancini (Direttore del Dipartimento
dell'Università, già Presidente della CRUI - Ndr) l'impegno assunto nell'incontro dell'8 maggio
al Miur di proseguire il confronto.
CENSURA AL RETTORE DELL'UNIVERSITA' DI MESSINA
Le Organizzazioni universitarie hanno più volte denunciato la condizione di crisi delle
istituzioni universitarie e di limitazione progressiva degli spazi di autonomia e libertà
nei nostri Atenei, determinata dalla Legge 240/2010, che ha ampliato oltremisura i poteri
del rettore e ha posto all'interno degli atenei la competenza disciplinare.
Dall'approvazione di questa legge ad oggi i casi di uso improprio degli eccessivi poteri
concessi a rettori, consigli di amministrazione e collegi disciplinari si sono
moltiplicati, come si è moltiplicato il contenzioso presso il TAR.
In questo contesto risulta sempre più difficile esercitare una pubblica e
libera attività di stimolo e di critica in difesa della Università democratica e
qualificata.
Nelle scorse settimane, il prof. Mauro Federico ha commentato on-line una
notizia data da alcune agenzie riguardante il prof. Mario Centorrino rivelatasi poi
infondata. La cancellazione del commento è stata immediata come immediate sono state le
scuse inviate al collega Centorrino e per conoscenza a tutto l'Ateneo. Un errore
certamente spiacevole quello commesso da Mauro Federico, ma conclusosi rapidamente con una
piena assunzione di responsabilità pubblica per quanto accaduto. Del resto, lo stesso
prof. Centorrino non ha ritenuto di dover proseguire in alcun modo nei confronti del
collega. La lettura della documentazione consente di ricostruire l'intera vicenda.
Il Rettore dell'Ateneo di Messina ha invece ritenuto di dover comunque
censurare Mauro Federico senza, peraltro, rispettare le norme in vigore., previste dalla
Statuto e dal Regolamento di Ateneo.
Le Organizzazioni universitarie ritengono che la censura
comminata a Mauro Federico sia carente di effettiva motivazione e che la procedura seguita
sia illegittima. Si sostiene con forza, quindi, la richiesta di annullamento del
provvedimento da parte del Ministro al quale è stato avanzato ricorso, come consentito
dalla Legge.
E' indispensabile e sempre più urgente intervenire legislativamente per
introdurre negli Atenei e nel Sistema nazionale universitario una gestione realmente
democratica, esercitata da Organi collegiali che, a tutti i livelli, siano espressione di
un'elezione diretta da parte di tutte le componenti universitarie.
Il clima di costante minaccia dell'uso degli strumenti disciplinari non è
accettabile in nessun settore della società, e lo è ancor meno nell'Università, dove la
libertà di pensiero, di ricerca e di insegnamento, costituzionalmente tutelata, deve
essere alla base dell'attività e dell'esistenza stessa di questa Istituzione.
L'Ateneo di Messina è impegnato in un difficile sforzo di riorganizzazione
e rilancio che crea inevitabilmente fortissime tensioni che sarebbe necessario stemperare.
L'iniziativa del Rettore va invece oggettivamente nella direzione opposta, rischiando di
aumentare il malessere interno all'Ateneo. Si auspica, infine, che, in tempi rapidi, il
Rettore riveda la sua posizione e ritiri egli stesso il provvedimento di censura.
P.S: In margine al documento di censura, si ricorda che la grave situazione di
antidemocraticità della gestione dell'Ateneo di Bologna, in seguito al nuovo statuto in
base alla legge Gelmini, fu stigmatizzata, già a suo tempo, dalla Intersindacale locale,
mediante un referendum consultivo con alta partecipazione della Comunità universitaria
(Docenti e Amm.vi), e quasi unanime. In particolare il referendum si opponeva alla
determinazione del Rettore di designare, e praticamente nominare, i membri del CdA,
anzichè farlo elettivo, a parte le successive sentenze del TAR, che diedero ragione
alle Università che avevano fatto elettivi i rispettivi CdA (NdR).) |
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SITUAZIONE NELL'UNIVERSITA': cosa si fa a Roma |

Stefano Paleari, Presidente
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CRUI-Conferenza
dei Rettori. Obiettivo: puntare fin da subito su
libertà, attrattività
e giovani. Necessario un piano per inserire 1.500 giovani
allanno per 5 anni.
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SINDACATI UNIVERSITARI. Obiettivo
UNIPERTUTTI: coinvolgere tutte le Università italiane e rimarcare la
funzione dell'Università Statale come bene comune. Un bene che la politica e i giornali
spesso presentano come costoso e superfluo.
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ARGOMENTI DI
PUNTA, posti dal Miur: |
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- sistema di finanziamento;
- costo standard;
- punti organico. |
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LA
POSIZIONE DELLA CRUI:
"Università ai minimi termini"
Le 10 proposte della CRUI
per il reclutamento.
La situazione: Professori -27%,
reclutamento dei giovani irrisorio, svuotati i dipartimenti di medicina.
Obiettivo: puntare fin da subito su libertà, attrattività e giovani.
Necessario un piano per inserire 1.500 giovani allanno per 5 anni.
Gli interventi che, a partire dal 2009, si sono succeduti sul sistema
universitario in materia di finanziamento e, di conseguenza, nel processo di reclutamento
del personale hanno determinato un profondo ridimensionamento. Non solo, si sono al tempo
stesso prodotti squilibri tra le varie categorie di personale che i risultati delle
recenti Abilitazioni Scientifiche Nazionali hanno ulteriormente evidenziato.
Inoltre, il D. lgs. 49/2014 ha ridotto quasi per intero i
margini di autonomia degli Atenei italiani, indipendentemente dallo stato dei singoli
bilanci. I dati delle tabelle 1 e 2 testimoniano il senso di questa premessa. Nello
specifico, il numero di professori ordinari si è ridotto di quasi 1/3.
Per i professori associati e per i ricercatori gli effetti sono meno
clamorosi, ancorché assai rilevanti, per la naturale minore anzianità media che ha
determinato minori pensionamenti. Sorprende, inoltre, la modesta
dinamica allingresso.
Negli ultimi due anni, a fronte di 20.000 giovani che hanno
acquisito il titolo di dottore di ricerca, le Università italiane, statali e non statali,
hanno reclutato meno di 1.500 ricercatori a tempo determinato, meno del 10%. Un potenziale
di ricerca posto al servizio di altri Paesi, anche nei livelli superiori della docenza,
che mina la capacità attrattiva e la competitività del sistema paese. Peraltro va posto
rimedio al continuo invecchiamento dei professori e dei ricercatori la cui età media è
oggi di 51 anni.
A livello di singola Università, in relazione alle dinamiche di
pensionamento, si sono determinati dei veri e propri vuoti in alcuni settori scientifici
disciplinari, in particolare nellarea medica. I risultati della prima tornata di
abilitazioni scientifiche nazionali hanno determinato contingenti difficilmente
assorbibili dagli Atenei nella attuale condizione finanziaria e normativa.
Ciò è deleterio tanto per i soggetti interessati quanto per i
giovani che vedono autentici colli di bottiglia nel percorso di carriera appena iniziato.
In generale, gli effetti delle politiche degli ultimi anni, così visibili dai dati delle
tabelle 1 e 2, impongono un immediato cambio di rotta che, nel rispetto dei principi di
sostenibilità finanziaria dei singoli Atenei, regoli lingresso nel sistema
universitario.
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LA POSIZIONE DEI SINDACATI
SINTESI dell'incontro
SINDACATI-MIUR
del 8 maggio 2014
- Le Organizzazioni hanno illustrato le analisi e le richieste unitarie
riguardanti gli studenti (diritto allo studio, numeri chiusi e programmati, ecc.),
precariato e reclutamento (unico contratto breve e 'protetto', posti di ruolo, ecc.),
riorganizzazione della docenza (docente unico), governance degli Atenei e del Sistema
nazionale (gestione democratica, organo nazionale di coordinamento, democratico e
rappresentativo di tutte le componenti). Su queste questioni sono stati svolti interventi
di carattere generale e di approfondimento. Da parte di Marco Mancini si e' avuto un
atteggiamento 'prudente': non si può mettere mano a una nuovo riforma complessiva, le
questioni più politiche sono di competenza del Ministro. A questo proposito va
sosttolineato che l'incontro era stato richiesto al Ministro e che Mancini era stato da
essere appositamente delgato a rappresentarlo.
- Dall'incontro sono emerse diverse informazioni sulle intenzione del Ministero
riguaranti diverse questioni.
1. - Scuole di specializzazione di Medicina. Il Ministero vorrebbe arrivare
a 4.000 borse per gli specializzandi (attualmente i fondi ne garantiscano solo 3.300).
2.- Ingresso alla Facoltà di Medicina. il Ministro ritiene l'attuale prova
inefficiente e gli uffici del Ministero stanno cercando di valutare se il sistema di
selezione in vigore in Francia (sbarramento dopo il primo anno) sia applicabile/adattabile
in Italia.
3.- Altre questioni riguardanti gli studenti.
Il Ministero ha identificato i problemi dei trasporti e degli affitti.
Vanno discussi i LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni) a cui dovrebbe aver accesso
ogni studente in possesso dei requisiti di elegibilittà; per questo entro maggio sarà
convocato un tavolo MIUR-CNSU stato-regioni.
Per il diritto allo studio il MIUR ha recuperato circa 60 milioni
d'avanzo dalla legge 338; questi fondi saranno utilizzati per finanziare la
residenzialità studentesca.
Viene ricordato inoltre che alla Camera è stato depositato un testo
sul diritto allo studio (primo firmatario Vacca del M5S) sul quale ci sono ampie
convergenze di maggioranza e opposizione. I dettagli di questo testo sono ancora da
precisare.
4.- Tagli previsti per l'Università. I tagli sono stati 'ridotti' a 15
milioni di Euro per quest'anno e a 20 per il prossimo anno. Il MIUR ritiene che questo
taglio limitato sia un buon risultato a fronte delle cifre inizialmente preventivate. Ciò
nonostante è plausibile che ci siano per quest'anno circa 160 milioni di Euro in meno
nell'FFO. Inoltre, la quota di premialità nell'FFO di quest'anno salirà al 18% e
nell'attuale versione il FFO incorporerà in un singolo capitolo la pluralità dei diversi
fondi che venivano erogati in precedenza.
5.- Reclutamento e promozioni. Marco Mancini ha confermato quanto
detto dal Ministro al CUN, relativamente a punti organico e blocco del turn-over
(quest'anno previsto al 50% su scala nazionale, con una soglia di salvaguardia fissata al
5): entrambe le ipotesi vedono il MEF sostanzialmente poco disponibile.
L'ipotesi di lavoro è una ulteriore rimodulazione dei punti organico
per alleggerirne il peso sul reclutamento e le promozioni. La modifica del punto organico
potrebbe essere fatta entro il 30 giugno (stesso periodo dell'FFO).
E' stato aggiunto che il MIUR sta valutando le ipotesi (i) di
derogare gli RTD-A dal calcolo dei punti organico, e (ii) di sganciare il reclutamento
degli RTD-B da quello dei professori di I fascia. Anche queste ipotesi vedono il MEF
sostanzialmente poco disponibile. Mancini ha quindi confermato le perplessità del MIUR
sull'attuale funzionamento dell'ASN, anche alla luce dell'elevato numero di ricorsi.
Riporta che sono allo studio modifiche per l'applicazione nel secondo biennio.
In ultimo, il ha affermato di ritenere utile incontrarsi
più frequentemente per un confronto, in particolare, su tre temi:
- sistema di finanziamento;
- costo standard;
- e punti organico.
Sindacati rappresentati: ADI, ADU, ANDU, ARTeD,
CIPUR, CISAPUNI, CISL-Universita', CNRU, CNU, CoNPAss, CSA-CISAL Universita', FLC-CGIL,
LINK, RETE29Aprile, SNALS-Docenti, SUN-Universitas News, UDU, UGL-INTESA FP, UIL RUA |
Nino
Luciani, Verso la risalita ? 1.-
Premessa. Erano anni, ormai, che tra il miur e i sindacati non c'era alcun
contatto, massimamente ai tempi della ministra Gelmini.
Ma la cosa non era solo il risvolto della insipienza di "qualcuno". La
prima ragione di ogni sconfitta sta dentro di noi: ossia il fatto che il sindacato non
aveva una voce unica, davanti alla politica, ma una moltitudine di volti e sfaccettature
diverse, la convinzione sbagliata che andando da solo, uno chiedeva meno che tutti assieme
e quindi potesse ottenere qualcosa.
Questo è accaduto massimamente da parte dell'USPUR, e poi dal CIPUR (servo della
Moratti, salvo poi ricredersi e denunciare di essere stato raggirato. Troppo tardi ...
Saluto pertanto con profonda soddisfazione l'iniziativa del coinvolgimento di
TUTTI, per l'università, a cominiciare dagli studenti, dalle famiglie e dai singoli
Rettori.
2. Perchè i governi Berlusconi sono stati tanto
duri con l'università ?
I governi Berlusconi sono stati una vera rovina per l'università. Mi sono
sempre domandato perchè mai tanta durezza e perfino tanta acredine nei parlamentari
di Forza Italia in Senato, quel 28 luglio 2010, in cui fu discusso il disegno di
legge Gelmini.
In quel momento ho associato due cose:
a) il fatto che Forza Italia fosse in parte composta da liberi professionisti e
giornalisti e altri (del pubblico impiego), al cui interno molti, notoriamente, aspirano
alla carriera universitaria;
b) il fatto che l'università sia stata gestita in modo chiuso dai
professori, e dunque abbia a lungo chiuso la porta a quegli aspiranti, forse alcuni
assolutamente meritevoli, almeno per quanto ne so.
Questo spiega molto il fatto che gli esami di abilitazione scientifica, introdotti
dalla Gelmini, mirino a dare un titolo, che è molto prezioso per aumentare una parcella,
ma molto meno prezioso per occupare un posto universitario, tant'è che (per avere un
posto) bisognerà fare un secondo esame.
3. Cosa è cambiato per
sperare in una risalita ? Sono cambiate alcune cose, ma non tutte:
a) la prima è che è calato il numero degli studenti, e questo è un vero
dolore per la società civile, dovuto, più che alla crisi economica generale (meno soldi,
nelle famiglie), alla disaffezione verso l'università (causa meno professori, meno
servizi, meno risorse ai giovani, dai governi) ;
b) la seconda è che il MIUR non è oggi nemico dell'università,
perchè non più controllato dalla Confindustria (sia pur tramite satelliti, infiltrati
dentro il MIUR).
La prova tangibile è che il Capo Dipartimento dell'Università è Marco
Mancini, vale dire un professore universitario, già Presidente della CRUI.
Ultimo ma non ultimo. Non è invece cambiato una certa mentalità:
quella di pensare che l'università possa essere autonoma per la gestione e al tempo
stesso dipendente dal Miur, per il finanziamento fondamentale della spesa corrente.
Non è così. L'autonomia gestionale è imprescindibile dalla autonomia di
entrata e spesa. In questa direzione si può fare tantissimo, pur in un sistema in cui il
principale pagatore sia lo Stato, inteso come "pagatore esterno" per conto delle
famiglie. |
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Clicca su FORUM1 : TUTTORA BLOCCATO IL COMITATO PARLAMENTARE RIFORMA COSTITUZIONE.
BUTTATI VIA UNDICI MESI DEL GOVERNO LETTA? |

Gaetano Quagliariello |
IL
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE S813B È STATO APPROVATO DA SENATO ANCHE IN
SECONDA LETTURA. ESSO E' ALLA CAMERA DAL 28 OTTOBRE PER L'APPROVAZIONE IN SECONDA
LETTURA, MA ... . |
..Anzichè rimettere in
pista la riforma della Governance (elezione diretta del Premier), oggi RENZI-BERLUSCONI
puntano alla sola legge elettorale, per cui i governi italiani dipenderanno ancora dai
partiti, oggi bande senza il senso dello Stato. Renzi mostra di avere la stessa natura
anti-STATO, visto che ha mollato la legge dei Sindaci e gioca tutti i giorni a
destabilizzare il Governo, ignaro che il "non fare" italiano è problema di
burocrazia statale e suoi "giochini verbali" disorientano gli investitori |
LUCIANI: LA RETTA VIA E' FARE CON
LA PROPRIA MAGGIORANZA CIO' CHE SI PUO' DECIDERE CON IL 50%+1
E CERCARE VOTI, ALL'ESTERNO (ma il Premier) PER FARE QUANTO SI PUO' DECIDERE SOLO CON
I 2/3. |
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Matteo Renzi
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DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE . S813B Art. 1. -
(Istituzione del Comitato parlamentare per le riforme costituzionali ed elettorali)
1. È istituito un Comitato parlamentare per le riforme costituzionali
ed elettorali, di seguito denominato «Comitato», composto di venti senatori e venti
deputati, nominati dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro, tra i membri,
rispettivamente, delle Commissioni permanenti competenti per gli affari costituzionali del
Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Oltre ai componenti nominati fanno
parte di diritto del Comitato i Presidenti delle predette Commissioni parlamentari, cui è
affidata congiuntamente la Presidenza del Comitato.
2. La nomina di cui al comma 1 è effettuata su designazione dei Gruppi
parlamentari delle due Camere, previa intesa tra i Presidenti di Gruppo, in base alla
complessiva consistenza numerica dei Gruppi e al numero dei voti conseguiti dalle liste e
dalle coalizioni di liste ad essi riconducibili, assicurando in ogni caso la presenza di
almeno un rappresentante per ciascun Gruppo e la presenza di un rappresentante delle
minoranze linguistiche riconosciute, eletto in una delle circoscrizioni comprese in
Regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze
linguistiche. Se nei cinque giorni successivi alla data di entrata in vigore della
presente legge costituzionale uno o più Gruppi non abbiano provveduto alla predetta
designazione, i Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro, provvedono alla nomina dei
componenti del Comitato sulla base dei criteri di cui al presente comma.
3. La prima riunione del Comitato ha luogo non oltre i dieci giorni
successivi alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.
4. Nella prima seduta il Comitato elegge due vicepresidenti, dei quali
un senatore e un deputato, con voto segreto e limitato ad uno, e due segretari, un
senatore e un deputato, con voto segreto e limitato a uno. Sono eletti coloro che
ottengono il maggior numero di voti. In caso di parità di voti, risulta eletto il più
anziano per età.
5. L'Ufficio di Presidenza del Comitato è composto dai Presidenti, dai
vicepresidenti e dai segretari, e integrato, in sede di programmazione dei lavori, dai
rappresentanti dei Gruppi parlamentari.
6. I componenti del Comitato non possono essere sostituiti con altri
senatori o deputati, neppure per una singola seduta.
7. Nelle sedute delle rispettive Assemblee, i componenti del Comitato
assenti, in quanto impegnati nei lavori del Comitato medesimo, non sono computati ai fini
del numero legale.
Art. 2. - (Competenze e lavori del Comitato)
1. Il Comitato esamina i progetti di legge di revisione costituzionale
degli articoli di cui ai titoli I, II, III e V della parte II della Costituzione, nonché,
in materia elettorale, esclusivamente i conseguenti progetti di legge ordinaria
concernenti i sistemi di elezione delle due Camere.
2. Il Comitato esamina o elabora, in relazione ai progetti di legge
costituzionale di cui al comma 1, anche le modificazioni, strettamente connesse, ad altre
disposizioni della Costituzione o di legge costituzionale.
3. I Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati
assegnano o riassegnano al Comitato i progetti di legge costituzionale relativi alle
materie di cui al comma 1, presentati alle Camere a decorrere dall'inizio della XVII
legislatura e fino alla data di conclusione dei suoi lavori. Assegnano al Comitato anche i
progetti di legge in materia elettorale di cui al comma 1.
4. Il Comitato esamina i progetti di legge ad esso assegnati in sede
referente, secondo le norme della presente legge costituzionale e del regolamento della
Camera dei deputati, in quanto applicabili. Salvo quanto previsto dal primo periodo, il
Comitato può adottare, a maggioranza assoluta dei componenti, ulteriori norme per il
proprio funzionamento e per lo svolgimento dei lavori. Non sono in ogni caso ammesse
questioni pregiudiziali e sospensive nonché proposte di non passare all'esame degli
articoli.
5. I Presidenti del Comitato nominano uno o due relatori e, in tal caso,
un senatore e un deputato. Possono essere presentate relazioni di minoranza. Il Comitato
assegna un termine per la presentazione delle relazioni ed un termine entro il quale
pervenire alla votazione di conclusione dell'esame.
6. Il Comitato, concluso l'esame preliminare dei progetti di legge ad
esso assegnati ai sensi del comma 3, trasmette ai Presidenti delle Camere i testi dei
progetti di legge, ovvero i testi unificati, adottati come base per il seguito dell'esame.
7. Entro i termini fissati d'intesa tra i Presidenti delle Camere,
ciascun senatore o deputato e il Governo possono presentare alle Presidenze delle Camere
emendamenti su ciascuno dei testi adottati ai sensi del comma 6, sui quali si pronuncia il
Comitato.
8. Al fine di rispettare i termini di cui all'articolo 4, la Presidenza
del Comitato ripartisce, se necessario, il tempo disponibile secondo le norme del
regolamento della Camera dei deputati relative all'organizzazione dei lavori e delle
sedute dell'Assemblea.
9. Le disposizioni di cui ai commi 4, 5, 6, 7 e 8 si applicano anche ai
progetti di legge ordinaria di cui al comma 1.
10. Il Comitato dispone, anche ai sensi del comma 4, secondo periodo, la
consultazione delle autonomie territoriali, a fini di coinvolgimento nel processo di
riforma.
Continua (vedi NOTA, qui sotto) |
NINO
LUCIANI, Perduti 11 mesi, per la riforma costituzionale ? Renzi chiarisca cosa
ha concordato in segreto con Berlusconi, confermi LETTA e ALFANO,
e "riconosca" la Magistratura, pur con tutti i suoi difetti.1. Non è vero che il Governo non faccia niente.
Forse è utile ricordare le ragioni della riforma costituzionnale e
ricordare perchè c'è stato la frattura tra il NCD-Nuovo Centro Destra e Forza Italia.
Sul prmo punto, trattasi che da anni nessun Governo riesce
ad affrontare i nodi strutturali della Italia (eccesso di socializzazione del sistema
economico, che determina una spesa pubblica sopra ogni limite e pressione fiscale, di cui
i responsabili principali sono i partiti politici, mangiatori insaziabili).
Per uscirne l'unica via è una riforma costituzionale dello Stato, per cui il
Presidente del Consiglio non risponda più ai partiti in Parlamento in base al meccanismo
della fiducia, ma risponda direttamente al popolo e dunque:
- il Presidente del Consiglio sia eletto direttamente dal popolo per un tempo prefissato
(4-5 anni, non rieleggibile);
- e il Parlamento si occupi di fare solo le leggi.
Questo avviene in ogni Paese democratico normale (come negli Stati Uniti).
Su questo percorso era atteso imminente, al traguardo finale, un disegno di
legge di riforma costituzionale, che doveva accelerare i tempi, rispetto all'art. 138
della Costituzionale, dando poteri speciali ad un apposito "Comitato
parlamentare".
Anche questo disegno di legge, per diventare legge, doveva avere la doppia
approvazione della Camera e del Senato a distanza di almeno 3 mesi.
Se approvato con la maggioranza dei 2/3 da entrambe le camere, il Comitato
opererebbe in tempi accelerati.
Al senato, esso è già stato approvato due volte a distanza dei 3 mesi con i
2/3; e alla camera 1 sola volta anche qui con i 2/3; adesso è qui per la seconda
approvazione.
Ma in questi mesi è successo un fatto nuovo: Berlusconi è uscito
dalla maggioranza e quindi non ci sono più i 2/3 favorevoli, pur essendo il medesimo
testo di quello approvato la prima volta. E pur vero che, in pratica,il disegno di legge
potrebbe essere approvato validamente a maggioranza assoluta (50%+1), ma essendo venuti
meno i 2/3, il tempo sarà molto più lungo.
Quali solo le conseguenze ? Esse sono che è diventato
conveniente rinunciare al disegno di legge S813B, e attuare la procedura normale prevista
dall'art. 138.
Ma Renzi dice che ha fatto un accordo con Berlusconi.
Prescindendo da quello che Renzi ha fatto veramente, non ci ha detto nulla
sulle sorti di questo disegno di legge alla Camera, circa la seconda lettura.
C'è dell'altro. L'intesa tra Renzi e Berlusconi ha fatto due cose
gravissime, dal punto di vista degli Italiani: ha azzerato l'importanza della magistratura
sul piano della moralità politica.
Il motivo è che Berlusconi aveva tolto l'appoggio al governo non perchè in
dissenso con il disegno di legge (infatti, al momento, l'aveva già approvato tre volte
nel medesimo testo), ma perchè voleva essere amnistiato circa la condanna (da parte della
magistratura): interdizione dai pubblici uffici.
Ma adesso avviene che il gesto di Renzi (ricevimento ufficiale di
Berlusconi nella sede del PD) viene considerato da Berlusconi equivalente alla amnistia, e
dunque ha anche irriso alla Magistratura.
Io, personalmente, non mi sento certo delle evasioni fiscali di
Berlusconi (come invece risulterebbe da sentenza) e sono anche sconvolto che la
magistratura faccia arrivare le sue sentenze fuori tempo massimo (questo vale anche per
COTA, in Piemonte), tuttavia sono doppiamente sconvolto che Renzi (vale dire, il PD in via
presuntiva, al momento) abbia fatto qualcosa che politicamente equivale alla amnistia
politica.
2.- Le "ragioni" della spaccatura tra FI e il NCD,
anche ragioni dell'Italia.
La spaccatura del NDC da FI era stata motivata (dal NCD) dalla necessità grave di
impedire elezioni anticipate con il PORCELLUM, che non avrebbero risolto nulla dal lato
della formazione di una identica maggioranza sia alla Camera, sia al Senato, e fatto
cadere il Paese nel caos, in aggiunta alle attuali difficoltà per le imprese e il lavoro.
Questa motivazione coincideva con una necessità fondamentale per
l'Italia.
Veniamo al Segretario del PD. Ultimamente, Egli se ne è anche uscito,
bello bello, dichiarando che il PD ha diritto di dettare l'agenda al compagno di governo
(FI), ignorando che, sia pur con meno voti, esso è determinante per fare maggioranza e
per respingere il ricatto di Berlusconi sulle istituzioni.
Se Renzi non capisce che in Italia non comanda nessuno, perchè tutti possono
impedire (e nessun riesce a fare, pur volendo fare), non capisce neanche che lui ha e
avrò il medesimo problema, nè lo salverà una legge elettorale.
Cosa potrebbe fare, invece ?
1) Deve impegnare assolutamente Berlusconi sul piano delle riforme
costituzionali, prima della riforma della legge elettorale. E l'unico modo è fare la
legge elettorale, solo dopo la riforma costituzionale.
Il motivo è che la politica è fatta da lupi, e il giorno dopo non sai mai
cosa potrà accadere.
In altri termini, se fai la legge elettorale, prima, non c'è alcuna garanzia
cle la legislatura prosegua ... a meno che non sia salvara ancora una volta dal solito
Alfano...
Ma sarà ancora così ?
Vediamo di scongiurare il Paese dalla caduta nel ricatto di
Berlusconi: dunque si riparta, garantendo la solidità della attuale maggioranza.
E' pericoso scherzare col fuoco.
Questo sarebbe anche un modo di rimediare alla deriva istituzionale, dopo il vulnus
alla Magistratura.
NINO LUCIANI. |
NOTA: per il seguito (e anche per l'intero), Clicca su: http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/714531/index.html?part=ddlpres_ddlpres1&aj=no |
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RIFORME ISTITUZIONALI |

Gaetano Quagliariello
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Relazione della Commissione per le Riforme Costituzionale
Per il testo integrale (clicca su: Il Ministro)
Nino Luciani, BREVE SINTESI
Gli argomenti: 1.- PARLAMENTO. 2.- FORME DI GOVERNO .
3.- SISTEMA ELETTORALE. 4.- REGIONI, PROVINCE, COMUNI |

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Premessa sul
procedimento di attuazione.
Per le riforme costituzionali e della legge elettorale, sono previsti quattro
passaggi:
1) Lavori di una Commissione dei 42 esperti, con l'incarico di fornire un quadro di
possibili soluzioni. La relazione della Commissione è stata consegnata in questi giorni
al Ministro Quagliariello, ed è la sintesi di cui mi occupo.
2) Subito di seguito dovrebbe partire il Comitato di redazione delle proposte di
riforma. Esso dovrebbe selezionare, dentro la Relazione (di cui sopra) un testo
legislativo per le Camere.
3) E' già in corsa un progetto di modifica delll'art. 138 della Costituzione, per
accelerare il percorso di modifica della Costituzione. Ma ex-art. 138 attuale, questo
progetto di accelerazione dovrà avere la doppia approvazione delle camere, a intervallo
non minore di tre mesi. Al momento c'è già stata la prima approvazione delle due camere,
e si sta andando verso la seconda approvazione, prevista per l'11 ottobre (Senato) e per
10 dicembre (Camera).
Nel progetto di modifica dell'art. 138, è prevista la istituzione di un
Comitato parlamentare bicamerale per le riforme costituzionali ed elettorali, composto di
venti senatori e venti deputati. Questo Comitato ha il compito di approvare i progetti di
legge in sede referente, che poi saranno sottoposti all'aula in sede legislativa per la
doppia approvazione di entrambe le camere, a intervallo non minore di 1 mese.
Tralascio lo scadenzario forzato dei vari passaggi di approvazione, secondo la
legge di modifica dell'art. 138 .
Le leggi approvate potranno, infine, essere sottoposte a referendum popolare, se vi
sarà la richiesta di 1/5 dei membri di una camera, o di 500.000 elettori.
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SINTESI DELLA RELAZIONE.
1. PARLAMENTO ( CAPITOLO PRIMO della Relazione )
a) Si propone una sola camera (sarebbe abolita la camera dei deputati o il senato);
b) oppure: due camere differenziate, ed entrambe con il potere legislativo, sia pur
diverso da caso a caso.
- La Camera rappresenta i cittadini ed è eletta a suffragio universale; il senato
rappresenta gli enti locali, ed è eletto dai consigli regionali e dai consigli
comunale, o direttamente dai cittadini locali. I presidenti delle regioni ne sono membri
di diritto;
- Se il governo è parlamentare, solo la Camera è abilitata a votare la fiducia al
governo.
c) Il CNEL, organo consultivo del parlamento e del governo, in materia di economia e
lavoro, va riformato
d) Si propone la riduzione del numero dei parlamentari, in linea con paesi europei:
per la Camera: 1 deputato ogni 125.000 abitanti (= totali 480).; per il Senato: totali
150-200 membri.
Procedimento legislativo (CAPITOLO SECONDO). In caso di camere differenziate, il
potere legislativo andrebbe in generale ad entrambe le camere, ma con diversità per
alcune tipologie di legge.
In sintesi:
- leggi costituzionali (potere a entrambe, secondo art. 138 cost.), e possibilità di
referendum confermativo.
- leggi organiche (potere alla sola camera)
- leggi ordinarie riguardanti gli enti locali (potere a entrambe)
- leggi ordinarie (potere prevalente della camera dei deputati)
OSSERVAZIONI E CONTRO-PROPOSTE.
- Circa il potere legislativo, le differenziazioni tra le due camere non
abbrevieranno i tempi di approvazione delle leggi, e sono un labirinto che creerà un
contenzioso di competenze tra le due camere.
Proporrei che il potere legislativo sia solo della Camera, e che il Senato divenga
un organo consultivo (per laltra camera) con parere obbligatorio, ma non vincolante,
per tutte le leggi.
- Circa il CNEL, proporrei di abolirlo perchè, in tanti anni, è stato
sentito raramente, in quanto di solito i rapporti tra governo- parlamento e mondo
delleconomia e del lavoro sono avvenuti direttamente, scavalcando il Cnel.
2. FORME DI GOVERNO (CAPITOLO QUARTO della Relazione)
a) Semi-Presidenzialismo. In esso è prevista la elezione diretta del
Presidente della repubblica (con voto a doppio turno con eventuale ballottaggio), che poi
nomina in fiducia (e può revocare) il Primo ministro (che sceglie i ministri).
In questo sistema il bicameralismo non è paritario.
Qui il sistema elettorale dovrebbe essere il voto a doppio turno di collegio.
b) Parlamentarismo razionalizzato. Qui c'è un Presidente della repubblica con le
medesime funzioni, attualmente in vigore.
Circa la razionalizzazione, essa consiste nel fatto:
- che la fiducia è espressa al governo, solo dalla Camera;
- che la sfiducia può essere solo "costruttiva", vale dire
con la sostituzione automatica del Presidente del consiglio con altra persona;
- che si afferma la primazia del Presidente del Consiglio dentro il governo.
(Egli potrebbe nominare e revocare i ministri ? )
Qui andrebbero bene vari sistemi elettorali: tedesco, spagnolo, quello della legge
Mattarella, il doppio turno di collegio.
c) governo parlamentare del Primo Ministro. Grosso modo sarebbe come adesso, salvo
inserire in costituzione la possibilità, per gli elettori della Camera, di indicare anche
il primo ministro.
Però, formalmente, egli è proposto dal Presidente della repubblica
alla Camera, per la fiducia,.
La Camera può sfiduciarlo, ma con sfiducia costruttiva (vale dire con la
sostituzione simultanea con altra personalità), salvo che egli chieda lo scioglimento
delle camere.
Qui il sistema elettorale dovrebbe sssere proporzionale con sbarramento al 5%, e
premio di maggioranza (al 55%) al partito che ottiene almeno il 40%-50% dei voti alla
Camera.
OSSERVAZIONI E CONTRO-PROPOSTE.
Considerato che il problema da risolvere è ottenere governi di legislatura, delle
tre forme solo il semi-presidenzialismo lo risolve sicuramente.
Invece, le altre due forme possono o non possono risolvere il problema (dipende
dalle circostanze), per cui li respingerei entrambi.
In caso non si voglia il semi-presidenzialismo, proporrei il governo
parlamentare del Primo Ministro nel seguente modo:
a) rimane il Presidente della Repubblica, come attualmente, salvo per la
proposta e nomina del Primo Ministro
b) il primo ministro è eletto dalla Camera per lintera
legislatura, e la sfiducia è ammessa solo per casi di attentato alla costituzione e gravi
reati penali.
c) la fiducia è al primo ministro (non al governo nellinsieme), ed egli può
nominare e revocare i ministri.
3.- SISTEMA ELETTORALE (CAPITOLO QUINTO della
Relazione)
1.- Senato. La elezione è proposta con sistema proporzionale puro (considerato che non ha
potere di fiducia al governo).
2.- Camera. Si propone:
a) come criterio generale di accorciare il più possibile il rapporto tra
cittadino ed eletto. A questo fine la opzione, circa il collegio elettorale, dovrebbe
essere una delle seguenti: collegio uninominale, collegio plurinominale ma di piccole
dimensioni, voto di preferenza in caso di collegi ampi.
b) di favorire la formazione della maggioranza direttamente dagli elettori,
non dopo le elezioni, da parte dei partiti, .
OSSERVAZIONI E PROPOSTE.
Circa la legge elettorale proporzionale con sbarramento (e premio di
maggioranza) direi che essa, limitando la rappresentanza dei cittadini, si allontana dal
favorire il rapporto diretto tra cittadini ed eletti. Infatti lo sbarramento e il premio
sono proposti come il male minore per limitare la frammentazione dei partiti in parlamento
e favorire la stabilità della maggioranza..
Ma, circa la stabilità della maggioranza, la cosa non funziona con certezza,
e lo si è visto con la frattura di grandi partiti e moltiplicazione dei gruppi
parlamentari.
Ma proprio sui gruppi parlamentari, richiamerei l'attenzione, per trarne una
soluzioneper impedire anzi la frammentazione dei partiti.
Si ricorda che in parlamento, proprio per limitare la frammentazione, c'è il
divieto di formare gruppi con meno di 10 membri, che evidentemente è poco limitativo del
numero dei gruppi.
Se, dunque, si aumentasse il limite minimo, lo sbarramento sarebbe molto più
efficace, a prescindere dallo sbarramento del 5%.
Concludo col proporre di adottare la proporzionale pura; e, per la formazione di
gruppi parlamentari, di elevare il minimo ( al 30%-40% ? ) dei membri della camera,
in modo da permettere non più di due gruppi.
4. REGIONI, PROVINCE, COMUNI. (CAPITOLO TERZO)
- In materia legislativa la Commissione propone di togliere alle regioni il potere
legislativo per la materia concorrente tra Stato e Regioni
- In materia amministrativa, si dovrebbe dare allo stato tutta la materia di
sua competenza esclusiva, salvo eccezioni.
- In materia finanziaria, le proposte si limitano al criterio del finanziamento
statale (da aver luogo in base a costo standard). Il riferimento al sistema fiscale locale
è accennato genericamente. Reclamato il commissariamento, in caso di dissesto
finanziario.
- Si propone l'abolizione delle province e le competenze vanno a Stato e Regioni.
- Si propone il ripensamento delle città metropolitane, e riclassificazione dei
comuni, per dimensione, ai fini della riattribuzione delle competenze.
- Rimarrebbe la differenziazione, tra regioni a statuto ordinario e statuto
speciale.
OSSERVAZIONI E PROPOSTE.
Proporrei di togliere alle Regioni a statuto ordinario tutto il potere legislativo e di
trasformarle in enti amministrativi con le competenze delle province (abolite) e del
riordino territoriale degli enti locali ricompresi nel territorio regionale, incluse la
riattribuzione delle competenze ai Comuni, in base alla rispettiva dimensione e
collocazione geografica. |
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DUE STUDI DEDICATI AGLI STUDENTI
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1) DELLA FEDERCONSUMATORI SULLE
RETTE SCOLATICHE IN 18 ATENEI 2)
DEL SUNIA- CGIL SUGLI AFFITTI PER GLI ALLOGGI, IN VARIE
CITTA' D' ITALIA |
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NOTA 1. Proponiamo alla
attenzione degli studenti e del popolo sensibile agli studenti, due studi:
a) uno della Federconsumatori, relativo alle rette
universitarie di 18 importanti università, distinte per fascia di reddito degli
studenti. Si trova che l'università più sociale (vale dire che più viene incontro agli
studenti poveri, prima fascia) è Bari. Al secondo posto viene Bologna.
A riguardo, invece, degli studenti più ricchi (5° fascia)
l'Ateneo più economico è l'università del Salento, e quello più caro è Pavia.
Tuttavia, per un giudizio valido, andrebbe tenuto conto delle controprestazioni degli
Atenei, cosa che non compare nello studio.
NOTA 2. Di seguito proponiamo anche un importante
sudio del SUNIA-CGIL, relativo al costo degli affitti delle case, per gli studenti
non pendolari.
Per valutare come influenzare questo costo, sarebbero utili
informazioni sulla disponibilità di collegi universitari.
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Ateneo di Bologna: FONDAZIONE ALMA MATER |
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Nonostante le dimissioni del Presidente F. Di Vella, per manifesta
impossibilità
di raccogliere finanziamenti per l'Ateneo, e per accumulo di disavanzi di bilancio :
Il Consiglio di Amministrazione rilancia
la FONDAZIONE ALMA MATER
e nomina, come nuovo PRESIDENTE,
il Direttore Generale COLPANI, di Unibo,
con copertura di un buco di 1.800.000.
L'operazione risulterebbe essere stata fatta in gran
segreto e messa tra le "varie"
dell'o.d.g. del CdA. Tuttora risulterebbe non informato il Senato Accademico,
e ciò creerebbe un vulnus abbastanza grave, da giustificare l'empeachment del
Rettore
(art. 6, c. 3,lett. e dello statuto di ateneo). |
1.- Premessa. Della Fondazione Alma Mater ci siamo
occupati tre anni fa (clicca su: http://www.universitas.bo.it/ARTICOLI%202008.htm#inchiesta
). Allora il Rettore Dionigi, dopo aver azzerato il Consiglio di
amministrazione in carica (che era presieduto dal prof. Walter Tega) e la dirigenza, aveva
ordinato una sorta di mini-inchiesta sulla Fondazione (per fatti risalenti ai tempi del
precedente Rettore Calzolari: presunte irregolarita' , accumulo di disavanzi di bilancio
(iInchiesta peraltro affidata ad uno dei precedenti consiglieri d'amministrazione, il dr.
Umberto Melloni) aveva dichiarato di volerla rilanciare nel nome di un obiettivo del suo
programma elettorale: "la Fondazione Alma Mater da concepire sempre più -
secondo la sua vocazione originaria - come braccio economico dell'Ateneo".
In campagna elettorale, la via delineata era stata di trasformarla da
Fondazione di diritto civile in Fondazione di diritto universitario (e dunque, anche
sottoporla ai controlli di legge, per salvarla da "deviazioni") .
A sua volta il nuovo Presidente prof. Francesco VELLA aveva accettato
l'incarico, con riserva di verificare (nel primo anno dalla nomina) la fattibilita'
dell'obiettivo e con l'impegno di dimettersi, se i fatti avessero dato esito negativo.
Col senno di poi, gli esiti sono stati negativi (il patrimonio
netto era 1.731.625 nel dic. 2011; e' diventato di 100.000 a dicembre 2014),
e Vella e il Consiglio di Amministrazione si sono dimessi nel luglio scorso.
In queste settimane si e' venuto a sapere che nel mese di novembre
2014 il Rettore ha deciso di rilanciare la Fondazione su nuove basi, e lo ha fatto tutto
in gran silenzio. Risulterebbe aver messo l'argomento all'ordine del giorno del CdA
dell'Ateneo, tra le "Varie"; e non avere informato il Senato che, per gli
aspetti didattici , e' competente esclusivo.
Invocherei che il Senato faccia chiarezza su
questo dubbio nei confronti della Comunita'
scientifica, degli Studenti e del Personale tutto; e se il fatto sussiste, faccia di
più, valendosi dell' art.6, c. 3, lett. e, dello
Statuto.
Il "motivo dichiarato" del rilancio e'
stato un "motivo negativo": vale dire, in caso di scioglimento della Fondazione,
evitare "pesanti ricadute d'immagine, ...le conseguenze sul personale, sulle
obbligazioni verso numerosi docenti dell'Ateneo, sull'attivita' di fundrising, ... sui
rapporti con i principali istituti di credito". Questa motivazione
evidenzia una "deviazione" grave, economicamente: nel senso
che, per una soluzione valida, va messo sullo stesso piatto anche quanto si sarebbe potuto
fare in alternativa (vale dire impiegando le stesse risorse per altri obiettivi, urgenti
), quelli per i quali l'Ateneo piange ai piedi del Miur ....
Al tempo stesso, non risulta che la Fondazione Carisbo (ora ne è
Presidente Fabio Roversi Monaco, ed era Rettore dell'Ateneo quando venne istituita la
Fondazione Alma Mater), cofondatrice e socia della Fondazione Alma Mater, abbia mosso
ciglio per questi fatti.
Lo strano è che Fondazione Carisbo non puo' presumersi
all'oscuro in quanto, come socio fondatore e membro di diritto dell'Assemblea dei soci,
deve certamente avere ricevuto l'invito, con l'ordine del giorno e, si presume, aver
partecipato alle varie riunioni dell'assemblea, in particolare a quelle di bilancio.
2.- Le nuove basi del rilancio. In estrema
sintesi, esse sono:
- Nominato Presidente della Fondazione il Direttore
Generale dell'Ateneo Colpani (determinando un evidente conflitto di interessi, in quanto
la persona del controllore coincide con quella del controllato). Clicca su:http://www.fondazionealmamater.unibo.it/FAM/FondazioneAlmaMater/Organi/default.htm;
- Ridotto a tre il numero dei membri del CdA della
Fondazione (il che suona come una tardiva dichiarazione di maggiore efficienza rispetto al
passato);
- Caricati sul bilancio dell'Ateneo le perdite di
1.800.000, di cui sarebbe prevista la copertura mediante un primo trasferimento di
700.000 dai "trasferimenti correnti" del bilancio dell'Ateneo (e questo
e' illegittimo, perche' i conferimenti di capitale vanno presi dai "trasferimenti in
conto capitale").
E' , poi, di dubbia legittimità anche tutta l'operazione finanziaria
perche' , per l'Ateneo gli scopi istituzionali sono la ricerca e la didattica
istituzionale, e stornare i fondi per altre operazioni non è certamente opportuno.
- Il tutto anche con l'intenzione di ricomporre l'azione di
enti collegati (Societa' Irnerio, Ceub di Bertinoro, Alma Graduate School), note
sanguisughe dell'Ateneo. Questa operazione "a fin di bene" (le virgolette sono
mie) lascia interdetti ;
- Rivedere la gestione dei budget dei master e dei corsi di
alta formazione, anche sotto l'aspetto della rendicontazione (e questo meglio tardi che
mai)
- Vi sarebbe invece un silenzio totale sulla FAM SrL,
e cioè sul braccio operativo della Fondazione, dal nome ingannevole per l'assonanza con
quello della Fondazione Alma Mater, e che ha agito (e crediamo tuttora agisca) come una
holding per le varie società controllate e/o partecipate.
Nel precedente CdA dell'Ateneo venne lamentato che l'uso di
"scatole cinesi" avesse condotto alla "assoluta mancanza di controllo delle
risorse o ancora di piu' alla mancata valutazione costi/benefici", mentre
"quando si parla di denaro pubblico tutto deve'essere trasparente".
Visto che nella gestione di master e corsi post laurea è praticamente
impossibile generare passività, è pensabile che le perdite così rilevanti si siano
create proprio in FAM srl e nelle società da essa partecipate, e da qui per i rami siano
ricadute sulla Fondazione Alma Mater (e, ora, addebitate al bilancio dell'Ateneo).
3.- COMMENTO. Questa storia e' davvero una
brutta storia, e che inevitabilmente (nella nostra mente) ricorda quella degli enti
economici in Italia, i cui disavanzi, notoriamente, sono una delle origini del debito
pubblico dello Stato direttamente o indirettamente (nel caso nostro, l'Ateneo ).
L'unico rimedio ipotizzabile e' una ispezione del Miur,
posto che la Corte dei Conti sia fuori gioco in termini di tempo, rispetto ai tempi su
queste decisioni.
Non solo questo. Uno dei motivi dell'inchiesta
di Dionigi, sulla gestione nata prima del suo mandato, fu un dubbio di irregolarita' (che
l'inquirente ha trovato, poi, infondati, ma non ha sembra aver acclarato adeguatamente,
sulla base di un contraddittorio ) sul percepimento (da parte di componenti del Consiglio
di amministrazione della Fondazione) di compensi per le cariche dagli stessi assunte
attraverso FAM srl nelle società partecipate ( pare anche senza chiederne la preventiva
autorizzazione all'Ateneo, come da Regolamento sull'autorizzazione degli incarichi
extraistituzionali del personale docente e ricercatore a tempo pieno (D.R. 379 del
5.10.98) ).
Non solo questo. In generale, attraverso queste
gestioni "fuori controllo", si formano varie clientele, diciamo quelle amicizie
coordinate, gruppi di potere che, al momento delle elezioni, vanno a determinare la
elezione di questo o quell'amico, inquinando la demcrazia.
Torno al programma elettorale di Dionigi. Se la Fondazione
può divenire "braccio economico dell'Ateneo", non divenga il luogo deviato di
clientele. N.Luciani |
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Ateneo di Bologna, Bilancio di previsione 2013. |
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CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
(Seduta del 18 dicembre 2014)
Previsto un FFO - finanziamento statale ordinario
di 358,72 milioni
(inferiore di 14,01 milioni, rispetto alla previsione iniziale 2014) |
Nota. Gli elementi, sottoriportati sono
ripresi dal riferimento al CdA, da parte dell'Ufficio competente.
Si fanno due rilievi:
a) dover constatare che l'Ateneo è "costretto" a fare delle previsioni,
sulla base di ipotesi dii finanziamento da parte del Miur. E' una vera vergogna che il
Miur voglia centralizzare tutto, anzi sempre piu' (vedi legge Gelmini) e al tempo stesso
non sia in condizioni di svolgere le proprie funzioni correttamente, mettendo
tempestivamente e chiaramente gli Atenei in condizioni di fare bilanci certi;
b) la precarietà con cui Bologna - Amministrazione Centrale tratta le università
decentrate della Romagna: dare fondi, senza criteri oggettivi trasparenti, in base ad
trattativa che accorcia o allarga la distanza tra il "fabbisogno dichiarato" e
le assegnazioni "proposte" (e che non si possono rifiutare) dal centro.
Per il futuro (art. 5 legge Gelmini) il FFO dovra' essere attribuito
crescentemente (fino al 100%) in base al costo standard per studente. Per questo,
probabilmente, il dispotismo di Bologna-centro incontrerà un limite: il dovere ripartire
(a sua volta) il proprio FFO, anche tra le sedi, in base al numero degli studenti. |
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BOLOGNA, NUCLEO DI VALUTAZIONE
Nuovi Membri
- prof. Muzio M. Gola (Presidente);
- prof. Achille Basile (Componente);
- prof.ssa Rosa Maria Bollettieri Bosinelli (Componente);
- prof. Carlo Arrigo Umiltà (Componente);
- sig. Giacomo Basini (Studente eletto dal Consiglio degli Studenti). |
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RELAZIONE
Dal Senato Accademico:
( Seduta del 20.11.2014)
NOMINATO IL NUCLEO DI VALUTAZIONE,
per il triennio 2014-2015, ex art. 9 statuto di ateneo
Nota. Il Nucleo di Valutazione è l'organo di
Ateneo preposto alla valutazione delle attività didattiche, di ricerca e amministrative,
istituito ai sensi della Legge n. 370/1999 (.Disposizioni in materia di università e di
ricerca scientifica e tecnologica.) e confermato dalla Legge n. 240/2010 (.Norme in
materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento,
nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l.efficienza del sistema
universitario.).
Esso è composto da un numero di membri tra i 5 e i 7, tra cui un rappresentante
degli studenti eletto dal Consiglio degli Studenti.
L |
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Ripreso
da
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di REDAZIONE BLITZ, Università: numero chiuso, una questione aperta
Nota. Giro agli studenti Il
servizio di BLITZ, che fa molto utilmente il punto della situazione sul numero chiuso alle
iscrizioni degli studenti alle università.
Il fatto che da anni ormai (si parte dal Ministro Zecchino)
sia stato introdotto il "numero chiuso" si intreccia con varie questioni,
mai affrontate adeguatamente:
- quella della preparazione degli studenti ai seguire dati
corsi di laurea,
- quella della sicurezza degli studenti quando le aule
sono strapiene,
- quella della adeguatezza del finanziamento pubblico
della formazione universitaria.
Queste questioni non possono valere tutte simultaneamente, e dunque si
dovrebbe fare chiarezza sulle motivazioni del diniego: soprattutto nei casi in cui esso
venga a ledere, senza fondamento Costituzionale, il diritto allo
studio.
L'originale è corredato da molte citazioni, e quindi chi volesse
saperne di più, vada all'originale (si vegga sotto, il link). NL |
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La regola della selezione allingresso nelle Università è
messa in discussione da ripetute sentenze dei Tribunali amministrativi regionali. I
giudici dei Tar di Lazio, Sardegna, Marche, Abruzzo, Molise e Toscana hanno rilevato
alcune incongruenze nei test dingresso, dando ragione agli studenti esclusi che
avevano fatto ricorso. E facendo esultare lUdu, lUnione degli
Universitari (la Cgil degli studenti): "È stato abbattuto il numero chiuso".
A questo punto gli studenti che stanno per affrontare gli esami di maturità si
chiederanno: "Ma allora da settembre niente più test dingresso?" La
questione è un po più complicata. Lattacco che le sentenze del Tar
hanno portato al numero chiuso non è ancora quello definitivo.
I ricorsi degli studenti esclusi sono stati accolti dai giudici per un motivo
prevalente oltre che per ripetute e dolose irregolarità nelle prove
dingresso: il punteggio minimo. Con le stesse domande e lo stesso punteggio
uno studente può essere bocciato a Roma e Bologna e ammesso a Napoli e Sassari. Il test
è nazionale, il numero "programmato" di persone ammissibili è nazionale, ma i
criteri con cui si entra variano da facoltà a facoltà.
Un colpo mortale al numero chiuso potrebbe venire dalla Corte Costituzionale,
che prima dellestate dichiarerà con sentenza se il numero chiuso così come finora
è stato applicato dalle università è conforme al principio del diritto allo studio
sanciti dagli articoli 3, 33 e 34 della Costituzione Italiana. La Corte è stata
chiamata in causa dal Consiglio di Stato, la "Cassazione", ovvero
lorgano supremo della giustizia amministrativa.
Se il numero chiuso sarà giudicato "colpevole" di
incostituzionalità, sarà da rifare tutto il sistema che si regge sulla Legge 264 del
1999, firmata dallallora ministro dellIstruzione Ortensio Zecchino:
quella che stabilisce test dingresso in quasi tutte le facoltà e in quasi tutte le
università italiane.
Sul banco degli imputati finisce un sistema che dallinizio degli anni 80
regola laccesso a molta parte dei nostri atenei. Sistema mutuato dallAmerica
in risposta alle iscrizioni in massa alluniversità, tendenza in atto dalla fine
degli anni 60 e arrestatasi solo qualche anno fa. Il criterio era: garantire ai
"meritevoli" unadeguata istruzione di livello accademico ed evitare il
vero "numero chiuso", quello di chi alla fine si laurea. La crescita
esponenziale del numero degli iscritti è andata di pari passo con la diminuzione della
percentuale dei laureati sul totale della popolazione universitaria.
Come sappiamo, il numero chiuso non ha risolto questi problemi. Ma abolirlo del tutto,
garantendo un accesso libero anche alle facoltà dove non si possono stanziare risorse
infinite per comprare macchinari, allargare laboratori, costruire strutture necessarie per
linsegnamento universitario.
Una terza via cè e potrebbe suggerirla la stessa Corte Costituzionale:
applicare quanto dice la discussa legge 264. Ovvero fare un numero chiuso o
"programmato" nazionale e con i test che sono già nazionali selezionare su base
nazionale chi può accedere a determinate facoltà e chi no. Questo ovviamente implica un
investimento nelle strutture per garantire a chi passa il test un effettivo diritto
allo studio- che sempre unutopia in tempi di spending review. BLITZ
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Legge elettorale ? Nuovo testo del 28 novembre in Senato

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Sotto, il
nuovo Testo approvato dalla Commissione Affari Costituzionali
LUCIANI: |
ANCORA PASTICCI, FUORI DALLA LOGICA
COSTITUZIONALE, CHE E' PROPORZIONALISTA. Per la "democrazia compiuta, anche in
Italia" (Aldo Moro), nel solco delle elezioni primarie. E adesso la staffetta spetta
al PD (non ci sono grandi differenze programmatiche, rispetto al centro-destra).
La via seria che risolve, costituzionalmente, anche per la "governabilità":
1.- Elezioni in due turni:
- riparto proporzionale puro, dei seggi, tra tutti i partiti, al primo turno;
- premio di maggioranza assegnato direttamente dal popolo, in secondo turno, tra i primi
due votati al
primo turno. Tolti i seggi di maggioranza, i rimanenti vanno ripartiti in base ai
voti del primo turno;
2.- Norma punitiva per i "cambiacasacca", durante la legislatura. |
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TESTO DI BASE,
UNIFICATO, PROPOSTO DAL RELATORE
In quanto testo di base, esso è stato già approvato dalla Commissione, e da qui si parte
per gli emendamenti (moltissimi)
Per vedere tutte le proposte di emendamento, in Senato, clicca su : http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/
_______________________________________________
NT1
MALAN, relatoreArt. 1.
(Modifiche al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei
deputati)
1. Al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di
cui al decreto della Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) l'articolo 1 è sostituito dal seguente:
«Art. 1. - 1. La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale, con voto diretto e
uguale, libero e segreto, attribuito a liste concorrenti di candidati.
2. Il territorio nazionale è diviso nelle circoscrizioni elettorali indicate nella
tabella A allegata al presente testo unico. Salvo i seggi assegnati alla circoscrizione
Estero, la ripartizione dei seggi è effettuata in ragione proporzionale, con
l'attribuzione di un premio, pari a 76 seggi, alla lista o alla coalizione di liste che ha
conseguito il maggior numero di voti validi espressi sul piano nazionale, a norma degli
articoli 77, 83 e 84, e si effettua in sede di Ufficio centrale circoscrizionale.
3. Per ciascuna lista circoscrizionale, composta da due distinti elenchi, sono eletti, per
una quota pari ai due terzi dei seggi da attribuire, con arrotondamento all'unità più
prossima, i candidati inseriti nel primo elenco in base ai voti di preferenza individuali
espressi dagli elettori e, per la restante parte, i candidati inseriti nel secondo elenco
in base all'ordine di presentazione.»;
b) all'articolo 3 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Con il decreto di cui al primo comma e con gli stessi criteri utilizzati per
l'assegnazione dei seggi alle singole circoscrizioni di cui al comma medesimo, sono
distribuiti tra le circoscrizioni, con arrotondamento all'unità più prossima, i 541
seggi da ripartire in ragione proporzionale. I seggi da attribuire come premio sono
determinati, per ciascuna circoscrizione, come differenza tra il numero dei seggi
complessivi assegnati alla circoscrizione e il numero dei seggi da attribuire in ragione
proporzionale.»;
c) all'articolo 4, il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Ogni elettore dispone di un voto per la scelta della lista, da esprimere su un'unica
scheda recante il contrassegno di ciascuna lista. Ogni elettore può esprimere fino a due
voti di preferenza per i candidati inseriti nel primo elenco della lista votata, di cui
all'articolo 18-bis, comma 3, scrivendo il cognome o, in caso di omonimia, il nome
e il cognome del candidato o dei candidati prescelti. Nel caso in cui l'elettore esprima
più di una preferenza, la scelta deve comprendere candidati di entrambi i generi, pena
l'annullamento della seconda preferenza.»;
d) all'articolo 7, primo comma, dopo la lettera a) è inserita la seguente:
«a-bis) i componenti delle Giunte regionali;»;
e) all'articolo 18-bis,il comma 3 è sostituito dai seguenti:
«3. Ogni lista, all'atto della presentazione, deve essere composta da due elenchi di
candidati. Il primo elenco è costituito dai candidati la cui elezione è determinata in
base ai voti di preferenza espressi dagli elettori ed è formato da un numero di candidati
non inferiore a un terzo e non superiore al numero di seggi assegnati alla circoscrizione.
Il secondo elenco è costituito dai candidati la cui elezione è determinata in base
all'ordine di presentazione e il loro numero non può essere superiore a un terzo dei
seggi assegnati alla circoscrizione, con arrotondamento all'unità più prossima. Il
numero complessivo dei candidati di ciascuna lista, ottenuto sommando i candidati dei due
elenchi, non può in ogni caso superare il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione.
3-bis. A pena di inammissibilità della lista, nell'insieme dei candidati compresi
nel primo elenco nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore a due
terzi, con arrotondamento all'unità superiore, e nell'ambito del secondo elenco i
candidati successivi al primo devono essere presentati in ordine alternato di genere.»;
f) l'articolo 19 è sostituito dal seguente:
«Art. 19. - 1. Pena la nullità dell'elezione, nessun candidato può essere incluso in
più liste con diverso contrassegno né in più di un primo elenco di cui all'articolo 18-bis,
comma 3, neppure con il medesimo contrassegno. Pena la nullità dell'elezione, nessun
candidato può essere incluso in più di tre di ciascun secondo elenco di cui all'articolo
18-bis, comma 3, neppure con il medesimo contrassegno. A pena di nullità
dell'elezione, nessun candidato può accettare la candidatura contestuale alla Camera dei
deputati e al Senato della Repubblica.
2. Ogni candidato può essere inserito contestualmente sia nel primo sia
nel secondo elenco della medesima lista.
3. Il candidato risultato eletto in più elenchi deve esprimere opzione ai sensi
dell'articolo 85.»;
g) all'articolo 31, comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:
«Accanto a ogni contrassegno di lista sono tracciate, all'interno del relativo
rettangolo, due righe utilizzabili per l'espressione dei voti preferenza.»;
h) all'articolo 58: |
Nino LUCIANI, Ci sia una risposta valida al
Grillismo con la riforma della Governance, non cose che privilegiano la rielezione o sanno
di anti-grillismo repressivo. Per una democrazia compiuta, anche in Italia.
1.- Premessa: il lungo viaggio verso la "democrazia
compiuta". La nuova legge elettorale dovrebbe dare soluzioni alla domanda di
governabilità del Paese, con uomini buoni e preparati. Non è un problema di "larga
maggioranza" da produrre aritmeticamente, mediante il premio di maggioranza dato alla
coalizione. Anzi, gli ultimi due Governi Berlusconi avevano più di 100 voti di maggiorana
alla Camera e per giunta con candidati scelti personalmente dal partito. Ma questo non è
valso a salvarlo, perchè le coalizioni erano accordi elettorali,
non programmatici.
Dove andare ? Già Aldo Moro aveva posto il problema di dare all'Italia una
"democrazia compiuta", mediante l'alternanza tra i grandi partiti (non tra le
coalizioni) al governo, in recepimento della evoluzione della
società civile; e sulla conseguente ricaduta positiva del ricambio dei quadri dirigenti,
dentro i partiti.
Ma questo era sempre rinviato, pur se la DC era al potere dal 1948. Si
motivava con l'anomalia italiana (nel convincimento degli Stati Uniti) che il secondo
partito in graduatoria (il PCI) fosse non affidabile per la democrazia in Italia (a causa
dei suoi legami con il PCUS) e per la salvaguardia dell'equilibrio tra due grandi blocchi
internazionali contrapposti.
Fondato o infondato questo giudizio sul PCI ? Forse nessuno saprà mai
dire.
Tuttavia, sarebbe forse ingeneroso e anche ingiusto:
- non ricordare il comportamento del PCI nei confronti della BR, che
puntavano all'alternanza nei governi, in modo rivoluzionario, e che il PCI condannò e
contrastò in solidità all'azione dello Stato democratico;
- e non ricordare che, già prima, c'era stata una evoluzione nei rapporti
tra PCI e PCUS, come la presa di distanze dai fatti dell'URSS (per vero anche della
sinistra più estrema), e anzi la rivendicazione del PCI, di una propria autonomia del
partito fratello PCUS.
Fatto sta che con la successiva uscita "totale" dei due grandi partiti storici
(DC e PCI), l'Italia è caduta nelle mani di bande, senza il senso dello Stato
2.- Per il ritorno alla Costituzione, con il concorso dei
Cattolici. In termini storici, per l'Italia, la democrazia compiuta è
l'alternanza tra le due grandi forze (a sinistra, il PD; al centro-destra
la DC, quale grande contenitore dei cattolici e dei laici liberali).
Non so quando arriveremo alla ricostruzione di un partito dei
cattolici (cosa diversa da un "partito cattolico", dopo l'interruzione del
1992), pur se nello scorso 10-12 novembre 2014), ne sono stati ricostruiti i pesupposti
giuridici.
Al momento, mi pare fuori discussione che la staffetta spetti al
PD, in quanto è alternativo al PDL.
Su quali basi elettorali ? Ecco i criterI:
- il primo è permettere al popolo
di rispecchiarsi proporzionalmente in parlamento, ognuno con le proprie idee, e anche con
un voto di preferenza al candidato, ma col limite che il candidato sia incensurato;
- il secondo criterio è che, qualora non ci esca una
"maghioranza assoluta" al primo turno, ci sia un secondo turno, nel quale i
cittadini facciano un sforzo di avvicinamento. Es.: il popolo assegni un premio di
maggioranza (su base nazionale, sia alla camera sia al senato) ad uno dei prmi due
partiti, più votati (es. portarne uno al 55% dei seggi; il residuo 45% sarà ripartito
tra tutti gli altri, proporzionalmente ai voti del primo turno).
Sono molto contrario ad una premio di maggioranza assegnato a tavolino, al
partito di maggioranza relativa.
Ci si ricordi, almeno per pudore, che nel 1950 la DC fece approvare una legge
che assegnava un premio di maggiorannza al partito che conseguisse almeno la maggioranza
assoluta (50%+1)., e quella legge sollevò l'indignazione popolare (legge truffa, fu detto
! ).
Attualmente il 55% va alla coalizione maggiore (basta il 25"-30%, e si
dice di 42,5%).
Non c'è più religione. Completamente scavalcata la sovranità popolare.
- una norma che punisca i "cambia casacca". Si possono
ipotizzare più modi (vietare la formazionne di gruppi parlamentari con un numero di
membri minore del 20% dei membri della camera di appartenenza; togliere ex-ante il
finanziamento pubblico ai gruppi parlamentari, successivi a quelli di prima costituzione
...).
3.- Perchè in strada verso la "democrazia compiuta", con il PD ?
Sul piano programmatico, la somma di BERSANI-RENZI produce un programma di
centro-sinistra che non è drammaticamente l'opposto di un programma dell'attuale
centro-destra. Sicuramente il sano empirismo sarà la guida del prossimo esecutivo, anche
percè il bilancio dello Stato non permette svolazzi.
C'è, subito dopo, il problema di sostituire il "corrotto" e
"dilettantesco" berlusconismo con forze che pubblicamente si rimettono al
popolo.
Le recenti elezioni primarie (del centro-sinistra) ne sono la prova-provata.
Di sicuro, BERLUSCONI ne esce male in tutti i modi, trattando il "prode
ALFANO" come un deficiente senza alcuna personalità.
Una persona degna, che rispetta il popolo, non snobba il giudizio preventivo
del popolo del proprio campo. Dunque Berlusconi si sarebbe dovuto presentare alle primarie
del PDL, come tutti (così come ha fatto BERSANI, nel proprio campo). NINO LUCIANI |
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Legge elettorale ? La situazione in Senato, ancora in
un labirinto.
Anche tuttora inesplorata la riforma costituzionale della Governance

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Sotto, il
Testo base, approvato dalla Commissione Affari Costituzionali,
al quale sarà possibile proporre emendamenti, al momento tantissimi....
LUCIANI: |
- Come da
sempre, gli emendamenti appaiono orientati a favorire la maggioranza e danneggiare le
minoranze.
Nessuna meraviglia, poi, se si mirasse a limitare l'accesso al Parlamento per
i temuti "Grillini", più che a dare, alle loro critiche e al Paese, risposte di
Governabilità, con Governi di legislatura.
- Ma direi anche: STOP a NAPOLITANO, con quelle pressioni
per una nuova legge elettorale, potenzialmente peggiorativa.
- Ci sono, poi, in Italia persone per bene (MONTEZEMOLO) che danno priorità all'indirizzo
politico, per il voto al partito. OK, ma in Italia c'è anche un problema di SISTEMA
istituzionale, per cui anche una persona volenterosa e preparata è impedita di
lavorare, e che si può risolvere solo con Governi di legistratura ... con l'occhio al
lungo periodo. |
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TESTO DI BASE,
UNIFICATO, PROPOSTO DAL RELATORE
In quanto testo di base, esso è stato già approvato dalla Commissione, e da qui si parte
per gli emendamenti (moltissimi)
Per vedere tutte le proposte di emendamento, in Senato, clicca su : http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/
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NT1
MALAN, relatoreArt. 1.
(Modifiche al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei
deputati)
1. Al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di
cui al decreto della Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) l'articolo 1 è sostituito dal seguente:
«Art. 1. - 1. La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale, con voto diretto e
uguale, libero e segreto, attribuito a liste concorrenti di candidati.
2. Il territorio nazionale è diviso nelle circoscrizioni elettorali indicate nella
tabella A allegata al presente testo unico. Salvo i seggi assegnati alla circoscrizione
Estero, la ripartizione dei seggi è effettuata in ragione proporzionale, con
l'attribuzione di un premio, pari a 76 seggi, alla lista o alla coalizione di liste che ha
conseguito il maggior numero di voti validi espressi sul piano nazionale, a norma degli
articoli 77, 83 e 84, e si effettua in sede di Ufficio centrale circoscrizionale.
3. Per ciascuna lista circoscrizionale, composta da due distinti elenchi, sono eletti, per
una quota pari ai due terzi dei seggi da attribuire, con arrotondamento all'unità più
prossima, i candidati inseriti nel primo elenco in base ai voti di preferenza individuali
espressi dagli elettori e, per la restante parte, i candidati inseriti nel secondo elenco
in base all'ordine di presentazione.»;
b) all'articolo 3 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Con il decreto di cui al primo comma e con gli stessi criteri utilizzati per
l'assegnazione dei seggi alle singole circoscrizioni di cui al comma medesimo, sono
distribuiti tra le circoscrizioni, con arrotondamento all'unità più prossima, i 541
seggi da ripartire in ragione proporzionale. I seggi da attribuire come premio sono
determinati, per ciascuna circoscrizione, come differenza tra il numero dei seggi
complessivi assegnati alla circoscrizione e il numero dei seggi da attribuire in ragione
proporzionale.»;
c) all'articolo 4, il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Ogni elettore dispone di un voto per la scelta della lista, da esprimere su un'unica
scheda recante il contrassegno di ciascuna lista. Ogni elettore può esprimere fino a due
voti di preferenza per i candidati inseriti nel primo elenco della lista votata, di cui
all'articolo 18-bis, comma 3, scrivendo il cognome o, in caso di omonimia, il nome
e il cognome del candidato o dei candidati prescelti. Nel caso in cui l'elettore esprima
più di una preferenza, la scelta deve comprendere candidati di entrambi i generi, pena
l'annullamento della seconda preferenza.»;
d) all'articolo 7, primo comma, dopo la lettera a) è inserita la seguente:
«a-bis) i componenti delle Giunte regionali;»;
e) all'articolo 18-bis,il comma 3 è sostituito dai seguenti:
«3. Ogni lista, all'atto della presentazione, deve essere composta da due elenchi di
candidati. Il primo elenco è costituito dai candidati la cui elezione è determinata in
base ai voti di preferenza espressi dagli elettori ed è formato da un numero di candidati
non inferiore a un terzo e non superiore al numero di seggi assegnati alla circoscrizione.
Il secondo elenco è costituito dai candidati la cui elezione è determinata in base
all'ordine di presentazione e il loro numero non può essere superiore a un terzo dei
seggi assegnati alla circoscrizione, con arrotondamento all'unità più prossima. Il
numero complessivo dei candidati di ciascuna lista, ottenuto sommando i candidati dei due
elenchi, non può in ogni caso superare il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione.
3-bis. A pena di inammissibilità della lista, nell'insieme dei candidati compresi
nel primo elenco nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore a due
terzi, con arrotondamento all'unità superiore, e nell'ambito del secondo elenco i
candidati successivi al primo devono essere presentati in ordine alternato di genere.»;
f) l'articolo 19 è sostituito dal seguente:
«Art. 19. - 1. Pena la nullità dell'elezione, nessun candidato può essere incluso in
più liste con diverso contrassegno né in più di un primo elenco di cui all'articolo 18-bis,
comma 3, neppure con il medesimo contrassegno. Pena la nullità dell'elezione, nessun
candidato può essere incluso in più di tre di ciascun secondo elenco di cui all'articolo
18-bis, comma 3, neppure con il medesimo contrassegno. A pena di nullità
dell'elezione, nessun candidato può accettare la candidatura contestuale alla Camera dei
deputati e al Senato della Repubblica.
2. Ogni candidato può essere inserito contestualmente sia nel primo sia
nel secondo elenco della medesima lista.
3. Il candidato risultato eletto in più elenchi deve esprimere opzione ai sensi
dell'articolo 85.»;
g) all'articolo 31, comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:
«Accanto a ogni contrassegno di lista sono tracciate, all'interno del relativo
rettangolo, due righe utilizzabili per l'espressione dei voti preferenza.»;
h) all'articolo 58: |
Nino LUCIANI, Ci sia una risposta valida al
Grillismo con la riforma della Governance, non cose che privilegiano la rielezione o sanno
di anti-grillismo repressivo. Per una democrazia compiuta, anche in Italia.
1.- Premessa. Il Grillismo è una denuncia ampia e
circostanziata dei difetti della società italiana e della sua dirigenza politica,
qualcosa che si assomiglia a quanto fatto Goldoni o a Molière, nel loro tempo, ma con la
grande differenza che, oggi, il teatro è televisivo e planetario in tempo reale.
Non dimentichiamo, poi, che il Grillismo viene anche come reazione a
certe negazioni della scena al grande comico, da parte di partiti della sinistra quando,
all'inizio della carriera, già privilegiava un certo canzonamento dei partiti.
Fatto sta che le elezioni regionali siciliane hanno
"dimostrato" probabile l'ingresso massiccio dei "Grillini" in
Parlamento, data l'attuale legge.
Ne consegue, che la modifica della legge elettorale diviene, per
l'establishment, uno strumento per creare ostacoli specifici a terzi, e per impedire
infiltrazioni al suo interno.
La storia è sempre andata in questo senso.
2.- Perchè il dilagare delle disfunzioni nella politica ? Diciamo
subito che, oggi, siamo di fronte ad un ritorno della stessa onda "deviata" che
sommerse la DC vent'anni fa, per cui giustamente questa ha pagato il conto.
Ma, al tempo stesso, sono certo che la "devianza" è collegata al
blocco, durato troppo a lungo, dell'alternanza tra grandi partiti al governo.
Nessuno negava i suoi meriti per il progresso della nazione, né il
venir meno dei suoi ideali. Si trattava del fatto che i governi hanno un senso positivo
solo se sono specchio continuo dei mutamenti della società civile "migliore", e
del fatto che erano prevalse nel nostro Paese alcune cose negative, quali debolezze gravi
nella governance dello Stato, e il prevalere di interessi privati, in luogo degli
interessi dello Stato in un orizzonte di lungo periodo.
Dobbiamo capire che, già dentro l'uomo, sta il bene, e il male, e che
(pur partendo da sani principi, che è il presupposto necessario per un cattolico, ma non
solo per un cattolico) è legge inesorabile della vita che il male possa prevalere sul
bene, se non c'è un rinnovamento continuo. Gesù Cristo aveva detto che il seme, per
nascere, deve prima morire. L'uomo rinasce attraverso i figli, cioè morendo.
Già all'inizio degli anni '90, c'era, in prima attenzione, la
questione del rinnovamento della DC, e del rinnovamento del sistema di Governance
dello Stato. Da anni, era infatti divenuta "normale" la caduta dei governi ogni
sei mesi, durante la legislatura, determinando carenze gravi dei governi nell'affrontare
le grandi questioni di lungo periodo (vedi esplosione del debito pubblico, già negli anni
'80).
Ci fu un risvolto pesante, agganciato alla "grande spesa
pubblica": la comparsa della questione morale nella vita pubblica, e
anch'essa secondo uno schema tipico dei Paesi, che sfuggono alle regole dell'alternanza,
in modo che un partito che subentra al governo controlli quanto fatto dal precedente. Il
maggior veicolo della corruzione politica era la "grande spesa pubblica", per
via di tangenti per il finanziamento dei partiti al governo (anche di quelli regionali, di
altro colore), in occasione degli appalti a gruppi economici compiacenti.
Quanto fosse esteso il fenomeno, lo ascoltammo da un discorso di
Craxi alla Camera, nel 1993.
E sta di fatto che, dopo una pausa di tranquillità
apparente, in concomitanza con lo scioglimento della DC e del PSI, e del massimo fuoco
della magistratura, la questione morale si ritroverà tale quale ai giorni nostri.
Non solo questo. Mentre un tempo si procedeva in base alle leggi
esistenti, negli anni più recenti sono state fatte delle leggi ad personam per i
governanti (cambiata la tipologia di reato e la prescrizione).
Non solo questo: il finanziamento pubblico dei partiti, al centro e
alla periferia, è risultato fuori misura, anzi causa rilevante della situazione debitoria
dello Stato, mentre parte della popolazione fatica a tirare avanti e la pressione fiscale
è arrivata alla stelle.
Voglio dire fino in fondo: che da vent'anni, con
l'uscita di scena della DC e del PCI, è venuto meno lo Stato e siamo caduti
nelle mani di bande senza il senso dello Stato, forse salvo eccezioni. Per questo è
venuto il momento di fare piazza pulita e ricominciare da capo.
Nel riprendere quel discorso, voglio ricordare che, già negli anni '70,
era stato pubblicato un libro del premio Nobel J. Buchanan, divenuto premio Nobel
per questo libro, che teorizzava la cosiddetta "scuola di public
choice", fondata sull'individualismo metodologico. Secondo quella scuola, i politici
sarebbero dei comuni mortali, e dunque come dei comuni imprenditori privati, essi fanno
politica prima di tutto per motivi personali, e secondariamente per l'interesse pubblico.
In questo senso la PA diveniva strumento per gli obiettivi personali dei politici. Detto
con una immagine veloce, i partiti sarebbero "imprese di affari",
difficili da convincere a rinuncia "volontaria" al governo.
3. I vari tentativi della DC per il rinnovamento di se stessa
e dello Stato.
Aldo Moro aveva posto già da tempo il problema del rinnovamento della
politica in Italia. Stando alle sue parole, la meta era realizzare in Italia la cosiddetta
"democrazia compiuta", fondata sulla alternanza tra i grandi
partiti al governo, in recepimento della evoluzione della società civile; e sulla
conseguente ricaduta positiva del ricambio dei quadri dirigenti, dentro i partiti.
L'anomalia, per l'Italia, era che la DC era al potere dal 1948, in governi di coalizione:
con il PLI fino al 1960; fuori il PLI e dentro il PSI dal 1961. L'alternanza non ebbe
luogo, alle previste scadenze elettorali, perché circolava il convincimento (e in questo
pesò molto il convincimento degli Stati Uniti) che il secondo partito in graduatoria (il
PCI) fosse non affidabile per la democrazia in Italia (a causa dei suoi legami con il
PCUS) e per la salvaguardia dell'equilibrio tra due grandi blocchi internazionali
contrapposti.
Fondato o infondato questo giudizio sul PCI ? Forse nessuno saprà mai
dire. Tuttavia, sarebbe forse ingeneroso e anche ingiusto:
- non ricordare il comportamento del PCI nei confronti della BR, che
puntavano all'alternanza nei governi, in modo rivoluzionario, e che il PCI condannò e
contrastò in solidità all'azione dello Stato democratico;
- e non ricordare che, già prima, c'era stata una evoluzione nei rapporti
tra PCI e PCUS, come la presa di distanze dai fatti dell'URSS (per vero anche della
sinistra più estrema), e anzi la rivendicazione del PCI, di una propria autonomia del
partito fratello PCUS;
- e fors'anche non escludere che questi fenomeni rivoluzionari potevano
essere evitati se la via dell'alternanza era ritenuta praticabile a breve. Fatto sta che
l'alternanza, pur se urgente, veniva sempre rinviata.
4.- Stop a Napolitano... . In queste settimane è ripreso
il tam tam del Presidente Napolitano a favore di una nuova legge elettorale. Ritengo
questa azione non solo inopportuna, ma anche illegittima.
Ritengo che l'attuale legge elettorale dia il massimo di governabilità,
compatibile con l'attuale Costituzione.
a) azione inopportuna. Ritengo che questa azione sia inopportuna
perchè quello che serve all'Italia è avere governi di legislatura con possibilità di
attuare programmi di lungo periodo, il tallone di Achille dei nostri governi da più di
vent'anni. E questo non dipende dalla attuale legge elettorale, tant'è che i due Governi
Berlusconi avevano una maggioranza di più di 100 voti, e ci troviamo allo stesso punto.
b) E c'è, poi, il fatto che per Costituzione, il
Presidente non porta responsabilità politica, e dunque è una questione di
coerenza non fare pressioni dubbie sui parlamentari.
Ci sono, poi, persone per bene (MONTEZEMOLO) che danno priorità all'indirizzo
politico, per una scelta del partito politico. Ok. Ma, ahimè, c'è anche un problema di
SISTEMA istituzionale, per cui anche una persona per bene non riuscirebbe a fare ...
Per questo la governance dello Stato è divenuta una questione pregiudiziale. NINO
LUCIANI |
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Governance dello Stato e/o Legge elettorale ? L'infinito
dialogo tra sordi |

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ITALIA DA ANNI NELLE MANI DI BANDE, senza IL SENSO DELLO STATO
Il
problema primario non è la legge elettorale,
ma una governance che ci dia Governi di legislatura
Solo dopo si adeguerà la legge
elettorale
Il PD in marcia, verso
l'essere fatto a fette ?
(Sotto: il Disegno di Legge del PDL. In precedente edizione vedi quello del PD) |
Per
una rivisitazione culturale della crisi politica in Italia, dopo il 1992
con la la caduta della DC e del PCI, si vegga il convegno sul tema: Ha un senso la riorganizzazione della vecchia Dc, nell'Italia del
2014 ? Clicca
su: http://www.impegno |
IIL
PREMIO DI MAGGIORANZA, SIA IL POPOLO AD ASSEGNARLO AD UNO DEI PRIMI DUE PARTITI, AL
SECONDO TURNO |
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DISEGNO DI LEGGE N. 3428
diniziativa del senatore QUAGLIARIELLO (PDL)
Punti qualificanti (N.d.R.):
- soglia di sbarramento nazionale al 5 per cento, o al 10 per cento
in almeno cinque circoscrizioni;
- distribuzione dei seggi attraverso il metodo proporzionale dHondt,
a livello di circoscrizione;
- due terzi dei seggi attribuiti in base alle indicazioni dei cittadini anche a
livello di singolo parlamentare, e il restante terzo mediante listini bloccati;
- preferenze;
- premio di governabilità 10 per cento al primo partito (e
non alla coalizione)L.
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
(Modifiche al testo unico delle leggi
recanti norme per la elezione
della Camera dei deputati)
1. Al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di
cui al decreto della Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) larticolo 1 è sostituito dal seguente:
«Art. 1. 1. La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale, con voto
diretto e uguale, libero e segreto, espresso in un unico turno elettorale e attribuito a
liste di candidati concorrenti.
2. Il territorio nazionale è diviso nelle circoscrizioni elettorali indicate nella
tabella A allegata al presente testo unico. Salvo i seggi assegnati alla circoscrizione
Estero, la ripartizione dei seggi è effettuata in ragione proporzionale tra le liste
ammesse al riparto, con lattribuzione di un premio di governabilità, pari al 10 per
cento dei seggi, alla lista che ha conseguito il maggior numero di voti validi espressi
sul piano nazionale, a norma degli articoli 77, 83 e 84, e si effettua in sede di Ufficio
centrale circoscrizionale.
3. Per ciascuna lista circoscrizionale, composta da due distinti elenchi, sono eletti, per
una quota pari ai due terzi dei seggi da attribuire, con arrotondamento allunità
più prossima, i candidati inseriti nel primo elenco in base ai voti di preferenza
individuali espressi dagli elettori e, per la restante parte, i candidati inseriti nel
secondo elenco in base allordine di presentazione.»;
b) allarticolo 3 è aggiunto in fine il seguente comma:
«1-bis. Con lo stesso decreto di cui al comma 1 e con gli stessi criteri utilizzati per
lassegnazione dei seggi alle singole circoscrizioni di cui al medesimo comma, sono
distribuiti tra le circoscrizioni i seggi da ripartire in ragione proporzionale, pari al
90 per cento dei seggi, con arrotondamento allunità più prossima. I seggi da
attribuire come premio di governabilità sono determinati, per ciascuna circoscrizione,
come differenza tra il numero dei seggi complessivi assegnati alla circoscrizione e il
numero dei seggi da attribuire in ragione proporzionale»;
c) allarticolo 4, il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Ogni elettore dispone di un voto per la scelta della lista ai fini
dellattribuzione dei seggi in ragione proporzionale, da esprimere su ununica
scheda recante il contrassegno di ciascuna lista. Ogni elettore può esprimere fino a tre
voti di preferenza per i candidati inseriti nel primo elenco della lista votata, di cui
allarticolo 18-bis, comma 3, scrivendo il cognome o, in caso di omonimia, il nome e
il cognome del candidato o dei candidati prescelti. Nel caso in cui lelettore
esprima più di una preferenza, la scelta deve comprendere candidati di entrambi i generi,
pena la nullità dei voti di preferenza successivi al primo. Nelle circoscrizioni cui sono
attribuiti complessivamente fino a cinque seggi, ogni elettore può esprimere una sola
preferenza».
d) allarticolo 14-bis:
1) ai commi 1, 2 e 3, il secondo periodo è soppresso;
2) al comma 4, le parole: «ai commi 1, 2 e 3» sono sostituite dalle seguenti: «al comma
3»;
e) allarticolo 18-bis, il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Ogni lista, allatto della presentazione, deve essere composta da due elenchi di
candidati. Il primo è costituito dai candidati la cui elezione è determinata in base ai
voti di preferenza espressi dagli elettori ed è formato da un numero di candidati non
inferiore a un terzo e non superiore al numero di seggi assegnati alla circoscrizione. Il
secondo elenco è costituito dai candidati la cui elezione è determinata in base
allordine di presentazione e il loro numero non può essere superiore a un terzo dei
seggi assegnati alla circoscrizione, con arrotondamento allunità più prossima. Il
numero complessivo dei candidati di ciascuna lista, ottenuto sommando i candidati dei due
elenchi, non può in ogni caso superare il numero dei seggi assegnati alla
circoscrizione»;
f) allarticolo 19, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«1-bis. Ogni candidato può essere inserito contestualmente sia nel primo sia nel secondo
elenco della lista di cui allarticolo 18-bis, comma 3. Il candidato risultato eletto
in base ad entrambi i criteri deve esprimere opzione ai sensi dellarticolo 85»; |
Nino LUCIANI, Italia nelle mani di bande, non
di partiti con il senso dello Stato. La
retta via, per modificare la legge elettorale, è farlo dopo le modifiche della Costituzione
(poche, ma essenziali)
1. Premessa. Mi pare evidente
che il disegno di legge del PDL sia estremamente souple, ma anche quello del PD (clicca: deputati PD), vale dire è acqua e sapone,
che vuole solo salvare la faccia, davanti all'elettorato, senza cambiare nulla, come il
"gattopardo". Questo giudizio vale anche per il PD.
Al fondo di tutto c'è che, da quando sono caduti i due grandi partiti storici, la
DC-partito dei Cattolici e il PCI - partito Comunista Italiano (ci metto dentro anche il
PSI) è venuto meno lo Stato, e sono subentrate delle bande senza il senso dello Stato.
Con loro ci metto l'ex-Magistrato Di Pietro che li aveva distrutti, e che si è rivelato
un "jolly" perbenino, senza costrutto.
Quelle due forze storiche, anche grazie alla mediazione del movimento storico
liberale, avevano costruito la Costituzione della Repubblica, che ha retto l'Italia
validamente per anni, ma che è venuta a soffrire di deficit di governabilità, per via di
certi condizionamenti internazionali, che avevano impedito una "democrazia
compiuta" per l'Italia (parole di A. Moro). Il motivo è che era mancata l'alternanza
al governo, tra quelle forze storiche.
2. Come risolvere.
La Costituzione aveva voluto un sistema parlamentare (governo proposto dal Capo
dello Stato, e fiduciato dal parlamento) pensato proporzionale alla società civile.
Ne deriva che, oggi, delle "primarie sul candidato premier" sono
contro natura, se prima non si cambia la Costituzione (su questo torno, più avanti circa
il PD).
Cambiare la Costituzione in senso presidenzialista sarebbe, forse, la cosa
migliore, ma con i dovuti "pesi e contrappesi" (il pericolo di dittature non va
mai sottovalutato, e l'Italia ne sa qualcosa). Ma non c'è più tempo in questa
legislatura, per cambiare l'architrave della Costituzione.
Ma altrettanto, senza aver fatto questo, non ha un senso modificare una legge
elettorale, che già contiene in se il massimo che si può fare per la governabilità,
data l'attuale Costituzione.
Invece, si potrebbe cambiare non poco nei fatti, ferma
l'attuale architrave costituzionale, con piccole modifiche, centrate a dare:
- effettiva alternanza tra i grandi partiti al potere (anche disponendo di
espellere dal parlamento i cambia-casacca, dopo le elezioni);
- su governi di legislatura;
- sulla rappresentanza proporzionale dei cittadini in parlamento, ma con limiti
drastici alla polverizzazione della rappresentanza.
Precisamente fare:
a) Governo: il parlamento vota il capo del governo (non
anche i ministri) per l'intera legislatura, che successivamente nomina e revoca ministri
tecnici (in linea di massima). E ammessa la sfiducia, ma solo con un quorum di
almeno i 3/4 di una delle camere;
b) Parlamento: è eletto in due turni con legge elettorale
proporzionale in collegi pluri-nominali, al fine di assegnare (al secondo turno) un premio
di maggioranza, se necessario.
c) Premio di maggioranza. Qualora, al primo turno nessun
partito consegua la maggioranza assoluta, al secondo turno lelettorato sceglie a
quale, tra i primi due, assegnare la maggioranza assoluta (55%, se non ottenuto con i
voti). I restanti seggi sono ripartiti tra tutti gli altri, in proporzione ai voti del
primo turno.;
d) Un solo voto di preferenza
e) Restrizioni per i cambia casacca:
- Sono ammessi Grupppi parlamentari con un numero di
membri non inferiore al 20% dei membri della camera di appartenenza;
- I Gruppi parlamentari formatisi dopo la prima
costituzione, dopo le elezioni politiche, non percepiscono leventuale finanziamento,
a copertura delle spese elettorali, e quanto "già dato" viene recuperato dal
bilancio dello Stato, pro quota scissionisti.
3.- Sulle primarie del PD. Nella Costituzione (Art.
49) la partecipazione dei cittadini alla determinazione della politica nazionale avviene
mediante l'associazione libera in partiti. In questo senso, è tradizione che il candidato
premier sia il segretario politico del partito che vince le elezioni. Così anche in
Inghilterra.
E se adesso vogliamo andare all'americana, OK, ma con un presidente eletto
direttamente dal popolo, dunque dopo aver cambiato la Costituzioone.
Le notizie di questi giorni, secondo cui il PD (e soci) avrebbe accumulato 12
candidati premier, per le elezioni primarie, è una cosa insopportabile per chi ha il
senso dello Stato, in quanto va a squalificare il Segretario, eletto in un Congresso del
PD.
Secondo me, l'On. Bersani dovrebbe semplicemente dimettersi, per salvare la
propria dignità.
Questo fatto (12 candidati) prova la sprovvedutezza della sinistra Italiana,
quella stessa che ci ha "regalato" Berlusconi Premier.
In questo caso, poi:
- c'è l'aggravante di dimostrare troppa fretta, nel dare per spacciato
Berlusconi, al punto di distogliere l'attenzione da lui e tornare a litigare (come sempre)
al proprio interno;
- la competizione delle primarie creerà una disaffezione, verso i partiti-soci
della sinistra, da parte degli elettori, per cui il PDL potrebbe arrivare primo partito i
graduatoria (sia pur con pochi voti di scarto).
Queste puntualizzazioni non vanno prese come un "favore" a
qualcuno, ma la preoccupazione di non frammentare le "grandi forze", quale
necessario passo per realizzare l'alternanza tra grandi partiti al governo, in Italia. NL |
g)
allarticolo 31, il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Sulle schede i contrassegni delle liste sono riprodotti di seguito, in linea
verticale, ciascuno in un unico rettangolo, su ununica colonna; nello spazio accanto
ad ogni contrassegno lelettore può esprimere fino ad un massimo di tre preferenze
in favore dei candidati della stessa lista, salvo il caso di cui allultimo periodo
del comma 2 dellarticolo 4. Lordine dei contrassegni delle liste sulla scheda
è stabilito con sorteggio secondo le disposizioni di cui allarticolo 24. I
contrassegni devono essere riprodotti sulle schede con il diametro di centimetri tre.
Accanto a ogni contrassegno di lista sono tracciate, allinterno del relativo
rettangolo, un numero di linee orizzontali pari al numero massimo di preferenze che
possono essere espresse nella circoscrizione»;
h) allarticolo 58, sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al secondo comma, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Lelettore, senza
che sia avvicinato da alcuno, esprime il voto tracciando, con la matita, sulla scheda un
solo segno, comunque apposto, nel rettangolo contenente il contrassegno della lista
prescelta e può esprimere la preferenza in favore del candidato o dei candidati prescelti
compresi nella medesima lista, scrivendo il loro cognome, ed eventualmente il nome, sulle
apposite righe di cui allarticolo 31, comma 2»;
2) dopo il secondo comma è inserito il seguente:
«I voti di preferenza si esprimono scrivendo con la matita, sulle apposite righe
tracciate a fianco del contrassegno della lista votata, il cognome o, in caso di omonimia,
il nome e il cognome dei candidati prescelti. Lelettore può manifestare la
preferenza esclusivamente per candidati della lista da lui votata. Sono nulle le
preferenze che non designano il candidato con la chiarezza necessaria a distinguerlo da
ogni altro candidato della medesima lista. Se lelettore esprime una preferenza per
un candidato incluso nel secondo elenco e non presente anche nel primo elenco di cui
allarticolo 18-bis, comma 3, il voto si intende attribuito esclusivamente alla lista
cui appartiene il candidato prescelto. Se lelettore non ha segnato alcun
contrassegno di lista ma ha espresso una o più preferenze, si intende che abbia votato la
lista alla quale appartengono i candidati prescelti se le preferenze sono indicate nello
spazio a fianco del contrassegno di lista al quale i candidati prescelti appartengono; in
ogni altro caso, il voto è nullo. Se lelettore ha segnato più contrassegni di
lista e ha indicato una preferenza, il voto è attribuito alla lista cui appartiene il
candidato prescelto se appartenente ad una delle liste votate; in ogni altro caso, il voto
è nullo. Si considerano appartenenti ad una lista tutti i candidati compresi nei due
elenchi di cui allarticolo 18-bis, comma 3».
i) larticolo 68 è sostituito dal seguente:
«Art. 68. 1. Compiute le operazioni di cui allarticolo 67, il presidente
procede alle operazioni di spoglio delle schede. Uno scrutatore designato mediante
sorteggio estrae successivamente ciascuna scheda dallurna e la consegna al
presidente. Questi enuncia ad alta voce il contrassegno della lista a cui è stato
attribuito il voto e le eventuali preferenze e passa quindi la scheda ad altro scrutatore
che la ripone nella cassetta o scatola dalla quale sono state tolte le schede non
utilizzate. Il segretario prende nota, a mano a mano, dei voti di ciascuna lista e di
quelli di preferenza, assieme ad altro scrutatore designato dal presidente.
2. Il segretario proclama ad alta voce i voti di lista e gli eventuali voti di preferenza.
Quando la scheda non contiene alcuna espressione di voto, sul retro della stessa viene
subito impresso il timbro della sezione e apposte le firme del presidente e di due altri
componenti dellufficio di sezione.
3. È vietato estrarre dallurna una scheda se quella precedentemente estratta non
sia stata posta nella cassetta o scatola, dopo spogliato il voto.
4. Le schede possono essere toccate soltanto dai componenti del seggio.
5. Il numero totale delle schede scrutinate deve corrispondere al numero degli elettori
che hanno votato. Il presidente accerta personalmente la corrispondenza numerica delle
cifre segnate nelle varie colonne del verbale col numero degli iscritti, dei votanti, dei
voti validi assegnati, delle schede nulle, delle schede bianche, delle schede contenenti
voti nulli e delle schede contenenti voti contestati, verificando la congruità dei dati e
dandone pubblica lettura ed espressa attestazione nei verbali.
6. Tutte le operazioni di cui al presente articolo devono essere compiute nellordine
indicato; del compimento e del risultato di ciascuna di esse deve farsi menzione nel
verbale»;
l) allarticolo 71, primo comma, numero 2), dopo le parole: «voti di lista» sono
inserite le seguenti: «e dei voti di preferenza»;
m) allarticolo 77, comma 1, dopo il numero 1), è inserito il seguente:
«1-bis) determina inoltre la cifra individuale di ogni candidato del primo elenco di cui
allarticolo 18-bis, comma 3, sommando il numero dei voti di preferenza riportati
nelle singole sezioni elettorali della circoscrizione. Compila quindi, per ciascuna lista,
una graduatoria redatta secondo lordine decrescente di preferenze. A parità di
cifra individuale, è inserito prioritariamente nella graduatoria il candidato più
anziano di età;»;
n) larticolo 83 è sostituito dal seguente:
«Art. 83. 1. LUfficio centrale nazionale, ricevuti gli estratti dei verbali
da tutti gli Uffici centrali circoscrizionali, facendosi assistere, ove lo ritenga
opportuno, da uno o più esperti scelti dal presidente:
1) determina la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista. Tale cifra è data dalla
somma delle cifre elettorali circoscrizionali conseguite nelle singole circoscrizioni
dalle liste aventi il medesimo contrassegno;
2) individua le liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 5 per cento dei
voti validi espressi o che abbiano conseguito in cinque circoscrizioni almeno il 10 per
cento dei voti validi espressi e che sono ammesse pertanto al riparto dei seggi effettuato
in sede circoscrizionale;
3) individua quindi la lista che abbia conseguito sul piano nazionale il maggior numero di
voti validi espressi alla quale deve essere attribuito il premio di governabilità nella
misura del 10 per cento dei seggi;
4) comunica agli Uffici centrali circoscrizionali le liste ammesse al riparto dei seggi di
cui al numero 2) e la lista cui attribuire il premio di governabilità di cui al numero
3).
2. Di tutte le operazioni dellUfficio centrale nazionale viene redatto, in duplice
esemplare, apposito verbale: un esemplare è rimesso alla Segreteria generale della Camera
dei deputati la quale ne rilascia ricevuta, un altro esemplare è depositato presso la
cancelleria della Corte di Cassazione»;
o) larticolo 84 è sostituito dal seguente:
«Art. 84. 1. LUfficio centrale circoscrizionale, ricevute da parte
dellUfficio centrale nazionale le comunicazioni di cui allarticolo 83, comma
1, numeri 2) e 3):
1) per ciascuna delle liste ammesse al riparto dei seggi di cui allarticolo 83,
comma 1, numero 2), divide la cifra elettorale circoscrizionale successivamente per 1, 2,
3, 4, sino a concorrenza dei seggi da attribuire in ragione proporzionale ai sensi del
decreto del Presidente della Repubblica di cui allarticolo 3, comma 1. I seggi sono
assegnati alle liste cui corrispondono nellordine i più alti quozienti ottenuti da
tali divisioni. A parità di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il seggio è
attribuito alla lista che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale e, a parità di
questultima, per sorteggio; alla lista di cui allarticolo 83, comma 1, numero
3) attribuisce anche i seggi del premio di governabilità corrispondenti alla differenza
tra i seggi assegnati alla circoscrizione e i seggi da attribuire in ragione
proporzionale;
2) proclama eletti, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha diritto:
a) per un numero pari ai due terzi, con arrotondamento allunità più prossima, dei
seggi ai quali la lista ha diritto, i candidati compresi nel primo elenco di cui
allarticolo 18-bis, comma 3, che abbiano riportato la maggiore cifra individuale in
base alla graduatoria redatta ai sensi dellarticolo 77, comma 1, numero 1);
b) per i restanti seggi da assegnare alla lista, i candidati compresi nel secondo elenco
allarticolo 18-bis, comma 3, in base allordine di presentazione;
3) qualora una lista abbia diritto ad un numero di seggi pari a due, in deroga al numero
2) del presente comma, proclama eletti un candidato per ciascuno dei due elenchi di cui
allarticolo 18-bis, comma 3;
4) qualora una lista abbia esaurito il numero dei candidati compresi nel primo elenco di
cui allarticolo 18-bis, comma 3, e residuino ancora seggi da attribuire alla lista,
sono proclamati eletti i candidati compresi nel secondo elenco che seguono quelli già
eventualmente proclamati, in base allordine di presentazione; qualora invece la
lista abbia esaurito il numero di candidati compresi nel secondo elenco di cui
allarticolo 18-bis, comma 3, sono proclamati eletti i candidati compresi nel primo
elenco che seguono nella graduatoria redatti ai sensi dellarticolo 77, comma 1,
numero 1);
5) comunica allUfficio centrale nazionale, a mezzo di estratto del verbale, le
risultanze delle operazioni di cui ai numeri precedenti, ai fini di cui al comma 2.
2. LUfficio centrale nazionale, ricevuti gli estratti dei verbali da tutti gli
uffici centrali circoscrizionali di cui al comma 1, numero 5), qualora una lista abbia
esaurito il numero dei candidati di entrambi gli elenchi di cui allarticolo 18-bis,
comma 3, e non sia quindi possibile attribuire tutti i seggi ad essa spettanti in quella
circoscrizione, assegna i seggi alla lista nelle altre circoscrizioni della stessa regione
o, in mancanza, delle altre regioni, ove la stessa lista abbia i più alti quozienti non
utilizzati per lassegnazione dei seggi, ai sensi del comma 1, numero 1), del
presente articolo. Qualora ciò non sia possibile, per esaurimento dei candidati o assenza
della lista nelle altre circoscrizioni, i seggi sono attribuiti nella circoscrizione
originaria alle altre liste che abbiano ottenuto i più alti quozienti non utilizzati per
lassegnazione dei seggi ai sensi del citato comma 1, numero 1). Lesito delle
operazioni di cui al presente comma è comunicato agli Uffici elettorali circoscrizionali
ai fini delle relative proclamazioni»;
p) allarticolo 86, i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti:
«1. Il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa, anche sopravvenuta, è attribuito,
nellambito della medesima circoscrizione:
a) al candidato della lista che, nella graduatoria di cui allarticolo 77, comma 1,
numero 1), segue immediatamente lultimo degli eletti, nel caso in cui la vacanza del
seggio riguardi un candidato compreso nel primo elenco di cui allarticolo 18-bis,
comma 3;
b) al candidato della lista che segue immediatamente lultimo degli eletti compresi
del secondo elenco di cui allarticolo 18-bis, comma 3, in base allordine di
presentazione, nel caso in cui la vacanza del seggio riguardi un candidato compreso nel
suddetto elenco.
2. Nel caso in cui una lista abbia esaurito i propri candidati di uno dei due elenchi di
cui allarticolo 18-bis, comma 3, si procede con le modalità di cui
allarticolo 84, comma 1, numero 4. Nel caso in cui una lista abbia esaurito i propri
candidati di entrambi gli elenchi si procede con le modalità di cui allarticolo 84,
comma 2.».
Art. 2.
(Modifiche al testo unico delle leggi
recanti norme per lelezione
del Senato della Repubblica)
1. Al testo unico delle leggi recanti norme per lelezione del Senato della
Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993. n. 533, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) allarticolo 1, il comma 2 è sostituito dai seguenti:
«2. Lassegnazione dei seggi tra le liste concorrenti è effettuata in ragione
proporzionale, con lattribuzione di un premio di governabilità pari al 10 per cento
dei seggi alla lista che abbia conseguito il maggior numero di voti validi espressi
nellambito di tutte le regioni, mediante riparto nelle singole circoscrizioni
regionali, a norma degli articoli 16 e 17.
2-bis. Con lo stesso decreto del Presidente della Repubblica di cui al comma 1 sono
determinati, per ciascuna regione, salvo quelle di cui ai commi 3 e 4, i seggi da
ripartire in ragione proporzionale, nella misura del 90 per cento dei seggi assegnati alla
regione, con arrotondamento allunità più prossima; i seggi da attribuire come
premio di governabilità sono determinati come differenza tra il numero dei seggi
assegnati alla regione e quelli da assegnare come premio di governabilità»;
b) allarticolo 2, dopo il comma 1, sono aggiunti i seguenti:
«1-bis. Per ciascuna lista circoscrizionale, composta da due distinti elenchi, sono
eletti, per una quota pari ai due terzi dei seggi da attribuire, con arrotondamento
allunità più prossima, i candidati inseriti nel primo elenco in base ai voti di
preferenza individuali espressi dagli elettori e, per la restante parte, i candidati
inseriti nel secondo elenco in base allordine di presentazione.
1-ter. Ogni elettore dispone di un voto per la scelta della lista ai fini
dellattribuzione dei seggi in ragione proporzionale, da esprimere su ununica
scheda recante il contrassegno di ciascuna lista. Ogni elettore può esprimere fino a tre
voti di preferenza per i candidati inseriti nel primo elenco, di cui allarticolo 9,
comma 4, della lista votata, scrivendo il cognome o, in caso di omonimia, il nome e il
cognome del candidato o dei candidati prescelti. Nel caso in cui lelettore esprima
più di una preferenza, la scelta deve comprendere candidati di entrambi i generi, pena la
nullità dei voti di preferenza successivi al primo. Nelle circoscrizioni cui sono
attribuiti complessivamente fino a cinque seggi, ogni elettore può esprimere una sola
preferenza»;
c) dopo larticolo 6, è inserito il seguente:
«Art. 6-bis. 1. Presso la Corte di cassazione è costituito, entro tre giorni
dalla pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi elettorali, lufficio
centrale nazionale per le elezioni del Senato, composto da un presidente di sezione e da
quattro consiglieri, scelti dal primo presidente.»;
d) allarticolo 9, il comma 4 è sostituito dai seguenti:
«4. Ogni lista, allatto della presentazione, deve essere composta da due elenchi di
candidati. Il primo è costituito dai candidati la cui elezione è determinata in base ai
voti di preferenza espressi dagli elettori ed è formato da un numero dei candidati non
inferiore a un terzo e non superiore al numero di seggi assegnati alla circoscrizione. Il
secondo elenco è costituito dai candidati la cui elezione è determinata in base
allordine di presentazione e il loro numero non può essere superiore ad un terzo
dei seggi assegnati alla circoscrizione, con arrotondamento allunità più prossima.
Il numero complessivo dei candidati di ciascuna lista, ottenuto sommando i candidati dei
due elenchi, non può in ogni caso superare il numero dei seggi assegnati alla
circoscrizione.
4-bis. Ogni candidato può essere inserito contestualmente sia nel primo sia nel secondo
elenco della lista di cui allarticolo 9, comma 4. Il candidato risultato eletto in
base ad entrambi i criteri deve esprimere opzione ai sensi dellarticolo 85 del testo
unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361»;
e) allarticolo 10:
1) il comma 6 è sostituito dal seguente:
«6. Contro le decisioni di eliminazione di liste o di candidati, i delegati possono
ricorrere allufficio centrale nazionale previsto dallarticolo 6-bis»;
2) al comma 7, le parole: «di cui allarticolo 23 del predetto testo unico» sono
sostituite dalle seguenti: «di cui allarticolo 23 del testo unico delle leggi
recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361.»;
f) allarticolo 11, il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Le schede sono di carta consistente; sono fornite a cura del Ministero
dellinterno, hanno le caratteristiche essenziali del modello descritto nelle tabelle
A e B allegate al presente testo unico e riproducono in fac-simile i contrassegni di tutte
le liste regolarmente presentate nella circoscrizione. Sulle schede i contrassegni delle
liste sono riprodotti di seguito, in linea verticale, ciascuno in un unico rettangolo, su
ununica colonna; nello spazio accanto ad ogni contrassegno di lista sono tracciate,
allinterno del relativo rettangolo, un numero di linee orizzontali pari al numero
massimo di preferenze che possono essere espresse nella circoscrizione. Lordine dei
contrassegni delle liste sulla scheda è stabilito con sorteggio secondo le disposizioni
di cui al comma 1, lettera a). I contrassegni devono essere riprodotti sulle schede con il
diametro di centimetri tre.»;
g) larticolo 14 è sostituito dal seguente:
«Art. 14. 1. Il voto si esprime tracciando, con la matita, sulla scheda un solo
segno, comunque apposto, nel rettangolo contenente il contrassegno della lista prescelta;
lelettore può esprimere leventuale voto di preferenza in favore del candidato
o dei candidati prescelti compresi nella medesima lista, scrivendo il loro cognome, ed
eventualmente il nome, sulle apposite righe di cui allarticolo 11, comma 3.
2. I voti di preferenza si esprimono scrivendo con la matita, sulle apposite righe
tracciate a fianco del contrassegno della lista votata, il cognome o, in caso di omonimia,
il nome e il cognome dei candidati prescelti. Lelettore può manifestare la
preferenza esclusivamente per candidati della lista da lui votata. Sono nulle le
preferenze che non designano il candidato con la chiarezza necessaria a distinguerlo da
ogni altro candidato della medesima lista. Se lelettore esprime una preferenza per
un candidato incluso nel secondo elenco e non presente anche nel primo elenco di cui
allarticolo 9, comma 4, il voto si intende attribuito esclusivamente alla lista cui
appartiene il candidato prescelto. Se lelettore non ha segnato alcun contrassegno di
lista ma ha espresso uno o più preferenze, si intende che abbia votato la lista alla
quale appartengono i candidati prescelti se le preferenze sono indicate nello spazio a
fianco del contrassegno di lista al quale i candidati prescelti appartengono; in ogni
altro caso, il voto è nullo. Se lelettore ha segnato più contrassegni di lista e
ha indicato una preferenza, il voto è attribuito alla lista cui appartiene il candidato
prescelto se appartenente ad una delle liste votate; in ogni altro caso, il voto è nullo.
Si considerano appartenenti ad una lista tutti i candidati compresi nei due elenchi di cui
allarticolo 9, comma 4»;
h) larticolo 16 è sostituito dal seguente:
«Art. 16. 1. Lufficio elettorale regionale, compiute le operazioni di cui
allarticolo 76 del testo unico delle leggi recanti norme per lelezione della
Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.
361:
a) determina la cifra elettorale circoscrizionale di ogni lista. Tale cifra è data dalla
somma dei voti conseguiti dalla lista stessa nelle singole sezioni elettorali della
circoscrizione;
b) determina inoltre la cifra individuale di ogni candidato compreso nel primo elenco di
cui allarticolo 9, comma 4, sommando il numero dei voti di preferenza riportati
nelle singole sezioni elettorali della circoscrizione. Compila quindi, per ciascuna lista,
una graduatoria redatta secondo lordine decrescente di preferenze; a parità di
cifra individuale, è inserito prioritariamente nella graduatoria il candidato più
anziano di età;
c) individua le liste che abbiano conseguito sul piano regionale almeno il 5 per cento dei
voti validi espressi e che sono pertanto ammesse al riparto dei seggi in sede
circoscrizionale;
d) comunica allufficio centrale nazionale, a mezzo di estratto del verbale, la cifra
elettorale circoscrizionale di ciascuna lista di cui alla lettera a) e le liste ammesse al
riparto dei seggi di cui alla lettera c).»;
i) larticolo 17 è sostituito dal seguente:
«Art. 17. 1. Lufficio centrale nazionale, ricevuti gli estratti dei verbali
da tutti gli uffici elettorali regionali, facendosi assistere, ove lo ritenga opportuno,
da uno o più esperti scelti dal presidente:
1) determina la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista. Tale cifra è data dalla
somma delle cifre elettorali circoscrizionali conseguite nelle singole circoscrizioni
dalle liste aventi il medesimo contrassegno;
2) individua quindi la lista che abbia conseguito sul piano nazionale il maggior numero di
voti validi espressi alla quale deve essere attribuito il premio di governabilità nella
misura del 10 per cento dei seggi;
3) comunica agli uffici centrali circoscrizionali la lista cui attribuire il premio di
governabilità di cui al numero 2).
2. Di tutte le operazioni dellufficio centrale nazionale viene redatto, in duplice
esemplare, apposito verbale: un esemplare è rimesso alla Segreteria generale del Senato
della Repubblica la quale ne rilascia ricevuta, un altro esemplare è depositato presso la
cancelleria della Corte di cassazione»;
l) larticolo 17-bis è sostituito dal seguente:
«Art. 17-bis. 1. LUfficio elettorale regionale, ricevute da parte
dellUfficio centrale nazionale le comunicazioni di cui allarticolo 17, comma
1, numeri 3):
1) per ciascuna delle liste ammesse al riparto dei seggi di cui allarticolo 16,
comma 1, lettera c), divide la cifra elettorale circoscrizionale successivamente per 1, 2,
3, 4, sino a concorrenza dei seggi da attribuire in ragione proporzionale, di cui
allarticolo 1, comma 2-bis. I seggi sono assegnati alle liste cui corrispondono
nellordine i più alti quozienti ottenuti da tali divisioni. A parità di quoziente,
nelle cifre intere e decimali, il seggio è attribuito alla lista che ha ottenuto la
maggiore cifra elettorale e, a parità di questultima, per sorteggio. Alla lista di
cui allarticolo 17, comma 1, numero 3), attribuisce anche i seggi del premio di
governabilità;
2) proclama eletti, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha diritto:
a) per un numero pari ai due terzi, con arrotondamento allunità più prossima, dei
seggi ai quali la lista ha diritto, i candidati compresi nel primo elenco di cui
allarticolo 9, comma 4, che abbiano riportato la maggiore cifra individuale in base
alla graduatoria redatta ai sensi dellarticolo 16, comma 1, lettera b);
b) per i restanti seggi da assegnare alla lista, i candidati compresi nel secondo elenco
allarticolo 9, comma 4, comma 3, in base allordine di presentazione;
3) qualora una lista abbia diritto ad un numero di seggi pari a due, in deroga a quanto
previsto al numero 2 del presente comma, proclama eletti, un candidato per ciascuno dei
due elenchi di cui allarticolo 9, comma 4;
4) qualora una lista abbia esaurito il numero dei candidati compresi nel primo elenco di
cui allarticolo 9, comma 4, e residuino ancora seggi da attribuire alla lista, sono
proclamati eletti i candidati compresi nel secondo elenco che seguono quelli già
eventualmente proclamati, in base allordine di presentazione; qualora invece la
lista abbia esaurito il numero di candidati compresi nel secondo elenco di cui
allarticolo 9, comma 4, sono proclamati eletti i candidati compresi nel primo elenco
che seguono nella graduatoria redatta ai sensi dellarticolo 16, comma 1, lettera b);
5) qualora una lista abbia esaurito il numero dei candidati di entrambi gli elenchi di cui
allarticolo 9, comma 4, e non sia quindi possibile attribuire tutti i seggi ad essa
spettanti, i seggi sono attribuiti alle altre liste che abbiano ottenuto i più alti
quozienti non utilizzati per lassegnazione dei seggi ai sensi del comma 1, numero
1)»;
m) larticolo 19 è sostituito dal seguente:
«Art. 19. 1. Il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa, anche
sopravvenuta, è attribuito, nellambito della medesima circoscrizione:
a) al candidato della lista che, nella graduatoria di cui allarticolo 16, comma 1,
lettera b), segue immediatamente lultimo degli eletti, nel caso in cui la vacanza
del seggio riguardi un candidato compreso nel primo elenco di cui allarticolo 9,
comma 4;
b) al candidato della lista che segue immediatamente lultimo degli eletti compresi
del secondo elenco di cui allarticolo 9, comma 4, in base allordine di
presentazione, nel caso in cui la vacanza del seggio riguardi un candidato compreso nel
suddetto elenco.
2. Nel caso in cui una lista abbia esaurito i propri candidati di uno dei due elenchi di
cui allarticolo 9, comma 4, si procede con le modalità di cui allarticolo
17-bis, comma 1, numero 4. Nel caso in cui una lista abbia esaurito i propri candidati di
entrambi gli elenchi si procede con le modalità di cui allarticolo 17-bis, comma 1,
numero 5.». |
|
Dal Senato, Riforma della Governance dello Stato e legge elettorale.
ll dibattito, Da mesi in Commissione Affari Costituzionali del Senato, la questione è in
Aula in questi giorni giorni. |

|
Ma ...
sorpresa: in Parlamento, la maggioranza che conduce è PDL+Lega,
..... e che è diversa da quella che regge il Governo (PDL+PD+UDC).
I PUNTI CONTRASTATI,
DI MAGGIORE IMPEGNO RIFORMATORE: |
Per riforma Governance: |
- Semi Presidenzialismo
francese (proposto da PDL, contrario PD) |
Per riforma legge elettorale |
- Sistema francese a doppio
turno (proposto da PD) |
Per riforma bicameralismo |
- Senato delle Regioni
(proposto da Lega + PDL) |
|
LA VIA PRATICABILE, MA SUFFICIENTE, IN QUESTO PARLAMENTO:
1) Piccole modifiche, in Costituzione, di stabilizzazione e rafforzamento del
Presidente del Consiglio;
2) Piccole modifiche della attuale legge elettorale (possibilità di candidature in
un solo collegio elettorale,
possibilità di un voto di preferenza);
3) Limiti, in Costituzione, alla formazione dei gruppi parlamentari, durante la
legislatura.
Evitiamoci anche certe
stupidità: quella di pensare che anticipando le elezioni politiche, agevoliamo i problemi
della crisi. La Spagna ha fatto così, ma questo non ha evitato di trovarla
tutt'oggi come prima, peggio di prima.
Ringraziamo anche il Padre Eterno che, avendoci dato MONTI
(al posto dei nostri "politici"),
ci ha fatto ricordare il detto di Francesco Petrarca: "Italia mia, l'antico
valor non è ancor morto". |
|
|
Nota. Ho avuto difficoltà di sintesi delle posizioni di tutti i Gruppi, anche
perchè alcune sono di netta marca bizantina e "cicero pro domo sua", più che
per il Paese. Riporto, invece, per intero il progetto di riforma della legge elettorale
del PD, perchè mi sembra ben fatto e anche un terreno utile per valutare i progetti
alternativi, di cui il lettore disponga.
Invece, per l'insieme della riforme costituzionali della Governance,
clicca su: http://www.senato.it/lavori/21415/106652/genpagina.htm).
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei Deputati del PD
Nuove norme per le elezioni della Camera dei
Deputati
e del Senato della Repubblica
Presentazione
- 1. Nel corso degli ultimi anni, la forma di governo
delineata dalla Costituzione ha subito (di fatto) una trasformazione profonda ed il
Parlamento ha progressivamente perso sia il potere di indirizzo politico e l'influenza
sull'azione del governo, sia la fiducia di molti cittadini.
L'abuso della decretazione d'urgenza e del ricorso all'istituto della questione di
fiducia, ad esempio, sono al contempo ormai ben più che un campanello d'allarme o il
segnale di un momento di difficoltà nel rapporto tra Parlamento e Governo.
I fenomeni di disaffezione dell'opinione pubblica e di progressiva sfiducia e
ripulsa verso ogni forma di organizzazione e di mediazione politica sono davanti agli
occhi di tutti, così come i rischi di una sempre più marcata involuzione populista: il
crescente astensionismo nelle ultime elezioni ne è una conferma, così come la tendenza
alla semplificazione del confronto politico in un confronto tra singoli leader.
All'origine di questa trasformazione (e di questa concentrazione del potere
nell'organo esecutivo) vi è una trasformazione profonda della realtà politica, economica
e sociale, nel cui ambito si è consumata una crisi dei partiti e della rappresentanza che
le ultime modifiche dei sistemi elettorali (l. n. 270del 2005), anziché contrastare,
hanno ulteriormente e significativamente acuito.
2. Il sistema elettorale risultato dalla legge n. 270 del 2005 è stato, fin dall'inizio,
oggetto di numerosi rilievi critici, tanto in sede scientifica quanto in sede di confronto
politico-parlamentare. In particolare, le perplessità e le critiche sollevate durante il
dibattito parlamentare dall'allora minoranza di centrosinistra hanno trovato in larga
misura conferma dopo l'applicazione della nuova disciplina, in particolare alle elezioni
politiche del 2006.
Alla sua prima prova, il nuovo sistema elettorale si è prima di tutto dimostrato
inidoneo a garantire la governabilità, a causa dell'inefficienza (e della sostanziale
irrazionalità) del meccanismo dei premi di maggioranza regionali per l'elezione del
Senato. Il sistema non è infatti strutturalmente capace di assicurare alla coalizione
più votata la maggioranza assoluta dei seggi al Senato, per effetto della possibile
neutralizzazione reciproca dei premi di maggioranza regionali.
Questo meccanismo, laddove non annulli o addirittura ribalti - in termini di seggi
- i risultati elettorali conseguiti dalle coalizioni in termini di voti, produce comunque
una irrazionale distorsione della rappresentanza, con esiti del tutto casuali sotto il
profilo della composizione delle maggioranze. In tal senso, per come configurato, il
sistema elettorale vigente sembra contraddire la stessa ratio dell'introduzione di un
premio di maggioranza, non riuscendo a contemperare efficacemente l'esigenza di garantire
un saldo rapporto fiduciario tra Governo e Parlamento, valido anche per il Senato, con la
garanzia di un sufficiente grado di rappresentatività del sistema.
Peraltro, oltre a non assicurare la governabilità, il sistema
elettorale vigente potrebbe risultare inoltre eccessivamente lesivo del principio di
rappresentatività, il quale, pur bilanciabile con altri principi costituzionali come la
necessità di garantire la stabilità, di certo non può essere compresso in maniera
troppo netta. Infatti, non essendo prevista una soglia di consenso minima per
l'assegnazione del premio di maggioranza, potrebbe determinarsi un forte squilibrio nel
rapporto tra voti conseguiti e seggi ottenuti fino a consentire a liste del tutto
minoritarie di avvantaggiarsi - almeno alla Camera - in maniera del tutto sproporzionata
grazie al premio di maggioranza. |
Nino
LUCIANI, Nell'interesse del Paese e di tutti, qualcosa per la governabilità bisogna fare
assolutamente, anche se non è il massimo dal punto di vista del proprio partito.
1.- La premessa. Il 14 dic. 2010 Berlusconi, sotto scacco matto da Fini col voto
di fiducia (ma poi superato per tre voti), disse:"Sono disposto a qualunque
compromesso, fuorchè nulla mi sia chiesto sulla attuale la legge elettorale".
Condivido che, ferma l'attuale Costituzione, l'attuale legge
elettorale sia il massimo possibile di governabilità del Paese, a parte che si potrebbe
far qualcosa meglio, in sede di regolamenti parlamentari, per impedire la polverizzazione
dei Gruppi, dopo le elezioni ( ad es., non ammettere gruppi con un numero di membri
inferiore al 30-40% dei membri della camera di appartenenza).
Il punto di vista di Berlusconi è essenziale, non foss'altro perchè
egli tuttora maggioritario in parlamento.
In queste settimane c'è, poi, stata in qualche modo una svolta di
Berlusconi: lanciare una proposta di riforma costituzionale della Governance, recependo il
"semi-presidenzialismo" francese. La quale cosa apre, di fatto, a modifiche
collegate, della legge elettorale.
Questa svolta mi ha, però, molto deluso, non per la sua validità, ma
perchè posta in contrasto col PD: vale dire, ben sapendo della sua impraticabilità,
giacchè non approvabile con maggioranza qualificata, e dunque sottoponibile a referendum,
e dunque in nessun modo pronta per la prossima legislatura (Berlusconi non ha forse
dimenticato di aver già perso un referendum).
Non è, poi, trascurabile che la "cosa" (Senato federale) data alla
Lega (per ottenerne i voti e fare, insieme, maggioranza assoluta in parlamento) va a
svuotare i poteri del Premier (come dire: con una mano dai poteri al premier e con l'altra
li togli, perché le Regioni ti metteranno mille bastoni tra le ruote
, domani, a
meno che le fai con meri poteri consultivi
).
2.- Come riportare sugli stessi binari il PDL e il PD. Il Buon Governo è per
orizzonti temporali lunghi e dunque la via imprescindibile è oggi la riforma della
Governance dello Stato, prima che della legge elettorale. Andando al sodo (senza bisogno
di modificare l'architettura costituzionale, che richierebbe tempi lunghi), i punti su cui
ragionare sono:
- garantire governi di legislatura, in cui coniugare politici (il Presidente) e
tecnici (ministri);
- evitare la frammentazione delle camere e fare eleggere persone per bene.
Verso questi obiettivi, l'intesa praticabile tra PDL e PD, potrebbe essere:
a) in tema di riforma della Governance:
- Il Presidente del Consiglio è eletto con voto universale del popolo. Le camere possono
revocarlo con la maggioranza dei ¾ in caso di conflitti costituzionali, da lui provocati
anche indirettamente, tra i poteri dello Stato. ( Es., essere sotto processo, e le camere
ritengono ragionevolmente fondato l'oggetto di accusa del processo).
- in alternativa: Il Presidente del consiglio (non l'intero governo) è (su
proposta del Presidente della Repubblica) eletto dalle Camere, per l'intera legislatura,
non possibilità di revoca della fiducia solo con i ¾ dei membri di almeno una delle
camere.
Successivamente alla elezione, dalle camere, egli nomina e revoca i ministri
(senza obbligo che siano politici),
- Non non sono ammessi in parlamento gruppi parlamentari con un numero
di membri inferiore al 20% della camera di appartenenza. Il parlamentare che abbandona il
gruppo originario e non trova collocazione altrove è dimissionato.
b) In tema di elezioni del parlamento, potremmo adottare il
sistema francese, ma con i seguenti vincoli:
- qualora al primo turno, nessun partito ottenga la maggioranza assoluta, si vota
tra i primi due al secondo turno. Ma se il secondo partito si ritira, il seggio è
attribuito al primo;
- qualora nessun partito ottenga la maggioranza assoluta in parlamento, viene attribuito
un premio su base nazionale al partito di maggioranza relativa, in modo da portarlo alla
maggioranza assoluta;
- non sono candidabili persone che hanno avuto condanne penali, anche se con sentenza non
definitiva. La candidatura va accompagnata dal curriculum vitae, e che dev'essere
pubblicato dall'ufficio elettorale. |
Inoltre,
l'effetto congiunto del meccanismo delle liste bloccate, della sostituzione dei collegi
uninominali con circoscrizioni elettorali di grandi dimensioni e della possibilità di
candidature plurime, ha fatto crescere il peso degli apparati centrali di partito nella
composizione delle liste e fortemente indebolito il rapporto dei parlamentari con i
territori di cui sono espressione.
In particolare, l'ampiezza delle circoscrizioni e la conseguente
estensione delle liste bloccate hanno compresso significativamente la riconoscibilità dei
candidati da parte dell'elettore, facendo aumentare la distanza tra la base elettorale e
la sua rappresentanza parlamentare.
3. Tutto ciò - è importante osservare - non produce peraltro alcuno sviluppo economico.
La concentrazione del potere, e la progressiva destrutturazione dei corpi intermedi non
aumenta l'efficienza prestazionale delle istituzioni politiche, né accresce la
competitività del sistema Paese.
Questa situazione concorre solo ad aumentare le disuguaglianze, le divisioni
e i conflitti sociali. Il problema dell'unità e della coesione sociale è oggi nuovamente
un problema serissimo del nostro Paese.
Per contrastare la progressiva lacerazione del tessuto sociale e la crescente
perdita di capacità regolativa delle istituzioni occorre dunque procedere ad una solida
rilegittimazione delle istituzioni democratico-rappresentative e del sistema politico.
4. In questo contesto, una riforma del sistema elettorale deve in primo luogo perseguire
alcuni obiettivi di fondo, da collocarsi nell'attuale fase storica e nel presente contesto
politico. In secondo luogo, essa deve scegliere i mezzi più adeguati a perseguire tali
obiettivi.
Gli obiettivi di fondo della riforma elettorale devono al tempo stesso
saldarsi con la stagione riformatrice della prima metà degli anni novanta e tentare di
apprendere le lezioni che alcuni fallimenti subiti durante quel percorso hanno impartito.
4.1. Un buon sistema elettorale non può eludere gli obiettivi di una
legittimazione popolare delle maggioranze di governo, che deve consentire in linea di
massima all'elettore di scegliere, in quest'ordine, un programma, una coalizione ed un
candidato premier.
La personalizzazione della politica costituisce un dato irreversibile
dell'attuale stagione delle democrazie pluraliste: essa si impone in via di fatto quali
che siano le forme di governo ed i contenuti ideologici.
La personalizzazione deve tuttavia essere razionalizzata ed inquadrata,
trasformandola da guscio vuoto in veicolo sintetico e simbolico di una proposta politica:
su di essa deve essere possibile l'espressione di una indicazione popolare.
Quest'ultima, al tempo stesso, sarebbe illusoria se non fosse accompagnata da
dispositivi, anzitutto politici, finalizzati a proteggere la stabilità della triade
programma-coalizione-premier oggetto di indicazione popolare: non certo con irrigidimenti
eccessivi ed irrealistici, che verrebbero superati rapidamente dal cambiamento delle
condizioni di contesto, ma rilegittimando delle soggettività collettivi capaci da porsi
come punto di coagulo del consenso popolare.
4.2. La legittimazione popolare e la stabilità vanno perseguite non tanto
con dispositivi volti a realizzare la preposizione diretta da parte dell'elettorato alle
cariche politiche di vertice, quanto attraverso gli strumenti del governo parlamentare di
partito.
Personalizzazione della politica e soggettività collettiva vanno perseguite
spezzando la spirale perversa dei "partiti personali" per veicolare in partiti
stabilmente organizzati e strutturati, ed al tempo stesso aperti alla partecipazione, le
risorse della leadership.
La scelta deve dunque orientarsi verso un sistema che persegua legittimazione
democratica e stabilità di governo promuovendo e non svuotando i partiti politici
organizzati.
4.3. Un terzo obiettivo deve muovere da un dato reale del sistema partitico
italiano attuale, per accompagnarne l'evoluzione virtuosa, senza né ignorarlo, né
tendere illusoriamente a sopprimerlo: il pluralismo delle coalizioni e nelle coalizioni.
Una razionalizzazione dell'offerta politica deve favorire il superamento delle formazioni
politiche "artificiali", ma non semplicemente espellere dalla rappresentanza
pezzi significativi della cultura politica italiana.
4.4. E' in questo già complesso quadro di obiettivi che va inserita l'esigenza di
superare o quantomeno di attenuare il deficit democratico che caratterizza l'attuale
sistema elettorale. Il rilancio del ruolo dei partiti in un'ottica di legittimazione delle
coalizioni e di stabilità dell'azione di governo (e di quella di opposizione) non deve
condurre ad accettare un sistema elettorale come quello attuale, che riduce il voto ad un
plebiscito sul Presidente del Consiglio.
Le esperienze democratiche più avanzate in Europa (ad es. Gran Bretagna e
Germania) dimostrano che esistono strumenti e tecniche per coniugare la democrazia dei
partiti con la legittimazione e la stabilità dei governi e con il controllo democratico
degli elettori sui candidati di partito. Ciò significa ridare senso al voto come atto di
scelta dei deputati non contro, ma dentro i partiti.
4.5. E' in questa prospettiva che va presa in esame l'ipotesi di democratizzare il
sistema elettorale mediante la reintroduzione del voto di preferenza.
Questa opzione ha senza dubbio il merito di restituire all'elettore un
controllo sulle candidature deliberate dalle segreterie di partito, ma essa presenta non
pochi inconvenienti.
In un contesto di organizzazioni di partito relativamente fragili e da ricostruire
e di accentuata personalizzazione politica, le preferenze rischiano di produrre un doppio
effetto negativo: quello di scatenare la competizione intrapartitica - già ben visibile
nelle elezioni regionali - riducendo la già scarsa coesione delle formazioni politiche e
quello di far lievitare enormemente le spese delle campagne elettorali, e quindi i costi
(nascosti, dunque intrinsecamente illeciti) della politica.
Per questo motivo, pare preferibile riprendere il modello alternativo di
valorizzazione del ruolo dell'elettore: il collegio uninominale.
A questo sistema la democrazia italiana si andava gradualmente acclimatando
quando - nel 2005 - le relative dinamiche sono state interrotte dalla legge elettorale
tuttora vigente.
Il collegio uninominale è invece il luogo nel quale il partito assume il
volto concreto di un candidato, che diventa la "faccia" della coalizione e del
programma in uno specifico contesto. Un volto "visibile" che l'elettore è
chiamato a giudicare assieme alla proposta politica di scala nazionale ed al suo
contenuto.
4.6. Un sistema elettorale basato solo su collegi uninominali maggioritari -
sia a turno unico che a doppio turno - se presenta il vantaggio della semplicità e della
semplificazione della rappresentanza e del rapporto, che esso crea, fra gli elettori ed il
deputato del loro territorio, presenta peraltro non pochi svantaggi. Il principale di
questi è il rilevante effetto distorsivo che esso produce riguardo alla configurazione
della rappresentanza.
Nell'attuale fase storica esso presenta inoltre il rischio - ben noto
in Canada ed in India - della eccessiva localizzazione della rappresentanza, al punto che
esso potrebbe produrre un parlamento di partiti politici territoriali (magari con una
corposa Lega Sud accanto alla già esistente Lega Nord) ed un parlamento in cui i partiti
non maggioritari in una data parte del Paese (si pensi al PD in Sicilia o alla PDL in
Emilia-Romagna) potrebbero essere privati della rappresentanza di essa. Occorre allora
combinare le candidature di collegio con quelle di partito, in modo da rafforzare il
rapporto fra eletti ed elettori ma senza correrere il rischio di localizzare troppo la
rappresentanza stessa.
5. Il sistema elettorale che si intende introdurre con la presente proposta
di legge combina, per raggiungere gli obiettivi appena presentati, una percentuale di
seggi attribuiti mediante tre diversi "canali", per quanto riguarda il sistema
elettorale della Camera dei Deputati:
a) collegi uninominali;
b) una quota proporzionale distribuita su base regionale;
c) una quota nazionale di compensazione. L'elettore dispone di una sola
scheda, su cui vota solo per un candidato (di partito) in collegi uninominali e, dunque,
automaticamente anche per la lista del medesimo partito presentata per circoscrizioni
regionali. Il 70 per cento dei 618 seggi da distribuire in Italia (pari, pertanto, a 433)
è eletto in collegi uninominali maggioritari.
Nei collegi uninominali sono presentate candidature individuali (candidati di
partito o indipendenti). E' eletto al primo turno il candidato che ottiene la metà più
uno dei voti validamente espressi, altrimenti si da' luogo ad un secondo turno aperto a
tutti i candidati che abbiano ottenuto almeno 10 per cento dei voti degli aventi diritto
al primo turno.
Nel secondo turno è eletto il candidato che ottiene il maggior numero di voti. Il
28 per cento dei seggi - pari a 173 seggi - è invece attribuito con metodo proporzionale
su base regionale o pluriprovinciale, secondo le attuali 26 circoscrizioni regionali o
pluriprovinciali. In ogni circoscrizione, ciascun partito ha un numero di voti pari al
totale dei voti ottenuti dal candidato di quel partito nel collegio uninominale, sulla
base del primo turno elettorale.
Da tale somma vengono detratti, per ciascun partito, i voti ottenuti al primo
turno dai candidati eletti nei collegi uninominali, sia che l'elezione abbia avuto luogo
al primo turno, sia che abbia avuto luogo al secondo.
Il riparto dei seggi avviene in ragione proporzionale, esclusivamente su base
regionale, con metodo del quoziente corretto a +1 (variante Droop o Hagenbach-Bishoff).
I restanti seggi (circa il 2%, pari cioè a 12) più gli eventuali seggi non
attribuiti a livello circoscrizionale vengono attribuiti mediante una quota nazionale di
compensazione, composta da una lista di nominativi in ordine alternato e con parità di
genere.
I voti delle liste nazionali sono calcolati sommando i voti ottenuti
dai candidati nei collegi uninominali al primo turno, alla condizione che non siano stati
eletti, né i voti siano stati impiegati per l'elezione di candidati nei collegi
circoscrizionali.
Per quanto riguarda il sistema elettorale per l'elezione dei membri del
Senato della Repubblica si è ritenuto più rispondente alla lettera e allo spirito
dell'articolo 57 della Costituzione, il quale prevede che i suoi membri vengano eletti
"su base regionale", prevedere solamente due canali: quello uninominale, per
l'elezione del 70 per cento del totale dei suoi membri (pari cioè a 216) e quello di
lista regionale, per il restante 30% (93 candidati).
Per permettere una tutela della pari opportunità fra i generi, considerato
il notevole squilibrio che si registra nelle nostre assembleee rappresentative e la
necessità di dar attuazione anche a livello nazionale all'articolo 51 della Costituzione,
modificato nel 2003, ma al contempo rispettare i recenti orientamenti della giurisprudenza
costituzionale si propone l'introduzione di due misure specifiche.
Da un lato viene previsto che, a pena di inammissibilità, nel totale dato
dalla somma dei candidati nei collegi uninominali e dei candidati contenuti nell'elenco
che compone la lista circoscrizionale cui sono collegati nessuno dei due generi possa
essere rappresentato in misura superiore al cinquanta per cento.
Accanto a ciò, per evitare che i candidati del genere
sottorappresentato siano collocati in posizione svantaggiosa nelle liste circoscrizionali
o regionali, viene previsto il meccanismo dello zipper system, secondo cui gli elenchi
devono presentare una presenza alternata di candidati di entrambi i generi. Per questi
motivi si auspica un esame in tempi rapidi del presente progetto di legge. |
PROPOSTA DI LEGGE
Per il testo completo dell'articolato legislativo
clicca su:
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei Deputati PD |
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Sentenze
della Corte d'Appello di Roma
e della Suprema Corte di Cassazione
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DICHIARATA LA ESISTENZA della
DEMOCRAZIA CRISTIANA
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Le
due sentenze in originale: n. 1305/09 Corte di Appello, e n.
25999/10 Cassazione
SIGNIFICATO DELLE DUE SENTENZE
come riassunte da Publio Fiori, Avvocato, già Uomo della
DC di Roma,
Sottosegretario di Stato negli anni '90, Professore nell'Università di Roma:
"Dalla sentenza di appello, resa
definitiva dalla Cassazione, risulta
chiaramente che la vecchia DC non si è mai estinta e che, pertanto,
non ci sono eredi nè a titolo universale, nè a titolo particolare" .
Consegue che sono abusivi tutti i se-dicenti eredi, a
titolo "legale"
o "morale" (Buttiglione, Casini, Sandri, Pizza, Rotondi
....)
. |
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Avviata la riorganizzazione della DEMOCRAZIA CRISTIANA, per
"auto-convocazione"
dei 50 membri viventi dell'ultimo Consiglio Nazionale del XVIII congresso, del 1989
Nominati il 30 marzo 2014 il Segretario, il Presidente, la Direzione Nazionale
A ottobre il Congresso Nazionale a Trento, città di De Gasperi
PARERE FAVOREVOLE DI UN
"PRETE PENSANTE" ... della Chiesa Cattolica
(Anche il parere di P. Fiori e di A. Bagnasco, ma sui cattolici in politica. Clicca
su: FORUM2 )
Ma tutto questo ha un senso se non si prescinde dall'autocritica per "mani
pulite" (sia pur senza perdervi
troppo tempo, sopra) e sulle mancate riforme costituzionali ed elettorali,
oggi ancora discusse.
Serve, infatti, guardare avanti, a cominciare dalla successione dei giovani, oggi
esclusi (quasi) da tutto.
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IL PARERE DI UN PRETE CATTOLICO "PENSANTE"
1.-
Bentornata DC! Ma
.
E tornata la Democrazia Cristiana. E per me una notizia
esaltante.
Non ho mai fatto mistero dellauspicio del ritorno della Democrazia Cristiana
e oggi questo auspicio è notizia ufficiale. Lha disposto una sentenza passata in
giudicato che ha reso giustizia a un torto di non poco conto.
I miei corregionali Alcide De Gasperi e Flaminio Piccoli esulteranno dal
paradiso.
Lantico, glorioso simbolo torna dopo molti anni di obnubilamento
assurdo e incomprensibile. Ora un invito da parte mia.
Ogni "rivolo" che si ispira alla Democrazia Cristiana non esiti:
converga nei fatti nel Partito della Democrazia Cristiana. Lo diceva Alcide De Gasperi: "Solo
se uniti saremo forti!"
Lo chiedo a Rifondazione Democristiana dellamico Publio Fiori, lo
chiedo alla Democrazia Cristiana per le Autonomie di Rotondi. Lo chiedo al prof. Pizza, a
Sandri, ecc. Lo chiedo a tutti coloro che caparbiamente e in un certo senso profeticamente
hanno tenuto alto e vivo il nome e lispirazione del glorioso partito, casa comune di
tanti cristiani e cattolici.
Mi associo allinvito rivolto a PierFerdinado Casini a "rinunciare
a perseguire battaglie di puro tornaconto per le pur comprensibili ambizioni personali,
per concorrere con tutti noi "DC non pentiti" a ricostruire la Democrazia
Cristiana, a riconfermarne la validità dei suoi valori di riferimento nella dottrina
sociale della Chiesa, a traghettare il testimone del partito di De Gasperi, Fanfani e Moro
a una nuova generazione di politici interpreti dei bisogni della povera gente alla quale
ridare finalmente una speranza" (E.Bonalberti).
Un po di coraggio, adesso, per andare verso un Congresso scevro da
personalismi.
Non siano le cariche politiche e gli incarichi personali a mantenere le
divisioni e non favorire lunità di chi fonda i propri valori e i propri ideali nel
medesimo ceppo. Lavvio verso lunità è provvidenziale, è un vantaggio,
è la ripresa di un cammino, interrotto dal 1992, e che ridona un grande orgoglio a tutti
i veri democratici cristiani.
Torna orgoglioso il simbolo cui deve molto lItalia intera per limpegno profuso
per cinquantanni dalla DC nella difesa della libertà e nel favorire e sostenere la
crescita economica del Paese.
Un ultimo invito: se è vero come è essere vero che la DC ha ripreso la sua
ufficialità e ha ricostituito legittimamente i proprio organi statutari essa è l'unica
titolare dello storico simbolo dello scudo crociato. Se ne faccia chiarezza in via
definitiva! Sia solo la DC a poter fregiarsi del proprio simbolo.
Per una questione di legalità, di coerenza, di chiarezza.
2.- Il "Ma
." del titolo (più sopra)
E coraggio DC! Ora inizia per gli uomini del
Partito la parte più esigente. Ecco il "Ma
." del titolo.
Coloro che oggi hanno 40 anni conoscono poco o punto la DC e se ne hanno
sentito parlare ne hanno raccolto gli aspetti più deleteri (che pur vi sono stati) dovuti
a taluni uomini del partito.
E per questo motivo che ora inizia il momento più difficile della DC che
dovrà chiedere ai propri militanti specchiata onestà, indiscussa rettitudine, provata
moralità. La storia DC è nobile e va raccontata.
Degli errori commessi dalla fragilità degli uomini del partito è stato pagato un
fio fin troppo alto. Ora della DC occorre conoscerne la storia, le finalità,
lispirazione, i progetti. I nostri giovani devono sapere che la Democrazia
Cristiana ha inteso e intende riedificare, in una atmosfera di libertà e di adeguamento
alle mutate condizioni del tempo, gli ordinamenti politici, giuridici ed economici
sulla base dei principi sociali cattolici.
La Democrazia Cristiana non è né stata pensata né nata come il partito dei
cattolici, o il partito della Chiesa. Papa Benedetto ha dichiarato ripetutamente: Fare
politica "non è competenza della Chiesa", che intende rispettare "una
sana laicità" e riconosce "la pluralità delle posizioni politiche".
Ha tuttavia ricordato: La politica però riguarda i laici cattolici:
"Essi devono essere coscienti delle loro responsabilità nella vita pubblica",
ricordando loro che "Il sistema marxista ha lasciato una triste eredità di
distruzioni economiche ed ecologiche e una dolorosa distruzione degli spiriti. Lo stesso
all'Ovest, dove |
NINO LUCIANI, " Perchè gli appelli etici siano costruttivi, occorre
anche dire, ai partiti, l'obbligo morale di mettere antidoti contro le
"deviazioni".
ESEMPI :
Primo: l'obbligatorietà
dell'alternanza tra i partiti al Governo;
Secondo: l'elezione diretta del
Capo del Governo per un tempo fisso (meglio se tra alcuni nomi, pre-selezionati nelle
Regioni), o la sua elezione parlamentare purchè per tutta la legislatura;
Terzo: elezione di un
parlamento, rappresentativo, ma non frammentato (un voto di preferenza).
1.- Il Padre Eterno ha inventato la morte, e la rinascita
attraverso i figli, per salvaguardare l'umanità dalla naturale fragilità con cui Lui
stesso l'ha creata.
Gesù Cristo aveva detto: "Se il chicco di grano
caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto".
La DC che abbiamo conosciuto, era dominata da pochi che ne avevano
fatto il partito di interessi individuali "salva se stessi", e lo faceva
mediante la strumentalizzazione della Pubblica Amministrazione, e dunque con modi gravi di
corruzione della vita pubblica. Evidentemente, gli antidoti non c'erano.
Da quanto vediamo, le grandi democrazie moralmente apposto hanno
meccanismi inesorabili per il rinnovamento: quali il potere essere eletti per un
prefissato tempo, mai superabile. E questo non ha impedito ai governanti di affrontare i
problemi strutturali dello Stato, per il medio-lungo termine, per un tempo
"assegnato", ragionevole, di 7-8 anni.
Perchè in Italia non riusciamo ancora ad avere "governi di
legislatura" e parlamenti "autorevoli" nei
confronti del governo ? Ma andiamo per gradi.
2.- Considerato che i viventi "DC" del vecchio Consiglio
nazionale sono molto anziani, il loro problema più urgente è selezionare i
giovani per la successione. A questo punto, spero che la successione non avvenga in
famiglia. La Democrazia non è una monarchia ereditaria.
Superato la fase critica, vengono subito i problemi posti all'inizio.
3. Direi, dunque, che (a parte l'ancoraggio alla dottrina sociale della
Chiesa Cattolica, come vuole il nostro PRETE), per la "nuova DC" l'obiettivo
prioritario è rifondare le regole costituzionali dello Stato, avendo in
mente che anche l'Italia ha problemi strutturali che richiedono 5-10 anni (meno
Stato e più mercato, abbattimento del debito pubblico mediante liquidazione del
patrimonio immobiliare e mobiliare non strategico.
Quali riforme ?
- per il governo, l'alternanza obbligatoria tra i partiti, nel
giro di 7-10 anni, e la elezione diretta del capo del governo, possibilmente tra alcuni
nominativi, preselezionati dagli elettorati regionali (può andar bene anche l'elezione da
parte del Parlamento, ma per tutta la legislatura);
- per il parlamento, la rappresentatività popolare, non la
frammentazione.
(Poi, vanno lasciate false vie, come ridurre il numero dei parlamentari ....
Molti cittadini non sanno che di norma il parlamento lavora per "commissioni" di
30 o 15 membri, che è un numero minimo essenziale, in rapporto al numero grandissimo dei
problemi da esaminare).
Nelle discussioni in atto viene data importanza cruciale al problema di
garantire la formazione di una "maggioranza" già al momento
delle elezioni (sistema francese, premio di maggioranza ...).
Questo vale, ma non basta, e l'abbiamo visto con la
"maggioranza" ampia di Berlusconi, frantumatasi nel dopo elezioni.
Vista, poi, la nostra inguaribile tradizione per i campanili, potremmo
fors'anche permettere la proporzionalità pura, purchè dopo l'elezione gli eletti
siano vincolati ad aggregarsi in pochi gruppi parlamentari. Qui serve una norma
costituzionale, per cui non siano ammessi gruppi parlamentari con un numero di membri
inferiore ad un determinato numero (es. non meno del 30% dei membri della camera di
appartenenza).
4. - C'è, poi, il problema di incentivare il rapporto stretto tra partiti
e cittadini. Qui il modo migliore ci sembra:
- restituire il voto di preferenza (un solo voto) agli elettori;
- il finanziamento dei partiti solo mediante il tesseramento. Al
più, il finanziamento pubblico dei partiti dovrebbe essere ammesso solo per garantire un
"primum vivere" (eventualmente, sotto la forma fiscale, volontaria, del 5 per
mille). NINO LUCIANI |
cresce
costantemente la distanza tra poveri e ricchi e si produce un'inquietante degradazione
della dignità personale con ingannevoli miraggi della felicità".
In questo senso la Democrazia Cristiana è il partito di quei cristiani
che vedono e sentono la necessità di riordinare con forme nuove la vita sociale,
che sentono l'esigenza di una vita rinnovata nello spirito e nelle forme giuridiche; che
ritengono impossibile, alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa, conciliare i valori
sottesi alle radici cristiane dellEuropa con le forme dell'economia
liberal-capitalistica.
La Democrazia Cristiana è il partito di coloro che credono che i
valori del Vangelo non sono in nessun modo separati dalla politica e dall'economia.
Per questo il democratico cristiano non crede alla massima "Gli affari sono affari
", e neppure "Ciò che è tecnologicamente e tecnicamente possibile è
anche moralmente lecito"; non crede che "il fine giustifichi i
mezzi", e neppure alle formule della politica laicistica. La Democrazia Cristiana
ritiene di non poter risolvere i problemi sociali e politici su di un piano puramente
economico (materialismo storico marxistico) o anche su di un piano rigorosamente agnostico
(liberalismo giolittiano).
La Democrazia Cristiana abbraccia totalmente la questione
antropologica che si ispiri allUmanesimo Cristiano di Jaque Maritain,
secondo il quale non sono possibili paratie stagne fra le varie attività d'una singola
persona, né tra la sfera privata e quella sociale o pubblica, o religiosa.
Certamente gli organi statutari del Partito recentemente costituti e il prossimo
Congresso Nazionale sapranno coniugare queste istanze fondamentali e queste esigenze
non negoziabili con i segni di questo nostro stupendo e tremendo tempo. I tempi
cambiano, e, con essi, matura l'esigenza di nuovi orientamenti e nuove decisioni.
Racconteremo così nei fatti la grande storia della Democrazia Cristiana che fedele alle
sue radici, ai suoi valori e alle sue ispirazioni saprà leggere i segni dei tempi
per servire sempre più e meglio ogni uommo. don TOMMASO STENICO, email: tomstenico@gmail.com. |
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Susanna Camusso
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In margine alla
riforma Fornero e alla posizione della
Sig.ra S. Camusso:"se un licenziamento è
illegittimo,
è diritto del più debole scegliere tra reintegro e indennizzo".
Domanda: chi fa la legge, rispetto a cui definire la "illegalità" ?
Meglio è uscire da circoli viziosi e ampliare l'orizzonte... ( una
assicurazione obbligatoria contro il rischio di disoccupazione ? Non solo
questo ... ).
Delusione che il Governo non veda, tra i "precari", i ricercatori
precari dell'università |

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lL TESTO DELLA DICHIARAZIONE
(Stralcio da una Intervista
a "L'Unità" il 25 marzo 2014)
1.- È il momento
di valorizzare l'impegno dei lavoratori a
difesa di un principio: che venga colpito il licenziamento illegittimo. E qui aggiungo
qualcosa, perché mi pare d'assistere a una gran confusione, mentre il problema è
chiarissimo: non è questione di distinguere
- tra licenziamenti per motivi economici,
- licenziamenti disciplinare,
- licenziamenti discriminatori.
Il punto è l'illegittimità del licenziamento, a qualsiasi categoria appartenga. Se il
licenziamento è illegittimo, se l'illegittimità è stata accertata, sarà diritto del
più debole, cioè del lavoratore, scegliere tra reintegro e indennizzo".
2.- "Non accetto il ragionamento che in tanti fanno contro di noi, spiegando che non
si può fare una legge in ragione del fatto che esistono i furbi, per impedire le loro
furbizie. Mi pare che una legge si possa fare anche per colpire le devianze. Non siamo un
Paese di assassini, male leggi contro l'omicidio non mancano.
3.- E poi una segnalazione la vorrei fare: il governo ci rassicura che non saranno
consentiti gli abusi, che le maglie saranno strette. È un'intenzione degna del massimo
rispetto. Ma è un'intenzione che rivela anche il timore che abusi se ne compiano, perché
la norma consente evidentemente gli abusi. Siamo al riconoscimento della debolezza e della
insostenibilità della legge, alle quali si può rimediare stabilendo che è
l'illegittimità che si sanziona, a prescindere dalle motivazioni del
licenziamento
" . |
Nino Luciani, Il "buono" e il "cattivo" della riforma
"Fornero" e alcune idee per una corretta impostazione della possibilità di
licennziamento
1. Il "buono" della riforma "Fornero" del lavoro.
Il "buono" è prefiggersi uno stop alla
cosiddetta "flessibilita' in ingresso, del lavoro, e indicare il primato del
contratto di lavoro a tempo indeterminato, come fondamento generale del rapporto di
lavoro.
L'idea che abbattere il costo del lavoro (con la precarizzazione)
contribuisse alle assunzioni si e' rivelata un boomerang, perchè una società senza
diritti (qui, si tratta di un diritto alla stabilità del proprio status) è una società
deresponsabilizzata, e questo non produce nulla di buono anche dal lato professionale.
La riforma non considera, tra i precari, anche i "ricercatori
precari" dell'Università. Si trova, dunque, che il settore pubblico è il
primo inadempiente alle buone regole, e questo è uno scandalo.
Il "cattivo" della riforma
"Fornero" non è la "flessibilità" dell'uscita, ma la sua errata
impostazione. Ma credo che anche l'impostazione della Camusso sia errata.
Non partirei dalla principale casistica ventilata nel tavolo ministero-parti
sociali (si vegga il documento ministeriale,
che distingue tra: licenziamenti discriminatori, disciplinari, economici), anche
perchè presumo che la realtà sia più diversificata e anche camaleontica (avanzare
apparentemente un motivo, ma quello reale è un altro) .
2.- La corretta impostazione del problema del licenziamento. Per il
problema in questione, il quadro di riferimento esistente non è il socialismo, ma
l'economia di mercato, e dunque la proprietà dell'azienda è privata.
Il fatto che questa sia privata comporta che nessuno (neppure il legislatore
ordinario) possa imporre all'impresa oneri impropri (la tutela del posto di lavoro, al di
fuori del consenso dell'impresa, è onere di utilità pubblica). I soli casi coercitivi,
costituzionalmente ammessi, sono la tassazione, il |
servizio militare (se
obbligatorio), gli indennizzi e le pene in caso di violazione di leggi civili e penali.
Su questa distinzione, tra privato e pubblico, il DDL Monti-
Fornero non è riuscito ad essere corretto, costituzionalmente, pur se occorre essere
consapevoli che, in pratica, l'efficacia del DDL sulla ripresa degli investimenti in
Italia, è oggi una questione di giudizio dei mercati sul DDL e sui nostri comportamenti,
nel confronto internazionale (o almeno tra Italia e Germania).
Sul piano dell'impostazione, il campo degli interventi del legislatore
andrebbe ristretto alla materia contrattuale e penale (ma tenuto della diversa capacità
contrattuale degli attori) e regolato con un orizzonte ampio, tale da sottrarsi a circoli
viziosi, che girano su se stessi. Queste, in particolare, le mie idee:
1) dovrebbe essere istituita l'assicurazione obbligatoria
contro il rischio di disoccupazione. Il premio assicurativo dovrebbe essere in
parte sullo Stato (40% ?), in parte sul dipendente (30% ?), in parte sul datore di lavoro
(30% ?), e l' indennizzo non più del 70% dell'ultimo reddito.
Tuttavia, questa assicurazione ha un difetto congenito: la
possibilità che il lavoratore, soddisfatto dello indennizzo, non collabori per trovare un
nuovo lavoro o lo rifiuti con motivi validi o non validi. Un modo di sanare questa
possibilità (su cui ho molto pensato in miei studi) è che il rischio assicurato abbia
una durata massima, poniamo di 5 anni, nella vita di una persona. Pertanto, se la durata
dell'assicurazione fosse di 5 anni, ed egli usufruisce dell'indennizzo per 6 mesi, potrà
contare sui residui 4,5 anni per il resto della vita. Inoltre, la legge dovrebbe dare
adeguata tutela all'assicuratore, in particolare nei casi di maggiore a-simmetria
informativa (tra disoccupato e assicuratore).
2) dovrebbe essere prefigurato normativamente il "buon
comportamento" del gestore dell'azienda.
Dovrebbe essere fatta la prefigurazione della
fattispecie dei casi di anomalie comprovate ( tipiche, ma non da generalizzare, del
proprietario-gestore, quali: eccesso di autoritarismo, mala educazione, violazione della
legge penale, pretesti economici per licenziare). Se comprovata la anomalia, potrebbe
essere disposta la possibilità della "separazione" tra proprietà e gestione, e
l'organizzazione dovrebbe essere definita un compito esclusivo del gestore. Un
"giudice" dovrebbe accertare se sussistono, da caso a caso, valide ragioni per
disporre la separazione.
3) In armonia col diritto al lavoro (art. 4 della Costituzione) la Pubblica
Amministrazione dovrebbe:
- istituire un fondo per il ripiano della perdita
dell'impresa, se causata da motivi economici, per tenere in servizio il personale
eccedente il fabbisogno. Questo per un periodo concordato (e aggiornabile) tra impresa e
P.A;
- sopperire al pagamento dei contributi previdenziali, spettanti al datore
di lavoro;
- istituire un "ruolo amministrativo per il
parcheggio" del disoccupato, da impiegare per le necessità della P.A., o
per lavori socialmente utili. La retribuzione dovrebbe essere quella propria
dell'attività da svolgere, secondo le regole della P.A. Questo lavoro interromperebbe il
periodo assicurativo di disoccupazione.4.- Dentro
questa impostazione, le soluzioni sarebbero (penso) molto agevolate, sia a
salvaguardia della persona del lavoratore e fors'anche delle possibilità di lavoro per
gli esclusi (tra questi rientra anche il nuovo disoccupato pro-tempore), sia dello sgravio
dell'impresa da oneri impropri, a parte che è sempre sbagliato salvare forzatamente i
matrimoni. Nino Luciani |
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Anche altra risposta agli "INDIGNADOS" ...
Riprendiamo in mano la
LEGGE BANCARIA ITALIANA DEL 1936
(Qui sotto, il testo in originale).
E' inaccettabile sanare i bilanci delle banche,
se prima
non si torna a "regole" per il mercato della moneta ! |

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lL TESTO DELL'INTERVISTA
al Governatore
Proponiamo
qui, ai Colleghi professori universitari, lo stralcio di una intervista pubblica al
Governatore, sulle cause e i rimedi alla crisi bancaria, del 1 feb. 2014.
L'intervistatore è l'EIEF- Einaudi Institute for Economics and Finance, che
immagina di fargli domande per conto degli INDIGNADOS.
Il testo è in una nostra libera traduzione in italiano, fermo che l'originale
intero (più sicuro) in inglese è disponibile all'indirizzo sopra riportato.
......
......
Istituto Einaudi: Come economisti, vediamo la finanza come il modo per
fornire risorse a coloro che oggi hanno buone idee (ma non la ricchezza o il reddito),
consentendo loro di trasformare queste idee in reale ricchezza aggiuntiva, che può
premiare sia loro, sia quelli che originariamente hanno fornito le risorse.
Come è stato possibile che, invece, la finanza sia stata vista da tanti
giovani solo come un tradimento, un meccanismo misterioso e ingiusto che genera oppressiva
"ricchezza di carta" per una piccola minoranza e la miseria reale per tutti gli
altri?
Che cosa ha fatto la finanza per meritarsi questa cattiva reputazione? Le autorità
monetarie (Regolatori, d'ora in poi) condividono una parte di responsabilità?
Ed è possibile fare meglio, in favore di un ruolo positivo della finanza?
Governatore: Condivido largamente la vostra idea di finanza come un meccanismo
per la produzione di beni.
Ci sono molti vincoli di liquidità che ostacolano il funzionamento
dell'economia e la valorizzazione di buone idee, e la finanza può rimuovere tali vincoli.
In teoria, almeno. Invece, in pratica, le cose confondono il senso degli eventi,
per un eventuale "taglio" al momento giusto.
Ci sono anche dei cicli nel modo di percepire e valutare la finanza. Prima
degli anni 70 il dibattito intellettuale usava dare per scontata l'idea che un Regolatore
fosse necessario, che il mercato lasciato a se stesso può generare risultati
inefficienti.
Poi venne la grande inflazione degli anni '70, combinata con alta
disoccupazione. Lo Stato, i Regolatori che non avevano impedito questi sviluppi, sono
stati messi sotto accusa
e il terreno era pronto per un ideologia alternativa: una
spinta per diminuire lo spazio dello Stato. Per sostenere questo
orientamento, a parte i fallimenti della "economia regolamentata", ci fu un
cambiamento di potere, in ambito politico ed economico. La fine della guerra fredda, una
maggiore apertura delle economie al commercio, il trasferimento delle innovazioni
tecnologiche, molte delle quali generate nel settore militare, ad usi civili.
La rivoluzione nelle tecnologie dell'informazione e della comunicazione ha
radicalmente trasformato il modo in cui le informazioni possono essere generate, raccolte,
trasferite. E questo a sua volta ha permesso una innovazione in ebollizione nel settore
finanziario, l'innovazione finanziaria.
L'idea, in linea di principio corretta e feconda, era che una
proliferazione di nuovi strumenti finanziari, consentendo agli operatori di assicurarsi
contro le molte facce del rischio, era un modo per "completare i mercati",
. permettendo il trasferimento efficiente delle risorse attraverso il tempo, lo
spazio e gli Stati del mondo.
Ma tutto questo era basato sulla ipotesi che il mondo sia stazionario, che il
futuro sia più o meno come nel passato, e che possiamo estrapolare dei campioni
relativamente piccoli, che vi sia un unico "processo che genera i dati", che
possiamo eventualmente identificare e conoscere.
Se invece il mondo è "non stazionario", si finisce per fare stime
errate delle probabilità. E, sulla base di queste stime errate, le decisioni di investire
in vari strumenti finanziari può portare a grandi errori. Per un determinato numero di
anni le grandi banche d'investimento sono state in grado di sostenere
"rendimenti" molto più alti di quelli che erano giustificato dall'aumento reale
della ricchezza economica. Questo, finchè ad un certo punto è arrivato il giorno della
resa dei conti, e c'è stata una brutta caduta.
In certo modo, l'innovazione basata sull'ipotesi di stazionarietà, sparge i
semi della non-stazionarietà, che finirà per svuotare tale ipotesi.
Istituto Einaudi: Allora, pensa che ci fosse una qualche forma di arroganza, di
eccessiva fiducia in se stessi, sulla base di un errata percezione dei rischi?
Governatore: Sì. Fondamentalmente, la "non
stazionarietà" degli sviluppi economici non è stata ben calcolata. Ma altrettanto
la complessità è stata strumentalizzata in modo un pò perverso, per ottenere dai
Regolatori una sorta di benigna tolleranza. I grandi attori del settore finanziario hanno
sostenuto con successo (in accordo con i Regolatori) che l'innovazione finanziaria era
talmente complessa e opaca per i Regolatori, che essi finivano per girarci intorno
Istituto Einaudi:: Cosa pensa sul perché questo è accaduto? I Regolatori non
avevano i giusti incentivi per l'acquisizione delle informazioni necessarie?
Governatore: Ci sono probabilmente due ragioni. Da un lato, i grandi operatori
finanziari erano, e sono, "globali".
Essi operano nel mercato mondiale, ed i Regolatori nazionali erano troppo
piccoli e avevano poteri troppo limitati per essere in grado di affrontarli.
La necessità di coordinare le azioni delle autorità di regolazione ha agito
nel senso di preservare la sfera d'influenza di ciascun regolatore, come un drenaggio
sulla capacità di innalzare la sfida posta da una finanza diventata globale.
D'altro canto, sono avvenuti sicuramente dei fenomeni di cattura dei Regolatori.
Forti poteri politici ed economicI agivano e, in alcuni casi, hanno prevalso.
Istituto Einaudi: Quali sono i Regolatori capaci di evitare che lo stesso errore
accada di nuovo?
Governatore: Parecchie cose sono già state decise (anche se non ancora tutte
implementate in pieno). La più parte dei paesi ha rivisto i propri sistemi di regolazione
e supervisione per ridurre i rischi per la stabilità, per aumentare la cooperazione tra
autorità e ad ampliare la portata delle norme.
Con il nuovo quadro normativo (cosiddetta Basilea 3), la capacità del
capitale delle banche, di assorbire le perdite potenziali, sarà decisamente migliorata in
modo definitivo: solo il capitale in senso stretto (common equity) sarà considerato
"capitale" (azioni ordinarie, riserve, nuovi utili ? N.d.T.).
E si stanno introducendo requisiti formali di liquidità per gli investimenti
bancari.
Sono stati introdotti principi per fare la compensazione nella finanza, più
rispondente alle prospettive di lungo termine delle imprese.
La trasparenza delle negoziazioni su "derivati" sta per essere
aumentata spostando la maggior parte delle operazioni su scambi centralizzati.
Molti degli incentivi perversi, che hanno incoraggiato le assunzioni di
eccessivi rischi di cartolarizzazione, sono stati eliminati.
Però, la riforma non è stato ancora completata. Diversi altri aspetti sono
stati attivamente discussi, per esempio:
- il ruolo delle agenzie di rating;
- gli standard di contabilità;
- le regole prudenziali;
- anche la distinzione tra le banche, in modo da diminuire la loro complessità.
Per evitare di affrontare brutte alternative, poste dall'esistenza di istituzioni
"troppo grandi per fallire", si tratta:
- di impedire a loro di diventare troppo grandi;
- e di costruire regole che permettono schemi di regolazione ordinata, in caso di guasti.
Sarebbe sciocco fingere che i guasti possono essere evitati, ma dobbiamo
essere preparati per il loro occorrenza.
Non tutti sono d'accordo sulle varie proposte, ci sono buoni argomenti su
entrambi i lati del dibattito
.
E, come accennato all'inizio, sono pienamente convinto che molti più sforzi
dovrebbero essere rivolti a spiegare meglio ai giovani, sia quello che è successo e quali
sono gli aspetti positivi del settore finanziario, sia quelle da cui possono trarre i
maggiori benefici.
A proposito di queste cose, un problema è che non è semplice identificare i
colpevoli di ciò che è andato storto.
Alcuni vedono un ruolo maggiore svolto dai cosiddetti squilibri globali, vale a
dire quelli derivanti dall'emergere di aree con eccedenze strutturali e di altre aree
deficitarie nel mondo, con alcuni paesi che consumavano costantemente più di quanto
producevano e con gli altri che facendo il contrario.
Altri incolpano la cosiddetta discrezionalità regolamentare, consistente nella
tendenza di attori finanziari a muoversi in cerca delle economie in cui la regolazione è
più favorevole.
È anche importante essere chiari sui vantaggi e gli svantaggi delle
alternative (trade-offs). Le decisioni che limitano il potere delle grandi
istituzioni finanziarie potrebbero diminuire l'efficienza del sistema, ma potrebbero
produrre un sistema più robusto e resistente, come uno che si realizza in modo
soddisfacente, anche se le ipotesi, dalle quali si traeva il disegno del quadro normativo,
stavano per tradursi in un errore grossolano.
Istituto Einaudi: Tra le iniziative volte a limitare il potere di queste
istituzioni, c'è l'idea di introdurre una imposta sulle transazioni finanziarie. Qual è
la sua opinione al riguardo?
Governatore: Quando ero capo economista presso l'OCSE, abbiamo pubblicato nel
giugno 2002 un capitolo speciale sulle prospettive dell'OCSE circa la volatilità del
mercato dei cambi e sulle imposte sulle transazioni di capitali.
Quello che abbiamo scritto allora rappresenta, ancora oggi, più o meno
quello che ne penso. Sono preoccupato circa la sua pratica attuazione.
Penso che, se l'obiettivo è di tassare i profitti finanziari, ci sono dei
modi migliori di farlo, e se l'obiettivo è di ridurre la dimensione e la quantità delle
transazioni finanziarie, potrebbe finire (posto che si abbia successo) con l'ottenere poco
gettito fiscale.
Istituto Einaudi: Ma perché dovremmo voler ridurre le dimensioni e l'importo
delle transazioni finanziarie ? Pensa che ci sia una discrepanza tra la quantità di
attività finanziaria e la quantità di attività reale?
Governatore: Il mercato dei "derivati" è buono o cattivo ?
Questo è quello che, in pratica, mi state chiedendo, in quanto una grande parte
dell'esplosione del valore delle operazioni finanziarie è imputabile al mercato dei
derivati.
In linea di principio, un contratto su "derivati" è un meccanismo
di assicurazione. Come tale, è un utile aggiunta alla serie di mercati disponibili, è un
chiaro esempio di un trend verso il completamento dei mercati, che ho menzionato prima.
Ma è necessario conoscerne le probabilità ! E se il mondo è
"non-stazionario", questo è un problema.
Istituto Einaudi: Non solo, ma proprio perché i derivati sono a offerta netta
zero, perché dovremmo preoccuparci?
Se si fanno degli errori nella valutazione delle probabilità e qualcuno potrebbe avere
ciò che gli altri hanno perso, non potremmo lasciarli al loro gioco?
Governatore: Vedete, questo è in qualche misura lo stesso argomento usato dalla
grande finanza per giustificare l'auto-regolazione. Siamo adulti, siamo in grado di
prenderci cura di noi stessi. Questo andrebbe bene, salvo se poi non debbano seguire dei
fallimenti e dei salvataggi. Ci sono importanti esternalità, di cui mercati non
regolamentati non tengono conto." ................. |
Nino Luciani, Una legge per la difesa
del risparmio e degli investimenti, o una legge per la libertà di "impresa
bancaria" senza regole (quella del 1993), associata all'azzardo ?
Premessa. Per una lettura critica attiva della legge del
1936, la chiave è avere in mente che, storicamente, la soppressione della convertibilità
della moneta legale cartacea, in oro (ad un prefissata parità, garantita dalla banca
centrale), è avvenuta perché (con l'esperienza), ci si era resi conto che (per
accettare) il biglietto non era importante che, dietro, ci fosse l'oro, ma che "si
credesse" che ci fosse l'oro.
Più tardi, poi, ci si rese conto anche che l'oro non era necessario
davvero, perchè noi non mangiamo l'oro (come Creso, che ne morì), ma beni
di consumo comprabili con l'oro o con un suo sostituto (la moneta legale).
Ulteriormente più tardi la moneta legale sarà, a sua volta, sostituita
dalla moneta bancaria (assegni), e anche qui (sia pur in misura minore) non era importante
che in deposito ci fosse davvero la moneta legale, ma che si credesse che ci fosse.
Alla fine, si è concluso che, per farla accettare con potere liberatorio
delle obbligazioni, bastava una "convenzione" (la legge), e stabilire un limite
di fabbricazione per la moneta bancaria, che surroga quella legale. Ma ultimamente siamo
arrvati alla "moneta virtuale" e infine, senza regole, ai
"derivati", vale dire all'uso di titoli finanziari il cui valore deriva da
"qualcosa" atteso in futuro, secondo un calcolo di probabilità circa il suo
verificarsi.
2. L'importanza della legge del 1936. ll testo, qui ripreso, è di
eccezionale interesse in quanto esso fu costruito, a suo tempo, per fronteggiare la grande
crisi economica e finanziaria degli anni '30, i cui connotati sono stati riconosciuti
simili a quelli della attuale grande crisi italiana e del mondo occidentale.
Infatti, il mondo attuale viene dalla grande guerra all'IRAQ e
all'AFGHANISTAN, così come il mondo di allora veniva dalla prima guerra mondiale e da
successive varie guerre coloniali, sia pur con alternarsi di periodi di pace e di guerra.
La guerra aveva determinato grandi pressioni della domanda pubblica per la
produzionne di beni per la guerra. Poi, nel dopoguerra, quella domanda crollava e si
imponeva la "conversione" del sistema produttivo in beni di pace, e così di
seguito. (Non ci si fermi, tra le cause della crisi attuale, alla cosiddetta insolvenza
dei mutui sub prime, negli USA. Questa insolvenza fu solo la punta dell'iceberg, quella
che si vede a colpo d'occhio).
Storicamente, le guerre degli Stati europei sono state finanziate dalle
banche, mediante la sottoscrizione di debito pubblico e, dunque, nell'alternarsi del
ciclo, le banche ne subivano i contraccolpi con fasi di grave insolvenza degli Stati
sovrani e delle banche, nel successivo periodo di pace.
J.M. Keynes scrisse, nei primi anni '20, un libretto "Le
conseguenze economiche della pace". Allora lo Stato insolvente era la Germania,
e l'inglese Keynes ammoniva l'Inghilterra a non pretendere esosamente i danni di guerra,
sia perché la Germania non era in condizioni di pagarli, sia perché, accumulando via via
il danaro per pagare i debiti, essa non poteva importare i prodotti dell'Inghilterra, per
cui alla fine ne derivava un danno all'Inghilterra.
Al tempo dei Re, a guerra finita, i Re tagliavano la testa ai
banchieri, e il debito veniva cancellato. Dopo i Re, il debito pubblico è stato
cancellato con la fabbricazione di carta moneta, vale dire con l'inflazione. (Si vegga la
nostra tabella storica del debito pubblico).
Negli anni '30 questa procedura fu complicata dal fatto che le banche
aveva assunto una grande importanza anche per l'economia. E, per evitare la rovina dei
risparmiatori, lo Stato italiano fu costretto a soccorrerle, nazionalizzandone le più
importanti, ed a riordinare la funzione creditizia bancaria.
Anche allora, poi, le banche finanziavano gli investimenti privati a
medio-lungo termine, inclusa la partecipazioni al capitale di rischio.
Fu una miscela che, troppo amplificata, bloccò il circuito del
reddito. I magazzini erano pieni di merci, ma il pubblico non aveva moneta per
acquistarli.3. Cosa fu deciso
con la legge bancaria del 1936.
In essenziale:
a) la Banca Centrale fu configurata come istituto di diritto pubblico
autonomo (già dal 1926, essa aveva avuto la esclusiva per la fabbricazione della moneta
legale. Lo Stato aveva conservato il modesto potere di fabbricare la moneta metallica);
b) fu separato il mercato monetario (ossia a breve termine) dal
mercato finanziario (ossia a medio-lungo termine);
c) fu separata la banca dall'industria (divieto di partecipazione al
capitale di rischio).
In corrispondenza a questa distinzione fu dato il mercato monetario alle
banche di "credito ordinario"; e il mercato finanziario gli istituti di credito
mobiliare. Precisamente, la banca di credito ordinario non poteva più impiegare il danaro
(avuto in deposito a breve) per impieghi a medio-lungo termine come per l'acquisto di
obbligazioni, peggio se in azioni, per i rischi di impossibilità di restituire in ogni
momento il danaro ricevuto in deposito.
C'erano, poi, altre regole, quali l'osservanza:
- di un determinato rapporto tra il patrimonio netto (capitale e riserve) e
le passività;
- dei limiti massimi alla concessione dei prestiti, di cui più tardi (1947,
sotto Einaudi, governatore) quello più noto sarà la "riserva obbligatoria"
delle banche (una percentuale dei depositi da conservare presso la banca centrale, a un
tasso di interesse). Il motivo era ancora che le banche dovevano sempre essere in
condizioni di restituire ai depositanti i loro soldi.
Questo passo era, al tempo stesso, il riconoscimento ufficiale
della possibilità di creazione di moneta bancaria (da parte delle banche), pari ad un
determinato multiplo (l'inverso della detta percentuale) dei depositi iniziali in moneta
legale.
Voglio chiarire che la possibilità di creare moneta bancaria era comunque
notevole, visto che quella percentuale era relativamente bassa. Tanto per essere chiari,
fino ad una trentina di anni fa, quella percentuale era intorno al 25% (e dunque quel
"multiplo" era 4), poi via via sempre meno, e questo anche grazie
dall'accettazione crescente degli assegni bancari, da parte del pubblico.
Stando alle attuali regole della BCE, la percentuale obbligatoria BCE
è divenuta il 2%, ma nei fatti il 3-4%, ma anche il 60% nei casi di gravi anomalie del
debitore. Non ho trovato la percentuale "media", nè le riserve totali
conservate dalle banche presso la B.d'I. Ho provato a calcolata per rapporto tra il totale
degli impieghi bancari e il totale delle banconote in circolazione ( 141 miliardi,
sett. 2011). Posto che tutta la moneta legale transiti per le banche, risulterebbe che la
moneta bancaria sia oggi, grosso modo, 14 volte le banconote, e dunque la riserva
obbligatoria "totale" sia nell'intorno del 7,1% dei depositi.
4. La legge bancaria del 1993.
La legge del 1936 è stata sostituita nel 1993, dal Decreto Leg.vo
385/1993, su pressione della banca d'Italia. La sua caratteristica è di averci dato la
"banca universale".
Analoga legge (il Glass-Steagall Act del 1933) aveva retto negli Stati
Uniti fino al 1999, quando fu sostituita dal Gramm-Leach-Bliley Act. Esso
aveva gli stessi caratteri di base della legge italiana. La Germania aveva, già, la banca
universale.
La riforma stabilirà che "l'attività bancaria" ha
"carattere di impresa" ed "è riservata alle banche"
(art.10), e inoltre che la banca universale:
a) può fare operazioni sulla moneta, senza alcuna distinzione tra mercato a
breve termine e mercato a medio-lungo termine;
b) può emettere obbligazioni; e può partecipare al capitale delle imprese,
e viceversa, sia pur entro determinati limiti (fino al 5% OK di norma, fino al 15% o più
servono speciali autorizzazioni della banca centrale) .
c) avere un "capitale versato" (art. 14, lett. b) "non
inferiore a quello determinato dalla Banca d'Italia" (?).
Questo dispositivo è ripreso dall'art. 53, che chiede alla B.d'I.
disposizioni concernenti "l'adeguatezza patrimoniale" e il "contenimento
del rischio", sia pur differenziatamente da caso a caso;
d) aderire ad un sistema di garanzia di diritto privato nei confronti dei
depositanti, con risorse da essa fornite (art. 96) e (nei casi di liquidazione di banche)
con garanzia accessoria dello Stato estere se la banca in liquidazione è una succursale
di banca estera.
4. I buchi neri della legge bancaria del 1993. Per valutare la
"saggezza" di questa riforma (a parte la "lezione" vivente della crisi
mondiale di liquidità ) occorre chiarire che essa, essendo una impresa, ha libertà di
regolarsi in base al profitto, e dunque (stando all'economia) il limite ai profitti
dovrebbe venire dalla concorrenza tra banche, così da "spingere" le banche
verso un profitto "normale".
Quanto sia infondata questa "attesa", nel caso delle banche,
è provata dal fatto che i manager bancari e finanziari continuano a percepire
remunerazioni astronomiche. In Italia, è solo di qualche mese fa la notizia che un
manager dello Unicredit dimessosi, ha percepito (grosso modo) una liquidazione di 4
milioni.
Le ragioni di questa "non saggezza" sono presto dette:
1) la moneta è un bene a domanda rigidissima, perchè è essenziale per le
operazioni economiche. E' come il sangue per una persona;
2) di conseguenza non è verosimile che possa esistere un mercato
concorrenziale. Ma andiamo per gradi:
Per definizione il mercato di concorrenza si fonda:
- sulla libertà di entrata e uscita di imprese nel mercato;
- sulla omogeneità del prodotto;
- su un numero relativamente grande di imprese, così che nessuna abbia un
potere di dominanza sul mercato.
Qui, non esiste nessuna di queste condizioni. Dunque, è stato come
legalizzare la giungla della foresta.
Infatti, un "ammontare di moneta" depositato a breve non è
omogeneo a un uguale ammontare girato per un prestito a medio-lungo termine. E se questo
avviene, il rischio di insolvenza c'è per definizione. E' lo stesso tipo di reato, in cui
incorre una comune impresa che venda un prodotto adulterato: c'è infedele custodia, verso
il depositante. Questo è il senso della legge del 1936.
3) Un rimedio pensato dalla legge alla "irresponsabilità"
della banca universale-libera impresa, è che la banca risponda in proprio (vale dire con
proprio capitale), del denaro avuto in deposito, e tenga un determinato patrimonio.
Il coefficiente di patrimonializzazione "inventato" da
Basilea 3 è che esso sia almeno il 9%. Si tratta del rapporto tra il "patrimonio di
vigilanza" e impieghi esterni presso la clientela (Devo chiarire che uso un
linguaggio semplificato ma, spero non errato, e comunque, rinvio chi volesse approfondire
il concetto di "patrimonio di vigilanza" al seguente link verso la
Banca d'Italia).
Ma appena guardiamo dentro quel "patrimonio di vigilanza"
constatiamo la grande "bugia".
a) Di esso, il patrimonio nel significato della ragioneria è solo una
piccola parte
b) Il patrimonio nel senso della ragioneria è, di solito, il
patrimonio "storico" (capitale versato, riserve) per cui, dal punto di vista
dell'adeguatezza alla solvibilità, serve qualificarlo con concetti economici: vale dire,
esso dev'essere liquido o liquidabile.
Per chiarire le cose, ricordo che (dai tempi di I. Fisher, 1906, La
natura del capitale del reddito, sul quale ho scritto Intorno alle proposizioni
Fisheriane sul concetto di reddito, ed. da Giuffrè, Padova 1971), il capitale è il
valore attuale del reddito, e dunque non esiste il "capitale + il reddito". Se
vuoi l'uno, non puoi avere l'altro.
Dunque un patrimonio che non prometta un reddito, vale
"zero", e non è liquidabile. In condizioni di catastrofe generale (come
adesso), il processo non è sicuro. Lo abbiamo constatato anche recentemente, quando
(in coincidenza con l'aumento di capitale dell'UNICREDIT), l' "azione" Unicredit
ha avuto in borsa un grande capitombolo, perchè non sorretta da adeguata aspettativa di
dividendi.
c) in ulteriore approssimazione circa la garanzia della solvibilità,
si è accennato (più sopra) che la legge bancaria obbliga le banche ad aderire ad un
fondo di garanzia.
Si tratta di strumenti di efficacia molto limitata, e sicuramente
insufficiente nel caso di panico.
Torno al punto di partenza. In un quadro mondiale di grande pressione
della domanda pubblica di beni per la guerra (IRAQ, AFGHANISTAN) è normale che le banche
siano state sollecitate, al massimo, ad esprimere la loro "libertà di impresa"
per fare super-profitti e, tra l'altro, con la complicità degli Stati (non cercare ...,
non vedere). Ma abbiamo anche visto che, in seguito alla decelerazione del processo di
guerra, il denaro impiegato per il medio-lungo termine, è rimasto ingabbiato, e non è
tornato nelle casse bancarie.
Concludo per la opportunità di tornare a "regole" per il
mercato della moneta. No alla legge della giungla.
La mia preferenza è un ritorno parziale alle legge del 1936, basata sui
seguenti punti:
1) va ripristinata (ed estesa allìUnione Europea) la separazione tra il
mercato a breve e il mercato a medio-lungo termine;
2) la riserva obbligatoria bancaria, depositata presso la banca centrale,
dev'essere "adeguata" (in media non meno del 15% ?);
2) la separazione tra banca e industria dev'essere totale, per quanto
riguarda la partecipazione al capitale di rischio;
3) il mercato dei derivati va vietato alle banche, e lasciato a specifiche
istituzioni, con specifici requisiti patrimoniali.
Nino Luciani, Professore
Ordinario di scienza delle finanze |
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 Nota.
L'Indice, in fotocopia dell'originale, è riportato al termine del testo digitalizzato,
che viene qui di seguito.
Nelle fotocopia ho cancellato tutti i riferimenti al regime politico del tempo, compresi
gli anni di regime, perché
li ho considerati non pertinenti con la legge.
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RAGIONI E SCOPI DEL PROVVEDIMENTO
La funzione
creditizia e quella della raccolta del risparmio, che forma la base ed il presupposto
necessario della prima, avevano trovato - osserva la Relazione ministeriale alla Camera -
adeguata disciplina nella legge 23 giugno 1927, n. 1107, recante provvedimenti per la
tutela del risparmio.
Le successive vicende del mercato monetario
internazionale, connesse con il sensibile incremento del privato risparmio italiano e con
lo sviluppo della produttività del Paese, hanno reso necessaria, a più riprese, la
emanazione di numerosi provvedimenti, per la disciplina ed il controllo del credito, sia
in rapporto a determinate forme di credito o di raccolta del risparmio, sia in rapporto a
particolari Istituti.
Si è così venuto formando un complesso imponente di norme le quali, pure mirando.
tutte all'unico fine della disciplina del credito nell'interesse del Paese, hanno dato
luogo talvolta a dannose interferenze e creato, talora situazioni disorganiche, rendendo
meno efficace la vigilanza sopra un settore di fondamentale importanza per l'economia
tutta della Nazione.
L'opera svolta in tale settore dallo Stato, dall'Istituto di emissione e da Istituti
specializzati, è stata vasta e complessa ed ha condotto a risultati che possono
considerarsi soddisfacenti, ma che tuttavia non permettono di ritenere che l'attuale
ordinamento abbia raggiunto la necessaria stabilità e perfezione.
La presente legge è stata determinata da necessità avvertite dalla corporazione per la
previdenza ed il credito fin dalla sua prima riunione. La discussione svoltasi in tale
sede, sboccò - come è noto - in una serie di conclusioni raccolte nella « mozione sulla
distribuzione funzionale e territoriale degli organi di credito » votata dalla
corporazione stessa. Successivamente, il Comitato corporativo centrale, deliberò, sulla
base della mozione in parola, la costituzione, in seno alla corporazione della previdenza
e del credito, di un Comitato tecnico corporativo per lo studio del problema relativo alla
distribuzione funzionale e territoriale degli organi del credito. Dell'autorevole
collaborazione di tale Comitato si è valso il Governo nella preparazione del
provvedimento che viene presentato alla Camera per la conversione in legge.
Il provvedimento è di ampia portata ed investe, nella sua interezza ed in forma organica,
il problema della disciplina della funzione creditizia in tutti i suoi aspetti. Esso
coordina, e, dove necessario, integra tutta la legislazione precedente, apportando in
taluni campi innovazioni importanti.
Il provvedimento - continua la Relazione - si inspira ad alcuni fondamentali criteri
direttive fondamentali:
a) la necessità dell'azione dello Stato nel campo
del credito; azione che si svolge normalmente con funzioni di vigilanza e di
disciplina. Non è ammissibile che la raccolta di ingenti masse di risparmio ed il loro
impiego nei diversi settori dell'economia produttiva, avvengano al di fuori di una
vigilanza da parte dello Stato, diretta a salvaguardare l'interesse del pubblico, ed
indipendente da considerazioni di ordine nazionale.
b) La necessità di una disciplina unitaria nel
governo di uno strumento che, come quello del credito, forma la base dell'economia del
Paese; necessità resa ancor più manifesta dalla constatazione che la molteplicità ora
esistente negli organi dello Stato, preposti alla vigilanza ed alla disciplina ha creato
spesso interferenze e contraddizioni.
c) L'esatta visione della realtà circa gli
effetti di una organizzazione creditizia non sufficientemente regolata e vigilata, che ha
determinato .la formazione di posizioni bancarie pericolanti, tanto da richiedere ripetuti
interventi dello Stato. Particolarmente importante, a tale riguardo, la decisione presa
dal Governo nel marzo 1934-XII in seguito alla quale lo Stato, attraverso la Sezione
smobilizzi dell'Istituto per la ricostruzione industriale, si è trovato in condizioni di
dover rilevare le partecipazioni industriali delle maggiori Banche di credito ordinarie a
base nazionale.
d) necessità di controllare lespandersi del
credito oltre la possibilità di formazione normale del risparmio, per impedire
l'eccessivo rincarare del denaro che deriverebbe dall'esagerata richiesta di credito. Tale
controllo tende pure a convogliare gli investimenti del denaro verso quelle forme che ne
rappresentano il migliore collocamento non tanto dal punto di vista strettamente egoistico
e privato, quanto da quello dell'interesse pubblico.
In relazione a tali criteri si è provveduto a coordinare i mezzi giuridici, tecnici e di
gestione per la disciplina e il governo della funzione creditizia con la necessaria unità
di organi e con opportuno coordinamento di funzioni, dando vita a quella organica legge
bancaria di cui ancora mancava il nostro Paese.
La portata del provvedimento è tale che ogni punto
merita particolare illustrazione.
Una enunciazione iniziale mette in evidenza che l'esercizio del credito mediante la
raccolta del risparmio fra il pubblico è funzione di pubblico interesse e come tale
sottoposta a vigilanza; il decreto legge provvede quindi a costituire un apposito organo
per l'unificazione ed il coordinamento unitario di tale vigilanza e disciplina,
denominandolo « Ispettorato per la difesa del risparmia e per l'esercizio del credito ».
Fino ad oggi - rileva la relazione della Giunta Generale del Bilancio alla Camera dei
Deputati (relatore UNGARO) - tale controllo - frazionato fra diversi organi - si svolgeva
con criteri e con metodi che non si sono dimostrati rispondenti allo scopo.
L'esercizio bancario era infatti regolato dal Regio decreto - legge 7 settembre 1926, n.
1511 (convertito in legge 23 giugno 1927, n. 1107), il quale stabiliva un controllo
formale ed indiretto della Banca d'Italia e del Ministero delle finanze, sulle aziende
esercenti il credito che raccogliessero depositi.
Tale controllo era limitato:
a) al rapporto fra patrimonio netto (capitale e
riserve) e l'ammontare dei depositi;
b) alla misura massima in cui il fido poteva essere concesso ad una medesima Ditta (20 per
cento del patrimonio dell'Ente mutuante);
e) alla costituzione di un albo delle aziende esercenti il credito;
d) alla preventiva autorizzazione per la costituzione di nuove aziende di credito e per
l'apertura di filiali da parte di aziende già esistenti.
La nuova legge estende nella sostanza e nella forma il controllo su tutte le aziende che
si dedicano ad entrambe queste attività; raccolta del risparmio ed esercizio del credito,
e lo affida ad un organo di nuova istituzione: « l'Ispettorato per le difesa del
risparmio e per l'esercizio del credito ». Si è affacciato il dubbio sulla estensione di
tale controllo anche a quelle società commerciali ed industriali che accettino depositi
in conto corrente per conto di terzi in funzione accessoria delle loro attività; ma è da
ritenere che le nuove disposizioni non abbiano innovato il principio già affermato nel
capoverso dell'articolo 1 del Regio decreto-legge 6 novembre 1926, n. 1830, convertito
nella legge 23 giugno 1927, n. 1108.
L'Ispettorato è alle dipendenze di un Comitato di Ministri il quale è presieduto dal
Capo del Governo e composto dei Ministri per le finanze, per l'agricoltura e le foreste e
per le corporazioni.
Capo dell'Ispettorato è il Governatore della Banca
d'Italia che partecipa alle sedute del Comitato dei Ministri, e provvede, nell'ambito
delle direttive fissate dal Comitato stesso, alla esecuzione dei compiti attribuiti
all'Ispettorato.
Al fine di adeguare le esigenze per lo sviluppo dell'economia della Nazione e della vita
dello Stato alla formazione del risparmio ed alle possibilità di credito del Paese, il
Comitato dei Ministri fissa le direttive di carattere generale sentito il Comitato
corporativo centrale.
All'Ispettorato viene attribuito un complesso di facoltà che sono necessario per
l'applicazione della sua attività. La nuova legge infatti affronta integralmente e con
ampia visuale il problema del governo del credito nel suo complesso ed in tutti i suoi
aspetti, e provvede in primo luogo alla disciplina del massimo tra gli enti di credito
operanti nel Paese, l'Istituto di emissione.
TESTO DEL DECRETO
VITTORIO EMANUELE III
PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE
RE D'ITALIA
...
...
Sentito il Consiglio dei
Ministri;
Sulla proposta del Capo del Governo, Nostro Primo Ministro Segretario di Stato e Nostro
Ministro Segretario di Stato per l'interno e per le corpo razioni, di concerto con i
Nostri Ministri Segretari di Stato per la grazia e giustizia, per le finanze e per
l'agricoltura e foreste;
Abbiamo decretato e decretiamo:
TITOLO I .- DISPOSIZIONI GENERALI.
ART. 1.- INTERESSE PUBBLICO DELLA RACCOLTA DEL RISPARMIO
La raccolta del risparmio fra il pubblico sotto ogni forma e l'esercizio del credito
sono funzioni di interesse pubblico regolate dalle norme del presente decreto.
Tali funzioni sono esercitate da Istituti di credito e Banche di diritto pubblico, da
Casse di risparmio e da Istituti, Banche, enti ed imprese private a tale fine autorizzati.
ART. 2 - CONTROLLO DELL'ISPETTORATO - USO DELLA PAROLA: BANCA
AUTORIZZAZIONE PER LEMISSIONE DI AZIONI
Tutte le aziende che raccolgono il risparmio tra il pubblico ed esercitano il credito, sia
di diritto pubblico che di diritto privato, sono sottoposte al controllo di un organo
dello Stato, che viene a tal fine costituito e che è denominato « Ispettorato per la
difesa del risparmio e per l'esercizio del credito ».
Tale organo sarà in appresso indicato più semplicemente « Ispettorato ».
Le parole « banca », « banco », « cassa di risparmio », « credito », « risparmio
» e simili non potranno in alcun caso usarsi nella denominazione di istituti, enti o
imprese che non siano soggette al controllo dell'Ispettorato o che comunque non ne abbiano
avuto l'autorizzazione.
È soggetta ad autorizzazione dell'Ispettorato ogni emissione di azioni, di obbligazioni,
di buoni di cassa, di valori mobiliari di ogni natura, quando sia da realizzare a mezzo
delle aziende soggette al controllo dell'Ispettorato o i relativi titoli si vogliano
ammettere al mercato dei valori mobiliari nelle Borse del Regno.
ART. 3.- BANCA D'ITALIA - ISTITUTO DI DIRITTO PUBBLICO
La Banca d'Italia è un istituto di diritto pubblico. Sono apportate alla sua
costituzione, al suo ordinamento ed all'esercizio delle sue funzioni le modificazioni
risultanti dal titolo III del presente decreto.
ART. 4. ORDINAMENTO DEGLI ISTITUTI E BANCHE DI DIRITTO
PUBBLICO
La costituzione e l'ordinamento degli Istituti di credito e delle Banche di diritto
pubblico sono regolati dal titolo IV del presente decreto.
ART. 5. RISPARMIO A
BREVE TERMINE
Il controllo dell'Ispettorato sulla raccolta di risparmio a breve termine si attua in confronto:
a) degli Istituti di credito e delle banche di
diritto pubblico di cui all'articolo 4;
b) delle banche ed aziende di credito in genere, comunque costituite, che raccolgano fra
il pubblico depositi a vista o a breve termine, a risparmio in conto corrente o sotto
qualsiasi forma e denominazione;
e) delle filiali esistenti nel Regno di aziende di credito straniere;
d) delle Casse di risparmio;
e) dei Monti di pegni;
f) delle Casse rurali ed agrarie.
Il controllo disposto dal presente articolo si attua secondo le norme contenute nel titolo
V del presente decreto.
Tutti gli istituti, enti e persone elencati nel presente articolo sono indicati in
appresso complessivamente come «aziende di
credito.
ÀRT. 6. RISPARMIO A MEDIO E LUNGO TERMINE
Il controllo dell'Ispettorato sulle operazioni di raccolta di risparmio a medio e lungo
termine e sulle aziende che le esercitano si attua secondo le norme del titolo VI del presente decreto.
ART. 7. FUSIONE DI AZIENDE
Per le aziende di credito di cui all'articolo 5 è stabilita una procedura speciale per le
fusioni, l'amministrazione straordinaria e la liquidazione secondo le disposizioni del
titolo VII del presente decreto.
ART. 8. FUNZIONI DI
VIGILANZA
Le funzioni di cui
all'articolo 24, libro secondo, del testo unico 2 gennaio 1913, n. 453, sulla Cassa
depositi e prestiti e quelle previste dal comma secondo dell'articolo 1 del Regio
decreto-leggero dicembre 1924, n. 2106, sono esercitate sentito l'Ispettorato.
ART. 9. INCOMPATIBILITÀ
I funzionari dello Stato e degli Istituti parastatali non possono coprire cariche di
amministratori e direttori nelle aziende di credito e negli Istituti ed Enti indicati
nell'articolo 41, sottoposti al controllo dell'Ispettorato, salvo autorizzazione espressa
del Comitato dei Ministri.
I funzionari delle aziende di credito e degli Istituti ed enti indicati nell'articolo 41
non possono coprire cariche di amministratori, sindaci e direttori in altre aziende, anche
se non sottoposte al controllo dell'Ispettorato, se non autorizzati dall'Ispettorato
stesso.
Nel caso di autorizzazioni concesse ai sensi dei due precedenti capoversi, gli emolumenti
spettanti ai funzionari per le cariche loro consentite sono devoluti agli enti da cui
dipendono, salvo che l'Ispettorato ne con- senta la devoluzione ai funzionari stessi.
La Giunta
del Bilancio ha proposto, e la Camera ha approvato che nel 2° comma alle parole « i funzionari » siano sostituite le parole « gli amministratori delegati, i dirigenti, i funzionari,
impiegati delle aziende di credito ».
In merito all'articolo 9 la stessa Giunta del Bilancio ebbe a considerare:
« Per ciò che si riferisce ai funzionari dello Stato - in considerazione dei molti
abusi, a cui ha dato luogo l'accentramento in taluni funzionari sopratutto di grado
elevato, di cariche di amministratori in aziende che dell'Amministrazione dello Stato non
fanno parte - è da augurarsi che il Comitato dei Ministri si avvalga solo in casi di
assoluta necessità della facoltà di consentire che essi partecipino all'amministrazione
degli Istituti sottoposti al controllo dell'Ispettorato, in attesa che entro breve termine
- per ovvie considerazioni di opportunità e di prestigio - possa essere esteso a tutti i
funzionari dello Stato il divieto fatto oggi soltanto a talune categorie di essi - come i
Magistrati - di partecipare comunque ad amministrazioni di aziende, anche se non
sottoposte al controllo dell'Ispettorato.
« Può sembrare contraddittorio ed in certo modo antigiuridico che una legge, nel tempo
stesso in cui stabilisce categoricamente una incompatibilità, ammetta la possibilità di
derogarvi; ma la contraddizione - che peraltro è evidente - si spiega con la necessità
di consentire al Comitato dei Ministri, in via del tutto eccezionale - come è già stato
deliberato - che nel primo periodo di attuazione della legge, ed in pochissimi e
singolarissimi casi, taluni funzionari possano continuare a prestare la loro opera ancora
per breve tempo in talune Amministrazioni ».
ART. 10. SEGRETO D'UFFICIO
Tutte le notizie, le informazioni o i dati riguardanti le aziende di credito sottoposte al
controllo dell'Ispettorato sono tutelati dal segreto d'ufficio anche nei riguardi delle
pubbliche Amministrazioni. I funzionari dell'Ispettorato nell'esercizio delle loro
funzioni sono considerati pubblici ufficiali; essi hanno l'obbligo di riferire
esclusivamente al Capo dell'Ispettorato tutte le irregolarità constatate, anche quando
assumano la veste di reati.
I funzionari e tutti i dipendenti dell'Ispettorato sono vincolati dal segreto d'ufficio.
TITOLO II. COSTITUZIONE DELL'ISPETTORATO PER LA DIFESA
DEL RISPARMIO E PER L'ESERCIZIO DEL CREDITO.
ART. 11. ISPETTORATO
La difesa del risparmio ed il controllo dell'esercizio del credito sono attuati dallo
Stato mediante apposito organo denominato a Ispettorato per la difesa del risparmio e per
l'esercizio del credito i).
ART. 12. COMITATO DI
MINISTRI - GOVERNATORE DELLA BANCA D'ITALIA
L'Ispettorato è alle dipendenze di un Comitato di Ministri presieduto dal Capo del
Governo e composto dei Ministri per le finanze, per l'agricoltura e le foreste e per le
corporazioni.
Il governatore della Banca d'Italia, è capo dell'Ispettorato e provvede, nell'ambito
delle direttive fissate dal Comitato dei Ministri alla esecuzione dei compiti attribuiti
all'Ispettorato, anche mediante deleghe. Il capo dell'Ispettorato partecipa alle sedute
del Comitato dei Ministri predetto.
Il Comitato dei Ministri si riunisce ordinariamente ogni mese.
ART. 13. DIRETTIVE -
COMITATO CORPORATIVO CENTRALE
II Comitato dei Ministri di cui all'articolo precedente fissa le direttive per l'azione da
svolgere dall'Ispettorato. Per le direttive di carattere generale il Comitato dei Ministri
sentirà il Comitato corporativo centrale al fine di adeguare le esigenze per lo sviluppo
della economia della Nazione della vita dello Stato alla formazione del risparmio ed alle
possibilità di credito del Paese.
ART. 14. VIGILANZA
MINISTERIALE - DEVOLUZIONE AL COMITATO
Ferme restando le disposizioni concernenti la vigilanza del Ministro delle finanze
sull'Istituto di emissione, tutte le attribuzioni attualmente deferite ai Ministri per le
finanze, per l'agricoltura e foreste e per le corporazioni, concernenti la materia del
risparmio e del credito e la ingerenza e sorveglianza su gli enti che esercitano le
funzioni, di cui all'articolo 1, sono devolute al Comitato dei Ministri di cui
all'articolo 12 ed i provvedimenti relativi sono emanati con decreti del Capo del Governo.
Alla esecuzione di tali decreti e in generale a tutte le funzioni di carattere esecutivo,
provvede l'Ispettorato.
ART. 15. ORGANIZZAZIONE
DEGLI UFFICI
Con deliberazione del Comitato dei Ministri saranno stabilite le norme per
l'organizzazione degli uffici, l'assunzione del personale, la nomina dei funzionari, la
determinazione delle loro attribuzioni.
ART. 16. CORRISPONDENZA
CON LE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
L'Ispettorato ha diritto di corrispondere con tutte le pubbliche Amministrazioni e con gli
enti di diritto pubblico, nonché con tutti gli organi corporativi e di richiedere ad
essi, oltre alle notizie ed informazioni occorrentigli, la collaborazione per
l'adempimento delle sue funzioni.
ART. 17. PERSONALE
Con provvedimenti delle Amministrazioni interessate, può essere comandato a prestare
servizio temporaneamente presso l'Ispettorato, a richiesta di questo, personale di
qualsiasi gruppo o ruolo delle Amministrazioni dello Stato, nonché personale appartenente
a Istituti di credito e banche di diritto pubblico e ad altri enti di diritto pubblico.
ART. 18. SPESE DI GESTIONE
DELL'ISPETTORATO
Le aziende di credito e gli istituti ed enti indicati nell'articolo 41 sottoposti al
controllo a norma del presente decreto, contribuiscono alle spese di gestione e di
amministrazione dell'Ispettorato nella misura e con le norme che saranno determinate con
deliberazione del Comitato dei Ministri, il quale approva il rendiconto annuale presentato
dal capo dell'Ispettorato.
ART. 19. PROVVEDIMENTI DEL
CAPO DELL'ISPETTORATO
I provvediménti presi dal capo dell'Ispettorato nell'esercizio delle funzioni
discrezionali di controllo sono soggetti al solo sindacato del Comitato dei Ministri, al
quale gli interessati possono proporre i loro reclami - che non. hanno effetto sospensivo
- entro il termine di un mese dalla data della comunicazione del provvedimento.
TITOLO III. L'ISTITUTO DI EMISSIONE
Il titolo
III del provvedimento - osserva la Relazione ministeriale - risolve organicamente il
problema delle funzioni e della costituzione dell'Istituto di emissione, venendo incontro
ai voti ripetutamente espressi ed anche recentemente confermati dalla mozione votata nello
scorso giugno dalla Corporazione della previdenza e del credito, che deliberava, di
chiedere al Governo l'adozione di provvedimenti idonei ad orientare sempre più l'Istituto
di emissione verso le sue altissime funzioni di massimo regolatore della attività
creditizia nazionale.
Come primo atto della riforma dell'Istituto di emissione, esso viene dichiarato Istituto
di diritto pubblico.
L'Istituto di emissione, ente di diritto privato, è ormai, nello Stato corporativo, una
sopravvivenza non più giustificabile. Esso stava a rappresentare nella sua origine il
banchiere privato che aveva fatto prestiti allo Stato o al Principe e che, a poco a poco,
quale corrispettivo dell'aiuto prestato, aveva ottenuto il privilegio di battere moneta.
Oggi l'esercizio di questa attività da parte del privato non ha più alcun serio
contenuto di intrapresa economica e la partecipazione del privato all'Istituto di
emissione non ha quindi più giustificazione. Tanto vale dunque disinteressare, puramente
e semplicemente il capitale privato, tutelandone, come è giusto, i diritti acquisiti, ed
affermare che la Banca d'Italia è un ente di diritto pubblico, sottraendo pertanto le
azioni di essa alla circolazione fra enti non qualificati. Così il provvedimento dispone
che le attuali azioni siano rimborsate al prezzo di lire 1.300** (milletrecento) cadauna
corrispondente al capitale ed alle riserve di bilancio dell'ente, e che un nuovo capitale
di lire 300 milioni sia sottoscritto da Casse di risparmio, Istituti di credito e Banche
di diritto pubblico, Istituti di previdenza, ed Istituti di assicurazione. Si apporta
altresì una innovazione nella costituzione degli organi amministrativi dell'Istituto. In
armonia con la sua natura di ente di diritto pubblico le funzioni che nella Banca d'Italia
spettavano alla assemblea dei soci vengono in parte deferite alla Corporazione della
previdenza e del credito, cui è demandata la nomina di tre dei quindici membri del
Consiglio superiore dell'Istituto, mentre gli altri dodici vengono nominati dalle
assemblee generali dei soci presso le sedi della Banca e cioè da rappresentanti degli
Enti sopra menzionati. La funzione eminentemente tecnica di " banca delle banche
" che l'Istituto di emissione deve assumere nella economia bancaria moderna è
chiaramente espressa dalla limitazione delle operazioni di sconto (il cosiddetto risconto)
a contropartita costituite esclusivamente da Aziende ed Istituti di credito. Cessano
così, con i necessari temperamenti previsti dallo stesso articolo per le operazioni in
corso, le operazioni di sconto diretto e cioè proprio quelle operazioni per le quali
avveniva la deplorata interferenza tra Aziende di credito ordinario ed Istituto di
emissione. Oltre lo sconto alle aziende di credito, all'Istituto di emissione vengono
conservate le operazioni di anticipazione anche a privati su titoli di Stato e su altri
ammessi per legge speciale. Le nuove disposizioni danno una diversa fisonomia all'Istituto
di emissione, per il quale è necessaria una revisione delle disposizioni statutarie che
ora ne regolano l'attività. A tal fine si prevede l'approvazione, per decreto Reale, di
un nuovo testo di Statuto.
ART. 20. BANCA D'ITALIA La
Banca d'Italia, creata con la legge 10 agosto 1893, n. 449, è dichiarata Istituto di
diritto pubblico. Il capitale della banca è di trecento milioni di lire ed è
rappresentato da trecentomila quote di mille lire ciascuna, interamente versate. Ai fini
della tutela del pubblico credito e della continuità di indirizzo dell'Istituto di
emissione, le quote di partecipazione al capitale sono nominative e possono appartenere
solamente a: a) Casse di risparmio; b) Istituti di credito e banche di diritto pubblico;
c) Istituti di previdenza; d) Istituti di assicurazione.
ART. 21. RIMBORSO AGLI
AZIONISTI In conseguenza del nuovo ordinamento della Banca d'Italia, agli attuali
azionisti verrà rimborsato, a partire dal 1° giugno 1936, il valore delle azioni in
relazione con la situazione della banca al 31 dicembre 1935, nella misura fissa di lire
1.300 (milletrecento) per ciascuna azione, rappresentante il capitale versato e la quota
di riserva afferente a ciascuna azione. L'importo relativo alle azioni che sono vincolate
per qualsiasi motivo, o intestate a minori o a persone non aventi la piena capacità,
resterà depositata presso l'Istituto di emissione in attesa della definizione delle
pratiche per la sua liberazione o per il reimpiego ai fini e con i vincoli preesistenti.
Entro il 15 aprile 1936, sarà costituito, sotto la presidenza del governatore della Banca
d'Italia, un consorzio fra gli istituti e gli enti di che all'articolo 20 per l'assunzione
delle trecentomila quote di partecipazione del capitale della Banca d'Italia. Le Casse di
risparmio saranno chiamate ad impiegare nella sottoscrizione delle dette quote di
partecipazione somme non eccedenti quelle che ad esse saranno rimborsate in base al primo
comma del presente articolo. Le rimanenti quote di partecipazione saranno assegnate agli
altri enti ed istituti di che all'articolo 20.
ART. 22. CONSIGLIO SUPERIORE DELLA
BANCA Il Consiglio superiore della Banca si compone del governatore e di quindici
consiglieri, dei quali dodici da nominarsi nelle assemblee generali dei soci presso le
sedi della Banca, e tre da designarsi dalla corporazione della previdenza e del credito. I
consiglieri rimangono in carica tre anni e sono rieleggibili. Le rinnovazioni avverranno
per un terzo in ciascun anno; mediante sorteggio nei primi due anni, per anzianità in
quelli successivi. Il nuovo Consiglio superiore entrerà in funzione non oltre il 1°
luglio 1936.
ART. 23. OPERAZIONI DI RISCONTO A
partire dal 1° luglio 1936, le operazioni di risconto potranno essere fatte solamente nei
confronti delle aziende di credito, sia di diritto pubblico che di diritto privato,
sottoposte al controllo dell'Ispettorato. Le operazioni di sconto in essere al 30 giugno
1936 con la clientela privata saranno avviate a graduale completa estinzione. Le
operazioni di anticipazioni su titoli continueranno ad essere compiute in conformità
delle leggi vigenti anche nei confronti dei privati. Ad esse non si applica quanto è
disposto dall'articolo 709, del Codice di commercio.
ART. 24. STATUTO Con decreto Reale, su
proposta del Capo del Governo, di concerto col Ministro per le finanze, sarà approvato il
nuovo statuto della Banca d'Italia in armonia con le disposizioni del presente decreto.
TITOLO IV. ISTITUTI DI CREDITO E BANCHE
DI DIRITTO PUBBLICO.
Il titolo IV del
disegno di legge - osserva la Relazione ministeriale - disciplina l'esercizio della
funzione creditizia da parte degli Istituti di credito e banche di diritto pubblico.
Nell'assetto creditizio del nostro Paese gli Istituti di credito di carattere pubblico non
sono una novità ed hanno da tempo trovato la loro posizione nel quadro della
distribuzione funzionale degli Istituti di credito. A taluni Istituti di credito di
diritto pubblico di antica tradizione, quali il Banco di Napoli ed il Banco di Sicilia, si
sono venuti aggiungendo più recentemente altri Istituti che, come la Banca nazionale del
lavoro, e l'Istituto di San Paolo, hanno assunto un largo sviluppo a base nazionale, con
una vasta rete di filiali e con ingente massa di depositi. Accanto a tali Istituti nel
campo dell' esercizio del credito su vasta scala esistevano altri Istituti di credito
ordinario costituiti nella forma di Società anonima, i quali per la vastità della loro
azione, per lingente massa di depositi, per le grandi possibilità offerte dalla
loro struttura presentano un preminente interesse pubblico. Appare pertanto giustificato
che queste Banche dichiarate di diritto pubblico vengano messe sullo stesso piano degli
altri Istituti di credito di diritto pubblico, pur non confondendosi con essi. In ciò sta
la ragione che ha condotto a conferire, con separato provvedimento, la qualifica di banche
di diritto pubblico alla Banca Commerciale Italiana, al Credito Italiano ed al Banco di
Roma.
Gli Enti di credito di
diritto pubblico- esercenti il credito vengono cosi distinti in due categorie: - un primo
gruppo che comprende gli Istituti di credito già di diritto pubblico, e cioè in
concreto, il Banco di Napoli, il Banco di Sicilia, la Banca Nazionale del Lavoro,
l'Istituto di San Paolo di Torino a cui si aggiunge il Monte dei Paschi di Siena, per la
sua origine e costituzione, per la sua importanza e per le benemerenze acquisite; - un
secondo gruppo che comprende le banche costituite nella forma di società anonima con
vasta organizzazione a carattere nazionale e con filiali in non meno di trenta provincie.
Tanto la prima categoria di Istituti di credito di diritto pubblico, quanto le banche di
diritto pubblico costituite nella forma di società anonime, debbono essere riformate
nella loro costituzione e nella struttura dei loro organi amministrativi. Tale riforma,
posti alcuni principi fondamentali, è demandata agli Istituti di ciascun ente, da
approvarsi con decreto del Capo del Governo su proposta del Comitato dei Ministri, sentito
anche il Comitato tecnico corporativo. Una disposizione di carattere generale viene però
dettata dal decreto legge e cioè quella relativa alla nominatività delle quote, che
potranno appartenere solo a cittadini ed Enti italiani. Le disposizioni inerenti alla
riforma degli organi amministrativi degli Istituti di credito e delle banche di diritto
pubblico sono state opportunamente integrate da altre relative alla responsabilità degli
amministratori, e che la presente relazione a suo luogo illustra. A completare
l'esposizione della struttura amministrativa che il provvedimento determina per gli
Istituti e banche di diritto pubblico occorre ricordare che essi sono sottoposti, a
parità di condizioni con gli enti bancari di diritto privato e con tutte le altre
categorie di enti che raccolgono risparmio ed esercitano il credito, alla vigilanza
dell'Ispettorato, secondo le norme dettate dal titolo V. Nessun particolare privilegio
quindi viene a crearsi per gli Istituti e per le banche di diritto pubblico i quali, in
quanto esercitano le stesse funzioni, sono sottoposti alla stessa disciplina di ogni altra
azienda. Essi quindi, non solo vengono, a tutti gli effetti, parificati fra di loro, ma
anche nei confronti degli Istituti non dichiarati banche di diritto pubblico. In sede di
provvedimento legislativo non si è ritenuto opportuno di scendere a maggiori dettagli in
materia di distribuzione funzionale e territoriale degli organi di credito, come pure un
più razionale ardimento territoriale non senza, però, tener presente la convenienza di
preservare o anche promuover attività a carattere locale. Ma è sembrato sommamente
opportuno riservare all'azione tecnica e di vigilanza, che il nuovo organo dello Stato è
chiamato a svolgere, questo fecondo campo di azione, nel quale, con costante e diligente
assiduità e nei limiti chiaramente fissati dalla legge, l'Ispettorato potrà
efficacemente operare.
ART. 25. ISTITUTI E BANCHE DI DIRITTO
PUBBLICO Sono confermati Istituti di credito di diritto pubblico: il Banco di Napoli, il
Banco di Sicilia, la Banca Nazionale del Lavoro e l'Istituto di San Paolo di Torino, e
viene dichiarato Istituto di credito di diritto pubblico il Monte dei Paschi di Siena.
Sono Banche di diritto pubblico quelle che, costituite nella forma di Società anonima per
azioni, ed aventi una vasta organizzazione di carattere nazionale, siano riconosciute tali
con decreto Reale promosso dal Capo del Governo. Non può essere riconosciuta tale
qualifica alle Banche che non abbiano stabilito filiali in almeno 30 provincie.
ART. 26. AZIONI DELLE SOCIETÀ
DICHIARATE BANCHE DI DIRITTO PUBBLICO Le azioni rappresentative del capitale delle
Società anonime dichiarate « Banche di diritto pubblico» dovranno trasformarsi in quote
nominative delle quali possono essere proprietari esclusivamente cittadini od enti
italiani. Le azioni delle Società che al termine di due mesi dalla pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale del decreto che le riconosce Banche di diritto pubblico » non
risultino nominative e di proprietà di cittadini od enti italiani saranno rimborsate, al
prezzo risultante da certificato del Comitato direttivo degli agenti di cambio della Borsa
di Roma, riferibile alla data di pubblicazione del decreto suddetto, dall'ente indicato
dall'Ispettorato e secondo le modalità fissate dall'Ispettorato stesso.
La Giunta generale del
Bilancio ha proposto e la Camera ha approvato che l'articolo 26 venisse così modificato e
sostituito: « Le azioni rappresentative del capitale delle Società anonime dichiarate «
Banche di diritto pubblico » dovranno trasformarsi in quote nominative, entro il 31
dicembre 1936. « I cittadini o gli enti stranieri i quali siano portatori di dette azioni
potranno conservarne la proprietà, purché provvedano a trasformarle in quote nominative
entro lo stesso termine del 31 dicembre 1936, e dichiarino esplicitamente di rinunziare
all'esercizio del diritto di voto nelle assemblee dei soci delle Banche medesime. « Le
azioni di che ai comma precedenti che entro il termine fissato non risultino nominative
come sopra indicato, saranno rimborsate, al prezzo risultante da certificato del Comitato
direttivo degli agenti di cambio della Borsa di Roma, riferibile alla data di
pubblicazione del decreto che riconosce le società anonime « Banche di diritto pubblico
», dall'Ente indicato dall'Ispettorato e secondo le modalità fissate dall'Ispettorato
stesso ». Con tale emendamento - chiarisce l'onorevole Relatore - si è voluto tener
conto dei voti espressi da un buon numero di vecchi azionisti di cittadinanza estera.
Questi hanno infatti manifestato il desiderio di poter conservare la proprietà delle
azioni stesse, oltre che per un senso di attaccamento alle Banche in questione, per le
quali essi hanno sempre nutrito fiducia, anche per non soggiacere alla perdita che loro
deriverebbe dal rimborso dei titoli a prezzo cui fa cenno il decreto su richiamato.
D'altra parte, in considerazione del fatto che le legislazioni estere non consentono che
il cittadino italiano, ed in genere Io straniero, abbia alcuna ingerenza sull'andamento
delle società estere, così, per uniformità di trattamento, e per evitare quindi che i
portatori esteri possano comunque influire sulle assemblee dei soci, specialmente ora,
nella nuova caratteristica giuridica assunta dalle Banche, si è ritenuto necessario di
temperare la concessione agli stranieri di poter conservare la proprietà delle azioni,
condizionandola alla espressa rinuncia all'esercizio del diritto di voto. In sede di
applicazione del disposto di tale articolo 26, si sono inoltre presentate varie
difficoltà contingenti di ordine tecnico che, sottoposte al Comitato dei Ministri, hanno
tra l'altro consigliato che sia prorogato al 31 dicembre 1936 il termine per la
trasformazione delle azioni in nominative.
ART. 27. STATUTI Gli statuti degli
Istituti di credito dichiarati di diritto pubblico e delle Banche di diritto pubblico sono
approvati con decreto del Capo del Governo, su proposta del Comitato dei Ministri, sentito
il Comitato tecnico corporativo del credito costituito con decreto del Capo del Governo in
data 7 febbraio 1936.
TITOLO V. DISCIPLINA DEGLI ISTITUTI,
IMPRESE ED ENTI RACCOGLITORI DI RISPARMIO A BREVE TERMINE.
La legge - nota la
relazione ministeriale - contiene norme distinte per l'esercizio del credito ordinario e
per quello del così detto credito mobiliare, cioè a media ed a lunga scadenza. Poiché
una netta distinzione fra le due forme di credito non è possibile, le esigenze
imprescindibili della chiarezza nelle disposizioni legislative hanno condotto a fissare il
criterio discriminante, non già dal punto di vista dell'esercizio del credito, ma da
quello, necessariamente complementare, della raccolta del risparmio. La classificazione
risulta precisa, in quanto è sempre possibile determinare se un Istituto raccolga
depositi a vista o a breve termine, ovvero a medio e lungo termine. Alla disciplina degli
Enti di credito a breve termine provvede il titolo V del presente decreto-legge che
accentra nello Ispettorato le funzioni di vigilanza sugli Enti, aziende ed Istituti
esercenti il credito a breve termine.
Tali Enti, aziende ed Istituti sono quelli tassativamente elencati e cioè:
a) gli Istituti di credito e le banche di diritto pubblico;
b) le banche ed aziende di credito in genere, comunque costituite, che
raccolgono dal pubblico depositi a vista e a breve termine, a risparmio, in conto corrente
o sotto qualsiasi forma e denominazione;
c) le filiali esistenti nel Regno di aziende di credito straniere;
d) le Casse di risparmio per le quali nulla è innovato per quanto concerne
la loro posizione giuridica, regolamentare e funzionale;
e) i Monti di pegni; f) le Casse rurali ed agrarie.
Le aziende ed Enti sopra elencati non provvedono alla raccolta di tutto il risparmio; ma
una gran parte di esso affluisce alle Casse di risparmio postali, la cui disciplina,
attraverso la Cassa depositi e prestiti, spetta al Ministero delle finanze. Tuttavia,
anche in questo settore, l'Ispettorato potrà compiere Opera di coordinamento poiché esso
dovrà esser sentito per l'esercizio, da parte del suddetto Ministero, di determinate
funzioni di disciplina e di controllo delle Casse postali di risparmio.
Le forme mediante le quali si attua la vigilanza dell'Ispettorato sono diverse ed il
provvedimento si è ispirato al principio fondamentale, che trova la sua ragione in
profondi motivi di ordine tecnico e pratico di evitare ogni inopportuna rigidità
derivante da norme inderogabilmente applicabili nei confronti di ogni categoria di
Istituti di credito, da quelli raccoglitori di miliardi di depositi alla minuscola Cassa
rurale.
Dettate infatti alcune norme fondamentali relative alle direttive generali dell'azione
dell'Ispettorato ed ai suoi poteri, molta parte della disciplina della funzione creditizia
viene lasciata alla iniziativa ed alla discrezionalità dell'Ispettorato stesso che
costituisce precisamente l'organo tecnico adatto per attuare nella forma migliore la
necessaria vigilanza.
Fatte queste premesse - continua la relazione - è opportuno analizzare con quali mezzi si
attua tale vigilanza.
1°) Autorizzazione all'esercizio del credito. Le aziende di
credito, di cui si è sopra fatto cenno, non possono costituirsi ne iniziare le
operazioni, nè istituire dipendenze senza l'autorizzazione dell'Ispettorato, e vengono
iscritte in un albo tenuto aggiornato dall'Ispettorato stesso, il quale dovrà contenere
per ogni singola azienda, la indicazione degli estremi necessari per la identificazione
dell'azienda e dei suoi elementi costitutivi. Tale disposto trova il necessario
complemento nelle sanzioni (ammenda da lire 10.000 a lire 100.000) stabilito per chiunque
svolga una attività di raccolta di risparmio tra il pubblico senza averne ottenuta la
preventiva autorizzazione. Le norme dettate per l'autorizzazione di cui si tratta sono,
nella loro sostanza, quelle stesse previste dalla legge del 1926 sulla tutela del
risparmio.
2°) Facoltà generale di vigilanza ed ispettiva. Le aziende sottoposte al
controllo dell'Ispettorato debbono inviare, con determinate modalità, a quest'ultimo,
i bilanci, le situazioni periodiche ed ogni altro dato richiesto. Viene inoltre
attribuita all'Ispettorato la facoltà di disporre ispezioni periodiche e straordinarie a
mezzo di suoi funzionari, i quali hanno facoltà di richiedere la esibizione di tutti i
documenti e degli atti che essi riterranno opportuni per l'esercizio delle loro funzioni.
Per quanto sia ovvio, non è superfluo ripetere ed assicurare che la vigilanza non
costituisce, ne deve costituire, una sostituzione o sovrapposizione agli organi normali
dell'amministrazione, alla cui opera e responsabilità resta pur sempre affidata la
gestione. I funzionari dell'Ispettorato sono considerati nell'esercizio delle loro
funzioni, pubblici ufficiali e sono rigorosamente vincolati al segreto di ufficio anche
nei confronti delle altre Amministrazioni dello Stato.
3°) Facoltà di dare direttive generali. La legge sulla tutela del
risparmio del 1926 ed altre disposizioni, come ad esempio il testo unico sulle Casse di
risparmio, dettavano norme precise nei riguardi di taluni rapporti tecnici fra il capitale
e l'ammontare dei depositi, tra il capitale ed i fidi concedibili e stabilivano
determinate percentuali degli utili da destinarsi a riserva, nonché determinate forme di
impiego per talune percentuali delle disponibilità. Tali norme si sono rivelate talvolta
di non agevole applicazione per la loro eccessiva rigidità, e d'altra parte non si sono
dimostrate sufficienti ad assicurare ne la tutela dei depositanti ne un sano esercizio
dell'attività creditizia.
L'attuale provvedimento è profondamente innovatore in questo campo poiché
in considerazione della competenza tecnica e della possibilità di azione tempestiva
dell'Ispettorato demanda a quest'ultimo le necessarie determinazioni valide per tutte le
aziende ovvero per particolari categorie di esse, ed anche eventualmente per aziende
singole. L'Ispettorato ha infatti la facoltà di dare disposizioni in ordine:
a) alle forme tecniche del bilanci e delle situazioni periodiche delle
aziende sottoposte alla sua vigilanza; esso stabilirà i termini e le modalità per la
formazione e la pubblicazione delle situazioni periodiche stesse;
b) ai limiti dei tassi attivi e passivi ed alle condizioni delle operazioni
di deposito e di conto corrente;
c) alle provvigioni per i diversi servizi bancari;
d) alla proporzione fra le diverse categorie di investimenti considerate in
rapporto sia alla liquidità, sia alle diverse branche di attività economiche alle quali
si riferiscono gli investimenti;
e) alle percentuali minime degli utili da destinarsi alle riserve, anche in
maggior misura di quanto dispongono le leggi vigenti;
f) al rapporto fra il patrimonio netto e le passività ed alle possibili
forme di impiego dei depositi raccolti in eccedenza all'ammontare determinato dal rapporto
stesso;
g) alla rigorosa osservanza dell'obbligo cui debbono sottostare i clienti
delle aziende di credito, sia debitori che creditori, di dare il loro benestare o di
contestare entro un termine stabilito i conti o gli estratti conto ad essi inviati.
Un'altra facoltà di ordine generale attribuita all'Ispettorato e quella diretta ad
evitare gli aggravamenti di rischio derivanti dal cumulo dei fidi: si tratta, in sostanza,
di evitare la possibilità, oggi esistente e deplorata, che uno stesso nominativo ottenga
separatamente da diverse aziende di credito concessioni di fido prive di sufficiente
garanzia pel buon esito del fido stesso. Un adeguato ed efficiente controllo dei fidi è
sempre stato nei voti della categoria creditizia ed è stato più volte richiesto
nell'interesse della tutela del risparmio ad evitare artificiose malsane espansioni di
attività economiche che si rendevano spesso possibili attraverso appunto la concessione
di fidi multipli. Ma difficoltà assai gravi, di ordine tecnico ed economico, hanno sempre
impedito una pratica attuazione di un effettivo controllo dei fidi.
La Corporazione della previdenza e del credito ha riconosciuto nella mozione votata nello
scorso giugno le difficoltà di costituire a questo fine uffici centrali e periferici di
controllo, pur facendo voti perche il Governo provvedesse ad emanare norme legislative per
la disciplina della materia.
Il provvedimento contempla appunto la possibilità di soddisfare questo voto, lasciando
all'Ispettorato, che potrà essere l'organo veramente idoneo, la facoltà di provvedere al
riguardo. A tal fine mira anche la comminatoria di gravi penalità per chi, allo scopo di
ottenere concessioni di credito, fornisca fraudolentemente dati falsi sulla costituzione e
sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria delle aziende interessate alla
concessione del fido. Tale disposizione attua integralmente una proposta formulata dalla
Corporazione della previdenza e del credito con la mozione già ricordata.
4°) Facoltà di intervento diretto nei confronti di singole
aziende. Oltre alla possibilità di dettare norme generali, una efficiente
organizzazione di vigilanza deve necessariamente poter disporre di mezzi diretti nei
confronti delle singole aziende al fine di provvedere a rimuovere determinate situazioni
irregolari o malsane. La prima e principale facoltà di intervento dell'Ispettorato
consiste nella possibilità, quando concorrano gravi circostanze precisate dalla legge, di
revocare l'autorizzazione allo esercizio del credito, disponendo per la liquidazione,
ovvero per l'amministrazione straordinaria delle aziende medesime. Questa materia è
disciplinata dal Titolo VII e la presente relazione ne fa a suo luogo oggetto di
particolare esame. L'Ispettorato può, inoltre, disporre - sempre con particolari cautele
- la chiusura di determinate dipendenze delle aziende di credito, e ciò non solo in
seguito a manchevolezze di esercizio, ma anche ai fini di una migliore distribuzione
territoriale degli sportelli.
L'Ispettorato nei confronti di singole aziende ha infine le seguenti facoltà:
a) di ordinare la convocazione delle assemblee dei soci o degli enti
partecipanti, nonché dei Consigli di amministrazione o di altri organi amministrativi,
quando non vi provvedano gli organi dell'azienda;
b) di ordinare l'esperimento delle procedure esecutive contro i debitori per
i quali a giudizio dell'Ispettorato, l'azienda di credito sia incorsa in eccessivi
ritardi;
c) di esercitare una vigile azione per la eliminazione, la riduzione, o, comunque,
la sistemazione di immobilizzi riscontrati nella situazione delle aziende predette;
d) di disciplinare, ove del caso, il rapporto fra il patrimonio sociale e gli
investimenti in immobili o titoli azionari;
e) di determinare, con disposizioni sia di carattere generale per categorie
di aziende, sia particolari a singole aziende di credito, i limiti massimi dei fidi
concedibili;
f) di disciplinare le dichiarazioni che i richiedenti i fidi devono
rilasciare sulle loro condizioni patrimoniali ed economiche perché i fidi stessi vengano
concessi.
Nei confronti poi dei dirigenti responsabili delle aziende di credito, e sempre
nell'interesse della difesa del risparmio e di un razionale esercizio del credito,
l'Ispettorato ha facoltà di disporre per la costituzione di speciali cauzioni da parte
dei dirigenti stessi, cauzioni che dovranno rimanere vincolate per le eventuali
responsabilità dipendenti dall'esercizio delle loro attribuzioni.
5°) Norme relative alla costituzione ed alla amministrazione delle
aziende di credito. Le facoltà e le funzioni di vigilanza dell'Ispettorato sono
opportunamente integrate da una serie di disposizioni relative alla costituzione ed alla
amministrazione delle aziende di credito. Tali norme, insieme a quelle relative alle
fusioni, all'amministrazione straordinaria ed alla liquidazione in appresso illustrate,
costituiscono una riforma che adegua la disciplina giuridica delle aziende di credito alle
esigenze tecniche, tenendo conto dei portati di una lunga e talvolta dolorosa esperienza.
Le disposizioni innovatrici consistono essenzialmente nell'obbligo della nominatività,
con opportuni temperamenti, delle azioni delle banche dichiarate di diritto pubblico;
nella riforma di taluni Istituti relativi alla amministrazione ed agli organi di
sorveglianza delle aziende di credito (approvazione tempestiva dei verbali di assemblea e
del Consiglio di amministrazione, loro trasmissione all'Ispettorato, ecc.); negli obblighi
e nelle disposizioni particolari, nei confronti degli amministratori sindaci, e dirigenti
delle aziende di credito. Il complesso di norme dettate dal Titolo V che forma il nucleo
centrale del nuovo Codice bancario, apporta notevoli modificazioni alla preesistente
legislazione la quale è stata oggetto, durante i lavori preparatori, di completo e
minuzioso esame. Ne è risultata la necessità di abrogare talune disposizioni; in altri
casi, invece, è stato sufficiente devolvere all'Ispettorato le funzioni già attribuite
ad altri organi dell'Amministrazione; in altri casi, infine, il problema ha richiesto la
introduzione di disposizioni speciali.
Il decreto provvede a
regolare tale complessa materia, devolvendo fra l'altro allo Ispettorato facoltà e
funzioni spettanti:
a) ai Ministeri delle finanze, delle corporazioni, dell'agricoltura e foreste
nei riguardi degli Istituti di credito di diritto pubblico, e cioè del Banco di Napoli,
del Banco di Sicilia, del Monte dei Paschi di Siena e dell'Istituto San Paolo di Torino,
della Banca Nazionale del Lavoro;
b) al Ministero dell'agricoltura e foreste a quello delle finanze [ed
all'Istituto di emissione nei confronti delle Casse di Risparmio e dei Monti di Pegni di
prima categoria, nonché degli Istituti regionali federali per le Casse di risparmio e
dell'Istituto di credito delle Casse di Risparmio, ecc.
c) al Ministero dellagricoltura e foreste nei confronti dei Monti di
Pegni;
d) al Ministero dell'agricoltura e foreste ed a quello delle finanze nei
confronti delle Casse rurali ed agrarie;
e) al Ministero delle finanze nei confronti delle sedi e succursali di banche
estere.
Le disposizioni di questo Titolo, in piena armonia con lo spirito e con le norme
dell'intero disegno di legge, apportano, quindi, modificazioni nelle competenze di alcuni
organi amministrativi dello Stato, al fine di raggiungere quella disciplina unitaria che
forma la ragione fondamentale del provvedimento.
ART. 28. AUTORIZZAZIONE
DELL'ISPETTORATO Le aziende di credito indicate nell'articolo 5 non possono costituirsi,
nè iniziare le operazioni, nè istituire sedi, filiali, succursali, agenzie, dipendenze,
recapiti (in appresso indicati complessivamente come « sedi e filiali ») nel Regno,
nelle Colonie e all'estero, se non ne abbiano ottenuto l'autorizzazione dall'Ispettorato.
È in facoltà dell'Ispettorato di determinare l'ammontare del capitale o del fondo di
dotazione minimo cui dovrà essere subordinata la costituzione di nuove aziende esercenti
il credito.
ART. 29. ALBO DELLE AZIENDE Presso
l'Ispettorato è istituito un albo nel quale debbono essere iscritte tutte le aziende
sottoposte alle disposizioni del presente titolo. Tale albo, che sarà tenuto aggiornato,
dovrà contenere, per ogni singola azienda, le seguenti indicazioni: a) la denominazione;
b) la forma giuridica assunta, la data di costituzione e gli estremi delle pubblicazioni
richieste dalle vigenti disposizioni; c) il capitale o fondo di dotazione e le riserve
secondo le risultanze dell'ultimo bilancio; d) la sede centrale e quella delle sedi e
filiali.
L'iscrizione nell'albo ha luogo: 1°)
d'ufficio, per le aziende attualmente inscritte nell'albo esistente presso il Ministero
delle finanze, in base agli articoli 1 e 2 del Regio decreto-legge 7 settembre 1926, n.
1511[1]; 2°) dietro domanda all'Ispettorato per le aziende che intendono iniziare la
propria attività.
ART. 30. NOMINATIVITÀ DELLE AZIONI A
partire dalla data di pubblicazione del presente decreto, non potranno essere concesse
nuove autorizzazioni a norma dell'articolo 28 alle aziende di cui alla lettera b)
dell'articolo 5 se non siano costituite in forma di società anonima o in accomandita per
azioni, con le norme di cui al comma seguente. Le aziende di cui al comma precedente
attualmente iscritte nell'albo esistente presso il Ministero delle finanze, costituite in
forma di società anonima o in accomandita per azioni, devono rendere nominative le loro
azioni entro sei mesi dalla data del presente decreto. L'Ispettorato può autorizzare la
formazione di una speciale categoria di azioni al portatore, a condizione che i voti
spettanti a tali azioni non superino il 45 per cento dei voti spettanti a tutte le azioni
della società. Analoga autorizzazione potrà essere concessa dall'Ispettorato a società
anonime o in accomandita per azioni che, dopo l'entrata in vigore del presente decreto,
ottengano l'autorizzazione di cui all'articolo 28. Nel 2° comma la Giunta generale del
Bilancio ha proposto e la Camera ha approvato che il termine fosse portato al 31 dicembre
1936.
ART. 31. ISPEZIONI DELL'ISPETTORATO Le
aziende sottoposte alle disposizioni del presente titolo sono tenute a trasmettere
all'Ispettorato nei modi e nei termini che saranno stabiliti dal regolamento, le
situazioni periodiche ed i bilanci, nonché ogni altro dato richiesto. L'ispettorato
potrà inoltre disporre ispezioni periodiche e straordinarie a mezzo di funzionari che
avranno facoltà di chiedere la esibizione di tutti i documenti e gli atti che riterranno
opportuni per l'esercizio delle loro funzioni. Per quanto riguarda le aziende di credito
individuali, le ispezioni dell'Ispettorato potranno estendersi anche alle attività del
titolare, estranee all'esercizio dell'azienda bancaria, anche se amministrativamente
distinte. I titolari di tali aziende hanno l'obbligo di inviare all'Ispettorato, oltre ai
dati di cui al primo comma del presente articolo, anche le situazioni ed i bilanci
riguardanti l'attività non bancaria, secondo le norme che verranno stabilite dal
regolamento.
All'articolo 31 la
Giunta generale del Bilancio ha proposto e la Camera ha approvato l'aggiunta del seguente
comma: « Le aziende sottoposte alle disposizioni del presente titolo nei loro avvisi
pubblicitari di ogni genere sono tenute ad indicare il capitale versato e le riserve
secondo l'ultimo bilancio approvato ».
ART. 32. ISTRUZIONI DELL'ISPETTORATO Le
aziende di credito soggette alle disposizioni del presente decreto dovranno attenersi alle
istruzioni che l'Ispettorato comunicherà, conformemente alle deliberazioni del Comitato
dei Ministri, relativamente: a) alle forme tecniche dei bilanci e delle situazioni
periodiche delle aziende sottoposte al suo controllo ed ai termini e modalità per la
formazione, la pubblicazione e l'invio all'Ispettorato delle situazioni periodiche stesse;
b) ai limiti dei tassi attivi e passivi ed alle condizioni delle operazioni di deposito e
di conto corrente; c) alle provvigioni per i diversi servizi bancari; d) alla proporzione
fra le diverse categorie di investimenti considerate in rapporto sia alla liquidità, sia
alle diverse branche di attività economiche alle quali si riferiscono gli investimenti;
e) alle percentuali minime degli utili da destinarsi alle riserve, anche in maggior misura
di quanto dispongono le leggi vigenti; f) al rapporto fra il patrimonio netto e le
passività ed alle possibili forme di impiego dei depositi raccolti in eccedenza
all'ammontare determinato dal rapporto stesso; g) alla rigorosa osservanza dell'obbligo
cui debbono sottostare i debitori delle aziende di credito di dare il loro benestare o di
contestare entro un termine stabilito i conti o gli estratti conto ad essi inviati; h)
alle cautele per evitare gli aggravamenti di rischio derivanti dal cumulo dei fidi.
Restano in ogni caso salve le
disposizioni statutarie e di legge per le Casse di risparmio che regolano la materia di
cui al presente articolo.
Nell'articolo 32, al
paragrafo g) la Giunta del Bilancio ha proposto e la Camera ha approvato di sostituire il
seguente testo: « Alla rigorosa osservanza dell'obbligo cui debbono sottostare i debitori
ed i creditori delle Aziende di credito di far pervenire alle stesse in iscritto entro un
termine stabilito le loro eventuali contestazioni in merito agli estratti di conto o
posizioni di conto ad essi inviati con la tassativa conseguenza che, in mancanza di
reclamo specificato entro tale termine, il conto si intenderà senza'altro riconosciuto
esatto ed approvato ».
Sull'articolo 32 la
Giunta stessa ha fatto le seguenti interessanti considerazioni: Tra i casi enunciati
all'articolo 32, cioè fra le istruzioni da impartirsi dall'Ispettorato alle Aziende di
credito, merita particolare rilievo il capo di cui alla lettera b) sui limiti dei tassi
passivi. Conciliare la raccolta del risparmio con la tutela di esso è corollario sicuro
dell'equilibrio dei tassi sui depositi; ed all'equilibrio stesso contribuisce la
eguaglianza effettiva di trattamento da parte di tutte, indistintamente, le Aziende di
credito verso le rispettive clientele. Offrire ai depositanti un tasso ragionevolmente
vantaggioso è, senza dubbio, un mezzo adatto d'incremento della raccolta del risparmio;
ma questo mezzo non deve esplicarsi come un'occulta manovra di concorrenza fra Aziende di
credito nell'attingere, ognun per sé, le risorse per l'esercizio del credito. A prevenire
queste manovre fu concluso - ad iniziativa dell'Associazione tecnica bancaria - il 16
settembre 1932 un « cartello», che ebbe poi delle modifiche, obbligatorio per tutte le
Aziende di credito. Tuttavia, in pratica, il « cartello » fu violato, da più
d'un'Azienda, con concessioni particolari », fatte a questo e a quel cliente, e
raccomandate al loro « segreto » come un trattamento di favore. Però, se « l'apparente
segreto ha fatto sfuggire i violatori del cartello alle sue sanzioni, il loro
operato non è sfuggito alla giusta critica « officiosa » di quelle Aziende che hanno
rispettato il cartello soprattutto per non aver voluto offrire, « alla chetichella »,
condizioni che vanno offerte apertamente al risparmiatore, il quale considera, non solo il
vantaggio che gli viene offerto, ma pure la fiducia che ispira colui che glielo offre.
Oggi, però, può dirsi, con soddisfazione, che questa fiducia viene grandemente
rafforzata ed estesa dalla vigilanza dell'Ispettorato che la provvida legge a tutela del
risparmio fa gravitare sopra opportune unificazioni, coordinamenti e perfezionamenti. Dal
che deriva la logica conclusione che non dovrebbero più ripetersi le deplorate
violazioni, che scuotono, con l'effetto di sperequazioni a vantaggio particolare,
l'equilibrio dei tassi passivi che è di vantaggio generale. D'altra parte - per senso
umano - non può escludersi l'ipotesi che le violazioni si ripetano malgrado le rigide
istruzioni dell'Ispettorato e la minaccia di sanzioni più o meno severe. Ma, per rendere
trascurabile tale ipotesi, meno sotto l'egida delle sanzioni, e più sotto la spinta del
senso del dovere sociale d'incoraggiare il risparmio principalmente per l'interesse
supremo della forza della Nazione nello Stato corporativo, sarebbe utile temperare, con un
mezzo pratico, le conseguenze di un male che ha già radici diffuse e, più o meno,
profonde. Questo mezzo pratico potrebbe essere uno spiegabile adattamento alle
contingenze, mediante una ragionevole modificazione dei tassi « nominali » del cartello
con la determinazione di tassi di limite massimo, che possano lasciare il vantaggio di una
certa elasticità di contrattazione ed eliminare ogni sotterfugio che, se fu tollerato
sotto l'impero del cartello, non può concepirsi nemmeno che venga tollerato
sotto l'impero di una legge importante come quella in esame, che sarà saggiamente
applicata dall'Ispettorato. Particolarmente notevole fra i compiti attribuiti
dall'articolo 32 all'Ispettorato è quello (lettera d) di emanare istruzioni in ordine «
alla proporzione fra le diverse categorie di investimenti, considerate in rapporto sia
alla liquidità, sia alle diverse branche di attività economiche alle quali si
riferiscono gli investimenti ». Sarà merito dell'Ispettorato di far uso di tale potere
con semplicità consapevole delle esigenze concrete dell'economia nazionale senza che
l'esercizio di esso si irrigidisca in norme tassative od anche solamente indicative di
percentuali di investimenti, specie per quanto riguarda le operazioni tradizionali (sconti
di cambiali, anticipazioni su titoli di credito al portatore, riporti, aperture di credito
in conto corrente, ecc.). E deve escludersi anche che si tenda alla creazione di
compartimenti stagni delle varie categorie economiche - industria, agricoltura, commercio
- suddivise a loro volta in singole sottoclassi o specializzazioni, in modo da fissare
contingenti di credito che sarebbero sempre determinati « a priori » e quindi con
inevitabile mancanza di aderenza alla realtà.
ART. 33. AUTORIZZAZIONE DI DETERMINATE
FORME D'IMPIEGO L'Ispettorato ha facoltà di stabilire che determinate forme di impiego
debbano essere preventivamente autorizzate dall'Ispettorato stesso. I provvedimenti di cui
al precedente ed al presente articolo possono essere di carattere generale ovvero
particolari a categorie di aziende o a singole aziende, e possono essere sempre
modificati, con congrue periodo di preavviso.
La Giunta del Bilancio ha proposto e la
Camera ha approvato che il primo comma fosse sostituito dal seguente: « II Comitato dei
Ministri ha facoltà di stabilire che determinate forme di impiego debbano essere
preventivamente autorizzate dall'Ispettorato ".
ART. 34. CHIUSURA DI SEDI E FILIALI Con
deliberazione del Comitato dei Ministri, potrà essere ordinata la chiusura di determinate
sedi e filiali, sia in seguito a manchevolezze di esercizio, sia ai fini di una migliore
distribuzione territoriale delle aziende di credito, sentito il Comitato tecnico
corporativo del credito circa i criteri generali di tale distribuzione.
La Corporazione del
credito - osservava la Giunta Generale del Bilancio - nella sua mozione circa la
distribuzione territoriale degli organi del credito, deliberò di chiedere, tra l'altro,
al Governo di voler « procedere ad una revisione della distribuzione territoriale degli
sportelli degli Istituti di credito di ogni specie aventi organizzazione a carattere
nazionale, con l'intento di eliminare doppioni, di adeguare la rete delle filiali alle
condizioni economiche del Paese ed ai compiti dei diversi Istituti, di concentrare
l'azione dei singoli Istituti in zone ove già esistano interessi prevalenti e
possibilità di lavoro particolarmente convenienti per ciascuno di essi, di disciplinare i
recapiti bancari, sottoponendoli alle stesse norme che vigono per gli sportelli ». In
accoglimento di tale voto, l'articolo 34 attribuisce al Comitato dei Ministri il potere di
ordinare la chiusura di determinate sedi e filiali ai fini di una migliore distribuzione
territoriale delle aziende di credito. Ed il Comitato dei Ministri nella sua prima
riunione ha affermato il concetto di massima della limitazione territoriale dell'attività
delle Banche regionali. Con questi criteri - alla stregua del voto della Corporazione del
eredito - sembra debba farsi luogo allapplicazione delle disposizioni dell'articolo
34, che si riferisce ad uno dei problemi più delicati e più complessi
dell'organizzazione del credito per la risoluzione del quale molto opportunamente si
stabilisce che debba essere sentito il Comitato corporativo che dovrà essere costituito
in seno alla Sezione del credito della Corporazione del credito e della previdenza. La
costituzione di tale Comitato, come si dispone con un'aggiunta all'articolo 34, dovrà
avvenire entro un mese dalla conversione in legge del decreto-legge poiché il Comitato
già esistente come risulta dal decreto che lo istituiva, aveva carattere contingente,
essendo stato formato soltanto per esprimere il suo parere e dare la sua collaborazione
per l'attuazione dei voti contenuti nelle mozioni votate dalla Corporazione del credito.
Le determinazioni che dovranno essere adottate per la revisione della distribuzione
territoriale degli sportelli non potranno essere disgiunte dalla opportuna valutazione
della distribuzione funzionale, a cui fra i diversi Istituti dovrà convenientemente
provvedere l'Ispettorato. Gli Istituti che hanno sconfinato dai loro limiti funzionali e
territoriali vanno ricondotti entro quei limiti che nella generalità dei casi
corrispondono alla loro natura ed alle loro caratteristiche istituzionali. Essi vanno
dunque ricondotti alle loro origini. Il problema degli sportelli bancari non è soltanto
il problema dell'esuberanza degli sportelli. Ridurre gli sportelli potrà essere un
rimedio efficace solo se si provvederà contemporaneamente alla riduzione ed alla riforma
della struttura funzionale dell'attività creditizia. Se la chiusura di pochi o di molti
sportelli dovesse essere fine a sé stessa, aggraverebbe gli squilibri esistenti e
risolverebbe malamente solo uno degli aspetti del problema. Occorre invece agire in
maniera di poter assicurare nel quadro dell'economia corporativa la possibilità di una
sana concorrenza e ragionevoli margini di utili necessari per mantenere il credito e la
fiducia. Il riesame della distribuzione territoriale - in base a quanto dispone l'articolo
34 - deve essere fatto in base ad un riesame della distribuzione funzionale, incominciando
con l'arrestare ogni ulteriore gonfiamento del sistema bancario italiano, per evitare il
peggioramento della situazione che si è venuta creando in questi ultimi anni. L'esame di
questo grave e complesso problema nei suoi vari aspetti richiederebbe un troppo ampio
sviluppo. Dopo averne segnalato la delicatezza e la complessità, la vostra Giunta esprime
il voto che l'Ispettorato saprà risolverlo con il necessario equilibrio e con la
collaborazione degli organi sindacali e corporativi che sono chiamati a intervenire
nell'attuazione della nuova disciplina. La Giunta proponeva quindi e la Camera approvava
la seguente aggiunta all'articolo 34: « II Comitato corporativo sarà costituito in seno
alla Sezione del Credito della Corporazione del credito e della previdenza entro un mese
dalla conversione in legge del presente decreto-legge, e sarà composto di cinque
membri.
ART. 35. ALTRE FACOLTÀ
DELL'ISPETTORATO L'Ispettorato ha anche facoltà, nei confronti delle aziende sottoposte
alla sua vigilanza: a) di ordinare la convocazione delle assemblee dei soci e degli enti
partecipanti, nonché dei Consigli di amministrazione e di altri organi amministrativi,
per sottoporre all'esame i provvedimenti ritenuti utili alle aziende e di provvedere
direttamente a tali convocazioni quando gli organi competenti non vi abbiano ottemperato;
b) di ordinare l'esperimento delle procedure esecutive contro i debitori per i quali, a
giudizio dell'Ispettorato, l'azienda di credito sia incorsa in eccessivi ritardi; c) di
fissare modalità per l'eliminazione, la riduzione o, comunque, la sistemazione di
immobilizzi riscontrati nella situazione delle aziende predette.
L'Ispettorato ha inoltre facoltà, in
quanto non sia provveduto dai singoli statuti: a) di disciplinare il rapporto fra il
patrimonio sociale e gli investimenti in immobili e titoli azionari; b) di determinare i
limiti massimi dei fidi concedibili e di stabilire norme e termini per le riduzioni in
caso di constatate eccedenze; c) di emanare norme relative alle dichiarazioni che i
richiedenti i fidi devono rilasciare sulle loro condizioni patrimoniali ed economiche
perché i fidi stessi vengano concessi.
Per quanto riguarda
l'esercizio dei poteri di cui all'articolo 35 - osservava la Giunta Generale del Bilancio
- è da escludersi che si sia inteso di attribuire all'Ispettorato un potere di intervento
nell'amministrazione e nella determinazione di « singoli fidi »: funzioni queste che
restano attribuite ai competenti Organi amministrativi e deliberanti delle singole aziende
controllate. L'opera dell'Ispettorato deve infatti essere essenzialmente di controllo e
non di amministrazione, se non si vuole che l'applicazione della legge sia contraria allo
spirito che l'ha dettata. L'Ispettorato, in altri termini, non deve burocratizzarsi e non
deve, a sua volta, burocratizzare la funzione creditizia. La snellezza dei suoi organi
assicurerà la necessaria rapidità di funzionamento e l'Ispettorato, nell'esercizio delle
funzioni che gli vengono attribuite, dovrà considerarsi sopratutto come un Organo
consultivo alla cui sensibilità, come alla tempestività della sua azione, è in
grandissima parte affidata la realizzazione dei benefici effetti che la legge si propone
di conseguire.
ART. 36. FACOLTÀ DEL COMITATO DEI
MINISTRI PER GLI ASSEGNI CIRCOLARI Sono devolute al Comitato dei Ministri le facoltà e le
funzioni relative alla emissione degli assegni circolari che gli articoli 9,10,11 del
Regio decreto- legge 7 ottobre 1923, n. 2283, attribuiscono al Ministero delle finanze ed
a quello dell'economia nazionale. II Comitato predetto ha facoltà di disciplinare
remissione degli assegni circolari di cui al citato Regio decreto, con particolare
riguardo alle garanzie da prestarsi dagli Istituti emittenti ed alle limitazioni da porre
all'ammontare degli assegni emessi da ciascun Istituto, anche in deroga a quanto disposto
dall'articolo 11 del predetto Regio decreto-legge 7 ottobre 1923, n. 2283[2] .
ART. 37. VERBALI DELLE ASSEMBLEE - FIDI
AUTORIZZATI I verbali delle sedate delle assemblee dei partecipanti e dei soci delle
aziende di credito indicate dall'articolo 5 dovranno essere approvati nella stessa
giornata delle deliberazioni ed essere trasmessi in copia, entro il termine di giorni 5,
all'Ispettorato. Le aziende di credito devono tenere aggiornato un libro nel quale siano
trascritte tutte le concessioni di fido comunque autorizzate dagli organi competenti,
secondo lo statuto o il regolamento; per ogni fido devono essere indicati i nomi dei
funzionari che lo propongono. Le proposte, gli accertamenti e le contestazioni del
Collegio sindacale o degli organi di sorveglianza dovranno essere trasmesse in copia
all'Ispettorato nel termine di giorni 5 dalla loro presentazione e nello stesso tempo
dovranno essere trascritte in apposito libro, da tenersi con l'osservanza delle norme di
cui all'articolo 25 del Codice di commercio.
All'articolo 37 la
Giunta Generale del Bilancio ha proposto, e la Camera ha approvato che sia sostituito il
seguente: « I verbali delle sedute delle assemblee dei partecipanti e dei soci delle
Aziende di credito indicate dall'articolo 5 dovranno essere approvati nella stessa
giornata delle deliberazioni ed essere trasmessi in copia, entro il termine di giorni
dieci, all'Ispettorato. « È fatto obbligo alle aziende di credito di tenere un libro
aggiornato nel quale siano trascritte, ai sensi delle istruzioni da darsi
dall'Ispettorato, le concessioni di fido. Per ogni fido devono essere indicati i nomi dei
funzionari che lo propongono. « Le proposte, gli accertamenti e le contestazioni del
Collegio sindacale o degli organi di sorveglianza dovranno essere trasmesse in copia
all'Ispettorato nel termine di giorni 10 dalla loro presentazione e nello stesso tempo
dovranno essere trascritte in apposito libro, da tenersi con l'osservanza delle norme di
cui all'articolo 25 del Codice di commercio ».
ART. 38. DIVIETO AGLI AMMINISTRATORI DI
OPERAZIONI CON UAZIENDA Gli amministratori, liquidatori, direttori ed i membri degli
organi di sorveglianza delle aziende indicate nell'articolo 5 non possono contrarre
obbligazioni di qualsiasi natura, nè compiere atti di compra-vendita, direttamente o
indirettamente, con l'azienda che amministrano o dirigono o sorvegliano, se non dietro
conforme deliberazione, che dovrà essere presa all'unanimità, del Consiglio di
amministrazione e col voto favorevole di tutti i componenti l'organo di sorveglianza.
Restano in vigore le disposizioni riguardanti le obbligazioni di amministratori di Casse
rurali ed agrarie.
ART. 39. CAUZIONE SPECIALE
L'Ispettorato ha facoltà di stabilire per gli amministratori delegati, gerenti, direttori
generali, direttori centrali, capi servizio e per i direttori delle filiali delle aziende
di credito indicate nell'articolo 5 (in appresso tutti denominati « dirigenti »),
l'obbligo di costituire una cauzione speciale, vincolata presso l'Istituto di emissione.
Tale cauzione potrà costituirsi dagli interessati in azioni o carature dell'ente o
istituto a cui gli obbligati appartengono o in titoli di Stato, in misura non superiore
alla metà dei complessivi emolumenti annuali dell'obbligato. La cauzione non potrà
svincolarsi prima di due anni dalla data della cessazione delle funzioni in relazione alle
quali è stata costituita. Per gli amministratori delegati di società anonime o in
accomandita per azioni e per i gerenti di queste ultime, tale cauzione speciale sarà
costituita in più di quella disposta dall'articolo 123 del Codice di commercio.
L'Ispettorato ha facoltà di disporre che la cauzione costituita a norma del presente
articolo sia aumentata con una trattenuta non maggiore del 3 per cento degli emolumenti
comunque corrisposti ai dirigenti, durante l'esercizio delle loro funzioni. La somma
risultante da tale trattenuta dovrà essere semestralmente investita in titoli di Stato o
garantiti dallo Stato, da depositare presso l'Istituto di emissione col vincolo di cui ai
precedenti comma. L'interessato potrà indicare in quali titoli dello Stato o garantiti
dallo Stato preferisca sia fatto l'investimento. I depositi cauzionali costituiti a norma
del presente articolo potranno essere utilizzati, con le modalità che verranno
determinate dal regolamento, per la copertura delle perdite dipendenti da operazioni
effettuate dai dirigenti eccedendo dai limiti delle facoltà loro consentite dalle
disposizioni interne, di statuto o dell'Ispettorato, o contro le disposizioni stesse;
salvo ogni altro diritto a risarcimento e salva l'applicazione delle sanzioni previste dal
presente decreto e da altre leggi.
ART. 40. FUNZIONI SPECIALI DEL COMITATO
DEI MINISTRI La disposizione dell'articolo 14 del presente decreto, si applica a tutte le
funzioni di vigilanza ed alle altre facoltà comunque attribuite nei riguardi degli
Istituti di credito e Banche di diritto pubblico di cui al titolo IV dei presente decreto,
spettanti al Ministero delle finanze, al Ministero delle corporazioni ed al Ministero
dell'agricoltura e foreste. Sono in particolare deferite al Comitato dei Ministri a norma
dell'articolo 14: a) le funzioni di vigilanza e le altre attribuzioni spettanti al
Ministero dell'agricoltura e foreste, al Ministero delle finanze ed all'Istituto di
emissione a norma del testo unico 25 aprile 1929, n. 967, sulle Casse di risparmio, sui
Monti di pegni di prima categoria e loro Federazioni ed a norma del relativo regolamento
approvato con Regio decreto 5 febbraio 1931, n. 225; la vigilanza e le altre attribuzioni
demandate ai predetti Ministeri sugli Istituti federali regionali fra le Casse di
risparmio e sull'Istituto di credito delle Casse di risparmio italiane sono pure
esercitate, a norma delle disposizioni vigenti, dall'Ispettorato; b) le funzioni di
vigilanza e le altre attribuzioni demandate al Ministero dell'agricoltura, industria e
commercio dalla legge 4 maggio 1898, n. 169, ed al Ministero dell'industria dal Regio
decreto 14 giugno 1923, n. 1396, sui Monti dei pegni; c) le funzioni di vigilanza e le
altre attribuzioni riguardanti le Casse rurali ed agrarie che la legge 6 giugno 1932, n.
656, e la legge 25 gennaio 1934, n. 186, attribuiscono al Ministero dell'agricoltura e
foreste ed al Ministero delle finanze; d) le funzioni di vigilanza e le altre attribuzioni
riguardanti le sedi e succursali di banche estere nel Regno, che il Regio decreto 4
settembre 1919, n. 1620, attribuiva al Ministero del tesoro e al Ministero dell'industria
e commercio. Sono abrogati in quanto non compatibili con le disposizioni del presente
decreto, il Regio decreto-legge 7 settembre 1926, n. 1511, ed il Regio decreto-legge 6
novembre 1926, n. 1830, convertiti in legge 23 giugno 1927, n. 1107 e n. 1108, recanti
provvedimenti per la tutela del risparmio. Sono abrogate tutte le disposizioni contrarie o
incompatibili con il presente decreto regolanti l'attività degli Istituti di credito e
Banche di diritto pubblico di cui al titolo IV del presente decreto. Sono parimenti
abrogate in quanto non compatibili con le disposizioni del presente decreto, le
disposizioni contenute nelle leggi speciali concernenti le Casse di risparmio, i Monti di
pegni e le Casse rurali ed agrarie, ed in particolare nel testo unico 25 aprile 1929, n.
967, sulle Casse di risparmio e Monti di pegno di prima categoria e nel Regio decreto 5
febbraio 1931, n. 225, nella legge 4 maggio 1898, n. 169, e nel Regio decreto 14 giugno
1923, n. 1396, sui Monti di pegni; nelle leggi 6 giugno 1932, n. 656, 25 gennaio 1934, n.
186, e nel Regio decreto-legge 17 ottobre 1935, n. 1898, sull'ordinamento delle Casse
rurali ed agrarie.
TITOLO VI. DISCIPLINA DELLA RACCOLTA
DEL RISPARMIO A MEDIO E LUNGO TERMINE.
Le funzioni di
disciplina e di vigilanza del credito - rileva la Relazione ministeriale - non potevano
estendersi anche al credito mobiliare a Media e a lunga scadenza, che rappresenta un
settore fondamentale della funzione creditizia. Le forme di tale disciplina debbono però
adeguarsi alla concreta realtà, e non possono essere le stesse che sono risultate adatte
per le aziende di credito che esplicano una funzione prevalentemente bancaria. Il ritorno
delle grandi banche di credito ordinario alla loro precipua funzione di intermediari nello
scambio del denaro e di fornitrici del credito commerciale ha profondamente mutato le
condizioni nelle quali si svolge in Italia il credito mobiliare, per l'esercizio del quale
si erano venuti costituendo numerosi enti parastatali, taluni dei quali hanno assunto
notevole sviluppo. Essi raccolgono risparmio dal pubblico in genere mediante l'emissione
di obbligazioni e lo destinano a investimenti che vengono ammortizzati in un periodo di
tempo non breve. Se tali Istituti, che agiscono nell'orbita dello Stato, formano una parte
notevole dell'attività di credito mobiliare del Paese, non ne esauriscono però che una
parte, mentre la domanda di risparmio a media e a lunga scadenza e il suo impiego in
investimenti duraturi, avviene in molte altre forme non facilmente classificabili e
difficilmente passibili di una disciplina unitaria ed organica. Il presente decreto
provvede al controllo ed alla disciplina del credito mobiliare ponendo una netta
distinzione fra la disciplina attuata nei confronti dei singoli Istituti e quella attuata
su determinati generi di operazioni.
A) NEI CONFRONTI DI
PARTICOLARI ISTITUTI. L'esigenza logica dell'unità di disciplina e di indirizzo ha
condotto ad unificare presso l'Ispettorato, le funzioni e le facoltà già spettanti a
svariati altri organi dell'Amministrazione statale. Vengono così accentrate presso
l'Ispettorato le funzioni di disciplina e controllo di diversi Istituti, fra i quali
meritano particolare menzione: 1°) gli Istituti di Credito Fondiario; 2°) l'Istituto
Nazionale di Credito Edilizio e gli Istituti di Credito Edilizio in genere; 3°) il
Consorzio Nazionale per il Credito Agrario di Miglioramento; 4°) l'Istituto Mobiliare
Italiano; 5°) il Consorzio di Credito per le Opere Pubbliche; 6°) l'Istituto di Credito
per le Imprese di Pubblica Utilità; 7°) l'Istituto di Credito Navale; 8°) l'Istituto
Nazionale di Credito per il Lavoro Italiano all'Estero.
L'azione
dell'Ispettorato nei confronti di tali Istituti potrà riuscire di grande efficacia
pratica, sopratutto attraverso la conoscenza, nei suoi aspetti tecnici, dell'attività di
ciascuno degli Istituti stessi, che potrà essere osservata e seguita, nel suo complesso.
B) NEI CONFRONTI DI
PARTICOLARI OPERAZIONI. Le modalità tecniche secondo le quali si svolge l'attività di
credito mobiliare non rendono possibile nè opportuno disciplinare unitariamente gli
Istituti che la svolgono. Il controllo quindi può aver luogo efficacemente solo nei
confronti di operazioni che rappresentano i più frequenti casi in cui ha luogo lo
svolgimento dell'attività di credito mobiliare, e sono le sole che abbiano rilievo tale
da rendere in esse sensibile il riflesso del pubblico interesse. Il particolare genere di
operazioni sottoposto a disciplina è: - quello relativo alle operazioni di Borsa in
genere, già disciplinate dalle leggi vigenti sulle Borse, per le quali vengono devolute
all'Ispettorato le funzioni e facoltà di vigilanza già spettanti al Ministero delle
finanze e all'Istituto di emissione; - gli aumenti di capitale e l'emissione di
obbligazioni e valori mobiliari di ogni natura, da parte, sia dagli Istituti di credito
mobiliare, già sottoposti alla disciplina dell'Ispettorato e precedentemente elencati,
sia da parte altre aziende o da privati. In tale seconda ipotesi però l'intervento
dell'Ispettorato si limita ai casi seguenti: 1°) qualora lemissione abbia luogo per
il tramite di aziende di credito ordinario sottoposte al controllo dell'Ispettorato; 2°)
qualora i relativi titoli si vogliono ammettere al mercato dei valori mobiliari nelle
Borse; 3°) nei casi di aumento di capitale e di emissioni per le quali è prevista a
norma del Regio decreto-legge 5 settembre 1935, n. 1614, la autorizzazione del Ministero
delle corporazioni la quale dovrà essere preceduta dal parere dell'Ispettorato. -
Formano, altresì, oggetto della disciplina attuata dal provvedimento la partecipazione a
Sindacati di collocamento di azioni, obbligazioni ed altri titoli (esclusi quelli dello
Stato o da esso garantiti) da parte di aziende di credito, nonché l'emissione di prestiti
all'estero e l'assunzione di partecipazioni all'estero da parte di enti, aziende e persone
italiane, ed il collocamento in Italia di titoli esteri. Per tali operazioni, la cui
disciplina è di competenza del Ministero delle finanze, dovrà però sentirsi il parere
dell'Ispettorato.
ART. 41. DEVOLUZIONE AL COMITATO DI
ATTRIBUZIONI DI VARI MINISTERI Sono deferite al Comitato dei Ministri, in conformità
dell'articolo 14: a) le attribuzioni spettanti al Ministero dell'agricoltura e foreste e
al Ministero delle finanze a norma del testo unico sul credito fondiario, approvato con
Regio decreto 16 luglio 1905, n. 646, e successivi decreti modificativi e applicativi di
esso, a norma del Regio decreto-legge 18 settembre 1934, n. 1463, e del Regio
decreto-legge 25 marzo 1927, n. 435, relativamente agli Istituti ed alle operazioni di
credito fondiario; b) le attribuzioni spettanti al Ministero dell'economia nazionale a
norma degli articoli 1 e 8 del Regio decreto-legge 2 maggio 1920, n. 698, relativamente
all'Istituto nazionale di credito edilizio ed a norma del Regio decreto-legge 4 maggio
1924, n. 993, relativamente agli istituti e società di credito edilizio in genere; c) le
attribuzioni spettanti a norma del Regio decreto-legge 29 luglio 1927, n. 1509, e
successivi decreti modificativi e applicativi di esso, nonché dei relativi regolamenti,
al Ministero dell'agricoltura e foreste ed al Ministero delle finanze relativamente al
Consorzio nazionale per il credito agrario di miglioramento e agli Istituti autorizzati ad
esercitare il credito agrario; d) le attribuzioni spettanti a norma del Regio
decreto-legge 13 novembre 1931, n. 1398, al Ministero delle finanze, al Ministero delle
corporazioni, al Ministero dell'agricoltura e foreste relativamente all'Istituto mobiliare
italiano; e) le attribuzioni spettanti, a norma del Regio decreto-legge 2 settembre 1919,
n. 1627, e della legge 14 aprile 1921, n. 488, al Ministero delle finanze relativamente al
Consorzio di credito per le opere pubbliche; f) le attribuzioni spettanti, a norma del
Regio decreto-legge 20 maggio 1924, n. 731, al Ministero delle finanze relativamente
all'Istituto di credito per le imprese di pubblica utilità; g) le attribuzioni spettanti,
a norma del Regio decreto-legge 5 luglio 1928. n. 1817, e dello statuto approvato con
decreto Ministeriale 29 gennaio 1929. ai Ministeri delle finanze e dell'economia nazionale
relativamente all'Istituto di credito navale; h) le attribuzioni spettanti a norma del
Regio decreto-legge 3 ottobre 1929, n. 1717, al Ministero delle finanze, relativamente
all'Istituto nazionale di credito per il lavoro italiano all'estero.
ART. 42. ISPEZIONI PERIODICHE E
STRAORDINÀRIE L'Ispettorato ha facoltà di disporre nei riguardi degli Istituti indicati
nell'articolo 41 ispezioni periodiche e straordinarie a mezzo di funzionari che avranno
facoltà di chiedere la esibizione di tutti i documenti e degli atti che riterranno
opportuni per l'esercizio delle loro funzioni. Tali Istituti sono tenuti a trasmettere
all'Ispettorato i bilanci annuali ed ogni altro dato richiesto. Si applicano ai dirigenti
e ai mèmbri degli organi di sorveglianza degli Istituti predetti le disposizioni del 1°
comma dell'articolo 38.
ART. 43. DEVOLUZIONE DI ALTRE FACOLTÀ
Sono devolute al Comitato dei Ministri e, rispettivamente, all'Ispettorato, le funzioni e
facoltà attribuite al Ministero delle finanze ed all'Istituto di emissione dalle
disposizioni sull'ordinamento delle borse dalla legge 20 marzo 1913, n. 262,
sull'ordinamento delle Borse di commercio e dai successivi provvedimenti modificativi di
essa, dai relativi regolamenti di esecuzione, nonché dal Regio decreto-legge 30 giugno
1932.
ART. 44. APPROVAZIONE DELL'ISPETTORATO
PER L'AUMENTO DI CAPITALE Gli Istituti di cui all'articolo 41 non possono procedere ad
aumentare il loro capitale, ne possono emettere obbligazioni senza la preventiva
approvazione dell'Ispettorato, salva l'applicazione delle altre limitazioni disposte dalle
leggi vigenti e dagli statuti che li regolano.
ART. 45. AUTORIZZAZIONE PER
COLLOCAMENTO DI AZIONI Le aziende di credito sottoposte alle disposizioni del titolo V e
gli Istituti indicati nell'articolo 41 del presente titolo non possono partecipare ai
Sindacati di collocamento di azioni, obbligazioni, buoni di cassa e altri valori mobiliari
che non siano di Stato o garantiti dallo Stato, nè prestare l'assistenza della loro
organizzazione per il collocamento, se lemissione non ha ricevuto la preventiva
autorizzazione dell'Ispettorato. Le nuove emissioni di azioni ed obbligazioni già quotate
nelle Borse del Regno devono essere preventivamente autorizzate dall'Ispettorato.
La disposizione
di gran lunga più importante contenuta nel titolo in esame - osserva la
relazione della Giunta Generale del Bilancio - è quella dell'articolo 45 che deve essere
considerata in relazione a quella dell'articolo 2.
Con tali norme si sottopongono al preventivo assenso dell'Ispettorato:
a) ogni nuova emissione di azioni e di obbligazioni che si vogliono ammettere
alla quotazione di Borsa;
b) la costituzione di sindacati bancari per il collocamento di nuovi titoli
sul mercato.
Il controllo dell'Ispettorato si estende in tal modo a tutte le più importanti emissioni
di titoli azionari: il che impone al nuovo Organo di Stato una precisa consapevolezza
della delicata natura dei poteri attribuitigli e della conseguente responsabilità.
La disposizione crea poi il pericolo di dannose interferenze che sarà pregio delle norme
regolamentari di impedire. Sembra infatti che, quando la raccolta del risparmio abbia per
scopo di provvedere a nuovi impianti che siano stati autorizzati a norma della legge del
1933, l'assenso dell'Ispettorato dovrebbe ritenersi assorbito dalla autorizzazione
concessa dal Ministero delle corporazioni.
Occorre d'altra parte tener presente che il Regio decreto-legge 5 settembre 1935, n. 1613,
con il quale si è limitata la distribuzione degli utili delle Società commerciali, ha
sottoposto per un triennio all'autorizzazione del Ministero delle corporazioni di concerto
con quello delle finanze gli aumenti di capitale per cifra superiore al milione.
Senza un indispensabile coordinamento, sarebbero perciò necessario due autorizzazioni da
parte di diversi organi di Stato fra i quali potrebbe anche determinarsi un nocivo e non
risolubile conflitto. E sembra che, dato il carattere temporaneo e contingente delle norme
contenute nel decreto ora richiamato, sarebbe conveniente attribuire senz altro
tutta la materia delle autorizzazioni in parola all'Ispettorato.
Qualche chiarimento di carattere formale si impone poi relativamente agli articoli 2 e 45
del decreto-legge in esame. L'articolo 2 dispone infatti che debba essere preventivamente
autorizzata l'emissione di titoli che si vogliono ammettere alla quotazione di Borsa. Ora,
la semplice intenzione di voler far ammettere in futuro i titoli alla quotazione, non può
certamente essere sufficiente per rendere necessaria la richiesta di una preventiva
autorizzazione alla emissione di essi. Il che va detto specie per la costituzione di nuove
società, tenuto presente anche il disposto dell'articolo 2 della legge sulle Borse 20
marzo 1913, n. 272.
L'autorizzazione non può dunque riguardare che le nuove emissioni di titoli già ammessi
alla quotazione. Anche l'espressione dell'articolo 45 che vieta alle Aziende bancarie di
prestare l'assistenza delle proprie organizzazioni alle emissioni non autorizzate
dell'Ispettorato potrebbe essere opportunamente chiarita. L'affissione di un avviso nei
locali della Banca, il versamento dell'importo totale o parziale dei titoli agli sportelli
della Banca, l'esercizio di diritti di opzione per conto degli azionisti costituiscono la
prestazione di normali servizi bancari che non hanno nulla a che vedere con un intervento
attivo e diretto per il collocamento dei titoli. Sono servizi che si riconnettono ad un
proficuo rapporto di clientela esistente fra la Banca e la società emittente o il
sottoscrittore e che non possono perciò essere vietati quando la Banca limiti ad essi la
propria attività.
ART. 46. AUTORIZZAZIONE PER CONTRARRE
PRESTITI L'autorizzazione a contrarre prestiti e ad assumere partecipazioni finanziarie
fuori del Regno di cui al Regio decreto 11 settembre 1919, n. 1674, come pure
l'autorizzazione a collocare nel Regno titoli esteri di Stato, nonché , obbligazioni e
valori azionari di qualsiasi specie di cui al Regio decreto 11 dicembre 1917, n. 1955,
sono concesse sentito il parere dell'Ispettorato.
Fine del
Titolo VI
|
[1] Vedi il Regio
decreto-legge 7 settembre 1926, n. 1511, a pag. 127.
[2] Gli articoli 9, 10 e 11
del Regio decreto-legge 7 ottobre 1923, n. 2283, sugli Assegni circolari, dispongono:
ART. 9. - Potranno
essere autorizzati ad emettere assegni circolari gli Istituti ordinari e cooperative di
credito, le Casse di risparmio ed i Monti di Pietà i quali abbiano regolarmente
pubblicato almeno due bilanci annuali ed abbiano non meno di dieci milioni tra capitale e
riserva legale esistenti secondo l'ultimo bilancio pubblicato. Tale limite non si applica
alle Casse ordinarie di risparmio e a i Monti di Pietà, e può essere derogato, ove
concorrano circostanze speciali, con provvedimento del Ministero delle finanze di con-
certo con quello dell'economia nazionale per gli Istituti che alla data del presente
decreto siano già autorizzati ad emettere assegni circolari. Gli Istituti che alla data
di entrata in vigore del presente decreto già emettevano assegni circolari dovranno entro
un mese dalla stessa data presentare domanda al Ministero delle finanze il quale di
concerto con quello dell'educazione nazionale potrà auto- rizzarli a continuare la
emissione ai termini delle disposizioni del presente decreto.
ART. 10. - Gli
Istituti ordinari e cooperativi di credito, le Casse di risparmio, e i Monti di Pietà che
intendano iniziare la emissione di assegni circolari dovranno fame domanda al Ministero
delle finanze il quale di concerto con quello dell'economia nazionale, concederà o
negherà con decisione insindacabile entro 45 giorni dalla domanda la chiesta
autorizzazione.
ART. 11. - A garanzia
di titoli emessi, gli Istituti di cui agli articoli 9 e 10 dovranno depositare entro i
primi 15 giorni di ciascun bimestre presso uno degli Istituti di emissione, i buoni del
Tesoro o in altri titoli di Stato, nella forma e nei modi che saranno stabiliti dal
Ministero delle finanze di concerto con quello dell'economia nazionale una somma pari al
40 per cento della circolazione inedia del bimestre precedente. Per il primo
bimestre il deposito dovrà essere eguale al 10 per cento del capitale e della riserva
indicati nell'articolo 9 -del presente decreto con un massimo di due milioni.
Ove gli assegni
circolari emessi e non estinti da ciascun Istituto superino l'ammontare del capitale e
della riserva legale risultanti dall'ultimo bilancio, l'eccedenza di circolazione dovrà
essere coperta con deposito di titoli come dal comma presente articolo nella proporzione
del cento per cento.
________
Avvertenza.
Nelle cinque fotocopie, qui di seguito riportate, ho cancellato tutti i riferimenti
al regime politico del tempo, compresi gli anni di regime, perché li ho considerati non
pertinenti con la legge.




|
In
margine ai propositi del Presidente MONTI, per la crescita economica |

|
Nino Luciani*, |
Per la crescita, il
rilancio degli investimenti e la lotta mediatica all'evasione fiscale non sono
tra loro conciliabili.
Scoperchiamo anche la "furberia" dello Stato in questa "lotta" !
Priorità alle de-statalizzazioni , più che alle
"liberalizzazioni" ! |
|
* Professore Ordinario di
scienza delle finanze |
POI,
DOPO IL DECLASSAMENTO DELL'ITALIA IN CLASSE BBB' ,
riproporrei alcuni punti ( di precedenti edizioni), volti ad affrontare i mercati
in modo più puntuale : |
|
1) Abolire
l'imposta sugli interessi dei BTp, perchè sono una partita di giro,
trasferita** sulla spesa dello Stato e,
dunque, l'abolizione sarà compensata da corrispondente minor spesa dello
Stato;
2) Inventare un "ombrello fiscale" per i titoli di Stato, in attesa che la BCE
possa fare da
prestatore di ultima istanza. Clicca su ombrello;
3) ripristinare elementi della legge bancaria del 1936, abolita per introdurre la banca
universale nel 1993.
(Quella distinzione, nel 1936, fra banche a breve e banche a
medio-lungo termine è ancora importante...).
.
Nota. L'azione della BCE sul mercato secondario pare navigare a vista.
Serve un criterio preciso, che potrebbe essere l'immissione di liquidità fino svalutare
l' del 30%. Un cambio $/=1:1 avrebbe l'effetto, sia di aprire alle
esportazioni (unico strumento di pronta efficacia per la crescita), sia di smorzare la
pressione estera sul mercato dei titoli italiani, considerato che il 50% dei Buoni
italiani sta presso proprietari esteri.
_____________________________________________________ |
** La traslazione avviene
perchè il sottoscrittore di BTp guarda al rendimento netto da imposta. Pertanto se, sul
mercato (internazionale o interno) il tasso di rendimento netto fosse, poniamo 5%,
il Tesoro dovrà dare al sottoscrittore un rendimento lordo tale che, al netto da imposta,
percepisca comunque 5% netto. Ad es., se
l'imposta è 12,50%, il rendimento lordo dei BUONI dovrà essere r =
0,05 / (1-0,125) = 5,7143%. Infatti, togliendo a 5,7143%
il 12,5%, rimane 5% netto. |
|
Nino
Luciani, Per la crescita, il rilancio degli investimenti ...
1.- Lotta
all'evasione fiscale ? Nel pieno del dibattito, di queste settimane, sulla
fiscalità a oltranza per salvare l'Italia dal fallimento finanziario, il problema
dell'evasione fiscale (vale dire, il problema di indurre tutti a fare la loro parte di
sacrificio, e che uno non paghi per un altro) ha assunto una drammaticità inusuale.
Lo comprendo, pur con qualche distinguo, che dirò più avanti.
Ma, prima, va inquadrato il problema:
a) L'imposta non è grandine che cade sui raccolti e li distrugge
(parole di L. Einaudi). La ragione fondamentale dell'alta pressione fiscale in Italia sta
nella scelta (a suo tempo) di dotare la nostra gente dei servizi sociali e delle
infrastrutture fondamentali per una vita civile e umana decorosa, uniformemente nel Paese.
Se non vogliamo pagare tasse, dobbiamo anche voler tagliare lo "lo Stato
sociale". E' un problema di scelta.
In questa fase, c'è poi il problema di sostenere la domanda sul mercato, e
non è il momento per tagliare la spesa pubblica, salvo che per gli sprechi evidenti.
Riprendo questo discorso più avanti.
b) Pagare tutti per pagare di meno ? In una fase in cui sono
chiesti grandi sacrifici, è abbastanza odioso che ci sia chi si sottrae alla sua parte di
sacrificio. Tuttavia, il punto caldo è se davvero c'è l'evasore totale, e se è il
momento di calcare la mano.
Pongo sul tavolo tre affermazioni del Governatore della Banca d'Italia,
seguite a ruota nel giro di pochi giorni, perchè mi sembrano tra loro inconciliabili, e
meno che meno conciliabili con l'obiettivo di rilanciare la crescita e l'occupazione.
1) Occorre colpire l'evasione fiscale;
2) la pressione fiscale è al 45,5% del PIL.
3) due imprese su tre sono in difficoltà.
Circa il punto 1), osservo che in Italia (per la tassazione
diretta) l'imponibile è, di norma, il "reddito prodotto", la cui fetta
imprenditoriale (i profitti) non è quantificabile con esattezza, dovendo essere definito
al netto dei fattori di rischio. Neppure l'imprenditore sa esattamente quant'è il suo
reddito "effettivo", di anno in anno. E proprio negli errori di calcolo sta una
spiegazione del fallimento di parte delle imprese.
Circa il punto 2), osservo che il fatto oggettivo, che il gettito
fiscale è il 45% del PIL, mostra (in prima approssimazione) che, nel complesso, il
sistema fiscale "tiene", perchè quello che scappa da determinate
imposte è recuperato con le altre. Mi allargo: l'evasione che c'è è quella fisiologica,
la cui soglia va abbassata, mediante l'efficienza dei controlli burocratici e il
miglioramento dell'educazione civica (no agli scandali mediatici !) .
Non solo questo: l'evasione è anche una conseguenza di certa
"furberia" dello Stato. Nel 1992 (è l'anno della precedente grande
crisi italiana, Governo Amato, che svalutò la lira) la pressione fiscale era arrivata al
39% del PIL e anche allora c'era la lotta all'evasione ( "pagare tutti, per
pagare meno" ).
Invece si è passati all'attuale 45,5% del PIL (dall'allora 39% del PIL ).
Dunque il maggiore introito non è stato usato per abbassare le aliquote per i paganti.
Sono convinto che anche il recupero degli ultimi evasori non sarà bilanciato
dall'abbassamento delle aliquote e che, anzi, di questo passo si arriverà alla pressione
fiscale al 60% del PIL.
E siccome abbiamo anche un problema di rilancio della crescita, mi domando
perchè, adesso, questa accentuazione della "lotta all'evasione" .... Ma vediamo
meglio.
2. Le vie per incoraggiare gli investimenti. In questa fase, due
imprese su tre sono in difficoltà (parola di Governatore della B.d' I.
). La prima regola è restituire ottimismo al mercato, riportandolo a stabilità.
Se non ci fossero problemi di bilancio dello Stato e una pressione fiscale al
45% del PIL, lo strumento tipico per la crescita "dovrebbe essere" la spesa
pubblica aggiuntiva (parola di Keynes).
Dato questo limite, dobbiamo incentivare gli investimenti, in modo
alternativo. Sappiamo che le imprese finanziano gli investimenti tramite i profitti (altra
parola di Keynes). Ma se, oggi, 2 imprese su 3 sono in difficoltà, evidentemente non ci
sono profitti. Come incentivare gli investimenti ?
a) Uso di strumenti fiscali selettivi. L'alternativa alla
spesa pubblica è lo strumento fiscale. Due le vie:
- defiscalizzare i profitti reinvestiti (lo sgravio fiscale si dovrebbe
autofinanziare, nel tempo, grazie alla relativa maggiore produzione);
- tassare i redditi medio-alti, perchè con relativa alta propensione al
risparmio, per dirottare il gettito verso il finanziamento delle opere pubbliche (per
creare occupazione) e per il sostegno diretto dei poveri. Questo il Governo Monti l'ha
fatto sotto forma di tassazione patrimoniale.
- cessare immediatamente gli anatemi mediatici contro
l'evasione fiscale, perchè producono danni oltre il recinto: nel senso che gli
imprenditori, sotto tiro pregiudiziale, si sentono sviliti a intraprendere.
b) La priorità è per "Meno Stato e più Mercato",
più che per le "liberalizzazioni". (A parte che il Governo Monti ha
poco tempo davanti e che, se mette troppa carne sul fuoco, rischia di cadere di suo),
il fatto che la gente comune abbia percepito la manovra fiscale di MONTI come prevalente
penosità rivela probabilmente che la popolazione non "apprezza" i
servizi sociali, e che probabilmente ci troviamo nel tratto discendente della curva di
Laffer.
Al tempo stesso, non si può negare che la scuola pubblica sia
scadente, che per una visita specialistica o per una radiografia occorre fare lunghe file
di attesa ..., che la giustizia statale non ci sia . Ed è' un fatto, che le imprese
pubbliche offrono beni e servizi scadenti e generano disavanzi ....Negli anni '70-'80 le
cose andavano meglio.
Dunque, lo Stato sociale e lo Stato imprenditore andrebbero ridimensionati o
ripensati organizzativamente.
La tematica della transizione dallo Stato al Mercato non è nuova in
Italia. Essa si impose all'attenzione generale nei primi anni ' 90, in
coincidenza con la caduta dell'Unione Sovietica. Si percepì che le cause della crisi
economica italiana (del '92) derivavano dal grado di statalizzazione dell'economia
italiana (pro-quota statalizzazione: URSS 100%, Italia 60%). Anzi, diciamo che
la transizione dell'Italia dallo Stato al Mercato sarebbe dovuta essere la missione
storica dell'allora astro Berlusconi. Rinvio ad un mio intervento del 1993 (clicca
su: I problemi della transizione), in
una conferenza pubblica a Saint Vincent.
Verso le privatizzazioni delle imprese pubbliche, in Italia, qualcosa è
stato fatto (ad es., nel sistema bancario; altro es., l'ENEL è rimasto un
monopolio, ma sotto il 50% del suo capitale azionario, Alitalia... ). Ma rimane molto
altro da fare, come è stato rimarcato dall'ultimo rapporto (giugno 2011) di CATRICALA',
allora Presidente dell'Antitrust ed ora SottoSegretario alla Presidenza del
Consiglio.
c) OK anche alle liberalizzazioni, ma se il Governo MONTI avesse più tempo
davanti... Nell'agenda del Governo MONTI, le cosiddette
"liberalizzazioni" sembrano prospettate come un "feticcio" liberatorio
delle nostre rigidità.
Il problema sotteso è quello di far funzionare correttamente l'economia di
mercato, diciamo meglio, la concorrenza tra le imprese (a vantaggio dell'abbassamento dei
prezzi al consumo).
E' al tempo stesso sotto gli occhi di tutti (si pensi ai Grandi magazzini, ai
Supermercati) che la via per l'efficienza sta invece in una transizione verso i monopoli
(parola di Schumpeter) e magari fermandosi un attimo prima, perchè rimanga comunque una
concorrenza, sia pur tra quasi-monopoli).
Nel campo del "mercato del lavoro", certe
questioni come la "licenziabilità per giusta causa" è solo
una questione di civiltà. La pregiudiziale è che l'uomo non è una merce, poi verrà
l'aspetto economico. Lo stesso si convenne, a suo tempo, con l'abolizione della
schiavitù.
Farei altre distinzioni. Ad es., nel caso dei tassisti, più
che picchiarli, serve condizionarli facendo funzionare gli autobus e le metropolitane
della città e del loro interland. Nel caso delle Ferrovie dello Stato, il maggior
contrasto del traffico automobilistico stradale cominciò, a suo tempo, con gli Intercity,
vale dire col miglioramento della qualità del servizio ferroviario. Infatti, prima, pur
praticando prezzi bassi, il servizio vedeva i clienti passare alla automobile, più
costosa.
Le liberalizzazioni "troppo concentrate" nel tempo, spero non
sanino la malattia, facendo il morto. NINO LUCIANI |
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