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tag : evasione
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giustificazione economica e morale evasione fiscale, pagare tutti per pagare meno, bugie,
come erano trattati i debiti a Roma antica, retta via per abolire evasione |
LOTTA
alla EVASIONE FISCALE: tra il GATTO e la VOLPE |
Nel
corso della inaugurazione anno accademico della GUARDIA DI FINANZA |

Premier Matteo Renzi
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RENZI: "E' finito il tempo
dei furbi. Contro l'evasione, onore-disciplina"
PADOAN: "Lotta all'evasione per ridurre la pressione fiscale"
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LUCIANI:
LA GIUSTIFICAZIONE DELLE DIFFERENZE FISCALI DEI VARI PAESI NEL MONDO sono:
Alta fiscalità in rapporto ad alto intervento dello Stato nella economia e
nel sociale.
Bassa fiscalità in rapporto a basso intervento dello Stato nella economia e
nel sociale |
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IL FONDAMENTO ECONOMICO ED ETICO DELLA EVASIONE
FISCALE:
Alta fiscalità in rapporto a basse prestazioni dello Stato nell'economia e
nel sociale |
PARLIAMO
DELLA EVASIONE FISCALE, CON SINCERITA' e VERITA' |

Ministro Carlo Padoan
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ALCUNE STATISTICHE, DALL'ALTRA PARTE |
(Valori in milioni di euro, a prezzi
correnti) |
2009 |
2013 |
2014 |
ENTRATE FISCALI (imposte dirette e
indirette, contributi sociali) |
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SPESE CORRENTI |
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Fonti: Relazione Gen. B.d'I. 2014, p.
102, per il 2009; MEF, Nota tecnico-illustrativa alla legge di stabilita', 2014, tab.
3.2-1 |
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Fonte: http://www.mef.gov.it/ministero/ministro.html
Nel corso dell'Anno Accademico della Guardia di Finanza
- 28 novembre 2014 -
MINISTRO DELL'ECONOMIA Carlo PADOAN
(Stralcio del primo capoverso)
1.- In Italia l'evasione fiscale sottrae all'erario risorse
ingenti. Queste risorse potrebbero essere utilizzare dallo Stato per migliorare
il bilancio pubblico, ridurre la pressione fiscale e perseguire obiettivi
di equità sociale. L'evasione distorce il funzionamento del mercato, pone i contribuenti
onesti in una condizione sfavorevole rispetto agli evasori, impedisce l'allocazione
ottimale delle risorse. L'evasione, infine, è collegata alla corruzione e alle attività
economiche svolte dalla criminalità organizzata.
[ In questa stessa circostanza, il
Premier RENZI, parlando a braccio, a proposito della evasione, avrebbe detto: "E'
finito il tempo dei furbi. Contro l'evasione, onore-disciplina".) (Nella stessa
circostanza, il Premier RENZI, parlando a braccio, a proposito della evasione, avrebbe
detto: "E' finito il tempo dei furbi. Contro l'evasione, onore-disciplina" ].
Nel disegno di legge di Stabilità 2015, attualmente in discussione in Parlamento,
sono contemplati interventi di contrasto all'evasione che consentiranno di recuperare
risorse per circa 3,5 miliardi aggiuntivi rispetto al 2014. Ma accanto alla repressione
dell'evasione e dei comportamenti elusivi è importante migliorare la cooperazione
tra contribuenti e amministrazione fiscale per incentivare l'adempimento spontaneo agli
obblighi tributari [la cosiddetta Tax Compliance].
E' un risultato al quale si può giungere attraverso incentivi
che facciano emergere reddito imponibile, e prassi innovative dell'Amministrazione
finanziaria: la quale incrocerà nuove informazioni disponibili nelle banche dati
dell'Anagrafe tributaria e, a partire dai primi mesi del 2015, segnalerà ai contribuenti
eventuali incongruenze. In questo modo i contribuenti potranno fare le proprie verifiche
ancora prima di presentare la dichiarazione dei redditi.
Anche così intendiamo incentivare il ravvedimento operoso, di cui prevediamo
anche di ampliare i termini, e ridurre le procedure di accertamento.
Ancora nella legge di stabilità, abbiamo esteso ad altri settori il
meccanismo dell'inversione contabile (cosiddetto reverse charge) per ridurre le frodi IVA.
Per contrastare il fenomeno dell'evasione cosiddetta "da
versamento" abbiamo inoltre previsto che all'atto dei pagamenti dalle pubbliche
amministrazioni per le forniture di beni e servizi effettuati, l'IVA venga versata
direttamente al bilancio dello Stato. Una innovazione, infine, che contribuirà a
semplificare il sistema tributario e degli adempimenti richiesti ai contribuenti è
costituito della fatturazione elettronica.
Già operativa nei confronti delle pubbliche amministrazioni dallo
scorso giugno, sarà estesa alla totalità delle pubbliche amministrazioni a decorrere da
marzo 2015.
Con la riforma fiscale interverremo per rivedere le misure di contrasto
all'elusione e all'abuso del diritto, commisurare meglio le sanzioni, penali e
amministrative, alla gravità dei comportamenti, instaurare coi grandi contribuenti forme
di adempimento cooperativo raccomandate dall'OCSE.
2.- Ma conosciamo bene la rilevanza assunta dall'evasione fiscale nella
dimensione internazionale.
Per contrastare efficacemente l'evasione fiscale su scala internazionale le
misure unilaterali non sono sufficienti: dobbiamo mettere in campo risposte coordinate a
livello globale. L'Italia ha svolto un ruolo di primo piano per promuovere nella comunità
internazionale prassi e norme efficaci in questo senso. Al consiglio ECOFIN dello scorso
14 ottobre la Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione Europea ha conseguito
l'accordo politico per la revisione della Direttiva sulla cooperazione amministrativa che
incorpora nella legislazione europea uno standard per lo scambio automatico di
informazioni, con effetti dal primo gennaio 2016 e scambi operativi nel 2017 per tutti gli
Stati Membri. La nuova Direttiva verrà adottata dal
Consiglio ECOFIN il prossimo 9 dicembre. Lo standard adottato nell'Unione europea per lo
scambio automatico di informazioni è stato sviluppato dall'OCSE in collaborazione con un
Gruppo di 5 paesi di cui l'Italia è stata protagonista. Grazie all'iniziativa dell'OCSE e
del Gruppo dei 5, a partire dal 2017 questo standard verrà adottato da più di 90 paesi
nel mondo.
3. - Inoltre si è resa sempre più evidente la necessità di
un'azione congiunta per la modifica dei criteri tradizionali su cui si basa la fiscalità
internazionale. Nel luglio 2013, su impulso del G20, l'OCSE ha pubblicato un Piano
d'azione sull'erosione della base imponibile e lo spostamento dei profitti (cosiddetto
BEPS) che individuava 15 azioni prioritarie in diversi campi d'intervento da attuare entro
la fine del 2015.
Il 16 settembre di quest'anno sono stati presentati i primi risultati
parziali di questo progetto, che già prevedono raccomandazioni concrete. L'Italia ha
giocato un ruolo chiave sui tavoli tecnici dove tali raccomandazioni sono state adottate e
sta promuovendo il completamento delle restanti azioni del progetto entro il 2015. La
riunione dei Capi di Stato e di Governo del G20 a Brisbane di metà novembre ha ribadito
l'impegno a finalizzare le raccomandazioni entro questo termine.
Luigi Einaudi affermava, con riferimento alla lotta all'evasione fiscale, che
"qualunque legge, anche ottima, a nulla gioverà se ad applicarla non sia chiamato un
corpo di funzionari colto [...]".
"Professionalità" e "cultura" rimangono preziosi
strumenti, tra loro complementari, cui la Scuola di Polizia tributaria deve fare ampio
ricorso per formare ufficiali e "finanzieri" reattivi ai cambiamenti, sempre
più aperti al dialogo e al confronto con la società civile, nella consapevolezza che il
rigore morale, la preparazione e il senso dello Stato siano presupposti ineludibili per il
corretto esercizio delle proprie funzioni.
In conclusione voglio esprimere un sentimento di profonda
gratitudine per la silenziosa abnegazione, la professionalità e l'elevatissima
qualificazione con cui, ogni giorno, le donne e gli uomini della Guardia di finanza
riempiono di contenuti e di valori la propria missione. |
Nino
Luciani, Sulla evasione fiscale. Definizione, limiti e buon senso dello Stato, che voglia
contenere il fenomeno. 1.- Premessa. Ripartiamo
dalle memorabili "Considerazioni finali" di Draghi (2010) sulla situazione
dell'Italia nel 2009 alla Assemblea Ordinaria dei Partecipanti della Banca d'Italia,
mentre Berlusconi era al governo.
Draghi giustificò, a modo suo, la "macelleria sociale"
del governo BERLUSCONI- TREMONTI (vale dire il taglio della spesa statale per i servizi
pubblici) in quanto necessario per salvare la credibilità dell'Italia sui mercati, ma
dandone le responsabilità agli evasori fiscali. Draghi
denunciò una mancata IVA per 30 miliardi all'anno e una mancata ICI, a causa di un numero
imprecisato di case non iscritte in catasto.
Draghi disse che: "Levasione fiscale è un
freno alla crescita perché richiede tasse più elevate per chi le paga".
Dunque Draghi rilanciò una vecchia tesi dei sindacati (dato che il lavoro fisso non
evade):"Pagare tutti per pagare meno".
2.- Presupposto per la Tax compliance. Prima di brevi
considerazioni su queste "s-considerazioni" (perchè fondate su
uno slogan), osservo che il conto tornerebbe se lo Stato iscrivesse le entrate
recuperate dall'evasione, in un apposito capitolo di bilancio, in modo da
provvedere alla simultanea riduzione delle aliquote fiscali, via via che il recupero ha
luogo.
Ma questo non è avvenuto mai, e lo diviene oggi necessario due
volte se Padoan e Renzi vogliono fondare il recupero della evasione sulla Tax Compliance, vale dire sul buon sangue tra Stato e
contribuente (si vegga a fianco).
Invece, guardando la tabella sopra, vediamo che da quel 2009 al 2013,
le imposte sono aumentate di 54 miliardi di euro ( in gran parte per recupero di
evasione). Ma anzichè fare restituzione fiscale, si è stata aumentata la spesa corrente
(e anche il debito pubblico).
(Nota. Osservo, per inciso, a quanti vogliono
aumentare ancor più la spesa per affrontare la crisi economica, che la spesa pubblica ivi
riportata è già al 49,1% del PIL, e che anzi quella "totale" è al 55% del
PIL, e si arriva al 65% se si includono le spese delle imprese pubbliche, inserite nel
settore privato, dalla contabilità nazionale ISTAT. Ma, poi, lo Stato non riesce a
spendere in tempo reale, per cui prevale l'effetto restrittivo sul cittadino. Direi
che, dopo aver visto ..., la strada sia, invece, la riduzione delle imposte,
puntando sugli investimenti privati.
3. La "retta via" per abolire l'evasione fiscale.
L'evasione non ha motivo di essere se lo Stato chiede l'imposta motivando con le proprie
prestazioni di servizi ai cittadini. Essa, invece, ha motivo di essere se manca una giusta
motivazione. Questa impostazione discende dalla scienza delle finanze: "le imposte
sono pagamenti obbligatori, in base a capacità contributiva, per fronteggiare il costo
delle prestazioni fondamentali dello Stato (difesa, ordine pubblico, giustizia, ...), dei
servizi pubblici (scuola, sanità, pensione sociale, ...), delle infrastrutture, e per una
parziale redistribuzione del reddito a favore delle grandi povertà, delle disabilità
umane,... (che sono senza colpa).
Ma, poi, constatiamo una spesa alta e ingiustificata dello Stato per
motivi ben diversi da quella per i servizi pubblici, di cui dice Draghi, come:
- per eccesso di finanziamento dei partiti e di retribuzioni dell'alta
burocrazia, sia pure in modo legale (non sempre);
- per mala amministrazione: ci sono molti uffici doppioni dello Stato (vedi
20 Regioni, con 20 parlamenti, mentre quello nazionale basta e avanza) ;
- per costo eccessivo dei grandi lavori pubblici (causa tangenti sugli
appalti,ai partiti, ecc. ..)...
Domando a un prete (il Cardinale Bagnasco, che grida contro
l'immoralità della evasione) se, in base alla legge naturale o al vangelo ("date a
Dio quello che è di Dio e a Cesare quello che è di Cesare") sono morali i furti
dello Stato (si vegga sopra), anche se fondati su leggi. Vediamo meglio:
a) Il "ladrismo" (evasione fiscale, inclusa) ha da
sempre accompagnato l'uomo (a volte, per il piacere della perversione, a volte per fame e
per sopravvivere, a volte per rivendicare una qualche ragione "santissima").
Pertanto, per conservare il fenomeno in limiti fisiologici, lo Stato dovrebbe
fare la lotta anti-evasione come fatto di routine, senza inutili schiamazzi, ma anche
evitando abusi fiscali, posizionando la pressione su parametri di saggio compromesso tra
le parti sociali (rinvio a più sotto).
Ci sono i casi evidenti in cui l'imposta non è dovuta. Per
Costituzione (art. 53) l'imposta va pagata in base a capacità contributiva, ma in questi
anni la legge ordinaria ha fatto pagare le imposte sui ruderi e case sfitte causa la
crisi. Anche per la IVA ci sono i casi di imposta dovuta legalmente, pur se l'imprenditore
finale non ha incassato nulla.
b) Gli evasori clamorosi vanno picchiati senza misericordia ? Si
direbbe di sì, ... eppure uno Stato meritevole di rispetto dovrebbe fare delle
distinzioni tra casi di fallimento e casi di non fallimento
I suicidi di imprenditori non dovrebbero dire qualcosa ?
Ai tempi di Roma, il debitore veniva portato davanti al giudice e,
se riconosciuto "colpevole", gli venivano dati 30 giorni per pagare. Se, poi,
passavano invano i 30 giorni, il giudice lo dichiarava alla mercè del creditore, che
poteva farlo schiavo o ucciderlo.
Domando: in questo periodo di grave crisi, lo Stato dovrebbe chiedere il
"suo" a costo di distruggere economicamente il debitore, o dovrebbe valutare se
dargli una proroga, il tempo per riprendersi e tornare a fare impresa produttiva ?
c) Conclusione. In Italia la pressione fiscale effettiva
(ossia, in termini di rapporto tra spesa pubblica e PIL) è nell'ordine 55%. Questo
dimostra, già di suo, che nel complesso non c'è una apprezzabile evasione in Italia. Il
55% è, poi, un valore medio di punte che spaziano dal 20% all'80%
- A mio modo di vedere, una pressione fiscale ragionevole dovrebbe stare nei limiti
del 35-40% del PIL. Superare questa cifra, e al tempo stesso dare prove inconfutabili di
sprechi gravi del danaro pubblico, suscita opposizioni crescenti.
L'idea di pagare tutti per pagare meno andrebbe applicata davvero, ma
la cosa comincia dal tagliare la pressione fiscale (in termini di rapporto tra
spesa pubblica/PIL, negli USA essa è il 38%, nonostante le ingenti spese militari).
d) Altro. Voglio, poi, ricordare che (anche per suggerimento
della scienza delle finanze) nella tradizione (pessima) del Ministero delle Finanze, le
aliquote nascono alte, dando per scontato che ci sarà sempre una determinata evasione. Lo
vediamo nel fatto che, se le imposte fossero pagate al 100%, tutte le piccole imprese
dovrebbero scomparire. In questo senso, essa va in qualche modo tollerata, al di là dello
stretto legalismo, se si è scelto deliberatamente di farle alte.
- Sempre per suggerimento della scienza delle finanze, per limitare le reazioni del
contribuente alla fiscalità, si applicano più le imposte indirette che quelle dirette
(perchè queste sono più in evidenza contabile); e si ripartisce il prelievo tra molte
imposte, in modo che se uno evade l'una imposta, ci sia recupero di gettito sull'altra .
In questo senso, non esiste un "evasore totale". Se riesco a
salvarmi dall'IVA del dentista perchè mi fa uno sconto senza fattura, non mi salvo
dall'IRPEF, dal bollo dell'automobile, dall'IVA sulla frutta del supermercato ...
In altri termini, tra quanto detto da Draghi e i fatti, ci passa un oceano. Il Punto vero
è decidere un livello di intervento dello Stato nell'economia, compatibile con le
possibilità di sopportarlo..
d) Altro ancora. I grandi imprenditori di Confindustria
gridano contro l'evasione fiscale per schiacciare le piccole imprese. Sono cose
"notorie".
I piccoli imponibili andrebbero esentati, perchè il costo amministrativo
dell'imposta supera il gettito. |
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Dalla
BCE ancora sostegni all'economia, ma che non bastano |

Mario Draghi
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1) Taglio del tasso d'interesse dallo 0,5% allo 0,25%,
il 7 nov, confermato il 5 dic.
"Un diktat della nuova Banca d'Italia con sede a
Francoforte",
secondo il Wirtschafts. Si vegga il Sole-24 ORE, 23 novembre .
2) E nuove procedure per
l'erogazione di liquidita' di emergenza"
per le istituzioni finanziarie", già decise dalla BCE, il 17 ottobre. |
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LUCIANI: Sulla possibilità di fare convergere (o differenziare) l'uso
della leva fiscale
per gli stessi obettivi della leva moneraria. Un tema posto a suo tempo da R. Mundell |
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NOTA. La decisione della
BCE, del 17 ottobre (si vegga il testo integrale, sotto) è abbastanza eccezionale,
perchè consente alle Banche Centrali Nazionali di erogare liquidità di emergenza a
istituzioni finanziarie in crisi temporanea di liquidità.. Poi, forse nel dubbio della
sua sufficienza, è intervenuto il 7 nov. 2013 l'abbassamento del tasso di interesse
di riferimento allo 0,25% (dallo 0,5% deciso il 2 maggio 2013). E'
evidente, al tempo stesso, che quelle misure vanno bene per l'Italia, ma non per la
Germania, come pure è evidente la solitudine di Draghi, forse più sorretto dalla sua
personale riflessione, che dal consenso collegiale, dentro la BCE.
Parrebbe anche evidenre che, senza l'apporto differenziato della UE nei vari Stati,
gli interventi generalizzati della BCE servono solo ad impedire il peggio, ma non a uscire
dalla crisi economica. Discutiamo la possibilità di un raccordo tra
leva monetaria generalizzata e leva fiscale specifica di singoli Stati, fermi i saldi di
bilancio degli Stati: nel senso che solo un contatto tra le due potrebbe dare la scintilla
che ri-genera la vita dell'economia. |
TESTO DIFFUSO DALLA BCE
il 17 ottobre 2013.
Clicca su: http://www.ecb.europa.eu/mopo/html/index.en.htm
PROCEDURE PER LEROGAZIONE DI LIQUIDITÀ DI EMERGENZA
Gli enti creditizi dellarea delleuro possono ricevere finanziamento dalla
banca centrale non soltanto nel quadro delle operazioni di politica monetaria, ma in via
eccezionale anche a titolo di liquidità di emergenza (cosiddetta ELA- Emergency Liquidity
Assistance).
LELA consiste nellerogazione da parte delle banche centrali
nazionali (BCN) dellEurosistema di:
a) moneta di banca centrale;
b) qualsiasi altra tipologia di assistenza che possa comportare un
incremento della moneta di banca centrale a favore di unistituzione finanziaria
solvibile o di un gruppo di istituzioni finanziarie solvibili che si trovino ad affrontare
temporanei problemi di liquidità, senza che tale operazione rientri nel quadro della
politica monetaria unica
La responsabilità dellerogazione di ELA compete alle rispettive BCN.
Ciò significa che qualsiasi costo e rischio derivante dalla concessione di ELA è
sopportato dalle rispettive BCN.
Tuttavia, larticolo 14.4 dello Statuto del Sistema europeo di
banche centrali e della Banca centrale europea (di seguito Statuto del SEBC)
attribuisce al Consiglio direttivo della BCE la competenza di limitare le operazioni di
ELA qualora valuti che interferiscono con gli obiettivi e i compiti dellEurosistema.
Le decisioni al riguardo sono adottate dal Consiglio direttivo a maggioranza dei
due terzi dei votanti.
Per essere in grado di effettuare una valutazione adeguata circa il
sussistere di una simile interferenza, il Consiglio direttivo deve essere informato
tempestivamente in merito a tali operazioni.
Una procedura intesa a questo fine esiste sin dal 1999 e nel tempo è stata
sottoposta a regolare riesame.
.............
.............
( Per i particolari si rinvia al testo integrale: vedi sopra. NdR).
Sono di seguito enunciati gli aspetti fondamentali della procedura corrente.
Di regola le BCN comunicano alla BCE i dettagli di qualsiasi operazione di ELA al più
tardi entro due giornate lavorative dopo lo svolgimento delloperazione.
Le informazioni trasmesse devono includere quanto meno i seguenti elementi:
1. la controparte che ha beneficiato/beneficerà dellELA
2. la data di valuta e la data di scadenza dellELA che è stata/sarà
erogata.
4. la valuta nella quale lELA è stata/sarà denominata
5. le garanzie reali/personali a fronte delle quali lELA è
stata/sarà conferita, inclusa la valutazione delle attività stanziate in garanzia e
lapplicazione di eventuali scarti e, se del caso, informazioni dettagliate sulle
garanzie personali
6. il tasso di interesse che la controparte è tenuta a corrispondere
sullELA che è stata/sarà erogata
7. la motivazione/le motivazioni alla base della concessione dellELA
(ossia richieste di margini, deflussi di depositi ecc.).
8. la valutazione dellautorità di vigilanza prudenziale, nel breve e
medio termine, circa la posizione di liquidità e la solvibilità dellistituzione
destinataria dellELA, inclusi i criteri in base ai quali si è pervenuti a una
conclusione positiva in merito alla solvibilità
9. ove pertinente, una valutazione circa la dimensione transfrontaliera e/o
le potenziali implicazioni sistemiche della situazione che ha reso/rende necessaria
lerogazione dellELA.
Il Consiglio direttivo può inoltre decidere di richiedere
informazioni aggiuntive alla BCN competente, oppure di ampliare i requisiti di
informazione/segnalazione e/o di renderli più stringenti, in casi specifici, qualora lo
si ritenga necessario.
Nel caso in cui il volume complessivo delle operazioni di ELA previste
per una data istituzione finanziaria o un determinato gruppo di istituzioni finanziarie
(su base consolidata e incluse le succursali estere) superi un livello di 500 milioni di
euro, le rispettive BCN devono informare la BCE il più presto possibile, anteriormente
allerogazione dellassistenza che si intende concedere.
Se invece ci si attende che il volume complessivo delle operazioni di
ELA superi un livello di 2 miliardi di euro, il Consiglio direttivo valuta la possibilità
di un rischio di interferenza con gli obiettivi e i compiti dellEurosistema.
Su richiesta delle rispettive BCN, il Consiglio direttivo può quindi
decidere di fissare un importo e non sollevare obiezioni riguardo alle operazioni di ELA
che esse intendono effettuare al di sotto di questo in un arco di tempo prestabilito di
breve durata.
Le BCN possono altresì richiedere al Consiglio direttivo di non
sollevare obiezioni fino a un determinato importo per operazioni di ELA che intendono
effettuare simultaneamente a favore di diverse banche. In tal caso le BCN forniranno le
seguenti informazioni con almeno due giornate lavorative di anticipo rispetto alla
riunione del Consiglio direttivo nel corso della quale la richiesta sarà considerata:
- tutte le informazioni previamente disponibili sulle singole banche e sugli
elementi di cui ai precedenti punti da 1 a 9;
- una previsione, che copra in linea di principio il periodo fino alla successiva
riunione ordinaria del Consiglio direttivo, riguardo al fabbisogno di finanziamento di
ogni singola banca destinata a ricevere ELA sulla base di due scenari: lo scenario atteso
e uno scenario di stress. Informazioni a posteriori su tutti gli aspetti menzionati ai
precedenti punti da 1 a 9 devono essere fornite su base giornaliera, nella misura in cui
queste non siano state previamente rese note.
Le procedure in oggetto sono intese ad assicurare, nel modo adeguato,
l'assolvimento del ruolo del Consiglio direttivo ai sensi dell'articolo 14.4 dello Statuto
del SEBC in relazione all'erogazione di ELA a favore di singoli enti creditizi. Hanno
carattere vincolante per tutte le BCN e la loro idoneità è soggetta a regolare
riesame."
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Nino Luciani, Sulla
possibilità di far convergere la leva fiscale sugli stessi obiettivi della leva monetaria 1.- Ripartendo dalla diagnosi. Sotto
il profilo economico, i dati sono che esiste (meglio esisteva) un sistema industriale
abbastanza robusto in Italia, ma che è in via di distruzione, per mancanza di
"domanda effettiva" (vale dire, esiste una domanda, ma che non può esprimersi
per mancanza di potere di acquisto in moneta).
La parola domanda (voglio essere chiaro) vuol dire richiesta di beni
di consumo, da parte delle famiglie; e domanda di beni strumentali e di lavoro, da parte
degli operatori economici.
Per quanto riguarda le famiglie, è un dato che in questi anni (a
causa delle grandi guerre in Iraq e in Afghantistan, e delle grandi speculazioni del
settore bancario), si è determinato una consistente modificazione della distribuzione dei
redditi tra le famiglie dei vari Paesi: quelle povere hanno una relativa alta propensione
al consumo, ma non hanno potere d'acquisto; quelle ricche (una parte è in Italia, ma la
gran parte è presso i Paesi Arabi) hanno relativa alta propensione al risparmio, e che si
innalza oltre la norma in tempi di crisi (vale dire di accresciuta incertezza sul futuro.
Per quanto riguarda gli operatori, essi si regolano in un
orizzonte breve, dunque al momento non sono disposti a investire.
La BCE ce le mette tutta ad invogliare gli investimenti, abbassando il costo
del danaro, ma se le aspettative sono negative, essa è come uno che parla da solo.
Nel sistema economico c'è, però, un grande operatore (lo Stato), che ha un
orizzonte di lungo periodo, e quindi è il solo che avrebbe vocazione a spendere e quindi
a creare domanda effettiva.
Per quanto riguarda l'Italia, il bilancio pubblico è già saturo, e quindi
non ha elasticità di spesa.
Rimangono tre vie:
a) che l'U.E. nel complesso generasse un ammontare sufficiente di spesa
pubblica per opere pubbliche (nel Mezzogiorno ci sarebbe bisogno, e anzi il Trattato di
Roma del 1956 prevede in esplicito interventi di riequilibrio nelle aree depresse)
b) che lo Stato generi modifiche nella distribuzione dei redditi: vale dire
sgravi fiscalmente i redditi medio-bassi e recuperi la perdita di gettito, gravandi i
redditi medio-alti. Il governo Letta ci prova, ma a gran fatica (anche perchè la
maggioranza è fatta di forze politiche di destra, notoriamenre un elettorato con reddito
medio-alto)
c) La modifica della struttura del sistema fiscale, giacchè ci sono delle
possibilità di usarlo a supporto della politica monetaria, ferma la spesa pubblica (che
è il tabu del momento).
2- Come usare la leva fiscale, in tandem con la leva monetaria. Il
rapporto tra leva fiscale e leva monetaria fu esaminato dl canadese R. Mundell
(premio Nobel) negli anni '60 (rinvio ai mie Scritti Scelti, Rivista Bancaria, 1974, n.
3-4, dove faccio un lungo commento). Egli si chiese se esiste un "modo
appropriato" per riservare la leva fiscale alla stabilità dei prezzi (all'interno di
un Paese), e la leva monetaria al pareggio della bilancia dei pagamenti internazionali), e
questo anche in adesione all'olande J. Tinbergen che aveva suggerito (per la politica
economica) che per ogni obiettivo ci fosse un rispettivo strumento.
Nel mio studio io obiettai che la leva fiscale non solo effetti sull'economia
interna, ma anche su quella internazionale. Riprendo solo ques'ultimo aspetto, e lo
riporto al filo principale (domanda).
Dentro la domanda, esiste una domanda interna e una domanda estera.
Preso atto che sullo stimolo della domanda interna, abbiamo tutto
contro (va dire la UE si oppone all'aumento della spesa pubblica dello Stato italiano),
approndiamo i motivi per cui (dall'entrata in vigore dell'Euro, 2002) anche il commercio
internazionale dell'Italia è bloccato.
Qui il punto riguarda il livello dei prezzi, in Euro, che (a causa di
un cambio calcolato male da Prodi e da Fazio) è divenuto troppo alto rispetto ai prezzi
esteri.
Preso di nuovo atto che non abbiamo un potere neppure sul cambio,
l'unica via fiscale, con valenza monetaria, è agire sui prezzi interni.
Come ? La via è classificare le imposte in base all'effetto sui
prezzi. E qui troviamo che, di norma (pur non assolutamente) le imposte indirette
(IVA, ecc. ) fanno alzare i prezzi, e invece le imposte dirette non fanno alzare i prezzi.
Conclusione. Se vogliamo sbloccare almeno la domanda estera dovremmo
abbassare immediatamente l'IVA e recuperare il calo di gettito con le imposte sui redditi
(medio-alti).
Questo è il contrario di quanto è stato fatto dai nostri
governi, e con la benedizione dell'U.E. .
A quanti, frettolosi, mi osservassero che la legge esclude, dall'IVA,
le esportazioni, osservo che non ne sono escluse le importazioni, che sono il prius per
esportare.
C'è , poi, il fatto che l'IVA va a interessare tutti i prezzi
interni, e in definitiva anche il costo del lavoro, per cui la restituzione dell'IVA (alla
esportazione) è limitata solo a quella formale. NINO LUCIANI
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Dalla AIGE - Associazione Italiana Gestione dellEnergia
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Documento del Congresso di Arcavacata, 2013
CONTRIBUTO PER UN PIANO ENERGETICO NAZIONALE
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Enrico Lorenzini
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Nota. Il documento, che
viene presentato, rappresenta un riassunto di un ampio studio elaborato da molte decine di
Accademici, studiosi e scienziati del settore energetico. Tale riassunto è stato redatto
da apposita Commissione e approvato unanimemente dalla Assemblea di AIGE (Associazione
Nazionale Gestione della Energia ) durante il VII Congresso Nazionale ad Arcavacata di
Rende del giugno 2013.
Il documento è, in sintesi la offerta in momenti tanto difficili
per la situazione economica italiana - di esperti, veri e liberi, per dare un contributo
al mondo politico affinchè si superino le pressioni delle lobbies varie, e l'ITALIA
POSSA PROCEDERE a scelte ragionate e lungimiranti per il raggiungimento di un
reale bene comune. Prof. Ing. Enrico Lorenzini
IL DOCUMENTO DELL'AIGE
Ai convegni sullenergia i grandi assenti (o presenti
solo al loro stesso saluto) sono i Politici, perché - dicono- sfortunatamente pressati in
quel giorno da improrogabili "impegni istituzionali"
E' esperienza comune che, tra Tecnici e Politici, ci sia un certo scollamento: quante
volte gli studi preparatori, approntati dai Tecnici, a supporto di azioni legislative,
escono irriconoscibili dai tavoli politici.
E le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: testi di legge inefficaci perché
risultato di malcelati compromessi, disposizioni attuative emesse con gravi ritardi o del
tutto assenti, regolamenti lacunosi e confusi che si avvicendano a parziale correzione
l'uno dellaltro, quando non addirittura procedimenti di infrazione, da parte della
Unione Europea per inosservanza o elusione dei dettati comunitari.
In materia di energia poi le conseguenze sono particolarmente gravi. Si pensi, per
esempio, allincentivazione delle rinnovabili elettriche avvenuta senza il necessario
adeguamento delle reti, all'assenza di incentivi a filiere di produzione nazionale di
celle foto-voltaiche o pale coliche che lascia così libero il campo alle importazioni
dall'estero, o la richiesta di innovazione tecnologica, predicata sì alle nostre
industrie energetiche, ma senza si necessario sostegno alla formazione e alta ricerca
scientifica.
Le stesse campagne di informazione/sensibilizzazione del vasto pubblico, per stimolarne
atteggiamenti più responsabili nei confronti del risparmio energetico e del problema
ambientale, rimangono mere dichiarazioni di intenti nei nostri testi di legge, costretti a
rilanciare precetti di provenienza UE.
Molto si potrebbe commentare sul modesto documento SEN (Strategia Energetica Nazionale),
che ripercorre e ratifica puntualmente le azioni in atto, piuttosto che tracciare la
strada del futuro energetico nazionale con indicazione precisa e fondata del modo con cui
affrontare i nodi irrisolti della politica energetica italiana: diversificazione delle
fonti, dipendenza dallestero, mobilità sostenibile, sovracosti dellenergia
rispetto alle altri nazioni UE, incentivi per ricerca e sviluppo, etc...
Molto ancora si potrebbe dire sui privilegio assicurato legalmente a certe tecnologie,
senza che vi sia mai stato un confronto serio o uno studio di tipo finalizzato, per non
parlare dell'inutilità della certificazione energetica degli edifici nelle forme previste
dallattuale legislazione. Questa, tra l'altro viene vista ancora come un ulteriore
fardello burocratico, piuttosto che come opportunità di valorizzare l'immobile attraverso
la sua qualità energetica.
Altro problema da affrontare - segnalato tra gli altri dalla AGCM (Autorità Antistrust )
- è la sospetta ''discriminazione delle reti private per la trasmissione e distribuzione
delle reti elettriche a favore del modello dominante di organizzazione del sistema
elettrico, basato sulla produzione di elettricità dai grandi impianti e sulla
trasmissione e distribuzione dì questa attraverso reti pubbliche".
E comunque resta iI tema della decarbonizzazione delia stessa produzione elettrica su
vasta scala. C'è ancora controversia (in verità non solo in Italia} sulle migliori
tecnologie da adottare. Ma è sicuro che, trattandosi di tecnologie costose e con
investimenti di lungo termine, c'è da puntare sin da subito su quella giusta, se non
vogliamo addirittura rimpiangere l'abbandono del nucleare.
Da ultimo, ma non per importanza, c'è poi l'eterno problema del costo dell'energia: un
recente studio della Federmanager ( Federazione Dirigenti Aziende industriali ) e
dell'AIEE ( Associazione italiana degli Economisti dellEnergia ) postula profonde
trasformazioni per il settore energetico italiano, perché troppo oneroso per il sistema
economico nazionale. L'incidenza della fattura energetica dal 2000 al 2012 è è infatti
salita dal 2,4% al 4,5% del PIL, con ovvie gravi ripercussioni per la competitività del
sistema-paese,
L'energia è un portante delta società industrializzata e un supporto imprescindibile del
benessere. Ad essa lo Stato destina oggi ben 65 Miliardi di euro per importazione di
combustibili ed elettricità: ogni punto percentuale di risparmio, per più oculata
gestione e più mirate strategie energetiche dì breve e medio termine, libererebbe
notevoli risorse, più che mal destinabili ad altri impieghi.
A questa sentita esigenza dì ri-orientamento della politica energetica nazionale può
contribuire l'AIGE, Associazione italiana per la Gestione dell'Energia, che raccoglie
competenze dj alto profilo tecnico, scientifico, giuridico, industriale e manageriale.
La sua missione è la promozione delle conoscenze nel campo energetico-gestionale, anche
attraverso lorganizzazione di Congressi e seminari di settore e la produzione di
documenti e studi di politica energetica.
L'Associazione è aperta ad ogni forma di collaborazione con gli Organi di governo
nazionali e regionali, per una più efficace politica dell'energia, ma anche in vista -
auspicabilmente - della redazione di un1 Piano Energetico Nazionale, che di fatto in
Italia non esiste. |
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°°
Dalla
ACCADEMIA dei LINCEI, 8 marzo 2013 |

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Di nuovo il Govermatore Visco sulla crisi
finanziaria e, in particolare:
"Sulla necessità di separare la tradizionale attività creditizia da quella
svolta in
campo finanziario, che ha recentemente tratto nuovo vigore a livello europeo".
Anche sue parole dure sulla caduta della "integrità morale delle banche".
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COMMENTO. Forse sarebbe stato opportuno non limitarsi a
lezioni erudite, ma invocare a chiare lettere anche riforme per parte bancaria:
1) Invocare il ripristino (anche in Italia, come sta avvenendo in Inghiltterra)
della legge bancaria del 1936;
2) Dire alla BCE che sarebbe normale fare anticipazioni di cassa allo Stato
Italiano per pagare i fornitori dello Stato, considerato che lo Stato Italiano
ha solo problemi di cassa, se è vero che il Governo MONTI ha
pareggiato il bilancio in conto competenza, grazie alla tassazione fuori limite.
3) Dire alla UE che, se non cambia testa (in ordine ai tempi di restituire
liquidità al sistema), l'Italia potrebbe essere costretta a uscire dall' EURO, a parte
che chiedere a Cipro di tassare i depositi bancari è stato non professionale, perchè
questo genera panico nel pubblico e fa fallire le banche. |
Stralcio dal
TESTO ORIGINALE DELL'INTERVENTO
(per il testo completo: clicca su Lincei )
ECONOMIA E FINANZA DOPO LA CRISI
Proponiamo qui
lo stralcio di un nuovo intervento del Governatore, sulle cause e i rimedi alla crisi
finanziaria, dello 8 marzo 2013.
1.- Introduzione. La
crisi finanziaria ... ha fatto emergere una serie di problemi nel funzionamento,
nella regolamentazione e nella supervisione dei mercati finanziari. La stabilità
finanziaria si è riproposta come obiettivo fondamentale della politica economica; le
banche centrali sono chiamate a svolgere un ruolo cruciale. Le conseguenze per la regolamentazione e la
conduzione dellattività di vigilanza su un sistema finanziario, che sarà
probabilmente molto diverso da quello che abbiamo conosciuto negli ultimi venti anni, sono
considerevoli. È inoltre cresciuto lo scetticismo nei confronti del ruolo della finanza
nel sistema economico, in particolare in relazione alla sua distanza
dalleconomia reale, quasi fosse in conflitto con essa.
Nei dieci anni che hanno preceduto la
crisi le dimensioni del sistema finanziario, il suo ruolo e il suo grado di penetrazione
nelleconomia sono notevolmente cresciuti.
La crisi ha solo rallentato questo processo. Nellarea delleuro le
risorse finanziarie raccolte dal settore privato (misurate dalla somma del credito
bancario, dei titoli emessi sul mercato interno e dalla capitalizzazione di mercato) sono
salite dal 160 per cento del PIL nel 1996 al 240 nel 2007, attestandosi al 230 per cento
nel 2011.
Negli Stati Uniti il rapporto è salito dal 230 per cento del 1996 al 330 del
2007, per poi ridursi al 260 per cento nel 2011.
Nel Regno Unito è passato dal 240 al 330 per cento nel 2007, fermandosi al
320 per cento nel 2011. Il valore nozionale totale degli strumenti derivati negoziati a
livello mondiale in forma standardizzata (exchange-traded) in mercati regolamentati e di
quelli strutturati per particolari esigenze e negoziati al di fuori dei mercati
regolamentati (over the counter, OTC) è salito da circa 94.000 miliardi di dollari alla
fine del 1998 a 486.000 alla fine del 2006, per raggiungere i 700.000 miliardi nel giugno
del 2012.
...
Lo sviluppo della finanza, consentendo una maggiore diversificazione del
rischio e rendendo i servizi finanziari accessibili a un maggior numero di paesi e di
imprese, può essere un importante strumento di sviluppo economico.
Ma cè il rischio che la finanza diventi fine a se stessa,
provocando danni tanto maggiori quanto più stretta è linterconnessione del sistema
e quanto più rilevanti sono le potenziali esternalità negative.
La
corretta conduzione dellattività creditizia e finanziaria certamente richiede
competenza e buona fede da parte degli intermediari, ma richiede altresì adeguati regimi
di regolamentazione e di supervisione.
2.- La
(buona) finanza è una forza positiva. La finanza è stata a lungo considerata come
unattività moralmente dubbia.
....
Sullo sfondo di questa sfiducia strutturale,
latteggiamento del pubblico riguardo alla finanza oscilla a seconda delle condizioni
dei sistemi finanziari e dei mutamenti nellumore politico riguardo
allintervento dello Stato nelleconomia.
Fino agli anni Settanta si dava per scontato che i fallimenti del
mercato richiedessero la presenza e lazione di un regolatore che permettesse di
evitare risultati sub-ottimali.
Con la grande inflazione e il forte aumento della disoccupazione degli
anni Settanta lenfasi si spostò, tuttavia, sui fallimenti dello Stato. I governi,
le banche centrali e gli altri regolatori vennero accusati di non essere riusciti a
evitare tali sviluppi. Ciò finì per provocare un mutamento ideologico, un impulso a
ridurre lentità dellintervento dello Stato nelleconomia.
I fallimenti delleconomia regolamentata, il
ritmo del progresso tecnologico e la rapida espansione del commercio internazionale dopo
la fine della guerra fredda alimentarono un lungo processo di deregolamentazione
finanziaria, interrotto soltanto dalla crisi scoppiata nel 2007.
Questa ha a sua volta innescato una tendenza alla ri-regolamentazione,
o a una migliore regolamentazione, tuttora in atto. Il pendolo ancora oscilla, e certo
continuerà a farlo in futuro.
La crisi finanziaria internazionale, e i costi enormi che ha comportato
per lintera società, hanno eroso ulteriormente e profondamente la fiducia nelle
istituzioni finanziarie.
.....
Lintegrità della condotta degli intermediari finanziari è
stata messa in discussione sotto vari aspetti: lonestà, la capacità di
gestire i rischi finanziari e limpegno a curare gli interessi della propria
clientela.
A catturare lattenzione del pubblico sono stati anzitutto i casi
di frode in cui, mediante schemi cosiddetti di Ponzi o altri simili, molte
persone hanno perso i propri risparmi. Gli animi sono stati esacerbati dalla generosità
delle liquidazioni corrisposte ai dirigenti di istituzioni finanziarie in difficoltà
salvate con il denaro dei contribuenti. Gli episodi di dubbia correttezza non hanno
risparmiato alcuni elementi chiave del sistema finanziario, come i rating creditizi e i
tassi di riferimento interbancari, senza contare i casi di presunto coinvolgimento di
istituzioni finanziarie in attività collegate al riciclaggio di denaro sporco o in altri
illeciti comportamenti. Ciò che più conta, la crisi ha mostrato che gli operatori di
mercato non erano in grado di gestire lintrinseca complessità del sistema che loro
stessi avevano contribuito a elaborare negli ultimi due decenni.
Favorita dai progressi nelle tecnologie dellinformazione e della
comunicazione, la cartolarizzazione delle attività delle banche è notevolmente
cresciuta, e con essa lofferta di strumenti finanziari cosiddetti
strutturati (ABS, CDO, ecc.).
Dal tradizionale modello di intermediazione creditizia si è quindi
passati in particolare negli Stati Uniti, ma anche in altri paesi a un
sistema in cui i prestiti concessi venivano rapidamente trasformati in altri prodotti
finanziari garantiti da quegli stessi prestiti, e quindi ceduti sul mercato: il cosiddetto
modello originate-to-distribute (OTD). Con questi sviluppi, allintrinseca
difficoltà di valutare la qualità dei prestiti si è aggiunta quella di comprendere
appieno leffettivo ruolo dei prodotti finanziari strutturati.
I prodotti della finanza strutturata e il modello di intermediazione OTD
possono facilitare la gestione dei rischi. Lofferta di mutui alle famiglie è
favorita dalla possibilità per le banche di coprirsi contro i rischi di tasso associati
allerogazione di tali prestiti; nelle loro strategie di internazionalizzazione le
imprese ricevono un evidente beneficio dalla possibilità di assicurarsi contro i rischi
di cambio; lofferta di prodotti previdenziali su orizzonti molto lunghi può essere
effettuata a costi tanto più contenuti quanto più si riesce a limitare limpatto di
oscillazioni dei valori mobiliari.
Nel modello OTD il rischio di credito non è concentrato nei bilanci
delle banche, ma è ridistribuito su una moltitudine di investitori.
Rendendo negoziabili
i prestiti bancari, tale modello comprime i relativi premi per lilliquidità e ne
riduce pertanto il costo.
È ormai chiaro, tuttavia, che la finanza strutturata e il modello di
intermediazione OTD, unitamente alla mancanza di trasparenza, hanno favorito una eccessiva
assunzione di rischio e comportamenti di tipo opportunistico. Le operazioni sono spesso
avvenute mediante una rete di intermediari finanziari scarsamente regolamentati e
caratterizzati da livelli di indebitamento e unesposizione al rischio
particolarmente elevati.
Lassenza di trasparenza è stata particolarmente grave nella
valutazione degli strumenti di finanza strutturata (nella quale un ruolo cruciale era
occupato dalle agenzie di rating, senza particolari controlli da parte di regolatori
pubblici o organi di informazione), effettuata mediante modelli statistici e spesso
condotta sulla base di dati incompleti e insufficienti. In molti casi la complessità ha
aperto la strada a comportamenti opportunistici, alimentati da un sistema di incentivi
distorto, soprattutto con riferimento agli schemi di remunerazione dei manager.
Lelevata leva finanziaria e la complessità tipiche di questi
strumenti li ha resi utilizzabili per assumere posizioni speculative ad alto rischio. Il
ricorso ad attività inutilmente complesse e opache ha impedito in molti casi la corretta
valutazione del merito di credito; è servito, in altre occasioni, per mascherare
limpatto negativo di operazioni pregresse.
Lutilizzo improprio di tali strumenti da parte delle banche può
anche essere collegato al venir meno delle fonti di reddito legate alla tradizionale
attività creditizia, con la conseguente assunzione di comportamenti volti a nascondere al
mercato e alle autorità di vigilanza il reale obiettivo delle operazioni in strumenti derivati.
.... |
Nino Luciani, Per una nuova legge per la difesa del risparmio e degli
investimenti, che ripristini la funzione bancaria come orientata alla "utilità
pubblica", o (al più) come impresa orientata ad un "profitto normale".
1.- Premessa. In questo intervento, il Governatore ripete sue
posizioni, già note, sulla importanza di riportare la finanza sulla retta via, e
specificamente su un nuovo modo di impostare la regolamentazione, vale dire farlo in un
quadro europeo e, anzi, meglio se più ampio, e inoltre:
- essere esigente sui vincoli alle banche sulla adeguatezza e composizione dei loro
patrimoni, a tutela dei depositanti;
- e limitare e controllare sistematicamente la loro discrezionalità nel
classificare gli impieghi dei depositi, circa la loro natura di offerta a breve termine o
di medio o lungo termine.
Spiccano anche, nella sua analisi, considerazioni sulla natura
morale delle banche, la cui immoralità massima egli vede nella creazione dei
prodotti derivati, perchè usati per nascondere "perdite" di bilancio.
2.- Sugli aspetti "immorali"
dell'azione bancaria. Per una moralizzazione delle banche, direi che occorre, per
parte italiana, mettere mano al meccanismo bancario che la permette (non basta, ricordare,
eruditamente la regola di
Volcker (2008). Noi, in Italia, eravamo su
questa strada, fin dal 1936, cosa che pare non constare al giovane Governatore.
2.1- La legge bancaria del 1993 (D.
Leg.vo 385/1993, e che soppresse la legge del 1936, su proposta
dalla Banca d'Italia), ha istituito in Italia la "banca
universale".
Analoga legge (il Glass-Steagall Act del 1933) aveva retto negli Stati
Uniti fino al 1999, quando fu sostituita dal Gramm-Leach-Bliley Act. Esso
aveva gli stessi caratteri di base della legge italiana. La Germania aveva, già, la banca
universale.
La riforma stabilì che "l'attività bancaria" ha
"carattere di impresa" ed "è riservata alle banche"
(art.10), e inoltre che la banca universale:
a) può fare operazioni sulla moneta, senza alcuna distinzione tra mercato a
breve termine e mercato a medio-lungo termine;
b) può emettere obbligazioni; e può partecipare al capitale delle imprese,
e viceversa, sia pur entro determinati limiti (fino al 5% di norma, fino al 15% o più
servono speciali autorizzazioni della banca centrale).
Osservazione. Il fatto che la legge del 1993
configuri l'attività bancaria "con carattere di impresa" ( e dunque
finalizzata al profitto, ipotizzando che la concorrenza tra banche sia il meccanismo a cui
affidare la limitazione degli extra-profitti) è stata una scelta irresponsabile,
che ha permesso alle banche di investire a rischio i depositi dei clienti. Lo vediamo
nelle conclamate sofferenze bancarie, denunciate dal Governatore, e che attualmente ha
messo fuori usato la tradizionale funzione bancaria (deposito e giro), e strozzato le
imprese produttive.
Invece l'art. 1 della legge bancaria del 1936, disponeva:
"La raccolta
del risparmio fra il pubblico sotto ogni forma e l'esercizio del credito sono funzioni di
interesse pubblico regolate dalle norme del presente decreto". Torniamo al Decreto
del 1993.
Approfondiamo la irresponsabilità della scelta.
Dal lato offerta, per definizione il mercato di concorrenza
si fonda:
- sulla libertà di entrata e uscita di imprese nel mercato;
- sulla omogeneità del prodotto;
- su un numero relativamente grande di imprese, così che nessuna abbia un
potere di dominanza sul mercato.
Nel campo bancario, non esiste nessuna di queste condizioni. Il
"prodotto monetario" non, infatti, è l'unità di moneta, ma la "operazione
in moneta", ed ogni operazione ha un diverso grado "fondatezza" in termini
di rischio, probabilità, grado di certezza.
Esiste un cartello bancario, che si regge sull'ABI - Associazione
Bancaria Italiana.
Dal lato domanda,
poi, la "domanda di moneta" è rigidissima, perchè
essenziale per le operazioni economiche. E' come il sangue per una persona.
Di conseguenza, non è verosimile che possa esistere un mercato
concorrenziale.
2.2. Dentro i depositi a breve, poi, c'erano ulteriori limiti al
"giro" mediante la imposizione di una "riserva obbligatoria bancaria" (da conservare presso la banca centrale, a un tasso di interesse). Questo istituto, già presene del 1926, fu potenziato (1947) da
Einaudi (governatore della Banca d'It |
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Audizione
della Banca d'Italia in Parlamento, per la IMU |

Enrico Letta
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RIFORMA del SISTEMA DI ESAZIONE FISCALE
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Secondo la B.d'I., in audizione il 13 giugno 2013, un prossimo passo per
l'equità fiscale dovrebbe essere
la revisione del sistema catastale motivando che, sottostimando le
rendite, "favorisce i contribuenti ricchi". |
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Tuttavia, è un curiosità che la B.d'I., pur rilevando che la revisione del catasto
arriverà tra 5 anni, non chieda la sospensione dell'IMU.
C'è, poi, che l'IMU è sempre maggiore del reddito delle seconde case, e dunque è anche
incostituzionale. |
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Intanto (Decreto del fare, 15.6. 2013) il governo aveva soppresso il compenso di Equitalia
sotto forma di "aggio" (percentuale), sostituito con cifre fisse, sia pure
scaglionate in base ai costi, dopo che la Commissione Finanze del Senato aveva rilevato
uno straordinario attivismo di EQUITALIA
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Nino Luciani, L'IMU o, in generale, una imposta ordinaria sul patrimonio, possono
stare, purchè non incostituzionali e tecnicamente corrette. Invece, per le seconde
case, l'imposta è maggiore della rendita.
Premessa. L'IMU è, di norma. maggiore del reddito dell'immobile, in tutti i casi
in cui non ci sono detrazioni di imposta (vedi prima casa).
Nella precedente edizione (si vegga il servizio, subito seguente) ho mostrato
l'erroneità tecnica del metodo di calcolo del valore dell'immobile: nel senso che la
presunta rendita catastale (che la B.d'I. ritiene sotto i valori di mercato) è ampiamente
recuperata dal fisco maggiorando artificialmente i moltiplicatori: meglio dire, rilevando
tassi di interesse (da usare la attualizzazione della rendita) manifestamente scorretti,
perchè inesistenti.
Ma dopo questa audizione sono portato a riprendere l'argomento e a mostrare evidenti
errori della Banca d'Italia, durante l'audizione: vale la presunta certezza che l'IMU
attuale favorisca i contribuenti ricchi, ma anche l'incoerenza di non raccomandare al
legislatore di sospenderla, tanto quanto necessario (5 anni) per correggere il sistema
catastale..
Da un semplice calcolo, risulta che (tolti i casi in cui siano ammesse detrazioni, come
per la prima casa) l'imposta è sempre maggiore dell'imponibile: e sotto questo aspetto
essa è anche incostituzionale. Ma andiamo per gradi.
Secondo l'art. 53 della Costituzione la tassazione deve avvenire in base a capacità
contributiva, di norma espressa dal reddito (in Italia, il "reddito prodotto").
Nel caso del catasto, si è preso il reddito di lungo periodo (meglio dire: la media di
tre redditi annuali, consecutivi). Questo comporta che, all'atto pratico, in un
determinato anno, il reddito effettivo possa essere maggiore del reddito ipotizzato dal
catasto. Per un rimedio, è nella tradizione della scienza delle finanze raccomandare al
legislatore di tenere basse le aliquote, in modo che non accada mai che l'imposta possa
essere maggiore del reddito. In ogni, non fare mai discriminazioni in sede reale, e questo
accade a maggior ragione se vi sono più enti tassatori (questo è rilevato, dalla B.d'I.,
giustamente).
Ma con il governo MONTI (che non è un professore di scienza delle finanze, ma era
comunque assistito dal Minstero delle Finanze) la regola è stata infranta all'ennesima
potenza, ed è diventato normale cle l'imposta IMU superi l'imponibile.
Vediamo subito. Si abbia una rendita di 5.000 all'anno, di un comune fabbricato di
categoria A.
Per passare al calcolo dell'imposta si dovrà fare:
C = 5.000 * 1,05 * 160 = 840.000 (valore del fabbricato)
T = 840.000 * 0,76% = 6.384 (imposta).
In altri termini, con formula generale, si ha:
T = R * 1.05 * 160 * 0,76% = R* 1,2768.
Come si vede l'imposta è sempre il 27,68%, maggiore della rendita.
In altri termini il contribuente viene richiesto di pagare l'imposta con un reddito che
(in termini fiscali) il fabbricato non produce.
Personalmente conosco anche una situazione in cui il fisco attribuisce una
rendita di 813,42, che sono impossibili da percepire, perchè il fabbricato è in
una posizione molto disturbata dai rumori del traffico, ed è quasi sempre sfitto, per cui
l'IMU (di 1038,57) è sopra le righe, non poco). NL |
GIOVEDÌ 13 GIUGNO 2013 16ª Seduta
(pomeridiana)
Presidenza del Presidente Mauro Maria MARINO.
Legislatura 17ª - 6ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 16 del 13/06/2013
PROCEDURE INFORMATIVE,
SISTEMA CATASTALE
Intervenuti per la Banca d'Italia: Dr. Alessandro Buoncompagni, Dr. Sandro
Momigliano, Dr.ssa Paola Ansuini.
Il dr. MOMIGLIANO sottolinea che la scelta effettuata dal legislatore italiano di affidare
ai comuni una forma di imposizione sulla ricchezza immobiliare e quella di includere nella
base imponibile anche le abitazioni principali trovano un particolare sostegno nella
letteratura sul federalismo fiscale. L'attribuzione al Governo locale della tassazione
della proprietà immobiliare limita il grado di progressività realizzabile con tale
imposizione, ma per quanto riguarda la natura del tributo, il legislatore sembra aver
privilegiato il punto di vista che considera gli immobili come una delle diverse forme in
cui le famiglie possono detenere la propria ricchezza.
Passando ad illustrare le osservazioni in materia di IMU, l'oratore fa presente che
nel 2012, il gettito complessivo dell'IMU è stato pari a 23,7 miliardi, di cui 15,6 di
competenza dei comuni e 8,1 affluiti al bilancio dello Stato. Nel 2011 il gettito
dell'ICI, per intero di competenza dei comuni, era stato pari a 9,8 miliardi.
L'introduzione dell'IMU, come è noto, ha comportato il venir meno dell'imposizione
in ambito IRPEF (comprese le relative addizionali regionali e comunali) dei redditi
fondiari per gli immobili non locati, il cui gettito era stimato, nelle valutazioni
ufficiali in 1,6 miliardi.
Secondo le valutazioni del Ministero dell'Economia e delle finanze il gettito
dell'IMU sull'abitazione principale, di competenza per intero dei Comuni, è stato pari a
4 miliardi, a fronte dei 3,3 del corrispondente regime ICI nel 2007. Una valutazione
approssimativa sembrerebbe segnalare che l'incremento di gettito rispetto al 2007 sarebbe
connesso con la crescita del numero degli immobili sottoposti al prelievo.
Il dr. MOMIGLIANO osserva inoltre che nel confronto con l'ICI prelevata
sull'abitazione principale nel 2007, l'IMU presenta alcuni aspetti di maggiore
progressività. Il prelievo IMU sull'abitazione principale è stato nullo fino a
un valore della rendita catastale pari a circa 260 euro (nel caso fino a una rendita di
circa 220 euro); ed è stato inferiore a quello ICI fino alla rendita catastale di 330
euro.
L'IMU sui cespiti diversi dall'abitazione principale ha fornito un gettito
per i comuni pari a 11,6 miliardi; l'aliquota ordinaria media è stata pari a circa il 9,5
per mille (tre millesimi in più rispetto alla corrispondente aliquota nel 2011 e quasi
due millesimi oltre la misura base).
L'oratore passa poi a un confronto internazionale, osservando che l'analisi
del gettito delle imposte sugli immobili mostra come l'introduzione dell'IMU nel 2012
abbia portato il prelievo italiano complessivo sulla proprietà e sugli occupanti su un
livello in linea con quelli registrati nei principali paesi dell'Unione europea.
Nei paesi della UE la tassazione degli immobili riveste un ruolo di rilievo
per i governi locali, in particolare attraverso imposte ricorrenti; queste ultime sono
pre-senti in 26 dei 27 Stati membri e sono prelevate anche sull'abitazione principale. La
reintroduzione dell'imposta su tale cespite ha quindi allineato il sistema fiscale
italiano a quello degli altri Paesi europei.
Passando ad esaminare alcuni aspetti critici dell'attuale
sistema di tassazione immobiliare, l'oratore si sofferma sulle prospettive di
revisione del catasto, osservando che le differenze nel divario fra la
base imponibile basata sulle rendite catastali e gli effettivi valori di mercato degli
immobili possono generare fenomeni di iniquità sia orizzontale sia verticale.
Va inoltre sottolineato che lo scostamento fra valori di mercato e
valori catastali tende a favorire i contribuenti più ricchi.
L'oratore dà quindi analitico conto di tali osservazioni, e specifica che da
esse discende che una spedita revisione del catasto, che riguardi non solo le
tariffe d'estimo ma anche i principi di classamento, avrebbe quindi effetti positivi anche
sul piano distributivo.
Poiché tuttavia il completamento delle diverse fasi del processo di
revisione potrebbe richiedere tempi abbastanza lunghi, recentemente
stimati nell'ordine di un quinquennio, in attesa che le nuove rendite si rendano
disponibili, suggerisce di individuare meccanismi che attenuino le disparità di
trattamento ingiustificate.
L'oratore si sofferma quindi analiticamente sul sistema delle detrazioni,
sottolineando la circostanza che l'IMU continua a differenziare nettamente l'abitazione
principale dalle altre abitazioni, esentando del tutto, per il tramite della
detrazione, le abitazioni fino a un valore di circa 110-170 mila euro e prevedendo sul
valore eccedente un'aliquota pressoché dimezzata rispetto a quella ordinaria.
Va considerato che alcune famiglie, pur essendo proprietarie di una o più
abitazioni hanno un reddito molto basso. Si può pensare, per tener conto di tale
fattore, di differenziare le franchigie in relazione a indicatori di capacità
contributiva della famiglia; ovvero, in alternativa, a tale differenziazione, si
potrebbe consentire ai contribuenti che si trovano in situazioni documentabili di bisogno
di posporre il pagamento dell'imposta, indebitandosi con il Comune per la parte del
tributo che supera una determinata percentuale del loro reddito, eventualmente dando a
garanzia l'immobile.
Per quanto riguarda invece la tassazione immobiliare del mercato delle locazioni,
dopo aver svolto una serie di osservazioni di carattere generale, si sofferma sulla misura
di incentivazione all'affitto della "cedolare secca" sui redditi da locazione.
L'applicazione di tale imposta sostitutiva, ha ridotto il cuneo fiscale sugli affitti, in
tal modo attenuando la convenienza del ricorso al mercato irregolare e ha allineato la
fiscalità del reddito immobiliare a quella dei rendimenti delle attività finanziarie,
garantendo una maggiore neutralità dell'imposizione.
L'oratore fa presente, tuttavia, che l'opzione per la "cedolare
secca" è stata meno diffusa di quanto atteso: il gettito del 2011 e quello di
preconsuntivo del 2012 ammontano a circa un quarto di quanto previsto inizialmente. A suo
parere, in prospettiva, l'intensificarsi del contrasto ai fenomeni di evasione potrebbe
rafforzare la convenienza della "cedolare secca".
Si sofferma poi analiticamente sulle questioni relative alla tassazione dei
trasferimenti di abitazione dei fabbricati strumentali nonché sulla questione dell'IMU
sugli immobili delle imprese, dando conto dell'aggravio imposto a tale comparto,
suggerendone, in caso di risorse disponibili, un'attenuazione.
Conclude la propria esposizione osservando, in termini di
ripartizione dei poteri di prelievo, che il sovrapporsi di più livelli di governo
sulla stessa base imponibile rappresenta un aspetto problematico per l'efficienza del
sistema tributario italiano e che le interferenze fra la politica tributaria
nazionale e la fiscalità locale rendono il prelievo opaco per il contribuente.
Con riferimento all'IMU, la significativa commistione di responsabilità
nell'assetto in vigore per il 2012 è stata in parte attenuata con la legge di stabilità
2013. Osserva quindi che la riforma della tassazione immobiliare può essere l'occasione
per una ulteriore razionalizzazione dei poteri di prelievo, condotta nello spirito della
separazione delle fonti. |
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Enrico Letta
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IMU - Imposta Municipale sugli Immobili:
debolezze tecniche inammissibili |
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Il Comunicato del Consiglio dei Ministri |
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Luciani: Si può fare, in alternativa, una imposta patrimoniale ordinaria, ma
solo se il Ministero delle Finanze cambia pelle.
In particolare: sulla posizione degli immobili aziendali. |
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Silvio Berlusconi
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COMUNICATO DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO
(Roma, 17 maggio): http://www.governo.it/Governo/ConsiglioMinistri/dettaglio.asp?d=71102)
Imu
" Il governo procederà a una riforma complessiva della disciplina
dellimposizione fiscale sul patrimonio immobiliare che innoverà anche la tassazione
sul reddito dimpresa, prevedendo forme di deducibilità dellImu su capannoni o
fabbricati industriali. Nella nuova disciplina sarà ricompreso anche il tributo comunale
sui rifiuti e sui servizi.
Il governo ha stabilito la sospensione del pagamento della prima rata Imu sulla prima
casa, sulle unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà
indivisa adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari,
nonché alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (Iacp)
o dagli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, aventi le stesse
finalità degli Iacp, i terreni e i fabbricati rurali.
Sono escluse dalla sospensione del versamento le abitazioni di tipo signorile, le ville, i
castelli o i palazzi di pregio storico o artistico. "
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Nino
Luciani, Per una imposta ordinaria sul patrimonio con speciali modulazioni sociali, e con
una speciale ottica per le imprese.
In ogni caso, una netta correzione tecnica dell'IMU, atta ad evitare abissi tra capacità
contributiva effettiva e realtà.1. Premessa.
Non voglio fare la storia dell'IMU, ma denunciare le gravi responsabilità ministeriali in
questa imposta, che hanno finito per renderla odiosa, più di quanto possa meritare (di
suo) ogni imposta aggiuntiva del nostro sistema tributario.
Nella scienza delle finanze l'imposta patrimoniale immobiliare si giustifica per il
pagamento delle opere comunali di urbanizzazione per la costruzione degli edifici
abitativi e produttivi. Per questo, il gettito di questa imposta è stato ritenuto doversi
attribuire ai Comuni, in ragione del fatto che il valore delle aree è collegata alla loro
attività.
In un secondo tempo (e da anni) gli oneri di urbanizzazione sono stati messi
a carico dei costruttori, e quindi è venuta meno la ratio di una imposta specifica.
Nel caso dell'IMU, come allargata dal Governo Monti (e approvata dai tre
partiti sostenitori PD+PDL+UDC), è una imposta generale, e quindi la sua ratio va
sottoposta alla ratio delle imposte generali, cosa che non è per l'IMU.
Ma prima di evidenziare i difetti tecnici dell'IMU, va chiarito un aspetto di
metodo, che viene prima del problema della sua modifica tecnica: trattasi del fatto che
attualmente l'IMU va a coprire un buco di bilancio e, dunque, chi propone di abolirla
acquisendo popolarità, deve assumersi la responsabilità di proporre con quale altra
imposta sostituirla o quale servizio pubblico abolire facendo cadere il buco di bilancio
(con riduzione di spesa pubblica). |
Questa indicazione non c'è stata, e
questo giustifica, più sopra nel titolo, la foto furbesca del "santo"
proponente.
2.- Il retto criterio della tassazione. Il retto criterio di qualunque
imposta è che essa, sia diretta sul reddito, sia essa su altro oggetto, possa essere pagata
con il reddito tassato o con il reddito dell'oggetto tassato (vedi IRAP, vedi
imposta sul patrimonio). Infatti in base a Costituzione (art. 53) l'imposta va commisurata
a capacità contributiva, e il reddito è la migliore espressione della capacità
contributiva.
Ma questo non sempre avviene con l'IMU: vedi case sfitte, vedi ruderi, per cui
viene richiesto di pagare con un reddito che non c'è.
In questi casi l'imposta è odiosa e incostituzionale, e i casi più
inaccettabili sono che il contribuente si trovi a dover "svendere" l'immobile,
per pagare l'imposta.
Sulla opportunità di abolire l'imposta, gli aspetti da considerare sono
molteplici, e ne ricorderò alcuni.
a) L'imponibile è calcolato dal fisco in modo errato. La base
imponibile di ogni immobile si ottiene moltiplicando la rendita
catastale o reddito dominicale, rivalutato del 5% se fabbricato e del
25% se terreno, con il moltiplicatore dato dalla categoria
catastale. I moltiplicatori sono:
160 |
per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A e
nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, con esclusione della categoria catastale A/10; |
140 |
per i fabbricati classificati nel gruppo catastale B e
nelle categorie catastali C/3, C/4 e C/5; |
80 |
per i fabbricati classificati nella categoria catastale
A/10 e D/5; |
60 |
per i fabbricati classificati nel gruppo catastale D (con
esclusione della categoria D/5), tale moltiplicatore sarà elevato a 65 a decorrere dal
1º gennaio 2013; |
55 |
per i fabbricati classificati nella categoria catastale
C/1; |
135 |
per i terreni agricoli (per i coltivatori diretti iscritti
alla previdenza agricola il moltiplicatore è ridotto a 110) |
Nota. Presumendo che la rendita sia
calcolata al netto dell'ammortamento, e dunque che essa sia una rendita perpetua (il fisco
vi si avvicina, come metodo, perchè prende la media dei redditi di tre anni consecutivi),
la formula per il calcolo del valore patrimoniale è:

vale dire: il valore " C" di un capitale è dato dalla rendita "R"
moltiplicata per un "moltiplicatore", pari all'inverso del tasso di interesse
"i" (ossia del tasso di rendimento di un determinato capitale sul mercato), in
pratica pari a 100 diviso per il tasso di interesse (terza espressione matematica).
Si vede che C è direttamente proporzionale a "R"; e inversamente
proporzionale a "i": vale dire C aumenta, aumentando "R" ; e
diminuisce aumentando "i".
Le due grandezze, R ed i , sono entrambe determinate dal fisco, mentre questo
dovrebbe accertare solo la rendita, dato il tasso di interesse rilevato sul mercato. C'è
l'aggravante che il fisco comunica ufficialmente il moltiplicatore, ma non il tasso
di interesse usato per calcolarlo, e questo è indegno di uno Stato che merita rispetto e
fiducia
A riguardo della rendita, c'è un generale consenso secondo
cui essa "sarebbe" sottostimata dal fisco, in quanto (determinata a suo tempo
secondo rilevazioni del valore del mq di superficie) essa non è stata più aggiornata in
base al correre della svalutazione monetaria (a parte quel 5% arbitrario, o altro,... di
anno in anno ...). Di conseguenza, ci sarebbe una sottovalutazione per C.
Osservo che il grande pubblico trascura totalmente che il fisco sottostima
tantissimo il tasso di interesse, per cui ribalta il risultato, dovuto alla
sottostima di R. Infatti, usando la formula, troviamo:
- se il moltiplicatore è 160, il fisco ha usato implicitamente il tasso di interesse
0,63%.
- se il moltiplicatore è 140, il fisco ha usato implicitamente il tasso di interesse
0,71%.
- se il moltiplicatore è 80, il fisco ha usato implicitamente il tasso di interesse
1,25%.
- se il moltiplicatore è 60, il fisco ha usato implicitamente il tasso di interesse
1,67%.
- se il moltiplicatore è 55, il fisco usato implicitamente il tasso di interesse 1,82%.
- se il moltiplicatore è 135, il fisco ha usato implicitamente il tasso di interesse
0,74%.
Chiunque può constatare che questi tassi sono inesistenti nel mercato. Ad
es., per le normali abitazioni (che sono in categoria catastale A), il tasso di tasso di
rendimento è molto maggiore (il tasso di interesse di lungo periodo è nell'intorno del
4%-5%, e non è casuale l'indicazione del 5% dell'art. 1284 del cc.). Dunque è evidente
l'abuso del fisco nel sovrastimare il valore, in contrasto con il codice civile (infatti,
esso usa il tasso di interesse dello 0,63%). In più, può giocare sull'aliquota.
Vediamo un caso pratico che conosco: un appartamentino affittato a Bologna:
rendita catastale 279, al tasso di interesse dello 0,63% (ossia al moltiplicatore
160) è calcolato di valore 46.872, dal fisco.
Rifacciamo i conti, partendo dal vero. L'appartamento ha, in realtà, una
rendita di 3.925 (al netto di spese condominiali e nettezza urbana, e di
ammortamento ), e al tasso di interesse del 4% vale 98.125; al tasso del 5% vale
78.500.
Ma il fisco non si spaventa di questo: prima fissa il gettito, e poi (per
fare tornare il suo conto) applica una aliquota doppia di quella spettante (questo sana il
fatto che la rendita catastale sia bassa), e se questo non basta, abbassa il tasso di
interesse (vale dire aumenta il moltiplicatore arbitrariamente).
3.- Abolire l'IMU e sostituirla con una imposta patrimoniale ordinaria, con opportune
modulazioni su abitazioni e fabbricati produttivi ?
a) In generale. Un teorema di Rodolfo Benini,
statistico ed economista italiano, dice: "A reddito doppio, patrimonio triplo",
vale dire al crescere del reddito, il patrimonio aumenta più che in proporzione.
Il patrimonio immobiliare è ben visibile e non evade facilmente. In questo
senso, una imposta ordinaria sul patrimonio con aliquota proporzionale è progressiva
rispetto al reddito (dunque è anche socialmente equa) e non è facile da evadere, perchè
facile da identificare.
In questa congiuntura c'è anche la necessità di creare domanda effettiva
sul mercato, togliendo danaro a chi ha alta propensione al risparmio (i ricchi) e
spenderlo prontamente per mano pubblica, per sbloccare il sistema produttivo.
C'è però anche chi vede nella cancellazione dell'IMU una via per sbloccare
gli investimenti nell'edilizia. Secondo me, non vede giusto, perchè di fabbricati ce ne
sono già troppi. Eventualmente si potrebbero adeguare gli sgravi fiscali (da IVA) sugli
ammodernamenti del patrimonio.
Direi che l'IMU vada corretta tecnicamente: i patrimoni che non danno
reddito, non vanno tassati, e per fare questo va abolito il sistema catastale attuale.
Possiamo anche sgravare la prima casa, ma in modo collegato con il reddito
complessivo (la discriminazione qualitativa non è razionale, e quindi non andrebbero
ammesse anche le varie compartecipazioni e addizionali, differenziate per Comuni).
Applicherei l'aliquota normale per tutte le abitazioni e lo sgravio sulla prima casa, ma
non per i cittadini con reddito complessivo superiore ad una determinata cifra (
100.000 ?).
Essa andrebbe attribuita totalmente ai Comuni.
Un discorso a parte va fatto per i fabbricati, ad uso strumentale
produttivo. Va ricordato che, ai fini IVA, i beni strumentali sono esenti (ed
anche ai fini IRAP). A questo punto, poichè lo Stato li tassa ai fini IMU, viene ad
emergere che lo Stato spende soldi per amministrare sgravi sui fabbricati e poi spende
soldi per recuperare soldi a carico degli stessi fabbricati. Si decida se sgravare o
gravare. Questo modo mi pare abbastanza censurabile dal lato delle economie dei costi
amministrativi.
Personalmente ritengo che, in tempi di disoccupazione, lo Stato non dovrebbe sgravare
da IVA i beni strumentali, per non creare una discriminazione tra prezzo del capitale
(sgravato) e prezzo del lavoro (gravato). Infatti, il costo del lavoro entra nel valore
aggiunto. Ciò stimola l'automazione.
Naturalmente, se l'ammortamento entra nel valore aggiunto fiscale, si dovrebbe
abbassare l'aliquota media, in quanto la base imponibile verrebbe ad aumentare.
Riterrei anche che l'imposta patrimoniale sui detti fabbricati, dovrebbe avere di
mira il reddito d'impresa (costituito dai profitti e dagli interessi sul capitale).
Il motivo è che le imprese sono reticenti nel dichiarare il reddio d'impresa: in questo
senso, andrebbe tassato il fabbricato per arrivare al reddito d'impresa. Grosso modo il
reddito di impresa è il 30-35% del PIL (si vegga ISTAT, Contabilità nazionale, Tomo I,
Anni 1970-97, p. 293).
Riterrei, però, anche che (in sede di tassazione dei redditi) vada sgravato
il reddito d'impresa reinvestito. Questo sgravio fa bene a tutti perchè incentiva
gli investimenti e incentiva l'impresa a non nascondere il reddito d'impresa. In questo
modo l'aliquota dell'imposta patrimoniale può essere calcolata in modo più mirato.
Io, poi, ho studiato gli effetti dell'imposta sul patrimonio sulla assunzione
del rischio, trovando soluzioni diversificate tra investimenti a relativo alto rischio o a
relativo basso rischio, e in confronto all'imposta sul reddito con o senza
detrazione delle perdite. Si vegga:
http://amsacta.unibo.it/3417/1/scritti_scelti_luciani.pdf, p. 181e ss. . |
|
Dalla
ACCADEMIA dei LINCEI, 8 marzo 2013 |

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Di nuovo il Govermatore Visco sulla crisi
finanziaria e, in particolare:
"Sulla necessità di separare la tradizionale attività creditizia da quella
svolta in
campo finanziario, che ha recentemente tratto nuovo vigore a livello europeo".
Anche sue parole dure sulla caduta della "integrità morale delle banche".
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COMMENTO. Forse sarebbe stato opportuno non limitarsi a
lezioni erudite, ma invocare a chiare lettere anche riforme per parte bancaria:
1) Invocare il ripristino (anche in Italia, come sta avvenendo in Inghiltterra)
della legge bancaria del 1936;
2) Dire alla BCE che sarebbe normale fare anticipazioni di cassa allo Stato
Italiano per pagare i fornitori dello Stato, considerato che lo Stato Italiano
ha solo problemi di cassa, se è vero che il Governo MONTI ha
pareggiato il bilancio in conto competenza, grazie alla tassazione fuori limite.
3) Dire alla UE che, se non cambia testa (in ordine ai tempi di restituire
liquidità al sistema), l'Italia potrebbe essere costretta a uscire dall' EURO, a parte
che chiedere a Cipro di tassare i depositi bancari è stato non professionale, perchè
questo genera panico nel pubblico e fa fallire le banche. |
Stralcio dal
TESTO ORIGINALE DELL'INTERVENTO
(per il testo completo: clicca su Lincei )
ECONOMIA E FINANZA DOPO LA CRISI
Proponiamo qui
lo stralcio di un nuovo intervento del Governatore, sulle cause e i rimedi alla crisi
finanziaria, dello 8 marzo 2013.
1.- Introduzione. La
crisi finanziaria ... ha fatto emergere una serie di problemi nel funzionamento,
nella regolamentazione e nella supervisione dei mercati finanziari. La stabilità
finanziaria si è riproposta come obiettivo fondamentale della politica economica; le
banche centrali sono chiamate a svolgere un ruolo cruciale. Le conseguenze per la regolamentazione e la
conduzione dellattività di vigilanza su un sistema finanziario, che sarà
probabilmente molto diverso da quello che abbiamo conosciuto negli ultimi venti anni, sono
considerevoli. È inoltre cresciuto lo scetticismo nei confronti del ruolo della finanza
nel sistema economico, in particolare in relazione alla sua distanza
dalleconomia reale, quasi fosse in conflitto con essa.
Nei dieci anni che hanno preceduto la
crisi le dimensioni del sistema finanziario, il suo ruolo e il suo grado di penetrazione
nelleconomia sono notevolmente cresciuti.
La crisi ha solo rallentato questo processo. Nellarea delleuro le
risorse finanziarie raccolte dal settore privato (misurate dalla somma del credito
bancario, dei titoli emessi sul mercato interno e dalla capitalizzazione di mercato) sono
salite dal 160 per cento del PIL nel 1996 al 240 nel 2007, attestandosi al 230 per cento
nel 2011.
Negli Stati Uniti il rapporto è salito dal 230 per cento del 1996 al 330 del
2007, per poi ridursi al 260 per cento nel 2011.
Nel Regno Unito è passato dal 240 al 330 per cento nel 2007, fermandosi al
320 per cento nel 2011. Il valore nozionale totale degli strumenti derivati negoziati a
livello mondiale in forma standardizzata (exchange-traded) in mercati regolamentati e di
quelli strutturati per particolari esigenze e negoziati al di fuori dei mercati
regolamentati (over the counter, OTC) è salito da circa 94.000 miliardi di dollari alla
fine del 1998 a 486.000 alla fine del 2006, per raggiungere i 700.000 miliardi nel giugno
del 2012.
...
Lo sviluppo della finanza, consentendo una maggiore diversificazione del
rischio e rendendo i servizi finanziari accessibili a un maggior numero di paesi e di
imprese, può essere un importante strumento di sviluppo economico.
Ma cè il rischio che la finanza diventi fine a se stessa,
provocando danni tanto maggiori quanto più stretta è linterconnessione del sistema
e quanto più rilevanti sono le potenziali esternalità negative.
La
corretta conduzione dellattività creditizia e finanziaria certamente richiede
competenza e buona fede da parte degli intermediari, ma richiede altresì adeguati regimi
di regolamentazione e di supervisione.
2.- La
(buona) finanza è una forza positiva. La finanza è stata a lungo considerata come
unattività moralmente dubbia.
....
Sullo sfondo di questa sfiducia strutturale,
latteggiamento del pubblico riguardo alla finanza oscilla a seconda delle condizioni
dei sistemi finanziari e dei mutamenti nellumore politico riguardo
allintervento dello Stato nelleconomia.
Fino agli anni Settanta si dava per scontato che i fallimenti del
mercato richiedessero la presenza e lazione di un regolatore che permettesse di
evitare risultati sub-ottimali.
Con la grande inflazione e il forte aumento della disoccupazione degli
anni Settanta lenfasi si spostò, tuttavia, sui fallimenti dello Stato. I governi,
le banche centrali e gli altri regolatori vennero accusati di non essere riusciti a
evitare tali sviluppi. Ciò finì per provocare un mutamento ideologico, un impulso a
ridurre lentità dellintervento dello Stato nelleconomia.
I fallimenti delleconomia regolamentata, il
ritmo del progresso tecnologico e la rapida espansione del commercio internazionale dopo
la fine della guerra fredda alimentarono un lungo processo di deregolamentazione
finanziaria, interrotto soltanto dalla crisi scoppiata nel 2007.
Questa ha a sua volta innescato una tendenza alla ri-regolamentazione,
o a una migliore regolamentazione, tuttora in atto. Il pendolo ancora oscilla, e certo
continuerà a farlo in futuro.
La crisi finanziaria internazionale, e i costi enormi che ha comportato
per lintera società, hanno eroso ulteriormente e profondamente la fiducia nelle
istituzioni finanziarie.
.....
Lintegrità della condotta degli intermediari finanziari è
stata messa in discussione sotto vari aspetti: lonestà, la capacità di
gestire i rischi finanziari e limpegno a curare gli interessi della propria
clientela.
A catturare lattenzione del pubblico sono stati anzitutto i casi
di frode in cui, mediante schemi cosiddetti di Ponzi o altri simili, molte
persone hanno perso i propri risparmi. Gli animi sono stati esacerbati dalla generosità
delle liquidazioni corrisposte ai dirigenti di istituzioni finanziarie in difficoltà
salvate con il denaro dei contribuenti. Gli episodi di dubbia correttezza non hanno
risparmiato alcuni elementi chiave del sistema finanziario, come i rating creditizi e i
tassi di riferimento interbancari, senza contare i casi di presunto coinvolgimento di
istituzioni finanziarie in attività collegate al riciclaggio di denaro sporco o in altri
illeciti comportamenti. Ciò che più conta, la crisi ha mostrato che gli operatori di
mercato non erano in grado di gestire lintrinseca complessità del sistema che loro
stessi avevano contribuito a elaborare negli ultimi due decenni.
Favorita dai progressi nelle tecnologie dellinformazione e della
comunicazione, la cartolarizzazione delle attività delle banche è notevolmente
cresciuta, e con essa lofferta di strumenti finanziari cosiddetti
strutturati (ABS, CDO, ecc.).
Dal tradizionale modello di intermediazione creditizia si è quindi
passati in particolare negli Stati Uniti, ma anche in altri paesi a un
sistema in cui i prestiti concessi venivano rapidamente trasformati in altri prodotti
finanziari garantiti da quegli stessi prestiti, e quindi ceduti sul mercato: il cosiddetto
modello originate-to-distribute (OTD). Con questi sviluppi, allintrinseca
difficoltà di valutare la qualità dei prestiti si è aggiunta quella di comprendere
appieno leffettivo ruolo dei prodotti finanziari strutturati.
I prodotti della finanza strutturata e il modello di intermediazione OTD
possono facilitare la gestione dei rischi. Lofferta di mutui alle famiglie è
favorita dalla possibilità per le banche di coprirsi contro i rischi di tasso associati
allerogazione di tali prestiti; nelle loro strategie di internazionalizzazione le
imprese ricevono un evidente beneficio dalla possibilità di assicurarsi contro i rischi
di cambio; lofferta di prodotti previdenziali su orizzonti molto lunghi può essere
effettuata a costi tanto più contenuti quanto più si riesce a limitare limpatto di
oscillazioni dei valori mobiliari.
Nel modello OTD il rischio di credito non è concentrato nei bilanci
delle banche, ma è ridistribuito su una moltitudine di investitori.
Rendendo negoziabili
i prestiti bancari, tale modello comprime i relativi premi per lilliquidità e ne
riduce pertanto il costo.
È ormai chiaro, tuttavia, che la finanza strutturata e il modello di
intermediazione OTD, unitamente alla mancanza di trasparenza, hanno favorito una eccessiva
assunzione di rischio e comportamenti di tipo opportunistico. Le operazioni sono spesso
avvenute mediante una rete di intermediari finanziari scarsamente regolamentati e
caratterizzati da livelli di indebitamento e unesposizione al rischio
particolarmente elevati.
Lassenza di trasparenza è stata particolarmente grave nella
valutazione degli strumenti di finanza strutturata (nella quale un ruolo cruciale era
occupato dalle agenzie di rating, senza particolari controlli da parte di regolatori
pubblici o organi di informazione), effettuata mediante modelli statistici e spesso
condotta sulla base di dati incompleti e insufficienti. In molti casi la complessità ha
aperto la strada a comportamenti opportunistici, alimentati da un sistema di incentivi
distorto, soprattutto con riferimento agli schemi di remunerazione dei manager.
Lelevata leva finanziaria e la complessità tipiche di questi
strumenti li ha resi utilizzabili per assumere posizioni speculative ad alto rischio. Il
ricorso ad attività inutilmente complesse e opache ha impedito in molti casi la corretta
valutazione del merito di credito; è servito, in altre occasioni, per mascherare
limpatto negativo di operazioni pregresse.
Lutilizzo improprio di tali strumenti da parte delle banche può
anche essere collegato al venir meno delle fonti di reddito legate alla tradizionale
attività creditizia, con la conseguente assunzione di comportamenti volti a nascondere al
mercato e alle autorità di vigilanza il reale obiettivo delle operazioni in strumenti derivati.
.... |
Nino Luciani, Per una nuova legge per la difesa del risparmio e degli
investimenti, che ripristini la funzione bancaria come orientata alla "utilità
pubblica", o (al più) come impresa orientata ad un "profitto normale".
1.- Premessa. In questo intervento, il Governatore ripete sue
posizioni, già note, sulla importanza di riportare la finanza sulla retta via, e
specificamente su un nuovo modo di impostare la regolamentazione, vale dire farlo in un
quadro europeo e, anzi, meglio se più ampio, e inoltre:
- essere esigente sui vincoli alle banche sulla adeguatezza e composizione dei loro
patrimoni, a tutela dei depositanti;
- e limitare e controllare sistematicamente la loro discrezionalità nel
classificare gli impieghi dei depositi, circa la loro natura di offerta a breve termine o
di medio o lungo termine.
Spiccano anche, nella sua analisi, considerazioni sulla natura
morale delle banche, la cui immoralità massima egli vede nella creazione dei
prodotti derivati, perchè usati per nascondere "perdite" di bilancio.
2.- Sugli aspetti "immorali"
dell'azione bancaria. Per una moralizzazione delle banche, direi che occorre, per
parte italiana, mettere mano al meccanismo bancario che la permette (non basta, ricordare,
eruditamente la regola di
Volcker (2008). Noi, in Italia, eravamo su
questa strada, fin dal 1936, cosa che pare non constare al giovane Governatore.
2.1- La legge bancaria del 1993 (D.
Leg.vo 385/1993, e che soppresse la legge del 1936, su proposta
dalla Banca d'Italia), ha istituito in Italia la "banca
universale".
Analoga legge (il Glass-Steagall Act del 1933) aveva retto negli Stati
Uniti fino al 1999, quando fu sostituita dal Gramm-Leach-Bliley Act. Esso
aveva gli stessi caratteri di base della legge italiana. La Germania aveva, già, la banca
universale.
La riforma stabilì che "l'attività bancaria" ha
"carattere di impresa" ed "è riservata alle banche"
(art.10), e inoltre che la banca universale:
a) può fare operazioni sulla moneta, senza alcuna distinzione tra mercato a
breve termine e mercato a medio-lungo termine;
b) può emettere obbligazioni; e può partecipare al capitale delle imprese,
e viceversa, sia pur entro determinati limiti (fino al 5% di norma, fino al 15% o più
servono speciali autorizzazioni della banca centrale).
Osservazione. Il fatto che la legge del 1993
configuri l'attività bancaria "con carattere di impresa" ( e dunque
finalizzata al profitto, ipotizzando che la concorrenza tra banche sia il meccanismo a cui
affidare la limitazione degli extra-profitti) è stata una scelta irresponsabile,
che ha permesso alle banche di investire a rischio i depositi dei clienti. Lo vediamo
nelle conclamate sofferenze bancarie, denunciate dal Governatore, e che attualmente ha
messo fuori usato la tradizionale funzione bancaria (deposito e giro), e strozzato le
imprese produttive.
Invece l'art. 1 della legge bancaria del 1936, disponeva:
"La raccolta
del risparmio fra il pubblico sotto ogni forma e l'esercizio del credito sono funzioni di
interesse pubblico regolate dalle norme del presente decreto". Torniamo al Decreto
del 1993.
Approfondiamo la irresponsabilità della scelta.
Dal lato offerta, per definizione il mercato di concorrenza
si fonda:
- sulla libertà di entrata e uscita di imprese nel mercato;
- sulla omogeneità del prodotto;
- su un numero relativamente grande di imprese, così che nessuna abbia un
potere di dominanza sul mercato.
Nel campo bancario, non esiste nessuna di queste condizioni. Il
"prodotto monetario" non, infatti, è l'unità di moneta, ma la "operazione
in moneta", ed ogni operazione ha un diverso grado "fondatezza" in termini
di rischio, probabilità, grado di certezza.
Esiste un cartello bancario, che si regge sull'ABI - Associazione
Bancaria Italiana.
Dal lato domanda,
poi, la "domanda di moneta" è rigidissima, perchè
essenziale per le operazioni economiche. E' come il sangue per una persona.
Di conseguenza, non è verosimile che possa esistere un mercato
concorrenziale.
2.2. Dentro i depositi a breve, poi, c'erano ulteriori limiti al
"giro" mediante la imposizione di una "riserva obbligatoria bancaria" (da conservare presso la banca centrale, a un tasso di interesse). Questo istituto, già presene del 1926, fu potenziato (1947) da
Einaudi (governatore della Banca d'Italia).
I motivi erano due:
- il primo era che le banche dovevano sempre essere in
condizioni di restituire assolutamente ai depositanti i loro soldi, in qualunque momento;
- il secondo è che attraverso il "giro", le banche creano
moneta bancaria" che va ad aggiungersi alla moneta legale (banconote). Grosso
modo la moneta bancaria è un multiplo della moneta legale, pari all'inverso della
percentuale di riserva, rispetto ai depositi. Ad es., se la percentuale è il 10%, la
moneta bancaria aggiuntiva è 10 volte il deposito in banconote.
2.3. Con la sopravvenienza della BCE ( e la sostituzione
della lira con l'euro) la riserva obbligatoria è molto diminuita, e di conseguenza è
molto aumentata la discrezionalità delle banche nel creare "moneta bancaria" e
quant'altro ("derivati").
Fino ad una trentina di anni fa, la riserva obbligatoria era intorno
al 25% (e dunque quel "multiplo" era 4), poi via via sempre meno, e questo anche
grazie dall'accettazione crescente degli assegni bancari, da parte del pubblico.
Stando alle attuali regole della BCE, la percentuale
obbligatoria BCE è divenuta il 2%, ma nei fatti il 3-4%, (ma anche il 60% nei casi di
gravi anomalie del debitore). Non ho trovato la percentuale "media",
nè le riserve totali conservate dalle banche presso la B.d'I.
Ho provato a calcolata per rapporto tra il totale degli impieghi bancari e
il totale delle banconote in circolazione . Posto che tutta la moneta legale transiti per
le banche, risulterebbe che la moneta bancaria sia oggi, grosso modo, 14 volte le
banconote, e dunque la riserva obbligatoria "totale" sia nell'intorno del 7,1%
dei depositi.
Approfondendo questo punto che si pesa la "integrità
morale" delle banche, presa di mira dal Governatore VISCO, e il discorso comincia
riflettendo sul concetto di convertibilità della moneta cartacea e dei suoi surrogati.
3.- Sulla convertibilità della moneta legale e dei suoi surrogati.
Storicamente, la soppressione della convertibilità
della moneta legale (cartacea), in oro (ad un prefissata parità, garantita dalla banca
centrale), è avvenuta perché (con l'esperienza), ci si era resi conto che (per
accettare) il biglietto non era importante che, dietro, ci fosse l'oro, ma che "si
credesse" che ci fosse l'oro.
Più tardi, poi, ci si rese conto anche che l'oro non era necessario
davvero, perchè noi non mangiamo l'oro (come Creso, che ne morì), ma beni
di consumo comprabili con l'oro o con un suo sostituto (la moneta legale).
Alla fine, si è concluso che, per fare accettare, con potere
liberatorio delle obbligazioni, la moneta legale bastava una "convenzione" (la
legge), e stabilire un limite alla sua fabbricazione.
Ulteriormente più tardi la moneta legale sarà, a sua volta,
sostituita dalla moneta bancaria (assegni), e anche qui (sia pur in misura minore) non era
importante che in deposito ci fosse davvero la moneta legale, ma che si credesse
che ci fosse.
Ultimamente siamo arrivati, senza regole, ai
"derivati", che sono l'equivalente dei "surrogati" della moneta legale
in terzo, quarto, quinto grado e oltre, sia pur transitando per l'associazione (al
derivato) di valori reali (azioni, obbligazioni, beni immobili, in qualche modo
liquidabili, ma solo sulla carta). In questo senso, le probabilità di convertire
"derivati" in moneta legale sono divenute via via più remote, mano mano che un
determinato derivato è il derivato di un altro derivato, creato precedentemente e così
di seguito.
Questa creazione di "moneta finta" ad infinitum è
la chiave per capire lo strapotere delle banche sul mondo di oggi, e fonte del
loro arricchimento, giacchè su ogni operazione grava una "commissione"
(diciamo, una tangente), e da cui traggano alimento le retribuzioni smisurate dei
dirigenti bancari e l'accaparramento della ricchezza altrui (si pensi alle numerose sedi
di loro proprietà, nel territorio).
In passato, il potere di appropriarsi di immensi patrimoni era
proprio dei monarchi assoluti, mediante la fabbricazione di carta moneta (o, in
precedenza, riducendo la pezzatura delle monete metalliche). Ma poi questo potere fu
tolto, trasferendolo alle banche centrali, organi tecnici, indipendenti dal potere
politico.
Adesso, con la moltiplicazione dei surrogati della moneta legale,
è cambiato il meccanismo, anzi la ruberia "legalizzata" Cè molto aumentata.
4. Basta con le incertezze della UE e della Banca Centrale Europea.
La crisi finanziaria europea dura ormai da anni, mentre gli Stati Uniti (messi peggio di
noi, all'inizio) ne stanno uscendo bene.
La incapacità della UE e della BCE è sotto gli occhi di tutti. Un
tempo, quando c'era l'oro (come moneta) si doveva sottostare al ciclo, perchè l'oro non
si poteva inventare. Ma per la moneta cartacea le cose sono molto diverse.
Di giorno in giorno ci rendiamo conto che l'UE è diventata
una casacca che ci opprime e lo strumento usato è l'EURO.
Vediamo cose inammissibili. Pur dopo che il Governo italiano ha
tassato fin troppo gli italiani (lo vediamo dai suicidi di imprenditori) per pareggiare
(giustamente) il bilancio, dobbiamo constatare la persistenza dei veti UE alla spesa di
quanto prelevato. Questo è inammissibile, se davvero è stata rispettato il
vincolo del pareggio del bilancio.
Non capiamo perchè la BCE non faccia anticipazioni di cassa allo
Stato italiano, se è vero che il bilancio di competena è in pareggio (quasi).
E' stata per noi una meraviglia anche la tentata tassazione
dei depositi bancari a Cipro. Evidentemente la la UE non sa che, di norma, i
depositi bancari sono largamente maggiori della moneta legale presso le banche (ne sono un
multiplo, si vegga sopra) e dunque il solo annuncio genera la corsa dei risparmiatori alle
banche, per riavere il contante, che non c'è a sufficienza, così da determinare il
crollo del sistema bancario, e di quanto ne consegue a domino, negli altri Paesi. NLUCIANI |
(Continua VISCO) Riassumendo, linnovazione
finanziaria può consentire unallocazione più efficiente del rischio di credito, ma
comporta svariati pericoli, alcuni dei quali sono a essa connaturati, mentre altri sono
collegati più in generale alla crescente interdipendenza tra le componenti del sistema
finanziario.
Il processo di consolidamento finanziario in atto e il modello di
intermediazione bancaria OTD hanno dato luogo a una forte interconnessione fra
intermediari e mercati dei capitali, con importanti conseguenze per la stabilità
finanziaria: una maggiore interconnessione migliora infatti la diversificazione dei rischi
e può rendere i mercati più resistenti a shock, ma in caso di problemi favorisce la
diffusione del contagio.
Ma la percezione negativa delle banche e della finanza non deve portare
a una reazione eccessiva e priva di discernimento.
...
È fondamentale per la condivisione e lallocazione dei rischi,
specie per le società e gli individui meno abbienti, poiché lavversione al rischio
diminuisce allaumentare della ricchezza. È fondamentale per trasferire le risorse
nel tempo e rimuovere i vincoli di liquidità che ostacolano lo svolgimento
dellattività economica e la messa a frutto delle idee, per promuovere lo sviluppo,
specie favorendo linnovazione.
In effetti, la storia offre innumerevoli esempi di buone
innovazioni finanziarie. Si pensi alle lettere di cambio introdotte dai
mercanti italiani nel Medioevo: furono probabilmente la prima fattispecie
di moneta fiduciaria e diedero ampio impulso al commercio. Più di recente, si consideri
lo sviluppo del microcredito dagli anni Settanta del secolo scorso,
uninnovazione che ha aumentato linclusione finanziaria, consentendo ai più
poveri di ottenere credito per far fronte a malattie o altri shock temporanei.
Si ricordi, infine, il ruolo svolto, negli ultimi ventanni, dal
venture capital nella promozione di imprese innovative di successo come Apple,
Intel e Google.
Alcuni paesi stanno investendo sempre più nelleducazione
finanziaria del pubblico. Anche questa è importante; contribuisce alla formazione
di un mercato finanziario più inclusivo e consente ai cittadini di comprendere meglio gli
sforzi compiuti dalle autorità per migliorare la vigilanza e la regolamentazione: li
rende meno inclini a sottoscrivere la tesi semplicistica secondo cui la finanza è
inevitabilmente cattiva.
Ma non illudiamoci: come mostrano chiaramente il caso di Bernard Madoff
e altre vicende, non solo statunitensi, lalfabetizzazione finanziaria non è una
panacea (i clienti di Madoff avevano senzaltro conoscenze finanziarie superiori alla
media). Ai fini della tutela dei consumatori di prodotti e servizi finanziari, la
regolamentazione e unefficace vigilanza sono un presidio complementare e non meno
importante di quelli offerti dalleducazione e dallinclusione finanziarie.
La complessità è stata usata, a volte in modo perverso, come
argomento a favore di una sorta di benevolo distacco benign neglect
da parte dei regolatori.
Le grandi istituzioni finanziarie hanno sostenuto con successo che
linnovazione finanziaria era troppo complessa e opaca perché i regolatori potessero
venirne a capo. Per salvaguardare il sistema finanziario internazionale dal rischio
sistemico, così argomentavano, la soluzione migliore era limpegno diretto da parte
dellindustria finanziaria a migliorare i sistemi interni di gestione e controllo dei
rischi. Questa era in estrema sintesi lopinione esposta nel rapporto del Gruppo dei
Trenta pubblicato dopo lo scoppio della crisi in Asia.
Questa tesi veniva spesso accompagnata da un ragionamento del tipo:
voi, regolatori e autorità di vigilanza, sarete sempre indietro rispetto
allinnovazione finanziaria; è meglio che lasciate a noi, istituzioni globali, il
compito di autoregolarci; siamo grandi, sappiamo badare a noi stessi. In fin dei
conti se qualcuno di noi sbaglia, alcuni guadagneranno ciò che altri hanno perso;
perché non dovreste lasciarci liberi di giocare un gioco a somma zero?
I regolatori non avevano di fatto né la possibilità né i giusti incentivi
per acquisire le informazioni necessarie. In primo luogo, le grandi istituzioni
finanziarie operano a livello mondiale e i regolatori nazionali dispongono di poteri
troppo limitati per poterle controllare. Le difficoltà nel coordinare lazione
regolamentare, per la naturale tendenza di ciascuno a preservare la propria particolare
sfera di influenza, non hanno consentito di essere allaltezza delle sfide poste da
una finanza diventata ormai globale. In secondo luogo, si sono a volte determinati casi di
cattura del regolatore, riflesso di condizionamenti politici ed economici non
sufficientemente contrastati.
Accettare lidea che un benevolo distacco fosse
latteggiamento giusto da tenere è stato tuttavia un errore fatale. La crisi
finanziaria globale ha mostrato i limiti dellidea che lautoregolamentazione e
la disciplina di mercato siano sufficienti ad assicurare la stabilità dei sistemi
finanziari.
...
3.- Alla ricerca di un sistema migliore di
regolamentazione e di vigilanza.
Negli ultimi anni la crisi ha
accresciuto la consapevolezza dei vantaggi di un sistema di regolamentazione più
stringente. A livello internazionale, sotto limpulso politico impartito dal G20, il
Financial Stability Board (FSB) e il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria hanno
introdotto importanti modifiche regolamentari volte a ridurre la frequenza delle crisi
finanziarie e ad aumentare la resistenza dei sistemi economici.
Molto è già stato fatto. Sono state significativamente accresciute la
quantità e la qualità della dotazione patrimoniale delle banche, per assicurare che
queste ultime operino su basi sicure e solide.
Sono stati innalzati i requisiti patrimoniali minimi. Con il
miglioramento della qualità del capitale si persegue il fine di mettere le banche
maggiormente in grado di assorbire perdite sia in condizioni di continuità
dimpresa, sia in caso di crisi.
La copertura dei rischi è stata ampliata, in particolare per le
attività di negoziazione, per le cartolarizzazioni e per le esposizioni collegate a
veicoli speciali fuori bilancio o strumenti derivati. A integrazione dei requisiti
patrimoniali commisurati al rischio, verrà introdotto un indice massimo di leva
finanziaria armonizzato sul piano internazionale al fine di evitare un eccessivo ricorso
allindebitamento nel sistema.
Il Comitato di Basilea ha inoltre promosso ladozione di
standard internazionali per la liquidità e la provvista delle banche, volti a promuovere
la loro resistenza a shock di liquidità.
I Governatori delle banche centrali e i responsabili delle Autorità di
vigilanza hanno raggiunto di recente un accordo fondamentale per ladozione di un
valore minimo obbligatorio per il rapporto fra le attività liquide di elevata qualità di
una banca e i suoi deflussi di cassa netti attesi sullorizzonte di un mese in
condizioni di stress (Liquidity Coverage Ratio LCR).
Il valore minimo dellLCR aumenterà gradualmente nei
prossimi anni, così da evitare di pregiudicare la capacità del sistema bancario
internazionale di finanziare la ripresa. Su richiesta del G20, lFSB ha promosso
iniziative volte a rafforzare la regolamentazione del mercato dei derivati
OTC. Lobiettivo è rafforzare le infrastrutture di mercato e minimizzare gli effetti
di contagio e spill-over tra operatori sempre più interdipendenti.
Tali iniziative accrescono la trasparenza del mercato mediante la
standardizzazione delle forme contrattuali, lobbligo di negoziazione su mercati
regolamentati, limpiego di controparti centrali per il regolamento degli scambi, la
segnalazione delle condizioni di negoziazione ad apposite piattaforme informative.
Ulteriori progressi sono però necessari. La regolamentazione del
patrimonio e della liquidità deve accompagnarsi con un miglioramento dei dispositivi
interni di controllo dei rischi e con azioni volte a correggere gli incentivi a
uneccessiva assunzione di rischio.
I membri dei consigli di amministrazione e gli alti dirigenti devono
avere una profonda comprensione della struttura operativa dinsieme e dei rischi
della banca. Le autorità di vigilanza devono poter periodicamente esaminare le politiche
e le prassi di governo societario adottate dagli intermediari. Anche le politiche
di remunerazione vanno riviste, al fine di allineare meglio i compensi ai risultati
reddituali di lungo periodo corretti per il rischio e di evitare gestioni miopi o
inutilmente rischiose. In particolare, la parte variabile dei compensi destinati
alle figure aziendali che influenzano il processo di assunzione dei rischi va corrisposta
sulla base di misure che valutino adeguatamente la performance corretta per il rischio, a
livello sia individuale, sia di unità operativa, sia di impresa; i premi devono essere
legati al conseguimento di risultati stabili, non semplicemente frutto di operazioni
straordinarie; anche le buonuscite dei manager devono basarsi in maniera
chiara ed efficace sui risultati conseguiti, nonché su una più generale valutazione del
loro operato; il compenso deve essere differito per un periodo di tempo sufficiente a
verificare leffettiva buona qualità della gestione.
Il dibattito avviato dalla cosiddetta regola
Volcker sullassetto organizzativo delle banche e sulla necessità di separare
la tradizionale attività creditizia da quella svolta in campo finanziario ha recentemente
tratto nuovo vigore a livello europeo dai rapporti della Commissione Vickers nel Regno
Unito e del Gruppo Liikanen per la Commissione europea.
Sia la regola Volcker, sia i citati rapporti sottolineano la necessità di
ridiscutere i profili dimensionali e di complessità del settore finanziario;
lesperienza della crisi ci dice che non dobbiamo temere di riesaminare in maniera
approfondita meriti e costi di entrambi.
I rapporti delineano possibili linee di intervento. Tutelare i depositi al dettaglio e il denaro dei contribuenti dai
rischi impliciti nelle attività di negoziazione (speculazione, come si diceva
una volta), motivazione alla base di queste proposte, è di cruciale importanza.
Lesperienza della crisi mostra che, sebbene nessun modello di
intermediazione si sia rivelato nettamente migliore o peggiore degli altri, lassetto
organizzativo delle banche incide sulla propensione dei manager a intraprendere attività
eccessivamente rischiose.
Dobbiamo riconoscere che sia lattività creditizia al dettaglio
sia quella di investment banking, anche se sono separate da un punto di vista
organizzativo o istituzionale, vanno adeguatamente regolamentate, evitando di
dare una definizione troppo ampia alle operazioni di investimento volte a sostenere la
liquidità dei mercati (market making).
A
ogni modo, nel mondo globalizzato di oggi è fondamentale garantire che i paesi cooperino
e raggiungano un accordo sullappropriato grado di rigore della regolamentazione
finanziaria. I paesi non dovrebbero competere allentando le regole al fine di attrarre
intermediari finanziari, poiché così facendo generano esternalità negative per gli
altri. Si tratta di una questione assai delicata; non sarà forse mai possibile conseguire
condizioni di perfetta parità concorrenziale, ma dobbiamo essere consapevoli delle
conseguenze di un approccio beggar-thy-neighbour alla regolamentazione.
La transizione verso un sistema uniforme di regole e di supervisione
sul sistema finanziario va accelerata.
Nellarea delleuro, e più in generale nellUnione
europea, il progetto di ununione bancaria è ambizioso, ma va nella giusta
direzione. Sono stati compiuti alcuni progressi nella convergenza verso una serie
di principi contabili condivisi; tuttavia, molto resta da fare.
LInternational Accounting Standards Board e il Financial Accounting
Standards Board statunitense prevedono di compiere passi avanti sulle due questioni
fondamentali ancora aperte, delle riduzioni durevoli di valore dei prestiti, su cui
dovrebbero pronunciarsi entro fine anno, e dei contratti di assicurazione, in merito ai
quali indiranno questanno una consultazione pubblica. In particolare, la necessità
di convergere su un nuovo sistema di accantonamento a riserva (provisioning) basato sulle
perdite attese riveste rilevanza immediata per gli utenti finali e nellottica della
stabilità finanziaria.
Un elemento essenziale per garantire la stabilità sistemica è
il metodo di misurazione delle attività ponderate per il rischio (risk-weighted assets,
RWA), che costituiscono il denominatore dei coefficienti di adeguatezza patrimoniale.
Di recente le misure delle RWA sono state oggetto di crescente attenzione da parte degli
analisti di mercato, delle banche e delle autorità di vigilanza. È stato affermato
credo a ragione che le metodologie di calcolo adottate dai vari istituti,
soprattutto in giurisdizioni diverse, potrebbero non essere comparabili e che esse
dovrebbero meglio riflettere il rischio per evitare in ultima istanza di pregiudicare la
stabilità finanziaria.
Questi problemi sottolineano limportanza delle prassi di
vigilanza ai fini della determinazione dei requisiti patrimoniali delle banche (ad
esempio, la convalida dei modelli interni delle banche per il calcolo delle ponderazioni
di rischio).
Una rigorosa vigilanza microprudenziale è essenziale. Dobbiamo davvero
elaborare un insieme di regole comuni, procedere con determinazione verso la condivisione
delle responsabilità e usare il più possibile il sistema della peer review nella nostra
attività di vigilanza. Le riforme, molto complesse, volte a rafforzare la
regolamentazione del mercato dei derivati stanno prendendo più tempo di
quanto originariamente previsto. Occorre accelerare il passo, superando le difficoltà
dattuazione, nonché le resistenze del settore.
Le autorità devono impegnarsi al massimo per rimuovere le incertezze
che si presentano quando unoperazione ha dimensione transfrontaliera, condizione
ricorrente in un mercato globale, per prevenire arbitraggi regolamentari, nello spirito
degli obiettivi del G20. Sono in corso approfondimenti su altri rilevanti aspetti a
livello internazionale (requisiti patrimoniali a fronte delle esposizioni verso
controparti centrali, margini obbligatori per le operazioni non compensate attraverso
controparti centrali, orientamenti sulla risoluzione delle crisi delle controparti
centrali e accesso delle autorità ai dati dei trade repositories, i sistemi centrali per
la registrazione elettronica delle singole transazioni) e a livello regionale e
nazionale.
Alla fine della prossima settimana entrerà in vigore in Europa un insieme
completo di regole per lattuazione del regolamento EMIR (European Market
Infrastructure Regulation) che va a completare il quadro normativo di riferimento europeo
per il cosiddetto obbligo di compensazione previsto nella Dichiarazione del
G20 del settembre 2009.
In unottica globale, comunque, limpegno regolamentare deve
essere condiviso dal più ampio insieme possibile di giurisdizioni, come ribadito nel
recente incontro del G20 a Mosca.
Ci si attende un impegno significativo anche dagli intermediari.
Lultimo rapporto dellFSB sullattuazione della riforma del mercato dei derivati
OTC stima che alla fine di agosto 2012 circa il 10 per cento dei credit default
swaps in essere e circa il 40 per cento dei prodotti derivati sui tassi
di interesse siano stati regolati mediante sistemi di compensazione gestiti da controparti
centrali.
Queste percentuali dovrebbero crescere rapidamente, lasciando al di
fuori dei mercati regolamentati i soli
derivati volti a soddisfare esigenze di copertura specifiche di una controparte,
che non possono essere soddisfatte da contratti standardizzati e regolati su
infrastrutture di mercato.
Occorrerà altresì evitare che, a fronte di una regolamentazione e di
una vigilanza più stringenti per le banche, le attività e i rischi assimilabili a quelli
bancari migrino verso istituti non regolamentati o scarsamente regolamentati (il
cosiddetto sistema bancario ombra).
Non va dimenticato che la crisi finanziaria ha avuto origine nel mercato
statunitense delle cartolarizzazioni, in larga parte popolato da operatori non o
scarsamente regolamentati.
Se è necessario affrontare i rischi per la stabilità finanziaria che
emergono dallesterno del sistema bancario tradizionale, lapproccio deve essere
di tipo proporzionale, concentrato sulle attività che hanno rilevanza a livello di
sistema, partendo da quelle che sono state fonte di rischio durante la crisi.
LFSB sta attualmente perfezionando linsieme di
raccomandazioni pubblicate lo scorso novembre. Le nuove raccomandazioni si riferiscono,
comunque, ai rischi specificamente emersi durante la crisi: la straordinaria capacità di
innovazione del settore bancario ombra è ben nota. Benché di recente siano state
approvate le nuove norme in materia di istituzioni finanziarie di rilevanza sistemica, la
questione degli istituti troppo grandi per fallire desta ancora grande
preoccupazione, e merita di essere seguita attentamente. Si stanno compiendo progressi
nellelaborazione e nella sperimentazione di una metodologia per
lindividuazione delle compagnie di assicurazione di rilevanza sistemica globale
(G-SII) e nella definizione di opportune linee guida per la supervisione. È inoltre in
corso di elaborazione una metodologia per lindividuazione di tutte le istituzioni
finanziarie non bancarie di rilevanza sistemica globale.
Per quelle bancarie (G-SIFI), lattuazione dello schema concordato
di recente è ancora lungi dallessere completata; bisogna muovere rapidamente in
questa direzione. Occorre tenere conto delle esternalità negative associate al
comportamento delle banche (specie per le grandi società finanziarie interconnesse).
Si è formato un ampio consenso sullidea che le politiche
macroprudenziali volte a preservare la stabilità finanziaria debbano limitare
il rischio sistemico affrontando sia la dimensione trasversale del sistema finanziario,
allo scopo di rafforzare la sua resistenza agli shock, reali o finanziari, sia la sua
dimensione temporale, al fine di contenere laccumulo di rischi nellarco del
ciclo economico o finanziario. Inoltre, considerata la natura complementare della
stabilità macroeconomica e di quella finanziaria, nonché degli strumenti atti al loro
perseguimento, lo scambio di informazioni e il coordinamento fra le autorità
macroprudenziali e monetarie sono di cruciale importanza per contrastare
contemporaneamente i rischi per la stabilità dei prezzi e i rischi sistemici per la
stabilità finanziaria.
Mi sembra di poter dire, però, che la piena comprensione di come si
possa perseguire tale obiettivo con efficacia non è ancora stata raggiunta6. Infine,
anche una volta ultimata lopera di profonda riforma della regolamentazione, sarebbe
sciocco pensare che sia sempre possibile evitare le insolvenze. Queste possono sempre
essere causate da comportamenti imprudenti o da operazioni fraudolente. Occorre prepararsi
a questa evenienza, poiché i costi del sostegno pubblico possono essere molto elevati.
Sulla base di recenti evidenze raccolte dalla Commissione europea, gli interventi di
ricapitalizzazione pubblica in essere a giugno 2012 ammontavano allo 0,1 per cento del PIL
in Francia, all1,8 in Germania, al 2,0 in Spagna, al 4,2 nel Regno Unito, al 4,3 in
Belgio, al 5,3 in Olanda e a oltre il 40 per cento in Irlanda.
Per la Spagna e lIrlanda si tratta delle cifre più alte dal
2008, negli altri paesi i dati sono inferiori ai picchi raggiunti nel 2009.
Per le banche spagnole a luglio è stato autorizzato un programma di
ricapitalizzazione con lutilizzo di fondi europei per un importo pari a 100 miliardi
di euro, 41 dei quali (3,9 per cento del PIL) sono già stati versati. In Italia, anche
includendo il sostegno fornito il mese scorso alla Banca Monte dei Paschi di Siena, le
ricapitalizzazioni pubbliche ammontano allo 0,3 per cento del PIL. Questi dati indicano
che i lavori attualmente in corso sui regimi di risoluzione delle crisi bancarie sono
molto importanti e un rapido progresso è ineludibile. Ciò riveste particolare rilevanza
in Europa, dove presto vedrà la luce il nuovo meccanismo unico di supervisione bancaria. |
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UNIVERSITA' DI FIRENZE: LECTIO MAGISTRALIS DEL GOVERNATORE
B.d'I. VISCO |
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Ignazio
Visco, Ruolo, responsabilità, azioni
della Banca Centrale nella lunga crisi 18-01-2013 *
(Lectio girata per intero, nelle università)
* Lectio magistralis , Università di Firenze - Facoltà di
Economia, Giurisprudenza e Scienze Politiche |
NOTA. In questa importante Lectio, il Governatore ripercorre la "lunga
crisi" attuale, ne illustra le cause in relazione ai cambiamenti nell'economia
globale, si sofferma sulla politica monetarie durante la crisi, e conclude indicando (a
suo dire) i nuovi obiettivi e strategie per la politica monetaria.
In questo servizio, centriamo l'attenzione sulle sue idee per il
futuro.
Nel complesso, la lectio è "veritiera", ma non puntuale, e
questo è un vecchio vezzo della Banca d'Italia ("Si
Voi l'ammirazione dell'amichi, Nun Faje capì Mai Quello Che Dichi", Trilussa). Ad
es., perchè una banca (MPS-Monte dei Paschi di Siena), quasi collassata, va salvata con
MONTI BONDS (sul Tesoro), e non con prestiti della BCE ? La Banca d'Italia darà l'OK
all'ultimo miglio di detti BONDS, pur se il MPS le ha occultato dei documenti ? Posto che
una banca non vada lasciata fallire, per riguardo ai risparmiatori depositanti, perchè
salvarla con prestiti pubblici, anzichè nazionalizzarla a prezzo di fallimento e
licenziare tutti gestori e anche mandarli in galera, in caso di frode fraudolenta (vedi
certi derivati) ? NL |
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Stralcio dei paragrafi
4 e 5
(Per l'intero documento, clicca su: http://www.bancaditalia.it/interventi/integov/2013/18012013/Visco_18012013.pdf
)
................
................ 4.
Nuovi obiettivi e strategie per la politica monetaria?
La crisi ha avviato una riflessione sulle strategie di politica monetaria che
in precedenza avevano costituito il cosiddetto "Jackson Hole consensus".
Lidea di poter intervenire solo dopo lo scoppio di una bolla finanziaria, che aveva
ispirato le politiche seguite in risposta alle crisi finanziarie della seconda parte degli
anni novanta e del principio del nuovo secolo, ha mostrato i suoi limiti nella crisi
recente. Strategie caratterizzate da lunghi periodi di condizioni monetarie
accomodanti possono incoraggiare il sistema finanziario ad assumere rischi eccessivi,
gettando le basi per lemergere di nuovi squilibri. Le interconnessioni tra la
stabilità macroeconomica e quella finanziaria si sono rivelate più strette di quanto si
pensasse in precedenza. Anche in un contesto di stabilità macroeconomica possono
svilupparsi squilibri finanziari in grado, se non individuati e arginati tempestivamente,
di svilupparsi e di mettere a repentaglio la crescita economica e la stabilità dei
prezzi.
È emersa la consapevolezza che le economie possono essere
caratterizzate da una molteplicità di equilibri, non necessariamente stabili. I
cambiamenti di regime possono risultare più frequenti, repentini e costosi di quanto si
pensasse in passato. In questo contesto, la banca centrale può utilmente intervenire al
fine di contribuire a orientare le aspettative e i comportamenti degli operatori
privati verso lequilibrio più efficiente. La complementarità tra
stabilità macroeconomica e stabilità finanziaria, e quella tra gli strumenti per
perseguirle, suggerisce che la banca centrale può avere un ruolo nel raggiungimento di
entrambi gli obiettivi..
La politica monetaria influenza variabili quali i prezzi delle
attività finanziarie e lofferta di credito alleconomia il cui
andamento è cruciale per la stabilità sia macroeconomica, sia finanziaria. La
politica "macroprudenziale", incidendo sul comportamento del sistema
finanziario, può a sua volta influenzare il meccanismo di trasmissione della politica
monetaria. Daltronde, la creazione di liquidità da parte della banca centrale non
deve dar luogo allassunzione di rischi eccessivi da parte degli intermediari privati
e a un rilassamento della disciplina di bilancio da parte del settore pubblico. Ne
discende lopportunità di circoscrivere gli obiettivi della banca centrale.
Lassegnazione allautorità monetaria del solo compito di garantire la
stabilità dei prezzi ne è un esempio. Nel definire i confini dellattività
dellautorità monetaria va comunque tenuto presente il rischio che
linstabilità finanziaria possa mettere a repentaglio la stabilità monetaria. È
necessario ampliare e rendere più precise le informazioni utilizzate dalla banca centrale
per valutare i rischi per la stabilità finanziaria e per reagire con misure adeguate,
quali quelle etichettate oggi come "non convenzionali". Lo scambio di
informazioni e il coordinamento tra autorità monetarie e autorità macroprudenziali sono
cruciali per contrastare i rischi per la stabilità dei prezzi e quelli sistemici per la
stabilità finanziaria.
Le misure non convenzionali adottate o annunciate dalla BCE, quali ad
esempio le LTRO (Long Term Refinancing Operation ) e le OMTs (Outright Monetary
Transactions ) sono state essenziali per mantenere la stabilità dei prezzi nel medio
periodo, lobiettivo primario della politica monetaria nellarea delleuro.
Rientrano pienamente nel mandato della BCE. Il successo e la credibilità della sua
politica monetaria sono confermati dal saldo ancoraggio delle aspettative di inflazione
nellarea. Altrettanto complesso è tenere conto delle possibili tensioni tra il
mantenimento della stabilità dei prezzi e il sostegno delloccupazione e della
crescita economica. Sebbene questo trade-off non sia in linea teorica presente
nellequilibrio di lungo periodo di un sistema economico, così non è nella fase di
transizione verso di esso. Inoltre, lequilibrio di lungo periodo può non essere
unico, né stabile. Possono essere interpretati alla luce di queste considerazioni gli
ingenti acquisti di titoli pubblici e di MBS da parte della Riserva Federale (la cui
consistenza nel bilancio, pari a circa 800 miliardi di dollari prima della crisi, è
giunta, allinizio dello scorso gennaio, a circa 2.700) volti a contrastare, mediante
la riduzione dei rendimenti a lungo termine sui titoli pubblici e del costo del credito, i
rischi di isteresi nel mercato del lavoro e le conseguenze che essa potrebbe avere sulla
crescita di lungo periodo.
Analogamente, le recenti modifiche nella comunicazione della Riserva Federale sono volte a
influenzare le aspettative degli agenti sullorientamento futuro della politica
monetaria, con lobiettivo ultimo di favorire il calo della disoccupazione
tollerando, in un contesto di ancoraggio delle attese di inflazione di lungo termine,
deviazioni temporanee delle proiezioni del tasso di inflazione della banca centrale
dallobiettivo di stabilità dei prezzi. La possibilità di sfruttare
leventuale trade-off di breve periodo tra stabilità dei prezzi e sostegno
alloccupazione dipende, tuttavia, dallinformazione a disposizione
dellautorità monetaria. |
NINO
LUCIANI, Breve commento.
In essenziale, Visco, prima dà risalto al lavoro della BCE,
Banca Centrale Europea, per assicurare liquidità al sistema bancario e, in particolare,
per salvare lo Stato italiano dalla bancarotta, preso atto del grave stato di sofferenza
delle banche, e del debito pubblico, pari al 120% del PIL, e poi indica
le terapie.
In particolare egli è impietoso verso gli Stati a lungo imprudenti
(vedi Italia, in particolare il governo precedente), che si sono allonantati, anzichè
avvicinarsi agli obiettivi di Maastricht, per cui il debito pubblico deve essere non più
del 60% del PIL (mentre è al 120% e più). Pertanto, quando è sopravvenuta la crisi
monetaria montale, quel governo ha dovuto soccombere e ritirarsi, pressato dal rischio di
bancarotta dell'Italia
Ma al tempo stesso, nei confronti delle sofferenze bancarie egli è
totalmente asciutto. E questo è un vecchio vezzo della Banca d'Italia
("Si Voi l'ammirazione dell'amichi, Nun Faje capì Mai Quello Che
Dichi", Trilussa). Ad es., una banca è ladrona (MPS-Monte dei Paschi di
Siena) e collassa va salvata con prestiti (in qualche modo pubblici) o va nazionalizzata ?
La Banca di Italia può giusrificarsi, per inadeguato controllo, solo perchè il MPS ha
occultato dei documenti ?
Quanto al futuro, VISCO non va oltre
la richiesta di un ruolo accresciuto della BCE nel controllo e nell'indirizza- mento delle
banche e della osservanza del rispetto di alcuni parametri di patrimonializzazione delle
banche, a garanzia della clientela (vedi Basilea 3).
Questo è abbastanza insopportabile, per alcuni motivi:
a) Il patrimonio di una qualunque azienda (quindi anche delle banche)
vale in base ai profitti che crea. Dunque, in caso di attese negative degli utili, il
patrimonio sparishe, economicamente. In questo senso, il patrimonio (10%
degli impieghi ?) deve essere "liquido" almeno per il 50%
perchè, solo se "liquido", garantisce assolutamente.
Su questo versante, la riflessione si sposta sulla "riserva
obbligatoria" che, stando alle regole della BCE, è poco più che simbolico (lasciamo
stare, poi, il fatto che lovalmente, e da caso a caso possa essere aumentata). Siamo molto
lontani dalle idee di Einaudi, Governatore B.d'I. a quel dì.
Questo aspetto è fondamentale, perchè il parametro della riserva
obbligatoria è la molla per la creazione della "moneta bancaria" (assegni
circolare, assegni bancari ....), che va ad aggiungersi alla "moneta legale", e
che è stato il veicolo dello straordinario arricchimento (diciamo meglio, del furto
sistematico legalizzato delle banche nell'appropriarsi dei beni della società
civile E' quanto facevano un tempo i principi e monarchi assoluti battendo moneta, e da
cui partì la decisione dei Parlamenti di sottrarre, a loro, il potere di battere moneta,
e di trasferirlo alle Banche Centrali);
b) il controllo esterno di tipo generale (quello che Visco, anche
giustamente, vuole fatto dalla BCE nei confronti delle banche - vedi unione monetaria) è
impotente se non effettuato su basi ben definite: in questo caso, sulla distinzione (e
separazione) tra banche commerciali (dedite al deposito e al giro dei depositi a breve), e
istituti finanziari (dediti ai depositi e giro del denaro a medio lungo termine), come gli
Inglesi si avviano a fare;
c) la funzione bancaria va definita come servizio pubblico, non come
orientata al profitto.
Tutto questo, richiede di abolire la legge bancaria del 1993, e il ritorno
(sia pure aggiornato) alla legge del 1936 (abrogata nel 1993). NINO LUCIANI |
Non è comunque possibile sostenere la crescita reale e
loccupazione solo o prevalentemente con interventi di natura monetaria o
finanziaria. Nellinsieme, queste considerazioni spiegano perché quella del
banchiere centrale non è solo (o tanto) una scienza ma anche in buona misura
unarte. Pur senza prescindere dalla necessità di fondarsi su analisi tecniche e
quantitative ampie e approfondite, rilevano intuito, pragmatismo e capacità di
comprendere le determinanti fondamentali delle dinamiche economiche e dei mercati e di
scegliere di volta in volta gli strumenti di intervento più appropriati, con la
consapevolezza che non ci sono analisi e rimedi validi in tutte le stagioni. Per
questa ragione è importante che, pur prevedendo adeguati presidi a garanzia della
correttezza del loro operato, alle banche centrali non vengano "legate le mani".
Lassenza di regole troppo stringenti ha consentito di adottare le misure
necessarie per contrastare la crisi, evitare conseguenze più gravi sullattività
economica e garantire la stabilità dei prezzi. La capacità di adeguare alle circostanze
la dimensione e lo scopo degli interventi di politica monetaria è stata essenziale per
evitare scenari distruttivi e ripristinare la fiducia, il bene essenziale prodotto dalle
banche centrali. Tale flessibilità sarà essenziale anche in futuro per la definizione
delle strategie di uscita dalle misure eccezionali di politica monetaria oggi adottate.
5. Conclusioni.
Luscita dalla crisi nellarea delleuro non potrà derivare
da azioni isolate di singole autorità di politica economica. In particolare, la
politica monetaria non potrà da sola garantire la stabilità finanziaria dellarea
in mancanza di soluzioni, a livello nazionale ed europeo, ai problemi allorigine
della crisi dei debiti sovrani. La fragilità delle finanze pubbliche di alcuni paesi
europei è il risultato di politiche di bilancio a lungo imprudenti, di una colpevole
sottovalutazione delle conseguenze di ampie, protratte perdite di competitività. Nel
2007, a quasi un decennio dallavvio della moneta unica, solo pochi paesi
registravano saldi di bilancio strutturali vicini al pareggio. Sulla base
dei prezzi alla produzione le perdite di competitività registrate tra il 1999 e il 2008
nelle economie più colpite dalla crisi recente vanno dai 7 punti percentuali
dellItalia ai circa 14 dellIrlanda e della Spagna, ai 18 della Grecia, fino ai
22 del Portogallo. Queste perdite sono per la maggior parte il risultato della deludente
performance della produttività nel contesto dei grandi cambiamenti globali sopra
richiamati. Gli accordi raggiunti nel corso dellultimo biennio non hanno introdotto
obiettivi di bilancio più restrittivi di quelli preesistenti; hanno reso cogenti gli
impegni presi in passato.
La nuova governance europea ha accresciuto lautomatismo
sia dei controlli di coerenza tra le politiche e gli obiettivi già presenti nel Patto di
Stabilità e Crescita, sia delle eventuali sanzioni; ha chiesto ai paesi di fare propri
tali obiettivi dandone formale riconoscimento nella legislazione nazionale. Le critiche
secondo cui la cosiddetta regola del debito imporrebbe un orientamento permanentemente
restrittivo alla politica di bilancio sono infondate. La regola, che prescrive una
riduzione media annua del rapporto tra il debito e il prodotto pari a un ventesimo
delleccesso rispetto alla soglia del 60 per cento, è il
riferimento operativo per lapplicazione di una prescrizione già presente nel
Trattato di Maastricht. Essa non impone obiettivi di bilancio più ambiziosi del pareggio
strutturale (ossia al netto degli effetti del ciclo economico e di misure transitorie). Il
soddisfacimento di questultimo vincolo garantisce la sostanziale invarianza del
debito in termini nominali; in tali condizioni, per lItalia, una crescita annua del
PIL nominale lievemente inferiore al 3 per cento sarebbe sufficiente a garantire la
riduzione del rapporto tra debito e prodotto richiesta dalla "nuova" regola.
Poiché tale riduzione viene valutata in media su un triennio, non in ciascun anno, nelle
fasi sfavorevoli del ciclo economico sono possibili disavanzi, da compensare con surplus
nelle fasi favorevoli.
A livello europeo, occorre continuare ad accrescere il coordinamento delle
politiche economiche e strutturali e gli incentivi alle riforme, passare da una gestione
di tipo intergovernativo basata sulla peer review delle politiche nazionali
allelaborazione di vere e proprie politiche comuni. È necessario proseguire con
decisione nel cammino che porta a una piena unione monetaria, bancaria, di
bilancio e, in prospettiva, politica. La BCE ha dimostrato di essere pronta ad
accompagnare questo cammino, continuando a "produrre la fiducia" necessaria. Le
decisioni sin qui prese, in particolare quella relativa alle OMT, hanno contribuito a
dissipare il diffuso pessimismo sullintegrità dellunione monetaria; hanno
rafforzato la capacità della banca centrale di orientare le aspettative e i comportamenti
nei mercati verso un equilibrio coerente con i fondamentali delleconomia
dellarea. Leconomia italiana è ancora in recessione.
Nel quadro macroeconomico presentato nel Bollettino economico della Banca
dItalia pubblicato oggi, il PIL dellItalia sarebbe sceso di poco più del 2
per cento nel 2012. Nellestate del 2011, prima che la crisi dei debiti sovrani si
estendesse al nostro Paese, si prevedeva una crescita di circa un punto. La differenza
riflette gli effetti diretti delle manovre di risanamento dei conti pubblici, quelli
esercitati sul costo e sulla disponibilità del credito per il settore privato dalla crisi
finanziaria (peraltro arginata dalla politica di bilancio e dalle riforme strutturali), il
rallentamento del commercio internazionale, laumento dellincertezza e il
connesso calo della fiducia. Anche questanno sarà un anno difficile. Stimiamo che
il prodotto possa ridursi in media dell1,0 per cento.
La recessione potrebbe avere fine nella seconda parte del 2013. Ma, al
di là della congiuntura sfavorevole, il nostro paese deve saper trovare le motivazioni e
gli incentivi per affrontare con decisione il problema della crescita. Guadagni di
competitività possono essere solo il risultato di un impegnativo ma imprescindibile
disegno organico di riforma. I suoi punti fondanti sono da tempo oggetto di attenzione:
dalle liberalizzazioni nellaccesso ai mercati al loro migliore funzionamento e al
sostegno dellaccumulazione di capitale umano e fisico, dal miglioramento della
qualità dei servizi pubblici alla riduzione degli ostacoli burocratici, dal contrasto
allevasione fiscale e alla corruzione a una maggiore efficienza della giustizia
civile. La crescita della produttività dipende da un progresso netto in tutte queste
componenti. Lequilibrio dei conti pubblici, che non esclude ricomposizioni nelle
principali poste di bilancio, è la precondizione per il successo: lincertezza delle
condizioni sui mercati finanziari legata alle tensioni sui debiti sovrani riduce la
fiducia, disincentiva linvestimento e linnovazione. |
PER LA PROMOZIONE E LA VALORIZZAZIONE
DELLA LINGUA LATINA
ISTITUITO DAL PAPA LA "PONTIFICIA ACCADEMIA DI
LATINITA' |
 |
,
ENOMINATO PRESIDENTE della PONTIFICIA ACCADEMIA
IL RETTORE DELL'ATENEO DI BOLOGNA
Papa: "promuovere e valorizzare la lingua e la cultura
latina,
in particolare presso le istituzioni formative cattoliche".
LUCIANI, Notizia ripresa dalla
stampa più con curiosità, che con convinzione.
Ragioni della latinità in Italia. Domande sulla compatibilità delle due cariche. |
 |
NOTA. In loco, la nomina è inevitabilmente collegata al modo della nomina, alla
compatibilità, alle contingenze :
- nomina totalmente dall'alto, senza un proponente locale, che ne assuma la
responsabilità pubblica: non il suo Dipartimento, per parte scientifica; non il
Vescovado, per parte ecclesiastica;
- la nomina non risulta comunicata all'Ateneo, così da permettere agli Organi di
verificare la compatibilità delle due cariche di Rettore e di Presidente, ma i
dubbi potrebbero essere sanati dall'interessato facendo chiarezza sulle sue intenzioni:
l'attuale mandato di rettore scade nel 2013, in quanto eletto per 4 anni, oppure si
intende validamente prorogato al 2015, come è scritto nello Statuto ?
Tuttavia, l'ipotesi di incompatibilità si sgonfierebbe se la nomina fosse
puramente onorifica. Si vegga, sotto, lo Statuto dell'Accademia.
- contestazioni (che non si placano) per la gestione non democratica
dell'Ateneo. Ultimi gli studenti del "Sindacato degli Universitari",
che lo accusano di commissionare il "lavoro sporco" (nel senso di
impopolare) a dei Colonnelli (Pro Rettori), anzichè farlo personalmente: come
discriminarli (clicca su: studenti ) nelle
decisioni di competenza studentesca, a favore degli studenti dello Student Office di CL,
presunti amici del Cardinale ( vox populi ). |

Ivano Dionigi e Carlo Caffarra
|
|
|
XVII SEDUTA PUBBLICA DELLE PONTIFICIE
ACCADEMIE.
PONTIFICIA ACCADEMIA DELLA LATINITA.
Insediamento del Prof. Ivano Dionigi, come Presidente
Roma 21 novembre 2012
Fonte*: OriginaleIntervento del
Prof. Ivano Dionigi
Em.za Rev.ma Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone;
Em.za Rev.ma Cardinale Gianfranco Ravasi Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura
e del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie;
Eminentissimi e Reverendissimi Cardinali;
Eccellentissimi Vescovi;
Signori Ministri e Onorevoli;
Eccellentissimi Signori Ambasciatori;
Signori Presidenti delle Accademie Pontificie;
presenti tutti: a voi il mio indirizzo di saluto e di benvenuto più cordiale
Summo Pontifici laeto animo maximas ago gratias quod me amplissimo honore et nomine
Praesidis nuper conditae Pontificiae Academiae affecit:
(Ringrazio massimamente il Sommo Pontefice per l'altissimo onore
per la nomina di Presidente della Pontificia Accademia testè istituita) :
Litterae Apostolicae motu proprio datae non solum Ecclesiam sed etiam ceteras
institutiones, maxime Universitates Studiorum, sollicitant ad Latinam linguam fovendam,
quae propter ubertatem, perspicuitatem, gravitatem fidei hereditatem,
universalitatem, immutabilitatem colligit, consummat omnibusque populis tradit.
Quin Litterae Apostolicae easdem institutiones hortantur ad recipiendam copiosam ac
multiformem veterum sapientiam nonnumquam Christianae novitati consonam.
Exoptamus igitur ut Latina lingua cultusque magis magisque innotescat et percrebescat,
haec quidem Academia non tantum nobis et proximis, sed etiam multis, immo plurimis
prodesse possit.
Denique, quo planius omnibus dicam, ad Italicum sermonem redeo.
Come interpretare al meglio la costituzione della Pontificia Accademia della
Latinità?Come accordarne idealmente pensiero e finalità al magistero della Costituzione
Apostolica Veterum Sapientia di Giovanni XXIII (1962) e della Fondazione Latinitas
istituita da Paolo VI (1976)?
Più in generale: come contribuire a rendere utile e addirittura necessaria una lingua
morta e la relativa cultura ormai da decenni rimossa, tenendo al contempo lo sguardo
rivolto avanti e indietro, simul ante retroque prospicientes?
LEuropa ha ininterrottamente parlato latino, tra monopolio e primato, fino a tutto
lOttocento e oltre, attraverso le tre sfere e istituzioni principali: Ecclesia,
Imperium, Studium, la Chiesa e la religione, lImpero e la politica, la
cultura e la scienza. Senza dire che le stesse parlate volgari altro non sono che
"dialetti" del latino. Per questo De Maistre poteva ben affermare: "il
latino è il segno dellEuropa".
La cesura è intervenuta in tempi recenti: agli inizi degli anni Sessanta del ventesimo
secolo, quando, dopo la Scienza e la Scuola, anche la Chiesa abbandonò il
"monoteismo" latino.
Infatti, il Concilio Vaticano II decise di rinunciare in parte, nella sacra liturgia, alla
lingua latina, e di adottare le lingue nazionali, memore dellammonimento di Agostino
riecheggiato dallallora Cardinal Montini secondo cui era meglio essere
compresi dai "popoli" che rimproverati dai "professori" (melius est
reprehendant nos grammatici quam non intellegant populi, enarr. in Psalm. 138,
20). Comprensibilmente quella Chiesa che si apriva al popolo di Dio e al mondo
contemporaneo non poteva continuare a celebrare la comunione dei fedeli in una lingua
ormai pressoché sconosciuta.
Eppure, proprio in quegli anni, esattamente il 22 febbraio del 1962, papa Giovanni XXIII
firmava e diffondeva con la Veterum sapientia un accorato elogio sia della sapienza
classica (della quale andava recuperato e quasi carpito quod verum et iustum et nobile
denique pulchrum) sia delle due lingue: il greco e soprattutto il latino,
riconosciuto come loquendi genus pressum, locuples, numerosum, maiestatis plenum et
dignitatis
quod unice et perspicuitati conducit et gravitati ("uno stile
conciso, ricco, armonioso, pieno di maestà e di dignità che come nessun altro giova alla
chiarezza e alla solennità"). Una enciclica ricca di pensiero e di proposte, in
verità non pienamente compresa e valorizzata negli anni seguenti.
Un doppio registro? Una doppia norma? Un messaggio contraddittorio tra Concilio e la
Costituzione Apostolica? Nulla di tutto ciò. Semplicemente, e del tutto coerentemente, si
voleva ricordare ai pastori, al clero, ai futuri sacerdoti come fa ora il motu
proprio di Sua Santità che la conoscenza della lingua latina e della cultura
di Roma costituiscono un patrimonio irrinunciabile, perché in quella lingua e in quella
cultura si ritrovano e si concentrano tre proprietà costitutive della fede:
leredità, luniversalità, limmutabilità. Leredità, perché
quella è stata lingua dei padri; luniversalità, perché attraverso il latino la
Chiesa si è rivolta "cattolicamente" a tutti i popoli; limmutabilità,
perché nella fissità di una lingua morta si custodisce leternità delle cose. Si
aggiunga che alla misteriosità della fede contribuiva non poco la stessa estraneità di
una lingua ormai desueta. Grazie a quelle proprietà, si potrebbe dire che non la Chiesa
ha scelto il latino, ma il latino ha scelto la Chiesa.
Quid nunc? Non possiamo non chiederci oggi: "latino per chi? Latino
perché?"
Per tre buoni motivi.
- Per la tutela della ricchezza culturale: sì, di quelli che siamo
abituati a definire Beni culturali. "Mai lAmerica, - ha ammonito il compianto
Giuseppe Pontiggia -, se Roma fosse sorta nel Texas, si sarebbe comportata come fa la
scuola italiana". Come capire e far capire il nostro unico patrimonio artistico e
culturale senza conoscere la lingua e la cultura dellantichità? Come non capire che
qui è in gioco non solo il destino culturale del Paese, ma anche unopportunità
occupazionale per i giovani?
- Per parlare bene. Ne era convinto anche un pensatore come Aléxis de
Tocqueville, il quale pur schierato dalla parte del sapere scientifico e tecnologico,
riconosceva agli autori greci e latini una cura formale esemplare ("nulla
nelle loro opere appare scritto in fretta o a caso"). E già Platone ammoniva che
parlare male, oltre a essere una cosa brutta in sé, fa male anche allanima. Noi
oggi scontiamo una vera e propria entropia linguistica: una condizione di disordine in cui
le nostre parole, ridotte a vocaboli, smarriscono il loro volto e perdono la loro forza.
Nel periodo del maximum della comunicazione sperimentiamo il minimum della
comprensione. Necessitiamo di ecologia linguistica per comprendere la ricchezza semantica
che comporta il disvelamento delletimologia delle parole. Cè una lingua
neutra oggi, veicolare, una sorta di koiné diafana e asettica che ci fa esclamare
con Sallustio: vera vocabula rerum amisimus ("abbiamo perduto il significato
vero delle parole").
- In terzo luogo, i classici ci aiutano a pensare bene. Se, come
riteneva Nietzsche, alla Scuola si richiede di formare non solo "utili
impiegati" ma "cittadini" interi, allora la frequentazione dei classici e
delle loro lingue simpone sia come fondamento sia come antagonismo rispetto al
presente.
Fondamento. Cè una ricerca ossessiva delle radici e dellidentità che non
piace e che non giova, propria dei sopravvissuti. Penso a certe Sodalitates che
sfidando il ridicolo e nuocendo alla causa pretendono di recuperare anacronisticamente e
sterilmente il latino come lingua viva. No; io sto con Eliot, grande ammiratore della
classicità e in particolare della lingua di Virgilio, il quale amava dire che il latino
è lingua morta, irrimediabilmente morta |
Fonte**: Lettera ApostolicaStatuto della Pontificia Accademia
di Latinità
Articolo 1. E istituita la Pontificia Accademia di Latinità,
con sede nello Stato della Città del Vaticano, per la promozione e la valorizzazione
della lingua e della cultura latina. LAccademia è collegata con il Pontificio
Consiglio della Cultura, dal quale dipende.
Articolo 2.
§ 1. Scopi dellAccademia sono:
a) favorire la conoscenza e lo studio della lingua e della letteratura latina, sia
classica sia patristica, medievale ed umanistica, in particolare presso le Istituzioni
formative cattoliche, nelle quali sia i seminaristi che i sacerdoti sono formati ed
istruiti;
b) promuovere nei diversi ambiti luso del latino, sia come lingua scritta, sia
parlata.
§ 2. Per raggiungere detti fini lAccademia si propone di:
a) curare pubblicazioni, incontri, convegni di studio e rappresentazioni artistiche;
b) dare vita e sostenere corsi, seminari ed altre iniziative formative anche in
collegamento con il Pontificio Istituto Superiore di Latinità;
c) educare le giovani generazioni alla conoscenza del latino, anche mediante i moderni
mezzi di comunicazione;
d) organizzare attività espositive, mostre e concorsi;
e) sviluppare altre attività ed iniziative necessarie al raggiungimento dei fini
istituzionali.
Articolo 3.
La Pontificia Accademia di Latinità si compone del Presidente, del Segretario, del
Consiglio Accademico e dei Membri, detti anche Accademici.
Articolo 4
§ 1. Il Presidente dellAccademia è nominato dal Sommo Pontefice, per un
quinquennio. Il Presidente può essere rinnovato per un secondo quinquennio.
§ 2. Spetta al Presidente:
a) rappresentare legalmente lAccademia, anche di fronte a qualsiasi autorità
giudiziaria ed amministrativa, tanto canonica quanto civile;
b) convocare e presiedere il Consiglio Accademico e lAssemblea dei Membri;
c) partecipare, in qualità di Membro, alle riunioni del Consiglio di Coordinamento delle
Accademie pontificie e mantenere i rapporti con il Pontificio Consiglio della Cultura;
d) sovrintendere allattività dellAccademia;
e) provvedere in materia di ordinaria amministrazione, con la collaborazione del
Segretario, e in materia di straordinaria amministrazione, in accordo con il Consiglio
Accademico e con il Pontificio Consiglio della Cultura.
Articolo 5
§ 1. Il Segretario è nominato dal Sommo Pontefice, per un quinquennio. Può essere
rinnovato per un secondo quinquennio.
§ 2. Il Presidente, in caso di assenza o impedimento, delega il Segretario a sostituirlo.
Articolo 6
§ 1. Il Consiglio Accademico è composto dal Presidente, dal Segretario e da cinque
Consiglieri. I Consiglieri sono eletti dallAssemblea degli Accademici, per un
quinquennio, e possono essere rinnovati.
§ 2. Il Consiglio Accademico, che è presieduto dal Presidente dellAccademia,
delibera circa le questioni di maggiore importanza che riguardano lAccademia. Esso
approva lordine del giorno in vista dellAssemblea dei Membri, da tenersi
almeno una volta lanno. Il Consiglio è convocato dal Presidente almeno una volta
lanno e, inoltre, ogni volta che lo richiedano almeno tre Consiglieri.
Articolo 7
Il Presidente, con il parere favorevole del Consiglio, può nominare un Archivista, con
funzioni di bibliotecario, ed un Tesoriere.
Articolo 8
§ 1. LAccademia consta di Membri Ordinari, in numero non superiore a cinquanta,
detti Accademici, studiosi e cultori della lingua e della letteratura latina. Essi sono
nominati dal Segretario di Stato. Raggiunto lottantesimo anno di età, i Membri
Ordinari diventano Emeriti.
§ 2. Gli Accademici Ordinari partecipano allAssemblea dellAccademia convocata
dal Presidente. Gli Accademici Emeriti possono partecipare allAssemblea, senza
diritto di voto.
§ 3. Oltre agli Accademici Ordinari, il Presidente dellAccademia, sentito il
Consiglio, può nominare altri Membri, detti corrispondenti.
Articolo 9
Il patrimonio della estinta Fondazione Latinitas e le sue attività, inclusa la
redazione e pubblicazione della Rivista Latinitas, sono trasferite alla Pontificia
Accademia di Latinità.
Articolo 10
Per quanto non previsto espressamente si fa riferimento alle norme del vigente Codice di
Diritto Canonico ed alle leggi dello Stato della Città del Vaticano. |
Nino
LUCIANI, Il Commento. 1.- Premessa. L'istituzione
della Pontificia Accademia di Latinita', con l'obiettivo del riposizionamento alto della
lingua latina, e' una scelta molto seria e non solo per la Chiesa cattolica. Ma la notizia
che ne e' stata affidata la Presidenza al prof. Dionigi rende la cosa non ben definita,
come, per alcuni di noi (ma col senno di poi) è la sua elezione alla carica di Rettore
della Universita' di Bologna. Per un commento dovremo, pertanto, separare i due eventi.
2.- In cerca di motivazioni per ripescare il Latino. In Italia e
nel mondo, il latino e' stato declassato dalla Chiesa Cattolica, al proprio interno,
quando il Concilio Vaticano II ha voluto le liturgie, a cominciare dalla S. Messa, nella
lingua del Paese locale e dallo Stato Italiano quando il latino e' stato eliminato nella
scuola media di I grado e reso facoltativo in altre scuole.
E si ricorderà che, dentro la Chiesa, i soccorritori estremi del latino furono,
poi, i "Lefebvriani".
Invece, ultimamente in Italia, e' in rimonta il movimento per il recupero
obbligatorio del latino, nelle scuole. Io ho studiato il latino per 8 anni, ed ho tradotto
molti testi latini, cosi' come tanti altri come me. Ma, poi, non avendo occasione di
parlare in latino, l'ho dimenticato e adesso fatico anche a tradurlo.
Ritengo, pero', che il latino sia stato fondamentale nella mia formazione: da un
lato, mi parrebbe fuori luogo riproporre il latino come lingua parlata (e questo anche in
seno alla Chiesa), ma, da altro lato, riterrei il latino molto importante per il
collegamento diretto delle nuove generazioni alle fonti scritte della civilta' romana (e
di quelle ecclesiastiche per i sacerdoti). Ne troviamo una dimostrazione evidente nel
fatto che, dovunque noi giriamo in Italia e nei Paesi che vennero conquistati dai Romani,
ci imbattiamo in testimonianze delle origini della nostra civilta'. La romanita' voleva (e
vuole tuttora) dire sostanzialmente :
- governo centralizzato per la difesa, la sicurezza, la giustizia nel territorio
dell'impero;
- ampia autonomia amministrativa locale (e rispetto delle tradizioni locali);
- mercato comune;
- moneta comune;
- tributo erariale a Roma e liberta' di tributo locale agli enti territoriali
locali;
- lingua comune ufficiale (latino).
La Chiesa di Roma ne è erede, in particolare per :
- la struttura organizzativa: un monarca universale (il papa di Roma), tanti monarchi
locali in successione decrescente (il vescovo nella Diocesi, il Parroco nella Parrocchia),
l'offerta monetaria volontaria;
- la lingua latina.
Non mancano gli organi consultivi, ma con il compito prevalente della comunicazione
esterna.
E' noto il marasma e l'indefinitezza dei Governi, dopo la caduta
dell'Impero Romano, per lunghi secoli, finche':
- qualcosa di unitario europeo potrà ricostruirsi solo verso l'anno 1000 (sara'
dell'800 la incoronazione di Carlo Magno);
- poi di nuovo la frantumazione dell'unita' europea con la nascita degli Stati
Nazionali, e con le micro-statalita' in Italia sopravvissute fino al 1860;
- di nuovo la ripresa delle grandi scelte verso l'unita' europea (e' del 1956, la nascita
del Mercato Comune).
Ricordato brevemente tutto questo, mi pare molto normale l'esigenza di
recuperare la comprensione diretta dei testi scritti (laici e religiosi) nei quali
ritrovare le origini della propria civilta'; e mi pare molto bello che la nuova prima
pietra sia lanciata da un Papa tedesco, cioè proveniente da quella nazione che in Europa
ci ha causato grandi sofferenze senza un costrutto finale stabile.
3.- Torniamo a Dionigi. Il secondo passaggio di queste considerazioni ci fa
imbattere in IVANO DIONIGI, come traghettatore, chiamato dal Papa.
Non vorremmo guastare nulla..., soprattutto se Dionigi vede in questa Presidenza la
realizzazione del suo grande sogno: riportare il latino sul poggio degli Stati Europei, e
con cio' rispondere alle aspettative del Papa. In questo non possiamo che esserne
contenti, per Lui, per il Papa, e per tutti noi Europei.
Ma alcune considerazioni sono ineludibili:
a) Sono compatibili le due cariche di Rettore e di Presidente ? Con la nuova
nomina, Dionigi viene a sommare due cariche. Se la nuova nomina e puramente
onorifica, per il nostro Ateneo il problema della loro compatibilita cade subito.
Un primo chiarimento non puo' che cercarsi in casa ecclesiastica.
Lo Statuto della Accademia (qui riportato a fianco), gia' prevede (per la Presidenza della
Accademia) molte funzioni impegnative e da svolgere di prima persona.
Stando alle dichiarazioni del Card. Ravasi, ci sono grandi aspettative, visto che
il Pontefice vuole riconquistare al latino spazi perduti e che - anche per la sua eta' -
non ha certo molto tempo. Di conseguenza, e' verosimile che il Pontefice si attenda un
grandissimo impegno personale del prof. Dionigi che si potrebbe trovare costretto a
ricorrere ai "colonnelli" anche per l'Accademia, come peraltro previsto dallo
Statuto.
Un secondo chiarimento dovrebbe venire da Unibo. La
nomina non risulta essere stata comunicata all'Ateneo, cosi da permettere agli
Organi Accademici di verificare la compatibilita delle due cariche.
I dubbi potrebbero essere sanati se il Rettore facesse chiarezza sulle sue intenzioni.
Infatti,
nel 2013 scade il mandato rettorale (4 anni), ma, in applicazione di
una facolta' della legge Gelmini, il nuovo Statuto (voluto dal Rettore) ha prorogato di 2
anni il mandato, cioè fino al 2015.
Per memoria, il predecessore F. Roversi Monaco, avvalendosi di
altra legge del momento, prorogo' il mandato in scadenza, suscitando un vespaio generale
nell'Ateneo di Bologna e il prof. Dionigi (allora membro del CdA) censuro' severamente
quel presunto abuso (non io, per motivi che non e' il caso inserirli qui).
Poiche' non è obbligatoria la proroga di due anni, parrebbe logico e
conseguente attendersi una pubblica dichiarazione del Rettore Dionigi sulle sue
intenzioni, e questo servirebbe a far chiarezza anche sulla nomina papale di Presidente
della Pontificia Accademia di Latinita.
b) Lumi dalla comunita accademica ? Per una decisione, non e
irrilevante (per lui) riflettere sulla opinione emersa, in importanti occasioni, presso la
base dellAteneo, e tra queste:
- un referendum consultivo in occasione della |
e fortunatamente morta, cosicché noi possiamo
spartircene leredità; ma uneredità da conquistare, non già un feticcio da
ossequiare ("ciò che hai ereditato dai padri, conquistalo per possederlo",
Goethe).
Qui sta la sfida consegnata alliniziativa e allintelligenza di questa
Accademia: individuare i modi realistici ed efficaci per capitalizzare questa
straordinaria eredità linguistica e culturale.
Cè invece una ricerca delle radici e dellidentità che piace e che giova:
lidentità del lessico fondamentale dellEuropa, la quale come
ricordavamo ha sempre parlato latino; dei lasciti culturali specifici (il
pensiero filosofico, politico, giuridico, ma anche tecnico e scientifico); e soprattutto
delleredità plurale, vale a dire lacquisizione di una forma mentale aperta a
tutte le possibili alternative, perché il mondo classico è abitato non da un pensiero
unico e limitante, bensì dalla pluralità delle concezioni rivali del mondo. I classici,
dunque, come testimoni di identità plurali o - per dirla con Canetti - come "custodi
delle metamorfosi"; dei labirinti delle lingue e culture - ebraica, greca e latina -
che educano al linguaggio della diversità, che alla cultura lineare e impoverente
dellaut aut sostituiscono la cultura dellet et, vale a dire
della memoria e dellinclusione.
Uneredità, questa, che ci rende da un lato più disincantati e più saldi,
dallaltro più ricchi e più aperti di fronte ai nuovi interlocutori che già da
diversi lustri caratterizzano la scena del mondo: la globalizzazione col suo profeta
Internet, e le culture altre rispetto a quelle di Roma, Gerusalemme e Atene.
Ancora: la necessità e la centralità del latino si impongono perché Roma e la sua
lingua sono state per noi il tramite per conoscere Atene e Gerusalemme: "se la
civiltà occidentale è stata sagomata da tre grandi civiltà antiche, la greca, la
latina, lebraica, il tramite linguistico che non è solo formale, perché le
categorie del pensiero e del linguaggio interagiscono è stato il latino:
dallunità politica dellimpero romano a quella religiosa della cristianità
medievale, dallunità culturale dellumanesimo a quella scientifica del mondo
moderno" (Traina). E a ragione Rémi Brague sottotitolava il suo Il futuro
dellOccidente (1998) così: "Nel mondo romano la salvezza
dellEuropa" ("i Romani non hanno fatto che trasmettere [
] hanno
portato la novità stessa. Hanno portato come nuovo ciò che per loro era antico. Hanno
accettato di porsi dopo i Greci, e dopo gli Ebrei").
Ma la forza e la bellezza dei classici la loro gratia e potentia,
direbbe Seneca - sta non solo nellessere fondamento, bensì anche antagonisti del
presente; essi sono non solo nel segno dellidentità, ma anche nel segno
dellalterità. Forti del patrimonio della tradizione (e delle tradizioni), i
classici contrastano coi conformismi del presente e con le mode del momento (modo).
Perché i classici ci interessano? si chiedeva Sanguineti: "i classici ci
interessano perché sono da noi radicalmente diversi. Sono radicalmente esotici [
]
temporalmente come spazialmente". I classici intesi non come contenitori ma
come attori della cultura, come coloro che hanno ancora da essere (Mandelstàm)
valgono come resistenza culturale e antidoto etico per i nostri giorni, segnati
dalla semplificazione e dalla doxa. Una sola riflessione a questo proposito: di
fronte allimperante sincronia e dittatura del presente, proprio la lingua latina ci
può soccorrere nel recupero di un valore primario e costitutivo delluomo: il valore
del tempo. Sì, perché il latino è lingua geneticamente temporale, per eccellenza sub
specie temporis, perché poggia tutta sul verbo; e il verbo "angelo del
movimento che dà spinta alla frase" (Baudelaire) ci disvela la dimensione
diacronica: lesperienza del continuum temporale personale e collettivo. Si
aggiunga che il latino è non solo lingua sintetica perché improntata alla brevitas,
ma anche progettuale: il suo ordo verborum si tende e ci lascia sospesi fino a
quando il prima, il durante e il poi non si ricompongono.Così lingua e cultura
classica acquistano un ruolo inedito di contraltare della modernità. E voglio
aggiungere - da malinteso segno e strumento della conservazione e difesa del potere
possono diventare segno e strumento di cambiamento e difesa dal potere ("Chi
abbia letto una sola tragedia greca, una sola invettiva dantesca, un verso
della Ginestra, saprà ascoltare, saprà riconoscere i propri limiti e il valore
altrui ma passivamente obbedire mai", Cacciari).
Ci interroghiamo spesso e maldestramente sullattualità dei classici; loro,
attuali, lo sono: chiediamoci piuttosto ancora con Pontiggia se lo siamo
noi.
Uneredità, quella dei classici, che potrà essere salvaguardata e
messa a frutto solamente se non solo nello Studium, ma anche nellEcclesia
come ci viene richiesto espressamente dal Santo Padre verrà giustamente
reintrodotto e impartito ai futuri sacerdoti linsegnamento della lingua latina; e
se, in secondo luogo, proprio questa Pontificia Accademia costruirà ponti con il sapere
delle Università e del mondo laico, nella consapevolezza che è in gioco un comune
destino culturale.
Occorrerà adoperarsi perché ci siano ancora e sempre grammatici
in grado di capire e tramandare i testi classici a favore dei populi. E questa
trasmissione, come ogni scienza, può nascere solo con un forte senso di
responsabilità comunitaria dalla "lampadoforia", e non dalla
"tremula fiaccola del singolo" (Bacone, De sapientia veterum). IVANO
DIONIGI |
discussione del nuovo
Statuto generale dellAteneo (98% dei votanti, 3000 circa) che ha censurato il suo
progetto di Statuto).
- proteste di rappresentanze studentesche, che si dicono discriminate, a
seconda che siano a favore del Rettore (i Ciellini) o indipendenti (quelli del Sindacato
degli universitari, clicca su: studenti), e che
lo dicono essersi avvalso di Colonnelli (ossia di Pro Rettori) per il "lavoro
sporco" (nel significato di impopolare), anziche' farlo personalmente.
Ci sono, poi, comportamenti che riteniamo non etici, e prove di scelte
amministrativamente errate, per lequali vorremmo un rimedio da parte di lui stesso. Si
tratta di:
- aver cercato il voto (per la sua elezione a Rettore) in certi ambienti della
sinistra con l'impegno, non mantenuto, di restituire al controllo democratico gli spazi
sottratti dai due predecessori (e di cui lui stesso si lamentava, a parole). Il Rettore ha
invece ristretto ulteriormente detti spazi, controllando il Consiglio di Amministrazione (altri
Atenei, sia pur pochi, l'hanno fatto elettivo, e ultimamente anche Firenze), e
facendo un Senato Accademico debole (espulsi i Presidi, la pietra miliare tradizionale
della democrazia universitaria).
Non ci piace, poi, vederlo maestro nel transitare con disinvoltura, dalle Feste
dell'Unita' alla Cerimonie del Vaticano, passando indenne.
Circa il riordino dell'Ateneo, in base alla legge Gelmini, Egli è andato oltre la
legge nella ristrutturazione dei Dipartimenti, ma facendone un coagulo di diversita', a
volte incomunicabili al loro interno. Nota. Nella tradizione
universitaria, il luogo di incontro delle diversita' scientifica erano le Facolta'
(adesso, ridenominate "Scuole"), in quanto le lauree dovevano configurare per la
armonizzazione interdisciplinare, ai fini della formazione e professionalizzazione dei
giovani.
Invece, il Dipartimento ha finalita' di ricerca scientifica, cosi' che il
migliore Dipartimento e' quello piu' specializzato su un campo, vale dire il piu'
possibile "semplice" (l'opposto di complesso) e analitico, (l'opposto di
sintetico).
In origine, la struttura scientifica era l'Istituto, poi (nel 1980) vi
subentro il Dipartimento con discipline diverse, ma strettamente affini; oppure, se
diverse e non affini, almeno omogenee rispetto ad un obiettivo comune.
Con la legge Gelmini, i Dipartimenti hanno competenze scientifiche e didattiche, e
devono avere almeno 40 persone (ma nella esperienza, i Dipartimenti con 30 persone erano
gia' ritenuti troppo ampi per una agevole governabilita').
Dionigi li ha voluti di almeno 50 persone, e risulta aver incoraggiato, nei fatti,
di portarli a 100 e oltre, finendo per determinare molte contraddizioni (vale dire, far
convivere la "semplicita; necessaria per la ricerca, con la complessita
necessaria per fare i corsi di laurea). Questo, per ragioni di economia di scala, ma
finendo per mettere sotto lo stesso tetto professori e ricercatori di scienze lontane,
determinando gravi tensioni per il riparto delle risorse per la ricerca scientifica (
anche perche' divenute ristrettissime, per via della legge Gelmini).
Dove sta la carenza del Rettore Dionigi ? Nel non essere riuscito in un buon
compromesso tra economia di spesa e validi ordinamenti didattici e scientifici, anzi
nell'averlo fatto imporre da suoi Colonnelli (Pro Rettori).
Stando alle classifiche del Censis, la università di Bologna è prima
in Italia. Ma nelle classifiche internazionali, Bologna era al 176° posto nel mondo nel
2010, al 183° nel 2011, al 194° nel 2012***.
c) Anomalie della nomina Papale. Salta, infine, agli occhi una anomalia,
conistente nel fatto che il Papa abbia nominato un Presidente, sia pur pontificio, senza
attaccarsi ad un proponente locale: non un Dipartimento dell'Unibo, visto che egli e' di
questo Ateneo; non il Vescovado di Bologna, visto che il nominato e' della diocesi di
Bologna. In questo senso, il fumus della mera strumentalizzazione, da parte di gente
locale, si leva nell'aria per sua natura.
L'anomalia non sta nella strumentalizzazione, ma nel fatto che il proponente
locale non si sia dichiarato in pubblico per l'assunzione della relativa
responsabilita . |
*** http://www.universando.com/blog/wp-content/uploads/top500.pdf,
http://www.topuniversities.com/university-rankings/world-university-rankings/2012?page=7
____________
Fonte *: http://www.cultura.va/content/cultura/it/collegamenti/acc-pont/xvii-seduta-pubblica-delle-pontificie-accademie/intervento-del-prof--ivano-dionigi.html
Fonte **: http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/motu_proprio/documents/hf_ben-xvi_motu-proprio_20121110_latina-lingua_it.html |
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IN MARGINE AD UN LIBRO RECENTE DI STORIA MEDIEVALE, SU "BOLOGNA E
RE RENZO",
FATTO PRIGIONIERO NELLA BATTAGLIA DI FOSSALTA (1249), PRESSO IL
FIUME PANARO |

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Fonte: Francesca Roversi Monaco, Il Comune di Bologna
e Re Enzo.
Costruzione di un mito debole, Bononia University Press,
Bologna 2012
"Studio di Bologna" e
"Studio di Napoli"
oggi "Università di Napoli Federico II"
Un aspetto incidentale del Libro
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Questo libro di Francesca Roversi Monaco, dedicato al padre Fabio, è
stato recensito dallo storico Angelo Varni su "Il sole-24 ORE", giornale
economico, e dunque pervenuto a conoscenza degli economisti. In particolare, più che
dall'argomento principale, sono stato attratto da un suo riferimento incidentale ai
rapporti tra lo "Studio" bolognese e la "Università di Napoli",
dentro il capitolo introduttivo, inevitabilmente dedicato al quadro storico
complessivo, in cui si è svolta la vicenda di Bologna e di Re Enzo (vale dire ai rapporti
tra papato, impero e Comuni in quel periodo). La vicenda ebbe origine a Fossalta (1249)
con la cattura del figlio di Federico, poi trattenuto prigioniero a Bologna, sia pur in
modo molto civile, e ivi morto a Bologna nel 1272. Il padre Federico II era morto nel
1250.
La tesi del libro è che il Comune medievale di Bologna, da alcuni
considerato un "mito" per il ruolo di difensore delle libertà
comunali contro il potere accentratore degli imperatori tedeschi (Federico II, nello
specifico, e comunque storicamente dopo il ruolo del Comune di Milano contro Federico
Barbarossa), sarebbe in realtà un "mito debole".
Se ho ben compreso, "debole" non significa "mito
a metà" o qualcosa di simile, ma l'opposto di "mito senza
tempo": e dunque il "mito" esistito, ma durato poco,
perchè i bolognesi (dopo la morte di Federico II) furono presi dai loro intrighi
cittadini, avendo perso di mira le grandi scelte di lungo periodo. In
quel tempo (medievale), una delle "grandi scelte" del Comune di
Bologna (oltre quella di difendere la propria libertà) fu di difendere lo
"Studio" bolognese, contro Federico II, che voleva sopprimerlo e
sostituirlo con la Università di Napoli. Mi
trattengo su questo aspetto incidentale del Libro.
Ivi si narra che ... "nel 1224 Federico fondava lo Studio di Napoli,
vietando ai sudditi di Sicilia di studiare in altre sedi universitario e garantendo al
tempo stesso particolari privilegi agli studenti 'stranieri' che fossero andati a studiare
a Napoli.
"Tale politica di 'accaparramento' di potenziali studenti non dipendeva da
un'ostilità preconcetta verso lo Studio bolognese, ma dalla necessità di agevolare
l'affermarsi della prima università ' di Stato, burocratica, ad usum principis '
lanciandola nell'empireo degli Studia europei." ....
" Nel 1225 Federico promulgo' uno specifico atto di soppressione dello
Studio bolognese, cui si sovrappose il bando imperiale del 1226 contro le città aderenti
alla seconda Lega, dotato di una clausola che stabiliva la rimozione delle Schola e degli
Studia nelle città interessate dal provvedimento. ...
"Il comune di Bologna, però, reagì con forza a difesa del suo Studium,
... emanando ..., uno statuto che, opponendosi specular mente alle disposizioni
imperiali, ne ribaltava punto per punto il significato, con un'azione di notevole impatto
politico e ideologico, poiché un provvedimento comunale si arrogava la facoltà di
rendere nulli una costituzione e un bando imperiale ... ".
Questa vicenda di Federico, "Splendor Mundi", come si legge
sulla sua tomba nella Cattedrale di Palermo, è molto intrigante e interessante.
Si sa che lo Studio bolognese era stato un faro di riferimento europeo per la
legittimazione imperiale di Federico Barbarossa, nonno di Federico II, e sicuramente lo
Studio viveva quale "mito senza tempo" nel cuore di Federico.
Narrano gli storici che egli nel 1220, ventisettenne, scendendo dalla
Germania per recarsi in Italia per prendere possesso del Regno di Sicilia, lasciatogli in
eredità dal padre Enrico VI, sia passato per Bologna, dove si intrattenne tre giorni, tra
l'altro, con i doctores dello Studio che gli fecero una domanda difficilissima di
diritto. Si racconta che Federico abbia risposto brillantemente.
Sono state fatte diverse congetture per capire il motivo di questa sosta.
Verosimilmente (nel 1220) egli aveva già in animo di fondare lo Studio di Napoli,
avvenuto poi nel 1224 e voleva esplorare la possibilità di reclutare doctores dello
Studio bolognese per quello di Napoli .
Il motivo è che egli annetteva alla "alta cultura" un ruolo
fondamentale per elevare l'autorevolezza politica del suo impero e, nello specifico, per
la formazione della burocrazia dell'impero medesimo.
Forse v'era anche dell'altro. Bologna (e Padova) brillavano per indipendenza
di pensiero, mentre Federico voleva che le Università fossero funzionali al suo impero.
Il caso vuole che Bologna (e Padova) erano università private, mentre Napoli sarà
impostata come università pubblica, anzi fu la prima università pubblica in Europa, come
raccontato nel Libro, qui di riferimento..
C'è dell'altro. I doctores di quegli studi avevano varie provenienze
territoriali: vari Paesi e città, vale dire erano internazionali .
E' una strana storia del destino. Noi oggi vediamo le università private
quasi di malocchio, perchè asservite (è, poi, vero ?) ad uso di interessi privati,
precisamente ad uso del capitale privato. E invece vediamo le università pubbliche,
finanziate dallo Stato, come ad uso di utilità pubblica.
In realtà l'università pubblica di Federico era pubblica perchè finanziata
dal Re, come istituzione e perchè destinata a formare la classe dirigente dello Stato
imperiale, ma era privata perchè finalizzata a costruire il potere personale di Federico.
In questo senso, quella distinzione che noi, oggi, facciamo tra istituzioni private e
istituzioni pubbliche è ingannevole, e tutti possono constatare ogni giorno come le
pubbliche istituzioni siano anche strumentalizzate a fini privati (di potere e di
arricchimento) dei politici.
Quale la conclusione ? Non si vuole una conclusione:
solo esser stati edotti di queste "scintille" medievali di alta cultura,
grazie a Federico, "splendor mundi", e del suo altissimo
apprezzamento per lo "Studio" bolognese, al punto di vederlo come un esempio
assolutamente da copiare (a Napoli), per lo splendore del suo Impero.
Fu scintilla anche il fatto che puntò sull'università (a Napoli),
quale università pubblica, per farne il fulcro del lancio del Meridione in Italia. Il
suo intento unificatore dell'Impero avrebbe potuto, invece, avere migliore fortuna (penso,
col senno di poi), se avesse associato (anzichè contrapposto) lo Studio di Napoli allo
"Studio di Bologna" e a quello di Padova, e a tutti i vari fermenti culturali
comunali, di quel tempo..
Infine, volendo forzatamente trarne uno stimolo per un confronto con la
Bologna di oggi, si potrebbe forse dire che sarebbe desiderabile che l'attuale Università
di Bologna fosse internazionale nel senso medievale, vale dire avere professori reclutati
da altri Paesi. Beninteso, qualcosa c'è : è di queste settimane la chiamata di esperti
italiani e stranieri, ma con fondi MIUR: e quando vai a vedere i nomi, trovi che due sono
italiani e il terzo ha un nome straniero, e che la cosa è della solita mosca bianca (
Ingegneria-Architettura ).
L'Università di Bologna è oggi fondamentalmente di formazione locale
e corporativa (ma sempre in prima fila per accoglienza agli studenti), e anche ideologica
in alcune Scuole (Lettere, Scienze politiche). Ma non è così in tutte le università
italiane (es. Roma "La Sapienza", mentalmente aperta più su, almeno una
spanna).
Sarebbe, al tempo stesso, ingeneroso e anche ingiusto, non
ricordare che non è mancato un tentativo importante di sollevare il velo e fare breccia
sulle mura: lo è stato la celebrazione ( fatta dal padre di Francesca, già rettore
dell'Alma Mater ) del nono centenario (1988), con la confluenza a Bologna di gran
parte delle università nel mondo, e con la firma della Magna Charta Universitatum.
Ma il IX centenario è rimasto un fatto di "cronaca",
non la ripartenza di quella "storia" perchè, dai rettori succcessori,
l'internazionalizzazione non è stata percepita e proseguita nel senso corretto:
quello medievale.
Beninteso c'è anche un altro modo di concepirla (ed è quanto avviene
attualmente): quello di cercare l'interscambio culturale e scientifico con
le altre università nel mondo; quello di fare corsi di laurea in comune tra
università di diversi Paesi. Tuttavia, se manca il pre-requisito, quello di avere
mentalità aperta, a cominciare dal cedere, in casa pagando di tasca propria, posti di
ricerca e insegnamento a scienziati di provenienza estera, la strada è più lunga. Questo
ci riporta a dare priorità alla internazionalizzazione nel senso dello
"Studio" medievale. NINO LUCIANI |
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LEGGE GELMINI E RICERCATORI A TEMPO
INDETERMINATO |

Marco Mancini,
Presidente CRUI
|
Mentre il Mnistro Profumo, fin
dalla sua nomina, non vede e non sente
il grido di dolore che sale da ogni parte delle università d'Italia
I Ricercatori in visita alla CRUI - Conferenza dei Rettori
|

Marco Merafina,
presidente CNRU-Ricercatori
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COMUNICATO
Mercoledi' 26 settembre alle ore 14, presso la sede della
CRUI di Piazza Rondanini a Roma, una delegazione del Coordinamento Nazionale Ricercatori
Universitari incontrera' la Giunta di Presidenza della CRUI per discutere:
- argomenti connessi al piano straordinario di reclutamento;
- proposte alternative alla procedura di abilitazione;
- innalzamento dell'eta' pensionabile dei ricercatori;
- e problematiche connesse al pagamento della didattica, alla
luce della recente sentenza TAR riguardante una ricercatrice dell'universita' del Salento.
Il Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari
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Daniela Memmo
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Comune di Bologna e Università, sotto la statua di GREGORIO XIV
§
RETTORE chiama i Docenti, e il Sindaco Dr. Virginio Merola,
a
Cerimonia pubblica di Conferimento del titolo di Dottore di Ricerca,
lunedì 18 giugno, ore 18.30 Piazza Maggiore
LETTERA DI UNA PROFESSORESSA :
"Caro Sindaco eri senza la fascia tricolore" |

Ivano Dionigi
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Bologna,
19 giugno 2012 Illustre Sindaco
di Bologna
Signor Virginio Merola,
Le scrive una docente dell'Alma Mater Studiorum che era presente nel torrido pomeriggio di
ieri alla toccante cerimonia pubblica di conferimento del titolo di dottore di ricerca ai
nostri allievi in Piazza Maggiore.
L'Alma Mater ha reso omaggio alla città, che Lei ha l'onore e l'onere di rappresentare,
con più di quattrocento giovani talenti che, con pazienza e spirito di sacrificio, hanno
atteso ore in tocco e toga, ai limiti della resistenza fisica per l'afa insopportabile, e
che ci hanno fatto commuovere, come genitori e come docenti, nel loro giovanile e pur
rispettoso e composto incedere verso la tribuna allestita davanti alle autorità.
Altrettanta commozione, può starne sicuro, ha stretto i cuori di tutti noi nel vedere i
colleghi nostri rappresentanti guidati dal magnifico rettore in tocco e toga di ermellino
prendere posto sul paco inondato dal sole. Noi del pubblico, docenti e parenti, abbiamo
volentieri fatto il nostro dovere di accompagnatori e, col nostro entusiasmo, costituito
una degna coreografia per una cerimonia che può dirsi certamente riuscita.
Eppure ieri, se per i nostri giovani c'è stata - e ben presente - l'Alma Mater, è
mancata l'Italia. E' mancato il simbolo dell'Italia, che è rappresentato da quella
onorata fascia tricolore che Lei, signor Sindaco, non indossava. Di fronte a pesantissime
toghe tocchi ed ermellini, Lei non ha mostrato ai giovani il richiamo alla loro patria :
il semplice tricolore italiano. A lei spettava questo compito, e solo a Lei.
Superato il primo profondo dispiacere per questa omissione, mi sono chiesta quanto più
vere sarebbero suonate le parole degli intervenuti, di invito ai dottori a non abbandonare
l'Italia e a lavorare per essa, se dell'Italia ci fosse stata l'amata semplice bandiera.
Le scrivo questa lettera aperta per conoscere le ragioni di questa Sua scelta.
E' la seconda volta che la vedo presente in occasioni importanti del nostro Ateneo ed in
ognuna senza fascia, per così dire in incognita. Di fronte alle spoglie mortali di uno
scienziato del diritto vanto del nostro Ateneo mancato di recente, la Sua presenza, così
importante per noi , non è stata riconoscibile ai tanti venuti da ogni parte d'Italia :
Lei, Signor Sindaco, è venuto senza fascia tricolore e nessuno che non fosse di Bologna
l'ha potuta riconoscere ed ha potuto apprezzare la presenza della massima rappresentanza
cittadina ed il dovuto omaggio della Città al Maestro scomparso.
Ieri del pari da ogni parte d'Italia si è cercato il Sindaco - non la singola persona che
transitoriamente ne riveste la carica- e non lo si è trovato.
Ho avuto occasione di girare in ogni dove in Italia, nell'Italia ricca ed in quella dei
diseredati, ma dovunque sia presente chi abbia avuto l'onore di diventare Sindaco, là si
nota quasi con tenerezza che questi vive nella sua città con il tricolore in tasca,
perché indossando quella fascia, umile, semplice, il sindaco ci vuole dire che siamo
protetti dalla nostra patria, che l'Italia non ci abbandona. Può essere che Lei non la
indossi nelle occasioni in cui dialoga con l'Ateneo per modestia. E, se questo è il caso,
Lei sbaglia. Noi accademici siamo cittadini come tutti e come tutti dobbiamo onore e
rispetto al simbolo.
Può darsi che Lei la ritenga una formalità sorpassata e che si senta a disagio ad
indossarla. E Lei sbaglia ancora. Perché, così come il Rettore porta con fatica ed
orgoglio il "suo" tocco, così Lei, Sindaco di una città che ha versato sangue
e vittime per l'Italia, ha il dovere e l'onore di indossare quel tricolore che deve
garrire come una bandiera nel cuore di ogni sindaco d'Italia.
Distintamente,
Daniela Memmo
Professore ordinario Alma Mater Studiorum Università di Bologna |
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UNIVERSITA'
DI BOLOGNA, 24 aprile 2012
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
approva il bilancio consuntivo del 2011
ENTRATE 658.109.011,20 |
-
USCITE 649.049.821,80 |
= SALDO +9.059.189,32 |
Osservazione: rendiconto incompleto, causa
numerose gestioni fuori bilancio |

Ivano Dionigi
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Nota.
Il bilancio del 2011 è proposto praticamente a pareggio. Esso è accompagnato da una
relazione con importanti informazioni, tra cui , sul FFO sui contributi
studenteschi, il personale, anche sotto il profilo della evoluzione pluriennale. Si può
cliccare su: Relazione per un
testo integrale.
Abbiamo visionato i dettagli del bilancio. Sul piano generale, appare
palese la sua incompletezza, in quanto è notorio che l'Ateneo ha numerose
partecipazioni in enti: Fondazione Alma Mater, Ceub, vari Spin Off ..., ma i cui
bilanci non sono allegati, e neppure all'o.d.g. separatamente . Questo porta a
concludere che, nell'Ateneo, ci sono numerose gestioni fuori bilancio, e ciò mette
in dubbio la effettività del saldo consolidato. Soprattutto è gravissima
l'assenza del bilancio della Fondazione Alma Mater, avendo essa una fondamentale
"missione" finanziaria nell'Ateneo.
Sempre nel CdA del 24 aprile sono all' o.d.g. i bilanci di alcune Fondazioni
partecipate dall'Ateneo (Avoni, Castelvetri, Salvioli, Sfameni, Toso Montanari), ma
anch'essi fuori bilancio dell'Ateneo. Essi sono proposti in modo anche abbastanza
superficiale circa la verifica del perseguimento dei loro obiettivi. Es.: per la
Fondazione Castelvetri Il fine istituzionale dichiarato è dare impulso agli studi e alle
ricerche nell'ambiente padano in campo agrario e veterinario", ma poi risulta che gli
impieghi dei fondi sono andati a tutt'altro. I fini istituzionali della Fondazione
Salvioli sono lo studio e nell'applicazione del vaccino antitubercolare e per le ricerche
in campo immunologico specifico ed aspecifico. Lo scopo della Fondazione Sfameni è di
dare impulso agli studi ed alle ricerche sulla genesi, fisiologia, fisiopatologia e
genetica della gravidanza e sull'evoluzione ed anatomia della placenta. Ma anche qui le
spese sono state per altre destinazioni.
Per quanto riguarda le attività commerciali (vedi: le varie
prestazioni a pagamento), le entrate e le spese non sono riportate congiuntamente, ma
separatamente come da sempre tra le entrate generali e le uscire generali,
rispettivamente. Sarebbe importante, almeno dentro la relazione, fare un prospetto unico
di queste entrate e uscite, in modo da capire se queste attività danno un avanzo, a
beneficio delle attività istituzionali dell'Ateneo.
I contributi studenteschi sono aumentati ( da 127.577.977,19
del 2010, a 131.582.704,80 ). Sulla adeguatezza di questa voce, sarebbe importante,
nel darne notizia, fare confronti con gli Atenei, qui attorno, anche per capire una
possibile causa del continuo calo degli studenti a Bologna.
La Relazione ci dà anche tabelle sulla evoluzione delle spese per il
personale e le entrate dal FFO dal 2002 al 2011.
Spese per il personale -
evoluzione dal 2003 al 2011 |
Entrate dallo State per il
FFO dal 2002 al 2011 - milioni di  |
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UNIVERSITA'
DI BOLOGNA, 6 marzo 2012
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
prende atto dello "esito" della valutazione dei DIRIGENTI
Tutti valutati positivamente (meno uno)
dal Direttore Generale,
ma "intoccabili" da parte del CdA |
Nota. La procedura di
valutazione dei dirigenti inizia con la proposta dei dirigenti circa gli obiettivi
amministrativi proposti al CdA, ognuno per il proprio ufficio, . Questo approva (o non
approva gli obiettivi). Poi, in secondo tempo, sulla base della relazione del Direttore
generale, il CdA valuta se gli obiettivi sono stati raggiunti, e infine decide la
conferna o meno del dirigente.
Nei fatti, tuttavia, la valutazione è avvenuta nelle segrete stanze, e
il CdA ha solo preso atto dell'esito, genericamente, senza il punteggio. Difatti, come si
desume dal resoconto sottoriportato, il rettore racconta semplicemente il procedimento di
valutazione, ma non i risultati.
Conclusione: si conferma quanto rilevato anche lo scorso anno: i
nostri dirigenti sono degli "intoccabili", da parte del CdA.
Vedremo cosa farà il prossimo CdA, il primo dopo la riforma dello Statuto,
in applicazione alla legge Gelmini. |
CdA - 6 marzo
2012, ESITO DELLA VERIFICA DI RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI DIRIGENZIALI 2011
Resoconto della
seduta del CdA
Il Rettore dà lettura
della seguente relazione presentata dal Direttore Generale:
"In data 1° febbraio 2011 il Consiglio di Amministrazione ha approvato il Piano
degli obiettivi dirigenziali 2011 che è stato formulato riconducendo gli obiettivi ai
seguenti orientamenti generali :
. adeguamento alle nuove disposizioni normative (didattica, ricerca, organizzazione).
. accompagnamento e supporto alla riorganizzazione dell.Ateneo;
. snellimento delle procedure e dei processi interni;
. potenziamento delle attività volte all.internazionalizzazione;
. implementazione dei sistemi di controllo di gestione;
. incremento del finanziamento da risorse diverse dal Fondo di Finanziamento Ordinario;
. miglioramento del coordinamento organizzativo tra le sedi territoriali;
. attuazione di politiche volte allo sviluppo del personale tecnico amministrativo.
In data 20 settembre
2011 la Direzione ha comunicato al Consiglio di Amministrazione gli esiti del monitoraggio
degli obiettivi in relazione al 1° semestre dell.anno. Le criticità evidenziate dai
dirigenti hanno permesso di affrontare con la massima trasversalità tra Aree alcuni nodi
importanti e rimodulare, in alcuni casi, le attività in corso per portare a termine nel
migliore dei modi in termini di economicità ed efficienza l.obiettivo prefissato tenendo
conto del cambiamento in corso di alcuni elementi di contesto.
In particolare, in considerazione dell.urgenza di presidiare le attività
connesse all.approvazione dello Statuto e delle conseguenti azioni di attuazione sono
stati sospesi tre obiettivi ed è stato introdotto nel Piano un obiettivo specifico
relativo all.attuazione del nuovo Statuto.
Elementi di contesto
La valutazione ha tenuto conto di alcuni
fattori:
1. il secondo semestre del 2011 è stato caratterizzato, come già sottolineato, da un
notevole impegno da parte dei Dirigenti finalizzato a porre le basi per l.attuazione del
nuovo Statuto;
2. in data 16 dicembre 2011 è stato firmato il contratto collettivo integrativo per il
personale dirigente per l.anno 2011 (delibera del Consiglio di Amministrazione del
23.12.2011);
3. l.apposito Fondo che finanzia la retribuzione di posizione e di risultato del personale
dirigente (costituito nel rispetto delle disposizioni contrattuali e dei vincoli normativi
ed in particolare in applicazione all.art. 9 comma 2 bis del DL 78/2010 convertito in
Legge 122/2010), pur non partendo dai valori massimi per autonoma scelta dell.Ateneo, è
stato ulteriormente ridotto in applicazione alla citata .manovra estiva..
Valutazione obiettivi 2011
Sulla base del contratto collettivo integrativo per il personale dirigente sopraccitato,
sono quindi previste come per il 2010 quattro fasce di valutazione che consentono una
maggiore differenziazione e riconoscimento dei risultati raggiunti.
livello
range*
valutazione complessiva
retribuzione di risultato
1
> 180
Obiettivi raggiunti in misura eccellente
Fino al 55% della retribuzione di posizione
2
da > 150 a <= 180
Obiettivi raggiunti in misura medio/alta
Fino al 36% della retribuzione di posizione
3
da > 110 a <= 150
Obiettivi raggiunti in misura discreta
Fino al 27% della retribuzione di posizione
4
da > 100 a <= 110
Obiettivi raggiunti in misura sufficiente
Fino al 20% della retribuzione di posizione
-
<= a 100
§Obiettivi non raggiunti
-
La valutazione finale è data
dalla somma di obiettivi quantitativi e aree comportamentali ciascuno in percentuale
rispetto al 100%.
Con delibera del Consiglio di Amministrazione del 1° febbraio 2011 è stata
attribuita al Direttore Generale una quota percentuale pari al 15%, nell.ambito della
valutazione complessiva, che consente di tenere conto delle differenze tra i vari
dirigenti in termini di complessità organizzativa e relazionale, continuità e costanza
di impegno nell.attività manageriale, clima organizzativo. Pertanto il risultato
raggiunto dal dirigente, sia nella parte relativa alle aree comportamentali sia nella
parte relativa agli obiettivi quantitativi, è stato riparametrato su 85/100. Il Direttore
ha avuto quindi a disposizione 30 punti (corrispondenti al 15% sulla valutazione
complessiva) da attribuire a ciascun dirigente.
Per quanto attiene all.area delle competenze trasversali, nel 2011 la
valutazione si è incentrata sulle tre aree di capacità manageriali e comportamenti
organizzativi individuati per tutti i dirigenti (cooperazione e lavoro di gruppo,
orientamento ai risultati, consapevolezza sociale) e su altre due aree individuate a
inizio anno per ciascun dirigente, sulla base delle caratteristiche personali di
interpretazione del ruolo e delle esigenze e peculiarità della posizione ricoperta.
Esito della valutazione
Complessivamente sono stati valutati 17 dirigenti:
. Ersilia Barbieri (Area Sanità)
. Andrea Braschi (Area Edilizia e Logistica)
. Giuseppe Conti (Area Ricerca e Trasferimento tecnologico)
. Stefano Corazza (Unità Professionale Grandi Appalti di Lavoro)
. Alice Corradi (Area Finanza e Controllo di Gestione)
. Michela Dalla Vite (Area UniboCultura, promozione e fundraising) fino al 31.8.2011
. Marco Degli Esposti (Area Affari Generali)
. Nicola De Laurentis (Polo scientifico didattico di Ravenna)
. Elisabetta De Toma (Area Didattica e Servizi agli Studenti)
P.S. Nell'elenco non compare
uno dei Dirigenti (ne omettiamo il nome) che avrebbe avuto valutazione negativa. Si
deduce indirettamente che i suddetti dirigenti avrebbero avuto valutazione positiva, pur
se non è indicato il punteggio rispettivo, nè la la specifica motivazione.
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Piero Spagnolo |
Bologna,
Per segnalazione al Senato Accademico.
Altri casi di "PAM" (titolo di "Professore dell'Alma Mater")
negati" senza motivazione conforme a Delibera del Senato.
Lettera del prof. Catanzaro al Rettore, inviata
p.c. ai membri del Senato Accademico.
Anche Lettera del prof. P. Spagnolo. |

Raimondo Catanzaro
|
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POICHE'
IL DINIEGO E' AVVENUTO IN FORMA E SOSTANZA DIVERSE
RISPETTO ALLA DELIBERA DEL SENATO,
PARREBBE ATTO DOVUTO
DEL SENATO CENSURARE IL RETTORE, ANCHE PERCHE'
I CASI
DI VIOLAZIONE DELLA DELIBERA RISULTANO NUMEROSI.
Rilevante, poi, è che la
legge Gelmini ha innovato i poteri
del Senato, nei confronti del Rettore, attribuendo ad esso
il potere di proporre mozione di sfiducia al Rettore.
Non è, poi, irrilevante che la nuova figura rischia di
cadere in desuetudine, in quanto è verosimile che un
prof. ordinario non rinuncerà più a parte della propria
carriera, visto che in cambio non sa cosa incontra. |
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FATTO. La nuova figura dI PAM rischia la soppressione, per
desuetudine, in quanto (a causa del diniego immotivato del Rettore) i potenziali
aventi diritto non hanno più interesse ad aspirare a questo titolo.
Come, infatti, risulta dalla delibera
del Senato, essa prefigura uno scambio atipico (ma, direi, un atto dovuto nel caso dei
professori ordinari) tra:
a) la rinuncia ad uno (o due) anni della propria carriera, per favorire
il il ricambio generazionale per le progressioni di carriera e per il reclutamento dei
docenti;
b) e la accettazione di loro presso i locali del dipartimento, il
mantenimento della posta elettronica istituzionale con indicazione della qualifica di
Professore o Ricercatore dellAlma Mater, l'accesso alle risorse
bibliografiche on-line e alla rete wireless Almawi-fi di Ateneo, l'accesso a contratti di
insegnamento, a incarichi di responsabilità istituzionale o gestionale o la
partecipazione ad organi e collegi per i quali la legge preveda la posizione di professore
in servizio.
La delibera prevede anche che il SI' sia accompagnato da una positiva
valutazione scientifica del richiedente.
A questo punto, visto il rischio di "sberleffo
scientifico" da parte del Rettore, perchè il diniego del Rettore è
"somministrabile" con "lettera identica" inviata a tutti gli esclusi,
parrebbe cosa ovvia che un docente di questo Ateneo non sia più motivato a rinunciare
incondizionatmente a parte della propria carriera.
Pertanto, il comportanento del Rettore danneggia l'Ateneo,
diciamo i giovani ricercatori in attesa di porre fine al loro stato di precarietà,
partecipando ai concorsi ai posti liberati. Ma vediamo meglio cosa hanno
risposto al rettore, alcuni di loro.
Ultimo ma non ultimo. L'art. 2, lettera e) della legge
Gelmini ha attribuito al Senato il potere di "proporre al corpo
elettorale .... una mozione di sfiducia al rettore non prima che siano trascorsi due anni
dallinizio del suo mandato".
Questo dispositivo è già in vigore, e prescinde dallo Statuto. Esso è
operativo anche per il Senato Accademico attuale. |
|
Bologna, 19/12/2011 Al Magnifico Rettore Università degli Studi di Bologna Via Zamboni 33, 40126
Bologna
Oggetto: domanda di riconoscimento della qualifica di "Professore
dell'Alma Mater"
.
Caro
Rettore Ivano Dionigi,
ho ricevuto in data 16/12/2011 la tua lettera raccomandata, con la quale mi
comunichi ufficialmente che la mia domanda di riconoscimento della qualifica di
"Professore dell'Alma Mater" non è stata accolta.
Le motivazioni da te addotte tolgono non poco spazio ai meriti scientifici da
me acquisiti in oltre 43 anni di carriera accademica e ben documentati dal curriculum
vitae tuttora visionabile nel Portale d'Ateneo.
Nella formulazione iniziale, le Linee Operative 2011 per il riconoscimento di
quella qualifica onorifica ponevano "alti meriti scientifici oppure l'acquisizione di
rilevanti benemerenze accademiche" come unici requisiti utili per l'acquisizione
della qualifica stessa.
La successiva scelta da te fatta, d'intesa con il Senato Accademico, di
procedere ad una attenta valutazione e revisione dei requisiti, tenendo conto anche di
altri elementi di varia natura, al fine di dimensionare e contenere le figure non
"istituzionali", è fortemente punitiva nei confronti di quanti altri, come me,
in possesso di oggettivi meriti scientifici, hanno voluto condividere le dichiarate
intenzioni di questo Ateneo di favorire il ricambio generazionale per le progressioni di
carriera e per il reclutamento dei docenti, sacrificando una parte della propria carriera,
con un costo economico non irrilevante. Un contenimento, pur se rigoroso, di figure
"non istituzionali" è pienamente legittimo ed anche condivisibile qualora il
loro riconoscimento non venga subordinato ad un oneroso ed incondizionato sacrificio da
parte di chi reputa di potervi meritatamente aspirare.
La generosa disponibilità che ha ispirato la mia istanza viene ora liquidata
sic et simpliciter con un tuo apprezzamento formale. Imprescindibili criteri di serietà e
chiarezza imponevano che le regole di questa "partita" fossero ben definite
dall'Ateneo all'inizio e non nel corso (o addirittura al termine) della partita stessa. A
questo punto, come docente di prima fascia in "volontaria" quiescenza a partire
dal 1° gennaio 2012, chiedo di avere a breve un colloquio con te: esigo che il Rettore di
questo Ateneo mi dimostri personalmente di non avermi arrecato un grave danno, morale e
materiale, in modo indebito e surrettizio. Confidando nella tua sensibilità ed in attesa
di un tuo sollecito riscontro, ti porgo cordiali saluti.
Piero Spagnolo* __________________________
* Prof. Piero Spagnolo Dipartimento di Chimica Organica "A. Mangini" Viale
Risorgimento 4, 40136 Bologna |
Budrio, 9 gennaio 2012 Magnifico Rettore Università di Bologna Chiar.mo Prof. Ivano Dionigi SEDE
Oggetto: risposta alla lettera del 6/12/2011, prot. 52754, avente ad
oggetto : domanda di riconoscimento della qualifica di "Professore dell'Alma
Mater"
Magnifico Rettore,
rispondo con qualche ritardo alla lettera in oggetto, nella quale mi
comunichi di non avermi concesso la qualifica di professore dell'Alma Mater.
Spero scuserai il mio ritardo di poco più di un mese, anche in
considerazione del fatto che la mia istanza per ottenere la qualifica risaliva al 17
maggio 2010, e che dunque ho atteso 18 mesi e 20 giorni per ottenere una risposta
negativa. Mi consentirai innanzitutto una nota di stile. Avrei preferito un modo
più diretto di comunicarmi il tuo rifiuto.
Nella tua lettera ciò non viene detto mai apertamente e confesso che sono
rimasto sinceramente ammirato del modo in cui si riesca a dire qualcosa attraverso il non
detto. Ma è questione secondaria, e del resto ciascuno di noi ha un proprio stile e
nessuno può essere criticato per averne uno suo proprio. Vengo alle questioni di
sostanza.
Le motivazioni che porti a sostegno della tua decisione sono
francamente risibili. Con tassi di sostituzione della componente docente che, nella
migliore delle ipotesi, sono al venti o al trenta per cento, l'esigenza di riservare
attrezzature e spazi ai giovani sembra fuori luogo. Considerando l'esperienza dei locali
del mio ex Dipartimento, che frequento ancora in quanto impegnato come presidente di
commissione in un concorso di prima fascia, sarei piuttosto preoccupato delle sembianze da
"Olandese volante" che alcune strutture dipartimentali corrono il rischio di
assumere.
Ma neanche questo è il punto: sarei stato disponibile ad accettare di buon
grado anche una decisione basata su motivazioni risibili. Del resto noi ex docenti
dell'Alma Mater conserviamo tra i nostri privilegi quello (e non altri) di avere un
indirizzo di posta elettronica (come uno studente che sia stato iscritto anche solo per
sei mesi).
E ho scoperto che posso anche aggiornare il mio curriculum e l'elenco delle mie
pubblicazioni, le conferenze tenute e i convegni e seminari cui ho partecipato come
relatore sulla mia pagina web alla quale soltanto io posso accedere in quanto non v'è
alcun link o corrispondenza con il mio nome se lo si digita nel cerca persone dell'ateneo.
Magnifico esempio di incitamento all'onanismo accademico !
Non mi aspettavo dunque nulla di sostanziale, neanche nel caso eventuale di
conferimento della qualifica. Viceversa mi attendevo qualcosa che ha a che fare con il
rispetto delle procedure, delle forme, della parità di trattamento fra docenti. In altri
termini mi aspettavo che venissero tutelati i miei diritti
(Continua) |
soggettivi. I quali non sono (e non erano) quelli di ottenere la
qualifica (si tratta soltanto, come direbbero gli esperti di diritto amministrativo, di un
interesse legittimo o di una legittima aspettativa), bensì quelli di avere una decisione
in tempi ragionevoli e con parità di trattamento.
Sui tempi non mi soffermo ulteriormente avendone già detto prima.
Mi consentirai tuttavia di notare che se ammettessimo come ragionevole un
lasso di tempo di oltre un anno e mezzo per ottenere una risposta ad un'istanza che un
qualunque cittadino presenta ad una pubblica amministrazione, saremmo messi veramente
male, non soltanto come Università di Bologna, ma come paese.
Sulla parità di trattamento non si tratta certamente di comparazioni tra
curricula, peso scientifico, pubblicazioni. Chiunque può cercare su "Google
Scholar" o su "Publish or Perish" gli indici bibliometrici miei e dei miei
colleghi sociologi del medesimo dipartimento, e trarne le debite conseguenze.
Ed è chiaro che il Rettore ha un potere discrezionale nel concedere o
meno la qualifica e può anche valutare, con discernimento, in modo difforme dagli indici
bibliometrici, nell'ambito di una visione più ampia e generale.
Quello che il Rettore non può fare tuttavia, è procedere alle valutazioni e
alle rispettive decisioni senza rispettare l'ordine di presentazione delle domande,
perché ciò costituisce una violazione del principio di parità di trattamento.
Ma viceversa è proprio ciò che è stato fatto, in quanto una collega
del mio dipartimento, che ha fatto domanda un mese dopo la mia (nel giugno del 2010) ha
ottenuto una risposta (nel caso in ispecie positiva) dopo soli (!) 5 mesi (nel novembre
2010). Non contesto né i titoli della collega, né il suo valore scientifico, né mi
dispiace che abbia ottenuto la qualifica.
Ma ritengo gravissima la violazione del principio di parità di trattamento,
in generale e soprattutto nell'ambito di una comunità scientifica e professionale nella
quale certi valori che insegniamo ai nostri studenti devono essere ritenuti sacrosanti.
E ritengo altresì che la violazione di questi principi, che è stata
perpetrata nei miei confronti, costituisca un vulnus al diritto di tutti, soprattutto dopo
che tanto si era sbandierata l'importanza della figura di professore dell'Alma Mater al
momento della sua istituzione.
Colgo infine nella tua lettera un sorta di avvertimento preventivo
concernente i requisiti per la concessione dell'Emeritato.
Se hai timore ch'io possa presentare domanda voglio rassicurarti: non ne ho
alcuna intenzione, e non mi sentirei per nulla gratificato dal far parte di un consesso
accademico che ha proceduto in modo indegno nei miei confronti.
Appena finiti i lavori della commissione concorsuale consegnerò le
chiavi del dipartimento in segreteria, e chiederò agli uffici, che dietro mia domanda mi
hanno reinserito provvisoriamente in rubrica d'Ateneo (con il titolo di professore cessato
dal servizio [sic!]), di essere cancellato dalla rubrica e di cancellare il mio indirizzo
di posta elettronica presso l'Alma Mater.
Con i miei più sinceri auguri di buone fortune a te personalmente e all'Alma
Mater.
Raimondo Catanzaro |
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Bologna. Spunta (a carico del Rettore, per presunto abuso di potere)
un nuovo caso "PAM" (titolo di "Professore dell'Alma Mater"),
dopo il "flop" dei "professori emeriti" a Giurisprudenza
|
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UN COLLEGA, DOPO LE
DIMISSIONI ANTICIPATE DI DUE ANNI,
AVEVA FATTO REGOLARE DOMANDA DEL TITOLO DI PAM |
FATTO. Un nostro Collega, il prof. P.L.P.,
ordinario di matematica, classe 1943, oltre 40 anni di servizio in varie Facoltà
dell'Ateneo (da molti anni a Ingegneria) aveva presentato domanda (febbraio 2011) di
riconoscimento del titolo onorario di professore dell'Alma Mater (divenuta
"PAM"), di cui è presupposto la cessazione dal servizio, in anticipo di più di
due anni rispetto al pensionamento per limiti di età (prima 70 anni+2, oggi 70 anni, dal
19 gennaio 2011, avendo la legge Gelmini abolito il biennio dopo i 70 anni).
FONTI GIURIDICHE. La delibera
fondamentale del Senato Accademico è del 28 feb. 2010 (di seguito
ripotata).
Segue una delibera del Senato, del 28 giugno 2011, per
"rivedere il criterio di determinazione della durata della qualifica onoraria di
"Professore e Ricercatore dell'Alma Mater" in seguito all'abolizione, prevista
dall'art. 25 della L. 240/2010 (cd. Riforma Gelmini), della possibilità di presentare
l'istanza di permanenza in servizio ai sensi dell'art. 16 del D. Lgs. 503/1992 da parte
del personale docente e ricercatore". Segue infine una delibera del 13
dic. 2011 per "Individuare il termine di cessazione dal servizio per volontarie
dimissioni del personale docente che presenta la domanda di "Professore dell'Alma
Mater".
Come si legge nella delibera fondamentale, per il riconoscimento del
titolo non è sufficiente il requisito della rinuncia all'ultimo biennio di servizio, ma
è anche disposto (si veggano le ultime righe della delibera del 28.2.2010) ,
relativamente alla domanda del dimissionario, che : "La
valutazione delle richieste compete al Magnifico Rettore che, sentiti anche i responsabili
delle strutture coinvolte, decide sulla base dell'apprezzamento degli alti meriti
scientifici del richiedente o delle rilevanti benemerenze accademiche acquisite nel corso
della carriera".
NEL MERITO, a fronte della "richiesta", il
rettore ha risposto NO (unica risposta del Rettorato). Clicca su Lettera.
Come si può leggere, essa è motivata:
1) dalla difficoltà di dargli (in aggiunta al titolo)
attrezzature e spazi (si tratta di un matematico, e quindi non si direbbe abbisogni di
grosse attrezzature, servendogli poco più di un PC e programmi matematici - NdR);
2) dà una attenzione al fare spazio ai giovani (ma egli occupa una
stanzetta, in locali notoriamente semivuoti);
3) dalla opportunità di stringere sui requisiti per il
riconoscimento, in analogia a quanto fatto per l'Emeritato.
Riportandoci adesso alla delibera del Senato, si trova che il Rettore
deve decidere unicamente per meriti scientifici, dopo aver "sentiti anche i
responsabili delle strutture coinvolte".
Come si ben notare, tornando di nuovo alla lettera del Rettore, in
essa non solo non "consta" il parere delle strutture coinvolte, ma i motivi
addotti non sono pertinenti ai motivi adducibili in base alla delibera del Senato.
Se si potesse sostenere che il Rettore ha motivato il NO con le
ragioni di cui alla delibera del Senato, si potrebbe solo contestargli di avere omesso il
parere dei competenti, pur se rimane una perplessità nel fatto che egli è un latinista,
mentre il richiedente è un matematico.
Tuttavia, le cose non stanno così. Egli ha motivato con
ragioni, che non sono quelle di cui alla delibera del Senato, e quindi con motivazioni
inammissibili, sul piano ufficiale.
Si nota, infine, che la lettera, per il carattere come è
espressa, pare più un fatto personale del rettore, che una comunicazione ufficiale,
preparata dagli Uffici dell'Amministrazione, contro la quale il richiedente possa
ricorrere alla magistratura amministrativa.
Last not not least: non vorrei che si arrivasse, nel
nostro Ateneo, ai tempi delle monarchie assolute, quando i titoli erano distribuiti dal Re
per il controllo del consenso. Non siamo (credo) a questo punto. Ma la strada è quella.
N. LUCIANI |
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Delibera Senato Accademico 23
febbraio 2010
RICONOSCIMENTO
DELLA QUALIFICA DI PROFESSORE DELLALMA MATER
O RICERCATORE DELLALMA MATER
Il Magnifico Rettore informa i Senatori che il
documento che viene sottoposto alla loro attenzione (che ha registrato lunanime
consenso in sede di Giunta nella seduta di ieri) rappresenta, allesito della
approfondita istruttoria svolta, un opportuno bilanciamento delle istanze volte da un lato
ad un equo riconoscimento, allatto del collocamento a riposo, degli alti meriti
scientifici e benemerenze accademiche acquisite dai docenti nel corso della loro carriera
lavorativa e dallaltro ad incentivare il necessario ricambio generazionale nei ruoli
universitari a favore dei più giovani. Chiarita la ratio dellintervento, che va
nella direzione di non disperdere i saperi dei docenti prossimi al collocamento a riposo,
ne illustra i contenuti più qualificanti (per la cui disamina di merito si fa rinvio al
documento che fa parte integrante della presente delibera).
Si tratta del primo atto promosso
dalla Giunta nel contesto di un più articolato piano di interventi allo studio che
riguardano lintero arco della carriera dei docenti, per valorizzarne competenze ed
esperienze e rafforzarne il senso di appartenenza allistituzione universitaria.
Dopo aver dato lettura della missiva a sua firma con la quale oggi stesso provvederà a
darne notizia a tutto il personale docente e ricercatore, e resi ai Senatori i primi
chiarimenti su alcune parti di testo, comunica che saranno a breve predisposte dai
competenti Uffici le linee guida di carattere tecnico operativo che consentiranno di
definire con puntualità ogni profilo procedurale e di dettaglio.
Il Senato Accademico in forma unanime, preso atto del favorevole parere
espresso dalla Giunta di Ateneo, condividendo lo spirito della proposta e le sue
finalità, approva il documento di seguito trascritto avente ad oggetto Riconoscimento della qualifica di professore
dellalma mater o ricercatore dellalma mater :
I docenti e ricercatori rappresentano un patrimonio che va riconosciuto e
valorizzato a partire dal loro ingresso fino alluscita dai ruoli e oltre.
In tal senso è importante che lAteneo assuma unesplicita ottica di
valorizzazione delle esperienze e dei risultati del personale docente e ricercatore
durante lintero arco di vita accademica, creando le condizioni che facilitino il
conseguimento degli obiettivi scientifici, culturali e didattici delle persone e offrendo
i giusti riconoscimenti per il lavoro svolto, per il coinvolgimento personale nella vita
universitaria e per limpegno volto a conseguire le finalità dellAteneo.
Il presente atto costituisce un primo intervento di valorizzazione del personale docente e
ricercatore che risponda alla necessità dellAteneo di comporre due diverse
esigenze:
riconoscere lesperienza del personale docente e
ricercatore che si sta avvicinando alla conclusione della carriera e la legittima
aspirazione a rimanere allinterno della comunità accademica per completare i propri
progetti di studio e ricerca;
favorire il ricambio generazionale per le progressioni di carriera e
per il reclutamento dei giovani studiosi.
A tal fine tutti i docenti attualmente in servizio di ruolo, che abbiano maturato il
requisito per il pensionamento di vecchiaia (per gli uomini dai 65 ai 70 anni, per le
donne dai 61 ai 70) e che abbiano proposto istanza di pensionamento, nellanno
precedente alla data di effettiva cessazione dal servizio possono fare richiesta di
riconoscimento della qualifica di Professore
dellAlma Mater o Ricercatore dellAlma Mater. In caso di
accoglimento dellistanza, tale qualifica avrà decorrenza dal giorno successivo alla
data di effettiva cessazione.
[In via transitoria possono fare richiesta di riconoscimento
della qualifica anche i docenti e ricercatori che abbiano presentato istanza di biennio di
trattenimento in servizio, previa rinuncia alla medesima. ] .
I ricercatori possono presentare listanza nellanno
precedente la data di cessazione del servizio. Il riconoscimento della qualifica di
Professore dellAlma Mater o Ricercatore dellAlma Mater
è disposto per il periodo di tempo massimo di permanenza in ruolo comprensivo del biennio
di trattenimento in servizio.
Oltre a mantenere la posta elettronica istituzionale, comparire nel
portale di Ateneo con indicazione della qualifica di Professore o Ricercatore
dellAlma Mater, accedere alle risorse bibliografiche on-line e accedere alla
rete wireless Almawi-fi di Ateneo, il riconoscimento della qualifica comporta la
possibilità di:
- continuare la ricerca scientifica usufruendo di adeguati spazi di lavoro e
della copertura assicurativa per infortuni e responsabilità civile;
- collaborare a titolo gratuito alle attività di didattica e ricerca delle
strutture di riferimento nonché ad altre iniziative in coordinamento con i responsabili
delle strutture stesse.
Resta ferma la possibilità, secondo la normativa in materia, di
accedere a contratti di insegnamento previsti dagli ordinamenti didattici delle Facoltà
e/o a contratti di collaborazione con il Dipartimento. La qualifica non consente,
ovviamente, lassunzione di incarichi di responsabilità istituzionale o gestionale o
la partecipazione ad organi e collegi per i quali la legge preveda la posizione di
professore in servizio.
La valutazione delle richieste
compete al Magnifico Rettore che, sentiti anche i responsabili delle strutture coinvolte,
decide sulla base dellapprezzamento degli alti meriti scientifici del richiedente o delle
rilevanti benemerenze accademiche acquisite nel corso della carriera. |
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