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Il
PAPA e la "sua" CURIA ROMANA soggetta a "probabili "
15 malattie spirituali |
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Le
"probabili" 15 malattie della Curia, secondo il Papa,
mentre fa mente locale al catalogo dei Padri nel deserto |
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1. Sentirsi "immortale", "immune" o addirittura
"indispensabile"
2. Martalismo (che viene da Marta), o eccessiva operosità
3. Impietrimento mentale e spirituale.
4. Eccessiva pianificazione e funzionalismo.
5. Cattivo coordinamento.
6. Alzheimer spirituale.
7. Rivalità e vanagloria. |
8. Schizofrenia
esistenziale.
9. Chiacchiere, mormorazioni e pettegolezzi.
10. Divinizzare i capi.
11. Indifferenza verso gli altri.
12. Faccia funerea.
13. Accumulare.
14. Circoli chiusi
15. Profitto mondano, esibizionismi. |
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Dottrina della fede;
- Chiese Orientali;
- Culto divino e Disciplina dei sacramenti;
- Cause dei santi;
- Evangelizzazione dei popoli |
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- Clero;
- Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica;
- Educazione cattolica;
- Vescovi. |
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Discorso del
Santo Padre alla Curia,
venuta per gli auguri natalizi
"La Curia Romana è chiamata a migliorarsi"
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Cari fratelli Cardinali e Superiori della Curia Romana,
al termine dellAvvento ci incontriamo per i tradizionali saluti.
Tra qualche giorno avremo la gioia di celebrare il Natale
del Signore; levento di Dio che si fa uomo per salvare gli uomini; la manifestazione
dellamore di Dio che non si limita a darci qualcosa o a inviarci qualche messaggio o
taluni messaggeri ma dona a noi sé stesso; il mistero di Dio che prende su di sé la
nostra condizione umana e i nostri peccati per rivelarci la sua Vita divina, la sua grazia
immensa e il suo perdono gratuito. E lappuntamento con Dio che nasce nella
povertà della grotta di Betlemme per insegnarci la potenza dellumiltà. Infatti, il
Natale è anche la festa della luce che non viene accolta dalla gente "eletta"
ma dalla gente povera e semplice che aspettava la salvezza del Signore.
Innanzitutto, vorrei augurare a tutti voi -
collaboratori, fratelli e sorelle, Rappresentanti pontifici sparsi per il mondo - e a
tutti i vostri cari un santo Natale e un felice Anno Nuovo. Desidero ringraziarvi
cordialmente, per il vostro impegno quotidiano al servizio della Santa Sede, della Chiesa
Cattolica, delle Chiese particolari e del Successore di Pietro.
Essendo noi persone e non numeri o soltanto
denominazioni, ricordo in maniera particolare coloro che, durante questo anno, hanno
terminato il loro servizio per raggiunti limiti di età o per aver assunto altri ruoli
oppure perché sono stati chiamati alla Casa del Padre. Anche a tutti loro e ai loro
famigliari va il mio pensiero e gratitudine.
Desidero insieme a voi elevare al Signore un vivo e
sentito ringraziamento per lanno che ci sta lasciando, per gli eventi vissuti e per
tutto il bene che Egli ha voluto generosamente compiere attraverso il servizio della Santa
Sede, chiedendogli umilmente perdono per le mancanze commesse "in pensieri,
parole, opere e omissioni".
E partendo proprio da questa richiesta di perdono,
vorrei che questo nostro incontro e le riflessioni che condividerò con voi diventassero,
per tutti noi, un sostegno e uno stimolo a un vero esame di coscienza per preparare il
nostro cuore al Santo Natale.
Pensando a questo nostro incontro mi è venuta in
mente limmagine della Chiesa come il Corpo mistico di Gesù Cristo. È
unespressione che, come ebbe a spiegare il Papa Pio XII, «scaturisce e quasi
germoglia da ciò che viene frequentemente esposto nella Sacra Scrittura e nei Santi
Padri»1. Al riguardo san Paolo scrisse: «Come infatti il corpo, pur essendo
uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche
Cristo» (1 Cor 12,12)2.
In questo senso il Concilio Vaticano II ci ricorda
che «nella struttura del corpo mistico di Cristo vige una diversità di membri e di
uffici. Uno è lo Spirito, il quale per l'utilità della Chiesa distribuisce la varietà
dei suoi doni con magnificenza proporzionata alla sua ricchezza e alle necessità dei
ministeri (cfr. 1 Cor 12,1-11)»3. Perciò «Cristo e la Chiesa formano
il "Cristo totale" - Christus totus -. La Chiesa è una con Cristo»4.
È bello pensare alla Curia Romana come a un
piccolo modello della Chiesa, cioè come a un "corpo" che cerca seriamente e
quotidianamente di essere più vivo, più sano, più armonioso e più unito in sé stesso
e con Cristo.
In realtà, la Curia Romana è un corpo complesso,
composto da tanti Dicasteri, Consigli, Uffici, Tribunali, Commissioni e da numerosi
elementi che non hanno tutti il medesimo compito, ma sono coordinati per un funzionamento
efficace, edificante, disciplinato ed esemplare, nonostante le diversità culturali,
linguistiche e nazionali dei suoi membri5.
Comunque, essendo la Curia un corpo dinamico, essa
non può vivere senza nutrirsi e senza curarsi. Difatti, la Curia - come la Chiesa - non
può vivere senza avere un rapporto vitale, personale, autentico e saldo con Cristo6.
Un membro della Curia che non si alimenta quotidianamente con quel Cibo diventerà un
burocrate (un formalista, un funzionalista, un mero impiegato): un tralcio che si secca e
pian piano muore e viene gettato lontano. La preghiera quotidiana, la partecipazione
assidua ai Sacramenti, in modo particolare allEucaristia e alla riconciliazione, il
contatto quotidiano con la parola di Dio e la spiritualità tradotta in carità vissuta
sono lalimento vitale per ciascuno di noi. Che sia chiaro a tutti noi che senza di
Lui non potremo fare nulla (cfr Gv 15, 8).
Di conseguenza, il rapporto vivo con Dio alimenta e
rafforza anche la comunione con gli altri, cioè tanto più siamo intimamente congiunti a
Dio tanto più siamo uniti tra di noi perché lo Spirito di Dio unisce e lo spirito del
maligno divide.
La Curia è chiamata
a migliorarsi, a migliorarsi sempre e a crescere in comunione, santità e sapienza per
realizzare pienamente la sua missione7. Eppure essa, come ogni corpo, come ogni
corpo umano, è esposta anche alle malattie, al malfunzionamento, allinfermità.
E qui vorrei menzionare alcune di queste probabili malattie, malattie curiali. Sono
malattie più abituali nella nostra vita di Curia. Sono malattie e tentazioni che
indeboliscono il nostro servizio al Signore. Credo che ci aiuterà il "catalogo"
delle malattie - sulla strada dei Padri del deserto, che facevano quei cataloghi - di cui
parliamo oggi: ci aiuterà a prepararci al Sacramento della Riconciliazione, che sarà un
bel passo di tutti noi per prepararci al Natale.
Credo che ci aiuterà il "catalogo" delle malattie - sulla
strada dei Padri del deserto, che facevano quei cataloghi - di cui parliamo oggi: ci
aiuterà a prepararci al Sacramento della Riconciliazione, che sarà un bel passo di tutti
noi per prepararci al Natale. ....... |
NINO LUCIANI, Caro papa,
vorrei solo dirti ... che determinate anomalie sono il frutto dei meccanismi
istituzionali, al di là delle persone... 1.- Premessa. Le
"probabili" anomalie attribuite dal papa alla curia romana mi hanno
ricordato caratteristiche proprie delle macro-amministrazioni, in generale, e che quindi
non vanno identificate in "malattie delle persone", ma in fenomeni da
disadattamento, curabili con riforme organizzative. Vediamo meglio.
I fenomeni da disadattamento sono comuni alle macro amministrazioni, per cui
vedi le persone diventare "anormale", vale dire fare cose che non farebbero mai
in condizioni normali, tanta è la sofferenza, in cui vengono a trovarsi a causa di
determinati meccanismi, diventati perversi.
Proprio in questi giorni abbiamo assistito, nel nostro Senato, ad
attengiamenti irruenti, indotti dal trovarsi (i senatori) a votare su testi di legge
incompleti o errati. Come mai ? Perversione del governo sui senatori ?
Ma torniamo alla curia. Per quanto risulta dai siti infomatici vaticani,
l'Amministrazione della chiesa romana è articolata in dicasteri, detti Congregazioni (e
in strutture temporanee per specifici compiti).
Esse sono:
- Dottrina della fede;
- Chiese Orientali;
- Culto divino e Disciplina dei sacramenti;
- Cause dei santi;
- Evangelizzazione dei popoli;
- Clero;
- Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica;
- Educazione cattolica;
- Vescovi.
Nulla risulta circa il numero dei membri e la tipologia organizzativa.
2.- Sul potere burocratico.
In generale:
a) il burocrate dirigente è custode della memoria storica
dell'ufficio da lui diretto; e conosce le leggi e i regolamenti. Questo fatto gli
attribuisce una forza professionale nei confronti dei politici "suoi superiori".
Questo vale anche per la Curia, nei confronti del papa.
Nel caso della Pubblica Amministrazione non c'è un profitto a cui
collegare la validità del burocrate, ma invece una "utilità pubblica, che non è
oggettivamente quantificabile. Vi supplisce la predefinizione di un procedimento di
approvazione degli atti, la cui fedele attuazione crea una valutazione positiva del
comportamento del dirigente burocrate.
Ma ahimè si è su un terreno fragile, la cui consistenza dipende
molto dalla furbizia nel creare relazioni, e che in pratica rende i burocrati importanti,
e insostituibili.
Questa forza oggettiva dei burocrati diviene anche forza politica, se i
politici sono dei fasulli professionalmente, e se le decisioni sono importanti; e tanto
più se i politici restano in carica, a rotazione, per brevi periodi, sicchè non hanno
neppure il tempo (anche volendo) di conoscere la propria amministrazione.
b) In generale il burocrate pubblico ( dirigenti e subordinati), è pagato
poco; e non ha grandi prospettive di carriera. Pertanto si può ritenere ipotesi
realistica che egli cerchi un rimedio dalle soddisfazioni morali nel proprio
meritorio lavoro. Conta molto l'ossequio del pubblico.
C'è, poi, il fenomeno del "secondo lavoro", ma considerando
quello privato come primo lavoro, e quello pubblico come secondo lavoro (soprattutto nei
Comuni).
Può anche capitare che il dirigente burocrate cada preda di
gratificatori pecuniari, se egli si trovi a procurare contratti onerosi per la Pubblica
Amministrazione, per servizi forniti da imprese private.
Il burocrate dirigente ha, di solito, un orizzonte temporale lungo,
vale dire ha a cuore lo stabilizzare la propria posizione economica, e fare carriera.
Diviene a ciò funzionale, che i dirigenti burocrati cerchino di
rafforzarsi costituendosi in associazione extra-ordinamento, su iniziativa di uno di loro,
o di soggetti esterni; e quando sono tanti, che essi si sotto-sezionino in gruppi
autonomi, che competono tra loro per conquistare i settori più importanti della
amministrazione.
3.- Come riportare la burocrazia a compatilità con gli
interessi della Pubblica Amministrazione. Nella mia università (Bologna, dove
sono stato Membro del Senato Integrato, e Consigliere di Amministrazione) mi sono sempre
battuto per sottomettere l'Amministrazione al Rettore. Ma ho sempre perso. Anzi ho visto
la burocrazia intrallazzare nelle elezioni del Rettore, per far uscire un rettore gradito.
Nel caso di papa Albino Luciani, si è parlato non poco, a suo tempo, di
intrallazzi della curia, per fare fuori un papa scomodo.
Non credo a nulla di questo, anche perchè so quanto sia facile
"costruire fatti" alimentati dalla fantasia, generata dalle carattestiche comuni
agli ambienti burocratici.
Anche in Italia, ovviamente, le dicerie a favore o contro la burocrazia hanno
tutta una sequela. Ricordo alcuni rimedi trovati:
a) a livello costituzionale, si richiede che il personale della P.A, sia scelto per
concorso;
b) Questo tipo di filtro evita le deviazioni peggiori, ma non è sufficiente per
una pulizia totale. Accenno ad alcuni rimedi applicati:
- Andreotti fece un ricambio generazionale della burocrazia, regalando 10 anni di
anzianità a chi andava in pensione. Secondo me, ne derivò una dequalificazione grave
della burocrazia statale;
- E' stato introdotto lo "spoyling system"
vale dire il potere del nuovo ministro di sostituire, con persone di fiducia, i
collaboratori tecnici più diretti. Questo ha inquinato la P.A..
- E' stato separato il potere politico dal potere amministrativo in senso stretto.
Ciò implicava che il dirigente amministrativo firmasse gli atti circa la loro conformità
alla legge, prima che il politico li firmasse circa la responsabilitò politica. Non ho
mai capito cosa sia stato fatto davvero.
- E' stato creato un sistema di premi in base al rendimento. E' stata una
follia, perchè i dirigenti sono solidali nel darsi retribuzioni. La strada dovrebbe
essere tutta diversa. C'è chi propone di precostuire parametri analitici di misurazione
degli atti, con l'ausilio della informatica. E' una stupidità, perchè nulla vive se non
è collegato a interessi individuali a favore o contro. Ho approfondito delle soluzioni in
uno studio, |
che ho pubblicato in file:///C:/Users/NINO/AppData/Local/Microsoft/Windows/Temporary%20Internet%20Files/Content.IE5/XNZXP1VH/scritti_scelti_luciani.pdf,
2002, p. 600. Un riassunto, ad uso degli studenti, si trova in: N. Luciani, Economia
generale, ed, Franco Angeli, Milano 2005, cap.13. 4.- Torniamo alla curia. Il
degenerare "probabile" (aggettivo del papa) di certe tipicità delle curia va,
invece (in termini di probabilità), imputato al papa, uomo di preghiera, più che
uomo di amministrazione. Egli ha cercato un rimedio, a modo suo, appellando alle
coscienze, ma la cui buona fede va largamente presunta, perché riferite a persone (laici
ed ecclesiastici) doppiamente filtrate circa la fedeltà ai principi cristiani. Penso che
il punto dolente stia nei meccanismi inanimati, che girano per conto loro, e che
imbottigliano le persone.
Il papa dovrà, invece, cercare di approfondire la conoscenza di
questi meccanismi.
a) Sul piano del funzionamento corrente, egli dovrà fare visita, di tanto
in tanto, agli uffici della Curia, per verificarne la situazione visibile, e cercare
qualche dialogo col personale. Se non può..., deleghi qualcuno ..., ma non si lamenti,
nè faccia dichiarazioni con attribuzioni di malattie "probabili"...
b) Sul piano strutturale è "probabile" che ( come avviene in
campo temporale) la Curia sia controllata da gruppi di potere, che si sono via via
cristallizzati nel tempo, in quanto i papi cambiano raramente. Questi gruppi sono delle
vere e proprie correnti, come quelle della DC che si ripartivano i ministeri in base al
Manuale Cencelli, e che determinarono danni incalcolabili all'Italia e alla DC. Ne ho
avuto sentore in questi anni, quando un ecclesiastico mi ha raccontato che le sedi
arcivescovili di Bologna e Ferrara sono state date a preti di vicini a CL.
Gli suggerirei, pertanto,, le seguenti riforme:
1) La curia va suddivisa in un numero di dicasteri, tale che ognuno di loro
stia all'interno di un determinato range numerico (es.: non inferiore a 30 e non superiore
a 50 persone);
2) Ogni dicastero abbia a capo un laico tecnico-amministrativo, scelto per
concorso.
3) Non creare un direttore generale laico, perchè coalizzebbe i capi
dicastero, per costruire un potere, passibile di deviazioni, prima o poi.
4) Sopra ogni capo dicastero metta un referente ecclesiastico di sua nomina.
5) Sull'insieme dei referenti ecclesiastici metta un coordinatore generale,
ecclesiastico. Il mandato degli ecclesiastici abbia la durata di 5 anni, non rinnovabile
per più di due mandati.
Ma i rinnovi avvengano senza creare eccessi di discontinuità, e
pertanto si crei un meccanismo di parziale rinnovo a medio termine (es.: un terzo la prima
volta, un terzo la seconda volta, un terzo la terza volta). NINO LUCIANI |
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Papa Francesco di Roma
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Patriarca Kirillo di Mosca
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Dichiarazione comune
Cuba, 12 feb. 2016
ARGOMENTI: a)
rapporti reciproci tra le Chiese cattolica e ortodossa; b) problemi essenziali dei nostri
fedeli; c) prospettive di sviluppo della civiltà umana.
1. Per volontà di Dio Padre dal quale viene ogni dono, nel nome
del Signore nostro Gesù Cristo, e con l'aiuto dello Spirito Santo Consolatore, noi. Papa
Francesco e Kirill, Patriarca di Mosca e di tutta la Russia, ci siamo incontrati oggi a
L'Avana. Rendiamo grazie a Dio, glorificato nella Trinità, per questo incontro, il primo
nella storia. Con gioia ci siamo ritrovati
come fratelli nella fede cristiana che si incontrano per «parlare a viva voce» (2 Gv
12), da cuore a cuore, e discutere dei rapporti reciproci tra le Chiese, dei problemi
essenziali dei nostri fedeli e delle prospettive di sviluppo della civiltà umana.
2. Il nostro incontro fraterno ha avuto luogo a Cuba, all'incrocio tra Nord e
Sud, tra Est e Ovest. Da questa isola, simbolo delle speranze del "Nuovo Mondo"
e degli eventi drammatici della storia del XX secolo, rivolgiamo la nostra parola a tutti
i popoli dell'America Latina e degli altri Continenti.
Ci rallegriamo che la fede cristiana stia crescendo qui in modo dinamico. Il
potente potenziale religioso dell'America Latina, la sua secolare tradizione cristiana,
realizzata nell'esperienza personale di milioni di persone, sono la garanzia di un grande
futuro per questa regione.
3. Incontrandoci lontano dalle antiche contese del "Vecchio Mondo",
sentiamo con particolare forza la necessità di un lavoro comune tra cattolici e
ortodossi, chiamati, con dolcezza e rispetto, a rendere conto al mondo della speranza che
è in noi (cfr 1 Pt 3, 15).
4. Rendiamo grazie a Dio per i doni ricevuti dalla venuta nel mondo del suo unico
Figlio. Condividiamo la comune Tradizione
spirituale del primo millennio del cristianesimo. I testimoni di questa Tradizione sono la
Santissima Madre di Dio, la Vergine Maria, e i Santi che veneriamo. Tra loro ci sono
innumerevoli martiri che hanno testimoniato la loro fedeltà a Cristo e sono diventati
"seme di cristiani".
5. Nonostante questa Tradizione comune dei primi dieci secoli, cattolici e
ortodossi, da quasi mille anni, sono privati della comunione nell'Eucaristia. Siamo divisi
da ferite causate da conflitti di un passato lontano o recente, da divergenze, ereditate
dai nostri antenati, nella comprensione e l'esplicitazìone della nostra fede in Dio, uno
in tre Persone - Padre, Figlio e Spirito Santo. Deploriamo la perdita dell'unità,
conseguenza della debolezza umana e del peccato, accaduta nonostante la Preghiera
sacerdotale di Cristo Salvatore: «Perché tutti siano una sola cosa. Come tu. Padre, sei
in me e io in tè, siano anch'essi in noi una cosa sola» (Gv 17, 21). 6. Consapevoli della permanenza di
numerosi ostacoli, ci auguriamo che il nostro incontro possa contribuire al ristabilimento
di questa unità voluta da Dio, per la quale Cristo ha pregato. Possa il nostro incontro
ispirare i cristiani di tutto il mondo a pregare il Signore con rinnovato fervore per la
piena unità di tutti i suoi discepoli. In un mondo che attende da noi non solo parole ma
gesti concreti, possa questo incontro essere un segno di speranza per tutti gli uomini di
buona volontà!
7. Nella nostra determinazione a compiere tutto ciò che è necessario per superare
le divergenze storiche che abbiamo ereditato, vogliamo unire i nostri sforzi per
testimoniare il Vangelo di Cristo e il patrimonio comune della Chiesa del primo millennio,
rispondendo insieme alle sfide del mondo contemporaneo. Ortodossi e cattolici devono
imparare a dare una concorde testimonianza alla verità in ambiti in cui questo è
possibile e necessario. La civiltà umana è entrata in un periodo di cambiamento epocale.
La nostra coscienza cristiana e la nostra responsabilità pastorale non ci autorizzano a
restare inerti di fronte alle sfide che richiedono una risposta comune.
8. Il nostro sguardo si rivolge in primo luogo verso le regioni del mondo dove i
cristiani sono vittime di persecuzione. In molti paesi del Medio Oriente e del Nord Africa
i nostri fratelli e sorelle in Cristo vengono sterminati per famiglie, villaggi e città
intere. Le loro chiese sono devastate e saccheggiate barbaramente, i loro oggetti sacri
profanati, i loro monumenti distrutti. In Siria, in Iraq e in altri paesi del Medio
Oriente, constatiamo con dolore l'esodo massiccio dei cristiani dalla terra dalla quale
cominciò a diffondersi la nostra fede e dove essi hanno vissuto, fin dai tempi degli
apostoli, insieme ad altre comunità religiose.
9. Chiediamo alla comunità internazionale di agire urgentemente per prevenire
l'ulteriore espulsione dei cristiani dal Medio Oriente. Nell'elevare la voce in difesa dei
cristiani perseguitati, desideriamo esprimere la nostra compassione per le sofferenze
subite dai fedeli di altre tradizioni religiose diventati anch'essi vittime della guerra
civile, del caos e della violenza terroristica.
10. In Siria e in Iraq la violenza ha già causato migliaia di vittime, lasciando
milioni di persone senza tetto ne risorse. Esortiamo la comunità internazionale ad unirsi
per porre fine alla violenza e al terrorismo e, nello stesso tempo, a contribuire
attraverso il dialogo ad un rapido ristabilimento della pace civile. È essenziale
assicurare un aiuto umanitario su larga scala alle popolazioni martoriate e ai tanti
rifugiati nei paesi confinanti. Chiediamo a
tutti coloro che possono influire sul destino delle persone rapite, fra cui i Metropoliti
di Aleppo, Paolo e Giovanni Ibrahim, sequestrati nel mese di aprile del 2013, di fare
tutto ciò che è necessario per la loro rapida liberazione.
11. Eleviamo le nostre preghiere a Cristo, il Salvatore del mondo, per il
ristabilimento della pace in Medio Oriente che è "il frutto della giustizia"
(cfr Is 32, 17), affinchè si rafforzi la convivenza fraterna tra le varie popolazioni, le
Chiese e le religioni che vi sono presenti, per il ritorno dei rifugiati nelle loro case,
la guarigione dei feriti e il riposo dell'anima degli innocenti uccisi. Ci rivolgiamo, con un fervido appello, a tutte le
parti che possono essere coinvolte nei conflitti perché mostrino buona volontà e siedano
al tavolo dei negoziati. Al contempo, è necessario che la comunità internazionale faccia
ogni sforzo possibile per porre fine al terrorismo con l'aiuto di azioni comuni, congiunte
e coordinate. Facciamo appello a tutti i paesi coinvolti nella lotta contro il terrorismo,
affinchè agiscano in maniera responsabile e prudente. Esortiamo tutti i cristiani e tutti
i credenti in Dio a pregare con fervore il provvidente Creatore del mondo perché protegga
il suo creato dalla distruzione e non permetta una nuova guerra mondiale. Affinchè la
pace sia durevole ed affidabile, sono necessari specifici sforzi volti a riscoprire i
valori comuni che ci uniscono, fondati sul Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo.
12. Ci inchiniamo davanti al martirio di coloro che, a costo della propria vita,
testimoniano la verità del Vangelo, preferendo la morte all'apostasia di Cristo. Crediamo
che questi martiri del nostro tempo, appartenenti a varie Chiese, ma uniti da una comune
sofferenza, sono un pegno dell'unità dei cristiani. È a voi, che soffrite per Cristo,
che si rivolge la parola dell'apostolo: «Carissimi, ... nella misura in cui partecipate
alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della Sua gloria
possiate rallegrarvi ed esultare» (1 Pt 4, 12-13).
13. In quest'epoca inquietante, il dialogo interreligioso è indispensabile. Le
differenze nella comprensione delle verità religiose non devono impedire alle persone di
fedi diverse di vivere nella pace e nell'armonia. Nelle circostanze attuali, i leader
religiosi hanno la responsabilità particolare di educare i loro fedeli in uno spirito
rispettoso delle convinzioni di coloro che appartengono ad altre tradizioni religiose.
Sono assolutamente inaccettabili i tentativi di giustificare azioni criminali con slogan
religiosi. Nessun crimine può essere commesso in nome di Dio, «perché Dio non è un Dio
di disordine, ma di pace» (1 Cor 14, 33).
14. Nell'affermare l'alto valore della libertà religiosa, rendiamo grazie a Dio
per il rinnovamento senza precedenti della fede cristiana che sta accadendo ora in Russia
e in molti paesi dell'Europa orientale, dove i regimi atei hanno dominato per decenni.
Oggi le catene dell'ateismo militante sono spezzate e in tanti luoghi i cristiani possono
liberamente professare la loro fede. In un quarto di secolo, vi sono state costruite
decine di migliaia di nuove chiese, e aperti centinaia di monasteri e scuole teologiche.
Le comunità cristiane portano avanti un'importante attività caritativa e sociale,
fornendo un'assistenza diversificata ai bisognosi. Ortodossi e cattolici spesso lavorano
fianco a fianco. Essi attestano l'esistenza dei fondamenti spirituali comuni della
convivenza umana, testimoniando i valori del Vangelo.
15. Allo stesso tempo, siamo preoccupati per la situazione in tanti paesi in cui i
cristiani si scontrano sempre più frequentemente con una restrizione della libertà
religiosa, del diritto di testimoniare le proprie convinzioni e la possibilità di vivere
conformemente ad esse. In particolare, constatiamo che la trasformazione di alcuni paesi
in società secolarizzate, estranee ad ogni riferimento a Dio ed alla sua verità,
costituisce una grave minaccia per la libertà religiosa. È per noi fonte di inquietudine
l'attuale limitazione dei diritti dei cristiani, se non addirittura la loro |
discriminazione, quando
alcune forze politiche, guidate dall'ideologia di un secolarismo tante volte assai
aggressivo, cercano di spingerli ai margini della vita pubblica.
16. Il processo di integrazione europea,
iniziato dopo secoli di sanguinosi conflitti, è stato accolto da molti con speranza, come
una garanzia di pace e di sicurezza. Tuttavia, invitiamo a rimanere vigili contro
un'integrazione che non sarebbe rispettosa delle identità religiose. Pur rimanendo aperti al contributo di altre
religioni alla nostra civiltà, siamo convinti che l'Europa debba restare fedele alle sue
radici cristiane. Chiediamo ai cristiani dell'Europa orientale e occidentale dì unirsi
per testimoniare insieme Cristo e il Vangelo, in modo che l'Europa conservi la sua anima
formata da duemila anni di tradizione cristiana.
17. Il nostro sguardo si rivolge alle persone che si trovano in situazioni di
grande difficoltà, che vivono in condizioni di estremo bisogno e di povertà mentre
crescono le ricchezze materiali dell'umanità. Non possiamo rimanere indifferenti alla
sorte di milioni di migranti e di rifugiati che bussano alla porta dei paesi ricchi. Il
consumo sfrenato, come si vede in alcuni paesi più sviluppati, sta esaurendo gradualmente
le risorse del nostro pianeta. La crescente disuguaglianza nella distribuzione dei beni
terreni aumenta il sentimento d'ingiustizia nei confronti del sistema di relazioni
internazionali che si è stabilito.
18. Le Chiese cristiane sono chiamate a difendere le esigenze della giustizia, il
rispetto per le tradizioni dei popoli e un'autentica solidarietà con tutti coloro che
soffrono. Noi, cristiani, non dobbiamo dimenticare che «Dio ha scelto ciò che nel mondo
è stolto per confondere i sapienti. Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per
confondere i forti. Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che
è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti
a Dio» (1 Cor 1, 27-29).
19. La famiglia è il centro naturale della vita umana e della società. Siamo
preoccupati dalla crisi della famiglia in molti paesi. Ortodossi e cattolici condividono
la stessa concezione della famiglia e sono chiamati a testimoniare che essa è un cammino
di santità, che testimonia la fedeltà degli sposi nelle loro relazioni reciproche, la
loro apertura alla procreazione e all'educazione dei figli, la solidarietà tra le
generazioni e il rispetto per i più deboli.
20. La famiglia si fonda sul matrimonio, atto libero e fedele di amore di un uomo e
di una donna. È l'amore che sigilla la loro unione ed insegna loro ad accogliersi
reciprocamente come dono. Il matrimonio è una scuola di amore e di fedeltà. Ci
rammarichiamo che altre forme di convivenza siano ormai poste allo stesso livello di
questa unione, mentre il concetto di paternità e di maternità come vocazione particolare
dell'uomo e della donna nel matrimonio, santificato dalla tradizione biblica, viene
estromesso dalla coscienza pubblica.
21. Chiediamo a tutti di rispettare il diritto inalienabile alla vita. Milioni di
bambini sono privati della possibilità stessa di nascere nel mondo. La voce del sangue di
bambini non nati grida verso Dio (cfr Gen 4, 10). Lo
sviluppo della cosiddetta eutanasia fa sì che le persone anziane e gli infermi inizino a
sentirsi un peso eccessivo per le loro famiglie e la società in generale. Siamo anche preoccupati dallo sviluppo delle
tecniche dì procreazione medicalmente assistita, perché la manipolazione della vita
umana è un attacco ai fondamenti dell'esistenza dell'uomo, creato ad immagine di Dio.
Riteniamo che sia nostro dovere ricordare l'immutabilità dei principi morali cristiani,
basati sul rispetto della dignità dell'uomo chiamato alla vita, secondo il disegno del
Creatore.
22. Oggi, desideriamo rivolgerci in modo particolare ai giovani cristiani. Voi,
giovani, avete come compito di non nascondere il talento sotto terra (cfr Mt 25, 25), ma
di utilizzare tutte le capacità che Dio vi ha dato per confermare nel mondo le verità di
Cristo, per incarnare nella vostra vita i comandamenti evangelici dell'amore di Dio e del
prossimo. Non abbiate paura di andare controcorrente, difendendo la verità dì Dio, alla
quale odierne norme secolari sono lontane dal conformarsi sempre.
23. Dio vi ama e aspetta da ciascuno di voi che siate Suoi discepoli e apostoli.
Siate la luce del mondo affinchè coloro che vi circondano, vedendo le vostre opere buone,
rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli (cfr Mt 5, 14, 16). Educate i vostri figli
nella fede cristiana, trasmettete loro la perla preziosa della fede (cfr Mt 13, 46) che
avete ricevuta dai vostri genitori ed antenati. Ricordate che «siete stati comprati a
caro prezzo» (1 Cor 6, 20), al costo della morte in croce dell'Uomo-Dio Gesù Cristo.
24. Ortodossi e cattolici sono uniti non solo dalla comune Tradizione della
Chiesa del primo millennio, ma anche dalla missione di predicare il Vangelo di Cristo nel
mondo di oggi. Questa missione comporta il rispetto reciproco per i mèmbri delle
comunità cristiane ed esclude qualsiasi forma di proselitismo. Non siamo concorrenti ma fratelli, e da questo
concetto devono essere guidate tutte le nostre azioni reciproche e verso il mondo esterno.
Esortiamo i cattolici e gli ortodossi di tutti i paesi ad imparare a vivere insieme nella
pace e nell'amore, e ad avere «gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti» (Rm 15,
5). Non si può quindi accettare l'uso di mezzi sleali per incitare i credenti a passare
da una Chiesa ad un'altra, negando la loro libertà religiosa o le loro tradizioni. Siamo
chiamati a mettere in pratica il precetto dell'apostolo Paolo: «Mi sono fatto un punto di
onore dì non annunziare il vangelo se non dove ancora non era giunto il nome di Cristo,
per non costruire su un fondamento altrui» (Rm 15, 20).
25. Speriamo che il nostro incontro possa anche contribuire alla
riconciliazione, là dove esistono tensioni tra greco-cattolici e ortodossi. Oggi è
chiaro che il metodo dello uniatismo" del passato, inteso come unione di una
comunità all'altra, staccandola dalla sua Chiesa, non è un modo che permette di
ristabilire l'unità. Tuttavia, le comunità ecclesiali apparse in queste circostanze
storiche hanno il diritto di esistere e dì intraprendere tutto ciò che è necessario per
soddisfare le esigenze spirituali dei loro fedeli, cercando nello stesso tempo di vivere
in pace con i loro vicini. Ortodossi e greco-cattolici hanno bisogno di riconciliarsi e
dì trovare forme di convivenza reciprocamente accettabili.
26. Deploriamo lo scontro in Ucraina che ha già causato molte vittime,
innumerevoli ferite ad abitanti pacifici e gettato la società in una grave crisi
economica ed umanitaria. Invitiamo tutte le parti del conflitto alla prudenza, alla
solidarietà sociale e all'azione per costruire la pace. Invitiamo le nostre Chiese in
Ucraina a lavorare per pervenire all'armonia sociale, ad astenersi dal partecipare allo
scontro e a non sostenere un ulteriore sviluppo del conflitto.
27. Auspichiamo che lo scisma tra i fedeli ortodossi in Ucraina possa essere
superato sulla base delle norme canoniche esistenti, che tutti i cristiani ortodossi
dell'Ucraina vivano nella pace e nell'armonia, e che le comunità cattoliche del Paese vi
contribuiscano, in modo da far vedere sempre di più la nostra fratellanza
28. Nel mondo contemporaneo, multiforme eppure unito da un comune destino,
cattolici e ortodossi sono chiamati a collaborare fraternamente nell'annuncio della Buona
Novella della salvezza, a testimoniare insieme la dignità morale e la libertà autentica
della persona, «perché il mondo creda» (Gv 17, 21). Questo mondo, in cui scompaiono
progressivamente i pilastri spirituali dell'esistenza umana, aspetta da noi una forte
testimonianza cristiana in tutti gli ambiti della vita personale e sociale. Dalla nostra
capacità di dare insieme testimonianza dello Spirito di verità in questi tempi difficili
dipende in gran parte il futuro dell'umanità.
29. In questa ardita testimonianza della verità di Dio e della Buona Novella
salvifica, ci sostenga l'Uomo-Dio Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore, che ci
fortifica spiritualmente con la sua infallibile promessa: «Non temere, piccolo gregge,
perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo Regno» (Le 12, 32)! Cristo è fonte
di gioia e di speranza. La fede in Lui trasfigura la vita umana, la riempie di 6 significato. Di ciò si sono potuti
convincere, attraverso la loro esperienza, tutti coloro a cui si possono applicare le
parole dell'apostolo Pietro: «Voi, che un tempo eravate non-popolo, ora invece
siete il popolo dì Dio; voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete
ottenuto misericordia» (1 Pt 2, 10).
30. Pieni di gratitudine per il dono della comprensione reciproca espresso durante
il nostro incontro, guardiamo con speranza alla Santissima Madre di Dio, invocandola con
le parole di questa antica preghiera: "Sotto il riparo della tua misericordia, ci
rifugiamo, Santa Madre di Dio". Che la Beata Vergine Maria, con la sua intercessione,
incoraggi alla fraternità coloro che la venerano, perché siano riuniti, al tempo
stabilito da Dio, nella pace e nell'armonia in un solo popolo di Dìo, per la gloria della
Santissima e indivisibile Trinità!
Francesco, Papa della Chiesa Cattolica, Vescovo di Roma Kirill,
Patriarca di Mosca e di tutta la Russia12 febbraio
2016, L'Avana (Cuba) |
NINO
LUCIANI, "Documento comune", quale bussola per il mondo in confusione. Ma
anche occasione per il riesame critico di alcuni nodi, quale il rapporto tra scienza e
fede, e gli ostacoli ai matrimoni misti. I)
Premessa. Penso che la grande attenzione, oggi nel mondo, ai messaggi di papa
Francesco (e oggi anche del patriarca Kirillo) venga dalla prospettazione del riordino dei
problemi umani, nell'ottica del mondo ultraterreno, (e che qui focalizziamo nel dipinto,
sopra riportato).
In particolare, l'attenzione medesima è mossa (penso) dall'associazione di due
elementi:
a) da un lato, causa il vuoto di governance del mondo, il contatto diretto di molti
popoli di diversa civiltà genera conflitti tra i grandi problemi, e ciò esaspera la vita
umana come mai in passato. Il contatto è conseguenza della emigrazione di massa e della
comunicazione interattiva digitale delle diversità, in tempo reale;
b) da altro lato, le Chiese cristiane occupano la porta che apre alla vita
ultraterrena, e fanno riferimento a "un mondo multiforme, eppure unito da un comune
destino" (parole del Documento), vale dire, tutti dovranno dovranno passare per
quella porta (credenti e non).
I due "papi" ritengono (penso) di aver le chiavi di quella porta, visto
che Gesù ha detto a Pietro, primo papa: «Io ti darò le chiavi del regno dei
cieli; e qualsiasi cosa avrai legato sulla terra sarà legato nei cieli, e qualsiasi cosa
avrai sciolto in terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16,19).
c) Nei vangeli, Gesù fa anche una netta distinzione tra valori veri e valori
fittizi, da cui discende che le persone, che sono prime nella scala sociale
storicamente esistente, potranno ritrovarsi ultime nella scala sociale secondo il
Creatore.
.
II. Sui problemi del dialogo tra le chiese cristiane. Ma, poi, approfondendo, si
scopre che, dentro il quadro di base, non tutto quadra.
Vediamo i tre punti del Documento.
a) Circa la rottura della unità, è un fatto che la chiesa di Gesù,
fin dai primi tempi, è stata travagliata da inquietudini interpretative dei Vangeli. E la
cosa non è finita là, come provano i numerosi Concilii che cercavano interpretazioni
comuni.
Non solo: c'è stata, poi, la grande scissione tra la chiesa di Roma e la chiesa di
Costantinopoli (1054), ma anche tra la chiesa cattolica di Roma e le chiese protestanti
del nord Europa (Concilio di Trento,1545-1563).
b) Circa le cause della perdita dell'unità tra le due chiese (cattolica e
ortodossa) i due "papi" non evocano le note differenze teologiche, ma tagliano
corto imputandole alla "debolezza umana e al peccato". Si trattò di
motivi finanziari e politici?
E' noto che il potere religioso dà forza al poteri pubblici e ne è ricambiato
finanziariamente; così come il proselitismo religioso procura entrate.
- Anche nel caso della separazione delle chiese protestanti, ci furono "fatti di
peccato" (direbbe Lutero), precisamente l'abuso della "vendita delle
indulgenze".
A sua volta, anche la eventuale riunificazione creerà problemi dello stesso tipo.
c) Al tema stesso è evidente che la scissione ha avuto un prezzo in termini
di caduta della ampiezza del potere di influenza delle chiese sull'opinione pubblica. E
questo è divenuto un prezzo troppo alto, oggi, in cui subentrano problemi di grandezza
planetaria.
I due "papi" sono chiari: "Ortodossi e cattolici devono imparare
a dare una concorde testimonianza alla verità in ambiti in cui questo è possibile e
necessario. La civiltà umana è entrata in un periodo di cambiamento epocale. La nostra
coscienza cristiana e la nostra responsabilità pastorale non ci autorizzano a restare
inerti di fronte alle sfide che richiedono una risposta comune".
d) Come risolvere ? Penso che il problema sia solo una questione di metodo.
Si dovrà:
- assumere che le divergenze interpretative teologiche sono esenti da peccato. (Questa non
è una legittimazione del relativismo, ma del fatto che le differenze di opinione possono
avere un fondamento).
- trovare soluzioni organizzative per incontri continui di dialogo sui temi specifici;
- trovare una soluzione comune ai problemi finanziari;
- la Chiesa di Roma dovrà fare un qualche passo indietro nell'uso del dogma della
infallibilità del papa in materia di fede.
- Sul dialogo tra le chiese e il mondo scientifico. Il Documento censura la ricerca
scientifica in materia di creazione artificiale della vita (par. 21), nel nome del
"rispetto del diritto inalienabile alla vita", che è un principio generale
fondamentale.
a) Può essere che, nel caso specifico, il Documento abbia ragione ma,
storicamente, per la interpretazione dei vangeli, il fattore decisivo è stato la cultura
corrente, e questo sia in campo morale (vedi pena di morte, nello Stato Pontificio), sia
in campo scientifico (vedi Tribunale della Inquisizione), sia pure "pro bono
veritatis". Con il senno di poi, "presunte verità" sono risultate
rovesciate. Ad es.:
- non era vero che, come capito dai primi apostoli, la fine del mondo ci sarebbe
stata alla fine della prima generazione vivente ai tempi di Gesù (i fisici, hanno
confermato che la fine del mondo ci sarà, ma l'hanno posticipata);
- non era vero che la terra giri intorno al sole, ma è il contrario;
- non era vero che la chimica fosse stregoneria.
b) Pur dopo la prova della inversione delle tesi, rimangono dualismi e
reciproca diffidenza tra le chiese e il mondo scientifico. Anche, nei rapporti
tra chiese e scienza, andrà inventato un metodo, di consultazione (se non di
unione). Dal punto di vista scientifico, Dio risulta aver creato il mondo in una
successione di approcci; e che tuttora Egli continui a migliorarlo (e forse a creare nuovi
mondi). In questi approcci, il creatore appare affidare all'uomo un ruolo nel
miglioramento della creazione, e dunque il progresso scientifico ha un ruolo anche nella
interpretazione corretta del vangelo;
Questo miglioramento va anche ai poveri, quelli per cui Bergoglio invoca la
redistribuzione dei beni. Basti pensare all'importanza del frigorifero per tutti,
per il sostentamento alimentare delle masse, pur se nulla mai basta.
In tema di misericordia di Dio, il Documento ne fa un cardine. Questa si
collega alla visione dell'uomo che, decaduto a causa del peccato originale, è stato
riscattato, presso Dio, da Gesù con il sacrificio della croce.
L'idea della caduta in disgrazia, causa il peccato originale (vale dire,
lidea di un processo allindietro), è contrastata dal fatto che il processo
appare in avanti, grazie al superamento di molti limiti (es.: la chirurgia vince
determinate menomazioni "naturali"; ci sarà la modifica del genoma per
specifiche ricostruzioni di tasselli rovinati del DNA; la comunicazione del pensiero
avviene in tempo reale in dimensione planetaria).
Pertanto, il mondo scientifico preme per una nuova interpretazione delle origini
dell'uomo, in quanto creato in un continuo e ancora in fieri.
Che la creazione dell'uomo sia avvenuta, a partire da una creatura precedente
(prototipo) o da fango, è irrilevante, visto che "homo pulvis est et un pulvirem
revertetur", e che anche quel prototipo-animale era polvere: vale dire le due ipotesi
coincidono.Forse la tesi biblica voleva rimarcare che luomo non nacque subito in
spirito, come gli angeli.
L'idea che l'uomo sia stato il risultato di una evoluzione casuale, non di
una precisa volontà, è invece senza fondamento scientifico. Vi soccorrono la
assoluta novità di lui per quantità di intelligenza, complessità, razionalità del suo
essere, e la sua chiamata alla vita eterna.
Assistiamo ad un dualismo tra il concetto di un Dio
"buono" e catastrofi naturali e crudeltà dell'uomo contro l'uomo ?
Dobbiamo riconoscere che il quadro conoscitivo, di cui disponiamo, è radicalmente
insufficiente.
Constatiamo che, nella nostra vita, non ci sono solo lacrime, ed è un fatto:
- che esiste una felicità interiore "cristiana" (grazie alla preghiera e
al collegamento unilaterale dell'uomo con il Creatore);
- e che esiste la "felicità di Seneca", umana.
- Al tempo stesso il mondo scientifico è consapevole che la scienza attuale è
probabilmente molto sotto lo 1% di quanto rimane da scoprire (rinvio alle parole di
Einstein). Per questo, l'attuale interpretazione del vangelo e la filosofia razionale
rimarranno a lungo un riferimento di prima approssimazione, insostituibile.
Anche Tommaso d'Aquino volle una teologia su basi razionali ma, dopo aver molto
cercato
, egli ci raccontò di un bambino che, sulla spiaggia, travasava l'acqua del
mare in una buca con un cucchiaino. "Cosa fai ?", chiese Tommaso al bambino. E
il bambino gli rispose: "Faccio quello che fai tu, che pensi di capire Dio con la
mente umana". Tommaso disse che il bambino sparì, dopo quella ammonizione.
E più vicino a Dio, il Papa o Einstein ?
Penso che, soggettivamente, il papa sia più vicino; e che, oggettivamente, sia
Einstein il più vicino.
Einstein aveva scritto: «Chiunque sia veramente impegnato nel lavoro scientifico
si convince che le leggi della natura manifestano lesistenza di uno Spirito
immensamente superiore a quello delluomo, e di fronte al quale noi, con le nostre
modeste facoltà, dobbiamo essere umili»; «La mia religiosità consiste in unumile
ammirazione di quello Spirito immensamente superiore .... Con il nostro intelletto debole
e transitorio, possiamo comprendere della realtà. Voglio sapere come Dio creò questo
mondo...".
Un gesuita della Università Gregoriana mi aveva detto che, se Dio non dà luce, un
uomo (da solo) non ha la capacità di trovare la fede.
III.- Sui problemi essenziali dei fedeli cristiani. I due "papi"
lamentano:
- che i loro fedeli siano vittime di persecuzione, e questo sia (oggi) in medio
oriente, sia (in passato) in Europa Orientale (nei regimi comunisti);
- le restrizioni alla libertà religiosa.
Queste richieste, oltre ad avere un fondamento per determinare la felicità della
umanità, sono universalmente sostenute.
Tuttavia, il fatto che ci siano conflitti tra diverse idee religiose, va
approfondito per separare gli eventuali elementi parassiti, nascosti. Es.:
- il fatto che un proprio adepto passi al cristianesimo fa venir meno il versamento della
decima (elemento parassita) al capo religioso;
- il cristianesimo libera la donna dallo stato di "servilismo" verso qualcuno (e
questi reagisce);
- il cristianesimo distingue tra fedeltà al creatore e fedeltà al potere temporale.
Questo non valeva solo per gli imperatori di Roma, ma tuttora per i regimi totalitari,
fondati su religioni non cristiane. La storia, anche europea, è piena di questi casi.
Vediamo meglio, dentro casi particolari.
IV.- Sulle prospettive di sviluppo della civiltà umana. I due
"papi" lamentano:
- la crisi della famiglia fondata sul matrimonio;
- le crisi umanitarie determinate da guerre e conflitti vari;
- le situazioni di "estremo bisogno e di povertà, mentre crescono le
ricchezze materiali della umanità" (par. 17). Domando:
a) nel caso del matrimonio, vogliono un determinato matrimonio religioso ?
Ad es. come è visto il matrimonio misto (vale dire,il matrimonio tra persone di
diversa religione) ?
Il divieto di matrimoni misti, nella storia, ha recato gravi danni alla pace
sociale. Infatti :
- nei Paesi senza differenze religiose (es., tra normanni e sassoni) le razze si sono
fuse;
- nei Paesi con differenze religiose (vedi Balcani) protratte nei secoli, le etnie sono
rimaste separate, fino a determinare guerre etniche;
- dove sono subentrate differenze religiose (es. Irlanda, cattolici e protestanti) sono
sorte guerre.
Un papa ha un bel dire ("mai più guerre per motivi di religione")... I
nodi vanno sciolti e la cultura universale è la via.... |
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**
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Il PAPA , i "CATTOLICI IN POLITICA"
e il "dono dello SPIRITO SANTO" |
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"SERVE
UN PARTITO SOLO DEI CATTOLICI ? " - "UN
CATTOLICO DEVE FARE POLITICA ?" |
- La Domanda di un
giovane al papa: "Siamo impegnati nel volontariato, nellassociazionismo e nella
politica. Come mantenere vivo il rapporto tra la fede in Gesù Cristo e la responsabilità
ad agire sempre per la costruzione di una società più giusta e solidale? - La Risposta del papa: a) "La Chiesa ... riceve il dono
dello Spirito Santo... .Non è un partito
politico";
b) "Si sente: Noi dobbiamo fondare un partito
cattolico !. "Quella non è la strada". Un
partito solo dei cattolici non serve e non avrà capacità convocatorie,
perché farà quello per cui non è stato chiamato;
b) "Ma, un cattolico può fare politica?" - "Deve
!" - "Ma un cattolico può immischiarsi in politica?" - "Deve!"
;
c) "Paolo VI ... ha detto che la politica è una delle forme più
alte della carità, perché cerca il bene comune". |
LUCIANI: " Per un laico cattolico, quanto e' vincolante il
parere del papa, in materia temporale ?
e quale è la differenza tra il fare politica "senza un partito" e il fare
politica "con un partito" ?
Queste domande aggiuntive sono su un piano diverso da quella se
"serve
un partito SOLO DEI CATTOLICI ", che è un concetto contraddittorio. |
|
RIPORTATO
DA LAVVENIRE, 1 MAGGIO 2015 (Stralcio)
Un incontro tra amici. Con un dialogo appassionato,
con domande e risposte a 360 gradi. È quello che si è tenuto oggi (30.4.2015), in Aula
Paolo VI, tra Papa Francesco e i membri della Comunità di vita cristiana (CVX) - Lega
Missionaria Studenti dItalia. Circa 5.000 persone. Di seguito le domande di alcuni
partecipanti e le risposte a braccio del Papa. In fondo il testo del discorso scritto che
Francesco però non ha letto.
::::::
Gianni: Santo Padre, io sono Gianni, vengono dalla CVX dell'Aquila. Siamo
impegnati da oltre 30 anni nel volontariato, nell'associazionismo e nella politica.
Allora, nel nostro impegno nella vita sociale vorremmo che ognuno - specialmente chi è
più giovane tra noi - comprenda che oltre al bene privato, troppo spesso prevalente,
esiste un interesse generale che appartiene alla comunità intera.
Santo Padre, quale discernimento può venirci dalla spiritualità ignaziana
per aiutarci a mantenere vivo il rapporto tra la fede in Gesù Cristo e la responsabilità
ad agire sempre per la costruzione di una società più giusta e solidale? Grazie.
Papa Francesco: Credo che questa domanda che tu hai fatto la
risponderebbe molto meglio di me padre Bartolomeo Sorge - non so se è qui: no, non l'ho
visto
Lui è stato uno bravo, eh? Lui è un gesuita che ha aperto la strada in
questo campo della politica. Ma, si sente: "Noi dobbiamo fondare un partito
cattolico!": quella non è la strada.
La Chiesa è la comunità dei cristiani che adora il Padre, va sulla strada del Figlio
e riceve il dono dello Spirito Santo. Non è un partito politico. "No, non diciamo
partito, ma
un partito solo dei cattolici": non serve e non
avrà capacità convocatorie, perché farà quello per cui non è stato chiamato.
"Ma, un cattolico può fare politica?" - "Deve!" - "Ma un
cattolico può immischiarsi in politica?" - "Deve!".
Il Beato Paolo VI, se non sbaglio, ha detto che la politica è una delle forme più
alte della carità, perché cerca il bene comune. "Ma, Padre, fare politica non è
facile, perché in questo mondo corrotto
e alla fine tu non puoi andare avanti
": cosa vuoi dirmi, che fare politica è un po' martiriale? Sì. Eh sì: è una
sorta di martirio. Ma è un martirio quotidiano: cercare il bene comune senza lasciarti
corrompere. Cercare il bene comune pensando le strade più utili per quello, i mezzi più
utili. Cercare il bene comune lavorando nelle piccole cose, piccoline, da poco
ma
si fa.
Fare politica è importante: la piccola politica e la grande politica. Ma, nella Chiesa
ci sono tanti cattolici che hanno fatto una politica non sporca, buona; anche, che hanno
aiutato alla pace nei Paesi. Ma pensate ai cattolici qui, in Italia, del dopoguerra -
alcuni: pensate a De Gasperi; pensate alla Francia: Schumann, che ha la causa di
beatificazione
Si può diventare santo facendo politica. E non voglio
nominare più: valgono due esempi, di quelli che vogliono andare avanti nel bene comune.
Fare politica è martiriale: davvero un lavoro martiriale, perché bisogna andare tutto
il giorno con quell'ideale, tutti i giorni, con quell'ideale di costruire il bene comune.
E anche portare la croce di tanti fallimenti, e anche portare la croce di tanti peccati.
Perché, nel mondo è difficile fare il bene in mezzo alla società senza sporcarsi un
poco le mani o il cuore: ma per questo vai a chiedere perdono, chiedi perdono e continua a
farlo. Ma che questo non ti scoraggi. "No, Padre, io non faccio politica perché non
voglio peccare" - "Ma non fai il bene! Vai avanti, chiedi al Signore che ti
aiuti a non peccare, ma se ti sporchi le mani, chiedi perdono e continui avanti!". Ma
fare, fare
E proprio lottare per una società più giusta e solidale.
Qual è la soluzione che oggi ci offre, questo mondo globalizzato, per la politica?
Semplice: al centro, il denaro. Non l'uomo e la donna: no. Il denaro. Il dio denaro.
Questo al centro. Poi, tutti al servizio del dio denaro. Ma per questo, quello che non
serve al dio denaro si scarta. E quello che ci offre oggi il mondo globalizzato è la
cultura dello scarto: quello che non serve, si scarta.
Si scartano i bambini perché non si fanno bambini o perché si uccidono i bambini
prima di nascere; si scartano gli anziani, perché
ma, gli anziani non servono: ma
adesso che manca il lavoro vanno a trovare i nonni perché la pensione ci aiuti, no? Ma
servono congiunturalmente, no? Ma si scartano, si abbandonano gli anziani. E adesso, il
lavoro si deve diminuire perché il dio denaro non può fare tutto, e si scartano i
giovani: qui, in Italia, giovani dai 25 anni in giù - non voglio sbagliare, correggimi,
eh? - il 40-41% è senza lavoro. Si scarta
Ma questo è il cammino della
distruzione.
Io cattolico guardo dal balcone? Non si può guardare dal balcone! Immischiati lì! Dà
il meglio: se il Signore ti chiama a quella vocazione, va lì, fai politica: ti farà
soffrire, forse ti farà peccare, ma il Signore è con te. Chiedi perdono e vai avanti. Ma
non lasciamo che questa cultura dello scarto ci scarti tutti! Anche scarta il Creato, ché
il Creato ogni giorno viene distrutto di più. Non dimenticare quello del Beato Paolo VI:
la politica è una delle forme più alte della carità.
|
NINO LUCIANI, Caro papa, penso addirittura che un partito "solo dei cattolici"
sia contraddittorio sul piano logico. Al tempo stesso, rivendico una autonomia dei laici
cristiani in politica, ma secondo le regole della scienza politica ...
1.- Premessa. In premessa al mio commento, ricordo che nella visione
cristiana della vita (e non solo cristiana), l'uomo è una "unità" di spirito e
di corpo, creata da Dio, Padre comune di tutti gli uomini e di tutti gli altri esseri
viventi. Il laico cristiano si ispira ai valori spirituali e materiali, meritevoli presso
il Creatore.
In questa visione divengono priorità la comunione con il Creatore e la
carità verso il prossimo; ed e' normale che gli individui che sono "primi nella
scala sociale" storicamente esistente, possano essere, invece ultimi nella
"scala sociale cristiana".
Rientra nelle priorità il contributo alla "creazione" e al suo
miglioramento mediante la ricerca scientifica e l'applicazione dei relativi risultati alle
condizioni di vita dell'uomo e alla organizzazione della società civile.
In una determinata "associazione" con obiettivi ordinati rispetto
al Creatore, possono ben coesistere cristiani di diverso orientamento
politico-economico-sociale, perché la relativa problematica esula da quella associazione.
Un partito e', invece, una associazione con obiettivi pubblici ordinati rispetto
alla società civile, circa la sua organizzazione, le priorità dei bisogni materiali,
determinati diritti (ad. es., diritto di proprietà privata, diritto del lavoro, diritto
di impresa, determinate alleanze militari sul piano internazionale... ).
In questo senso ha ben ragione il papa quando non vede bene un partito
"solo di cattolici", perche' essi non potrebbero convivere per obiettivi
politici non condivisi. Esso, al più, sarebbe una "associazione confessionale"
(con i voti di chi ?), per prendere ordini dal papa, ma che neppure il papa vuole.
2.- Ma il papa dice anche che il laico cattolico "deve" fare
politica". Il problema che si pone, subito di seguito, è se un laico
cattolico "debba" fare politica senza un partito o dentro un partito (sia pure
non di soli cattolici).
a) Senza un partito ? La Costituzione italiana definisce i partiti
come strumenti "per concorrere con metodo democratico a determinare la politica
nazionale". Il presupposto è che in democrazia le decisioni si prendono contandosi,
e si prende la decisione che ha la maggioranza assoluta dei voti. E chi pretendesse che
sia presa la decisione dei votanti in minoranza sarebbe un rivoluzionario, pur se avesse
le idee migliori in assoluto. Ma il caso del papa non è questo (salvo in casi molto
speciali).
Ne deriva che un laico cattolico che pensasse di fare politica senza un
partito sarebbe destinato ad essere una "vox clamans in deserto", senza
risultati immediati. Questa non è la strada per fare politica.
d) Dentro un partito ? Un partito è necessario fare
politica che prende decisione, ma va tenuto conto che l'agire frazionatamente in più
partiti, pur avendo le stesse idee politiche, è come agire senza un partito.
Nella storia del progresso scientifico-filosofico è notoria la distinzione
(di Carlo Marx) tra il "socialismo utopistico" e "socialismo
scientifico". Il primo è proprio dei movimenti che chiedono le riforme sociali in
modo spontaneo e individuale, ma che non vanno oltre il ruolo di "vox clamans in
deserto". Questo è il caso dei cattolici che operano senza un partito o frazionati
tra più partiti pur avendo le stesse idee politiche.
Il secondo è proprio dei movimenti che coalizzano i richiedenti in
modo da sostenere validamente le riforme con una sola voce; e anche di quelli che sono
frazionati tra più partiti.
c) Quanto grande dovrà essere un partito di laici cattolici
per poter fare proposte comuni con valore politico ? Non c'è una risposta univoca. Direi
però che il criterio sia di realizzare la maggiore unità possibile su obiettivi politici
comuni di cattolici e non cattolici, ben altro che un partito monopolizzante "solo
dei cattolici".
3.- Dovremo riorganizzare la DC ? La DC fu un partito di cattolici e
laici importante per la rinascita economica dell'Italia, dopo il fascismo, e che fu unito
finchè ebbe un medesimo programma, di tipo centrista, aperto al sociale; e che si divise
quando ebbe due programmi: uno liberale e uno socialista (tale è il senso del lacerante
dualismo interno a favore o contro il cosiddetto "compromesso storico con il PCI).
Quale DC in futuro ? Oggi si pensa ad una DC con un rinnovato codice etico, e
che includa i punti in comune con i "non cristiani" (come l'inclusione dei
valori liberali propri del sistema politico fondato sulla alternanza tra i grandi partiti
(si vegga in USA, in Francia
), e ancorato ai grandi ideali universali delle Nazioni
Unite (ONU), in continuità nella storia d'Italia, nel parlamento italiano.
Nella settimana sociale dei cattolici di Bologna (2004), Tettamanzi
(cardinale di Milano) appellò al ritorno dei cattolici in politica, ma non nella forma
della DC, quale partito unico dei cattolici. E, successivamente, fu echeggiata via via la
formula di Ruini (cardinale, segretario di Stato Vaticano) in favore di apporti personali,
dentro molteplici partiti (di ogni tipo), in cui un cattolico si trovasse a militare.
Oggi diviene inopportuno, da parte dei laici, persistere nel silenzio solo
per motivi di rispetto al papa, e si faccia chiarezza.
Questa esigenza è resa stringente da una sentenza della Corte di
Cassazione (dic. 2010) che ha dichiarato che la DC non è stata mai sciolta, perchè
l'organo che la dichiarò sciolta non aveva il potere di farlo, e consente ancora a un
gruppo di volenterosi di cercare di ottenere dalla magistratura la riorganizzazione della
DC. |
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Girolamo ROSSI
Pontificia Università Angelicum |
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Gianfranco Pasquino
Emerito Università di Bologna |
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Nino Luciani
Università di Bologna |
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Enrico Bittoto
Sociologo e Saggista |
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Lino Goriup
Monsignore Arcidiocesi di Bologna |
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CONVEGNO
SUL CATTOLICESIMO POLITICO
CONVEGNO - MARZO 2018 |
- Mons. LINO GORIUP, I partiti e la
dottrina sociale della Chiesa Cattolica. |
- Girolamo ROSSI, Lo scudo crociato
nella comunicazione politica del '900. |
- Nino LUCIANI, Motivazioni dei
partiti: tra buon governo e affari.
Per il Finanziamento pubblico dei partiti, per una magistratura speciale
sui partiti a garanzia dell'equilibrio costituzionale tra i tre grandi poteri dello Stato
e per la tempestività delle sentenze; per la pubblicità interna dei verbali delle
riunioni degli organi collegiali. |
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Nota.
Al convegno erano stati invitati 29 associazioni e partiti di area centrista,
19 Vescovi della Emilia Romagna, il Presidente Nazionale della Azione Cattolica, il
Vescovo Assistente Generale dell'Azione Cattolica.
Vi hanno partecipato due partiti (Democrazia Cristiana e Italia Moderata) e una trentina
di persone, tra cui Mons. Oreste Leonardi, Rettore della Basilica di San Petronio .
Pubblichiamo le tre pervenute con testo scritto e la lettera ai Vescovi
- Mons. Lino Goriup, Professore di Ontologia dell'Istituto Superiore di
Scienze Religiose di Bologna e di Storia della Filosofia Antica e Medievale presso la
Facoltà Teologica dell'E.R.
Pubblicazioni: Il rischio è bello, La sfida educativa tra ragione, fede e
testimonianza della verità (pp. 320), ed. ESD - Edizioni Studio Domenicano, Bologna, 2010
- Girolamo Rossi, Docente di Teoria e tecnica della comunicazione
politica, Pontificia Università San Tommaso d'Aquino - Angelicum, Roma.
Pubblicazioni: G. ROSSI, Lo scudo crociato (pp. 238), Armando Editore, 2014, redazione@armando.it .
- Nino Luciani, Professore Ordinario di Scienza delle Finanze,
università.
- Per la Lettera ai Vescovi, clicca su Vescovi.
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LINO GORIUP, I partiti e la
dottrina sociale della Chiesa Cattolica . Dividerò la mia riflessione in tre parti: 1. - Una
esposizione minima del pensiero della Chiesa Cattolica sul tema in questione, riferendomi
ad un testo particolarmente autorevole del magistero della Chiesa sulla natura e funzione
dei partiti nella vita politica (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, abbreviato
CDS); 2. - Una meditazione su alcune generali trasformazioni culturali in corso (e
un'ipotesi sulle loro radici); 3. - Una personale proposta positiva (culturale e politica)
di "nuova secolarità". La riflessione dovrebbe iniziare da una disamina
dell'uso dei termini laico e laicità, alla luce del concreto sviluppo delle vicende
storiche e politiche dell' Italia negli ultimi due secoli1; avremmo la netta percezione di
una progressiva "deriva semantica" che rende i termini summenzionati ormai non
più utilizzabili in senso univoco, impedendo di fatto dialoghi costruttivi e sensati. La
necessaria brevità del mio intervento non ci permette di approfondire tale serie di
considerazioni; voglio tuttavia precisare che da tempo preferisco parlare a riguardo, di
secolarità, parendomi un termine decisamente meno compromesso e per certi versi più
ricco e corretto. Richiamo ciò a modo di nota previa, solamente per attirare l'attenzione
sulla difficoltà di affrontare il tema che mi è stato assegnato in termini
ragionevolmente condivisibili in un contesto storico, ecclesiale e "politico"
complesso come quello che stiamo vivendo. 2.- IL MAGISTERO DELLA CHIESA Rinvio per
approfondimenti al capitolo quarto del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, in
particolare dove vengono illustrati: - i principi fondamentali della Dottrina Sociale
della Chiesa (bene comune, destinazione universale dei beni, sussidiarietà,
partecipazione, solidarietà); - i valori fondamentali della vita sociale (verità,
libertà e giustizia);
4.- UNA "NUOVA SECOLARITÀ"
Non posso esimermi dal proporre, in qualche forma, una sorta di pars construens
del mio intervento. Per non apparire ciò che non sono, ovvero uno dei fin troppi
ipercritici snob che discettano sulla crisi della modernità senza trarre dall'analisi
spunti per la ripartenza di una convivenza degna dell'uomo, di un pensiero che riconsegni
a ciascuno di noi speranza.
CONTINUA1 |
Girolamo Rossi, Lo scudo crociato
nella comunicazione politica del '900
1.- L'antropologo Claude Lévi-Strauss parla degli animaltotemici come simboli
checatturano totemici |
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come simboli che catturano l'attenzione non non perché
rappresentino un qualcosa di "buono da mangiare" ma perché rappresentano un
qualcosa di "buono da pensare". Colpiscono l'immaginazione perché sono
raffigurazioni di creature concrete alle quali è tuttavia possibile associare un concetto
astratto.
Questo processo di significazione del segno totemico ha una sua componente
razionale, che riguarda il "discorso" che il gruppo sociale può sviluppare
intorno al simbolo, e una componente istintiva o irrazionale, che riguarda la risonanza
che il simbolo stesso può avere nella psicologia profonda di ciascuna persona.
Se un simbolo ha successo in ragione di quanto è "buono da
pensare", allora anche i contrassegni politici hanno maggiore o minore fortuna in
ragione dei significati che in essi possiamo leggere, dei concetti che sanno evocare,
delle risonanze emotive che possono avere in noi.
Lo scudo crociato è senza dubbio - in questa prospettiva - un segno buono da
pensare, perché presenta una fenomenologia straordinaria: ha retto come simbolo del
partito dei cattolici italiani per quasi un secolo, ha segnato grandi affermazioni
elettorali già dal suo esordio nel 1919 come contrassegno del neonato Partito Popolare di
Luigi Sturzo, e si è confermato ancora vincente nelle consultazioni politiche del 1946 e
poi in quelle del 1948 come simbolo della nuova Democrazia Cristiana. Ha funzionato come
emblema della lotta contro le truppe nazifasciste (impresso sui fazzoletti delle brigate
partigiane cattoliche), e ha funzionato altrettanto bene come contrassegno del partito di
governo, per certi aspetti simbolo stesso delle istituzioni, negli anni della
ricostruzione. CONTINUA2
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NINO LUCIANI, Sulle
motivazioni dei partiti: partiti del buon governo e partiti d'affari. Finanziamento
pubblico e magistratura speciale per i partiti, a
garanzia dell'equilibrio costituzionale tra i tre grandi poteri dello Stato e per la
tempestività delle sentenze. Obbligo di verbalizzazione delle riunioni degli Organi Collegiali e di
pubblicità interna.
1.- Democrazia diretta e democrazia rappresentativa: ruolo dei partiti.
Secondo il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica1,
par. 413 , "I partiti politici hanno il compito di favorire una partecipazione
diffusa e l'accesso di tutti a pubbliche responsabilità. I partiti sono chiamati ad
interpretare le aspirazioni della società civile orientandole al bene comune, offrendo ai
cittadini la possibilità effettiva di concorrere alla formazione delle scelte politiche.
I partiti devono essere democratici al loro interno, capaci di sintesi politica e di
progettualità . Strumento di partecipazione politica è anche il referendum, in cui si
realizza una forma diretta di accesso alle scelte politiche. L'istituto della
rappresentanza non esclude, infatti, che i cittadini possano essere interpellati
direttamente per le scelte di maggiore rilievo della vita sociale". Secondo la
Costituzione della Repubblica Italiana, art. 49, "Tutti i cittadini hanno diritto di
associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la
politica nazionale In queste fonti normative, il ruolo dei partiti è di organizzare la
partecipazione della società civile alle decisioni pubbliche, di norma, mediante forme di
rappresentanza , costituite da persone del partito o proposte dal partito. Ma nella storia
delle dottrine politiche, ci sono state: - le idee secondo cui il potere viene da Dio
(creatore e intelligenza massima). In questa visione paternalistica: la persona che riceve
la investitura da Dio (magari tramite un profeta, un vescovo, un papa) interpreta i
bisogni della società civile e provvede a soddisfarli; - le idee secondo cui il potere
viene dal popolo, in modo più o meno ristretto o ampio, a seconda delle varie culture dei
popoli; in particolare, a seconda della espansione della scuola di massa e della
informazione di massa. CONTINUA3 |
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Lino
Goriup, I partiti e la dottrina sociale della Chiesa Cattolica.
(CONTINUA)
Con la crisi dell'antico internazionalismo à la gauche, il "vincente" pensiero
liberista, dopo il 1989, ha imposto (culturalmente, prima che finanziariamente) le
"magnifiche sorti e progressive" della globalizzazione, senza considerare
l'effetto onda che un'eventuale distorta connessione tra singolo e comunità, tra
identità nazionali e necessaria cooperazione fra popoli, tra lavoro e finanza, tra
risparmio e investimenti, tra fenomeni microeconomici e macroeconomia, avrebbe
inevitabilmente prodotto. Bisogna considerare che tutto ciò è avvenuto in un contesto
storico e culturale come quello da me poco sopra tratteggiato; l'effetto conclusivo, cioè
la nostra attuale situazione complessiva, è sotto gli occhi di tutti.
Prima di descrivere, anche solo sommariamente, le prospettive positive che immagino,
vorrei aggiungere un'ulteriore premessa.
In ambito ecclesiale, per il misterioso e provvidenziale intervento dello Spirito
attraverso la celebrazione del Concilio Vaticano II e la successiva risonanza teologica e
vitale della comunità dei credenti a tale evento, si sono sviluppati e stanno crescendo -
nella varietà di risposte, talvolta caotica come è proprio della concreta esistenza nel
tempo del Popolo di Dio - germi di novità non ancora formalizzati ed espressi
ordinatamente e coscientemente dal Magistero; se, come abbiamo notato, le indicazioni
pubbliche e ufficiali dell'Insegnamento autorevole della Chiesa sono parzialmente in
ritardo sui tempi che viviamo, la vita della Sposa santa dell'Agnello è già pronta ad
entrare nel nuovo "eone" preparato dalla misteriosa sinergia tra libertà umana
e azione dello Spiritto6.
Non penso a future teocrazie, ma a un servizio profetico e secolare di testimonianza della
Chiesa in ordine alla manifestazione di un nuovo umanesimo capace di suscitare forme
rinnovate di convivenza umana nella pace. Per brevità, sintetizzo la mia proposta in due
parole: nuovo radicamento. La necessità di ricollocarsi nella realtà impone un'azione
che privilegi l'esperienza sensoriale primaria piuttosto che la virtualità digitale,
probabilmente attraversando anche periodi e situazioni di disconnessione parziale o
completa dal web7: agire "politicamente" per
riappropriarsi dello spazio, del tempo e del corpo, rivalorizzando la località della
nostra presenza nell'esistenza sperimentata come entangled8 con
l'unitotalità creata (quindi incompleta9).
La presenza "politica" dei soggetti personali e comunitari deve passare
dall'attuale onnipresente visibilità virtuale alla reale presenza, anche apparentemente
invisibile perché non più rappresentata nei luoghi della virtualità digitale. Si può
semplificare in questi termini: imparare ad essere realmente presenti, non |
apparendo tali al contesto in cui solo
l'inesistente è reale10. Si tratta di assumere l'incompletezza del
creato come compito, come possibilità della concreazione di un mondo umano nel progetto
originario dove Bene e libertà sono già perfettamente integrati nel Mistero.
Personalmente ritengo che solo in questi termini sia possibile ricostruire lo spazio
politico eliminato dall'avvento della massa e riappropriarsi della distinzione tra
pubblico (politico) e privato (vitale). Ritornando al senso
profondo del mio intervento, penso di poter proporre alcuni elementi di riflessione a chi
desideri partecipare, concretamente e in maniera organizzata, alla vita politica dell'
Italia oggi.
La parola partito richiama etimologicamente il termine parte. Come può
una parte sentirsi vocata al bene del tutto? Solo prendendo coscienza che nella parte si
trova il tutto nella forma dell'assenza-presente, e che si può vivere l'assenza in senso
simbolico quindi qualitativo e non quantitativo.
La parte è, in quanto parte, già tutto, se prende consapevolezza del fatto che in essa
vive - direi quasi "quantisticamente" - ciò che accade anagogicamente nel
tutto. I frattali dovrebbero insegnare qualcosa11.
Un "partito" potrebbe vivere la località del suo autonomo radicamento
territoriale, nella prospettiva della apparentemente invisibile non-località: nessun
centralismo, nessun partito-massa, ma una confederazione di aggregazioni autonome di
cittadini che liberamente si impegnano dove vivono, per rendere sensata la loro vita
comune.
La separazione degli interessi privati da quelli pubblici, identificando la differenza di
natura tra essi, permette la presa di coscienza del fatto che il vero interesse di parte
(se parte di un tutto), è l'interesse del tutto; ogni organismo vivente è organizzato
così.
La riflessione inclina inevitabilmente alla considerazione del federalismo come ormai
inevitabile destino di ogni futuro progetto di fondazione o riforma dei soggetti politici,
partitici o statuali o internazionali che siano; sempre considerando - e non sempre lo si
è fatto con onestà intellettuale e coerenza - la sostanziale e dirimente differenza
esistente tra federazione e confederazione, dove - nel contesto storico e culturale sopra
descritto - la seconda è da preferire, se si privilegia un sistema con relativa maggiore
libertà amministrativa locale. Per il cristiano credente, la partecipazione vitale al
Mistero cosmico di salvezza nella propria concreta comunità diviene evento personale ed
ecclesiale di redenzione e, al contempo, "palestra" di addestramento per nuove
forme di presenza secolare dei laici nella società civile. La coltivazione accurata
dell'amicizia civile come valore resta permanentemente il percorso educativo attraverso
cui la presenza/assenza del credente nella società può esercitare con forza il proprio
compito testimoniale12. |
1. Cfr. G.Biffi, Risorgimento, Stato laico e
identità nazionale, Piemme, Casale Monferrato 1999. 2. Era
possibile cogliere i prodromi della trasformazione in corso fin dalla fine degli anni
60 del secolo scorso, cf.P.P.Pasolini, Scritti corsari, Garzanti, Milano 1975 (nuova
edizione 1990, con prefazione di A. Berardinelli); id., Lettere luterane, Einaudi, Torino,
1976 (con un'introduzione di Alfonso Berardinelli, 2003).
3. Cf. H.Arendt, Vita activa. La condizione umana, Bompiani, Milano
1997; id., Le origini del totalitarismo, Edizioni di Comunità, Torino 1999; id., La vita
della mente, Il Mulino, Bologna 1987; id., L'umanità in tempi bui, Raffaello Cortina
Editore, Milano 2006. Particolarmente interessanti, anche se non tutte pienamente
condivisibili, le riflessioni del volume collettaneo curato da Massimo Recalcati, cf.
Aa.vv., Forme contemporanee del totalitarismo, a cura di Massimo Recalcati, Bollati
Boringhieri, Torino 2007. Sul transumanismo, è di particolare interesse la lettura del
catalogo della mostra HUMAN+. IL FUTURO DELLA NOSTRA SPECIE, curata da Cathrine Kramer,
promossa dall'Assessorato alla Crescita culturale del Comune di Roma, ideata dalla Science
Gallery at Trinity College Dublin e presentata al Palazzo delle Esposizioni di Roma dal 27
febbraio al 1 luglio 2018 (cf. HUMAN+. IL FUTURO DELLA NOSTRA SPECIE, Azienda Speciale
Palaexpo, Roma 2018).
4. Cf. W.Sofsky, L'ordine del terrore, Laterza Editrice, Roma-Bari 2004;
id., In difesa del privato, Einaudi, Torino 2010. Credo che la visione del film tedesco
L'onda (2008) del regista Dennis Gansel, sia una ottima presentazione delle modalità con
cui, senza banali riferimenti al passato, sia possibile creare sempre nuove
forme di totalitarismo. Non vedo il pericolo della rinascita del fascismo se poi il
fascismo sia stato totalitario o dispotico, è questione da discutere in pur
squallide ed esecrabili manifestazioni di nostalgici disadattati (giovani o anziani che
siano), ma nel diffuso, quieto, elegante e banale precipitare nell'anaffettiva
inconsapevolezza e indifferenza di fronte al male; consiglio a riguardo sia la visione del
documentario Uno specialista. Ritratto di un criminale moderno
(ISRAELE-FRANCIA-GERMANIA-AUSTRIA-BELGIO 1999) del regista Eyal Sivan, che la lettura di
H.Arendt, La banalità del male, Feltrinelli, Milano 1999.
5. Cf. G.W.F.Hegel, Prefazione alla Fenomenologia dello Spirito, a cura
di Maurizio Pagano, SEI, Torino 1980. Nessuno, in ambito letterario, ha colto la
dimensione nichilista, totalitaria e autodistruttiva dello sperimentalismo esistenziale
meglio di Fëdor Michajlovic Dostoevskij nella creazione del suo Nikolaj (Nikolas)
Vsevolodovic Stavrogin, cf. F.M.Dostoevskij, I demoni, traduzione di Giovanni Buttafava,
Introduzione di Pietro Citati, Milano, BUR, 1981-2001.
6. Penso a futuri inserimenti, all'interno della Dottrina Sociale della
Chiesa, dei contenuti e delle prospettive indicate da papa Benedetto XVI e papa Francesco
(Benedetto XVI, Deus Caritas est, 25 dicembre 2005; Francesco, Evangelii Gaudium, 24
novembre 2013). Personalmente ritengo che l'insegnamento conciliare del Vaticano II sulla
soprannaturale natura organica della connessione tra Chiesa locale e Chiesa universale
possa essere uno stimolo straordinario per la riflessione sulla configurazione di nuove
modalità di convivenza umana (cf. Sacrosantum Concilium 41; Lumen Gentium nn. 23 e 26).
7. L'utilizzo di media freddi piuttosto che di quelli caldi, potrebbe
essere in tali contesti assolutamente preferibile per un riavvicinamento dei soggetti al
sé reale e alle cose, cf. M. McLuhan, Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore,
Milano, 1967, pp. 31-33. |
8. Per un primo approccio alla summenzionata
problematica dell'integrazione del nuovo paradigma scientifico con la psicologia e
l'antropologia filosofica, cf. B.Rosenblum F.Kuttner, Quantum Enigma. Physics
Encounters Consciousness, Oxford University Press, New York 2011 [trad. it. L'enigma
quantico. Quando la fisica incontra la coscienza, Macro, Cesena (FC) 2017].
Sull'entanglement, cf. Aczel Amir D., Entanglement. Il più grande mistero della fisica,
Raffaello Cortina Editore, Milano, 2004; Quantum entanglement and information, Stanford
Encyclopedia of Philosophy, https : //pla to.s tanf ord.edu/entr ies /q t -e nt
angle/ . 9. Sul recupero, in sede filosofica e teologica,
della nozione di unitotalità anagogica, già intuita dai filosofi presocratici, cf.
V.Solov'ëv, I fondamenti spirituali della vita, Marietti, Torino 1949; G.Biffi, Canto
nuziale. Esercitazione di teologia anagogica, Jaca Book, Milano 2000; L. Goriup, Il tempo
di un concerto, in Aa.vv., Homo vivens. Possibilità di convivenza, a cura di Lino Goriup,
CLUEB, Bologna 2017, pp.135-152.
10. Sorprendente è la riflessione di Giorgio Agamben sulla scomparsa di
E. Majorana nella prospettiva di una sparizione volontaria del grande fisico italiano
intesa come forma comunicativa della presenza nell'assenza assunta qualitativamente e non
solo quantitativamente (fisicamente), cf. G. Agamben, Che cos'è reale? La scomparsa di
Majorana, Neri Pozza Editore, Vicenza 2016. Tale riflessione sviluppa coerentemente il
pensiero complessivo di Agamben sull'homo sacer e sull'avvento della testimonialità, cf.
G.Agamben, Homo sacer. Edizione integrale, Quaderni Quodlibet, Macerata 2018. Non sempre
pienamente condivisibili, gli sviluppi del pensiero di Agamben sono stimolanti anche per
una riflessione politica, teologica ed ecclesiale; la condizione del dimesso e/o del
dimissionario come testimone della reale condizione umana e cristiana (insegnamento di
carattere testimoniale delle dimissioni di papa Benedetto XVI?) apre possibilità inedite
di interpretazione di vari passi della Scrittura ed eventi salvifici (cf. L. Goriup, Il
rischio è bello. La sfida educativa tra fede, ragione e testimonianza, ESD, Bologna
2010).
11. Di notevole interesse la riflessione di papa Francesco a riguardo,
cf. Evangelii Gaudium, nn.234-237.
12. Cf. CDS, 390: Il significato profondo della convivenza civile
e politica non emerge immediatamente dall'elenco dei diritti e dei doveri della persona.
Tale convivenza acquista tutto il suo significato se basata sull'amicizia civile e sulla
fraternità. Il campo del diritto, infatti, è quello dell'interesse tutelato e del
rispetto esteriore, della protezione dei beni materiali e della loro ripartizione secondo
regole stabilite; il campo dell'amicizia, invece, è quello del disinteresse, del distacco
dai beni materiali, della loro donazione, della disponibilità interiore alle esigenze
dell'altro. L'amicizia civile, così intesa, è l'attuazione più autentica del principio
di fraternità, che è inseparabile da quello di libertà e di uguaglianza. Si tratta di
un principio rimasto in gran parte non attuato nelle società politiche moderne e
contemporanee, soprattutto a causa dell'influsso esercitato dalle ideologie
individualistiche e collettivistiche. |
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Girolamo Rossi, Lo
scudo crociato nella comunicazione politica del '900
1.- L'antropologo Claude
Lévi-Strauss parla degli animali totemici come simboli che catturano l'attenzione non
perché rappresentino un qualcosa di "buono da mangiare" ma perché
rappresentano un qualcosa di "buono da pensare". Colpiscono l'immaginazione
perché sono raffigurazioni di creature concrete alle quali è tuttavia possibile
associare un concetto astratto.
Questo processo di significazione del segno totemico ha una sua componente
razionale, che riguarda il "discorso" che il gruppo sociale può sviluppare
intorno al simbolo, e una componente istintiva o irrazionale, che riguarda la risonanza
che il simbolo stesso può avere nella psicologia profonda di ciascuna persona.
Se un simbolo ha successo in ragione di quanto è "buono da
pensare", allora anche i contrassegni politici hanno maggiore o minore fortuna in
ragione dei significati che in essi possiamo leggere, dei concetti che sanno evocare,
delle risonanze emotive che possono avere in noi.
Lo scudo crociato è senza dubbio - in questa prospettiva - un segno buono da
pensare, perché presenta una fenomenologia straordinaria: ha retto come simbolo del
partito dei cattolici italiani per quasi un secolo, ha segnato grandi affermazioni
elettorali già dal suo esordio nel 1919 come contrassegno del neonato Partito Popolare di
Luigi Sturzo, e si è confermato ancora vincente nelle consultazioni politiche del 1946 e
poi in quelle del 1948 come simbolo della nuova Democrazia Cristiana. Ha funzionato come
emblema della lotta contro le truppe nazifasciste (impresso sui fazzoletti delle brigate
partigiane cattoliche), e ha funzionato altrettanto bene come contrassegno del partito di
governo, per certi aspetti simbolo stesso delle istituzioni, negli anni della
ricostruzione.
Ma soprattutto è stato riconosciuto come la sintesi efficace, l'essenza
stessa, del partito d'ispirazione cattolica da una base elettorale molto vasta, presente
in ogni regione del Paese e composta da persone di diversa cultura e classe sociale.
Simbolo dunque "buono", ma anche "facile da pensare" per la sua
immediatezza e la sua forza espressiva. Nello scudo crociato confluiscono le antiche
simbologie della croce e dello scudo che, molto prima del cristianesimo, hanno
rappresentato dei punti di riferimento fondamentali proprio sul piano
antropologico-culturale.
Antica quanto la civiltà stessa (un sigillo con la croce in pietra ritrovato
a Susa risale al terzo millennio avanti Cristo, altri simboli di croce, vedi ad esempio
quelli rinvenuti a Creta, risalgono al XV secolo avanti Cristo) la croce simboleggia in
molte culture la terra e il cielo, in quanto sistema di orientamento spaziale, e
simboleggia la coesistenza nell'uomo della natura terrena data dall'elemento orizzontale e
di quella spirituale data dall'elemento verticale.
Per parte sua anche lo scudo costituisce un elemento di alto valore
simbolico: arma di difesa per eccellenza, lo scudo è infatti uno schermo di protezione ma
anche la superficie sulla quale è possibile rappresentare le figure che magicamente
amplificano la forza del guerriero, e i concetti che ne ispirano l'azione (lo scudo di
Achille presentava una raffigurazione dei campi coltivati, degli animali e del cielo,
insomma dell'intero universo cui l'eroe sente di appartenere e che promette di difendere).
Con l'avvento del cristianesimo la croce, nelle sue diverse forme, si arricchisce di un
significato straordinario, tale da riassorbire l'intera simbologia precedente e da
consentire un'interpretazione in chiave cristiana di tutti quei segni che in qualche modo
possono essere accostati alla croce di Cristo (Giustino enumera le cosiddette "cruces
dissimulatae" come l'aratro, l'albero della nave o l'ancora; ed Agostino parla di
croci "ante litteram", che in qualche modo portano in sé la profezia
dell'avvento del Cristo e quindi della croce per eccellenza).
Anche lo scudo viene interpretato in chiave cristiana come allegoria della
fede, ad esempio in San Paolo, che lo inserisce come parte dell'armatura del cristiano
contro i dardi infuocati del peccato. Prima di essere simbolo politico, dunque, lo scudo
crociato è un segno di guerra, il più perfetto fra i segni di guerra perché unisce
all'efficacia militare la più alta valenza morale, quella della lotta in nome di Dio e
della fede. Con la battaglia nel 312 di Costantino contro
Massenzio - e la rivelazione "in hoc signo vinces" che aveva
contrassegnato la campagna militare del futuro imperatore cristiano - la croce diviene per
la Chiesa un simbolo anche di guerra, atto a celebrare la supremazia del Dio cristiano su
qualsiasi altra divinità.
Nell'Europa centrale, del resto, la difesa della cristianità diverrà
necessariamente difesa militare, contro le minacce provenienti dalle regioni
settentrionali e orientali del continente ad opera delle popolazioni barbare, e dalle
regioni del Medio Oriente e dell'Africa settentrionale ad opera dei musulmani. In
occasione del Concilio di Clermont del 1095, Papa Urbano II promuove la prima crociata e
raccomanda alle truppe in partenza per la Terra Santa di disegnare la croce sulle vesti e
sulle armi così da sancire la natura santa dell'impresa (disegnata sugli scudi, la croce
rappresenterà la figura stilizzata del guerriero stesso, disposto ad accettare nella sua
"imitatio christi" il proprio destino di martirio e insieme di trionfo sul
male); mentre la tradizione del colore rosso in campo bianco nascerà appena tre anni dopo
con le vicende militari legate all'assedio di Antiochia (1098).
Due storiografi, il primo dei quali è l'anonimo autore delle "Gesta
Francorum", testimone diretto della campagna militare di Antiochia, e il secondo dei
quali è Jacopo da Varagine, un monaco domenicano vissuto nel 1200, autore della
"Legenda Aurea", riportano l'apparizione alle truppe dei crociati di San Giorgio
in persona, alla testa di un esercito mandato dal cielo per aiutare i cristiani. Molti
soldati avrebbero visto l'apparizione, e avrebbero visto il Santo portare la bianca
armatura con una croce rossa disegnata sopra. La croce rossa in campo bianco, che già
esisteva nel patrimonio iconico europeo (nel 1066 Papa Alessandro II aveva inviato a
Guglielmo il Conquistatore prima della battaglia di Hastings la croce di San Giorgio
denominata "Vexillum Sancti Petri"), si rafforza dunque nelle vicende delle
crociate, per divenire nel 1118-19 il simbolo dell'Ordine dei Cavalieri Templari, e poi
nel 1277 il vessillo ufficiale del Regno d'Inghilterra.
2.- La Croce di San Giorgio assume, in sostanza, la
funzione di legittimare in senso religioso il potere politico, e riveste grande importanza
anche nei contesti comunali e delle signorie locali.
Lo storico Jir Lourda definisce un'ampia area compresa fra il Rodano e
l'Istria come la "fascia delle croci", proprio per l'alto numero di città in
essa comprese che adottano la croce come simbolo comunale e che si differenziano in epoca
medievale per l'appartenenza guelfa - i Comuni fedeli al Papa, come ad esempio Milano,
Genova, Alessandria, contrassegnati dalla croce di San Giorgio rossa in campo bianco - o
l'appartenenza ghibellina - i Comuni fedeli all'Imperatore germanico come Como, Pisa ed
altri contrassegnati, all'opposto, da una croce bianca in campo rosso-.
La battaglia di Legnano, combattuta nel 1176 tra la Lega Lombarda appoggiata dal
Papa e l'Imperatore Federico Barbarossa, assumerà nella cultura diffusa e
nell'immaginario collettivo anche dei secoli successivi la connotazione di uno scontro di
simboli (la croce di San Giorgio campeggia sul Carroccio), uno scontro nel quale il
sodalizio fra l'esercito dei comuni italiani, mossi da un'istanza di autonomia e di
libertà, e la Chiesa di Roma, la fusione di una motivazione politica con una spinta
religiosa, risulteranno vittoriosi.
Quando Luigi Sturzo costituisce il Partito
Popolare nel 1919, la Croce di San Giorgio è dunque da secoli associata ai gonfaloni di
molte città, è lo stesso simbolo che nel 1848 aveva accompagnato la rivolta delle Cinque
Giornate a Milano non meno di quanto avesse fatto il Tricolore.
La croce rossa in campo bianco, e in modo più specifico lo scudo crociato,
resterà costantemente un simbolo guelfo, non soltanto per la sua tradizione storica ma
anche per il contenuto che intrinsecamente continuerà ad esprimere, insieme confessionale
e civile.
Del resto la duplice valenza religiosa e insieme politica che questo simbolo
racchiude è fonte d'ispirazione per una classe intellettuale che già dall'800 aveva
idealizzato il medioevo (si pensi alla riscoperta del pensiero di San Tommaso e alle sue
applicazioni in Leone XIII e nel pensiero sociale cristiano, si pensi a correnti culturali
come quella animata da Agostino Gemelli agli inizi del '900 intorno alla "Rivista di
filosofia neoscolastica", o al pensiero di Giuseppe Toniolo in ordine a quegli
aspetti che fanno del medioevo un modello interessante sotto il profilo economico e
sociale).
Nel primo dopoguerra, terminata l'esperienza della Democrazia Cristiana di Romolo
Murri, sperimentati i limiti politici di una partecipazione indiretta come quella
realizzata con il Patto Gentiloni e di fronte alla crisi sociale che |
alimenta l'ascesa dei socialisti, si
rende necessario un ritorno organizzato dei cattolici sulla scena politica. Il Partito
Popolare di Luigi Sturzo rappresenta un fenomeno di grande portata, un fattore di
rigenerazione del sistema che deve essere sottolineato anche simbolicamente.
Già la denominazione di Partito Popolare rappresenta un elemento
semantico importante, che vuole marcare la natura non confessionale del partito e la
distanza dall'esperienza politica di Murri, inviso alla Gerarchia ecclesiastica e quindi
bruciato dal punto di vista politico.
Nell'estate del 1919 l'approssimarsi delle elezioni politiche rende urgente la
definizione di una strategia elettorale e quindi anche l'adozione di elementi grafici che
possano favorire l'identificazione del partito e suscitare negli aderenti un sentimento
d'appartenenza; ma soprattutto è la nuova legge elettorale proporzionale, che prevede il
voto di lista, a rendere necessario che ogni partito abbia un proprio simbolo stampato
sulla scheda elettorale.
Il 9 agosto del 1919 Filippo Meda, uno degli esponenti politici
cattolici di maggior prestigio, scrive a Luigi Sturzo per aggiornarlo su questioni
organizzative, e in quella circostanza pone la questione del contrassegno del partito.
Filippo Meda informa il leader siciliano che il senatore Micheli, altro
esponente cattolico di prestigio e già stretto collaboratore di Romolo Murri, aveva
suggerito che il simbolo dovesse essere la "croce rossa", fatto
che non vede d'accordo lo stesso Meda, convinto che il contrassegno non debba riportare
alcun elemento di tipo confessionale.
Come ulteriore contributo, Filippo Meda acclude alla lettera il disegno di
una stella, che propone come simbolo per il nuovo partito cattolico. Coerenza avrebbe
voluto che Luigi Sturzo, preoccupato anch'egli di dare alla nuova formazione politica una
connotazione laica, facesse proprie le considerazioni di Meda adottando comunque - se non
la stella, che identifica un'area semantica troppo ampia, sicuramente contaminata da
valenze risorgimentali ed anche massoniche - un simbolo non confessionale.
La scelta sarà invece sorprendente, quella appunto dello scudo crociato, con sopra
scritta la parola "libertas", posta sul braccio orizzontale della croce
probabilmente proprio per stemperare le valenze eccessivamente confessionali e guelfe che
il simbolo di San Giorgio da solo avrebbe avuto. La scelta avrà successo, e il Partito
avrà subito un'affermazione elettorale importante con ben cento seggi conquistati nelle
consultazioni del novembre del 1919, imponendosi come la seconda forza politica del Paese
dopo il Partito Socialista. Fin dai suoi esordi il simbolo viene gestito da Sturzo e dalla
direzione del Partito con particolare sagacia. Al popolo degli elettori deve comunicare
nello stesso tempo la fedeltà ai valori della Chiesa, un forte sentimento civico, uno
spirito battagliero che richiama ad una certa purezza medievale. Gli stessi elementi - in
sostanza - che caratterizzano il percorso politico e l'esperienza personale di Luigi
Sturzo, sacerdote fedele alla Chiesa e rispettoso della Gerarchia ecclesiastica,
sostenitore del ruolo dei Comuni italiani come luoghi privilegiati della politica e
interpreti di un'autonomia decisionale rispetto al potere centralizzato, legato infine
proprio a quelle suggestioni medievali di forza, purezza e militanza che emergono con
evidenza nella sua attività editoriale degli anni precedenti la costituzione del Partito
(vedi in particolare la pubblicazione de "La croce di Costantino", periodico di
carattere politico-sociale nel quale Sturzo firma gli editoriali con lo pseudonimo di
"Il crociato" e dove si parla con enfasi della condizione del cristiano come di
un milite che combatte agli ordini del Papa, unica guida per il popolo dei fedeli).
Nel presentare lo Scudo Crociato ai propri elettori Luigi Sturzo - d'accordo con la Santa
Sede che la nuova formazione politica non debba assumere un carattere confessionale -
terrà a specificare che non si tratta del simbolo dei crociati ma del simbolo degli
antichi Comuni d'Italia, quelli che difesero la libertà nella Battaglia di Legnano
(contro l'Imperatore) e nella battaglia di Lepanto (contro la flotta musulmana). In modo
più esplicito e trasparente Stefano Jacini, primo storico del partito e testimone diretto
dei fatti, scriverà che il simbolo prescelto altro non era se non quello degli
"antichi comuni guelfi".
Nei pochi anni di vita del Partito Popolare, lo Scudo Crociato assolve in modo brillante
la funzione di identificare un'area politica d'ispirazione cristiana, garante della
libertà e della stabilità istituzionale e nello stesso tempo intransigente sulle
questioni politiche di fondo, e sul giudizio storico nei confronti di progetti politici
eversivi. Sarà tuttavia proprio il dibattito sull'atteggiamento da assumere di fronte al
fascismo, che culmina nel congresso di Torino del 1923, ad indebolire il Partito di
Sturzo, che patisce anche la presa di distanza della Santa Sede che in questo momento
storico sceglie di dialogare con il Governo fascista negoziando il Concordato, utile per
la Chiesa ma neccessario anche a Benito Mussolini per radicare il regime nella profonda
tradizione religiosa del Paese prefigurando un assetto istituzionale che avrebbe visto
nella città di Roma il centro del nuovo impero romano e nello stesso tempo della
cristianità.
Dopo le dimissioni forzate di Sturzo e dopo lo scioglimento del Partito ad opera del
regime fascista nel 1926, il simbolo dello Scudo Crociato viene ostracizzato. La
soppressione del contrassegno politico avviene, del resto, in un clima di generale
avversione del regime nei confronti dei simboli cristiani ove non usati in contesti
prettamente religiosi e liturgici, compresa la croce dell'Azione Cattolica, che malgrado
si ponga come organizzazione non politica e malgrado possa beneficiare di impegni formali
da parte del Governo per il libero esercizio delle proprie attività (e per l'esposizione
dei propri vessilli), viene vista come istituzione rivale del fascismo nell'educazione dei
giovani e come rete comunque collegata a quella dell'ormai sciolto Partito Popolare.
Ancora più pesante l'ostilità del regime nel momento in cui Mussolini viene arrestato
dal Re e poi liberato e nuovamente posto dai tedeschi al governo della Repubblica Sociale,
in posizione subordinata rispetto al governo di Berlino e quindi condizionato da
un'avversione dei nazisti nei confronti della Chiesa Cattolica sempre più profonda e
manifesta. I simboli dello scudo crociato riappariranno dall'autunno del '43, esibiti da
varie formazioni partigiane d'ispirazione cattolica impegnate sui fronti nordici, a
conferma di un legame anche affettivo con la tradizione del Partito Popolare e con
l'immaginario medievale che ne aveva accompagnato le fortune politiche.
Questo avviene in concomitanza con la fondazione e con l'insediamento a Roma del nuovo
partito d'ispirazione cattolica, la Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi, già attivo
dal dicembre 1942 ma ancora senza un contrassegno politico che lo possa identificare. Il
simbolo dello scudo crociato si diffonderà dunque spontaneamente, per libera iniziativa
del popolo dei cattolici, a conferma della carica di significato che ancora porta con sé
e che prescinde dalle direttive e dalla funzione esplicativa dei vertici del Partito.
Nella disposizione della Giunta Centrale della Democrazia Cristiana del giugno 1944 si
legge: "In molte parti lo Scudo Crociato col motto "libertas" è stato
spontaneamente assunto dai nostri aderenti come emblema del Partito. Assecondando tale
moto spontaneo si è provveduto a coniare i distintivi
". La decisione, del
resto, è consonante con la sensibilità di quella parte guelfa, minoritaria ma comunque
influente, di esponenti politici che collabora con De Gasperi alla stesura del programma
del nuovo partito e che annovera fra gli altri personalità come quelle di Malvestiti,
Malavasi, Carcano Casò, Clerici, Grandi, Migliori, Nebuloni e Pullara.
Ed è coerente con la nuova sensibilità presente nella rete dell'Azione Cattolica, ora
saldata con le strutture del nuovo partito e che - per singolare concomitanza - sceglierà
come simbolo per la campagna di affiliazione del 1943 l'immagine di un'aquila con apposto
sul petto un grande scudo crociato. La storia dello scudo crociato, dunque, è la storia
di un simbolo di matrice guelfa, espressione di una parte minoritaria del partito dei
cattolici eppure in grado di rappresentarne l'intera anima.
Un simbolo che assomma valenze politiche e insieme religiose, evocando un immaginario
medievale radicato in una larga fascia della popolazione italiana. Un simbolo reso più
efficace dalla compresenza di due elementi strutturali, lo scudo con la corce rossa in
campo bianco, espressione di quel concetto di "guerra santa" o comunque di
"guerra giusta" che costituisce una delle sintesi più forti e suggestive della
cultura cristiana, e lo slogan "libertas", che presenta valenze maggiormente
laiche ed immediate. L'elemento meta-storico dello scudo crociato, insomma, con un
elemento di attualizzazione politica, quella parola libertà che risuona in tutta la sua
urgenza nel primo come nel secondo dopoguerra.
Una carica semantica composita e potente, quella dello scudo crociato, che costituisce una
delle ragioni fondamentali del suo successo politico. Una carica semantica, però, che
proprio per la sua natura esplicita ed evocativa si rivelerà fatale negli anni '90 quando
- in un contesto politico e sociale profondamente trasformato, nel quale l'appello alla
libertà suona in qualche modo superato dal crollo del muro di Berlino e nel quale la
società risulta ormai incamminata verso una sempre maggiore secolarizzazione - il segno
dello scudo crociato costituirà un fardello troppo pesante e inattuale per un'area
politica centrista e moderata che ha in parte smarrito la sua originaria vocazione
cattolica. |
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Nino Luciani,
Sulle motivazioni dei partiti: partiti del buon governo e partiti d'affari. Finanziamento
pubblico e magistratura speciale per i partiti, a
garanzia dell'equilibrio costituzionale tra i tre grandi poteri dello Stato e per la
tempestività delle sentenze. |
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Sommario: 1.- Democrazia diretta e democrazia rappresentativa: ruolo dei
partiti. 2.- Sulla significatività dei programmi dei partiti. 3.- Sarebbe possibile la
unanimità su molte decisioni ? Distinzione tra bisogni privati e bisogni pubblici. Sul
concetto di "bene comune" dei cattolici. 4.- I partiti, quali associazioni
private, sono "capaci" di funzioni pubbliche ? Il sistema partitico più vicina
alla democrazia diretta. Elezioni primarie . Sulla qualità dei candidati. 5.- Il
finanziamento pubblico dei partiti è necessario per il buon funzionamento del partito ?
Una magistratura speciale a garanzia
dell'equilibrio costituzionale tra i tre grandi poteri dello Stato e per la tempestività
delle sentenze.
1.- Democrazia diretta e democrazia rappresentativa: ruolo dei partiti.
Secondo il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica1,
par. 413 , "I partiti politici hanno il compito di favorire una partecipazione
diffusa e l'accesso di tutti a pubbliche responsabilità. I partiti sono chiamati ad
interpretare le aspirazioni della società civile orientandole al bene comune, offrendo ai
cittadini la possibilità effettiva di concorrere alla formazione delle scelte politiche.
I partiti devono essere democratici al loro interno, capaci di sintesi politica e di
progettualità . Strumento di partecipazione politica è anche il referendum, in cui si
realizza una forma diretta di accesso alle scelte politiche. L'istituto della
rappresentanza non esclude, infatti, che i cittadini possano essere interpellati
direttamente per le scelte di maggiore rilievo della vita sociale". Secondo la
Costituzione della Repubblica Italiana, art. 49, "Tutti i cittadini hanno diritto di
associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la
politica nazionale In queste fonti normative, il ruolo dei partiti è di organizzare la
partecipazione della società civile alle decisioni pubbliche, di norma, mediante forme di
rappresentanza , costituite da persone del partito o proposte dal partito. Ma nella storia
delle dottrine politiche, ci sono state: - le idee secondo cui il potere viene da Dio
(creatore e intelligenza massima). In questa visione paternalistica: la persona che riceve
la investitura da Dio (magari tramite un profeta, un vescovo, un papa) interpreta i
bisogni della società civile e provvede a soddisfarli; - le idee secondo cui il potere
viene dal popolo, in modo più o meno ristretto o ampio, a seconda delle varie culture dei
popoli; in particolare, a seconda della espansione della scuola di massa e della
informazione di massa. I social media sono il ritrovato ultimo della comunicazione di
massa. In questa seconda visione, si ipotizza un dualismo: da una parte la società civile
(o i suoi rappresentanti), con determinati bisogni (lato domanda); da altra parte, il
partito che ha il compito di provvedervi (lato offerta). Costituzionalmente parlando, il
parlamento è il lato domanda; il governo è il lato offerta. Nella democrazia moderna la
sovranità appartiene al popolo e il partito è uno strumento della democrazia di massa.
Il popolo esercita la propria sovranità: decidendo gli obiettivi pubblici (su proposta
del partito) e ne controlla la attuazione . C'è, poi, il fatto che la intelligenza media
è relativamente bassa e anche la cultura è molto diversificata (pur con la estensione e
gratuità della scuola pubblica), e l'allargamento della base decisionale non
necessariamente produce le migliori decisioni. Anzi nella gran parte dei casi, apparirebbe
che il votante identifichi lo stato generale di benessere della società civile (che non
conosce) con il suo stato personale (che conosce).
La democrazia diretta2 è il caso ideale di un sistema
politico nel quale i cittadini votano direttamente tutte le leggi. Essa è, tuttavia,
impossibile in pratica, a causa delle numerose decisioni da prendere e della conoscenza
tecnico-professionale necessaria. Nessuno potrebbe svolgere questo compito pubblico e
provvedere anche alle proprie necessità private. Il caso possibile è, infatti, la
democrazia rappresentativa, secondo un principio di specializzazione nel riparto dei
compiti. Esiste un caso di democrazia rappresentativa, il più vicino alla democrazia
diretta ? Rinvio a più avanti. Considerato che la democrazia rappresentativa implica di
fatto la sostituzione del popolo come decisore diretto in tempo reale, essa è
ri-definibile una "dittatura approvata dal popolo", mentre la dittatura in senso
stretto è quella che si regge per forza propria con strumenti propri. In generale le
regole fondamentali della convivenza sono definite in una Costituzione, che di solito è
scritta. L'Inghilterra è noto per avere una Costituzione orale. Nella Costituzione, di
solito sono create norme primarie o costituzionali; e norme secondarie o di attuazione. Le
norme primarie hanno carattere molto generale e coincidono con il pensiero identitario di
un intero popolo. Di norma esse sono approvate alla unanimità. Invece quelle secondarie
sono approvate a maggioranza, sia pure con quorum differenziati. Tra le norme
costituzionali sono rilevanti la indicazione dei grandi poteri (legislativo, esecutivo,
giudiziario) e quelle per la verifica del grado di aderenza delle decisioni del governo ai
desideri effettivi della società civile, come le norme secondo cui : - le elezioni
politiche devono avere luogo a scadenze predeterminate (5 anni in Italia), o sulla
richiesta di un determinato numero di persone. - e la durata delle legislature non possa
essere inferiore a determinati numeri, come quello degli anni necessari per progettare e
decidere progetti di medio - lungo termine strategici (es., una autostrada nazionale). 2.- Sulla significatività dei programmi dei partiti.
Per il conferimento del mandato di rappresentanza, si potrebbe ipotizzare
che esista una pluralità di partiti con programmi differenti, tra i quali il pubblico
scelga. In questa pluralità delle proposte, i partiti hanno un senso se i diversi
programmi hanno contenuti "significativi", per una scelta appropriata, così da
originare dei partiti identitari, nei i cittadini possano riconoscersi, rispettivamente.
Ma il problema va posto, non in astratto, bensì in riferimento ai bisogni propri dello
Stato e degli Enti locali (non solo bisogni materiali, anche bisogni spirituali e
religiosi, a seconda della storia dei vari popoli). Lo Stato è un ente territoriale a
fini generali, per cui teoricamente ogni programma dovrebbe contenere soluzioni per
problemi di ogni tipo. In pratica ogni partito ha una propria visione dello Stato, che
può essere restrittiva o estensiva. Nel sistema comunista, lo Stato si occupa di tutto,
ed è proprietario dei mezzi di produzione. Nel sistema liberale, la proprietà è libera,
esclusa quella a se riservata dallo Stato per i bisogni pubblici e i servizi sociali di
massa (scuola, sanità, pensione sociale..., ambiente). In generale, tutte le economie
sono miste di Stato e Mercato, e questo comporta un diverso grado di libertà economica:
pertanto un elemento identitario significativo del programma è la indicazione del grado
di mistione pubblico/privato. Altri elementi significativi sono il grado di libertà di
politica , di religione e di pensiero, anche a mezzo mass media. In ogni caso, tuttavia,
su ogni visione sovrasta il criterio decisionale, che è principio della maggioranza e
della minoranza, come criterio costituzionale di decisione. Ne deriva che, per decisioni
possibili, il numero dei partiti identitari non dovrebbe poter superare un determinato
numero critico, oltre il quale le decisioni a maggioranza sono difficili o impossibili,.
In generale, in una società civile molto diversificata (è il caso delle numerose
popolazioni regionali, in Italia) la rappresentanza su base proporzionale pura è
oggettivamente un ostacolo grave alla presa di decisioni, salvo che siano imposte
costituzionalmente delle strettoie che "vincolano" ad un compromesso tra le
diverse vedute. In queste condizioni, il "voto di scambio" trova un terreno
fertile. Ad esempio, due minoranze si accordano per votare entrambi i rispettivi due
programmi e fare maggioranza. Il Card. di Bologna Carlo Caffarra, in una dichiarazione
pubblica, disse non corretto il voto di scambio: in quanto nessuna delle soluzioni,
diversa rispetto ad altra, risponderebbe al requisito di avere una maggioranza assoluta
propria, e dunque rispondente al criterio decisionale. Il modo di realizzare la libertà
politica, compatibilmente con la capacità decisionale a maggioranza assoluta omogenea,
potrebbe essere qualche vincolo tecnico-costituzionale suppletivo. Ad es., ammettere il
finanziamento pubblico solo ai partiti che hanno determinati requisiti. Ma andiamo per
gradi.
3.- Sarebbe possibile la unanimità su molte decisioni ?
Distinzione tra bisogni privati e bisogni pubblici.
Sul concetto di "bene comune" dei cattolici. Il bene privato è un bene
individuale posseduto dalle persone in modo esclusivo e differenziato, per bisogni
privati. I bisogni privati (di persone singole, società ...) sono soddisfacibili mediante
decisioni volontarie delle singole persone, e quindi gli accordi realizzano gli interessi
di tutti i contraenti, sia pur "diverso" dal proprio rispettivo punto di vista e
in quantità diversa, a secondo della diversa capacità contrattuale. Ad es., nel caso di
un problema di salute, la capacità contrattuale del malato , nei confronti del medico, è
relativamente inferiore, per cui il medico potrebbe chiedere un pagamento spropositato, e
questo è il motivo per cui questa attività produttiva è spesso assunta dallo Stato. Il
bene pubblico, una volta offerto dallo Stato in una determinata quantità, è disponibile
per tutti in modo indifferenziato . I relativi bisogni pubblici (dello Stato e degli Enti
locali territoriali), a causa dei costi che comportano, sono, invece, soddisfacibili con
decisioni coercitive perchè, rispetto alle persone o ai gruppi, avvantaggiano alcuni e
danneggiano altri per loro natura. Per una decisione di "fare", il requisito
economico è che i vantaggi superino gli svantaggi per la società civile nel complesso.
Per questo, la loro attuazione si fonda necessariamente sulla coercizione. Nel caso delle
decisioni a maggioranza , la maggioranza si impone alla minoranza, e dunque per
definizione i votanti di maggioranza sono più soddisfatti di quelli di minoranza. Alcuni
esempi tipici sono di aiuto a spiegare la natura conflittuale delle scelte pubbliche. -
Nel caso della scuola pubblica, un povero potrà andare a scuola, se un ricco paga anche
per lui. - Nel caso di un lampione sulla strada pubblica, i vantaggi sono diversificati a
seconda della distanza dal lampione, ma non puoi differenziarne il beneficio in modo da
differenziare i paganti dai non paganti, perchè non c'è il modo di separarli e, se
interrogati, qualcuno potrebbe non dire il vero (potendo comunque beneficiarne). - La
creazione di una linea dell'autobus, che attraversa un quartiere, avvantaggia i residenti
in modo diverso. Per accontentare il maggior numero di persone, la linea potrebbe passare
nel mezzo del quartiere, ma i residenti all'esterno saranno meno soddisfatti di quelli che
abitano al centro. Su questa base non può esistere il contratto sociale
"volontario", ossia fondato su una unanimità di consensi, in quanto di norma
esiste solo la prevalenza di alcuni su altri, vale dire di una maggioranza su una
minoranza, sia pure con una distanza numerica che può essere minimizzata mediante
approssimazioni successive. Il criterio ottimale è che l'interesse realizzato,
collettivo, sia quello maggiore tra alternative, vale dire (posto, come di solito si
assume, che l'utilità marginale dell'intervento a favore sia decrescente e la disutilità
marginale dell'intervento a danno sia crescente) al margine il vantaggio e il danno devono
risultare bilanciati. I benefici e i danni non sono omogenei. Pertanto, per un confronto
razionale, è necessario il giudizio di "un terzo" che valuta e confronta
omogeneamente il beneficio e il danno, dal proprio punto di vista. Sono logicamente
ammissibili tanti giudizi.In democrazia, questo "terzo" è, per definizione il
governo, scelto da una maggioranza. La minoranza subisce la decisione della maggioranza.
Ma i beni pubblici sono tanti e quindi le maggioranze a favore di determinati beni possono
invertirsi rispetto ad altri beni. In conclusione la natura dei beni pubblici porta ad una
società civile naturalmente divisa: quella della maggioranza e quella della minoranza. E
siccome, per i vari problemi, le maggioranze e le minoranze possono invertirsi, nel
complesso il sistema democratico conviene a tutti. Inoltre, per le decisioni, molti non
votano o votano in modo indipendente. Chi vive in città o in una fabbrica ha la
possibilità di un confronto diretto con le persone e trovare un accordo su come votare.
Chi vive in campagna l'ha meno e quindi di solito i voti di maggioranza sono di quelli chi
vivono nei grandi centri, o dei lavoratori delle grandi fabbriche. Ma oggi l'informatica
ha ribaltato le possibilità di un confronto diretto tra tutti i membri della società
civile. In questo senso, nel diritto pubblico, quello che è definito il "contratto
sociale" non è una cosa volontaristica in senso stretto, come nel diritto civile. |
Diciamo che per i bisogni pubblici non esiste
contratto, ma un "trattato sociale", un accomodamento tra le parti sociali, che
rende vantaggiosa la convivenza civile, in complesso. Nella chiesa cattolica di base, c'è
un concetto di "bene comune", definito come una "summa di
prestazioni", commissionata (per la società civile) ai cristiani impegnati in
politica. Precisamente, tra le cose da fare, la priorità è garantire ad ogni cittadino
un elenco di beni e servizi: tra questi anzitutto la "disponibilità della
vita", lo "Stato" e via via, rientranti nei cosiddetti "valori non
rinunciabili" ... atti a procurare la "beatitudine" di ogni persona e sia
pur con qualche differenziazione se ci sono anche esigenze personali siano diverse.
Volendo un accostamento tra i beni pubblici, offerti dallo Stato, e il "bene
comune" dei cattolici, i primi sono il bene comune dello Stato, definito come
l'insieme delle prestazioni offerte dallo Stato eche, secondo il giudizio dello Stato,
realizzano il massimo di benessere per la società (come somma di vantaggi ad alcuni
cittadini e di danni ad altri); invece il "bene comune" dei cattolici contiene
solo la componente positiva (vale dire, manca il costo). 4.-
I partiti, quali associazioni private, sono "capaci" di funzioni pubbliche ? Il
sistema partitico più vicina alla democrazia diretta. Elezioni primarie . Sulla qualità
dei candidati.
In Italia, i partiti sono associazioni volontarie, di
diritto privato, e svolgono un ruolo pubblico (perchè devono soddisfare bisogni
pubblici). Sulla compatibilità dei due ruoli "privato" e "pubblico",
una chiave interpretativa ci viene ata dalla Scuola di Public Choice3
. Secondo questa scuola, i partiti sono mossi primariamente dall'interesse loro privato; e
secondariamente dall'interesse pubblico, in analogia alle imprese private che sono mosse
primariamente dalla ricerca di un profitto e secondariamente dalla realizzazione di una
produzione per il mercato. (In altri termini, la "produzione" è strumento
rispetto all'obiettivo "profitto"). Questa tesi non è un giudizio morale, nè
di alcun tipo, ma solo una constatazione provata da ricerche nei vari Paesi In modo
analogo, secondo la scienza economica (rinvio al fondatore A. Smith), l'imprenditore è
mosso dalla ricerca di profitto, che tende a massimizzare, realizzando una produzione per
il mercato; e questa è funzionale al profitto. Intorno a queste constatazioni (non a
giudizi si valore), che (per certi versi) assimilano i partiti alle comuni "imprese
d'affari". nella economia c'è da gran tempo un dibattito sulla compatibilità
dell'interesse privato dell'imprenditore con quello dei cittadini consumatori, e ci sono
delle soluzioni per armonizzare l'interesse privato dell'imprenditore con quello generale
della società civile (come sul grado di concorrenza, o sul grado di monopolio... perchè
l'interesse privato e generale siano armonici; e sul necessario grado di regolamentazione
dello Stato ).
Su questa falsariga, si pone una analoga problematica nei confronti dei
partiti, "imprese d'affari" in campo pubblico. La soluzione migliore è quella
di realizzare condizioni per cui la società civile sia messa sullo stesso piano del
partito, così come la famiglia sullo stesso piano dell'impresa, in modo che la capacità
contrattuale non sia sbilanciata a favore di uno dei due. In generale, la produzione ha un
senso se soddisfa i bisogni delle famiglie, come indicati dalle famiglie, il più
possibile direttamente, non con la interferenza oppressiva del produttore (ad es., con
modi pubblicitari forzosi). Cosa garantisce che il programma approvato dagli elettori
sarà attuato dal partito ? Dal punto di vista etico, il "bene" e il
"male" stanno in tutti gli uomini; e la prevalenza dell'uno o dell'altro
dipendono dagli strumenti di salvaguardia. Sono strumenti di salvaguardia il tipo di
educazione avuta e i premi o i castighi inventati dalla società civile a favore del bene
o contro il male. Quali gli strumenti più appropriati per le scelte pubbliche ? E' un
fatto che generalmente e ovunque la stima dei partiti è molto in crisi, nella valutazione
comune, per cui la armonia tra partito e popolo è molto imperfetta per la natura delle
cose di massa. Il criterio dovrebbe essere il medesimo che nel mercato, in cui l'utente
valuta il prodotto e, se conveniente, ordina e paga: in questo senso, anche la sovranità
popolare dovrebbe essere esercitata, senza troppi combattimenti sociali. Il modo dovrebbe
essere quello della sostituibilità relativamente "facile" dei partiti, al
governo (sia pure a determinate scadenze), in caso di inadempienza. Il relativo modo
dovrebbe essere: a) Dal lato domanda, dovrebbe essere possibile determinare, con elezioni
di una maggioranza che governa, e una minoranza che controlla; b) dal lato offerta, di
poter determinare l'alternanza tra i grandi partito al governo, alle scadenze elettorali.
Nel primo caso, la possibilità di scelta tra due soli partiti è lo
scenario più vicino alla democrazia diretta; e lo scenario più lontano è quello del
sistema multipartitico. Il motivo è che, la scelta solo tra due partiti: a) realizza il
massimo di consenso su una scelta aggregata, in quanto esso è quantificato rispetto a due
sole possibilità; invece nel secondo caso il consenso di fraziona rispetto a molte
scelte. b) crea una situazione per cui la distanza dei voti, tra i due partiti è, di
norma, è di pochi voti, e questo rende facile la invertibilità della maggioranza e della
maggioranza nelle elezioni successive. Questo fa sì che i partiti abbiano molto rispetto
per gli elettori. Invece, nel sistema multipartitico gli elettori hanno una importanza
"frazionata", a priori, e svuota il rapporto diretto tra cittadini e i
rappresentanti eletti. Come pervenire ad uno scenario con la sola possibilità di due
scelte ? Una via è il meccanismo delle elezioni primarie per fare le candidature, da
riservare a tutti i cittadini iscritti in determinati registri pubblici. Una prima via è
eleggere direttamente il capo del governo. a) Si parte dalla fattispecie tipica è che sia
ammesso il voto tra più partiti, illimitatamente, che propongono un rispettivo
candidato.. Dopo la prima votazione, si la graduatoria i partiti, per ordine decrescente
dei voti riportati. b) Si passa ad una seconda votazione, dopo avere scartato i candidati
con voti inferiori ad una determinata soglia. c) Dopo varie votazioni, si perviene ad
individuare, poniamo i primi due partiti con più voti... Una seconda via è eleggere il
capo del governo in parlamento, dove ci sono partiti senza alcun limite, collegati con dei
rispettivi candidati. Un modo alternativo al bipartitismo è il bipolarismo (più partiti
aggregati in due soli gruppi di partiti): uno destinato ad essere di maggioranza e l'altro
di minoranza. Nel caso della legge elettorale , dei Comuni in Italia, al termine delle
votazioni, i partiti collegati con il candidato sindaco vincente costituiscono il gruppo d
maggioranza, tutti quelli collegati con gli altri candidati (non vincenti), costituiscono
i gruppi di minoranza. Tuttavia, questo meccanismo non genera "una minoranza",
ma più minoranze, per cui queste non sono naturalmente di alternanza alla maggioranza,
nelle successive elezioni. Un aspetto non irrilevante è il possesso dei requisiti
professionali dei candidati. Circa la qualità dei candidati, si deve prescindere dal
possesso della laurea ? Sia chiaro che Dante Alighieri (e così molti altri) è
"Dante Alighieri" anche senza la laurea. Il possedere una laurea dovrebbe essere
sua titolo di precedenza, ma possano essere ammesse eccezioni in casi significativi
evidenti, di preparazione professionale (il dirigente di una impresa di successo ?) .
5.- Il finanziamento pubblico dei partiti è necessario per
il buon funzionamento del partito ? Una magistratura speciale a
garanzia dell'equilibrio costituzionale tra i tre grandi poteri dello Stato e per la
tempestività delle sentenze ? L'obbligo della verbalizzazione delle riunioni degli organi
?
Finanziamento pubblico ? Il fare attività politica ha un costo
ed è di interesse pubblico che i partiti non siano indotti, con qualche giustificazione
privata, a finanziarsi in modo illecito, a carico dello Stato (affidare un'opera pubblica
a chi versa un contributo al partito, o al capo partito)4 . E ci
sono anche i casi prevalenti dei partiti che agiscono per vantaggi personali e
strumentalizzano la Pubblica Amministrazione per catturare il consenso (dare il posto
nella P.A. a chi da il voto al partito) La surriportata visione della scuola di public
choice, nei confronti dei partiti, non un caso estremo, degli USA, in cui il finanziamento
dei partiti è privato. In Italia ci sono stati processi giudiziari che avevano per
oggetto l'auto finanziamento dei partiti sotto forma di "provvigioni" sulla
spesa pubblica per le grandi e piccole opere pubblica. Sono necessità il finanziamento
pubblico del partito, la regolazione pubblica degli appalti, il concorso pubblico per le
assunzioni nella Pubblica Amministrazione. Mi fermo sul prima argomento. Finanziamento
pubblico. Questo aspetto è stato discusso qualche anno fa (2012) da un Gruppo di lavoro
per un codice etico del cristiano impegnato in politica5 , e le
raccomandazioni sono state: " Il finanziamento pubblico dei partiti (associazioni di
diritto privato, secondo la Costituzione Italiana) non va ammesso a carico del bilancio
dello Stato e di Enti pubblici. Esso va ammesso in forma volontaria con la sottoscrizione
del 5 per mille del versamento IRPEF, con liberalità di persone private e di imprese
giuridiche private purchè iscritte in bilancio e approvate dai soci della persona
giuridica sia italiana sia non italiana. L'atto di liberalità della persona privata e
giuridica puo' essere ammessa in detrazione nell'imponibile nella dichiarazione dei
redditi. Il buon fine del finanziamento va rendicontato e comunque reso pubblico".
Per una soluzione che non induca il partito a farsi giustizia da sè, occorrerebbe
definire le attività del partito, riconoscibili di interesse pubblico e quindi da
remunerare. Il caso degli amministratori dei condomìni degli edifici, è a metà strada
tra l'attività privata di beneficenza (dove si trova il caso di condòmini che lo fanno
gratis, secondo un turno); e quello di persona esterna retribuita. In questo secondo caso,
la retribuzione consiste in una somma fissa (proporzionata al numero dei condòmini) e in
una percentuale del valore di eventuali opere di manutenzione straordinaria. E' vox populi
che la percentuale induca l'amministratore a fare opere, anche se non necessarie; se,
invece, non c'è la percentuale, l'amministratore trascura l'edificio. La soluzione più
attuata è alzare la cifra fissa, abolire la cifra variabile, e tenere alzata l'asticella
delle scadenze del mandato all'amministratore.
Consideriamo questo secondo caso, per poi adattarlo alla Pubblica
Amministrazione dello Stato. Nel caso dei partiti, si potrebbe caricare sul bilancio dello
Stato: a) la fruizione della TV pubblica per tutti i candidati, per un determinato numero
di ore, significativo; b) il finanziamento pubblico di una struttura amministrativa
"minima essenziale" dei partiti che hanno un numero di iscritti superiore ad una
determinata soglia ; c) permettere la deduzione fiscale delle liberalità dei privati, a
favore dei partiti; d) permettere il versamento, ad un partito, di una quota dell'imposta
personale sul reddito; d) stabilire l'obbligo di pubblicazione dei bilanci dei partiti
Una magistratura speciale per I partiti ? Considerato
che oggi lo Stato è molto presente nei rapporti sociali (un indice ci viene dal peso
della "spesa pubblica" in termini di PIL: 50%) i casi di violazione della legge
sul finanziamento dei partiti sono abnormi. Ne deriva che il potere giudiziario ordinario
viene ad acquisire un potere enorme di controllo della classe politica. Questa situazione
può alterare, storicamente, gli equilibri tra i grandi poteri dello Stato. In particolare
non dovrebbe essere permesso, in nessun caso, al potere giudiziario ordinario, ossia non
avente una conoscenza specifica del mondo politico, di sottomettere il potere politico,
sostituendosi alla sovranità popolare. Per questo andrebbe istituita una magistratura
speciale per le violazioni della legge sul finanziamento dei partiti, come esiste già per
i reati fiscali.
C'è, poi, un aspetto singolare: che in politica la denuncia di illegittimità è
arma di lotta politica, magari per distruggere la reputazione di un concorrente o l' arma
di un partito di governo per distruggere un partito concorrente.
In questi casi è determinante la tempestività delle sentenze. Ma la
tempestività non è una virtù della magistratura ordinaria.
Obbligo di verbalizzazione delle riunioni degli Organi Collegiali ? Il
fatto che nell'ordinamento italiano i partiti siano "associazione non
riconosciute" ha fatto sì che gli statuti possano prevalere sulle norme del codice
civile. Sta di fatto che essi possano non fare i verbali delle riunioni degli organi
collegiali e aprire, di fatto, alla legge della giungla, nel dopo riunione.
Sarebbe opportuno che la legge intervenda a mettere alcuni vincoli agli statuti,
circa il recepimento di norme di comune correttezza di comportamento, quale l'obbligo di
verbalizzazione delle riunioni degli organi collegiali e di pubblicità interna. |
1. http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc
_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_it.html, par. 413.
2. N. Luciani, 1998, "Comunicazione interattiva, scelte pubbliche,
stampa elitaria e democrazia diretta". ("Interactive communication, public
choice, print elitist and direct democracy), Scientific Communication at Session 5.B:
"Constitutional Rules of Direct Democracy" of the international meeting
"Constitutional Issues in Modern Democracies", University of Messina, Sept.
25-27, 1997. Published in revew" Economia, Società |
Istituzioni", LUISS, Rome 1998, pp. 42.
Ripubblicato in: http://amsacta.unibo.it/3417/1/scritti_scelti_luciani.pdf. , p. 542 e ss.
3. J.M. Buchanan - G. Tullock, The calculus of consent, Ann Ar, MI,
University of Michigan, 1962; J.M. Buchanan, Stato, mercato e libertà, ed. Il Mulino,
Bologna, 1989.
4. Segnalo un progetto di legge, pendente attualmente in parlamento:
http://www.impegnopoliticocattolici.bo.it/Stefano%20Ceccanti,%20Il%
20testo%20della%20riforma%20finanziamento%20partiti.pdf .
5. http://www.universitas.bo.it/CODICE%20ETICO%20testo.pdf |
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LETTERA ai vescovi
Eccellenza
Reverendissima,
daccordo con gli altri membri del comitato organizzativo (poichè riteniamo molto
importante la presenza dei Vescovi, come Pastori) desideriamo invitarLa al Convegno in
oggetto.
Questa iniziativa si inserisce in un lungo percorso che ha come obiettivo la costruzione
di uno strumento per realizzare l'unità dei "Cattolici e non Cattolici con uguali
valori" nel parlamento italiano. In questo percorso :
1.- Una prima tappa è stata la
costruzione di un Codice etico del cristiano impegnato in politica.
Quel codice fu fatto a Bologna, Canonica di S. Petronio da un Gruppo di Docenti
universitari, in comunicazione con lUfficio Pastorale Problemi Sociali e Lavoro
della CEI, e infine da questo
girato senza rilievi al Segretario Generale della CEI. Abbiamo, poi,
presentato il Codice medesimo a Bologna nel 2015.
In quella occasione si decise di procedere con la ricostruzione giuridica della DC, ma
senza fare un partito aggiuntivo.
2.- Ci fu, poi, una seconda tappa,
nella quale il Tribunale Civile di Roma designò uno per la convocazione della
DC (presunta sciolta nel 1994) il 25-26 feb. 2017, per la ricostruzione degli Organi,
tutti decaduti nel frattempo. Trova allegato il Decreto del Tribunale.
Questa nuova tappa si è conclusa il 14 ott. 2018 con un congresso, con il quale sono
stati ricostituiti gli Organi centrali.
Nota. E
forse superfluo segnalarLe che luso del nome e del simbolo DC in recenti elezioni
regionali è una coda legata allidea che la vecchia DC fosse stata
sciolta. Ma queste cose saranno chiarite a suo tempo.
3.- Adesso è in atto la seconda
fase del nostro itinerario e vogliamo tradurre fedelmente il mandato dei Vescovi
recentemente intervenuti in modo pubblico: Federare tutti i partiti e associazioni della
diaspora DC" e comunque riconducibili a un programma politico ispirato ai principi
cristiani.
|
4.- In questa seconda fase, ci sono alcune
pregiudiziali, in quanto non si può fare finta che i PARTITI non siano molto screditati
in Italia, per cui ci sono alcune pregiudiziali da superare:
a) La prima concerne una
discussione sulla motivazione dei partiti, alla luce della scomparsa di partiti storici
italiani (DC, PCI, PSI, PLI, PRI...), anche in seguito a interventi della magistratura.
b) La
seconda è risolvere il problema della formazione dei politici. Un tempo i grandi partiti
storici avevano delle proprie scuole di formazione. Ultimamente un VESCOVO ha invitato a
costituire delle scuole per la formazione di catoni disposti ad impegnarsi in politica;
c) Una terza pregiudiziale è
quella dei requisiti professionali per fare politica. Il Fascismo dispose un
minimo:"Saper leggere e scrivere". E' venuto il momento di aggiornare questo
minimo ?
5.- Lipotesi in sottofondo
del convegno è, tuttavia, che il bene e il male stiano in tutti noi per cui, più che il problema di far fare, ai partiti,
progetti per il bene comune (che pure serve), cè quello degli strumenti di
salvaguardia per far prevalere il buongoverno.
Questi classicamente sono
lorientamento dei votanti :
a) verso il partito di identità personale, nella massima unità;
b) e verso lalternanza tra i
grandi partiti, al governo, nelle scadenze elettorali.
In questo senso la fase successiva dovrà essere la costruzione degli strumenti di
salvaguardia.
Trova allegato il programma del convegno.
Con ossequi.
Bologna 5 marzo 2019 |
NINO LUCIANI
|
POSCRITTO: CODICE
ETICO DEL CRISTIANTO IMPEGNATO IN POLITICA |
.
Il BENE COMUNE nel
MONDO CATTOLICO |
. |
Gabriele Cantelli
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Dal
Vescovo Matteo Zuppi di Bologna: |
"Che il 2 giugno 2018, si levi in ogni parrocchia
un "TE DEUM PER LA PATRIA" |
Lo Stato è un bene comune ?
G. Cantelli, In margine a nuove
teorie
sul bene comune, nella Chiesa Cattolica |
Matteo Zuppi
|
|
Nino Luciani, Nota. 1) Il
"bene comune" è divenuto una specie di sicurezza sociale "cristiana"
che la Chiesa Cattolica di base commissiona al cristiano impegnato in politica.
Precisamente egli deve fare il "bene comune".
Il "bene comune" non è un particolare bene, ma un elenco di beni e servizi da
procurare a tutti (e con differenziazioni per bisogni particolari) : quali la
"disponibilità della vita", lo "Stato" e in generale, i beni e
servizi funzionali a "valori non rinunciabili", atti a procurare la
"beatitudine" di ogni persona. La classificazione di un bene, come bene comune,
è fatta in relazione al rapporto tra l'uomo e Dio, padre comune di tutti gli uomini e che
provvede a tutti.
Il bene privato è, invece, un bene individuale, posseduto dalle persone in modo
esclusivo e differenziato.
Il bene pubblico è, a volta, un bene offerto gratuitamente e indifferenziatamente
(a tutti) dallo Stato, secondo la valutazione dello Stato. I beni pubblici sono
conflittuali, nel senso che il provvedervi avvantaggia qualcuno e danneggia qualcun altro.
Ad es., c'è chi è beneficiato e ciè chi paga (senza controprestazione almeno
equivalente). E dunque il via libera a produrli dipende dal fatto se essi avvantaggiano la
società civile nel suo complesso (in quanto la somma algebrica di valori positivi e
negativi dà un saldo positivi).
2) C'è in parallelo una definizione di bene comune, secondo l'economia e, più specifica,
secondo la scienza delle finanze. Essa è fatta per rapporto agli interessi personali
dei politici e all'interesse generale, nel produrre i beni pubblici.
Qui, il presupposto è che la importanza dei beni e servizi dipende dalla entità
dei bisogni come sentiti dalle persone o dai politci, come interpreti della società
civile. Ma questi, siano bisogni secondo individui singolarmente, o secondo individui
appartenenti a determinate religioni o filosofie, non sono ridiscussi circa il loro
fondamento. Essi sono solo dei "dati" del problema economico privato o pubblico
da risolvere.
Muta, invece, l'ottica del bene comune. La scienza economica ha scoperto che gli
imprenditori e i politici mettono avanti, come obiettivi economici, l'interesse personale.
E mettono, invece, come conseguenziale l'interesse dei consumatori o l'interesse pubblico.
Una volta scoperto questo, la scienza economica studia i vincoli (per gli operatori
privati e pubblici) per armonizzare l'interesse privato con quello collettivo.
Dunque non esiste conflitto, per definizione, tra l'economia e la chiesa cristiana, e
anche con qualunque chiesa. Invece, nella suddetta classificazione della chiesa cristiana,
la economia e la finanza sono oggetto di molte critiche.
3) Nel caso del Vescovo Zuppi il bene comune preso in considerazione è lo Stato
Italiano, per il quale muove una preghiera pubblica a Dio. Ma su questa idea Cantelli ha
da fare alcune considerazioni.
Personalmente, da un Vescovo mi aspetterei che come bene comune fosse indicata la
"vita ultraterrena" e il modo come pervenirvi, più che consigli ai
"governanti cristiani" in terra senza avere competenze "temporali", e
bisognerebbe tener conto del travaglio dei filosofi cristiani nel classificare la
"ragione di Stato" o la "laicità dello Stato", rispetto alla etica
cristiana.
Non dimentichiamo, poi, il travaglio dei primi cristiani nel separare l'obbedienza a Dio
dalla obbedienza all'Imperatore. L'Italia e l'Europa hanno radici cristiane. Ma lo Stato
italiano è "cristiano" , così da meritare una preghiera ? |
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Fonte: Agezia ANSA, 30 maggio 2018 |
DISCUSSIONI E COMMENTI |
Vescovo Matteo Zuppi:
"Desidero che in ogni comunità
della Diocesi, al vespro di venerdì 1 giugno o nella giornata di sabato 2 giugno, si
canti l'inno di ringraziamento 'Te Deum' e si innalzino preghiere e suppliche per la
nostra Patria, chiedendo la grazia di un rinnovato impegno di tutti per il bene comune".
L'inedita iniziativa liturgica è
lanciata dall'arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi, in conclusione di un messaggio per la
Festa della Repubblica.
"La festa del 2 giugno - scrive
Zuppi - ha quest'anno un carattere particolare: cade nel 70/o dell'entrata in vigore della
Costituzione Repubblicana e della prima elezione del Capo dello Stato.
Spinto dal recente Congresso
Eucaristico Diocesano, che ha rinnovato il legame tra Chiesa e Città degli uomini,
considerando anche le difficoltà degli ultimi avvenimenti, desidero invitare tutti i
credenti a innalzare a Dio un ringraziamento per il tanto che ci unisce e a pregare per il
nostro Paese". |
Gabriele Cantelli, Il "Te
Deum" del 2 giugno per la patria 1.- NON CONTRAPPORRE PAUPERISMO A
POPULISMO Leggere sui quotidiani locali di "Un Te Deum per il 2 giugno"(Carlino)
o, peggio "Zuppi: Prego per Mattarella e l'Europa"; Anpi in piazza contro i
fascismi (Repubblica) e il contenuto degli articoli che seguono titoli altisonanti, non
può non indurci ad alcune considerazioni sulla situazione attuale dello Stato, che ha
indotto la Chiesa ad ampliare il significato della festa nazionale e, nel contempo, su
quella che parrebbe rappresentare una svolta della Chiesa nella realtà attuale.
Per il 2 giugno , l'arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi chiedeva vengano inserite due
preghiere ai fedeli nel Te Deum, che verrà recitato in tutte le parrocchie: una preghiera
per la nostra cara Patria, perché concorra alla edificazione di una vera casa comune in
Europa, e una per il Presidente della Repubblica, e i nostri governanti, perché siano
sempre attenti ai bisogni dei più deboli e indifesi. Attraverso la agenzia di
informazione R.It apprendiamo ulteriori passaggi del comunicato.
"La festa del 2 giugno ha quest'anno un carattere particolare: cade nel
settantesimo dell'entrata in vigore della Costituzione repubblicana e della prima elezione
del Capo dello Stato. Spinto dal recente Congresso Eucaristico Diocesano, che ha rinnovato
il legame tra Chiesa e città degli uomini, considerando anche le difficoltà degli ultimi
avvenimenti, desidero innalzare a Dio un ringraziamento per il tanto che ci unisce e
pregare per il nostro Paese. Anche se condivido pienamente la preoccupazione di mons.
Zuppi (che è in sintonia con la posizione della presidenza della CEI riportate da
Avvenire), quanto si sta delineando proprio a livello locale, nella nostra Diocesi,
accresce la mia preoccupazione di cattolico impegnato in politica. In particolare, da la
Repubblica leggo:"La supplica per la nostra Patria di Zuppi arriva nello stesso
giorno in cui della difficile situazione nazionale parla anche don Luigi Ciotti, che
parteciperà alla manifestazione "Contro tutti i fascismi", che l'Anpi terrà
sabato alle 16 a Palazzo Re Enzo alla quale aderiscono tutta la sinistra del PD e Leu,le
associazioni, i sindacati.
"Ben venga un governo, ma che rispetti la nostra Costituzione, dice Ciotti
preoccupato per la nostra democrazia pallida e malata e per gli insulti e le minacce a
Sergio Mattarella. "Le parole sono azioni e debbono sempre essere parole di
vita". Il Sindaco Virginio Merola invita tutti in piazza per riportare "speranza
democratica contro fascismi e razzismi". |
2.- SUL RUOLO DEL MAGISTERO E QUELLO DEI LAICI Bartolomeo Sorge nella sua
"INTRODUZIONE ALLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA" a pag.137, rivolto agli atei
devoti, dice:"Nel contesto della "religione civile" si comprendono meglio i
rischi che comporta la prassi, instauratasi in Italia dopo la scomparsa della DC e la fine
dell'unità politica dei cattolici, per cui la gerarchia tende a gestire in proprio i
rapporti con il Governo, intervenendo talvolta su aspetti legislativi di problemi che
prima erano lasciati- come è giusto - alla mediazione dei politici.
Certo nessuno può impedire ai vescovi di rivolgersi anche ai responsabili del bene comune
, in particolare quando sono in discussione esigenze etiche anche fondamentali, come
quelle riguardanti la persona, la vita, la famiglia. E' un loro dovere che rientra nella
missione della chiesa di illuminare e formare le coscienze sul piano etico e religioso.
Tuttavia i pastori non devono sostituirsi ai laici ai quali spetta la responsabilità di
compiere le necessarie mediazioni dai principi alla prassi politica. "Dai sacerdoti-
dice il Concilio Vaticano II- i laici si aspettino luce e forza spirituale .Non pensino
però che i loro pastori siano sempre esperti a tal punto che ogni nuovo problema che
sorge, anche a quelli gravi, essi possano aver pronta una soluzione concreta o che proprio
a questo lo chiami la loro missione : assumano invece essi, piuttosto, la propria
responsabilità, alla luce della sapienza cristiana e facendo attenzione rispettosa alla
dottrina del magistero".
Più recentemente la Congregazione per la dottrina della fede conferma: " Non
è compito della Chiesa formulare soluzioni concrete , e meno ancora soluzioni uniche -
per questo temporali che Dio ha lasciato al libero responsabile giudizio di ciascuno,
anche se è suo diritto e dovere pronunciare giudizi morali su realtà temporali quando
ciò sia richiesto dalla fede e dalla legge morale" . " E' importante quindi,
per quanto concerne il magistero, evitare, anche nel tono e la forma, di dare
l'impressione che esso voglia "dettare leggi allo Stato" o attentare alla sua
laicità. Ciò servirebbe solo ad accreditare ulteriormente l'idea di "una religione
civile": Nello stesso tempo, per quanto concerne lo Stato, occorre ribadire che
autonomia dalla sfera religiosa non significa affatto autonomia dalla sfera morale, come
invece propongono le teorie etiche procedurali , sostenendo una (solo apparente)
neutralità del diritto. Perciò, non ha senso ed è fuorviante definire
"confessionale" la difesa da parte della chiesa di esigenze etiche , che
concordano poi coi principi laici su cui si fonda la democrazia: il rispetto della
persona, la libertà, la solidarietà , l'uguaglianza di diritti, la giustizia e la pace.
In altre parole, la politica è laica , laici sono i valori a cui essa si ispira, laiche
le finalità a cui tende. Pertanto, laiche anche saranno le scelte che i cattolici sono
chiamati a compiere in politica insieme a tutti gli uomini di buona volontà e in coerenza
con la loro ispirazione religiosa".
Gabriele Cantelli |
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Gualtiero Bassetti, Cardinale
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Dalla Conferenza Episcopale Italiana
CONSIGLIO PERMANENTE
Roma, 22 - 24 gennaio 2018
(Stralcio dalla Prolusione del card. G. Bassetti)
Ricostruire,
ricucire, pacificare
Tre indicazioni ai cattolici in politica |
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https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/prolusionegann Conferenza Episcopale Italiana
CONSIGLIO PERMANENTE
Roma, 22 - 24 gennaio 2018
PROLUSIONE DEL CARDINALE
PRESIDENTE (Stralcio)
Ricostruire, ricucire, pacificare
Una sapienza antica ci insegna che «per ogni cosa cè
il suo momento»: cè «un tempo per demolire e un tempo per costruire», un «tempo
per stracciare e un tempo per cucire» e, infine, un «tempo per la guerra e un tempo per
la pace» . Questi passi del Qoèlet vanno oggi riformulati con tre verbi che ci
guideranno nella riflessione di questi giorni e nellazione pastorale del prossimo
futuro: ricostruire, ricucire e pacificare.
Cè unurgenza morale di ricostruire ciò che è
distrutto. LItalia è il Paese di una bellezza antica e prodigiosa, ricca di
umanità e fede, di paesaggi incantevoli e con un patrimonio culturale unico al mondo. Una
bellezza, però, estremamente fragile nel suo territorio, nei suoi borghi medievali, nelle
sue città. Tra laltro, ancora oggi non possiamo dimenticare quelle migliaia di
persone che hanno perso tutto con il terremoto. Sentiamo una vicinanza intima e profonda
con questi uomini e queste donne. Ricostruire quelle case, riedificare quelle città,
significa donare un futuro a quelle famiglie e vuol dire ricostruire la speranza per
lItalia intera.
Cè poi unurgenza spirituale di ricucire ciò che
è sfilacciato. Ricucire la comunità ecclesiale italiana, esortandola a interpretarsi
nellorizzonte della Chiesa universale. Ricucire la società italiana, aiutandola a
vivere come corpo vivo che cammina assieme. Occorre riprendere la trama dei fili che si
dipana per tutto il Paese con lattenzione a valorizzarne le tradizioni, le
sensibilità e i talenti. Ricucire significa, quindi, unire. Unire la comunità
ecclesiale, unire il Paese: da Lampedusa ad Aosta, da Trieste a Santa Maria di Leuca.
Cè infine unurgenza sociale di pacificare ciò
che è nella discordia. Il nostro Paese sembra segnato da un clima di «rancore sociale»,
alimentato da una complessa congiuntura economica, da una diffusa precarietà lavorativa e
dallemergere di paure collettive. Pacificare la società significa incamminarsi con
spirito profetico lungo una strada nuova: quella strada che Giorgio La Pira chiamava «il
sentiero di Isaia». Un sentiero di pace che si propone di abbattere «il muro della
diffidenza» e di costruire ponti di dialogo.
Ricostruire la speranza, ricucire il Paese, pacificare la
società. Tre verbi, tre azioni pastorali, tre sfide concrete per il futuro.
....................
............................. |
Un appuntamento per lItalia:
Elezioni politiche. Come Vescovi ci
uniamo innanzitutto allappello del Capo dello Stato a superare ogni motivo di
sfiducia e di disaffezione per partecipare alle urne con senso di responsabilità nei
confronti della comunità nazionale.
Richiamato il valore morale e democratico del voto,
voglio essere altrettanto chiaro sul fatto che la Chiesa
non è un partito e non stringe accordi con alcun soggetto politico. Il «risveglio della Chiesa
nelle anime» evocato da Romano Guardini, lo «sviluppo integrale delluomo»
promosso da Paolo VI e il dialogo con tutti costituiscono il nostro orizzonte di
riferimento. Con unulteriore specificazione riguardo al dialogo. Come ha detto Papa
Francesco al Convegno ecclesiale di Firenze «dialogare non è negoziare». Negoziare, infatti, consiste soltanto nel «cercare di
ricavare la propria fetta della torta comune». Ma non è questo,
ovviamente, ciò che intendiamo. Dialogare significa, invece, «cercare il bene comune per
tutti».
Il bene comune
per tutti: in questa prospettiva la sola che ci sta a cuore possiamo
tracciare un orizzonte di idee e proposte che vogliono essere un contributo fattivo e
concreto alla discussione pubblica.
Con questo spirito, voglio rivolgere a tutti i
candidati un invito a riflettere sulla natura della
vocazione politica. Perché di questo si tratta: una vocazione, una missione e non un trampolino
di lancio verso il potere. Come ha scritto Francesco, «la politica, tanto denigrata, è
una vocazione altissima, è una delle forme più preziose di carità, perché cerca il
bene comune» In secondo luogo, un invito
alla sobrietà. Una sobrietà nelle parole e nei comportamenti. La campagna elettorale sta
rendendo serrato il dibattito, ma non si può comunque scordare quanto rimanga immorale
lanciare promesse che già si sa di non riuscire a mantenere. Altrettanto immorale è
speculare sulle paure della gente: al riguardo, bisogna essere coscienti che quando si
soffia sul fuoco le scintille possono volare lontano e infiammare la casa comune, la casa
di tutti.
In terzo luogo, la ricerca sincera del bene comune. Non a parole ma con i
fatti. Per il futuro del Paese e dellintera sua popolazione, da Nord a Sud, occorre
mettere da parte le vecchie pastoie ideologiche del Novecento e abitare questo tempo con
occhi sapienti e nuovi propositi di ricostruzione del tessuto sociale ed economico
dellItalia. In questa grande opera, è auspicabile limpegno di tutte le
persone di buona volontà, chiamate a superare le pur giustificate differenze ideologiche
per raggiungere una reale collaborazione nel servizio del bene comune. E, se posso
indicare un ambito privilegiato su cui impegnarsi, raccomando la scuola, dove si gioca la partita decisiva del
percorso formativo dei nostri ragazzi. Di questa scuola sono parte integrante e
qualificata le scuole pubbliche paritarie, ancora in attesa delladempimento di
promesse relative a sostegni doverosi, da cui dipende la loro stessa sopravvivenza. |
Vorrei, infine, rivolgere tre indicazioni ai cattolici
in politica.
La prima:
vivete la politica con gratuità e spirito di
servizio. Testimoniate questa gratuità con gesti concreti e con una vita politica
degna della vostra missione, ricordando che i cristiani di ogni tempo «vivono sulla
terra, ma hanno la loro cittadinanza in cielo» .
La seconda:
guardate al passato per costruire il futuro. Guardate ad una stagione alta e nobile del cattolicesimo politico italiano. Prendete come
esempi uomini e donne di diverso schieramento
politico che, nella storia della Repubblica, hanno saputo indicare percorsi concreti e
interventi mirati per affrontare le questioni e i problemi della nostra gente.
La terza:
abbiate cura, senza intermittenza, dei poveri e
della difesa della vita. Sono due temi
speculari, due facce della stessa medaglia, due campi complementari e non scindibili. Non
è in alcun modo giustificabile chiudere gli occhi su un aspetto e considerare una parte
come il tutto. Un bambino nel grembo materno e un clochard, un migrante e una schiava
della prostituzione hanno la stessa necessità di essere difesi nella loro incalpestabile
dignità personale. E di essere liberati dalla schiavitù del commercio del corpo umano, dallaffermazione
di una tecnoscienza pervasiva e dalla
diffusione di una mentalità nichilista e consumista. Lo dico anche a riguardo delle
recenti «Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di
trattamento»: ci preoccupa la salvaguardia della speciale relazione tra paziente e
medico, la giusta proporzionalità delle cure che non deve mai dar luogo alla
cultura dello scarto , la possibilità di salvaguardare lobiezione di
coscienza del singolo medico e di evitare il rischio di «aziendalismo» per gli ospedali cattolici.
In definitiva, vorrei ricordare a tutti: la vita non
si uccide, non si compra, non si sfrutta e non si odia!
........
........ |
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.
* L' Osservatorio ha per oggetto la dottrina
sociale della Chiesa Cattolica. Presidente e Fondatore è Giampaolo Crepaldi, Arcivescovo
di Trieste, già membro del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli
Itineranti, già Direttore dell'Ufficio nazionale della pastorale sociale e del lavoro,
della CEI.
Voglio precisare che, pur richiamando il rapporto giuridico del Dr. Fontana con
l'Osservatorio e l'Arcivescovo, non ho alcun motivo di ritenere che l'articolo non
sia solo personale di lui. |
AVVERTENZA. Una volta rivendicato che, nella Chiesa
Cattolica, la "materia temporale" è competenza dei laici cattolici, diviene
inevitabile chiedersi se, a livello costituzionale ecclesiastico, esista un organo
collegiale di laici, investito di essa. Dentro la Nota di Papa Ratzinger si trova
ricordato un "Pontificio Consiglio per i Laici", composto
da "membri e consultori in maggioranza laici, nominati dal papa, di durata 5
anni". Adesso esso risulta sostituito dal Papa Francesco con un "Dicastero per i
Laici, la Famiglia e la Vita", solo monocratico".
Considerato il linguaggio "Molto fumo (spirituale), poco arrosto",
degli ecclesiastici di potere, discuto l'argomento (qui sotto), e propongo una "Consulta dei Laici Cattolici, impegnati in politica",
proposti dai parroci tra persone con competenze professionali. |
Fonte: La nuova bussola
quotidiana, 22 agosto 2017 Stefano Fontana, Così si cambia la Dottrina
sociale della Chiesa
Lo stile comunicativo dei documenti di Dottrina sociale della Chiesa sta cambiando. Ne
abbiamo avuto un ulteriore sintomo nel recente Messaggio per la Giornata del Migrante e
del Rifugiato di papa Francesco. Sostenere che qui il Papa prende posizione per lo ius
soli e in particolare per il disegno di legge italiano, come hanno fatto i giornali
ieri, è eccessivo, però non cè dubbio che il testo del Messaggio entri in
aspetti anche molto tecnici (e controversi) delle politiche di accoglienza.
Così aveva fatto anche la Laudato si in ordine ai problemi scientifici
del riscaldamento globale. Fino ad ora i documenti hanno sempre evitato di sposare una
ricetta, sapendo di correre il pericolo di battezzare con lacqua santa una
posizione di parte, di puntare su un cavallo che domani potrebbe essere sconfessato dalla
storia data la sua contingenza, di indurre a pensare che un cattolico che su quel problema
ritenesse legittime altre ricette non fosse più cattolico o fosse un
cattolico incoerente e, soprattutto, di sostituirsi al lavoro di pensiero dei cattolici
impegnati su quel fronte del sapere e delloperare.
La Dottrina sociale della Chiesa propone principi di riflessione, criteri di
giudizio e direttive di azione. Essa ha quindi anche unindole pratica. Tuttavia,
siccome la Chiesa non possiede ricette in campo sociale e politico e non
ha tutte le competenze necessarie, come il magistero innumerevoli volte ha assicurato, la
sua indole pratica deve soprattutto essere attuata dai laici, sulla propria
responsabilità e non su quella della Chiesa.
Intendiamoci, il magistero può anche intervenire su singole leggi, mettendo in
guardia dallapprovarle, se queste ledono i principi fondamentali della morale
naturale e divina e quindi offendono luomo e Dio. Non è prudente applicare questo
principio, invece, alle questioni sociali e politiche che possono stare in vari modi. Già
Aristotele diceva che per questi problemi va adoperata la virtù della saggezza (la prudentia
cristiana). Per dirla in modo ancora più chiaro: su una legge che offende la base
naturale della famiglia e, quindi, danneggia la persona e la giustizia, il magistero deve
intervenire direttamente per non permettere che i fedeli siano tratti in inganno. Su una
legge che disciplina una materia complessa dove non sono in gioco principi non
negoziabili, invece, è prudente dare le direttive dazione di fondo e lasciare che
poi intervenga la prudenza dei laici impegnati in politica.
La Nota Ratzinger del 2002 sullimpegno dei cattolici in politica
distingueva chiaramente tra questi due tipi di intervento. Ribadiva quali fossero gli
ambiti in cui la coscienza cristiana non aveva discrezionalità, pena la perdita della
coerenza tra fede e vita, e le questioni che invece potevano essere affrontate
legittimamente in molti modi. Questo, spiegava la Nota della Congregazione per la Dottrina
della Fede, capita o perché si tratta di questioni complesse e articolate che non possono
avere una risposta univoca, oppure perché presentano molti risvolti tecnici, oppure
perché si prestano a diverse soluzioni tutte moralmente accettabili, oppure perché si
possono affrontare a partire da principi di teoria politica legittimamente diversi. In
tutti questi casi il magistero lascia libertà alla coscienza ben formata dei fedeli.
Dietro questa dottrina cè la distinzione della teologia morale tra gli
atti intrinsecamente cattivi (o assoluti negativi) e gli atti buoni, ripresa e confermata
autorevolmente dalla Veritatis splendor di Giovanni Paolo II. Se gli atti
intrinsecamente cattivi non si possono mai fare, il bene invece lo si può fare in molti
modi.
Ora, la politica delle migrazioni appartiene a questultimo genere di problemi:
lindicazione allaccoglienza è un precetto morale positivo, che dice di fare
il bene, il bene però lo si può fare in molti modi, e per di più
trattasi di questione complessa, con rilevanti aspetti tecnici, per cui il soggetto
deputato a valutare e a scegliere è la coscienza ben formata dei laici.
Bisognerà approfondire e questo breve intervento non è il luogo più adatto
- come mai ci sia una tendenza del magistero sociale in generale a non dare indicazioni
chiare davanti a leggi e a politiche evidentemente contrarie allordine morale
naturale e divino, mentre ci sia un impegno maggiore a prendere posizione diretta,
scavalcando la laicità dei problemi e i laici cristiani stessi, su questioni complesse
che per loro natura si prestano a più soluzione possibili e legittime. Capita
sempre più spesso che il cattolico impegnato nella società si senta con le spalle
scoperte quando si impegna per la vita o per la famiglia e si senta invece confortato dai
"piani superiori" quando fa accoglienza agli immigrati o quando mette i pannelli
solari sul tetto della parrocchia. Ma tra i due ambiti cè un abisso di differenza.
Da parte mia mi permetto di suggerire solo questo spunto
riguardante la natura della Dottrina sociale della Chiesa, vale dire:
- In primo luogo, essa è una "Dottrina" ed
è "della Chiesa". Che sia una dottrina comporta che si nutra di un
pensiero, che sia un corpus articolato e organico, che chiami in causa più competenze
raccordate analogicamente tra loro. E per la prassi ma non è prassi. Se si viene
presi dalla spinta alla prassi, allesserci in campo, a fare da pompiere alle
emergenze perché non nella dottrina, ritenuta astratta, ma nella vita immediata si
incontra laltro e si testimonia Cristo, allora si agisce come se il corpus
dottrinale della Dottrina sociale della Chiesa non esistesse.
- In secondo luogo, essa è "della Chiesa", fa capo ad un soggetto unico, ma
articolato. Se il magistero scende in campo nelle scelte politiche copre lo spazio dei
laici. E questo occorre riconoscerlo è la cosa più strana di questo
passaggio. Nel momento in cui si continua a celebrare la famosa autonomia dei
laici, e la si rispetta addirittura quando essa supera i confini del lecito,
ossia quando si impegna per il male rivendicandone la legittimità, si finisce poi per
dare indicazioni concrete su singole norme e singole politiche, togliendo ai laici la loro
legittima autonomia. Ho troppo bene in mente quante volte sono stati rimproverati i laici
di un tempo perché troppo asserviti alle gerarchie ecclesiastiche e quante volte si siano
criticate direttive dazione presenti in altre encicliche, considerandole un pedaggio
pagato dalla Dottrina sociale della Chiesa alle ideologie, per non sorprendermi di fronte
a questo nuovo passaggio dello stile del magistero sociale. |
J. Ratzinger, Nota
sull'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica (Fonte* : Nota ) SINTESI
(Conclusione)
Gli orientamenti contenuti nella presente Nota intendono illuminare uno dei più
importanti aspetti dellunità di vita del cristiano: la coerenza tra fede e vita,
tra vangelo e cultura, richiamata dal Concilio Vaticano II.
Esso esorta i fedeli a «compiere fedelmente i propri doveri terreni, facendosi guidare
dallo spirito del vangelo. Sbagliano coloro che, sapendo che qui noi non abbiamo una
cittadinanza stabile ma che cerchiamo quella futura, pensano di poter per questo
trascurare i propri doveri terreni, e non riflettono che invece proprio la fede li obbliga
ancora di più a compierli, secondo la vocazione di ciascuno».
Siano desiderosi i fedeli «di poter esplicare tutte le loro attività terrene, unificando
gli sforzi umani, domestici, professionali, scientifici e tecnici in una sola sintesi
vitale insieme con i beni religiosi, sotto la cui altissima direzione tutto viene
coordinato a gloria di Dio».[31]
I. Un insegnamento costante
1. Limpegno del cristiano nel mondo in duemila anni di storia si è espresso
seguendo percorsi diversi. Uno è stato attuato nella partecipazione allazione
politica: i cristiani, affermava uno scrittore ecclesiastico dei primi secoli,
«partecipano alla vita pubblica come cittadini».[1] La Chiesa venera tra i suoi Santi
numerosi uomini e donne che hanno servito Dio mediante il loro generoso impegno nelle
attività politiche e di governo. Tra di essi, S. Tommaso Moro, proclamato Patrono dei
Governanti e dei Politici, seppe testimoniare fino al martirio la «dignità inalienabile
della coscienza».[2] Pur sottoposto a varie forme di pressione psicologica, rifiutò ogni
compromesso, e senza abbandonare «la costante fedeltà allautorità e alle
istituzioni legittime» che lo distinse, affermò con la sua vita e con la sua morte che
«luomo non si può separare da Dio, né la politica dalla morale».[3]
Le attuali società democratiche, nelle quali lodevolmente tutti sono
resi partecipi della gestione della cosa pubblica in un clima di vera libertà,[4]
richiedono nuove e più ampie forme di partecipazione alla vita pubblica da parte dei
cittadini, cristiani e non cristiani. In effetti, tutti possono contribuire attraverso il
voto allelezione dei legislatori e dei governanti e, anche in altri modi, alla
formazione degli orientamenti politici e delle scelte legislative che a loro avviso
giovano maggiormente al bene comune.[5] La vita in un sistema politico democratico non
potrebbe svolgersi proficuamente senza lattivo, responsabile e generoso
coinvolgimento da parte di tutti, «sia pure con diversità e complementarità di forme,
livelli, compiti e responsabilità».[6]
Mediante ladempimento dei comuni doveri civili, «guidati dalla coscienza
cristiana»,[7] in conformità ai valori che con essa sono congruenti, i fedeli laici
svolgono anche il compito loro proprio di animare cristianamente lordine temporale,
rispettandone la natura e la legittima autonomia,[8] e cooperando con gli altri cittadini
secondo la specifica competenza e sotto la propria responsabilità.[9] Conseguenza di
questo fondamentale insegnamento del Concilio Vaticano II è che «i fedeli laici non
possono affatto abdicare alla partecipazione alla "politica", ossia alla
molteplice e varia azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale
destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune»,[10] che
comprende la promozione e la difesa di beni, quali lordine pubblico e la pace, la
libertà e luguaglianza, il rispetto della vita umana e dellambiente, la
giustizia, la solidarietà, ecc.
La presente Nota non ha la pretesa di riproporre lintero insegnamento
della Chiesa in materia, riassunto peraltro nelle sue linee essenziali nel Catechismo
della Chiesa Cattolica, ma intende soltanto richiamare alcuni principi propri della
coscienza cristiana che ispirano limpegno sociale e politico dei cattolici nelle
società democratiche.[11] E ciò perché in questi ultimi tempi, spesso per
lincalzare degli eventi, sono emersi orientamenti ambigui e posizioni discutibili,
che rendono opportuna la chiarificazione di aspetti e dimensioni importanti della tematica
in questione.
II. Alcuni punti nodali nellattuale dibattito culturale e politico
2. La società civile si trova oggi allinterno di un complesso processo culturale
che mostra la fine di unepoca e lincertezza per la nuova che emerge
allorizzonte. Le grandi conquiste di cui si è spettatori provocano a verificare il
positivo cammino che lumanità ha compiuto nel progresso e nellacquisizione di
condizioni di vita più umane. La crescita di responsabilità nei confronti di Paesi
ancora in via di sviluppo è certamente un segno di grande rilievo, che mostra la
crescente sensibilità per il bene comune. Insieme a questo, comunque, non è possibile
sottacere i gravi pericoli a cui alcune tendenze culturali vorrebbero orientare le
legislazioni e, di conseguenza, i comportamenti delle future generazioni.
È oggi verificabile un certo relativismo culturale che offre evidenti segni di sé
nella teorizzazione e difesa del pluralismo etico che sancisce la decadenza e la
dissoluzione della ragione e dei principi della legge morale naturale. A seguito di questa
tendenza non è inusuale, purtroppo, riscontrare in dichiarazioni pubbliche affermazioni
in cui si sostiene che tale pluralismo etico è la condizione per la democrazia.[12]
Avviene così che, da una parte, i cittadini rivendicano per le proprie scelte morali la
più completa autonomia mentre, dallaltra, i legislatori ritengono di rispettare
tale libertà di scelta formulando leggi che prescindono dai principi delletica
naturale per rimettersi alla sola condiscendenza verso certi orientamenti culturali o
morali transitori,[13] come se tutte le possibili concezioni della vita avessero uguale
valore. Nel contempo, invocando ingannevolmente il valore della tolleranza, a una buona
parte dei cittadini e tra questi ai cattolici si chiede di rinunciare a contribuire
alla vita sociale e politica dei propri Paesi secondo la concezione della persona e del
bene comune che loro ritengono umanamente vera e giusta, da attuare mediante i mezzi
leciti che lordinamento giuridico democratico mette ugualmente a disposizione di
tutti i membri della comunità politica. La storia del XX secolo basta a dimostrare che la
ragione sta dalla parte di quei cittadini che ritengono del tutto falsa la tesi
relativista secondo la quale non esiste una norma morale, radicata nella natura stessa
dellessere umano, al cui giudizio si deve sottoporre ogni concezione delluomo,
del bene comune e dello Stato.
3. Questa concezione relativista del pluralismo nulla ha a che vedere con la legittima
libertà dei cittadini cattolici di scegliere, tra le opinioni politiche compatibili con
la fede e la legge morale naturale, quella che secondo il proprio criterio meglio si
adegua alle esigenze del bene comune. La libertà politica non è né può essere fondata
sullidea relativista che tutte le concezioni sul bene delluomo hanno la stessa
verità e lo stesso valore, ma sul fatto che le attività politiche mirano volta per volta
alla realizzazione estremamente concreta del vero bene umano e sociale in un contesto
storico, geografico, economico, tecnologico e culturale ben determinato. Dalla concretezza
della realizzazione e dalla diversità delle circostanze scaturisce generalmente la
pluralità di orientamenti e di soluzioni che debbono però essere moralmente accettabili.
Non è compito della Chiesa formulare soluzioni concrete e meno ancora soluzioni uniche
per questioni temporali che Dio ha lasciato al libero e responsabile giudizio di
ciascuno, anche se è suo diritto e dovere pronunciare giudizi morali su realtà temporali
quando ciò sia richiesto dalla fede o dalla legge morale.[14] Se il cristiano è tenuto
ad «ammettere la legittima molteplicità e diversità delle opzioni temporali»,[15] egli
è ugualmente chiamato a dissentire da una concezione del pluralismo in chiave di
relativismo morale, nociva per la stessa vita democratica, la quale ha bisogno di
fondamenti veri e solidi, vale a dire, di principi etici che per la loro natura e per il
loro ruolo di fondamento della vita sociale non sono "negoziabili".
Sul piano della militanza politica concreta, occorre notare che il carattere
contingente di alcune scelte in materia sociale, il fatto che spesso siano moralmente
possibili diverse strategie per realizzare o garantire uno stesso valore sostanziale di
fondo, la possibilità di interpretare in maniera diversa alcuni principi basilari della
teoria politica, nonché la complessità tecnica di buona parte dei problemi politici,
spiegano il fatto che generalmente vi possa essere una pluralità di partiti
allinterno dei quali |
Nino Luciani, In
cerca di un organo collegiale dei laici cattolici Premessa.
1) E' raro che laici autorevoli intervengano in materia di dottrina sociale della
chiesa, per affermare che è improprio il fatto che la Gerarchia sfori il campo religioso
per "entrare in aspetti molto tecnici (e controversi)". In questo caso lo
sforamento è contestato al papa attuale.
Si deduce che la tesi implicita è che (dentro la chiesa cattolica) gli aspetti
tecnici sono di competenza dei laici cattolici.
Ma la questione non finisce qui. Esistono, dentro la chiesa cattolica, delle
strutture organizzative dirette da laici ?
Veramente, nella Nota di papa Ratzinger si fa riferimento ad un "Pontificio
Consiglio per i Laici", composto da membri e consultori in maggioranza
laici, nominati dal papa, e che fu sentito, prima della emanazione della Nota.
Ma sta di fatto che oggi quel Consiglio risulta soppresso dal papa attuale e
sostituito da un "Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita", fortemente
mono-cratico".
E' una decisione criticabile ? Parrebbe che quel Consiglio non funzionasse, perchè
i suoi membri erano molto divisi e non producevano nulla. Dunque, bene ha fatto papa
Francesco
Sta di fatto che esistono strutture sostitutive, ma vicine alla CEI-Conferenza
Episcopale, che è un organo collegiale dei Vescovi. Una di queste è il Rinnovamento
nello Spirito Santo, che raggrupperebbe i cosiddetti movimenti giovanili. Su questo torno
più avanti.
2.- Sui poteri della gerarchia in materia temporale. Va
puntualizzara ulteriormente (dopo il nostro Direttore dell'Osservatorio) la autorevolezza
rispettiva dei laici e del papa in materia temporale.
Secondo il gesuita spagnolo Diez
Alegria (che ho avuto come professore di Dottrina Sociale della Chiesa, a suo tempo,
alla Pontificia Università Gregoriana), si deve distinguere:
a) un magistero infallibile del papa, in speciali materie di fede;
b) un magistero praticamente infallibile dei vescovi, come
collegio, in materia di fede;
c) un magistero ordinario non infallibile in materia sociale (p.
6). Secondo l'illustre gesuita, "fra un fedele e un non credente, nel campo temporale
non c'è una differenza essenziale"... "la gerarchia non ha nessun potere
diretto o indiretto (inteso come l'intendevano i teologi del secolo VI) in materia
temporale, ma ha come unico compito l'insegnamento autorevole della legge naturale"
(p. 12).
Conclusione. La mia convinzione e' che la Gerarchia
dev'essere totalmente libera di esprimersi su qualsiasi cosa, purchè non pretenda di
essere sempre praticamente autorevole, in forza della carica ricoperta.
Nel caso dei migranti, le recenti dichiarazioni del papa anche in
favore dei figli degli immigrati nati in Italia (Sì a ius soli e a jus
culturae) ripropongono lennesima invasione di campo temporale del papa in modo
inappropriato, con infiniti guai creati di conseguenza. Il motivo è che, ivi, c'è un
problema a partita doppia con vantaggi per alcuni in generale e danni per altri, ma
trattato senza tener conto di questi danni, per un adeguato bilanciamento. Diverso è il
campo del volontariato per i migranti ("quod superest date pauperibus", ma qui
lo Stato non c'entra niente).
In questo caso il papa si è comportato come quella brava gente che si improvvisa
pompiere, in aiuto ai pompieri, ma complica il lavoro dei pompieri.
Ma quella invasione di campo potrebbe divenire un problema, se diventa
(piano piano) la regola quotidiana.
Nel caso della CEI-Conferenza Episcopale già siamo a questo livello. Non
solo essa ha un giornale ufficiale (L'AVVENIRE), ma molti vescovi sono divenuti
articolisti su quotidiani italiani.
Anche qui il problema non è la libertà di farlo (devono potere essere
liberi), ma la loro sprovvedutezza in campo temporale straripa (non sempre).
S. Fontana ha criticato recentemente anche l'Avvenire, in materia di
immigrati.
Con questa prima conclusione mi ritrovo con lui. Ma questo non dà ancora una
soluzione al problema di creare un organo di laici cattolici che svolga quel ruolo nel
campo temporale.
3) Serve un organo collegiale a livello costituzionale e/o un
partito di cattolici (sia pur non solo di cattolici) ?
a) Un organo consultivo ? Il Rinnovamento nello Spirito Santo è
una associazione privata, riconosciuta dalla CEI. I suoi organi sono:
- un Presidente;
- una Assemblea nazionale composta da laici e, in piccola misura, da ecclesiastici;
e corrispondenti assemblee a livello decentrato (parrocchie, diocesi, regione).l
Ha come finalità (art. 2 dello statuto) la costituzione e la formazione di gruppi e
comunità.
Il Presidente rappresenta lAssociazione presso la Conferenza Episcopale Italiana.
Conclusione. Se si prescinde dalle molte parole di routine in
Statuto, risulta (sulla base di racconti separati di un vescovo e di un prelato, da me
interpretati con qualche fantasia) che:
- il RNS ha come compito di fare proselitismo tra i giovani, creando movimenti
giovanili;
- e, pur se il Presidente è un laico, l'associazione è controllata da
alcuni vescovi.
L' obiettivo finale è creare una corrente, all'interno di un partito
nazionale. Tra i partiti presi in considerazione, ultimamente la simpatia prevalente è
stata per il PD.
Da questi racconti, risulta che, al suo interno, RNS sia molto diviso. Ma,
considerato che l'obiettivo finale è una scelta di campo (tra partiti), si intuisce che
il motivo della divisione sia il problema della scelta di campo (e questo è un luogo
comune a tutte le associazioni, in generale).
b) Un partito ? La Democrazia Cristiana era un partito
di cattolici, sia pur non di soli cattolici (e con uguali valori).
Per creare un organismo laico a supporto della Gerarchia si deve ricostruire la DC,
o farne un altro ? Mi fermo qui.
c) Una Consulta dei Laici Cattolici, impegnati in politica ? Il
problema non è di reclutare dei giovani per obbedire alla qualcuno della Gerarchia circa
il voto, ma delineare un campo di possibili soluzioni nel concreto e definire l'organismo
che le applica.
- Quale campo ? Ultimamente un GRUPPO DI LAVORO, costituito da 12 docenti
universitari di Bologna (da me coordinato), aveva fatto un "Codice Etico del
cristiano impegnato in politica".
L'iniziativa era partita con la benedizione del Vescovo Nunzio Galantino,
che (al termine dei lavori) ne aveva preso atto senza rilievi, ma che poi
si era defilato al momento di esternarlo in un convegno.
Chi volesse vedere questo codice, lo trova cliccando su: Codice etico, Appendice.
La proposta finale di ordine pratico era di fare una Consulta
nazionale dei laici per lattività politica .
La motivazione era stata:
"Al fine di aprire un percorso di reciprocità tra laici
cristiani e soggetti vicini per valori e programmi, il Gruppo ritiene che sarebbe utile la
costituzione di una Consulta nazionale laica del mondo cristiano per lattività
politica, alla quale possano partecipare (sia pure in modo non esclusivo) laici delle
associazioni parrocchiali, impegnati come cittadini, e competenti in politica, proposti
dai parroci e scelti tra cattolici con competenze professionali (economia, diritto,
storia, chimica, fisica, medicina...).
Il compito della Consulta dovrebbe essere quello di:
- osservatorio della politica nazionale Italiana e della Unione Europea;
- colloquio con la CEI;
- orientamento dei laici cristiani alla partecipazione ai partiti, con preferenza
alla partecipazione maggiore possibile ad un partito largo non solo di
cattolici, che sia in armonia con la dottrina sociale della Chiesa Cattolica, ed
allinterno del quale il gruppo dei cattolici abbia possibilità di libera
espressione, fermo il rispetto delle regole decisionali del partito partecipato.
Sul piano strategico la Consulta dovrebbe promuovere proposte unitarie del
mondo cattolico alle istituzioni politiche, considerato che in democrazia le decisioni si
prendono a maggioranza, e voti si contano.
Questo codice etico veniva proposto come norma di comportamento della
Consulta, qualora la CEI Conferenza Episcopale Italiana volesse avvalersene.
Va, invece, considerato solo un discorso aperto, quello dellapporto
della Consulta alla riorganizzazione di un partito di cattolici e altri laici di comune
programma. Nino Luciani |
( Continua Ratzinger) i cattolici
possono scegliere di militare per esercitare particolarmente attraverso la
rappresentanza parlamentare il loro diritto-dovere nella costruzione della vita civile
del loro Paese.[16] Questa ovvia constatazione non può essere confusa però con un
indistinto pluralismo nella scelta dei principi morali e dei valori sostanziali a cui si
fa riferimento. La legittima pluralità di opzioni temporali mantiene integra la matrice
da cui proviene limpegno dei cattolici nella politica e questa si richiama
direttamente alla dottrina morale e sociale cristiana. È su questo insegnamento che i
laici cattolici sono tenuti a confrontarsi sempre per poter avere certezza che la propria
partecipazione alla vita politica sia segnata da una coerente responsabilità per le
realtà temporali. La Chiesa è consapevole che la via della democrazia se, da una
parte, esprime al meglio la partecipazione diretta dei cittadini alle scelte politiche,
dallaltra si rende possibile solo nella misura in cui trova alla sua base una retta
concezione della persona.[17] Su questo principio limpegno dei cattolici non
può cedere a compromesso alcuno, perché altrimenti verrebbero meno la testimonianza
della fede cristiana nel mondo e la unità e coerenza interiori dei fedeli stessi. La
struttura democratica su cui uno Stato moderno intende costruirsi sarebbe alquanto fragile
se non ponesse come suo fondamento la centralità della persona. È il rispetto della
persona, peraltro, a rendere possibile la partecipazione democratica. Come insegna il
Concilio Vaticano II, la tutela «dei diritti della persona umana è condizione perché i
cittadini, individualmente o in gruppo, possano partecipare attivamente alla vita e al
governo della cosa pubblica».[18]
4. A partire da qui si estende la complessa rete di problematiche attuali che non hanno
avuto confronti con le tematiche dei secoli passati. La conquista scientifica, infatti, ha
permesso di raggiungere obiettivi che scuotono la coscienza e impongono di trovare
soluzioni capaci di rispettare in maniera coerente e solida i principi etici. Si assiste
invece a tentativi legislativi che, incuranti delle conseguenze che derivano per
lesistenza e lavvenire dei popoli nella formazione della cultura e dei
comportamenti sociali, intendono frantumare lintangibilità della vita umana. I
cattolici, in questo frangente, hanno il diritto e il dovere di intervenire per richiamare
al senso più profondo della vita e alla responsabilità che tutti possiedono dinanzi ad
essa. Giovanni Paolo II, continuando il costante insegnamento della Chiesa, ha più volte
ribadito che quanti sono impegnati direttamente nelle rappresentanze legislative hanno il
«preciso obbligo di opporsi» ad ogni legge che risulti un attentato alla vita umana. Per
essi, come per ogni cattolico, vige limpossibilità di partecipare a campagne di
opinione in favore di simili leggi né ad alcuno è consentito dare ad esse il suo
appoggio con il proprio voto.[19] Ciò non impedisce, come ha insegnato Giovanni Paolo II
nella Lettera Enciclica Evangelium vitae a proposito del caso in cui non fosse
possibile scongiurare o abrogare completamente una legge abortista già in vigore o messa
al voto, che «un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione allaborto
fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte
mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul
piano della cultura e della moralità pubblica».[20]
In questo contesto, è necessario aggiungere che la coscienza cristiana ben formata non
permette a nessuno di favorire con il proprio voto lattuazione di un programma
politico o di una singola legge in cui i contenuti fondamentali della fede e della morale
siano sovvertiti dalla presentazione di proposte alternative o contrarie a tali contenuti.
Poiché la fede costituisce come ununità inscindibile, non è logico
lisolamento di uno solo dei suoi contenuti a scapito della totalità della dottrina
cattolica. Limpegno politico per un aspetto isolato della dottrina sociale della
Chiesa non è sufficiente ad esaurire la responsabilità per il bene comune. Né il
cattolico può pensare di delegare ad altri limpegno che gli proviene dal vangelo di
Gesù Cristo perché la verità sulluomo e sul mondo possa essere annunciata e
raggiunta.
Quando lazione politica viene a confrontarsi con principi morali che non
ammettono deroghe, eccezioni o compromesso alcuno, allora limpegno dei cattolici si
fa più evidente e carico di responsabilità. Dinanzi a queste esigenze etiche
fondamentali e irrinunciabili, infatti, i credenti devono sapere che è in gioco
lessenza dellordine morale, che riguarda il bene integrale della persona.
E questo il caso delle leggi civili in materia di aborto e di eutanasia (da
non confondersi con la rinuncia allaccanimento terapeutico, la quale è,
anche moralmente, legittima), che devono tutelare il diritto primario alla vita a partire
dal suo concepimento fino al suo termine naturale. Allo stesso modo occorre ribadire il
dovere di rispettare e proteggere i diritti dellembrione umano. Analogamente,
devono essere salvaguardate la tutela e la promozione della famiglia, fondata sul
matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso e protetta nella sua unità e
stabilità, a fronte delle moderne leggi sul divorzio: ad essa non possono essere
giuridicamente equiparate in alcun modo altre forme di convivenza, né queste possono
ricevere in quanto tali un riconoscimento legale. Così pure la garanzia della libertà di
educazione ai genitori per i propri figli è un diritto inalienabile, riconosciuto
tra laltro nelle Dichiarazioni internazionali dei diritti umani. Alla stessa
stregua, si deve pensare alla tutela sociale dei minori e alla liberazione delle
vittime dalle moderne forme di schiavitù (si pensi ad esempio, alla droga e allo
sfruttamento della prostituzione). Non può essere esente da questo elenco il diritto alla
libertà religiosa e lo sviluppo per uneconomia che sia al servizio
della persona e del bene comune, nel rispetto della giustizia sociale, del principio di
solidarietà umana e di quello di sussidiarietà, secondo il quale «i diritti delle
persone, delle famiglie e dei gruppi, e il loro esercizio devono essere
riconosciuti».[21] Come non vedere, infine, in questa esemplificazione il grande tema
della pace. Una visione irenica e ideologica tende, a volte, a secolarizzare il
valore della pace mentre, in altri casi, si cede a un sommario giudizio etico dimenticando
la complessità delle ragioni in questione. La pace è sempre «frutto della giustizia ed
effetto della carità»;[22] esige il rifiuto radicale e assoluto della violenza e del
terrorismo e richiede un impegno costante e vigile da parte di chi ha la responsabilità
politica.
III. Principi della dottrina cattolica su laicità e pluralismo
5. Di fronte a queste problematiche, se è lecito pensare allutilizzo di una
pluralità di metodologie, che rispecchiano sensibilità e culture differenti, nessun
fedele tuttavia può appellarsi al principio del pluralismo e dellautonomia dei
laici in politica, favorendo soluzioni che compromettano o che attenuino la salvaguardia
delle esigenze etiche fondamentali per il bene comune della società. Non si tratta di per
sé di «valori confessionali», poiché tali esigenze etiche sono radicate
nellessere umano e appartengono alla legge morale naturale. Esse non esigono in chi
le difende la professione di fede cristiana, anche se la dottrina della Chiesa le conferma
e le tutela sempre e dovunque come servizio disinteressato alla verità sulluomo e
al bene comune delle società civili. Daltronde, non si può negare che la politica
debba anche riferirsi a principi che sono dotati di valore assoluto proprio perché sono
al servizio della dignità della persona e del vero progresso umano.
6. Il richiamo che spesso viene fatto in riferimento alla "laicità"
che dovrebbe guidare limpegno dei cattolici, richiede una chiarificazione non solo
terminologica. La promozione secondo coscienza del bene comune della società politica
nulla ha a che vedere con il "confessionalismo" o lintolleranza religiosa.
Per la dottrina morale cattolica la laicità intesa come autonomia della sfera civile e
politica da quella religiosa ed ecclesiastica - ma non da quella morale - è un
valore acquisito e riconosciuto dalla Chiesa e appartiene al patrimonio di civiltà che è
stato raggiunto.[23] Giovanni Paolo II ha più volte messo in guardia contro i pericoli
derivanti da qualsiasi confusione tra la sfera religiosa e la sfera politica. «Assai
delicate sono le situazioni in cui una norma specificamente religiosa diventa, o tende a
diventare, legge dello Stato, senza che si tenga in debito conto la distinzione tra le
competenze della religione e quelle della società politica. Identificare la legge
religiosa con quella civile può effettivamente soffocare la libertà religiosa e,
persino, limitare o negare altri inalienabili diritti umani».[24] Tutti i fedeli sono ben
consapevoli che gli atti specificamente religiosi (professione della fede, adempimento
degli atti di culto e dei Sacramenti, dottrine teologiche, comunicazioni reciproche tra le
autorità religiose e i fedeli, ecc.) restano fuori dalle competenze dello Stato, il quale
né deve intromettersi né può in modo alcuno esigerli o impedirli, salve esigenze
fondate di ordine pubblico. Il riconoscimento dei diritti civili e politici e
lerogazione dei pubblici servizi non possono restare condizionati a convinzioni o
prestazioni di natura religiosa da parte dei cittadini.
Questione completamente diversa è il diritto-dovere dei cittadini cattolici, come di
tutti gli altri cittadini, di cercare sinceramente la verità e di promuovere e difendere
con mezzi leciti le verità morali riguardanti la vita sociale, la giustizia, la libertà,
il rispetto della vita e degli altri diritti della persona. Il fatto che alcune di queste
verità siano anche insegnate dalla Chiesa non diminuisce la legittimità civile e la
"laicità" dellimpegno di coloro che in esse si riconoscono,
indipendentemente dal ruolo che la ricerca razionale e la conferma procedente dalla fede
abbiano svolto nel loro riconoscimento da parte di ogni singolo cittadino. La
"laicità", infatti, indica in primo luogo latteggiamento di chi rispetta
le verità che scaturiscono dalla conoscenza naturale sulluomo che vive in società,
anche se tali verità siano nello stesso tempo insegnate da una religione specifica,
poiché la verità è una. Sarebbe un errore confondere la giusta autonomia che i
cattolici in politica debbono assumere con la rivendicazione di un principio che prescinde
dallinsegnamento morale e sociale della Chiesa.
Con il suo intervento in questo ambito, il Magistero della Chiesa non vuole esercitare
un potere politico né eliminare la libertà dopinione dei cattolici su questioni
contingenti. Esso intende invece come è suo proprio compito istruire e illuminare
la coscienza dei fedeli, soprattutto di quanti si dedicano allimpegno nella vita
politica, perché il loro agire sia sempre al servizio della promozione integrale della
persona e del bene comune. Linsegnamento sociale della Chiesa non è
unintromissione nel governo dei singoli Paesi. Pone certamente un dovere morale di
coerenza per i fedeli laici, interiore alla loro coscienza, che è unica e unitaria.
«Nella loro esistenza non possono esserci due vite parallele: da una parte, la vita
cosiddetta "spirituale", con i suoi valori e con le sue esigenze; e
dallaltra, la vita cosiddetta "secolare", ossia la vita di famiglia, di
lavoro, dei rapporti sociali, dellimpegno politico e della cultura. Il tralcio,
radicato nella vite che è Cristo, porta i suoi frutti in ogni settore dellattività
e dellesistenza. Infatti, tutti i vari campi della vita laicale rientrano nel
disegno di Dio, che li vuole come "luogo storico" del rivelarsi e del
realizzarsi dellamore di Gesù Cristo a gloria del Padre e a servizio dei fratelli.
Ogni attività, ogni situazione, ogni impegno concreto come, ad esempio, la competenza
e la solidarietà nel lavoro, lamore e la dedizione nella famiglia e
nelleducazione dei figli, il servizio sociale e politico, la proposta della verità
nellambito della cultura sono occasioni provvidenziali per un "continuo
esercizio della fede, della speranza e della carità"».[25] Vivere ed agire
politicamente in conformità alla propria coscienza non è un succube adagiarsi su
posizioni estranee allimpegno politico o su una forma di confessionalismo, ma
lespressione con cui i cristiani offrono il loro coerente apporto perché attraverso
la politica si instauri un ordinamento sociale più giusto e coerente con la dignità
della persona umana.
Nelle società democratiche tutte le proposte sono discusse e vagliate liberamente.
Coloro che in nome del rispetto della coscienza individuale volessero vedere nel dovere
morale dei cristiani di essere coerenti con la propria coscienza un segno per
squalificarli politicamente, negando loro la legittimità di agire in politica
coerentemente alle proprie convinzioni riguardanti il bene comune, incorrerebbero in una
forma di intollerante laicismo. In questa prospettiva, infatti, si vuole negare non
solo ogni rilevanza politica e culturale della fede cristiana, ma perfino la stessa
possibilità di unetica naturale. Se così fosse, si aprirebbe la strada ad
unanarchia morale che non potrebbe mai identificarsi con nessuna forma di legittimo
pluralismo. La sopraffazione del più forte sul debole sarebbe la conseguenza ovvia di
questa impostazione. La marginalizzazione del Cristianesimo, daltronde, non potrebbe
giovare al futuro progettuale di una società e alla concordia tra i popoli, ed anzi
insidierebbe gli stessi fondamenti spirituali e culturali della civiltà.[26]
IV. Considerazioni su aspetti particolari
7. È avvenuto in recenti circostanze che anche allinterno di alcune associazioni o
organizzazioni di ispirazione cattolica, siano emersi orientamenti a sostegno di forze e
movimenti politici che su questioni etiche fondamentali hanno espresso posizioni contrarie
allinsegnamento morale e sociale della Chiesa. Tali scelte e condivisioni, essendo
in contraddizione con principi basilari della coscienza cristiana, non sono compatibili
con lappartenenza ad associazioni o organizzazioni che si definiscono cattoliche.
Analogamente, è da rilevare che alcune Riviste e Periodici cattolici in certi Paesi hanno
orientato i lettori in occasione di scelte politiche in maniera ambigua e incoerente,
equivocando sul senso dellautonomia dei cattolici in politica e senza tenere in
considerazione i principi a cui si è fatto riferimento.
La fede in Gesù Cristo che ha definito se stesso «la via, la verità e la vita» (Gv
14,6) chiede ai cristiani lo sforzo per inoltrarsi con maggior impegno nella costruzione
di una cultura che, ispirata al Vangelo, riproponga il patrimonio di valori e contenuti
della Tradizione cattolica. La necessità di presentare in termini culturali moderni il
frutto delleredità spirituale, intellettuale e morale del cattolicesimo appare oggi
carico di unurgenza non procrastinabile, anche per evitare il rischio di una
diaspora culturale dei cattolici. Del resto lo spessore culturale raggiunto e la matura
esperienza di impegno politico che i cattolici in diversi paesi hanno saputo sviluppare,
specialmente nei decenni posteriori alla seconda guerra mondiale, non possono porli in
alcun complesso di inferiorità nei confronti di altre proposte che la storia recente ha
mostrato deboli o radicalmente fallimentari. È insufficiente e riduttivo pensare che
limpegno sociale dei cattolici possa limitarsi a una semplice trasformazione delle
strutture, perché se alla base non vi è una cultura in grado di accogliere, giustificare
e progettare le istanze che derivano dalla fede e dalla morale, le trasformazioni
poggeranno sempre su fragili fondamenta.
La fede non ha mai preteso di imbrigliare in un rigido schema i contenuti
socio-politici, consapevole che la dimensione storica in cui luomo vive impone di
verificare la presenza di situazioni non perfette e spesso rapidamente mutevoli. Sotto
questo aspetto sono da respingere quelle posizioni politiche e quei comportamenti che si
ispirano a una visione utopistica la quale, capovolgendo la tradizione della fede biblica
in una specie di profetismo senza Dio, strumentalizza il messaggio religioso, indirizzando
la coscienza verso una speranza solo terrena che annulla o ridimensiona la tensione
cristiana verso la vita eterna.
Nello stesso tempo, la Chiesa insegna che non esiste autentica libertà senza la
verità. «Verità e libertà o si coniugano insieme o insieme miseramente periscono», ha
scritto Giovanni Paolo II.[27] In una società dove la verità non viene prospettata e non
si cerca di raggiungerla, viene debilitata anche ogni forma di esercizio autentico di
libertà, aprendo la via ad un libertinismo e individualismo, dannosi alla tutela del bene
della persona e della società intera.
8. A questo proposito è bene ricordare una verità che non sempre oggi viene percepita
o formulata esattamente nellopinione pubblica corrente: il diritto alla libertà di
coscienza e in special modo alla libertà religiosa, proclamato dalla Dichiarazione Dignitatis
humanae del Concilio Vaticano II, si fonda sulla dignità ontologica della persona
umana, e in nessun modo su di una inesistente uguaglianza tra le religioni e tra i sistemi
culturali umani.[28] In questa linea il Papa Paolo VI ha affermato che «il Concilio, in
nessun modo, fonda questo diritto alla libertà religiosa sul fatto che tutte le
religioni, e tutte le dottrine, anche erronee, avrebbero un valore più o meno uguale; lo
fonda invece sulla dignità della persona umana, la quale esige di non essere sottoposta a
costrizioni esteriori che tendono ad opprimere la coscienza nella ricerca della vera
religione e nelladesione ad essa».[29] Laffermazione della libertà di
coscienza e della libertà religiosa non contraddice quindi affatto la condanna
dellindifferentismo e del relativismo religioso da parte della dottrina
cattolica,[30] anzi con essa è pienamente coerente.
V. Conclusione (riportata all'inizio. NdR) |
|
* Fonte: http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_20021124_politica_it.html
.
I MATRIMONI TRA PERSONE DI DIVERSA
RELIGIONE VANNO OSTACOLATI oppure INCORAGGIATI ? |
Ahmad Muhammad al-Tayyib
Grande Imam dellUniversità di Al-Azhar
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Papa Francesco
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Rabbi Di Rabbi Eliezer Shemtov
|
Munib Younan
Presidente Fed.mond. luterana
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Le religioni
monoteiste ostacolano fortemente i cosiddetti "matrimoni misti" e riescono a
farlo grazie al potere
diretto sui meccanismi che realizzano il matrimonio religioso o
civile. Ne deriva un fattore che perpetua, nei secoli,
la divisione tra le razze, con conseguenti guerre fratricide senza fine. Il caso
dei Balcani è vivo.
BERGOGLIO ANDRA' AL CAIRO IL 28 e 29 APRILE 2017 ...Questo argomento sarà oggetto di
dialogo ? |
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LUCIANI: Un proverbio dice:
"Moglie e buoi dei paesi tuoi". Avvocati del campo informano che molti matrimoni
tra cattolici e musulmani avrebbero alta probabilità di fallimento.
E' un fatto che le religioni monoteiste oppongono grandi ostacoli a
matrimoni tra persone di diversa religione (detti "matrimoni misti"): il motivo
è la difesa della purezza della fede. Ma, poi, guardando a fondo, trovi che le medesime
ragioni sono applicabili, al 99%, anche ai matrimoni tra persone della stessa religione
(nel senso che nulla garantisce che un cattolico si comporterà da cattolico, secondo la
chiesa cattolica).
E' anche un fatto che il contatto tra i popoli è imposto dalle migrazioni, e
dunque l'unione tra i popoli si impone, nonostante tutto. E' pure in decadimento la
considerazione degli impedimenti meramente religiosi. Non solo questo: la politica della
accoglienza non è compatibile con gli ostacoli ai matrimoni misti.
Sotto l'aspetto storico, le religioni, ostacolando i matrimoni misti, hanno
ostacolato la pace tra i popoli. Questo risulta tragicamente nei Balcani e ovunque (vedi
Irlanda del Nord, tra cattolici e protestanti). Simmetricamente, nei Paesi (come
l'Inghilterra) nei quali i popoli invasi (sassoni) avevano la stessa religione degli
invasori (normanni), le razze si sono fuse e siffatti problemi di divisione non ce ne sono
stati. Il caso dell'Italia è massimamente significativo: qui le razze fuse sono state
innumerevoli, ma la religione era l'unica (cattolica), almeno per molto tempo.
Per sanare questi pericoli, la chiave sta nella politica della integrazione, se non
si voglioni tragici problemi di convivenza, più tardi. |
http://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Religione-e-politica-in-Bosnia-Erzegovina-19474
http://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Religione-fede-nazione-conflitto-19527
https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_della_Bosnia_ed_Erzegovina
LA
VISIONE CRISTIANA DEL MATRIMONIO (Stralcio da documento della CEI - Conferenza Episcopale
Italiana)) Appendice 1
NATURA DELL'IMPEDIMENTO DI DISPARITAS CULTUS
"38. Secondo la dottrina cattolica, il matrimonio ha
dignità sacramentale solo quando è celebrato da due battezzati. Nel caso di matrimonio
fra una parte cattolica e una non battezzata, la competenza della Chiesa cattolica sul
vincolo di diritto naturale si fonda sul fatto che uno dei due nubendi è battezzato
cattolico (cfr can. 1059) e si traduce nella concessione o meno della dispensa che toglie
l'impedimento dirimente alle nozze. La dispensa deve essere richiesta dal parroco della
parte cattolica all'Ordinario del luogo, normalmente attraverso il competente ufficio
della Curia diocesana.
Il parroco deve anche accertare, nelle modalità consuete, lo stato libero della parte
musulmana. Tenuto conto della peculiarità del caso, è opportuno che i nubendi si
presentino al parroco almeno sei mesi prima delle nozze.
39. Con la normativa canonica che disciplina tali matrimoni
la Chiesa, da un lato, intende tutelare la fede della parte cattolica: per questo ha
stabilito l'impedimento dirimente di disparitas cultus, in forza del quale è invalido il
matrimonio eventualmente contratto dal fedele cattolico con una parte non battezzata;
d'altro canto, essa riconosce che, nella concreta vicenda esistenziale di una persona, il
matrimonio di una parte cattolica con un non battezzato può realizzare valori positivi di
indubbio rilievo, quali l'esercizio del diritto alle nozze e alla procreazione con la
persona liberamente scelta, in una comunione di vita fedele e indissolubile, secondo il
progetto primordiale di Dio sull'uomo e sulla donna.
40. Per queste ragioni Il Vescovo del luogo, qualora si
diano certe condizioni, ha la facoltà di dispensare il fedele cristiano dall'impedimento
invalidante e di ammetterlo alla celebrazione di un valido matrimonio. Sotto il profilo
sistematico, l'istituto della dispensa si traduce nell'esonero dal vincolo della legge
(nel caso in specie, quella che sancisce l'esistenza di tale impedimento, che renderebbe
nullo il matrimonio), di fronte al bene prevalente del fedele (nel caso in specie, il
fatto che questi non permanga in una convivenza di fatto o in un matrimonio civile), posto
che si realizzino tutte le condizioni richieste per il consenso a un matrimonio integro
nell'essenza, nei fini e nelle proprietà essenziali, cioè in cui entrambi i nubendi
accolgano come valori l'unità, l'indissolubilità, la fedeltà e l'apertura alla prole.
41. Il Vescovo del luogo può concedere lecitamente la
dispensa - che rimane in ogni caso un atto discrezionale e valido solo quando sussista una
giusta e ragionevole causa - dall'impedimento di disparitas cultus - solo dopo avere
verificato l'esistenza di alcuni requisiti.
a) In primo luogo, essi riguardano la parte cattolica, che
deve:
- dichiarare di essere pronta a evitare il pericolo, insito nel matrimonio con una parte
non battezzata, di abbandonare la fede cattolica;
- promettere di fare quanto è in suo potere perché tutti i figli siano battezzati
ed educati nella fede cattolica. Merita di essere sottolineata la differenza che
caratterizza i due impegni assunti dalla parte cattolica: mentre la salvaguardia della
fede cattolica è un valore assoluto che dipende fondamentalmente dalla coscienza
rettamente formata e dalla forza morale del singolo, le scelte concrete in ordine
all'educazione dei figli coinvolgono egualmente - nel nostro sistema di valori e negli
ordinamenti giuridici dei Paesi occidentali - entrambi i genitori, e nel mondo islamico il
padre a titolo del tutto speciale.
Può pertanto darsi l'eventualità che la parte cattolica,
per lo più la donna, pur avendo assunto un impegno vero e sincero, si trovi poi
nell'oggettiva impossibilità di mantenerlo.
Nel caso specifico, si tenga presente che i musulmani osservanti ritengono di avere
l'obbligo di educare senz'altro i figli maschi nella propria credenza.
La parte cattolica, su invito ed eventualmente con l'aiuto del parroco, verifichi in modo
approfondito e senza accontentarsi di rassicurazioni generiche le intenzioni e le
disposizioni in merito della parte musulmana, così da offrire al Vescovo del luogo gli
elementi necessari per ponderare la convenienza della concessione della dispensa.
b) La parte musulmana deve essere informata degli impegni
che la parte cattolica è tenuta ad assumere; ciò deve constare negli atti. Nel rispetto
della libertà di coscienza, non le viene richiesta alcuna sottoscrizione che la vincoli a
impegni equivalenti, pur restando auspicabile che dia garanzie adeguate di tenere
veramente un atteggiamento rispettoso, tale da permettere alla parte cattolica di
adempiere gli impegni assunti.
È conveniente non attendere il momento dell'esame dei coniugi per far conoscere alla
parte musulmana gli obblighi a cui è tenuta la parte cattolica e dei quali anch'essa deve
essere realmente consapevole.
c) Entrambe le parti devono essere istruite sui fini e
sulle proprietà essenziali del matrimonio, che non possono essere esclusi da nessuno dei
due. Questo aspetto è da tenere distinto dai precedenti, che vedevano i due nubendi
muoversi su piani diversi, dal momento che solo la parte cattolica era tenuta
positivamente a impegnarsi.
I fini del matrimonio consistono nel bene dei coniugi e nella generazione ed educazione
della prole. Le proprietà essenziali del matrimonio sono l'unità (non vi possono essere
per una persona più vincoli matrimoniali validi in atto contemporaneamente) e
l'indissolubilità (cioè la perpetuità) del vincolo. L'esclusione anche di uno solo di
questi elementi da parte di uno dei contraenti, snaturando l'istituto delmatrimonio così
come configurato da Dio nel piano della creazione, rende invalido il matrimonio. Non si
tratta, infatti, di caratteri rimessi alla libera disponibilità delle parti o subordinati
all'appartenenza alla Chiesa cattolica: chi li rifiuta (battezzato o meno), rifiuta con
ciò il matrimonio stesso.
Un'attenzione particolare deve essere dedicata al bene
della fedeltà coniugale, che può essere seriamente minacciato dalla diversa comprensione
di questo valore, connessa con la differente prospettiva, non solo culturale ma anche
antropologica, propria del mondo islamico, il quale non mette sullo stesso piano l'uomo e
la donna: la fedeltà coniugale è infatti intesa come un diritto dell'uomo verso la
donna, in senso stretto esigibile solo da lui.
42. Poste queste premesse, è necessario verificare in
maniera approfondita l'orientamento e la volontà di entrambi i contraenti su questi
punti, prestando particolare attenzione alla parte musulmana: è possibile che questa
condivida solo genericamente un orientamento culturale e di pensiero contrario ai fini e
alle proprietà essenziali del matrimonio, ma di fatto non li escluda con un atto di
volontà personale e positivo in riferimento al proprio matrimonio. Nel corso di questa
verifica potrebbero infatti emergere circostanze nuove, quali una presa di coscienza più
approfondita ed eventualmente un forte disagio della parte cattolica di fronte agli
orientamenti del futuro coniuge su materie così delicate; tale evenienza dovrebbe
suggerire all'Ordinario di ponderare in maniera ancora più attenta l'eventuale
concessione della dispensa.
Anche nel caso in cui la verifica non lasci spazio a ombre
circa le intenzioni della parte musulmana, non è inutile proporle un'istruzione adeguata
sul significato e sulle implicazioni morali ed esistenziali dei fini e delle proprietà
essenziali del matrimonio, che entrambe le parti sono tenute a rispettare.
Se invece risultasse positivamente che la parte musulmana di fatto intenda e voglia, anche
solo ipoteticamente, applicare orientamenti contrari ai fini e alle proprietà essenziali
del matrimonio alle nozze che sta per contrarre, ciò comporterebbe inevitabilmente la
nullità del vincolo e di conseguenza l'impossibilità assoluta di concedere la dispensa
dall'impedimento.
43. E' sempre necessario vagliare attentamente le reali
intenzioni della parte non cristiana, motivando l'eventuale rifiuto della dispensa con il
contrasto insanabile fra le intenzioni del nubendo e la concezione cattolica del
matrimonio. Non si trascuri il fatto che dichiarazioni rilasciate solo per compiacere il
parroco o la parte cattolica, ma non rispondenti alle effettive intenzioni della parte
musulmana, potrebbero costituire il presupposto per dare corso al procedimento per la
dichiarazione di nullità del matrimonio.
44. Si tenga inoltre presente che, se la coppia intende
stabilirsi in un Paese islamico, è oggettivamente assai improbabile che, al di là della
soggettiva buona volontà, la parte cattolica possa adempiere gli impegni assunti per
ottenere la concessione della dispensa. In questo caso - cioè in presenza dell'intenzione
manifestata sin dall'inizio di procedere a tale trasferimento - non è conveniente che il
Vescovo conceda la dispensa, anche di fronte all'eventualità che, per conformarsi alle
leggi dello Stato islamico e sotto la pressione sociale, la coppia sia poi indotta a
celebrare il matrimonio islamico.
A tutela della moglie cattolica si potrebbe tuttavia tollerare la celebrazione del
matrimonio civile in Italia, anche nei casi in cui esso non venga riconosciuto dallo Stato
del coniuge e non possa tutelare adeguatamente la posizione della donna, essendo colà
ammessa la poligamia.
In tali Paesi i figli non potranno che essere musulmani e, qualora la coppia vi si
trasferisse dopo avere trascorso alcuni anni in Italia, essi, se battezzati, dovrebbero
apostatare la fede cristiana.
Si deve altresì ammonire la parte cattolica sulla gravità delle conseguenze derivanti
dall'eventuale emissione della professione di fede islamica, che configurerebbe una vera e
propria apostasia. " |
LA
PROFESSIONE DI FEDE MUSULMANA (Stralcio da documento della CEI) "45. Una serie di problematiche particolari sorge nel caso in
cui sia un uomo cattolico a voler sposare una donna musulmana:
tale unione infatti è severamente vietata dalla legge coranica, in forza dell'impedimento
di "differenza di religione", secondo il quale il maschio musulmano può sposare
una "donna del Libro", cioè una donna ebrea o cristiana (Corano, 5, 5); mentre
una musulmana non può sposare un "politeista " (Corano, 2, 221) o un
"miscredente" (Corano, 60, 10), categorie all'interno delle quali sono
annoverati anche cristiani ed ebrei.
Negli ordinamenti giuridici dei Paesi islamici spesso l'autorizzazione civile alla
celebrazione presuppone l'emissione della shahâda da parte del contraente non musulmano
(qui, cattolico), ossia della professione di fede musulmana.
46. Il problema si pone normalmente, in Italia, quando si
intenda contrarre matrimonio canonico a cui conseguono anche gli effetti civili; in tal
caso, può accadere che il consolato del Paese islamico non trasmetta i documenti
all'ufficiale dello stato civile se prima non risulti che il contraente cattolico ha
emesso la shahâda.
Non di rado, per aggirare l'ostacolo, il cattolico in questione pronuncia o sottoscrive la
shahâda, pensando di compiere una mera formalità. In realtà, egli pone un atto di
apostasia dalla fede cattolica e manifesta una vera e propria adesione all'islâm. Il
parroco deve illustrare al contraente cattolico il vero significato della shahâda,
ammonendolo che non si tratta di un mero adempimento burocratico, ma di un vero e proprio
abbandono formale della fede cattolica.
Shahâda significa in arabo "testimonianza"
(professione di fede) e la sua formulazione è la seguente: "Non c'è divinità
all'infuori di Dio e Maometto è l'inviato di Dio". Con la preghiera, il digiuno nel
mese di Ramadân, l'elemosina e il pellegrinaggio alla Mecca è uno dei cinque pilastri
fondamentali dell'islâm. Pronunciata in arabo e talora semplicemente sottoscritta davanti
a due testimoni, è sufficiente per provare la conversione all'islâm, assoggettandosi ai
diritti e ai doveri della comunità islamica. Tale professione di fede, se compiuta
consapevolmente, costituisce un atto formale di abbandono della Chiesa cattolica, il
quale, quando assume la sostanza di vero delitto, risulta sanzionato dalla scomunica latae
sententiae.
47. Nel caso ipotizzato, si potrebbe valutare con il
Vescovo l'eventualità di ricorrere alla previa celebrazione del matrimonio nel rito
civile, procedendo solo in un secondo momento alla celebrazione canonica, per superare il
mancato rilascio dei documenti da parte del consolato. La normativa italiana, infatti,
consente di celebrare il matrimonio civile con una musulmana senza la dovuta
documentazione e senza il "nulla osta" internazionale, in quanto la disparità
di trattamento prevista dalla legislazione islamica contrasta con la Costituzione
italiana, secondo il principio della reciprocità. Il matrimonio civile così celebrato,
però, sarà valido solo per l'ordinamento italiano e non nel Paese d'origine della donna
musulmana; la coppia perciò, con ogni probabilità, dovrà affrontare problemi gravosi in
rapporto sia alla famiglia, sia al Paese d'origine. emissione esime sia dalla forma
canonica, sia dall'impedimento di disparitas cultus.
Il cattolico, che ha emesso tale professione e si presenta
al parroco chiedendo il matrimonio canonico, è tenuto a ritrattare formalmente tale atto
prima del matrimonio; se la parte cattolica rifiuta di farlo, seppur ammonita delle gravi
conseguenze dell'apostasia, deve essere rimandata al matrimonio civile. In ogni caso, la
questione deve essere rimessa alla prudente valutazione dell'Ordinario del luogo. L'art.
27 della legge n. 218/1995 sottopone la capacità matrimoniale e le altre condizioni per
contrarre matrimonio alla legge nazionale di ciascun nubendo al momento della
celebrazione. Qualora l'impedimento previsto dalla legge risultasse contrastante con
l'ordinamento italiano, l'autorità italiana potrebbe legittimamente invocare il limite
dell'ordine pubblico, come nel caso del divieto per la donnamusulmana di sposare un non
musulmano.
L'impedimento si pone in evidente contrasto con il principio di eguaglianza sancito, oltre
che dalla Costituzione, da numerosi atti internazionali in tema di tutela dei diritti
dell'uomo, quali gli artt. 12 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
L'ordine pubblico può giustificare la mancata produzione del nulla osta al matrimonio
richiesto agli stranieri dall'art. 116 del codice civile.
Appendice 3
ALCUNI ELEMENTI DEL MATRIMONIO NELL'ISLÂM
a) Il matrimonio come contratto.
48. Il matrimonio nell'islâm ha un significato e un valore religioso, in quanto voluto da
Dio. Dal Corano risulta un'immagine ricca del matrimonio; in essa ritroviamo anche le due
finalità essenziali della tradizione cristiana, espresse nei valori della riproduzione
della specie e dell'istituzione di una relazione di pace, rispetto, affetto e misericordia
fra gli sposi. In modo più scarno, invece, il diritto islamico vede nel matrimonio un
contratto che rende leciti i rapporti sessuali fra gli sposi. Si tratta di un contratto
bilaterale privato, per la cui validità non è necessaria una celebrazione pubblica.
b) Una famiglia patriarcale, con doveri e ruoli
prestabiliti
49. La famiglia che nasce dal matrimonio islamico è sottoposta all'autorità del marito e
si basa su doveri e diritti dei coniugi ben definiti. L'ideale coranico della famiglia è
patriarcale, per cui l'uomo è il perno della vita familiare. L'impronta patriarcale
resiste anche oggi, sebbene interpellata e parzialmente modificata dai moderni cambiamenti
sociali. La superiorità maschile si manifesta anche negli atti sociali, come nel rendere
testimonianza o nella divisione dell'eredità.
In base a questa preminenza, il diritto stabilisce i ruoli, i reciproci diritti e i doveri
dei membri della famiglia.
Fra i coniugi vi sono anzitutto doveri reciproci, come la coabitazione, il rispetto,
l'affetto, la salvaguardia degli interessi morali e materiali della famiglia, la reciproca
vocazione successoria, la congiunzione agli sposi dei figli nati dal matrimonio, la
creazione di parentela per alleanza.
50. I diritti della sposa sono il mantenimento da parte del
marito, l'uguaglianza di trattamento delle mogli nel matrimonio poligamico, la
possibilità di visitare i parenti e riceverne la visita, l'amministrazione dei propri
beni senza il controllo del marito, la custodia dei figli in tenera età, ma sempre sotto
il controllo paterno o del tutore legittimo.
La tutela dei figli spetta al padre, che decide e controlla la loro educazione, in
particolare che siano educati nell'islâm. In caso di scioglimento del matrimonio, la
custodia dei figli spetta alla madre. La custodia del figlio maschio cessa con la
pubertà, mentre la custodia della figlia dura fino al matrimonio di questa.
51. I diritti dello sposo sono la fedeltà e l'obbedienza
da parte della moglie, l'allattamento dei figli al seno da parte della moglie, la
vigilanza sul buon andamento della casa, il rispetto dovuto dalla moglie ai parenti del
marito. Solo il padre istituisce la filiazione legittima e il diritto legittimo
all'eredità.
c) Lo scioglimento del matrimonio: ripudio e
divorzio
52. Il ripudio, previsto e regolato dal Corano, è un atto unilaterale del marito, che
rompe il contratto matrimoniale. Il diritto islamico spiega che il matrimonio, essendo un
contratto bilaterale privato, può essere sciolto privatamente.
Lo scioglimento avviene per ripudio, divorzio o decesso di uno dei congiunti.
Il marito ha il diritto, unilaterale e assoluto, di pronunciare il ripudio. La donna può
decidere, in alcuni casi determinati, di chiedere al giudice il ripudio dietro pagamento
di un compenso al marito consenziente, quando i dissapori della coppia siano insanabili.
53. In taluni casi il giudice stesso pronuncia la
separazione definitiva tra gli sposi. Quest'ultima forma di scioglimento, che ha una certa
analogia con il divorzio giudiziario, si applica in determinati casi, come l'assenza
prolungata del marito dal tetto coniugale, la sua carcerazione, l'omissione prolungata del
pagamento del mantenimento della moglie, il maltrattamento eccessivo. Alcuni Stati a
maggioranza islamica (per esempio, la Tunisia e la Turchia) proibiscono il ripudio, o lo
sottopongono al controllo giudiziario.
d) La poligamia
54. La poligamia è consentita dal Corano fino a quattro mogli e a tutte le concubine
desiderate. Si esige l'equità di trattamento delle mogli da parte del marito. Nel diritto
e nella tradizione, fino a oggi, la poligamia è lecita, sebbene, per motivi economici,
sia in regresso. Normalmente l'equità di trattamento delle donne viene intesa, dai
giuristi islamici, in senso "quantitativo".
La Tunisia, interpretando l'equità in senso "psicologico", ha abolito la
poligamia, mentre altri Stati sottopongono al giudice la verifica delle condizioni di
sussistenza della capacità per il matrimonio poligamico.
e) Etica della sessualità e della vita fisica
55. In generale manca una riflessione antropologica congrua sul senso, il valore e il fine
della sessualità. La fornicazione e l'adulterio della donna sono peccati particolarmente
gravi per l'islâm. La riflessione è invece liberale riguardo alla regolazione delle
nascite, anche se la mentalità popolare incoraggia la fecondità. I giuristi ammettono la
liceità di ogni tipo di contraccezione. Gli Stati, non di rado, favoriscono politiche di
contraccezione indiscriminata per risolvere il problema demografico. Quanto alla
sterilizzazione, maschile e femminile, essa è giudicata illecita, in base al principio di
integrità del corpo umano.
56. L'aborto è condannato, a meno che non si renda
necessario per salvare la vita della madre; viene comunque considerato una forma minore di
infanticidio. I giuristi, pertanto, vietano l'aborto dopo il quarto mese o sempre, eccetto
il caso di pericolo per la salute della madre. È però ammesso l'aborto del "feto
malformato". La fecondazione eterologa è vietata, mentre viene ammessa quella
omologa.
f) I rapporti tra genitori e figli 57. Il
padre provvede al mantenimento e all'orientamento educativo dei figli; la madre esercita
la custodia sui figli e li educa nella fanciullezza, in nome e nella religione del padre.
58. Altri principi generali importanti nell'islâm sono la
solidarietà nella famiglia patriarcale, il rispetto dei beni dell'orfano e infine la
proibizione dell'adozione. I figli devono obbedienza, riconoscenza e rispetto ai genitori
e ricevono dal padre il consenso, o il diniego, al loro progetto di vita e di matrimonio.
59. I ruoli familiari, maschile e femminile, ben delineati
e distinti, spiegano certi comportamenti oppositivi dei ragazzi e dei giovani immigrati
musulmani verso figure femminili autorevoli. Il padre è responsabile dei rapporti sociali
per tutto quanto concerne l'educazione dei figli, mentre nei Paesi europei questa
incombenza spesso spetta alla madre; le due culture, quindi, usano talora codici opposti,
con il rischio di possibili fraintendimenti. "
|
MATRIMONIO TRA EBREI e
CATTOLICI. Lezione del Rabbi Di Rabbi Eliezer
Shemtov (stralcio da doc. CEI)) " Uno degli
argomenti più preoccupanti e meno compresi della vita ebraica è quello del matrimonio
misto. Vi è una mancanza di informazioni obiettive sull'argomento, il Matrimonio misto è
molto complesso dal punto di vista emotivo.
Da un lato, i genitori sentono che quando il loro figlio sposa un "non ebreo",
lui o lei spezza la millenaria catena che ha garantito la continuità ebraica, e non
vogliono che ciò avvenga. Dall'altro lato, non si sentono a loro agio nell'opporsi
apertamente al matrimonio misto, per gli aspetti razzisti che tale contrarietà potrebbe
presentare.
Perché escludere qualcuno come un partner potenziale per il matrimonio solo perché egli
o ella è nato da un utero non ebreo? Sembra un atteggiamento discriminatorio.
Per analizzare la questione, occorre dividerla in due
parti:
- Quali sono le basi per opporsi al matrimonio misto?
- Come può un ebreo opporsi al matrimonio misto senza contraddire l'istinto naturale che
ha di combattere la discriminazione, specie dopo tutto ciò che abbiamo sofferto durante
la nostra storia a causa della discriminazione?
-Quale spiegazione si può dare al suo amico o alla sua amica non ebrea per giustificare
il rifiuto di prenderli in considerazione per il matrimonio?
Le basi . La fonte primaria sulla quale si
basa la proibizione per un ebreo di sposare un non ebreo, si trova nella Bibbia (Deut.
7:3): 'Non li sposerai (i gentili, dei quali la Bibbia parla nei versi precedenti), non
darai la tua figlia al loro figlio e non prenderai la sua figlia per il tuo figlio'. Il
motivo di questa proibizione è chiaramente enunciato nel verso seguente: 'Giacchè
condurrà il tuo figlio via da Me e serviranno altri dei
'.
Il Talmud (23a) rimarca, e Rashi nota nel suo commento sul
verso citato sopra, che dall'espressione precisa del verso (lui, e non lei, condurrà il
tuo figlio fuori strada) possiamo dedurre due cose.
- Nel caso che la tua figlia sposi 'il loro figlio', lui condurrà infine i tuoi figli (in
altre parole, i tuoi nipoti, che saranno ancora considerati tuoi figli) fuori dalla strada
della Torah.
- Nel caso che il tuo figlio sposi la loro figlia, i suoi figli non sono più considerati
i tuoi figli, ma figli suoi. Non sono considerati ebrei.
E' allora chiaro, che non si tratta qui di una
discriminazione razziale, la quale tragga origine da un atteggiamento personale e
soggettivo che l'ebreo ha nei confronti del gentile. Parliamo qui è un comandamento,
oggettivo, Divino, accompagnato da una spiegazione. Se sposerai tuo figlio a una donna non
ebrea, i figli nati da tale unione non sono più considerati tuoi figli. Nel caso che tua
figlia sposi un non ebreo, sarà inevitabile che i tuoi figli vadano molto lontano fuori
strada dal cammino dell'ebraismo, sebbene essi siano ancora considerati ebrei.
Prendendo in considerazione la responsabilità primaria che
l'ebreo ha di adempiere ai precetti della Torah, è evidente che è obbligatorio che gli
ebrei si sposino entro la loro fede, perché se no, sarà impossibile continuare a
adempiere all'obbligo che uno ha di manifestare la Divinità in questo mondo, la qual cosa
è possibile solo adempiendo alla volontà di Dio. Il matrimonio misto è chiaramente in
contraddizione con la volontà stabilita di Dio.
Per meglio comprendere questo argomento, dobbiamo chiarire
un altro punto. Non solo è proibito a un ebreo sposare una non ebrea, è impossibile per
un ebreo farlo. E' possibile che essi vivano insieme, che coabitino, perfino che
procreino, ma non è possibile che vi sia un matrimonio. Le leggi della Torah sono tanto
(o più) oggettive e inalterabili delle leggi della natura....
Cosa è il matrimonio? Se cerchiamo di
rispondere alla domanda, troveremo difficile spiegare quale sia esattamente in generale la
funzione del matrimonio. Se due persone si amano, perché non vivere insieme? Il giorno in
cui decidessero di non dividere più la vita, ciascuno è libero di andare per la propria
strada! Anche se dichiarano il loro impegno attraverso il matrimonio, il giorno in cui
essi non vogliono più rimanere sposati, hanno comunque l'opzione del divorzio.
Quale è allora lo scopo e la funzione del
matrimonio? Molti rispondono che il matrimonio è nulla più che una formalità,
una norma sociale la quale da 'statuto legale' alla coppia. Ma dire che il matrimonio è
semplicemente una norma sociale, implica che esso non ha un valore vero, intrinseco; ciò
è arbitrario. Cosa avviene nel caso in cui uno non si preoccupi dell'autorità umana o
della condanna sociale, è allora okay vivere in coppia e avere bambini senza essere
sposati?
Mi pare che la sola vera base e giustificazione per il
matrimonio sia che esso è una istituzione Divina. E' un'idea di Dio. L'idea del
matrimonio ha le sue radici nella Bibbia. Anche se vi sono molti sistemi sociali che non
si basano sulla Bibbia, e tuttavia riconoscono l'istituto del matrimonio, ciò non confuta
il fatto che il principio e il vero valore del matrimonio siano di origine Divina.
.......
........
Il Talmud e la Cabbala ci insegnano che il matrimonio non
è semplicemente un'unione tra due individui completamente indipendenti. Il matrimonio è
la riunificazione tra due metà della stessa unità. Col matrimonio, esse si riuniscono e
divengono, ancora una volta, complete. Ciò di cui parliamo qui non è solo un'unione sul
piano fisico, emotivo e/o intellettuale. Ciò di cui parliamo è un'unione al livello più
profondo, più essenziale del sé. Vi sono anime le quali sono compatibili per il
matrimonio e anime che non lo sono.
Oltre il caso dei matrimoni misti, la Bibbia enumera una
lista di 'matrimoni' non validi, per esempio il 'matrimonio' tra fratello e sorella
biologici o tra un uomo e una donna sposata a un altro uomo, in altre parole, incesto e
adulterio.
La Bibbia non parla qui solo di divieti, ma di fatti. Negli esempi menzionati, non vi può
essere mai alcun matrimonio, anche se è fisicamente possibile coabitare e procreare.
Sulla base di quanto sopra, abbiamo una spiegazione molto
semplice per l'amico non ebreo sul perché non possiamo considerare lui o lei come partner
di matrimonio potenziali. Non si tratta di un difetto che essi hanno. Si tratta
semplicemente del concetto Biblico di matrimonio al quale uno, come ebreo, si sente
obbligato ad aderire.
.......
......
L'amore è un fattore molto importante in una relazione di matrimonio, ma non è l'unico
che determina la legittimità del matrimonio. E' possibile che un ragazzo ebreo trovi
compatibilità con una ragazza non ebrea (e viceversa) e voglia creare con lei una
famiglia.
Questa compatibilità apparente è possibile solo quando nessuno di loro manifesta la
propria essenza. Fin tanto che l'ebreo non si preoccupa del fatto di essere ebreo e il non
ebreo non si preoccupa della sua origine ed essenza personale, tutto sembra a posto. Cosa
succederà il giorno che uno dei due 'si sveglia' e decide di preoccuparsi di chi
realmente egli è?
Di colpo, la incompatibilità appare. In altre parole, fintanto che nessuno dei due si
preoccupa della propria essenza, possono sentirsi compatibili con qualcuno che è
essenzialmente all'opposto. Nel momento in cui uno dei due scopre la propria vera
identità, la relazione cessa di avere alcun vero significato.
Conosco parecchie coppie miste che sono state molto
innamorate fino al momento in cui i loro figli sono nati. Improvvisamente hanno avuto
discussioni molto accese riguardo l'educazione dei loro bambini, anche se avevano da tempo
risolto la questione in teoria.
La madre ebrea vuole circoncidere il proprio figlio, per esempio, mentre il padre non
ebreo non vuole che suo figlio sia diverso da lui. Improvvisamente l'incompatibilità
occupa il centro della scena, ma è già troppo tardi, hanno ormai generato un figlio che
entrambi i genitori e gli insiemi dei nonni vogliono considerare loro
...
Cosa succede nel caso di un ebreo non religioso e di un
ateo ebreo? Sussiste ancora questa incompatibilità con un non-ebreo? Dopo tutto, se uno
non si preoccupa della propria religione, perché preoccuparsene quando è il momento di
scegliere un partner per il matrimonio?
Cosa è un ebreo? Per rispondere a
queste domande, dobbiamo spiegare un altro concetto basilare: cosa è un ebreo?
Cosa distingue un ebreo dal suo vicino non ebreo? Nota per favore che non sto chiedendo
qui 'Chi è un ebreo? '
ma 'Che cosa è un ebreo?' perché la risposta alla domanda 'Chi è un ebreo?' è molto
chiara: uno che è nato da madre ebrea o si è convertito all'ebraismo in accordo con le
leggi stipulate nella Torah.
Ciò non risponde, tuttavia, alla domanda 'Cosa è un ebreo?'.
:::::::
Dopo aver studiato la questione per molti anni e aver avuto
innumerevoli conversazioni con ebrei di ogni grado di osservanza e fede, penso che la
risposta più convincente e coerente sia che l'elemento che distingue l'ebreo è la Neshamah
(anima) che ogni ebreo possiede.
L'anima dell'ebreo è differente dall'anima del non ebreo. Hanno differenti
caratteristiche, potenziali e bisogni. Ciascun ebreo ha essenzialmente lo stesso tipo di
anima di ogni altro ebreo. Questa anima ebraica è ereditata dalla propria madre. E' il
denominatore comune che connette l'ebreo russo con l'ebreo siriano, yemenita, canadese o
uruguaiano, anche se non parlano la stessa lingua e possono avere costumi e abitudini
diverse.
:::::::
Quali sono le speciali caratteristiche della Neshamah
?
Rabbi Schneur Zalman di Liadi, fondatore del movimento
Chabad, definisce la Neshamah come segue: un ebreo non desidera, ne può, separarsi da
Dio. Può essere che un ebreo non sia conscio del fatto che attraverso certi atti
influenza la propria relazione con Dio. Se dovesse essere conscio delle conseguenze delle
proprie azioni, non interromperebbe volontariamente la sua relazione con Dio. Ogni ebreo
ha la propria 'linea rossa', che non attraverserà, dovesse pagare per essa con la vita.
:::::::::
A molti, l'opposizione ai matrimoni misti appare elitaria e
perfino razzista. Perché disapprovare un matrimonio solo perché uno dei due membri non
è ebreo?
::::::::::::::
L'opzione della conversione.
Una delle soluzioni proposte per risolvere il problema del matrimonio misto è quella di
'convertire' all'ebraismo il partner non ebreo. 'Perché perdere due anime, quando ne
possiamo guadagnare una?
'. La conversione è un'opzione valida?
Troviamo che l'ebraismo riconosce certamente la
possibilità per un non ebreo di convertirsi all'ebraismo. Il processo di conversione
corretto, noto come 'Ghiur', è molto semplice.
Consiste di tre passi:
1) Circoncisione (per il maschio);
2) Immersione nel Mikvè (bagno rituale);
3) Accettazione dei 613 precetti nella loro totalità.
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Il concetto ebraico di conversione. E'
interessante notare l'espressione usata dal Talmud (Yevamot 48b) nel riferirsi agli
(autentici) convertiti: 'Gher shenitgaer kekatan sehnolad dami', la quale significa: un
convertito che si è convertito è come un bambino appena nato.
Quando il Talmud parla di uno schiavo che è stato liberato, non dice 'un uomo liberato
che è stato liberato', bensì 'uno schiavo che è stato liberato'. Come mai allora
parlando di un convertito il Talmud usa l'espressione 'un convertito che si è convertito'
invece di 'un gentile che si è convertito'?
Il problema reale. Il matrimonio misto è
di fatto un sintomo di un problema più grande: la mancanza di una corretta educazione
ebraica. Quale educazione impartiamo ai nostri bambini? Diamo loro veramente le esperienze
e gli strumenti necessari per essere in grado di capire ed apprezzare il significato e
l'importanza di essere ebrei? Inoltre: cosa dire della nostra stessa educazione personale
ebraica? Quanto tempo dedichiamo, noi genitori, al nostro sviluppo spirituale personale?
Se faccio solo ciò che mi piace e non riconosco la necessità di obbedire a una autorità
superiore personale, come posso aspettarmi che i miei figli non facciano lo stesso?
Certamente mi diranno: babbo, tu fa ciò che vuoi, perché io non dovrei fare ciò che
voglio? Se il padre non si sottopone ad alcuna autorità morale, perché dovrebbe
attendersi che i suoi figli rispettino lui e i suoi valori? Solo perché sono stati
generati da lui? "
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fonte : http://lubavich.it/
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NINO
LUCIANI, La difesa della "purezza della fede" e i danni alla pace derivanti
dagli ostacoli ai matrimoni tra persone di diversa religione, cosiddetti "matrimoni
misti".
1. - Premessa. Un proverbio
dice: "Moglie e buoi dei paesi tuoi" e le differenze religiose rientrano in
questo caso generale.
Tuttavia, le religioni monoteiste si distinguonno, fino ad opporre grandi ostacoli
ai matrimoni tra persone di differente religione (detti "matrimoni misti"): il
motivo è la difesa della purezza della fede. Anzi risulta che la gran parte dei matrimoni
tra cattolici e musulmani abbia alta probabilità di fallimento.
E' anche un fatto che il contatto tra i popoli è, oggi, imposto dalle grandi
migrazioni, e questo pone problemi nuovi di unione tra i popoli, nonostante tutto, come
pure il decadimento delle considerazioni degli impedimenti meramente religiosi.
Se ben ci guardiamo, gli ostacoli opposti sono largamente pretestuosi
E' anche un fatto che papa Bergoglio è un paladino della accoglienza, ma sua
religione è molto ostativa in tema matrimoniale
Ed è anche un fatto che le religioni, ostacolando i matrimoni misti, ostacolano la
pace tra i popoli. Lo abbiamo visto tragicamente nei Balcani, o nell'Irlanda del Nord (tra
cattolici e protestanti).
Simmetricamente, nei Paesi (come l'Inghilterra) nei quali i popoli invasi
(sassoni) avevano la stessa religione degli invasori (normanni), le razze si sono fuse e
siffatti problemi di divisione non ce ne sono stati. Il caso dell'Italia è massimamente
significativo: qui le razze fuse sono state innumerevoli, e la religione era l'unica
(cattolica), almeno per molto tempo.
2.- Integrazione o separazione eterna ? La chiave sta nel successo
della politica della integrazione, se non vorremo trovarci anche noi (tra 100 anni) in
tragici problemi di convivenza, come quelli dei paesi balcani. Il caso dell'Ungheria
(oggi, con Victor Orbàn) o quello di Trump è molto meno grezzo di quanto si creda, e
meriterebbe una considerazione meno emotiva, volendo essere lungimiranti, in termini di
scelta tra esclusione o inclusione.
Detto più chiaramente: l'esclusione è stupida, ma non lo è meno la
inclusione senza integrazione, sia pure in una gradualità ferrea.
Nella storia contemporanea, tra gli eventi più tragici ci sono le guerre
balcaniche e, quali concause, le differenze di religione (cattolici, ordodossi,
musulmani). Dunque va fatto un discorso anche con i preti.
a) Il distacco tra cattolici e ortodosssi risale allo scisma di Costantinopoli (1054), ma
non ricordo abbia prodotto morti, anche perchè le differenza religiose, qui sono
minimali.
Invece, il distacco, nei balcani, tra cristiani e musulmani è un retaggio delle invasioni
turche, dagli anni dopo la caduta di Costantinopoli (1453) e stabilmente con l'occupazione
(Bosnia ed Erzegovina) dei turchi ottomani (1463-1878) e con le successive guerre
austro-turche. Qui i morti non si contano.
Il distacco tra cristiani ed ebrei è una storia di sempre (dall'arrivo di Gesù il
Messia), ma non meno tra ebrei e musulmani.
3.- Un documento della CEI. Il testo della CEI, da cui partiamo
qui, illustra la posizione della Chiesa cattolica, sui matrimoni tra cattolici e non
cattolici, ma ancge quella delle altre religioni monoteiste (come acquisite dalla CEI).
Questo testo evidenzia una sintonia molto grande tra le religioni nello ostacolare i
matrimoni tra soggetti di religione diversa, con risultati catastrofici, considerato che
tutte le chiese hanno un controllo, quasi pieno, dei matrimoni, così che gli effetti dei
rispettivi campi si sommano.
Le ragioni dei rispettivi campi si fondano sulla difesa della purezza della fede,
da trasmettere ai figli, e sulle ragioni del rispetto delle idee dei coniugi, in materia
di fede e di etica.
Confesso la mia ignoranza. Non pensavo che negli anni 2000, le diverse confessioni
avessero ancora un peso fondamentale nell'impedire i matrimoni tra i fedeli di diversa
religione.
Addirittura nel leggere le motivazioni, quasi quasi ti fai incantare. Ma, poi, ti
domandi: se sono ragioni vere, perchè tante parole ? Per cose vere, tre parole sono già
troppe. E infatti, se i matrimoni non fossero impediti, le razze si mescolerebbero e il
problema sparirebbe. Lo vediamo nel fatto che, dove ci sono state invasioni, ma gli
invasori e gli invasi erano della stessa religione, le razze si sono fuse, e non ci sono
state mai più guerre tra loro. Il caso dell'Inghilterra (invasa dai normanni, a carico
dei sassoni) è emblematico.
Ma direi che anche l'Italia è un caso emblematico, dacchè gli Italiani sono una
razza mista, per essere appartenuti alla stessa religione, per cui i matrimoni non sono
mai stati ostacolati (salvo, marginalmente tra cattolici e protestanti).
Siamo anche sicuri che in questi casi la purezza della fede sia stata
protetta ?
Il nostro A. Manzoni, ci raccontò della moglie di don Ferrante, donna Prassede,
che faceva disegni di DIO cose che erano solo pensieri della sua testa.
Questo lo penseresti se trovi che da siffatte divisioni tra i popoli, sono derivati
tanti morti. Ti dovrebbe venire il dubbio di avere sbagliato.
Direi che il criterio del male minore sia sempre stato un buon criterio, in caso di
"dualismi solo razionali".
4.- Esiste una purezza della fede?
Non so se Martin Lutero, oggi, sarebbe pronto a ribadire le sue 95 tesi sulla
porta della cattedrale di Wittemberg.
La interpretazione delle scritture evolve
con la cultura nel tempo. Già dai primi tempi, il vangelo è
stato interpretato secondo la cultura dei tempi. E
oggi vediamo meglio di ieri; domani vedremo di più, grazie al progresso scientifico, e i
preti studiano di più i casi "temporali".
Casi eclatanti di evoluzione culturale, in campo cattolico sono stati:
- la pena di morte, nello Stato Pontificio):
- l'abolizione del terribile Tribunale della Inquisizione, sia pure "pro bono
veritatis";
- non era vero che, come capito dai primi apostoli, la fine del mondo ci sarebbe
stata alla fine della prima generazione vivente ai tempi di Gesù (i fisici, hanno
confermato che la fine del mondo ci sarà, ma l'hanno posticipata);
- non era vero che la terra giri intorno al sole, ma era il contrario;
- non era vero che la chimica fosse stregoneria.
5.- Il caso dei musulmani.
Anche, a proposito dei musulmani, si dice ci sia una evoluzione interpretativa del sacro
Corano.
Con ragioni ex-post, si dice che l'ISLAM è una religione di pace, e quindi la
violenza non appartenga all'ISLAM (religione). Anzi, se guardiamo bene, l'ISLAM è più
permissivo del cattolicesimo.
Questo sembra contraddetto dalla violenza di molti islamici. In realtà essa è da
riferire a mentalità legate ad un determinato livello di civilità o cultura delle
persone. In questo senso, diviene fisiologico che le emigrazioni senza un indirizzamento
producano scintille al momento del contatto tra persone di diverso livello di civiltà.
Dentro questa problematica, andrebbe fatto obbligo a chiunque di frequentare gratis
le scuole pubbliche del Paese di accoglienza.
Ultimo ma non ultimo. Risulta che, presso l'ISLAM non esista un capo
religioso (sul modello di quello dei cristiani).
Risulterebbe però che ci siano delle ragioni ostative di tipo politico.
Ad es., in Arabia Saudita, il Re è un monarca assoluto, che ricomprende la religione
(vale dire il re è la massima carica religiosa).
Già ai tempi di Dante, si poneva il problema della separazione dei "due
soli". In questo senso, il problema dell'avvicinamento delle religioni è mal posto
se, per l'Islam, prescinde dalla autorità politica.
Questa separazione forse sarà posta nei paesi arabi, con l'evoluzione dei tempi,
ma non è un problema nostro. FINE |
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Papa Francesco di Roma
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Munib Younan Presidente
Federazione mondiale luterana
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NINO LUCIANI, Fin da principio il vangelo è stato interpretato
secondo la cultura dei tempi. Questo è un punto basilare, per avviare un dialogo, che non
si fermi subito. Tuttavia, alcune cose non possono cambiare con l'evoluzione culturale,
come alcuni fatti visti e tramandati in modo continuo, come la Eucaristia, istituita in
aramaico e poi tradotta in greco, poi in latino, e via via. Si può anche non
crederci, ma una nuova interpretazione (quella di Lutero) dopo 1500 anni, mi sembra
assolutamente una arroganza. Ci sono, poi, dei fatti come il miracolo
di Orvieto, che non fu scienza, ma suggerisce possibili approfondimenti con l'uso
della scienza.
Dichiarazione di Lund, Svezia,
31 ottobre 2016 |
|
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Dal conflitto
alla comunione
OBIETTIVO :
ricevere l'Eucaristia
ad un'unica mensa
Dichiarazione congiunta
Con cuore riconoscente
Con questa Dichiarazione Congiunta, esprimiamo gioiosa gratitudine a Dio per questo
momento di preghiera comune nella Cattedrale di Lund, con cui iniziamo l'anno
commemorativo del cinquecentesimo anniversario della Riforma. Cinquant'anni di
costante e fruttuoso dialogo ecumenico tra cattolici e luterani ci hanno aiutato a
superare molte differenze e hanno approfondito la comprensione e la fiducia tra di noi.
Al tempo stesso, ci siamo riavvicinati gli uni agli altri tramite il comune servizio al
prossimo, spesso in situazioni di sofferenza e di persecuzione. Attraverso il dialogo e la
testimonianza condivisa non siamo più estranei. Anzi, abbiamo imparato che ciò che ci
unisce è più grande di ciò che ci divide.
Dal conflitto alla comunione
Mentre siamo profondamente grati per i doni spirituali e teologici ricevuti
attraverso la Riforma, confessiamo e deploriamo davanti a Cristo
il fatto che luterani e cattolici hanno ferito l'unità visibile della Chiesa. Differenze
teologiche sono state accompagnate da pregiudizi e conflitti e la religione è stata
strumentalizzata per fini politici. La nostra comune fede in Gesù Cristo e il nostro
battesimo esigono da noi una conversione quotidiana, grazie alla quale ripudiamo i
dissensi e i conflitti storici che ostacolano il ministero della riconciliazione. Mentre
il passato non può essere cambiato, la memoria e il modo di fare memoria possono essere
trasformati. Preghiamo per la guarigione delle nostre ferite e delle memorie che oscurano
la nostra visione gli uni degli altri. Rifiutiamo categoricamente ogni odio e ogni
violenza, passati e presenti, specialmente quelli attuati in nome della religione. Oggi
ascoltiamo il comando di Dio di mettere da parte ogni conflitto. Riconosciamo che siamo
liberati per grazia per camminare verso la comunione a cui Dio continuamente ci chiama.
Il nostro impegno per una testimonianza comune
Mentre superiamo quegli episodi della storia che pesano
su di noi, ci impegniamo a testimoniare insieme la grazia misericordiosa di Dio, rivelata
in Cristo crocifisso e risorto. Consapevoli che il modo di relazionarci tra di noi incide
sulla nostra testimonianza del Vangelo, ci impegniamo a crescere ulteriormente nella
comunione radicata nel Battesimo, cercando di rimuovere i rimanenti ostacoli che ci
impediscono di raggiungere la piena unità. Cristo desidera che siamo uno, così che il
mondo possa credere (cfr Gv 17,21).
Molti membri delle nostre comunità aspirano a ricevere
l'Eucaristia ad un'unica mensa, come concreta espressione della piena
unità. Facciamo esperienza del dolore di quanti condividono tutta la loro vita, ma non
possono condividere la presenza redentrice di Dio alla mensa eucaristica. Riconosciamo la
nostra comune responsabilità pastorale di rispondere alla sete e alla fame spirituali del
nostro popolo di essere uno in Cristo. Desideriamo ardentemente
che questa ferita nel Corpo di Cristo sia sanata. Questo è l'obiettivo dei
nostri sforzi ecumenici, che vogliamo far progredire, anche rinnovando il
nostro impegno per il dialogo teologico.
Preghiamo Dio che cattolici e luterani sappiano testimoniare
insieme il Vangelo di Gesù Cristo, invitando l'umanità ad ascoltare e accogliere la
buona notizia dell'azione redentrice di Dio.
Chiediamo a Dio ispirazione, incoraggiamento e forza affinché
possiamo andare avanti insieme nel servizio, difendendo la dignità e i
diritti umani, specialmente dei poveri, lavorando per la giustizia e
rigettando |
ogni forma di violenza. Dio
ci chiama ad essere vicini a coloro che aspirano alla dignità, alla giustizia, alla pace
e alla riconciliazione. Oggi, in particolare, noi alziamo le nostre voci
per la fine della violenza e dell'estremismo
che colpiscono tanti Paesi e comunità, e innumerevoli sorelle e fratelli in Cristo.
Esortiamo luterani e cattolici a lavorare insieme per accogliere chi è
straniero, per venire in aiuto di quanti sono costretti a fuggire a causa
della guerra e della persecuzione, e a difendere i diritti dei rifugiati e di quanti
cercano asilo. Questo è l'obiettivo dei nostri sforzi ecumenici, che vogliamo far
progredire, anche rinnovando il nostro impegno per il dialogo teologico. Preghiamo Dio che
cattolici e luterani sappiano testimoniare insieme il Vangelo di Gesù Cristo, invitando
l'umanità ad ascoltare e accogliere la buona notizia dell'azione redentrice di Dio.
Chiediamo a Dio ispirazione, incoraggiamento e forza affinché possiamo andare avanti
insieme nel servizio, difendendo la dignità e i diritti umani, specialmente dei poveri,
lavorando per la giustizia e rigettando ogni forma di violenza. Dio ci chiama ad essere
vicini a coloro che aspirano alla dignità, alla giustizia, alla pace e alla
riconciliazione. Oggi, in particolare, noi alziamo le nostre voci per la fine della violenza
e dell'estremismo che colpiscono tanti Paesi e comunità, e
innumerevoli sorelle e fratelli in Cristo. Esortiamo luterani e cattolici a lavorare
insieme per accogliere chi è straniero, per venire in aiuto di quanti sono costretti a
fuggire a causa della guerra e della persecuzione, e a difendere i diritti dei rifugiati e
di quanti cercano asilo. Oggi più che mai ci rendiamo conto che il nostro comune servizio
nel mondo deve estendersi a tutto il creato, che soffre lo sfruttamento e gli effetti di
un'insaziabile avidità. Riconosciamo il diritto delle future generazioni di godere il
mondo, opera di Dio, in tutta la sua potenzialità e bellezza. Preghiamo per un
cambiamento dei cuori e delle menti che porti ad una amorevole e responsabile cura del
creato.
Uno in Cristo
In questa occasione propizia esprimiamo la nostra gratitudine ai fratelli e alle
sorelle delle varie Comunioni e Associazioni cristiane mondiali che sono presenti e si
uniscono a noi in preghiera. Nel rinnovare il nostro impegno a progredire dal conflitto
alla comunione, lo facciamo come membri dell'unico Corpo di Cristo, al quale siamo
incorporati per il Battesimo. Invitiamo i nostri compagni di strada nel cammino ecumenico
a ricordarci i nostri impegni e ad incoraggiarci. Chiediamo loro di continuare a pregare
per noi, di camminare con noi, di sostenerci nell'osservare i religiosi impegni che oggi
abbiamo manifestato.
Appello ai cattolici e ai luterani del mondo intero
Facciamo appello a tutte le parrocchie e comunità luterane e cattoliche, perché
siano coraggiose e creative, gioiose e piene di speranza nel loro impegno a continuare la
grande avventura che ci aspetta. Piuttosto che i conflitti del passato, il dono divino
dell'unità tra di noi guiderà la collaborazione e approfondirà la nostra solidarietà.
Stringendoci nella fede a Cristo, pregando insieme, ascoltandoci a vicenda, vivendo
l'amore di Cristo nelle nostre relazioni, noi, cattolici e luterani, ci apriamo alla
potenza di Dio Uno e Trino. Radicati in Cristo e rendendo a Lui testimonianza, rinnoviamo
la nostra determinazione ad essere fedeli araldi dell'amore infinito di Dio per tutta
l'umanità. |
NINO
LUCIANI, La interpretazione delle scritture evolve
con la cultura nel tempo. Oggi vediamo meglio di ieri; domani vedremo di più, grazie al
progresso scientifico. I preti studino di più nel "temporale". Ma no al caos:
serve un'idea-guida. 1.- Premessa. La
dichiarazione è centrata, grosso modo in tre parti:
a) Prendere atto che "cinquant'anni di costante e fruttuoso
dialogo ecumenico tra cattolici e luterani li hanno aiutato a superare molte differenze e
hanno approfondito la comprensione e la fiducia tra loro", che si erano
accumulate nella storia;
b) rilevare che la divergenza di fede sulla eucaristia rimane il
punto divaricante, dal quale deriva la impossibilità dei cattolici e protestanti di
ricevere l'eucarestia in una unica mensa.
Dunque superare questa divergenza diviene l'obiettivo primario per ottenere la
unità;
c) concordare sinergie per affrontare vari problemi di interesse umanitario, comuni
a tutti gli uomini, quali:
- l'accoglienza agli stranieri;
- per porre un termine alla violenza e all'estremismo;
- per difendere la dignità e i diritti umani;
- ..........................................
2. Eucaristia-dogma. Sorvolerei sul punto c), più o meno
demagogico, perchè tutto fondato su idee generiche, lasciate a metà strada.
Proclamare questi principi, ma prescindendo dalla storia (anche propria), è
una leggerezza, se non la prova di mancanza culturale. In questo senso, sarebbe
preferibile che i due stessero dentro il proprio campo strettamente religioso, e lasciare
ai laici l'arduo compito di affrontarli, senza alzare polvere inutilmente.
Mi pare anche un vuoto culturale ingiustificabile non dire nulla sulla
duplicità delle ragioni dello scisma (teologiche e politiche).
Sulla eucaristia. Questo argomento è
indicato come l'unica importante ragione di divisione, oggi.
E' noto che il fondamento della eucaristia (che significa
"ringraziamento") sta nell'ultima cena di Gesù con i 12 discepoli.
Matteo, XXVI, 26-29, racconta che, mentre i discepoli mangiavano, Gesù
prese del pane e, benedicendo, lo spezzò e, dandolo ai discepoli, disse: "Prendete e
mangiate; questo è il mio corpo". E, preso un calice e rese le grazie, lo diede
loro, dicendo: "Bevetene tutti, chè questi è il mio sangue
. Fate questo in
memoria di me " .
Su questo dualismo, si sono innestate le diverse interpretazioni, dei
cattolici e dei protestanti luterani, rispettivamente. In termini fisici, chi ha mangiato
quel corpo e bevuto quel sangue ha percepito sapore di pane e di vino, ma:
- Per i cattolici, c'è stata "transustanziazione", vale
dire è avvenuta trasformazione da pane e vino, in carne e sangue, fermi rimanendo i
sapori fisici del pane e del vino. Questa tesi è stata sancita da un dogma di fede, nel
corso del Concilio di Trento, Terza Sessione, 1551.
- Per i luterani, c'è stata "consustanziazione", vale
dire è avvenuta una "coesistenza del pane e della carne"; ed una
"coesistenza del vino e del sangue".
Considerato che c'è stato un dogma papale, la pacificazione è possibile
solo con la resa dei luterani.
Tuttavia, la illogicità della tesi luterana mi parrebbe ovvia. Per i
princìpi della fisica e della chimica, il pane non più essere anche carne, così come il
rame non può essere anche ferro, essendo diversa la rispettiva composizione chimica e
fisica.
Una via d'uscita potrebbe essere l'esame scientifico del pane e del
vino, prima e dopo la consacrazione. Il caso di Orvieto parrebbe
incoraggiare questa strada. Il miracolo di san Gennaro, è sulla medesima
strada, come metodo.
3.- E' possibile aggirare il dogma ? Per quanto ne so, da un
dogma non si può tornare indietro perchè esso costituisce una verità di fede, in
assoluto. E neppure un papa ha autorità di tornare indietro, rispetto ad un dogma,
pronunciato da altro papa, in qualità di papa. Ma andiamo per gradi.
Va preso atto, tuttavia, che fin dai primi tempi della chiesa cristiana sono
stati posti problemi interpretativi dei vangeli e basta ricordare i numerosi concili
interpretativi.
Del resto, i vangeli sono difficilissimi, almeno per me. E anche Gesù era
consapevole della difficoltà dei suoi conterranei, di capire il suo messaggio. Basti
pensare alle numerose parabole... da lui stesso motivate come unica via perchè il suo
pubblico capisse qualcosa, almeno intuitivamente.
Un esempio di qualcosa capito male ? La fine del mondo. I suoi capirono che
essa dovesse sopravvenire entro la generazione di allora, e che la scienza conferma ma per
molto più tardi.
Conclusione. Molte "verità" dei vangeli
sono state percepite secondo la cultura dei tempi, sia pure in vario grado. Basti
ricordare quante condanne a morte sono state approvate dai papi, ma che il papa di oggi
disapprova come contrarie alla legge di Dio.
Si vuole accelerare l'unità ? Si affronti il problema della parificazione
culturale, aperti alla scienza.
Dunque, senza arroccarsi su supreme verità, meglio andare per
approssimazioni successive ed essere consapevoli che il caos interpretativo sarebbe
peggio. |
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Papa Francesco di Roma
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Patriarca Kirillo di Mosca
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Dichiarazione comune
Cuba, 12 feb. 2016
ARGOMENTI: a)
rapporti reciproci tra le Chiese cattolica e ortodossa; b) problemi essenziali dei nostri
fedeli; c) prospettive di sviluppo della civiltà umana.
1. Per volontà di Dio Padre dal quale viene ogni dono, nel nome
del Signore nostro Gesù Cristo, e con l'aiuto dello Spirito Santo Consolatore, noi. Papa
Francesco e Kirill, Patriarca di Mosca e di tutta la Russia, ci siamo incontrati oggi a
L'Avana. Rendiamo grazie a Dio, glorificato nella Trinità, per questo incontro, il primo
nella storia. Con gioia ci siamo ritrovati
come fratelli nella fede cristiana che si incontrano per «parlare a viva voce» (2 Gv
12), da cuore a cuore, e discutere dei rapporti reciproci tra le Chiese, dei problemi
essenziali dei nostri fedeli e delle prospettive di sviluppo della civiltà umana.
2. Il nostro incontro fraterno ha avuto luogo a Cuba, all'incrocio tra Nord e
Sud, tra Est e Ovest. Da questa isola, simbolo delle speranze del "Nuovo Mondo"
e degli eventi drammatici della storia del XX secolo, rivolgiamo la nostra parola a tutti
i popoli dell'America Latina e degli altri Continenti.
Ci rallegriamo che la fede cristiana stia crescendo qui in modo dinamico. Il
potente potenziale religioso dell'America Latina, la sua secolare tradizione cristiana,
realizzata nell'esperienza personale di milioni di persone, sono la garanzia di un grande
futuro per questa regione.
3. Incontrandoci lontano dalle antiche contese del "Vecchio Mondo",
sentiamo con particolare forza la necessità di un lavoro comune tra cattolici e
ortodossi, chiamati, con dolcezza e rispetto, a rendere conto al mondo della speranza che
è in noi (cfr 1 Pt 3, 15).
4. Rendiamo grazie a Dio per i doni ricevuti dalla venuta nel mondo del suo unico
Figlio. Condividiamo la comune Tradizione
spirituale del primo millennio del cristianesimo. I testimoni di questa Tradizione sono la
Santissima Madre di Dio, la Vergine Maria, e i Santi che veneriamo. Tra loro ci sono
innumerevoli martiri che hanno testimoniato la loro fedeltà a Cristo e sono diventati
"seme di cristiani".
5. Nonostante questa Tradizione comune dei primi dieci secoli, cattolici e
ortodossi, da quasi mille anni, sono privati della comunione nell'Eucaristia. Siamo divisi
da ferite causate da conflitti di un passato lontano o recente, da divergenze, ereditate
dai nostri antenati, nella comprensione e l'esplicitazìone della nostra fede in Dio, uno
in tre Persone - Padre, Figlio e Spirito Santo. Deploriamo la perdita dell'unità,
conseguenza della debolezza umana e del peccato, accaduta nonostante la Preghiera
sacerdotale di Cristo Salvatore: «Perché tutti siano una sola cosa. Come tu. Padre, sei
in me e io in tè, siano anch'essi in noi una cosa sola» (Gv 17, 21). 6. Consapevoli della permanenza di
numerosi ostacoli, ci auguriamo che il nostro incontro possa contribuire al ristabilimento
di questa unità voluta da Dio, per la quale Cristo ha pregato. Possa il nostro incontro
ispirare i cristiani di tutto il mondo a pregare il Signore con rinnovato fervore per la
piena unità di tutti i suoi discepoli. In un mondo che attende da noi non solo parole ma
gesti concreti, possa questo incontro essere un segno di speranza per tutti gli uomini di
buona volontà!
7. Nella nostra determinazione a compiere tutto ciò che è necessario per superare
le divergenze storiche che abbiamo ereditato, vogliamo unire i nostri sforzi per
testimoniare il Vangelo di Cristo e il patrimonio comune della Chiesa del primo millennio,
rispondendo insieme alle sfide del mondo contemporaneo. Ortodossi e cattolici devono
imparare a dare una concorde testimonianza alla verità in ambiti in cui questo è
possibile e necessario. La civiltà umana è entrata in un periodo di cambiamento epocale.
La nostra coscienza cristiana e la nostra responsabilità pastorale non ci autorizzano a
restare inerti di fronte alle sfide che richiedono una risposta comune.
8. Il nostro sguardo si rivolge in primo luogo verso le regioni del mondo dove i
cristiani sono vittime di persecuzione. In molti paesi del Medio Oriente e del Nord Africa
i nostri fratelli e sorelle in Cristo vengono sterminati per famiglie, villaggi e città
intere. Le loro chiese sono devastate e saccheggiate barbaramente, i loro oggetti sacri
profanati, i loro monumenti distrutti. In Siria, in Iraq e in altri paesi del Medio
Oriente, constatiamo con dolore l'esodo massiccio dei cristiani dalla terra dalla quale
cominciò a diffondersi la nostra fede e dove essi hanno vissuto, fin dai tempi degli
apostoli, insieme ad altre comunità religiose.
9. Chiediamo alla comunità internazionale di agire urgentemente per prevenire
l'ulteriore espulsione dei cristiani dal Medio Oriente. Nell'elevare la voce in difesa dei
cristiani perseguitati, desideriamo esprimere la nostra compassione per le sofferenze
subite dai fedeli di altre tradizioni religiose diventati anch'essi vittime della guerra
civile, del caos e della violenza terroristica.
10. In Siria e in Iraq la violenza ha già causato migliaia di vittime, lasciando
milioni di persone senza tetto ne risorse. Esortiamo la comunità internazionale ad unirsi
per porre fine alla violenza e al terrorismo e, nello stesso tempo, a contribuire
attraverso il dialogo ad un rapido ristabilimento della pace civile. È essenziale
assicurare un aiuto umanitario su larga scala alle popolazioni martoriate e ai tanti
rifugiati nei paesi confinanti. Chiediamo a
tutti coloro che possono influire sul destino delle persone rapite, fra cui i Metropoliti
di Aleppo, Paolo e Giovanni Ibrahim, sequestrati nel mese di aprile del 2013, di fare
tutto ciò che è necessario per la loro rapida liberazione.
11. Eleviamo le nostre preghiere a Cristo, il Salvatore del mondo, per il
ristabilimento della pace in Medio Oriente che è "il frutto della giustizia"
(cfr Is 32, 17), affinchè si rafforzi la convivenza fraterna tra le varie popolazioni, le
Chiese e le religioni che vi sono presenti, per il ritorno dei rifugiati nelle loro case,
la guarigione dei feriti e il riposo dell'anima degli innocenti uccisi. Ci rivolgiamo, con un fervido appello, a tutte le
parti che possono essere coinvolte nei conflitti perché mostrino buona volontà e siedano
al tavolo dei negoziati. Al contempo, è necessario che la comunità internazionale faccia
ogni sforzo possibile per porre fine al terrorismo con l'aiuto di azioni comuni, congiunte
e coordinate. Facciamo appello a tutti i paesi coinvolti nella lotta contro il terrorismo,
affinchè agiscano in maniera responsabile e prudente. Esortiamo tutti i cristiani e tutti
i credenti in Dio a pregare con fervore il provvidente Creatore del mondo perché protegga
il suo creato dalla distruzione e non permetta una nuova guerra mondiale. Affinchè la
pace sia durevole ed affidabile, sono necessari specifici sforzi volti a riscoprire i
valori comuni che ci uniscono, fondati sul Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo.
12. Ci inchiniamo davanti al martirio di coloro che, a costo della propria vita,
testimoniano la verità del Vangelo, preferendo la morte all'apostasia di Cristo. Crediamo
che questi martiri del nostro tempo, appartenenti a varie Chiese, ma uniti da una comune
sofferenza, sono un pegno dell'unità dei cristiani. È a voi, che soffrite per Cristo,
che si rivolge la parola dell'apostolo: «Carissimi, ... nella misura in cui partecipate
alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della Sua gloria
possiate rallegrarvi ed esultare» (1 Pt 4, 12-13).
13. In quest'epoca inquietante, il dialogo interreligioso è indispensabile. Le
differenze nella comprensione delle verità religiose non devono impedire alle persone di
fedi diverse di vivere nella pace e nell'armonia. Nelle circostanze attuali, i leader
religiosi hanno la responsabilità particolare di educare i loro fedeli in uno spirito
rispettoso delle convinzioni di coloro che appartengono ad altre tradizioni religiose.
Sono assolutamente inaccettabili i tentativi di giustificare azioni criminali con slogan
religiosi. Nessun crimine può essere commesso in nome di Dio, «perché Dio non è un Dio
di disordine, ma di pace» (1 Cor 14, 33).
14. Nell'affermare l'alto valore della libertà religiosa, rendiamo grazie a Dio
per il rinnovamento senza precedenti della fede cristiana che sta accadendo ora in Russia
e in molti paesi dell'Europa orientale, dove i regimi atei hanno dominato per decenni.
Oggi le catene dell'ateismo militante sono spezzate e in tanti luoghi i cristiani possono
liberamente professare la loro fede. In un quarto di secolo, vi sono state costruite
decine di migliaia di nuove chiese, e aperti centinaia di monasteri e scuole teologiche.
Le comunità cristiane portano avanti un'importante attività caritativa e sociale,
fornendo un'assistenza diversificata ai bisognosi. Ortodossi e cattolici spesso lavorano
fianco a fianco. Essi attestano l'esistenza dei fondamenti spirituali comuni della
convivenza umana, testimoniando i valori del Vangelo.
15. Allo stesso tempo, siamo preoccupati per la situazione in tanti paesi in cui i
cristiani si scontrano sempre più frequentemente con una restrizione della libertà
religiosa, del diritto di testimoniare le proprie convinzioni e la possibilità di vivere
conformemente ad esse. In particolare, constatiamo che la trasformazione di alcuni paesi
in società secolarizzate, estranee ad ogni riferimento a Dio ed alla sua verità,
costituisce una grave minaccia per la libertà religiosa. È per noi fonte di inquietudine
l'attuale limitazione dei diritti dei cristiani, se non addirittura la loro |
discriminazione, quando
alcune forze politiche, guidate dall'ideologia di un secolarismo tante volte assai
aggressivo, cercano di spingerli ai margini della vita pubblica.
16. Il processo di integrazione europea,
iniziato dopo secoli di sanguinosi conflitti, è stato accolto da molti con speranza, come
una garanzia di pace e di sicurezza. Tuttavia, invitiamo a rimanere vigili contro
un'integrazione che non sarebbe rispettosa delle identità religiose. Pur rimanendo aperti al contributo di altre
religioni alla nostra civiltà, siamo convinti che l'Europa debba restare fedele alle sue
radici cristiane. Chiediamo ai cristiani dell'Europa orientale e occidentale dì unirsi
per testimoniare insieme Cristo e il Vangelo, in modo che l'Europa conservi la sua anima
formata da duemila anni di tradizione cristiana.
17. Il nostro sguardo si rivolge alle persone che si trovano in situazioni di
grande difficoltà, che vivono in condizioni di estremo bisogno e di povertà mentre
crescono le ricchezze materiali dell'umanità. Non possiamo rimanere indifferenti alla
sorte di milioni di migranti e di rifugiati che bussano alla porta dei paesi ricchi. Il
consumo sfrenato, come si vede in alcuni paesi più sviluppati, sta esaurendo gradualmente
le risorse del nostro pianeta. La crescente disuguaglianza nella distribuzione dei beni
terreni aumenta il sentimento d'ingiustizia nei confronti del sistema di relazioni
internazionali che si è stabilito.
18. Le Chiese cristiane sono chiamate a difendere le esigenze della giustizia, il
rispetto per le tradizioni dei popoli e un'autentica solidarietà con tutti coloro che
soffrono. Noi, cristiani, non dobbiamo dimenticare che «Dio ha scelto ciò che nel mondo
è stolto per confondere i sapienti. Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per
confondere i forti. Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che
è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti
a Dio» (1 Cor 1, 27-29).
19. La famiglia è il centro naturale della vita umana e della società. Siamo
preoccupati dalla crisi della famiglia in molti paesi. Ortodossi e cattolici condividono
la stessa concezione della famiglia e sono chiamati a testimoniare che essa è un cammino
di santità, che testimonia la fedeltà degli sposi nelle loro relazioni reciproche, la
loro apertura alla procreazione e all'educazione dei figli, la solidarietà tra le
generazioni e il rispetto per i più deboli.
20. La famiglia si fonda sul matrimonio, atto libero e fedele di amore di un uomo e
di una donna. È l'amore che sigilla la loro unione ed insegna loro ad accogliersi
reciprocamente come dono. Il matrimonio è una scuola di amore e di fedeltà. Ci
rammarichiamo che altre forme di convivenza siano ormai poste allo stesso livello di
questa unione, mentre il concetto di paternità e di maternità come vocazione particolare
dell'uomo e della donna nel matrimonio, santificato dalla tradizione biblica, viene
estromesso dalla coscienza pubblica.
21. Chiediamo a tutti di rispettare il diritto inalienabile alla vita. Milioni di
bambini sono privati della possibilità stessa di nascere nel mondo. La voce del sangue di
bambini non nati grida verso Dio (cfr Gen 4, 10). Lo
sviluppo della cosiddetta eutanasia fa sì che le persone anziane e gli infermi inizino a
sentirsi un peso eccessivo per le loro famiglie e la società in generale. Siamo anche preoccupati dallo sviluppo delle
tecniche dì procreazione medicalmente assistita, perché la manipolazione della vita
umana è un attacco ai fondamenti dell'esistenza dell'uomo, creato ad immagine di Dio.
Riteniamo che sia nostro dovere ricordare l'immutabilità dei principi morali cristiani,
basati sul rispetto della dignità dell'uomo chiamato alla vita, secondo il disegno del
Creatore.
22. Oggi, desideriamo rivolgerci in modo particolare ai giovani cristiani. Voi,
giovani, avete come compito di non nascondere il talento sotto terra (cfr Mt 25, 25), ma
di utilizzare tutte le capacità che Dio vi ha dato per confermare nel mondo le verità di
Cristo, per incarnare nella vostra vita i comandamenti evangelici dell'amore di Dio e del
prossimo. Non abbiate paura di andare controcorrente, difendendo la verità dì Dio, alla
quale odierne norme secolari sono lontane dal conformarsi sempre.
23. Dio vi ama e aspetta da ciascuno di voi che siate Suoi discepoli e apostoli.
Siate la luce del mondo affinchè coloro che vi circondano, vedendo le vostre opere buone,
rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli (cfr Mt 5, 14, 16). Educate i vostri figli
nella fede cristiana, trasmettete loro la perla preziosa della fede (cfr Mt 13, 46) che
avete ricevuta dai vostri genitori ed antenati. Ricordate che «siete stati comprati a
caro prezzo» (1 Cor 6, 20), al costo della morte in croce dell'Uomo-Dio Gesù Cristo.
24. Ortodossi e cattolici sono uniti non solo dalla comune Tradizione della
Chiesa del primo millennio, ma anche dalla missione di predicare il Vangelo di Cristo nel
mondo di oggi. Questa missione comporta il rispetto reciproco per i mèmbri delle
comunità cristiane ed esclude qualsiasi forma di proselitismo. Non siamo concorrenti ma fratelli, e da questo
concetto devono essere guidate tutte le nostre azioni reciproche e verso il mondo esterno.
Esortiamo i cattolici e gli ortodossi di tutti i paesi ad imparare a vivere insieme nella
pace e nell'amore, e ad avere «gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti» (Rm 15,
5). Non si può quindi accettare l'uso di mezzi sleali per incitare i credenti a passare
da una Chiesa ad un'altra, negando la loro libertà religiosa o le loro tradizioni. Siamo
chiamati a mettere in pratica il precetto dell'apostolo Paolo: «Mi sono fatto un punto di
onore dì non annunziare il vangelo se non dove ancora non era giunto il nome di Cristo,
per non costruire su un fondamento altrui» (Rm 15, 20).
25. Speriamo che il nostro incontro possa anche contribuire alla
riconciliazione, là dove esistono tensioni tra greco-cattolici e ortodossi. Oggi è
chiaro che il metodo dello uniatismo" del passato, inteso come unione di una
comunità all'altra, staccandola dalla sua Chiesa, non è un modo che permette di
ristabilire l'unità. Tuttavia, le comunità ecclesiali apparse in queste circostanze
storiche hanno il diritto di esistere e dì intraprendere tutto ciò che è necessario per
soddisfare le esigenze spirituali dei loro fedeli, cercando nello stesso tempo di vivere
in pace con i loro vicini. Ortodossi e greco-cattolici hanno bisogno di riconciliarsi e
dì trovare forme di convivenza reciprocamente accettabili.
26. Deploriamo lo scontro in Ucraina che ha già causato molte vittime,
innumerevoli ferite ad abitanti pacifici e gettato la società in una grave crisi
economica ed umanitaria. Invitiamo tutte le parti del conflitto alla prudenza, alla
solidarietà sociale e all'azione per costruire la pace. Invitiamo le nostre Chiese in
Ucraina a lavorare per pervenire all'armonia sociale, ad astenersi dal partecipare allo
scontro e a non sostenere un ulteriore sviluppo del conflitto.
27. Auspichiamo che lo scisma tra i fedeli ortodossi in Ucraina possa essere
superato sulla base delle norme canoniche esistenti, che tutti i cristiani ortodossi
dell'Ucraina vivano nella pace e nell'armonia, e che le comunità cattoliche del Paese vi
contribuiscano, in modo da far vedere sempre di più la nostra fratellanza
28. Nel mondo contemporaneo, multiforme eppure unito da un comune destino,
cattolici e ortodossi sono chiamati a collaborare fraternamente nell'annuncio della Buona
Novella della salvezza, a testimoniare insieme la dignità morale e la libertà autentica
della persona, «perché il mondo creda» (Gv 17, 21). Questo mondo, in cui scompaiono
progressivamente i pilastri spirituali dell'esistenza umana, aspetta da noi una forte
testimonianza cristiana in tutti gli ambiti della vita personale e sociale. Dalla nostra
capacità di dare insieme testimonianza dello Spirito di verità in questi tempi difficili
dipende in gran parte il futuro dell'umanità.
29. In questa ardita testimonianza della verità di Dio e della Buona Novella
salvifica, ci sostenga l'Uomo-Dio Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore, che ci
fortifica spiritualmente con la sua infallibile promessa: «Non temere, piccolo gregge,
perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo Regno» (Le 12, 32)! Cristo è fonte
di gioia e di speranza. La fede in Lui trasfigura la vita umana, la riempie di 6 significato. Di ciò si sono potuti
convincere, attraverso la loro esperienza, tutti coloro a cui si possono applicare le
parole dell'apostolo Pietro: «Voi, che un tempo eravate non-popolo, ora invece
siete il popolo dì Dio; voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete
ottenuto misericordia» (1 Pt 2, 10).
30. Pieni di gratitudine per il dono della comprensione reciproca espresso durante
il nostro incontro, guardiamo con speranza alla Santissima Madre di Dio, invocandola con
le parole di questa antica preghiera: "Sotto il riparo della tua misericordia, ci
rifugiamo, Santa Madre di Dio". Che la Beata Vergine Maria, con la sua intercessione,
incoraggi alla fraternità coloro che la venerano, perché siano riuniti, al tempo
stabilito da Dio, nella pace e nell'armonia in un solo popolo di Dìo, per la gloria della
Santissima e indivisibile Trinità!
Francesco, Papa della Chiesa Cattolica, Vescovo di Roma Kirill,
Patriarca di Mosca e di tutta la Russia12 febbraio
2016, L'Avana (Cuba) |
NINO
LUCIANI, "Documento comune", quale bussola per il mondo in confusione. Ma
anche occasione per il riesame critico di alcuni nodi, quale il rapporto tra scienza e
fede, e gli ostacoli ai matrimoni misti. I)
Premessa. Penso che la grande attenzione, oggi nel mondo, ai messaggi di papa
Francesco (e oggi anche del patriarca Kirillo) venga dalla prospettazione del riordino dei
problemi umani, nell'ottica del mondo ultraterreno, (e che qui focalizziamo nel dipinto,
sopra riportato).
In particolare, l'attenzione medesima è mossa (penso) dall'associazione di due
elementi:
a) da un lato, causa il vuoto di governance del mondo, il contatto diretto di molti
popoli di diversa civiltà genera conflitti tra i grandi problemi, e ciò esaspera la vita
umana come mai in passato. Il contatto è conseguenza della emigrazione di massa e della
comunicazione interattiva digitale delle diversità, in tempo reale;
b) da altro lato, le Chiese cristiane occupano la porta che apre alla vita
ultraterrena, e fanno riferimento a "un mondo multiforme, eppure unito da un comune
destino" (parole del Documento), vale dire, tutti dovranno dovranno passare per
quella porta (credenti e non).
I due "papi" ritengono (penso) di aver le chiavi di quella porta, visto
che Gesù ha detto a Pietro, primo papa: «Io ti darò le chiavi del regno dei
cieli; e qualsiasi cosa avrai legato sulla terra sarà legato nei cieli, e qualsiasi cosa
avrai sciolto in terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16,19).
c) Nei vangeli, Gesù fa anche una netta distinzione tra valori veri e valori
fittizi, da cui discende che le persone, che sono prime nella scala sociale
storicamente esistente, potranno ritrovarsi ultime nella scala sociale secondo il
Creatore.
.
II. Sui problemi del dialogo tra le chiese cristiane. Ma, poi, approfondendo, si
scopre che, dentro il quadro di base, non tutto quadra.
Vediamo i tre punti del Documento.
a) Circa la rottura della unità, è un fatto che la chiesa di Gesù,
fin dai primi tempi, è stata travagliata da inquietudini interpretative dei Vangeli. E la
cosa non è finita là, come provano i numerosi Concilii che cercavano interpretazioni
comuni.
Non solo: c'è stata, poi, la grande scissione tra la chiesa di Roma e la chiesa di
Costantinopoli (1054), ma anche tra la chiesa cattolica di Roma e le chiese protestanti
del nord Europa (Concilio di Trento,1545-1563).
b) Circa le cause della perdita dell'unità tra le due chiese (cattolica e
ortodossa) i due "papi" non evocano le note differenze teologiche, ma tagliano
corto imputandole alla "debolezza umana e al peccato". Si trattò di
motivi finanziari e politici?
E' noto che il potere religioso dà forza al poteri pubblici e ne è ricambiato
finanziariamente; così come il proselitismo religioso procura entrate.
- Anche nel caso della separazione delle chiese protestanti, ci furono "fatti di
peccato" (direbbe Lutero), precisamente l'abuso della "vendita delle
indulgenze".
A sua volta, anche la eventuale riunificazione creerà problemi dello stesso tipo.
c) Al tema stesso è evidente che la scissione ha avuto un prezzo in termini
di caduta della ampiezza del potere di influenza delle chiese sull'opinione pubblica. E
questo è divenuto un prezzo troppo alto, oggi, in cui subentrano problemi di grandezza
planetaria.
I due "papi" sono chiari: "Ortodossi e cattolici devono imparare
a dare una concorde testimonianza alla verità in ambiti in cui questo è possibile e
necessario. La civiltà umana è entrata in un periodo di cambiamento epocale. La nostra
coscienza cristiana e la nostra responsabilità pastorale non ci autorizzano a restare
inerti di fronte alle sfide che richiedono una risposta comune".
d) Come risolvere ? Penso che il problema sia solo una questione di metodo.
Si dovrà:
- assumere che le divergenze interpretative teologiche sono esenti da peccato. (Questa non
è una legittimazione del relativismo, ma del fatto che le differenze di opinione possono
avere un fondamento).
- trovare soluzioni organizzative per incontri continui di dialogo sui temi specifici;
- trovare una soluzione comune ai problemi finanziari;
- la Chiesa di Roma dovrà fare un qualche passo indietro nell'uso del dogma della
infallibilità del papa in materia di fede.
- Sul dialogo tra le chiese e il mondo scientifico. Il Documento censura la ricerca
scientifica in materia di creazione artificiale della vita (par. 21), nel nome del
"rispetto del diritto inalienabile alla vita", che è un principio generale
fondamentale.
a) Può essere che, nel caso specifico, il Documento abbia ragione ma,
storicamente, per la interpretazione dei vangeli, il fattore decisivo è stato la cultura
corrente, e questo sia in campo morale (vedi pena di morte, nello Stato Pontificio), sia
in campo scientifico (vedi Tribunale della Inquisizione), sia pure "pro bono
veritatis". Con il senno di poi, "presunte verità" sono risultate
rovesciate. Ad es.:
- non era vero che, come capito dai primi apostoli, la fine del mondo ci sarebbe
stata alla fine della prima generazione vivente ai tempi di Gesù (i fisici, hanno
confermato che la fine del mondo ci sarà, ma l'hanno posticipata);
- non era vero che la terra giri intorno al sole, ma è il contrario;
- non era vero che la chimica fosse stregoneria.
b) Pur dopo la prova della inversione delle tesi, rimangono dualismi e
reciproca diffidenza tra le chiese e il mondo scientifico. Anche, nei rapporti
tra chiese e scienza, andrà inventato un metodo, di consultazione (se non di
unione). Dal punto di vista scientifico, Dio risulta aver creato il mondo in una
successione di approcci; e che tuttora Egli continui a migliorarlo (e forse a creare nuovi
mondi). In questi approcci, il creatore appare affidare all'uomo un ruolo nel
miglioramento della creazione, e dunque il progresso scientifico ha un ruolo anche nella
interpretazione corretta del vangelo;
Questo miglioramento va anche ai poveri, quelli per cui Bergoglio invoca la
redistribuzione dei beni. Basti pensare all'importanza del frigorifero per tutti,
per il sostentamento alimentare delle masse, pur se nulla mai basta.
In tema di misericordia di Dio, il Documento ne fa un cardine. Questa si
collega alla visione dell'uomo che, decaduto a causa del peccato originale, è stato
riscattato, presso Dio, da Gesù con il sacrificio della croce.
L'idea della caduta in disgrazia, causa il peccato originale (vale dire,
lidea di un processo allindietro), è contrastata dal fatto che il processo
appare in avanti, grazie al superamento di molti limiti (es.: la chirurgia vince
determinate menomazioni "naturali"; ci sarà la modifica del genoma per
specifiche ricostruzioni di tasselli rovinati del DNA; la comunicazione del pensiero
avviene in tempo reale in dimensione planetaria).
Pertanto, il mondo scientifico preme per una nuova interpretazione delle origini
dell'uomo, in quanto creato in un continuo e ancora in fieri.
Che la creazione dell'uomo sia avvenuta, a partire da una creatura precedente
(prototipo) o da fango, è irrilevante, visto che "homo pulvis est et un pulvirem
revertetur", e che anche quel prototipo-animale era polvere: vale dire le due ipotesi
coincidono.Forse la tesi biblica voleva rimarcare che luomo non nacque subito in
spirito, come gli angeli.
L'idea che l'uomo sia stato il risultato di una evoluzione casuale, non di
una precisa volontà, è invece senza fondamento scientifico. Vi soccorrono la
assoluta novità di lui per quantità di intelligenza, complessità, razionalità del suo
essere, e la sua chiamata alla vita eterna.
Assistiamo ad un dualismo tra il concetto di un Dio
"buono" e catastrofi naturali e crudeltà dell'uomo contro l'uomo ?
Dobbiamo riconoscere che il quadro conoscitivo, di cui disponiamo, è radicalmente
insufficiente.
Constatiamo che, nella nostra vita, non ci sono solo lacrime, ed è un fatto:
- che esiste una felicità interiore "cristiana" (grazie alla preghiera e
al collegamento unilaterale dell'uomo con il Creatore);
- e che esiste la "felicità di Seneca", umana.
- Al tempo stesso il mondo scientifico è consapevole che la scienza attuale è
probabilmente molto sotto lo 1% di quanto rimane da scoprire (rinvio alle parole di
Einstein). Per questo, l'attuale interpretazione del vangelo e la filosofia razionale
rimarranno a lungo un riferimento di prima approssimazione, insostituibile.
Anche Tommaso d'Aquino volle una teologia su basi razionali ma, dopo aver molto
cercato
, egli ci raccontò di un bambino che, sulla spiaggia, travasava l'acqua del
mare in una buca con un cucchiaino. "Cosa fai ?", chiese Tommaso al bambino. E
il bambino gli rispose: "Faccio quello che fai tu, che pensi di capire Dio con la
mente umana". Tommaso disse che il bambino sparì, dopo quella ammonizione.
E più vicino a Dio, il Papa o Einstein ?
Penso che, soggettivamente, il papa sia più vicino; e che, oggettivamente, sia
Einstein il più vicino.
Einstein aveva scritto: «Chiunque sia veramente impegnato nel lavoro scientifico
si convince che le leggi della natura manifestano lesistenza di uno Spirito
immensamente superiore a quello delluomo, e di fronte al quale noi, con le nostre
modeste facoltà, dobbiamo essere umili»; «La mia religiosità consiste in unumile
ammirazione di quello Spirito immensamente superiore .... Con il nostro intelletto debole
e transitorio, possiamo comprendere della realtà. Voglio sapere come Dio creò questo
mondo...".
Un gesuita della Università Gregoriana mi aveva detto che, se Dio non dà luce, un
uomo (da solo) non ha la capacità di trovare la fede.
III.- Sui problemi essenziali dei fedeli cristiani. I due "papi"
lamentano:
- che i loro fedeli siano vittime di persecuzione, e questo sia (oggi) in medio
oriente, sia (in passato) in Europa Orientale (nei regimi comunisti);
- le restrizioni alla libertà religiosa.
Queste richieste, oltre ad avere un fondamento per determinare la felicità della
umanità, sono universalmente sostenute.
Tuttavia, il fatto che ci siano conflitti tra diverse idee religiose, va
approfondito per separare gli eventuali elementi parassiti, nascosti. Es.:
- il fatto che un proprio adepto passi al cristianesimo fa venir meno il versamento della
decima (elemento parassita) al capo religioso;
- il cristianesimo libera la donna dallo stato di "servilismo" verso qualcuno (e
questi reagisce);
- il cristianesimo distingue tra fedeltà al creatore e fedeltà al potere temporale.
Questo non valeva solo per gli imperatori di Roma, ma tuttora per i regimi totalitari,
fondati su religioni non cristiane. La storia, anche europea, è piena di questi casi.
Vediamo meglio, dentro casi particolari.
IV.- Sulle prospettive di sviluppo della civiltà umana. I due
"papi" lamentano:
- la crisi della famiglia fondata sul matrimonio;
- le crisi umanitarie determinate da guerre e conflitti vari;
- le situazioni di "estremo bisogno e di povertà, mentre crescono le
ricchezze materiali della umanità" (par. 17). Domando:
a) nel caso del matrimonio, vogliono un determinato matrimonio religioso ?
Ad es. come è visto il matrimonio misto (vale dire,il matrimonio tra persone di
diversa religione) ?
Il divieto di matrimoni misti, nella storia, ha recato gravi danni alla pace
sociale. Infatti :
- nei Paesi senza differenze religiose (es., tra normanni e sassoni) le razze si sono
fuse;
- nei Paesi con differenze religiose (vedi Balcani) protratte nei secoli, le etnie sono
rimaste separate, fino a determinare guerre etniche;
- dove sono subentrate differenze religiose (es. Irlanda, cattolici e protestanti) sono
sorte guerre.
Un papa ha un bel dire ("mai più guerre per motivi di religione")... I
nodi vanno sciolti e la cultura universale è la via.... |
|
.
Il PAPA
e la "sua" CURIA ROMANA soggetta a
"probabili " 15 malattie spirituali |
|
Le "probabili" 15 malattie
della Curia, secondo il Papa,
mentre fa mente locale al catalogo dei Padri nel deserto |
|
.
1. Sentirsi "immortale", "immune" o addirittura
"indispensabile"
2. Martalismo (che viene da Marta), o eccessiva operosità
3. Impietrimento mentale e spirituale.
4. Eccessiva pianificazione e funzionalismo.
5. Cattivo coordinamento.
6. Alzheimer spirituale.
7. Rivalità e vanagloria. |
8. Schizofrenia
esistenziale.
9. Chiacchiere, mormorazioni e pettegolezzi.
10. Divinizzare i capi.
11. Indifferenza verso gli altri.
12. Faccia funerea.
13. Accumulare.
14. Circoli chiusi
15. Profitto mondano, esibizionismi. |
|
|
|
|
.-
Dottrina della fede;
- Chiese Orientali;
- Culto divino e Disciplina dei sacramenti;
- Cause dei santi;
- Evangelizzazione dei popoli |
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- Clero;
- Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica;
- Educazione cattolica;
- Vescovi. |
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Discorso del
Santo Padre alla Curia,
venuta per gli auguri natalizi
"La Curia Romana è chiamata a migliorarsi"
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Cari fratelli Cardinali e Superiori della Curia
Romana,
al termine dellAvvento ci incontriamo per i tradizionali saluti.
Tra qualche giorno avremo la gioia di celebrare il Natale
del Signore; levento di Dio che si fa uomo per salvare gli uomini; la manifestazione
dellamore di Dio che non si limita a darci qualcosa o a inviarci qualche messaggio o
taluni messaggeri ma dona a noi sé stesso; il mistero di Dio che prende su di sé la
nostra condizione umana e i nostri peccati per rivelarci la sua Vita divina, la sua grazia
immensa e il suo perdono gratuito. E lappuntamento con Dio che nasce nella
povertà della grotta di Betlemme per insegnarci la potenza dellumiltà. Infatti, il
Natale è anche la festa della luce che non viene accolta dalla gente "eletta"
ma dalla gente povera e semplice che aspettava la salvezza del Signore.
Innanzitutto, vorrei augurare a tutti voi -
collaboratori, fratelli e sorelle, Rappresentanti pontifici sparsi per il mondo - e a
tutti i vostri cari un santo Natale e un felice Anno Nuovo. Desidero ringraziarvi
cordialmente, per il vostro impegno quotidiano al servizio della Santa Sede, della Chiesa
Cattolica, delle Chiese particolari e del Successore di Pietro.
Essendo noi persone e non numeri o soltanto
denominazioni, ricordo in maniera particolare coloro che, durante questo anno, hanno
terminato il loro servizio per raggiunti limiti di età o per aver assunto altri ruoli
oppure perché sono stati chiamati alla Casa del Padre. Anche a tutti loro e ai loro
famigliari va il mio pensiero e gratitudine.
Desidero insieme a voi elevare al Signore un vivo e
sentito ringraziamento per lanno che ci sta lasciando, per gli eventi vissuti e per
tutto il bene che Egli ha voluto generosamente compiere attraverso il servizio della Santa
Sede, chiedendogli umilmente perdono per le mancanze commesse "in pensieri,
parole, opere e omissioni".
E partendo proprio da questa richiesta di perdono,
vorrei che questo nostro incontro e le riflessioni che condividerò con voi diventassero,
per tutti noi, un sostegno e uno stimolo a un vero esame di coscienza per preparare il
nostro cuore al Santo Natale.
Pensando a questo nostro incontro mi è venuta in
mente limmagine della Chiesa come il Corpo mistico di Gesù Cristo. È
unespressione che, come ebbe a spiegare il Papa Pio XII, «scaturisce e quasi
germoglia da ciò che viene frequentemente esposto nella Sacra Scrittura e nei Santi
Padri»1. Al riguardo san Paolo scrisse: «Come infatti il corpo, pur essendo
uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche
Cristo» (1 Cor 12,12)2.
In questo senso il Concilio Vaticano II ci ricorda
che «nella struttura del corpo mistico di Cristo vige una diversità di membri e di
uffici. Uno è lo Spirito, il quale per l'utilità della Chiesa distribuisce la varietà
dei suoi doni con magnificenza proporzionata alla sua ricchezza e alle necessità dei
ministeri (cfr. 1 Cor 12,1-11)»3. Perciò «Cristo e la Chiesa formano
il "Cristo totale" - Christus totus -. La Chiesa è una con Cristo»4.
È bello pensare alla Curia Romana come a un
piccolo modello della Chiesa, cioè come a un "corpo" che cerca seriamente e
quotidianamente di essere più vivo, più sano, più armonioso e più unito in sé stesso
e con Cristo.
In realtà, la Curia Romana è un corpo complesso,
composto da tanti Dicasteri, Consigli, Uffici, Tribunali, Commissioni e da numerosi
elementi che non hanno tutti il medesimo compito, ma sono coordinati per un funzionamento
efficace, edificante, disciplinato ed esemplare, nonostante le diversità culturali,
linguistiche e nazionali dei suoi membri5.
Comunque, essendo la Curia un corpo dinamico, essa
non può vivere senza nutrirsi e senza curarsi. Difatti, la Curia - come la Chiesa - non
può vivere senza avere un rapporto vitale, personale, autentico e saldo con Cristo6.
Un membro della Curia che non si alimenta quotidianamente con quel Cibo diventerà un
burocrate (un formalista, un funzionalista, un mero impiegato): un tralcio che si secca e
pian piano muore e viene gettato lontano. La preghiera quotidiana, la partecipazione
assidua ai Sacramenti, in modo particolare allEucaristia e alla riconciliazione, il
contatto quotidiano con la parola di Dio e la spiritualità tradotta in carità vissuta
sono lalimento vitale per ciascuno di noi. Che sia chiaro a tutti noi che senza di
Lui non potremo fare nulla (cfr Gv 15, 8).
Di conseguenza, il rapporto vivo con Dio alimenta e
rafforza anche la comunione con gli altri, cioè tanto più siamo intimamente congiunti a
Dio tanto più siamo uniti tra di noi perché lo Spirito di Dio unisce e lo spirito del
maligno divide.
La Curia è chiamata a migliorarsi, a migliorarsi
sempre e a crescere in comunione, santità e sapienza per realizzare pienamente la
sua missione7. Eppure essa, come ogni corpo, come ogni corpo umano, è esposta
anche alle malattie, al malfunzionamento, allinfermità. E qui vorrei
menzionare alcune di queste probabili malattie, malattie curiali. Sono malattie più
abituali nella nostra vita di Curia. Sono malattie e tentazioni che indeboliscono il
nostro servizio al Signore. Credo che ci aiuterà il "catalogo" delle malattie -
sulla strada dei Padri del deserto, che facevano quei cataloghi - di cui parliamo oggi: ci
aiuterà a prepararci al Sacramento della Riconciliazione, che sarà un bel passo di tutti
noi per prepararci al Natale.
Credo che ci aiuterà il "catalogo" delle malattie - sulla
strada dei Padri del deserto, che facevano quei cataloghi - di cui parliamo oggi: ci
aiuterà a prepararci al Sacramento della Riconciliazione, che sarà un bel passo di tutti
noi per prepararci al Natale. ....... |
NINO LUCIANI, Caro papa,
vorrei solo dirti ... che determinate anomalie sono il frutto dei meccanismi
istituzionali, al di là delle persone... 1.- Premessa. Le
"probabili" anomalie attribuite dal papa alla curia romana mi hanno
ricordato caratteristiche proprie delle macro-amministrazioni, in generale, e che quindi
non vanno identificate in "malattie delle persone", ma in fenomeni da
disadattamento, curabili con riforme organizzative. Vediamo meglio.
I fenomeni da disadattamento sono comuni alle macro amministrazioni, per cui
vedi le persone diventare "anormale", vale dire fare cose che non farebbero mai
in condizioni normali, tanta è la sofferenza, in cui vengono a trovarsi a causa di
determinati meccanismi, diventati perversi.
Proprio in questi giorni abbiamo assistito, nel nostro Senato, ad
attengiamenti irruenti, indotti dal trovarsi (i senatori) a votare su testi di legge
incompleti o errati. Come mai ? Perversione del governo sui senatori ?
Ma torniamo alla curia. Per quanto risulta dai siti infomatici vaticani,
l'Amministrazione della chiesa romana è articolata in dicasteri, detti Congregazioni (e
in strutture temporanee per specifici compiti).
Esse sono:
- Dottrina della fede;
- Chiese Orientali;
- Culto divino e Disciplina dei sacramenti;
- Cause dei santi;
- Evangelizzazione dei popoli;
- Clero;
- Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica;
- Educazione cattolica;
- Vescovi.
Nulla risulta circa il numero dei membri e la tipologia organizzativa.
2.- Sul potere burocratico. In
generale:
a) il burocrate dirigente è custode della memoria storica
dell'ufficio da lui diretto; e conosce le leggi e i regolamenti. Questo fatto gli
attribuisce una forza professionale nei confronti dei politici "suoi superiori".
Questo vale anche per la Curia, nei confronti del papa.
Nel caso della Pubblica Amministrazione non c'è un profitto a cui
collegare la validità del burocrate, ma invece una "utilità pubblica, che non è
oggettivamente quantificabile. Vi supplisce la predefinizione di un procedimento di
approvazione degli atti, la cui fedele attuazione crea una valutazione positiva del
comportamento del dirigente burocrate.
Ma ahimè si è su un terreno fragile, la cui consistenza dipende
molto dalla furbizia nel creare relazioni, e che in pratica rende i burocrati importanti,
e insostituibili.
Questa forza oggettiva dei burocrati diviene anche forza politica, se i
politici sono dei fasulli professionalmente, e se le decisioni sono importanti; e tanto
più se i politici restano in carica, a rotazione, per brevi periodi, sicchè non hanno
neppure il tempo (anche volendo) di conoscere la propria amministrazione.
b) In generale il burocrate pubblico ( dirigenti e subordinati), è pagato
poco; e non ha grandi prospettive di carriera. Pertanto si può ritenere ipotesi
realistica che egli cerchi un rimedio dalle soddisfazioni morali nel proprio
meritorio lavoro. Conta molto l'ossequio del pubblico.
C'è, poi, il fenomeno del "secondo lavoro", ma considerando
quello privato come primo lavoro, e quello pubblico come secondo lavoro (soprattutto nei
Comuni).
Può anche capitare che il dirigente burocrate cada preda di
gratificatori pecuniari, se egli si trovi a procurare contratti onerosi per la Pubblica
Amministrazione, per servizi forniti da imprese private.
Il burocrate dirigente ha, di solito, un orizzonte temporale lungo,
vale dire ha a cuore lo stabilizzare la propria posizione economica, e fare carriera.
Diviene a ciò funzionale, che i dirigenti burocrati cerchino di
rafforzarsi costituendosi in associazione extra-ordinamento, su iniziativa di uno di loro,
o di soggetti esterni; e quando sono tanti, che essi si sotto-sezionino in gruppi
autonomi, che competono tra loro per conquistare i settori più importanti della
amministrazione.
3.- Come riportare la burocrazia a compatilità con gli
interessi della Pubblica Amministrazione. Nella mia università (Bologna, dove
sono stato Membro del Senato Integrato, e Consigliere di Amministrazione) mi sono sempre
battuto per sottomettere l'Amministrazione al Rettore. Ma ho sempre perso. Anzi ho visto
la burocrazia intrallazzare nelle elezioni del Rettore, per far uscire un rettore gradito.
Nel caso di papa Albino Luciani, si è parlato non poco, a suo tempo, di
intrallazzi della curia, per fare fuori un papa scomodo.
Non credo a nulla di questo, anche perchè so quanto sia facile
"costruire fatti" alimentati dalla fantasia, generata dalle carattestiche comuni
agli ambienti burocratici.
Anche in Italia, ovviamente, le dicerie a favore o contro la burocrazia hanno
tutta una sequela. Ricordo alcuni rimedi trovati:
a) a livello costituzionale, si richiede che il personale della P.A, sia scelto per
concorso;
b) Questo tipo di filtro evita le deviazioni peggiori, ma non è sufficiente per
una pulizia totale. Accenno ad alcuni rimedi applicati:
- Andreotti fece un ricambio generazionale della burocrazia, regalando 10 anni di
anzianità a chi andava in pensione. Secondo me, ne derivò una dequalificazione grave
della burocrazia statale;
- E' stato introdotto lo "spoyling system"
vale dire il potere del nuovo ministro di sostituire, con persone di fiducia, i
collaboratori tecnici più diretti. Questo ha inquinato la P.A..
- E' stato separato il potere politico dal potere amministrativo in senso stretto.
Ciò implicava che il dirigente amministrativo firmasse gli atti circa la loro conformità
alla legge, prima che il politico li firmasse circa la responsabilitò politica. Non ho
mai capito cosa sia stato fatto davvero.
- E' stato creato un sistema di premi in base al rendimento. E' stata una
follia, perchè i dirigenti sono solidali nel darsi retribuzioni. La strada dovrebbe
essere tutta diversa. C'è chi propone di precostuire parametri analitici di misurazione
degli atti, con l'ausilio della informatica. E' una stupidità, perchè nulla vive se non
è collegato a interessi individuali a favore o contro. Ho approfondito delle soluzioni in
uno studio, |
che ho pubblicato in file:///C:/Users/NINO/AppData/Local/Microsoft/Windows/Temporary%20Internet%20Files/Content.IE5/XNZXP1VH/scritti_scelti_luciani.pdf,
2002, p. 600. Un riassunto, ad uso degli studenti, si trova in: N. Luciani, Economia
generale, ed, Franco Angeli, Milano 2005, cap.13. 4.-
Torniamo alla curia. Il degenerare "probabile" (aggettivo del papa) di
certe tipicità delle curia va, invece (in termini di probabilità), imputato al
papa, uomo di preghiera, più che uomo di amministrazione. Egli ha cercato un rimedio, a
modo suo, appellando alle coscienze, ma la cui buona fede va largamente presunta, perché
riferite a persone (laici ed ecclesiastici) doppiamente filtrate circa la fedeltà ai
principi cristiani. Penso che il punto dolente stia nei meccanismi inanimati, che girano
per conto loro, e che imbottigliano le persone.
Il papa dovrà, invece, cercare di approfondire la conoscenza di
questi meccanismi.
a) Sul piano del funzionamento corrente, egli dovrà fare visita, di tanto
in tanto, agli uffici della Curia, per verificarne la situazione visibile, e cercare
qualche dialogo col personale. Se non può..., deleghi qualcuno ..., ma non si lamenti,
nè faccia dichiarazioni con attribuzioni di malattie "probabili"...
b) Sul piano strutturale è "probabile" che ( come avviene in
campo temporale) la Curia sia controllata da gruppi di potere, che si sono via via
cristallizzati nel tempo, in quanto i papi cambiano raramente. Questi gruppi sono delle
vere e proprie correnti, come quelle della DC che si ripartivano i ministeri in base al
Manuale Cencelli, e che determinarono danni incalcolabili all'Italia e alla DC. Ne ho
avuto sentore in questi anni, quando un ecclesiastico mi ha raccontato che le sedi
arcivescovili di Bologna e Ferrara sono state date a preti di vicini a CL.
Gli suggerirei, pertanto,, le seguenti riforme:
1) La curia va suddivisa in un numero di dicasteri, tale che ognuno di loro
stia all'interno di un determinato range numerico (es.: non inferiore a 30 e non superiore
a 50 persone);
2) Ogni dicastero abbia a capo un laico tecnico-amministrativo, scelto per
concorso.
3) Non creare un direttore generale laico, perchè coalizzebbe i capi
dicastero, per costruire un potere, passibile di deviazioni, prima o poi.
4) Sopra ogni capo dicastero metta un referente ecclesiastico di sua nomina.
5) Sull'insieme dei referenti ecclesiastici metta un coordinatore generale,
ecclesiastico. Il mandato degli ecclesiastici abbia la durata di 5 anni, non rinnovabile
per più di due mandati.
Ma i rinnovi avvengano senza creare eccessi di discontinuità, e
pertanto si crei un meccanismo di parziale rinnovo a medio termine (es.: un terzo la prima
volta, un terzo la seconda volta, un terzo la terza volta). NINO LUCIANI |
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EDIZIONI
PRECEDENTI - SERVE UN PARTITO SOLO DEI
CATTOLICI ? |
Il PAPA , i "CATTOLICI IN POLITICA"
e il "dono dello SPIRITO SANTO" |
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"SERVE UN PARTITO SOLO DEI CATTOLICI ? " - "UN CATTOLICO DEVE FARE POLITICA ?" |
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- La Domanda di un
giovane al papa: "Siamo impegnati nel volontariato, nellassociazionismo e nella
politica. Come mantenere vivo il rapporto tra la fede in Gesù Cristo e la responsabilità
ad agire sempre per la costruzione di una società più giusta e solidale? - La Risposta del papa: a) "La Chiesa ... riceve il dono
dello Spirito Santo... .Non è un partito
politico";
b) "Si sente: Noi dobbiamo fondare un partito
cattolico !. "Quella non è la strada". Un
partito solo dei cattolici non serve e non avrà capacità convocatorie,
perché farà quello per cui non è stato chiamato;
b) "Ma, un cattolico può fare politica?" - "Deve
!" - "Ma un cattolico può immischiarsi in politica?" - "Deve!"
;
c) "Paolo VI ... ha detto che la politica è una delle forme più
alte della carità, perché cerca il bene comune". |
LUCIANI: " Per un laico cattolico, quanto e' vincolante il
parere del papa, in materia temporale ?
e quale è la differenza tra il fare politica "senza un partito" e il fare
politica "con un partito" ?
Queste domande aggiuntive sono su un piano diverso da quella se
"serve
un partito SOLO DEI CATTOLICI ", che è un concetto contraddittorio. |
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RIPORTATO
DA LAVVENIRE, 1 MAGGIO 2015 (Stralcio)
Un incontro tra amici. Con un dialogo appassionato,
con domande e risposte a 360 gradi. È quello che si è tenuto oggi (30.4.2015), in Aula
Paolo VI, tra Papa Francesco e i membri della Comunità di vita cristiana (CVX) - Lega
Missionaria Studenti dItalia. Circa 5.000 persone. Di seguito le domande di alcuni
partecipanti e le risposte a braccio del Papa. In fondo il testo del discorso scritto che
Francesco però non ha letto.
::::::
Gianni: Santo Padre, io sono Gianni, vengono dalla CVX dell'Aquila. Siamo
impegnati da oltre 30 anni nel volontariato, nell'associazionismo e nella politica.
Allora, nel nostro impegno nella vita sociale vorremmo che ognuno - specialmente chi è
più giovane tra noi - comprenda che oltre al bene privato, troppo spesso prevalente,
esiste un interesse generale che appartiene alla comunità intera.
Santo Padre, quale discernimento può venirci dalla spiritualità ignaziana
per aiutarci a mantenere vivo il rapporto tra la fede in Gesù Cristo e la responsabilità
ad agire sempre per la costruzione di una società più giusta e solidale? Grazie.
Papa Francesco: Credo che questa domanda che tu hai fatto la
risponderebbe molto meglio di me padre Bartolomeo Sorge - non so se è qui: no, non l'ho
visto
Lui è stato uno bravo, eh? Lui è un gesuita che ha aperto la strada in
questo campo della politica. Ma, si sente: "Noi dobbiamo fondare un partito
cattolico!": quella non è la strada.
La Chiesa è la comunità dei cristiani che adora il Padre, va sulla strada del Figlio
e riceve il dono dello Spirito Santo. Non è un partito politico. "No, non diciamo
partito, ma
un partito solo dei cattolici": non serve e non
avrà capacità convocatorie, perché farà quello per cui non è stato chiamato.
"Ma, un cattolico può fare politica?" - "Deve!" - "Ma un
cattolico può immischiarsi in politica?" - "Deve!".
Il Beato Paolo VI, se non sbaglio, ha detto che la politica è una delle forme più
alte della carità, perché cerca il bene comune. "Ma, Padre, fare politica non è
facile, perché in questo mondo corrotto
e alla fine tu non puoi andare avanti
": cosa vuoi dirmi, che fare politica è un po' martiriale? Sì. Eh sì: è una
sorta di martirio. Ma è un martirio quotidiano: cercare il bene comune senza lasciarti
corrompere. Cercare il bene comune pensando le strade più utili per quello, i mezzi più
utili. Cercare il bene comune lavorando nelle piccole cose, piccoline, da poco
ma
si fa.
Fare politica è importante: la piccola politica e la grande politica. Ma, nella Chiesa
ci sono tanti cattolici che hanno fatto una politica non sporca, buona; anche, che hanno
aiutato alla pace nei Paesi. Ma pensate ai cattolici qui, in Italia, del dopoguerra -
alcuni: pensate a De Gasperi; pensate alla Francia: Schumann, che ha la causa di
beatificazione
Si può diventare santo facendo politica. E non voglio
nominare più: valgono due esempi, di quelli che vogliono andare avanti nel bene comune.
Fare politica è martiriale: davvero un lavoro martiriale, perché bisogna andare tutto
il giorno con quell'ideale, tutti i giorni, con quell'ideale di costruire il bene comune.
E anche portare la croce di tanti fallimenti, e anche portare la croce di tanti peccati.
Perché, nel mondo è difficile fare il bene in mezzo alla società senza sporcarsi un
poco le mani o il cuore: ma per questo vai a chiedere perdono, chiedi perdono e continua a
farlo. Ma che questo non ti scoraggi. "No, Padre, io non faccio politica perché non
voglio peccare" - "Ma non fai il bene! Vai avanti, chiedi al Signore che ti
aiuti a non peccare, ma se ti sporchi le mani, chiedi perdono e continui avanti!". Ma
fare, fare
E proprio lottare per una società più giusta e solidale.
Qual è la soluzione che oggi ci offre, questo mondo globalizzato, per la politica?
Semplice: al centro, il denaro. Non l'uomo e la donna: no. Il denaro. Il dio denaro.
Questo al centro. Poi, tutti al servizio del dio denaro. Ma per questo, quello che non
serve al dio denaro si scarta. E quello che ci offre oggi il mondo globalizzato è la
cultura dello scarto: quello che non serve, si scarta.
Si scartano i bambini perché non si fanno bambini o perché si uccidono i bambini
prima di nascere; si scartano gli anziani, perché
ma, gli anziani non servono: ma
adesso che manca il lavoro vanno a trovare i nonni perché la pensione ci aiuti, no? Ma
servono congiunturalmente, no? Ma si scartano, si abbandonano gli anziani. E adesso, il
lavoro si deve diminuire perché il dio denaro non può fare tutto, e si scartano i
giovani: qui, in Italia, giovani dai 25 anni in giù - non voglio sbagliare, correggimi,
eh? - il 40-41% è senza lavoro. Si scarta
Ma questo è il cammino della
distruzione.
Io cattolico guardo dal balcone? Non si può guardare dal balcone! Immischiati lì! Dà
il meglio: se il Signore ti chiama a quella vocazione, va lì, fai politica: ti farà
soffrire, forse ti farà peccare, ma il Signore è con te. Chiedi perdono e vai avanti. Ma
non lasciamo che questa cultura dello scarto ci scarti tutti! Anche scarta il Creato, ché
il Creato ogni giorno viene distrutto di più. Non dimenticare quello del Beato Paolo VI:
la politica è una delle forme più alte della carità.
|
NINO LUCIANI, Caro papa, penso addirittura che un partito "solo dei cattolici"
sia contraddittorio sul piano logico. Al tempo stesso, rivendico una autonomia dei laici
cristiani in politica, ma secondo le regole della scienza politica ...
1.- Premessa. In premessa al mio commento, ricordo che nella visione
cristiana della vita (e non solo cristiana), l'uomo è una "unità" di spirito e
di corpo, creata da Dio, Padre comune di tutti gli uomini e di tutti gli altri esseri
viventi. Il laico cristiano si ispira ai valori spirituali e materiali, meritevoli presso
il Creatore.
In questa visione divengono priorità la comunione con il Creatore e la
carità verso il prossimo; ed e' normale che gli individui che sono "primi nella
scala sociale" storicamente esistente, possano essere, invece ultimi nella
"scala sociale cristiana".
Rientra nelle priorità il contributo alla "creazione" e al suo
miglioramento mediante la ricerca scientifica e l'applicazione dei relativi risultati alle
condizioni di vita dell'uomo e alla organizzazione della società civile.
In una determinata "associazione" con obiettivi ordinati rispetto
al Creatore, possono ben coesistere cristiani di diverso orientamento
politico-economico-sociale, perché la relativa problematica esula da quella associazione.
Un partito e', invece, una associazione con obiettivi pubblici ordinati rispetto
alla società civile, circa la sua organizzazione, le priorità dei bisogni materiali,
determinati diritti (ad. es., diritto di proprietà privata, diritto del lavoro, diritto
di impresa, determinate alleanze militari sul piano internazionale... ).
In questo senso ha ben ragione il papa quando non vede bene un partito
"solo di cattolici", perche' essi non potrebbero convivere per obiettivi
politici non condivisi. Esso, al più, sarebbe una "associazione confessionale"
(con i voti di chi ?), per prendere ordini dal papa, ma che neppure il papa vuole.
2.- Ma il papa dice anche che il laico cattolico "deve" fare
politica". Il problema che si pone, subito di seguito, è se un laico
cattolico "debba" fare politica senza un partito o dentro un partito (sia pure
non di soli cattolici).
a) Senza un partito ? La Costituzione italiana definisce i partiti
come strumenti "per concorrere con metodo democratico a determinare la politica
nazionale". Il presupposto è che in democrazia le decisioni si prendono contandosi,
e si prende la decisione che ha la maggioranza assoluta dei voti. E chi pretendesse che
sia presa la decisione dei votanti in minoranza sarebbe un rivoluzionario, pur se avesse
le idee migliori in assoluto. Ma il caso del papa non è questo (salvo in casi molto
speciali).
Ne deriva che un laico cattolico che pensasse di fare politica senza un
partito sarebbe destinato ad essere una "vox clamans in deserto", senza
risultati immediati. Questa non è la strada per fare politica.
d) Dentro un partito ? Un partito è necessario fare
politica che prende decisione, ma va tenuto conto che l'agire frazionatamente in più
partiti, pur avendo le stesse idee politiche, è come agire senza un partito.
Nella storia del progresso scientifico-filosofico è notoria la distinzione
(di Carlo Marx) tra il "socialismo utopistico" e "socialismo
scientifico". Il primo è proprio dei movimenti che chiedono le riforme sociali in
modo spontaneo e individuale, ma che non vanno oltre il ruolo di "vox clamans in
deserto". Questo è il caso dei cattolici che operano senza un partito o frazionati
tra più partiti pur avendo le stesse idee politiche.
Il secondo è proprio dei movimenti che coalizzano i richiedenti in
modo da sostenere validamente le riforme con una sola voce; e anche di quelli che sono
frazionati tra più partiti.
c) Quanto grande dovrà essere un partito di laici cattolici
per poter fare proposte comuni con valore politico ? Non c'è una risposta univoca. Direi
però che il criterio sia di realizzare la maggiore unità possibile su obiettivi politici
comuni di cattolici e non cattolici, ben altro che un partito monopolizzante "solo
dei cattolici".
3.- Dovremo riorganizzare la DC ? La DC fu un partito di cattolici e
laici importante per la rinascita economica dell'Italia, dopo il fascismo, e che fu unito
finchè ebbe un medesimo programma, di tipo centrista, aperto al sociale; e che si divise
quando ebbe due programmi: uno liberale e uno socialista (tale è il senso del lacerante
dualismo interno a favore o contro il cosiddetto "compromesso storico con il PCI).
Quale DC in futuro ? Oggi si pensa ad una DC con un rinnovato codice etico, e
che includa i punti in comune con i "non cristiani" (come l'inclusione dei
valori liberali propri del sistema politico fondato sulla alternanza tra i grandi partiti
(si vegga in USA, in Francia
), e ancorato ai grandi ideali universali delle Nazioni
Unite (ONU), in continuità nella storia d'Italia, nel parlamento italiano.
Nella settimana sociale dei cattolici di Bologna (2004), Tettamanzi
(cardinale di Milano) appellò al ritorno dei cattolici in politica, ma non nella forma
della DC, quale partito unico dei cattolici. E, successivamente, fu echeggiata via via la
formula di Ruini (cardinale, segretario di Stato Vaticano) in favore di apporti personali,
dentro molteplici partiti (di ogni tipo), in cui un cattolico si trovasse a militare.
Oggi diviene inopportuno, da parte dei laici, persistere nel silenzio solo
per motivi di rispetto al papa, e si faccia chiarezza.
Questa esigenza è resa stringente da una sentenza della Corte di
Cassazione (dic. 2010) che ha dichiarato che la DC non è stata mai sciolta, perchè
l'organo che la dichiarò sciolta non aveva il potere di farlo, e consente ancora a un
gruppo di volenterosi di cercare di ottenere dalla magistratura la riorganizzazione della
DC.
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